Variazione Denom. Comune Capaccio in Capaccio Paestum - R.G. 461
N. R.G. REPUBBLICA ITALIANA N. IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI ROVERETO · 2008. 7....
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROVERETO
nella persona del giudice monocratico dott. Luca Perilli, ha pronunciato la
seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile rubricata sub n. 1537/05 r.g.c. promossa con atto di citazione notificato il
14/11/05
DA
EUROFLASH IMPRESSION S.a.s., con sede in Brantome (Francia), Avenue Andrè Maurois, in
persona del Presidente Directeur General e legale rappresentante sig. Arnaud Lefeure, rappresentata
e difesa ai fini del giudizio per procura speciale alle liti dall’avv. Gian Bruno Bruni di Milano come
da atto dr. Etienne Dubuisson, Notaio in Brantome (Francia), in data 25/10/05 e per sub delega in
calce all’atto di citazione quale proc. dom. dall’avv. Paolo Mirandola di Rovereto, presso il cui
studio è elettivamente domiciliata in Rovereto, C.so Rosmini n. 18.
- ATTRICE OPPONENTE -
CONTRO
ARCONVERT S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore dott. Sergio Tosolini, con
sede in Arco (TN), rappresentata e difesa, in forza di procura a margine della comparsa di
costituzione e risposta, dall’avv. Gian Andrea Chiavegatti di Verona e dall’avv. Stefano Colla ed
elettivamente domiciliata presso il studio di quest’ultimo in Rovereto, via Paoli n. 17
- CONVENUTA OPPOSTA –
In punto: opposizione a decreto ingiuntivo
N. ___________SENT.
N. ___________R.G.
N. __________ CRON.
N. __________REP.
Sent. dd. ___________
Dep. ______________
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CONCLUSIONI
ATTRICE OPPONENTE: “In via preliminare: dichiarare, in conformità al Regolamento CE n.
44/2001, la carenza di giurisdizione del giudice adito in favore del giudice francese competente;
Ancora in via preliminare: dichiarare l’inesistenza della notifica del decreto opposto e revocare per
l’effetto il decreto ingiuntivo n. 295/05 r.g. n. 883/05 del Giudice monocratico del Tribunale di
Rovereto;
In via preliminare subordinata: negare la provvisoria esecuzione al decreto opposto, stante
l’inesistenza dei presupposti di cui all’art. 648 cod. proc. Civ.
In via subordinata, nel merito: nella denegata ipotesi in cui il G.M. del Tribunale di Rovereto
ritenesse di non accogliere l’eccezione di carenza di giurisdizione sollevata con la presente
opposizione, decidendo il merito della presente controversia, si chiede dichiararsi la revoca del
decreto ingiuntivo perchè illegittimo ed infondato in fatto ed in diritto e respingersi in ogni caso la
pretesa azionata da Arconvert.
In ogni caso: con vittoria di spese diritti ed onorari.”
CONVENUTA OPPOSTA: “In via preliminare:
- concedere la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto per i motivi di cui in
narrativa;
- nella denegata ipotesi che il Giudice non ravvisi gli estremi per concedere la provvisoria
esecutività del decreto ingiuntivo opposto, si insiste affinchè il Giudice voglia concedere la
provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo per il minor importo di € 16.047,30
relativamente alla prima consegna non contestata.
In via principale:
- respingersi le domande attoree tutte in quanto infondate in fatto ed in diritto per i motivi
esposti in narrativa;
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- per l’effetto, confermarsi il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 295/05 ing.
R.g.c 883/05, emesso dal Giudice monocratico del Tribunla di Rovereto in data 11/07/2005
e regolarmente notificato in dat 28/09/05;
In via subordinata e salvo gravame:
- confermarsi, comunque, il decreto ingiuntivo n. 295/05 ing. R.g. 883/05 emesso dal Giudice
monocratico del Tribunale di Rovereto in data 11/07/05, per il minor importo di €
16.047,30, relativo alla prima consegna non contestata;
- condannarsi comunque, la società Euroflash Impression Sas al pagamento a favore di
Arconvert SpA dell’importo di € 41.660,90, oltre interessi ex D.ls. 321/02 ed accessori, per
la fornitura di merce di cui è causa, o quella maggior o minor somma che si riterrà di
giustizia.
In ogni caso: spese, diritti ed onorari di causa interamente rifusi.”
FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con l’atto di citazione di cui all’epigrafe, la società EUROFLASH IMPRESSION S.a.s. (di seguito:
EUROFLASH), con sede in Brantome (Francia) proponeva opposizione avverso il decreto n.
295/05 con il cui il Tribunale di Rovereto le aveva ingiunto il pagamento della somma di €
41660,90 oltre spese legali in favore di Arconvert S.p.A: di Arco (TN) –di seguito: ARCONVERT-
a titolo di forniture di merce, documentata in conferme d’ordine, fatture commerciali ed estratto
autentico delle scritture contabili.
Con l’atto di opposizione, EUROFLASH, premetteva: di essere impresa di primaria importanza sul
mercato francese nella stampa su cartone, etichette adesive, astucci, blisters e skinpacks; di avere
avviato nell’Autunno del 2002, in seguito all’approvazione di campionatura, un rapporto di
fornitura a consegne ripartite con Arconvert di Arco; di avere contestato, a lavorazione iniziata,
“difetti rilevanti nel materiale fornito tali da renderlo improprio all’uso e di averli comunicati ad
ARCONVERT; di avere avviato con ARCONVERT delle trattative volte a comporre l’insorgenda
lite.
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� Tanto premesso, EUROFLASH eccepiva, in via preliminare di rito, il difetto di competenza
giurisdizionale del giudice italiano, ai sensi e per gli effetti del Regolamento (CE) n.
44/2001 concernente la competenza giurisdizionale il riconoscimento e l’esecuzione delle
decisioni in materia civile e commerciale.
