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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA
Dipartimento di Filosofia, Pedagogia e Psicologia
ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI VERONA
Corso di perfezionamento
Promuovere l’educazione artistica nella scuola dell’infanzia
e nella scuola primaria
«SI PARTE DALL’ARTE….»
IL PREGRAFISMO
VIAGGIANDO TRA SEGNI E
DISEGNI
Novembre 2014-marzo 2015
Sara Sainini
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Indice
Introduzione…………………………………………………………………………………………………………………………pag. 3
CAPITOLO 1: PERCHE’ L’ARTE COME MEDIATORE…………………………………………………pag. 6
Creatività e pensiero divergente………………………………………………………………pag. 8
Incoraggiare il pensiero divergente………………………………………………………pag. 10
Il pregrafismo…………………………………………………………………………………………….pag. 11
CAPITOLO 2: IL VIAGGIO.................................................................................................pag. 13
Bibliografia………………………………………………………………………………………………………………………….pag. 40
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“Avere idee è raccogliere fiori,
pensare è fare ghirlande.”
( Khalil Gibran)
INTRODUZIONE
L’ANTEFATTO: LE NECESSITA’ DEL VIAGGIO E LA SCELTA
DELL’ITINERARIO
È l’8 di settembre del 2014 e per la prima volta incontro i miei compagni…e protagonisti
di quello che ancora non sapevo sarebbe stato un viaggio avventuroso, entusiasmante e
ricco di emozioni.
Premetto…a fine agosto vengo chiamata dalla Scuola dell’infanzia Valverti di Breno per
sostituire l’ insegnante titolare dell’Aula Rosa, che sarebbe andata in pensione.
In quel periodo lavoravo presso un’altra scuola dove il clima educativo, la concezione
della didattica e la concezione di bambino…ahimè.. non corrispondevano affatto alle
mie…quindi… presa l’occasione al balzo…valigie pronte in mano e via alla volta della nuova
scuola.
In realtà…proprio nuova non era…visto che era la scuola dell’infanzia che avevo
frequentato da bambina…ma…dall’altra parte della barricata, l’esperienza poteva
considerarsi altresì nuova di zecca.
Il primo giorno mi presento in quella che sarebbe diventata la mia sezione… la
preventiva riunione svolta con i genitori non aveva promesso nulla di buono….
rattristati, addolorati e inviperiti per l’imposto abbandono della pluri- settantenne mia
precorritrice, mi accolgono con patos minaccioso…della serie…”vediamo adesso cosa
farai…ti teniamo d’occhio”!!!!!!!!!
Ecco…che quindi…mi approccio ai miei nuovi alunni nella speranza di un loro morale
sostegno…ma ciò che da subito mi balza all’occhio è la loro rigidità…si…è vero…ho un
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poco variato la disposizione dell’aula e limitato la moltitudine di oggetti
ammucchiati…ma sono stata attenta a non esagerare…non volevo sconvolgere il loro
abituale setting. La differenza tra i nuovi arrivati e chi già frequentava la scuola prima
è evidente…questi ultimi appaiono rigidi…quasi impauriti nell’addentrarsi nello spazio,
nel prendere possesso di luoghi e giochi…e quando timidamente una bambina mi
chiede…”posso prendere un foglio”…e io rispondo: “certo…sono li per voi!”…27 occhi mi
osservano sgranati…e non vi so descrivere l’espressione di sbigottimento di qualche
giorno dopo quando, rispondendo ad un bambino che mi chiede quasi terrorizzato se può
giocare con un’amichetta, rispondo che per me non esiste alcun problema…anzi…che per
me è così che funziona di solito.
Passano i giorni, e mi rendo conto che questi bambini sono intrappolati in modelli e
stereotipi imposti dall’alto…sono incapaci di scegliere un gioco o il soggetto di un
disegno in autonomia…perché, mi viene confermato dalla collega della sezione
adiacente, precedentemente veniva loro tutto prestabilito…i disegni da fare, i colori da
usare, i giochi con cui divertirsi…anche le relazioni tra di loro…buoni e cattivi…queste
sono le “fazioni” in cui è diviso il gruppo.
