Sergio BINI * 547–2017: 1.470 anni fa S. Benedetto e S ... Sergio... · E così trascorsero tutti...

25
Sergio BINI * 547 2017: 1.470 anni fa S. Benedetto e S. Scolastica da Norcia tornavano alla Casa del Padre . 1 Venerabile Arciconfraternita dei Santi Benedetto e Scolastica e Chiesa Regionale dei Nursini a Roma Via di Torre Argentina, n. 71 00186 Roma Sergio BINI 547 2017: 1.470 anni fa san Benedetto e santa Scolastica da Norcia tornavano alla Casa del Padre Roma, 10 febbraio, 21 marzo, 11 luglio 2017

Transcript of Sergio BINI * 547–2017: 1.470 anni fa S. Benedetto e S ... Sergio... · E così trascorsero tutti...

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

1

Venerabile Arciconfraternita dei Santi Benedetto e Scolastica e Chiesa Regionale dei Nursini a Roma

Via di Torre Argentina, n. 71 – 00186 Roma

Sergio BINI

547 – 2017: 1.470 anni fa san Benedetto e santa Scolastica da Norcia

tornavano alla Casa del Padre

Roma, 10 febbraio, 21 marzo, 11 luglio 2017

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

2

La pala dell’altare

Figura n. 1 Pala dell’Altare della Chiesa regionale dei Nursini di Roma

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

3

547 – 2017: 1.470 anni fa san Benedetto e santa Scolastica

tornavano alla Casa del Padre di Sergio BINI 1

Quando si entra nella piccola Chiesa2 nazionale dei Nursini di Roma – dal 1625 sede della Venerabile Arciconfraternita dei Santi Benedetto e Scolastica da Norcia (che è stata fondata nel 1615) – l’attenzione viene immediatamente catturata dall’importante tela che troneggia sull’altare, opera di un anonimo Artista della Scuola Umbra del Seicento. L’Autore ha avuto la capacità di fissare, in maniera magistrale e mirabile, l’ultimo incontro terreno che santa Scolastica ha avuto con il proprio fratello gemello san Benedetto; incontro che avveniva una volta l’anno e che era dedi-cato a tessere “le lodi a Dio” e per sviluppare “santi colloqui”. La sede dell’incontro era una piccola costruzione posta ai piedi della monta-gna dalla quale dominava l’Abbazia di Montecassino e posta a metà strada con il Monastero di Piumarola [per il quale a volte viene utilizzato il termine “Primarola”], che ospitava la comunità di monache, del ramo femminile be-nedettino, guidate da Scolastica da Norcia. Rielaborando le informazioni raccolte dalla letteratura religiosa ed i fram-menti di notizie tratte dalle cronache, è possibile ricostruire la data dell’incontro fissato in questo capolavoro: era il pomeriggio del 6 febbraio 547 (anche se qualcuno propone l’anno 542) che avrebbe dovuto essere anche il primo giovedì della Quaresima; incontro proseguito anche il 7 febbraio L’episodio “miracoloso” ci è stato tramandato dal papa Gregorio Magno nei capitoli 33 e 34 del secondo volume dei Dialoghi3 dedicato proprio alla vita di San Benedetto da Norcia. Una particolare “biografia spirituale” senza date! Infatti, nella «introduzione», Attilio Stendardi sottolinea che «nel comporre i Dialoghi san Gregorio tenne presente uno scopo ben preciso e non concepì una biografia al modo di uno storico moderno. Volle dare un insegnamento spirituale, illustrandolo con l’aiuto di fatti improntati alla vita di un santo personaggio, senza preoccuparsi di esercitare un rigoroso controllo del va-lore storico degli elementi utilizzati. I Dialoghi hanno cioè un fine di edifi-cazione e dottrinale, secondo il gusto dell’epoca» . [p. 23]

1 ingegnere, commendatore; confratello della Venerabile Arciconfraternita dei Santi Benedetto e Scolastica;

è docente di “Gestione delle risorse umane e del benessere organizzativo” presso l’Università LUMSA di Roma; è presidente dell’Associazione Italiana Cultura per la Qualità centro -insulare AICQ-CI di Roma; è stato dirigente d’azienda e direttore responsabile della Riv ista «QUALITÀ»; [email protected] .

2 affettuosamente chiamata dai Confratelli e dalle Consorelle con il diminuivo di “Chiesina”. 3 Gregorio Magno, VITA DI SAN BENEDETTO E LA REGOLA , con introduzione di Attilio Stendardi;

edizioni Città Nuova, Roma, 2009 (1^ edizione 1975); [pagine 97 - 99]

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

4

La potenza delle immagini della Pala dell’Altare Sorvolando sugli aspetti tecnici ed artistici della preziosa pala, meritano una particolare attenzione alcuni aspetti peculiari: - tutto è doppio (gemellato): due finestre, due monaci, due monache, due

animali simbolici (il corvo e la colomba, rispettivamente “simboli” di san Benedetto e di santa Scolastica);

- il gioco degli sguardi che disegna una traiettoria a forma di “spirale”: Sco-lastica prega intensamente ed il suo sguardo è concentrato sulle mani giunte (che rappresentano la preghiera intensissima rivolta a Dio); Bene-detto guarda la sorella Scolastica con un volto preoccupato; la giovane monaca che accompagna la Badessa Scolastica volge il suo sguardo sia verso i due volumi posti davanti san Benedetto, sia verso il monaco che accompagnava san Benedetto che, a sua volta guarda nel vuoto, presumi-bilmente, verso l’assemblea dei fedeli, cioè i confratelli);

- l’Abbazia di Montecassino è in alto a sinistra (sopra alla rispettiva falda del tetto) ed è inserita in una area molto scura;

- il Monastero di santa Scolastica si vede chiaramente dalla finestra di de-stra (dalla parte di Scolastica) e si staglia in un cielo azzurro, mentre stanno arrivando formazioni nuvolose molto scure;

- dalla finestra posta dal lato di Benedetto si intravede il sentiero che porta in alto sicuramente verso l’Abbazia. In realtà questo sentiero a tornanti che sale ripidamente fa tornare alla mente la “scala di Giacobbe” utilizza-ta al capitolo VII della Regola dedicato alla “De humilitate”: per salire verso il cielo bisogna scendere;

- qualche altra riflessione la meriterebbero degli aspetti dimensionali e dei “rapporti” geometrici tra le distanze di alcuni punti del quadro che sono riconducibili alla “sezione aurea” [Φ = 1,618…..]. E’ un numero particola-re utilizzato dai grandi artisti per rappresentare l’armonia tra le dimen-sioni dei personaggi e degli oggetti dipinti e, quindi, la perfezione delle misure e dei conseguenti “messaggi” trasmessi …

Ma, soffermandosi con attenzione i numerosi elementi “geometrici” presenti nella piccola Chiesa realizzata nel 1625 emergono chiaramente degli elementi ricorrenti nella architettura benedettina; se ne evidenziano due:

- i quadrati inscritti in altri quadrati (scambiando i lati con le diagonali) le cui superfici sono legate da un rapporto 2:1. E’ lo stesso rapporto pre-sente, solitamente, tra il perimetro esterno ed il perimetro interno dei chiostri dei Monasteri;

- il numero “8” ricorrente per il suo messaggio simbolico legato alla Re-surrezione di Cristo, avvenuta il primo giorno dopo il “sabato” (il giorno dedicato a Dio da parte degli Ebrei), cioè la “domenica” (il giorno dedi-cato a Dio da parte dei Cristiani), cioè l’8° giorno della settimana.

