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Ottobre - novembre 2011

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Arti Marziali

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Ottobre - novembre 2011

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Stai bene ? Ti incazzi quasi mai ? Raramente ti senti stanco e

stressato ? Trascorri delle belle giornate ? Hai delle

interessanti relazioni sociali ? Godi di buona salute ? Sei

contento ? Sei felice ? Prendi delle decisioni bello convinto ?

Sei tu che decidi della tua vita ? Sai affrontare crisi, litigi e

conflitti con forza e serenità ?

Tutto OK, tutto al meglio ?

Allora noi non ti serviamo.

Z.N.K.R.

Scuola di Arti Marziali Orientali

e Formazione Guerriera

Milano.

Corsi collettivi. Incontri individuali. Seminari del Sabato.

Tiziano Santambrogio

Esperto di Arti Asiatiche del confliggere e del buon vivere;

counselor Gestalt; socio AISCON (Associazione Italo Svizzera di Counseling)

La Scuola:

http://www.znkr.it/

http://www.facebook.com/group.php?gid=116344158401343&v=wall

Tiziano:

http://www.tizianosantambrogio.it/

http://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/

tel. 339.41 5.13.69;

mail: [email protected]

Chi incontra il demone muore.

Chi non muore diventa schiavo.

Chi non diventa schiavo, diffonderà il demone.

(Kai Zen)

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Z.N.K.R. A.I.C.S.—C.O.N.I.

Scuola di Arti Marziali Orientali e Formazione Guerriera

Raduno di

KENPO

Sabato 10 Dicembre Cesano Boscone (Mi)

Palestra scolastica “La Monaca” Via Vespucci

ore 16.00 – 19.00

L’Arte del combattimento – bujutsu L’Arte del vivere in energia e salute – kiko Conduce: Tiziano Santambrogio esperto di Arti Asiatiche del confliggere e del buon vivere; counselor Gestalt

Contatti: M° M. Todeschini cell. 3358025467 www.znkr.it

Conoscenza di sé – Salute - Sicurezza

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“Il Taiji è il corpo del sistema Yin-Yang. L’abbracciarsi reciproco di Yin e Yang nel Taiji è ciò che dà nascita a tutte le cose. Secondo la teoria del Taiji, ogni cosa ha un suo Taiji; anche il corpo umano viene pertanto consi-derato come un Taiji: l’unione di Yin e Yang in un unico sistema. Tutta la teoria della medicina tradizionale cine-se, centrata sul sistema Yin Yang e cinque fasi (legno fuoco terra metallo acqua), deriva dalla scienza dei muta-menti la cui origine, chiave di volta e meccanismo principale è il Taiji”. (Professoressa Hu Lijuan) Le cinque fasi, i cinque elementi o Hsing ( secondo il termine cinese utilizzato dal M° Jou Tsung Hwa, più utile a capire il loro essere processi in divenire), ovvero Terra, Aria, Acqua, Fuoco, Metallo (1), cosa dicono a noi “visi pallidi” del terzo millennio ? Cosa ci mostrano nel nostro praticare Arti Marziali che si insinua a malapena tra le ore passate in ufficio davanti al computer, quelle in auto per raggiungere casa, lo “scanalare” davanti alla TV tra film di fantascienza, telegiornali e valanghe di pubblicità a Suv, carta igienica, gioco d‟azzardo on line e yogurt dimagranti ? Che nutrimento sono, nell‟Italia del 2011, per noi che ci nutriamo di pasta al forno e tifo calcistico, di caffè espresso e andamento della Borsa, di vitello tonnato e facebook ? Insomma, che .. c‟azzeccano ? Letto così ed unito ad una pratica marziale

che si occupi di forme da imparare e ripetere pedissequamente, di esercizi a solo ed in coppia rigidamen-te strutturati e numerati;

che si costruisca su una didattica di insegnamento di un modello da travasare in un contenitore ( l‟allievo) vuoto ed asettico;

nulla proprio nulla. Arena per disquisizioni letterarie e bibliofile del tutto teoretiche, per infantili capricci sul mio stile è più puro ed originale del tuo. Luogo di “seghe mentali” sulla presunta calma e saggezza, sulla salute e longevità, pure sulla pretesa di saper combattere, saper “menare le mani”, tutto questo ottenuto solo perché pratico Tai Chi Chuan o altro, perché “imparo” Tai Chi Chuan o altra Arte Marziale.

E se, invece, provassimo a leggere gli Elementi (Hsing) come modelli ispiratori frutto di caratteristiche degli ele-menti empirici, per noi terra, aria, acqua, fuoco e metallo, che interpretiamo omologhe (2) a caratteristiche del comportamento umano ? Ovvero, in noi che ogni giorno facciamo esperienza di essere corpo, la cui esistenza “è una esistenza „incarnata‟ ( calzante espressione coniata da J.J. Kepner, terapeuta di formazione gestaltica), in cui ogni movi-mento è una funzione di qualsiasi interazione con l‟ambiente ( interno a noi: emozioni, stati d‟animo, ed esterno a noi: gli altri, il luogo, ecc.); noi che consideriamo noicorpo come “trasduttore di segni” (P. Magli: “Corpo e lin-guaggio), che ci facciamo, in pratica, di questi Elementi ? Allora, solo per brevi accenni, che praticare è meglio, molto meglio, e fa davvero comprendere ed utilizzare, ec-co:

Terra. Colui che ha “piedi per terra”, che scarica la gravità verso terra. Ma sa anche ricaricarsi dalla terra o solo vi si appoggia ? Ovvero, quanto prende forza dalla terra per agire ? Quanto, in un lavoro “neijia”, interno, si av-vale di princìpi scelti consapevolmente per affacciarsi al vivere e quanto sono invece princìpi, valori, subiti pas-sivamente, introiettati inconsapevolmente ? Quanto è in relazione sana con la parte femminile / materna, condi-zione per prendere slancio verso l‟avventura “maschile” di esplorazione ? Colui che ha mani scarse nella “motricità fine” meglio adattandosi alla motricità “grossolana”: afferrare, stringere, ed ha mandibola serrata e diaframma compresso verso il basso. Costui, come prende dalla terra il suo essere anche materia in condensa-zione, concentrazione, compressione ; terra che è malleabile e curvilinea nelle colline e dura nella pietra ? Co-stui, come muta e si adatta nel corso della relazione conflittuale ?

