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2 «[…] i tecnici della nuova cosmologia statistica restano schiavi e silenziosi nei grandi monasteri sterilizzati eretti dalla Chiesa Industriale, e quasi avessero il mondo in gran dispetto, perforano su schede i segnali binari delle loro immense summae cibernetiche. Sono la Bit Generation. E l’arte? Attentissima, le antenne tese, coglie confusamente la forma del nuovo mondo in cui l’uomo va abitando e cerca di esprimerlo come può e come deve, per figure». 1 Nel 1961, Umberto Eco sta collaborando all’«Almanacco Letterario Bompiani 1962», cu- rato da Sergio Morando, che sarà dedicato alle «Applicazioni dei calcolatori elettronici alle scienze morali e alla letteratura». Una scelta quanto mai tempestiva, se si pensa che la pri- ma edizione di Cybernetics, di Norbert Wiener, risale al 1948 (ma la prima traduzione italiana uscirà venti anni dopo, nel 1968), e che l’ENIAC, il primo computer elettronico a desti- nazione commerciale, risale al 1946. Eco era a conoscenza degli esperimenti letterari di Nanni Balestrini, che con un computer IBM aveva già prodotto il poema elettronico Tape Mark 1; ma non aveva ancora notizia di utilizzi dell’elabora- tore elettronico nelle arti visive. Ne parlò con Bruno Munari, che curava la grafica per Bom- piani e che avrebbe disegnato l’almanacco. Munari disse di essere in contatto con alcuni ragazzi svegli che avrebbero potuto fare qual- cosa, e promise di parlarne con loro. I ‘ragazzi svegli’ erano i fondatori del Gruppo T, che l’avevano invitato a partecipare alla mostra di lancio del loro manifesto Miriorama 1 l’anno precedente, nel 1960. Non avevano mai usato un computer, ma accettarono l’invito a lavorare a delle opere «costruite secondo criteri ciberne- tici», e produssero dei lavori grafici che Eco ac- compagnò con un testo intitolato La forma del disordine: «Computer Art fatta a mano, con ri- ga, squadra e inchiostro di china», ricorderà Giovanni Anceschi. 2 Munari lavorava anche con la Olivetti, che no- nostante la perdita recente di Adriano Olivetti (1960) e di Mario Tchou (1961) – i primi respon- sabili dell’impegno dell’azienda di Ivrea nell’am- bito dell’elettronica –, avrebbe proseguito quel- l’impegno ancora per qualche anno. Poco pri- ma di morire, l’ingegnere italo-cinese aveva portato a compimento la produzione dell’Elea 9003, il primo computer mainframe del mondo (1959). La sua ‘carrozzeria’, come la chiamava lui, era stata disegnata da Ettore Sottsass. Nel 1965 verrà progettata la Programma 101, il pri- mo computer da tavolo della storia. In questo momento di grazia, Munari parlò con Giorgio Soavi, consulente artistico della Olivetti, e lo persuase a organizzare una mostra di «Arte programmata» (espressione già usata nell’al- LUK 22.2016 Domenico Quaranta Docente di Sistemi interattivi all’Accademia di Belle Arti di Carrara Opera aperta. Dall’arte cinetica alla New Media Art 1 1. Copertina dell’«Almanacco Letterario Bompiani 1962». Archivio dell’autore