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

5

Santa Scolastica: la sorella gemella di san Benedetto Il grande Papa benedettino Gregorio Magno4 nel volume 2° dei Dialoghi ricorda che il nostro Patrono san Benedetto da Norcia: «… aveva una sorella di nome Scolastica, che fin dall’infanzia si era anche lei consacrata al Signore. Essa aveva l’abitudine di venirgli a fare visita, una volta all’anno, e l’uomo di Dio le scendeva incontro, non molto fuori della porta, in un possedimento del Monastero. Un giorno, dunque, venne e il suo venerando fratello le scese incontro con alcuni discepoli. Trascorsero la giornata intera nelle lodi di Dio ed in san-ti colloqui, e quando cominciava a calare la sera, presero insieme un po’ di cibo, Si trattennero ancora a tavola e col prolungarsi dei santi colloqui, l’ora si era protratta più del consueto. Ad un certo punto la pia sorella gli rivolse questa preghiera: “Ti chiedo proprio per favore: non lasciarmi per questa notte, ma fer-miamoci fino al mattino a pregustare, con le nostre conversazioni, le gioie del cielo …”. Ma egli le rispose: “Ma cosa dici mai, sorella? Non posso assolutamente pernottare fuori del monastero”.5 La serenità del cielo era totale: non si vedeva all’orizzonte neanche una nube. Alla risposta negativa del fratello, la religiosa poggiò sul tavolo le mani a dita conserte, vi poggiò sopra il capo, e si immerse in profonda orazione. Quando sollevò il capo dalla tavola, si scatenò una tempesta di lampi e tuoni insieme con un diluvio d’acqua, in tale quantità che né il venerabile Benedetto, né i monaci che erano con lui, poterono metter piedi fuori dell’abitazione. La santa donna, reclinando il capo tra le mani, aveva sparso sul tavolo un fiume di lacrime, per le quali l’azzurro del cielo si era trasformato in pioggia. Neppure a intervallo di un istante il temporale seguì alla preghiera: ma fu tanta la simultaneità tra la preghiera e la pioggia, che ella sollevò il capo della mensa insieme ai primi tuoni: fu un solo e identico momento sollevare il capo e precipitare la pioggia.

4 Gregorio Magno, nasce a Roma nel 540 circa dall’antica famiglia senatoriale degli Anicii (la stessa fa-

miglia di san Benedetto); viene eletto 64° Papa della Chiesa Cattolica il 3 settembre 590 (con il nome di Gregorio I) e muore a Roma il 12 marzo 604. Santo e dottore della Chiesa. Figlio di Gordiano Anici e di santa Silv ia. Dopo aver raggiunto la prestigiosa carica di “pre fetto della città di Roma” decide di dedicarsi alla v ita monastica. Durante il suo pontificato riorganizzo la “liturgia romana” e favorì lo sv iluppo del ca n-

to rituale in lingua latina che ancora oggi va sotto il nome di “canto gregoriano”. 5 Il capitolo L della Regula Benedicti prevede il rientro nel Monastero del monaco in modo che tutti si

ritrovino insieme “alle ore stabilite”; ed il capitolo LI prescrive che il monaco che si reca fuori “non per-metta di mangiare fuori anche pregato da chiunque sia …” .

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

6

L’uomo di Dio capì subito che in mezzo a quei lampi, tuoni e spaventoso nubifragio era impossibile fare ritorno al monastero e allora, un po’ rat-tristato, cominciò a lamentarsi con la sorella: “Che Dio onnipotente ti perdoni, sorella benedetta; ma che hai fatto?”. Rispose lei: “Vedi, ho pregato te e non mi hai voluto dare retta; ho prega-to il mio Signore e lui mi ha ascoltato. Adesso esci pure, se gliela fai: e me lasciami qui e torna al tuo monastero”. Ormai era impossibile proprio uscire all’aperto e lui che di sua iniziativa non l’avrebbe voluto, fu costretto a rimaner lì contro la sua volontà. E così trascorsero tutti la notte vegliando e si riempirono l’anima di sacri discorsi, scambiandosi a vicenda esperienze di vita spirituale. Con questo racconto ho voluto dimostrare che egli ha desiderato qualcosa ma non riuscì ad ottenerla. Certo, se consideriamo le disposizioni del venerabile Padre, egli avrebbe voluto che il cielo rimanesse sereno come quando era disceso; ma contra-riamente a quanto voleva, si trova di fronte ad un miracolo, strappato all’onnipotenza divina dal cuore di una donna. E non c’è per niente da meravigliarsi che una donna, desiderosa di trat-tenersi più a lungo col fratello, in quella occasione abbia avuto più potere di lui perché, secondo la dottrina di Giovanni: “Dio è amore”; fu quindi giustissimo che potesse di più colei che amava di più!». [Dialoghi (2° libro) - capitolo 33]

Figura n. 2

L’ultimo incontro tra Benedetto e Scolastica in un affresco

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

7

(…)

Il giorno seguente tutti e due, fratello e sorella, fecero ritorno al proprio mo-nastero. Tre giorni dopo Benedetto era in camera a pregare. Alzando gli occhi al cielo, vide l’anima di sua sorella che, uscita dal corpo, si dirigeva in figura di colomba, verso le misteriose profondità dei cieli. Ripieno di gioia, per averla vista così gloriosa, rese grazie a Dio onnipotente con inni e canti di lode, poi andò a partecipare ai fratelli la sua dipartita. Ne mandò poi subito alcuni, perché trasportassero il suo corpo nel monastero e lo seppellissero nel sepolcro che egli aveva già preparato per sé. Avvenne così che neppure la tomba poté separare quelle due anime, la cui mente era stata un’anima sola in Dio. [Dialoghi (2° libro) - capitolo 34]

Figura n. 3 Benedetto dall’Abbazia di Montecassino ha la visione dell’anima di santa Scolastica Portata in cielo da una colomba bianca (affresco)

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

8

San Benedetto da Norcia: padre del Monachesimo occidentale; gigante della “cultura” occidentale e del primato della “persona”; patrono degli ingegneri, degli architetti e degli speleologi; patrono principale dell’Europa