Aria. Colui che tende ad ascendere, andatura sugli avampiedi, diaframma in sospensione, respiro orientato più all‟espirazione, movimenti anche sinuosi, eleganti. Quanta concretezza sa dare a tutto ciò ? Quanto sa immer-gersi nello sforzo per focalizzare l‟azione su un obiettivo ? Quanto sa, dell‟aria, dare anche un peso, il “peso at-mosferico” ? “Mani che spingono “ (souei shou) belle e leggere o giochi di presenza e prestanza, di relazione anche conflittuale ?

Tameshigiri Domande, provocazioni ed incontri

lungo la Via del guerriero

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Acqua. Colui il cui flusso d’energia è si continuo ma tende a muoversi dall’alto verso il basso. Individuo ipotoni-co, manualità delicata, andatura dondolante con appoggio prevalente sul bordo esterno del piede, docilmente ostinato. Saprà “pastrugnare” con il corpo dell‟altro o si limiterà a lanciare pugni e calci come fossero freccette sul bersaglio ? Saprà, dell‟elemento acqua, riconoscere anche gli aspetti tempestosi, distruttivi, avvolgenti per frantumare come per abbracciare ? Fuoco. Colui che è ipercinetico, sussultorio. Diaframma in compulsione continua, gambe e bacino attivi grazie alla spinta dei piedi. Energia verticale ( il fuoco, materia antigravitazionale per eccellenza, che la fiamma tende all‟alto) discontinua. Saprà aspettare l‟attacco altrui per aderirvi e volgere quell‟intenzione esplicita a proprio vantaggio o “brucerà” tutto in un attimo ? Saprà esplorare, di ogni suo gesto, le opportunità varie e mutevoli nel-le relazioni ? Saprà, del fuoco, cogliere gli aspetti di immediata variazione di ritmo e direzione per destabilizzare la relazione con l‟avversario ? Una teoria degli elementi che nasca dal praticare. Una teoria che sia solo una mappa il cui territorio, i praticanti, sfuggono a regole e classificazioni. Una teoria che sia continuo mutamento, metamorfosi ad andamento curvili-neo, fatto com‟è di crescita – apice – declino quanto mutevole, trasformantesi, curvilineo e spiraloide è il nostro praticare in pedana. Questo affinché il praticante, ogni praticante, in pedana e nella vita di tutti i giorni, attraver-so un fare marziale che mostri di lui l‟Elemento dominante e la necessaria interazione con gli altri Elementi, si formi alla consapevolezza del suo trasformarsi e del suo adattarsi al trasformarsi dell‟ambiente, guerriero che sappia so – stare nelle trasformazioni, nei conflitti. Per questo non pratichiamo una forma di Tai Chi Chuan, ma una trans-forma (3). Per questo sorrido quando il nuovo venuto o il gran Maestro di turno mi chiedono “Voi, che stile fate ?” OSS!! Tiziano (1) “Simbolo dell’universo e del suo equilibrio in quanto quaternario, la tartaruga conferma l’anteriorità dei quat-tro elementi primordiali sui quali vennero ad innestarsi i cinque elementi destinati all’effettualità ( la manifesta-zione)” (H. Normand: “I Maestri del Tao”). Nella nostra Scuola, Terra, Aria, Acqua, Fuoco, a cui aggiungere il Metallo, come espressione del fare / manipolare del praticante.

(2) Fu probabilmente Ferruccio Rossi Landi, filosofo e semiologo di levatura internazionale, il primo a conside-rare “omologia” un rapporto di somiglianza di stampo genetico e strutturale fra soggetti apparentemente sepa-rati. Stefania Guerra Lisi approfondisce e scrive “Rilevare una somiglianza immediata e superficiale di forme tra entità diverse è constatare un’analogia; spiegare che questa somiglianza di forme è generata da una stessa funzione, è istituire un’omologia”.

(3) Trans: “Prefisso che indica attraversamento, mutamento, passaggio da un luogo a un altro o da una con-dizione a un'altra” ( da corriere.it / dizionario on line)

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Kenshindo Residenziale ad Acquasanta (AP) – Ottobre 2011

Schermare, deviare, attaccare, rubare il tempo dell’azione. Gekken.

Estrarre e tagliare prevenendo l‘attacco avversario; muoversi rapidi nello spazio, corpo che si

avvolge e lama che fende l’aria: a solo, in coppia. Iaido e Iaijutsu.

Affondare rapidamente, lampo accecante, la lama nelle stuoie, il bambù tagliato di netto, le stuoie

tagliate di netto. Tameshigiri.

Per chi ha voluto condividere l’esperienza del “Residenziale Kenshindo”, ottimamente organizzato

dal M° Valerio nel silenzio accogliente dei locali che fiancheggiano il monastero ad Acquasanta, tra

le colline marchigiane. Un silenzio totale, che ci induceva a parlare sottovoce. Un silenzio che ci

avvolgeva mentre praticavamo sul terreno erboso o nella sala dell’albergo. Un silenzio in cui

lasciar danzare, tra pene e sofferenze interiori, il guerriero che c’è in ognuno di noi e le sue paure.

In cui ascoltare il linguaggio muto dell’acciaio.

Per saperne di più. Per condividere e riflettere:

http://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/

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Z.N.K.R. A.I.C.S. – C.O.NI.

