L'IMPERIALISMO GIAPPONESE

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 Bolzano, 25 settembre 2011 Barbara Martinello e Caterina Albarella Liceo Classico G. Carducci – IIIA GLI IMPERI DELL'ESTREMO ORIENTE: CINA E GIAPPONE TRA OTTOCENTO E NOVECENTO Cina: la guerra dell'oppio e la rivolta dei Boxers Dalla metà dell'Ottocento le grandi compagnie commerciali occidentali si spinsero verso i porti della Cina  provocando la fine dell'isolamento nel quale l'impero era fino ad allora rimasto. Il grande imper o versava ormai da tempo in una grave crisi politica ed economica, dovuta soprattutto alla cattiva amministrazione del Pa ese e alla continua crescita della popolazione. L'Inghilterra tentò più volte di avere rapporti commerciali con la Cina, senza  però riuscirvi. LA PRIMA E LA SECONDA GUERRA DELL'OPPIO - Nel 1840 scoppiò la prima guerra con la Gran Bretagna, in seguito alla distruzione di rilevanti quantità di oppio che gli Inglesi importavano clandestinamente dall'India a Canton. Se anche non fosse sorta questa ragione, la guerra era inevitabile, poiché la Cina non voleva riconoscere il principio della sovranità delle nazioni europee, l'eguaglianza diplomatica e la libertà di commercio. Dopo tre anni di guerra, la Cina chiede la pace e stipulò il trattato di Nanchino, col quale di aprivano al commercio cinque porti e Hong Kong veniva ceduta alla Gran Bretagna. Seguì una seconda guerra dell'oppio tra il 1856 e il 1860 che vide la Cina soccombere davanti alla superiorità militare ed economica della potenza britannica. LA RIVOLTA DEI BOXERS - Inoltre, alla fine dell'Ottocento, una società fanatica antie uropea, che gli euro pei chiamarono i Boxers , si propose di scacciare gli stranieri e di uccidere i cinesi cristiani, considerati come traditori vendutisi agli stranieri. A vvenne un massacro di cristiani, che si risolse solo grazie all'intervento delle potenze alleate (Gran Bretagna, Francia, Prussia, Austria, Italia, Stati Uniti d'America e Giappone); dopo la soppressione delle rivolte, il ministero cinese fu riformato, stabilendo che i ministri europei alla corte dell'impero fossero trattati allo stesso modo dei ministri cinesi.

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Una ricerca dettagliata sull'imperialismo giapponese, con un breve excursus sulla Cina della fine dell' '800.Ci sono due mappe concettuali riassuntive.

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Bolzano, 25 settembre 2011

Barbara Martinello e Caterina Albarella

Liceo Classico G. Carducci – IIIA

GLI IMPERI DELL'ESTREMO ORIENTE:

CINA E GIAPPONE TRA OTTOCENTO E NOVECENTO

Cina: la guerra dell'oppio e la rivolta dei Boxers

Dalla metà dell'Ottocento le grandi compagnie commerciali occidentali si spinsero verso i porti della Cina

 provocando la fine dell'isolamento nel quale l'impero era fino ad allora rimasto. Il grande impero versava ormai da

tempo in una grave crisi politica ed economica, dovuta soprattutto alla cattiva amministrazione del Paese e alla

continua crescita della popolazione. L'Inghilterra tentò più volte di avere rapporti commerciali con la Cina, senza

 però riuscirvi.

LA PRIMA E LA SECONDA GUERRA DELL'OPPIO - Nel 1840 scoppiò la prima guerra con la Gran

Bretagna, in seguito alla distruzione di rilevanti quantità di oppio che gli Inglesi importavano clandestinamente

dall'India a Canton. Se anche non fosse sorta questa ragione, la guerra era inevitabile, poiché la Cina non voleva

riconoscere il principio della sovranità delle nazioni europee, l'eguaglianza diplomatica e la libertà di commercio.

Dopo tre anni di guerra, la Cina chiede la pace e stipulò il trattato di Nanchino, col quale di aprivano al commerciocinque porti e Hong Kong veniva ceduta alla Gran Bretagna. Seguì una seconda guerra dell'oppio tra il 1856 e il

1860 che vide la Cina soccombere davanti alla superiorità militare ed economica della potenza britannica.

