Settemiglia - anno VI, n°1

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settemiglia da Gerusalemme ad Emmaus ...e ritorno Diocesi di Nola – Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati – Sa anno VI ‐ n°1

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Giornale della Parrocchia San Francesco di Paola - Scafati (Sa) Supplemento a IN DIALOGO Mensile della Chiesa di Nola

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settemigliada Gerusalemme ad Emmaus ...e ritorno

Diocesi di Nola – Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati – Sa

anno VI ‐ n°1

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Supplemento a IN DIALOGOMensile della Chiesa di Nola

Aut.ne Trib. di Napolin. 3393 del 7/03/1985

Direttore ResponsabileMARCO IASEVOLI

Coordinatore RedazioneDON GIUSEPPE DE LUCA

RedazioneVINCENZO FIORENZA

PASQUALE VELLECA

PASQUALE VIOLANTE

ENZO VITIELLO

ELENA FIORENZA

ROSA MATARAZZO

FRANCO CIPRIANO

FRANCESCO QUAGLIOZZI

VINCENZO DONNARUMMA

VignetteRosaria Scotto

E‐Mail ed [email protected]

Per leggere e scaricare lepubblicazioni precedenti:

www.parrocchia.infowww.settemiglia.it

Stampacon il contributo di

Coppola Spa

messaggio del Vescovodon Peppino De LucaPasquale VellecaPasquale Violantesuor Patrizia PanizziniCiro CoticelliVincenzo Fiorenzasuor MariapiaFranco CiprianoPasquale ViolanteElena FiorenzaFrancesco Quagliozzi

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PASQUA 2016

PASQUA 2016

MISERICORDIA

MISERICORDIA

RIFLESSIONI

RIFLESSIONI

RIFLESSIONI

TRAME AFRICANE

ARTE

LIBRI

CINEMA

SPORT

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Riscoprire le opere di misericor-dia per essere “strumenti” dellamisericordia di Dio verso il no-

stro prossimo... è l’invito che PapaFrancesco rivolge a tutti noi.La misericordia, per Francesco, è“un programma di vita molto con-creto ed esigente perché implica delleopere... Non è buonismo, né merosentimentalismo”. In essa “c’è la ve-rifica dell’autenticità del nostro es-sere discepoli di Gesù, della nostracredibilità in quanto cristiani nelmondo di oggi”. La misericordia di Dio trasforma ilcuore dell’uomo e gli fa sperimentareun amore fedele e così lo rende a suavolta capace di misericordia. È un miracolo sempre nuovo che lamisericordia divina si possa irradiarenella vita di ciascuno di noi, moti-vandoci all’amore del prossimo e ani-mando quelle che la tradizione dellaChiesa chiama le opere di misericor-dia corporale e spiritale.

Esse ci ricordano che la nostra fede sitraduce in atti concreti e quotidiani,destinati ad aiutare il nostro pros-simo nel corpo e nello spirito e suiquali saremo giudicati: nutrirlo, vi-sitarlo, confortarlo, educarlo. Perciò ho auspicato che il popolo cri-stiano rifletta durante il Giubileosulle opere di misericordia corporali espirituali. Sarà un modo per risve-gliare la nostra coscienza spesso asso-pita davanti al dramma della povertàe per entrare sempre più nel cuore delVangelo, dove i poveri sono i privile-giati della misericordia divina.Non perdiamo questo tempo di Qua-resima favorevole alla conversione!Lo chiediamo per l’intercessione ma-terna della Vergine Maria, che perprima, di fronte alla grandezza dellamisericordia divina a lei donata gra-tuitamente, ha riconosciuto la pro-pria piccolezza (cfr Lc 1,48),riconoscendosi come l’umile serva delSignore (cfr Lc 1,38).

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Un vuoto che riempie il cuoreMessaggio pasquale del nostro Vescovo alla comunità diocesana.

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di S. E. R. MONS. BENIAMINO DEPALMA, VESCOVO DI NOLA

S. E. R. mons. Beniamino Depalma, Arcivescovo, Vescovo di Nolain occasione dei 25 anni di ordinazione episcopale, 17 Feb 2016

foto di PINO GALASSO

La nostra cultura occidentale as-socia la felicità alla pienezza. Lagioia di una tavola che non ha

un lembo vuoto nemmeno per ap-poggiare le braccia. La musica ad altovolume che rimbomba nella stanza oin macchina. La festa zeppa di ospitie amici, segno di successo sociale.Valanghe di messaggini sullo smar-tphone ... È qui tutta la difficoltà con-temporanea di comprendere sino infondo la Pasqua, evento di grazia incui a dominare la scena è la tombavuota e silenziosa del Signore Gesù.

Un vuoto che ci pone di fronte al mi-stero, di fronte a noi stessi e al sensostesso della vita e della morte. Un vuotoche ci invita al silenzio, alla riflessione,un vuoto che ricrea nel nostro cuore lospazio per lo stupore, la meraviglia.La Pasqua, con la drammatica edemozionante scena di un vuoto inspie-gabile, è per i credenti e i non credentiil necessario momento della veritàsulla propria esistenza. Non ci sonocose che possono renderei migliori. Non ci sono beni che possano salvarci.Non c'è nulla di materiale che possa

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dare una forma autentica alla nostracoscienza e alla nostra umanità. Conla Pasqua, siamo chiamati ad un gestoaudace: muovere un passo dentro quelsepolcro inabitato e vincere la pauradella morte, quella paura che ci para-lizza e che compensiamo circondan-doci dell'inutile e del superfluo, di unapienezza futile e illusoria.Gesù ci chiama in una stanza spogliadove fare i conti con il nostro cuore,con la nostra capacità di amare, conil nostro desiderio di sorprenderei difronte alla ricchezza e bellezza della

vita, anche con la nostra determina-zione a superare le difficoltà e le fati-che senza perdere la speranza e lafiducia nel futuro. Il vuoto di fronteal quale si trovano Giovanni e Pietrodopo una corsa a perdifiato, carissimiamici, è la nostra grande possibilitàdi ripartire dall'essenziale: da noistessi e dal grande sogno che Dio hasu ogni uomo e ogni donna.Quando l'uomo si riappropria di sestesso non c'è paura che tenga, nonc'è morte che dica la parola "fine".

