SF 09 b L'incidenza delle imposte in mercati non ... · mercati non concorrenziali. L’imposta...
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L’imposta vista dal monopolista
• L’effetto dell’imposta dipende in modo cruciale dalla natura del
mercato.
• Se l’industria in questione è un monopolio, o se le singole imprese
agiscono in modo collusivo, seguendo così un comportamento
simile a quello monopolistico, l’effetto dell’imposta può essere molto
diverso dal caso in cui vi sia concorrenza perfetta.
L’imposta vista dal monopolista
In assenza di imposte un monopolista sceglie di
produrre un livello tale che:
Costo marginale =
Beneficio
marginale, cioè
l’aumento dei
ricavi totali
dovuto
all’aumento della
produzione
(ricavo
marginale)
Nel grafico, il monopolista sceglie il livello di
output corrispondente al punto di intersezione tra
la curva del costo marginale e quella del ricavo
marginale.
Ora, per il monopolista la curva del ricavo
marginale è sempre sotto la curva di domanda. La
prima infatti descrive l’aumento di ricavo che si ha
in seguito alla vendita di 1 unità addizionale di
output.
Tale aumento è uguale al prezzo ricevuto meno la
perdita di ricavo dovuta alla diminuzione del
prezzo necessaria per vendere l’unità addizionale
in questione.
prezzo
quantità
costo marginale
Q0
P0
ricavo
marginaledomanda
L’imposta vista dal monopolista
prezzo
quantità
costo marginale
Q0
P0
ricavo
marginaledomanda
Per trovare il prezzo imposto dal monopolista
basta individuare sulla curva di domanda il
prezzo corrispondente alla quantità Q0, cioè P0.
Un’imposta su di un determinato bene può
essere vista come un aumento del costo di
produzione � dal punto di vista grafico, come
uno spostamento verso l’alto della curva del
costo marginale.
Q1
P1
A una determinata imposta (parentesi graffa blu)
corrisponde un aumento del prezzo pari a P0P1
(parentesi rosa): il monopolista ha usato il suo
potere di mercato per traslare l’imposta, ma non
interamente (lo ha fatto nei limiti consentiti
dalla curva di domanda).
imposta
Si può dimostrare che in presenza di una curva
di domanda lineare, come quella della figura,
l’aumento del prezzo risulta esattamente pari a
metà dell’imposta.
Nota: ricordiamo che la pendenza di una domanda lineare è costante (si tratta
di una retta), ma l’elasticità non lo è:
Se l’elasticità della domanda è costante, un aumento del prezzo
provoca una diminuzione della domanda sempre della stessa
percentuale (e viceversa)
L’imposta vista dal monopolista
• Nel manuale di Stiglitz, le curve di costo marginale sono tutte
disegnate come orizzontali (corrispondono a un’offerta
perfettamente elastica)
• Vale la pena notare che, se si rimuove questa ipotesi, quanto
maggiore è l’inclinazione della curva di costo marginale, tanto
minore sarà la variazione dell’output, e quindi l’aumento del prezzo,
che si verifica in seguito a un’imposta.
• Se la curva di costo marginale è perfettamente verticale, il prezzo
dovrà rimanere immutato e l’imposta sarà interamente sopportata
dal monopolista.
• Definizione: una curva di offerta (o di costo marginale) è
perfettamente verticale quando nessun aumento di prezzo è in
grado di suscitare un aumento della quantità offerta.
L’imposta vista dal monopolista
D’altro canto, se la curva di costo marginale è
orizzontale come negli esempi del manuale di
Stiglitz, allora la ripartizione dell’incidenza
dell’imposta dipende dalla forma della curva di
domanda.
Abbiamo visto prima che se la curva di domanda è
lineare l’imposta viene ripartita uniformemente tra
produttori e consumatori.
Per una curva di domanda lineare, l’elasticità della
domanda è diversa in ogni suo punto e varia da
infinito a zero muovendosi verso il basso.
Se la curva di domanda ha un’elasticità costante
(un aumento del prezzo dell’1% provoca sempre
una riduzione della domanda di una certa
percentuale, per esempio il 2%), allora si può
dimostrare che il prezzo aumenta di un multiplo
dell’imposta.
Se, per esempio, l’elasticità è pari a 2, allora
l’aumento del prezzo è pari a 2 volte l’ammontare
dell’imposta.
prezzo
quantità
costo marginale
Q0
P0
domanda con
elasticità costante
Q1
P1
ricavo
marginale
La parentesi rosa adesso è il doppio di quella blu
(con un po’ di immaginazione!).
Riepilogo sulle imposte in monopolio
• Se la curva di domanda è lineare (l’elasticità è variabile) �
l’imposta viene ripartita uniformemente tra produttori e consumatori.
