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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 183 (48.507) Città del Vaticano mercoledì 12 agosto 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!"!{!#!?! la buona notizia Il Vangelo della XX Domenica del Tempo ordinario (Matteo 15, 21-28) Un rifiuto che apre all’accoglienza A meno di una settimana dalla devastante esplosione a Beirut Si dimette il governo libanese BEIRUT, 11. «Il disastro avvenuto martedì scorso a Beirut è il risultato di una corruzione cronica in Libano, che ha impedito una gestione effica- ce del paese». Queste le parole pro- nunciate ieri dal primo ministro li- banese, Hassan Diab, nell’annuncia- re le dimissioni del governo a circa una settimana dalla terribile esplo- sione che ha devastato il porto di Beirut, ucciso — questo l’ultimo bi- lancio — 220 persone e ferito altre settemila; e alla conta mancano an- cora decine di dispersi. Parlando dal palazzo del Gran Serraglio, al termine di una giornata che aveva visto le dimissioni di di- versi ministri, il premier ha lanciato gravi accuse: «La rete della corrutte- la è più grande di quella dello Sta- to». Alcune forze politiche — ha sot- tolineato hanno come «unica preoccupazione il regolamento dei conti politici e la distruzione di ciò che resta dello Stato». L’unica pro- spettiva — ha aggiunto — «è un’in- dagine rapida che accerti le respon- sabilità; vogliamo un piano di salva- taggio nazionale che veda la parteci- pazione dei libanesi. Ecco perché annuncio le dimissioni di questo go- verno. Ogni ministro ha dato tutto ciò che poteva; non avevamo inte- ressi politici». L’ipotesi delle elezioni anticipate, annunciate nei giorni scorsi dallo stesso Diab, non è stata nemmeno menzionata nel discorso. E comun- que — fanno notare gli analisti più accreditati — prima di nuove elezio- ni bisognerebbe cambiare l’attuale legge elettorale. Un discorso, quello di Diab, pro- nunciato mentre la rabbia della gen- te proseguiva, per la terza serata consecutiva a Piazza dei Martiri e delle vie nei pressi del Parlamento. La polizia in tenuta antisommossa ha sparato gas lacrimogeni e pallot- tole di gomma disperdendo centi- naia di giovani che tentavano di su- perare le barriere di metallo, erette nei mesi scorsi attorno alle sedi isti- tuzionali. Nei giorni scorsi i dimo- stranti avevano attaccato il Parla- mento e diversi ministeri. Subito dopo l’annuncio, Diab si è recato al palazzo presidenziale per rassegnare le dimissioni del suo go- verno nelle mani del presidente Mi- chel Aoun. Fonti di stampa hanno riferito di fuochi d’artificio e colpi d’arma da fuoco in diversi quartieri della capitale e a Tripoli per festeg- giare le dimissioni del governo. Il governo Diab — il quarto in quattro anni — è stato sempre sotto assedio da una piazza in rivolta dall’ottobre scorso nel contesto di una crisi socio-economica senza pre- cedenti, aggravata dalla pandemia del covid e segnata dal collasso fi- nanziario. Proprio Diab aveva dovu- to annunciare, a marzo, il default del sistema. Stretto tra le pressioni della potente Associazione delle banche, della Banca Centrale e dei diversi partiti, Diab non ha portato a termine nessuno dei punti promes- si nel programma, tanto meno è riu- scito ad avviare negoziati seri col Fondo monetario internazionale. Ora la palla passa nelle mani del presidente Aoun, che dovrebbe ini- ziare a breve le consultazioni. Al momento non è stato ancora reso noto il calendario degli incontri. Intanto, ieri, il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guter- res, è intervenuto per sottolineare l’importanza non solo di aiutare il Libano in questa fase, ma anche di fare chiarezza su quanto accaduto con un’inchiesta internazionale. «La rabbia del popolo libanese è palpa- bile. Le loro voci devono essere ascoltate. È importante che un’inda- gine credibile e trasparente determi- ni la causa dell’esplosione e la re- sponsabilità che chiede il popolo». Ricordando poi che «le Nazioni Unite hanno intrapreso una risposta rapida e di ampio respiro» per con- tinuare a «sostenere il Libano in ogni modo possibile durante questa emergenza, Guterres ha lanciato un appello per un «forte sostegno in- ternazionale a tutte le persone biso- gnose in Libano, in particolare le donne e le bambine che sono più vulnerabili in tempi di crisi». Crollano le magnifiche case di mattoni di fango essiccato gioiello dell’Unesco Le piogge cancellano secoli di storia a Sana’a 70 anni fa moriva padre Lorenzo Rocci Una cassapanca piena di interpretazioni ROBERTO ROSANO A PAGINA 4 In Pakistan la Giornata nazionale delle minoranze religiose Per un paese che cresca nell’uguaglianza PAOLO AFFATATO A PAGINA 6 Intervista al presidente del Circolo San Pietro La carità del vescovo di Roma non chiude per ferie GIANLUCA BICCINI A PAGINA 8 ALLINTERNO L’informazione: prima forma di solidarietà in Africa GIULIO ALBANESE A PAGINA 2 La lettera della mamma Il Papa battezza le gemelline siamesi di ALESSANDRO DE CAROLIS L a visita dentro San Pietro, un’immensità vista per la pri- ma volta che schiaccia quasi, ma che si arresta davanti alla statua della Madonna che stringe Gesù senza vita. All’improvviso il resto dell’immensità perde d’interesse, mentre si accende di getto una do- manda su quel «corpo incolpevole» di Cristo che ricorda «il corpo delle mie figlie negate alla normalità tra le mie braccia altrettanto impotenti. Perché?». È uno dei passaggi più potenti della lettera indirizzata al Papa da Hermine Nzotto, la mam- ma delle gemelline siamesi origina- rie del Centrafrica, sottoposte circa un mese fa all’Ospedale Bambino Gesù a uno straordinario intervento di separazione cranica e cerebrale. Due bimbe, Ervina e Prefina, che Francesco ha battezzato nei giorni scorsi a Casa Santa Marta durante una cerimonia riservata. Nella lettera, Hermine Nzotto racconta la sua vita di «ragazza paesana della foresta», nata in un villaggio a 100 km da Bangui, la città dove nel 2015 il Papa avvia il Giubileo della misericordia aprendo la porta santa della cattedrale. Una porta che per la mamma delle due bimbe è molto di più. «Battezzare le mie miracolate Maria e Francesca da Sua Santità mi dà la conferma che Dio è veramente vicino agli ul- timi», scrive Hermine. «Se domani le mie figlie potranno far parte dei bambini più fortunati della terra, cioè andare a scuola e imparare quello che ignoro e che adesso an- ch’io aspiro a sapere, per essere in grado un domani di leggere i ver- setti della Bibbia alle mie figlie, al- lora — dice al Papa l’autrice della lettera — non è una porta santa che lei ha aperto a Bangui nel 2015 e che si è richiusa un anno dopo, ma ha costruito un ponte per l’eternità dove possono attraversare i biso- gnosi, come lo ero io, e gente di buona volontà come la squadra di medici che curano le mie insepara- bili separate». Nella pagina e poco più della lettera, Hermine Nzotto ringrazia più volte i medici del Bambino Ge- sù, da Mariella Enoc, presidente dell'Ospedale pediatrico, al profes- sor Carlo Efisio Marras, responsabi- le del reparto di Neurochirurgia, la cui squadra ha «miracolosamente separato e risuscitato» le sue bim- be. «La preghiera — conclude Her- mine Nzotto — è ciò che può unire i popoli della terra; io pregherò Maria per Lei, ma non ho bisogno di chiederle altrettanto in quanto chi come Sua Santità ha sfidato il pericolo delle punture delle zanzare e della ribellione del 2015 in Cen- trafrica sa chiedere a Maria ciò che serve al mondo». SANAA, 11. Un altro dramma colpisce lo Yemen, uno dei paesi più poveri del mondo. Le magnifiche case di mattoni di fango essiccato — quelle che fanno del centro storico di Sa- na'a un unicum — sono collassate e stanno ancora collassando in seguito alle piogge torrenziali che hanno col- pito il paese, provocando morte e de- vastazione in una terra già duramen- te colpita dal perenne stato di guerra e dalle sue inesorabili conseguenze, su tutte carenza di cibo e malattia. Il complesso dei peculiari edifici, molti dei quali risalenti all'XI secolo, è nella Lista Unesco World Heritage, dal 1986. Un sito che comprende, si legge nel portale dell'Agenzia delle Nazioni Unite, 103 moschee, 14 ham- mam e oltre 6 mila case. Dal 2015, l'Unesco ha posizionato Sana'a tra i “siti in pericolo” per evi- denti ragioni legate all'insicurezza politica. Il tutto, nonostante le fre- quenti distruzioni dovute a scontri a fuoco ed esplosioni trovino una sor- prendente capacità di reazione nella popolazione allo stremo, che, aiutata dalla tipologia stessa delle costruzio- ni e del suo ingrediente base — il mattone di fango essiccato — è capa- ce di ricostruire in modo fedele all'o- riginale. Una delle ragioni che sinora han- no favorito la ricostruzione — dicono gli esperti — è sicuramente legata al- l'autonomia e all'autarchia culturale di un paese non ancora globalizzato, dove tradizioni antiche come la lavo- razione del mattone di fango si sono tramandate per generazioni. Il disastro è ingente. Il primo cen- simento parla di 107 tetti crollati, ma di almeno 5mila edifici dove entra acqua. «Tutto quello che avevamo è sepolto qua sotto» racconta alla Reu- ters Muhammad Ali al-Talhìs, la cui abitazione è collassata venerdì scorso, lasciando l'uomo, con le sue sei mo- gli e altrettanti figli senza un tetto. Aqeel Saleh Nassar, responsabile del- l'Autorità per la conservazione del centro storico di Sana'a ha racconta- to che sta collaborando con l'Unesco e altre istituzioni per cercare di salva- re il salvabile. La stagione delle piog- ge investe normalmente lo Yemen tra aprile e inizio settembre. Il paese arabo è marginalmente in- teressato dal monsone estivo. Gli ef- fetti sono più marcati proprio nell'al- topiano nord-occidentale del territo- rio, dove la storica capitale è colloca- ta: in quell'area, d'estate le piogge sono tutt'altro che infrequenti. Que- st'anno, però, le precipitazioni sono state particolarmente intense, andan- do a peggiorare quella che le Nazio- ni Unite additano come la più grave crisi umanitaria del pianeta. Il tutto in simultanea con il coronavirus — che si pensa si stia diffondendo ab- bondantemente e in larga misura non rilevato — e con la pioggia che per definizione favorisce la diffusione dei contagi endemici delle aree più povere del pianeta. NOSTRE INFORMAZIONI Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Nantes (Francia) l’Eccellentissimo Monsignore Laurent Percerou, finora Ve- scovo di Moulins. di FABIO ROSINI Q uando si accolgono dei candidati adulti al Battesimo è buona norma che partecipino alla prima parte del- la santa messa fino all’omelia e che, dopo una parola di benedizione, vengano conge- dati dall’assemblea, prima del Credo e del- la preghiera dei fedeli. Non per caso tutto quel che precede si chiama Messa dei cate- cumeni. Quindi i candidati debbono uscire per essere istruiti in altro luogo dai didascali, mentre i fedeli si inoltrano nella liturgia eu- caristica. Vedere uscire delle persone fa impressio- ne, e vari sacerdoti non praticano questo atto, credendo che sia un rifiuto o un’esclu- sione negativa e scoraggiante per i catecu- meni. Questa è ignoranza della logica edu- cativa, che la santa Chiesa, madre e mae- stra, possiede nelle sue fibre più antiche! Proprio il Vangelo di questa domenica ci fa contemplare un diniego di Cristo, che a una povera donna cananea angosciata per una figlia indemoniata oppone un rifiuto netto, cosa che porta i discepoli a sembrare più buoni di Gesù. Ma il Vangelo si risolve nella manifesta- zione della grande fede di questa donna: deve venire il sospetto che il testo nasconda una pedagogia. Tornando al congedo dei catecumeni, l’esperienza insegna che la gradualità nell’introduzione alla vita liturgica non fa che aumentare intensità e consapevolezza. Desiderare a lungo di arrivare ai sacramenti verifica e purifica le intenzioni. Crediamo in un solo Battesimo per la re- missione dei peccati, non professiamo una misericordia da condono edilizio. La salvez- za è un’opera dello Spirito Santo che pro- duce nell’uomo conversione, pentimento, di- stacco dalla vita vecchia e inizio della nuo- va, e tale purificazione richiede gradualità. Ma chi ha detto che fede speranza e amore si possano comunicare istantanea- mente come fossero solo dei concetti? Ci sono i “sì” e i “no” educativi, ci sono le consegne a tempo debito. Questa è l’arte dell’accoglienza, che implica senso di op- portunità e cura graduale; altrimenti non stiamo condividendo la salvezza, ma la stia- mo banalizzando. Gli scontri nella piazza antistante il Parlamento a Beirut (Afp) Pubblicati bilancio sociale e attività sanitaria e scientifica del 2019 Numeri in continua crescita all’ospedale Bambino Gesù PAGINA 8

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 183 (48.507) Città del Vaticano mercoledì 12 agosto 2020

.

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izia Il Vangelo della XX Domenica del Tempo ordinario (Matteo 15, 21-28)

Un rifiuto che apre all’accoglienza

A meno di una settimana dalla devastante esplosione a Beirut

Si dimetteil governo libanese

BE I R U T, 11. «Il disastro avvenutomartedì scorso a Beirut è il risultatodi una corruzione cronica in Libano,che ha impedito una gestione effica-ce del paese». Queste le parole pro-nunciate ieri dal primo ministro li-banese, Hassan Diab, nell’annuncia-re le dimissioni del governo a circauna settimana dalla terribile esplo-sione che ha devastato il porto diBeirut, ucciso — questo l’ultimo bi-lancio — 220 persone e ferito altresettemila; e alla conta mancano an-cora decine di dispersi.

Parlando dal palazzo del GranSerraglio, al termine di una giornatache aveva visto le dimissioni di di-versi ministri, il premier ha lanciatogravi accuse: «La rete della corrutte-la è più grande di quella dello Sta-to». Alcune forze politiche — ha sot-tolineato — hanno come «unicapreoccupazione il regolamento deiconti politici e la distruzione di ciòche resta dello Stato». L’unica pro-spettiva — ha aggiunto — «è un’in-dagine rapida che accerti le respon-sabilità; vogliamo un piano di salva-taggio nazionale che veda la parteci-pazione dei libanesi. Ecco perchéannuncio le dimissioni di questo go-verno. Ogni ministro ha dato tuttociò che poteva; non avevamo inte-ressi politici».

L’ipotesi delle elezioni anticipate,annunciate nei giorni scorsi dallostesso Diab, non è stata nemmenomenzionata nel discorso. E comun-que — fanno notare gli analisti piùaccreditati — prima di nuove elezio-ni bisognerebbe cambiare l’attualelegge elettorale.

Un discorso, quello di Diab, pro-nunciato mentre la rabbia della gen-te proseguiva, per la terza serataconsecutiva a Piazza dei Martiri edelle vie nei pressi del Parlamento.La polizia in tenuta antisommossaha sparato gas lacrimogeni e pallot-tole di gomma disperdendo centi-naia di giovani che tentavano di su-perare le barriere di metallo, erettenei mesi scorsi attorno alle sedi isti-tuzionali. Nei giorni scorsi i dimo-stranti avevano attaccato il Parla-mento e diversi ministeri.

Subito dopo l’annuncio, Diab si èrecato al palazzo presidenziale perrassegnare le dimissioni del suo go-verno nelle mani del presidente Mi-chel Aoun. Fonti di stampa hannoriferito di fuochi d’artificio e colpid’arma da fuoco in diversi quartieridella capitale e a Tripoli per festeg-giare le dimissioni del governo.

Il governo Diab — il quarto inquattro anni — è stato sempre sottoassedio da una piazza in rivoltadall’ottobre scorso nel contesto diuna crisi socio-economica senza pre-

cedenti, aggravata dalla pandemiadel covid e segnata dal collasso fi-nanziario. Proprio Diab aveva dovu-to annunciare, a marzo, il defaultdel sistema. Stretto tra le pressionidella potente Associazione dellebanche, della Banca Centrale e deidiversi partiti, Diab non ha portatoa termine nessuno dei punti promes-si nel programma, tanto meno è riu-scito ad avviare negoziati seri colFondo monetario internazionale.

Ora la palla passa nelle mani delpresidente Aoun, che dovrebbe ini-ziare a breve le consultazioni. Almomento non è stato ancora resonoto il calendario degli incontri.

Intanto, ieri, il segretario generaledelle Nazioni Unite, António Guter-res, è intervenuto per sottolinearel’importanza non solo di aiutare ilLibano in questa fase, ma anche difare chiarezza su quanto accadutocon un’inchiesta internazionale. «Larabbia del popolo libanese è palpa-bile. Le loro voci devono essereascoltate. È importante che un’inda-gine credibile e trasparente determi-ni la causa dell’esplosione e la re-sponsabilità che chiede il popolo».Ricordando poi che «le NazioniUnite hanno intrapreso una rispostarapida e di ampio respiro» per con-tinuare a «sostenere il Libano inogni modo possibile durante questaemergenza, Guterres ha lanciato unappello per un «forte sostegno in-ternazionale a tutte le persone biso-gnose in Libano, in particolare ledonne e le bambine che sono piùvulnerabili in tempi di crisi».

Crollano le magnifiche case di mattoni di fango essiccato gioiello dell’Unesco

Le piogge cancellano secoli di storia a Sana’a

70 anni fa morivapadre Lorenzo Rocci

Una cassapancapienadi interpretazioni

ROBERTO ROSANO A PA G I N A 4

In Pakistan la Giornata nazionaledelle minoranze religiose

Per un paeseche crescanell’uguaglianza

PAOLO AF FATAT O A PA G I N A 6

Intervista al presidentedel Circolo San Pietro

La caritàdel vescovo di Romanon chiude per ferie

GIANLUCA BICCINI A PA G I N A 8

ALL’INTERNO

L’informazione: primaforma di solidarietàin Africa

GIULIO ALBANESE A PA G I N A 2

La lettera della mamma

Il Papa battezzale gemelline siamesi

di ALESSANDRO DE CAROLIS

La visita dentro San Pietro,un’immensità vista per la pri-ma volta che schiaccia quasi,

ma che si arresta davanti alla statuadella Madonna che stringe Gesùsenza vita. All’improvviso il restodell’immensità perde d’i n t e re s s e ,mentre si accende di getto una do-manda su quel «corpo incolpevole»di Cristo che ricorda «il corpo dellemie figlie negate alla normalità trale mie braccia altrettanto impotenti.Perché?». È uno dei passaggi piùpotenti della lettera indirizzata alPapa da Hermine Nzotto, la mam-ma delle gemelline siamesi origina-rie del Centrafrica, sottoposte circaun mese fa all’Ospedale BambinoGesù a uno straordinario interventodi separazione cranica e cerebrale.Due bimbe, Ervina e Prefina, cheFrancesco ha battezzato nei giorniscorsi a Casa Santa Marta duranteuna cerimonia riservata.

