SEGNI E DISEGNI DELL’AGRO PONTINO architettura, città ......Insediamenti preistorici e...

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Documenti grafici di architettura e di ambiente

SEGNI E DISEGNI DELL’AGRO PONTINOarchitettura, città, territorio

Maria Martone

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Copyright © MMXIIARACNE editrice S.r.l.

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via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma

(06) 93781065

isbn 978–88–548–4938–9

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

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Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: giugno 2012

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Maria Martone

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DGA

Documenti grafici di architettura e di ambienteCollana diretta da Cesare Cundari

Comitato scientifico:Antonio AlmagroVito CardoneMario CentofantiCesare CundariMarco GaianiPaolo GiandebiaggiMario ManganaroGiuseppe Pagnano

Comitato editoriale: G. Cresciani, G.C. Cundari, M.R. Cundari, M. La Mantia (coord.)Traduzioni: Erika Young

Progetto grafico e copertina: Studio Anselmi - Napoli

In copertina: Piano Regolatore e di Ampliamento della città di Littoria, 1935

I volumi della collana sono sottoposti ad una procedura di revisione e valutazione da parte di un comitato di referee (blindpeer review)

CreditiSi ringraziano per avere, nel tempo, concesso le ricerche nei propri archivi:- la Biblioteca Comunale di Latina Aldo Manunzio;- l’Archivio di Stato di Latina;- il Consorzio di Bonifica dell’Agro Pontino;- il laboratorio Gis e Modellazione Numerica della Sapienza Università di Roma, Facoltà di Ingegneria Civile e Industrialesede di Latina. Un ringraziamento particolare va ai Proff. Giuseppe Bonifazi, Alberto Budoni e ai Colleghi della Facoltà di Ingegneria dellasede di Latina con i quali si è stabilita una continua collaborazione in ricerche e seminari di studio sul territorio pontino.

L’autore e l’editore sono a disposizione di coloro che ritenessero sottesi i propri diritti morali e/o di utilizzazione di opere oparti di opere ivi presenti.

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INDICE

PRESENTAZIONE 9Cesare Cundari

INTRODUZIONE 11

VERSO LA CONOSCENZA DEI LUOGHI. IL TERRITORIO DALLE ORIGINI AL XIX SECOLO 15La trasformazione del territorio da golfo a pianura. Insediamenti preistorici e protostoriciL’immagine del territorio in età romana. Le principali costruzioni ed infrastrutture Il Medioevo pontino. Alcuni esempi di insediamenti urbani e di architettureLe costruzioni tra il XVI ed il XVII secolo. Le torri costiereIl Settecento nell’Agro Pontino I processi di trasformazione fino al XIX secolo. Borgo Fogliano

L’AGRO PONTINO NELLE VEDUTE, NELLE CARTE E NEI DOCUMENTI D’ARCHIVIO DAL XVI AI PRIMI ANNI DEL XX SECOLO 57

Rappresentazione e progettazione del territorio pontino nei disegni di Leonardo da VinciLa Palus Pontina nelle Carte del Lazio del XVI secoloLa documentazione cartografica del territorio pontino nel XVII secoloI disegni di rilievo sullo stato paludoso nelle perizie del SettecentoRiche De Prony e le Carte dell’ Istituto Topografico Militare. Alcuni esempiLa pianura pontina bonificata nella cartografia del primo Novecento

LE TRASFORMAZIONI NEL XX SECOLO ATTRAVERSO UNA LETTURA DEI PAESAGGI 77Da un territorio boschivo ad una pianura a coltivazione agrariaLe nuove vie dell’acquaLa trasformazione dei laghi costieri. Il lago dei MonaciLe strade di attraversamento di un territorio bonificatoLa fondazione di nuovi centri urbani nella provincia di Latina. Disegni ed immagini di un territorio antropizzato

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APPENDICEIL RILIEVO PER LA DOCUMENTAZIONE. LA SEDE DELLA FACOLTÀ DI INGEGNERIA, EX DISTRETTO MILITARE 129