Anche nel gioco sono rigidi, stereotipati…condividono poco o nulla e sono liti continue.
L’insegnante riflessiva scalpita…no no…questo non è ciò che desidero per questi
bambini…dall’osservazione che effettuo emerge che non è neppure ciò di cui hanno
bisogno…ma…questo è l’unico modello educativo e didattico che loro (e anche i loro
genitori evidentemente) conoscono…devi andare con i piedi di piombo…ma qui incombe la
necessità di una rivoluzione….mentale in primis. Devo liberare questi bambini
imprigionati…la mia coscienza non può starsene a guardare!!!!!!
Ma devi agire con cautela, mi ripeto,…frena i tuoi impulsi rivoluzionari!!!!!
Ed ecco la decisione della meta e dell’itinerario di questo viaggio.
Perché questo impulso? Perché nella mia mente riecheggiano le parole di Luigina
Mortari, lette in “La pratica dell’aver cura”: …” ciascuno di noi cerca la forma migliore
possibile da dare al proprio tempo affinché risulti degno di essere vissuto. Le risposte
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a questo possono essere di due tipi: quella ti tipo acquisitivo, che guidata dall’ideale
della logica del controllo è indirizzata a trovare uno stato di autosufficienza che ci
salvaguardi il più possibile dalle incursioni impreviste della fortuna, e quella di tipo
relazionale, che assume come prioritaria direzione di senso l’apertura all’altro e alla
ricettività…una priorità ontogenetica è, quindi, il coltivare il desiderio di esistere, di
esserci nella propria qualità unica e singolare, il custodirlo e nutrirlo….e questa è la
ragion d’essere dell’educazione: coltivare nel soggetto educativo la passione per la cura
di sé, ossia accompagnarlo nel processo di costruzione di quegli strumenti cognitivi ed
emotivi necessari a tracciare con autonomia e con passione il proprio cammino
dell’esistenza”.
Preciso che durante l’incontro antecedente all’inizio dell’anno scolastico, tutti i genitori
hanno puntualizzato l’ammirazione verso le molteplici attività di pregrafismo, pre-
scrittura e pre- calcolo svolte dall’insegnante precedente con il gruppo dei grandi….
Questo volete? E questo avrete…ma….secondo le mie modalità.
Quello che illustrerò è il lavoro fatto sul pregrafismo…che in un certo senso possiamo
anche chiamare educazione al gesto grafico, attività di motricità fine, di coordinazione
oculo manuale e di organizzazione spaziale.
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CAPITOLO 1: PERCHE’ L’ARTE COME MEDIATORE
Quando i bambini incontrano l’arte, qualcosa di magico accade sempre.
Perché parlare di arte…o meglio…perché “servirsi” dell’arte come mediatore nella
scuola dell’infanzia?
Perché le produzioni artistiche utilizzate negli ultimi anni si sono dimostrate un valido
supporto ai progetti proposti alla scuola dell’infanzia: motorio, grafico, manipolativo,
linguistico e logico-matematico.
L’arte può avere un posto centrale nella progettazione, in quanto è da considerarsi
fonte inesauribile per stimolare e sollecitare l’osservazione, la ricerca,
l’approfondimento e la creatività.
Secondo le Indicazioni Nazionali, il bambino della scuola dell’infanzia è un bambino
competente e artista. È un bambino che si “cimenta nelle diverse pratiche di pittura, di
manipolazione, di costruzione plastica e meccanica” non solo attraverso l’osservazione e
l’imitazione, ma anche attraverso il racconto/narrazione, l’invenzione, l’interpretazione
e la trasformazione.
L’arte è il racconto delle conoscenze e dei sogni dell’infanzia, e il colore e la materia
sono l’anima del bambino-artista che interpreta la realtà osservata e immaginata.