San Benedetto da Norcia resta il “pilastro” portante dell’odierna civiltà occi-dentale e, soprattutto, della nostra cultura, sviluppatesi grazie alla silenziosa e millenaria azione del movimento monastico occidentale cresciuto e sviluppa-tosi proprio facendosi guidare dalle parole, dalle lezioni e dai modelli conte-nuti dalla Regula Benedicti. E quando si dice “monachesimo” si deve intendere, nella sua totalità, l’intera grandissima famiglia di monaci, monache, oblati, oblate e di tutte le altre “fi-gure” organiche alla vita cenobitica che si sono succedute nei secoli (come ad esempio: i conversi; i confratelli; i maestri d’opera ed i costruttori; i massari; e così via). Tutti hanno portato il loro “umile” contributo per consentire la concretizza-zione del sogno benedettino, facendo propria (ed introiettandola) la Regula Benedicti e, quindi, applicandola con intelligenza e “discrezione” dopo aver-la declinata sia per latitudine che per genere/tipologia. Ma chi era Benedetto da Norcia? Per rispondere adeguatamente a questa doverosa domanda desidero prendere in prestito le parole di tre giganti della “materia” che si sono dedicati a Lui quasi totalmente: Gregorio Magno, Ildegarda di Bingen e Léo Moulin. Gregorio Magno nel volume 2° dei Dialoghi, interamente dedicato alla

vita di san Benedetto da Norcia, lo presenta con queste mirabili parole: «Parleremo oggi di un uomo veramente insigne, degno di ogni venera-zione. Si chiamava Benedetto, quest’uomo, e fu davvero benedetto di nome e di grazia. Fin dai primi anni della sua fanciullezza era già maturo e quasi percorrendo l’età con gravità dei costumi, non volle mai abbassare l’animo verso i piaceri. Se l’avesse voluto avrebbe potuto largamente go-dere gli svaghi del mondo, ma egli li disprezzò come fiori secchi e svaniti. Era nato da nobile famiglia nella regione di Norcia. Pensarono di farlo studiare e lo mandarono a Roma dove era più facile attendere agli studi letterari. Lo attendeva però una grande delusione: non vi trovò altro, purtroppo, che giovani sbandati, rovinati per le strade del vizio»

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

9

«… era ancora in tempo. Aveva appena posto un piede sulla soglia del mondo: lo ritrasse immediatamente indietro. Aveva capito che anche una parte di quella scienza mondana sarebbe stata sufficiente a precipi-tarlo intero negli abissi. Abbandonò con disprezzo gli studi, abbandonò la casa ed i beni paterni e partì alla ricerca di un abito che lo designasse consacrato al Signore. Gli ardeva nel cuore un’unica ansia: quella di pia-cere soltanto a Lui. Si allontanò quindi, così: aveva scelto consapevol-mente di essere incolto, ma aveva imparato sapientemente la scienza di Dio …». 6 Come si può vedere per Gregorio Magno – monaco benedettino, prima che Papa - non servono date, né dettagli che abbiano una prospettiva spiritua-le ed esemplare; sembra quasi che non voglia zavorrare con modesti ele-menti rappresentativi propri del “tempo degli uomini” per Benedetto che è un “gigante” per la civiltà e della Chiesa che si può confrontare solo con l’eternità e con il “tempo di Dio” …

Ildegarda di Bingen [1098 – 1179] – energica badessa del monastero di

Bingen; santa e dottore della Chiesa; autrice di testi importanti – dedica all’Uomo di Dio parole e valutazioni importanti7 : «lo Spirito Santo operò nel beato Benedetto luminosissimi doni e mistiche ispirazioni al punto che la sua mente ardeva dell’amore di Dio, e nelle virtù era al par dell’aurora che rutilante annuncia il sole, né mai si lasciò persuadere e portare a termine opera alcuna che fosser secondo i piani del diavolo. A tal punto poi era penetrato dalla grazia dello Spirito Santo che in alcuna opera sua nemmeno per un istante era privo della virtù dello Spirito Santo. Fu pure un fonte sigillato che effuse la sua dottrina nella discrezione di Dio, giacché egli non fissò il saldo ed acuto perno del-la sua dottrina né troppo in alto né troppo in basso, bensì al centro della ruota: sicché ciascuno o debole o forte che sia vi può attingere convenien-temente a secondo della sua possibilità. Questa ruota poi che si volge con movimento circolare è la potenza divina con cui Dio ha operato negli an-tichi santi a cominciare da Mosè, che diede al popolo la legge di Dio; e con la quale continuò ad operare a una altezza tale che la gente comune non lo poteva raggiungere. Il beato Benedetto poi attinse la sua dottrina dalla virtù del timor di Dio e la espose con grandissima mitezza; con amor di padre insegnò i precet-ti di Dio, nella carità eresse il muro di santità della Regola ed in purezza e semplicità si tenne lontano da ogni pompa e delizia del secolo terreno da pellegrino senza stabile dimora. Scrisse la sua dottrina in timore e

6 Gregorio Magno, VITA DI SAN BENEDETTO E LA REGOLA (Dialoghi II) [1 , 1] 7 Ildegarda di Bingen, IL CENTRO DELLA RUOTA – spiegazioni della Regola di San Benedetto ,

Centro Studi St. Ildegarda, Milano, 1994, riproduzione a cura di Angela Carlevaris o.s.b. [pp.65 – 67]

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

10

pietà, in carità e castità, e per questo nulla vi va aggiunto o sottratto, poiché nulla vi manca, in quanto essa è stata composta e portata a perfe-zione in Spirito Santo» 8.

Léo Moulin [1906 – 1996] era un importantissimo sociologo belga che,

benché fosse dichiaratamente ateo, dedicò tanti anni della propria vita allo studio appassionato ed amorevole di san Benedetto, della regola benedet-tina e del movimento monastico occidentale nel suo complesso. In una delle sue molte opere dedicate all’argomento ebbe a sottolineare, con approfondite argomentazioni ed esempi, che: «i monaci sono all’origine, inconsapevole ed involontaria, di un movi-mento economico e sociale così profondo, così diverso e vasto che l’evoluzione del Medio Evo sarebbe difficilmente spiegabile senza la loro presenza e la loro azione. In questo senso, San Benedetto e con lui i bene-dettini sono i “padri dell’Europa” nel senso pieno del termine, sia da un punto di vista storico che sociologico. … ai monaci è stato anche riconosciuto il ruolo di consiglieri tecnici, era-no infatti espertissimi nella macinatura del sale, nella metallurgia, nella escavazione del marmo, nel vetro: sarebbe più facile dire in quali campi, supposto che ve ne siano, i figli di San Benedetto non sono stati degli ini-ziatori, dei promotori o, almeno, l’equivalente, efficace, generoso e disin-teressato, della nostra assistenza tecnica …» 9.

San Benedetto oggi! Infine, il più prolifico scrittore benedettino contemporaneo, il monaco An-selm GRŰN ci ricorda con energia che: «in una epoca di grandi cambiamenti e mobilità in tutti i sensi qual è la no-stra, San Benedetto da Norcia e il suo messaggio – lavoro e preghiera, ricer-ca della giusta misura,“stabilità” ovvero restare dove/quello che si è [oggi si parlerebbe di “radici”.] … - possono sembrare cose di un mondo ormai lon-tano, scomparso per sempre. Eppure Benedetto è in grado ancora oggi di dire tante cose agli uomini ane-lanti ad una vita autentica. Facendosi compagno e guida verso una vita più serena e felice già qui e ora [Nel linguaggio del monachesimo benedettino viene utilizzata più efficace-mente la versione latina di: «hic et nunc»] può condurci tutti a vivere più intensamente il Vangelo». 1 0