Rammentava parte opponente, che, in base al citato Regolamento, in caso di vertenza in materia
contrattuale, il convenuto può essere citato in giudizio, oltre che presso il Foro generale, ossia nel
suo luogo di residenza, anche davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è
stata o deve essere eseguita-
Eccepiva, quindi, che tanto la sede della convenuta quanto il luogo di esecuzione del contratto sono
situati in Francia; in particolare, emerge “dalle fatture prodotte dal ricorrente, alla voce destinatario
e nel quadro resa, che la consegna è avvenuta franco domicilio ossia a Brantome presso la sede della
EUROFLASH in Francia.
Eccepiva, inoltre, che “per altro verso la clausola attribuitva di giurisdizione contenuta nelle
condizioni generali di vendita a piè della conferma d’ordine (docc. Nn. 1-3 ric.) non è mai stata
accettata da EUROFLASH né per iscritto né oralmente con conferma scritta, come espressamente
richiesto dall’art. 23 del Regolamento” e che “pertanto la clausola è tamquam non esset”.
� Sempre in via preliminare di rito, la convenuta eccepiva che la notifica era stata effettuata in
modo non rituale ed in particolare in spregio alla normativa contenuta nel Regolamento CE
n. 1348 del 29 Maggio 2000.
� Nel merito eccepiva la difettosità della merce.
Quindi rassegnava le conclusioni di cui all’epigrafe.
Con comparsa depositata in cancelleria il 4 gennaio 2006 si costituiva in giudizio ARCONVERT, la
quale:
� nel merito, eccepiva la decadenza di EUROFLASH dalla facoltà della denunzia di vizi della
merce e comunque contestava l’esistenza di vizi nella merce fornita ed affermava che tali
vizi erano stati esclusi da specifiche prove di laboratorio effettuare da ARCONVERT su
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campioni della merce contestata; affermava che il rifiuto di pagamento opposto da
EUROFLASH aveva natura pretestuosa. Domandava quindi il pagamento delle fatture e
chiedeva al giudice di autorizzare la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo.
Con riferimento alle eccezioni processuali sollevate da parte opponente, replicava quanto segue.
� Contestava l’eccezione di difetto di competenza giurisdizionale nel giudice Italiano,
replicando che:
o l’art. 23 del Regolamento (CE) 44/2001 stabilisce che deve essere rispettata
l’autonomia delle parti relativamente alla scelta del Foro giurisdizionalmente
competente mentre il punto 24 del Preambolo precisa che il Regolamento non
pregiudica il rispetto degli impegni internazionali assunti dagli Stati membri ed in
particolare quelle convenzioni alle quali gli stati membri aderiscono. Alle luce delle
suddette norme, ed in particolare della previsione contenuta nella lettera C dell’art.
23 del Regolamento, per la quale la proroga convenzionale della competenza può
avvenire, nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le
parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere, affermava che le parti del
contratto avevano concordemente accettato la proroga della competenza, in forza
della clausola attributiva della competenza esclusiva al Tribunale di Rovereto
inclusa nelle condizioni generali di vendita che ARCONVERT aveva allegato alla
conferma d’ordine così come è uso comune delle società che operano vendite
internazionali. In virtù di tale uso la proroga della competenza era non solo
conosciuta ma era stata anche accettata da EUROFLASH “con il formale ordine del
compratore”. Inoltre, essendo le parti della vendita vincolate dalla Convenzione di
Vienna del 1980 sulla vendita internazionale, esse sono sottoposte all’art. 9 comma
1 di tale trattato, per il quale: “le parti sono vincolate dagli usi ai quali hanno
consentito e dalle pratiche che si sono instaurate tra loro”.
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o In seconda battuta, ARCONVERT replicava che anche il Foro speciale contrattuale,
previsto dall’art. 5 primo comma lettera b) primo alinea del Regolamento 44/2001
conduce al giudice italiano perché, applicando la Convenzione di Vienna sulla
vendita internazionale e quella di Lugano del 1988, il luogo di consegna della merce
in base al contratto, idoneo a radicare la competenza in base al Regolamento, è
quello in cui la merce viene consegnata al vettore, che nel caso di specie si individua
nel territorio italiano.
o In terza battuta, parte convenuta affermava che in Italia va individuato il luogo di
esecuzione del contratto, tanto in base alla citata convenzione di Vienna quanto in
base alla Convenzione EFTA di Lugano del 1988, in base alle quali il luogo di
esecuzione del contratto in caso di obbligazioni pecuniarie deve essere individuato
nel luogo del domicilio del venditore, così come peraltro stabilito tanto dalla legge
interna italiana quanto da quella francese.
� Con riguardo all’eccezione di irritualità della notificazione, parte opposta replicava che la
notificazione era avvenuta, a mezzo del servizio postale, in conformità alle prescrizioni del
Regolamento (CE) n. 1348 del 29 Maggio 2000.
Alla prima udienza, celebrata il 25 Gennaio 2006 il giudice riteneva la causa matura per la decisione
sulla questione del difetto di competenza giurisdizionale e fissava udienza di precisazione delle
conclusioni, assegnando a parte opponente, convenuta sostanziale, il termine di legge per la
proposizione di eccezioni non rilevabili d’ufficio.
All’udienza del 12 Aprile 2006, le parti precisavano le trascritte conclusioni. Il giudice tratteneva la
causa in decisione, assegnando alle parti i termini di legge per conclusionali e repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La causa va decisa in rito. E’ infatti fondata l’eccezione di difetto di competenza giurisdizionale
sollevata da parte opponente EUROFLASH
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Preliminarmente va respinta l’eccezione di nullità della notificazione Essa è infondata perché la
notificazione a mezzo del servizio postale è uno dei sistemi di notificazione ammessi dal
Regolamento (CE) 1348/2000 richiamato da parte convenuta per fondare l’eccezione, senza
considerare che la costituzione in giudizio da parte dell’opponente ha sanato il vizio di
notificazione.