Entrare nell’arte attraverso l'arte significa, infatti, vedere con arte, rendere arte il
quotidiano, aprirsi a possibili itinerari di ricerca e di scoperta degli infiniti modi di
guardare e ridefinire la realtà, le cose e le persone.
Un processo del tutto naturale per il bambino che diventa interprete della realtà,
sfruttando perlopiù le sue capacità senso-percettive e ideative.
Toccando, vedendo, facendo, trasformando, intervenendo, egli fa proprio, in modo
creativo, il mondo in cui vive. Ma può farlo da solo? E poi…cosa intendiamo per
creatività?
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CREATIVITA’ E PENSIERO DIVERGENTE
Definire la creatività è poco creativo in quanto una definizione è già di per se limitante,
in quanto limita un concetto in poche parole.
Inoltre, c’è da considerare un altro aspetto: la parola creatività è una di quelle parole
che abbracciano nell’uso corrente così tanti significati da diventare ambigua.
Partendo da questa premessa, ritengo doveroso comunque andare ad indagare i
significati intrinseci a questo termine in quanto tutto questo progetto è permeato di
tale nozione.
Il forte impulso degli studi sulla creatività ha inizio negli anni50.
Precedentemente pochi ricercatori avevano percorso nuove strade contrapponendo al
pensiero logico le potenzialità dinamiche e produttive del pensiero creativo.
Verso1 la fine degli anni ’60 Bruno Munari individua significati differenti per i termini
fantasia, invenzione e creatività. La fantasia indica la possibilità di concepire, di
pensare ciò che prima non c’era, e quando la fantasia incomincia a funzionare, ecco
l’invenzione, che fa diventare immagine ideale e progetto il lavoro della fantasia.
Il materiale di cui l’invenzione si serve è ciò che già si conosce, ma l’invenzione consiste
proprio nel ricombinare idealmente questo materiale, empirico o astratto che sia, in
modo nuovo e originale. Ma questo non è ancora un atto creativo, perché la creatività,
per Munari, è la capacità-possibilità di realizzare ciò che la fantasia ha concepito e
l’invenzione ha trasformato in progetto. La concezione munariana di creatività
introduce un concetto di forte interesse per la riflessione educativa: l’invenzione, la
creatività non hanno bisogno solo di doti intellettuali, non solo di idee e pensiero:
nascono e vivono anche grazie a luoghi e ai materiali attraverso cui è loro data la
possibilità di prendere corpo. È attraverso la presenza di queste possibilità che si
valorizzano e si incrementano. È ben chiaro, d’altra parte, che anche la fantasia, se non
è alimentata, incoraggiata, allenata all’abitudine e dalla pratica inventiva e creativa, si
1 Marco Dallari: “In una notte di luna vuota”. Ed. Erickson, Trento, 2008
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affievolisce e scompare dall’orizzonte del pensare e del fare. Ma a questo ci
arriveremo più tardi.
Uno degli approcci alla questione consiste nel vedere la creatività come un modo
particolare di pensare, un modo di pensare che implica originalità e fluidità, che rompe
con i modelli esistenti introducendo qualcosa di nuovo.
Nel 1950 J.P. Guilford pubblica un articolo dal titolo “Creativity” in American
Psychologist dove accanto al pensiero convergente - verticale (logico – deduttivo), che
aveva caratterizzato la ricerca scientifica del passato, individua un pensiero
divergente o laterale, meno vincolato a schemi rigidi ed in grado di produrre molteplici
alternative. È la capacità di produrre una gamma di possibili soluzioni per un dato
problema, in particolare per un problema che non preveda un 'unica risposta corretta.
