Settemiglia - anno II, n°6

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settemiglia da Gerusalemme ad Emmaus …e ritorno Periodico Mensile Anno I - N°15 Mail ed Info: [email protected] www.settemiglia.it Diocesi di Nola – Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati – Sa Pagina 4 O-Maggio a San Francesco ...e non solo! Pagina 5 MASCI Scafati II Una comunità per Emmaus Pagina 3 Ma quale antipolitica! Il caso “Grillo” Pagina 6 Vita dei Santi Giuseppe Toniolo Pagina 8 Vita della città La Pedalata ecologica Pagina 11 Il libro del mese Favole al telefono C arissimi amici, Il giorno in cui incontrai, per la prima volta, il popolo di questa meravigliosa diocesi, promisi a me stes- so che avrei faƩo di tuƩo per condivi- derne gioie e angosce, risorse e pover- tà, bellezze e storture. Sapevo, certo, che il territorio presentava mali cronici, in primis la camorra, la disoccupazione giovanile e l’emergenza ambientale, ma in nessun modo avrei creduto che, nel volgere di qualche anno, la terribi- le crisi internazionale si abbaƩesse su di noi in modo così violento da piegare anche i cuori più vitali verso la soe- renza, la rassegnazione, in alcuni casi la disperazione. Ciò che ho visto negli ulƟmi mesi, ciò che ho visto durante la visita pastorale in tuƩe le ciƩà e in tuƩe le comunità parrocchiali, mi ha scosso nel più pro- fondo dell’anima. Le famiglie sono allo stremo. I giovani piangono di rabbia perché i loro studi non sono serviƟ a nulla. Gli Imprenditori e i commercianƟ chiudono, e sempre più spesso si lascia- no andare a gesƟ disperaƟ. Le mamme, le cenƟnaia di mamme con cui ho avu- to modo di parlare, portano sul corpo, nella voce, dentro gli occhi, i segni terri- bili di un futuro che non c’è né per i loro mariƟ né peri loro gli, portano dentro di sé Il buio di un tunnel che non nisce mai. Il triste rito dell’emigrazione verso il Nord dell’Italia è ripreso, esƟrpando dalle loro radici migliaia di giovani che con i loro talenƟ avrebbero faƩo il bene delle nostre comunità. Di fronte a que- ste evidenƟ emergenze, ogni giorno mi chiedo: cosa posso fare come vescovo e pastore? Quali i miei compiƟ e le mie responsabilità? Sinora, con la Chiesa di Nola, mi sono dato quaƩro risposte: la preghiera incessante, anzi l’implora- zione a Dio perché ascolƟ il grido dei giusƟ e degli innocenƟ; la denuncia, in- stancabile e costruƫva, presso coloro che hanno nelle mani gli strumenƟ per cambiare in parte le cose; la molƟplica- zione degli sforzi di Caritas e dalla rete del volontariato, non per “servire pasƟ in più” ma per dare vita a progeƫ di promozione sociale e umana; la sensi- bilizzazione delle comunità parrocchia- li, anché non siano cieche e sorde a fronte del male che divora le persone, e non si accontenƟno di portare avanƟ il “minimo sindacale”. Ciò nonostante, avverto tuƩa la parzialità del mio e no- stro lavoro, e perciò mi apro, sincera- mente, a tuƫ voi: suggeritemi strade, indicatemi senƟeri da percorrere insie- me, segnalateci senza Ɵmori ingiusƟzie e nuove piaghe sociali, anché possa e possiamo dare il nostro pieno contri- buto. TuƩavia io credo che il mio compito, il mio principale compito, sia quello di impegnarmi al massimo perché la luce della fede illumini il buio della noƩe. LoƩare perché la Speranza di Gesù Cri- sto squarci le tenebre, meƩere in gioco la mia stessa vita, tuƩe le mie energie siche e spirituali, perché nessuno, davvero nessuno, resƟ senza una Pa- rola che dia senso e ducia. Purtroppo, non posso materialmente farmi carico delle esigenze drammaƟche e concre- Ɵssime di tuƫ. Ma devo e voglio, e con COSTRUIRE LA SPERANZA, SFIDARE LA CRISI, RITROVARCI COME POPOLO Lettera agli uomini e alle donne della Chiesa di Nola a venti anni dalla visita di Giovanni Paolo II

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Giornale della Parrocchia San Francesco di Paola - Scafati (Sa) Supplemento a IN DIALOGO Mensile della Chiesa di Nola

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settemigliada Gerusalemme ad Emmaus …e ritorno

Periodico MensileAnno I - N°15Mail ed Info:[email protected]

Diocesi di Nola – Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati – Sa

Pagina 4

O-Maggio a San Francesco...e non solo!

Pagina 5

MASCI Scafati IIUna comunità per Emmaus

Pagina 3

Ma quale antipolitica!Il caso “Grillo”

Pagina 6

Vita dei SantiGiuseppe Toniolo

Pagina 8

Vita della cittàLa Pedalata ecologica

Pagina 11

Il libro del meseFavole al telefono

Carissimi amici,Il giorno in cui incontrai, per la prima volta, il popolo di questa

meravigliosa diocesi, promisi a me stes-so che avrei fa o di tu o per condivi-derne gioie e angosce, risorse e pover-tà, bellezze e storture. Sapevo, certo, che il territorio presentava mali cronici, in primis la camorra, la disoccupazione giovanile e l’emergenza ambientale, ma in nessun modo avrei creduto che, nel volgere di qualche anno, la terribi-le crisi internazionale si abba esse su di noi in modo così violento da piegare anche i cuori più vitali verso la soff e-renza, la rassegnazione, in alcuni casi la disperazione.Ciò che ho visto negli ul mi mesi, ciò che ho visto durante la visita pastorale in tu e le ci à e in tu e le comunità parrocchiali, mi ha scosso nel più pro-fondo dell’anima. Le famiglie sono allo stremo. I giovani piangono di rabbia perché i loro studi non sono servi a nulla. Gli Imprenditori e i commercian chiudono, e sempre più spesso si lascia-no andare a ges dispera . Le mamme, le cen naia di mamme con cui ho avu-to modo di parlare, portano sul corpo, nella voce, dentro gli occhi, i segni terri-bili di un futuro che non c’è né per i loro mari né peri loro fi gli, portano dentro di sé Il buio di un tunnel che non fi nisce mai. Il triste rito dell’emigrazione verso il Nord dell’Italia è ripreso, es rpando

dalle loro radici migliaia di giovani che con i loro talen avrebbero fa o il bene delle nostre comunità. Di fronte a que-ste eviden emergenze, ogni giorno mi chiedo: cosa posso fare come vescovo e pastore? Quali i miei compi e le mie responsabilità? Sinora, con la Chiesa di Nola, mi sono dato qua ro risposte: la preghiera incessante, anzi l’implora-zione a Dio perché ascol il grido dei gius e degli innocen ; la denuncia, in-stancabile e costru va, presso coloro che hanno nelle mani gli strumen per cambiare in parte le cose; la mol plica-zione degli sforzi di Caritas e dalla rete del volontariato, non per “servire pas in più” ma per dare vita a proge di promozione sociale e umana; la sensi-bilizzazione delle comunità parrocchia-li, affi nché non siano cieche e sorde a fronte del male che divora le persone, e non si acconten no di portare avan

