SICUREZZA ELETTRICA Introduzione - progettoatena.it e Sicurezza... · L’obbiettivo di questa...

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1 SICUREZZA ELETTRICA Introduzione Le procedure mediche spesso possono esporre il paziente a più rischi che non la normale vita domestica o il posto di lavoro poiché in questo caso la pelle, le mucose o le membrane sono spesso penetrate o rimosse e quindi ci sono più sorgenti potenzialmente di rischio sia per il paziente che per gli operatori sanitari. Queste sorgenti possono essere di carattere chimico, biologico, meccanico e, non per ultimo, elettrico. Le apparecchiature elettriche/elettroniche in stretto contatto con il paziente in ambito medico lo rendono infatti particolarmente soggetto al rischio di elettroschock . L’obbiettivo di questa relazione è quello di comprendere quali sono le possibili fonti di rischio (in ambito elettrico) per il paziente e per lo staff medico e capire come è possibile prevedere misure di sicurezza nel progetto degli impianti di distribuzione dell’energia elettrica negli ambienti ospedalieri e nel progetto della strumentazione biomedicale. 1 EFFETTI FISIOLOGICI DELLA CORRENTE ELETTRICA Figura 1.1 Rappresentazione degli effetti fisiologici della corrente sul corpo umano al variare dell’intensità

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SICUREZZA ELETTRICA Introduzione Le procedure mediche spesso possono esporre il paziente a più rischi che non la normale vita domestica o il posto di lavoro poiché in questo caso la pelle, le mucose o le membrane sono spesso penetrate o rimosse e quindi ci sono più sorgenti potenzialmente di rischio sia per il paziente che per gli operatori sanitari. Queste sorgenti possono essere di carattere chimico, biologico, meccanico e, non per ultimo, elettrico. Le apparecchiature elettriche/elettroniche in stretto contatto con il paziente in ambito medico lo rendono infatti particolarmente soggetto al rischio di elettroschock . L’obbiettivo di questa relazione è quello di comprendere quali sono le possibili fonti di rischio (in ambito elettrico) per il paziente e per lo staff medico e capire come è possibile prevedere misure di sicurezza nel progetto degli impianti di distribuzione dell’energia elettrica negli ambienti ospedalieri e nel progetto della strumentazione biomedicale. 1 EFFETTI FISIOLOGICI DELLA CORRENTE ELETTRICA

Figura 1.1 Rappresentazione degli effetti fisiologici della corrente sul corpo umano

al variare dell’intensità

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Affinché scorra corrente elettrica il corpo umano deve essere parte di un circuito elettrico. La corrente deve entrare da qualche punto del corpo e uscirne da un’altra parte. L’ampiezza della corrente che lo attraversa è data dal rapporto tra la differenza di potenziale applicata e la somma delle impedenze serie dei tessuti del corpo e delle due interfacce ai punti di ingresso. L’impedenza più alta è spesso quella della pelle alla superficie di contatto. Tre fenomeni possono occorrere quando c’è flusso di corrente attraverso i tessuti: (1) stimolazione elettrica dei tessuti eccitabili (nervi e muscoli) (2) riscaldamento dovuto alla resistività dei tessuti (3) scottature elettrochimiche e danneggiamento dei tessuti per correnti continue ed

elevate tensioni. Descriviamo ora gli effetti fisiologici che si riscontrano in una persona al crescere dell’ampiezza della corrente che la attraversa. La figura (1.1) mostra gli intervalli di corrente richiesta per produrre questi effetti nel caso in cui una persona di 70 Kg sia attraversata da una corrente ad una frequenza di 50/60 Hz e per un tempo compreso tra 1 e 3 secondi. La corrente entra ed esce attraverso le mani. 1.0 Soglia di percezione Nelle condizioni sopra esposte, quando la densità di corrente è grande a sufficienza da eccitare le terminazioni nervose della pelle il soggetto sente una leggera sensazione di formicolio. La corrente alla “Soglia di percezione” è l’intensità di corrente minima che un soggetto riesce a percepire. Questa soglia dipende fortemente dalle condizioni di misura e dal soggetto stesso. La soglia tipica è di 0.5 mA a 50/60 Hz, per correnti continue varia invece tra 2 e 10 mA. 1.1 Corrente di LET-GO Per valori di corrente più elevati i nervi e i muscoli vengono energicamente stimolati e può sopraggiungere panico e fatica. Se la corrente cresce ancora le contrazioni involontarie dei muscoli possono inibire le reazioni volontarie del soggetto tanto da impedirgli di staccarsi dalla sorgente di corrente. La corrente di “Let-Go” è quel valore massimo di corrente (al di sopra della Soglia di Percezione) alla quale il soggetto riesce a staccarsi volontariamente dalla sorgente di corrente. Il valore minimo stimato di corrente di “Let-Go” è all’incirca 6mA. 1.2 Paralisi Respiratoria, Panico e Fatica Valori di corrente ancora più elevati portano alla contrazione involontaria dei muscoli respiratori a tal punto che se la corrente non è interrotta possono portare all’asfissia del soggetto. Da misure sperimentali l’arresto respiratorio si osserva per correnti comprese tra 18 e 22 mA.