Va, invece, dichiarata l’incompetenza giurisdizionale del giudice italiano a conoscere della
controversia in favore del giudice della Repubblica Francese.
In punto competenza, la lite è soggetta al Regolamento CE n. 44/2001 del Consiglio del 22
Dicembre 2000 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia
civile e commerciale (Regolamento cosiddetto Bruxelles 1, di seguito indicato come: Regolamento).
Ricorrono infatti i presupposti, stabiliti dal Regolamento per la sua applicabilità, e cioè:
a) la materia “civile o commerciale” oggetto della causa, vertendosi in materia di pagamento
di forniture commerciali (art. 1 del Regolamento);
b) la collocazione del domicilio del convenuto nel territorio di uno Stato membro
dell’Unione Europea (art. 2 del Regolamento);
c) l’inizio del procedimento successivamente al 1° Marzo 2002 (art. 66, primo comma del
Regolamento), data di entrata in vigore del Regolamento (art. 76).
Con riguardo al secondo presupposto di applicabilità del Regolamento, sopra evidenziato sub. lett.
b), va osservato che parte convenuta è una società di diritto francese con sede in Francia nella città
di Brantome.
A mente dell’art. 60, secondo comma, del Regolamento n. 44, tale società è domiciliata in uno Stato
Membro diverso dall’Italia e precisamente nella Repubblica di Francia.
Il Regolamento ha, invero, stabilito, nell’art. 60, un concetto “autonomo” di domicilio delle società
e delle persone giuridiche, modificando così il criterio di rinvio al concetto internazionalprivatistico
di sede sancito dall’art. 53 della Convenzione di Bruxelles del 27 Settembre 1968 (di seguito
indicata come: Convenzione) che il Regolamento è espressamente destinato a sostituire (art. 68,
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primo comma).
Alla stregua dell’art. 60 del Regolamento ed in particolare delle specifiche indicazioni contenute nel
comma secondo, la società EUROFLASH è domiciliata in Francia perché, a quanto è dato di
comprendere dallo stesso “tipo societario” risultante dalla denominazione, in Francia si trova il
luogo di incorporazione (place of incorporation) della società.
� Il Foro Generale della società Euroflash Impression S.a.s è, dunque, ai sensi dell’art. 2 del
Regolamento, la repubblica Francese. La norma stabilisce, infatti, -così come l’art. 2 della
Convenzione - che le “persone domiciliate nel territorio di uno Stato Membro sono
convenute… davanti ai Giudici di tale Stato membro” (cd. forum rei).
� La società attrice, consapevole della carenza di competenza giurisdizionale del giudice
italiano con riferimento al criterio generale del forum rei invoca, per radicare in Italia la
vertenza, il criterio concorrente del Foro speciale contrattuale (art. 5 n. 1 del Regolamento,
già art. 5 n. 1 della Convenzione).
In materia contrattuale, tanto la Convenzione quanto il Regolamento, all’art. 5, consentono infatti
all’attore di citare il convenuto, domiciliato nel territorio di uno Stato membro, davanti al giudice di
un altro Stato membro: e precisamente “davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in
giudizio è stata o deve essere eseguita” (forum destinatae solutionis)
Con riferimento al Foro speciale contrattuale, nel vigore della Convenzione di Bruxelles, la Corte di
Giustizia del Lussemburgo ha, con la prime due sentenze interpretativa della Convenzione (Corte
di Giustizia CE, sentenza 6 ottobre 1976, nella causa 12/76 Tessili c. Dunlop, in Racc., pag. 1473 e
Foro It, 1977, IV, 50; sentenza 6 Ottobre 1976, nella causa 14/76 De Bloos c. Boujer, in Racc. 1497
e Foro It., 1977, IV,50) affermato due orientamenti giurisprudenziali, successivamente confermati
(Corte di Giustizia CE, sentenza 29 giugno 1994, nella causa C-288/92, Custom Made Commercial,
Racc. pag. I-2913, Foro It., Rep. 1994, voce Giurisdizione civile, n. 76) fino alla soglia dell’entrata
in vigore del Regolamento (Corte di Giustizia CE, sentenza del 28 Settembre 1999, nella causa C-
440/97 Groupe Concorde c/ Sudawiharno Panjan, in RDIPP, 2000, 217 e in Foro It., , 2000, IV,
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430 ; Corte Di Giustizia CE, sentenza del 5 Ottobre 1999, nella causa C 420/97, Leathertex c.
Bodetex, in RDIPP 2000, 517 ed in Foro It., , 2000, IV, 430).
Il primo indirizzo ermeneutico (sentenza De Bloos cit.) consiste nell’affermazione del principio per
il quale “obbligazione dedotta in giudizio” significa obbligazione posta a base dell’azione
concretamente esercitata.
Il riferimento all’ obbligazione dedotta in giudizio, ossia dell’obbligazione posta a base della
domanda, si risolve nell’applicazione del cd. metodo analitico, che può condurre a ritenere
competenti giudici di diversi Stati membri con riguardo alle diverse obbligazioni nate dallo stesso
contratto (cfr. sentenza Leathertex cit), quando queste debbano essere eseguite in Stati diversi.
Il secondo orientamento giurisprudenziale è riassunto nella seguente massima : “L’art. 5, punto 1,
della Convenzione 27 Settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione
delle decisioni in materia civile e commerciale, … dev’ essere interpretato nel senso che il luogo in
cui l’obbligazione è stata o dev’essere eseguita va determinato in conformità alla legge che
disciplina l’obbligazione controversa secondo le norme di conflitto del giudice adito” (sent. Groupe
Concorde cit; ma anche sentenze Tessili e Custode made cit.).