L’essere umano, però, secondo De Bono, non tende naturalmente a ricercare stimoli,
comportamenti e soluzioni differenti da quelli già soddisfacentemente sperimentati e
collaudati. Si determina così un fenomeno per il quale l’individuo tende a risolvere
problemi o progettare qualcosa secondo uno schema conosciuto, considerato non solo
rassicurante, ma giusto o addirittura il solo, il vero, l’assoluto. Questo tipo di
comportamento mentale viene definito da De Bono come “pensiero verticale” o pensiero
naturale. Esso consiste nel classificare le informazioni secondo precisi cliché che
determinano automatismi di giudizio dai quali, una volta entrati in possesso, è molto
difficile liberarsi. Il pensiero laterale a cui fa riferimento De Bono, invece, è un modo
di risolvere problemi, elaborare progetti o mettere in atto comportamenti
considerando una serie di ipotesi che possono non sembrare logiche o giuste di primo
acchito. Il pensiero laterale è quello caratterizzato dalla capacità di interrompere il
flusso lineare del suo procedere cercando stimoli e soluzioni che inizialmente possono
apparire logicamente inadeguate ma si configurano come curiose, paradossali, o anche
solo differenti. È procedere come se dicesse continuamente: “E se invece….”. Ma
allora…. il pensiero laterale e divergente può essere “allenato”? E come? Con quali
modalità, soprattutto nella didattica?
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INCORAGGIARE IL PENSIERO DIVERGENTE
A questo punto la questione cruciale è come favorire negli alunni questa tendenza a
interrompere il flusso lineare dei pensieri per intraprendere strade di pensiero nuove e
laterali.
In termini pratici, si tratta di favorire nei soggetti in formazione l’instaurazione di
questo tipo di pensiero, senz’altro più adatto ai tempi e alla situazione storico culturale
che stiamo vivendo. Ma come?
Innanzitutto occorre elaborare progetti, strategie di trasmissione e di costruzione
della conoscenza tesi alla valorizzazione del pensiero simbolico- metaforico e laterale,
basato su pratiche didattiche e culturali che tendono a valorizzare la complessità dei
linguaggi e dei modi di esprimere attraverso essi, realtà e pensieri.
Gli insegnanti devono focalizzarsi sul fatto che, quali siano i contenuti e le competenze
sulle quali stanno lavorando, devono essere consci delle opportunità di incoraggiare il
pensiero divergente negli studenti e sfruttarlo quando esso si presenta.
Bruner sostiene che nell'ambito dell'educazione, tendiamo a ricompensare solo le
risposte «giuste» e a penalizzare quelle «sbagliate». Questo rende i bambini riluttanti
ad azzardare soluzioni nuove o originali nella risoluzione di un problema, dato che le
probabilità di sbagliare in questo caso diventano inevitabilmente maggiori. In altre
parole essi non vogliono correre rischi. Tuttavia il salto immaginativo, la produzione di
una risposta diversa da quella convenzionale, la prontezza ad assumersi quelli che
potrebbero essere chiamati i rischi conoscitivi sono inscindibili dallo sforzo creativo.
L'insegnante dovrebbe essere preparato ad agire in un'atmosfera in cui tale sforzo sia
incoraggiato e ricompensato piuttosto che in un clima educativo dove vengano
approvate soltanto le soluzioni caute e convergenti.
Questo non significa certo che non teniamo in considerazione l'accuratezza o la
precisione: l'atto creativo implica la verifica/valutazione. La soluzione deve essere
verificata per vedere se funzionerà; se fallisce deve essere scartata, anche se il
bambino può essere lodato per lo sforzo immaginativo compiuto. E anche questo
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fallimento può essere apportatore di nuove idee che possono poi essere verificate ed
eventualmente condurre alla soluzione desiderata.
Secondo Bruner il pensiero creativo è olistico (produce cioè risposte che hanno
un'ampiezza superiore alla somma delle loro parti), mentre il pensiero razionale e
convergente è algoritmico (produce cioè risposte che sono inequivocabilmente esse
stesse). Entrambi i tipi di pensiero hanno un loro ruolo fondamentale, ma dovrebbero
essere utilizzati per completarsi e sostenersi a vicenda e non venire in un certo senso
considerati come reciprocamente incompatibili.
