Sentenza Alessandria e Rosignano

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1 Medicina democratica Sezione di Livorno e della val di Cecina Solvay condannata ad Alessandria, pene lievi per disastro ambientale. E a Rosignano ? Dopo 4 anni di indagini e tre di processo, finalmente la Corte d’Assise di Alessandria ha pronunciato il giudizio definitivo su quattro dirigenti ex Montedison, poi passati a Solvay nel 2002, quando l multinazionale belga acquistò il grande sito industriale per pochi euro, continuando a sottovalutare il disastro ed omettere la bonifica, comminando loro 2 anni e mezzo di reclusione a testa. Medicina democratica, la parte civile al processo più attiva, si dice insoddisfatta, perché il reato è stato sminuito da “doloso” a “colposo”, mentre lo stesso PM aveva indicato il reato come “doloso”, chiedendo 127 anni di reclusione complessivi. Insomma, una sostanziale impunità per aver avvelenato le falde in un’area enorme con cromo esavalente e un’altra ventina di sostanze tossiche, e somministrando l’acqua inquinata perfino nella mensa aziendale. Una sentenza che non lascia sperare niente di buono neanche sul caso Rosignano, dove con il 1 gennaio 2016 il mare antistante la Solvay dovrebbe risultare di qualità “buono”, come prescrive l’Accordo di programma del 31.7.2003, e come ribadito dal patteggiamento ammesso dalla Procura di Livorno nel giugno 2013, chiesto dalla stessa Solvay. Che cosa ha fatto la Solvay negli ultimi dodici anni, ed in particolare negli ultimi due per raggiungere questo obiettivo ? Ci risulta che non abbia fatto proprio niente, come in parte ammette la stessa Arpat. Le sabbie bianche continuano ad essere scaricate in misura più che doppia rispetto a quanto previsto dall’Accordo, e con esse sostanze cancerogene come arsenico, cromo, zinco, piombo, cadmio a tonnellate, come ammesso dalla stessa Solvay nella dichiarazione PRTR all’Unione Europea del 2013. Riguardo lo scarico di mercurio, che è stato ridotto dal 2007 dietro finanziamento dello Stato a Solvay di 30 milioni di euro a fondo perduto, quello emesso in 70 anni di attività della vecchia elettrolisi è ancora tutto nei sedimenti della “spiagge bianche” (almeno 500 tonnellate), e Solvay continua ad emetterne tutt’oggi dalla sodiera: è stato rinvenuto da Arpat fino a Quercianella (Comune di Livorno, 10 km a nord dello stabilimento). Che cosa accadrà il 1° gennaio ? in un paese normale si dovrebbe sequestrare lo stabilimento, commissariarlo, sequestrare i prodotti ed imporre a Solvay la bonifica e il rispetto dell’Accordo del 2003. Ma l’Italia non è un paese normale, Rosignano tanto meno : si vedano le esternazioni del sindaco Franchi, poi “premiato” anche con la carica di Presidente della Provincia di Livorno, sulla stampa nell’ottobre 2014. Chiediamo al Procuratore Rizzo di farsi valere. 17.12.15 http://www.lastampa.it/2015/12/14/edizioni/alessandria/cromo-nelle-falde-dirigenti-di-ausimont-e- solvay-a-processo-ad-alessandria-quattro-condanne-j7QPKMUl0aZaWxa1uQfibL/pagina.html LA STAMPA 14/12/2015

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Medicina democratica

Sezione di Livorno e della val di Cecina

Solvay condannata ad Alessandria, pene lievi per disastro ambientale. E a Rosignano ?

Dopo 4 anni di indagini e tre di processo, finalmente la Corte d’Assise di Alessandria ha pronunciato il giudizio definitivo su quattro dirigenti ex Montedison, poi passati a Solvay nel 2002, quando l multinazionale belga acquistò il grande sito industriale per pochi euro, continuando a sottovalutare il disastro ed omettere la bonifica, comminando loro 2 anni e mezzo di reclusione a testa. Medicina democratica, la parte civile al processo più attiva, si dice insoddisfatta, perché il reato è stato sminuito da “doloso” a “colposo”, mentre lo stesso PM aveva indicato il reato come “doloso”, chiedendo 127 anni di reclusione complessivi. Insomma, una sostanziale impunità per aver avvelenato le falde in un’area enorme con cromo esavalente e un’altra ventina di sostanze tossiche, e somministrando l’acqua inquinata perfino nella mensa aziendale.