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Forti e durevoli contrazioni involontarie dei muscoli possono inoltre creare panico e affaticare notevolmente il soggetto. 1.3 Fibrillazione Ventricolare Il cuore è molto sensibile al passaggio della corrente elettrica tanto che la maggior causa di morte da folgorazione è da attribuire al passaggio della corrente attraverso il cuore stesso. Se la corrente attraversa la gabbia toracica, parte di essa fluirà attraverso il cuore. Se l’ampiezza di questa corrente è sufficiente ad eccitare parte del muscolo cardiaco la normale attività elettrica del cuore risulta corrotta. Se risulta sufficientemente corrotta il ritmo cardiaco può arrivare fino a 300 battiti al minuto(tachicardia). L’attività di pompa è compromessa e se non si interviene entro pochi minuti si arriva alla morte. Questo ritmo rapido e disorganizzato è chiamato “Fibrillazione Ventricolare” e sfortunatamente non termina quando viene rimossa la corrente che lo ha prodotto. La fibrillazione ventricolare è la maggior causa di morte da elettroshock. La soglia di corrente per la fibrillazione, per una persona di peso medio varia tra 75 e 400 mA. La normale attività cardiaca solitamente riprende se al soggetto viene applicato un impulso di “Defibrillazione” che è un impulso di corrente molto alto e molto breve: in questo modo tutte le cellule del muscolo cardiaco si depolarizzano simultaneamente e riprendono la loro normale attività. 1.4 Contrazione Miocardica Sostenuta Se la corrente è sufficientemente alta si contrae rigidamente l’intero muscolo cardiaco. A questo punto il cuore smette di battere fino a che la corrente lo attraversa. Quando però la corrente cessa il cuore riprende la sua normale attività esattamente come dopo la defibrillazione. I dati forniti da esperimenti di defibrillazione in corrente alternata eseguiti su animali mostrano che la corrente necessaria per la completa contrazione del muscolo miocardico è fra 1 e 6 A. Dall’applicazione di correnti di questa intensità, ma di durata molto breve non risulta danneggiato irreversibilmente nessun tessuto del cuore. 1.5 Bruciature e danni fisici permanenti Per correnti di intensità superiore ai 10 A è conosciuto molto poco, soprattutto se la loro durata è molto breve. Il riscaldamento per effetto resistivo causa bruciature, tipicamente sulla pelle, ai punti di ingresso poiché sono i punti a resistenza più alta ( P=RI2). Tensioni superiori ai 240 V possono pungere la pelle. Quando correnti elevate passano attraverso il cervello o attraverso i nervi, questi perdono completamente la loro funzionalità e difficilmente la riprendono quando la corrente cessa. Correnti elevate possono essere sufficienti a stimolare la contrazione muscolare a tal punto da staccare il muscolo stesso dall’osso.

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2 FATTORI CHE INFLUENZANO GLI EFFETTI FISIOLOGICI Tutti i fenomeni sopra elencati e i relativi valori di corrente dipendono fortemente da persona a persona e da diversi parametri, tratteremo di seguito i parametri di maggiore interesse.

Figura 2.1 Grado di aleatorietà della soglia di percezione e della corrente di Let-go 2.1 Variabilità della soglia di percezione e della corrente di “Let-Go” La figura (2.1) mostra la variabilità della soglia di percezione e della corrente di Let-Go per uomini e donne. Volendo studiare questi fenomeni è possibile descrivere la variabilità della soglia di percezione con una distribuzione di tipo Gaussiano. Per gli uomini il valore della soglia di percezione è di 1.1 mA; per le donne il valore medio stimato è di 0.7mA. Il valore minimo è comunque 0.5 mA. Quando però si applica corrente attraverso due elettrodi con gel per ECG la resistenza di contatto si riduce notevolmente e la corrente di soglia si aggira attorno agli 83 µΑ con un intervallo tra 30 e 200 µΑ. Anche la variabilità della corrente di Let-Go è bene approssimabile con una distribuzione di tipo Gaussiano ma con valore medio di 16 mA per gli uomini e di 10,5 mA per le donne. E’ però da sottolineare che l’intervallo di variabilità della corrente di Let-Go è molto più grande che quello della soglia di percezione.

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2.2 Frequenza La figura(2.2) mostra un grafico del variare della corrente di Let-Go al variare della frequenza della corrente stessa. Sfortunatamente il valore minimo della corrente di Let-Go si ha per frequenze comprese tra i 40 e i 60 Hz, valori di frequenza usati per la distribuzione dell’energia elettrica. Per valori di frequenza inferiori ai 10 Hz la corrente di Let-Go aumenta, probabilmente poiché per valori di frequenza cosi bassi i muscoli possono rilassarsi per parte di ogni ciclo. Per frequenze superiori a qualche centinaio di hertz la corrente di Let-Go cresce ancora.

Figura 2.2 Andamento della corrente di Let-Go in funzione della frequenza 2.3 Peso corporeo Molti studi che impiegano animali di varie dimensioni hanno dimostrato che la soglia di fibrillazione aumenta notevolmente con il peso corporeo. La corrente necessaria per la fibrillazione cardiaca aumenta da 50 mA efficaci per cani di 6 kg a 130 mA efficaci per cani di 24 kg. I valori di corrente di fibrillazione per gli esseri umani sono stati estrapolati da questi esperimenti.

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2.4 Punti di ingresso e di uscita della corrente Quando la corrente è applicata a due punti sulla superficie del corpo solo una piccola frazione della corrente totale fluisce attraverso il cuore come è mostrato in figura (2.3)(a). In questo caso si parla di macroshock.

