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1 - S h o d ō - L’arte della calligrafia giapponese La Calligrafia giapponese (Shodō) è una delle arti giapponesi più diffuse e antiche. È tuttavia un’arte molto attuale e presente ovunque nella società giapponese. È interessante, infatti, notare quanto la calligrafia sia parte della vita di tutti i giorni, quanto essa sia naturale per i giapponesi. Lo Shodō è un’arte semplice, diretta ed è apprezzata quanto la pittura, ma questo tipo d’arte figurativa possiede anche un senso filosofico. In effetti non colpisce solo per la bellezza della linea e della figura, ma possiede anche un significato profondo; ogni ideogramma (kanji che significa letteralmente "lettere Han", dalla Dinastia cinese Han, 206 - 220 a.C.). Oggi la scrittura giapponese combina i kanji con gli hiragana. I kanji non rappresentano né una lettera né una sillaba, bensì un concetto completo. È proprio questa la forza dello Shodō: riuscire ad esprimersi attraverso la creazione (tratti neri) sulla carta (spazio bianco) di un concetto, e soprattutto fare in modo che questo metta in relazione l’artista e lo spettatore. La grazia delle linee e della figura insieme al bianco dello spazio creano un’armonia perfetta ed esprimono grande saggezza. In fondo, che cos'è la calligrafia? È un semplice esercizio di bella scrittura? In realtà è molto più difficile e impegnativo di quanto sembra. Bisogna, infatti, dopo tanto esercizio, saper combinare la propria abilità con la propria immaginazione per creare un'opera d'arte fatta solo di linee nere. In Occidente la calligrafia era un mezzo per sopprimere l'individualità e per creare uno stile uniforme, omogeneo. La calligrafia giapponese, invece, fa vivere le parole dando loro un carattere personale. Ecco perché gli stili sono individuali, ognuno ha uno stile diverso e personale; proprio perché trasferisce sulla carta bianca i sentimenti interiori. Gli occidentali hanno spesso difficoltà a capire lo Shodō, anche perché il lavoro si completa in pochi secondi. Appena il pennello viene poggiato, non si può più esitare, poiché è necessario un ritmo costante durante tutta la durata del lavoro. Perciò prima di iniziare si deve avere un’idea chiara e occorre essere concentrati al massimo (nella filosofia Zen questo concetto si esprime attraverso la parola Mu - , un elevato livello di spiritualità), ma nel momento in cui il pennello viene a contatto con la carta è necessaria un’energia particolare che coinvolge tutto il corpo ( Ki ). Infatti il pennello deve essere considerato il naturale prolungamento della mano che lo impugna. Nella calligrafia giapponese, occorre stare attenti ad ogni singolo dettaglio e al posizionamento della punta del pennello. Per ogni linea o punto sono importanti la partenza, la direzione, il ritmo, la dose di forza nel movimento del pennello, la forma ed il punto d’arrivo. È altrettanto importante l’equilibrio fra gli elementi. Gli spazi, inoltre, hanno un ruolo cruciale; l'armonia di un'opera sta soprattutto nel creare un gioco di spazi, il bianco e il nero che si alternano e si completano, e la macchia rossa del sigillo (Rakkan) che conclude l'opera.

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- S h o d ō - ♠ L’arte della calligrafia giapponese

La Calligrafia giapponese (Shodō) è una delle arti giapponesi più diffuse e antiche. È tuttavia un’arte molto attuale e presente ovunque nella società giapponese. È interessante, infatti, notare quanto la calligrafia sia parte della vita di tutti i giorni, quanto essa sia naturale per i giapponesi. Lo Shodō è un’arte semplice, diretta ed è apprezzata quanto la pittura, ma questo tipo d’arte figurativa possiede anche un senso filosofico. In effetti non colpisce solo per la bellezza della linea e della figura, ma possiede anche un significato profondo; ogni ideogramma (kanji che significa letteralmente "lettere Han", dalla Dinastia cinese Han, 206 - 220 a.C.). Oggi la scrittura giapponese combina i kanji con gli hiragana. I kanji non rappresentano né una lettera né una sillaba, bensì un concetto completo. È proprio questa la forza dello Shodō: riuscire ad esprimersi attraverso la creazione (tratti neri) sulla carta (spazio bianco) di un concetto, e soprattutto fare in modo che questo metta in relazione l’artista e lo spettatore. La grazia delle linee e della figura insieme al bianco dello spazio creano un’armonia perfetta ed esprimono grande saggezza.