Nella lettera, Hermine Nzottoracconta la sua vita di «ragazzapaesana della foresta», nata in unvillaggio a 100 km da Bangui, lacittà dove nel 2015 il Papa avvia ilGiubileo della misericordia aprendola porta santa della cattedrale. Unaporta che per la mamma delle duebimbe è molto di più. «Battezzarele mie miracolate Maria e Francescada Sua Santità mi dà la confermache Dio è veramente vicino agli ul-timi», scrive Hermine. «Se domanile mie figlie potranno far parte deibambini più fortunati della terra,cioè andare a scuola e impararequello che ignoro e che adesso an-ch’io aspiro a sapere, per essere ingrado un domani di leggere i ver-setti della Bibbia alle mie figlie, al-lora — dice al Papa l’autrice dellalettera — non è una porta santa chelei ha aperto a Bangui nel 2015 e

che si è richiusa un anno dopo, maha costruito un ponte per l’eternitàdove possono attraversare i biso-gnosi, come lo ero io, e gente dibuona volontà come la squadra dimedici che curano le mie insepara-bili separate».

Nella pagina e poco più dellalettera, Hermine Nzotto ringraziapiù volte i medici del Bambino Ge-sù, da Mariella Enoc, presidentedell'Ospedale pediatrico, al profes-sor Carlo Efisio Marras, responsabi-le del reparto di Neurochirurgia, lacui squadra ha «miracolosamenteseparato e risuscitato» le sue bim-be. «La preghiera — conclude Her-mine Nzotto — è ciò che può unirei popoli della terra; io pregheròMaria per Lei, ma non ho bisognodi chiederle altrettanto in quantochi come Sua Santità ha sfidato ilpericolo delle punture delle zanzaree della ribellione del 2015 in Cen-trafrica sa chiedere a Maria ciò cheserve al mondo».

SANA’A, 11. Un altro dramma colpiscelo Yemen, uno dei paesi più poveridel mondo. Le magnifiche case dimattoni di fango essiccato — quelleche fanno del centro storico di Sa-na'a un unicum — sono collassate estanno ancora collassando in seguitoalle piogge torrenziali che hanno col-pito il paese, provocando morte e de-vastazione in una terra già duramen-te colpita dal perenne stato di guerrae dalle sue inesorabili conseguenze,su tutte carenza di cibo e malattia.

Il complesso dei peculiari edifici,molti dei quali risalenti all'XI secolo,è nella Lista Unesco World Heritage,dal 1986. Un sito che comprende, silegge nel portale dell'Agenzia delleNazioni Unite, 103 moschee, 14 ham-mam e oltre 6 mila case.

Dal 2015, l'Unesco ha posizionatoSana'a tra i “siti in pericolo” per evi-denti ragioni legate all'insicurezzapolitica. Il tutto, nonostante le fre-quenti distruzioni dovute a scontri afuoco ed esplosioni trovino una sor-prendente capacità di reazione nellapopolazione allo stremo, che, aiutatadalla tipologia stessa delle costruzio-ni e del suo ingrediente base — ilmattone di fango essiccato — è capa-ce di ricostruire in modo fedele all'o-riginale.

Una delle ragioni che sinora han-no favorito la ricostruzione — diconogli esperti — è sicuramente legata al-l'autonomia e all'autarchia culturaledi un paese non ancora globalizzato,dove tradizioni antiche come la lavo-razione del mattone di fango si sonotramandate per generazioni.

Il disastro è ingente. Il primo cen-simento parla di 107 tetti crollati, madi almeno 5mila edifici dove entraacqua. «Tutto quello che avevamo èsepolto qua sotto» racconta alla Reu-ters Muhammad Ali al-Talhìs, la cuiabitazione è collassata venerdì scorso,lasciando l'uomo, con le sue sei mo-gli e altrettanti figli senza un tetto.Aqeel Saleh Nassar, responsabile del-l'Autorità per la conservazione delcentro storico di Sana'a ha racconta-

to che sta collaborando con l'Unescoe altre istituzioni per cercare di salva-re il salvabile. La stagione delle piog-ge investe normalmente lo Yemen traaprile e inizio settembre.

Il paese arabo è marginalmente in-teressato dal monsone estivo. Gli ef-fetti sono più marcati proprio nell'al-topiano nord-occidentale del territo-rio, dove la storica capitale è colloca-ta: in quell'area, d'estate le pioggesono tutt'altro che infrequenti. Que-st'anno, però, le precipitazioni sonostate particolarmente intense, andan-do a peggiorare quella che le Nazio-ni Unite additano come la più gravecrisi umanitaria del pianeta. Il tuttoin simultanea con il coronavirus —che si pensa si stia diffondendo ab-bondantemente e in larga misuranon rilevato — e con la pioggia cheper definizione favorisce la diffusionedei contagi endemici delle aree piùpovere del pianeta.

NOSTREINFORMAZIONI

Provvista di ChiesaIl Santo Padre ha nominatoVescovo di Nantes (Francia)l’Eccellentissimo MonsignoreLaurent Percerou, finora Ve-scovo di Moulins.

di FABIO ROSINI

Q uando si accolgono dei candidatiadulti al Battesimo è buona normache partecipino alla prima parte del-

la santa messa fino all’omelia e che, dopouna parola di benedizione, vengano conge-dati dall’assemblea, prima del Credo e del-la preghiera dei fedeli. Non per caso tuttoquel che precede si chiama Messa dei cate-cumeni.

Quindi i candidati debbono uscire peressere istruiti in altro luogo dai didascali,mentre i fedeli si inoltrano nella liturgia eu-caristica.

Vedere uscire delle persone fa impressio-ne, e vari sacerdoti non praticano questoatto, credendo che sia un rifiuto o un’esclu-

sione negativa e scoraggiante per i catecu-meni. Questa è ignoranza della logica edu-cativa, che la santa Chiesa, madre e mae-stra, possiede nelle sue fibre più antiche!

Proprio il Vangelo di questa domenica cifa contemplare un diniego di Cristo, che auna povera donna cananea angosciata peruna figlia indemoniata oppone un rifiutonetto, cosa che porta i discepoli a sembrarepiù buoni di Gesù.

Ma il Vangelo si risolve nella manifesta-zione della grande fede di questa donna:deve venire il sospetto che il testo nascondauna pedagogia.

Tornando al congedo dei catecumeni,l’esperienza insegna che la gradualitànell’introduzione alla vita liturgica non fache aumentare intensità e consapevolezza.

Desiderare a lungo di arrivare ai sacramentiverifica e purifica le intenzioni.

Crediamo in un solo Battesimo per la re-missione dei peccati, non professiamo unamisericordia da condono edilizio. La salvez-za è un’opera dello Spirito Santo che pro-duce nell’uomo conversione, pentimento, di-stacco dalla vita vecchia e inizio della nuo-va, e tale purificazione richiede gradualità.

Ma chi ha detto che fede speranza eamore si possano comunicare istantanea-mente come fossero solo dei concetti? Cisono i “sì” e i “no” educativi, ci sono leconsegne a tempo debito. Questa è l’artedell’accoglienza, che implica senso di op-portunità e cura graduale; altrimenti nonstiamo condividendo la salvezza, ma la stia-mo banalizzando.

Gli scontri nella piazza antistante il Parlamento a Beirut (Afp)

Pubblicati bilancio sociale e attivitàsanitaria e scientifica del 2019

Numeri in continuacrescita all’osp edaleBambino Gesù

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 mercoledì 12 agosto 2020

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tante attualità, soprattutto in riferi-mento al continente africano. Pur vi-vendo immersi in una cultura globa-lizzata, paradossalmente, l’opinionepubblica è spesso all’oscuro di fatti eaccadimenti che avvengono in paesicome la Somalia, il Sud Sudan, o laRepubblica Democratica del Congo.Purtroppo, la mercificazione a cui èsottoposto l’intero comparto mass-mediale, la chiusura di molti ufficidi corrispondenza imposta dalle po-litiche di austerity, nonché l’emissio-ne affannosa di notizie resa necessa-ria dalle regole della comunicazionein tempo reale, rappresentano unforte limite nel raccontare i fatti e gliaccadimenti su scala planetaria, inparticolare quelli che si verificanonelle tante periferie africane.

«La nostra professione — diceva ilcompianto giornalista africanista, dinazionalità polacca Ryszard Ka-puściński — è una lotta costante trail nostro sogno, la nostra volontà diessere del tutto indipendenti e le si-tuazioni reali in cui ci troviamo, checi costringono invece ad essere di-pendenti da interessi, punti di vista,aspettative dei nostri editori… Ingenerale si tratta di una professioneche richiede una continua lotta e uncostante stato di allerta…». Chi scri-ve, ebbe modo di incontrare, cono-scere e apprezzare Kapuściński inpiù circostanze, sia in Europa che inAfrica. Ciò non toglie che i suoi no-bili ideali, non trovino di questitempi un felice riscontro nella prassieditoriale.

Per quanto l’areopago della stam-pa sia ancora oggi composto da bra-vissimi cronisti del suo calibro cheavvertono il bisogno istintivo di rac-contare quello che vedono, il sistemamediatico planetario — facendo lamedia tra società moderne e altre invia di sviluppo — comunica appenail 20 per cento delle notizie che tuttisaremmo tenuti a conoscere. Lo con-statava con grande amarezza, citan-do fonti accademiche statunitensi, ilgrande Sergio Zavoli, scomparso lascorsa settimana. Il che in sostanzasignifica che l’opinione pubblica sapoco o niente di quello che succedenel nostro pianeta, col risultato chel’ignoranza, intesa come non cono-scenza di quanto avviene sul palco-scenico della storia, rappresenta unfattore altamente destabilizzante.Sebbene attraverso la rete internet-

tiana sia possibile accedere ad unagalassia di fonti che potrebbero sod-disfare l’interesse dei curiosi, l’infor-mazione “m a i n s t re a m ” lascia fre-quentemente molto a desiderare.

Emblematico è il caso dell’Africa.Infatti, il racconto pubblico di que-sto continente si basa spesso su unanarrazione saltuaria, parziale ed in-centrata sovente sugli stereotipi. Ilfocus, nella maggioranza dei casi,soprattutto in Europa, è sull’immi-grazione via mare dalla sponda afri-cana e sul controllo delle frontiere:tutte questioni che dominano prepo-tentemente le prime pagine dei quo-tidiani e le aperture dei notiziari in-sieme alle riflessioni sugli episodi diintolleranza e razzismo. Il problemadi fondo è che non ci si può certo li-mitare alla cronaca degli sbarchi sul-le coste del vecchio continente. Oc-correrebbe infatti spiegare ai lettori eai video/radio spettatori le vere ra-gioni della mobilità umana, con par-ticolare riferimento agli avvenimentiche si susseguono nei paesi di prove-nienza dei migranti, spesso teatri diindicibili tragedie. Cosa che avvienegrazie a qualche approfondimento,ma assai raramente. Ma non è tutto.

Uzodinma Iweala, giovane medi-co e scrittore statunitense di origininigeriane sulla cresta dell’onda per isuoi romanzi, si domanda come mail’impegno per l’Africa di star come

Bono o Angelina Jolie siano oggettodi smisurate attenzioni da parte del-la stampa occidentale, mentre vengapraticamente ignorato l’impegno so-lidale di africani come NwankwoKanu (ex giocatore di calcio dellanazionale nigeriana, olimpionico efondatore della Kanu Heart Founda-tion che ha lo scopo di fornire curemediche ai bambini con malattiecardiache) o Dikembe Mutombo (excestista nella NBA della RepubblicaDemocratica del Congo, e fondatoredella Dikembe Mutombo Founda-tion, che mira a migliorare la salute,l’istruzione e la qualità della vitadelle persone nel suo paese di origi-ne). «Non c’è un solo africano checome me non apprezzi gli aiuti pro-venienti dal resto del mondo» ha di-chiarato pubblicamente Iweala, do-mandandosi però fino a che punto«quest’aiuto sia genuino, o se nonvenga dato nello spirito dell’afferma-zione di una superiorità culturale».

Quanto emerge, al netto delle cri-tiche e delle polemiche, è la profon-da stanchezza di questi africani co-me Iweala di fronte al modo preva-lente in cui i loro popoli sono dadecenni ritratti e raccontati, soprat-tutto quando la finalità è quella del-la raccolta fondi: stupire, emoziona-re per suscitare una generosità chediventa sempre più volubile, umora-le e, in prospettiva, sempre meno

motivata e duratura. Non è dunquesufficiente raccontare gli effetti dellamiseria, ma anche e soprattutto leragioni che la determinano. Se dauna parte, dunque, come soleva ri-petere Zavoli «l’informazione è laprima forma di solidarietà», dall’al-tra occorre contrastare l’atteggia-mento paternalistico, all’insegna del-la cosiddetta carità pelosa, di chiguarda ai poveri con fare altezzosodall’alto verso il basso, per cui ri-mangono sempre marcate le distanzetra l’offerente e il richiedente aiuto.

A questo proposito, è bene ricor-dare il ruolo svolto in questi annidalla stampa cattolica, in particolaremissionaria, dando voce a chi vocenon ha, raccontando, ad esempio, leguerre dimenticate, tragedie che soli-tamente la stampa generalista tendea ignorare, ma anche offrendo noti-zie e riflessioni sull’attualità di paesiafricani con straordinarie potenziali-tà culturali e religiose. Vale, comun-que, ricordare che in Italia — comeanche in Francia, in Spagna, nel Re-gno Unito e in altri paesi — vi è ungiornalismo cattolico militante che,pur avendo una matrice legittima-mente confessionale, rappresentauna finestra aperta sul mondo.

D’altronde, non esiste un modo diraccontare asettico e neutrale, disin-carnato rispetto alla cronaca dei fat-ti. A spiegarlo in maniera convincen-

te in una sua missiva pastorale, fuun pastore d’anime eccellente, il car-dinale Carlo Maria Martini, com-pianto arcivescovo di Milano, (Illembo del mantello, Lettera ai fedeliper l’anno pastorale 1991/1992) ilquale sosteneva che «è praticamenteimpossibile porsi esattamente trafonte dell’informazione e il destina-tario» perché il «mediatore è coluiche porta le ragioni dell’uno edell’altro, e viceversa. È colui che sifa carico dell’uno e dell’altro, che sacogliere il senso del loro dire. So-prattutto, mediatore è colui che tra-duce; ciò vuol dire che non può es-sere un passacarte, né un megafono,né uno che letteralmente trasportaogni parola da un codice all’a l t ro .Mediatore è colui che si assume i ri-schi di ogni traduzione; tradurre,concretamente, significa anche anda-re all’essenziale, cercare il senso diuna vicenda in sé e nel contesto, eriferire con parole vive».

Dunque, il mito dell’oggettivitànon può prescindere dalla fatica dichi, umanamente, si erge da tramitetra l’evento in quanto tale e il desti-natario finale che è il fruitore di no-tizie. Per l’editoria missionaria, sitratta di un impegno indispensabilee dichiarato, dalla parte dei poveri,nel laborioso processo di compren-sione e dialogo tra le culture.

Rivoltanel carcere

centraledi Mogadiscio

MO GADISCIO, 11. È di almeno seidetenuti e quattro poliziotti uccisiil bilancio provvisorio degli scon-tri scoppiati ieri all’interno delcarcere centrale di Mogadiscio,dopo che un gruppo di sospettiappartenenti al gruppo islamistaal-Shabaab ha tentato la fugadall’istituto. Lo rendono noto imedia somali, riferendo che sonostate sentite raffiche di spari e vio-lente esplosioni di granate. Nellarivolta — riferiscono i media — unnumero ancora imprecisato di per-sone è rimasto ferito.

I miliziani — spiegano fonti del-la polizia — hanno sottratto le ar-mi agli agenti e quindi hannoaperto il fuoco. Le forze di sicu-rezza hanno impiegato circa dueore per riprendere il controllo del-la sezione del carcere nella qualesi erano asserragliati i milizianijihadisti. La situazione, secondo leautorità locali, sembra ora esseretornata alla normalità.

In Tunisiail premier annuncia

un governodi tecnici

TUNISI, 11. Il prossimo governotunisino sarà formato da tecnici.Lo ha annunciato il premier inca-ricato tunisino, Hichem Mechichi,che ha voluto fare il puntosull’avanzamento delle consulta-zioni, che dovrebbero portarlo en-tro fine mese a presentare la suasquadra in parlamento per la fidu-cia. Mechichi ha indicato sarà ne-cessario formare un governo direalizzazioni economiche e socialiche pongano il cittadino al centro.Pertanto, a suo avviso, «la formu-la migliore sarà un governo dicompetenze completamente indi-pendenti». Il premier ha però sot-tolineato che «è impossibile riuni-re tutti i partiti politici all’internodello stesso governo e garantireun minimo di stabilità politica».Tra le priorità del prossimo gover-no: fermare l’emorragia delle fi-nanze pubbliche; preservare leistituzioni pubbliche e migliorarela loro governance; consolidare lostato di diritto e garantire l’appli-cazione della legge.

Attacco in Niger:Niamey e Parigiseguono la pistadel terrorismo

NI A M E Y, 11. Le forze armate delNiger stanno cercando, con il sup-porto aereo francese, gli autoridell’attacco sferrato domenica incui sono rimaste uccise otto perso-ne: sei operatori umanitari dellaong francese Acted, l’autista e unaguida nigerini. Niamey e Parigihanno aperto inchieste e puntanosulla pista terroristica. Lo riferiscela stampa locale.

Al momento nessuno ha riven-dicato l’attentato avvenuto duran-te un’escursione turistica in unparco naturale, nella regione diKouré. Le vittime, quattro donnee altrettanti uomini, sono stateprese di mira da uomini armati.La procura antiterrorismo franceseha intanto aperto un’inchiesta per«omicidi connessi ad azione terro-ristica ed associazione a delinque-re terroristica». Anche la ong pre-senterà una denuncia in questosenso. Oggi a Parigi si tiene unConsiglio di difesa sull’accaduto.In Niger sono sempre più fre-quenti gli attacchi di gruppi jiha-disti saheliani, compreso lo Statoislamico nel grande Sahara (Eigs).