LA RIVOLTA DEI BOXERS  - Inoltre, alla fine dell'Ottocento, una società fanatica antieuropea, che gli europei

chiamarono i Boxers, si propose di scacciare gli stranieri e di uccidere i cinesi cristiani, considerati come traditori

vendutisi agli stranieri. Avvenne un massacro di cristiani, che si risolse solo grazie all'intervento delle potenze

alleate (Gran Bretagna, Francia, Prussia, Austria, Italia, Stati Uniti d'America e Giappone); dopo la soppressione

delle rivolte, il ministero cinese fu riformato, stabilendo che i ministri europei alla corte dell'impero fossero trattati

allo stesso modo dei ministri cinesi.

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Giappone: dal feudalesimo all'imperialismo

Tra Ottocento e Novecento il Giappone fu l'unico Paese non legato alla civiltà europea ad avviare una

rivoluzione industriale. Dopo un secolo e un quarto d'isolamento dal resto del mondo e di ristagno totale, sia a

livello di popolazione, sia di produttività, il Giappone fu capace di portarsi da una situazione semi-feudale alle

soglie dello sviluppo imperialista.

LA POLITICA DELLA “PORTA APERTA” - Alla metà del secolo XIX si rafforzarono le pressioni occidentali

 per la riapertura del Giappone ai commerci internazionali, soprattutto dopo l'apertura forzata della Cina in seguito

alla guerra dell'oppio. Nel 1853 il commodoro M. Calbraith Perry riuscì a consegnare allo shogun un messaggio del

 presidente Fillmore, in cui veniva chiesto al governo imperiale l'apertura del Paese. Così, il 31 marzo 1854, venne

siglato un trattato tra Stati Uniti e Giappone che prevedeva la possibilità di commerciare. Alcune clausole del

trattato, però, limitavano la sovranità del Giappone. Così, attraverso la cosiddetta politica della “porta aperta”,

veniva avviato il processo d'inserimento del Giappone nel mercato internazionale.

LA RESTAURAZIONE MEIJI  - Firmando i trattati si accusava lo shogun Tokugawa di essersi arrogato un

diritto spettante al sovrano, del quale egli era solo il braccio esecutivo: i trattati dovevano considerarsi dunque

illegali. Così si formarono subito due partiti: quello dei fautori dell'imperatore, favorevole all'espulsione degli

stranieri, e quello dei fedeli a Tokugawa, favorevoli all'apertura del Paese. La forte tensione sociale sfociò in unaguerra civile, chiamata Boshin, al termine della quale, nel 1868, i fedeli a Tokugawa furono sconfitti.

Iniziava così l'impero Meiji, termine che significa “governo illuminato”, con cui iniziò una politica di

modernizzazione del Paese, detta “restaurazione Meiji”.

Fino alla restaurazione Meiji del 1868, circa un quinto del Giappone era di proprietà della famiglia e dei

vassalli diretti dei dittatori militari che reggevano il Paese, gli shogun Tokugawa, mentre il resto della terra, come

nell'Europa medievale, era in mano alla classe dei signori feudali, i daimyo. I vassalli di questi, i samurai, avevano

avuto un tempo la terra in cambio di servigi militari.

Così l'imperatore Meiji, per trasformare la struttura economico-sociale giapponese, attuò un ampio piano di

riforme:

• i possedimenti dell'ex shogun divennero province;

• si pose fine ai privilegi della classe samuraica;

• si riformò l'esercito, non basandolo più sull'origine nobiliare;

• s'introdusse un sistema di tassazione occidentale;

• si creò un sistema scolastico nazionale.

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L'industrializzazione fu dunque un processo di trasformazione imposto dall'alto, ma comunque attento ad

evitare che le tradizioni, l'identità nazionale e la cultura giapponesi venissero meno nell'impatto con strutture ad

esse estranee, da cui pure mutarono alcuni elementi.

Una volta avviata l'industrializzazione del Paese, il governo:

•  pose in vendita ai privati, quali ex-daimyo ed ex-samurai, le imprese statali, salvo quelle strategico militari;

• favorì lo sviluppo del settore minerario e tessile;

• finanziò le industrie tecnologicamente più aggiornate.