Una sentenza che non lascia sperare niente di buono neanche sul caso Rosignano, dove con il 1 gennaio 2016 il mare antistante la Solvay dovrebbe risultare di qualità “buono”, come prescrive l’Accordo di programma del 31.7.2003, e come ribadito dal patteggiamento ammesso dalla Procura di Livorno nel giugno 2013, chiesto dalla stessa Solvay.

Che cosa ha fatto la Solvay negli ultimi dodici anni, ed in particolare negli ultimi due per raggiungere questo obiettivo ? Ci risulta che non abbia fatto proprio niente, come in parte ammette la stessa Arpat. Le sabbie bianche continuano ad essere scaricate in misura più che doppia rispetto a quanto previsto dall’Accordo, e con esse sostanze cancerogene come arsenico, cromo, zinco, piombo, cadmio a tonnellate, come ammesso dalla stessa Solvay nella dichiarazione PRTR all’Unione Europea del 2013.

Riguardo lo scarico di mercurio, che è stato ridotto dal 2007 dietro finanziamento dello Stato a Solvay di 30 milioni di euro a fondo perduto, quello emesso in 70 anni di attività della vecchia elettrolisi è ancora tutto nei sedimenti della “spiagge bianche” (almeno 500 tonnellate), e Solvay continua ad emetterne tutt’oggi dalla sodiera: è stato rinvenuto da Arpat fino a Quercianella (Comune di Livorno, 10 km a nord dello stabilimento).

Che cosa accadrà il 1° gennaio ? in un paese normale si dovrebbe sequestrare lo stabilimento, commissariarlo, sequestrare i prodotti ed imporre a Solvay la bonifica e il rispetto dell’Accordo del 2003. Ma l’Italia non è un paese normale, Rosignano tanto meno : si vedano le esternazioni del sindaco Franchi, poi “premiato” anche con la carica di Presidente della Provincia di Livorno, sulla stampa nell’ottobre 2014.

Chiediamo al Procuratore Rizzo di farsi valere.

17.12.15

http://www.lastampa.it/2015/12/14/edizioni/alessandria/cromo-nelle-falde-dirigenti-di-ausimont-e-

solvay-a-processo-ad-alessandria-quattro-condanne-j7QPKMUl0aZaWxa1uQfibL/pagina.html

LA STAMPA 14/12/2015

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Cromo nelle falde, 8 dirigenti di Ausimont e

Solvay a processo ad Alessandria: quattro

condanne Il verdetto dopo quattro anni di indagini e tre di processo. Le condanne a due anni e sei

mesi ciascuno a Francesco Boncoraglio, Luigi Guarracino, Giorgio Carimati e Giorgio

Canti. Il reato è disastro colposo

Nella foto di Albino Neri per La Stampa l’ultima udienza di stamattina ad Alessandria SILVANA MOSSANO

ALESSANDRIA

Sono passati sette anni da quando nel sottosuolo del polo chimico di Spinetta Marengo, alle porte di Alessandria,

vennero scoperti cromo esavalente e più di venti altri sostanze tossiche. Oggi, dopo oltre cinquanta udienze, la

Corte d’Assise - che ha ascoltato tesi d’accusa (a sostegno dell’incriminazione di avvelenamento doloso delle

acque contestato a 8 dirigenti Ausimont e Solvay) e tesi a difesa (secondo cui le acque destinate a uso alimentare

non erano inquinate) -, ha inflitto ai manager imputati quattro condanne.

Condannati a due anni e sei mesi ciascuno: Francesco Boncoraglio, Luigi Guarracino, Giorgio Carimati e

Giorgio Canti. Il reato è disastro colposo.