il “minimo sindacale”. Ciò nonostante, avverto tu a la parzialità del mio e no-stro lavoro, e perciò mi apro, sincera-mente, a tu voi: suggeritemi strade, indicatemi sen eri da percorrere insie-me, segnalateci senza mori ingius zie e nuove piaghe sociali, affi nché possa e possiamo dare il nostro pieno contri-buto.Tu avia io credo che il mio compito, il mio principale compito, sia quello di impegnarmi al massimo perché la luce della fede illumini il buio della no e. Lo are perché la Speranza di Gesù Cri-sto squarci le tenebre, me ere in gioco la mia stessa vita, tu e le mie energie fi siche e spirituali, perché nessuno, davvero nessuno, res senza una Pa-rola che dia senso e fi ducia. Purtroppo, non posso materialmente farmi carico delle esigenze dramma che e concre- ssime di tu . Ma devo e voglio, e con

COSTRUIRE LA SPERANZA, SFIDARE LA CRISI, RITROVARCI COME POPOLOLettera agli uomini e alle donne della Chiesa di Nola a venti anni dalla visita di Giovanni Paolo II

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settemigliasettemiglia Notizie dalla Diocesi 2

me tu a la Chiesa di Nola, caricare sul-le mie spalle il dolore che ciascuno por-ta dentro, nel profondo del suo cuore. Devo e voglio, con i sacerdo , i religiosi e i laici impegna che sono nelle nostre ci à, essere per tu e per ciascuno quell’umile Samaritano che si ferma per sanare le ferite, perché possiate sen rvi solleva e sostenu .Devo e voglio, con la Chiesa di Nola, ascoltare, assistere, indirizzare, forma-re, porre argini morali perché mai le dif-fi coltà economiche e sociali si trasfor-mino in disprezzo della vita, perché mai le ristre ezze e la disperazione por no verso il crimine e altre false soluzioni. Devo e voglio tes moniare che la Spe-ranza c’è, esiste e resiste oltre ogni ra-gionevole dubbio insinuato dalla realtà sociale: Gesù Cristo ha voluto vivere la più grande umiliazione, la morte per palese ingius zia, per dire a ciascuno di noi che nessuna condizione di disagio può toglierci la dignità di persone. In nome della croce iniqua di Gesù, dob-biamo, insieme, lo are e non arrender-ci. Mai.Queste mie parole giungono in un gior-no speciale: oggi, infa , sono passa precisamente ven anni dalla straor-dinaria e storica visita del beato pa-dre Giovanni Paolo II a Nola. Ricordia-mo tu l’emozione di quelle ore, o la dramma ca coincidenza per la quale, in quello stesso giorno, la mafi a uccise a Palermo il giudice Giovanni Falcone e iniziò iI suo a acco agli uomini migliori dello Stato. Ancora oggi le parole del grande Papa Woy la risuonano nel no-stri cuori, e fa breccia nelle nostre per-plessità quell’incitamento, “Costruite la speranza”, che volle ripetere senza tre-gua nell’incontro al Cis con gli impren-ditori e nella celebrazione eucaris ca di Piazza d’Armi.A rileggerle oggi, le parole di Giovanni Paolo Il sanno di dramma ca a ualità.

La cosa deve farci rifl e ere: si ha quasi l’impressione che il tempo si sia ferma-to, che le ci à si siano paralizzate, che quanto dovevamo far fru are è rima-sto seppellito so o terra. In par cola-re, i suoi appelli erano rivol a impren-ditori e giovani, due categorie che oggi, se possibile, soff rono più di allora. I pri-mi perché il loro desiderio di produrre ricchezza viene frustrato dalla crisi, dal-la stre a del credito bancario e da un carico fi scale necessariamente elevato per sopperire ad un debito pubblico sciaguratamente accumulato da classi dirigen indegne di rappresentare il Pa-ese. I secondi perché il sistema-Italia, le is tuzioni e la poli ca nel tempo han-no acuito, anziché ridurre, le proble-ma che occupazionali, con nuando a premiare i raccomanda ed escludere i meritevoli, condannando il Sud ad un presente di serie B. Ogni giorno, ogni santo giorno, vivo uno sconforto e uno sdegno indicibile nei vedere uomini di talento che chiudono le loro a vità e giovani di grande spessore e immense qualità morali costre a curare le pia-ghe della propria umiliazione culturale, sociale ed economica.La Chiesa di Nola ha perciò deciso di vi-vere il ventennale della visita di Giovan-

ni Paolo II non come la mera celebra-zione di un evento, ma come occasione per rileggere il nostro vissuto sociale e rinnovare il nostro impegno come Chie-sa di fronte al dramma degli uomini e delle donne del nostro tempo. Come occasione per ge are di nuovo sulla nostra terra quel seme, quelle parole che abbiamo ascoltato, amato, studia-to, ma che forse non abbiamo messo in pra ca quanto dovevamo.Nel sen rmi fortemente vicino a cia-scuno di voi, desidero appellarmi alle coscienze di quan possono o debbo-no fare di più perché nessuno si senta solo. E Immediatamente voglio aff er-mare un principio: la crisi non l’ha man-data Dio né il fato avverso, ma è tu a opera delle nostre mani. È però, al con-tempo, una grande occasione per ren-dere a Dio, riconsegnare a Dio, un tem-po nuovo, una storia nuova, una terra nuova. È l’occasione per riscrivere una nuova trama, a benefi cio sopra u o del più giovani, imparando dagli errori che abbiamo commesso. È l’occasione di riappropriarci di valori che un tempo erano un patrimonio del Meridione: la solidarietà e la comunitarietà, che forse abbiamo sciupato nel mito della socie-tà individualis ca e materialis ca.Nella memoria lieta di un evento che, ven anni fa, ha toccato nel profondo la diocesi di Nola, auspico di cuore a tu la forza per venire fuori, insieme, dal momento diffi cile. Vi assicuro, e spero la sen ate, la mia piena, since-ra e umile partecipazione a ciò che vi preoccupa e spaventa. E prego inten-samente il Signore, il quale con infi nito amore accarezza ogni giorno i suoi fi gli, perché rinnovi le nostre forze spirituali e ci consenta di trovare nel valori più auten ci la leva per rinascere come po-polo e come territorio.In amicizia,

+ Beniamino Depalma

Il viale principale di Piazza d’Armi, che il 23 maggio 1992 accolse Giovanni Paolo II in visita a Nola, è stato in tolato al Papa polacco a vent’anni da quell’evento. La cerimonia si è svolta il 16 Mag-gio alle ore 20.15, al termine della Santa Messa offi ciata dal vescovo, mons. Beniamino Depalma, per l’anniversario della traslazione delle reliquie di San Paolino.Prima della benedizione della targa, mons. Depalma ha ringrazioato il Consiglio comunale di Nola, il sindaco Biancardi e l’Assessore ai Beni Culturali De Lucia “per aver accolto il desiderio del-la Chiesa di Nola di lasciare un segno concreto del passaggio di Giovanni Paolo II [...] un segno so-pra u o alle giovani generazioni. [...] Agli imprenditori, ai poli ci, a tu i ci adini il Papa indicò la strada della costruzione della Speranza [...] ricordandoci che più forte di ogni male è l’amore di Dio. Quan a raverseranno questo viale, mi auguro, ricordino le sue parole, e for di quelle parole assumano le proprie responsabilità per dare un volto più umano alle nostre comunità”.