Figura 2.3 Macroshock / Microshock L’ampiezza della corrente necessaria per mandare il cuore in fibrillazione è molto più grande quando la corrente è applicata fra due punti alla superficie del corpo che non se la corrente è applicata direttamente al cuore. L’importanza dei punti di ingresso della corrente nel caso di macroshock viene spesso trascurata: se i punti di ingresso sono entrambi alla stessa estremità il rischio di fibrillazione è minimo anche per correnti molto elevate. La protezione naturale della resistenza della pelle (da 15 kΩ a 1MΩ per cm2) è completamente eliminata in quelle procedure mediche che richiedono l’inserimento di dispositivi conduttivi (come alcuni tipi di cateteri o aghi) in aperture naturali o attraverso incisioni della pelle stessa. Se viene eliminata la resistenza della pelle, sono necessari valori di tensione inferiori per forzare la circolazione delle correnti che provocano gli effetti precedentemente descritti: i rischi aumentano quindi considerevolmente. I pazienti sono particolarmente vulnerabili a rischi di elettroshock quando hanno dispositivi invasivi posizionati in diretto contatto con il muscolo cardiaco. Se il dispositivo fornisce un percorso conduttivo attraverso il cuore allora sono sufficienti correnti piccolissime per portare alla fibrillazione cardiaca: si parla in questo caso di microshock. Come mostra la figura(2.3)(b), in questo caso tutta la corrente fluisce

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attraverso il cuore: da esperimenti fatti su animali, utilizzati per estrapolare i rispettivi casi umani risulta che la corrente necessaria per mandare il cuore in fibrillazione in caso di microshock varia tra 80 e 600 µΑ. Il limite di sicurezza largamente accettato per prevenire il microshock è 10 µΑ. 3 RISCHI DI MACROSHOCK

Figura 3.1 Rischio di macroshock L’alta resistenza della pelle secca e la distribuzione spaziale delle correnti attraverso il corpo nelle situazioni di macroshock sono due fattori che riducono fortemente il rischio di fibrillazione ventricolare. La resistenza della pelle limita la corrente che può fluire attraverso il corpo quando una persona entra in contatto con una sorgente di tensione. La resistenza della pelle varia notevolmente con l’ammontare di acqua e grasso naturale presente in essa. Risulta inoltre inversamente proporzionale all’area di contatto. Per un contatto di 1 cm2 sulla pelle secca la resistenza può variare fra 15 kΩ e 1MΩ in funzione della parte del corpo, dell’umidità e del sudore presenti. Se la pelle è bagnata o rotta, la resistenza si riduce a meno dell’1% rispetto al caso secco. D’altra parte la resistenza interna del corpo è di circa 200Ω nei punti alle estremità (braccia, gambe) e di 100Ω per il torace. In questo modo la resistenza interna del corpo tra due punti estremi (braccio gamba) è stimabile attorno ai 500Ω. Per le persone obese probabilmente tale valore risulta più elevato poiché la resistività specifica del grasso è maggiore. Ogni procedura medica che riduce o elimina la

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protezione della pelle (elettrodi con gel per biopotenziali, termometri rettali o per bocca elettronici, cateteri) facilita il flusso di corrente e fa si che il paziente risulti più vulnerabile ai rischi di macroshock. Tutti i dispositivi elettrici sono sicuramente progettati in modo da minimizzare l’esposizione delle persone a tensioni pericolose. D’altra parte molti dispositivi alloggiano in un contenitore metallico che sia il personale medico che i pazienti possono toccare. Se il contenitore non è collegato a massa e l’isolamento cade o un componente danneggiato lo cortocircuita con la fase dell’alimentazione sarà presente una differenza di potenziale di 220 V tra il contenitore e un qualsiasi oggetto collegato a massa (vedi figura(3.1)(a)). Se una persona tocca simultaneamente il contenitore e un qualunque oggetto collegato a massa sarà soggetta a macroshock. Il contenitore può essere collegato a massa tramite un terzo conduttore (conduttore di terra) di colore giallo-verde inserito nel cordone di alimentazione come mostrato in figura(3.1)(b). In questo modo, se il contenitore risulta cortocircuitato con la fase, circolerà corrente attraverso il conduttore di massa. Se la resistenza verso massa di questo conduttore risulta molto bassa la differenza di potenziale che si instaura tra il contenitore e gli oggetti collegati a massa risulta trascurabile. Se attraverso il conduttore di massa scorre corrente a sufficienza l’interruttore generale scatta togliendo tensione all’apparecchio difettoso. Per apparecchiature biomedicali con involucro metallico è richiesto un connettore di sicurezza per collegarlo con il nodo equipotenziale del paziente (verrà illustrato in seguito). 4 RISCHI DI MICROSHOCK Gli incidenti di microshock in pazienti che hanno una connessione elettrica direttamente al cuore sono solitamente causati da circostanze completamente diverse degli incidenti di macroshock. Il microshock è generalmente causato dalle cosiddette “correnti di fuga” (leakage current) nei dispositivi elettromedicali o da differenze di potenziale tra superfici conduttive collegate a massa dovute a correnti elevate che circolano nel circuito di massa. 4.1 Percorsi conduttivi attraverso il cuore Possono essere identificate diverse tipologie di connessione elettrica al cuore a bassa resistenza, ne viene di seguito riportato un elenco: 1. Elettrodi epicardici o endocardici di pace-makers esterni temporanei 2. Elettrodi per elettrocardiogramma intracardiaco 3. Cateteri intracardiaci per:

a. misurare la pressione del sangue b. prelevare campioni di sangue c. iniettare farmaci o coloranti nel cuore

Va sottolineato che il paziente è in pericolo di microshock solo se vi è una connessione elettrica direttamente al cuore. La resistenza elettrica dei cateteri è più

