Settembre 2005 Misteri Della Grotta Tana Dela Mussina

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      A       R       C       H       E       O       L       O       G       I       A 162 I misteri della grotta La Tana della Mussina di Borzano, scoperta nel 1871, svela importanti enigmi sui riti di sepoltura collettiva N el novembre del 1871, nel corso di un’escursione naturalistica, il parroco di San Ruffino di Scandiano, don Antonio Ferretti, rinvenne un’accettina di pietra all’in- terno della Tana della Mussina di Borzano, una delle tante grotte che bucano la  “vena del gesso” (una formazione geologica che si formò sul fondo del bacino mediterraneo quand’esso, circa 5 milioni di anni fa, chiuso al le “Colonne d’Ercole”, si prosciugò come una pozza). Il Ferretti, entusiasta per la scoperta, iniziò, con scavi poco ortodossi, il recupe- ro dei resti umani e dei reperti in essa conservati (prevalentemente accettine di pietra), ma don Gaetano Chierici, a quel tempo già paletnologo di fama più che nazionale (dal 1864 intratteneva corrispondenza con Gabriel De Mortillet, del Museo di St. Germain en Laye a Parigi e, di lì a poco, un suo intervento, proprio sulla caverna di Borzano , sarebbe stato presentato al Convegno di Antropologia e Archeologia Preistorica di Bruxelles), di James Tirabassi Archeologo Ingresso della grotta

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      I      A

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I misteri della grotta

La Tana della 

Mussina di 

Borzano,

scoperta nel 

1871, svela importanti 

enigmi sui riti 

di sepoltura 

collettiva 

N

el novembre del 1871, nel corso di un’escursione naturalistica, il parroco di San

Ruffino di Scandiano, don Antonio Ferretti, rinvenne un’accettina di pietra all’in-

terno della Tana della Mussina di Borzano, una delle tante grotte che bucano la

 “vena del gesso” (una formazione geologica che si formò sul fondo del bacino

mediterraneo quand’esso, circa 5 milioni di anni fa, chiuso alle “Colonne d’Ercole”,

si prosciugò come una pozza).

Il Ferretti, entusiasta per la scoperta, iniziò, con scavi poco ortodossi, il recupe-

ro dei resti umani e dei reperti in essa conservati (prevalentemente accettine di

pietra), ma don Gaetano Chierici, a quel tempo già paletnologo di fama più che

nazionale (dal 1864 intratteneva corrispondenza con Gabriel De Mortillet, del Museo di St.

Germain en Laye a Parigi e, di lì a poco, un suo intervento, proprio sulla caverna di Borzano,

sarebbe stato presentato al Convegno di Antropologia e Archeologia Preistorica di Bruxelles),

di James TirabassiArcheologo

Ingresso della grotta

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grazie a una ineccepibile formazione scientifica, intervenne,

con tutto il peso della sua autorità, per impedire che il Ferret-

ti, benemerito sì della scoperta, ma inesperto di preistoria e

un tantino esaltato, distruggesse l’intero deposito.

Dopo una breve “querelle”, che durò meno di un mese, por-

tata a termine con l’aiuto del fido Pio Mantovani, il Chierici

avocò a sè il prosieguo dell’esplorazione archeologica ed inol-

tre convinse Paolo Veneri, allora proprietario della grotta, a

confiscare i reperti scavati dal prelato scandianese.

Ovviamente la reazione del Ferretti non tardò a farsi sentire

tramite stampa: in un suo opuscolo scrisse “… per invidia,

che è verme il quale rode le viscere a una gran parte dei figli

di Eva, occupatamisi la tana, e sequestratimi a mezzo del-

l’Usciere della Pretura di Scandiano le asce, le ossa, i cocci da

chi vorrebbe far della scienza nella Provincia di Reggio crudomonopolio, ho dovuto dar termine e desistere da qualsivoglia

altra investigazione e studio” e ancora, in una nota, disse

in modo sarcastico: “ Corre voce in paese che tre contadini

da soli furono messi a lavorare entro la tana, ed il geologo,

l’antropologo, il paleoetnologo (con i tre termini volle indica-

re il Chierici, visto come uno e trino n.d.r.) per timore della

terzana le fece due visite di mezz’ora in quindici giorni; e non

ostante che in si breve tempo abbia trovato mirabilia, s’è tal-

mente incaponito dietro le mie Ascie, che per fas o per nefas(in modo lecito o illecito n.d.r.) le vuole lui” 

La Tana della Mussina è caratterizzata da una grande sala

iniziale, fenomeno piuttosto raro nelle altre grotte dell’Emilia

Romagna; qui Mantovani e Chierici, con tre operai, nell’arco

di un mese di lavoro, fra 1871 e 1872, ebbero modo di in-

dagare la parte di deposito archeologico non distrutta dalle

precedenti operazioni di scavo.