8 Ildegarda di Bingen, IL CENTRO DELLA RUOTA – spiegazioni della Regola di San Benedetto ,

Centro Studi St. Ildegarda, Milano, 1994, riproduzione a cura di Angela Carlevaris o.s.b. [pp.65 – 67]. 9 Léo MOULIN, LA VITA QUOTIDIANA SECONDO SAN BENEDETTO , Jaca Book, Milano, 1980 1 0 Anselm GRŰN, BENEDETTO DA NORCIA: la Regola per l’uomo d’oggi, Edizioni San Paolo, Cini-

siello Balsamo, 2006

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

11

Una biografia ha, comunque, bisogno di DATE

I gemelli Benedetto e Scolastica sono nati a Norcia, probabilmente nel 480, da Eutropio Anicio (discendente dall'antica famiglia senatoriale romana degli Anicii e Capitano Generale dei romani nella regione Nursina) e da Clau-dia Abondantia Reguardati (contessa di Norcia che sarebbe morta quasi subi-to dopo aver partorito i due gemelli). Sembra che il padre avrebbe fatto voto di destinare alla vita monastica i due bambini, che erano oggetto di notevoli ed amorevoli cure . Attorno ai dodici anni Benedetto e Scolastica vennero inviati a Roma per compiere gli studi classici, accompagnati dalla fedele nutrice Cirilla. Rimasti sconcertati dalla vita disordinata e caotica che trovarono a Roma, Be-nedetto decise di abbracciare la vita religiosa che lo portò ad un peregrinare nel Lazio ed a vivere anche una esperienza da eremita. Scolastica, invece, rientrò a Norcia per entrare in un monastero posto nelle vi-cinanze; successivamente raggiunse Benedetto prima a Subiaco. Quando Be-nedetto realizzò nel 529 l’Abbazia di Montecassino Scolastica lo imitò fon-dando a Piumarola l’omonimo Monastero (posto a circa sette chilometri a sud dell’Abbazia), dando vita al ramo femminile dell’Ordine Benedettino ed ab-bracciando la medesima Regula Benedicti. Una delle maggiori raccomandazioni di Scolastica era di osservare la regola del silenzio, e di evitare soprattutto la conversazione con persone estranee al monastero, anche se si dovesse trattare di persone devote che andavano a vi-sitarle. Si narra che Ella diceva alle consorelle: «Tacete, o parlate di Dio, poi-ché quale cosa in questo mondo è tanto degna da doverne parlare?».

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

12

Il “trapasso” di Benedetto e la definizione del “dies natalis” Nel capitolo 37 del secondo volume dei Dialoghi, Gregorio Magno si soffer-ma sul passaggio all’eternità dell’«uomo di Dio». «Nell’anno stesso in cui doveva morire, annunziò il giorno del suo beatissi-mo transito ai suoi discepoli, alcuni dei quali vivevano con lui ed altri stava-no lontani. Ai presenti ordinò di custodire in silenzio questa notizia, ai lon-tani indicò esattamente quale segno li avrebbe avvisati che la sua anima si staccava dal corpo. Sei giorni prima della morte, si fece aprire la tomba. As-salito poi dalla febbre, cominciò ad essere prostrato da ardentissimo calore. Poiché di giorno in giorno lo sfinimento diventava sempre più grave, il sesto dì si fece trasportare dai discepoli nell’oratorio, ove si fortificò per il grande passaggio ricevendo il Corpo e il Sangue del Signore. Sostenendo le sue membra, prive di forze, tra le braccia dei discepoli, in piedi, colle mani leva-te al cielo, tra le parole della preghiera, esalò l’ultimo respiro. In quel mede-simo giorno, a due fratelli, uno dei quali stavo in monastero, l’altro fuori, apparve una identica visione. Videro una via, tappezzata di arazzi e risplendente di innumerevoli lampa-de, che dalla sua stanza volgendosi verso oriente si innalzava diritta verso il cielo. In cima si trovava un personaggio di aspetto venerando e raggiante di luce, che domandò loro di chi fosse la via che contemplavano. Confessavano di non saperlo. “Questa – disse egli – è la via per la quale Benedetto, amico di Dio, è salito al cielo”. Così i presenti e i lontani videro e conobbero da quel segno predetto la morte del santo.

Figura n. 4 Il trapasso di san Benedetto in piedi come Mosè (affresco)

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

13

Fu sepolto nell’oratorio del Beato Giovanni Battista, oratorio che egli aveva edificato, dopo aver distrutto il tempio di Apollo. E fino ai nostri giorni, se la fede degli oranti lo esige, egli risplende per mi-racoli anche in quello Speco di Subiaco, dove egli abitò nei primi tempi della sua vita religiosa. Attilio Stendardi – nell’introduzione all’edizione del 1975 della Vita di San Benedetto e la Regola di Gregorio Magno 1 1 – ricorda che: «circondato dai suoi monaci che ne sorreggevano le membra prostrate, attese il transito in piedi, pregando come Mosè, le mani levate al cielo. L’ora più solenne del Pa-triarca era suonata, e l’antichissima tradizione le ha anche assegnato una data: il 21 marzo del 547, poco tempo dopo l’entrata di Totila in Roma. Ma anche qui, come per tutta la cronologia di Benedetto, il «forse» regna sovrano. Ed è impossibile tanto accennare qui alla lunga storia delle feste particolari di Benedetto in tutta Europa, come pure tentare una diversa ri-costruzione anche approssimativa del suo dies natalis».

Ma perché il “dies natalis” è stato fissato per il 21 marzo ? Per rispondere alla domanda merita di essere segnalato il bellissimo libro cu-rato da Jacques Le Goff - il grande medievista scomparso recentemente – ed intitolato: «A la recherche du temps sacré. Jacques de Voragine et la Légende dorée» 1 2 dedicato appunto alla rilettura della Legenda aure-a, la raccolta della vita dei Santi scritta nel XIII secolo dal frate domenicano Jacopo da Varazze; suddivisa in “quattro tempora” (quattro tempi liturgici):

- il tempo della deviazione, che va da Adamo a Mosè; - il tempo del rinnovamento, che va da Mosè alla nascita di Cristo; - il tempo della riconciliazione, tra Pasqua e la Pentecoste; - il tempo della peregrinazione, che è quello della “vita presente”; - restava uno “scarto” di tre settimane che vanno da Natale all’inizio della

Quaresima. Nella Legenda Aurea c’è un “tempo liturgico” particolare: «il tempo della de-viazione».

1 1 Attilio STENDARDI, “introduzione” alla VITA DI SAN BENEDETTO E LA REGOLA di Gregorio

Magno, Città Nuova Editrice, Roma, 1975; VIII edizione minima del 2009; 12

La versione originaria del libro è stata pubblicata nel 2011 per le Edizioni Perrin; il testo è stato tradotto in italiano come Jacques LE GOFF, IL TEMPO SACRO DELL’UOMO – La “Leggenda aurea” di Ia-copo da Varazze , Editori Laterza, Roma – Bari, 2012

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

14

Il tempo della deviazione è essenzialmente il tempo della Quaresima, il tempo dello “smarrimento”; esso corrisponde al periodo che va da Adamo a Mosè (dal momento che il peccato originale commesso da Adamo comporta una rottura alla quale Mosè non porrà che un rimedio parziale, in attesa della soluzione definitiva portata da Gesù). Nella Legenda Aurea in questo particolare “tempo” trovano un posto impor-tante due santi monaci:

- San Benedetto in quanto “creatore del monachesimo occidentale” e - san Gregorio Magno “in ragione della sua importanza nella storia della

Chiesa medievale”. Soprattutto per questo motivo, nel martirologio romano, sin dalle origini la ricorrenza di San Benedetto era stata collocata il 21 marzo - il primo giorno di primavera e, quindi, coincidente con la rinascita dopo la fine dell’inverno -; la circostanza ha creato, però, qualche limitazione al festeggiamento della ricor-renza da parte di monaci in quanto la data cadeva nel periodo quaresimale.