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grande (50kΩ fino a 1MΩ) della resistenza dei conduttori metallici per ECG o dei pace-maker. Da esperimenti fatti sui cani risulta che la superficie di contatto dell’elettrodo intracardiaco è un fattore determinante per la minima corrente di fibrillazione. Se l’area dell’elettrodo si riduce si riduce anche la corrente minima di defibrillazione; ciò significa che la densità di corrente sull’elettrodo intracardiaco è un fattore importante per il microshock. 4.2 Correnti di fuga Le piccole correnti (tipicamente dell’ordine dei microampere) che inevitabilmente scorrono tra conduttori isolati adiacenti a potenziale diverso prendono il nome di correnti di fuga. Tali correnti hanno due componenti principali: la capacitiva e la resistiva. La prima deriva dalle capacità distribuite tra due cavi o tra un cavo e una superficie metallica posti a diverso potenziale. La corrente di fuga resistiva ha origine dalle resistenze non infinite di isolamento tra due cavi. I materiali isolanti oggi in uso hanno resistenza cosi elevata da rendere la corrente di fuga resistiva rispetto a quella capacitiva. Nelle apparecchiature elettromedicali normalmente si distinguono le tre correnti di fuga indicate di seguito: 1. corrente di fuga verso terra: definita come la corrente che fluisce nel conduttore di

protezione. 2. corrente di fuga nell’involucro: definita come la corrente che attraversa il soggetto

in contatto con l’involucro e la terra o con due parti dell’involucro. 3. Corrente di fuga nel paziente definita per apparecchiature con circuiti

intenzionalmente messi in contatto con il paziente, come la corrente che fluisce attraverso il paziente dalla parte applicata verso terra.

Figura 4.1 Correnti di dispersione

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I rischi dovuti alle correnti di fuga possono essere facilmente compresi osservando la figura (4.2)(a). In essa la corrente di fuga nell’involucro (supposta pari a 100 µA) si scarica quasi interamente a massa essendo la resistenza del conduttore di massa 500 volte più piccola di quella del paziente. Viceversa come indicato in figura (4.2)(b) quando il cavo di terra è interrotto in seguito ad un guasto tutta la corrente di dispersione attraversa il cuore del paziente. In questa situazione si determina con elevata probabilità la fibrillazione ventricolare.

Figura 4.2 Rischio di microshock per correnti di dispersione 4.3 Microshock per differenze di potenziale di massa La figura(4.3) mostra un paziente in terapia intensiva che è connesso a un monitor per ECG che collega a massa la gamba destra per ridurre le interferenze dovute alla frequenza di rete. Al paziente viene anche monitorata la pressione del sangue mediante un elettrodo intracardiaco collegato allo strumento di misura che è a sua volta collegato a massa. Può verificarsi un microshock se entrambi i dispositivi operano nello stesso circuito con un terzo dispositivo che presenta una perdita di corrente elevata verso massa che non ha fatto scattare l’interruttore generale. La figura(4.3)(a) mostra lo schema di questa situazione di rischio. La figura(4.3)(b) mostra il circuito equivalente. Supponiamo che un terzo dispositivo, per esempio una lava pavimenti, risulti guasto e faccia fluire una corrente elevata (per esempio 5A) nel circuito di massa. La lava pavimenti probabilmente funziona bene e nessuno può accorgersi di questo guasto. Il collegamento di massa può benissimo presentare una impedenza di 0.1Ω e in questo modo si instaurerà una differenza di potenziale di 500mV tra la massa del monitor per ECG (e quindi la gamba destra del paziente) e la massa del monitor di pressione. Se il catetere è collegato a massa (come può benissimo essere) e presenta una impedenza inferiore a 50kΩ può fluire una corrente superiore a 10 µA (che è il limite di sicurezza) attraverso il cuore del paziente. Naturalmente scorrerà una corrente più elevata se la resistenza del collegamento di massa o la corrente di fuga della lava pavimenti è più elevata.

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Figura 4.3 Microshock dovuto a differenze di potenziale di massa

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Tale esempio mostra la necessità di avere un unico punto di massa esclusivamente per le apparecchiature collegate ad un paziente in terapia intensiva e una differenza di potenziale tra superfici conduttive inferiore a 40 mV. 5 METODI DI PREVENZIONE DEI RISCHI Esaminiamo ora i metodi di distribuzione dell’energia elettrica negli ospedali e le misure di prevenzione dei rischi di elettroschock analizzando solamente gli aspetti di carattere impiantistico senza trascurare il fatto che le normative impongono misure preventive di carattere più ampio. Le ruote dei carrelli ospedalieri devono essere, ad esempio ,di materiale antistatico; se cosi non fosse , i carrelli ,durante il loro movimento, potrebbero portarsi a potenziali superiori a 10kV ed essere fonte di pericolo per i pazienti. 5.1 Sistemi di distribuzione dell’energia elettrica

