AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO … · dei nostri pranzi standard presso il Sink Hole,...

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I l nostro gruppo si forma pian piano:in otto ma con due voli diversi da Milano, poi cinque da Roma. Nello sca- lo di Istanbul un primo nucleo del gruppo inizia a co- noscersi passeggiando nei dintorni di Santa Sofia, cercan- do di occupare le 10 ore che ci separano dal volo per l’O- man.A sera,all’imbarco si aggiungono altri tre componenti in arrivo da Milano con l’altro volo; l’ultima partecipante ci ha preceduto di un paio di giorni, la incontriamo a Mu- scat in albergo. Dopo 24 ore dalla partenza il gruppo, con i suoi quattordici partecipanti, è al completo; domani mat- tina si parte alla scoperta di questo paese poco conosciuto ai più. Passiamo il pomeriggio e la serata alla scoperta dei luoghi raggiungibili a piedi e così, oltre al suq, dopo una discreta camminata sul nuovissimo lungomare tutto di granito ro- sa, dal parapetto al marciapiedi e dalle panchine alle sta- tue, raggiungiamo il Museo un po’ provati dal caldo umi- do che ci ha accolti fin dal nostro sbarco. Iniziamo ad en- trare nello spirito del paese e della sua storia ammirando abiti, gioielli, armi, arredi e tanto altro. Prima di ritornare passiamo davanti all’ingresso del palazzo di Her Majestic Sultan Qaboos Bin Said chiamato da tutti, per brevità ma con molto rispetto, Sultan Qaboos la cui immagine ca- peggia in tutti i luoghi pubblici e privati.Al ritorno ci sor- prende un bell’acquazzone; in effetti non c’è il cielo az- zurro che ci aspettavamo ma solo nubi grigie che aumen- tano il senso di afa. La mattina del 30 marzo arrivano i fuoristrada; abbiamo un autista,Adil; gli altri due mezzi li guideranno con gran- de perizia Daniele e Rita che, nei primi giorni, viene sosti- tuita da Giovanni. Andiamo subito a visitare la Grande Moschea che è un trionfo di marmo rosa ma soprattutto bianco con un la- birinto di cortili, colonnati, cupole, finestre intarsiate e portali che sembrano non finire mai; l’interno è ricoper- to da un tappeto di 60 metri per 70 metri con colonne gi- gantesche e un ricchissimo soffitto da cui pendono enor- mi lampadari di cristallo. Siamo colpiti da tanta opulenza ma anche da tanta raffinatezza. Ci spostiamo verso Sud-Est;la strada corre in un ambiente di basse colline che rivelano coloratissime stratificazioni nei punti dove sono state tagliate. Ci sono strati dagli in- tensi colori ocra, verdi e viola: vorrei essere un geologo per potere riconoscere i minerali. Consumiamo il primo dei nostri pranzi standard presso il Sink Hole, una pro- fonda grotta poco lon- tana dal mare e dal tet- to sprofondato, il cui fondo è raggiungibile con una scaletta e do- ve alcuni di noi fanno il primo bagno. L’ac- qua varia dal color smeraldo al verde profondo della zona in ombra dove il la- ghetto scompare sotto le rocce. Nel pomeriggio altra sosta in un wadi dal- le pareti a picco per- corso da un corso d’acqua che consen- te un altro bagno; poi la cittadina di Sur, af- facciata su una va- stissima laguna ci ac- coglie con un vento che sembra voglia spazzarci via e riem- pie la strada di sab- bia. Sur è famosa per i cantieri dove si co- struiscono e ripara- no le caratteristiche imbarcazioni locali, mentre il villaggio di fronte è noto per le caratteristiche porte intagliate. A sera arriviamo al resort di Ras al Hadd dove il vento en- tra facilmente nelle capanne di canne che comunque ospi- tano dei comodi letti; dopo un’abbondante buffet al ri- storante ci spostiamo al Parco di Ras al Jin dove, al buio e in assoluto silenzio, guidati dalla luce di una piccola pila del personale del parco, vediamo alcune tartarughe giganti provate dall’evidente sforzo di deporre e proteggere cen- tinaia di uova grandi come palline da ping-pong. Si prova una forte emozione ad osservare dal vivo i movimenti len- ti e faticosi di questi giganti che sono tornati sulla spiag- gia che alcuni decenni prima li ha visti nascere. E’ ora di ritornare ma, all’improvviso, la nostra guida ci comunica che siamo molto fortunati: se è probabile vedere la de- posizione delle uova è assolutamente casuale assistere al- la nascita delle piccole tartarughe.Vicino ai nostri piedi è tutto un brulicare di vita che, con percorsi più o meno a zig zag, tenta di raggiungere il mare; a quest’ora non ci so- no predatori come volpi o gabbiani e le piccole tartaru- ghe riescono a farsi risucchiare dalla risacca e a sparire nel buio. La costa piega decisamente verso sud ma presto la stra- da asfaltata ritorna all’interno passando a Nord delle Shar- qiya Sand; sosta all’oasi di Wadi Bani Kalid che ci accoglie con i suoi colori contrastanti: il chiaro delle rocce, il ver- de delle palme e lo smeraldo dell’acqua limpida e profon- da che consente il solito bagno ristoratore.A sera pren- diamo una deviazione verso Sud e iniziamo ad addentrar- ci nel grande deserto di dune che domani attraverseremo da Ovest a Est fino a ritrovare l’Oceano in una zona del- la costa dove non c’è strada. Il vento è un po’ calato e de- cidiamo di accamparci fra le dune con le nostre tende, ma non facciamo i conti con il tempo: mentre montiamo il campo comincia a piovere e il vento torna ad aumentare, così per la fretta dentro la tenda non si capisce più cosa ci va a finire. Il materassino è sommerso dalla sabbia e più ci ostiniamo a toglierla più ne entra:rinunciamo all’impresa e chiudiamo la tenda così com’è. Ormai la pioggia è calata co- sì saliamo sulle dune circo- stanti per godere il primo panorama del deserto pri- ma che venga buio del tutto; aiutiamo Irina a raccogliere legna secca per il falò serale, abitudine che non ci abban- donerà più. Il primo di Aprile il tempo ci tira un brutto scherzo: il cie- lo è velato e tutti i colori so- no smorzati; pazienza, oggi è una grande giornata e fra cin- que o sei ore avvisteremo l’immensità dell’oceano dal- l’alto delle ultime dune. Ma non è finita qui: dopo tre ore Adil si arrende e dichiara che, avendo il vento e la pioggia dei giorni scorsi cancellato le tracce, ci siamo persi e il car- burante che rimane serve per ritornare al punto di partenza. Siamo veramente perplessi an- che se ormai lo avevamo capi- to benissimo da soli che i suoi preoccupati “where is the tracks?” pronunciati sottovoce 11 Dal viaggio Oman Natura gruppo Guolo AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO Testo e foto di Alessandra Peroni Oman