Il presidente del Parlamento di Tobruk incontra l’inviato statunitense

Dialogo sulla LibiaIL CA I R O, 11. Il presidente del Parla-mento libico insediato a Tobruk,Aqila Saleh, ha incontrato l’amba-sciatore statunitense in Libia, Ri-chard Norland, per discutere dellacrisi libica e delle modalità pergiungere ad un cessate il fuoco.L’incontro si è svolto nella capitaleegiziana, Il Cairo, dove Saleh si èrecato in visita per affrontare con al-cuni «funzionari egiziani» la propo-sta di Washington relativa alla«smilitarizzazione» di Sirte e al-Ju-fra. Lo riferisce il sito egizianoYoum 7, citando un comunicato delconsigliere stampa di Saleh.

Il portavoce ha precisato che conl’ambasciatore degli Usa sono statediscusse «misure concrete per faravanzare l’iniziativa» di Saleh aval-lata dalla «dichiarazione del Cairodel 6 giugno scorso conformementeagli esiti della Conferenza di Berli-no», svoltasi il 19 gennaio.

Sono stati presi in esame gli ulti-mi sviluppi in Libia e nella regionenord-africana. Saleh e Norlandhanno concordato sulla necessità dimantenere la tregua attuale presso ifronti di combattimento di Sirte edi al-Jufra, rendendo tali luoghi«smilitarizzati» fino alla ripresa del«dialogo politico» e al ritorno al

tavolo dei negoziati, si legge ancoranel sito. Saleh è capo di un tronco-ne del Parlamento libico insediatonell’est del Paese, la Cirenaica sottoil controllo del generale KhalifaHaftar. La sua proposta in ottopunti presentata per risolvere lacrisi è spesso al centro dell’atten-

zione e ha già ricevuto un avallostatunitense ed egiziano. Nello spe-cifico, propone di arrivare alla for-mazione, con altre regole, di unnuovo Consiglio presidenziale eGoverno di unità nazionale, allarielaborazione della Costituzione einfine a elezioni.

Sul gas la Turchiaesorta i paesi

del Mediterraneoa cooperare

AN KA R A , 11. «La Turchia è semprepronta a risolvere la questione delMediterraneo orientale attraversoil dialogo su basi eque». È quantoha affermato il presidente turcoRecep Tayyip Erdoğan — in unaconferenza stampa seguita ad unariunione del governo — interve-nendo sulla questione delle esplo-razioni di gas nel Mediterraneo, alcentro di una contesa con Grecia,Cipro e ora anche Egitto. Er-doğan esorta tutti i Paesi del Me-diterraneo a cooperare «per trova-re una formula accettabile, cheprotegga i diritti di tutti». «Innessun modo — ha detto — la Tur-chia permetterà che qualsiasi ini-ziativa blocchi il paese sulle suecoste, ignorando il vasto territo-rio». «Il Paese continuerà — ha ri-badito — ad attuare i propri pianisul campo e a livello diplomaticofino a quando non prevarrà ilbuon senso». Dopo l’accordo sul-la demarcazione dei confini marit-timi siglato la scorsa settimana traGrecia e Egitto, la Turchia avevaripreso le trivellazioni , facendocosì salire le tensioni.

In Egittomobilitato l’e s e rc i t o

per le elezionidel Senato

IL CA I R O, 11. In Egitto si vota,oggi, per la prima volta per eleg-gere il Senato, un secondo ramodel Parlamento appena istituitocon la riforma costituzionale. Leforze armate egiziane hanno an-nunciato misure di sicurezza perproteggere il primo turno delleelezioni, che andranno avanti an-che domani. Lo riferisce il quoti-diano Al Ahram, segnalando il di-slocamento di truppe, posti diblocco, pattuglie e anche l’impie-go di commandos. Il Paese va alvoto per eleggere 300 componentidel Senato. Le votazioni, per gliegiziani all’estero, sono cominciatedomenica e i risultati del primoturno verranno annunciati il 19agosto. Una seconda tornata è fis-sata per l’8-9 settembre con an-nuncio dei risultati il 16 dello stes-so mese. I componenti del Senato,che ha una legislatura quinquen-nale, vengono eletti per due terziattraverso candidature individualie liste di partito bloccate, mentregli altri sono scelti dal presidenteAbdel Fattah al-Sisi, al potere dal2014. I candidati sono 787.

I ripetuti interventi di Papa Fran-cesco a favore della fratellanzauniversale e della pace planeta-

ria, dando voce alle moltitudini deisenza voce, hanno disegnato una ve-ra e propria periferia esistenziale sul-la quale dovremmo riflettere: quelladell’informazione. Il tema è di scot-

di GIULIO ALBANESE

Page 3: Si dimette il governo libanese le gemelline siamesi · 2020. 8. 11. · paesana della foresta», nata in un villaggio a 100 km da Bangui, la città dove nel 2015 il Papa avvia il

L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 12 agosto 2020 pagina 3

Bruxelles chiede agli stati di evitare misure restrittive unilaterali

Ue, più coordinamentoper sconfiggere il virus

Un paese cernieratra l’Unione europea e la Russia

Sparatoria fuoridalla Casa BiancaTrump sospende

conferenza stampaWASHINGTON, 11. Momenti ditensione ieri durante una confe-renza stampa del presidenteTrump, a causa di una sparatoriaproprio fuori dalla Casa Bianca.Il presidente degli Stati Uniti èstato avvicinato da un agente deiservizi segreti che sussurandogliqualcosa all’orecchio lo ha con-dotto fuori dalla sala stampa, ac-compagnandolo nello StudioO vale.

È stato lo stesso Trump, unavolta che la situazione è tornataalla normalità, a spiegare quantoaccaduto pochi attimi prima.«Qualcuno ha sparato fuori dallaCasa Bianca ed è stato colpitodagli agenti della sicurezza. Oralo stanno portando in ospedale.Non conosco le condizioni dellapersona», ha riferito Trump spie-gando che la situazione era tor-nata sotto controllo, che non èstato necessario rifugiarsi nelbunker e che «la sparatoria po-trebbe non avere nulla a che farecon me». Nella ricostruzionedell’accaduto i servizi segretiUsa, su twitter, hanno reso notoche «un agente ha usato la suaarma all’angolo tra la 17th Streete Pennsylvania Avenue», un in-crocio molto vicino alla CasaBianca. Un uomo e l’agente deiservizi segreti sono stati traspor-tati in un vicino ospedale, ha ag-giunto l’agenzia federale, assicu-rando che "in nessun momento"il complesso della Casa Bianca èstato violato.

L’inquilino della Casa Bianca,come riportato dai media Usa,aveva iniziato la sua solita confe-renza sulla situazione nel paeselegata alla pandemia. Poi, moltoprobabilmente avrebbe dovutoparlare del problema del voto viaposta e dell’andamento dellaBorsa. Ricominciando a parlarein conferenza Trump ha assicura-to che il vaccino per il coronavi-rus sarà pronto con ogni proba-bilità "entro la fine dell’anno" everrà distribuito dai militari.

BRUXELLES, 11. La seconda ondatadi contagi da coronavirus è già arri-vata in molti Stati europei, dal Bel-gio alla Grecia, e mentre si cerca disalvare quel che resta del turismoestivo salgono i timori dei governidi ritrovarsi di nuovo con numerinon gestibili. Per questo, in ordinesparso, cominciano a ricomparire lemisure di contenimento, dalle qua-rantene obbligatorie solo per alcunial divieto di ingresso per altri.

Il rischio però — ha avvertito ierila Commissione europea in una let-tera ai 27 governi — è quello di ri-trovarsi presto con un’Unione fram-mentata e divisa di nuovo dallefrontiere, «chiuse con decisioni au-

tonome e non coordinate come ac-cadde a fine febbraio». Bruxelles hafinora monitorato la situazione delleseconde ondate nei 27 paesi Ue sen-za intervenire. Da quando, a iniziogiugno, i governi hanno deciso diriaprire le frontiere, i viaggi hannoripreso e le quarantene sono stateabolite. Ma sono bastati due mesidi libera circolazione tra paesi chehanno standard diversi di protezio-ne (basti pensare all’obbligo di ma-scherina, diverso da Stato a Stato)per far rialzare la curva dei contagiovunque. Ben presto in Spagna sisono moltiplicati i focolai, tanto daspingere il Belgio e il Regno Unitoa vietare i viaggi verso la Catalogna.Nel Belgio del Nord, vicino alla co-sta, c'è stata un’impennata di casiche ha portato la città di Anversa, lapiù colpita, a imporre un coprifuoconotturno per fermare le uscite serali.E la Germania, impaurita da quelfocolaio non troppo lontano, ha vie-tato i viaggi nella regione. A suavolta il Belgio ha emesso “bandi”per chi va in alcune zone dellaFrancia e della Svizzera, o in Fi-nlandia, Lituania e Croazia. Anche isoggiorni in Romania e Bulgaria —che non sono area Schengen — sonocompromessi: in molti, tra cui l’Ita-lia, obbligano alla quarantena chi ri-torna a casa dopo averli visitati.

La Norvegia, che non è nell’Uema appartenente all’area di liberacircolazione, ha sulla sua lista nerail Belgio e la Cechia, mentre la Da-nimarca ha aggiunto anche il Lus-s e m b u rg o .

«Mentre occorre assicurare che laUe sia pronta a una possibile risali-ta dei casi covid, dobbiamo allostesso tempo evitare una secondaondata di azioni non coordinate allefrontiere interne» scrive la Commis-sione europea nella sua lettera ai 27.«Bisogna evitare di ristabilire restri-zioni inefficaci e controlli ai confiniinterni», secondo Bruxelles. La ri-sposta deve essere data piuttosto at-traverso «misure coordinate e pro-porzionate, informate da evidenzescientifiche».

Per quanto riguarda le cifre,l’emergenza è ancora altissima inSpagna. Ieri è stato reso noto che iricoveri per coronavirus nel paeseiberico sono quadruplicati in unmese e i centri sanitari sono di nuo-vo in affanno con 580 focolai fuoricontrollo. Che si tratti di una secon-da ondata o di una impennata deicontagi, di fatto la penisola ibericaè ancora alle prese con una catenainfettiva particolarmente aggressiva,in particolare in Aragona. Rispettoalla prima settimana di luglio, il tas-so di contagi si è moltiplicato perotto.

Anche l’Europa chiede che il dialogo politico prosegua pacificamente

Morales invita i suoi sostenitori ad accettarela nuova data delle elezioni

Proclamato lo sciopero generale mentre proseguono le proteste dopo le presidenziali

Sale la tensione in Bielorussia

Trinidad e Tobago:il premier uscentevince le elezioni

PORT OF SPA I N , 11. Il primo mini-stro di Trinidad e Tobago, KeithRowley, ha annunciato di averevinto le elezioni legislative svoltesiieri nel paese caraibico. Rowley,leader del Movimento nazionalepopolare (Pnm), avrebbe ottenuto22 dei 41 seggi del Parlamento.Potrà così governare per altri cin-que anni. Il maggiore partito poli-tico dell’opposizione, il Congressonazionale unito (Cnu), guidatodall’ex primo ministro Kamla Per-sad-Bissessar, pur migliorando ilrisultato ottenuto nel 2015, si èfermato però a 19 seggi. Nella suaprima dichiarazione ai media Ro-wley ha detto che è stata una«elezione difficile, ma alla fine ab-biamo vinto», in un contesto elet-torale segnato dalle misure percontenere la diffusione del covid.

Piano del governo argentinoper promuovere il lavoro femminile

Blocco stradale organizzato dai sostenitori di Morales (Reuters)

MINSK, 11. Si fa sempre più esplosi-va la situazione in Bielorussia dopole elezioni di domenica che hannovisto la vittoria del presidenteuscente Lukashenko. Questa matti-na è stato annunciato uno scioperogenerale a tempo indeterminato ditutte le imprese a partire da oggi, 11agosto. L’obiettivo — riporta lastampa — è «il riconoscimento diSvetlana Tikhanovskaya (il principa-le avversario di Lukashenko, ndr)

come nuovo presidente, il rilascio ditutti i prigionieri politici e nuoveelezioni eque».

Il ministro degli esteri della Li-tuania ha annunciato che Tikhanov-skaya si trova nel Paese baltico. Se-condo Olga Kovalkova, una rappre-sentante della dissidente, ripresadall’agenzia Interfax, Tikhanovska-ya «non aveva altra scelta, le autori-tà della Bielorussia l’hanno portatafuori dal Paese».

Le proteste contro il governo, in-tanto, non conoscono tregua. Ierisera la polizia ha disperso diversemanifestazioni a Misk usando gaslacrimogeni e proiettili di gomma.Numerosi gli arresti — ieri il mini-stero dell’interno riportava il nume-ro di 3000 riferito al solo giornoprecedente — e i feriti. Ma si contaanche una vittima: si tratta del pri-mo manifestante la cui morte vieneconfermata dalle autorità dall’iniziodegli scontri, nella notte tra dome-nica e lunedì. Secondo il ministerodell’interno, «l’uomo è rimasto ucci-so quando un ordigno non identifi-

cato che intendeva lanciare contro leforze dell’ordine gli è esploso inmano». Diversa la versione fornitadai media.

Intanto, dure critiche al governoe al risultato elettorale sono stateespresse dagli Stati Uniti e dal-l’Unione europea. I primi «sonomolto preoccupati per le elezioni inBielorussia, compromesse da restri-zioni ai candidati, ostacoli agli os-servatori, repressioni della libertà distampa e dei manifestanti» ha dettola portavoce della Casa Bianca Ka-yleigh McEnany, invitando Minsk«a consentire le proteste pacifiche ea non usare la forza».

Sulla stessa linea, Bruxelles. «Laviolenza contro chi protesta non è larisposta. La libertà di espressione,di assemblea, i diritti umani di basedevono essere sostenuti» ha scrittosu twitter il presidente del Consiglioeuropeo Charles Michel. Parigi, dalcanto suo, ha chiesto al governo«maggiore moderazione». Berlinoha invece ipotizzato l’intro duzionedi sanzioni.

di ANDREA WA LT O N

La Bielorussia è attraversata da fortitensioni interne determinate dallosvolgimento delle elezioni presiden-ziali, che hanno avuto luogo dome-nica. Il presidente uscente Alexan-der Lukashenko, al potere dal 1994,è stato riconfermato con l’80 percento dei voti riuscendo, in questomodo, ad evitare il ballottaggio.Svetlana Tikhanovskaja, principaleesponente delle opposizioni, ha in-vece ottenuto appena il 10 per centodei suffragi.

Le opposizioni hanno accusatol’apparato statale di brogli e sonoscese in piazza in diverse città delpaese ed in particolare nella capitaleMinsk per manifestare contro gliesiti del voto, ritenuto illegittimo.La reazione delle forze dell’o rd i n enon si è fatta attendere ed ha co-stretto il governo a schierare corpiaggiuntivi dell’esercito e le forzespeciali dell’Omon, usualmente im-piegate nell’ambito di operazionianti terrorismo ed in caso di insurre-zione.

Il presidente Lukashenko ha chia-rito lunedì che non esiterà a usarenuovamente la forza per disperderei dimostranti ed ha accusato alcunepotenze straniere di aver influenzatolo svolgimento delle manifestazioni.

La Tikhanovskaja, trentasettennesenza esperienza politica, ha decisodi candidarsi dopo l'arresto del ma-rito nel mese di maggio e sembraessere riuscita ad unire un'opposi-zione divisa. I suoi comizi hannofatto registrare il tutto esaurito ma ilfuturo appare incerto.

Il segretario generale delle Nazio-ni Unite, António Guterres, monito-ra la situazione con «grande preoc-cupazione» ed ha chiesto a tutti dievitare azioni in grado di facilitareun aumento delle tensioni e di cer-care il dialogo. Le cose, tuttavia,non sembrano andare in questa di-rezione. Gli scontri sono infatti pro-seguiti.

La Bielorussia è una nazione im-portante per le dinamiche politichedello spazio post-sovietico ed è unasorta di cerniera tra l’Unione euro-pea e la Russia. Minsk intrattienebuoni rapporti, sebbene altalenanti,

con Mosca, ma, al tempo stesso,cerca di evitare di sviluppare un’ec-cessiva dipendenza nei confronti delvicino. I rapporti hanno recente-mente risentito di svariate contro-versie in ambito commerciale, ener-getico e in merito ai futuri progettidi unione tra le due nazioni.

Nelle ultime settimane le forze disicurezza bielorusse hanno arrestatotrenta mercenari russi accusati di vo-ler prendere parte alle violente pro-teste dell’opp osizione.

Le relazioni con Bruxelles, invece,sono per lo più segnate dalla fred-dezza, anche se, talvolta, si apronoalcuni spiragli. Non sono mancatein passato da parte di esponentidell’Unione europea accuse di auto-ritarismo e di scarso rispetto dei di-ritti umani.

Il presidente Lukashenko ha cer-cato, nel corso degli anni, di avvici-narsi progressivamente agli stati delvecchio continente, anche per evita-re di sviluppare una dipendenza ec-cessiva nei confronti della Russia edi trovarsi poi isolato. Appare peròimprobabile che le parti possano av-vicinarsi eccessivamente: la Bielorus-sia è profondamente integrata nellestrutture politiche e militari post-so-vietiche guidate da Mosca e prendeparte tanto al Trattato per la sicu-rezza collettiva (l’equivalente dellaNato ma con a capo la Russia)quanto all'Unione economica euroa-siatica, un’organizzazione interna-zionale simile all’Unione europea.Le proteste in atto potrebbero para-dossalmente allontanare Minsk tan-to dalla Federazione russa quantodall’Europa ed isolare la nazione,già alle prese con la pandemia sca-tenata dal covid-19.

Il paese potrebbe presto precipi-tare in una situazione di caos che ri-schia di indebolirlo e di minare lebasi di una società civile mai deltutto sviluppata. Una Bielorussiafuori controllo potrebbe destabiliz-zare tanto i confini orientalidell’Unione europea quanto le re-gioni occidentali della Russia. Unoscenario drammatico e carico di pe-santi ricadute socio-economiche, cheè nell’interesse di tutti evitare. Ma-gari attraverso un’autorevole media-zione internazionale.

LA PAZ, 11. L’ex presidente dellaBolivia Evo Morales, dall’A rg e n t i n a ,dove è rifugiato dal 12 dicembrescorso, ha proposto ieri al suo parti-to, il Movimento al socialismo(Mas), e ai movimenti sindacali chelo sostengono, di accettare un accor-do «definitivo e inamovibile» sullosvolgimento delle elezioni generali il18 ottobre.