Figura 5.1

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L’energia elettrica viene distribuita di norma, mediante una rete nazionale ad alta tensione, AT, tipicamente tra i 130 ed i 380 kV. Apposite stazioni di riduzione abbassano poi la tensione di linea a media tensione, MT, tipicamente pari a 15 kV e, infine, cabine di riduzione abbassano ulteriormente la tensione portandola a bassa tensione, BT, pari a 380 V. Normalmente l’energia elettrica raggiunge il piccolo e medio utilizzatore in bassa tensione. Costituiscono una eccezione gli utenti che richiedono una potenza superiore ad alcune decine di kW, in quanto proprietari della cabina di riduzione. Come mostrato in figura(5.1)(a), il secondario in bassa tensione della cabina di riduzione è a stella ed il suo centro stella, detto neutro, è generalmente collegato a terra. Gli apparecchi di maggior potenza operano a 380 V, prelevati tra le fasi R-S-T, mentre quelli più piccoli sono alimentati a 220 V, prelevati tra una fase e il neutro, come nel caso delle normali utenze domestiche. L’utente ospedale generalmente ha una o più proprie cabine di trasformazione, cioè riceve l’energia elettrica in MT e si incarica di trasformarla e distribuirla al suo interno. In questo caso la distribuzione è fatta obbligatoriamente con un sistema a bassa tensione detto TN (terra-neutro) perché il centro stella è connesso a terra e le masse degli apparecchi sono connesse al neutro o direttamente o, più spesso, tramite un conduttore di protezione, detto PE. Tale sistema di distribuzione è mostrato in figura(5.1)(b). Per ospedali di piccole dimensioni talvolta la cabina di trasformazione è di proprietà dell’ente di distribuzione. In questo caso viene utilizzato un sistema di distribuzione detto TT (terra-terra), cioè lo stesso dell’utenza domestica, in cui anche le massa sono collegate ad un impianto di terra, distinto da quello della cabina. Tale sistema di distribuzione è mostrato in figura(5.1)(c). 5.2 Sistema di massa e nodo equipotenziale È in primo luogo fondamentale che il circuito di massa presenti la minor resistenza possibile in modo che, in caso di guasti possano scaricarsi a massa correnti elevate. Se tali correnti sono sufficientemente alte, l’apertura automatica degli interruttori generali riduce sia i rischi di macroshock che quelli di microshock. È fondamentale che tutte le superfici conduttrici a possibile contatto con un paziente soggetto a rischio di microshock (letto, pavimento, infissi, tubature…) siano mantenute il più possibile allo stesso potenziale per evitare i rischi rappresentati dalla figura(4.3). Per questa ragione nelle aree di terapia intensiva e nelle sale operatorie è presente, per ogni paziente una connessione detta nodo equipotenziale al quale fanno riferimento tutte le superfici conduttrici, le masse delle prese e le masse di tutti gli apparecchi a contatto con il paziente. Ogni nodo equipotenziale deve poi essere connesso individualmente alla massa dell’edificio. Nelle figura(5.2) e (5.3) è schematizzata questa situazione vicino al letto del paziente e in sala operatoria. La resistenza dei

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collegamenti verso il nodo equipotenziale deve essere inferiore a 0.15Ω. La differenza di potenziale tra due dispositivi collegati al nodo equipotenziale non deve superare i 40 mV. Se nell’esempio di figura(4.3) le masse dei due apparecchi a contatto con il paziente (monitor per ECG e misuratore di pressione) facessero capo al nodo equipotenziale non ci sarebbe stato rischio poiché la caduta di tensione ai capi del paziente è nulla indipendentemente dal potenziale rispetto a massa assunto dal nodo.

Figura 5.2 Schema elettrico dei collegamenti al nodo equipotenziale. Al nodo equipotenziale devono essere collegate elettricamente tutte le superfici conduttrici, le prese e le apparecchiature nelle vicinanze del paziente. Il nodo equipotenziale deve poi essere collegato alla massa dell’edificio.

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Figura 5.3 Impianto elettrico in sala operatoria

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5.3 Sistemi di distribuzione con trasformatore di isolamento Con il sistema di distribuzione TN, se si verifica un corto circuito accidentale tra fase e massa, scorreranno elevate correnti verso terra che nella maggior parte dei casi sono sufficienti per fare staccare l’interruttore generale. Viceversa se il centro stella del trasformatore (neutro) della cabina non è collegato a terra le correnti che scorrono nel caso di cortocircuito accidentale sono molto piccole. Fino a che entrambi i conduttori di alimentazione sono isolati da terra un singolo cortocircuito a massa non permette la circolazione di correnti elevate che causano potenziali pericolosi tra superfici conduttrici. L’isolamento di entrambi i conduttori da massa è normalmente ottenuto con un trasformatore di isolamento. Un tipico sistema di distribuzione con trasformatore di isolamento è mostrato in figura(5.4). Con questo sistema di distribuzione, se si verifica un cortocircuito a massa il sistema si trasforma semplicemente nel sistema di distribuzione TN. È necessario un secondo cortocircuito a massa con l’altro conduttore affinché scorrano correnti elevate verso terra. Nei sistemi di distribuzione di questo tipo viene inserito un dispositivo, detto Monitor di Isolamento della Linea (LIM) che verifica continuamente le correnti di fuga capacitive e resistive tra i conduttori di alimentazione e la terra. Se tali correnti superano una certa soglia il LIM lo segnala tramite allarme acustico e luminoso.

Figura 5.4 5.4 Interruttore differenziale L’interruttore differenziale è un dispositivo che interrompe la sorgente di alimentazione quando si verifica un cortocircuito verso massa che fa scorrere correnti superiori a 5-6 mA. Nei sistemi elettrici con correnti di fuga trascurabili la corrente di

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fase è uguale ed opposta a quella del neutro. L’interruttore differenziale sente la differenza tra queste due correnti e, se questa supera i 5-6 mA l’interruttore scatta togliendo la sorgente di alimentazione. La corrente erogata dalla fase e che non rientra attraverso il neutro deve obbligatoriamente essersi scaricata a massa. Questo dispositivo non distingue il percorso che la corrente fa per arrivare a massa: il percorso può essere attraverso il conduttore di terra o attraverso una persona che tocca una superficie conduttrice collegata a massa. La maggior parte di questi interruttori utilizza un trasformatore differenziale e un circuito allo stato solido come mostrato in figura(5.5)(a).Come si nota dal grafico di figura(5.5)(b) il tempo di intervento è inversamente proporzionale all’intensità di corrente che scorre verso massa.

