Sentenza n. 11713/2014 pubbl. il 07/10/2014 RG n. 29582/2011 … · 2016. 3. 31. · N. R.G....

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pagina 1 di 30 N. R.G. 29582/2011 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO - Sezione specializzata in materia di impresa B - Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Vincenzo Perozziello Presidente dott. Alessandra Dal Moro Giudice Relatore dott. Marianna Galioto Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 29582/2011 promossa da: FALL.TO EXTREME TECHNOLOGY ITALIA SRL (C.F.04146140969), con il patrocinio dell’avv. BENVENUTO GIANFRANCO, elettivamente domiciliato in VIA MACCHI, 27 20124 MILANO attore contro WALTER RICHARD (C.F. RCHWTR44E20Z133K), con il patrocinio dell’avv. IANNACCONE GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in CORSO MATTEOTTI, 11 20121 MILANO convenuto MARCELLO DE BONIS (C.F. DBNMCL73R19F205Z), con il patrocinio dell’avv. GIACONIA ROSSELLA GIOVANNA e dell’avv. LOMBARDI MASSIMO (LMBMSM69H26F205D) VIA OBERDAN, 4 20064 GORGONZOLA; elettivamente domiciliato in VIA NOVARA, 379 20153 MILANO convenuto GIAMPIERO FRANCESCHETTI (C.F. FRNGPR35D27C933R), con il patrocinio dell’avv. SIGNORELLI FABIO, elettivamente domiciliato in CORSO PORTA VITTORIA 18 20122 MILANO Firmato Da: PRIMAVERA ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 98684 - Firmato Da: PEROZZIELLO VINCENZO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: ee6b1 Firmato Da: ALESSANDRA DAL MORO Emesso Da: INFOCERT FIRMA QUALIFICATA Serial#: 2c0c64 Sentenza n. 11713/2014 pubbl. il 07/10/2014 RG n. 29582/2011 Repert. n. 9940/2014 del 07/10/2014 http://bit.ly/1PL1oOa

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N. R.G. 29582/2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

- Sezione specializzata in materia di impresa B -

Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:

dott. Vincenzo Perozziello Presidente

dott. Alessandra Dal Moro Giudice Relatore

dott. Marianna Galioto Giudice

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 29582/2011 promossa da:

FALL.TO EXTREME TECHNOLOGY ITALIA SRL (C.F.04146140969), con il patrocinio

dell’avv. BENVENUTO GIANFRANCO, elettivamente domiciliato in VIA MACCHI, 27 20124

MILANO

attore

contro

WALTER RICHARD (C.F. RCHWTR44E20Z133K), con il patrocinio dell’avv. IANNACCONE

GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in CORSO MATTEOTTI, 11 20121 MILANO

convenuto

MARCELLO DE BONIS (C.F. DBNMCL73R19F205Z), con il patrocinio dell’avv. GIACONIA

ROSSELLA GIOVANNA e dell’avv. LOMBARDI MASSIMO (LMBMSM69H26F205D) VIA

OBERDAN, 4 20064 GORGONZOLA; elettivamente domiciliato in VIA NOVARA, 379 20153

MILANO

convenuto

GIAMPIERO FRANCESCHETTI (C.F. FRNGPR35D27C933R), con il patrocinio dell’avv.

SIGNORELLI FABIO, elettivamente domiciliato in CORSO PORTA VITTORIA 18 20122

MILANO

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convenuto

ANDREA FEDERICO GALIMBERTI (C.F. GLMNRF56R12C933G), con il patrocinio dell’avv.

SIGNORELLI FABIO, elettivamente domiciliato in CORSO PORTA VITTORIA 18 20122 MILANO,

convenuto

ALBERTO BAJ MACARIO (C.F. BJMLRT61S20F205P), con il patrocinio dell’avv. SIGNORELLI

FABIO , elettivamente domiciliato in CORSO PORTA VITTORIA 18 20122 MILANO

convenuto

SOCIETA REALE MUTUA ASSICURA (C.F. 00875360018), con il patrocinio dell’avv.

SEGNANA GIORGIO e dell’avv. MARABINI ALVARO (MRBLVR43B17F029C) VIA IX

FEBBRAIO, 2 48121 RAVENNA; , elettivamente domiciliata in CORSO DI PORTA VITTORIA, 47

20122 MILANO, presso il difensore avv. SEGNANA GIORGIO

terzo chiamato

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da fogli di precisazione delle conclusioni allegati al fascicolo.

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Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

cisione

Il Fallimento Extreme Technology Italia s.r.l. ha convenuto in giudizio i signori Walter Richard,

quale amministratore di diritto e Marcello De Bonis, quale reale amministratore “di fatto”, della

società fallita, nonche i sindaci Giampiero Franceschetti, Andrea Federico Galimberti, Alberto

Giovanni Enea Baj Macario, chiedendone la condanna tra loro in solido al risarcimento del danno

arrecato al patrimonio della società Extreme Tecnology Italia s.r.l. Il sig. Galimberti, costituendosi in

giudizio, ha chiesto la chiamata in causa di Reale Mutua Assicurazioni, onde far valere la polizza

assicurativa con questa stipulata, la quale si è a sua volta costituita in giudizio.

A fondamento della pretesa risarcitoria la curatela ha dedotto :

o l’illegittima prosecuzione dell’attività sociale a far data dal 31.12.2004;

la perdita del capitale a quella data sarebbe stata occultata attraverso l'incremento fittizio

dell'attivo patrimoniale conseguente all'illegittima capitalizzazione di costi di sviluppo,

ricerca e pubblicità, e attraverso l'imputazione “per cassa”, anzichè “per competenza”, dei

premi che la società corrispondeva ai propri clienti a fine anno (costi registrati nel 2005 ma

che per competenza avrebbero dovuto essere imputati all’esercizio precedente:

l’amministratore avrebbe contabilizzato questo tipo di costi “per cassa”, cioè nell’anno in

cui veniva formalizzato il documento contabile – nota di credito della società verso il cliente

cui spettava il premio di produzione o nota di debito del cliente – provvedendo, inoltre, a

capitalizzarli in violazione dell’art. 2425 bis c.c. almeno negli esercizi 2004 e 2005; sicchè

attraverso questo sistema la società avrebbe incrementato fittiziamente le immobilizzazioni

e quindi il patrimonio, e decrementato i costi di esercizio, ottenendo un doppio vantaggio in

termini di rappresentazione a bilancio della situazione patrimoniale della società;

in seguito la società avrebbe continuato il mascheramento della perdita di capitale con la

stessa tecnica di contabilizzazione dei premi, di capitalizzazione di costi per godimento di

beni di terzi (canone di locazione dovuto nel 2008 per il godimento del negozio di Bergamo

aperto in quell’anno, pari ad euro 72.500,00, e spese di volantinaggio a scopo pubblicitario

per euro 15.000,00) nonchè attraverso alterazioni dei dati contabili, funzionali a creare

crediti inesistenti tramite la registrazione di false note di credito (precisamente nell’esercizio

2007 la società avrebbe dichiarato di vantare un credito fittizio per euro 764.463,58 nei

confronti del fornitore Prosonic Technology Co.Ltd);

Nonostante le evidenze contabili circa la perdita del capitale, la società avrebbe continuato

ad operare al fine di perseguire l’oggetto sociale, ovvero avrebbe proseguito nell’attività

caratteristica come dimostrerebbero l’andamento dei costi di produzione (attinenti ai

servizi per il godimento di beni di terzi, a salari e stipendi, oneri finanziari) senza mutare,

neppure di fatto, l’obiettivo della propria operatività in linea con l’intervenuto obbligo di

conservare il valore e la integrità del patrimonio, a tutela, anzitutto, dei creditori.

Anzi, l’organo amministrativo avrebbe compiuto – nel silenzio omissivo dell’organo di

controllo: atti di gestione chiaramente connotati quali atti a rischio imprenditoriale

espressione di una gestione per nulla indirizzata al fine conservativo imposto dalla legge:

- i finanziamenti chiesti al SanPaolo e Unicredit nel 2006, a Cariparma e Unicredit nel

2007, a Intesa SanPaolo nel 2008;

- la stipulazione del nuovo contratto di leasing immobiliare nel 2007, con l’esposizione alla

maxi rata iniziale di euro 221.150;

- l’apertura nel 2008 del nuovo punto vendita a Bergamo con investimenti in arredo per

12.944,00 euro.

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o atti di mala gestio, quali:

1. la stipulazione di un nuovo contratto di leasing immobiliare (del costo di euro

1.877.152,00 con maxi rata iniziale del tutto ingiustificata di euro 221.850,00) in una

situazione in cui l'indebitamento della società (peraltro già di fatto in stato di

liquidazione) era già altissimo e non v'erano risorse che consentissero operazioni

fonte di nuovo indebitamento;

2. l'apertura di un nuovo punto vendita a Bergamo con esborso complessivo di euro

121.944,76 ;

3. la cessione al prezzo vile di euro 1.500,00 più iva il 24.3.2009 dei beni mobili del

negozio di Bergamo alla System Info di Molfetta Vincenzo che ha rivenduto, a sua

volta il 1.7.2009 gli stessi beni per il prezzo di 1700,00 più iva a Tecnologie Italiane

s.r.l., società di cui De Bonis era A.U sin dalla costituzione in data 1.7.2009;

4. la richiesta di ulteriori finanziamenti presso il sistema creditizio fonte di ulteriori

oneri finanziari per euro 1.512.279,00;

5. la distrazione di parte del magazzino, che risultava alla data del fallimento

inferiore di oltre tre milioni di euro rispetto al 31.12.2008 senza che tale risultato

trovi corrispondenza nei dati contabili di vendite e acquisti ( sommando ai dati finali

di magazzino le vendite e detraendo gli acquisti il magazzino al 31.12.008 la

consistenza del magazzino avrebbe dovuto essere al più pari a 4.262.701 anziché

7.104.291,00);

(tuttavia, con evidente contraddizione rispetto all’ipotesi della sottrazione, la stessa

curatela osserva che in ragione di tali dati è legittimo presumere che la società abbia

“drogato il valore di magazzino” onde aumentare la patrimonializzazione, e poi

provveduto a “sgonfiarlo, svelando ex post la fragilità di un patrimonio fortemente

anabolizzato”);

in ogni caso il controllo “fisico” effettuato dal curatore a campione su alcuni prodotti

di magazzino, avrebbe fatto emergere che la quantità di alcuni prodotti era

notevolmente inferiore a quella risultante dalla contabilità di magazzino al

14.4.2009, il che confermerebbe, comunque, un’attività di distrazione di grande

quantità di materiale in prossimità del fallimento, che tra l'altro giustificherebbe il

fatto ( vedi oltre al punto 7. ) dell’affitto temporaneo di un magazzino allo stesso

indirizzo del magazzino storico della società ove presumibilmente sarebbe stata

fatta confluire, senza destare sospetti, la merce destinata ad indebita appropriazione;

la curatela ipotizza una distrazione dei beni del valore di circa 2.000.000;

6. la cessione di fatture false alla Mediofatoring, tramite un sistema di doppia

fatturazione di cui i clienti erano inconsapevoli, che veniva annullata dopo la

cessione dei crediti alla società di factoring, tramite lo storno della fatture duplicate

nello stesso mese di emissione, illecito che avrebbe creato un danno – secondo la

curatela – pari alle somme che la società sarà tenuta a restituire ;

7. l’inutile affitto temporaneo di un immobile a Cernusco S/N ad uso deposito, allo

stesso indirizzo in cui si trovava il negozio/magazzino della società, che aveva

grande capienza e molti spazi liberi per stoccare merce, per la somma di euro

10.440,00.

Secondo la Curatela l’organo amministrativo avrebbero avuto (o avrebbero dovuto avere)

consapevolezza della perdita del capitale all’epoca dell’approvazione del bilancio al 31.12.2004

compiuta in data 30.6.2005: all’esito l’organo amministrativo di dritto e/o di fatto ) avrebbe dovuto

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convocare l’assemblea straordinaria onde consentire ai soci di provvedere alla ricapitalizzazione della

società ovvero di decidere la sua messa in liquidazione.

Il collegio sindacale, insediatosi il 6.4.2007, prima dell’approvazione del bilancio al 31.12.2006,

dovrebbe rispondere per concorso nella causazione del danno; in particolare:

- il dott.Franceschetti, presidente del Collegio carente del requisito dell’indipendenza per aver

continuato ad essere il consulente contabile della società, sarebbe stato del tutto connivente con le

scelte dell’amministratore,

- il resto del collegio, che operava anche come revisore, sarebbe stato consapevole dell’inquinamento

di tutta l’attività di controllo e, quindi, gravemente inadempiente al proprio compito, permettendo e

concausando l’illegalità amministrativa e contabile in cui la società operava, peraltro di ben facile

riscontro, essendo frutto della violazione di basilari principi contabili in materia di immobilizzazioni

immateriali e di imputazione di costi.

- sin dal primo atto di vigilanza esercitato sul bilancio al 31.12.2006, quindi, il Collegio sarebbe venuto

veno ai suoi doveri mancando di rilevare l’errata imputazione dei costi relativi ai premi riconosciuti ai

clienti per il fatturato conseguito nel 2006 (rilievo che, anche a prescindere dal trascinamento del

risultato negativo al 31.1.2004, avrebbe comunque portato il patrimonio netto ad un valore negativo

per almeno 100.000 euro ).