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Page 1: AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO … · dei nostri pranzi standard presso il Sink Hole, una pro-fonda grotta poco lon-tana dal mare e dal tet- ... ghe che,per quanto calmo,tenta

Il nostro gruppo si forma pian piano: in otto ma con duevoli diversi da Milano, poi cinque da Roma. Nello sca-lo di Istanbul un primo nucleo del gruppo inizia a co-

noscersi passeggiando nei dintorni di Santa Sofia, cercan-do di occupare le 10 ore che ci separano dal volo per l’O-man.A sera,all’imbarco si aggiungono altri tre componentiin arrivo da Milano con l’altro volo; l’ultima partecipanteci ha preceduto di un paio di giorni, la incontriamo a Mu-scat in albergo. Dopo 24 ore dalla partenza il gruppo, coni suoi quattordici partecipanti, è al completo;domani mat-tina si parte alla scoperta di questo paese poco conosciutoai più.Passiamo il pomeriggio e la serata alla scoperta dei luoghiraggiungibili a piedi e così, oltre al suq, dopo una discretacamminata sul nuovissimo lungomare tutto di granito ro-sa, dal parapetto al marciapiedi e dalle panchine alle sta-tue, raggiungiamo il Museo un po’ provati dal caldo umi-do che ci ha accolti fin dal nostro sbarco. Iniziamo ad en-trare nello spirito del paese e della sua storia ammirandoabiti, gioielli, armi, arredi e tanto altro. Prima di ritornarepassiamo davanti all’ingresso del palazzo di Her MajesticSultan Qaboos Bin Said chiamato da tutti, per brevità macon molto rispetto, Sultan Qaboos la cui immagine ca-peggia in tutti i luoghi pubblici e privati.Al ritorno ci sor-prende un bell’acquazzone; in effetti non c’è il cielo az-zurro che ci aspettavamo ma solo nubi grigie che aumen-tano il senso di afa.La mattina del 30 marzo arrivano i fuoristrada; abbiamoun autista,Adil; gli altri due mezzi li guideranno con gran-de perizia Daniele e Rita che, nei primi giorni, viene sosti-tuita da Giovanni.Andiamo subito a visitare la Grande Moschea che è untrionfo di marmo rosa ma soprattutto bianco con un la-birinto di cortili, colonnati, cupole, finestre intarsiate eportali che sembrano non finire mai; l’interno è ricoper-to da un tappeto di 60 metri per 70 metri con colonne gi-gantesche e un ricchissimo soffitto da cui pendono enor-