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settemigliasettemiglia Riflettiamo 3

MA QUALE ANTIPOLITICA…Il caso “Grillo” e la libertà di fare qualcosa per il nostro povero Paese

Ogni volta che sento defi nire Beppe Grillo come l’an poli co, confesso che mi viene il mal di

pancia! Ma come, dico io, se quella è l’an poli ca, qual è allora la poli ca? E poi, che vuol dire “an poli ca”? Cioè, mi chiedo, esiste veramente un’an po-li ca? Una volta si parlava male del movimen-to anarchico e anch’io l’ho fa o perché, pur condividendo l’ideale di una società libera, capace di ispirarsi ai tempi e alla spontaneità della natura, non ho mai acce ato l’uso della violenza per fare una rivoluzione. Per me la rivoluzione più grande, la vera e unica rivoluzione, è quella di Cristo morto sulla Croce. Ma lasciamo stare questo, rimaniamo nel nostro tempo umano, non scomodia-mo uomini e donne come don Peppino Diana o Madre Teresa di Calcu a che hanno fa o della Croce la loro vita, una vera e propria missione. Prendiamo altri due nomi, meno cono-sciu e anche un po’ più lontani da noi: Tiberio e Gaio Gracco. Due giovani no-bili romani vissu negli ul mi decenni del II secolo avan Cristo. Avete le o bene, AVANTI (!) Cristo. Ebbene, erano due poli ci della Roma repubblicana, spiri liberi educa al bene comune e, sopra u o, al buon senso. Avevano capito che se non si fosse divisa la ter-ra in modo più equo, ben presto nella Capitale del Mondo sarebbero scoppia-te delle gravi rivolte. Quindi proposero una più giusta distribuzione delle terre che, guarda caso, erano concentrate nelle mani di pochissimi senatori. Cosa pensate che successe ai fi gli di Corne-lia, ai nipo di Scipione l’Africano, il vincitore di Annibale? Furono accusa di an stato, in altre parole di fare an- poli ca e fecero una gran bru a fi ne:

mor ammazza . Con Grillo non arri-viamo a tanto, ma facciamo tu o il pos-sibile per sminuirlo, per trasformarlo in un “an eroe”, un ciarlatano, volgare e qualunquista. E questa sì che è poli ca, quella vera, basata sul dileggio, sulle off ese gratuite, sulla violenza verbale, eccetera, eccetera. Cosa dice in realtà Beppe Grillo? “Noi vogliamo una rivo-luzione culturale. Vogliamo che cambi la società intera” e, davan al successo delle liste presentate alle ul me ele-

zioni amministra ve, aggiunge: “Noi ci siamo limita a far entrare [nel Movi-mento 5 Stelle N.d.R.] un sacco di ra-gazzi giovani e puli . Che hanno dietro i più bravi consulen della rete. Fiscali-s , urbanis , geologi, esper di bilanci. Tu a gente che si me e a disposizione gratuitamente”. Ditemi, onestamente, secondo voi sono parole che ispirano un sen mento di “an poli ca”? E se ancora avete dei dubbi ecco cosa dice a Gian Antonio Stella che lo intervista per “Se e” (1 giugno 2012), il se manale del Corriere della Sera “Questo volon-tariato dei ci adini, questo spirito civi-co, è meraviglioso. È un nuovo modo di vedere il mondo. Ogni persona darà un po’ del suo tempo agli altri […]. Ognu-no fa il suo mes ere. E insieme dedica del tempo agli altri. E così andiamo a ricostruirci una iden tà”. Mi sembra di leggere le parole di Giorgio Gaber: “La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la li-bertà non è uno spazio libero, libertà è Partecipazione”. Sia chiaro, io non sto con Beppe Grillo, ma lo ringrazio e gli chiedo scusa se anche il par to per il quale voto gli ha de o parole ingiuste. Lo ringrazio perché ha avuto il coraggio di dire in faccia a tu coloro che han-no fa o la poli ca italiana degli ul mi vent’anni (e forse più), anche a muso duro, di me ersi da parte, di aprire le porte ai giovani, di togliersi la maschera e di amme ere che hanno fallito, che

sono collusi, che sono incompeten . Tu ? No, certamente. Ma che spazio ha chi vuol fare della sua vita una mis-sione? Che fi ne fa chi si os na ad es-sere onesto? Devo fare i nomi di tante brave persone che, come i fratelli Grac-co, hanno fa o una gran bru a fi ne? Noi siamo cris ani, ba ezza , parteci-pan , convin . Qual è il nostro ruolo nella società civile? Abbiamo il diri o di rassegnarci? Beppe Grillo non appar- ene alla nostra cultura, ma è un uomo

che merita rispe o se ha la forza di sve-gliare le coscienze e res tuire a noi tu la nostra libertà di pensiero e la nostra dignità umana.

Vincenzo Fiorenza

Giuseppe Piero Grillo, meglio noto come Beppe Grillo (Genova, 21 luglio 1948), è un comico, a ore, a vi-sta poli co e blogger italiano. Il suo blog è, tra quelli in lingua italiana, il più noto: è stato collocato al se mo posto della classifi ca mondiale 2009 pubblicata da Forbes. Promotore di un forum di discussione con migliaia di iscri comunemente no come “grillini” o “amici di Beppe Grillo”. Ispiratore di numerose liste civiche che portano il suo nome, nell’o obre 2009 ha promosso la nascita di un vero e proprio movimento poli co nazionale, il MoVimento 5 Stelle.