Pertanto i convenuti sarebbero responsabili:

1) solidalmente i sig.ri Walter Richard (amministratore di diritto) e Marcello De Bonis (amministratore

di fatto), del danno nella misura di € 4.537.643 pari alla somma dalle seguenti causali:

€ 2.000.000 per distrazione del magazzino;

€ 675.573 pari al corrispettivo pagato da Mediofactoring in relazione alla cessione di false

fatture ;

€ 1.512.279 per oneri finanziari pagati dalla società a seguito dell’incremneto del debito

bancario ;

€ 221.850 per maxicanone leasing immobile di Cernusco Sul Naviglio;

€ 154.944 per costi complessivi attinenti al negozio di Bergamo e al costo dee deposito

Cernusco Sul Naviglio dal 1/1/09 al 31/3/09;

2) solidalmente tra di loro e con gli amministratori, i sindaci Giampiero Franceschetti, Alberto Baj

Macario, Andrea Federico Galimberti, per il danno nella misura di € 2.083.562 pari alla somma dalle

seguenti causali:

€ 675.573 pari al corrispettivo pagato da Mediofactoring in relazione alla cessione di false

fatture ;

€ 1.058.198 per oneri finanziari pagati dalla società a seguito dell’incremneto del debito

bancario ;

€ 221.850 maxicanone leasing immobile di Cernusco Sul Naviglio;

€ 154.944 costi attinenti al negozio di Bergamo e al deposito di Cernusco S/N dal 1/1/09 al

31/3/09.

In via aggiuntiva e non concorrente con il danno contrattuale:

- gli amministratori di diritto e di fatto, sarebbero altresì responsabili del danno “extracontrattuale”

provocato ai creditori sociali quale conseguenza dell'inosservanza dell'obbligo di conservazione del

patrimonio sociale, pari alla differenza tra il patrimonio netto – rettificato secondo corretti criteri di

operatività aziendale - alla data del 31.12.2004 e quello, parimenti rettificata alla data del fallimento (

differenza pari ad € 6.224.354);

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- i sindaci, solidalmente tra di loro e con gli amministratori, del medesimo danno nella misura inferiore

di € 6.047.464 pari alla differenza tra il patrimonio netto rettificato relativo al bilancio approvato

all’epoca del loro insediamento e quello risultante alla data del fallimento.

*

Le difese dei convenuti

1. Walter Richiard ha:

- in via preliminare eccepito la prescrizione dell’azione intrapresa con atto di citazione notificata

nel maggio 2011 in ragione del fatto che la stessa parte attrice afferma il capitale della società

sarebbe risultato perduto a partire dal 31.12.2004 e che ciò sarebbe stato percepibile a partire

dall’aprile 2005 quando sarebbe stato approvato il relativo bilancio;

- nel merito ha osservato che in ragione dell’ampia procura generale conferitagli dall’Assemblea,

“al sig. De Bonis venivano conferiti i più ampi poteri di gestione della società, tanto che detta

gestione si poteva affermare attribuita in via generale e complessiva al medesimo”; che per contro

egli “ non svolgeva alcun atto amministrativo e di gestione se non nei limiti in cui era chiamato a

formalizzare determinati atti o accordi, laddove gli stessi non rientrassero nella già ampia

procura conferita al sig. De Bonis o non fossero delegabili” ; nel qual caso egli incontrava il

Francheschetti il quale, illustrate brevemente le ragioni di determinati adempimenti, sottoponeva

alla firma dell’amministratore di diritto gli atti necessari per l’esecuzione degli stessi; onde egli

sarebbe stato un “ uomo di paglia” cui era conferito un potere solo formale, onde non potrebbero

essergli imputate le contestazioni attoree in mancanza di una condotta consapevole e volontaria;

- quanto al danno ha eccepito che la richiesta risarcitoria sarebbe viziata da una illegittima

duplicazione, poiché i risultati delle singole operazioni vietate sarebbe contenuto nel più generico

pregiudizio rappresentato dal deficit patrimoniale aggravato dalla prosecuzione dell’attività sociale

dopo la perdita del capitale;

- ha comunque svolto una domanda di regresso nei confronti dell’amministratore di fatto De Bonis e

dei sindaci, per essere da questi tenuto indenne di quanto eventualmente fosse condannato a pagare

a titolo di risarcimento, poiché la gestione della società era stata compiuta “in totale autonomia

dal De Bonis senza che nessuna informativa fosse data all’esponente”, e poiché i sindaci ben

avrebbero dovuto rilevare le irregolarità della gestione tanto più in considerazione del fatto che il

Franceschetti era “ consulente contabile e membro ( Presidente) del Collegio sindacale”;

- in ogni caso ha chiesto di determinare il grado di responsabilità di ciascuno dei convenuti nella

causazione dei danni.

2. Il collegio Sindacale nelle persone dei dott.ri Giampiero Franceschetti, Andrea Federico

Galimberti e Alberto Giovanni Enea Baj Macario ha svolto, significativamente, una difesa

collettiva, senza alcuna distinzione di ruolo all’interno del Collegio stesso fra il Presidente

Franceschetti e gli altri;

- in via preliminare ha chiesto la chiamata in causa di Reale Mutua assicurazioni con la quale il solo

dott. Galimberti aveva stipulato una polizza di assicurazione;

- nel merito ha chiesto il rigetto delle domande attoree in quanto sarebbe infondata la prospettazione

della curatela circa il presupposto della perdita del capitale; in ogni caso le condotte dell’organo

amministrativo e le conseguenze pregiudizievoli ad esse connesse non sarebbero autonomamente

imputabili a inadempimenti del collegio sindacale;

- quanto alla contestazione attorea relativa alla carenza del requisito dell’indipendenza ha replicato

che Franceschetti e i figli, anche se operavano nello stesso studio, avevano totale autonomia nella

gestione dei rispettivi clienti, sicchè i figli ( Giovanna e Antonio) avrebbero operato quali

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consulenti per la redazione del bilancio della società del tutto indipendentemente e autonomamente

dal padre che aveva assunto l’incarico di Presidente del collegio sindacale; onde il Collegio

sindacale sarebbe stato “del tutto indipendente e tale indipendenza “mai e in nessun caso” sarebbe

stata “minimamente scalfita”;

- in subordine ha chiesto di dichiarare Reale Mutua tenuta a manlevare nei limiti del massimale

assicurato il dott. Galimberti da ogni domanda risarcitoria formulata nei suoi confronti.

3. Reale Mutua Assicurazioni ha:

- in via preliminare eccepito la carenza di legittimazione attiva del Curatore con riguardo

all’esercizio dell’azione dei creditori sociali in caso di fallimento di società a responsabilità

limitata ;

- nel merito ha eccepito l’infondatezza della domanda risarcitoria

- in subordine ha chiesto di

o ridurre nei limiti del dovuto l’ammontare del risarcimento danni preteso dal Fallimento

nei confronti del dott. Galimberti, con graduazione della sua responsabilità ai fini del

futuro regresso;

o sottrarre dall’importo del danno dovuto dall’assicurato l’importo dei crediti a cui il

Fallimento avrebbe rinunciato in sede cautelare (ove aveva insistito nella richiesta di

sequestro nei soli confronti di Baj Macario e nei limiti della somma di euro 100.000)

o dichiarare la società assicurativa tenuta a tenere indenne l’assicurato nei limiti della sua

quota di responsabilità e nei limiti dell’indennità assicurata massima (quindi nei limiti di

200.000 euro, al netto dello scoperto massimo e ferma la franchigia frontale di 13.000

euro)

*

Nel corso dell’istruttoria è stata disposta una CTU onde verificare le contestazioni del fallimento e

procedere, eventualmente, alla quantificazione del danno

All’esito del deposito della relazione del C.T.U., e delle osservazioni delle parti, il Giudice Istruttore,

con ordinanza del 26 novembre 2013, ritenuta l’importanza di “confrontare a livello metodologico dati

omogenei” ha concesso alle parti un termine per osservazioni alla C.T.U. e un successivo termine al

CTU per rispondere, fissando direttamente la udienza di precisazione delle conclusioni per l’udienza

del 1 aprile 2014.

Nel termine assegnato, il C.T.U. ha depositato una seconda relazione, modificativa della precedente,

alla luce dell’indirizzo metodologico precisato dal Giudice Istruttore.

* * *

Ciò premesso si osserva:

A. Le questioni preliminari

1. l’eccezione di carenza di legittimazione attiva del curatore con riguardo all’esercizio dell’azione

di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori della società a responsabilità

limitata è infondata;

e ciò nonostante che l’eccezione in parola – a differenza di quanto sostiene con lunga

argomentazione Reale Mutua - sia nella specie irrilevante, dato che il Curatore ha qui esercitato

nei confronti dell’amministratore anche l’azione sociale di responsabilità (quella di cui all’ art.

2476 c.c.) onde il danno di cui ha chiesto il ristoro è quello prodottosi sul patrimonio sociale in

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Repert. n. 9940/2014 del 07/10/2014

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termini di danno emergente (diminuzione del patrimonio per effetto di singole operazioni di

gestione o per effetto della complessiva prosecuzione illecita dell’attività d’impresa): poichè il

patrimonio sociale costituisce anche la garanzia dei creditori, è evidente che l’azione dei creditori,

che mira alla conservazione o alla reintegrazione di quella garanzia, persegue un obiettivo che

risulta perfettamente soddisfatto anche dall’esercizio della sola azione della società;

per completezza del ragionamento, e stante la lunga argomentazione sul punto della terza chiamata,

che, semmai, non vale l’inverso, nel senso che non realizzerebbe un risultato equipollente il

Curatore che potesse esercitare la sola azione dei creditori sociali (per esempio nel caso in cui

l’azione sociale fosse stata oggetto di pregressa rinuncia da parte della società), giacchè mentre

questa deve essere contenuta nei limiti di quella reintegrazione del patrimonio che vale a soddisfare

tutti i creditori, l'azione sociale può mirare alla reintegrazione del patrimonio sociale anche oltre

detti limiti, in funzione del ristoro del mancato guadagno (c.d. lucro cessante);

ciò chiarito, va comunque ribadito che le argomentazioni in diritto della terza chiamata a proposito

della carenza di legittimazione del Curatore all'esercizio dell'azione dei creditori sociali di una s.r.l.

non sono condivise dal Collegio, in ragione, peraltro, di un orientamento consolidato del Tribunale

che di seguito si sintetizza :

i. l’azione di risarcimento del danno che spetta ai creditori sociali è un’azione

prevista testualmente solo per le spa dall’art. 2394 c.c. ( il 6° comma dell’art. 2476

c.c., infatti si limita a far salvo il diritto di ogni creditore/terzo ad agire contro gli

amministratori nel caso sia direttamente danneggiato da atti di questi); onde si

dubita che la stessa – come azione volta alla reintegra del patrimonio sociale –

possa essere esercitata dai creditori di una s.r.l., e che tanto più possa esercitata dal

curatore in caso di fallimento, che deriva la sua legittimazione straordinaria dalla

legge fallimentare ;

ii. quanto al primo problema (se nella s.r.l i creditori possano agire contro

amministratori per ottenere la reintegrazione del patrimonio sociale illegittimamente

depauperato) appare condivisibile l’orientamento prevalente in dottrina e

giurisprudenza (e già più volte affermato da questo Tribunale) per cui la norma di

cui all’art. 2394 c.c. (sia essa intesa come norma che attribuisce una legittimazione

straordinaria a ciascun creditore per ottenere la reintegrazione del patrimonio

sociale anche nell’interesse dei creditori rimasti inerti, sia essa intesa come norma

che consente un’azione individuale per il ristoro del danno c.d. “riflesso”) può

essere applicata in via analogica alle s.r.l.;

l’applicazione analogica dell’art. 2394 c.c. alle s.r.l. implica la individuazione di un

vuoto normativo e la mancata previsione nelle s.r.l di una responsabilità degli

amministratori verso i creditori sociali per violazione dell’obbligo di conservare il

patrimonio sociale equipollente a quella di cui all’art. 2394 c.c. appare frutto di un

errore di coordinamento della normativa in tema di s.r.l. con quella in materia di

s.p.a., e non di una deliberata scelta legislativa ( di cui peraltro non v’ è traccia nella

legge delega e nella relazione); infatti la “deliberata” assenza di una disciplina

concernente la responsabilità degli amministratori di s.r.l. verso i creditori per la

violazione degli obblighi inerenti la conservazione dell’integrità del patrimonio

sarebbe incompatibile rispetto all’impianto codicistico come modificato dalla

riforma, dal momento che siffatta disciplina della s.r.l. non sarebbe coordinata con

quella di cui all’art. 2485-6 c.c., con quella dei gruppi, con la disciplina della

responsabilità dei sindaci: il creditore potrebbe agire contro gli amministratori della

s.r.l. in stato di scioglimento ex art. 2486 c.c. ma non contro quelli della s.r.l.

operativa; il creditore potrebbe agire contro la società s.r.l. che controlla la società

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debitrice e contro gli amministratori di quest’ultima che fosse a sua volta s.r.l. (

l’art. 2497 invero non distingue in alcun modo tra i due tipi di società ) ma non

contro detti amministratori qualora si trattasse di amministratori di una s.r.l. non

soggetta a direzione e coordinamento; in caso di s.r.l. con collegio sindacale

obbligatorio ex art.2477 c.c. dovrebbe essere applicata la norma di cui all’art. 2407

2° c.c. che richiama l’art. 2394 c.c., onde i creditori di una s.r.l. con collegio

sindacale obbligatorio potrebbero agire contro i sindaci per l’omesso controllo che

avrebbe concorso a determinare l’insufficienza del patrimonio sociale, ma non –

paradossalmente - contro gli amministratori che l’avrebbero direttamente provocata;

le predette irragionevoli diversità della disciplina inducono – appunto - a ritenere

che sussista un “vuoto” normativo nella disciplina della s.r.l. dovuto a un difetto di

coordinamento con la disciplina delle spa e non una consapevole e voluta diversità

di disciplina; vuoto colmabile in via analogica con l’applicabilità anche alle

s.r.l. dell’art. 2394 c.c.;

pertanto sul punto deve concludersi che anche i creditori di un s.r.l. possono

agire contro gli amministratori per violazione dell’obbligo relativo alla

conservazione della garanzia costituita dal patrimonio sociale;

iii. quanto al secondo problema (se in caso di fallimento il Curatore sarà legittimato ad

esperirla, non essendo parte del patrimonio della società nella titolarità dei cui

rapporti subentra) si osserva che egli è legittimato in via esclusiva ex art 146 l.f.,

la cui nuova formulazione non contiene più il riferimento agli artt. 2392 e 2394

c.c., ma prevede al 2° comma che “sono esercitate dal curatore… : a) le azioni di

responsabilità contro gli amministratori, gli organi di controllo i direttori generali i

liquidatori”.