Figura 5.5 Schema elettrico di un interruttore differenziale e tempo di intervento in funzione della corrente dispersa

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La maggior parte degli interruttori differenziali hanno un pulsante di test che crea appositamente un cortocircuito verso massa per testare il funzionamento del dispositivo stesso. Gli interruttori differenziali non sono cosi sensibili da evitare il rischio di microshock quindi sono dispositivi di prevenzione contro il macroshock. Possono comunque prevenire alcuni casi di microshock interrompendo l’alimentazione a quei dispositivi che presentando un cortocircuito a massa fanno scorrere correnti elevate verso terra che creano differenze di potenziale pericolose tra punti di massa diversi. Gli interruttori differenziali devono essere usati a protezione di tutti quegli ambienti in cui la presenza dell’energia elettrica non è critica: bagni, corridoi, sale attesa, reparti di degenza… Negli ambienti dove l’alimentazione elettrica è assolutamente necessaria (sale operatorie, aree di terapia intensiva) l’interruttore differenziale non viene installato poiché l’interruzione improvvisa dell’energia elettrica può risultare più rischiosa che non una elevata corrente di dispersione verso massa. Questi ambienti vengono sempre alimentati attraverso un trasformatore di isolamento. 5.5 Riduzione delle correnti di fuga La riduzione delle correnti di fuga nell’involucro e sul paziente è un importante obbiettivo di progetto. Le correnti di fuga possono essere ridotte sia utilizzando cavi a bassa dispersione per i conduttori di fase, sia effettuando un layout che minimizzi le capacità parassite tra le fasi e l’involucro. Analogamente va massimizzata l’impedenza tra la parte applicata ed i conduttori di fase e tra la parte applicata e le massa dell’involucro. Corrente di dispersione

Condizioni Apparecchio B

Apparecchio BF

Apparecchio CF

Verso terra - Normali - Primo guasto

500 µA 1000 µA

500 µA 1000 µA

500 µA 1000 µA

Nell’involucro - Normali - Primo guasto

100 µA 500 µA

100 µA 500 µA

100 µA 500 µA

Nel paziente - Normali - Primo guasto

100 µA 500 µA

100 µA 500 µA

10 µA 50 µA

Tabella 1 Normative previste per le correnti di fuga negli apparecchi biomedici Le norme CEI 65-2 sugli apparecchi elettromedicali stabiliscono che le correnti di fuga non debbano superare i valori di dispersione indicati in tabella 1. In tabella tali apparecchi sono suddivisi come previsto dalle stesse norme CEI, nei seguenti tipi: - Tipo B : apparecchio con correnti di fuga ridotte ed adatto per applicazione diretta sul paziente. - Tipo BF: apparecchio con parte applicata al paziente isolata da terra e con sicurezza maggiore del tipo B.

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- Tipo CF: apparecchio adatto per applicazione diretta al cuore del paziente e con massima garanzia di sicurezza. I limiti riportati in figura si riferiscono alle correnti con frequenza fino a 1000 Hz; per le frequenze superiori la pericolosità della corrente diminuisce (come è già stato spiegato) ed i valori limite delle correnti di fuga sono moltiplicate per il valore della frequenza espressa in kHz, fino al valore massimo di 10 mA. Si noti che i valori limite per le correnti di fuga nell’involucro sono inferiori a quelli delle correnti verso terra, poiché esse possono attraversare il paziente o l’operatore sanitario nel caso in cui esso tocchi l’apparecchio. Inoltre gli apparecchi di tipo CF hanno una corrente di fuga nel paziente molto più piccola degli apparecchi BF essendo destinati all’applicazione diretta sul cuore. In essi la corrente di fuga nel paziente non deve superare i 50 µA anche in caso di primo guasto. Le metodologie impiegate per ridurre le correnti di fuga e che vedremo in dettaglio sono le seguenti: - Doppio isolamento - Funzionamento in bassa tensione - Isolamento dei cateteri - Isolamento galvanico degli amplificatori di ingresso 5.6 Doppio Isolamento Nei dispositivi con doppio isolamento il contenitore è fatto di materiale non conduttore, tipicamente plastica. Se vi sono parti metalliche accessibili sono attaccate al telaio portante conduttore attraverso uno strato addizionale di isolamento protettivo. Lo scopo di questo metodo è assicurare che la resistenza Rf tra il contenitore e le fase sia la più elevata possibile. I dispositivi con doppio isolamento non hanno necessità di essere collegati a massa e, normalmente sono dotati di una presa priva del connettore di terra. I dispositivi di questo tipo devono essere etichettati “doppiamente isolato”. Il doppio isolamento è largamente usato come metodo di prevenzione dall’elettroshock sia in campo ospedaliero che in campo civile e industriale. Normalmente i dispositivi con doppio isolamento sono anche impermeabili poiché se penetra liquido all’interno di essi se ne perdono tutti i vantaggi. In ospedale vi sono diverse apparecchiature che entrano in contatto con liquidi (soluzioni fisiologiche, farmaci, sangue, urine…) quindi bisogna prestare particolare attenzione a questo accorgimento. 5.7 Funzionamento in bassa tensione Nei casi di elettroshock visti fino ad ora si è supposto che la sorgente di tensione fosse a 220 o a 380 V. Se l’apparecchio utilizza un’altra sorgente di tensione e se la tensione di questa sorgente è piccola a sufficienza, la resistenza del corpo Rb è in grado di limitare la corrente che attraversa il corpo stesso a valori tollerabili che non provocano danni. Un metodo di questo tipo potrebbe essere quello di fare funzionare l’apparecchio a batterie. I dispositivi funzionanti a batterie non necessitano quindi di