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settemigliasettemiglia Vita della Parrocchia 4

FESTA SAN FRANCESCO DI PAOLA ...E NON SOLOO...Maggio a San Francesco, I Concorso Teatro Amatoriale, Festa del Santo Patrono

Domenica 27 maggio, con l’ul -ma serata dei festeggiamen , si è concluso un mese intenso di

manifestazioni in onore di San France-sco di Paola, nostro patrono. Venerdì 4 apre la rassegna Radici nell’ambito dell’O-Maggio a San Francesco, con tre appuntamen con il teatro indipen-dente, un teatro innova vo che porta in scena fa popolari del vissuto quo- diano, magistralmente interpreta da

giovani a ori ed a rici delle compagnie Teatro del Baule, Teatro di Legno e Tea-tro delle Sguelfe.Venerdì 25 serata conclusiva del “1° Concorso di teatro amatoriale” con vi oria della compagnia GRUPPO DEL GARAGE dire a da Claudio Santoriel-lo; “L’Incontro” è il lavoro con il quale il gruppo ha vinto, spe acolo scri o e dire o dallo stesso Claudio. Sabato 26 e Domenica 27 i giorni ca-nonici della festa con una programma-zione diversifi cata per le due serate: Sabato dedicata al liscio con il gruppo “I Priccipi del Liscio” ed alla sagra degli an chi sapori giunta alla XI edizione. Domenica, dopo la Santa Messa, la co-munità parrocchiale si è riunita a pran-zo, trascorrendo un pomeriggio mera-viglioso all’insegna della semplicità e della fratellanza. A ridosso del parco

giochi sono sta alles , dai volontari di turno, oltre duecento pos a sedere per altre an commensali. All’ordine del parroco, e non solo, è stato servito un pranzo di qua ro por-tate, molto apprezzato per qualità e per quan tà, la musica ha completato l’opera. Al pranzo parrocchiale ha partecipato anche un gruppo di disabili con le loro famiglie, amici dell’Associazione Il Bam-

binello provenien da Poggiomarino. A sera tu in processione per le strade ci adine per onorare l’immagine del Santo. Al rientro, prima dell’entrata in chiesa della statua, i fuochi pirotecnici dal campanile, innova vi nelle forme e nei colori. Nella serata II° raduno degli ar s di strada e la sagra gastronomi-ca hanno concluso la programmazione prevista.

Ciro Aquino

O-MAGGIO SAN FRANCESCO 2012

Essere giovani è bello perché da giovani si può tu o, ci si può diver re sinceramente, non si hanno responsabilità eccessive sulle spalle, si è sempre energici e costantemente fantasio-si, si hanno valanghe di amici e non ci si sente mai soli, se si è annoia basta prendere un

telefono, scorrere un paio di nomi sulla rubrica e decidere di uscire insieme a diver rsi. È vero ci saranno anche quei piccoli problemi di cuore che ogni tanto danno un po’ fas dio, ma parliamoci sinceramente...

è un rapporto di amore odio. Essere infelici in parte ci fa sen re vivi, è parte della nostra sana luna cità. Insomma, essere giovani è bello, essere fantasiosi è bello, essere a vi è bello, come è bello sapere di avere un mondo a orno da dover scoprire e ges re.Ma tu, giovane, lo sai già che non leggerai questo ar colo. Vai, non perdere tempo a leggere, torna su facebo-ok, torna ai tuoi videogames e alla tua “Tì Vì”. Alla tua solita apa a, al tuo grigiore, nessuna cri ca graffi erà, nessun problema sorgerà, non imparerai mai niente. Richiudi nella tua stanza!Oppure...Prendimi in considerazione, dammi re a, inizia ad immaginare, da un’idea ne nascono 2, da 2 facilmente si arriva a 10 e così via fi no a 100, le idee sono come delle hydre, inarrestabili e prolifere. Chiama qualcuno, organizza cose, concre zza. Aff erra la tua vita e sfru a la tua fantasia, fi nché sei in tempo. E se proprio non convince, beh, allora basta tornare a leggere qualche rigo più in su.

di Joshua

telefonh

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settemigliasettemiglia Associazioni cittadine 5

Quest’anno la Comunità MASCI Scafa II si è data un nome: “EMMAUS”, quindi c’è una sor-

ta di affi nità tra la Comunità MASCI e il giornale parrocchiale Se emiglia della parrocchia San Francesco di Paola.Perché la scelta di “EMMAUS” come nome? Noi Cris ani dobbiamo essere uomini della SPERANZA e simboli della spe-ranza cris ana sono i Discepoli di Em-maus che acceca dalla delusione, dal dolore, dallo sconforto ritornano verso il loro paese dopo essere sta a Geru-salemme tes moni della Crocifi ssione di Gesù Cristo. Sono talmente tris e sconforta da non riconoscere, nel viandante che si unisce a loro nel viag-gio, il Cristo. Solo dopo aver cenato con Lui e allo spezzar del pane, riconoscono nel viandante il Cristo Risorto; allora ri-cominciano a sperare in un mondo mi-gliore, in una Gerusalemme libera non dai Romani oppressori, ma libera dal peccato perché tes mone della Resur-rezione di Gesù Cristo.Noi scout vogliamo essere uomini del-la speranza, della speranza di lasciare il mondo un po’ migliore di come l’ab-

biamo trovato (questo è il testamento di Baden Powell – fondatore del Mo-vimento). Ma come fanno gli scout a migliorare il mondo? Lo fanno a raverso l’educazione, la formazione del bambino, del ragazzo, del giovane, dell’adulto. Lo scau smo giovanile (AGESCI, CNGEI, FSE, …) mira a formare delle persone “signifi ca ve” a raverso un percorso che va dagli 8 ai 21 anni; lo scau smo adulto (ebbene sì, anche gli adul si formano e si edu-cano) opera nella ci à, nella chiesa, nel creato per lasciare delle Tracce signifi -ca ve, per creare dei percorsi di cate-chesi per adul , per svolgere dei servizi a chi è meno fortunato.Come dice Giancarlo Lombardi, “fare il capo scout è più importante di fare il deputato perché è un contributo con-creto a formare una società migliore”.Lo scau smo incide sui ragazzi (e sugli adul ) perché insegna dei valori, inse-gna a prome ere di fare del proprio meglio in ogni situazione, insegna a es-sere uomini e donne d’amore, persone su cui si può contare.Lo scau smo ca olico (presente nella nostra ci à con due gruppi AGESCI e

due Comunità MASCI) è un movimen-to laico nel senso che vive responsa-bilmente la propria laicità cercando di me ere in pra ca durante la quo -dianeità gli insegnamen del Concilio Va cano II (quest’anno ricorre il 50° anniversario dell’inizio dei lavori), che restano guide fondamentali della vita della chiesa moderna.Chiudo questa piccola rifl essione cer-cando di riassumere: il compito dello scau smo giovanile ed adulto è quello di tentare di formare persone oneste, re e, semplici che si riconoscano per la tes monianza nella società civile, per la lealtà dei loro comportamen , nell’o-norare la fi ducia che si ripone in loro, nella generosità verso il prossimo, per manifestare a tu la speranza che può esistere un mondo migliore.