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S.E.R. mons. Beniamino Depalma,Arcivescovo, Vescovo di NolaMessa Crismale, 02 Apr 2015foto di VINCENZO DONNARUMMA

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Nel giardino della nostrachiesa, tra le piante d’ulivo,lo scorso anno è stato pian-

tato un tenero albero di mandorloche in questi giorni di quaresima ciha regalato una fioritura eccezionale,quasi spropositata rispetto ai suoipochi rami.Il mandorlo è una pianta dall'aspettoun po' triste, con un tronco robusto,rami nodosi e foglie grigiastre e rade.A quest'albero nessuno farebbe caso

se non perché è il primo albero asbocciare. Nella Bibbia, il mandorlo, era  l'al-bero sacro usato per scegliere i sacer-doti: «Il giorno dopo, Mosè entrònella tenda della testimonianza edecco il bastone di Aronne per il ca-sato di Levi era fiorito: aveva pro-dotto germogli, aveva fatto sbocciarefiori e maturato mandorle» (Num17, 16-23).Anche il candelabro d'oro puro che6

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di DON PEPPINO DE LUCA

Promessa di primavera“Vigilate” - Mc 13,35

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Dio ordina a Mosè di eseguire, dovràavere ornamenti a forma di fiore dimandorlo (Es 25, 33-34).In ebraico mandorla si dice luz, edesprime il nocciolo indistruttibile edivino dell'essere, ma anche la luceche manifesta la sua presenza. Se-condo una tradizione ebraica, è aipiedi di un mandorlo che si trove-rebbe la via che permette di accederealla misteriosa città sotterranea diLuz, dimora dell'immortalità. Giacobbe ebbe la visione proprio pressouna città di nome Luz (Gen 28,19). Anche un’altra pagina della SacraScrittura ci parla del mandorlo: ilracconto della vocazione del profetaGeremia: «Mi fu rivolta questa pa-rola del Signore: "Che cosa vedi. Ge-remia?". Risposi: "Vedo un ramo dimandorlo". Il Signore soggiunse:"Hai visto bene, poiché io vigilo sullamia parola per realizzarla"». Se Dio "vigila" perché il nostro sia unfuturo di speranza, è bello poterglidire: Signore, facci "nuovi", e dunque"vigilanti".  Quando ancora la natura è assopitanel sonno invernale, vedendo un

mandorlo fiorito, ci si sente coinvoltidal miracolo del ritorno alla vita.Nella Pasqua celebriamo il misterodell’amore di Dio che fiorisce sull’al-bero glorioso della croce di CristoGesù che è venuto a portare il vero“risveglio”. Saremo capaci di accordare la mentee il cuore a questo incredibile annun-cio della risurrezione di Gesù cheviene a dissipare le tenebre del ve-nerdì santo e può restituire il gusto divivere anche alle esistenze più spente?Bisogna rompere il guscio, affinché lamandorla, prima invisibile, si riveli; lostesso vale per il segreto che è in noi,ossia la vita nuova che è l'immortalità. Auguro alla nostra comunità di es-sere sempre come quel mandorlopiantato nel giardino: vigilante nelladirompente bellezza dell’appartenereal Risorto; portatrice instancabile disperanza, messaggera fedele alla pro-messa di Gesù… promessa di vita,promessa di primavera!Buona Pasqua a tutti!

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A latoRamo di mandorlo fiorito, 1890di VINCENT VAN GOGH,olio su tela (73,5×92 cm) Van Gogh Museum, Amsterdam.

Parlami di Dio, dissi al mandorlo.

E il mandorlo fiorì.Nikos Kazantzais

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Opere di misericordia corporali«Date e vi sarà dato» Lc 6,36-38

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Le opere di misericordia sonoazioni caritatevoli con lequali soccorriamo il nostro

prossimo nelle sue necessità corpo-rali e spirituali. Istruire, consigliare, consolare, con-fortare sono opere di misericordiaspirituale, come pure perdonare esopportare con pazienza. Le operedi misericordia corporale consi-stono precisamente nel dare da

mangiare a chi ha fame, dare dabere agli assetati, nell'ospitare isenza tetto, nel vestire chi ha biso-gno di indumenti, nel visitare gliammalati e i carcerati, nel seppel-lire i morti. Certamente non è pos-sibile dare del pane senza augurarebuon appetito, offrire da bere senzascambiare due parole, dare dei ve-stiti senza chiedere come stai, visi-tare gli ammalati senza consolarli,

di PASQUALE VELLECA

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seppellire i morti senza recitare unapreghiera di suffragio.Nei paesi più sviluppati è accertatala convinzione che il soccorso ai po-veri sia un dovere dello Stato, che ilwelfare deve fornire un livello mi-nimo di benessere e di sostegno so-ciale per tutti, è importante, però,ricordare che saremo giudicati nonsu ciò che ha realizzato lo Stato, masu quello che abbiamo fatto noi.Gesù non dice ho avuto fame e ilvostro governo non mi ha dato damangiare, ma “Ho avuto fame enon mi avete dato da mangiare”. Ilvero pericolo è quello di perdere lacapacità di commuoversi e delegarela misericordia agli “specialisti” disettore. Essere attenti affinché alle personenon manchi il lavoro è come darloro da mangiare, da bere e da ve-stire, è come aiutarli ad essere inse-riti in modo degno nel contestodella società in cui si muovono.“C’è bisogno di etica nell’economia ec’è bisogno di etica anche nella poli-tica … sono convinto che ci sia biso-gno, come ricordava Benedetto XVInell’enciclica “Caritas in veritate”, diuomini e donne con le braccia alzateverso Dio per pregarlo, consapevoliche l’amore e la condivisione da cuideriva l’autentico sviluppo, non sonoun prodotto delle nostre mani, maun dono da chiedere.E al tempo stesso sono convinto checi sia bisogno che questi uomini equeste donne si impegnino, ad un li-vello, nella società, nella politica,nelle istituzioni e nell’economia,mettendo al centro il bene comune, i

mercati e la speculazione finanziarianon possono godere di autonomia as-soluta. Senza una soluzione ai pro-blemi dei poveri non risolveremo iproblemi del mondo. Servono pro-grammi, meccanismi e processiorientati a una migliore distribu-zione delle risorse, alla creazione dilavoro, alla promozione integrale dichi è escluso” (Papa Francesco).Il vero protagonista delle opere dimisericordia è il Signore Gesù, nonpossiamo separare le nostre inizia-tive di solidarietà da Lui, che tuttele ispira e le qualifica.Per aiutare veramente gli altri, dob-biamo amarli di un amore di com-prensione e di donazione, pieno diaffetto e di consapevole umiltà. Il Signore, infatti, volle riassumeretutto in quel duplice comanda-mento che in realtà è unico: amareDio e amare il prossimo, con tutto ilnostro cuore.Un uomo o una società che nonreagiscano davanti alle tribolazionie alle ingiustizie, e che non cer-chino di alleviarle, non sono unuomo o una società all'altezza del-l'amore del Cuore di Cristo. I cristiani pur conservando semprela più ampia libertà di studiare e dimettere in pratica soluzioni di-verse, e godendo pertanto di un lo-gico pluralismo devono coinciderenel comune desiderio di servirel'umanità. Altrimenti il loro cristia-nesimo non sarà la Parola e la Vitadi Gesù; sarà un travestimento, uninganno, di fronte a Dio e di fronteagli uomini. (San Josemaría Escrivà)