mi lampadari di cristallo. Siamo colpiti da tanta opulenzama anche da tanta raffinatezza.Ci spostiamo verso Sud-Est; la strada corre in un ambientedi basse colline che rivelano coloratissime stratificazioninei punti dove sono state tagliate. Ci sono strati dagli in-tensi colori ocra, verdi e viola: vorrei essere un geologoper potere riconoscere i minerali. Consumiamo il primodei nostri pranzi standard presso il Sink Hole, una pro-fonda grotta poco lon-tana dal mare e dal tet-to sprofondato, il cuifondo è raggiungibilecon una scaletta e do-ve alcuni di noi fannoil primo bagno. L’ac-qua varia dal colorsmeraldo al verdeprofondo della zonain ombra dove il la-ghetto scomparesotto le rocce.Nel pomeriggio altrasosta in un wadi dal-le pareti a picco per-corso da un corsod’acqua che consen-te un altro bagno;poila cittadina di Sur, af-facciata su una va-stissima laguna ci ac-coglie con un ventoche sembra vogliaspazzarci via e riem-pie la strada di sab-bia. Sur è famosa peri cantieri dove si co-struiscono e ripara-

no le caratteristiche imbarcazioni locali,mentre il villaggiodi fronte è noto per le caratteristiche porte intagliate.A sera arriviamo al resort di Ras al Hadd dove il vento en-tra facilmente nelle capanne di canne che comunque ospi-tano dei comodi letti; dopo un’abbondante buffet al ri-storante ci spostiamo al Parco di Ras al Jin dove, al buio ein assoluto silenzio,guidati dalla luce di una piccola pila delpersonale del parco, vediamo alcune tartarughe gigantiprovate dall’evidente sforzo di deporre e proteggere cen-tinaia di uova grandi come palline da ping-pong. Si provauna forte emozione ad osservare dal vivo i movimenti len-ti e faticosi di questi giganti che sono tornati sulla spiag-gia che alcuni decenni prima li ha visti nascere. E’ ora diritornare ma, all’improvviso, la nostra guida ci comunicache siamo molto fortunati: se è probabile vedere la de-posizione delle uova è assolutamente casuale assistere al-la nascita delle piccole tartarughe.Vicino ai nostri piedi ètutto un brulicare di vita che, con percorsi più o meno azig zag, tenta di raggiungere il mare; a quest’ora non ci so-no predatori come volpi o gabbiani e le piccole tartaru-ghe riescono a farsi risucchiare dalla risacca e a sparire nelbuio.La costa piega decisamente verso sud ma presto la stra-da asfaltata ritorna all’interno passando a Nord delle Shar-qiya Sand; sosta all’oasi di Wadi Bani Kalid che ci accogliecon i suoi colori contrastanti: il chiaro delle rocce, il ver-de delle palme e lo smeraldo dell’acqua limpida e profon-da che consente il solito bagno ristoratore.A sera pren-diamo una deviazione verso Sud e iniziamo ad addentrar-ci nel grande deserto di dune che domani attraverseremoda Ovest a Est fino a ritrovare l’Oceano in una zona del-la costa dove non c’è strada. Il vento è un po’ calato e de-cidiamo di accamparci fra le dune con le nostre tende,manon facciamo i conti con il tempo: mentre montiamo ilcampo comincia a piovere e il vento torna ad aumentare,così per la fretta dentro la tenda non si capisce più cosaci va a finire. Il materassino è sommerso dalla sabbia e piùci ostiniamo a toglierla più ne entra:rinunciamo all’impresae chiudiamo la tenda così com’è.

Ormai la pioggia è calata co-sì saliamo sulle dune circo-stanti per godere il primopanorama del deserto pri-ma che venga buio del tutto;aiutiamo Irina a raccoglierelegna secca per il falò serale,abitudine che non ci abban-donerà più.Il primo di Aprile il tempo citira un brutto scherzo: il cie-lo è velato e tutti i colori so-no smorzati; pazienza, oggi èuna grande giornata e fra cin-que o sei ore avvisteremol’immensità dell’oceano dal-l’alto delle ultime dune. Manon è finita qui: dopo tre oreAdil si arrende e dichiara che,avendo il vento e la pioggia deigiorni scorsi cancellato letracce, ci siamo persi e il car-burante che rimane serve perritornare al punto di partenza.Siamo veramente perplessi an-che se ormai lo avevamo capi-to benissimo da soli che i suoipreoccupati “where is thetracks?” pronunciati sottovoce

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Dal viaggio Oman Naturagruppo Guolo

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Testo e foto di Alessandra Peroni