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VLEFRE

Il pubblico ministero Riccardo Ghio aveva chiesto complessivamente 127 anni di reclusione, diversificati a

seconda dei ruoli. Lo stesso magistrato che,con Arpa e Noe, ha condotto la gigantesca inchiesta, è sempre stato

convinto che ci fu dolo nel nascondere la portata dell’avvelenamento delle falde di uno dei bacini idrici più

ricchi del Piemonte, per non dover fare una costosissima bonifica (che infatti non ci fu). Queste le condanne che

erano state chieste: 18 anni per Carlo Cogliati, Bernard De Laguiche, e Pierre Jacques Joris; 16 anni e 9 mesi per

Giorgio Carimati; 15 anni e 6 mesi per Salvatore Francesco Boncoraglio, Giorgio Canti, Luigi Guarracino; 10

anni a Giulio Tomasi. Le parti civili – per decine di persone che si sono ammalate di tumore o loro eredi -

condividono la tesi del pm. E il ministero dell’Ambiente ha chiesto un risarcimento di 100 milioni.

2) La Solvay, che per un tozzo di pane è subentrata nel 2002 alla Montedison, era a conoscenza (l’Ausimont aveva già presentato un piano di caratterizzazione evidenziante notevoli superamenti di cromo) della situazione pregressa della fabbrica addirittura beneficiando dei fondi regionali per la bonifica dei suoli.

3) La bonifica è stata fissata dalla Regione Piemonte (delibera luglio 2002) con grave sottovalutazione dell’indice di pericolosità perché l’azienda aveva nascosto i dati reali. Era per competenza affidata al Comune di Alessandria con la partecipazione tra gli altri di Provincia, Arpa e Asl. I pozzi vengono chiusi il 23 maggio 2008, sei anni dopo. Sarà cura della Procura accertare le responsabilità aziendali e amministrative - affidando le verifiche a enti esterni al territorio provinciale - per i controlli e interventi sottostimati, eventualmente omessi, taciuti, nascosti. Arpa, Asl, Comune, Provincia, Regione si rimpallano infatti le responsabilità.

4) Le responsabilità dovranno essere accertate anche per le rilevanti perdite di un vero e proprio fiume di acqua (300 metri cubi l’ora) dai 22 chilometri della fatiscente rete idrica interna, completamente di rifare, perdite conosciute, che avrebbero accelerato e alimentato il deflusso dei veleni in falda, perdite in corso da almeno due anni e non fronteggiate dalle effimere barriere idrauliche della Solvay. La quale preleva ben 33 milioni di metri (litri) di acqua l’anno, più del consumo dell’intera provincia (31 milioni), sia per le lavorazioni (9 milioni) che soprattutto per il raffreddamento delle produzioni (22 milioni).

5) Ausimont e Solvay hanno – dolosamente – nascosto e falsificato i dati agli Enti pubblici. È una giustificazione penale ma non politica per Provincia & C. Tutti i controlli erano possibili anche prima delle più recenti normative ambientali, a maggior ragione per le risapute denunce pubbliche. La Provincia accusa l’Arpa di aver trasmesso i dati solo il 14 maggio 2008. Incredibile. A sua volta l’Arpa accusa che i suoi studi 2007 sono stati ignorati. Come i risultati dell’ispezione Asl nel 2006 (multa di… 35 mila euro) quando il cromo da oltre un anno trasudava dai pavimenti e dai muri di tre palazzine (1.500 microgrammi/litro?!). Nota bene: pur avendo l’Arpa rilevato dal 2002 al 2006 “cromo totale” nei terreni della Fraschetta, gli enti pubblici non hanno mai commissionato l’accertamento del “cromo esavalente” (ma l’Arpa l’ha richiesto?).

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Anzi, la stessa Arpa viene accusata di averlo rilevato tra il 2003 e il 2004 (ma allora l’ha nascosto?). C’è di peggio nel rimpallo delle responsabilità: il Comune di Alessandria afferma che con ordinanza 2005 impegnava sul cromo esavalente Arpa e Regione, le quali negano di averla mai ricevuta. E’ tutta una matassa di rimpalli che dovrà essere districata dalla Magistratura.