«I dirigenti e le basi sociali cheprotestano devono scegliere con re-sponsabilità tra la rinuncia di Áñez,che posticipa ancora di più il ritor-no alla democrazia, ed elezioni su-bito con la garanzia dell’Onu», hascritto Morales in un messaggiopubblicato sui suoi social networknel pieno delle tensioni politiche re-gistrate nell’ultima settimana. Ten-sioni legate alle decine di blocchistradali promossi da movimenti vici-ni a Morales e iniziati due domeni-che fa dopo la decisione del Tribu-nale supremo elettorale (Tse) di po-sticipare le elezioni al 18 ottobre,per ragioni dettate dall’e m e rg e n z asanitaria legata alla pandemia.

Anche l’Alto rappresentante pergli Affari esteri e la politica di sicu-rezza dell’Ue, Josep Borrell, haesortato ieri tutte le parti politichedella Bolivia a far sì che il dialogopolitico prosegua pacificamente, ga-rantendo lo svolgimento di elezioni«pacifiche, credibili, inclusive e tra-s p a re n t i » .

BUENOS AIRES, 11. Il presidentedell’Argentina, Alberto Fernández,ha annunciato ieri una serie di po-litiche per promuovere la parteci-pazione delle donne nel campo deilavori pubblici, grazie a un accordotra il ministero delle opere pubbli-che e il ministero delle donne, ge-nere e diversità. L’obiettivo è quel-lo di realizzare opere che promuo-vano la parità lavorativa e progettia tutela dei diritti di donne e bam-bini, invertendo l’alta e storica pre-ponderanza maschile nel settoredelle costruzioni e dei lavori pub-blici.

«Più possibilità diamo nella di-versità e più restringiamo la diffe-renza tra uomini e donne, stiamocreando una società migliore e li-bera da violenza» ha affermatoFernández durante una videoconfe-renza con i ministri del suo esecuti-vo e con i sindaci del paese. Il pre-

sidente argentino ha sottolineatoche queste iniziative sono in onoredi Micaela García, vittima di unfemminicidio nel 2017, che ieriavrebbe compiuto 25 anni, la cuivicenda portò all’approvazione neldicembre 2018 della cosiddetta"Legge Micaela", che stabilisce laformazione obbligatoria sulle que-stioni di genere per i funzionari deitre poteri statali. Verranno istituiti iprimi due centri territoriali per lepolitiche di genere e diversità nelcomune di Quilmes, nella provin-cia di Buenos Aires e nella città diSanta Rosa, nella provincia di LaPampa, per un investimento di 90milioni di pesos. Saranno inoltrerealizzati i Centri integrali per ledonne, con tanto di attrezzature, aRío Grande, nella provincia dellaTerra del Fuoco, Trelew (provinciadi Chubut) e San Martín de losAndes (provincia di Neuquén).

Guatemala, uccisoil responsabile

di una ong

CITTÀ DEL GUAT E M A L A , 11. Ilfrancese Benoît Maria, responsabi-le in Guatemala della ong france-se Agronomi e veterinari senzafrontiere (Avsf) è stato ucciso ieridurante un attacco armato al suoveicolo nel nord-est del paese. «Ècaduto in un’imboscata e uccisonella sua macchina. La poliziaguatemalteca sta indagando e faràil necessario» ha detto oggi Frédé-ric Apollin, il direttore generale diAvsf. Benoît Maria, ingegnereagricolo francese di 55 anni, nelmomento dell’agguato stava gui-dando un furgone su una stradavicino al villaggio indigeno di SanAntonio Ilotenango, circa 85 km anord-ovest della capitale Guate-mala. In passato ha realizzato pro-getti agricoli a favore delle comu-nità indigene Maya.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 mercoledì 12 agosto 2020

di ROBERTO ROSANO

Per almeno cinquant’anni,grossomodo dal 1939 al1995, migliaia di licealiitaliani, muniti soltantodella lingua madre, hanno

avuto a disposizione un’unica, verachiave per accedere al giardino se-greto degli antichi greci: un grossovolume, dalla copertina di pelle blu,senza un lemma in grassetto che fos-se uno, e che portava la firma di uncerto Lorenzo Rocci. Armati di quellibrone abbiamo cacciato il naso unp o’ tutti nel mondo perduto di queigreci, nel sole delle loro isolette, cer-cando di sorprenderli al brevettodella filosofia, della storiografia. Osul versante di una collinetta, sedutial teatro, ad assistere a una tragediao a una commedia; o ancora, sottoun cielo tumido di stelle, a spogliarei veli della scienza e dell’a s t ro n o m i a .

Non so a quanti sia mai venuto inmente, però, d’indagare chi fossequel «certo Rocci». Quasi tutti ten-devamo a considerare «il Rocci» unoggetto quasi liturgico, sceso «di-sgraziatamente» dal cielo sul nostrobanco per farci perdere un po’ didiottrie, come Omero a Chio, e nonuna persona in carne ed ossa, che,per venticinque anni, senza «toglier-si il soprabito», per non perdere unattimo nella furia della composizio-ne — come racconta il gesuita Giu-

si una questione politica, con unadomanda che divide in due ranghi ifolli amanti del greco antico: tu usiil Rocci o il GI? C’è poi una terzacasta, la più aristocratica, di chi usail Liddell-Scott-Jones, frutto di una

poeta molto lontano da frequenta-zioni clericali, Giosuè Carducci. Concipiglio accademico, gli disse: «Leinon solo ha fatto bene, ma moltob ene».

Nel 1939, furono realizzate dellecopie in edizione speciale del suo di-zionario, in pregiata pelle bianca, econsegnate a Pio XII, a re VittorioEmanuele III e a Benito Mussolini.Papa Pacelli ne lodò i caratteri «diampiezza e di dottrina» e lo chiamò«diletto figlio». Nello stesso anno,stando a quanto ci viene raccontatodal suo discepolo, Franco Rozzi, an-ch’egli gesuita — insegnante, tra glialtri, di Mario Draghi — padre Roc-ci incontra a Palazzo Venezia BenitoMussolini, esordendo così: «Eccel-lenza, finalmente oggi questo voca-bolario di greco potrà degnamentesostituire quelli in inglese e tede-sco». Il duce batté i pugni sul tavo-lo e rispose: «Bene, domani tuttal’Italia saprà dai giornali il valore diquest’op era».

E da allora, in effetti, molti di noihanno scoperto il sentimento lingui-stico dei Greci ed il loro raffinatomodo di dipingere il mondo, pro-prio grazie a padre Rocci. Abbiamoimparato ad immaginare la vita sen-za usare soltanto i paradigmi delbianco e del nero. Abbiamo scopertoche la vita è dipinta di nuance e checonoscerla davvero significa sapertrovare, tra le numerosissime varietàdi senso, e il Rocci ne contiene tan-

te, la gradazione giusta. Non quellache fa al caso nostro, ma quella chemeglio si addice alle intenzioni dichi ha scritto, in un tempo lontanodal nostro tempo, e in una linguaormai scomparsa dalla bocca degliuomini vivi. Lingua magnifica edelegante, eppure fulminea, sintetica,ironica, quasi epigrammatica. Non èun caso che il genere dell’epigrammasia nato proprio in quei paraggi. Igreci sapevano dire cose grandissimecon parole semplici, vere, oneste.Una lingua ormai fuori dal tempo eche al tempo, anche quando era vivae vegeta, ha sempre badato poco.L’ossessione del greco antico nonera il quando, ma il come, non iltempo, ma il processo. Non il mo-mento delle cose, ma lo sviluppodelle cose, l’aspetto delle cose. Co-me e cosa nasce da ogni inizio e daogni fine. Sarà per questo che Dioha scelto proprio il greco antico perimprimere nel tempo una notiziasenza tempo, mentre le società cam-biavano nei millenni una dopo l’al-tra, i popoli si spostavano e le lorolingue si confondevano. E quandosiamo stanchi della gattabuia di al-cune esegesi torniamo alla lettera delgreco antico per ritrovare un oriz-zonte più ampio e arioso. E la Noti-zia rinasce intatta, viva ed è curiosoe bellissimo che ciò accada per mez-zo di una lingua considerata morta.Scopriamo ogni giorno che il cam-mino verso il suo senso originalenon è ancora finito e prosegue daduemila anni. E questo amore per laricerca del senso ce lo ha insegnatopadre Rocci, con un dizionario chesomiglia a una cassapanca enormepiena di interpretazioni, di sfumatu-re, tra le quali dobbiamo saper sce-gliere, con competenza, ma senza ri-nunciare all’intuito.

Chi ha frequentato il liceo classi-co sa quanto era difficile afferrareuna lingua che non sentiva il biso-gno di spiegarsi troppo e che spessoricorreva a costruzioni implicite, im-personali e racchiudeva i significatiin un prefisso o in una desinenza.In questo cammino alla ricerca del«vero senso» il Rocci era un po’ al-leato, un po’ antagonista. Somiglia-va a Socrate e al suo modo un po’antipatico di disfare ogni convinzio-ne del suo interlocutore. Sei sicuroche quella parola significhi proprio

quello? Bada bene che Senofontel’ha usata una volta per dire un’altracosa! E sai che Erodoto, invece, laadoperava con un significato ancoradiverso? Occhio, che quella èun’espressione gergale usata unavolta sola da un poeta di un’isolettaremota, sei sicuro di non voler cre-dere al significato più comune e piùsemplice? Ed era quella una sfida,

sbaglierai. E questa ginnastica delpensiero tanti di noi la devono aquel discreto gesuita dalla volontàdi ferro.

Padre Rocci se ne va il 14 agostodel 1950, quasi ad ottantasei anni,nella Casa Professa del Gesù a Ro-ma. Grazie ai diritti d’autore del suodizionario la Compagnia ha finan-ziato molte attività missionarie ed ha

Il 14 agosto 1950 moriva padre Lorenzo Rocci, curatore del “mitico” dizionario di greco

Una cassapancapiena di interpretazioni

Immersi nell’universo sonoroCome il vibrare delle onde scandisce e simboleggia il ritmo e i movimenti della quotidianità

Con fatica e solitudine per venticinque annisenza togliersi il soprabito per non perdere tempoe attrezzato solo di schedine e appunti— non potendo contare sull’ausilio di un computer —mise insieme 2.074 pagine suddivise in 4.148 colonneGrazie ai diritti d’autore provenienti da questo sforzo titanicoi gesuiti hanno potuto finanziare moltissime attività missionarie

L’inseparabile e indispensabile alleatoper affrontare il compito in classe di greco

Padre Rocci ha trasmesso a generazioni di studenti l’amore per la ricerca del senso

L’evento sonoro ha una forma che non si vedeed è proprio quella dell’ondaQuando presi dall’i rasbattiamo un pugno sul tavolonon facciamo che percuotere un corpo elasticoil quale produce onde sonoreche si propagano come quelle del mare

meni naturali come i terremoti, il vento, ituoni, o da alcuni animali, come ad esempiogli elefanti, che li usano per comunicare traloro. Gli ultra-suoni, invece, possono essereuditi dai pipistrelli o, ad esempio, dai cani.L’uomo, dunque, può udire tantissimi suoni,ma non tutti. E tra i tanti suoni e rumoriche si accavallano, non sempre riesce a di-stinguerli uno per uno e a riconoscerne lap ro v e n i e n z a .

Vive un po’ come gli uomini nelle imbar-cazioni de La grande onda di Kanagawa. Inbalia di onde piccole e immense, vulnerabilie invincibili, comprensibili e indecifrabili, simuove sulla sua imbarcazione cercando dicomprendere il significato di tutto ciò chesente, dal guaito di un cane in lontananzaad una sinfonia di Brahms. Tutto teso acomprendere quell’armonia sonora che, infin dei conti, si nasconde dietro il suono piùdolce o il rumore più detestabile.Katsushika Hokusai, «La grande onda di Kanagawa» (1830)

di CRISTIAN CARRARA

Aveva circa settant’anni quandoHokusai creò La grande onda diKanagawa. Intorno al 1830, dopola morte della moglie, assediatoda problemi economici e di salu-

te, il pittore giapponese inizia a immaginareuna serie di xilografie che intitolerà Tre n t a s e ivedute del monte Fuji.

La grande onda di Kanagawa è certamentela sua opera più famosa ed è entrata di dirit-to anche nell’immaginario visivo occidentale.L’immagine rappresenta un’onda imponenteche, con tutta la sua potenza e il suo frago-re, assedia tre piccole imbarcazioni. Sullosfondo il monte Fuji, innevato. Nelle imbar-cazioni si intravedono, degli uomini impau-riti, in balia del mare. Non è difficile ricono-scere in quest’opera la potenza del suo signi-ficato spirituale: di fronte all’insondabilitàdella potenza della natura, l’uomo si scopreimprovvisamente fragile e bisognoso d’aiuto.

Ognuno di noi ha esperienza di un’ondamarina. La vediamo arrivare da lontano, pre-ceduta e seguita da altre onde di forma di-versa, e spegnere la sua corsa sulla battigia.Vediamo i bambini divertirsi e lanciarsi con-tro di esse, lasciandosi travolgere dalla loroenergia. Ne riconosciamo il suono, che cam-bia a seconda dell’impetuosità con cui si av-vicina alla costa e di come si infrange su es-sa. Non c’è onda che sia uguale all’altra.Non c’è onda che abbia lo stesso suono diun’altra.

Se riusciamo con facilità ad immaginareun’onda (ne abbiamo un’esperienza visiva) èben più difficile immaginare cosa succedaquando ci accorgiamo di un evento sonoro.Sentiamo qualcosa, ma non vediamo nulla.Eppure, qualcosa accade. E accade continua-mente perché, di fatto, il silenzio, inteso co-me assenza totale di eventi sonori, non esi-ste, se non riprodotto artificialmente dall’uo-mo. Esiste nella dimensione spirituale, manon in natura.

L’evento sonoro ha una forma, anche senon si vede. Ed è proprio quella dell’onda.

È fatto di vibrazioni, di vibrazioni sonoreprodotte da dei materiali “elastici” che, daqualcuno o qualcosa, ad un certo punto, so-no messi in movimento. Quando, presidall’ira, sbattiamo un pugno sul tavolo, nonfacciamo altro che percuotere un corpo ela-stico, mettendolo in vibrazione. La vibrazio-ne produce delle onde sonore che si propa-gano, come quelle del mare o di un sassogettato in uno stagno, fino a raggiungere ilnostro orecchio. Lo stesso accade se pizzi-chiamo con le dita le corde di una chitarra.Le corde, messe in vibrazione produconoonde sonore che vengono amplificate e pro-pagate dalla cassa armonica dello strumento.

Quasi tutti i materiali naturali possono es-sere messi in vibrazione e produrre eventisonori: l’aria, la terra, il legno, i metalli, ecc.Il nostro mondo, potessimo vederle, è un

immenso groviglio di onde sonore che sipropagano, si incontrano, si scontrano, sisommano contribuendo a creare l’universosonoro in cui siamo immersi. Ma non tuttele onde sono uguali, tutte hanno una formasinusoidale, ma ognuna diversa dall’altra.Nella forma di quell’onda, un po’ come fos-se un Dna, si nascondono tutte le informa-zioni su un determinato evento sonoro.

Dalla sua forma riusciamo a capire adesempio se è un suono o un rumore. C’èuna bella differenza tra questi due termini.Siamo tentati di definire un suono come unevento gradevole, che quantomeno non ciurta. Quando invece parliamo di rumorel’accezione si fa negativa, ed è spesso conno-tata come un fastidio. Se il mio vicino usal’aspirapolvere tutto il giorno lo definirò ru-more e non suono, proprio perché

quell’evento sonoro mi disturba. Ma nonsempre è così. La differenza tra questi duetermini non sta tanto nella percezione, posi-tiva o negativa, che posso averne. Un rumoreha una forma d’onda irregolare, tanto che il

vero attraverso quella che viene chiamata co-munemente “f re q u e n z a ” e viene misurata inHertz. Grazie a questa misurazione si è sco-perto che non tutti i suoni sono udibiliall’uomo. Nell’immenso sistema viario dellevibrazioni sonore, ve ne sono alcune che, an-che se prodotte, non sono accessibiliall’orecchio umano, come ad esempio gli in-fra-suoni — che hanno una frequenza al disotto dei 20 Hertz — e gli ultra-suoni, la cuifrequenza è superiore ai 20.000 Hertz. Gliinfra-suoni possono essere prodotti da feno-

seppe Peri — con fatica e solitudine,attrezzato soltanto di schedine e ap-punti, e senza l’ausilio di un compu-ter o di quanto di più rassomigliantevi fosse all’epoca sua, mise insieme2.074 pagine, suddivise in 4.148 co-lonne, del più sontuoso e temuto di-zionario greco-italiano.

Chi ha tentato un’impresa simile,Franco Montanari, per realizzare ilpiù attuale e agevole dizionario GI,che oggi nei licei va per la maggiore,ha avuto a disposizione le più mo-derne tecnologie e il supporto ditrenta ricercatori. Nei cortili e neichiostri delle università se ne fa qua-

grande fatica inglese iniziata nell’O t-to cento.

Ma chi era veramente LorenzoRocci? Ce lo consegna, nel suo ri-tratto affettuoso e intimo, il gesuitaEmilio Springhetti, suo discepolo enoto latinista, raccontandolo comeun eccezionale ordito di saperi, chespaziavano dalla grammatica, allapoesia, dal latino al greco, dalla me-trica alla storia, all’agiografia, «vene-rando vecchio d’alta statura», con«una bella testa da antico romano».

Nel 1890, si era laureato in Letterepresso la Regia università di Roma.A esaminarlo, in commissione, un

Grazie a lui e alla sua benemerita operaabbiamo imparato ad immaginare la vitasenza usare solo i paradigmi del bianco e del neroe abbiamo scoperto che per conoscere davverola vita occorre saper trovare tra le numerosissimevarietà di senso la gradazione giusta

continua, a usare l’intelligenza, adacciuffare il contesto. Stai leggendoun testo ambientato in battaglia,dunque è probabile si parli di sol-dati, strateghi, accampamenti e tat-tiche militari. Se, invece, il testoparla di mare, cerca parole comeprua, poppa, rematori, vele spiegateal vento e quasi certamente non

pagato borse di studio per allievi ingravi difficoltà economiche. Si narrache, prima di morire, abbia espressoun ultimo desiderio, semplice e bo-nario come lui, un sigaro, e che loabbia fumato con la soddisfazione diun operaio stanco dopo una lungagiornata di fatica.

EFFETTI MUSICALI

nostro orecchio non riuscirà a per-cepirlo in maniera determinata. Unsuono, invece, ha una forma d’on-da regolare e il mio orecchio potràpercepirlo in maniera determinata.Se mentre cammino per strada sen-to improvvisamente la sirena diun’ambulanza che si avvicina, nonne avrò una percezione positiva,probabilmente sarò colto da unasorta di turbamento nonostante lasirena non sia altro che una seriedi suoni posti uno di seguito all’al-tro a formare una sorta di melodia,sicuramente ben riconoscibile.