Figura n. 5 Il trafugamento e trasferimento di parte delle “ossa” di san Benedetto in Francia (timpano della Chiesa dell’Abbazia di Fleury sur Loire)

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

15

Perché la ricorrenza è stata spostata all’11 luglio? Attilio Stendardi – nell’introduzione all’edizione del 1975 della Vita di San Benedetto e la Regola di Gregorio Magno 1 3– ricorda ancora che: «dal 1959, a Montecassino, si celebra l’11 luglio il Patrocinio di Benedetto e Scola-stica, a seguito della ricognizione delle loro ossa e più a ricordo perenne del-la protezione da loro riversata sui monaci nel 1944. Soppressa oggi la festa del 21 marzo, quasi sempre ricorrente in piena Qua-resima e quindi sottaciuta, la solennità dell’11 luglio ha varcato le soglie di quel monastero divenendo commemorazione di tutta la Chiesa, che venera Benedetto con suo Patriarca». Questa decisione venne confermata nella esortazione apostolica Pacis Nun-tius con la quale il Papa Paolo VI il 24 ottobre 1964 proclamava Benedetto da Norcia “patrono principale d’Europa”. L’illuminato Pontefice – che da giovane avrebbe voluto divenire monaco be-nedettino – immaginava che il progetto europeo che si andava concretizzando avrebbe curato le proprie “radici cristiane” e che si sarebbe sviluppato in linea con l’esperienza e la cultura monastica occidentale come era accaduto nell’Alto Medio Evo. La realtà quotidiana dei cittadini che vivono nelle Nazio-ni europee è ben diversa, anzi è tutt’altra cosa. Oggi San Benedetto è l’unico Santo – insieme con San Giovanni Battista – ad avere due festività; infatti, oltre al 21 marzo, l’altra data (divenuta quella “uffi-ciale”) è quella dell’11 luglio e coincide con l’anniversario della ricognizione delle reliquie del Santo avvenuta nel 1881 a Fleury sur Loire ospitate presso la chiesa di Saint Benoît sur Loire -. In molti scritti di studiosi viene ricordato che in realtà la nuova “data” fa rife-rimento all’11 luglio 660 che risulta essere “il giorno della traslazione in terra di Francia delle ossa dei Santi Benedetto e Scolastica” (per noi il verbo più corretto che andrebbe utilizzato è quello di “trafugamento”). Molti testi riferiscono che tra il 577 ed il 589 i territori della penisola Italiana vennero invasi da orde barbariche che devastarono il fragile ambiente, le ar-chitetture e, ovviamente, le popolazioni, a partire dai religiosi. Anche la sacra Abbazia di Montecassino venne devastata dai Longobardi – come, peraltro, predetto da Benedetto al monaco Teoprobo [Dialoghi, 2 – 17] – evento che costrinse la comunità monastica benedettina ad abbandonare frettolosamente il Cenobio ed a trasferirsi a Roma nella Basilica di San Gio-vanni in Laterano.

1 3 Attilio STENDARDI, “introduzione” alla VITA DI SAN BENEDETTO E LA REGOLA di Gregorio

Magno, Città Nuova Editrice, Roma, 1975; VIII edizione minima del 2009; [pp. 21 e seguenti]

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

16

Molti scritti, tra cronache e leggende, narrano che l’Abbate Mummolus [set-tembre 632 – gennaio 663; divenuto poi san Mommolino] dopo aver riletto il volume 2° dei Dialoghi di Gregorio Magno, inviò alcuni suoi monaci guidati da Aigulfo per recuperare le ossa di san Benedetto che sapeva solitarie e co-perte dalle macerie dell’Abbazia di Montecassino. Questi si incontrarono, attorno ai resti della tomba dei Santi gemelli, con una delegazione degli abitanti della città di Le Mans che voleva recuperare le ossa di santa Scolastica. Aigulfo portò di nascosto in un’unica cassa parte delle os-sa dei due Santi e, successivamente, al rientro a Fleury insieme con l’Abate provvide ad operare la ricognizione e la suddivisione “miracolosa” delle reli-quie dei due Santi (che avvenne, appunto, l’11 luglio 660). Oggi parte delle sacre ossa di san Benedetto sono conservate presso l’Abbazia di Fleury a Saint Benoît sur Loire (in Francia, nella Diocesi di Orléans), men-tre parte delle reliquie di Santa Scolastica sono ospitate nella Chiesa di Ju-vigny les Dames a Le Mans (nella Francia settentrionale), città della quale è la Patrona. Sotto l’altare maggiore della Chiesa dell’Abbazia di Montecassino sono con-servate – ancora insieme – parte delle ossa di san Benedetto e santa Scolasti-ca. Figura n. 6

La statua di Santa Scolastica presso l’Abbazia di Montecassino

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

17

Due parole per ricordare la «Regula Benedicti» La Regola - sintetizzata egregiamente dal notissimo motto «ora et labora» - può essere considerata come un “semplice” progetto di vita, un insieme di principi chiaramente più vicini al significato originario della parola latina «regula», o guida, piuttosto che al termine «lex» o legge. 1 4 In realtà, per essere più precisi, la Regola Benedettina - e, conseguentemente, la logica della vita monastica - andrebbe sintetizzata più correttamente con l’espressione «ora, lege (studia) et labora». Questa diversa espressione nella letteratura benedettina sarebbe riconducibile al Liber de modo bene vivendi (1174) del cistercense Tommaso di Froidmont. La “Regola Benedet-tina”, infatti, invita il monaco non solo a pregare [l’Ufficio Divino] ed a lavo-rare [cioè “arare”, per essere autosufficienti], ma anche a leggere e studiare. Infatti, «Regula» - la parola che oggi viene tradotta in modo affrettato con il termine corrente di “regola”- nell’accezione originaria significava, invece, “indicatore stradale”, oppure “ringhiera”; cioè, qualcosa a cui aggrappar-si e sorreggersi nel buio e/o nei momenti di stanchezza, ovvero qualcosa che indica la strada e che aiuta ad andare avanti verso una determinata (corretta) direzione, nel “deserto della vita” quotidiana. La «Regula», quindi, non raccoglie solo una serie di istruzioni, ma costitui-sce una “guida” per aiutare - concretamente e progressivamente - il monaco (o semplicemente il componente di una qualsiasi comunità cristiana) a co-struire un corretto stile di vita verso la “santità”. Forse anche per questo, la Regola costituisce uno strumento estremamente vivo e sempre attuale! Conseguentemente, può essere agevolmente applicato anche in momenti complessi e difficili come quelli vissuti attualmente e non solo all’interno di comunità monastiche, ma anche in tutte le altre tipologie di organizzazioni. Con la “Regula”, le persone vengono concretamente poste al centro della comunità (che può essere anche la famiglia, oppure un’azienda). Infatti, la “Regula” non è un trattato di teologia, bensì una guida di sapienza per l’uomo di tutte le epoche, utile per poter:

- comprendere meglio l’Uomo, come entità e come singolo; - comprendere meglio il Gruppo; - costruire un processo virtuoso nel Gruppo, cioè un miglioramento

continuo dei singoli, della comunità e delle attività svolte. In tale ambito metodologico, per San Benedetto grazie alla «sapienza», ap-plicata con metodo, è possibile: penetrare nei significati delle cose e delle azioni umane;

1 4 tratto dal libro Sergio BINI, "LA PERENNE ATTUALITÀ DELLA REGOLA BENEDETTINA"

http://www.ora-et-labora.net/regolabini.html

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

18

conoscere l’uomo in tutte le sue manifestazioni sia evidenti (come le parole e le azioni) che nascoste (come i cosiddetti “segnali deboli”).-

La nota Abbadessa statunitense Joan CHITTISTER osb, in merito alla Regola Benedettina, sottolinea che: «la spiritualità benedettina è impastata della materia grezza che è la vita di tutti i giorni e non presuppone un grande ascetismo, né promette esperienze straordinarie dello spirito … La Regola di San Benedetto prende semplicemente la polvere e l’argilla di ogni giorno e la trasforma in bellezza … La Regola di S. Benedetto … è sem-plicemente un progetto di vita, un insieme di principi chiaramente più vici-no al significato originario della parola latina «regula», o guida, piuttosto che al termine «lex», o legge … In altre parole: - la Regola di S. Benedetto è più saggezza che legge; - non è una serie di istruzioni, ma è uno stile di vita».15 La «Regula Benedicti», scritta da san Benedetto da Norcia nel 529 a Mon-tecassino, si articola in settantatré capitoli preceduti da un prologo. I 73 capitoli – il numero dei libri della Bibbia – si possono aggregare così: nove trattano i doveri dell’Abate; tredici regolano l’adorazione di Dio; ventinove sono relativi alla disciplina ed al codice penale; dieci regolano l’amministrazione interna del monastero; dodici riguardano provvedimenti diversi. I Capitoli della Regola di san Benedetto possono essere aggregati anche nel seguente modo, secondo una logica sequenziale: 1^ parte capitoli

01 - 07 vengono esposti i VALORI fondamentali della vita benedettina;

2^ parte capitoli 08 - 20

viene fornita una STRUTTURA alla vita di preghiera della comunità;

3^ parte capitoli 21 - 70

viene DIMOSTRATO COME i valori della Regola debbono essere applicati nelle vita quotidiana e all’interno del monastero.

4^ parte capitoli 71 – 73

ci si sofferma e si riflette sul POSTO da dare alla Regola nella vita e sulla natura dello “zelo buono” e della vera spiritualità.

1 5 Joan CHITTISTER, FERMATI E ASCOLTA IL TUO CUORE – vivere oggi la Regola di San Be-

nedetto, EFFATA’ Editrice, Cantalupa (TO), 2009 [p. 13]

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

19

Appendice 1

La Medaglia di san Benedetto da Norcia .16

Le origini della medaglia di San Benedetto sono antichissime. Papa Benedetto XIV ne ideò il disegno e col “Breve” del 1742 approvò la medaglia conce-dendo delle indulgenze a coloro che la portano con fede. Sul diritto della medaglia, san Benedetto tiene nella mano destra una Croce elevata verso il cielo e nella mano sinistra il libro aperto della santa Regola. Sull’altare è posto un calice dal quale esce una serpe per ricordare un episodio della vita del Santo: san Benedetto con un segno di Croce, avrebbe frantumato una coppa contenente il vino avvelenato datogli dai monaci attentatori. Attorno al diritto sono coniate queste parole “EIUS IN OBITU NOSTRO PRAESENTIA MUNIAMUR” [«possiamo essere protetti dalla sua presenza nell’ora della nostra mor-te»]. Sul retro della medaglia, figura la Croce di san Benedetto e le iniziali dei testi. Questi versi sono antichissimi. Essi appaiono in un manoscritto del XIV secolo a testimonianza della fede nella potenza di Dio e di San Benedetto. La devozione della medaglia o Croce di san Benedetto, divenne popolare intorno al 1050, dopo la guarigione miracolosa del giovane Brunone, figlio del conte Ugo di Eginsheim in

1 6 Il testo è liberamente tratto e rielaborato dal sito www.cattoliciromani.com.

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

20

Alsazia. Brunone, secondo le cronache del tempo, fu guarito da una grave infermità, dopo che gli fu offerta la Croce di san Benedetto. Dopo la guarigione divenne monaco benedett i-no e poi Papa: è san Leone IX, morto nel 1054. Tra i propagatori bisogna annoverare anche san Vincenzo de’ Paoli. Numerosi sono gli effetti benefici attribuiti alla stessa: guarigioni, protezione contro il de-monio, grazia di una santa morte. Ma attenzione, la medaglia non è un talismano che annulla le prove della nostra vita, ma un mezzo che ci aiuta a superarle. Le parole scritte intorno alla Croce sarebbero sostanzialmente le stesse che San Benedetto pronunciò rispondendo alla tentazione del demonio. Possiamo farle nostre in uno spirito di fede, sapendo che la Croce di Cristo è pegno della nostra vittoria e della nostra salvezza. Questa medaglia è un sacramentale della Chiesa cattolica, un segno sacro dal quale sono ottenuti effetti, grazie alla preghiera della Chiesa. Per trarre benefici da questa preghiera e da questa medaglia, non basta farla benedire e “appenderla” al collo come se fosse un portafortuna: i benefici che speriamo di ottenere sono proporzionati alla crescita della nostra fede e della nostra fiducia in Dio, guidati dall’esempio di San Benedetto, celeste patrono del continente europeo. Spiegazione delle iniziali del retro

CSPB Crux Sancti Patris Benedicti Croce del santo padre Benedetto

CSSML Crux Sancta Sit Mihi Lux La Croce santa sia la mia luce.

NDSMD Non Draco Sit Mihi Dux Non sia il demonio il mio condottiero.

SMQL Sunt Mala Quae Libas Sono cattive le tue bevande.

IVB Ipsa Venena Bibas Bevi tu stesso i tuoi veleni.

VRS Vade Retro Satana Allontanati Satana.

NSMV Numquam Suade Mihi Vana Non mi attirare alle vanità.

Preghiera Croce santa, sii la mia luce e non sia mai il demonio il mio capo. Vade retro satana; non mi persuaderai mai di cose vane; sono cattive le bevande che mi of-fri, bevi tu stesso il tuo veleno. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

21

Appendice 2.