Il rinvio alla legge nazionale di diritto internazionale privato è sempre stato motivato dalla Corte
sulla base della constatazione che le normative nazionali dei vari Stati membri hanno, in materia di
contratti, concezioni molto divergenti circa il luogo di esecuzione delle obbligazioni e che tale
luogo di esecuzione dipende dal contesto contrattuale al quale appartengono queste obbligazioni .
“Infatti, talune delle questioni che possono sorgere in tale contesto, quali l’identificazione
dell’obbligazione contrattuale che è alla base dell’azione in giudizio così come, in caso di pluralità
di obbligazioni, la ricerca dell’obbligazione principale, possono solo difficilmente essere risolte
senza far riferimento alla legge applicabile” (sent. Groupe Concorde cit.).
In forza dei suddetti due orientamenti giurisprudenziali, l’opera dell’interprete, diretta alla
determinazione del giudice competente in materia contrattuale, deve svolgersi, vigente la
Convenzione, attraverso i seguenti due passaggi logici:
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- l’identificazione dell’ obbligazione contrattuale o di quella principale, in caso di pluralità di
obbligazioni, contenuta nel rapporto dedotto in giudizio;
- l’individuazione del locus destinatae solutionis alla stregua del diritto sostanziale applicabile al
contratto sulla base del diritto internazionale privato dello Stato del giudice adito.
In tale prospettiva, con riferimento alla domanda, oggetto di causa, di pagamento del corrispettivo
contrattuale per la vendita di merce, il Foro speciale concorrente dell’esecuzione del contratto
andrebbe, dunque, determinato sulla base delle legge che stabilisce il luogo di pagamento di somme
di denaro, legge che va individuata secondo le norme di diritto internazionale privato italiano.
La determinazione della competenza del giudice, sotto il vigore della Convenzione e secondo la
Giurisprudenza della Corte, è operazione logica spesso assai complessa, come rilevato più volte
dagli avvocati generali presso la Corte di Giustizia (avv.to generale Lenz nel caso Custom made cit.,
avv.to generale Leger nel caso Groupe Concorde cit. e avv.to generale Colomer nel caso
Leathertex) e riconosciuto dalla stessa Corte (sentenza Lethertex cit.). La complessità, dipendente
sia dalla non sempre univoca operazione di individuazione e qualificazione dell’obbligazione
dedotta in giudizio sia dalle difficoltà di ricerca della lex causae secondo le norme di conflitto, è
solo attenuata, ma certo non eliminata, dall’ esistenza, in materia contrattuale, delle regole di
conflitto uniformi contenute nella Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle
obbligazioni contrattuali, diritto uniforme richiamato dalla stessa giurisprudenza della Corte
(sentenza Custom made commercial, cit.).
Va però osservato, per entrare nel cuore della decisione, che il Regolamento è intervenuto a
semplificare, o meglio ad eliminare, il procedimento logico che il giudice deve seguire al fine di
determinare la competenza internazionale in materia di Foro speciale nei contratti di
compravendita..
La lettera b), aggiunta dal Regolamento al n. 1 dell’art. 5, stabilisce infatti, espressamente che “ai
fini dell’applicazione della presente disposizione, e salva diversa convenzione, il luogo di
esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio è: nel caso della compravendita di beni il luogo
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situato negli Stati membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al
contratto”.
La norma introduce un concetto preciso di luogo di esecuzione delle obbligazioni nel contratto di
compravendita, individuandolo nel luogo di consegna dei beni, sia pure ai limitati fini della
determinazione della competenza giurisdizionale (“ai fini dell’applicazione della presente
disposizione”).
La nuova regola ha un indubbio ed immediato effetto: quello di eliminare, in materia di contratto di
compravendita, l’applicazione del cd. metodo analitico; il legislatore comunitario stabilisce, infatti,
a chiare lettere, che il luogo di esecuzione delle obbligazioni, di tutte le obbligazioni, che
scaturiscono da un contratto di compravendita è, ai fini della determinazione della competenza, il
luogo della consegna della merce; ciò a prescindere dal luogo in cui le obbligazioni debbano essere
eseguite secondo la lex causae.
Nel caso in esame, è dunque irrilevante che l’obbligazione dedotta in giudizio sia quella di
pagamento di una somma pecuniaria a titolo di corrispettivo; ciò che conta, per individuare il
giudice competente in quello del luogo di consegna della merce, è che si tratti di obbligazione che
ha fonte in un contratto di compravendita.
Va sul punto osservato che è irrilevante la tesi sostenuta dalla convenuta, secondo la quale in
seguito alla distruzione della merce da parte di EUROFLASH, il contratto più non esisterebbe e
rimarrebbe solo il diritto di credito e ciò perché, a prescindere da ogni considerazione sulla
“sostenibilità” di una simile teoria, l’azione esercitata dalla ARCONVERT, quale risulta dal ricorso
per decreto ingiuntivo, è certamente un’azione contrattuale di pagamento del corrispettivo.
In base al nuovo art. 5 numero 1 lett. b) del Regolamento, il criterio di competenza speciale
concorrente, consistente nel forum destinatae solutionis dell’obbligazione dedotta in giudizio, è
dunque il Foro della consegna della merce.
Per decidere sulla propria competenza, questo giudice deve, dunque, solo individuare quale sia il
luogo della consegna della merce.
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L’interpretazione letterale della lettera b) dell’art. 5 n. 1 conduce il giudice ad individuare il luogo
di consegna in quello in cui la merce entra nella disponibilità materiale dell’acquirente e quindi, nel
caso di specie, nella luogo della sede della società in Francia, dove la merce è stata inviata
dall’attrice, come si evince dai documenti di trasporto dalla stessa AQUAFIL dimessi in giudizio.
Senonchè si deve osservare che il termine “consegna” ha sovente, nel linguaggio giuridico, un
significato diverso da quello che esso ha nel linguaggio comune. Va, in particolare, evidenziato che
proprio in materia di vendita internazionale di merci, qual è quella in oggetto, il termine consegna
ha un significato giuridico “convenzionale” diverso dal significato letterale.