INDICE DEI NOMI 153

INDICE DEI LUOGHI 155

REFERENZE ICONOGRAFICHE 158

BIBLIOGRAFIA 161

SINTESI / ABSTRACTS 167

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PRESENTAZIONECesare Cundari

L’area Pontina è stata ed è oggetto di frequenti studi sotto mol-teplici aspetti, da quello paleontologico a quello delle città dinuova fondazione, aspetto quest’ultimo che si è collegato aipoderosi interventi di bonifica territoriale che sono stati rea-lizzati particolarmente nel corso dell’ultimo secolo.Negli ultimi lustri, la presenza a Latina di un polo dell’Uni-versità Sapienza ha certamente favorito il fiorire di iniziativedi studio e di ricerca di maggiore organicità; diverse sonostate, così, le convenzioni che negli ultimi anni sono state si-glate tra i vari enti territorialmente competenti e l’Universitàe che hanno visto integrarsi competenze diverse nella cono-scenza e documentazione di un territorio peraltro ricco di te-stimonianze, alquanto indagato ma sinora documentatosostanzialmente in maniera episodica.Nel corso degli ultimi anni, l’arch. Maria Martone, impegnataanche didatticamente presso quella sede dell’Università, hasvolto attività di ricerca sul territorio per la sua conoscenza eper la sua documentazione, con particolare riferimento alleesigenze connesse alla sua salvaguardia; l’attività ha riguar-dato l’indagine storico-iconografica come il rilievo di episodiarchitettonicamente rilevanti, l’indagine documentaria comela rappresentazione e la comunicazione virtuale; in questa at-tività l’Autore ha anche organizzato specifici seminari di stu-dio. Si è, così, progressivamente costituito il patrimonio diconoscenze e documentazione che viene presentato organica-mente (anche se con un rilevante sforzo di sintesi) nel presentevolume nel quale il territorio dell’Agro Pontino viene descrittocon l’ausilio di un robusto corpus iconografico.Dopo una introduzione nella quale l’Autore illustra i criterimetodologici seguiti nella ricerca, il volume si apre con unprimo capitolo nel quale si esamina il territorio nel lungo pe-riodo che va dalle origini al XIX secolo; non si può non con-dividere l’importanza di questa parte dello studio che consenteuna pur essenziale ricognizione delle fonti e delle testimo-nianze iconografiche relative ad un periodo d’interesse stra-tegico per l’antica configurazione dei luoghi non ancorainteressati da significativi interventi di trasformazione. Il ca-pitolo si conclude con una introduzione ai principali interventiche sono stati realizzati nel territorio soprattutto a partire dalXVI secolo. Nel capitolo seguente, l’arch. Martone, ripren-dendo l’analisi dell’iconografia dal XVI secolo, ne svolgeun’accurata disamina del territorio attraverso le principalifonti, iniziando dai disegni di Leonardo, proseguendo con lecarte del XVII secolo, esaminando l’apparato grafico delle pe-

PRESENTATIONCesare Cundari

Many aspects of the Pontine region have been repeatedly stud-ied including its palaeontology and new cities built during thehuge reclamation projects carried out mainly in the nineteenthcentury.In recent decades, the presence of the Latina sub branch ofRome Sapienza University has certainly boosted more inte-grated studies and researches: several agreements have beensigned between local authorities and the University and thishas led to the merger of different fields of learning which havestudied and documented this region and its extensive heritage.Although in the past many studies have been performed, theywere sporadic rather than organic in nature. In recent years the architect Maria Martone, a teacher at thesub branch of the university, has carried out studies to re-search and document this area, in particular the requirementsassociated with its safeguard; this study focuses on the historyand iconography of the region, for example the survey of im-portant architectural artefacts, and on documentary researchsuch as representation and virtual communication. Within theframework of these activities Martone has also organised spe-cific study seminars. Together with extensive iconographicmaterial, the enormous amount of data and documentationgradually collected over the years has been collated (althoughradically summarised) and published in this book describingthe Pontine Marshes.The introduction by the author presents the methodologicalcriteria used in the study. The first chapter focuses on the longhistory of the region from its origins to the nineteenth century.This part of the study is extremely important because it pro-vides a brief but incisive picture of the author’s iconographicsources and data relating to a strategically significant periodwhen the region had still not been extensively developed. Thechapter ends with a presentation of the main projects imple-mented in the region which began mainly in the sixteenth cen-tury and continued to the present day. In the next chapter Ms. Martone continues her study of six-teenth-century iconography. Her detailed research is basedon important sources, for example drawings by Leonardo, sev-enteenth-century maps, graphic works associated with inspec-tions carried out in the eighteenth century (preparatory tablesfor the first reclamation projects), the work by the MilitaryTopographic Institute and the early twentieth-century mapsproduced by the newly-created Military Geographical Insti-tute. This chapter illustrates the documentary importance of