Scuola di Arti Marziali Orientali e Formazione Guerriera

Z.N.K.R. v. Simone D’Orsenigo 3

http://www.znkr.it/ - http://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/ - http://www.tizianosantambrogio.it/

Contatti: 3394151369; [email protected]

Corsi, seminari ed incontri

individuali

Conduce Tiziano Santambrogio

esperto di Arti Asiatiche del confliggere e del buon vivere; counselor Gestalt TomoeGozen by Juhime

La Via dello spirito della spada

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Tai Chi Chuan

Festa di via Cadore. Domenica 16 Ottobre … lo Z.N.K.R. c’è

6.20 del mattino, buio. Mi sveglio con un sorriso caldo a fianco e sono felice, in questa nuova casa in cui sono entrato ieri, 15 ottobre 2011. Un altro piccolo passo, importante nel mio divenire. E mentre la “scighera” tarda a lasciare i campi già brinati cavalchiamo un treno, nell’underground verso la city. L’aria frizza ancora, e le bancarella tardano a montare. Festa del rione di via Cadore, ci aspetta una gran bella giornata, pian piano ci ritroviamo tutti in dojo, energie

in movimento dove la scuola Z.N.K.R. fa annusare ancora un po’ di sé, un gruppo unito, di persone che vanno e che vengono, di chi suda e lotta sorridendo. E siamo lì, temerari e pronti a stare nel conflitto di una lezione aperta a chiunque voglia farne parte. Trasloco di massa per poter attuare al meglio dando risalto alla nostra Scuola d’Arti Marziali. Un gran bel gruppo oggi, ognuno impiegando le energie che riteneva possibili, da Francesca attiva come fotografa,ad Angelica, ormai regista “professional”, al giovane Jean Paul, volantinatore accanito e le mamme coi cuccioli del corso” Kenpo bimbi”. Lupo e Marte a prendersi a calci e spiegargli che tibia contro tibia

non è il modo migliore per crescere assieme nella lotta. Ci siamo presi il tempo per crescere e per aiutare altri a farlo in un contesto di festa di una lezione aperta di Tai Chi Chuan. Del nostro Tai Chi Chuan. Giuseppe intento a tenere a bada il “superman” di turno che dice di atterrare cinture nere con lo sguardo e Roberto e Luigi,che anche se da poco con noi, hanno voluto esserci e sonore mazzate a piene risa con Celso. Tina, Donatella e pure Gianluca che non si vede da un po’, ognuno a portare a suo modo il proprio contributo. Tutti sotto la sapiente guida di Tiziano Sensei. Tante emozioni, mai le stesse poiché ogni volta il contesto e le persone cambiano; quattro chiacchere col venditore di padelle, che ce le fa provare per valutarne il peso e finiamo per parlare di cibo, donne e buon vino; l’ambulante indiano che si lamenta del suo non vendere ( che avrà poi un perché?) dando la colpa alla nostra vicinanza alla sua bancarella; chi mi colpisce nell’ignoranza, dicendo di venire dalla “tana dei dragoni”

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Tai Chi Chuan

(vi giuro, ho pensato mi volesse prendere per il sedere)… tutto sotto un Sole caldo e autunnale. Tutti operativi per dare il meglio di sé a una domenica mattina di Ottobre. Grazie. Oss!! Giovanni Laurito Ore 6.30, suona la sveglia, vengo svegliata con una dolce carezza, mi giro e c’è lui, Giovanni ed io sorrido innamorata! Con voce dolce mi dice di prepararci che è ora di andare in dojo e organizzare la giornata libera di Tai Chi tenuta da Tiziano, in occasione della festa di quartiere. Nonostante la febbre di Gio, ho visto nei suoi occhi una voglia incondizionata di andare, di partecipare assieme al gruppo e iniziare i preparativi per questo

incontro! Noi l’avremmo fatto? Arrivo e vengo accolta da tutti con grande calore nonostante una giornata decisamente fredda….freddissima. La cosa che mi ha colpito, la loro unione, tutti indaffarati per realizzare nel miglior modo possibile la giornata. Anch’io, un po’ vergognosa, mi sono attivata distribuendo volantini in giro! Ore 11.30, inizia la lezione, io, insieme ad Angelica, preferisco scattare foto. Tutti pronti.

Arriva lui, Tiziano, vestito di bianco, l’osservo, mi incute un po’ di timore. Per questo non ho praticato, non

sono ancora così brava e mi vergognavo un pò! Mentre scattavo fotografie osservavo i movimenti del maestro così leggeri, sinuosi e mi chiedevo: “ci riuscirò mai?” Mah! Una giornata fantastica, sono stata veramente bene, mi sono sentita viva, anche grazie al mio dolce guerriero! Grazie a tutti. Oss!! Francesca Leonzi

Ulteriori riflessioni ed un breve video dell’iniziativa, sul mio blog: http://tiziano-

cinquepassineldestino.blogspot.com/

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Tai Chi Chuan

… e ci siamo anche Domenica 30 Ottobre, alla

“Festa di corso Lodi” Io assente ( sono ospite del M° Valerio, a condurre un

Seminario di Wing Chun Boxing, presso il DAO di

San Benedetto d. Tronto), tocca all’Insegnante Celso Maffi ed al M° Giuseppe Lombardo il “piacere” di guidare lo Z.N.K.R.:

banchetto espositivo, volantinaggio e lezione aperta di Tai

Chi Chuan.

Tutto procede al … freddo ma pure al meglio. La mattinata si conclude ( e ti pareva ?) con una mangiata: a casa mia, dove Monica “cuciniera” e Lupo attendono il gruppo di praticanti ed accompagnatori per un gran pranzo. Che l’amicizia continui !!

Sabato 22 Ottobre, il piccolo ed accogliente “Terreno di Danza” ospita un mio Seminario Tai Chi Chuan. Grazie alla sensibilità ed all’intraprendenza di Roberta, mia docente di “Danza Sensibile” e conduttrice di questo minuscolo e splendido ritrovo per artisti della danza e del movimento, ho una opportunità preziosa. E non me la lascio sfuggire.

Accompagnato da Angelica, che oggi tocca a lei “sperimentarsi” in veste di assistente, conduco i partecipanti nel mondo TCC, tra respiri ed esplorazioni del proprio stare in piedi; giochi di contatto e di radicamento; giochi di evasione e cedevolezza.

Chi ha già praticato TCC con altri docenti resta allibito. Chi non ne aveva conoscenza diretta, si mostra piacevolmente sorpreso. Tant’è che, presto, organizzeremo una ciclo di incontri dedicati al Tai Chi Chuan.

E questo piccolo luogo, così caldo nelle sensazioni, sarà un ottimo luogo perché ognuno lasci danzare il suo personale e travolgente Tai Chi Chuan.

OSS!!