Così, d’altro canto, se mi trovo seduto,dopo una lunga camminata, lungo le rive diun torrente, il rumore dell’acqua che scorrefresca e disordinata scendendo dalla monta-gna, quasi certamente infonderà in me unmoto di serenità e di quiete. Eppure, quelloche sto sentendo è un rumore, non un suo-no. Sempre diverso, sempre in cambiamento.Impossibile riconoscere al suo interno unamelodia, un’altezza comprensibile.

Tra le tante informazioni contenute nelleonde sonore ve n’è un’altra che ha un fasci-no particolare. La forma dell’onda, ci diceanche l’altezza del suono, ovvero quanto unsuono è acuto o grave. La voce di una don-na che canta, in linea di massima, produrràun suono più acuto di quella di un maschio,che sarà, quasi certamente, più grave. Riu-sciamo a capire questa particolare caratteri-stica del suono in base a quante vibrazionil’onda contiene nell’arco di un secondo, ov-

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 12 agosto 2020 pagina 5

ereditato. Tutti i protagonisti del li-bro, scritto da Roberto Di Bella conMonica Zapelli ed edito da Rizzoli(Milano, 2019, pagine 256, euro 18)il giudice, le madri, i ragazzi, sonoaccomunati dalla stessa condizione:hanno messo in discussione il loropassato e le loro certezze per incam-minarsi lungo la strada impervia esalvifica del cambiamento.

Il giudice. È l’estate del 1992, lastagione delle stragi di Capaci e diVia d’Amelio. Roberto Di Bella èun giovane magistrato siciliano asse-gnato al Tribunale dei minorenni diReggio Calabria: rigore, sanguefreddo e riservatezza sono i trattiche lo contraddistinguono nella suanuova veste di giudice. Ha un bril-lante percorso di studi alle spalle,ma presto si scopre impreparato adaffrontare il fenomeno criminale del-la ‘ndrangheta, tanto sono assurdi eindicibili gli orrori perpetrati daiclan. È un uomo di Stato, deciso adare alla legge un’anima, ma è an-che un uomo che ha paura. Sonoanni delicati quelli che segnanol’inizio della sua carriera in Cala-bria: il capoluogo reggino è appenauscito dalla cosiddetta “secondaguerra di ‘ndrangheta”, un ferocescontro tra cosche che in meno didieci anni ha lasciato sul campo piùdi settecento vittime. Tuttavia, ilpeggio per quei luoghi non è ancoraalle spalle: intimidazioni, traffico diarmi e di droga, omicidi, attentatialle forze dell’ordine continuano acostituire una minaccia per la legali-tà e la convivenza democratica. LoStato non c’è, lo Stato è la ‘ndran-gheta. Ma c’è una ferita che duolepiù di tutte e pesa come un maci-gno sulla coscienza civile: il coinvol-gimento dei bambini — nel dupliceruolo di vittime e carnefici — nellefaide di sangue. Il giudice Di Bellain venticinque anni di carriera pro-cessa prima i padri, poi i loro ragaz-zi. Mentre le madri, impotenti “ve-dove bianche”, generano e cresconofigli senza futuro, in un drammaticocirco dell’eterno ritorno.

Le donne. Il riscatto dei minorinon sarebbe stato possibile senza la“conversione” delle loro madri. Ilgiudice racconta la terribile fine didonne ribelli, punite con la morteper aver sfidato, violandoli, i codicidella ‘ndrangheta. Teresa perde lavita a 31 anni colpevole di aver tradi-to la sua gente: decide di diventaretestimone di giustizia, vive in unalocalità protetta, ma per amore deitre figli sceglie di tornare in Cala-bria. Viene trovata esanime nel ba-gno di casa dei suoi genitori dopoaver ingerito (probabilmente istigatadai suoi stessi familiari) un litro diacido muriatico. Antonia, una vita diprivazioni e vessazioni, un marito incarcere, si innamora di un ragazzoche per la prima volta la tratta conrispetto. Ma i tradimenti, negli am-bienti mafiosi, si lavano con il san-gue. A salvarle la vita è l’arresto di-sposto dalla Procura antimafia diReggio Calabria per concorso in as-

inizia a cambiare: «Due donne, cre-sciute in potenti famiglie di ‘ndran-gheta, avevano deciso di collaborarecon la giustizia. Nella forza di quellemadri che in totale solitudine aveva-no osato sfidare le regole del loromondo c’era il segnale, forte, decisodi una nuova primavera».

iniziative di risanamento dell’am-biente in cui sono cresciuti, ma diprivarli del diritto naturale agli affet-ti della famiglia. Gli attacchi dellastampa sono feroci e ingenerosi. Elui ne resta turbato, avvilito, pensafinanche di tornare sui sui passi, manon smette di interrogarsi: «Avevoprovato a muovermi nei perimetridelle azioni tradizionali e avevo falli-to. I ragazzi che avevo giudicatoavevano avuto destini crudeli e tuttigià drammaticamente prevedibili.Dovevo assumermi il rischio e la re-sponsabilità di scoprire un’altra stra-da». Questa strada, intrapresa corag-giosamente malgrado gli ostracismi,lo porterà lontano. Porterà lontano isuoi ragazzi dalla Calabria, anchegrazie al sostegno delle loro madri, emolti avranno finalmente la lorochance di salvezza.

Il progetto Liberi di scegliere (cheha anche ispirato una fiction dellaRai) prevede la realizzazione di p o oleducativi antimafia composti da giu-dici, assistenti sociali, strutture co-munitarie, famiglie che perseguonol’obiettivo di indirizzare i giovani inun’ottica di affrancamento dalla cul-tura malavitosa, verso il raggiungi-mento di un’autonomia esistenziale elavorativa. I numeri parlano chiaro:dal 2017 a oggi, il contestato proto-collo (diventato governativo) ha per-messo a circa sessanta ragazzi e ailoro familiari anche se detenuti disperimentare nuovi orizzonti di vita.E parlano chiaro soprattutto le testi-monianze di questi figli speciali — lecui storie di rinascita sono racconta-te nel libro — ai quali al momentogiusto, non importa il dove, è statatesa una mano.

Il giudice Roberto Di Bella, «ladro di ragazzini» a fin di bene

Lib eridi scegliere

Ralph De Jongh, «Is the Road to Freedom in your Soul?» (2019, particolare)

Una nuova vita grazie a BalzacQuattro ragazzi salvati dalla ‘ndrangheta nel documentario «Parola d’onore» di Sophia Luvarà sul lavoro di Di Bella

Lo Stato non c’è, lo Stato è la ‘n d ra n g h e t aMa c’è una ferita che duole più di tuttee pesa come un macigno sulla coscienza civile:il coinvolgimento dei bambininel duplice ruolo di vittime e carnefici nelle faide di sangue«E tu che cosa hai fatto?»Da questa domanda — violenta, terribile, inchiodante —nasce la coraggiosa scelta di credereche dall’altra parte non ci sono criminali irrecuperabili

di ALESSANDRA MORACA

Dalla dolorosa certezza diun destino ineluttabilealla gioia della rinasci-ta. Liberi di scegliere è lastoria vera di un giudi-

ce coraggioso e illuminato; di donned’onore uscite dal silenzio e rinatenel loro ruolo di madri; di tanti ra-gazzi e ragazze che ce l’hanno fattaa liberarsi dalle catene di una cultu-ra mafiosa che non hanno scelto ma

sociazione mafiosa: in carcere com-prende che la vera prigione è fuori,le sbarre sono la mentalità mafiosain cui è cresciuta e non vuole che ifigli facciano la stessa fine. Così an-che Antonia decide di collaborarecon la giustizia e di lasciare la Cala-bria. Ma a differenza di Teresa portacon sé i suoi bambini, per liberarli,per salvarli. È il 2011. Per il giudiceDi Bella — nel frattempo diventatopresidente del Tribunale dei mino-renni di Reggio Calabria — qualcosa

I minori. Chi non ha mai incro-ciato e sostenuto il loro sguardo faràfatica a capirne il profilo. A dispettodell’età non sembrano bambini. Nes-suna traccia di innocenza è ravvisa-bile nei loro occhi. Parlano comepersone adulte, assumono l’atteggia-mento di sfida delle persone adulte,fanno paura come le persone adulte.Uccidono. Muoiono come gli adulti.Sono le vittime sacrificali del sistema‘ndrangheta. «I loro ragazzi — scriveil giudice — non sembravano ragaz-zi. Avevano tutto sotto controllo, ildolore e la paura, l’ansia e la ferocia.Non provavano emozioni. Non ave-vano timore per le conseguenze deiloro gesti o rimpianto per essersibruciati un pezzo di vita». Salvatore,Rocco, Michele: le loro storie entra-no negli uffici del Tribunale dei mi-norenni e lasciano il segno nella me-moria del giudice. Sono giovani viteda proteggere, da tutelare, e la giu-stizia fa quel che può. Di Bella lavo-ra con scrupolo e abnegazione. Siindigna, lotta per riaffermare lo statodi diritto in una terra di frontiera, arischio della propria vita. Il risulta-to? A distanza di pochi anni, Salva-tore finisce all’ergastolo, in regime di41 bis. Rocco e Michele muoionocrivellati da decine di colpi di armada fuoco. E come la loro, cento altrestorie. Tutte con lo stesso inesorabileepilogo: carcere duro o morte.

Come salvarli? Il giudice Di Bellasi rende conto che malgrado gli sfor-zi profusi dal Tribunale e dai servizisociali, il destino dei bambini della‘ndrangheta non cambia. Un tarlo

inizia lentamente a divorarlo: forsenon si fa il possibile per salvare igiovani come loro. «E tu che cosahai fatto?». Da questa domanda —violenta, terribile, inchiodante — na-sce la coraggiosa scelta di essere ungiudice diverso, di credere chedall’altra parte non ci sono criminaliirrecuperabili ma ragazzi infelici an-cora inconsapevoli di essere “lib eridi scegliere”. Ad avviso del giudicec’è una sola soluzione (e la mette inpratica): allontanarli dalla Calabria edalle dinamiche criminali delle lorofamiglie.

Un provvedimento ardito che su-scita critiche da più parti. Sono mesidi grande sofferenza e di tormentoper il magistrato. Viene accusato dirubare i bambini ai loro genitori, di“dep ortazioni” di minori, di noncontrastare il fenomeno mafioso con

Due scene tratte dal documentario «Parola d’o n o re »

vo di aiutare gli sfortunati ragazzi delle‘ndrine e nel contempo interrompere questaspirale perversa».

La voce del giudice entra, in P a ro l ad’o n o re , nelle stanze in cui dormono quattro

Pierpaolo, Simone, Bader e Redastanno scontando la loro penaInsieme provano a costruireil futuro incamminandosisu una stradaassolutamente invisibilefino a poco tempo prima

La lotta di un magistrato contro i meccanismi del reclutamento mafioso

di ED OARD O ZACCAGNINI

La voce di Roberto Di Bella, giu-dice e presidente del Tribunaledei minorenni di Reggio Cala-bria, è pacata e accogliente tantoquanto il suo pensiero è forte,

deciso, levigato dal tempo, fortificatodall’esp erienza.

È certo, Di Bella, che «la questione mi-norile è di cruciale importanza» e sa benis-simo, per le tante storie incontrate negli an-ni, che la «’ndrangheta si eredita»: chemantiene «il potere sul territorio attraversola continuità generazionale: con l’indottri-namento sistematico dei figli minori». Araccogliere queste parole è la regista SophiaLuvarà, calabrese lei stessa, anche se datempo in giro per il mondo, che poi le inse-risce, insieme a molte altre, nel coinvolgen-te documentario Parola d’o n o re , presentatoal Biografilm Festival del 2020.

Tutte insieme raccontano l’umanità diquesto giudice, il suo modo approfonditodi osservare, la sua coraggiosa convinzioneche tagliare quel rapporto padri/figli intesocome oppressione contro libertà di scelta sianecessario per evitare un «destino altrimentiinevitabile di morte o di incarcerazione».Ecco allora quei «provvedimenti civili —prosegue Di Bella — di decadenza o di limi-tazione dell’attività genitoriale, con l’obietti-

giovani vite alle prese con il percorso riedu-cativo da lui voluto con tenacia attraverso ilprogetto «Liberi di scegliere». Accompagnail cammino potenzialmente salvifico di Pier-paolo, Simone, Bader e Reda: tutti dellaComunità ministeriale del Tribunale per iminorenni di Reggio Calabria, tutte fragili-tà che stanno scontando la loro pena mache insieme — forse anche specchiandosiuna nell’altra — provano a cavalcare unapossibilità sconosciuta, a costruirsi una spe-ranza e a incamminarsi su una strada ai lo-

ro occhi invisibile fino a poco tempo prima.Lo fanno calcando insicuri un paesaggionuovo abitato da altri modi di stare al mon-do, persino da Shakespeare e dai suoi Ro-meo e Giulietta: così distanti eppure cosìassonanti con le storie dei ragazzi racconta-ti, perché ci sono in entrambi i casi famiglieportatrici di odio, di ostacoli alla fiorituradell’amore e della libertà, organismi fonda-mentali ma malati, produttori non di vitama di morte.

Sul palco si lasciano andare e si irrigidi-scono, i ragazzi filmati con discrezione, sen-sibilità e partecipazione da Sophia Luvarà:sono lì per mollare, hanno risate nervoseche impediscono di salpare, ma alla finevanno in scena, ed è un colpo forse utile asfibrare quel cordone ombelicale soffocante,accecante, che se non è della famiglia insenso stretto — perché non tutte le storiedel documentario vengono da contesti di‘ndrangheta — è certamente di un ambientesociale duro, sfavorevole, ribollente di de-grado e di illegalità. Sono storie di un pri-ma opprimente, distruttivo, e di un dopopossibile, non scontato, nemmeno facile, lacui esistenza, però, è testimoniata da Al-fonso Gallico: la quinta gracilità di P a ro l ad’o n o re , che ha un cognome pesante ed ècresciuto con un padre latitante.

Di Bella lo condannò per associazionemafiosa, però oggi Alfonso va a trovarlosorridendo, consapevole dell’aiuto ricevuto,

di quella speranza sempre più tangibile, af-ferrabile, lavorativamente ed esistenzialmen-te. «Gli ho inflitto delle sofferenze» diceDi Bella, ma «Alfonso è una delle miesoddisfazioni professionali più grandi», per-ché oggi conosce il valore della letteratura(cita il Balzac di Memorie di Sanson) e lavo-ra su un set cinematografico, dice la dida-scalia che chiude il film. Perché sa raccon-tarsi in modo dettagliato, sereno, e sa leg-gere la complessità della sua storia. Perchésintetizza il punto nodale della questionedialogando con la regista. Si chiede, Alfon-so: «Se penso di comportarmi bene secon-do quello che mi hanno insegnato i mieigenitori e gli altri lo vedono come il maleassoluto, io cosa sto facendo? Mi sto com-portando bene, oppure sono il male?». Par-la dell’immersione nell’acquario fangoso diun’educazione criminale e di una tradizionedisfunzionale che rende difficile riconoscerela trappola, la condanna. Ma nella doman-da c’è già una parziale, embrionale presa dicoscienza: la scoperta, prima dolorosa e poiliberatoria, dell’esistenza di altre vie, di al-tre parole, di altre emozioni lontane da quelmale a cui l’ultima didascalia di P a ro l a d’o n o re risponde che per tante giovani vite«un’alternativa alla criminalità esiste ed èalla loro portata» attraverso una «Comuni-tà che fornisce ai ragazzi nuovi stimoli e alcontempo rifonda il senso stesso della paro-la “o n o re ”».

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 mercoledì 12 agosto 2020

In Pakistan la Giornata nazionale delle minoranze religiose nel ricordo di Shahbaz Bhatti

Per un paeseche cresca nell’uguaglianza

A colloquio con il direttore del Peace Center di Lahore

Conoscersi e rispettarsi

Alla Chiesadelle origini

La missione di monsignor Marengo in Mongolia

Cristiani in preghiera in una chiesa pakistana

ULAAN-BATA A R , 11. «È una graziagrande, un ulteriore passo nellachiamata che il Signore ha volutorivolgermi mandandomi in Mongo-lia. Essere vescovo qui credo asso-migli molto al ministero episcopaledella Chiesa delle origini; è moltosimile a quello che oggi è la missio-ne in questo paese». Sono le parolepiene di commozione di padreGiorgio Marengo, 46 anni, missio-nario della Consolata nominato daPapa Francesco il 2 aprile scorsoprefetto apostolico di Ulaanbaatar econsacrato vescovo sabato 8 agostonel santuario della Consolata di To-rino dal prefetto della Congregazio-ne per l’evangelizzazione dei popo-li, cardinale Luis Antonio Tagle.Atto con il quale si è voluta espri-mere una profonda gratitudine allaConsolata, famiglia religiosa fonda-ta dal beato Giuseppe Allamano,per aver inviato i suoi missionarinelle lontane terre della Mongolia.

Padre Giorgio è arrivato lì con isuoi confratelli nel 2003 per assiste-re la piccola comunità di Arvaiheer,nella regione di Uvurkhangai, coniniziative e attività legate ai bisognie alle problematiche del luogo: do-po-scuola per i bambini, doccepubbliche, un progetto di artigiana-to per le donne, il Day care centere un gruppo per il recupero di uo-mini con problemi di alcolismo.Opera complessa e a volte anchedura che però non scoraggia questiveri e propri pastori “con l’o doredelle pecore” dato che in tali aree laprincipale fonte di sopravvivenza èla pastorizia. Pastori di una Chiesagiovane, piccola e di periferia, chein Mongolia si prende amorevol-mente cura di 1.300 fedeli su un to-tale di tre milioni e mezzo di abi-tanti, il 30 per cento nomadi, unterzo dei quali vive al di sotto dellasoglia di povertà. Un’esiguità nu-merica inversamente proporzionaleall’impegno e alla dedizione fondatisu fratellanza e armonia per rivita-lizzare, guidati dal Vangelo giorno

dopo giorno, quelle radici cristianedi origini siriache presenti nell’a re afin dal decimo secolo e poi conge-late dall’epopea dell’impero mon-golo.