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rizie del Settecento (propedeutiche ai primi interventi di bo-nifica), considerando l’attività dell’Istituto Topografico Mili-tare, concludendo con la documentazione cartografica delprimo Novecento, legata all’istituzione dell’Istituto Geogra-fico Militare. Questo capitolo restituisce integralmente il va-lore documentario del singolo elaborato grafico considerato ene esemplifica un adeguato utilizzo critico e comparativo perla conoscenza del territorio.Il capitolo successivo (il terzo) prende in esame le trasforma-zioni del territorio avvenute nel XX secolo attraverso la letturadei paesaggi, documentati nel tempo cartograficamente, ico-nograficamente e fotograficamente. Una parte significativadel capitolo è dedicata alla trasformazione dei laghi costierie, soprattutto, alla fondazione di nuovi centri urbani, una vi-cenda lunga che ha trasformato radicalmente l’Agro Pontinoe che è risultata rilevante ed avvincente anche nell’ambitodella storia dell’architettura moderna.Ai tre capitoli si aggiunge un’appendice che ospita i risultatidi una interessante esperienza di rilievo che ha visto coinvolti,nella lettura e nella documentazione della sede della propriaFacoltà gli studenti che, per alcuni anni, sono stati allievidell’Autore. Il volume propone nel suo complesso un percorsodi conoscenza sistematica e nel contempo stimolante di un ter-ritorio dalla storia plurimillenaria, fortemente trasformatonegli ultimi secoli, un percorso sostenuto particolarmentedalla documentazione iconografica e le cui parti testuali sonoquasi sempre finalizzate ad agevolare il lettore nella compren-sione delle immagini selezionate; uno dei suoi pregi è indub-biamente costituito dai criteri di selezione dei documentigrafici o iconografici il cui corpus concorre ad attestare l’im-pegno ed il rigore metodologico con la quale la lunga ricercaè stata svolta. Per la mia personale esperienza, questo volumepresenta un valore aggiunto che è riferito all’importanza direalizzare un legame tra istituzione e territorio; è di fonda-mentale importanza, secondo me, nell’esperienza di un do-cente universitario, farsi carico del necessario contributo alradicamento dell’istituzione nel territorio; l’attività plurien-nale dell’Autore (della quale anche questo volume fa parte)è importante anche sotto questo aspetto, per essere riuscitaa far conoscere meglio ed apprezzare il proprio territorioagli studenti. Anche per questa ragione sono convinto cheil presente volume riscuoterà grande interesse nella comu-nità scientifica e al di fuori di essa.

each drawing and shows how it can be used to critically as-sess and compare data about the region.Using maps and iconographic and photographic materialdocumenting the landscape the third chapter illustrates thechanges implemented in the twentieth century. A large sectionof the chapter focuses on changes made to the coastal lakesand, above all, on the construction of new cities which radi-cally changed the Pontine Marshes and, more importantly, in-fluenced the history of modern architecture.The three chapters are followed by an appendix with the re-sults of an interesting survey project involving the interpreta-tion and documentation of the seat of the faculty by thestudents who for a few years were the author’s pupils.The book is a systematic and stimulating presentation of acenturies-old region which has evolved enormously over theyears. These changes are documented by existing iconographyaccompanied by notes and texts aimed at facilitating interpre-tation of the images by the reader. One of its strong points isundoubtedly the criteria with which the graphic or icono-graphic images were chosen; the latter also attest to the com-mitment and methodological rigour used during thisprotracted study.Personally speaking, the added value in this book is the im-portant relationship established between an institution andthe region. As a university lecturer, I believe it is important tohelp an institution become an integral part of the region whereit is located. The author’s long standing expertise and activi-ties (including this book) are also very important since herability as a teacher has helped her students get a better un-derstanding and appreciation of the region in which they live.Another reason why I believe that this book will be well re-ceived by the scientific community, as well as by a wider au-dience.