Francesco CirilloComunità MASCI Scafa 2

MASCI SCAFATI 2Una comunità per Emmaus

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settemigliasettemiglia Vita dei Santi 6

Il Papa Benede o XVI ha celebrato nella Basilica di San Paolo fuori le mura, domenica 29 aprile 2012, il rito

di bea fi cazione del venerabile Servo di Dio Giuseppe Toniolo, laico e padre di famiglia nato a Treviso il 7 marzo 1845 e morto a Pisa il 7 o obre 1918.La sua è un’esperienza di famiglia ricca di tenerezza e di preghiera, una fami-glia dove la Parola di Dio è di casa. Il miracolo a ribuito all’intercessione di Toniolo riguarda un ragazzo di Pie-ve di Soligo, paese nel quale è sepolto. Francesco Bortolini, adesso 38enne, nel giugno del 2006, dopo una serata di festa era caduto da una rete di recin-zione provocandosi delle ferite che ave-vano portato i medici a considerare le sue condizioni “disperate”. A orno a lui si è stre a la comunità parrocchiale di Santa Maria Assunta di Pieve di Soligo che ha chiesto l’intercessione del vene-rabile Giuseppe Toniolo per la guarigio-ne del giovane il quale, dopo qualche giorno, ha iniziato a migliorare fi no a ristabilirsi completamente.Insigne studioso, Giuseppe Toniolo fu a vo nei molteplici campi di impegno dell’Azione Ca olica: dall’Opera dei Congressi all’Unione popolare, di cui fu presidente. Toniolo sarà par colarmente vicino a Leone XIII, il Papa della Rerum Nova-rum, che aveva grande s ma del pro-fessore pisano; ma anche di Pio X cui proporrà proprio prima della morte di is tuire un Is tuto internazionale per la pace (siamo alla vigilia della prima guerra mondiale) di cui lo stesso Papa doveva essere il presidente.

GIUSEPPE TONIOLOUn laico di grande valore

Varie e numerose sono le inizia ve pre-se nel campo della cultura: dall’Unione ca olica per gli Studi Sociali alla Rivista Internazionale di Scienze Sociali, alla Società Ca olica italiana per gli Studi Scien fi ci. Sarà vicino alla federazione universitaria, la FUCI, fi n dal suo sorge-re, tanto da esserne considerato uno dei principali ispiratori ed è tra coloro che parteciparono alla sua rifondazio-ne dopo lo scioglimento dell’Opera dei Congressi. Inoltre, Toniolo sarà tra gli an cipatori e gli ispiratori della nascita dell’Univer-sità Ca olica, Agos no Gemelli, infa , si rivolge a lui perché lo aiu a promuo-vere un Is tuto scien fi co che raccolga e incanali le ricerche degli studiosi cat-tolici: è, in embrione, l’idea di cos tuire anche in Italia una Università Ca olica. Giuseppe Toniolo vi partecipa in manie-ra qualifi cata: egli infa è, tra l’altro, un profondo conoscitore degli ordina-men universitari europei e crede nella necessità di incen vare un sempre più alto livello di studi da parte dei ca oli-ci. La sua idea di università ca olica è di grande modernità e spiega il mo -vo per cui il gruppo di padre Gemelli, quando riuscirà a dare corpo a questa grande intuizione, in tolerà l’Is tuto fondatore e fi nanziatore proprio a Giu-seppe Toniolo. Effi cace la sua azione nel sollecitare i ca olici italiani, a fare la loro parte, vi-vendo in pienezza una fede incarnata e la laicità cris ana, off rendo, a raverso lo studio, la le ura culturale delle si-tuazioni e un generoso impegno nella poli ca, un servizio al Paese.

Toniolo elabora una sua teoria sociolo-gica, che aff erma il prevalere dell’e ca e dello spirito cris ano sulle dure leggi dell’economia. Nei suoi numerosi scri , propone varie innovazioni: il riposo fes vo, la limita-zione delle ore lavora ve, la difesa del-la piccola proprietà, la tutela del lavoro delle donne e dei ragazzi. Dal punto di vista religioso, è fautore di un’azione più incisiva dei ca olici in campo sociale. Dal 1894 in poi, divie-ne uno degli animatori del movimento della “democrazia cris ana”. Difende il valore economico-sociale della religio-ne, conciliando così fede e scienza. Porta avan la sua professione e la sua famiglia con fedeltà alla Chiesa, s mato dai pontefi ci del suo tempo. Muore nel giorno dedicato alla Madon-na del Rosario, che egli è solito invocare ogni giorno. Le sue spoglie mortali riposano nella Chiesa di S. Maria Assunta a Pieve di Soligo in provincia di Treviso. Visse tra il Veneto e la Toscana, ma di lui si può dire, come di pochi altri che non appar ene solo a questa o a quella diocesi, ma all’intera Italia ca olica.

Pasquale Velleca

Giuseppe Toniolo (Treviso, 7 marzo 1845 – Pisa, 7 o obre 1918) è stato un economista e sociologo italiano, tra i principali artefi ci dell’inserimento dei ca olici nella vita po-li ca, sociale e culturale della nazione ita-liana.È ricordato sopra u o come il fondatore della Se mana sociale dei ca olici italiani, il cui centenario si è svolto nel 2007. È stato proclamato venerabile da Paolo VI il 7 gennaio 1971, bea fi cato il 29 aprile 2012 dal cardinale Salvatore De Giorgi.

«Che cosa è amore fuorché

l’aderire della volontà dell’a-

mante alla volontà dell’a-

mato, sicché di essi due per

mezzo della volontà si effettui

una ineffabile unione? »(Giuseppe Toniolo)

«Al di sopra degli stessi

legittimi beni ed interessi

delle singole nazioni e Stati

vi è una nota inscindibile

che tutti li coordina ad uni-

tà, vale a dire il dovere della

solidarietà umana, con l’inte-

resse di cooperare tutti armo-

nicamente, con eguale, libera

e meritoria emulazione, al

comune incivilimento.»(Giuseppe Toniolo)

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settemigliasettemiglia Associazioni cittadine 7

AMOR DI PATRIASentimento vecchio e retorico?

Abbiamo vissuto l’anno che ha se-gnato il 150° anniversario dell’U-nità d’Italia.

Da quando Massimo D’Azzeglio, poli -co scri ore disse: “abbiamo fa o l’I-talia, ora dobbiamo fare gli italiani”, sono trascorsi 150 anni e “fare” gli Ita-liani sembra ancora una chimera. Noi oggi se parliamo di patria corriamo il rischio di essere giudica nazionalis , oppure, accusa di essere quella parte del paese intelle ualmente arretrato, con idee tramontate. Non possiamo dire altre anto della maggior parte dei Paesi esteri. Infa , basta recarsi in Svizzera, Francia o altri paesi non lontani dai nostri con-fi ni per capire l’importanza di Patria e quanto essa sia radicata nelle men di quei popoli che come noi hanno radici culturali europee. In tan paesi gli eroi nazionali, vengono commemora co-stantemente. Da noi, invece, il più delle volte, i personaggi che hanno contri-buito all’unità d’Italia, vengono rive-du e modifi ca in senso peggiora vo. Bas pensare alla grande venerazione che gli inglesi hanno per Sir. Winston Churchill e al completo disinteresse da parte degli studen per il nostro Alcide De Gasperi che ha contribuito, in modo determinante alla rinascita sociale e ci-vile dell’Italia. Provate a parlare di Giu-seppe GARIBALDI, Giuseppe MAZZINI, Camillo BENSO conte di Cavour, sem-bra quasi doversi vergognare di avere avuto personaggi di questo calibro. In Francia,invece, provate a citare il nome di Napoleone BONAPARTE che nono-stante i suoi periodi oscuri sia nella vita pubblica che privata viene considera-to “il padre storico del passaggio dal regime monarchico alla più moderna forma burocra ca”. Non si può essere