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Opere di misericordia spiritualiLa testimonianza di un Cristiano

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di PASQUALE VIOLANTE

Nella Bolla di indizione delGiubileo della Misericor-dia, “Misericordiae Vultus”

(MV), papa Francesco scrive: “Èmio vivo desiderio che il popolo cri-stiano rifletta durante il Giubileosulle opere di misericordia corporalee spirituale” (MV 15), perché essepossono farci capire se stiamo dav-vero vivendo come discepoli diGesù. Secondo il Catechismo dellaChiesa Cattolica “Le opere di mise-ricordia sono azioni caritatevoli me-diante le quali aiutiamo il nostroprossimo nelle sue necessità corporalie spirituali” (n. 2447). Le opere di misericordia spiritualesono sette: consigliare i dubbiosi,insegnare agli ignoranti, ammonirei peccatori, consolare gli afflitti.perdonare le offese, sopportare pa-zientemente le persone moleste,pregare Dio per i vivi e per i morti.“Le tre opere iniziali - consigliare idubbiosi, insegnare agli ignoranti,ammonire i peccatori - possono es-sere definite opere di Vigilanza, inquanto invitano a vigilare conamore verso coloro che hanno biso-gno di sicurezza, non sanno o sba-gliano” (Pontificio Consiglio per la

Promozione della Nuova Evange-lizzazione, “Le Opere di Misericor-dia Corporale e Spirituale”).In quest’articolo tratterò delle sud-dette opere di Vigilanza, in quantosono le più vicine alla mia espe-rienza di padre, di insegnante e didiacono. Infatti, sia come padre checome insegnante, sovente devo con-sigliare, insegnare ed ammonire figlie studenti. E questo lo faccio sem-pre in un’ottica cristiana. Data la brevità di questo contri-buto, mi limiterò ad esporre comevivo le opere di Vigilanza nellascuola dove lavoro, l’Istituto Tec-nico Industriale “Medi” di S. Gior-gio a Cremano. Molti miei studentisono sorpresi di avere un professoredi fisica che è anche cristiano e dia-cono e mi chiedono: “Ma come èpossibile che lei sia un uomo discienza ed anche un uomo difede?”. Ed io gli spiego che secondoil padre della scienza moderna, Ga-lileo, tra scienza e fede non c’è al-cuna contraddizione, perché ildiscorso scientifico tende a farci ca-pire come funziona il mondo, men-tre il discorso religioso si preoccupadel senso. La scienza non vede il

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senso della vita, mentre la fede è in-competente sui fenomeni naturali.Scienza e fede camminano su bi-nari paralleli, per cui non possonoscontrarsi: la scienza ci dice “comeva il cielo” e la fede “come si va alcielo”. Ed infatti ci sono semprestati sia scienziati credenti che atei.Inoltre spiego ai miei studentiquanto scritto dal fisico Zichichinel suo libro “Perché io credo inColui che ha fatto il mondo” e cioèche “l’ateismo è una costruzione lo-gica contraddittoria”. Infatti la matematica non è riuscitaa dimostrare il Teorema che Dionon esiste. D’altra parte la scienzanon ha mai fatto una scoperta cheporti alla negazione di Dio. L’ateo dice di credere solo in ciòche si può dimostrare razional-mente, ma la ragione non riesce adimostrare la non esistenza di Dioe tuttavia l’ateo dice che Dio nonesiste, cioè crede in qualcosa chenon può dimostrare: ecco la con-traddizione dell’ateismo. I ragazzi manifestano un diffusoanalfabetismo religioso (molti nonvanno in chiesa dal giorno dellaPrima Comunione), ma anche unagrande sete di conoscere più da vi-cino Gesù: sono infatti tante le do-mande che mi fanno: “Perché irapporti sessuali prima del matri-monio sono peccato?”, “Come fa-ceva Gesù a pregare Dio se lui eraanche Dio?” Io rispondo a tutte ledomande con passione e qualcunomi dice che avrei potuto fare ancheil professore di religione. Ma vorrei

qui citare una storia per me parti-colarmente significativa. Uno studente, che chiamerò Tom-maso per riservatezza, dice di essereateo, perché solo un folle può sce-gliere qualcuno (Dio) o qualcosa(la vita eterna), di cui non si ha lacertezza che esistano. Io gli ho spie-gato che l’uomo compie quotidia-namente scelte di cui non hacertezza, per esempio chi si sposanon ha la certezza che il suo matri-monio sarà felice. Tommaso è un ragazzo molto affa-scinato da Gesù, che però reputa unfolle ed io gli ho detto che Gesùaveva la follia dell’amore che arrivaa dare la vita per chi si ama. Edanche il cristiano deve avere quella“santa follia” di Gesù, ma Tommasopensa che follia vuol dire anorma-lità e lui dice di voler essere nor-male. Con Tommaso ho stabilitoun bellissimo rapporto, lui mimanda messaggi sulla fede ed io glirispondo. È un dialogo continuo,improntato al rispetto ed affetto re-ciproco, che sta facendo crescere luie me. Tommaso dice che io sono unmaestro di vita, ma i maestri impa-rano sempre qualcosa dagli allievi.Io penso che Tommaso sia un ra-gazzo che crede con il cuore, manon riesce a credere con la mente,ma ha riconosciuto che un giornopotrebbe diventare credente. Io gli ho detto che se lo farà diventeròsuo padrino di cresima e lui mi ha ri-sposto che sarebbe una bella cosa. Ilconfronto tra lo studente ateo e ilprofessore credente continua.

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Gesù spogliato, denudato!Ecco l’uomo: tutto ignominia,dolore, abbandono.Ma tu, madre, lo riconosci.Tu gli sei accanto.Una veste di mandorlo fioritoTrasparenza d’aurora ti ho cucito, figlio;una veste profumata d’incenso e di nardo…Con essa risorgerai dal tuo dolore,ed io con Te perché viva è la speranza ancora!

Sussidio C.E.I., Quaresina 2016

Solo una madre ha occhi per riconoscere non l’uomo, non l’ignominia.Ha occhi per riconoscere il figlio.

Solo una madre non fugge, non abbandona, ma rimane accanto, nel dolore.Solo una madre ha mani per tessere la veste della vita nuova, come già ha in-tessuto il figlio nel suo grembo.Solo una madre sa spandere i profumi della sua tenerezza che, nel dolore,odorano di resurrezione.Solo una madre sa rimanere col figlio fino alla morte, per rivestirlo di vita.Solo una madre sa donare speranza, speranza certa, perché col figlio ha attra-versato la morte.Tu la Madre, Madre di Gesù.E noi, in Te, tutti figli.12

di SUOR PATRIZIA PANIZZINI

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Ecce Homo...