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L’ Agro Pontino comprende una zona a sud del Lazio co-stituita da una pianura di mare1, detta anche costiera, i cuiconfini vengono fatti coincidere a nord dal versante meri-dionale del vulcano laziale dei Colli Albani, ad est dalla ca-tena dei monti Lepini e dei monti Ausoni e a sud e ad ovestdal tratto di costa che si estende da Torre Astura fino a TorreBadino; al suo interno sono racchiusi i laghi costieri di Fo-gliano, dei Monaci, di Caprolace e di Paola. Questa zona ha subito nel corso della sua storia cambia-menti radicali, basti pensare alla trasformazione naturaleda golfo a pianura costiera, nell’età del pliocenico, o ancoraalla sua evoluzione da palude ad ager avvenuta in seguitoalle opere di bonifica che si sono succedute nel tempo.Accanto ai beni naturali di notevole interesse internazio-nale, come ad esempio, le Zone Umide2, la Foresta plani-ziaria3 e la Riserva di Circe4, sono presenti nel territoriopontino reperti archeologici che testimoniano la presenzadell’uomo fin da epoche remote e numerosi monumenti ar-chitettonici di notevole importanza, tra cui ricordiamo leville del periodo romano sorte lungo i laghi, i fiumi e lacosta, le torri costiere, testimonianza di un organico sistemadifensivo lungo il litorale pontificio, i santuari medievalied ancora le città di nuova fondazione. Già da alcuni anni ho svolto diverse ricerche rivolte allaconoscenza e alla documentazione dei beni culturali e pae-saggistici del territorio pontino ed in particolar modo delParco Nazionale del Circeo, i cui esiti sono stati pubblicatiin articoli di libri ed in atti di seminari e convegni5. Ho ritenuto utile, pertanto, approfondire e coordinare glistudi svolti fin qui, evidenziando il ruolo fondamentaledella documentazione del patrimonio culturale del territo-rio, finalizzata ad operazioni di salvaguardia e di tutela. Ri-tengo, infatti, che sulla base di una conoscenza critica siapossibile raggiungere una consapevolezza unitaria dellostato di consistenza del patrimonio culturale sul territorio,attraverso cui leggere ed analizzare la sua evoluzione perfavorire adeguati interventi di conservazione e di recuperodi ciò che risulta testimonianza di civiltà umana. E’ neces-sario, inoltre, che il bene culturale e paesaggistico sia rile-

vato sul territorio in base anche alle relazioni che vengonoa determinarsi con l’ambiente circostante e con la colletti-vità. Laddove, poi, il bene è inserito in un contesto ambien-tale specifico, come, ad esempio, un “parco naturale”, lasua documentazione sarà necessariamente eseguita insiemea quella dell’ambiente in cui è inserito. Sulle aree protette a grande valenza naturalistica, per la“salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, sto-rici” è, infatti, indispensabile, secondo la normativa ita-liana, l’applicazione “di metodi di gestione o di restauroambientale idonei a realizzare una integrazione tra uomo eambiente naturale”6.Il presente lavoro si propone di contribuire ad una docu-mentazione iconografica dell’Agro Pontino, soprattutto inriferimento alla provincia di Latina, che raccoglie un patri-monio ricco e diffuso ma ancora poco conosciuto e quindipoco fruibile. Si tratta di un patrimonio culturale risalentea diversi periodi storici che trova nella Preistoria i primisegni di una importante testimonianza della presenza del-l’uomo e dei suoi antichi insediamenti nella terra pontina.Inoltre, anche se il periodo precedente al Medioevo è prin-cipalmente documentato attraverso disegni di rilievi ar-cheologici, ho ritenuto comunque importante la collazionedi questi con immagini iconografiche per una più completadocumentazione dei luoghi. Non di tutti i beni individuatiè stata possibile una ricostruzione grafica, data anche la va-stità del repertorio, nonostante ciò alcuni di essi sono statisegnalati e citati in una sintetica descrizione sulla base diuna documentata bibliografia riportata nelle note e nel ca-pitolo finale del libro.