Oman

(03-102) Articoli+Tac 19-09-2009 14:58 Pagina 11

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non lasciavano molte speranze. Un po’ faticosamente echiedendo ad alcuni nomadi incontrati provvidenzialmen-te avvistiamo, invece dell’oceano, il luogo del campo dellasera precedente.Dopo una lunga consultazione troviamoun’alternativa che non ci farà rinunciare al tratto di costaselvaggia dell’oceano e contemporaneamente non stra-volgerà il programma. Viviana, la nostra paziente capo-gruppo, apre una faticosa trattativa con Adil, la prima diuna serie, e naturalmente la spunta. Per metà pomeriggiorifacciamo strade già percorse all’andata ma con unagrossa novità: le piogge torrenziali dei giorni scor-si nella regione montuosa di Muscat stanno ro-vesciando nelle pianura torrenti di acqua e fan-go che, in molti tratti, invadono anche le strade;fortunatamente e grazie alla perizia dei nostriautisti, con i fuoristrada riusciamo a passarementre le berline devono fermarsi.Tutte le de-pressioni delle strade principali in Oman sonosegnalate,ai bordi,da paletti a righe bianche e ros-se che indicano il livello dell’acqua. Neppure nel-le città esistono i tombini che incanalano l’acquapiovana, che è libera di scorrere in superficie. Perdormire troviamo un albergo in un paese lungo lastrada così ci concediamo una doccia e un’ottima ce-na al ristorante che ci costa la folle cifra di 30 ? … pertutti i quattordici partecipanti!Il giorno successivo abbiamo già recuperato il tempoperduto e pernottiamo,come previsto vicino a Al Kha-luf. Il percorso è stato estremamente vario: bagnasciu-ga e, quando diventava troppo stretto o impraticabile acausa degli scogli o dell’alta marea,dune con innumerevoliinsabbiamenti, strade sterrate, paludi prosciugate, dunecon stratificazioni di arenaria, saline. Il colore prevalenteè il grigio delle sabbie, delle rocce e del cielo ancora nu-voloso spezzato,però,dall’azzurro del mare e dal rosa del-le saline.Abbiamo incontrato stormi di gabbiani, villaggi dipescatori con le loro piccole lance o con i caratteristici egrandi Dow, le imbarcazioni locali, capaci di affrontare l’o-ceano; abbiamo visto un “piccolo” pescatore pulire le raz-ze sulla spiaggia per un uso locale e “grandi” pescatori ge-stire enormi quantità di pescato da spedire con i camionfrigoriferi ai grossi mercati di Muscat e Salalah distanti cen-tinaia di chilometri ma facilmente percorribili mediante leottime strade e superstrade che collegano i centri princi-pali.Ritroviamo la strada asfaltata ma l’abbandoniamo qua-si subito per accamparci sulla spiaggia e cenando con de-gli ottimi spaghetti che Simona e Arianna cucinano per tut-ti noi; la serata finisce come sempre attorno al fuoco.

Il mattino dopo ritroviamo la strada asfaltata che ci por-ta al giardino roccioso: una vasta area disseminata da are-narie erose in forme antropomorfe dove ognuno di noi,lavorando di fantasia,riconosce bruchi, ippopotami e tan-to altro; è invecereale il teschiocalcificato diserpente

che rischio di calpestare; il terreno è disseminato di selci, a volte ricoperte da uno strato di arenaria, vere e pro-prie bombe vulcaniche, a volte scheggiate e taglienti . Famolto caldo e il cielo è finalmente un po’ più azzurro. Nelprimo pomeriggio ci accampiamo presso Ras Madrakah,in una baia dove, finalmente, ci sono gli scogli. Ci conce-diamo un lungo bagno e, con la maschera, ci avviciniamocautamente agli scogli cercando di contrastare le onde lun-ghe che, per quanto calmo, tenta di farci fare la fine dellepatelle; riusciamo a scorgere i pesci pagliaccio, e tanti al-tri tipi di tutte le dimensioni e dai tanti colori di cui nonconosco il nome. Liliana è riuscita a vedere una murenache faceva capolino dagli scogli.Mi godo la bellissima nuo-tata assieme a Giuliano, mio marito, e mentre sto per ri-salire sulla spiaggia l’ultimo scoglio, nascosto dalla sabbiasmossa dalla risacca, mi procura qualche piccolo graffio;vengo prontamente medicata da Emilio che con aria se-rafica sentenzia che se una se le va a cercare è …: con-cordo con lui!

Intanto Adil è andato al vicino villaggio a comprare del pe-sce: assieme a Valeria lo puliamo in riva al mare sperando

di non tagliarci col coltello data la precarietàdella situazione Roberta e Claudia av-

volgono i pesci nella stagnola percuocerli sotto la brace del nostroimmancabile, socializzante fuoco

serale.Al mattino, dopo avere calcolato che

è già passata una settimana dalla par-tenza, ci fermiamo a Al Shawimia, unagrande laguna dalle acque verdi separa-ta dal mare da una sottilissima striscia disabbia bianca, dello stesso colore sono le

dune colonizzate da una vegetazione stri-sciante verde smeraldo fiorita di campa-

nelle color fucsia. In lontananza si scorgonoalcuni fenicotteri che presto si alzano in volo.