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essere collegati a terra. Se non si utilizzano batterie spesso si utilizza un trasformatore di riduzione della tensione: questo trasformatore, oltre ad abbassare la tensione, provvede ad isolare l’alimentazione da terra (vedi “sistemi di distribuzione con trasformatore di isolamento”). In questo caso però la costruzione del trasformatore e la scelta dei materiali usati devono essere fatte con cura per garantire un buon isolamento (bisogna ridurre al massimo le capacità parassite tra avvolgimenti e nucleo). Si ricordi infatti che il nucleo del trasformatore deve essere collegato a terra e, nel caso peggiore le correnti di dispersione verso terra sono di 500 µA. 5.8 Isolamento dei cateteri Indubbiamente il modo migliore per prevenire i rischi di microshock è quello di eliminare le connessioni elettriche al cuore. Per i per i pace-maker esterni, l’utilizzo di connettori completamente isolati e l’alimentazione a batterie hanno notevolmente ridotto i rischi. I moderni sensori di pressione del sangue utilizzano tre strati di isolamento tra il liquido, il contenitore del sensore e le connessioni elettriche. I cateteri con pareti conduttrici sono stati sviluppati in modo da fornire un contatto elettrico a bassa resistenza lungo tutta la lunghezza del catetere all’interno del

paziente in modo che le correnti di microshock siano distribuite lungo il corpo e non concentrate nel cuore. Per le connessioni elettriche per la misura di biopotenziali si può inserire in serie tra il paziente e il circuito un limitatore di corrente (vedi figura(5.6))

Figura 5.6 Limitatori di corrente: circuito di ingresso di un generico elettrocardiografo e caratteristica elettrica di un limitatore di corrente

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5.9 Isolamento galvanico degli amplificatori di ingresso Gli amplificatori ad isolamento galvanico sono amplificatori con l’interruzione della continuità ohmica tra ingressi ed uscite. Tali dispositivi hanno alimentazioni e masse distinte ai due capi della barriera di isolamento. Sono tipicamente costituiti da un amplificatore per strumentazione all’ingresso e uno stadio a guadagno unitario all’uscita che è galvanicamente isolato dall’ingresso. La figura(5.7) mostra lo schema generale di uno di questi amplificatori: esso è rappresentato da un amplificatore operazionale diviso in due parti dalla barriera di isolamento (linea tratto-punto).

Figura 5.7 Rappresentazione schematica di un amplificatore ad isolamento galvanico e parametri significativi L’elevata impedenza fornita dalla barriera di isolamento è rappresentata dalla capacità e dalla resistenza di isolamento. La tensione di isolamento vISO è il potenziale che può instaurarsi tra la massa dell’ingresso e la massa dell’uscita (notare i diversi simboli di massa impiegati) senza che vi sia danneggiamento dell’isolamento stesso. Tipicamente assume un valore compreso tra 1 e 10 kV. L’immunità a questa tensione dell’amplificatore è espressa dal IMRR: “Isolation-mode rejection ratio”. La tensione di ingresso vSIG, la tensione di modo comune vCM e il CMMR (“Common-mode rejection ratio”) sono definite in modo analogo agli amplificatori non isolati. Valori massimi tipici per la vCM sono +/- 10 V. La tensione di uscita è espressa dalla seguente relazione:

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GainIMRRv

CMRRvvv ISOCM

SIGo

±±=

Le tre caratteristiche principali di un amplificatore ad isolamento galvanico sono: • Elevato isolamento ohmico tra ingresso ed uscita (>10 MΩ) • Elevata tensione di isolamento (> 1000 V) • Elevata reiezione al modo comune (> 100 dB) L’alimentazione allo stadio di ingresso è fornita tramite accoppiamento induttivo (con un trasformatore) mentre per il trasferimento dei segnali ci sono tre metodi: • Con trasformatore di isolamento • Con isolamento ottico • Con isolamento capacitivo In figura(5.8) è illustrato un amplificatore ad isolamento con accoppiamento induttivo: usa un modulatore di frequenza per trasferire i segnali dallo stadio di ingresso all’uscita; segnali che pero devono avere una larghezza di banda inferiore a 30 kHz. Usa un convertitore DC-DC composto da un oscillatore a 25 kHz, un rettificatore ed un filtro per fornire la alimentazione.

Figura 5.8 Schema di funzionamento dell’ AD 202 un amplificatore ad isolamento galvanico prodotto dalla Analog Devices L’accoppiamento ottico usa un LED come sorgente all’uscita dell’amplificatore per strumentazione e un fotodiodo all’ingresso del buffer di uscita. In questo caso non sono richiesti ne modulatori ne demodulatori poiché anche i segnali continui possono essere trasmessi inalterati per via ottica. Il metodo capacitivo sfrutta invece la

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codifica digitale della tensione di ingresso e una modulazione di frequenza per trasferire i segnali attraverso una barriera capacitiva ceramica. Con questo metodo sono ammessi picchi della tensione di isolamento fino ad 8 kV e bande passanti dei segnali di ingresso fino a 70 kHz. 6 TEST DEI SISTEMI ELETTRICI Quando si controllano i sistemi di distribuzione dell’energia elettrica e gli apparecchi alimentati con tensioni pericolose bisogna considerare la sicurezza dei pazienti, del personale ospedaliero e di chi esegue i test. Descriviamo ora brevemente i test più comuni. 6.1 Test delle prese Nelle prese di corrente deve essere controllata l’adeguatezza della tensione, la correttezza dei collegamenti, la resistenza verso terra (che deve essere la più bassa possibile), e la tensione meccanica di ritenuta della spina. In figura (6.1) è riportato un semplice circuito di test per verificare la correttezza dei collegamenti di una presa.