Gli aspetti metodologici della ricerca. Dall’analisi dellefonti all’analisi dello stato di fattoNell’ambito della ricerca ho evidenziato gli eventi princi-pali della storia del territorio pontino, individuando le evo-luzioni morfologiche, strutturali e funzionali che si sonosuccedute nel tempo. Particolare importanza ha assunto lostudio delle carte storiche. Ricca è la produzione cartogra-fica sviluppatasi tra il XVI ed il XIX secolo (cfr. secondo

INTRODUZIONE

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capitolo del libro), che attesta sia le trasformazioni naturalied antropiche del territorio paludoso e lacustre dell’AgroPontino sia i rilievi ed i progetti che sono stati eseguiti nelcorso dei secoli per realizzare opere di prosciugamento edi bonifica dei luoghi. Ricordiamo, ad esempio, la Vistacartografica della pianura pontina redatta da Leonardo daVinci tra il 1514 ed il 1516, in cui l’Autore rappresenta ilsuo intervento di bonifica consistente nella realizzazionedi un nuovo canale detto Portatore. Privilegiando fonti di informazione originali, ho ritenutoimportante anche conoscere gli esiti di studi e le interpre-tazioni critiche successive, considerando il ruolo specificodi ogni documento consultato nel quadro conoscitivo e do-cumentale generale. Numerosi sono stati gli studi eseguitinel tempo da botanici, letterati e tecnici che hanno appor-tato il proprio contributo evidenziando aspetti particolaridel territorio. A conclusione del libro si riporta una biblio-grafia generale sull’argomento, in cui è stata comunque ne-

cessaria una selezione di testi tra i numerosi che sono statipubblicati. La ricerca si è basata su una documentazionedifferenziata in relazione sia alla tipologia del bene e sia alperiodo storico indagato, indirizzata alla conoscenza dei di-versi fattori che hanno influenzato le caratteristiche strut-turali e morfologiche dei beni culturali e paesaggistici. I documenti iconografici, prevalentemente conservati negliArchivi di Stato, delle Soprintendenze, dei Comuni e dialtri Enti pubblici e privati, nelle Biblioteche e pubblicatiin alcuni casi anche sulle pagine web hanno rappresentatouna preziosa fonte di informazioni, in quanto è stato possi-bile, in tal modo, risalire all’immagine del bene nel propriocontesto ambientale e nelle diverse epoche storiche. Alla lettura di vedute, di profili urbani, di disegni planime-trici, eseguiti a diverse scale e con diversi linguaggi grafici,si è affiancata, nella ricerca, la consultazione di mappe ca-tastali, piante topografiche e cartografie tematiche. E’ stata utile anche la consultazione di descrizioni letterarie

Inquadramento geografico del territorio dell’ Agro Pontino.

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come ad esempio il Viaggio in Italia7 di Goethe e le PaludiPontine8 di Tito Berti che riconducono il lettore a vivereluoghi ormai cancellati, le cui caratteristiche naturali hannosegnato fortemente la storia del territorio pontino. Soprattutto è stato importante relazionare il materiale pro-veniente dalle differenti fonti con i modelli dello stato difatto. Oltre, infatti, all’individuazione planimetrica e tridi-mensionale del bene indagato si è risaliti, dove è stato pos-sibile, anche ai disegni di progetto o di rilievo per unacollazione con il pregresso e per individuare oltre alle mo-difiche strutturali e di forma anche la diversa funzione cheil bene ha assunto nel tempo. E’ il caso, ad esempio, degliedifici delle città di nuova fondazione che cambiando laloro destinazione d’uso hanno subito modifiche notevoliattraverso lavori di ristrutturazione e di rifacimento. Inoltre,i principali dati conoscitivi documentali, associati alle in-formazioni geografiche e a quelle relative allo stato di con-servazione, hanno consentito di poter leggere, in un quadrod’insieme, le relazioni che intercorrono tra le diverse tipo-logie di beni e di evidenziarne i rapporti con gli elementiambientali ed antropici presenti sul territorio. Infine, nell’ambito della ricerca si è sempre tenuto presenteche l’insieme delle informazioni relative all’indagine di unbene non può ritenersi compiuto ed esaustivo, bensì puòsolo considerarsi facente parte di “un sistema aperto di co-noscenze”, continuamente implementabile ed aggiornabile.