IL PREGRAFISMO
Questo progetto illustra un’attività di pregrafismo realizzata attraverso l’arte; ritengo
quindi opportuno accennare al significato di tale termine e alla valenza che questa
attività riveste nella scuola dell’infanzia.
L’attività di pregrafismo comprende tutti quegli esercizi che consistono nel disegnare
partendo da sinistra verso destra, segni di diverso tipo, dentro ad uno spazio più o
meno limitato e utilizzando strumenti ( pennelli, pennarelli, penne, matite, colori ad olio,
a cera, gessi, computer) che producono nel foglio tracce diverse per compattezza,
omogeneità, grossezza e per scorrevolezza sul foglio.
Attraverso questi lavori, il bambino della scuola dell’infanzia raggiunge degli importanti
obiettivi che saranno necessari prerequisiti per il grafismo alla scuola primaria.
Inoltre, ritengo queste attività (insieme a quelle di alfabetizzazione emergente )
fondamentali per un sereno approccio emotivo alla scuola primaria. Sono convinta del
fatto che se si sente competente e sicuro di sé e delle proprie capacità, il bambino
affronta i nuovi apprendimenti in modo naturale e motivato, senza ansia da
prestazione.
Pertanto, l’ Obiettivo generale di questo progetto è stato quello di far sperimentare
al bambino strumenti e modi per produrre segni e tracce diverse, imparando ad
orientarsi nello spazio del foglio.
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Nello specifico, mi sono proposta di sviluppare la capacità di coordinazione oculo-
manuale; di incrementare la sicurezza nel tratto: di allenare il bambino all’armonia e
alla sicurezza nei diversi movimenti della mano, quindi educare la motricità fine
stimolando il rispetto di spazi di lavoro sia ampi che limitati; sviluppare la capacità di
organizzazione spaziale nel foglio e far apprendere ai bambini il senso della scrittura
da sinistra verso destra ( direzionalità)…e in alcuni casi…quella verticale, dall’alto verso
il basso.
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CAPITOLO 2: IL VIAGGIO
“SI PARTE DALL’ARTE”…..IL PREGRAFISMO VIAGGIANDO NEI SEGNI E NEI
DISEGNI”
Come esposto in precedenza, oltre agli obiettivi specifici dell’attività di pregrafismo, il
mio macro obiettivo (che ha riguardato anche la altre progettualità) è stato quello di
aiutare i bambini ad uscire dalle loro gabbie stereotipate e predeterminate, offrendo
loro la possibilità di permettere alla loro personalità creativa e divergente di fare
capolino…e perché no… esplodere.
Mi rendo conto che non sia cosa semplice…ma l’occhio mi ha subito detto che si…qui
c’era terreno fertile su cui lavorare…che l’espressione scalpitava per uscire…e così è
stato. Attraverso questo laboratorio, i bambini si sono trovati di fronte ad opere,
artisti e tecniche differenti, usandole non come semplici modelli da imitare e ripetere,
ma come opportunità per fare da soli nuove scoperte ed invenzioni e per creare le
“loro” opere.
Quindi l’opera non da copiare ma come pretesto per esplorare e organizzare
autonomamente lo spazio del foglio; allenare la mano alla corretta prensione e
pressione grafica; allenare il polso a movimenti controllati e finalizzati; educare al
gusto del bello e della proporzione……
e…perché no?
…….guardare al di là di stereotipi e pregiudizi per allenare la propria immaginazione e la
propria fantasia alla personale interpretazione della realtà.
L’itinerario è suddiviso in due macro tappe: l’orientamento spaziale con linee e punti e le
prove di scrittura alternativa.
Specifico che all’inizio di ogni incontro, che è avvento all’incirca una volta a settimana,
da ottobre a marzo, mostravo ai bambini l’immagine dell’opera d’arte in oggetto e li
invitavo ad osservarla e ad espletare ciò che soggettivamente suscitava: impressioni,
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forme, colori e dimensioni, cercando poi di far loro focalizzare l’attenzione
sull’elemento di interesse di quell’incontro.