6) La Solvay, subentrata a prezzi stracciati a Montedison, oltre a sopportare i costi della bonifica in toto, dovrà essere chiamata in solido per i risarcimenti. Chi inquina, paghi! Ha bilanci floridi e utili stratosferici. Gli enti pubblici devono costituirsi parte civile.

7) La multinazionale belga dovrà risarcire i dipendenti se saranno messi in cassa integrazione per le perdite salariali, e risarcire la stessa INPS. (Post scriptum: di fronte a questa minaccia, Solvay ha fatto marcia indietro e rinunciato alla CIG)

8) I risarcimenti si riferiscono non solo ai danni sociali ed economici ai privati e alle aziende agricole, ma soprattutto ai danni alla salute passati, presenti e futuri per l’avvelenamento del suolo e delle acque. Danni che comprendono la Fraschetta, entro cui scorre il fiume Bormida che riceve le falde contaminate.

9) L’avvelenamento va accertato in un’area gigantesca (ben oltre i 10 chilometri quadri iniziali) non solo per il cromo esavalente ma anche per gli altri veleni sversati nei decenni per le lavorazioni dei pigmenti e dei clorofluorocarburi che stanno percolando verso la falda più profonda. L’Arpa afferma di aver trasmesso le segnalazioni alla Procura es. 2002 -2003. Urgono carotaggi e analisi dei depositi nascosti sotto gli impianti, nel bunker antiaereo e nelle colline artificiali attorno. Urge una bonifica radicale, asportando il terreno inquinato a grandi profondità e su un’area gigantesca. Il monitoraggio va esteso a tutta la Fraschetta. Urgono indagini epidemiologiche. Gli oneri a carico di Solvay.

10) Non è vero che i consumatori di questa area intensamente agricola possono stare tranquilli. Neppure dei prodotti della Paglieri. La Procura dovrà, ad esempio, verificare se è vero che il pozzo 7

in cui sono stati riscontrati 93 microgrammi per litro di cromo nella mega azienda agricola Pederbona non era mai stato utilizzato per abbeverare il bestiame da carne e latte.

11) Se anche fosse vero che questo e altre decine di pozzi erano stati usati solo per scopo irriguo, il cromo tossico e cancerogeno è entrato comunque nella catena alimentare tramite foraggio, carni, latte, verdure ecc.

12) Nei pozzi interni alla fabbrica sono stati riscontrati anche 400 microgrammi/litro di cromo. Addirittura Solvay forniva con i propri pozzi gli abitanti di Spinetta Marengo che utilizzavano l’acqua per usi domestici e per irrigare campi e orti e abbeverare bestiame. Per non parlare dei lavoratori che a migliaia ciascuno per decenni hanno respirato e, in mensa e negli uffici, bevuto e mangiato cromo e non solo. Per non parlare della strage degli operai del reparto Bicromati (cromo e piombo), la famosa tribù dei nasi forati”.

13) Sono stati, malgrado le polemiche che sollevammo, buttati via miliardi di soldi pubblici per progetti (Linfa) che non hanno accertato nulla del disastro balzato alla cronaca.

14) Viceversa Regione, Provincia e Comune non hanno mai voluto realizzare l’Osservatorio ambientale della Fraschetta, che rivendichiamo da venti anni non come delega agli enti pubblici bensì come strumento di democrazia diretta, unica garanzia per le popolazioni a rischio.

15) La rivendicazione dell’Osservatorio è quanto mai attuale perché se è vero che la drammatica situazione delle falde non è in toto dovuta all’attività in corso alla Solvay, però il polo spinettese resta ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale e non solo oggetto anche di recente ad esposti in magistratura per inquinamenti atmosferici. Il polo chimico (Solvay, Arkema, Edison) è un sito inquinato di interesse nazionale che, nella Fraschetta, si aggiunge a quelli dell’Ecolibarna di Serravalle Scrivia e della discarica Barco a Castellazzo Bormida ( 3 su 4 in provincia, 3 su 7 in Piemonte).