• Se la curva di domanda ha un’elasticità costante (un aumento
del prezzo dell’1% provoca sempre una riduzione della domanda di
una certa percentuale, per esempio il 2%), allora si può dimostrare
che il prezzo aumenta di un multiplo dell’imposta.
(Se, per esempio, l’elasticità è pari a 2, allora l’aumento del prezzo è
pari a 2 volte l’ammontare dell’imposta)
L’incidenza delle imposte in oligopolio
• In regime di oligopolio, ciascun produttore interagisce
strategicamente con tutti gli altri. Può darsi che, se un oligopolista
modifica prezzo e/o quantità prodotta, gli altri reagiscano, ma la
teoria non è in grado di prevedere tali reazioni.
• Alcuni economisti ritengono improbabile che un oligopolista aumenti
il prezzo in corrispondenza di un’imposta, nel timore che gli altri non
lo aumentino e possano così sottrargli una quota di mercato.
• Può però anche darsi che, spontaneamente o in seguito ad accordi
precisi, tutti gli oligopolisti aumentino il prezzo per traslare
interamente l’imposta sui consumatori.
Imposte equivalenti
• Quando due imposte che hanno caratteristiche esteriori diverse
producono effetti identici, si dicono equivalenti.
• Per esempio, abbiamo visto con il caso di Philadelphia che, in
particolari condizioni (di estrema mobilità di tutti i fattori produttivi,
per esempio lavoro e capitale, tranne uno, per esempio la terra)
l’imposta su un fattore mobile può essere equivalente all’imposta sul
fattore immobile: l’imposta sui redditi da lavoro dipendente è (quasi)
equivalente a un’imposta sulla terra.
• Supponiamo che gli individui non ricevano né lascino eredità
(supponiamo anche che non vadano in pensione, magari). In questo
caso tutto il loro reddito deriva dal lavoro.
• Si può dimostrare che, in tali condizioni, un’imposta sul consumo
è equivalente a un’imposta sul reddito dalla quale siano esenti i
redditi da capitale.
Imposte equivalenti
Per mostrare l’equivalenza, consideriamo il
vincolo di bilancio relativo all’intera vita
dell’individuo.
Per semplicità, dividiamo la vita dell’individuo in 2
periodi e assumiamo che il suo reddito da lavoro
sia:
W1 nel primo periodo, quando è giovane.
W2 nel secondo periodo, durante la vecchiaia.
La scelta allocativa dell’individuo consiste nel
decidere quanto consumare nel primo o nel
secondo periodo.
Se l’individuo riduce di 1 € il consumo nel primo
periodo, nel secondo periodo avrà (1 + r) €, dove
r è il tasso di interesse. Se r = 10% e l’individuo
rinuncia a 1€ di consumo nel 1° periodo, nel 2°
periodo ottterrà 1,10€.
Il vincolo di bilancio è una retta decrescente la
cui pendenza indica quanti € di consumo è
possibile ottenere nel 2° periodo rinunciando a 1
€ di consumo nel 1° periodo. In pratica spiega
come l’individuo può “scambiare” il consumo
presente col consumo futuro.
consumo nel 2° periodo
consumo nel 1° periodo
Imposte equivalenti
consumo nel 2° periodo
consumo nel 1° periodo
Il vincolo di bilancio può essere espresso
dalla relazione:
Cioè il valore attuale del consumo nell’arco
della vita deve essere uguale al valore
attuale del reddito da lavoro nell’arco della
vita.
r
ww
r
CC
++=
++
11
21
21
L’intercetta con l’asse delle ordinate spiega
quanto potrebbe consumare nel 2° periodo
l’individuo se decidesse di non spendere
niente nel 1° periodo.
L’intercetta con l’asse delle ascisse spiega
quanto potrebbe consumare l’individuo nel
1° periodo se decidesse di non risparmiare
niente.
Imposte equivalenti
Supponiamo che si introduca un’imposta sul
reddito da lavoro del 20%.
L’ammontare che l’individuo può consumare
in ciascun periodo diminuisce � il vincolo di
bilancio subisce uno spostamento parallelo
verso il basso.
L’inclinazione rimane la stessa: è sempre vero
che 1€ di consumo nel 1° periodo può essere
sostituito da 1,10€ di consumo nel 2° periodo.
consumo nel 2° periodo
consumo nel 1° periodo
Supponiamo ora che si introduca un’imposta
del 20% sul consumo, che sarà valida in
entrambi i periodi: sia nel 1° sia nel 2°
periodo, spendendo 1 € si potrà consumare il
20% di meno.