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«[…] i tecnici della nuova cosmologia statisticarestano schiavi e silenziosi nei grandi monasteristerilizzati eretti dalla Chiesa Industriale, e quasiavessero il mondo in gran dispetto, perforanosu schede i segnali binari delle loro immensesummae cibernetiche. Sono la Bit Generation.E l’arte? Attentissima, le antenne tese, coglieconfusamente la forma del nuovo mondo in cuil’uomo va abitando e cerca di esprimerlo comepuò e come deve, per figure».1Nel 1961, Umberto Eco sta collaborandoall’«Almanacco Letterario Bompiani 1962», cu-rato da Sergio Morando, che sarà dedicato alle«Applicazioni dei calcolatori elettronici allescienze morali e alla letteratura». Una sceltaquanto mai tempestiva, se si pensa che la pri-ma edizione di Cybernetics, di Norbert Wiener,risale al 1948 (ma la prima traduzione italianauscirà venti anni dopo, nel 1968), e chel’ENIAC, il primo computer elettronico a desti-nazione commerciale, risale al 1946. Eco era aconoscenza degli esperimenti letterari di NanniBalestrini, che con un computer IBM aveva giàprodotto il poema elettronico Tape Mark 1; manon aveva ancora notizia di utilizzi dell’elabora-tore elettronico nelle arti visive. Ne parlò conBruno Munari, che curava la grafica per Bom-piani e che avrebbe disegnato l’almanacco.Munari disse di essere in contatto con alcuniragazzi svegli che avrebbero potuto fare qual-cosa, e promise di parlarne con loro. I ‘ragazzi svegli’ erano i fondatori del Gruppo T,che l’avevano invitato a partecipare alla mostradi lancio del loro manifesto Miriorama 1 l’annoprecedente, nel 1960. Non avevano mai usatoun computer, ma accettarono l’invito a lavorarea delle opere «costruite secondo criteri ciberne-tici», e produssero dei lavori grafici che Eco ac-compagnò con un testo intitolato La forma deldisordine: «Computer Art fatta a mano, con ri-ga, squadra e inchiostro di china», ricorderàGiovanni Anceschi.2Munari lavorava anche con la Olivetti, che no-nostante la perdita recente di Adriano Olivetti(1960) e di Mario Tchou (1961) – i primi respon-sabili dell’impegno dell’azienda di Ivrea nell’am-bito dell’elettronica –, avrebbe proseguito quel-l’impegno ancora per qualche anno. Poco pri-ma di morire, l’ingegnere italo-cinese avevaportato a compimento la produzione dell’Elea9003, il primo computer mainframe del mondo(1959). La sua ‘carrozzeria’, come la chiamavalui, era stata disegnata da Ettore Sottsass. Nel1965 verrà progettata la Programma 101, il pri-mo computer da tavolo della storia. In questomomento di grazia, Munari parlò con GiorgioSoavi, consulente artistico della Olivetti, e lopersuase a organizzare una mostra di «Arteprogrammata» (espressione già usata nell’al-

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Domenico Quaranta

Docente di Sistemi interattivi all’Accademia di Belle Arti di Carrara

Opera aperta. Dall’arte cinetica alla New Media Art

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1. Copertina dell’«Almanacco Letterario Bompiani 1962». Archivio dell’autore

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manacco), che inaugurò nel negozio Olivetti digalleria Vittorio Emanuele a Milano nel maggio1962. Alla mostra parteciparono, oltre agliesponenti del Gruppo T, il padovano Gruppo N,Bruno Munari e il designer Enzo Mari. L’eventosarà riproposto negli anni seguenti in varie sedi,includendo anche, dalla seconda edizione (aVenezia) un lavoro di Getulio Alviani.

L’«Almanacco Letterario Bompiani 1962» e lamostra Arte programmata restano, nella storiadell’arte italiana, due episodi straordinariamen-te anticipatori di linee di pensiero e di lavoro cheavranno pieno sviluppo, negli anni seguenti, perlo più fuori dall’Italia. In termini di pensiero sul-l’arte, i due progetti introducono l’idea che l’ar-te, con le sue antenne sensibili, non potessenon reagire alla rivoluzione tecnologica alloraagli albori. Scrive Eco nel catalogo di Arte pro-grammata: «Il critico futuro […] penserà che ben a ragionegli uomini del ventesimo secolo traevano pia-cere dalla visione, non più di una forma, ma ditante forme compresenti e simultanee, perchéquesto fatto non significava affatto una depra-vazione del gusto, ma la sua adeguazione atutta una dinamica percettiva che le nuovecondizioni tecnologiche e sociali avevano pro-mosso».3Le nuove condizioni percettive, e la nuova logi-ca del computer, richiedono un’arte nuova, chesarà definita, come vedremo, come program-mata, aperta, cinetica, moltiplicata. Di lì a poco,