*

2. l’eccezione di prescrizione - sollevata dal convenuto Richard con riguardo all’azione dei creditori

sociali, non ha alcun rilievo decisivo nell’economia della decisione: poiché l’azione sociale, che

può essere esercitata “entro 5 anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica”( art. 2393

comma 4° c.c. – art 2941 n. 7 c.c.), è stata nella specie tempestivamente esercitata;

in ogni caso essa si basa su argomenti infondati e frutto di un equivoco di carattere logico, in cui,

invero, spesso incorrono le difese dei convenuti a fronte dell’azione della curatela che abbia

contestato i danni (pregiudizio al patrimonio sociale) derivanti dalla prosecuzione dell’attività dopo

una causa di scioglimento che si assume anteriore alla dichiarazione di fallimento: in tali casi è del

tutto illogico invocare, agli effetti della dimostrazione della prescrizione dell’azione, una “pretesa”

ammissione della stessa procedura circa il fatto che l’insufficienza patrimoniale si sarebbe prodotta

in un tempo anteriore alla dichiarazione di fallimento (al tempo cioè in cui la curatela colloca la

perdita del capitale sociale) : invero i fatti causativi di danno che la curatela in siffatti casi imputa

sono connessi alla prosecuzione dell’attività dopo la perdita del capitale, quindi riguardano solo

l’aggravamento dell’insufficienza patrimoniale rispetto alla quale l’eccezione di prescrizione

formulata è del tutto incongruente; diverso sarebbe se la curatela imputasse agli organi sociali la

causazione l’insufficienza patrimoniale in sè (per esempio per effetto di distrazioni o operazioni

contrarie all’interesse della società e depauperative del suo patrimonio ) e questa insufficienza

effettivamente emergesse dai bilanci, e non fosse stata occultata con registrazioni di comodo o

del tutto false: solo in tal caso avrebbe senso l'eccezione di prescrizione come qui formulata;

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*

B. In fatto dai documenti e dall'istruttoria risulta che:

la società, dichiarata fallita il 15.4.2009 a fonte di un risultato negativo di esercizio al

31.12.2008 che erodeva il capitale sociale portando il patrimonio netto a un valore negativo di

circa 900.000 euro, è stata costituita il 5.12.2003 con un capitale sociale di 10.000,00 euro ;

l’oggetto sociale consisteva nella vendita all’ingrosso ed al dettaglio di prodotti accessori legati

al mercato dell’informatica e dell’elettronica;

il capitale sociale era stato interamente versato dal socio unico FINEFIN SA, società fiduciaria

di diritto svizzero, ed era stato aumentato il 15.7.2004 ad euro 65.000,00 e il 16.12.2008 ad

euro 500.000,00;

l’attività era stata avviata con l’affitto dell’azienda della srl D&B Informatica, amministrata dal

sig. Alfredo De Bonis, avente attività identica a quella della fallita ( detta società locatrice

divenuta poi D&B Informatica s.a.s. di Alfredo De Bonis è stata dichiarata fallita nel 2005);

dalla costituzione al fallimento, la società risultava amministrata da Walter Richard, cittadino

svizzero;

ma la gestione di fatto della società è sempre stata affidata al sig. Marcello Antonio De Bonis,

figlio di Alfredo, in ragione di un’amplissima delega attribuitagli dall’assemblea già il

18.12.2003 che comprendeva ogni potere di gestione e di rappresentanza della società, (delega

mai oggetto di pubblicità nel registro delle imprese); nonostante l’ampiezza della delega,

inoltre, l’assemblea conferì deleghe specifiche per il al compimento di operazioni deliberate di

volta in volta ( cfr libro assemblee sub doc. 5);

il sig. De Bonis dunque organizzava e dirigeva l’amministrazione, eseguiva le delibere

assembleari per cui riceveva anche specifica delega, redigeva il bilancio, mentre il sig. Richard

si limitava ad apporre la propria firma in calce al verbale di assemblea e al bilancio,

senza che ciò possa escludere la responsabilità di Richard per gli atti di gestione contrari alla

legge compiuti dall’amministratore di fatto di cui egli ha fatto propria ogni decisione

mantenendo la qualifica di amministratore di diritto, deve ritenersi, dunque, che il sig. De Bonis

fosse il reale amministratore della società, come risulta anche :

o dalle dichiarazioni rese dall’A.U. Richard nel corso dell’istruttoria prefallimentare (cfr

doc. 7 e 7 bis) e nelle difese svolte in questo procedimento;

o dalle dichiarazioni rese dai testi escussi in istruttoria, Silvana Laria e Veronica Rocco;

lo stesso convenuto De Bonis, del resto, ha assunto avanti alla curatela la qualifica di Direttore

Generale, qualifica che - anche a prescindere dal fatto che lo stesso sia stato il vero ed unico

Amministratore della società – vale, in diritto, a rendere del tutto equipollente la sua posizione

in termini di responsabilità verso la società e i creditori sociali, rispetto a quella di

amministratore.

il 6.4.2007 veniva nominato – ex art. 2477 3° comma e 2435 -bis c.c. - il collegio sindacale

nelle persone qui convenute;

è pacifico che la società ha proseguito la propria attività caratteristica sino, sostanzialmente alla

dichiarazione di fallimento, come del resto risulta dai bilanci depositati.

C. la CTU

in sede istruttoria è stata disposta CTU onde verificare:

a) se le rettifiche che la Curatela apporta al bilancio dell’esercizio 31.12.2004 fossero

corrette e condivisibili sul piano tecnico contabile (valutazione immobilizzazioni immateriali ed

in particolare della voce “spese di ricerca sviluppo”; contabilizzazione degli oneri diversi di

gestione ed in particolare della voce “contributi marketing”) e se in ragione delle stesse il

patrimonio netto della società al 31.12.2004 fosse negativo;

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b) se fossero siano corrette le rettifiche conseguenti ed ulteriori che il fallimento deduce con

riguardo ai bilanci degli esercizi 2005, 2006, 2007 e 2008 (cfr. allegazioni pag. 21-39 atto di

citazione) e quale fosse l’ammontare del patrimonio netto corretto per ogni esercizio sino alla

dichiarazione di fallimento;

c) se le risultanze contabili fossero compatibili con l’allegazione della curatela relativa alla

sottrazione di rimanenze tra il 2008 e il 2009;

Una volta individuato l’esercizio a partire dal quale deve ritenersi fosse perduto il capitale

sociale (2004 o successivi) si è chiesto al CTU di :

d) determinare il risultato d’esercizio anche alla luce delle rettifiche da apportarsi al bilancio

in conseguenza della finalità di liquidazione che avrebbe dovuto essere perseguita dagli

amministratori all’esito dell’accertamento della perdita del capitale;

e) verificare la consistenza dell’eventuale aggravamento della perdita di esercizio (anche

tramite differenza tra i patrimoni netti relativi all’esercizio in cui deve ritenersi fosse perduto il

capitale sociale e quello immediatamente anteriore alla dichiarazione di fallimento) al netto

o dei costi sostenuti che sarebbero stati compatibili (ineliminabili) con lo stato di

liquidazione della società (tenuto conto del tempo ragionevolmente necessario a

liquidare una società avente quell’oggetto e quelle dimensioni) e, cioè, che sarebbero

stati comunque funzionali alla necessità di conservare l’integrità e il valore del

patrimonio come prescritto dall’art. 2486 c.c.;

o di quei debiti (es. debiti tributari) che dalla stessa prospettazione dell’attore e/o della

documentazione prodotta risultino sorti in data anteriore alla perdita del capitale (ma

iscritti solo dopo);

f) verificare in che misura l’eventuale incremento della perdita si fosse verificato nel periodo

successivo all’insediamento del collegio sindacale.”

*

C.1 Sul quesito sub a)

il CTU all’esito di un’analisi, completa, dettagliata e motivata, cui si rimanda ha concluso,

quanto alle rettifiche al bilancio dedotte della curatela, nel senso che:

1. non possono condividersi le rettifiche apportate dalla curatela al bilancio al 31.12.2004 per

spese di ricerca e sviluppo per € 116.000, né i relativi ammortamenti per € 38.663:

se, da un lato, l’ispezione delle schede dei conti di costo n. 32020076 “contributi marketing”

e n. 31020033 “pubblicità- sponsor- propaganda” ha permesso di verificare che non è

possibile presumere che gli stessi non fossero capitalizzabili : da un lato - diversamente a

quanto affermato dalla curatela- la registrazione di dette spese è avvenuta sulla base di

fatture emesse nel settembre 2004 da Iper Montebello e Finper; dall’altro, alla luce di dette

registrazioni contabili (sulla base di fatture che portano come causale “Inserimento prodotti

Extreme” e “Promozione rientro vacanze accordo del 5.7.2004”) ed in mancanza di ulteriori

deduzioni e allegazioni documentali in merito alla natura e destinazione economica delle

operazioni sottostanti che confortino la tesi del fallimento della non capitazzabilità di tali

costi, detta tesi non può dirsi riscontrata;

ed, anzi, se di per sé la causale e la descrizione delle registrazioni contabili non escludono

affatto la capitalizzabilità dei relativi costi, il fatto che si trattasse del primo anno di attività

della società rende plausibile che esistessero e spese di pubblicità e di marketing

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assimilabili a costi d’impianto e ampliamento, suscettibili di essere capitalizzati secondo la

vigente normativa1

2. sono condivisibili, invece, le rettifiche apportate dalla curatela al bilancio al 31.12.2004

con riguardo alla voce “oneri diversi di gestione” per mancata contabilizzazione di premi

di fine anno alla clientela;

il CTU ha cioè ritenuto corretta la contestazione della curatela relativa alla contabilizzazione

e alla capitalizzazione dei costi derivanti dal pagamento dei premi di fine anno (PFA) alla

clientela, convenendo sul fatto che l’amministratore ha contabilizzato questo tipo di costi

“per cassa”, cioè nell’anno in cui veniva formalizzato il documento contabile – nota di

credito della società verso il cliente cui spettava il premio di produzione o nota di debito del

cliente – provvedendo, inoltre, a capitalizzarli in violazione dell’art. 2425 bis c.c., sistema

attraverso cui la società non solo ha decurtato i costi di esercizio ma ha anche incrementato

fittiziamente le immobilizzazioni e quindi il patrimonio, ottenendo un doppio vantaggio in

termini di rappresentazione a bilancio della situazione patrimoniale della società;

né hanno pregio le generiche obiezioni che i convenuti amministratori hanno svolto in

proposito:

invero nella scheda di conto n° 31060003 P.F.A./PROMOZ/COORD.07 relativa

all’esercizio dell’anno successivo ( il 2005 ) sono rinvenibili complessivi € 454.520,47 per

costi la cui competenza relativa all’esercizio 2004 è immediatamente inequivocabilmente

provata dalla descrizione contabile apposta dalla fallita:

“dalle descrizioni riportate sulle singole registrazioni nella scheda contabile n° 31060003

P.F.A./PROMOZ/COORD.07 (dove P.F.A. sta per Premi Fine Anno), nonché dalla

documentazione prodotta da parte attrice (all. 13-19 all’atto di citazione) relativa a un

campione significativo di clientela primaria, è lecito presumere che effettivamente tutte le

registrazioni si riferiscano a premi calcolati a posteriori su tutto il fatturato effettuato

nell’anno e, dunque, conoscibili il giorno successivo alla chiusura dell’esercizio” (cfr

CTU);

come allegato dalla curatela, quindi, le percentuali dei premi riconosciuti ai clienti sul

fatturato conseguito nel 2004, essendo concordate contrattualmente in precedenza, alla fine

dell’anno ben potevano essere quantificate: pertanto, il bilancio al 31.12.2004 (approvato al

30/06.2005), avrebbe dovuto necessariamente comprendere tra i costi la somma di €