Effettuarono inoltre rilievi di piante e sezioni che, a distanza di

oltre un secolo, ci consentono di capire funzioni e caratteristiche

strutturali di questo antro.Sul fondo della sala, sul lato destro, il Chierici rinvenne sei massi

di gesso che gli sembrarono appositamente sistemati per realiz-

zare un altare o un’ara sacrificale. Sul suo piano riconobbe cospi-

cue tracce di roghi e i resti di due crani umani combusti, mentre,

ai suoi piedi, scivolati verso l’opposta parete della grotta, raccolse

i resti di almeno 18 corpi umani ( secondo le determinazioni an-

tropologiche fatte all’epoca: 6 fanciulli, 4 adolescenti, 7 adulti, 1

vecchio) che, in alcuni casi, recavano tracce di bruciature; recu-

però inoltre altre accettine e reperti che andarono ad ampliare laraccolta sequestrata al Ferretti. Nonostante le attente indagini,

per il Chierici, così come per il Ferretti, la Tana della Mussina

sembrò essere una grotta in cui si svolgevano riti legati a sacrifici

umani e a pratiche cannibalesche.

Oggi, dopo le numerose scoperte avvenute nelle grotticelle delle

Prealpi e della Romagna, sappiamo che tale interpretazione è

errata.

Rilievo di Gaetano Chierici e

Pio Mantovani

Mandibola umana

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Dal tardo neolitico e per buona

parte dell’età del bronzo in tutto il

vecchio continente, Italia compresa,

la sepoltura collettiva incontra una

grande fortuna e numerose sono leculture che ne adottano i suoi ca-

ratteri.

La frequentazione della Tana della

Mussina inizia proprio nell’ultima

fase del neolitico ed infatti i reperti

ceramici più antichi rinvenuti al suo

interno appartengono alla Cultura

della Lagozza (dal sito eponimo di

Lagozza di Besnate-Varese, ove fu

riconosciuta per la prima volta).

Questi reperti più antichi potrebbe-

ro però riferirsi a frequentazioni non

funerarie della grotta, visto che fra

i reperti rinvenuti vi sono anche re-

sti di pasto (ossa di animali) e una

mezza macina. Materiali che, nella

preistoria, a volte, costituiscono ilresiduo dei banchetti funebri, ma

che, solitamente, sono connessi ad

aree residenziali. Fu però soprat-

tutto nel corso dell’età del rame

(3.300- 2.300 a.C.) che la grotta

venne adibita a sepolcreto.

Le ceramiche dell’età del rame, che,

come ci insegnano i coevi sepol-

creti a inumazione riportati in lucea Spilamberto (MO) e a Remedello

Sotto (BS), solitamente fanno parte

dei corredi femminili, alla Tana della

Mussina possono essere assegnate

alla fase piena e tarda di questa età

(ceramiche con decorazioni meto-

pali e a squame).

Gli elementi di corredo maschile,

asce in pietra verde e pugnali in sel-

ce, sono invece di più difficile data-

zione, ma i litotipi (tipi di roccia) che

caratterizzano le asce contemplano

solo in parte l’eclogite, una roccia

caratteristica delle Alpi Occidentali

di cui fu fatto largo, se non esclu-

sivo, uso nel neolitico. Possiamo

pertanto presumere che esse siano

da riferire prevalentemente all’età

del rame: sempre di rocce verdi si

tratta, ma alternative a quelle che

troviamo appunto in siti e tombeneolitiche. Sappiamo infatti che,

nell’età del rame, la ricerca di ma-

terie prime fu intensificata per cui

queste dinamiche popolazioni furo-

no in grado di sfruttare risorse mai

prima considerate. In conclusione

possiamo dire che nella Tana della

Mussina si svolgevano rituali di mor-

te relativi alla collocazione di salme

all’interno di questa naturale tomba

monumentale comune, tipo di tom-

ba che, in altre parti d’Europa, da

diverse culture fra età del rame ed

età del bronzo, fu invece artificial-

mente costruito (vedi: dolmen della

costa atlantica, long barrow dell’In-

ghilterra, domus de janas e tombedei giganti della Sardegna, specchie

della Puglia, ecc.).

I rituali, qui come là, ricorrevano

spesso al fuoco che serviva, proba-

bilmente, sia per scacciare gli spiriti

maligni ogni volta che si entrava nel

regno dei morti, che per disperdere

i miasmi della putrefazione, pratica,

questa, che potrebbe aver innesca-to gradualmente il rito crematorio,

il quale caratterizzerà le successive

culture del Bronzo Medio e Recen-

te di buona parte d’Europa (Campi

d’urne)

Fatto sta che, all’interno della grot-

ta, gli eventi naturali (ruscellamento

interno, colluvi, presenza di animali)

si accanirono sui resti umani e sui

loro corredi, che, nel corso di oltre

cinque millenni, finirono sparsi sul

suolo della grotta, scivolando in

prevalenza verso la zona più bassa,

dove, al Chierici, apparvero caotica-

mente disposti.

Fra i reperti, oltre alle poco accat-

Vaso Lagozza (tazza grande)

Vaso con finitura a squame

Vaso Lagozza (tazza piccola)

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tivanti, ma significative ceramiche, il cui re-

stauro è stato recentemente eseguito dalle

bravissime restauratrici milanesi Lori Nistri e

Liliana Morlacchi, spiccano, appunto, nume-

rose accettine in pietra verde, uno splendidopugnale in selce di tipo “remedelliano”, un

pugnale e una punta ricavati da ossa lunghe

di animali, alcuni tubuli, sempre in osso, for-

se facenti parte di monili (collane e braccia-

li), e una fusaiola. Quasi inesistente invece il

metallo che caratterizza questa età: il rame.

I soli reperti di rame sono infatti costituiti da

una lesina (punteruolo) completa e da un

frammento di un altro esemplare simile ■

Pugnale in osso

Pugnale in selce

Accettine