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Ecce Homo, ca. 1605di Michelangelo Merisi da Caravaggio,

olio su tela (128x103 cm) Genova, Musei di Strada Nuova

(Palazzo Bianco).

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Mi fai stare bene e di starebene non mi stanco mai.

Se un bambino mi chiedessecosa sono le opere di miseri-cordia, di getto risponderei:

“Quelle azioni che ti fanno sentiremeglio”. Poi lo manderei da DonPeppino per tutto il resto. Però èquesto che secondo me rimane ilmistero grandioso della Misericor-dia. Le favolose 7+7 sono azioniradicate nella vita del mondo, nelquotidiano e, tuttavia, importantiper la vita ultraterrena. Come seGesù ci stesse dicendo “Guarda chenon è che mi devi trasformare l'ac-qua o cose del genere. Ti do qual-che piccola regola che puoisvolgere. Semplice semplice. Tuvivi così e starai bene.”Vivere bene. Sentirsi meglio.

Non credo sia una visione egoistica.La vita in Cristo è gioia, ce lo diceil Vangelo e ce lo hanno ripetutopiù o meno recentemente DonBosco, Don Tonino Bello, gli ul-timi tre papi e tanti altri che diGesù e gioia ne capivano un bel po'.Basta guardare chi dedica più omeno intensamente la propria vitaall'aiuto del prossimo, del debole,dell'affranto, nelle innumerevoli mo-dalità in cui esso si può esplicitare. Negli occhi di queste persone visono angoli di speranza, di gioia,anche quando, e capita spesso, faredel bene non è cosa facile.Quando poi queste opere vengonocompiute sulla via tracciata da Cri-sto, gli occhi brillano e se guardi14

di CIRO COTICELLI

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bene ci puoi trovare addirittura an-goli di Paradiso.Non credo di esagerare. Ho la fortuna di avere nella miavita persone che si danno al pros-simo e vedo in loro una luce spe-ciale, capace di superare le difficoltàterrene e di comunicare un po' diquella Grazia che è propria degliinsegnamenti di Cristo.Come sempre, parto dalle mie sen-sazioni perché vorrei che Tu che mistai leggendo riflettessi se per te è lostesso. Se vedi, percepisci quelloche percepisco io, se ti senti megliocome mi sento io quando sce-gliamo la Misericordia. Magaripossiamo domandarci insieme sefacciamo abbastanza o se scegliamopriorità fasulle.L'esercizio non è nemmeno difficileproprio perchè tutte le opere di Mi-sericordia, tanto le corporaliquanto le spirituali, sono attuali,concrete, tangibili.Do conforto al mio vicino di casaanziano e solo? Cerco di prestareattenzione al prossimo prestando ilmio consiglio, in un'ottica di corre-zione fraterna? Abbiamo spessopiù del necessario nelle nostre casee nei nostri frigoriferi... ci predispo-niamo quotidianamente per la con-divisione? Preghiamo? Sia chiaro non parlo della pezzapassata sulla coscienza nel dare lamonetina al mendicante di turno.Quello è un palliativo. Parlo di unostile di vita che consapevolmenteabbia nelle opere di Misericordia lesue coordinate. È un modo di vivere nella luce che

ti entra dentro.So di aver già accennato alla miaesperienza estiva sulla via di San-tiago de Compostela, ma nonposso fare a meno di riferirmi nuo-vamente a quest'esperienza che èuno degli esempi più forti che hopotuto vivere di materializzazionedelle opere di misericordia.Premetto che c'è modo e modo divivere il Cammino e che certa-mente c'è anche un cammino dimero svago e commerciale. Seguendo le tratte meno battute,però, ho avuto la fortuna di ritro-varmi a tu per tu con persone che incambio di nulla hanno offerto laloro ospitalità, solo perchè ero pere-grino; ho visto superare sofferenze emalanni per prestare assistenza a chipiù ne aveva bisogno.Sono solo alcune “applicazioni”della Misericordia di Dio in terra,ma ho visto in queste stesse personeun'apertura a tutte le altre e questomodo di vivere il Signore è conta-gioso. Perchè amore chiama amore.Ti trovi così, come atteggiamentonaturale e necessario, a prestareascolto o soccorso a chi ne ha biso-gno, condividendo con lui il pane.Vivere compiendo il più possibilele opere di Misericordia è cammi-nare sulla via del Signore.È un circolo virtuoso che necessita,però, di applicazione. Le soste sonoconsentite nel cammino, purchénon siano troppo lunghe e non tifacciano perdere di vista la meta. Lanotte è sempre in agguato. Megliomuoversi. Meglio star bene.

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Aldo è un ragazzino di dodicianni, frequenta la secondamedia, è studioso, buono coi

compagni, disponibile ad aiutaretutti, educato e orgoglioso delle sueorigini africane. Matteo è un ragaz-zone di tredici anni, molto piùgrosso dei suoi pari, scostumato, svo-gliato, poco incline a dare una manoa chi gliela chiede se non per spezzar-gliela, orgoglioso di essere un bullo.Aldo e Matteo sono spesso insieme esi scambiano “favori”: Aldo dà la suamerenda a Matteo che lo ricambiacon un solo pugno nello stomaco in-vece di due; Aldo dà il suo quaderno

di matematica a Matteo che lo pre-mia con un calcio negli stinchi anzi-ché calargli una bastonata in testa.Aldo non lo sa ancora, ma la sua vitasarà piena di misericordia! Sì, perchésta capendo che “se vuole amare finoin fondo, deve amare anche il suocompagno di classe, lo deve perdo-nare, lo deve sfamare, lo deve vestire,lo deve aiutare ogni volta che luiglielo chiede”. Venendo dal cuore delcontinente più povero della terra,Aldo (così lo hanno battezzato i suoinuovi genitori), conosce bene cosavuol dire patire la fame, quella dellostomaco e quella dell’anima e ha ca-

di VINCENZO FIORENZA

C’è bisogno di un cambiamento!Il Giubileo della Misericordia ci sta piano piano calando in una realtàspirituale e materiale di cui avevamo perso la memoria: noi stessi! Machi siamo veramente noi?