454.520,47 nel rispetto del principio della competenza economica ex art. 2423bis c.c.;

peraltro, anche ammesso che i premi suddetti non fossero conoscibili il giorno successivo

alla chiusura dell’esercizio, e fossero da quantificarsi successivamente, le cose non

sarebbero diverse: il bilancio al 31.12.2004, infatti, avrebbe dovuto “… tener conto dei

rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di

questo …” (art. 2423bis c.c.); e quindi avrebbe dovuto contenere (almeno) tutti i premi di

fine anno conosciuti e conseguentemente registrati nella scheda n° 31060003 P.F.A. sino al

momento della formazione del bilancio, che, essendo stato approvato dall’assemblea in

data 30.06.2005, è presumibile sia stato formato entro il 15.6.2005 dovendo rimanere

1 (Principio Contabile n° 24 emesso nel maggio 2005 dall’OIC, subordina la possibilità di capitalizzare le spese di ricerca,

sviluppo e pubblicità a stringenti condizioni in merito alla loro natura e destinazione economica. In particolare per le spese

di pubblicità, a pag. 36 detto Principio Contabile afferma: “… Si deve quindi trarre la conclusione che il legislatore

italiano, nell’usare la dizione “Costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità” abbia con ciò inteso includere tra i costi aventi

utilità pluriennale anche quei costi che pur essendo per nella loro natura oggettiva di carattere pubblicitario, siano nella

sostanza ulteriori oneri sostenuti direttamente in correlazione agli altri oneri pluriennali propriamente detti, e cioè i costi

d’impianto e d’ampliamento. Tale situazione può verificarsi nella misura in cui i costi di pubblicità siano funzionali, e

quindi essenziali, al buon esito del progetto per il quale i costi d’impianto e d’ampliamento sono stati sostenuti (l’avviare

una nuova attività produttiva, il lanciare un prodotto innovativo, eccetera […]) ;

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depositato presso la sede sociale per i quindici giorni precedenti l’assemblea, ai sensi

dell’art. 2429 c.c.;

pertanto detto bilancio avrebbe dovuto contenere (almeno) tutti i costi relativi al 2004

registrati in contabilità sino al 31.05.2005;

detta rettifica di per sé determina la perdita del capitale sociale e porta il patrimonio netto,

(ufficialmente pari ad euro 83.661) in zona negativa;

3. ciò detto, ed agli effetti del calcolo del risultato effettivo della gestione nell'esercizio, non

sono, invece, condivisibili le rettifiche – pur formalmente corrette - apportate dalla

curatela al bilancio al 31.12.2004 in termini di ricalcolo delle imposte correnti che

sarebbero emerse dal Mod. Unico 2005 per il 2004: infatti dalla documentazione prodotta da

parte attrice, risulta che la fallita ha imputato al conto economico 2004 l’importo di €

125.900 per imposte correnti quali si intendono quelle risultanti dal Modello Unico di

competenza; né la curatela argomenta di aver presentato alcun Modello Unico integrativo o

rettificativo di quello presentato dalla fallita, né l’esistenza di alcun attività di accertamento

o rettifica da parte dell’Amministrazione Finanziaria;

sicchè, in una prospettiva di verifica della situazione di perdita effettiva subita dalla

società, dal momento che il debito d’imposta è autoliquidato dal contribuente (ed è dato per

certo dall’Amministrazione Finanziaria sino a che non intervenga un’attività accertatrice in

rettifica o una nuova dichiarazione che sostituisca la precedente) il carico fiscale da

considerare non può che essere quello che è stato ( e che deve considerarsi non più soggetto

a modifiche ai sensi delle vigenti normative tributarie);

in altre parole il maggior carico fiscale addebitato in concreto alla società nel 2004 per

effetto della mancata registrazione di costi di competenza dell’esercizio, è un dato certo che

concorre al risultato di esercizio; non deve, quindi, essere oggetto di rettifiche: esso è,

piuttosto, un danno che gli amministratori hanno arrecato alla società già nel 2004 per

effetto di “mala gestio” nella gestione della contabilità e tuttavia, esso non è stato oggetto

di alcuna allegazione né della domanda, la quale riguarda il danno da prosecuzione

dell’attività dopo la perdita del capitale ( dopo quindi il 2004) o singoli fatti gestori tra i

quali non è menzionato il pagamento indebito dell’imposta;

4. pertanto se il patrimonio netto evidenziato nel bilancio al 31.12.2004 depositato presso il

Registro delle Imprese era pari a € 83.661, il patrimonio netto a tale data in una

prospettiva di continuità aziendale doveva considerasi in effetti pari ad € - 370.860

.

C.2 Sul quesito sub b)

Al fine di verificare le conseguenze prodotte sul patrimonio dall’attività gestoria successiva alla

perdita del capitale, all’esito dell’indagine tecnica, è emerso che negli esercizi successivi

l'amministratore della società ha riproposto le stesse irregolarità contabili introdotte nell'esercizio 2004

da un lato imputando ad immobilizzazioni immateriali voci di costo in idonee ad accrescere il

patrimonio dall'altro violando il principio di competenza in ordine all'imputazione di altri costi

appartenuti all'esercizio precedente rispetto a quello di registrazione.

L'indagine tecnica ha inoltre evidenziato che la situazione del patrimonio netto della società si è

costantemente aggravata (benché tale aggravamento sia sempre stato occultato attraverso una

scorretta capitalizzazione dei costi per attività di promozione (c.d. premi di fine anno) e, nel bilancio

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2007, attraverso la iscrizione di crediti inesistenti relativi alle “note di credito da fornitore

Prosonic”2).

*

In conclusione:

la società aveva perduto il capitale già al 31.12.2004 poiché avrebbe dovuto registrare, in effetti,

un patrimonio netto negativo, accertato alla luce delle sole rettifiche di funzionamento dedotte

dalla curatela, pari a € - 370.860;

dal momento che la fallita aveva perduto il suo capitale sociale, l’organo amministrativo doveva

agire in conformità alle norme sulla liquidazione societaria dal momento in cui lo stato di

liquidazione era quantomeno conoscibile con l’ordinaria diligenza:

è certo che tale momento non può essere successivo a quello della formazione del bilancio al

31.12.2004 , il quale, benché non risulti da alcuna allegazione o documento dell’attrice, non può

essere successivo alla data di sua approvazione da parte dell’assemblea, ovvero al 30.06.2005;

non oltre tale data, quindi, l’organo amministrativo avrebbe dovuto convocare senza ritardo

l’assemblea straordinaria per la messa in liquidazione della società (o per la ricapitalizzazione della

stessa) e per le relative pubblicità legali a beneficio dei terzi;

l’organo amministrativo, invece, non ha adempiuto agli obblighi di ui all’art. 2447 c.c. nè a quelli

di conservazione dell’integrità del patrimonio di cui all’art. 2486 c.c.ed ha continuato ad operare

generando sempre maggiori perdite.

*

C.3 Sui quesiti d) ed e)

In presenza di situazioni di illecita prosecuzione dell’attività di impresa per un periodo di tempo

considerevole – come nella specie- con conseguente difficoltà di ricostruire ex post le conseguenze di

singole operazioni non conservative e di collegare ad esse un danno al netto dell’eventuale ricavo, è

possibile procedere alla determinazione del danno mediante criteri presuntivi o equitativi.

La stessa curatela, del resto, invoca siffatto criterio, seppure per la sola liquidazione del danno

“extracontrattuale” causato ai creditori sociali, che erroneamente reputa vada imputato ai convenuti in

via “concorrente” con quello “contrattuale” arrecato mediante singole operazioni vietate e fonte di

danno:

il danno generato da prosecuzione illegittima dell’attività, invero, non è “extracontrattuale”;

il “danno” è il risultato di una condotta dell’organo gestorio che, a seconda della relazione sussistente

con i soggetti sul cui patrimonio incide, può dar luogo ad un illecito contrattuale ( nei confronti della

società e dei soci) ovvero extracontrattuale ( nei confronti dei creditori).

Sicchè il fatto che la curatela abbia dedotto – fondatamente - la prosecuzione illecita dell’attività

d’impresa in presenza di uno stato di scioglimento “di fatto” e il conseguente effetto pregiudizievole in

2 invero benché la scheda del fornitore PROSONIC TECHNOLOGY CO. LTD. mostri un saldo a debito – quindi un credito

per Extreme – pari a € 742.771,87, è risultato che le note di credito sulla base delle quali si sarebbe formato il saldo

predetto non sono mai state emesse dal fornitore Prosonic (doc. n° 32); sicchè il saldo del conto fornitore PROSONIC

TECHNOLOGY CO. LTD. al 31.12.2007 è falso poiché depurandolo di € 764.463,58, quale sommatoria delle note di

credito fittizie, diviene pari a € 21.691,71,; del resto la stessa società fallita, in data 03.01.2009, ha stornato a

“sopravvenienze passive” numerose note credito Prosonic (comprese quelle qui in esame) per complessivi € 923.948,51; e

il G.D. del fallimento Extreme ha ammesso il fornitore PROSONIC TECHNOLOGY CO. LTD. al passivo fallimentare

considerando inesistenti le note di credito suddette.

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termini di erosione del patrimonio della società, comporta che nei confronti dei convenuti si prospetti

una responsabilità per il danno derivato che sarà di natura contrattuale verso la società (in nome della

quale il curatore agisce con l’ “azione sociale” per effetto del fallimento ex artt. 42 e 43 l.f.,) e di

natura extracontrattuale verso i creditori (in nome e per conto della massa dei quali il curatore può

agire ex art. 146 l.f. che, come poco sopra meglio argomentato) prevede al 2° comma che “sono

esercitate dal curatore… : a) le azioni di responsabilità contro gli amministratori, gli organi di

controllo i direttori generali i liquidatori”.)

Il danno in parola, pertanto, com’è del tutto evidente, logicamente non “ concorre” con quello

eventualmente derivante da singole operazioni di gestione vietate, quali quelle che nella specie la

curatela ha individuato:

- distrazione del magazzino;

- corrispettivo pagato da Mediofactoring in relazione alla cessione di false fatture (prospettazione del

tutto infondata, poiché la società ha ricevuto indebitamente somme che deve ovviamente restituire,

e non ha per questo subito alcun danno)

- oneri finanziari frutto dell’incremento del debito bancario;

- maxicanone leasing relativo all’immobile di Cernusco Sul Naviglio;

- costi complessivi attinenti al negozio di Bergamo al deposito di Cernusco Sul Naviglio dal 1/1/09

al 31/3/09;

poiché il risultato negativo delle stesse è già compreso nella perdita netta che si ricava confrontando il

patrimonio della società al tempo in cui essa avrebbe dovuta essere posta in liquidazione e il

patrimonio netto della società immediatamente prima della dichiarazione di fallimento.

Ciò precisato e venendo dunque a considerare il danno in termini di “perdita incrementale netta”, si

osserva, anzitutto, che il criterio di liquidazione invocato da parte attrice appare idoneo perché

consente di apprezzare in via sintetica ma plausibile l’effettiva diminuzione subita dal patrimonio della

società (dunque, appunto, il danno per la società e per i creditori) per effetto della ritardata

liquidazione.

Si tratta, tuttavia, di un criterio che va applicato secondo logica e buon senso, tenendo conto cioè del

fatto che “non tutta la perdita riscontrata dopo il verificatasi di una causa di scioglimento può essere

riferita alla prosecuzione dell’attività potendo in parte prodursi comunque, anche in pendenza della

liquidazione o durante il fallimento per il solo fatto della svalutazione dei cespiti aziendali in ragione

del venir meno dell’efficienza produttiva e dell’operatività dell’impresa” 3,

Pertanto con appositi quesiti si è chiesto al CTU di “determinare il risultato d’esercizio anche alla

luce delle rettifiche da apportarsi al bilancio in conseguenza della finalità di liquidazione che

avrebbe dovuto essere perseguita dagli amministratori all’esito dell’accertamento della perdita del

capitale” e a “verificare la consistenza dell’eventuale aggravamento della perdita” mediante il

confronto tra il patrimonio netto relativo all’esercizio in cui deve ritenersi fosse perduto il capitale

sociale e quello immediatamente anteriore alla dichiarazione di fallimento, al netto dei costi che

sarebbero stati compatibili (ineliminabili) con lo stato di liquidazione della società “(tenuto conto del

tempo ragionevolmente necessario a liquidare una società avente quell’oggetto e quelle dimensioni) e,

cioè, che sarebbero stati comunque funzionali alla necessità di conservare l’integrità e il valore del

patrimonio come prescritto dall’art. 2486 c.c.”.

*

3 Cass. n. 17033 del 2008. V. anche: Trib. Milano, 24.1.1983, in Fall., 1984, 811; Trib. Torino, 24.12.1994, in Dir. Fall.,

1995, II, 857.

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Quanto al primo termine di confronto, ovvero il patrimonio netto iniziale di liquidazione al

31.12.2004 , alla luce della CTU che contiene in proposito un’analisi, dettagliata ( cui si rimanda

anche per le repliche alle contestazioni mosse dai CTP) si deve concludere che lo stesso va

rideterminato in euro € - 643.530: invero al mutamento dell'oggetto sociale (liquidazione) sarebbe

conseguito una diversa rappresentazione della situazione patrimoniale della società: invero ai sensi

dell’art. 2490 c.c.4, nei bilanci di liquidazione tutte le attività devono essere esposte al valore di

presumibile realizzo e le passività al presumibile valore di estinzione( cfr CTu pag. 53,54)

*

Quanto al secondo termine di confronto, ovvero il patrimonio netto immediatamente anteriore

alla dichiarazione di fallimento si osserva che la curatela ha formato e prodotto agli atti una

situazione contabile al 14 aprile 2009; il CTU, in risposta al quesito, ha utilizzato detta situazione

contabile redatta dalla curatela secondo principi di continuità aziendale ed ha effettuato le rettifiche

necessarie a renderla una situazione conforme alle finalità di liquidazione.