Così scrivemmo nell’esposto alla Procura della Repubblica. A cinque anni dallo scoppio dello scandalo cromo & C., il gravissimo inquinamento del suolo e delle acque nell’avvelenatissima (anche nell’aria) zona Fraschetta di Alessandria è stato tutt'altro che affrontato e risolto. Fu fatto un famigeratissimo piano di bonifica AMAG benedetto tanto dal Comune che dalla Provincia, ora disconosciuto da entrambi. Denunciammo immediatamente all’opinione pubblica che si trattava di un piano faraonico, dal finanziamento incerto, per un costo già sottostimato a 52 milioni di euro

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ma, come sempre nelle grandi opere, destinato a lievitare negli anni, senza contare poi gli enormi oneri di gestione e di smaltimento. Un business che, invece di eliminare gli inquinanti all’origine ………………..

Medicina Democratica sulla sentenza Solvay di

Spinetta Marengo.

Pubblicato da: Fausta Dal Monte Pubblicato il: dicembre 15, 2015 In: News, Attualità, Cronaca | Commenti

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15.12.15 Riceviamo e pubblichiamo:

“E’ giustamente collocata fra le tante nel libro “Ambiente Delitto Perfetto”. Cosa potevi

aspettarti di più da Alessandria rispetto alla consolidata giustizia in materia ambientale in

Italia? Nulla. Nulla di nuovo tra Tanaro e Bormida: confermerebbe Umberto Eco.

La sentenza del processo Solvay di Spinetta Marengo è deludente e preoccupante. Deludente per le

parti civili vittime dell’ecocidio che esigeva condanne e risarcimenti severi. Preoccupante per gli

abitanti della Fraschetta, consapevoli che soltanto una costosissima bonifica del territorio potrà

scongiurare un futuro di indagini epidemiologiche con sempre più morti e malattie. Deludente e

preoccupante anche per le innumerevoli comunità italiane che proprio dalla Magistratura di

Alessandria attendevano una coraggiosa inversione di tendenza alle sentenze (Eternit,

Thyssenkrupp, Bussi, ecc.) che hanno scandalizzato l’universo ecologista e aperto un vasto dibattito

sulla Giustizia in materia ambientale per la loro sostanziale impunità tramite la derubricazione dei

reati dal pesante dolo alla lieve colpa e le prescrizioni, per non dire delle assoluzioni. Tutte le

aspettative, deluse ad Alessandria, ruotavano attorno all’ormai famoso articolo 439 del codice

penale che condanna la consapevolezza del delitto contro la collettività, il dolo appunto: “Chiunque

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avvelena acque destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per consumo, è

punito con la reclusione non inferiore a…”. Da 10 a 18 anni ha chiesto il Pubblico Ministero per gli

8 imputati. E non un paio di anni, quasi prescritti, come…per aver attraversato con il rosso. Sono

infatti almeno 21 le sostanze tossiche e cancerogene prima scaricate di nascosto in falda e poi

addirittura omesse di bonifica. Una bonifica che necessiterebbe un risarcimento miliardario. Gli

occhi del mondo penale e ambientalista sono rimasti per 7 anni puntati sul tribunale di Alessandria,

3 anni in Corte di Assise, dove la battaglia in campo dottrinale è stata esaltata dagli enormi interessi

economici in gioco, in vista di una sentenza di possibile portata storica in campo giudiziario. In

questi 7 anni, invece, gli occhi delle vittime hanno pianto testimoniando in aula e non pochi si sono

nel frattempo spenti in attesa di giustizia. Noi, che in tribunale ci siamo battuti più di ogni altro,

possiamo dire che oggi i più deboli hanno ottenuto giustizia? Non possiamo. Lo lasciamo dire agli

avvocati, come ai politici che alle elezioni vincono tutti. Nell’aula campeggia la fatidica scritta “La

legge è uguale per tutti” che altrimenti interpretò Raffaele Guariniello: “Sono stato nella

Magistratura per decenni e ho cercato di fare il bene dei più deboli.