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pito che Matteo è più povero di lui.E poi, da quando è qui da noi, ha im-parato a convivere con una miseria an-cora più devastante della sua:generazioni perdute nell’alcool e nelladroga, nelle spirali del sesso, dietro aimiraggi del successo e dell’ “avere”…perdute in una giungla di nera pece, dipalazzi anonimi, di speranze deluse. Ho incontrato Aldo qualche giornofa, quasi non lo riconoscevo. È di-ventato un omone grande e grosso,due spalle così, un sorriso che tiprende e non ti lascia più, una strettadi mano che, se non dici basta, ti stri-tola la tua. È cambiato in tutto,tranne nel colore della sua pelle cheè rimasto nero come il carbone. Forse per questo spicca ancora di piùil colletto bianco neve che chiude ibottoni della sua camicia blu notte. Prendiamo un caffè insieme e non ciaccorgiamo del tempo che passa. Ciraccontiamo le nostre giovani vite equalche piccolo segreto che non ave-vamo detto a nessuno. – Ma come tiè successo? Come hai pensato di di-ventare prete? – Beh, sai, queste cosemica le decidi tu? Senti una voce cheti martella giorno dopo giorno, annodopo anno e poi succede qualcosache ti cambia la vita. Per sempre. Ri-cordi Matteo? – Matteo, come fac-cio a dimenticarlo? Quanto male tiha fatto. Se non fosse stato per me,oggi avresti almeno tre costole spez-zate, quel bastardo. Se l’è voluta lui,se l’è meritata. Non potevo soppor-tare l’idea che potesse farti del malesenza che nessuno lo fermasse. – Loso, lo so. Diciamo che, in fondo in

fondo, tu e lui siete stati i miei piùcari compagni di vita. Senza te nonavrei potuto vivere più liberamente,non avrei nemmeno potuto sentirmidegno di essere un ragazzo come glialtri. Ma senza di lui, oggi, non sareiquello che sono. – Cioè? Cosa misono perso? – Non molto, solo ilfatto che Matteo l’ho ritrovato. Qualche anno dopo la mia consacra-zione, l’ho ritrovato nel carcere dovesono cappellano! – Hai capito il mis-sionario? E come ha reagito quandoti ha visto? – Come sempre. Comedicono qui?... Con “guapperia”. Soloche questa volta non poteva battermisenza rischiare di prenderle anche luida me. Ti assicuro che gliele avreidate e di santa ragione! Sono anniche faccio palestra e ho imparato a ti-rare di boxe. Se non sei uno tosto inquesti quartieri, non sei nessuno. Solo che io, in più, ho un’arma piùpotente del mitra. – Ho capito, nonaggiungere altro. So a cosa ti riferisci.Non mi va di sentire prediche, lo saiche non sono il tipo da Vangelo io. Per me le cose devono andare comevoglio io e non come sta scritto daqualche parte. Anche se a dirle que-ste cose è il tuo amico in croce. – Seiil solito, non sei cambiato affatto. Ma… – Ma… cosa? – A questopunto Aldo prende la sua borsa e netira fuori un’agenda, la apre e mimette sotto gli occhi una foto conuna dedica. Si vedono lui e Matteo,con attorno alcuni altri carcerati edietro una scritta: “Al prete più nerodel mondo che ci fa sentire liberipure qua dentro”. s

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Il nome Misericordia si leggeormai ovunque e Dio Misericor-dia è ovunque perché Lui è

Amore e il mondo ha tanto bisognodi amore, di vedere, di riconoscereDio. Dio cerca in ogni modo di farcicapire, sentire che è sempre presentee Gesù Sua Parola ce lo ha spiegatocon esempi e vita.L’Evangelista San Luca, nella Para-bola del buon Samaritano, ci fa in-contrare con una persona piena dimisericordia che carica sulla sua ca-valcatura il derelitto che aveva rac-colto ferito per strada e lo porta allalocanda per farlo curare. Mi soffermosulla locanda che accolse la personaferita. Chissà se c’era il necessario per

fare quanto di cui quella persona ne-cessitava. Certamente il locandiereavrà fatto tutto il possibile e l’impos-sibile per farlo stare bene, ma, seavesse avuto qualcosa di meglio, tuttosarebbe stato forse più facile. Qualcosa di simile capitava qui aKiirua in Kenya. In passato si acco-glievano ammalati in una piccolastruttura, cottage, e si faceva tutto ilpossibile con tanta dedizione, cura edesiderio di poter fare meglio. I mezzi scarseggiavano e le miglioriesi rimandavano con tanta speranza dipoter un giorno fare qualcosa in più.Il Signore aveva in serbo per noi unasorpresa inviandoci un Samaritanocon un cuore più grande di lui, pieno18

di SUOR MARIAPIA SANTANDREA

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Vivere la Misericordia

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di tanto amore misericordioso che,vedendo la nostra necessità di doveraiutare tanti ammalati, mamme,bambini, si caricò sulle spalle il no-stro fardello e si mise all’opera coin-volgendo, trascinando tanti altri inquesto progetto che ha sapore di mi-racolo: la trasformazione di un pic-colo cottage (la locanda) in unOspedale di qualità.Che cosa spinge una persona come Pa-squale Coppola, che vive bene a mi-gliaia di Km, lontano da noi qui, asacrificarsi, a donare e donarsi, coinvol-gendo altri, cercando sempre nuove vieper poter raccogliere il necessario pergiungere alla meta prefissa? Constatiamo che tanti cuori sono statitoccati da questa personificazione dellamisericordia divenendo loro stessi stru-menti di misericordia e si stanno im-pegnando a fondo affinché tuttoprosegua velocemente e bene. Possiamo affermare che i nuovi padi-glioni di questo nascente ospedale“St.Theresa’s Mission Hospital Kii-rua” sono sempre pieni di degenti eormai insufficienti, che l’amplia-mento e la messa a nuovo della strut-tura è tutt’ora in atto con ottimirisultati. “VISITARE GLI INFERMI” que-sta è l’opera di Misericordia che orastiamo vivendo in prima persona eben visibile è il volto di Dio nel Pre-sidente della Onlus TRAME AFRI-CANE, Pasquale Coppola, sui suoiaiutanti che si chinano sulla strutturasofferente, se ne fanno carico e la re-stituiscono con una immensa capa-cità di sollevare tante sofferenze, di

salvare tante vite umane. “Cosa avremo in cambio?”, chiedePietro a Gesù. Risposta: “Il centuplogià su questa terra”. Assolutamentevero. Il centuplo in misericordia, ingioia nella stanchezza, in bene datoe ricevuto: il Dio della Vita non si la-scia vincere in generosità. Grazie!

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La misericordia è Opera delle donne?Uno sguardo sulla presenza femminile nell’arte.