queste riflessioni verranno sviluppate, in sedeespositiva, da mostre come The Machine asSeen at the End of the Mechanical Age (1968-1969) e Information (1970), curate per il MoMAdi New York rispettivamente da Pontus Hulténe Kynaston McShine; e da Software - Informa-tion Technology: Its New Meaning for Art, cura-ta da Jack Burnham per il Jewish Museum diNew York sempre nel 1970. Da parte sua, Bur-nham aveva anticipato le sue riflessioni sull’im-patto della cibernetica e della teoria dell’infor-mazione sulla pratica artistica nell’articolo Sy-stem Esthetics, uscito su «Artforum» nel 1968,e con più ampiezza di sguardo nel volume Be-yond Modern Sculpture. The Effects of Scienceand Technology on the Sculpture of this Centu-ry, uscito nello stesso anno, i cui ultimi tre capi-toli sono dedicati all’arte cinetica, all’uso dellaluce e alle figure del cyborg e del robot. In par-ticolare, la nozione di Burnham di ‘estetica si-stemica’ ha forti analogie con l’idea di Eco diopera aperta, pur superandola, per ovvi motivicronologici e di circolazione delle idee, per unapiù diretta conoscenza della cibernetica. ScriveBurnham: «Mentre l’oggetto ha quasi sempreuna forma e dei limiti definiti, la consistenza diun sistema può essere alterata nel tempo e nel-lo spazio, e il suo comportamento determinatosia da condizioni esterne che dai suoi meccani-smi di controllo».4Quanto alla pratica dell’arte, anche nei lavoriesposti in Arte programmata, come nelle grafi-che prodotte per l’«Almanacco Letterario Bom-

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2.Vera Molnar, Interruptions, Ink on paper, 30x30 cm,1969. Courtesy [DAM]Berlin3.Cybernetic Serendipity, ICA, Londra 1968. Vedutadella mostra. Courtesy Medienkuntnetz.de4.Edward Ihnatowicz, The Senster, 1970. Foto scattatail 15 gennaio 1971. Courtesy Philips Archive

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piani», la programmazione informatica agiscecome modello procedurale e riferimento filoso-fico, non come mezzo. I primi esperimenti diquella che verrà chiamata computer art non so-no lontani, ma non possono avvenire qui, e nonad opera di artisti ‘puri’. In quello stesso 1962,l’ingegnere americano A. Michael Noll, che la-vora ai Bell Laboratories, programma una mac-china allo scopo di generare immagini. I suoi la-vori – emulazioni algoritmiche dell’astrazionegeometrica e della prima Op Art – sono presen-tati nel 1965 presso la Howard Wise Gallery diNew York, in una mostra intitolata ComputerGenerated Pictures. Nello stesso anno, a Stoc-carda, viene presentata la Generative Compu-tergrafik di Georg Nees, accademico e mate-matico di formazione. È l’inizio della computergraphic, ai cui sviluppi parteciperanno anche al-cuni artisti vicini all’arte cinetica e programma-ta: come Vera Molnar, che prende parte al-l’esperienza del GRAV; e il triestino Edward Za-jec, vicino all’esperienza di Nuove Tendenze.Agli stessi anni risalgono anche le prime ricer-che artistiche sugli automi, come SAM (Sound

Activated Mobile) dello scultore polacco Ed-ward Ihnatowicz, che viene presentato nel1968 nella pionieristica mostra Cybernetic Se-rendipity. The Computer and the Arts, curata daJasia Reichardt per l’ICA di Londra. Ispirata daMax Bense, la mostra – spiega la curatrice incatalogo – «ha a che fare con possibilità più checon risultati», visto che, allo stato delle cose, «icomputer non hanno ancora rivoluzionato lamusica, l’arte o la poesia al livello in cui hannorivoluzionato la scienza».5 Ai fini di questo testo,

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dimostra tuttavia – da un lato – la straordinariaprecocità degli eventi italiani, e dall’altro la rapi-dità di sviluppo di queste ricerche: otto anni do-po Arte Programmata, la mostra di Londra puògià raccogliere immagini generate, video ani-mati, musica composta e eseguita, testi creatial computer (tra cui l’esperimento di Balestrini),insieme a macchine che dipingono, ambienti eoggetti cibernetici. È il punto di partenza di unaserie di ricerche nuove, marginali rispetto aglisviluppi dell’arte ‘mainstream’, che nel corsodei decenni successivi, e fino all’esplosione,negli anni Novanta, dell’informatica di consu-mo, circoleranno in un contesto produttivo,espositivo e discorsivo creato ad hoc per ren-derle possibili: il mondo della New Media Art.6