La Venerabile Arciconfraternita dei SS Benedetto e Scolastica e la Chiesa del “popolo Nursino” a Roma:

notizie minime. In uno dei periodi più difficili per la Chiesa, quando la dissolutezza dei costumi prevaleva sulla moralità della vita religiosa ed i fedeli erano sufficientemente disorientati, si sviluppò il modello comunitario di Congregazioni e Confraternite che predicavano la penitenza e contribuivano a rinsaldare la pietà e la solidarietà popolare attorno ai principi cristiani. Da queste formazioni più o meno spontanee nascono e si sviluppano le varie Confraternite che si dedicano alla solidarietà – attraverso le “opere di misericordia” - per occuparsi con-cretamente dei malati, dei poveri e per dare cristiana sepoltura ai morti abbandonati trop-po spesso agli angoli delle strade. Fu in quel periodo che alcuni devoti cittadini di Norcia, come si legge nel libro degli «Sta-tuti e Privilegi della Venerabile Arciconfraternita dei santi Benedetto e Sc o-lastica», tali Laerzio Cherubini, Benedetto Passerini, Sebastiano Masseroni, Olimpio C i-starelli e Francesco Passerini, volendo onorare la memoria dei suddetti Santi loro concitta-dini, si riunirono per essere «strumenti , autori e fondatori di un delizioso orto del Signo-re». Alla fine, dunque, del mese di febbraio 1615, riuniti in casa del signor Laerzio Cheru-bini: «risolsero fondar una compagnia di uomini e donne secolari, i quali in unione, con la frequenza dei sacramenti, con l’esercizio dei divini uffici e di opere pie, ogni giorno si innalzassero meriti a gloria di Dio e dei santi Benedetto e Scolastica!». Poiché la festa di S. Benedetto era prossima, gli stessi, v olendo celebrarla con ogni solenni-tà, si rivolsero al Cardinal Mellino, Vicario di Sua Santità Paolo V, per avere l’approvazione del loro progetto. Una volta ottenuto il nullaosta, prese corpo «una congregazione di molte devote persone che si offrirono di farne parte». La prima riunione fu tenuta nella chiesa di Sant’Eustachio, in prossimità del Panteon, il primo marzo 1615 alla presenza di circa 200 confratelli. Il 24 agosto dello stesso anno il confratello Pier Matteo Lucarucci, in punto di morte, lasciò in dono alla Confraternita tutti i suoi beni siti in Vicolo dei Sinibaldi: dove poi fu costruita la chiesetta e ricavata la sede dell’Arciconfraternita. Oltre a tener viva la devozione ai due grandi santi, i cinque fondatori si prodigarono affin-ché gli oriundi di Norcia, residenti a Roma per lavoro, trovassero finalmente un riferimen-to spirituale, religioso, morale e sociale, un momento sicuro di comunione fraterna tra loro e di collegamento con la terra d’origine. Nei secoli seguenti l’Arciconfraternita attraversò le più disparate vicissitudini fino ad e-stinguersi definitivamente con la morte, nel 1960, del suo primicerio Bernardino Viola. Nel 1980 Mons. Luigi Di Giannicola, originario di Valcaldara di Norcia, animato da pro-fonda e autentica ansia apostolica e da uno sconfinato amore per i suoi conterranei, otten-ne dal Cardinale Vicario di Sua Santità e dal Vicariato di Roma (al quale era passata l’amministrazione dei beni della Confraternita) la riapertura della Chiesa Regionale dei Nursini e la rinascita dell’Arciconfraternita. Nominato Rettore dell’amata Chiesetta e Assi-stente Spirituale dell’Arciconfraternita, con decisione, entusiasmo e generosità esemplari prodigò tutte le sue energie per far rivivere i principi e gli scopi dei grandi fondatori e la spiritualità essenziale e concreta del Santo Patriarca Benedetto.

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

22

L’Arciconfraternita della diaspora Nursina vive una stagione proficua che fa ben sperare per il futuro, nonostante le complessità e le difficoltà del momento. L’entusiasmo dei con-fratelli è sempre grande e granitico: supplisce a tutto e non verrà mai meno. A maggio 2007, su proposta di S.E.R. Mons. Riccardo Fontana, Arcivescovo di Spoleto-Norcia, il Card. Camillo Ruini ha nominato Assistente Spirituale dell’Arciconfraternita e Rettore della Chiesetta dei Nursini Mons. Vittorio Pignoloni, originario di Colle Giacone di Cascia (PG). L'Arciconfraternita è ancora oggi formata da oriundi delle zone della ex Diocesi di Norcia [la cosiddetta “Regione Nursina”] e soprattutto dai territori di Cascia, Monteleone di Spo-leto, Norcia, Poggiodomo e Preci] nonché da tutti coloro che intendono mantenere concre-tamente vivo «il senso religioso e la pratica della vita cristiana, così come fortemente que-sta è ancora sentita e vissuta nelle loro terre e che viene a loro tramandata dall'esempio dei padri e dal loro amore e devozione verso i grandi Santi del territorio di Norcia». Altra missione è quella di continuare ad approfondire, divulgare e diffondere i principi del monachesimo benedettino, a partire dalla Regola di san Benedetto, perennemente attuale da quindici secoli.

La Chiesetta del popolo dei Nursini a Roma: la Chiesa dei Santi Benedetto e Scolastica all’Argentina è una Chiesa sita all’interno del “rione Sant'Eustachio” al numero 71 di va di Torre Argentina. E’ da sempre la chiesa nazionale dei Nursini17, che agli inizi del XVII secolo fondarono a Roma un’Arciconfraternita intitolata ai due santi fratelli nati a Norcia e costruirono un oratorio nel 1625. La confraternita fu approvata dal Pontefice Paolo V nel 1615 e dal Pontefice Gre-gorio XV nel 1623. Uno dei membri fondatori della Confraternita, Pier Matteo Lucarucci, morendo, lasciò alla stessa il proprio immobile (dove essa già si riuniva, al piano terreno), dando così la possib i-lità al sodalizio di allargare l’oratorio e trasformarlo in chiesa 1 8 . Essa è conosciuta anche con il nome di San Benedetto della ciambella; così l’Armellini spiega questo curioso nome: « … il cardinale della Valle, incapricciandosi di cavar tesoro, fece cavare nelle terme di M. Agrippa nelle quali vi trovò una gran corona civica imperiale di metallo do-rato, e perché avea simiglianza di certe ciambelle che a quel tempo si vedevano per Ro-ma, quelli cavatori dissero: ecco una ciambella; e per avere la mancia corsero al card i-nale dicendoli: havemo trovato una ciambella di bronzo, e di lì a poco venendoci ad abi-tare un oste fece per insegna la detta ciambella; ed in questo modo è stato sempre c hia-mato la ciambella ». [Armellini, op. cit., p. 457]1 9 La chiesa è di forma irregolare e di dimensioni assai modeste; negli anni fu arricchita di preziose opere d’arte e di doni che sono in gran parte andati perduti attraverso i secoli e

1 7 da Norcia venivano tradizionalmente, a Roma, i macellai di maiali (tanto che, per antonomasia, il pizzica-

gnolo veniva chiamato "norcino"). Questa attività ebbe carattere di migrazione stagionale legata alla m a-cellazione annuale del maiale - da ottobre a marzo - fino alla diffusione generale dei frigoriferi industriali dopo gli anni cinquanta (il maiale infatti non veniva commerciato nella stagione calda, e chi scrive ricorda ancora una bottega, a Campo de' Fiori, dove d'inverno si vendeva maiale, e d'estate pantofole).

1 8 Nell'annuario delle chiese di Roma tenuto dalla Diocesi, la chiesa, ancor oggi annessa all'Arcicon fraternita dei Santi Benedetto e Scolastica, è classificata tra le 60 "basiliche minori".