Tiziano

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Tai Chi Chuan

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Progetto “Sapere del Profondo

Percorso di Neijia Kung Fu

Percorso di consapevolezza, crescita e potenza, attraverso le pratiche taoiste di Tai Chi Chuan e Chi Kung e le

esperienze fisicoemotive della pratica corporea contemporanea

Il movimento è presente in ogni momento della tua vita. Il movimento non è un fatto strettamente fisico, esso è anche manifestarsi di emozioni che cambia di significato con i continui cambiamenti della sua espressione.

Il movimento è ispirato dall’affermarsi e dal nascondersi di suoni e silenzi interiori.

Gli animali che incontriamo nel Tai Chi Chuan e nel Chi Kung ci mostrano le parti più segrete e nascoste del nostro saper / non saper stare nel mondo, nelle relazioni.

I seminari sono incontri in cui dilatare, contattando l’anima – le, l’intensità del presente, cogliere i propri stati di coscienza espansa, stare nel confliggere come luogo di risveglio e crescita del sé.

Sabato Novembre 12

Gennaio 14

Aprile 14

Contatti: mail: [email protected]; cell. 3394151369

“Ogni fase del movimento, ogni minimo trasferimento

del peso, ogni singolo gesto di qualsiasi parte del

corpo rivela un aspetto della nostra vita interiore”

(R. Laban)

“La comparsa del santo porta con sé quella del

bandito. Abbattete i santi e liberate i banditi, tutto il

mondo ritroverà l’ordine”

(Tchouan tseu)

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Seminario Wing Chun Boxing

Presso DAO, San Benedetto d. Tronto 29 e 30 Ottobre

Mi pare fosse Gaston Bachelard ad auspicare che Narciso passasse da “mi amo così come sono” a “sono così che mi amo”.

In questa piccola frase è racchiuso molto del “Seminario Wing Chun Boxing”.

Con l’apertura delle anche: triangolo inguinale accogliente, aperto.

Con la postura aperta, che chiunque è capace, spontaneamente, di chiudersi in difesa sotto l’improvvisa minaccia di un assalto, ma solo un artista del combattere sa stare aperto, sa sostare ( so – stare, oh, oh, che bel gioco di parole !!) nel clima bollente, devastante, di uno scontro. Condizione, questa, indispensabile per non subire, per non reagire quanto piuttosto per agire: prendere l’iniziativa e ribaltare la situazione.

Con la semplicità di un muoversi che già sappiamo fare; già tutti, di fatto, “maestri di Wing Chun”, ma di cui ci manca l’essere consapevoli.

Al saluto finale, il M° Valerio, come sempre ottimo “padrone di casa”, dice così: “Oggi non abbiamo fatto Wing Chun. Queste cose non le trovate sui siti, su youtube. Oggi abbiamo fatto fantascienza”. A tavola, cucina prelibata, notevole, di papà Cicchi (cuoco di punta della regione Marche con eccellenti apparizioni televisive), Eleonora spende parole vive, emozionate ed emozionanti per chi l’ascolta, a descrivere il Seminario e quanto questo la tocchi nella vita quotidiana, nelle relazioni di tutti i giorni.

Questo, tutto questo, è il nostro Wing Chun Boxing. Semplicemente stupendo. Semplicemente …

Wing Chun.

OSS !! Tiziano

http://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/ per altre foto ed un breve video

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Febbraio 1976 – tutt’oggi Nel mio percorso marziale, io danzo.

Io corpo a terra, prendo contatto con le origini, le radici. Premo, struscio, vibro. Ripercorro l’essere antico, primordiale, che fui, stella marina ?, e mi evolvo, dalle acque alla terra ferma. Fino alla stazione eretta. E torno a rotolare, danza dei pianeti, in una spirale senza fine. E’ la Danza Sensibile, creazione del coreografo e danzatore Claude Coldy in collaborazione con gli osteopati L.Dupuy e M.Guyone, che danzo sotto la guida dello stesso Coldy e di Roberta Claren. Ma, in alcune occasioni, ho danzato e danzo Expression Primitive e Danza dell’Anima e Movimento Spontaneo.

o Combattere, confliggere d’istinto (no sport, no elenco di tecniche, no

sfoggio di stile: simulare il combattere per uccidere e non essere uccisi) è regredire, è cervello rettile in “cabina di regia”, è animale che sopraffà animale.

Danzare è scoprire la

stratificazione delle memorie:

Filogenetiche – evoluzione psicosensomotoria

Ontogenetiche – stili prenatali, storia psicocorporea della nascita come ri-uscita primaria, che è radice e riferimento delle riuscite da adulto, interpretate come “ri-nascite”.

Danzare è “incarnare ogni sorta di

immagine archetipica, universale, potentemente evocatrice di qualcosa per ciascuno (il guerriero, la principessa, il serpente …), a eseguire attività tradizionali di alto valore simbolico (raccogliere, seminare, tessere, forgiare, stendere ….) o gesti fondamentali (prendere, dare, aprire, chiudere …)” (V. Bellia: Danzare le origini).

Io danzo. E, danzando, mi scopro artista del corpo. Porto questo danzare nel mio essere combattente, nel mio regredire animale, dentro stati di coscienza alterata / espansa. Io combatto. OSS!! Tiziano

Durante la mia ricerca sul metodo delle arti marziali, ho potuto rendermi conto, ma tardivamente, fino a che punto la danza ha avuto un ruolo importante nella formazione, nella

trasmissione e nell’elaborazione tecnica delle arti marziali nel corso della storia. Devo confessare di aver trascurato a lungo questo aspetto. Solo nell’ultimo decennio ho potuto notare questo

aspetto, e quindi aprirmi verso la ricerca della pratica della danza. Ecco un’evocazione: Il teatro Nô, che include una forma di danza, o piuttosto una

base essenziale della danza, divenne una delle attività preferite dei samurai di alto rango e dei maestri d’arte marziale, perché potevano inserirvi la parte essenziale del movimento grazie alla

quale doveva cominciare l’arte del gesto. I maestri delle arti marziali cercavano anche di percepirvi

l’essenza della tecnica.

Confesso che per molto tempo non sono riuscito a capire perché i maestri di una volta consideravano questo percorso così importante, anche se avevo imparato che si trattava di un fatto

storico e culturale. Ecco il mio percorso personale. Nella pratica delle arti marziali, ho cominciato con il karate.