Medicina democratica Sezione provinciale di Alessandria.”

Fatto quotidiano di David Evangelisti | 20 ottobre 2014

Secondo la relazione lo stato chimico dell'acqua "non è buono". L'area di

influenza è su un tratto di costa lungo circa 7 chilometri chilometri, da

Castiglioncello a Rosignano

di David Evangelisti | 20 ottobre 2014

“Uno stato chimico non buono” a causa di un’eccessiva concentrazione

di mercurio e tributilstagno: è la diagnosi chel’Arpa Toscana ha fatto per

un tratto di mare nell’area di fronte a Rosignano Solvay, dove si trovano le

Spiagge bianche, meta ogni estate di migliaia di bagnanti malgrado il divieto di

balneazione per la vicinanza dello stabilimento chimico Solvay. E l’esito della

relazione dell’Arpat si riferisce proprio alla “Qualità delle acque marino costiere

prospicienti lo scarico Solvay”. Nel dossier redatto su richiesta del ministero

dell’Ambiente si accendono ancora una volta i riflettori sullo stabilimento

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chimico (produzione di carbonato di sodio, circa 800 dipendenti) della

multinazionale, bersaglio da anni degli attacchi degli ambientalisti (secondo

alcune fonti, dal 1912 sono state scaricate in mare circa 13 milioni di tonnellate di

solidi sospesi) e recentemente al centro di indagini giudiziarie, proprio per un

problema di scarichi ritenuti fuori norma.

Secondo il rapporto dell’Arpat l’anomala concentrazione di mercurio sarebbe da

imputare “in maniera determinante” alla vicinanza dello stabilimento. Discorso

diverso invece per la concentrazione del tributilstagno “che non sembra

ascrivibile allo scarico Solvay”. Il quadro delineato – aggiunge comunque

l’Arpat – si ripresenta anche “per gran parte degli altri corpi idrici della costa

toscana, ad esclusione della Costa dell’Argentario“. Non sono però soltanto le

Spiagge Bianche (caraibiche per modo dire: il colore della sabbia è generato dai

reflui della produzione scaricati a mare) a risentire della vicinanza degli impianti

Solvay: le numerose mappature sulla “presenza di una contaminazione da

mercurio nei sedimenti” realizzate negli anni passati evidenziano infatti come

“l’area d’influenza” dello scarico si estenda a nord-ovest fino a Castiglioncello,

la cosiddetta perla del Tirreno, località balneare un tempo meta di attori e

registi.

Nel dossier si definisce comunque “buono” lo “stato ecologico” ma soprattutto si

evidenziano “livelli di tossicità assente o trascurabile”. Lo studio ricorda però

come la prateria di Posidonia oceanica abbia subito nel tempo “una regressione

verso il largo del proprio limite superiore causata dall’elevato apporto di

sedimenti presenti nello scarico”. Nessun allarmismo e nessun rischio tossicità

quindi, ma la guardia delle istituzioni locali resta alta: “Lo studio effettuato da

Arpat non dice cose nuove – dichiara a ilfattoquotidiano.it il sindaco Pd di

Rosignano Marittimo e presidente della Provincia di Livorno, Alessandro

Franchi – si tratta soltanto di un aggiornamento degli studi in corso. Viene

perciò confermato che non c’è quindi alcun rischio né dal punto di vista

sanitario, né da quello ambientale: stiamo parlando infatti soltanto di sedimenti

insabbiati che non generano alcun pericolo”. Franchi ricorda inoltre che “il

mercurio dagli anni Settanta non viene più scaricato in mare e che dal 2007 esso

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non fa più parte dei processi produttivi legati all’elettrolisi“. A tal proposito

è lo stesso rapporto a ricordare che le “celle a mercurio” sono state sostituite con

le “celle a membrana”. “Comune e Provincia – conclude il sindaco –

continueranno a vigilare con tutti i loro mezzi sulla questione”.