Queste furono le premesse per la costruzione in Giappone di grandi concentrazioni finanziario-industriali-

commerciali a carattere familiare (gli zaibutsu) e determinarono lo sviluppo precoce del capitale monopolistico.

Dopo tali riforme, nel 1882 venne stesa una costituzione su modello occidentale, che entrò in vigore a partire

dal 1889.

Tuttavia, queste riforme incontrarono resistenze sia da parte dei contadini, costretti a pagare più tasse, sia da

 parte della classe samuraica, che perdeva i propri privilegi. Ma l'oligarchia Meiji riuscì a creare un'ampia area di

consenso tra la popolazione propagandando la necessità di rafforzare il Paese in chiave antioccidentale, come

sottolineava lo slogan “Paese ricco, esercito forte”.

 Andamento demografico e sociale tra il 1872 e il 1915

LA POLITICA ESTERA - Condotta a termine la modernizzazione dello Stato e data la spinta decisiva allo

sviluppo economico, il Giappone rivolse la propria attenzione all'esterno, in particolare alla Corea.

• La guerra contro la Cina - Già nel 1884-85, Cina e Giappone intervennero insieme contro la Corea. Al

termine dell'operazione, si firmò un trattato cino-giapponese, che riconosceva ai due Paesi vicendevoli interessi

sulla penisola e prevedeva, in caso d'intervento armato, il preventivo avvertimento.

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Tuttavia, dopo che, nel 1893, scoppiò una rivolta in Corea, il suo governo chiese l'aiuto della Cina, che intervenne e

definì la Corea un suo “Stato vassallo”. Questa frase poneva in discussione gli interessi giapponesi sulla Corea.

Così il Giappone dichiarò guerra alla Cina, che nel 1895 fu costretta a chiedere la pace con il trattato di

Shimonoseki. In seguito ad esso, cedette al Giappone l'isola di Formosa (Taiwan) e rinunciava a qualsiasi influenza

in Corea.

• La guerra contro la Russia - La Russia, intanto, nonostante che nel 1902 Gran Bretagna e Giappone

avessero sottoscritto un trattato di alleanza finalizzato al contenimento di una sua eventuale espansione in Asia,

 provvedeva con una costante operazione di penetrazione in Corea, venendo a costituire un minaccia per l'impero

giapponese. La Russia, infatti, aveva fatto in modo di industrializzare e modernizzare la Siberia orientale, zona

molto vicina alla Corea, costruendo anche la celebre “Transiberiana”, che faceva come ultima tappa Vladivostok,

una città che s'affaccia sul mar del Giappone. Nel 1905 lo Zar dichiarò guerra, ma venne duramente sconfitto, e la

guerra si concluse con un trattato di pace.

La vittoria sulla Cina e sulla Russia permise ai giapponesi di estendere indisturbati la propria influenza in

Corea, che dapprima, nel 1905, divenne protettorato giapponese, ma che a partire dal 1910 fu annessa all'impero.

LA FINE DELL'IMPERO MEIJI - Nel 1912 morì l'imperatore Meiji, che in poco più di quarant'anni di regno

trasformò un Paese economicamente e tecnicamente arretrato in una delle maggiori potenze mondiali.

 Fotografia dell'imperatore Meiji

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MAPPE CONCETTUALI RIASSUNTIVE:

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TERMINOLOGIA

• Shogun : era, fino al 1868, un grado militare e un titolo storico. Il grado è equivalente a quello di

generale, cioè l'ufficiale di più alto grado nell'esercito; il titolo divenne ben presto ereditario.

• Samurai : era un militare del Giappone feudale, appartenente ad una delle due caste aristocratiche

giapponesi, quella dei guerrieri. Era generalmente al sevizio del daimyo.

• Daimyo : era la carica feudale più importante, corrisponde al feudatario.

FONTI:

• Enciclopedia UTET

• Enciclopedia Treccani

• Leggere la storia – Ed. Einaudi Scuola

• it.wikipedia.org (per la terminologia)

•  Nascita del Giappone moderno – E. H. Norman – Ed. Einaudi

• Seta – Alessandro Baricco