Durante i miei primi vent’anni di pratica, ho conosciuto 7 predecessori dotati di capacità e qualità fuori dal comune.

Tuttavia, visti con distacco, ho constatato che tute queste

persone, senza eccezione, sembravano avre esaurito le loro risorse energetiche verso l’età di 45 anni, che mi sembra corrisponda all’apogeo delle loro capacità fisiche, e in seguito

hanno iniziato a regredire si nel campo della tecnica che a livello della loro salute. La degradazione del loro stato fisico era ancora più evidente perché erano stati tutti brillanti atleti, perfino

eccezionali. Oggi, soltanto 3 di questi settantenni sono ancora in vita, ma con una pessima salute.

Constatando questa situazione e prevedendone le

conseguenze, ho iniziato a riflettere su cosa significa il metodo, perché nell’educazione che ho ricevuto le capacità di un praticante di arti marziali dovrebbero normalmente continuare ad

aumentare con l’età. Grazie a questa intuizione, a partire dagli anni 1980 ho

iniziato a studiare diversi metodi riguardanti l’energia corporea,

cioè i metodi del qigong (kikô in giapponese): l'esercizio del soffio o dell’energia.

Allo stesso tempo, nel corso della mia ricerca sulle arti

marziali cinesi, sono venuto a conoscenza di un documento che mi ha fatto riflettere sulla danza. Ecco un brano del testo di Wang Xhianzhai:

« … In Cina, la danza della boxe, che si chiamava jiànwu (letteralmente: danza della salute o del rinforzo) o wuwu (lett. danza marziale), era molto popolare all’epoca di Sui (581-618) e

di Tang (618-907). Era praticata come un metodo per il benessere e la salute, e nello stesso tempo come un metodo di combattimento. Non era praticata solo dagli adepti delle arti

marziali, ma anche da letterati e sapienti. Dopo quest’epoca, la tradizione della danza si è persa.... Recentemente (all’inzio del 20° secolo) il Maestro Huang Mùqiao, ricercatore nel campo della

arti marziali, ha ricostruito diverse forme di jiànwu sulla base dei suoi numerosi anni di pratica, studiando le pitture murali dei ruderi di Dui Huang e le immagini di danzatori su certe ceramiche

antiche... »

Mi sembra importante ricordare questo testo, perché abbiamo la tendenza a sottovalutare la tradizione. La danza jiànwu o wuwu

è certo tradizinale, ma è stata dimenticata e persa, poi ricostruita. In qualche modo, è una creazione recente, ma questo non impedisce la continuità della tradizione, nella misura in cui potete

realizzare il contenuto essenziale veicolato dai gesti. Durante i miei viaggi di ricerca a Taiwan nel 1989, in Cina nel

1990 e nel 1992, ho assistito ad alcune presentazioni di questo

tipo di danza, di cui conservo un ricordo molto vivo. Ogni persona danzava in modo diverso. Non c’era una forma fissa, ma una ricerca di formazione dei gesti a partire da un preciso principio.

Ho anche studiato il principio del jiànwu grazie a certi documenti che ho potuto completare con quello che ho visto durante i miei viaggi. Ho quindi elaborato la mia danza personale,

associando questo principio a quello del kikô del metodo Yayama e a quelli delle arti marziali. All’inzio degli anni 2000, ho così potuto elaborare una prima

sintesi personale per formare un metodo di danza. Con questa danza miravo soprattutto alla ricerca simultanea della salute, del benessere e dell’efficacia marziale. Ho chiamato questa

forma di danza Jisen, che in giapponese significa « girare intorno a sè ». SI tratta per me di formare un’espressione corporea che permetta di coltivare l’energia affinando nello stesso tempo le tecniche gestuali.

(M° K. Tokitsu)

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La pagina di Renato Il tempo è prezioso: una verità che l’odierna società, avviata verso un consumismo sempre più esasperato, ha ormai tradotto in termini puramente economici. All’estremo di arrivare a trasformarla in una frase ancora più consona al sistema: il tempo è denaro. Siamo alle solite. Per qualificare e quantificare l’importanza di qualsivoglia cosa dobbiamo per forza monetizzarla, attaccarle un cartellino, affibbiarle un prezzo. Come se avessimo perso la capacità di valutare con mezzi più naturali, personali, intimi. Come se “quanto costa” valesse “quanto vale”. Penso allora a come possa suonare scandalosa, eretica, addirittura sovversiva, l’idea di regalare il proprio tempo, di concedere e concederci momenti assolutamente gratuiti, elusi da ogni logica