Raggiungiamo la spiaggia che si estende, nelledue direzioni, a perdita d’occhio fino a perdersi in

mezzo alla nebbiolina dell’orizzonte. Sulla spiaggia, comeal solito,c’è tutto quello che l’oceano deposita:nasse,cor-dami,pesci semiputrefatti che i granchi si affrettano a spol-pare, conchiglie ecc. Il cielo è terso e il sole picchia in mo-do implacabile.Presto l’asfalto finisce e ci facciamo un bel pezzo di ster-rato.Più avanti ci fermiamo ad ammirare un profondo can-yon dalle pareti verticali stratificate orizzontalmente digiallo e bianco: c’è una luce abbacinante. Presto arriviamoal campo serale: una lunga spiaggia poco lontana da un vil-laggio che ha alle spalle basse dune sabbiose da cui esco-no sottili strati orizzontali di arenaria grigia friabile mamolto tagliente. Qualcuno va in paese a fare shopping, al-tri restano a rilassarsi sulla spiaggia osservando la vita fre-netica che si nasconde fra la sabbia. Sicuramente i granchicatturano l’attenzione perché ce ne sono moltissimi di tut-te le dimensioni, scorazzano velocissimi sul bagnasciugacon la loro buffa andatura trasversale e, quando si ferma-no, alzano e abbassano rapidamente le antenne. Come sefossero piccoli periscopi, per controllare la situazione. Letane sono tutte ben identificabili perché la sabbia scavatava a formare un perfetto cono vicino al buco di ingresso;a volte i coni sono alti anche qualche decina di centime-tri. Sulla spiaggia vediamo tanti scheletri di pesci palla e dialtri pesci anche loro dall’armatura coriacea.Dopo una notte quasi insonne a causa del caldo ripartia-mo puntando verso l’interno poiché la costa diventa alta:per raggiungere Salalah dobbiamo passare a Nord di unacatena montuosa che arriva fino a 1800 m.A dire la veri-tà cerchiamo di partire, ma l’auto di Adil si rifiuta di met-tersi in moto: spingiamo, trainiamo col cavo ma non c’èniente da fare.Arriviamo al vicino villaggio a traino e,men-tre noi ci incamminiamo lungo un canyon poco distanteper un trekking infuocato sotto un sole impietoso ad am-mirare le stratificazioni, speriamo che il meccanico aggiu-sti il guasto.Quando ritorniamo scopriamo che l’auto nonsi aggiusta e dovremo aspettarne un’altra che è già parti-ta da Salalah e ci sta venendo incontro. Per evitare di ar-rivare di notte, ci avviamo con l’auto a traino e, dopo untempo che ci sembra infinito e con il termometro che se-gna 38°, finalmente incontriamo la nuova auto. Lungo lastrada scorgiamo in lontananza innumerevoli pozzi pe-troliferi con le loro inconfondibili torri nere che pompa-no il greggio in superficie.A sera, dopo avere attraversatola verdissima e fertile oasi che produce foraggio, frutta everdura, siamo in città sistemati in un albergo conforte-vole che ci ospiterà per due notti: siamo sulla spiaggia egodiamo di una magnifica vista sull’oceano.Passiamo la se-rata a gironzolare per il suq, traboccante di incenso, con-cedendoci un’ ottima cena, come sempre molto econo-