All'esito delle rettifiche e delle svalutazioni compiute ha rideterminato il patrimonio netto di

liquidazione in € - 9.726.445. ( pag. 63 e segg.ctu)

Tuttavia si deve tener conto de fatto che il CTU, nell'effettuare le rettifiche della situazione

patrimoniale al 14.4.2009 ha considerato il valore delle giacenze al 14.4.2009 come stimate dal

Curatore (euro 295.792):

per detta stima delle giacenze il Curatore ha espressamente considerato una percentuale di

svalutazione della giacenza del 70% secondo un criterio "fallimentare" (invero ha considerato

il valore attribuito dal proprio consulente alla merce inventariata frutto della svalutazione al

70% di un presumibile valore contabile di magazzino di euro 1.000.000);

invece il CTU ha applicato per la svalutazione delle rimanenze al 30.6.2005 la percentuale

del 50% ritenuta un equo criterio in prospettiva "di liquidazione";

sicchè per rendere omogenei i criteri di stima delle rimanenze è necessario svalutare le

giacenze al 14.4.2009 con lo stesso criterio;

ne deriva che:

o la stima di euro 295.792 è troppo bassa e va corretta in euro 500.000, pari al 50%

della consistenza delle giacenze secondo la stessa ricostruzione della curatela (con una

differenza positiva di 204.208);

o il patrimonio netto di liquidazione al 14.4.2009 individuato dal CTU va

rideterminata in euro - 9.522.237.

*

Il confronto tra la situazione del patrimonio della società al momento della perdita del capitale e la

situazione del patrimonio della società alla data del fallimento evidenzia quindi una differenza di

euro 8.878.707.

Detta differenza tuttavia non può essere considerata interamente una perdita patrimoniale imputabile

agli organi sociali, poiché anche durante la liquidazione - che per sua natura è attività “conservativa”

ma non certo priva di oneri - si producono dei costi che non possono essere imputati titolo di danno.

Per questo è stato chiesto al c.t.u. di individuare i costi che sarebbero stati compatibili (ineliminabili)

con lo stato di liquidazione della società “(tenuto conto del tempo ragionevolmente necessario a

liquidare una società avente quell’oggetto e quelle dimensioni) e, cioè, che sarebbero stati comunque

4 interpretato dal Principio Contabile n° 5 emesso dall’Organismo Italiano di Contabilità nel giugno 2008

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funzionali alla necessità di conservare l’integrità e il valore del patrimonio come prescritto dall’art.

2486 c.c.”.

Dopo aver considerato che ragionevolmenete e tecnicamente l’attività liquidatoria, sarebbe consistita

in:

i. cessazione immediata degli acquisti di merce;

ii. realizzo del magazzino esistente al 30.06.2005,

iii. realizzo delle immobilizzazioni materiali esistenti al 30.06.2005;

iv. realizzo di tutti i crediti;

v. licenziamento del personale non appena la progressiva riduzione dell’attività commerciale e

amministrativa lo consenta;

vi. disdetta dei contratti di locazione, anche finanziaria, dei beni mobili e immobili sottoscritti;

vii. disdetta degli altri contratti di durata esistenti;

viii. pagamento dei debiti, sinché possibile;

ix. chiusura delle posizioni creditorie e debitorie incagliate, anche in via transattivi ( cfr

analiticamente CTU pag. 60 e segg.)

Il CTU ha ritenuto ragionevole un termine di 18 mesi per completare la liquidazione, ed ha

individuato in complessivi € 2.070.000 il saldo costi/ricavi dell’attività liquidatoria vera e propria

post 30.06.2005 sino al 31.12.2006, effettuando una stima dei costi equitativa, ma analiticamente

motivata.

Il CTU, inoltre, tenuto opportunamente conto del fatto che il saldo costi/ricavi di gestione del

periodo dal 01.01.2005-30.06.2005 non è imputabile poiché, ragionevolmente sino a quel momento

legittimamente l’organo amministrativo avrebbe operato come se la società fosse “in bonis”, ha

calcolato questo saldo, in via equitativa, pari al 50% del risultato della gestione dell’impresa

dell'intero esercizio 2005 calcolato secondo criteri di liquidazione (per il cui calcolo cfr pag. 57 ctu),

che è risultato pari a € - 137.750 ( € - 275.501 x 50%);

Infine il CTU ha considerato costi ineliminabili di liquidazione tutte le minusvalenze equitativamente

stimate che si sarebbero generate a partire dal 30.6.2005 per effetto dal mutamento dei principi

contabili con riguardo a magazzino merci, crediti verso clienti, verso altri e verso banche, cfr pag. 60

ctu)5 pari ad €- 2.977.852.

Perciò sono risultati "costi ineliminabili" di liquidazione e "costi di gestione non imputabili" agli

amministratori, per complessivi euro 5.185.602.

Detratta tale somma dalla individuata differenza tra patrimoni netti risulta che la perdita incrementale

imputabile agli amministratori è pari ad euro - 3.693.105

*

D. Conclusioni con riguardo agli Amministratori

5 in via equitativa è stato cioè considerato che al momento della conoscenza/conoscibilità, anche da parte dei terzi, dello

stato di liquidazione il magazzino merci esistente al 30.06.2005, avente un costo di acquisto presunto pari a € 3.522.578,

fosse presumibilmente vendibile a un prezzo di € 1.761.289; e che i crediti verso i clienti e verso altri e banche avrebbero

ragionevolmente dovuto essere svalutati di un terzo.

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Repert. n. 9940/2014 del 07/10/2014

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pagina 18 di 30

De danno contestato in termini di aggravamento delle perdite da prosecuzione illecita dell'attività

aziendale, determinato in euro 3.693.105, devono essere chiamati a rispondere in solido gli

amministratori, ovvero Walter Richard e Macello De Bonis, in ragione della rispettiva qualità di

amministratori di diritto e di fatto della società;

infatti:

la responsabilità connessa al ruolo di Amministratore si determina per effetto della nomina

da parte dell’organo competente e della successiva accettazione di tale nomina da parte del

soggetto designato, che perciò assume l’impegno di adempiere a tutti gli obblighi connessi alla

carica e di svolgere la funzione gestoria con la diligenza professionale richiesta dalla natura

dell’incarico

non ha alcun rilievo agli effetti di escludere la responsabilità per i danni derivanti da “mala

gestio” invocare la natura solo formale della nomina, o il fatto di aver agito eseguendo istruzioni di

terzi; ben potendo ciò costituire, piuttosto, un aspetto della negligente esecuzione del contratto

mandato; perciò, l’inerzia o la supina esecuzione di altrui direttive non può costituire il

presupposto della liberazione di chi aveva un obbligo formale ex lege di adempiere agli specifici

obblighi connessi alla titolarità della carica, verso la società, i soci e i terzi;

semmai la circostanza rileva agli effetti della responsabilità di colui che ha assunto

funzioni gestorie “di fatto” pur in mancanza di una formale investitura di poteri: è invero

consolidato l’orientamento giurisprudenziale per cui “le norme che disciplinano l’attività degli

amministratori di una società di capitali dettate al fine di consentire un corretto svolgimento

dell’amministrazione della società, sono applicabili non solo ai soggetti immessi nelle forme

stabilite dalla legge nelle funzioni amministrative, ma anche a coloro che si siano di fatto ingeriti

nella gestione della società pur in assenza di qualsivoglia investitura, sia pur irregolare o

implicita, da parte dell’assemblea” (Corte d’Appello di Milano 26.9.2000 in Giur.Comm. pag 562

II); sicchè i responsabili della violazione di dette norme vanno individuati “con riguardo al

contenuto delle funzioni concretamente esercitate” (Cass. 6 marzo 1999 n. 1925; conforme Cass

14.settembre 1999 n. 9795).

sicchè per quanto sopra argomentato circa le risultanze a riscontro del ruolo in tal senso

svolto dal De Bonis questi risponde in concorso con l’amministratore di diritto.

Tuttavia la curatela in sede di precisazione delle conclusioni ha contenuto la domanda di

risarcimento nei limiti del danno minimo indicato dal CTU ( quello imputabile ai sindaci) in ragione

delle capacità patrimoniali degli amministratori, ovvero nei limiti di € - 1.396.665.

Detta riduzione della domanda rende irrilevanti - quanto agli amministratori - le contestazioni mosse

dal Curatore ai criteri con cui il CTU è pervenuto alla determinazione dei "costi operativi di

liquidazione" (che reputa siano stati valutati in termini “irrealisticamente generosi” favorendo un

risultato di accertamento del danno più contenuto) poichè la riduzione del danno preteso va ben oltre

gli effetti delle contestazioni mosse.

Rende altresì irrilevante la considerazione dell'ulteriore censura svolta dalla curatela con riguardo alla

distrazione del magazzino al 1.1.2009 per circa 2.000.000 di euro

Sul danno così determinato, trattandosi di debito di valore accertato alla data del fallimento (15.4.2009)

da tale data fino alla data del deposito della sentenza odierna deve essere calcolata la rivalutazione

monetaria secondo gli indici ISTAT e devono essere computati gli interessi c.d. compensativi ex art.

1226 c.c. (richiamato dall’art. 2056 c.c.) nella misura – ritenuta equa da questo Tribunale - degli

interessi legali (infatti trattandosi di una voce di danno separata sub specie di lucro cessante che mira a

ricomporre il patrimonio rimasto alterato per la privazione del bene con il suo equivalente pecuniario

dalla data dell’illecito, può essere accertata con metodi presuntivi e liquidata con criteri equitativi

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Repert. n. 9940/2014 del 07/10/2014

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riferiti alla misura dell’interesse legale). Per evitare duplicazioni di risarcimento (Cass. Sez. Un.

1712/1995) gli interessi andranno applicati sulla somma rivalutata di anno in anno dalla data

dell’illecito alla data della pronuncia. Infine sulla somma così definita spettano gli interessi di mora

nella misura legale dalla data della pronuncia al saldo effettivo.

*

E. I Sindaci

Devono rispondere in concorso con gli amministratori anche coloro che, omettendo i doverosi

controlli sull’attività amministrativa e sulla regolarità della contabilità e, quindi, omettendo di

assumere le doverose iniziative in tal senso connesse all’incarico assunto hanno consentito che

l’organo gestorio continuasse nell’attività imprenditoriale intrapresa a fronte di una sempre più

evidente situazione di liquidazione, ovvero i sindaci Franceschtti, Galimberti e Baj Macario.

La CTU ha accertato che anche quando i sindaci hanno assunto l'incarico il patrimonio netto della

soceità era negativo; ma la verifica tecnica ha permesso di accertare che nel segmento temporale in cui

essi hanno ricoperto l'incarico non si è prodotta una perdita loro imputabile

*

D.3 Liquidazione del danno imputabile ai sindaci.

Ciò detto va, tuttavia, considerato che il Collegio sindacale, è stato nominato solo in data 06.04.2007

e ha reso la propria prima relazione al bilancio al 31.12.2006 approvato dall’assemblea in data

30.04.2007, sicchè di omissioni fonte di responsabilità concorrente per i danni ingiusti causati al

patrimonio della società e quindi ai creditori sociali, può parlarsi solo dal momento in cui lo stato di

liquidazione era stato conosciuto o era comunque conoscibile dagli stessi con l’ordinaria diligenza.

Tale momento non può essere successivo a quello dell’esame del bilancio al 31.12.2006 che, in

mancanza di più specifiche evidenze di fatto, non può essere comunque successivo alla data di

approvazione del bilancio stesso da parte dell’assemblea, ovvero al 30.04.2007: non oltre tale data il

collegio sindacale avrebbe dovuto rilevare ed evidenziare lo stato della società e prendere i

provvedimenti di legge al fine della convocazione senza ritardo dell’assemblea straordinaria per la

messa in liquidazione della società (o per la ricapitalizzazione della stessa); perciò al CTU è stato

chiesto di “… f) verificare in che misura l’eventuale incremento della perdita si è verificato nel

periodo successivo all’insediamento del collegio sindacale …” ovvero nel periodo dalla data in cui

può ritenersi certo che i sindaci siano venuti meno ai doveri su loro incombenti per legge.

Il CTU ha effettuato, quanto ai sindaci, le medesime verifiche effettuate per determinare

l’aggravamento nel periodo 31.12.2004 – 14.04.2009 (individuazione del patrimonio netto del bilancio

al 31.12.2006 redatto secondo i medesimi criteri di liquidazione già utilizzati per il bilancio al

31.12.2004; individuazione dei successivi costi che sarebbero stati compatibili (ineliminabili) con lo

stato di liquidazione della società; determinazione dell’eventuale aggravamento della perdita mediante

confronto tra i patrimoni netti di liquidazione al 31.12.2006 e al 14.04.2009, al netto dei costi suddetti):

*

Quanto al primo termine di confronto, ovvero il patrimonio netto iniziale di liquidazione al

31.12.2006, alla luce della CTU lo stesso va rideterminato in euro: € - 1.748.634 (patrimonio netto

contabile di funzionamento corretto cfr. pag. 74 ctu)6

6 invero le percentuali dei premi riconosciuti ai clienti sul fatturato conseguito dovevano essere determinate e liquidate alla

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Repert. n. 9940/2014 del 07/10/2014

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pagina 20 di 30

Quanto al secondo termine di paragone si è già detto che il patrimonio netto di liquidazione al 14 aprile

2009 era pari ad € euro - 9.522.237, onde la perdita netta differenziale è pari a euro - 7.773.603,

che, come già detto, non è interamente imputabile alla negligenza gestoria.