«Per molti secoli — ha spiegatopadre Marengo in un’intervista rila-sciata a Vatican News — il cristiane-simo non era stato più vissuto, mo-tivo per cui oggi, a livello popolare,si ritiene che esso sia qualcosa dinuovo, venuto dall’estero in anni re-centi, magari non ricordandosi chec’era una pagina di storia ben piùantica». Quindi essere vescovo inMongolia, paese a maggioranzabuddista, «è un dono molto grandee una grandissima responsabilità chesento, per cui anche tremo, e sentoanche la gravità, nel senso bello del-la parola, di questo dono. Ci avvici-na al vero senso della missione». Ri-spetto a coloro che hanno ricevutoil battesimo, sottolinea il religioso,è necessario operare per aiutarli acrescere nella fede e approfondire laloro sequela di Cristo, prima ascol-tandolo e poi «sussurrando il Van-gelo nella terra dell’eterno cieloblu», espressione ripresa dall’a rc i v e -scovo emerito di Guwahati, Tho-mas Menamparampil, che è poi di-ventata titolo della tesi di laurea dipadre Marengo. «La missione parteinnanzitutto da un ascolto profon-do del Signore che ci manda, delloSpirito che ci abita e ci plasma, edel popolo a cui si è inviati», per-sone con una loro storia, cultura,con delle radici profonde. «Comedice spesso Papa Francesco, e pri-ma di lui Benedetto XVI, la missio-ne più che voler diffondere un mes-saggio a tutti i costi è veramente undono di grazia che cerchiamo di of-frire noi per primi che lo ricevia-mo». Dedicando il tempo alla vocedi Cristo si riempie l’anima di unagrande sapienza che viene usata perentrare in empatia con la comunità:studiare la lingua, a esempio, o affi-nare gli strumenti che permettonodi instaurare un rapporto profondocon la gente, cercando di compren-dere ciò che per loro sono i puntidi riferimento, la storia, le radiciculturali e religiose.

L’annuncio della Parola “in pun-ta di piedi”, con un sussurro, èquindi una costante opera di evan-gelizzazione che richiede, puntua-lizza il missionario, di offrire conumiltà e sincerità «questa perla pre-ziosa che abbiamo ricevuto: il Van-gelo del Signore». È al contempoun messaggio che deve scardinare ipunti di riferimento sia per chi dif-fonde il Verbo sia per chi lo riceve,rivestito di quel coraggio che nondeve mai venir meno anche quandola Parola può sembrare qualcosa diestraneo, di diverso, di provocato-rio. Il tutto con “gratuità”, ci tienea precisare il nuovo prefetto aposto-lico di Ulaanbaatar, trasmettendoamore concreto e disinteressato difronte alle ferite dell’umanità.

di PAOLO AF FATAT O

«I membri delle comunità re-ligiose di minoranza hannocontribuito alla fondazione

e allo sviluppo del paese; hanno di-mostrato di essere veri cittadini delPakistan. Tutti i cittadini pakistanisono uguali: il concetto di conside-rare una persona in maniera diversa,in base al criterio di maggioranza ominoranza, dovrebbe essere rimosso.Noi siamo fedeli alla nostra amatapatria, il Pakistan. Non le siamoestranei: le nostre chiese, le istituzio-ni religiose, gli ospedali ed edificihanno una bandiera del Pakistan is-sata. Viviamo in questa terra da se-coli e siamo al servizio della popola-zione, con onestà e dedizione, per ilbene del Pakistan»: questo discorso

del ministro cattolico Shahbaz Bhat-ti, ucciso in un attentato terroristicoa Islamabad nel 2011, riassume lospirito e le motivazioni con cui ognianno, l’11 agosto, si celebra in Paki-stan la Giornata nazionale delle mi-noranze religiose, con iniziative, in-contri e manifestazioni in tutta lanazione.

In uno stato di 210 milioni di abi-tanti in larga maggioranza islamica(il 96 per cento della popolazione),comunità come quella cristiana (1,5per cento) e quella indù (circa il 2per cento) si ritrovano a vivere incondizioni di paura e insicurezza.Per questo al centro dell’evento vi

sono i temi del contrasto alla violen-za e all’illegalità e della tutela dellagiustizia e dello stato di diritto.«Creiamo insieme un Pakistan nelquale cresca l’amore, fiorisca la pacee il rispetto reciproco sia normaquotidiana», amava ripetere Bhatti,ispiratore della speciale giornata. Fuinfatti il ministro cattolico che, ani-mato da uno spirito sempre costrut-tivo, decise di organizzare l’evento,l’11 agosto 2007, nel sessantesimoanniversario di un celebre discorsodel fondatore della patria Muham-mad Ali Jinnah: quest’ultimo, pre-sentando la Costituzione della neo-nata nazione del Pakistan — c re a t aper ospitare i musulmani del sub-continente indiano ma non cometeocrazia islamica — ebbe a dire, ras-sicurando i cittadini non musulma-

ni: «Voi siete liberi. Liberi di andarenei vostri templi, nelle vostre mo-schee o in qualunque altro luogo diculto in questo stato del Pakistan.Potrete appartenere a qualsiasi reli-gione, casta o credo: questo non hanulla a che fare con gli affari dellostato». Il discorso è oggi un riferi-mento ineludibile per i cittadini pa-kistani che non professano la fedeislamica, specialmente per le mino-ranze più corpose, come cristiani eindù.

Per rimettere questi concetti alcentro della vita civile, ShahbazBhatti organizzò appunto l’11 ago-sto 2007 un’imponente manifesta-

zione al grande parco Minar-e-Paki-stan a Lahore, area capace di acco-gliere centinaia di migliaia di perso-ne. Quel giorno il ministro citò ivalori e le idee al centro della Gior-nata: creare una coscienza democra-tica; lottare per i diritti umani fon-damentali; difendere i diritti delledonne; migliorare l’istruzione egarantirla a tutti; salvaguardare idiritti fondamentali dei bambini;migliorare le condizioni dei detenu-ti; affrontare i problemi delle mino-ranze religiose. Bhatti scelse quelluogo simbolico per parlare delcontributo, dei problemi e delleaspirazioni di tutte le minoranze inPakistan. Nonostante le molte diffi-coltà, vi parteciparono oltre trecen-tomila persone giunte da tutta lanazione.

In quella storica occasione,Shahbaz Bhatti presentò una magnacharta, con ventiquattro proposteper la pace, l’armonia e lo sviluppodel Pakistan, oggi riscoperta e ripro-posta al dibattito pubblico. Nel do-cumento si parlava di libertà di pa-rola, equa rappresentanza delle mi-noranze in Parlamento, revisionedella legge sulla blasfemia, abolizio-ne delle leggi discriminatorie, pro-mozione dell’armonia sociale tra varicredi e culture, sradicamentodell’estremismo e del terrorismo, sal-vaguardia e protezione dei lavoratoridelle fabbriche di mattoni, rilasciodei prigionieri innocenti, sostegno

Abolire ogni discriminazione,tutelare le comunità religioseminoritarie, promuovere pari

diritti e pari opportunità nella socie-tà, costruire una nazione pacifica egiusta: sono gli obiettivi che, inun’intervista rilasciata a «L’O sserva-tore Romano», padre James Chan-nan, frate domenicano, direttore delPeace Center di Lahore, individuaper la Giornata nazionale delle mi-noranze religiose.

Padre Channan, che significato ha inPakistan una Giornata dedicata alleminoranze religiose?

È positivo che questa giornatavenga osservata a livello nazionale eche diversi incontri e iniziative sianoorganizzati dal governo e dalle or-ganizzazioni della società civile, a li-vello nazionale e provinciale, per ac-crescere consapevolezza e sensibiliz-zare le coscienze. Le ong e le diver-se comunità religiose promuovonoseminari per rendere onore a quanti,cittadini non musulmani nella storiadel Pakistan, sono autentici eroi eanche per chiedere al Governo unmigliore status delle minoranze reli-giose. Bisogna infatti abolire tutti itipi di discriminazione e quindi sal-vaguardare le minoranze in modoche possano svolgere il giusto ruoloper lo sviluppo e il progresso delpaese.

Perché è importante celebrarla?

È importante soprattutto per rico-noscere il prezioso ruolo delle mino-ranze, come i cittadini pakistanicristiani e indù, nel campo delle for-ze armate, della politica, dell’i s t ru -zione, dell’arte, dello sport e dellamusica. Non è secondario ricordareche la Giornata nazionale delle mi-noranze è un’idea di Shahbaz Bhat-ti, il ministro cattolico ucciso nel2011: egli intendeva ripartire e rimet-tere in piena luce l’opera e le paroledi Muhammad Ali Jinnah, padredella patria, che nutriva profondorispetto per i cristiani, gli indù, i si-kh e le altre minoranze nel Pakistanappena creato. Ali Jinnah tenne unostorico discorso all'Assemblea costi-tuente l’11 agosto 1947, ricordando atutti i cittadini non musulmani chesarebbero stati liberi di professare laloro fede in Pakistan, senza che que-sto intaccasse i loro diritti di cittadi-nanza.

In particolare come vive questa Gior-nata la comunità dei cristiani in Paki-stan?

Questa giornata ci ricorda, comecomunità cristiana, di essere figli au-tentici del nostro paese, e ci spronaa offrire il nostro valido contributoper il progresso, lo sviluppo e la di-fesa del nostro paese. Siamo una co-

munità che promuove l’armonia in-terreligiosa, la pace, l’unità e la tol-leranza nella nazione: grazie alla no-stra testimonianza e al nostro impe-gno, aiutiamo a dare un’immaginemigliore del Pakistan al mondo.

Come giudica la condizione delle mino-ranze religiose oggi nella nazione?

Constatiamo con amarezza chenegli ultimi anni si sono verificati

diversi episodi di discriminazione,violenza e persecuzione di indù ecristiani in Pakistan. Luoghi di cultosono stati attaccati e profanati e sisono registrati alcuni casi di conver-sioni forzate all’islam e matrimoniforzati di ragazze cristiane e indù,perfino minorenni, rapite alle lorofamiglie e mai rilasciate. Tali vicen-de rendono le minoranze molto spa-ventate e insicure. Va notato ancheun altro fenomeno piuttosto preoc-cupante: la crescente islamizzazione

del curriculum di studi nel sistemaeducativo pubblico, che contribuiscea rendere le minoranze molto vulne-rabili e ad accrescere una mentalitàintollerante.

Cosa chiedete al governo in occasionedell’11 agosto?

All’esecutivo del primo ministroImran Khan chiediamo di assicurarepari diritti, pari opportunità e pienaprotezione a tutte le minoranze reli-giose in Pakistan, tutelando i loroluoghi di culto, la libertà religiosa ele pratiche religiose. Il governo do-vrebbe promuovere una legislazioneadeguata e assicurare che non si ve-rifichino conversioni e matrimoniforzati e che le ragazze minorennisiano protette. Questi casi andreb-bero considerati e trattati come atticriminali e quindi puniti. Inoltre èdi primaria importanza che il gover-no approvi una riforma del sistemaeducativo: bisogna aggiungere, trale materie di studio, la conoscenzadelle religioni minoritarie, in mododa promuoverne il rispetto e la tol-leranza religiosa, eliminando dai li-bri di testo tutti quei concetti chedisprezzano le fedi cristiana e indù.A tal proposito un ministero federa-le dell’armonia interreligiosa potreb-be svolgere un ruolo davvero impor-tante. (paolo affatato)

dei diritti delle donne. Quel radunoè parte integrante dell’eredità lascia-ta da Bhatti nella vita sociale, cultu-rale e politica del paese: a partire daquell’iniziativa, infatti, l’11 agosto di-verrà ufficialmente la Giornata na-zionale delle minoranze religiose.

Spiega a «L’Osservatore Roma-no» Kashif Nawab, intellettuale cri-stiano di Lahore, direttore dell’ongSocial action transformation of hu-manity: «La discriminazione religio-sa in Pakistan è un problema serio.Indù, cristiani, sikh, sciiti e ahmadispesso subiscono ingiustizie e talvol-ta sono persino sottoposti a violen-ze, torture o perfino omicidi impu-niti, come quello recente del cristia-no Nadeem Joseph a Peshawar». Ladiscriminazione, rileva Nawab, è unelemento che non può essere cancel-lato dalla mentalità di molti musul-mani, e si riflette soprattutto sui gio-vani: una studentessa cristiana inuna scuola governativa a Lahore, ri-ferisce l’attivista, è stata informatadal suo insegnante musulmano che,se si rifiuta di seguire un corso distudi islamici, non potrà proseguiregli studi alla scuola statale. «Le mi-noranze religiose nelle scuole gover-native affrontano problemi persi-stenti con il contenuto dei libri ditesto», asserisce. La Commissionenazionale giustizia e pace in seno al-la Conferenza episcopale affermache il Governo non ha mantenuto lapromessa di sradicare il «materialedi odio religioso» dai libri di testoscolastici. «In una rappresentazionegrossolanamente generalizzata e ste-reotipata — conclude il direttoredell’ong — le comunità religiose mi-noritarie sono dipinte come inaffida-bili, inferiori, indegne di stima. È unsistema che si perpetra e crea unamentalità negativa, fomentando l’in-tolleranza fin dalle menti giovani».

L’avvocato cattolico Khalil TahirSandhu, presidente del Comitatopermanente per i diritti umani ecompagno di studi del ministroShahbaz Bhatti, ha sottolineato dalcanto suo che «molti cristiani lavo-rano come operatori ecologici o pu-litori di fogne, in mansioni a loro ri-servate, e sono emarginati nella sferapubblica. A volte i diritti umani nonvengono rispettati in Pakistan e perquesto urge un serio impegno daparte del Governo per rivedere unintero sistema educativo, sociale eculturale. Da parte nostra, conti-nuiamo nel nostro impegno per ilbene comune, denunciamo l’ingiu-stizia e non crediamo nella violenza.La grandezza della nostra vita è per-donare, come Cristo ci ha chiesto difare. Questa è la testimonianza cheogni giorno diamo al Pakistan, comequella che ci ha lasciato ShahbazBhatti».

Padre Channan tra alcuni rappresentanti musulmani

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 12 agosto 2020 pagina 7

Il libro liturgicoSignificato e valore

La fondatrice delle clarisse patrona della televisione

Le trasmissionidi santa Chiara

Dio non ci sceglie a motivodella nostra “b ra v u ra ”,

ma proprio perché siamoe ci sentiamo piccoli

(@Pontifex_it)

†Il Prelato, il Direttore Generale e ilPersonale dell’Istituto per le Opere diReligione, partecipano commossi aldolore del collaboratore, collega edamico Guido Di Giambattista, per lamorte del padre

Signor

ANGELODI GI A M B AT T I S TA

assicurando a Guido e ai familiari lapreghiera per il Defunto ed il confor-to a quanti Gli hanno voluto bene.

Nomina episcopalein Francia

Laurent Percerouvescovo di Nantes

Nato l’11 settembre 1961 a Dreux,nella diocesi di Chartres, dopo glistudi superiori presso la facoltà distoria dell’università di Tours, èentrato nel seminario des Carmesdi Parigi. Ha compiuto gli studidi filosofia e di teologia all’Insti-tut catholique della capitale fran-cese, dove ha anche conseguito lalicenza in teologia biblica e siste-matica. Ha studiato inoltre dirittocanonico all’università di Sala-manca, in Spagna. Ordinato sa-cerdote il 14 giugno 1992, per ilclero di Chartres, è stato parrocodi Maintenon, di Gallardon e delraggruppamento di Challet, Gal-lardon, Maintenon e Villiers-le-Mohier (1993-2003); responsabiledel servizio diocesano per le voca-zioni (1995-2007); vicario generalee moderatore della curia (2003-2005). Amministratore diocesano(2005-2006) e poi vicario generale(2006-2013) di Chartres, al con-tempo dal 2005 al 2013 è stato as-sistente degli Scouts et guides deFrance a Chartres, e dal 2009 al2013 responsabile del servizio dio-cesano per la catechesi. Il 14 feb-braio 2013 è stato nominato vesco-vo di Moulins e ha ricevuto l’o rd i -nazione episcopale il 14 aprile suc-cessivo. In seno alla Conferenzaepiscopale francese presiede ilconsiglio per la pastorale dei bam-bini e dei giovani.

di ANTONIO TARALLO

Notte di Natale 1948, Parigi,cattedrale di Notre-Dame. Letelecamere — per la prima

volta nella storia — entrano in unachiesa per trasmettere in diretta tele-visiva la Santa Veglia di Natale. Ce-lebrava, allora, il vescovo EmmanuelSuhard. Contemporaneamente,dall’altra parte dell’Oceano, nella cit-tà di New York, sui teleschermi sta-tunitensi scorrevano le immagini del-la messa — celebrata dal cardinale J.A. Spellman — dalla cattedrale diSaint Patrick.

In Italia l’inizio ufficiale della tele-visione reca la data del 3 gennaio1954. Ma già ben due anni prima,durante la fase sperimentale delletrasmissioni televisive, la Rai avevamandato in onda la sua “prima mes-sa”, sempre in occasione del Natale:lo “scenario”, la piccola chiesetta diSan Gottardo in Corte, in provinciadi Milano.

Ma, ora, facciamo un salto neltempo, alla recherche du temps perdue.Notte di Natale del 1252, Assisi. Lacomunità delle clarisse del conventosi riunisce nella cappella per la cele-brazione, ma la fondatrice non puòparteciparvi. È ormai malata, Chiara,e rimane nella sua cella, a letto. Ètriste per non poter stare vicino allasua comunità in quel giorno, e così simette a pregare il Bambino Gesù:vuole condividere con lui il suo dolo-re per l’assenza a tale importante ce-

ché siano indirizzati al bene, ma an-che si serve di essi volentieri per in-segnare la verità ed estendere i confi-ni della religione».

È l’inizio di una nuova epoca perla Chiesa — sempre più attenta allacomunicazione — che passerà succes-sivamente per due figure fondamen-tali per il rapporto Fede e informa-zione: Paolo VI e Giovanni Paolo II.

«Presieda, quindi, a questa arteChiara, fulgente per la sua integrità esorgente di luce in così fitte tenebre,affinché attraverso questo mezzo cosìtraslucido si manifestino anche la ve-rità e la virtù, su cui è necessario sifondi l’ordine civile. (...) Perciò costi-tuiamo e dichiariamo Santa Chiaraceleste Patrona presso Dio, della tele-visione». Così, si conclude il docu-mento di Pio XII, lasciando un moni-to, che travalica il tempo in cui è sta-to redatto: uno strumento che mani-festi «la verità e la virtù». Non sem-pre è stato seguito, per via di alcunelogiche (non logiche) del cosiddetto“m e rc a t o ”: la via dell’auditel è quellapiù semplice, ma — molto spesso —non certo di qualità. La velocità hapreso il posto dell’a p p ro f o n d i m e n t o ,e lo si è notato ancor di più nei gior-ni scorsi: quando la morte di SergioZavoli ha offerto la possibilità diriandare a osservare un certo mododi fare televisione che, forse, era sta-to dimenticato.

Papa Francesco, nel suo messaggioper la LIV Giornata mondiale dellecomunicazioni sociali (24 gennaio

sulle pareti della sua cella le scenedella cerimonia. Era la prima tra-smissione televisiva di una messa.Certo, un po’ particolare, non è pos-sibile negarlo.