In fondo, che cos'è la calligrafia? È un semplice esercizio di bella scrittura? In realtà è molto più difficile e impegnativo di quanto sembra. Bisogna, infatti, dopo tanto esercizio, saper combinare la propria abilità con la propria immaginazione per creare un'opera d'arte fatta solo di linee nere.

In Occidente la calligrafia era un mezzo per sopprimere l'individualità e per creare uno stile uniforme, omogeneo. La calligrafia giapponese, invece, fa vivere le parole dando loro un carattere personale. Ecco perché gli stili sono individuali, ognuno ha uno stile diverso e personale; proprio perché trasferisce sulla carta bianca i sentimenti interiori. Gli occidentali hanno spesso difficoltà a capire lo Shodō, anche perché il lavoro si completa in pochi secondi. Appena il pennello viene poggiato, non si può più esitare, poiché è necessario un ritmo costante durante tutta la durata del lavoro. Perciò prima di iniziare si deve avere un’idea chiara e occorre essere concentrati al massimo (nella filosofia Zen questo concetto si esprime attraverso la parola Mu - 無, un elevato livello di spiritualità), ma nel momento in cui il pennello viene a contatto con la carta è necessaria un’energia particolare che coinvolge tutto il corpo ( Ki – 気). Infatti il pennello deve essere considerato il naturale prolungamento della mano che lo impugna.

Nella calligrafia giapponese, occorre stare attenti ad ogni singolo dettaglio e al

posizionamento della punta del pennello. Per ogni linea o punto sono importanti la partenza, la direzione, il ritmo, la dose di forza nel movimento del pennello, la forma ed il punto d’arrivo. È altrettanto importante l’equilibrio fra gli elementi. Gli spazi, inoltre, hanno un ruolo cruciale; l'armonia di un'opera sta soprattutto nel creare un gioco di spazi, il bianco e il nero che si alternano e si completano, e la macchia rossa del sigillo (Rakkan) che conclude l'opera.

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Wabi-Sabi

Anche quando i tratti del pennello e i caratteri sono organizzati in posizioni che a prima vista possono sembrare sbilanciate, c’è sempre, in realtà, una struttura solida che lega ogni elemento e ne costituisce l’armonia. Si devono vedere i collegamenti e la continuità del movimento fra tutti i tratti. Vorrei aprire qui una parentesi sul significato della parola “armonia”. Questo termine ha un'accezione, in Giappone, diversa da quella che potrebbe avere in Occidente. L'armonia in Occidente è spesso caratterizzata da linee uguali, regolari, simmetriche. In Giappone, invece, l'armonia (調和 - Chōwa) si traduce nell'asimmetria, nel contrasto tra linee sottili e spesse, tra spazi riempiti e spazi vuoti. Gli ideogrammi devono essere armoniosi, proporzionati ed equilibrati, ma non omogenei, in modo da poter trasmettere qualcosa a chi li ammira. Ogni linea ha un senso, ogni movimento del pennello crea qualcosa di unico, perché è espressione di un’emozione o un sentimento.

Che cosa scrivere? Si può scrivere una parola (in kanji, in hiragana, in katakana), una frase, una poesia (tanka,

haiku), un proverbio, una preghiera ecc. L’essenziale è riuscire a trasmettere lo spirito, il senso e l’emozione grazie alle linee e agli spazi, affinché l’insieme colpisca gli occhi e l’anima di chi le ammira. Ogni carattere è quindi un’espressione della forza spirituale dell’artista; la sua opera diventa lo specchio della sua interiorità, della sua anima. Si può perfino dire che la composizione, quasi mai simmetrica od omogenea, corrisponde ad un sismografo dell'animo umano.