Per questo è stato chiesto al c.t.u. di individuare i costi che sarebbero stati compatibili (ineliminabili)

con lo stato di liquidazione della società “(tenuto conto del tempo ragionevolmente necessario a

liquidare una società avente quell’oggetto e quelle dimensioni) e, cioè, che sarebbero stati comunque

funzionali alla necessità di conservare l’integrità e il valore del patrimonio come prescritto dall’art.

2486 c.c.”.

*

Il CTU ha in tal caso ritenuto ragionevole un termine di 20 mesi per completare la liquidazione (la

società aveva assunto, invero, dimensioni maggiori rispetto al 2005 onde ha considerato ragionevole il

termine del 31.10.2007 per il realizzo di tutti gli assets, e il termine del 31.12.2008 per la chiusura

della liquidazione e l'assestamento di tutte le posizioni debitorie e creditorie incagliate, anche in via

transattiva) ed ha effettuato una stima dei costi operativi di liquidazione post 30.04.2007 e sino al

31.12.2008, equitativa, ma analiticamente motivata

Il saldo costi/ricavi dell’attività liquidatoria cui il CTU è pervenuto è pari ad € 3.010.000

Il CTU ha, inoltre, tenuto opportunamente conto del fatto che il saldo costi/ricavi di gestione del

periodo dal 01.01.2007-30.04.2007 non è imputabile poiché l'organo di controllo non era stato

ancora nominato (saldo calcolato in via equitativa, pari a 1/3 del risultato d'esercizio 2007 calcolato

secondo finalità di liquidazione (cfr pag. 77 ctu) : € - 1552.907 x 1/3 = € - 517.636.

Infine il CTU ha considerato costi ineliminabili di liquidazione tutte le minusvalenze equitativamente

stimate che si sarebbero generate a partire dal 30.4.2007 per effetto dal mutamento dei principi

contabili con riguardo a magazzino merci, crediti verso clienti, verso altri e verso banche, cfr pag. 77

ctu) pari ad € - 3.053.510

Perciò sono risultati "costi ineliminabili" di liquidazione e "costi di gestione non imputabili" agli

amministratori pari complessivamente ad euro - 6.581.146.

Detratta tale somma dalla individuata differenza tra patrimoni netti risulta che la perdita incrementale

maturata nel periodo in cui i sindaci erano in carica è pari ad euro 1.192.457 ("perdita netta

differenziale" pari ad euro - 7.773.603 meno i "costi ineliminabili di liquidazione e costi di gestione

non imputabili ai sindaci" pari ad euro - 6.581.146).

*

D.4 Contestazioni attore

Parte attrice nelle difese conclusionali ha criticato i criteri con cui il CTU è pervenuto alla

determinazione di detti costi in quanto reputa siano stati valutati in termini “irrealisticamente

generosi”, favorendo un risultato di accertamento del danno più contenuto.

fine dell'anno 2006, con la conseguenza che il bilancio al 31 12 2006 avrebbe dovuto necessariamente comprendere tra i

costi la somma di euro € 298.626,67 nel rispetto dei principi di competenza economica; peraltro per effetto della corretta

imputazione di detti costi il patrimonio netto al 31 12 2006 sarebbe stato negativo anche a prescindere dall'effetto

"trascinamento" derivante dalle rettifiche operate sui bilanci precedenti, poichè il patrimonio netto nella versione ufficiale

era pari a € 111.520: quindi ai sindaci è imputabile una macroscopica violazione del principio di competenza già in

relazione al primo atto di vigilanza esercitato in occasione dell'approvazione del bilancio 31 12.006.

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pagina 21 di 30

In particolare la Curatela ha criticato le valutazioni del CTU quanto a :

costo del personale:

godimento beni di terzi

servizi ed oneri di gestione

oneri finanziari

oneri di chiusura transattivi e contenziosi

compenso professionale previsto per un liquidatore

premesso che si tratta di valutazioni ipotetiche sorrette da un criterio prudenziale ed equitativo -la cui

adozione è necessaria alla luce della stessa impostazione della domanda che ha legittimamente

invocato il criterio equitativo della "perdita incrementale" stante la difficoltà di individuare il risultato

netto delle singole operazioni gestorie vietate in prospettiva liquidatoria - reputa il Tribunale che le

conclusioni del CTU siano ampiamente motivate ( del resto la stessa CTP di parte attrice non ha

mosso , alla fine del contraddittorio tecnico alcuna censura) e siano sorrette da valutazioni tecniche

che, pur presentando margini di opinabilità, non mostrano incongruenze che giustifichino uno

scostamento del Collegio;

in particolare:

quanto al costo del personale, come afferma il CTU, “è fatto notorio che il licenziamento del

personale è una delle questione più spinose nella gestione di una società” e che è senz’altro

difficile ritenere di poter “licenziare il personale senza oneri aggiuntivi per incentivi, risarcimenti e

quant’altro, ancorché la situazione della società sia critica”; è, poi, senz’altro “praticamente

impossibile licenziare il personale istantaneamente, non appena venga meno il bisogno della

presenza di un dipendente”; infine è certamente necessario in funzione “del completamento delle

operazioni liquidatorie … l’ausilio di manodopera dipendente, quali il magazzinaggio, i trasporti,

le movimentazioni diverse, le vendite, la gestione amministrativa, commerciale e finanziaria della

società sino all’esaurimento delle scorte di merci e all’incasso dei crediti.

pertanto pare condivisibile che siano stati stimati “necessari cinque mesi di attività aziendale

quasi piena” ed un ulteriore trimestre per “licenziamenti, incentivi, risarcimenti”; sicchè appare

congruo “in via equitativa” il criterio di liquidazione di detto costo ipotetico “pari a circa 8 mesi

del costo per dipendenti del 2007";

quanto al costo per godimento beni di terzi, il Tribunale reputa non sussistano ragioni per

discostarsi dalla valutazione del CTU (cui la stessa CTP di parte attrice non ha mosso, alla fine

del contraddittorio tecnico alcuna censura); invero “ non è realisticamente possibile cessare la

corresponsione dei canoni dei beni in locazione per il solo fatto che non si intende più utilizzarli”

ed è pertanto “ragionevole presumere che il locatore possa “liberare” il locatario a seguito del

pagamento del semestre 30.04.2007-31.10.2007 e di una penale pari a un anno di canoni”; il

recesso dai contratti di locazione con un preavviso di soli sei mesi ( come invocato dalla curatela) ,

è infatti possibile, come precisa il CTU, ai sensi dell’art. 27 della L. 392/72 “solo in caso di

specifica pattuizione contrattuale" ( pattuizione che non risulta) o per gravi motivi che devono

essere oggettivi ed indipendenti dalla volontà del conduttore ; "la prassi contrattuale vigente,

peraltro, prevede che normalmente il conduttore possa risolvere anticipatamente il contratto di

locazione a fronte di una penale pari ad almeno 12 mesi di canoni (quando non addirittura 18); ma

dal momento che i contratti di locazione non sono stati prodotti, il sottoscritto CTU non può dare

per acquisito ciò che parte attrice ha omesso di provare”; peraltro il CTU ha anche osservato,

giustamente, senza che sul punto sia intervenuta alcuna contestazione che “una parte rilevante dei

costi in parola è costituito da canoni di locazione finanziaria, per i quali certo non valgono le

previsioni della L. 392/72”;

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pagina 22 di 30

quanto ai costi per servizi ed oneri di gestione, al di là dell’ovvia opinabilità di valutazioni siffatte,

il Collegio non reputa sussistano ragioni per discostarsi dal criterio di quantificazione proposto dal

CTU, che assume come presupposto di calcolo la voce di spesa in concreto esposta in bilancio dalla

società, e considera “ragionevole presumere che nel semestre immediatamente successivo all’inizio

dell’attività liquidatoria l’onere in parola sia pari a circa il 50% dei costi per “servizi” esposti nel

bilancio al 31.12.2007”;

quanto ai costi per oneri finanziari, la censura di parte attrice non è pertinente (la curatela muove

invero dal presupposto che la liquidazione si sarebbe potuta consumare in un trimestre quando la

liquidazione, secondo la valutazione condivisibile e motivata del CTU, si sarebbe consumata non

in un trimestre ma in 20 mesi, stante la dimensione raggiunta dalla società)

quanto agli oneri di chiusura transattivi e contenziosi: la curatela censura questa valutazione

forfettaria degli importi che la società avrebbe presumibilmente dovuto corrispondere anche a

titolo di compensi professionali per contenziosi legati al recupero delle posizione creditorie e alla

definizione di quelle debitorie con argomentazioni generiche e prive di rigore logico (“una

spesa così elevata giustifica il recupero totale dei crediti e non nella misura ridotta di1/3 come

dichiarato dal CTU, espressione di sfiducia nella capacità di riscossione della creditrice” ) che,

pertanto, vanno respinte: non si vede invero cosa c’entri il costo di un’attività professionale volta a

definire il contenzioso relativo a debiti e a crediti con la capacità della società di recuperare i propri

crediti;

quanto al compenso professionale previsto per un liquidatore (100.000 euro ): reputa la curatela che

si tratti di una stima arbitraria, perché l’amministratore, che ben avrebbe potuto assumere la

qualifica di liquidatore, non ha mai ricevuto alcun compenso rendendo giustificata l’aspettativa di

un mandato gratuito, e che in ogni caso 5.000 euro al mese per sei mesi sarebbe stato un compenso

più che adeguato;

si tratta anche in tal caso di osservazioni del tutto prive di fondamento tecnico: non solo non si

vede perché il mandato di liquidazione avrebbe potuto essere conferito all’amministratore di

diritto che pacificamente non si è mai occupato della società ( e per questo non ha presumibilmente

mai preteso alcun compenso ) ma non si vede neppure perché, se la liquidazione avrebbe dovuto

compiersi in 20 mesi, il liquidatore avrebbe dovuto essere pagato solo per 6 mesi.

Quanto, infine, alla critica che concerne presunta diversità dei criteri stima tra i costi operativi di

liquidazione ritenuti ragionevoli e prudenziali per il periodo 30.6.2004/31.12.2005 (riferibile agli

amministratori) e quelli ritenuti ragionevoli e prudenziali per il periodo 30.4.2007/31.12.2008 (

riferibile ai sindaci, si rimanda alle risposte rese dal CTU pag.92 della relazione tecnica, ove lo stesso

chiarisce che i criteri sono identici ma applicati ad una realtà aziendale che nel frattempo aveva

aumentato la sua dimensione

*

E. La distrazione del magazzino.

La determinazione della perdita incrementale imputabile ai sindaci tuttavia deve tener conto della

contestazione svolta dalla curatela con riguardo alla presunta distrazione del magazzino

Parte attrice ha dedotto (pagine 47- 48 dell'atto di citazione) che :

- il magazzino risultante in contabilità al 31 dicembre 2008 a valore di bilancio era pari ad euro

7.104.291;

- tuttavia sommando ai dati contabili finali di magazzino al 14.4.2009 ( 3.100.000) le vendite

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Repert. n. 9940/2014 del 07/10/2014

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compiute tra il 1 gennaio 2009 e il 14 aprile 2009 (calcolate al costo) e detraendo gli acquisti

effettuati tra il 1 gennaio 2009 e il 14 aprile 2009, si perverrebbe ad un magazzino "presunto" al

31.12.2008 non di euro 7.104.291 bensi' di euro 4.362.701, con una differenza di 2.741.590

euro; detta differenza, secondo la curatela sarebbe imputabile ad una sovrastima del magazzino

volta ad aumentare la patrimonializzazione della società ( e quindi ad occultare le perdite di

gestione) che nella prossimità del fallimento "è stato sgonfiato" ( punto sul quale non c'è

contestazione);

- detta differenza, quindi, essendo frutto di una "sopravalutazione" già annullata nella situazione

contabile al 14.4.2009 utilizzata come dato di partenza per la ri- determinazione del risultato al

14.4.2009 secondo criteri di liquidazione è del tutto indifferente agli effetti della individuazione

del danno.

Sono invece rilevanti le considerazioni sulle risultanze di magazzino al 14.4.2009:

- il magazzino contabile alla data del 14 aprile 2009 era indicato dall'amministratore in euro

3.205.033 di cui euro 105.033 per acconti a fornitori merce, per cui, di fatto la società risultava

avere contabilmente un magazzino merce di euro 3.100.000;

- nel complesso, tuttavia la merce effettivamente presente ed inventariata dalla curatela è stata

valutata dal consulente tecnico del fallimento euro 295.792:

- pertanto la curatela ha concluso che, anche considerando questa valutazione frutto di una

svalutazione del 70% del valore stoccato (che, quindi, poteva essere dell'ordine di € 1.000.000) è

risultata una differenza rispetto ai valori di contabilità esistenti al 14.4.2009 pari a euro

2.100.000, del tutto ingiustificata che "conferma la sensazione dell'avvenuta sottrazione di una

grande quantità di materiale avvenuta nella prossimità del fallimento".