Questo racconto ci viene fornitodalla Legenda Sanctae Clarae Virginisdi Tommaso da Celano, e dalle testi-monianze delle suore al processo dicanonizzazione del novembre 1253.Chiara d’Assisi era morta pochi mesiprima, l’11 agosto. Suor Filippa diSassorosso, una delle prime compa-gne, depose questa testimonianza:«Narrava anchora la predicta madon-na Chiara come ne la nocte de laNatività del Signore proximamentepassata, non potendo epsa per lagrave infirmità levarse dal lecto perintrare nella cappella, le sore andaro-no tucte al Matutino al modo usato,lassando lei sola. Allora, epsa ma-donna suspirando disse: “O SignoreDio, eccho che so’ lassata sola ad tein questo loco”. Allora subitamenteincominciò ad udire li organi et re-sponsorii et tucto lo offitio delli Fratidella chiesa de sancto Francesco, co-me si fusse stata lì presente».

Fu proprio questo straordinarioepisodio a spingere Pio XII a procla-mare “patrona della televisione” lasanta di Assisi. Era il 1954, e questonuovo mezzo di comunicazione co-minciava ormai a prendere piede inItalia, nel mondo. Era quella l’ep o cain cui il popolo italiano si allietavacon «Canzonissima» di Falqui, dopoaver magari studiato la lingua e lagrammatica assieme al professor Me-di, protagonista di «Telescuola», tra-smissione antelitteram del più famo-so «Non è mai troppo tardi» del1960, con protagonista il volto bona-rio del professor Manzi. Si ridevaper le battute dell’accoppiata — piùche vincente — Raimondo Vianello eUgo Tognazzi in «Varietà». Questascatola di legno, colma di immaginiin movimento e di suoni, nuova “lan-terna magica” del ventesimo secolo,era divenuta l’oggetto irrinunciabilein ogni casa: la tv era seguita da ol-tre venti milioni di persone, tra di-more private (circa un milione di ap-parecchi) e locali pubblici.

Il progresso avanzava e Papa Pa-celli lo aveva capito bene: registrò,infatti, fin da subito l’importanza ebellezza del nuovo mezzo, ma anchele possibili ripercussioni negative sul-la società, se indirizzato male. Conlettera apostolica “in forma breve”Clarius explendescit (1958), il docu-mento che rese Chiara “patrona dellatelevisione”, si legge: «La Chiesa, pernulla contraria al progredire dellacultura e della tecnica, non solo è fa-vorevole a tali nuovi sussidi dellascienza o della vita quotidiana, pur-

lebrazione. Ma avvienequalcosa di straordinario:quando le altre religiosetornano, Chiara raccontaloro — in maniera detta-gliata — tutto ciò che èsuccesso durante la SantaVeglia nella cappella.Com’è possibile? Di fron-te allo stupore delle reli-giose, Chiara spiegò cheDio le aveva concesso lagrazia di vedere proiettate

2020) ha precisato: «Spesso sui telaidella comunicazione, anziché raccon-ti costruttivi, che sono un collantedei legami sociali e del tessuto cultu-rale, si producono storie distruttive eprovocatorie, che logorano e spezza-no i fili fragili della convivenza. Met-tendo insieme informazioni non veri-ficate, ripetendo discorsi banali e fal-samente persuasivi, colpendo conproclami di odio, non si tesse la sto-ria umana, ma si spoglia l’uomo didignità». Chiara d’Assisi aveva acuore la dignità di ogni uomo, spec-chio dell’immagine di Dio, e nato il“piccolo schermo”, è stata scelta co-me Patrona presso Dio, della televi-sione. Ciò potrebbe far riflettere. Enon poco.

di CORRAD O MAGGIONI

Si suol dire che «ogni sagrestiaha la sua liturgia», ma a nes-suno sfugge che si parla di

un’azione che va oltre i confini diuna parrocchia e di una diocesi. Èregolata da appositi libri che, in ra-gione della liturgia stessa, sono de-stinati a tutto il popolo di Dio enon solo al sacerdote che presiedele celebrazioni. C’è chi nel libro li-turgico vede solo rubriche da osser-vare e chi invece uno schema da in-terpretare; eppure il suo valore èmanifesto.

L’ordinamento rituale è richiestoanzitutto dal fatto che «le azioni li-turgiche non sono azioni private,ma celebrazioni della Chiesa» (Sa-crosanctum Concilium 22). Occorredunque che la liturgia sia ricono-sciuta dalla Chiesa come sua. Lapreghiera compiuta nella propriastanza non ha bisogno di regole, aldi là del riferimento al Vangelo. Mase «due o tre si riuniscono nel no-me del Signore» (cfr. Mt 18, 20) c’èbisogno di un accordo su che cosafare e dire, chi lo fa e dice, come equando. L’economia espressa «at-traverso i riti e le preghiere» (S a c ro -sanctum Concilium 48) necessitadunque di un o rd o , ossia un rito,ordinamento, ordinario, che è quan-to motiva il libro liturgico.

Un’altra ragione è il nesso lexo ra n d i – lex credendi. Che liturgiasarebbe quella che traducesse inpreghiera solo parzialmente la fedecattolica? Poiché la liturgia esprimela fede della Chiesa, è della massi-ma importanza che sia la Chiesa agarantirla (cfr. Ordinamento generaledel Messale Romano, n. 397). Il libroliturgico provvede a questo.

Un terzo motivo è postulato dal-la stessa natura del rito, qualunquesia, il quale esige un ordinamentoche lo qualifichi e ne certifichi pub-blicamente l’efficacia, ossia la vali-dità e la liceità. Chi riceve il batte-simo, la confermazione, l’Eucaristia,il matrimonio, ha diritto di esseregarantito nella sua aspettativa di ri-cevere ciò che la Chiesa elargisce,per grazia di Dio, mediante questisacramenti.

Chi decide se un libroè “l i t u rg i c o ”?

Chi ha l’autorità di farlo. Giànell’antichità, in liturgia valeva il ri-ferimento alla tradizione “ap ostoli-ca”. La libertà di improvvisare lapreghiera (cfr. san Giustino, Ap o l o -gia I 67, 5) aveva un suo quadropreciso e le diverse tradizioni ritualipossedevano una riconoscibile ma-trice comune. È noto il motivo ispi-ratore della Tradizione apostolica (se-colo III), scritta per non indulgere aprassi celebrative che portasserolontano dalla tradizione. Sant’Ago-stino lamentava che vi erano vesco-vi che usavano preghiere composteda incompetenti o da eretici (cfr.De baptismo contra Donatistas 6, 25;De catechizandis rudibus 9, 13). Dalsecolo IV conosciamo decisioni di-sciplinari sancite da Concili genera-

li e regionali, quale ad esempioquello di Cartagine del 397 (can.23: «cum altari adsistitur semper adPatrem dirigatur oratio»). Fino alconcilio di Trento le Chiese partico-lari conoscevano prassi rituali ga-rantite dal Vescovo attraverso l’ap-provazione dei libri liturgici. Perevidente esigenza di regolamenta-zione, i Padri tridentini chiesero unmaggior rigore in materia: da qui ladiffusione, favorita dalla stampa, diuna liturgia stabilita dai libri litur-gici pubblicati dalla Sede Apostoli-ca. L’uniformità celebrativa com-portò naturalmente la codificazionedi preghiere, canti, forme, tempi,spazi, disciplina. Al principio delBreviarium Romanum e del MissaleRomanum editi da san Pio V sistamparono anche Rubricae genera-les; e all’inizio del Missale Roma-num compariva il Ritus servandus incelebratione Missae. L’opera di disci-plinare fu affidata alla Sacra Con-gregazione dei riti, istituita nel1588, che l’ha assicurata per tutto ilmondo cattolico latino nel corsodei secoli. A essa san Pio X diedemandato di pubblicare un Decretogenerale (17 maggio 1911) recantel’elenco dei libri da considerare li-turgici, distinguendo tra “editiotypica” ed edizione conforme ad es-sa. Il Codice di Diritto Canonico del1917, al can. 1257, ribadiva che l’ap-provazione dei libri liturgici compe-te alla Sede Apostolica.

I Padri del Vaticano II hanno ri-chiamato le competenze circa la li-turgia nei noti termini di S a c ro s a n -ctum Concilium 22, spesso ricordatianche nei documenti applicatividella riforma liturgica. Il can. 838 §2 e § 3 del Codice di Diritto Canoni-co, recentemente chiarito dal MotuP ro p r i o Magnum Principium di Pa-pa Francesco specifica, tra le com-petenze proprie della Sede Aposto-lica e delle Conferenze dei vescovi,quelle riguardanti i libri liturgici ecioè la loro pubblicazione in edizio-ne tipica latina come nella loro tra-duzione e legittimo adattamento,dopo l’approvazione dei vescovi in-teressati e la confirmatio o re c o g n i t i odel Dicastero competente.

D all’azione liturgicaal libro

Contrariamente a ciò che appare,ossia che il libro precede lo svolgi-mento di una celebrazione, si devedire che è questa a motivarlo e cheperciò lo si dice “l i t u rg i c o ”, inquanto esprime e custodisce l’eco-nomia che vivifica in Cristo la co-munità orante e ciascun fedele.

Il fatto che la comunità si raccol-ga per ascoltare Dio che le parla at-traverso le sacre Scritture (cfr. Sa-crosanctum Concilium 7), comportaun ordinamento delle letture bibli-che secondo criteri e scelte precise;il risultato sono i vari Lezionari,compresa la disposizione dei Salmie delle letture bibliche nell’UfficioDivino. E che la comunità oranterisponda a Dio che parla e opera,lo lodi e lo supplichi, motiva il de-posito di preghiere, canti e riti sedi-mentato nei libri liturgici.

L’apprezzamento riservato ai libriliturgici si risolve in apprezzamentoper la liturgia. Alla luce dei singolilibri è facile cogliere il valore teolo-gico-liturgico delle diverse celebra-zioni ecclesiali. Per conoscere checosa sia il battesimo il primo riferi-mento sarà il relativo Rituale: i testibiblici, le preghiere, i gesti, le for-mule manifestano ciò che la Chiesafa conferendo il sacramento del bat-tesimo. Ed è facile, al contrario, neldisprezzo per il libro percepire ildiscredito gettato sulla celebrazionedella Chiesa.

Poiché il libro contiene il pro-gramma rituale da porre in atto inun’assemblea “c o n c re t a ” che non èsempre la stessa, è importante ilruolo di chi la presiede e l’impattocelebrativo dell’uso del libro. In ef-fetti, la qualità della celebrazione èproporzionale anche alla messa inpratica dell’o rd o che la regola e lasostiene: «L’armonica disposizioneed esecuzione dei riti contribuiscemoltissimo a disporre lo spirito deifedeli per la partecipazione all’Eu-caristia» ricorda l’Ordinamento gene-rale del Messale Romano, al n. 352.

È facile comprendere che la con-siderazione data al libro liturgicofavorisce l’armonia della preghieracomune, il ritmo, la dinamica cele-brativa in tutte le sue potenzialità.Il linguaggio simbolico-rituale co-stituisce una sorta di grammaticadel linguaggio celebrativo e il nonrispetto di esso provoca ciò che av-viene nella comunicazione quando

si irride la grammatica, ossia un di-scorso slegato e confuso.

Il risvolto normativo

Ogni libro liturgico, dopo il de-creto dell’autorità competente apubblicarlo, è aperto da un testo dicarattere teologico-liturgico, cele-brativo, giuridico e pastorale, chedelinea il quadro ermeneutico diquell’azione liturgica: l’Institutio ge-neralis per il Messale e la Liturgiadelle Ore, i P ra e n o t a n d a per il Le-zionario e gli altri O rd i n e s del Pon-tificale e del Rituale. Questi testi,che sono parte dello stesso libro,costituiscono una delle fonti delCodice di Diritto Canonico.

facoltà di scelta nella Preghiera eu-caristica, che fedeltà sarebbe usaresempre la stessa? Se nei giorni fe-riali è consentito adottare varietà diorazioni, che fedeltà sarebbe ripete-re ogni giorno il formulario delladomenica? Gli esempi sono molti enoti.

Fare le cose semplicemente per-ché così è scritto nel Messale, senzarendersi conto del motivo, dellaportata ecclesiale e del risvolto pa-storale, è solo un primo grado difedeltà al libro liturgico. Conoscia-mo i limiti di un’osservanza che allafine non è tale, ma rubricismo, for-malismo, legalismo. Il rispetto dellanorma per la norma è insufficiente,poiché ciò che le dà respiro è lospirito che la anima e la sostiene,ossia l’inserzione degli oranti in unmovimento che supera le singoleindividualità per assimilarli alla pre-ghiera di Cristo vivente nella Chie-sa intera.

Certo, il libro liturgico — con lasua legislazione attenta alla concre-ta assemblea, alla partecipazione

Nei libri liturgici vi sono elemen-ti vincolanti — derivati dalla rivela-zione biblica e dichiarati essenzialidalla Chiesa — che riguardano adesempio i grandi gesti sacramentali:l’uso del pane e del vino per l’Eu-caristia; il lavacro con l’acqua per ilbattesimo; l’imposizione delle manie l’unzione con il crisma per la con-fermazione; l’imposizione delle ma-ni per gli Ordini sacri; l’unzionedei malati con l’olio.

Vi sono testi normativi, come lepericopi della sacra Scrittura nonsostituibili con altri testi e prescri-zioni circa la loro distribuzione perle varie messe (ordinamento trien-nale per domeniche e feste, bienna-le per i giorni feriali, per i santi, icomuni, le messe rituali, varie ne-cessità, votive, dei defunti); lo stes-so criterio vale per la Liturgia delleOre e i sacramentali.

Ci sono formule di preghiera, acominciare dalla Preghiera eucari-stica e dalle altre formule sacramen-tali, che non sono lasciate alla fan-tasia orante del sacerdote, della co-munità, di un gruppo, ma sono ap-provate dall’autorità competente. Visono anche indicazioni riguardantil’eucologia e la scelta delle partidella messa e degli altri sacramentie sacramentali.

Si trovano poi le rubriche, breviformulazioni, in inchiostro rosso,che danno indicazioni circa chi fache cosa e come farla. Riguardanoanzitutto le persone: l’assemblea, iministri ordinati, i ministri istituiti,gli altri ministri, i cantori; gli odier-ni libri liturgici, infatti, hanno rece-pito la disposizione di S a c ro s a n c t u mConcilium 31: «Nella revisione dei li-bri liturgici, si abbia cura che le ru-briche prevedano anche le parti deifedeli». Anche così si comprendeche il libro liturgico non è destinatosoltanto al sacerdote, ma alla comu-nità in preghiera. Senza esaurirne latipologia, le rubriche si possono di-stinguere in precettive, indicative,orientative, descrittive, esplicative.

A cogliere il grado di obbligato-rietà di norme e rubriche aiuta laterminologia della loro formulazio-ne ed eventuali interpretazioni datedal legislatore. Come ricordano lediciture pro opportunitate, laudabili-ter, de more, ad libitum, spesso le ru-briche lasciano spazio alla valuta-zione del sacerdote, al buon senso ealle circostanze concrete. Talvoltasuppongono conoscenze di prassitradizionali, come è il caso dellapreghiera «extensis manibus», imi-tazione del Cristo orante con le ma-ni distese sul legno della croce (cfr.Caeremoniale Episcoporum n. 104).

L’applicazioneNessuno è padrone dei santi mi-

steri, nemmeno della loro forma ce-lebrativa, ma tutti siamo fedeli ser-vitori. L’osservanza si dimostra sianel mettere in pratica le prescrizioniobbliganti, sia nel valorizzare le in-dicazioni lasciate alla scelta di chipresiede. Celebra in comunione conla Chiesa chi rinuncia ad apportarevarianti soggettive dove non è con-sentito, come chi applica rettamentele possibilità e gli adattamenti pre-visti dalla disciplina vigente. Se c’è

fruttuosa di pastori e laici, alle cir-costanze di tempo e di luogo (cfr.ad esempio dell’Ordinamento genera-le del Messale Romano 352) — puòanche disorientare. Di fatto alcunipensano che l’ambito celebrativo siaaperto alla creatività soggettiva, allaformulazione alternativa, al labora-torio sperimentale. Il libro realizzail suo valore e raggiunge il suo sco-po nella misura in cui viene postoal servizio della celebrazione delmistero di Cristo per la vita dellaChiesa.

Valorizzazione pienaL’esperienza celebrativa, non ri-

ducibile ai libri liturgici, ha tuttaviabisogno di essi. Servono per la pre-ghiera e insieme sono oggetto distudio e di riflessione sulla preghie-ra, al fine di comprendere il senso eil contesto di parole e gesti cheesprimono l’incontro sacramentaletra Dio e il suo popolo. Se la natu-ra della liturgia è rimasta invariatanel corso dei secoli, sono invecemutate le forme: i libri liturgici, an-tichi ed odierni, manifestano il pa-trimonio della Chiesa in preghiera,pellegrina nella storia, verso la pie-na comunione con Dio.

Serve una buona conoscenza pra-tica dei libri liturgici, e per acquisir-la occorre prenderli in mano, ren-dersi conto del contenuto, della lo-ro varietà e fisionomia. Una cono-scenza non approssimativa, specieda parte del clero, aiuta a evitareequivoci grossolani, a coltivare cioèuna cultura della “regolata celebra-zione” ecclesiale. Capita infatti dinon valorizzare i modi lasciati aper-ti dal libro (ad esempio la preghierauniversale o dei fedeli), a fronte diinterventi gratuiti in formule auto-revolmente normate.

La preparazione prossima alla ce-lebrazione permette di valutare, di-scernere e scegliere le possibilità of-ferte dal libro, alla luce delle circo-stanze di persone, tempo e luogo.Giova rileggere circa la messa — inanalogia vale per altre celebrazioni— quanto ricorda il n. 352 dell’O rd i -namento generale del Messale Roma-no: «Nel preparare la messa il sacer-dote tenga presente più il bene spi-rituale del popolo di Dio che lapropria personale inclinazione».

Un sapiente uso del libro liturgi-co è richiesto dalla qualità della ce-lebrazione. I libri devono essere di-gnitosi e belli da vedere, curati nelformato, nella stampa, nella rilega-tura. Sembra cosa ovvia, ma l’esp e-rienza attesta che spesso sono sosti-tuiti da foglietti, fotocopie, sussidi.Oggi c’è anche internet a facilitareil “fai da te” con risultati poco li-turgici. Poiché i libri sono testimoniprivilegiati di una peculiare tradi-zione liturgica (romana, ambrosia-na, bizantina, eccetera) non giovausarli come una cava di materialeper “c re a re ” ibridi e mescolanze.

Infine, anche al di fuori della ce-lebrazione, il libro liturgico ha unsuo servizio da svolgere in rapportoalla meditazione e alla preghierapersonale, al fine di imprimere me-glio nel cuore quanto sperimentia-mo nei santi misteri.