commerciale. Quanta frustrazione e quali sensi di colpa mi sono derivati da questo modo di pensare. Ma poi è arrivato il momento che ho detto basta. Forse perché sono cresciuto, forse perché mi andava di provare altro, ma soprattutto perché mi sono accorto che monetizzare il tempo non mi arricchiva. Tutt’altro! Mi relegava invece in una condizione di debito inestinguibile, di continuo affanno, all’inseguimento di quell’attimo di cui ero sempre manchevole. Ho cominciato allora a rallentare e ad avvalermi dell’opportunità di osservazione e di ascolto che la lentezza mi offriva, a godermi il viaggio. Quanta ricchezza nelle pause, nell’ozio perfino, nelle giornate di lavoro mancate perché dedicate a una donna, a un capriccio, a un amico. Giusto ieri, mentre verniciavo le pedane-doccia da portare in dojo, sono stato assalito da un dubbio non proprio amletico: comprare o fare da me i “piedini” delle suddette? Il loro costo era esiguo, mentre preventivavo parecchio tempo per costruirli. Così la tentazione di acquistarli è stata forte ma, alla fine, come mi accade ormai sempre più spesso, ho scelto di cimentarmi, di fare. Sono stato felice di dedicare quel tempo a me stesso e agli amici di dojo. Ho finalmente intuito che è la possibilità di donarlo che fa il mio tempo prezioso. Adottando e sviluppando questa intuizione mi accorgo che il tempo smette di essere un’entità misurabile per trasformarsi in una dimensione esistenziale, per divenire una cosa sola con la vita. “Vi garantiamo stabilità e certezze!” ha appena dichiarato il video-demagogo di turno. Io ho immediatamente spento il televisore e acceso il computer. Mi preme di scrivere: “Cosa intende quello per stabilità? Dove trova le certezze?” E siccome siedo di fronte a una finestra che dà sul giardino mi viene da rispondere: “Di sicuro non crescono qua, dove tutto è temporaneo, caduco, soggetto all’alternarsi delle stagioni e alla mia stessa esiguità, quando mi cimento come giardiniere. Ma magari il suo giardino è diverso, forse più riparato, meglio concimato, chissà?” Sarò prevenuto ma sospetto che il tale sia più un venditore che un coltivatore, dotato di scrupoli sufficienti a spacciare merce non sua, di seconda o terza mano, consunta come quella che educatori improvvisati mi hanno propinato da bambino. Risultato: anziché debellare le mie instabilità e insicurezza mi hanno passato anche le loro. Per questo rimango convinto che stabilità e certezze non siano merci che un uomo possa donare a un altro o, se spacciate per tali, subiscono la sorte dei generi di prima necessità recapitati a una popolazione preda di una calamità: si esauriscono in fretta. Ben vengano allora instabilità e insicurezze, perché è da lì che si parte. È gattonando, barcollando e cadendo che abbiamo imparato a correre ed è grazie al dubbio che non ci facciamo sviare da false certezze. L’impegno è cercare e incontrare chi ci aiuti a gestire l’instabilità e a riconoscere l’incertezza. Chi ci mostri che entrambe sono un dono prezioso. La prima perché anticipa equilibri nuovi e diversi, la seconda quando assicura il giusto tempo di riflessione È da quando ho realizzato di non essere immortale che ho smesso di considerarmi l’assoluto custode della verità. Figuriamoci il portavoce. Le cose che dico e scrivo non sottintendono quindi pretesa alcuna, tentano soltanto di esprimere al meglio il mio sentire. È una precisazione che verrebbe facile giudicare scontata, inutile, addirittura banale. Ma nei miei riguardi tale giudizio non vale, dato che ancora oggi a volte stento, eccome, a trattenermi dal cercare di imporre le mie opinioni, o dall’esporle con veemenza, che è lo stesso. “Chi vusa pusè la vaca l’è sua” diceva mio nonno, ed essere parte di una società che esalta chi urla più forte e che non esorta a coltivare la facoltà dell’ascolto certo non mi aiuta. Ma io scelgo comunque di non esimermi dalle mie personali responsabilità, né tantomeno imputarle ad altri. Quello che più mi preme è di esporre con chiarezza le mie opinioni e di farmene carico fino a sostenerle con l’adeguata intensità, almeno finché non ne intervengano di meglio sintoniche. Cerco, a fatica, di affinare la mia capacità di compenetrare il punto di vista dell’altro, di accettarlo, di onorarlo e farlo mio. Un’impresa per me ostica, perché non si limita al rispetto ma punta alla comprensione, al “mettersi nei panni altrui”, anche se già è grande la soddisfazione provata ai miei primi, goffi approcci. Mi sono accorto infatti che il non-ascolto, la non-accettazione, il rifiuto, sovente riguardano atteggiamenti, emozioni e stati d’animo che ancora non mi permetto di riconoscere come miei. Volendo utilizzare