New Media Art«Il minimo comun denominatore per definire lanew media art è che sia computazionale e ba-sata su algoritmi […]. La new media art vienespesso descritta come orientata al processo, ti-me-based, dinamica, fondata sul tempo reale;partecipativa, collaborativa e performativa; mo-

dulare, variabile, generativa, e personalizzabi-le». Christiane Paul, 2008.7L’espressione New Media Art, come pure le nu-merose alternative e surrogati che l’hanno pre-ceduta o affiancata nel tempo – da ComputerArt ad arte multimediale, da arte digitale a Me-dia Art – definisce una nebulosa operativa chenon può essere circoscritta solo, come tenta difare nella citazione qui sopra la critica e curatri-ce Christiane Paul, dalle sue caratteristiche tec-niche. Per individuarne i confini, dobbiamo in-

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5.Software. Information technology: its new meaningfor art, 1970. Catalogo della mostra, archiviodell’autore6.Casey Reas, TI, 2004. Software, dischi in legno,computer, proiettore, dimensioni variabili. Courtesybitforms gallery nyc7.Rafael Rozendaal, ifnoyes.com, 2013. Sito web,javascript e html. Dimensioni variabili. Courtesyl’artista e Postmasters Gallery, New York8.Rafael Rozendaal, Into Time 13 08 13, 2013. Dipintolenticolare, 162.56x121.92 cm. Courtesy l’artista ePostmasters Gallery, New York

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nanzitutto tenere conto, anche e soprattutto,dal suo isolamento discorsivo. Nel corso degliultimi sessant’anni, infatti, il suo ancorarsi – siain termini di linguaggi che di contenuti – a unmezzo (o meglio, a un metamedium)8 comples-so e in continua, inarrestabile evoluzione, e perdi più portatore di sfide cruciali alla nozione tra-dizionale di opera d’arte, ne ha fatto un territo-rio, per quanto florido, poco presente nei canalitradizionali del dibattito artistico. E nonostanteoggi si possa dire, riprendendo le parole di Ja-sia Reichardt, che finalmente il computer abbiarivoluzionato la musica, l’arte e la letteraturatanto quanto la scienza (e, più in generale, ilmondo in cui viviamo), questa storia di isola-mento non si è ancora del tutto chiusa. Ancoraoggi, poste di fronte al tema dell’«AlmanaccoLetterario Bompiani 1962» molte persone chesi occupano di arte storcono il naso.Ma, che ci piaccia o no, l’elaboratore elettroni-co ha cambiato l’arte: ne ha cambiato i mezzi,i temi, le estetiche, le modalità di fruizione e disocializzazione, l’economia e il ‘mondo’ di rife-rimento. E un segnale indiretto di questo cam-biamento è anche il crescente interesse che èandato manifestandosi, in anni recenti, per l’ar-te cinetica e programmata, che è stata una del-le prime vittime, negli anni Settanta, delle resi-stenze del mondo dell’arte ai nuovi paradigmioperativi introdotti dall’era digitale. L’interessecurioso nei confronti dei nuovi paradigmi intro-dotti dallo sviluppo scientifico e tecnologico;l’apertura di un dialogo con la ricerca e la pro-duzione industriale; l’inconciliabilità di quanto

veniva prodotto con le esigenze di unicità e distabilità imposte dal mercato dell’arte: sono ifattori che, negli anni Settanta, hanno portatoalla conclusione dell’esperienza dell’arte cineti-ca e programmata; ma anche quelli che hannoconfinato i primi esempi di New Media Art inuna nicchia di ricerca. Viceversa, il revival re-cente dell’arte programmata non si deve solo,come dice Marco Meneguzzo, all’attuale no-stalgia del futuro, «vagheggiamento malinconi-co […] di un’idea di avvenire così come potevaessere elaborata in un’epoca in fondo ancorapiena di speranza: nostalgia di un futuro positi-vo».9 Ma si deve anche al suo aver anticipatoapprocci, prospettive, estetiche, modalità ope-rative e produttive riconosciute oggi come at-tuali, grazie alla loro penetrazione tanto nellapratica artistica convenzionale, quanto nel-l’esperienza quotidiana che facciamo dei me-dia. In altre parole, il recupero – sia in termini disuccesso espositivo e commerciale, sia in ter-mini di influenza su ricerche attuali – dell’arteprogrammata si lega al fatto che la riconoscia-mo come nostra, che ci parla di noi, oggi.