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Paesaggio lunare

Maternità

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mica, a base di spiedini, hummus, chapati e un enorme bic-chierone di spremuta di frutta.Salalah è una grande città dove gli omaniti si rifugiano du-rante il periodo dei monsoni: qui il clima nei mesi estivi èmeno arso rispetto la capitale. C’è pure il grande palazzoreale che ospita il sultano durante le sue visite e dove ènato. Le due sere passate in città ci consentono di capireun po’ di più sulla vita degli omaniti: il commercio e qua-lunque attività lavorativa è in mano agli immigrati indiani,pachistani e del Bangladesh; ci sono battaglioni di giardi-nieri che trasformano gli ingressi alle città in aiuole colo-rate piene di fiori e operai, attrezzati con il più modernoabbigliamento antinfortunistico, che costruiscono strade,rotonde, palazzi ricoperti di marmo ma rispettosi dellostile tradizionale.Di omaniti ne abbiamo già incontrati tan-ti, avvolti nella loro caratteristica tunica, di colore biancoo comunque chiara, col tipico fiocchetto attaccato allascollatura, sempre pulitissimi e spesso profumati, e l’im-mancabile kumma sulla testa. Anche i nomadi incontratinel deserto, pur vivendo in capanne molto simili ai rico-veri per le capre e i cammelli, si sono presentati con le tu-niche pulitissime: l’ultimo capofamiglia con cui abbiamoparlato indossava una tunica giallo oro e aveva in braccioun bimbo di pochi anni vestito allo stesso modo mentreda lontano le donne ci osservavano con i loro vestiti co-loratissimi avvolte in ampi veli.Le persone incontrate han-no sempre mostrato un atteggiamento riservato ma ami-chevole e hanno spesso cercato di conversare con noi,persino il picchetto di guardia al palazzo del Sultano, mo-strando di essere perfettamente al corrente degli affariitaliani.A Salalah abbiamo avuto modo di vedere diverse donne,tutte avvolte in ampi mantelli neri e con il viso coperto dauna sorta di mascherina che lascia scoperti solo gli occhi.Alcune gestiscono negozi o fanno le commesse e, avvici-nandole, sarà per gli occhi e le mani curatissime sarà peri sofisticati ricami che bordano i loro veli, trasmettono unasensazione di estrema raffinatezza. Le abbiamo viste an-che al mercato contrattare i prezzi ma lasciando a un col-laboratore il compito di ritirare e trasportare la merce.Il mattino successivo, 6 Aprile, ci riserva altre sorprese:l’omanita Adil ha la dissenteria e deve andare dal medico,i turisti italiani,Inshallah,stanno tutti bene! Finalmente par-tiamo per visitare la vicina tomba di Giobbe anche se l’au-to nuova riusciamo a farla partire solo a spinta. Ci arram-pichiamo sulla montagna alle spalle della città; lungo il per-

corso, dopo tante capre e cammelli, vediamo anche dellemucche e capiamo da dove viene il latte col quale produ-cono il buonissimo yogurt.Recuperiamo l’autista “di scor-ta” e, ritornati a Salalah, veniamo parcheggiati al mercatomentre verrà sostituita la batteria e Adil andrà dal medi-co. La visita si rivela comunque interessante a contattocon la vita locale: il mercato è in una struttura nuova co-me tutte le altre che abbiamo visto e, vicino ai locali deimacellai,dei pescivendoli con gli enormi pesci atlantici,deivenditori di verdura e frutta, ci sono bar, ristoranti, fonta-ne, servizi igienici più che decenti; ci sono zone dove il vo-ciare mai urlato dei commercianti predomina mentre inaltre si può godere una fresca spremuta in un rilassantesilenzio.Ci dirigiamo poi verso la costa percorrendola verso Estfino a Mirbat.Lungo la strada che alterna baie,lunghe spiag-ge e dune costiere ci fermiamo presso le rovine, perfet-tamente restaurate, di Khor Rori, importante fortificazio-ne dell’epoca dei Sumeri: dall’alto del promontorio si go-de una splendida vista sull’estuario che un tempo era unporto strategico per il commercio, soprattutto dell’in-censo, riparato e perfettamente difendibile mentre ora èchiuso da una lingua di spiaggia chiara che contrasta conil verde cupo delle acque interne, il turchese del mare e ilrosato delle arenarie. Ci rinfreschiamo nelle acque tiepi-de dell’oceano e mentre Giuliano e io ci addossiamo allerocce per ripararci c’è chi si crogiola al sole alla ricerca diuna abbronzatura che, per alcuni, alla fine del viaggio, saràveramente intensa.Il mattino successivo iniziamo il viaggio di ritorno versoMuscat dirigendoci,però,ancora verso Sud-Ovest quasi alconfine con lo Yemen, scavalchiamo alcune ripidissimemontagne con la strada tutta a tornanti fra strette valli eci fermiamo sul fondo di un secco wadi per vedere da vi-cino i famosi alberi dell’incenso che da millenni hannofatto ricco questo paese: crescono spontaneamen-te,sono bassi,con rade foglie e piccoli fiori e dal-le incisione del tronco escono gocce di resinache poi solidificano.Quando ritroviamo la costaci fermiamo per osservare un curioso fenome-no marino alle Marmeet Caves: l’acqua ogni tan-to fuoriesce, con un rombo di tuono, da alcunibuchi fra gli scogli, nonostante il mare sia cal-mo, con spruzzi che raggiungono diversi metridi altezza; nei pressi si vedono alcune grossetartarughe nuotare nell’acqua limpida.