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un’immagine mi viene facile paragonarli a cibi poco appetitosi, ma indispensabili alla crescita, che l’interlocutore di turno non fa altro che ripropormi. Da quando con tanto coraggio, un po’ di volontà e un pizzico di disciplina ho iniziato a nutrirmene, ho ritrovato sapori che già conoscevo, che avevo scartato per partito preso, per pigrizia, per paura, per assuefazione a quelli che, con l’abuso, mi sono invece divenuti usuali. Questo non significa invertire la marcia, o abbracciare a priori la posizione dell’altro a scapito della propria, tutt’altro, per me è significato l’inizio della comunicazione, quella vera. “Quest’anno sembra che l’estate non voglia passare mai” è una frase che da circa un mese spesso ripeto e forse altrettanto spesso sento ripetere. Una considerazione che, pur temporanea, già rischia l’annovero tra i luoghi comuni. Ma vero è che sono le quattro del pomeriggio del dodici ottobre e il termometro, fuori, segna ventotto gradi. Questo il motivo per cui, con Vania, abbiamo deciso di fare una passeggiata lungo l’Adda. Lo raggiungiamo in auto e, appena scesi, l’acqua del fiume mi rimanda il verde ancora maturo degli alberi, anima le ombre, si accende di punti e macchie luminosi. Il sole è gagliardo e colma un cielo vasto, generoso, con le voci, attorno, che suonano allegre, fresche, musicali. Unica nota dell’incombente autunno è la brezza tiepida che trasporta odore di funghi, castagne e verde macerato. Io covo però il sospetto che quest’ultima sensazione, come altre mie, sia soltanto immaginata, frutto di un condizionamento che vorrebbe le stagioni puntuali, affidabili, sempre ben regolate da una data sul calendario. “Spazio all’incoerenza.” mi dico allora, e come per incanto il profumo della brezza si fa estivo. Respiro, e con lo sguardo accompagno due ragazzi che arrivano in bicicletta, entrambi a cavallo di una sola, raggiungono la riva, si spogliano e si tuffano in un solo movimento, fluido, continuo. Riemergono e le loro urla sono schegge di gioia, un richiamo alla vita, per me, che li osservo silenzioso. Vania cammina a pochi metri di distanza, ha il passo e il viso rilassati, ho l’impressione che si sciolga nel paesaggio. Non ci sono parole tra noi, non servono, anzi, delegherebbero alla mente emozioni e sensazioni che qui, ora, meglio si esprimono attraverso la pancia e il cuore. È uno di quei momenti in cui riscopro la meraviglia, il sentimento che mi sorprende quando mi concedo di guardare il mondo con occhi di bambino. Stamattina nel pulire il bagno di casa mi è venuta un’idea: perché non grattare con la punta di un cacciavite quelle macchie di calcare che non sono mai riuscito a togliere, neppure con il prodotto più pubblicizzato? L’ho fatto, e come per magia il lavabo è ritornato al bianco immacolato dei suoi giorni migliori. “Perché non ci ho pensato prima?” mi sono detto. “Perché ci ho pensato adesso.” Mi sono risposto. E la cosa non è finita lì. È diventata invece lo spunto per ricordare quante volte mi è capitato e mi capita di sentirmi in ritardo su me stesso. Un atteggiamento che quando mi fa comodo sono abile nel trasformare in un alibi perfetto. Ci metto poco, mi basta sostituire il “perché non ci ho pensato prima?” con un “avrei dovuto pensarci prima”, condito di una buona dose di senso di colpa, rammarico e rassegnazione. “Ma adesso basta, cerco di non cascarci più.” mi dico con tolleranza, comprensione e un sorriso sincero sulle labbra. Anche perché sono sempre più convinto che se faccio una cosa ora è perché ho scelto di farla ora. Non prima! È così che imparo a stare nel presente. E se proprio non riesco a fare a meno di inciampare nel passato, che non diventi almeno il pozzo da colmare con le cose che penso di non aver fatto. Mi abituo invece a considerarlo la mia dote, il mio tesoro, lo scheletro sul quale ho costruito chi sono oggi, qui, dove mi trovo adesso. Senza rimproveri, rimpianti e mugugni, ma con la voglia di esserci per andare avanti. La lentezza che Tiziano ci esorta a sperimentare nello svolgimento di gesti e movimenti in dojo è un’opportunità che sto piano piano, ma con impegno, trasportando nel quotidiano. Cerco di contare fino a dieci per non reagire e ho rallentato a tal punto la mia andatura che, durante una passeggiata, Vania mi ha detto che ho assunto quella di un messicano, pigro per giunta. Ho persino iniziato a rigirarmi più lentamente nel letto, prima di addormentarmi o quando mi capita di svegliarmi inopinatamente nel pieno della notte. I risultati di questo mio nuovo approccio sono alquanto positivi. Non reagendo mi concedo il tempo e il distacco necessari per osservare la situazione in cui vengo coinvolto, valutarla e agire quindi in maniera adeguata. Camminare lentamente mi fa scoprire più cose, le rende più familiari, intime, mi dispone meglio nei riguardi delle persone che incrocio, mi agevola nel divenire partecipe. Le sere che non riesco ad addormentarmi non mi agito più nel letto imprecando contro un sonno che non arriva, ma cerco con calma la posizione più comoda e accetto la situazione. Se riesco a farlo con la dovuta onestà, nove volte su dieci Morfeo mi sorprende di nuovo. Questo non significa che io mi metta a contare mentre mi bastonano, che non corra se devo prendere il treno, che dopo troppe notti insonni non mi faccia carico dell’esistenza di un problema. Sta però a indicare una nuova disposizione ad aprirmi, a manifestare quelle parti di me che esito a mettere in gioco, mi aiuta a dare il giusto peso alle situazione che mi coinvolgono, per non cadere preda di esagerate ansie e affanni. Penso che la lentezza sia un prezioso alleato nella ricerca dell’equilibrio, della giusta misura, della sospirata via di mezzo quando non è una neutralità di comodo, ma l’adeguato distacco per meglio osservare per meglio agire. E poi mi fa più attento alle sollecitazioni che risvegliano i sensi, tutti. Oss! Renato

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VOCI DAL DAO SAN BENEDETTO DEL TRONTO

Tai Chi Chuan / Sapere del Profondo - Kenshindo - Wing Chun

Un turbinio di emozioni dove l’emozione è fonte di energia che ci sospinge in avanti nella vita,

è una forza motrice che ci proietta attraverso i muri della resistenza e ci catapulta al di là delle barriere

RICORDI DI UN SEMINARIO -MONTEDINOVE 9/10 SETTEMBRE 2011 Il seminario mi ha lasciato tante domande a cui devo rispondere, sarebbe tutto così facile se la nostra vita fosse perfetta ma sarebbe tutto altrettanto piatto, almeno credo... Sono tornata a casa propositiva ... voglio provare a vivere diversamente da come facevo almeno fino a poco tempo fa... anche nel rapporto con la famiglia, con gli amici o i colleghi sto cercando di pormi in maniera diversa e cerco di godere appieno di ogni singola parola, ogni singolo momento... a volte però inspiegabilmente affiora la rabbia, mi mangerei vivo tutto e tutti ma ora sto in ballo e balliamo... di una cosa sono sicura, sono FELICE della persona che sto diventando, non voglio ASSOLUTAMENTE precludermi più nulla. Nella mia cantina ho visto tanti dolori, oltre ai rancori, le parole non dette, i rospi ingoiati... avrei voluto vomitare ancora di più quelle notte, un po’ è prevalso il timore di quello che potevo tirare fuori... poi quando ho capito che dovevo andare oltre, allora sì che sono esplosa... ed è stata bella anche per me la sensazione di leggerezza postuma (anche se mi sentivo in viso "smostrata" tipo “L'urlo” di Munch). E' vero che a volte questa rabbia mi porta assolutamente a reagire anche contro persone che non mi hanno fatto niente e che non si meritano queste mie reazioni... e qui ovviamente la ragione arriva ben prima della pancia... ma perché però devo continuare a reprimere??? Cavoli l'ho fatto per 32 anni e mi si sono sempre mangiati tutti (ovviamente perché l'ho sempre permesso) e sinceramente ora non c'ho più voglia. Forse in molti mi avrebbero voluto vedere così già da tempo magari perché la Vanessa di prima cominciava a non piacere più... poco tempo fa a cena da un'amica abbiamo fatto una lunga chiacchierata e la mattina dopo il suo sms che mi diceva di come fossi una bella persona e di come ammirava il mio “coraggio” di certe mie azioni mi ha fatto cominciare con un piglio diverso la giornata... non perché non creda di esserlo ma a volte fa piacere sentirselo dire... Ecco, voglio ripartire proprio da quei due bellissimi ed intensi giorni trascorsi a Montedinove... il calore e la vicinanza di tante belle persone che mi accompagnano in questo percorso mi hanno aiutata a capire che è ora di spiccare il volo, me lo merito :-) !!! OSS !!! Vanessa

Re-imparare

È quando si dice “allora cosa ci sarà di nuovo da imparare? Cosa ci farà vedere il Tizi?” Questa volta, con grande sorpresa mia e dei miei compagni è stato un re – imparare. Non tanto nello stage di Wing Chun che da apprendere ho ancora tutto, ma quanto nella successiva lezione di armi e nell’uso del katana. In particolar modo mi riferisco ad un movimento ripetuto non so quante volte oramai: l’estrazione. Una vera sorpresa! Dopo l’ascolto del corpo, dopo le prime prove di estrazione alla luce del re – imparare, ho capito subito che la musica era diversa; nel vero senso della parola! Il suono della lama che usciva dal fodero era pulito, fermo, istantaneo, letale. Come la velocità dell’estrazione, senza nessuno sforzo aggiuntivo.