ci adini europei se non si è prima ci a-dini del proprio Paese. L’idea e il senso di patria dovrebbe pro-venire dalla scuola dove, anche gli inse-gnan hanno ormai perso l’abitudine di parlare di nazionalità e chi lo fa viene indicato dai genitori stessi, come gente fuori tempo. Uno spe acolo che può far provare solo disonore è quello di vedere l’indiff erenza di cer atle che chiacchierano tranquillamente mentre viene suonato l’inno di Mameli; qual-cuno addiri ura aveva ven lata l’idea di indire un concorso per cambiarlo, ritenuto vecchio e retorico. Mi chiedo cosa sarebbe venuto fuori. Tenete pre-sente e ricordatevi, che parlare di Pa-tria non è fare poli ca né da un lato né dall’altro è una cosa che dovrebbe es-sere del tu o normale. La nostra Italia è una terra meravigliosa e senza nulla togliere al fascino di altri paesi, sareb-be molto più logico conoscere prima le nostre fantas che località, che non sono poche, ma noi siamo a ra dal-la scoperta dell’estero, senza pensare, perché spesso viene dimen cato, che quello che cerchiamo oltre i nostri con-fi ni è proprio vicino a noi. Gli abitan delle grandi ci à storiche sono sicura-

mente privilegia , però anche nei paesi che sembrano insignifi can si può tro-vare una tes monianza del passato di grande valore storico o ar s co. È compito dei genitori prima e degli insegnan poi far conoscere ai giovani le proprie radici in modo da inculcare nelle loro men , a pieno tolo, che non si può avere rispe o per gli stranieri se prima non si ha rispe o per la propria Comunità e che non si può amare l’I-talia se non si ama il paese di origine, perché il buon ci adino nel proprio pa-ese sarà sicuramente un buon ci adino del mondo e in tal senso dovrebbero essere forma i bambini fi n dalla prima infanzia.Ne consegue che l’educazione civica deve essere vissuta quo dianamente per convincersi che appartenere alla nostra stragrande comunità vuol dire far nascere una società globale.L’esaltazione della Patria non deve es-sere al servizio del Nazionalismo. Noi dobbiamo recuperare quel senso patrio co che ci ha sempre contrad-dis nto per un sano sviluppo del sen- mento e poter partecipare a vaste

assemblee planetarie.Martone cav. Angelo

Trame Africane è un’associazione Onlus che ha care obie vo quello di dare, alle popola-zioni disagiate nei paesi in via di sviluppo, una concreta opportunità di riprendere in mano il proprio des no, a raverso la costruzione o il miglioramento delle infrastru ure, l’educa-zione sanitaria, l’istruzione, la formazione professionale e il lavoro.Sostenerci è possibile in tan modi: u lizzando le nostre bombiniere solidali e i nostri gad-get; des nando il 5 per mille dell’IRPEF in occasione della prossima dichiarazione dei reddi- , organizzando una lo eria o un evento per raccogliere fondi, o semplicemente propagan-

dando le fi nalità e il lavoro dell’Associazione. Ques sono solo alcuni dei modi per aiutarci, tan altri potranno essere quelli propos da te o individua visitando il nostro sito... www.trameafricane.org

Quando con poco si può fare tanto

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settemigliasettemiglia Vita della Citta’ 8

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L’amministrazione Comunale dome-nica 27 Maggio ha organizzato la passeggiata ecologica: “In bici alla

scoperta delle contrade”.L’evento ha coinvolto cen naia di cit-tadini che, alle 8:30, nel piazzale del-la chiesa di San Francesco di Paola, si sono riunite e, dopo le iscrizioni, aspet-tavano la partenza con entusiasmo e trepidazione in sella alle proprie bici-cle e. Mamme, papà, ragazzi, bambini e anziani si sono cimenta in questo piccolo viaggio alla scoperta delle “con-trade” della nostra ci à. Finalmente l’allegro suono dei campa-nelli squilla nell’aria e si dà il via alla tanta a esa passeggiata. Si passa per Corso Nazionale, via Gio-vanni XXIII, dove si notano le facce per-plesse dei pedoni che si ritrovano nel bel mezzo di un’invasione di ciclis di tu e l’ età. Inizialmente le prime diffi coltà si face-vano sen re sopra u o dai bambini, che non essendo abitua ad andare con la bicicle a in strada, spesso sbandava-no venendo con nuamente richiama dai genitori in ansia. Preso fi nalmente il ritmo, forse troppo lento, l’orda di cicli-s arriva alla prima tappa: via Sant’An-tonio Vecchio. Forse un po’ per l’inizia-le stanchezza, un po’ per golosità, c’è stato un vero e proprio assalto al punto ristoro dove veniva distribuito un sac-che o pieno di leccornie gen lmente off erte da uno degli sponsor promotori dell’evento. Durante la sosta una guida illustrava la storia della contrada S. An-tonio Vecchio e delle altre. Salta nuovamente in sella, più carichi di energia grazie al notevole apporto calorico del sacche o ristoro, ci incam-miniamo per una strada di campagna, dove bisognava fare a enzione a non

raggiungere, con un bel capitombolo, fi nocchi e fagiolini che crescevano nei campi adiacen . La strada abbastanza sconnessa ha dato ai ciclis non pochi problemi; una nostra reporter ne è te-s mone, vi ma infa di una buca fora una ruota. Supera gli ostacoli si passa per il centro di San Pietro dove viene eff e uata una sosta non programmata: tra asi di sosta tecnica per “ricompat-tare” il gruppo. Si parte dunque per l’ul mo tra o di strada, obie vo il traguardo. La stan-chezza si faceva sen re ed anche il sole, ma il traguardo era visibile. Arriva in piazza Vi orio Veneto come da pro-gramma, tra abbracci e scambi di bat-tute tra i partecipan ci appres amo ad alcune interviste per conoscere un po’ le impressioni sull’evento appena concluso. La sig. Annamaria Pavan alle nostre domande risponde che, pur essendo solo la 2° edizione, l’evento ha riscos-so grande successo e che, a suo pare-re, la passeggiata ha contribuito alla

sensibilizzazione ecologica e al rispe o dell’ambiente. Il sig. Amedeo Cirillo interviene dicen-do che even del genere aiutano molto anche la socializzazione e sono mo-men u li per dedicare tempo ai propri fi gli, alla propria famiglia. Noi concludiamo rifl e endo sull’impor-tanza dello spostarsi con mezzi che non inquinino, che in realtà non sono poi così “scomodi” come sembrano. Sicuri che sia più importante la salute del nostro pianeta che la rela va stan-chezza che l’uso di una bicicle a possa portare.