Anche in questo caso l’inclinazione rimane la
stessa: è sempre vero che 1€ di consumo nel
1° periodo può essere sostituito da 1,10€ di
consumo nel 2° periodo.
vincolo di bilancio prima
dell’introduzione dell’imposta
vincolo di bilancio dopo
l’introduzione dell’imposta
Date le assunzioni di partenza, le due
imposte sono equivalenti
Effetti di un passaggio da un’imposta all’altra
• Il fatto che due imposte siano equivalenti non vuol dire che non vi
siano effetti nel caso in cui si passi da una all’altra.
• Più limitatamente, l’equivalenza implica che le imposte producono
gli stessi effetti nel lungo periodo.
• Supponiamo per esempio che si passi da un’imposta sul reddito
dell’intera vita (reddito da lavoro e reddito da pensione) a
un’imposta sul consumo: in questo modo i pensionati sono
assoggettati a una doppia tassazione. Da giovani hanno pagato
l’imposta sul reddito dell’intera vita, e da anziani devono pagare
l’imposta sul consumo.
Incidenza delle imposte in equilibrio generale
• Abbiamo visto che ciò che determina quali soggetti dovranno
effettivamente sopportare l’onere dell’imposta non è l’intenzione del
legislatore, bensì:
1. quali proprietà hanno la domanda e l’offerta
2. qual è la struttura del mercato (se è concorrenziale,
monopolistico od oligopolistico).
• In realtà, vi sono altri fattori che determinano l’incidenza
dell’imposta, che possono essere individuati solo con un’analisi di
equilibrio generale.
Incidenza delle imposte in equilibrio generale
• L’analisi è di equilibrio parziale quando, per esaminare gli
effetti dell’imposta, si ipotizza che tutti i prezzi dei beni e le
remunerazioni dei fattori produttivi rimangano costanti.
• L’analisi è di equilibrio generale se si contempla la possibilità
che i prezzi dei beni che sono scambiati su mercati diversi da
quello che si sta prendendo in considerazione e i prezzi dei
fattori produttivi possano variare.
• In pratica, l’analisi di equilibrio generale prende in considerazione
l’intera economia, non soltanto le industrie su cui grava l’imposta.
Incidenza delle imposte in equilibrio generale
• Negli esempi precedenti, abbiamo considerato un’imposta su una
piccola industria, quella della birra.
• E abbiamo posto l’ipotesi che tale imposta non possa sortire alcun
effetto significativo sui prezzi di altri bevande, né sul salario.
• Tuttavia va considerato che la diminuzione della domanda della
birra farà diminuire, a sua volta, la domanda di lavoro da parte
dell’impresa che produce birra.
• Negli esempi precedenti, abbiamo quindi implicitamente assunto
che:
1. la riduzione nella domanda di lavoro da parte dei produttori di
birra fosse trascurabile rispetto alla domanda di lavoro complessiva.
2. I lavoratori licenziati possano occuparsi facilmente altrove senza
che questo comporti una riduzione del loro salario.
• L’analisi era pertanto di equilibrio parziale.
Incidenza delle imposte in equilibrio generale
• Tuttavia, di solito le imposte influenzano contemporaneamente tanti mercati.
• Per esempio, se si introduce un’imposta sulle automobili, la diminuzione della produzione provocherà una forte diminuzione della domanda di lavoro � si determineranno eccesso di offerta di lavoro e riduzione del salario � ciò causerà una riduzione della domanda (anche di automobili) che porterà a un abbassamento dei prezzi (anche delle automobili).
• Inoltre la riduzione della produzione di automobili influenzerà tante altre industrie, e i salari che pagano ai lavoratori.
• Lo stesso vale per il capitale che sarà domandato in misura minore dalle imprese che hanno dovuto contrarre la produzione. Se il capitale non è immediatamente e facilmente trasferibile, anche il suo rendimento si ridurrà.
• Quest’ultimo processo influenza le scelte di risparmio e di consumo.
• In una parola, per tenere conto di tali catene di eventi sarebbenecessario effettuare un’analisi di equilibrio generale.
Incidenza delle imposte in equilibrio generale
• Sembra abbastanza evidente che un’analisi di equilibrio generale
scoprirà degli effetti dell’imposta che erano invisibili in un contesto di
equilibrio parziale.
Effetti di breve e di lungo periodo
• Una distinzione analoga a quella tra analisi di equilibrio parziale e generale va fatta tra l’incidenza dell’imposta nel breve e nel lungo periodo.
• Nel breve periodo, molte cose che nel lungo periodo possono variare sono date.
• Per esempio, l’effetto reale della tassazione del risparmio può essere minimo nel breve periodo.