1 9 Ancor oggi la v ia v icina si chiama Via dell'Arco della Ciambella: l'arco era un residuo delle costruzioni delle Terme di Agrippa, e fu demolito nel 1621; la ciambella era di certo un'insegna di osteria o locanda, probabilmente precedente agli scav i citati. Scomparsi entrambi da qualche secolo, il nome è rimasto (si veda in Rendina-Paradisi, Le strade di Roma, 2003).

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

23

soprattutto a causa delle devastazioni subite durante l’invasione francese del 1798 e dalla successiva esperienza della Repubblica romana nel 1849. Per questo è stata più volte re-staurata dai Papi Pio IX e Leone XIII. In particolare nella spoliazione effettuata dai fran-cesi ne andò disperso anche il prezioso archivio. La facciata ha un elegante portale con un tondo e la scritta: «Divis Benedicto et Scho-lasticae patronis ordo et populus nursinus» (La magistratura ed il popolo di Nor-cia ai santi patroni Benedetto e Scolastica). L’interno è ad unica navata, con finte colonne dipinte alle pareti, e la scritta «Felix Nursiae tellus quae talem genuit alumnun» (O fortunata terra di Norcia che ha generato un tale figlio); vi sono poi raffigurati dipinti e decorazioni ottocentesche dei papi restauratori. 2 0 2 1

La Chiesetta oggi. Del glorioso passato restano oggi:

- l’altare in marco policromo del ‘600; - la bellissima e grande tela raffigurante i Santi Benedetto e Scolastica durante il loro ul-

timo incontro del 6-7 febbraio 547 ai piedi di Montecassino (della scuola umbra del ‘600); - il quadro con l’adorazione dei pastori (della seconda metà del ‘700);

- un prezioso Crocifisso ligneo (scultura lignea di pregevole fattura della prima metà del ‘700 appena restaurato);

- il pavimento in marmo con alcune lapidi che ricordano i fondatori della Arciconfrater-nita ed i primi benefattori della stessa e della Chiesa: Gradasso PITTA (m.: 17 giugno 1617); Sante ANTONINI (m. 22 agosto 1685); Francesco PASSARINI (m. 20 settembre 1611); Pier Matteo LUCARUCCI (m. 6 agosto 1622); Francesco BONCONTI (M. 1689).

Dal 1982 al 1986, la chiesa è stata interessata da una importante intervento di restauro pit-torico e di inserimento di nuove pitture murali eseguite dalla prof.ssa Marinella Letico Celi (natività; la Pietà; S. Vincenzo Pallotti di San Gregorio di Cascia; Beata Lucia de Valcaldara di Norcia; la nascita e la venuta a Roma dei SS. Benedetto e Scolastica; la “Gloria” dei Santi Protettoti, sulla volta; le pareti).

Dove si trova? La Chiesa si trova in Via di Torre Argentina, n. 71, mentre la sede dell' Arciconfraternita è presso i locali della Sagrestia della stessa ai quali si accede da Vicolo Sinibaldi, n. 1. Frequentare la nostra Chiesa è anche un modo per fare una passeggiata, nelle vicine Cam-po de Fiori, Piazza della Rotonda, il Pantheon, la Chiesa del Gesù, il monumento a Vittorio Emanuele II nella vicina Piazza Venezia. Gli appuntamenti sono segnalati nel Notiziario “NURSINI” che si può ricevere inoltrando apposita richiesta con una mail all’indirizzo: [email protected]. Oppure visitando il sito www.nursini.org .

20 Chiesa dei Santi Benedetto e Scolastica all'Argentina , da Wikipedia, l'enciclopedia libera. 21 ulteriori approfondimenti bibliografici sulla Chiesa:

M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Roma 1891, p. 457 .

C. Rendina, Le Chiese di Roma, Newton & Compton Editori, Milano 2000, 46. Daniela Brignone, La tradizione norcina della lavorazione delle carni suine nel tempo . Per la presen-

za dei Norcini a Roma si veda in particolare il cap. 2. La migrazione della tecnologia norcina da Norcia a Roma: percorsi umani e professionali dal XVII secolo ai giorni nostri, pag. 8 e seguenti.

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

24

L’abito confraternale: il “sacco”

Nella tradizione delle Confraternite, l’abito confraternale è chiamato saio o “sacco”. Il capitolo III degli antichi “Statuti & privilegi della Venerabile Archi-confraternita de’ Santi Benedetto e Scholastica di Roma” (edizione del 1625) è dedicato a “l’habito che deuono portare li Fratelli” e recita testualmente: «Statuimo & ordinamo, che l’habito, che dalli Fratelli della no-stra Archiconfraternità s’hà da portare, sia un sacco di tela negra con il suo cappuccio attaccato, & cinto in cintura di cordone negro, & un habitino so-pra le spalle sin alla piegatura del braccio di saia scotta negra senza fodera con la bottonatura dinanzi orlata dell’istessa saia scotta, & nella spalla sini-stra verso il petto habbia l’impronta delli Santi nostri protettori Benedetto, & Scholastica conforme la stampa, che si conferma appresso il Proueditor di Chiesa della nostra Archiconfraternità, accomodata sopra la mozzetta con fettuccia si seta negra, & non altrimente». Il nero è – in quanto colore simbolico della terra, da cui ha principio la vita ed alla quale si torna con la morte – è stato solitamente adottato dalle Confrater-nite della Buona Morte ("buona" nel senso cristiano del termine, sia innanzi-tutto dal punto di vista di una adeguata preparazione ed assistenza spirituale, che da quello del provvedere ai servizi necessari ai diversi atti e situazioni che accompagnano quest’ultimo momento della vita). In questo senso, il nero é stato quindi inteso come indicatore di lutto, ma non é questo il suo significato originario o comunque il principale. Per quanto riguarda, invece, l’Arciconfraternita dei Santi Benedetto e Scola-stica il colore nero del “sacco” si rifà al colore del saio dei primi monaci segua-ci del padre fondatore del monachesimo occidentale che, a sua volta, si riface-va al concetto-base della “de Humilitate” ampiamente e dettagliatamente il-lustrato al capitolo VII della Regola Benedettina.

S er g i o BIN I * 547 –2 017 : 1 .47 0 a n n i fa S . Ben e dett o e S. Sc ola st i ca da N or cia t or n av a n o a l la Ca sa d el Pa dr e .

25

Sommario 547 – 2017: 1.470 anni fa san Benedetto e santa Scolastica tornavano alla Casa del Padre

3 La potenza delle immagini della Pala dell’Altare

4

Santa Scolastica: la sorella gemella di san Benedetto

5

San Benedetto da Norcia, patrono principale d’Europa

8

San Benedetto da Norcia oggi!

10

Una biografia ha, comunque, bisogno di date

11

Il “trapasso” di Benedetto e la definizione del “dies natalis”

12

Ma perché il “dies natalis” è stato fissato per il 21 marzo?

13

Perché la ricorrenza è stata spostata all’11 luglio?

15

Due parole per ricordare la «Regula Benedicti»

17

Appendici

1. La medaglia di san Benedetto da Norcia

19

2. La Venerabile Arciconfraternita dei SS. Benedetto e Scolastica e la Chiesa del “popolo Nursino” a Roma: notizie minime

21