Squadriglia An lope

INVASIONE DI CICLISTI A SCAFATII cittadini scafatesi in giro per le contrade di San Pietro e Terze in sella ad una bicicletta

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settemigliasettemiglia InRedazione - lettere aperte - 9

Tu siamo chiama a partecipare alla croce di Cristo e alle sue soff erenze per poi partecipare alla sua Risurrezione con la sola eccezzione delle persone anziane che non dovrebbero mai soff ri-re, perchè come bambini sono indifese e deboli. Cosa porteremo con noi nel giorno dell’incontro? Cosa off riremo al nostro Dio? Preghiamo affi nchè quel giorno possia-mo portare ceste di dolori e soff eren-ze, mistero di una purifi cazione che ci apra, anzi ci spalanca le porte del Pa-radiso. Certo la nostra fragilità ci a er-risce, gridiamo i nostri mille perchè, i nostri dubbi e le nostre ribellioni. Ci diciamo pron , ma poi quando la sof-ferenza bussa al nostro cuore, diciamo “non a noi, non a noi Signore, bussa in un’altra casa, noi siamo inten a fare altro. Signore proprio adesso? Proprio adesso che devo realizzare il mio futu-ro, proprio adesso che avevo trovato l’amore, avevo trovato un lavoro... pro-prio adesso in cui la mia famiglia neces-sita del mio aiuto e del mio sostegno”.Vorremmo de are noi le leggi e dire a Dio come comportarsi, ci nascondiamo dietro al “proprio adesso” ingannando noi stessi e Gesù, e non avere il corag-gio di dire “mai” e non “proprio ades-so”. Noi non saremmo mai pron , ma Dio bussa ed entra quanto meno l’at-tendiamo, bussa dolcemente ed entra

violentemente, entra con la Croce e non con la corona di potenza e di suc-cesso. Allora non ci resta che cantare “eccomi, eccomi, io vengo Signore a fare la tua volontà”. Quante volte ci siamo meraviglia nel leggere la biografi a di grandi San , quante volte ci ha colpito la vita soff er-ta e off erta di tante anime mis che, ma sempre le consideriamo lontani, come se appartenessero ad un altro orizzon-te, come se noi mai potremmo imitarli, li consideriamo quasi come degli ex-traterrestri. Eppure sono uomini che hanno vissuto e vivono la nostra stessa vita, sposi, madre di famiglia, giovani, consacra che incontrano un uomo di nome Gesù e ne fanno il loro modello di vita. Quali sono i nostri modelli? Di certo diciamo Gesù, eppure seguia-mo il potere, il successo, la realizzazio-ne professionale, il dio denaro, diciamo

di amare Gesù e ritorniamo a Lui solo quando ci fa comodo.Diffi cile è dire Si, diffi cile seguirlo per-chè la nostra umanità de a le sue leggi e le paure, le preoccupazioni, le diffi -coltà indeboliscono la fede e lasciano vacillare il cuore.Allora cosa poter fare in tanto buio? Non ci resta che aggrapparci a Lei, Ma-ria e Lei saprà il modo e il tempo in cui avvicinarci al Figlio. Allora ci avviciniamo a Lui con le nostre debolezze e Lui ci trasformerà e, solo allora, non avremmo paura di soff rire e di abbracciare la croce, perchè scorge-remo di non essere da soli, da un lato siamo crocifi ssi noi, ma dall’altra fac-cia della croce è crocifi sso Gesù a farci compagnia, a piangere con noi, a grida-re con noi, a spargere sangue con noi, a morire con noi.Amico mio allora preghiamo, prega la Vergine Maria che anche io sia capace di dire ancora il mio Si, prega perchè si raff orzi la mia fede e più viva diven la fi ducia in Cristo nostra salvezza. Prega e fa pregare sopra u o per i piccoli am-mala e per gli anziani, quelli lascia soli nei loro le d’ospedale o nelle loro case. Prega e invita a pregare per Casa Sollievo della Soff erenza, perchè tu possano scoprire il primigenio carisma per cui Padre Pio l’ha voluta e fondata.

Silvio

DA CASA SOLLIEVO DELLA SOFFERENZARifl essioni personali

Carissimi lettori,con il numero di giugno 2012 “Settemiglia” ha concluso anche la sua seconda annata. Quando il Parroco, don Peppino de Luca, ci presentò la sua idea, tutti l’accogliemmo con

entusiasmo, ma eravamo anche consapevoli delle diffi coltà che avremmo incontrato, ecco perché possiamo ritenerci soddisfatti di essere arrivati fi n qui. Non solo! Chi ci ha seguito ha anche po-tuto verifi care i grandi cambiamenti che ci sono stati in soli due anni: la grafi ca, l’impaginazione, i contenuti. Anche la redazione è cresciuta, ha acquisito maggiore consapevolezza e competenza. Ora tocca a voi! Settemiglia apre le sue virtuali porte a tutti coloro che vogliono contribuire all’arricchimento del giornale. Cosa ci aspettiamo? Per esempio lettere su esperienze di vita vissuta che ci aiutino ad allargare i nostri orizzonti; segnalazioni di eventi (spirituali, culturali, sportivi, sociali, …soprattutto scafatesi) che stimolino la nostra voglia di partecipare e di rifl ettere; proposte di articoli. Insomma, tutto ciò che ritenete bello da condividere con gli altri per crescere come comunità parrocchiale e cittadina. Ovviamente, la nostra speranza è che si facciano sentire in modo particolare i giovani, studenti e lavoratori, perché, come sempre, sono capaci di stupire. La casella di posta alla quale inviare le vostre proposte è: [email protected] aspettiamo con interesse e curiosità.

La redazione

PORTE APERTE A SETTEMIGLIA

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settemigliasettemiglia Rubriche 10

Sembra esserci nell’uomo, come nell’uccello, un bisogno di migra-zione, una vitale necessità di sen-

rsi altrove.Questo dice Marguerite Yourcenar. Ed è realmente così. Arriva ad un certo punto dell’ado-lescenza iniziamo a dire: “Ho deciso, a dicio ’anni vado via di casa”. Poi in un ba to di ciglia, di ali, in una folata di vento o come dir si voglia, arriva la maggiore età e ci si sente ancora un po’ bambini, ancora alle piccole ma immense certezze di tornare a casa dopo scuola, di avere qualcuno con cui sfogarsi, di potere lamentarsi di quel professore insopportabile, di potere chiudersi nella stanza e sapere che c’è qualcuno che verrà a bussare alla porta per sapere cos’è successo, o semplice-mente esultare per un bel voto sudato e meritato. Cose che possono sembrare sciocchez-ze, ma che allo stesso tempo ci fanno rifl e ere sull’importanza che possia-mo riporre negli aff e di sempre , che possano essere quelli di un nonno, una mamma, un papà, un fratello, fi do, un ga o o il pesciolino rosso. Siamo lega , insomma, inevitabilmen-te a chiunque sia riuscito a darci, in un periodo par colare della nostra vita, una dolce sicurezza, un caldo abbrac-

cio, un soffi o di tenerezza, uno squarcio d’amore. Siamo abitua alla vicinanza dei nostri amici di sempre, alle nostre distrazioni, a qualsiasi cosa faccia parte del nostro quo diano e che ci abbia aiutato a co-struire una porzione della trama del nostro essere. Questo, naturalmente, è spe acolare e magico se vogliamo.. ma quando arriva il momento, a volte improvviso, altre premeditato, di dovere allontanarsi dal nido per volare via? Parlo del caso degli studen fuori sede. Cosa inizia a frullarci nella testa? Una miriade di pensieri. Il terrore di non riu-scire a badare a se stessi, la paura di in-contrare persone sbagliate, di perdere