Dopo una cinquantina di chilometri e un controllo inter-minabile ad un posto di blocco, l’unico che abbiamo in-contrato, deviamo verso Nord attraversando un paesag-gio primordiale: la strada, che è diventata sterrata, corresulle creste che dividono aridi canyon più o meno pro-fondi dal predominante colore grigio o distese dissemi-nate di sassi neri. Avvistiamo molte postazioni militari eattraversiamo piccoli villaggi: in uno di questi ci fermiamoper il nostro usuale pranzo al sacco. La strada, nel trattoche attraversa l’abitato, è asfaltata e poco dopo vediamosfilare gruppi di bambini e ragazzine, dagli abiti tradiziona-li perfettamente in ordine che indossano zainetti o ne tra-scinano la versione trolley, appena usciti dalla scuola. Leragazze si coprono rapidamente con il velo mentre i ra-gazzini ci salutano festosi. Ne abbiamo già viste tante discuole e tante ne vedremo, anche in luoghi molto isolati,tutte nuove e ben tenute, frequentate da femmine e ma-schi che, vociando, giocano a pallone durante le pause dal-le lezioni : in Oman l’istruzione è gratuita per tutti gli or-dini di scuole. Verso sera arriviamo ad un gruppo di dunerosate dove fissiamo il campo, ormai siamo entrati nelQuarto Vuoto.Come sempre organizziamo la cena, il fuo-co e puliamo tegami e stoviglie con la sabbia limitandociad usare l’acqua solo per il risciacquo: abbiamo scelto dinon usare il detersivo per rispettare il fragile ecosistemadel deserto.Al mattino dopo, appena partiti, ci accorgiamo che il ter-reno è disseminato di strani sassi tondi e rugosi, leggeris-simi per le loro dimensioni che vanno da quella di una no-ce a quella di una arancia: all’interno sono vuoti e rico-perti da cristalli bianchi. Facciamo acqua in un vicino vil-laggio, recintato da un muro che lo difende dalla sabbia;sembra disabitato ma la fontana è funzionante e la picco-la moschea ha la porta aperta.Per tutto il giorno percorriamo la strada, prima sterratae poi asfaltata, che attraversa l’Empty Quarter, distesa as-solutamente piatta di un colorequasi bianco che si esten-de a perdita d’occhio.Facciamo una brevesosta presso le iso-late rovine di Ubar,la mitica città, cita-ta nel Corano,dal-le colonne d’oroche,però,non so-no mai state tro-vate.Ogni tan-to il nulla èinterrottoda qualchel o n t a n op o z z opetroli-fero

AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO OmanGruppo nel Deserto del Quarto vuoto

Baby omanita

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o dalle provvidenziali aree di servizio dove, oltre al car-burante e al meccanico,è possibile trovare bar, ri-storante, servizi igienici, sportello bancarioe, a volte, anche una piccola moscheao un negozio dove si può trovare ditutto. E’ in questi luoghi che conver-gono i lavoratori dei pozzi petro-liferi e le persone che scendo-no da grossi fuoristrada, poten-ti berline o sgangheratissimimezzi, scambiano volentieri dueparole con noi.Verso sera, dopo una piccola deviazione verso Ovest, ciinfiliamo fra le prime dune dorate di Sayh Al Uhaymir perpiantare il campo. Prima di cena abbiamo il tempo di sali-re sulle creste sabbiose e godere del panorama: da unaparte, in lontananza, la strada che col buio diventerà unnastro luminoso e dall’altra una distesa di dune abbastan-za basse e a gruppi ma che si perdono nell’infinità del cen-tro della Penisola Arabica. La serata è tranquilla e ci go-diamo l’ultimo campo nel deserto ma improvvisamente,proprio mentre ci accingiamo a cenare, si alza un ventofortissimo che non ci lascia scampo:chi si chiude nella ten-da per non farla volare via, chi si rassegna a guardare lapropria paurosamente sbatacchiata da tutte le parti, chitenta di mangiare rifugiandosi in auto ingoiando più sab-bia che cibo. Rassettiamo rapidamente e ci rifugiamo intenda,ma è come essere all’aperto visto il turbinio di sab-bia che c’è anche all’interno; non rimane che sdraiarsi suisacchi a pelo,chiudere gli occhi e sperare che la notte pas-si in fretta: il vento si calmerà solo verso l’alba.Anche giovedì 9 Aprile ci vede attraversare il Quarto Vuo-to finchè,a metà pomeriggio,dalla foschia emergono i con-trafforti verticali dei monti Hajar verso cui ci dirigiamo.Cifermiamo per la visita alla fortezza di Jabrin col suo deda-lo di fresche stanze arredate da cuscini damascati, bellis-sime cassapanche borchiate e scaffali di libri; salendo escendendo per scale interne incontriamo il deposito deidatteri, i locali delle cucine con le stoviglie, l’armeria, lastanza per le abluzioni e molto altro. Questa fortezza, co-sì come tutte le altre che visiteremo,è stata restaurata re-centemente e, costruita nel diciassettesimo secolo comeresidenza fortificata, ha continuata a svolgere un ruolo di-fensivo fino agli anni cinquanta del secolo scorso.A sera siamo a Nizwa, a ridosso delle montagne, e pos-siamo visitare l’imponente Forte circolare che domina lamoschea e passeggiare per il grande suq che si stende ai