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VOCI DAL DAO SAN BENEDETTO DEL TRONTO

Una vera sorpresa! Quella di avere la possibilità di togliere ancora qualcosa di ciò che non serve in un gesto così apparentemente semplice e istintivo come quello dell’estrazione; l’estrazione che significa vita! La mia vita al prezzo di quella dell’avversario che spesso è una persona nemica e a volte è una persona amica! Un abbraccio a tutti Stefano

Una moltitudine di emozioni e reazioni, alcune inaspettate, alcune prevedibili... buttar giù quello che sono stati per me i seminari residenziali di Tai Chi, di Kenshindo ed anche quello di Wing Chun è un casino!!! Provo ad ascoltarmi e rivivere quei momenti... del Tai Chi mi è rimasta dentro la scoperta di quanto sia impegnativo e dispendioso di energie l'ascolto, l'ascolto dell'altrui necessità, il lasciar il tempo ed i modi di esprimersi... ma quanto sia al tempo stesso prezioso e soddisfacente instaurare un tale rapporto, una tale relazione di profondità... io, tu, noi ed anche io che mi esprimo, con tutte le mie difficoltà, ma che provo soddisfazione nel dire il mio pensiero (che altrimenti sarebbe rimasto solo soletto dentro la mia pancia inascoltato e da me stessa soppresso) e liberare così anche le emozioni e perchè no, la mia tigre... una tigre forte, con i denti ben in vista pronti ad azzannare e dal corpo vivo, pronto a saltare sulla preda. Quando sono tigre mi sento bene, libera di far uscire tutto..(quanto star bene nel percepire poi la mia gola libera, fino ad arrivare dentro la pancia!).E poi l'incontro con un'altra tigre, lì di fronte a me, un momento vivo, profondo e sincero che non dimenticherò mai. Per finire, il quasi angelico momento della domenica mattina... quasi angelico perchè ho percepito una pace dentro ed una serenità che mi sono rimasti addosso: la quiete dopo la tempesta! Completamente sconvolgente il seminario di Kenshindo... non saprei da dove iniziare... è un turbinio di emozioni... un lavoro molto profondo ed intenso... dall'inizio alla fine... emozioni e reazioni suscitate, nate, ed esplose che mi hanno assalito e che io ho lasciato che uscissero fuori: fragilità, rabbia, dolore, malessere, consapevolezza. Il seminario non è stato per me però solo questo, è stato anche la scoperta di un rapporto più intimo con la mia spada di un suo ascolto e di una sua scoperta di un andare oltre; la pratica del Kinorenma è davvero nuda ed essenziale, non ci sono finzioni non ci sono maschere e la mia spada mi vede e mi sente per quello che davvero sono in quel momento, così come io vedo e sento lei nella sua naturalezza... e così è stato. Infine, ancora consapevolezza, molta consapevolezza ed ancora ascolto nel Wing Chun...un gran bello stimolo ad esplorarmi, a lasciarmi andar davvero giù, aprendo. Uno stimolo da scoprire e vivere in ogni disciplina ed in ogni movimento. Grazie al Sensei Tiziano ed al nostro Sensei Valerio per tutte queste grandi opportunità che ogni volta ci offrono, per lo spessore degli insegnamenti che ci trasmettono e per l'impegno e l'amore che ci mettono. Grazie ai miei compagni per esserci stati e per aver vissuto insieme, ancora una volta, un tratto di strada. Oss!! Simona

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Kenpo Bimbi

Ancora bambini a correre, saltare, giocare, lottare. Ancora voci e risate, i primi odori maschili di giovani, giovanissimi corpi sudati, i giocattoli dimenticati all’ingresso, le scarpe accatastate alla rinfusa, le merende addentate con voracità, le mamme che sbuffano e … smoccolano nell’attesa di figli ancora in mutande; il silenzio, che regna in Dojo, quando l’orda vivace lascia i locali. Gli occhi dolci di Marte, il franco sorriso di Guglielmo, l’incespicare di Flavio, i sorrisi di Lupo, la serietà di Giulio, l’impegno di Zeno, la complicità di Elia e Mattia, il viso tenero di Tommaso, e poi Francesco e Nicolò e Luca. Dodici giovani “guerrieri”, l’Insegnante Celso a guidarli, paziente, attraverso le meraviglie del Kenpo. Un percorso fatto di poche risposte, in una società che di risposte trabocca, di adulti che si reputano in qualche modo autorizzati a sfornare risposte a raffica, secche e perentorie, come fossero proiettili di una mitragliatrice. Invece Celso fa domande, le pone anche e soprattutto con il corpo, quelli che noi chiamiamo koan zen fisicoemotivi. Sarà compito degli allievi sperimentarsi nelle personali risposte, esplorare, tentare e ritentare. Solo così, con un approccio maieutico, l’individuo, qualsiasi individuo, comprende e impara. Lasciando spazio al confliggere, perché è in esso che il bambino scopre il senso del limite, ovvero la presenza di altri ( il compagno o il conduttore del gruppo) come diga al proprio egocentrismo, scopre la relazione con l’altro come momento di riconoscimento delle sue competenze quanto delle sue mancanze. E anche questa è l’unicità della nostra Scuola, luogo di formazione e crescita, di autoeducazione.

“La vita è sempre pronta a cambiarti. E tu, quando sarai pronto a cambiare la tua vita ?” (Aristotele)

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