tu o quello che in un modo o nell’altro ci lasciamo alle spalle: persone, situa-zioni, relazioni costruite nel tempo con coinvolgimento e dedizione, come se poi bastasse la lontananza a rompere i legami veri. E poi i sacrifi ci enormi, sopra u o eco-nomici, che bisogna aff rontare, beh, non a u scono per niente il colpo. Insomma, non è così facile quanto sem-bra. Sì, si fanno tan ssime conoscenze, si conoscono poi tante realtà prima pra camente ignote, s’impara a farsi forza a vicenda, si cresce, ma, comun-que, tagliare il cordone, almeno all’i-nizio, specialmente per chi non è abi-tuato alla lontananza, lo si può defi nire come un vero e proprio trauma. Anche se poi, come in ogni cosa, c’è sì il lato amaro ma anche quello dolce, che non è, come si può pensare, la libertà o il poter fare quello che si vuole, ma la certezza che in qualsiasi caso e in qua-lunque momento o situazione, anche quando subentra la più semplice ma-linconia, c’è sempre (intesa nel senso più largo del termine) una casa sincera, unica e accogliente a cui far ritorno, an-che solo con la forza del pensiero, per-ché l’unica vera dimora, in fondo, regna nel cuore.

Rosa Matarazzo* Hermano Querido: Caro Fratello

BUON VIAGGIO HERMANO QUERIDO!*...La casa è nel cuore

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settemigliasettemiglia Rubriche 11

FAVOLE AL TELEFONOLa fuga di Pulcinella

Questo mese non dirò nulla, la-scerò parlare Gianni Rodari che con la sua freschezza e il suo

sguardo da bambino sa stupire e far sorridere. Vi dedico questa favola, una delle tante presen in “Favole al telefono” quelle che il signor Bianchi, lavorando lonta-no, raccontava alla sua bambina per augurarle la buona no e. Anch’io ci sono cresciuta e me ne porto ancora addosso tu a la dolcezza.

Elena Fiorenza

muricciolo e si addormentò. Allo spun-tare del sole si destò ed aveva fame. Ma intorno a lui, a perdita d’occhio, non c’erano che garofani, tulipani, zin-nie e ortensie. - Pazienza, - si disse Pulcinella e colto un garofano cominciò a mordicchiarne i petali con una certa diffi denza. Non era come mangiare una bistecca ai ferri o un fi le o di pesce persico; i fi ori han-no molto profumo e poco sapore. Ma a Pulcinella quello parve il sapore della libertà, e al secondo boccone era sicuro di non aver mai gustato cibo più deli-zioso. Decise di rimanere per sempre in quel giardino e così fece. Dormiva al ri-paro di una grande magnolia le cui dure foglie non temevano pioggia né grandi-ne e si nutriva di fi ori; oggi un garofano, domani una rosa. Pulcinella sognava montagne di spa-ghe e pianure di mozzarella, ma non si arrendeva. Era diventato secco secco, ma così profumato che qualche volta le api si posavano su di lui per sugge-re il ne are, e si allontanavano deluse solo dopo aver tentato invano di af-fondare il pungiglione nella sua testa di legno. Venne l’inverno, il giardino sfi orito aspe ava la prima neve e la po-vera marione a non aveva più nulla da mangiare. Non dite che avrebbe potu-to riprendere il viaggio: le sue povere gambe di legno non lo avrebbero por-tato lontano.«Pazienza - si disse Pulcinella, - morirò qui. Non é un bru o posto per morire. Inoltre, morirò libero: nessuno potrà più legare un fi lo alla mia testa, per far-mi dire sì o no».

La prima neve lo seppellì so o una morbida coperta bianca. In primavera, proprio in quel punto, crebbe un garofano. So oterra, calmo e felice, Pulcinella pensava:«Ecco, sulla mia testa è cresciuto un fi ore. C’é qualcuno più felice di me?» Ma non era morto, perché le mario-ne e di legno non possono morire. È ancora là so o e nessuno lo sa. Se sarete voi a trovarlo, non a accategli un fi lo in testa: ai re e alle regine del teatrino quel fi lo non dà fas dio, ma lui non lo può proprio soff rire.

Gianni Rodari

settemigliada Gerusalemme ad Emmaus ...e ritorno

Supplemento a IN DIALOGOMensile della Chiesa di NolaAut.ne Trib. di Napolin. 3393 del 7/03/1985Direttore Responsabile:MARCO IASEVOLI

Coordinatore Redazione:DON GIUSEPPE DE LUCARedazione:VINCENZO FIORENZAENZO VITIELLOALFONSO QUARTUCCIELENA FIORENZAVINCENZO DONNARUMMA

E-Mail ed Info:[email protected] Per leggere e scaricarele pubblicazioni precedenti:www.settemiglia.itStampa: Ar Grafi che Bruno

LA FUGA DI PULCINELLAPulcinella era la marione a più irre-quieta di tu o il vecchio teatrino. Aveva sempre da protestare, o perché all’ora della recita avrebbe preferito andare a spasso, o perché il bura -naio gli assegnava una parte buff a, mentre lui avrebbe preferito una par-te dramma ca. - Un giorno o l’altro, - egli confi dava ad Arlecchino - Taglio la corda. E così fece, ma non fu di giorno. Una no e egli riuscì ad impadronirsi di un paio di forbici dimen cate dal bura na-io, tagliò uno dopo l’altro i fi li che gli legavano la testa, le mani e i piedi e propose ad Arlecchino: - Vieni con me. Arlecchino non voleva saperne di separarsi da Colombina, ma Pulcinel-la non aveva intenzione di portarsi dietro anche quella smorfi osa, che in teatro gli aveva giocato centomila ri. - Andrò da solo, - decise. Si ge ò co-raggiosamente a terra e via, gambe in spalla. «Che bellezza - pensava correndo - non sen rsi più rare da tu e le par- da quei malede fi li. Che bellezza

me ere il piede proprio nel punto dove si vuole». Il mondo, per una marione a soli-taria, é grande e terribile, e abitato, specialmente di no e, da ga feroci, pron a scambiare qualsiasi cosa che fugge per un topo cui dare la caccia. Pulcinella riuscì a convincere i ga che avevano a che fare con un vero ar- sta, ma ad ogni buon conto si rifugiò

in un giardino, si acqua ò contro un

FAVOLE AL TELEFONOdi Gianni RodariEinaudi

Chissà se il ragionier Bianchi, rappresentante di com-mercio degli anni Sessanta, che al telefono ogni sera raccontava alla sua bambina favole straordinarie, oggi userebbe il «cellulare» o il fax... In ogni caso le Favo-le al telefono sembrano non conoscere il passare del tempo: i paesi visita da Giovannino Perdigiorno, la minuscola Alice Cascherina, i personaggi an confor-

mis , gli even imprevis e le dolcissime strade di cioccolato cos tuiscono i pun di forza di quella inesauribile capacità di invenzione, che Gianni Rodari sapeva coniugare con l’osservazione della realtà.

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