La vendita internazionale di merci è infatti regolata dalla Convenzione di Vienna delle Nazioni
Unite ratificata con Legge 11 dicembre 1985, n.765 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1988 (di
seguito: Convenzione di Vienna), più volte richiamata da parte opposta, la quale Convenzione ha
introdotto un diritto uniforme di carattere materiale –in ciò si concorda con le sentenze citata da
ARCONVERT-.
In base all’art. art. 31 lett. a) della convenzione di Vienna, l’obbligazione di consegna del venditore,
quando il contratto implica un trasporto di merci, si esegue con la consegna della merce al
trasportatore; la regola coincide con quella del codice civile italiano in caso di vendita da “piazza a
piazza” ( art. 1510 secondo comma C.C.).
Stando alla Convenzione di Vienna ed al codice civile italiano, il luogo di consegna della merce,
inviata da ARCONVERT ad EUROFLASH, sarebbe dunque in Italia, perché in Italia
ARCONVERT consegnò la merce al trasportatore.
Va, inoltre, incidentalmente, osservato che, in base alla stessa Convenzione di Vienna, sempre in
Italia andrebbe individuato il luogo di esecuzione della obbligazione di pagamento del prezzo e ciò
in base all’art. 55 lett. a) della stessa convenzione, la cui previsione è conforme all’art. 1182 terzo
comma C.C. italiano.
In tale contesto normativo, spetta al giudice stabilire se il Regolamento, quando introduce la regola
della competenza contrattuale legata al luogo di consegna della merce, intenda stabilire un concetto
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autonomo di consegna, conforme al significato letterale della parola, ovvero indichi un concetto
giuridico suscettibile di diversa interpretazione secondo le leggi nazionali ovvero secondo la
Convenzione di diritto materiale uniforme di Vienna.
Per questa seconda ipotesi, si dovrebbe anche chiarire se il giudice, ai soli fini della determinazione
della competenza giurisdizionale, debba compiere quella stessa operazione logica, propugnata dalla
Corte di Giustizia vigente la Convenzione di Bruxelles (sentenze: Tessili, Custom Made
Commercial e Groupe Concorde cit) e cioè l’individuazione, in base alle norme di conflitto, della
legge che disciplina l’obbligazione di consegna della merce.
Tale questione, che è stata seppur sommariamente trattata in corso di causa, va risolta da questo
giudice, perché essa non può non esser sottoposta all’interpretazione pregiudiziale della Corte di
Giustizia, alla quale è sottratta –in subiecta materia- non solo la richiesta di rinvio pregiudiziale del
giudice di prima istanza –come avviene anche in base al protocollo del 3 giugno 1971 sulla
interpretazione della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 - ma anche quella del giudice
superiore che non sia giudice di ultima istanza (cfr. art. 68 del Trattato, più restrittivo dell’art. 234
dello stesso Trattato).
Ritiene questo giudice che la soluzione della questione dipenda dall’interpretazione del
Regolamento quale fonte di diritto comunitario.
A favore della tesi contraria al “concetto autonomo” di luogo di consegna, contenuto nel
Regolamento, è possibile portare un argomento giuridico ed uno di ragionevolezza.
Sotto il profilo giuridico va osservato che, in base al diciannovesimo “considerando” del
Regolamento deve essere garantita una “continuità interpretativa” tra la Convenzione ed il
Regolamento stesso.
In un’ottica di continuità interpretativa si potrebbe trasporre la giurisprudenza elaborata dalla Corte
di Giustizia con riferimento al luogo di esecuzione dell’obbligazione (sentenze: Tessili, Custode
made e Groupe Concorde cit.) anche al luogo di consegna della merce e ciò sulla base della
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constatazione che, anche nella determinazione del luogo di consegna della merce, così come di
quello di esecuzione dell’obbligazione, è possibile rinvenire normative nazionali tra loro divergenti.
L’argomento ulteriore, di “ragionevolezza”, attiene alla “volontà del legislatore”. Sarebbe dunque
irragionevole che il Legislatore comunitario avesse adottato un concetto autonomo di “consegna”,
riferito al luogo in cui la merce entra nella disponibilità materiale dell’acquirente, scegliendo così,
ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale, un concetto di consegna della merce
contrastante con la disciplina materiale -contenuta nella Convenzione di Vienna- normalmente
applicabile, nel merito, alla stessa controversia.
Tali argomenti sono però superati da ragionamenti ermeneutici di segno contrario.
Va, innanzitutto, osservato che il “il principio di continuità interpretativa” tra Convenzione e
Regolamento, se vale per le norme trasfuse dal Trattato all’atto comunitario, non può valere per le
innovazioni normative.
E’ indubbio, perché si evince dai lavori della Commissione 99/348 per la revisione della
Convenzione di Bruxelles, che la previsione della lett. b) dell’art. 5 n.. 1 fu introdotta proprio al
fine di creare una “discontinuità” regolamentare rispetto alla giurisprudenza della Corte di Giustizia
in materia di luogo di esecuzione delle obbligazioni” e risolvere, quindi, le complessità connesse al
procedimento logico di individuazione del giudice competente in materia di contratto.
Nell’ottica della “continuità interpretativa”, non è quindi alla giurisprudenza sopra citata (Tessili,
Custom made e Groupe Concorde) della Corte che si deve fare riferimento ma ad altra
giurisprudenza della stessa Corte -relativa ai principi sottesi alla Convenzione di Bruxelles- utile
anche per interpretare la novità normativa.