• Nel lungo periodo, tuttavia, può scoraggiare il risparmio e provocare una riduzione dello stock di capitale � se diminuisce l’offerta di capitale può salire il suo rendimento, scoraggiando gli investimenti delle imprese.
• Tale processo farà diminuire la domanda di lavoro � causando infine una riduzione dei salari.
• Così può accadere che l’effetto finale di un’imposta sul risparmio sia una riduzione dei salari, cosa che non può essere notata con un’analisi di breve periodo.
Variazioni di politica e variazioni delle imposte
• Per lo stato non è possibile modificare un’imposta per volta. La
politica fiscale è più complessa, e un’analisi credibile dovrebbe
tenere conto di tale complessità.
• Lo stato è tenuto a rispettare il vincolo di bilancio, per cui le entrate
+ il disavanzo (finanziato con l’aumento del debito pubblico) devono
essere uguali alla spesa.
• Se si vuole introdurre un’imposta mantenendo invariato il vincolo di
bilancio, allora:
- si devono ridurre o cancellare altre imposte
- oppure si deve aumentare la spesa pubblica.
(questa è una considerazione del vincolo di bilancio del tutto
ipotetica).
• L’analisi dell’incidenza delle imposte dovrebbe tener conto di tali
variazioni supplementari.
Variazioni di politica e variazioni delle imposte
• Definizioni:
a. L’analisi dell’aumento di una data imposta bilanciato da una
diminuzione di qualche altra imposta è nota come analisi
dell’incidenza differenziale delle imposte.
b. L’analisi dell’aumento di una data imposta bilanciato da un
aumento della spesa pubblica è nota come analisi dell’incidenza
delle imposte con bilancio in pareggio.
• A volte, si può essere interessati ad analizzare combinazioni di
politiche che lascino immutata qualche variabile macroeconomica
obiettivo. Per esempio, si può voler capire come devono variare le
imposte perché non ci siano variazioni della domanda e quindi sul
reddito nazionale. Questo tipo di analisi dell’incidenza è chiamata
analisi dell’incidenza a parità di crescita.
Progressività delle imposte in teoria e in pratica
• Ufficialmente, nei paesi avanzati vige un sistema di imposizione
fiscale progressivo, in cui si suppone che i ricchi paghino una
proporzione più elevata di imposte sui loro redditi rispetto ai poveri.
• Per esempio, negli Stati Uniti i ricchi pagano per l’imposta sul
reddito un’aliquota del 40%, mentre le famiglie povere ricevono un
sussidio che raggiunge il 40% per effetto del credito d’imposta.
Progressività delle imposte in teoria e in pratica
Tuttavia, si ritiene comunemente
che il sistema tributario
statunitense sia molto meno
progressivo di quanto sembri:
1) La progressività dell’imposta sul reddito è notevolmente
attenuata da caratteristiche specifiche che consentono a certi
tipi di redditi o a certe categorie di individui di sottrarsi in parte
al pagamento.
Esempi:
• I guadagni in conto capitale sono tassati con aliquote più
basse rispetto ad altre forme di reddito.
• Esistono disposizioni speciali che abbassano
ulteriormente l’aliquota effettiva: per esempio è possibile
depositare i risparmi in conti esenti da imposta, e i ricchi
tendono ad approfittare di più di questa opportunità.
2) L’imposta sul reddito è solo una delle imposte. Altre
imposte – per esempio i contributi sociali – sono meno
progressive o perfino regressive.
3) L’incidenza delle imposte, come abbiamo visto, può
differire da quella stabilita dal legislatore. I lavoratori spesso
sopportano l’onere di imposte che nelle intenzioni del
legislatore sarebbero dovute gravare su altri.
4) Gran parte dell’imposta sul reddito delle società è
traslata (anche se non è pacificamente accettato su chi e in
che misura).
Esempi di possibili domande d’esame
• Dopo aver spiegato il concetto di onere dell’imposta, si facciano
degli esempi in cui l’imposta non incide sui soggetti che secondo la
legge dovrebbero sopportarne l’onere e si spieghi perché tale
situazione viola i criteri secondo cui un sistema tributario è ideale.
• Si mostri perché, in concorrenza perfetta, l’onere di un’imposta
formulata in termini di aliquota fissa per unità del bene si ripartisce
uniformemente tra i consumatori e i produttori indipendentemente
dai soggetti cui il legislatore ha attribuito l’onere legale del
pagamento dell’imposta.
• Si spieghi perché un’imposta gravante su un fattore di produzione
può essere traslata (parzialmente o interamente) sul reddito
derivante da altri fattori di produzione, se questi ultimi sono meno
“mobili”.
• Si illustri graficamente perché, in regime di monopolio, la ripartizione
dell’imposta dipende dall’elasticità della domanda (variabile vs.
costante).