Ciò detto si deve osservare:

il CTU reputa - che in assenza di un'analisi della contabilità di magazzino ( non prodotta) e

della sua rispondenza alle fatture di acquisto e di vendita delle merci ( non prodotte) - sulla

origine della differenza rilevata dalla curatela tra contabilità di magazzino ed inventario fisico

(anche con 'ausilio di controlli a campione) non è possibile prendere posizione: dette

differenze, invero, potrebbero essere compatibili con: a) la sottrazione di rimanenze; b) il

mancato o l’errato aggiornamento della contabilità di magazzino (come può accadere in una

fase di crisi per incuria; c) la sopravvalutazione contabile delle rimanenze;

premesso che va esclusa la possibilità di una sopravalutazione poichè, in questo caso, il dato si

riferisce alla contabilità, ciascuna delle due fattispecie di cui sopra può essere la causa delle

discrasie contabili evidenziate da parte attrice, sia in via esclusiva che concomitante;

tuttavia vi sono indizi che fanno propendere per l'ipotesi della distrazione quantomeno per

gran parte di questa differenza, e che sono rappresentati:

o dal fatto che la società aveva locato proprio a partire dal 1.1.2009, con un contratto di

affitto temporaneo, un immobile a Cernusco S/N ad uso deposito, creando un

magazzino "parallelo" allo stesso indirizzo in cui si trovava il negozio/magazzino della

società, di nessuna utilità, atteso che il magazzino ufficiale della società aveva grande

capienza e molti spazi liberi per stoccare merce ( circostanza non contestata) ma molto

utile per stoccare con discrezione merce destinata "altrove"

o dal fatto che il Curatore con verifiche a campione sulle giacenze effettive ha rilevato

incongruenze rispetto alla merce che risultava stoccata alla luce della contabilità;

o la distrazione della merce, però, non è imputabile ai sindaci (dal momento che su

essi non grava l'obbligo della custodia della stessa, nè è contestata o provata una

omessa attività di vigilanza doverosa in proposito che possa costituire fonte di

responsabilità concorrente per omissione;

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Sentenza n. 11713/2014 pubbl. il 07/10/2014RG n. 29582/2011

Repert. n. 9940/2014 del 07/10/2014

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o lo stesso deve dirsi per quella parte della differenza rilevata che potrebbe essere

attribuita ad una carente registrazione (come reputa ipotizzabile in alternativa il CTU)

poichè la mancata registrazione di vendite non farebbe altro che spostare la questione

da distrazione di merce a distrazione di ricavi;

tuttavia non è l'intero valore differenziale della giacenza che può essere detratto dalla differenza

netta patrimoniale prodottasi nel periodo in cui i sindaci erano in carica, poichè la "il

magazzino" mancante deve essere valutato con criteri omogenei a quelli con cui sono state

valutate le rimanenze al 30.6.2007 e al 14.4.2009, ovvero con una svalutazione di liquidazione

del 50 %; sicchè si deve concludere che il "valore" distratto è pari ad euro 1.050.000;

si deve perciò concludere che la perdita incrementale accertata con riguardo al periodo in cui

i sindaci erano in carica ( 30.4.2007 / 14.4.2009 ) deve essere diminuita del valore della

"differenza di magazzino" che a loro non può essere imputata alla luce di nessuna delle

ipotesi che la possono spiegare.

Pertanto il protrarsi dell'attività aziendale nel periodo in cui i sindaci hanno ricoperto l'incarico

ha prodotto un danno in termini di perdita incrementale imputabile ai sindaci di euro - 142.457

Sul danno così determinato, trattandosi di debito di valore accertato alla data del fallimento (15.4.2009)

da tale data fino alla data del deposito della sentenza odierna deve essere calcolata la rivalutazione

monetaria secondo gli indici ISTAT e devono essere computati gli interessi c.d. compensativi ex art.

1226 c.c. (richiamato dall’art. 2056 c.c.) nella misura – ritenuta equa da questo Tribunale - degli

interessi legali (infatti trattandosi di una voce di danno separata sub specie di lucro cessante che mira a

ricomporre il patrimonio rimasto alterato per la privazione del bene con il suo equivalente pecuniario

dalla data dell’illecito, può essere accertata con metodi presuntivi e liquidata con criteri equitativi

riferiti alla misura dell’interesse legale). Per evitare duplicazioni di risarcimento (Cass. Sez. Un.

1712/1995) gli interessi andranno applicati sulla somma rivalutata di anno in anno dalla data

dell’illecito alla data della pronuncia. Infine sulla somma così definita spettano gli interessi di mora

nella misura legale dalla data della pronuncia al saldo effettivo.

*

I sindaci, infatti, hanno chiaramente contravvenuto a loro autonomi doveri, e la loro omissione ha

determinato in modo del tutto concorrente rispetto alla violazione compiuta dagli amministratori, il

danno che è derivato dalla prosecuzione dell’attività caratteristica, che protraendosi indebitamente, ha

eroso il patrimonio della società.

Peraltro dette omissioni sono state poste in essere dai sindaci convenuti in un grave contesto di

inquinamento di tutta l’attività di controllo determinata dalla carenza di indipendenza dell’organo,

che operava anche quale revisore dei conti, il cui Presidente (nella consapevolezza e connivenza degli

altri componenti) contestualmente svolgeva (non avendola di fatto mai cessata) attività di consulenza

per la società; la circostanza è stata confermata dai testi, che hanno riferito che, su indicazioni del De

Bonis, si erano sempre affidati al Franceschetti, prima e dopo il suo insediamento nell’organo di

controllo, quale consulente della società per informazioni e istruzioni sulla contabilità e sulla

registrazione dei documenti.

Pertanto il mancato rilievo da parte del collegio sindacale della perdita del capitale quantomeno al

3.1.12.2006 (essendo lo stesso insediatosi nel 2007) costituisce nella specie un’inadempienza assai

grave e macroscopica in quanto, agli effetti di detto rilievo sarebbe bastato che i sindaci adempissero

all’obbligo di vigilanza e controllo con la diligenza minima richiesta dalla natura dell’incarico e dalle

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Sentenza n. 11713/2014 pubbl. il 07/10/2014RG n. 29582/2011

Repert. n. 9940/2014 del 07/10/2014

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specifiche competenze tecniche che avrebbero dovuto possedere, poichè si sarebbe trattato di

effettuare verifiche sulla base della semplice applicazione di basilari principi contabili.

Sono pertanto del tutto infondate ( e persino temerarie) le difese svolte dai convenuti con riguardo alla

mancanza di consapevolezza delle falsità ed irregolarità del bilancio ed alla “ impossibilità” di adottare

misure idonee di intervento ( richiamo dell’organo gestorio al rispetto dei principi contabili e, se del

caso, ricorso al Tribunale in sede cautelare per la revoca dell’organo gestorio stante la situazione di

conclamata insussistenza delle condizioni di operatività aziendale previste dalla legge) poiché:

i. dal doc. n. 6 ( libro di sindaci) si evince cha la prima riunione del collegio si è tenuta in data

13.4.2007 proprio alla scopo di esaminare il bilancio al 31.12.2006,

ii. in detto bilancio erano palesi le irregolarità contabili compiute in violazione del principio di

competenza con riguardo agli oneri diversi di gestione ( alias: premi di fine anno);

iii. parimenti risultavano ammortamenti di immobilizzazioni immateriali capitalizzate nel 2005

che, ad una semplice verifica, sarebbero risultate del tutto sfornite di giustificazione in nota

integrativa (come imposto dall’art. 2427 n. 3 c.c. ) e comunque non capitalizzabili

obiettivamente per carenza di utilità pluriennale della spesa.

I sindaci, invero, sono tenuti ad effettuare un controllo di legalità non puramente formale ma esteso al

contenuto sostanziale dell’attività sociale e dell’azione degli amministratori, per verificare che le

operazioni poste in essere da questi non travalichino i limiti della correttezza ( Cass. 27.5.2010 n.

13081); nella specie invece anche nel prosieguo i sindaci hanno accettato supinamente le decisioni

dell’organo gestorio (decisioni, peraltro, condivise con il Franceschetti, che continuava- come emerge

chiaramente dalle testimonianze assunte in giudizio e dalle difese svolte dal convenuto Richard - del

tutto illegalmente a svolgere il ruolo di consulente contabile pur avendo assunto la responsabilità di

presidente dell’organo di controllo) senza rilevare neppure la falsità delle note di credito PROSONIC

per la quale avrebbe dovuto costituire un chiaro campanello d’allarme il fatto che la relativa scheda

contabile, anzichè chiudere a credito del fornitore, chiudeva a debito dello stesso per 764.484 euro: una

semplice verifica con il fornitore ( compiuta poi dal curatore) avrebbe permesso di svelare

immediatamente l’imbroglio.

Se i sindaci non avessero omesso i controlli dovuti già in relazione ai bilanci 2006 e 2007 il danno in

termini di incremento progressivo della perdita di patrimonio netto non si sarebbe verificato.

Peraltro la difesa del collegio sindacale sul punto appare sconcertante se si tiene conto del fatto

documentale che alle assemblee di approvazione del bilancio partecipava il solo Presidente, cui

evidentemente gli altri membri delegavano – impropriamente visto il dettato dell’art. 2405 c.c.- ogni

compito, pur consapevoli della grave situazione di carenza di indipendenza in cui questi si trovava;

nonché del fatto che, a partire dal 26.9.2008, il collegio cessò persino di “riunirsi” non potendosi

considerare una riunione del collegio quella del 15.1.2.2008 stante il fatto che ad essa partecipò il solo

Franceschetti.

F. Determinazione della responsabilità e quantificazione del danno in capo a ciascuno dei

convenuti

F.1 Il danno imputabile agli amministratori ammonta, dunque, alla luce della riduzione della

domanda è dunque pari ad euro € - 1.396.665.

Di tale danno:

- gli amministratori rispondono in solido per l'intero

- i sindaci rispondono in solido con gli amministratori nei limiti di euro - 142.457.

F.2 Il regresso.

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Sentenza n. 11713/2014 pubbl. il 07/10/2014RG n. 29582/2011

Repert. n. 9940/2014 del 07/10/2014

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Il convenuto Richard ha svolto una domanda nei confronti dell’amministratore di fatto De Bonis e dei

sindaci, per essere da questi tenuto indenne di quanto eventualmente condannato a pagare a titolo di

risarcimento: detta domanda non può essere accolta non sussistendo in diritto alcun titolo che

giustifichi nella specie una “manleva”; piuttosto può essere determinata, come richiesto in subordine,

il grado di responsabilità di ciascuno dei convenuti nella causazione dei danni, in funzione del diritto

di regresso che ciascun condebitore solidale che abbia pagato l’intero può esercitare nei confronti degli

altri condebitori per la parte eccedente la misura della sua obbligazione.

Il Tribunale reputa che se l’apporto causale al danno infine richiesto di amministratori e sindaci è

identico, diversa e più intensa è la colpa degli amministratori, che hanno predisposto una contabilità

irregolare e gestito la società in mancanza delle condizioni di capitalizzazione violando, con la

prosecuzione dell’attività di impresa, e quindi assumendo nuovi rischi imprenditoriali a scapito

soprattutto della consistenza della garanzia patrimoniale offerta ai creditori, in violazione sistematica e

protratta per più di 4 anni il dettato degli art. 2447 e 2486 c.c..

Pertanto nei rapporti interni la responsabilità per il danno predetto va attribuita agli amministratori

nella misura del 60%, e ai sindaci per il 40%.

Sicche i sindaci nei soli rapporti interni con gli amministratori rispondono del danno concausato (-

142.457) nel limite del 40% ovvero per euro 56.982,8.

Inoltre in ragione del diverso apporto e della diversa entità della colpa, il Tribunale reputa che anche

nei rapporti interni tra amministratore di fatto e di diritto possa senz’altro attribuirsi una

maggior colpa al De Bonis, onde la responsabilità per il danno cagionato (1.396.665 come ridotto dal

fallimento) vada attribuita al convenuto Richard solo per il 20% mentre al De Bonis per l' 80%

Infine quanto al collegio sindacale sussistono ragioni per differenziare, nei rapporti interni la colpa tra

Franceschetti e gli altri due membri (avendo costui partecipato in veste di consulente, se non

addirittura alla gestione, senz’altro alla formazione dei bilanci e tenuta della contabilità); sicchè nei

rapporti interni tra sindaci la responsabilità per il danno concausato (- 142.457) deve attribuirsi al

Franceschetti nella misura del 50% e a Galimebrti e Baj Macario nella misura del 25% ciascuno.

In definitiva:

De Bonis e Richard possono essere escussi dal fallimento ciascuno per l'intero danno di euro

1.396.665;

Franceschetti Galimberti e Baj Macario possono essere escussi dal fallimento ciascuno per

l'intero danno che hanno concorso con i sindaci a determinare pari ad euro - 142.457

Nei rapporti interni il danno si divide in ragione della diversa colpa imputabile ai convenuti:

Sicchè i sindaci rispondono nei rapporti interni con gli amministratori del 40% della quota di

danno che hanno concorso a determinare (euro 142.457) ovvero per euro 56.982,8, onde

potranno rivalersi sugli amministratori per la differenza che fossero chiamati a pagare in eccesso

in favore della Curatela .

Viceversa gli amministratori che fossero chiamati per l'intero danno concausato con i sindaci

(euro 142.457) potranno pretendere dai sindaci in regresso la somma di euro 56.982,8.

A loro volta i chiamati in regresso dal condebitore che avesse pagato l'intero danno imputabile

potranno rivalersi nei confronti dei condebitori solidali in ragione di quanto pagato in eccesso

rispetto alla loro quota di responsabilità.