Va, dunque, ricordato, a sostegno dell’interpretazione autonoma, che la Corte di Giustizia ha
sempre propugnato, “nei limiti del possibile”, un’ interpretazione autonoma delle norme della
Convenzione di Bruxelles “in modo da garantire a questa piena efficacia conformemente agli scopi
dell’art. 220 del Trattato CE (divenuto art. 293 CE), ai sensi del quale la Convenzione è stata
stipulata (Corte di Giustizia CE, sentenza 13 Luglio 1993, Mulox IBC, C-125/92, Racc., I-4075,
15
punto 10)
La stessa Corte di Giustizia ha, inoltre, ripetutamente affermato che il principio della certezza del
diritto costituisce uno degli obbiettivi della Convenzione di Bruxelles (Corte di Giustizia CE,
sentenza 20 gennaio 1994, Owens Bank, C-129/92, I-117, punto 31) e che questo principio richiede
in particolare che le norme di competenza che derogano al principio generale del forum rei, quali
l’art. 5 punto 1, siano interpretate in modo da consentire ad un convenuto normalmente accorto di
prevedere ragionevolmente dinanzi a quale giudice, diverso da quello dello Stato del proprio
domicilio, potrà essere citato (Corte di Giustizia CE, sentenza 17 Giugno 1992, Handte, C-261/91,
Racc., I-3967, punto 18).
Alla luce della giurisprudenza citata, si deve ritenere che, con la comunitarizzazione delle regole di
diritto processuale uniforme, già contenute nella Convenzione di Bruxelles, il Legislatore
comunitario abbia voluto rafforzare quelle esigenze di certezza e di prevedibilità del diritto
processuale europeo.
A comprova del fatto che, certezza del diritto e prevedibilità del Foro, costituiscano la ratio che ha
guidato il legislatore comunitario nell’introduzione della lett. b) dell’art. 5 comma 1, si vedano: il
“considerando” n. 3 del Regolamento che indica tra gli obbiettivi dell’intervento normativo quello
di “unificare le norme sui conflitti di competenza in materia civile e commerciale” ed il
considerando n. 11, per il quale: “Le norme sulla competenza devono presentare un alto grado di
prevedibilità”.
E’ dunque in base alla stessa fonte del diritto comunitario ed alla giurisprudenza della Corte di
Giustizia elaborata con riferimento alla Convenzione di Bruxelles –giusto il richiamato principio
“continuità interpretativa”- che va ricercata l’interpretazione del nuovo art. 5 n. 1 lett b) del
Regolamento quale interpretazione autonoma, che serva a semplificare le regole sulla competenza,
in ragione di certezza e prevedibilità della loro applicazione.
Il riferimento alla Convenzione di Vienna del 1980, richiamato dall’attore, per quanto suggestivo,
non può dunque servire ai fini dell’interpretazione del Regolamento.
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Essa potrebbe, in astratto, trovare spazio con riguardo alla Convenzione di Bruxelles, che è pur
sempre un trattato di diritto internazionale, come tale soggetto alle norme di diritto internazione e
quindi anche alla Convenzione di Vienna del 1969 sulla interpretazione dei Trattati e di questa
all’art. 31, a mente del quale l’interpretazione del trattato deve essere effettuata tenendo conto di
any relevant rules of international law applicable in the relations between the parties , ovvero di
ogni altra regola che, disciplinando il settore, possa incidere nell’ambito di operatività del Trattato.
Il Regolamento, invece, per quanto sia stato adottato in base alla particolare fonte di competenza
comunitaria prevista dall’art. 65 del Trattato CE, inserita con il Trattato di Amsterdam, è pur sempre
un atto normativo emanato da un’ Istituzione comunitaria, come tale dotato di supremazia rispetto al
diritto interno ed a quello convenzionale.
All’interno del diritto comunitario vanno pertanto ricercate la chiavi interpretative del diritto
regolamentare.
In definitiva, l’espressione “luogo di consegna” contenuta nell’art. 5 lett. b) del Regolamento deve
essere interpretata in via autonoma, per rispondere a quelle esigenze di certezza del diritto e di
prevedibilità della competenza che ne costituiscono il fondamento.
All’interno del diritto comunitario non è possibile rinvenire una nozione materiale di “consegna
della merce nel contratto di compravendita” utile all’attività ermeneutica di tipo “sistematico”.
Non resta quindi che l’interpretazione letterale che porta ad individuare il luogo di consegna in
quello in cui la merce perviene nella disponibilità materiale del destinatario, luogo che di regola
coinciderà con il domicilio del convenuto, in conformità con il considerando numero 11 del
Regolamento.
Residua un unico dubbio legato al principio di “effettività” della regola, al principio cioè, sancito
nel “considerando” n. 12 del Regolamento, in base al quale i “fori alternativi” dovrebbero essere
“ammessi in base al collegamento stretto tra l’organo giurisdizionale e la controversia”.
In materia di compravendita di merci da “piazza a piazza”, il diritto uniforme della Convenzione di
Vienna e la stessa legge italiana suggeriscono che il collegamento tra territorio e luogo di
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esecuzione delle obbligazioni è dato dalla sede del venditore, dal luogo cioè in cui viene
ordinariamente consegnata la merce al vettore ed in cui va pagato il corrispettivo pecuniario.
L’interpretazione autonoma della lettera b) dell’art. 5 numero 1 del Regolamento fa, dunque, sì che
il luogo di consegna della merce, stabilito ai fini della competenza giurisdizionale, sarà spesso
diverso dal luogo di esecuzione del contratto in base al diritto materiale applicabile.
Tale osservazione, tuttavia, non attiene all’interpretazione del Regolamento che, come sopra
chiarito, è guidata da altri canoni ermeneutici ma alla scelta discrezionale del Legislatore
comunitario nell’individuazione del “collegamento stretto tra l’organo giurisdizionale e la
controversia”. Tale scelta discrezionale è, però, sottratta al sindacato del giudice.
Nel caso di specie lo Stato membro di consegna della merce è dunque la Repubblica Francese.
Va pertanto dichiarata l’incompetenza giurisdizionale del giudice italiano a conoscere della
controversia.