Lutto nell’episcopato

L’arcivescovo Luis Abilio Seba-stiani Aguirre, emerito di Ayacu-cho, in Perú, è morto alle 17.30di lunedì 10 agosto nella clinicaStella Maris di Lima.

Il compianto presule era natoin El Callao il 22 febbraio 1935ed era stato ordinato sacerdotedella società di Maria il 23 aprile1962. Eletto alla Chiesa vescoviledi Tarma il 21 novembre 1992,aveva ricevuto l’ordinazione epi-scopale il 3 gennaio 1993. Pro-mosso alla sede metropolitana diAyacucho il 13 giugno 2001, ave-va rinunciato al governo pastora-le dell’arcidiocesi il 6 agosto2011.

Page 8: Si dimette il governo libanese le gemelline siamesi · 2020. 8. 11. · paesana della foresta», nata in un villaggio a 100 km da Bangui, la città dove nel 2015 il Papa avvia il

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 mercoledì 12 agosto 2020

A colloquio con il presidente del Circolo San Pietro

La carità del vescovo di Romanon chiude per ferie

di GIANLUCA BICCINI

La carità del Papa non va maiin vacanza: per questo a Ro-ma il Circolo San Pietro, da

150 anni braccio operativo della soli-darietà del Pontefice, continua adassicurare anche durante il periodoestivo i servizi di assistenza ai pove-ri, come del resto ha fatto anche du-rante i mesi di lockdown — nono-stante le difficoltà — nel periodo piùduro dell’emergenza covid-19. Lospiega in questa intervista a «L’O s-servatore Romano» Niccolò Sac-chetti, da sei mesi presidente dellostorico sodalizio di laici che dal 1869si prende cura dei bisognosi dellacittà.

Il volontari del Circolo San Pietro ge-stiscono strutture di ospitalità, ricoveriper i senza fissa dimora e mense dive-nute note come «la minestra del Pa-pa». Sono previste chiusure in questimesi estivi?

No, restiamo aperti con la Cucinaeconomica di via della Lungaretta,in particolare, perché quella di viaAdige dopo la pandemia ha subìto

do i bisogni delle tante persone chevivono per strada si sono fatte ur-genze ed emergenze, e tantissime fa-miglie chiuse in casa si sono trovatesenza il minimo necessario per la so-pravvivenza. Abbiamo moltiplicatogli sforzi con il grande aiuto di tuttii soci e volontari e il sostegno di

mune di Roma per i senzatetto ospi-ti del nostro Asilo notturno.

La privazione della vicinanza tra sociè stata particolarmente pesante?

Penso che qualsiasi gruppo o as-sociazione che sia, indipendente-mente dalle finalità, abbia bisognodi momenti di incontro che favori-scono scambio di opinioni e coesio-ne, ma credo che questo periodo, sepossibile, ci abbia unito ancora dipiù. C’è stata prossimità nella pre-ghiera e grande partecipazione nelleopere che ci hanno riportato alle no-stre origini. Siamo nati 150 anni faproprio per dar da mangiare a chine aveva bisogno in una Roma po-vera e sofferente. Il nostro gruppodi giovani inoltre ha fatto più volteun giro di telefonate ai soci più an-ziani per verificare che stessero benee che non avessero bisogno di nien-te; e ritengo che questo testimoniuna grande partecipazione e vici-nanza.

Lei ha parlato del ruolo dei giovaninella vita associativa. Qual è il vostrorapporto con i social media?

In effetti, vista l’impossibilità diavere contatti personali e di comuni-care per le vie abituali ci siamo do-

vuti rapidamente riorganizzare usan-doli come hanno fatto tutti. In par-ticolare abbiamo dato vita a unacampagna di raccolta fondi #iono-nhocasa con risultati davvero com-moventi, a conferma di una grandecredibilità e fiducia che evidente-mente il Circolo San Pietro ha sapu-to guadagnarsi nel tempo malgradola grande discrezione che ci ha sem-pre contraddistinto.

A quali progetti state lavorando conmaggior impegno?

Ce ne sono molti in realtà, ma trai più importanti considero il prose-guimento dei lavori di ristrutturazio-ne della Casa famiglia in via di SanGiovanni in Laterano, che sarà inti-tolata alla magnifica figura del Papasanto Paolo VI. Montini infatti comemolti sanno è stato socio del nostroCircolo. Quest’opera, che verrà rea-lizzata anche grazie al prezioso aiu-to della Fondazione Bambino GesùOnlus, accoglierà i piccoli, ricoveratipresso l’ospedale pediatrico, insiemeai loro famigliari, così come accadenella struttura già attiva in via dellaLungaretta. Ci piace dire che la Ca-sa famiglia è il dono speciale e pe-culiare del Circolo San Pietro per lacittà di Roma, si tratta infatti di unprogetto pensato per festeggiare il150° anniversario di fondazione.

Lei è stato eletto nel febbraio scorso.Qual è la nuova direzione che ha sceltodi dare alle opere del sodalizio?

Non credo che ci siano cambia-menti di rotta e nuove direzioni daprendere. Il Circolo ha attraversato isecoli seguendo sempre la rotta trac-ciata da chi ci ha preceduto e pensoche questa coerenza e continuità siaun grandissimo valore da protegge-re. Allo stesso tempo dobbiamo es-sere capaci di adattarci ai tempi checambiano e andare incontro ai nuovibisogni di una società che si modifi-ca sempre più velocemente e ci met-te davanti a nuove sofferenze e nuo-ve povertà e questo periodo diemergenza ne è stato certamente unesempio lampante.

«Preghiera, azione e sacrificio» è il vo-stro motto: lo considera ancora attualeper descrivere l’identità del sodalizio?

Francamente trovo difficile riassu-mere in tre parole 150 anni di storia.Ma è evidente che esse dicono anco-ra molto della nostra tradizione dicarità al servizio del Papa e dei po-veri di Roma. Ad esse ne aggiunge-rei altre due, che in questo periodocosì difficile suonano particolarmen-te esemplificative della nostra mis-sione, e sono: accoglienza e riferi-mento. Credo che oggi più che maiabbiamo il dovere di essere semprepiù accoglienti verso chi ha bisognodi aiuto, ma anche verso chi ha bi-sogno di aiutare; e abbiamo il com-pito di essere un riferimento solidoper entrambe le categorie di perso-ne, sia per gli assistiti che devonosapere di poter sempre contare su dinoi, sia per tutti quelli che avverto-no l’esigenza di fare qualcosa per glialtri e che spesso non sanno comefarlo e a chi rivolgersi.

Online

UN SITO ALLA SETTIMANAa cura di FABIO BO L Z E T TA

SantuarioMadonna delle Lacrime

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Il Papa indica ai Cavalieri di Colombo l’esempio di McGivney

Fratelli di chi soffrealla scuola del fondatore

Oltre 77 milioni di ore donate inopere di solidarietà nell’ultimo an-no. Ma questo deve essere solo unpunto di partenza. L’ormai prossi-ma beatificazione del fondatore — ilsacerdote Michael McGivney chesarà elevato agli onori degli altari il31 ottobre — potrà essere per tutti iCavalieri di Colombo di approfon-dimento dell’«impegno a vivere co-me discepoli missionari nella carità,nell’unità e nella fratellanza», ali-mentando quell’«aiuto caritativo»che, con «spirito di solidarietà cri-stiana», l’ordine laicale fornisce aquanti soffrono a causa della pan-demia in questo periodo, e ai di-menticati e agli emarginati sin dalleorigini. È questo il mandato chePapa Francesco ha affidato loro neigiorni scorsi, attraverso una letterain lingua inglese — a firma del car-dinale Pietro Parolin, segretario diStato — indirizzata al cavaliere su-premo Carl A. Anderson.

Il 4 agosto si è infatti tenuta la138a convention dei Cavalieri di Co-lombo, quest’anno svoltasi in mo-dalità virtuale a causa dell’e m e rg e n -za covid-19.

È proprio lo «spirito di solidarie-tà cristiana», ha sottolineato il Pon-tefice, ad aver «caratterizzato inmodo particolare la vita e l’attività»di padre McGivney il quale comeparroco, concretamente vicino allavita quotidiana delle persone, «co-

le maniche e a mettere in pratica laloro fede».

Una delle prime preoccupazionidel fondatore, fu quella di «pro-muovere il benessere materiale espirituale dei lavoratori e delle lorofamiglie», e perciò «fin dai primigiorni — si legge nella lettera firma-ta dal segretario di Stato — la curadella famiglia è stata una prioritàper i Cavalieri di Colombo». Unapremura che continua ancora oggicon una «forte e coraggiosa difesadella inviolabile dignità della vita

nosceva bene e desiderava imprime-re sul suo gregge l’urgenza delmandato evangelico: “Ogni voltache avete fatto queste cose a unosolo di questi miei fratelli più pic-coli, l’avete fatto a me”». E «le vir-tù eroiche e l’esempio di fede» delsacerdote statunitense potrannoispirare «a cercare ogni giorno nellapreghiera la saggezza e la forza diesercitare — ha aggiunto citando unpassaggio dell’Evangelii gaudium —“una fraternità [...] che sa guardarealla grandezza sacra del prossimo,che sa scoprire Dio in ogni essereumano”».

Una visione, si legge nella lette-ra, evocata pienamente dal temastesso della convention: «Cavalieridi fratellanza». Quel principio cheha animato padre McGivney sindalle origini, ha anche caratterizza-to, nella «creatività della carità»,l’azione dell’ordine in questi mesiin cui il mondo «affronta la sfidadella pandemia e dei suoi effetti divasta portata sulla vita economica esociale delle persone».

Il Pontefice, ha scritto il cardina-le Parolin, «è grato per questi e pergli altri innumerevoli modi in cui iCavalieri di Colombo continuano adare una testimonianza profetica alsogno di Dio di un mondo più fra-terno, giusto ed equo in cui tuttisiano riconosciuti come prossimo enessuno venga lasciato indietro».

Nel messaggio inviato ad Ander-son si ricorda come tutta la storiadell’ordine sia stata improntata atali valori, vera e propria linfanell’azione di sostegno alla missio-ne evangelizzatrice della Chiesa.Fondata nel 1882 da McGivney in-sieme a un gruppo di laici cattolici,l’associazione cominciò la propriaattività dedicandosi alle fasce piùemarginate della società, in primoluogo vedove e orfani. Il sacerdoteche la ideò, figlio di immigrati ir-landesi, svolse il ministero pastoralecome viceparroco a New Heaven epoi come parroco a Thomaston nelConnecticut. All’annuncio dellaprossima beatificazione di McGiv-ney, il cavaliere supremo Andersonne ha sintetizzato così la figura el’eredità spirituale: «Ha ispirato ge-nerazioni di cattolici a rimboccarsi

«Le Lacrime di Maria hanno generato speranza enuova vita». È ispirato alle parole pronunciate da Pa-pa Francesco durante l’udienza generale del 5 gennaio2017, il tema del sessantasettesimo anniversario dellaLacrimazione della Madonna a Siracusa. Due partico-lari celebrazioni, rispettando le restrizioni contro il co-vid-19, saranno dedicate a ringraziare e invocare laprotezione della Vergine sui medici, gli infermieri, ivolontari e sulle forze dell’ordine che si sono spesi infavore della collettività durante la pandemia.

La Lacrimazione è avvenuta a Siracusa in più occa-sioni dal 29 agosto al 1° settembre 1953 da una imma-gine in gesso smaltato — raffigurante la Madonna chemostra il proprio cuore immacolato — posta nell’abita-zione di due giovani coniugi, Angelo Iannuso e Anto-nina Lucia Giusto. Una commissione medica, propo-

sta dalla Chiesa locale, prelevò circa un centimetro cu-bo del liquido che sgorgava dagli occhi della Madon-nina che sottoposto ad analisi microscopica lo classifi-cò come «lacrime umane» e «non spiegabile scientifi-camente».

Il santuario costruito a partire dal 1988 fu inaugura-to da san Giovanni Paolo II il 6 novembre 1994.

w w w. m a d o n n a d e l l e l a c r i m e . i t

umana sin dal concepimento» e conuna serie di iniziative volte a «raf-forzare la vita familiare». Perché èproprio nel sostegno, nel potenzia-mento della vita familiare, si sottoli-nea, che «gli individui e le societàcrescono nella solidarietà, nel ri-spetto reciproco, nella verità, nellamisericordia e nell’amore. In untempo di instabilità sociale, tali vir-tù sono ancor più necessarie perpromuovere la pace, la riconcilia-zione e la giustizia».

È questa la missione assunta daiCavalieri di Colombo che, in que-sto fondamentale crocevia della lorostoria, guardano con rinnovato or-goglio alle proprie radici. Va inquesto senso la decisione, annuncia-ta in occasione della riunione an-nuale, di dar vita a un nuovo cen-tro di pellegrinaggio in onore delfondatore a New Heaven. Il Bles-sed Michael McGivney PilgrimageCenter sorgerà nell’edificio che at-tualmente ospita il museo sulla sto-ria dell’ordine e sarà, in vista dellabeatificazione, uno strumento permeglio conoscerne la figura e l’op e-ra. Durante la convention è statoinoltre presentato il Rapporto an-nuale, a testimonianza di comequelle radici continuino ancora og-gi a portare frutti. I Cavalieri diColombo contano, in 12 paesi, duemilioni di membri impegnati a«farsi fratelli» e a «prestare atten-zione a tutti coloro che soffrono eche vivono nel bisogno». Un coin-volgimento che ha portato nell’ulti-mo anno, si legge nel Rapporto,non solo a un notevole impegnoeconomico in opere di carità (oltre187 milioni di dollari), ma anche esoprattutto a un coinvolgimentopersonale dei propri membri, calco-lato in milioni di ore di servizio, ditempo dedicato agli altri. Anche, esoprattutto, nel difficile periododell’emergenza covid-19, durante ilquale ha preso corpo il progetto«Non lasciare nessuno indietro»:l’ampio spettro di iniziative (dagliaiuti economici alle famiglie e alleparrocchie, alle raccolte alimentari eai servizi di assistenza personale) hainteressato oltre un milione di per-sone.

Il sacerdote Michael McGivney

Distribuzione di vestiario a Denver

Pubblicati bilancio sociale e attività sanitaria e scientifica del 2019

Numeri in continua crescitaall’ospedale Bambino Gesù

In crescita il numero dei piccoli cheda tutta Italia e dall’estero vengonocurati all’ospedale pediatrico Bam-bino Gesù di Roma. È il dato piùevidente dell’attività sanitaria escientifica svolta dal nosocomio nel2019 — l’anno del 150° di fondazio-ne — presentata martedì 11 agosto,all’indomani della pubblicazionedella notizia che Papa Francescoaveva battezzato nei giorni scorsi ledue gemelline siamesi della Repub-blica Centrafricana, sottoposte circaun mese orsono a un delicato inter-vento di separazione cranica e cere-brale proprio nella struttura medicasul Gianicolo.

«Il nostro sforzo quotidiano —ha commentato la presidente Ma-riella Enoc — è di garantire la so-stenibilità economica di questastraordinaria opera di ricerca e dicura, senza mai perseguire logichedi profitto». Anche perché, ha ag-giunto, «nel 2020 dovremo fare iconti con i riflessi economici nega-tivi generati dalla pandemia da co-vid-19, soprattutto per effetto dellacontrazione dell’attività complessivae delle azioni di contrasto all’emer-genza che si sono rese necessarie».

Tornando ai numeri dell’annopassato, il Bambino Gesù ha fattoregistrare un incremento dei casitrattati e della loro complessità, con29 mila ricoveri, il 30 per cento deiquali prevenienti da fuori regioneLazio; 32 mila gli interventi chirur-gici eseguiti e oltre 2 milioni — unasoglia superata per la prima voltanella storia — le prestazioni ambu-latoriali offerte, con un più 10 percento. Aumento che caratterizzaanche gli accessi al Pronto Soccor-so (+5 per cento), sfiorando i 90mila nelle due sedi del Gianicolo edi Palidoro. I trasporti di emergen-za neonatale sono stati 385 (in me-dia più di uno al giorno), con quel-li (89) avvenuti tramite l’elip orto

vaticano, eseguiti in collaborazionecon il Governatorato.

Infine, in crescita anche i tra-pianti di organi, cellule e tessuti,che sono stati ben 342 (192 di mi-dollo, 28 di fegato, 26 di rene, 10di cuore, uno di polmone, 5 gli im-pianti di cuore artificiale, 53 i tra-pianti di valvole cardiache, 11 dimembrana amniotica, 21 di cornea).Di pari passo sono aumentate an-che la produzione scientifica e l’at-tività di accoglienza per le famiglie,con 120 mila notti gratuite nelle

stanze messe a disposizione dei ge-nitori dei piccoli ricoverati.

Nella circostanza sono stati pre-sentati anche i dati del bilancio so-ciale: con 2.700 dipendenti e quasi500 contrattisti di ricerca, l’«osp e-dale del Papa» ha conseguito unmargine operativo lordo positivo eun risultato netto in sostanziale pa-reggio (+ 0,2 milioni di euro). Unapiù dettagliata sintesi dei dati èconsultabile sul sito internetwww.osp edalebambinogesù.it

forzata degli ultimi mesi. Mentreprocede in maniera spedita l’attivitàdella Commissione guardaroba che,grazie ad alcune preziose donazionidelle ultime settimane, è in grado difornire ai nostri assistiti capi d’abbi-gliamento del tutto nuovi.

Come state vivendo l’emergenza del co-ro n a v i r u s ?

Direi in maniera frenetica, soprat-tutto nella fase di lockdown, quan-

ne avevano bisogno e un grandequantitativo di frutta e verdura do-nata dai contadini dell’agro romano.Siamo anche riusciti a tenere apertala Casa famiglia di via della Lunga-retta, dove ospitiamo i genitori deipiccoli pazienti del vicino ospedalepediatrico Bambino Gesù — per iquali abbiamo dovuto provvedere aogni necessità per evitare di esporlial contagio — oltre che a trovare unasoluzione in collaborazione col Co-

un leggero calo inquanto a numeri. Rima-niamo ugualmente ope-rativi con la Casa fami-glia che in quest’annocosì particolare abbiamoscelto di non sospende-re neanche per un gior-no. Alcune nostre attivi-tà tuttavia devono ri-prendere a funzionare aregime dopo la pausa

tantissimi amici, agricol-tori, associazioni e perfi-no la Grande distribu-zione organizzata(Gdo). Nel nostro pic-colo in quei tre mesi,malgrado le difficoltàche tutti conosciamo,siamo riusciti a distri-buire 12.000 pasti pressole nostre mense, 700pacchi alle famiglie che