I sindaci quindi saranno tenuti a pagare in ragione della suddivisione interna del danno

concausato (40% di euro 142.457 = 56.982,8) Franceschetti per il 50% (28.491,4) e Galimberti e

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BaiJ macario per il 25% ciascuno ( 14.245,7); gli amministratori saranno tenuti a pagare il

restante 60% (85.474,2) De Bonis in ragione dell'80% e Richard in ragione del 20%. Lo stesso

dicasi per De Bonis e Ricahrd quanto al regresso nei rapporti interni per il maggior danno di cui

devono rispondere in solido verso la curatela.

F.2 La terza chiamata Reale Mutua ha chiesto:

a) di ridurre nei limiti del dovuto l’ammontare del risarcimento danni preteso dal

Fallimento nei confronti del dott. Galimberti, con graduazione della sua responsabilità ai fini del

futuro regresso: sul punto si è già argomentato poco sopra;

b) di sottrarre dall’importo del danno dovuto dall’assicurato l’importo dei crediti a

cui il Fallimento avrebbe rinunciato in sede cautelare (ove aveva insistito nella richiesta di

sequestro nei soli confronti di Baj Macario e nei limiti della somma di euro 100.000): domanda

del tutto infondata in quanto la curatela non ha compiuto in quella sede né altrove alcuna

rinuncia a crediti verso i convenuti e tantomeno verso Baj Macario avendo semmai limitato la

richiesta di sequestro in ragione delle realistiche possibilità di convertire lo stesso in

pignoramento;

c) di dichiarare la società assicurativa tenuta a tenere indenne l’assicurato Andrea

Galimberti nei limiti della sua quota di responsabilità e nei limiti dell’indennità assicurata

massima (quindi nei limiti di 200.000 euro al netto dello scoperto massimo e ferma la franchigia

frontale di 13.000 euro); la domanda è fondata, né, del resto, il convenuto garantito ha svolto

contestazioni sulle deduzioni della compagnia relative ai limiti della garanzia:

1. la polizza sottoscritta dal dott. Galimberti prevede una limitazione della garanzia in caso di

responsabilità solidale dell’assicurato alla sola quota di pertinenza di questo;

2. la polizza prevede altresì un massimale generale di euro 750.000, ulteriormente limitato per

la funzione di sindaco e di revisore al 30%, quindi a 225.000 euro, nonché uno scoperto

pari al 20% sino al massimo di 25.000 euro e una franchigia frontale di 13.000 euro, onde

l’indennità massima assicurata al netto di franchigia e scoperto massimo è pari a 200.000

euro.

Sicchè Reale Mutua va dichiarata tenuta a manlevare il Sig. Galimberti delle somme da questi

dovute a titolo di risarcimento del danno nei limiti di euro 14.245,7 (come previsto

dal punto 4.9 delle condizioni generali del contratto in tema di responsabilità solidale), oltre

interessi e rivalutazione monetaria come sopra motivato, e di quanto dovuto a titolo di refusione

delle spese legali come meglio infra si dirà.

3. Reale Mutua ha chiesto altresì la remissione in istruttoria della causa per l’acquisizione al

processo dei documenti attestanti il pagamento da parte di Reale Mutua dell’importo di

101.504,00 euro a titolo di compenso per la CTU e accessori di legge: poiché il massimale

assicurato è pari a 200.000 euro l’importo anticipato da Reale Mututa a titolo di spese di

CTU e quindi quale componente delle spese di soccombenza, andrebbe decurtato nei limiti

dell’ammontare del massimale disponibile.

Reputa il Collegio che la domanda vada rigettata in quanto il tema dei limiti della copertura

assicurativa e, quindi, la questione se il massimale comprenda o meno le spese di lite, va

risolto alla luce del contratto, che è già prodotto; mentre il tema della distribuzione

dell’onere delle spese è un tema che compete al Tribunale alla luce del principio della

soccombenza, onde non serve alcuna remissione in istruttoria.

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In ogni caso la somma del danno imputabile pro quota al Galimberti incrementato della

quota di spese di CTU a lui spettante non supera, come si vedrà, il massimale di polizza.

Spese L’onere delle spese della lite, deve seguire la soccombenza.

Le parti convenute hanno tuttavia chiesto che si tenga conto del fallito tentativo di conciliazione della

controversia compiuto dal CTU.

Il CTU sin dall’inizio dei lavori peritali ha tentato la conciliazione delle parti ex art. 198 c.p.c. e ne ha

dato debitamente atto in tutti i verbali delle sessioni peritali.

In data 15 luglio 2013, a seguito di espressa autorizzazione scritta ricevuta dalla parti, il CTU ha

provveduto a comunicare a tutte una proposta conciliativa (allegato 2 alla relazione tecnica ) redatta

secondo contenuti strettamente aderenti alle proposte ricevute e alle disponibilità manifestate.

I termini essenziali della proposta erano:

novatività della transazione;

reciproca rinunzia al vincolo di solidarietà, alla rivalsa, al regresso e a qualsiasi contenzioso,

attuale o potenziale, per gli atti e i fatti di cui è causa;

versamento in contanti di € 50.000 da parte del convenuto Walter Richard;

versamento in contanti di € 20.000 e conferma della rinunzia (effettuata in data 19.07.2011) al

credito di € 335.044 insinuato al passivo fallimentare da parte del convenuto Marcello De

Bonis;

versamento in contanti di € 100.000 da parte dei convenuti Dott. Andrea Federico Galimberti,

Dott. Alberto Baj Macario e Dott. Giampiero Franceschetti, mediante rinunzia alla restituzione

della medesima somma già detenuta dal fallimento a titolo di sequestro cautelare;

versamento in contanti di € 200.000 da parte della convenuta Società Reale Mutua di

Assicurazioni, compagnia assicuratrice del Dott. Galimberti;

costo della CTU e per imposta di registro a carico di parte attrice;

altre spese legali compensate.

In data 31 luglio 2013 parte attrice ha comunicato (allegato 3) al CTU che, dopo aver sentito il parere

del G.D., il curatore ha ritenuto “irricevibile” la proposta conciliativa. in quanto:

essa non ha raggiunto il target minimo di € 500.000 in denaro, al netto della rinunzia dei crediti

effettuata a suo tempo dalla parte convenuta Sig. De Bonis;

il curatore rifiuta di addossare alla massa le spese della CTU;

il curatore rifiuta di addossare alla massa € 180.000 per imposta di registro.

Reputa il Collegio che la proposta conciliativa fosse per gli amministratori ben lontana dall’entità

della responsabilità accertata, tanto più se si considera che la diversa e inferiore entità della condanna

tiene conto della riduzione della domanda della procedura.

Si trattava, invero, di una proposta palesemente incongrua (tenuto conto del fatto che il De Bonis

avrebbe rinunciato ad un credito verso la curatela da pagarsi in “moneta fallimentare” ed avrebbe

dovuto versare solo 20.000 euro a fronte di un effettivo danno a lui imputabile in solido di euro euro

3.693.105 ridotto ad euro 1.396.665 solo in ragione della limitazione della domanda decisa dalla

curatela in considerazione della effettiva capienza del patrimonio dei convenuti).

Quanto ai sindaci, invece. la proposta risultava congrua poiché il Collegio Sindacale, unitamente alla

Reale Mutua Assicurazioni (assicurato: Sindaco Dott. Galimberti), risultava proporre un’offerta in

denaro pari a complessivi € 300.000 (trecentomila/00) a fronte di un obbligo solidale verso la curatela

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per euro 142.457, che, pur al lordo della quota delle spese legali per CTU e imposta di registro, si è

dimostrata una proposta equa e vantaggiosa per la procedura.

Pertanto il rifiuto di accogliere la proposta conciliativa può incidere sulla distribuzione dell’onere delle

spese, anche se va considerato che, in effetti le spese legali che varebero potuto essere evitate sono solo

quelle relative alla discussione finale della causa essendo stata la proposta formulata in modo ragionato

solo all'esito della CTU.

Va inoltre considerato che la Curatela è risultata parzialmente soccombente:

sia in relazione alla (evidente) infondata duplicazione del danno che ha continuato a prospettare per

tutto il procedimento;

sia in relazione all’entità del danno determinato dalla perdita incrementale netta che è risultata

assai ridimensionata rispetto alla domanda (euro 6.224.354,00) che si fondava sul confronto tra

patrimoni netti risultanti da un bilancio rettificato secondo corretti principi di funzionamento senza

valutare le rettifiche di liquidazione e senza tener conto dei costi comunque ineliminabili anche in

una gestione con finalità liquidatoria ( stante la contestazione di ritardo colpevole nella messa in

liquidazione della società).

Pertanto sussistono giustificati motivi per ritenere compensate tra le parti le spese di lite in ragione del

40%; sicche tutti i convenuti in solido – compresa Reale Mutua che ha svolto in giudizio ampia difesa

contro il fallimento – vanno condannati a rifondere alla procedura solo il 60% le spese di lite;

dette spese si liquidano per l'intero – tenuto conto dell’ammontare del danno effettivamente

accertato e, dell'aumento del 20% in ragione della difesa contro più parti (considerata a tal fine

rilevante - agli effetti dell'art. 12 L. 247/2012 - la sola diversità della difesa svolta nei confronti di

amministratori nel complesso, sindaci nel complesso e Reale Mutua che ha svolto specifiche

eccezioni preliminari ) in complessivi euro 57.324,8 ( 35.828,00 +21.496,8) per onorari, oltre

15% per rimborso forfettario spese e CPA e IVA come per legge, ed oltre euro 1.547,00 per

spese documentate ( contributo unificato e marche + spese di notifica);

il sig. Galimberti dovrà essere manlevato dalla Reale Mutua per quanto tenuto a pagare a titolo di

spese nei limiti della quota (1/6) a lui spettante;

tra Galimberti e Reale Mutua le spese vanno dichiarate compensate;

le spese della CTU - già liquidate in 80.000,00 euro a titolo di onorario oltre IVA e CP, e pari a

complessivi euro 101.504,00 ( già anticipate da Reale Mutua), vanno poste a carico delle parti

convenute in ragione del 60% (euro 60.902,4); e a carico della procedura in ragione del 40%

(euro 40.601,6).

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di impresa, così provvede in parziale

accoglimento della domanda del Fallimento Extreme TechnologyItalia s.r.l :

1) dichiara i convenuti Walter Richard e Marcello De Bonis, responsabili dei danni arrecati alla

società e ai creditori sociali con la condotta illecita descritta in motivazione; e per l’effetto li

condanna in solido fra loro a risarcire i danni in favore della Fallimento nella misura complessiva di

euro 1.396.665,00 oltre rivalutazione e interessi come indicato in motivazione;

2) accerta e dichiara che nei rapporti interni la responsabilità dei convenuti è diversa sicchè:

Marcello De Bonis risponde della somma predetta nel limite dell'80%

Walter Richard risponde della somma predetta nel limite del 20%

3) dichiara i convenuti Giampiero Franceschetti, Alberto Giovanni Enea Baj Macario, Andrea

Federico Galimberti responsabili in solido con gli amministratori del danno arrecato alla società e ai

creditori sociali con la condotta illecita descritta in motivazione nei limiti di euro 142.457; e per

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l’effetto li condanna in solido fra loro e con i convenuti amministratori a risarcire i danni in

favore del Fallimento nella misura complessiva di euro 142.457 oltre rivalutazione e interessi come

indicato in motivazione;

4) accerta e dichiara che nei rapporti interni la responsabilità dei convenuti è diversa sicchè:

Marcello De Bonis e Walter Richard rispondono della somma predetta di euro 142.457 per il 60%

(pari ad euro 85.474,2) nel rapporto con i sindaci e nei rapporti interni tra loro in ragione

rispettivamente dell'80% e del 20% della somma stessa (85.474,2);

GiampieroFranceschetti Andrea Federico Galimberti e Alberto Giovanni Enea Baj Macario rispondono

rispetto agli amministratori della somma predetta per il 40% ( pari a euro 56.982,8) e nei rapporti

interni tra loro, Franceschetti in ragione del 50% e Andrea Federico Galimberti e Alberto Giovanni

Enea Baj Macario del 25% ciascuno della somma stessa (56.982,8);

5) dichiara la Società Reale Mutua Assicurazioni s.p.a tenuta a manlevare Andrea Federico

Galimberti - nei limiti precisati in motivazione - per quanto questi è tenuto a pagare in favore della

procedura in ragione della presente decisione in relazione alla sua qualità di sindaco della società

fallita e dichiara compensate tra dette parti le spese di lite;

6) condanna i convenuti Walter Richard e Marcello De Bonis, Giampiero Franceschetti, Alberto

Giovanni Enea Baj Macario, Andrea Federico Galimberti e la terza chiamata Società Reale Mutua

Assicurazioni s.p.a in solido fra loro a rifondere al Fallimento attore il 60% delle spese di lite

liquidate per l'intero in euro 57.324,8 per onorari, oltre 15% per rimborso forfettario spese e CPA e

IVA come per legge, ed oltre euro 1.547,00 per spese documentate

7) pone definitivamente a carico dei convenuti in solido fra loro il 60% delle spese di CTU, pari ad

euro 60.902,4, e a carico della procedura il 40% delle stesse pari ad euro 40.601,6.

Milano, così deciso nella camera di consiglio del 3.7.2014

Il Giudice Relatore Il Presidente

dott. Alessandra Dal Moro dott. Vincenzo Perozziello

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Repert. n. 9940/2014 del 07/10/2014

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