ConclusioniIl catalogo di Arte programmata del 1962 siapriva, dopo il testo di Eco, con una pagina cheriportava quattro stringatissime definizioni, voltea descrivere quanto si sarebbe trovato in mo-stra, e nel libro. Mi limito a riportarle in chiusuradi questo testo, invitando il lettore a un esercizio‘partecipativo’ che lo porti a esplorarne le con-sonanze con la definizione di New Media Art

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proposta da Christiane Paul, con opere recentiincontrate in mostre o cataloghi, con la propriapersonale esperienza dell’immaginario della re-te e dei media, con le immagini offerte a corre-do di questo testo.

Arte cinetica Forma d’arte plastica nella qualeil movimento delle forme, dei colori, dei piani èil mezzo per ottenere un insieme mutevole. Loscopo dell’arte cinetica non è quindi quello diottenere una composizione fissa e definitiva.

Opera aperta Forma costituita da una ‘costel-lazione’ di elementi in modo che l’osservatorepossa individuarvi, con una ‘scelta’ interpretati-

va, vari collegamenti possibili, e quindi variepossibilità di configurazioni diverse; al limite, in-tervenendo di fatto per modificare la posizionereciproca degli elementi.

Opere moltiplicate Opere progettate dall’au-tore per essere prodotte in varie copie, usu-fruendo delle tecniche industriali. Non quindi ri-produzione approssimativa di un ‘pezzo unico’originale, come normalmente avviene nellestampe d’arte.

Arte programmata L’arte può essere pro-grammata. Da una programmazione esatta na-sce una moltitudine di forme simili.

1 U. Eco, La forma del disordine, «Almanacco Lette-rario Bompiani 1962», Bompiani, Milano 1961. Ripub-blicato in M. Meneguzzo, E. Morteo, A. Saibene, Pro-grammare l’arte. Olivetti e le neoavanguardie cineti-che, Johan & Levi, Milano 2012, pp. 117-119.2 G. Anceschi, Come è nata l’arte programmata, in S.Cangiano, D. Fornari, A. Seratoni, a cura di, Arte Ri-programmata. Un manifesto aperto, Johan & Levi, Mi-lano 2015, pp. 74-79.3 U. Eco, in Arte programmata, Officina d’arte graficaA. Lucini, Milano 1962. Ripubblicato in Meneguzzo,Morteo, Saibene, Programmare l’arte cit.4 «Where the object almost always has a fixed shapeand boundaries, the consistency of a system may bealtered in time and space, its behavior determinedboth by external conditions and its mechanisms ofcontrol». J. Burnham, System Esthetics, «Artforum»,Sept. 1968, p. 32. La traduzione è nostra. 5 J. Reichardt, Introduction, in J. Reichardt, Cyberne-tic Serendipity. The Computer and the Arts, Studio In-ternational, London, July 1968, p. 5. 6 Per approfondimenti, vedi D. Quaranta, Media, NewMedia, Postmedia, Postmedia Books, Milano 2010. 7 C. Paul, a cura di, New Media in the White Cubeand Beyond, University of California Press, Berkeley2008, pp. 3-4.8 Il termine è stato coniato nel 1977 dai ricercatori in-formatici statunitensi Alan Kay e Adele Goldberg perdescrivere la capacità del mezzo informatico di emu-lare e influenzare gli altri media. Cfr. N. Wardrip-Fruinand N. Montfort, a cura di, The New Media Reader,The MIT Press, Cambridge and London 2003.9 M. Meneguzzo, Arte Programmata cinquant’annidopo, Johan & Levi, Milano 2012, p. 16.

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9.Paolo Ceric, GIF C4D, 2012. GIF animata, courtesyl’artista. http://patakk.tumblr.com/10.Nicolas Sassoon, Waterfall 6, 2013. GIF animata,dimensioni variabili (1920x1080 pixels). Courtesyl’artista