Questo lavoro si è svolto durante le ore pomeridiane e hanno preso parte, quindi,
l’intero gruppo dei grandi e alcuni mezzani. Le tecniche utilizzate sono state differenti,
come ovviamente differenti e unici sono stati i risultati ottenuti: i lavori non sono stati
giudicati ma mi sono sforzata di trovare e di condividere di ognuno elementi creativi e
di novità. Vista la grande paura di sbagliare e di osare rilevata, per i primi lavori ho
utilizzato delle facilitazioni, per fare in modo che i bambini non si sentissero troppo
“esposti” e insicuri.
Per l’esecuzione di alcuni lavori più complessi sono stati necessari più giorni.…non ho
insistito su questo…ho lasciato che ognuno decidesse, dopo una ragionevole persistenza
sul compito, se concludere al momento o se rimandare la conclusione del lavoro.
ed ecco che incomincia il viaggio…..
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PRIMA TAPPA: L’ORIENTAMENTO SPAZIALE NEL FOGLIO: LINEE E PUNTI
1 GIORNO: SOL LEWITT “PART OF WALL DRAVING”
Il foglio viene presentato già suddiviso nelle sezioni. La tecnica utilizzata è pennarello.
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QUARTO GIORNO: V. KANDINSKIJ “STUDIO SUL COLORE”
TECNICA: pastello a cera. Il foglio viene presentato già suddiviso in riquadri.
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SETTIMO GIORNO: EGIDIO ARDESSE “INSINUAZIONE NUMERO NOVE”
TECNICA: a scelta, pennarello o pastello. Il foglio viene presentato con il cerchio
centrale già tracciato.
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SECONDA TAPPA: PROVE DI SCRITTURA ALTERNATIVA
OTTAVO GIORNO: GIUSEPPE CAPOGROSSI “SUPERFICIE 636”
TECNICA: pennarello
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CAPITOLO3: VERIFICA E VALUTAZIONE
VALUTAZIONE INIZIALE
Come già esposto in precedenza, l’osservazione continua sulle dinamiche di classe e il
conseguente emergere dei bisogni educativi e didattici, mi ha indotto ad utilizzare
questa modalità e questo specifico strumento (anche in altri progetti per sviluppare
conoscenza e competenze differenti, in realtà…).
VALUTAZIONE FINALE
Per valutare questo progetto non mi sono servita dell’osservazione durante il processo,
della documentazione fotografica e dei prodotti stessi dei bambini per riflettere sul
percorso, sulle sue modalità e sui materiali utilizzati.
Uno strumento molto utile è stato il confronto, il confronto tra le prime produzioni e le
ultime, tra le produzioni prima del percorso e quelle dopo.
Di proposito, ripropongo un lavoro che avevo già presentato nel mese di novembre, per
confrontare e valutare sia gli elementi grafici che la creatività.
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Una mattina, mentre sto compilando il registro, alzo lo sguardo e noto una bambina
china su un foglio, molto indaffarata e concentrata sulla sua attività… disegna…poi
allontana il capo…osserva il risultato…sorride…e poi mi pare che aggiunga dei
particolari...dall'osservazione mi pare chiaro che abbia un’idea ben precisa in testa.
Mi avvicino…osservo….chiedo spiegazioni, che lei mi offre con entusiasmo e sicurezza…e
poi….orgogliosa sorrido!
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Bibliografia
Jerome Bruner: “La pratica dell’educazione”. Ed. Feltrinelli, Milano, 1997
Marco Dallari: “In una notte di luna vuota” . Edizioni Centro Studi Erickson, Trento,
2008
Luigina Mortari: “La pratica dell’aver cura”. Ed, Mondadori, Milano, 2006
Bibliografia web
Cinzia Maria Braglia. “Sviluppo delle forme espressive grafiche infantili: storia, teorie,
pratiche. Una ricerca etnograficocognitiva”. 25/02/2012
Lino Busato: “Il pensiero convergente e divergente”. 29/08/2006