Situazione 1 2 3 Fase aperta Off Off OffNeutro aperto On Off OffImpossibile Off On OffTerra aperta Off Off On Fase/Terra scambiati On On off OK (o Neutro terra scambiati) On Of On Fase/neutro scambiati Off On On Fase aperta e neutro/fase scambiati

On On On

Figura 6.1 Questo circuito è in grado di verificare solamente i collegamenti ma indica comunque solo 8 (23) delle 64 (43) possibili situazioni. Ogni LED può assumere soltanto due stati (23) mentre ogni pin della presa può assumere 4 stati (43) – Fase, Neutro, Terra, Scollegato -. Questo dispositivo di test segna la correttezza quando neutro e terra

2

1

3

Fase

Terra

Neutro

10 k

10 k

10 k

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possono essere scambiati e quando fase e terra possono essere collegati alla fase e la fase collegata a massa. La resistenza di terra può essere misurata facendo scorrere una corrente di 1A attraverso il filo di terra e misurando la tensione fra il neutro e la terra stessa. La resistenza del neutro può essere misurata in modo analogo forzando una corrente attraverso il filo del neutro e misurando la tensione fra neutro e terra. La resistenza del neutro e di terra non deve superare 0.2 Ω. Lo sforzo di ritenuta meccanica di ognuno dei tre contatti deve essere almeno 115 g. 6.2 Test del sistema di massa e dei punti equipotenziali Le normative vigenti per le misure di impedenza e differenza di potenziale pongono delle differenze tra impianti nuovi ed impianti preesistenti. La tensione tra la terra dell’edificio e tra una superficie conduttrice accessibile o tra due superfici conduttrici non deve superare per gli impianti di nuova costruzione i 20 mV. Per gli impianti preesistenti il limite è di 500 mV per gli ambienti comuni (corridoi, sale attesa, reparti…) e di 40 mV per gli ambienti particolari (sale operatorie, sale rianimazione). L’impedenza tra la terra dell’edificio e il connettore di terra di una qualunque presa non deve superare 0.1Ω per gli impianti nuovi e 0.2Ω per gli impianti preesistenti. 6.3 Test dei sistemi di distribuzione con trasformatore di isolamento I sistemi di distribuzione con trasformatore di isolamento hanno un sistema equipotenziale di massa simile a quello dei sistemi di distribuzione normale, deve però presentare elevata impedenza verso entrambi i conduttori di alimentazione. Questa elevata impedenza viene costantemente misurata dal LIM (monitor di isolamento della linea) che deve essere montato in questo tipo di impianto di distribuzione come precedentemente accennato. Il LIM deve attivare un allarme ottico e acustico quando la corrente di fuga (somma delle correnti di fuga resistive, capacitive e del LIM stesso) verso massa supera il valore di 5 mA sotto normali condizioni di funzionamento dell'impianto. 7 TEST DELLE APPARECCHIATURE 7.1 Resistenza tra il pin di terra e il contenitore La resistenza tra il pin di terra della spina e il contenitore dell’apparecchio sotto test o un punto metallico accessibile qualunque non deve superare gli 0.15Ω per tutta la vita dell’apparecchio. La misura viene effettuata con un ohmetro di sensibilità opportuna che viene collegato tra il contenitore e il pin centrale della presa del cordone di alimentazione. La misura deve essere fatta stressando meccanicamente il cordone di alimentazione nelle vicinanze della spina e del punto di ingresso all’apparecchio.

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7.2 Correnti di fuga attraverso il contenitore Le norme CEI prevedono lo stesso limite (100 µA per frequenze inferiori ad 1 kHz) per le correnti di fuga indipendentemente dalla tipologia di apparecchio in questione. Lo schema di misura è illustrato in figura(7.1). L’impedenza interna dello strumento di misura non deve eccedere i 1000 Ω. La misura deve essere fatta con l’apparecchio spento e con l’apparecchio in funzione. La misura deve inoltre venire effettuata anche invertendo la polarità dell’alimentazione. Quando più apparecchi vengono montati in uno stesso mobile (rack) e vengono alimentati con lo stesso cordone di alimentazione, l’intero rack deve venire testato come se fosse una unica apparecchiatura.

Figura 7.1 Sistema di misura delle correnti di fuga attraverso il contenitore Correnti di fuga attraverso le connessioni al paziente Queste correnti sono particolarmente importanti poiché, come già visto, le connessioni al paziente sono i principali contatti a bassa impedenza. I diversi limiti ammessi sono riportati in tabella 1. Per ogni singolo elettrodo, bisogna misurare le correnti di fuga attraverso: - l’elettrodo e la massa (figura 7.2) - l’elettrodo e ogni filo di alimentazione (figura 7.3) - l’elettrodo ed ogni altro elettrodo (figura 7.4) Anche in questo caso le misure devono venire effettuate anche invertendo la polarità dei cavi di alimentazione.

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Figura 7.2 Sistema di misura delle correnti di fuga tra gli elettrodi e la terra

Figura 7.3 Sistema di misura delle correnti di fuga tra gli elettrodi e l’alimentazione

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Figura 7.4 Sistema di misura delle correnti di fuga tra due elettrodi