suoipiedi. Qui

ritorniamo an-che al mattinosuccessivo per ve-dere l’animato mercato del bestiame che risuona di ri-chiami, versi di animali e contrattazioni e da qui ripartia-mo in direzione del Jabal Shams, un canyon che strapiom-ba per mille metri sotto il parapetto a cui siamo affaccia-ti; a 2900 metri di altezza l’aria è finalmente fresca. Lungola strada avevamo fatto una deviazione lungo il bel canyondi Al Hamra ornato dalle palme e dove le donne scendo-no dal vicino villaggio a lavare i panni e a un villaggio, co-struito in stile yemenita, con le vecchie case di terra ros-sa. A sera ci accampiamo a 2000 m. in uno spiazzo pia-neggiante ai lati della strada e possiamo ammirare un co-loratissimo tramonto stringendoci nella giacca a vento inu-tilizzata fino ad ora. Dopo cena cominciamo a sentire irombi di tuoni lontani che si avvicinano rapidamente men-tre il cielo si fa sempre più cupo; temiamo l’ennesima tem-pesta di vento ma, per fortuna, compaiono alcune schiari-te e ce la caviamo con poche gocce. Finalmente passiamouna notte senza caldo anzi, per i meno attrezzati, decisa-mente al freddo.Oggi ci aspetta un’altra giornata molto attesa: la traversa-ta di circa 80 Km dei monti Hajar. La strada si fa subitostretta e sterrata, con alcune piccole frane, tornanti ripi-dissimi che sembrano girare nel vuoto e siamo costrettia schivare alcuni massi che le ultime piogge hanno fattorotolare sulla sede stradale. Saliamo e scendiamo per val-li strettissime percorrendo, con cautela, i fianchi di questescure montagne dai profili aguzzi che in lontananza sfu-mano verso il grigio-azzurro. Ogni tanto incontriamo unbivio con un regolare segnale stradale bilingue, come sefossimo su una autostrada: il contrasto fra la natura asprae primordiale e la modernità è davvero bizzarro.Dopo alcuni chilometri di panorami semprenuovi incontriamo una piccola oasi con

i campi verde smeraldo irrigati dai piccoli canali artificialiche,a volte,scorrono per chilometri sui fianchi delle mon-

tagne il cui colore marrone è a volte spezzato da strati-ficazioni di mille colori che vanno dal color ocra al vio-

la. In un piccolo wadi, che per un tratto coincide conla strada,da una fessura della roccia scende una pic-cola cascata ma poi il panorama riprende arido co-me prima. Dopo circa due ore ci ritroviamo sulfondo di un canyon dalle pareti verticali percorsoda un piccolo corso d’acqua che sarà la nostrastrada fino allo sbocco nella pianura. Il nostro pas-saggio alza alte ali di spruzzi e dopo un’ora im-

provvisamente usciamo dalla gola e ci troviamo nel-la pianura a Nord di Muscat dopo avere vissuto una dellemattine più emozionanti del viaggio.Dopo la visita alla for-tezza di Nakhal ci fermiamo su una spiaggia fra resort dilusso, campi da golf e alberghi.Il ritorno alla civiltà è abbastanza brusco ed è mitigato so-lo dalle bellissime aiuole e rotonde stradali verdissime fio-rite di mille colori.Domenica mattina, il giorno di Pasqua, mentre l’aereo cista riportando a casa mi rendo conto che sto già dimen-ticando i momenti faticosi e il caldo umido così difficile dasopportare. Stanno già affiorando le bellissime sensazioniprovate in questo viaggio che ci ha visti campeggiare suspiagge sterminate e al freddo in montagna, perderci neisuq e parlare tranquillamente con persone dall’atteggia-mento amichevole, percorrere qualche centinaio di chilo-metri al giorno dimenticando la fatica dall’alto di una du-na rosata al tramonto, osservare una natura, a volte pri-mordiale,ancora incontaminata da un turismo per ora po-co presente se non nella zona di Muscat e Nizwa.Restano ancora tante domande senza risposta circa la vi-ta degli omaniti: l’amato Sultano Qaboos si fa carico di tut-te le necessità dei sudditi, le ragazze frequentano le scuo-le e ricoprono posti di responsabilità fino a diventare mi-nistro, il paese, musulmano, appare aperto e modernopur nel rispetto della tradizione ma due settimanenon consentono che una conoscenza superficia-le della vita delle persone.Vedremo di ap-profondire nel prossimo viaggio.

AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDOOman

Castello fortezza di Nakhl

Arte femminile

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