� Né valgono ad affermare la competenza giurisdizionale del giudice italiano le ulteriori
ragioni sostenute da ARCONVERT e fondate sull’art. 23 del Regolamento che disciplina la
proroga della competenza, ossia il caso in cui le parti “abbiano attribuito la competenza di
un giudice di uno Stato membro a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un
determinato rapporto giuridico”.
Si deve osservare che la questione della proroga della competenza, ove fondata, renderebbe
superflua tutta la motivazione della decisione che precede e ciò perché la Corte di Giustizia ha
affermato, con riferimento all’art. 17 della Convenzione di Bruxelles –il cui contenuto è stato
riprodotto nell’art. 23 del Regolamento-, che la proroga convenzionale della competenza esclude sia
la competenza determinata dal principio generale del Foro del convenuto, sancita dall’art. 2, sia le
competenze speciali di cui all’art. 5 (Corte di Giustizia, 20 Febbraio 1997, causa C-106/95,
Mainschiffahrts-Genossenschaft eb (MSG) v. Les Gravihres Rhinanes SARL, in Raccolta, 1997, p.
I-911 e pubblicata alla pagina web: http://cisgw3.law.pace.edu/cases/970220eu.html).
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La tesi sostenuta da ARCONVERT è però infondata. Questa società afferma che l’indicazione, nelle
condizioni generale di vendita poste in calce alla conferma d’ordine (docc. 1, 2 e 3 allegati al
decreto ingiuntivo), del Tribunale di Rovereto quale Foro avente giurisdizione esclusiva valga, ai
sensi dell’art. 23 del Regolamento, a stabilire una competenza giurisdizionale esclusiva in favore
del giudice italiano.
Mancando un accordo scritto sulla proroga di competenza, ARCONVERT sostiene l’applicabilità:
- della lettera b) dell’art. 23 che richiama la clausola attributiva della competenza esclusiva che
sia conclusa in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra loro;
- nonché la lettera c) della stessa norma la quale acconsente che tale conclusione avvenga nel
commercio internazionale in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o
avrebbero dovuto conoscere e che, in tale campo, è ampiamente conosciuto e regolarmente
rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo nel ramo commerciale considerato.
Orbene quanto alla applicabilità della lettera b) essa è esclusa dalla considerazione che si trattava
pacificamente del primo rapporto contrattuale tra le due società, con la conseguenza che non è
possibile nemmeno ipotizzare l’esistenza di una “pratica” tra le due parti; su tale punto si tornerà
infra.
Quanto alla lettera C), gli argomenti portati da ARCONVERT circa l’esistenza di un uso
commerciale non servono alla sua tesi.
Riferisce dunque ARCONVERT, nella memoria di replica alla comparsa conclusionale, che,
secondo la dottrina italo-francese che si occupa di contrattualistica commerciale, la questione
“dell’applicabilità delle condizioni generali di vendita è legata alla corrispondenza a forme
necessarie a renderla parte integrante del contratto” e soggiunge che “tale principio dottrinale (..)
riconosce l’operatività delle condizioni generali a condizione della loro effettiva conoscenza ed
accettazione da parte del compratore: le condizioni generali di vendita devono essere note alle
controparte al momento della conclusione del contratto, devono essere evidenziate all’interno del
contratto e devono essere chiaramente leggibili”.
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La menzionata tesi, a ben vedere, esclude che si possa ricorrere ad “una forma ammessa dall’uso”
nella conclusione del contratto perché presuppone -con interpretazione assai rigorosa delle regole di
conclusione del contratto nei traffici internazionali, nella specie italo francesi- che le clausole
generali di contratto siano non solo portate a conoscenza della controparte ma addirittura
“evidenziate all’interno del contratto” e quindi accettate dal contraente destinatario della proposta..
Tale interpretazione delle regole di conclusione del contratto è addirittura più rigorosa di quella
maturata in applicazione della Convenzione di Vienna, più volte menzionata dalla stessa parte
convenuta: la giurisprudenza (V. AG Nordhorm, 14 Giugno 1994, pubblicata alla pagina web
http://www.cisg-online.ch/cisg/urteile/259.htm), nell’interpretare gli artt. 8 e 14 e ss. della
Convenzione ha, invero, ritenuto che possano considerarsi parte integrante della proposta
contrattuale le condizioni generali di contratto stampate a tergo di un formulario d’ordine che rechi
sulla pagina anteriore un riferimento espresso alle stesse condizioni. La giurisprudenza menzionata
ritiene pertanto che, ai fini della completezza della proposta contrattuale, non sia necessario che le
condizioni generali siano “evidenziate” all’interno del contratto –come opina ARCONVERT- ma
reputa invece sufficiente un richiamo nel testo della proposta contrattuale del documento che le
contiene, purché tale documento sia reso accessibile al destinatario della proposta (v.
Bundesgerichtshof, 31 ottobre 2001, pubblicata alla pagina web http://www.cisg-
online.ch/cisg/urteile/617.htm).
Nel caso di specie non vi è nessun dubbio sul fatto che le condizioni generali di contratto, stampate
in calce alla conferma d’ordine, siano state portate a conoscenza di EUROFLASH, visto e
considerato che la stessa società opponente ammette di avere ricevuto la conferma d’ordine (pagina
dell’atto di citazione in opposizione).
Il punto è però un altro e cioè che, sebbene conosciute, quelle condizioni generali di contratto non
furono accettate da EUROFLASH..
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L’accordo sulle condizioni generali di contratto, per la stessa prospettazione attorea così come per la
Convenzione di Vienna (artt. 14 e ss. ed il codice civile italiano (art. 1326 C.C.) presuppone una
proposta ed un accettazione.