Nelle “Sette opere di miseri-cordia corporale” del Cara-vaggio, tra le immagini

umbratili è “in luce” la donna cheoffre il suo seno al vecchio che hafame. E appena dietro di essa unafiaccola illumina un cadavere portatoal seppellimento. Con l’Angelo chesembra proteggere e “dirigere” lascena e con l’ignudo in primo piano,appaiono i vertici luminosi di untriangolo compositivo che è comeruotante intorno all’ombra scura,abissale, del centro della scena. La fi-gura femminile ha lo spazio diun’eclatanza visiva, come se l’artistaavesse posto in essa il segno di fulcro

simbolico dell’opera, con lo sguardorivolto alle altre azioni misericor-diose: la donna come custode della“cura dell’altro”. L’azzardo interpreta-tivo è via della formazione dell’ideache nella vicenda umana la donnaabbia portato la disposizione – origi-naria e storica, insieme – per la curadel vivente e allo stesso tempo nellapersistente interrogazione del pro-prio senso e del disagio “di genere”,culturale e sociale. Nell’arte fatta dalledonne si è manifestata nelle diverseforme espressive la riflessione sulsenso del femminile che si fa linguag-gio tra mito e visione, tra gesto e in-scenazione, tra relazionalità e20

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L’Avanguardia “critica” di Rosaria Matarese.

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A latoRosaria Matarese nel suo studio

In altoLe sette opere di Misericordia, olio su tela, 1606-07

MICHELANGELO MERISI DA CARAVAGGIO

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operatività del linguaggio. Di “creatività femminile” e delle sueinterpretate variazioni, si discute damolto tempo e in diverse inclinazioniculturali. Se è vero che l’operare arti-stico non ha interpretazioni presup-poste ma solo fenomenologiche,fondate sulla presenza delle opere enon sulle esistenze dei loro autori, èanche ineludibile che il rapporto traopera e vita dell’artista può dare lucead aspetti dell’opera i quali ne distin-guono l’originarsi, il processo ‘simbo-lico’ della sua materiazione. L’intensità bio-psichica del corporeopensiero femminile e la differenza, dinatura e cultura, che agisce nella per-cezione del mondo sono aspetti con-troversi e anche di conflittualità delleidee e in quanto tali luogo fortementecritico delle riflessioni sull’arte, sulsociale e sulla politica. Resta il fatto ineludibile che dell’ope-

rare artistico delle donne si può diredenso di forme nascenti. Anche l’artedegli uomini, in molte sue espressionidel passato e del presente, sembra es-sere attraversata dal senso femminiledell’origine e della temporalità dellavita (non a caso Gustave Klimt peresprimere il tempo dei corpi rappre-senta figure femminili, declinando lefasi della bellezza e dunque la con-sunzione del corpo come divenire deltempo, tra nascita e morte) e da cor-rispondenti archetipi segnico-imma-ginali. L’arte fatta dalle donne sembramanifestarsi come gesto spesso legatoall’origine della vita e al divenire dellesue forme, legato con le espressionidel corpo femminile e delle sue pro-iezioni psichiche e simboliche.

da sinistraMadonne con bambini, 2014

Haec signa manent, 2015ROSARIA MATARESE

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Artiste donne sono sempre esistite, èla loro visibilità storica a essere statasempre occultata. La condizionefemminile di subalternità sessuale,sociale e civile si riscontrava anchenell’invisibilità del genio e del ta-lento. Eppure già nell’antichità grecaPlinio il Vecchio ci dà notizie didonne artiste: Timarete, Kalypso,Aristarete. Iaia, Olympas. Nascosteper secoli le donne appaiono comeautrici nella storia artistica dal tardoRinascimento in poi (si segnala Sofo-nisba Anguissola, con i suoi intri-ganti ritratti). Ma è anche vero che lafigura dell’artista come riconosciutoautore singolare fino al tardo MedioEvo non esisteva. Gli artisti fino alTrecento erano considerati artigianipiù o meno geniali. Si inizia con An-telami e Wiligelmo e Cimabue len-tamente a modificarsi la autonomafigura dell’artista e con Giotto lasvolta decisamente si compie. Imma-gini di conflitto ‘di genere’ sono giàpresenti in Artemisia Gentileschi,caso eccezionale della storia dell’arte

seicentesca, e storie artistiche di ri-lievo attraversano settecento e roman-ticismo: Rosalba Carrieri, AngelicaKaufmann. Oltre i casi di Berthe Mo-risot e poi di Tamara de Lempika –forse prima figura di donna modernadell’arte – è con figure femminilidelle avanguardie storiche (manife-stazione anche dei processi e dellelotte di riscatto ed emancipazionedelle donne tra fine Ottocento e No-vecento) che la presenza delle operedelle donne segna il divenire delle artidella contemporaneità. I linguaggiche rompono schemi e cercano altrevisioni dell’arte fanno nascere nuoveforme possibili. Diverse singolaritàfemminili nel Novecento hanno pra-ticato la ricerca nell’arte come rifles-sione sulla loro stessa “sessuata”relazione con il mondo e la sua storia. Da Frida Kalho a Sonya Delaunay, daCamille Claudel alla Natalia Goncha-rova, da Louise Bourgeois a Carol Rama

ex voto, particolare, 2009ROSARIA MATARESE

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e Marisa Merz, Titina Maselli, CarlaAccardi e altre fino alle recenti NanGoldin, Barbara Kruger. Marina Abra-movic, Jenny Holzer, Rebecca Horn,Gina Pane, Cindy Sherman, FrancescaWoodman, Vanessa Becroft…Maria Palliggiano, Mathelda Bala-tresi, Clara Rezzuti, Maria Rocca-salva, Rosa Panaro, e RosariaMatarese e altre presenze di genera-zione seguente come Mimma Russo,Lucia Romualdi, Anna Maria Pu-gliese, Marisa Albanese e altre sonostate le protagoniste napoletane dellanuova vitalità artistica femminile cheper diversi aspetti aspetti si legava allamilitanza nel movimento di “libera-zione delle donne”. La cura per l’altro,il rispetto per le “differenze”, la criticadel consumismo e del feticismo del-l’immagine e contro la violenza quo-tidiana “nel corpo e nell’anima” sonostate vere nuove opere di misericor-dia civile e culturale, vie di riscatto esalvezza individuale e sociale. Neltempo dell’avanguardia artistica aNapoli vi sono artiste di rilevante in-tensità espressiva e che sono state te-stimone se non attiviste della nuovapresenza culturale e civile delle donnenegli anni sessanta settanta. Nei lorolinguaggi già dagli esordi ma con per-sistenza negli anni, si avverte una ri-cerca fortemente inflessa sul pianopsicografico, una sorta di corporeitàdell’anima. Rosaria Matarese ha rap-presentato di queste vicende unaesemplare “storia”, di comportamentoe di “linguaggi espressivi.” Partecipando nei suoi esordi alle av-venture delle avanguardie napoletane