Lo Shodō non è soltanto l'arte dello scrivere, ma è l’arte dello scrivere bene. Il pennello di bambù e l’inchiostro di china sono gli unici strumenti per creare sulla carta di riso un’opera d’arte che esprima armonia, forza, emozione, tranquillità… e bellezza. Le opere calligrafiche incarnano, infatti, uno dei principi estetici giapponesi: il Wabi-Sabi. Questa parola non è facile da tradurre poiché la si può solo sentire. È uno stato d’animo che è legato all’estetica e allo spirito giapponese. I termini Wabi e Sabi possono essere definiti come solitudine, malinconia, povertà, appassimento, freddo, umiltà, transitorietà delle cose…caratteristiche che si rispecchiano pure nell’arredamento della casa tradizionale giapponese. I concetti di Wabi e Sabi sono originariamente religiosi, ma l'uso che se ne fa attualmente in giapponese è molto più ampio. Wabi indica la tristezza, la semplicità rustica o ancora il silenzio, e può essere applicato sia ad oggetti naturali che artificiali. Esso può anche significare “eleganza non ostentata”. Sabi, invece, è la tranquillità, il remoto, la malinconia o la serenità che accompagna l'avanzare dell'età, quando la vita degli oggetti e la sua impermanenza sono evidenziate dalla patina e dall'usura. Sia Wabi che Sabi suggeriscono sentimenti di desolazione e di solitudine. Nella visione dell'universo secondo il Buddhismo Zen, questi possono essere visti come caratteristiche positive, che rappresentano la liberazione dal mondo materiale e la trascendenza verso una vita più semplice. Una traduzione di Wabi-Sabi potrebbe essere “bellezza triste, imperfetta, impermanente e incompleta”. Se un oggetto o un'espressione può provocare dentro di noi una sensazione di serena malinconia e un ardore spirituale, allora si può dire che quell'oggetto è Wabi-Sabi. Il concetto di Wabi-Sabi comprende tre semplici verità: “nulla dura, nulla è finito, nulla è perfetto”.

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******************** ◒◓◒◒◒◒◒◓◒◓ Esiste una “Via” della calligrafia (書道), dove “Sho” (書) significa “scrittura” e “Dō” (道)

“Via, approfondimento, ricerca, percorso e strada”. È una delle Vie che aiuta a trovare il senso della vita e la propria verità, come la Via del

samurai è il bushidō, la Via dei combattenti è il budō (karate-dō, judō, kendō), la Via del tè è il sadō, e così via.

Il carattere Dō (道) è usato per contraddistinguere la pratica di un'arte, che richiede un impegno costante e che, in diversi modi, può assumere le caratteristiche di un "percorso" che conduce, tramite il perfezionamento della tecnica in una disciplina, ad un raffinamento spirituale dell'individuo. ◒◓◓◓ ★I percorsi seguiti con più frequenza sono:

Jūdō 柔道: la Via della flessibilità; Kendō 剣道: la Via della spada; Karatedō 空手道: la Via della mano nuda; Kyūdō 弓道: la Via del tiro con l’arco; Sadō 茶道 (茶の湯-Cha no Yu): la Via della cerimonia del te; Kadō 華道・花道(生花-Ikebana): la Via della composizione dei fiori.

♠ Origini

Lo Shodō ha origine in Cina, dove oltre 3.000 anni fa pittogrammi furono scolpiti su gusci di tartaruga e ossa di mucca, come parte di cerimonie religiose. In seguito alcuni iniziarono ad incidere queste stesse pittografie su bronzo e altri metalli. Durante la Dinastia Han, la tecnica si è ulteriormente sviluppata in diversi stili. L’arte dello Shodō nasce con l’importazione di kanji (ideogrammi) dalla Cina al Giappone verso il 500 d.C. I monaci giapponesi che si erano recati in Cina per il loro apprendistato tornarono nel loro Paese portando con loro anche l’arte della calligrafia, oltre agli insegnamenti buddhisti. Il Giappone, così, gradualmente, adotta il sistema di scrittura cinese, adattandolo, pian piano, alla propria lingua. La calligrafia era praticata prima dai monaci, in seguito dagli aristocratici ed infine anche dai guerrieri (samurai), ed era usata soprattutto dagli uomini piuttosto che dalle donne. Nel periodo Heian (794-1185), tuttavia, fu inventato l’alfabeto hiragana che anche le donne aristocratiche usavano per scrivere poesie e racconti.