Ne consegue che la parte che prende l’iniziativa (il “proponente”) – la quale soprattutto nel
commercio internazionale spesso cerca di includere le proprie condizioni generali di contratto nel
contenuto dell’accordo- quando collochi tali condizioni generali in calce o a tergo dell’ordine
ovvero in un documento allegato e richiamato nel testo della proposta, potrà sostenere che tali
clausole generali siano state accettate, purché riceva una conferma d’ordine ovvero dimostri
l’esistenza di un’altra forma di accettazione ammessa dagli usi.
Nel caso in esame, però, le condizioni generali di contratto sono state apposte non sull’ordine –la
proposta contrattuale- ma sull’accettazione - la conferma d’ordine-; esse, secondo le regole che
governano la conclusione del contratto, valgono come nuova proposta (1326 u.c. C.C. e art. 19 della
Convenzione di Vienna).
Ebbene, non risulta che esse siano state successivamente accettate da EUROFLASH.
Tale successiva accettazione non può certo essere desunta, come sembra voler affermare
ARCONVERT, dalla conoscenza delle condizioni generali di contratto da parte della società
francese, perché la conoscenza, o meglio la conoscibilità (vedi art. 8 comma 1 della Convenzione di
Vienna) è il presupposto per una consapevole accettazione; ma un’accettazione vi deve pur essere.
Tale accettazione, nel caso in esame, non può nemmeno essere desunta dal comportamento di
EUROFLASH.
Dall’ampia documentazione dimessa dalla società opponente (2-7) emerge infatti che questa
condusse le trattative non direttamente con ARCONVERT ma con l’agente francese della società
trentina, e cioè con la società ALT con sede in La Garenne Colombes, 29 Rue Camion (FR); risulta,
inoltre, dalla lettura del documento 2 depositato da ARCONVERT nella causa di opposizione che
addirittura l’ordine fu inviato ad ARCONVERT da ALT su incarico del cliente finale. Risulta poi
che anche la fase di esecuzione del contratto, e precisamente quella relativa alla denunzia dei vizi e
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gestione iniziale del contenzioso, sia stata caratterizzata da scambi epistolari tra EUROFLASH ed
ALT (docc.10-14) e ciò fino alla decisione di EUROFLASH di distruggere la merce, decisione
comunicata direttamente ad ARCONVERT (doc. 15 del fascicolo dell’opponente).
In tale contesto di rapporti contrattuali, la conferma d’ordine inviata da ARCONVERT direttamente
ad EUROFLASH, con aggiunta delle condizioni generali di contratto, è rimasta un atto isolato.
Tale ragionamento non vuole escludere che l’apposizione di condizioni generali di contratto in calce
alla conferma d’ordine non sia conforme ad un uso commerciale; esso significa soltanto che
ARCONVERT, mentre pretende un accettazione inequivoca di tali condizioni, non ha né allegato né
dimostrato l’esistenza di un uso siffatto nell’accettazione delle condizioni generali di contratto nel
settore commerciale in cui operano le odierne contendenti. .
Si deve peraltro osservare che ben difficilmente ARCONVERT avrebbe potuto convincere il
giudice dell’esistenza di un tale uso e ciò alla luce della giurisprudenza elaborata dalla Corte di
Giustizia con riferimento alle corrispondenti norme contenute nella Convenzione di Bruxelles.
Giova rammentare che la Corte di Lussemburgo, nell’interpretare l’art. 17 della Convenzione di
Bruxelles, ha sì ritenuto la validità di un uso relativo alla conclusione del contratto in presenza di
clausole di proroga di competenza contenute in fatture, condizioni generali di vendita, conferme
d’ordine, purché tali documenti siano emessi nell’ambito di un rapporto commerciale continuato o
consolidato, in guisa che il soggetto non predisponente, che già in passato avesse eseguito la
prestazione senza contestare la clausola di proroga, non possa in buona fede negare l’esistenza di
una proroga di competenza (Corte di Giustizia, 14 Dicembre 1976, causa 25/76, Galeries Segoura
SPRL. c. Società Rahim Bonakdarian, in raccolta, 1976 p. 1851; nello stesso senso: Corte di
Giustizia, 19 Giungo 1984, causa 71/83, Partenreederei ms Tilly Russ ja Ernest Russ v NV Haven-
& Vervoerbedrijf Nova NV Gemine Hout, in Raccolta, 1984, 2417).
In tal senso si è espressa anche la Suprema Corte di Cassazione italiana a sezioni unite con la
decisione n.4625 del 26 Aprile 1995 (che richiama la sentenza della Corte di Giustizia Galeries
Segoura S.P.R.L. cit.), con la quale ha ritenuto che la proroga della competenza, ai sensi della
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Convenzione di Bruxelles, è valida anche nei casi in cui il contratto sia concluso a mezzo di
accettazione tacita mediante la sua esecuzione –e quindi non in forma scritta- purchè il “rapporto sia
stato preceduto da operazioni commerciali in cui la clausola risulti regolarmente accettata per
iscritto e costantemente applicata”.
In definitiva ARCONVERT non ha né allegato né dimostrato l’uso vigente nel commercio
internazionale ma non ha nemmeno –né avrebbe potuto, trattandosi di primo rapporto contrattuale-
dimostrato che le clausole di proroga della competenza contenute della conferma d’ordine siano
state accettate da EUROFLASH in conformità agli usi correnti tra le parti ed alla luce di una lettura
del loro contegno contrattuale secondo buona fede.
� Quanto alla spese di lite, esse vanno integralmente compensate. Il giudice, è infatti,
consapevole che il proprio orientamento interpretativo dell’art. 5 del reg. 44/2001 è
contrastato da diverse letture della norma da parte di altri tribunali (si veda la giurisprudenza
padovana citata dallo stessa società opposta).
Il contrasto giurisprudenziale giustifica pertanto l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Dichiara il difetto di competenza giurisdizionale del giudice italiano; per l’effetto revoca il decreto
ingiuntivo opposto.
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Rovereto, 24 Agosto 2006
IL GIUDICE
(Dott. Luca PERILLI)