(partecipò alle cruciali vicende dellarivista Linea Sud, insieme a Luca,Mario Persico, Stelio Maria Martini,Enrico Bugli …), Rosaria Matarese siè distinta per la sua coerenza poetico-concettuale, pur nella prismaticitàdelle sue esperienze operative. Sem-pre sulla soglia dell’ibridazione di pit-

di FRANCO CIPRIANO

In questa paginaEcce homo, 2013

E io resto a guardare, 1984Nella pagina a lato

È guerra, 2003Un angelo deluso si è impiccato, 2013-2015

ROSARIA MATARESE

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tura, scultura e istallazione ogget-tuale, Matarese ha pensato l’operastessa come corpus che si rivela nellesue articolate possibilità, “operaaperta” al gesto modificante del frui-tore e quindi in relazione mutantecon lo spazio e la sua percezione vi-siva. Opere “partecipate”, così comeil gesto pensante delle donne andavaconquistando, “prendendo la parola”e liberando la propria immagine daglistereotipi sociali-antropologici edalle loro “propagande” mediatiche.Le sue opere degli anni sessanta-set-tanta sono mnemoteche del presentedell’immaginario, custodie di“enigmi” e di “stratificati aforismi ver-bali e visivi. La componente onirico-surreale si stacca dalle dimensionidella rappresentazione per diventareazione trasformativa di una eteroclita“materia dell’anima”. Frammenti og-gettuali, reperti di consumate esi-stenze, ritagli d’immagini dalle

“narrazioni di massa”, una pittura chenon resiste nella sua superficie e in-voca sempre l’altro da sé: lo spazio, lamateria, la parola. In una prismaticaimagerie che sembra essere un dispo-sitivo “misericordioso”, in cui tralucela “critica” attenzione all’umanomolto umano della storia e delle suemitografie che attraversano il tempocome senso sempre antico e semprenuovo. Come le opere “meravigliose”di, esposte in questi giorni di marzoin una esaustiva, amplissima, storicamostra al Palazzo delle Arti di Na-poli. Non solo si conferma l’eccezio-nalità immaginativa di quest’artistanell’Avanguardia napoletana, ma lasua figura emerge anche nel percorsostorico dell’arte nazionale ed euro-pea, con un singolarità di indiscuti-bile forza, degna di figurare tra lemaggiori protagoniste dell’arte ita-liana del Novecento e oltre.

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“Misericordia è l’atteggiamento di-vino che abbraccia, è il donarsi diDio che accoglie, che si piega a

perdonare. Gesù ha detto di non esserevenuto per i giusti, ma per i peccatori.Per questo si può dire che la misericor-dia è la carta d’identità del nostroDio”. Così Papa Francesco ha rispo-sto alla domanda “Cos’è la misericor-dia?” rivoltagli dal vaticanistaAndrea Tornielli durante una con-versazione sul tema che ha portatoalla pubblicazione del libro-intervi-sta Il nome di Dio è Misericordia,

testo che aiuta a capire perché Fran-cesco abbia fatto della Misericordiail cuore del Giubileo che stiamo vi-vendo e il motore della Chiesa. Una scelta che ha scosso e scuote. In-fatti, come ha scritto Enzo Bianchi,“dobbiamo confessare che ancora oggiciò che di Gesù più scandalizza è lamisericordia. Per questo, in tutta lastoria della Chiesa, la misericordia èstata poco esercitata. Quasi sempre èapparso più attestato il ministero dicondanna piuttosto che quello dellamisericordia”. Invece grazie al Giubi-26

di PASQUALE VIOLANTE *

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Il nome di Dio è MisericordiaPapa Francesco e la carta di identità di Dio nel libro-intervista di Andrea Tornielli

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leo della Misericordia voluto da papaFrancesco, possiamo dire che “Algiorno d’oggi la Sposa di Cristo prefe-risce far uso della medicina della mi-sericordia piuttosto che della severità:essa ritiene di venire incontro ai biso-gni di oggi mostrando la validità dellasua dottrina piuttosto che con la con-danna” (Giovanni XXIII, Discorsodi apertura del Concilio Vaticano II,11/10/1962). Infatti secondo l’at-tore Roberto Benigni - intervenutoalla presentazione del libro di Tor-nielli lo scorso 12 gennaio - France-sco sta “traghettando tutta la chiesaverso un luogo del quale c’eravamoquasi dimenticati, la sta tirando versoil cristianesimo, verso Gesù Cristo. Ecome lo fa? Lo fa attraverso la miseri-cordia. E la misericordia di Francesconon è una visione accondiscendente obuonista della vita. No! È una virtùsevera”. Come ha ben compreso Be-nigni, c’è il rischio di travisare il si-gnificato della misericordia,pensando che poiché “Il Signore miperdona sempre”, sia possibile salvarsisenza un comportamento conformealla Sua volontà. Infatti qualcuno èarrivato a scrivere che Francesco “an-nuncia un Dio che perdona tutto esempre a prescindere e a priori, cosic-ché tutti si trovano giustificati nel loromodo di vivere senza bisogno di pen-timento e di conversione” (AntonioSocci, in “Il Dio di Bergoglio equello dei cristiani”, Libero del10/01/2016). Nel suo libro Francesco ci fa capirequanto sia falso questo giudizio. Egliha infatti affermato che “la Chiesacondanna il peccato perché deve dire

la verità: questo è un peccato. Ma allostesso tempo abbraccia il peccatore chesi riconosce tale, gli parla della miseri-cordia infinita di Dio”. Alla domanda“Ci può essere misericordia senza il ri-conoscimento del proprio peccato?”,Francesco ha risposto “La misericor-dia c’è, ma se tu non vuoi riceverla…Se non ti riconosci peccatore vuol direche non la vuoi ricevere”. “La guari-gione c’è, se soltanto muoviamo un pic-colo passo verso Dio o abbiamoalmeno il desiderio di muoverlo. Bastaun minimo spiraglio, basta prenderesul serio la propria condizione”. Quindi non può esserci alcuna sal-vezza a buon mercato, a prescinderedal riconoscimento del proprio pec-cato. Il Signore ci dia la grazia di at-tendere alla nostra salvezzaconfidando sia nella misericordia di-vina, che nella nostra conversione,tenendo presente le parole di S. Ago-stino: “Non disperare: uno dei due la-droni fu salvato. Non ti illudere: unodei due ladroni fu dannato”.*Pubblicato su InDialogo - Febbraio 2016

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Il nome di Dio è Misericordia. Una conversazione con A. Tornielli

di Francesco (Jorge Mario Bergoglio)

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Il caso Spotlight“Nel mare del silenzio una voce s'alzò

da una notte senza confini una luce brillòdove non c'era niente quel giorno.”