♠ Lo sviluppo della calligrafia giapponese e i suoi diversi stili

Le tecniche e le modalità d’uso del pennello si sono man mano evolute, facendo nascere vari stili di scrittura. Nel corso degli anni i maestri giapponesi della calligrafia hanno studiato, perfezionato e raffinato la maestria dei calligrafi cinesi, creando loro stessi alcuni stili nuovi e originali. I cinque stili (五書体): 1) Tensho (篆書): scrittura per sigilli 2) Reisho (隷書): scrittura dello scriba (per archivi) 3) Kaisho (楷書): stampatello. Le linee si scrivono distintamente, con sicurezza. Gli ideogrammi sono nitidi, angolosi e quadrati. 4) Gyōsho (行書): semicorsivo. Si scrive più rapidamente. Le linee sono graduali, rotonde. 5) Sōsho (草書): corsivo. La grafia è molto precipitosa, realizzata con pochi gesti.

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♠ Sigilli

In ogni opera calligrafica si possono vedere uno o più timbri rossi; sono i sigilli, elementi fondamentali nello Shodō. È la firma dell’artista che costituisce una parte integrante dell’opera. Il calligrafo possiede più sigilli con il proprio nome o nome d’arte e li appone dove meglio crede, valutando gli spazi bianchi, i movimenti dei tratti, gli equilibri complessivi.

Apponendo il sigillo, il maestro calligrafo dimostra che ha concluso l’opera, creandola con tutta la sua forza e tutta la sua sincerità.

♠ Materiale Bunbō-Shihō (文房四宝): i Quattro Tesori dello Studioso 1) Hanshi (Kami): La carta (carta di riso) 2) Fude: I pennelli 3) Sumi: L’inchiostro (oppure Bokujū: Sumi liquido, molto comodo, soprattutto per gli esercizi) 4) Suzuri: La pietra per la preparazione dell’inchiostro. N.B. : La preparazione dell’inchiostro è un momento importante che serve a prepararsi sia mentalmente che fisicamente all’esercizio della calligrafia. Altri elementi: ♦ Shitajiki: La stoffa nera soffice da mettere sotto la carta di riso. ♦ Bunchin: Il fermacarte

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♠ La posizione

Lo Shodō si pratica seduti in Seiza (in ginocchio, seduti sui talloni) o su una sedia, ma talvolta anche in piedi. L’importante è avere libertà nei movimenti. ♠ L'impugnatura del pennello

Il pennello va usato quasi sempre in posizione verticale, badando costantemente al controllo della posizione della sua punta, soprattutto quando si scrive in Kaisho.

Il pennello non deve essere stretto in modo rigido, ma deve essere tenuto con fermezza per permettere all'intero corpo, tramite i movimenti del braccio, di trasmettergli la propria forza. La mano libera va invece appoggiata sulla carta per bloccare la posizione del piano su cui si scrive ed aiutare a regolare la pressione del pennello.

♠ I tratti: le “entrate” e le “uscite”. L’Eiji-happō Un singolo segno, o tratto, eseguito dal pennello è composto da tre momenti:

• un'entrata (ingresso) costituita dal momento in cui il pennello è abbassato ed entra in contatto con la carta; è l'operazione che determina il tipo di tratto; • uno sviluppo costituito dallo spostamento del pennello verso la direzione d'arrivo; con esso vengono definiti lo spessore del tratto, la sua regolarità e la velocità; • un'uscita consistente nello staccare il pennello dalla carta, che determina il profilo dell'estremità finale del tratto.

L’ideogramma “Ei” ( 永 ), che significa “eternità”, è un kanji chiave per imparare a scrivere con il pennello. Esso è composto da otto tratti che, praticati separatamente e costantemente, costituiscono un ottimo metodo per imparare ad usare il pennello in modo corretto. “Ei” raggruppa in se stesso tutta la base dell’esercizio dello Shodō, chiamata quindi “Eiji-happō” (永字八法), che significa letteralmente “eternità” – le otto regole”.

A cura di Chiyo Kisaragi http://kisaragichiyo.deviantart.com/