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Rimani fermo a pensare, ti sistringe il cuore e ti sembra chenon ci sia più spazio per nulla,

ancor meno per la Fede. Attonito tiguardi intorno chiedendoti come siapossibile. Non trovi risposta.«Richard, lei va ancora a messa?»«No. No, è da un po’ che non vado inChiesa ormai, ma mi considero ancoracattolico.»«E come è possibile?»«Beh, la Chiesa è un’ Istituzione,Mike, fatta di uomini. E’ transitoria.La mia fede è nell’Eterno. Cerco di se-

parare le due cose.»«Sembra complicato.»«Lo è.»Ho visto “Il caso Spotlight”. Sonoandata al cinema e, un po’ per curio-sità, un po’ per obbligo (avendovinto l’Oscar come miglior film esceneggiatura … ), un po’ per consu-mismo, ho deciso di andare in sala avedere un film sui preti pedofili. Mi ritengo un persona di Chiesa euna credente eppure, quando mitrovo ad affrontare le solite discus-sioni sulla fede e l’Istituzione, alle

di ELENA FIORENZA

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volte non so ribattere davanti all’evi-denza. Mi verrebbe di fare spallucceo cedere dinanzi alla facilità di al-cune argomentazioni. Logiche, ra-zionali, comprovate. Invece no,m’interrogo, cerco di scandagliare lemotivazioni del Dubbio. Il rapportoUomo - Dio. Non mi accontento del silenzio o deidati di fatto, uscita da quella sala nonpotevo negare l’evidenza, si trattavadi una storia realmente accaduta, diun’indagine che ha vinto il premioPulitzer nel 2003… insomma vitavera. Ingiustizia vera. E dove? Inseno alla Chiesa.“A volte dimentichiamo facilmenteche passiamo il tempo a brancolare nelbuio. All'improvviso si accende unaluce e lì subentra la colpa di conti-nuare a vagare.”Il passato è passato, ma non per que-sto è finito. Lascia tracce, glorie e ci-catrici. Non si può vivere di esso, maneppure far finta che non sia acca-duto. La “banalità del male” sembre-rebbe risiedere nell’ignavia (quelpeccato che Dante non ritenevadegno neanche dell’Inferno) nelvoler mettere la testa sotto la sabbia,scollarsi di dosso la responsabilità,nei nazisti di Norimberga che asseri-vano di aver solo eseguito gli ordini.

Il film racconta non solo degli abusicommessi, ma solleva il velo dellacomplicità di quei vescovi che nonhanno dato adeguato seguito alle de-nunce di abusi di ecclesiastici su mi-nori e persone deboli. È lì chel’indignazione raggiunge l’apice, è lìche ti senti scosso e ferito, perché stai

subendo la violenza dell’indifferenzao, peggio ancora, del mantenimentodi uno Status. È una verità che è emersa e sta ancoraemergendo, come crociate e guerresante, ma è anche una verità parziale,perché ti mostra solo uno spiraglio,una verità che non arriva fino allafine, che interrompe il filo del pas-sato senza ricongiungerlo con il no-stro presente.“[…]Occorre continuare a fare tutto ilpossibile per sradicare dalla Chiesa lapiaga degli abusi sessuali sui minori eaprire una via di riconciliazione e diguarigione in favore di coloro che sonostati abusati.”Queste sono le parole pronunciateda Papa Francesco il 2 febbraio 2015dopo l’istituzione della PontificiaCommissione per la Tutela dei Mi-nori. È questo il nuovo punto di par-tenza, le giuste basi per cui Giustiziae Misericordia non siano solo “vocedi uno che grida nel deserto”, maguida per quella Chiesa che, comecerva, anela all’Acqua. s

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Il Caso Spotlightun flim di TOM MCCARTHY

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Quanta misericordia occorre,oggi, nel mondo dellosport! E soprattutto,

quante persone che sappiano impe-gnarsi con passione ed amore inmodo responsabile e fedele! Se èvero che lo sport abbia un’impor-tante valenza sociale e culturale nellenostre realtà cittadine, è anche veroche occorra che tutti si possano av-vicinare al mondo dello sport. Nes-suno deve essere escluso. Nessunodeve essere lasciato ai margini, nelleperiferie dell’impegno della società.Al centro devono esserci gli “ultimi”perché il Vangelo ci ha insegnato cheDio è il primo a cercare chi è lon-tano. Ed è in quest’ottica, in un annoin cui si celebreranno le Olimpiadidi Rio de Janeiro, che si inserisce ilprogetto CONI Ragazzi, nato dalla

collaborazione tra la Presidenza delConsiglio dei Ministri, il Ministerodella Salute, l’ANCI (associazionedei comuni italiani) ed il CONI,massima espressione istituzionalesportiva. Tale progetto si impegnaconcretamente a rispettare il princi-pio del diritto allo sport per tutti, afornire un servizio sportivo e socialealla comunità ed a sostenere le fami-glie che vivono in maggiore diffi-coltà economica e/o in areecaratterizzate da profondo disagiosociale come diverse realtà del mez-zogiorno d’Italia o le periferie dellegrandi città. In circa 300 comuni,tutti caratterizzati da elevato tasso didisoccupazione, dispersione scola-stica e basso reddito medio familiare,sono stati coinvolti circa 14.000 ra-gazzi di età compresa tra i 5 ed i 13

di FRANCESCO QUAGLIOZZI

Il benessere sociale dei giovaniTerminerà il prossimo giugno il progetto CONIRagazzi voluto dalla Presidenza del Consiglio e dalMinistero della Salute

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anni, di cui il 67% proveniente da fa-miglie con reddito ISEE inferiore a€ 7.500 e l’80% proveniente da fami-glie con reddito ISEE inferiore a €12.000. Tale progetto sta vedendoimpegnate oltre 1000 società spor-tive dilettantistiche con l’utilizzo dicirca 700 impianti su più di cin-quanta diverse discipline sportive eprevede due ore settimanali di atti-vità sportiva per i ragazzi parteci-panti, campagne informative suicorretti stili di vita, servizio navettagratuito per gli impianti sportivi, in-contri con i campioni olimpici ed

apporto di operatori di sostegno nelcaso di presenza di situazioni di di-sabilità. Le regioni maggiormentecoinvolte sono quelle del Sud e soloin Campania si contano 167 associa-zioni sportive dilettantistiche coin-volte, la maggior parte delle quali delcasertano e del vesuviano. “Che bellotrovare persone, nelle nostre societàsportive, che parlano poco e si sporcanole mani – ha dichiarato il cardinaleScola – la misericordia non è compas-sione, ma amore concreto e fattivo edè bello sapere che le nostre squadreaprano le porte a tutti”. s

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