Verso una gestione informatica della documentazioneSulla base di una metodologia specifica di indagine è prio-ritario non disperdere la ricchezza dei dati che la ricercasul preesistente offre alla conoscenza del patrimonio cul-turale. A tale scopo è opportuno che i dati raccolti durantele operazioni di analisi siano informatizzati affinché essipossano facilmente confluire in archivi digitali documentalied essere gestiti in maniera unitaria. Per garantire l’omogeneità delle informazioni, la qualità,l’accessibilità e la visibilità dei dati e dei contenuti prodotti,uno strumento utile può essere, infatti, l’elaborazione di undatabase relazionale, redatto sulla base di schede, da river-sare in un sistema informativo geografico. Mi riferisco, inparticolar modo, alla ricerca I beni archeologici, storici eculturali del territorio del Parco nazionale del Circeo cheho svolto all’interno di uno studio più ampio sul tema Ana-lisi territoriali, linee guida e proposte progettuali finaliz-zate alla stesura del piano del parco e del regolamento (cfr.nota 5), in cui la documentazione del patrimonio culturale èstata presentata attraverso l’elaborazione di schede descrit-tive, una per ogni bene censito, che sono poi confluite in undatabase, con l’obiettivo di restituire un quadro d’insiemedella consistenza dei beni culturali e paesaggistici sul territo-rio del Parco Nazionale del Circeo. Il database è stato poi ri-versato in un Gis dedicato che ha consentito l’elaborazionedi carte tematiche.

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NOTE

1. Il termine pontino deriva dal latino pontinusche significa di mare.

2. In Italia sono state istituite 47 “zone Ramsar”di cui quattro ricadono all’interno del terri-torio del Parco Nazionale del Circeo: ilLago di Fogliano, il lago di Sabaudia, illago dei Monaci e il Lago di Caprolace.

3. La foresta planiziaria (di pianura) è ciò cherimane di un immenso patrimonio vegeta-zionale che fu ritenuto necessario rimuo-vere quasi totalmente per attuare il piano dirisanamento e di bonifica agli inizi del XXsecolo. “Selva marittima di Terracina” è ilsuo antico nome. Nel 1977 per il suo grandevalore biologico, la foresta, che prima dellabonifica ricopriva oltre 11.000 ha, è stata in-serita dall’UNESCO nella rete internazionaledelle riserve della biosfera, programma M.A. B. (Man And Biosphere).

4. La Riserva di Circe, una delle quattro aree diriserva naturale integrate realizzate nel1972, è situata sulla sponda orientale dellago di Paola, all’estremità dell’antica fo-resta planiziaria ed è costituita prevalente-mente da pino domestico con gruppi divegetazione di leccio, sughero e farnie.All’interno di quest’area sorge una impor-tante zona archeologica denominata Pa-lazzo di Domiziano.

5. Si riportano di seguito le ricerche a cui l’au-tore ha partecipato nell’ambito della docu-mentazione sul territorio pontino.L’Astura, le rive e il territorio (2010 – incorso). In: “Studio finalizzato al recuperodella navigabilità del fiume Astura ed allavalorizzazione delle zone da esso attraver-sate mediante l’individuazione di aree e/opercorsi di interesse a partire da punti di at-tracco individuati sulle rive del fiumestesso” convenzione tra Ecoambiente s.r.l.e Università degli Studi di Roma Sapienza,C.S.S.P. di Latina. Responsabile scientificodella ricerca Prof. Giuseppe Bonifazi (Di-

l’Università Sapienza di Roma, un Semina-rio sul tema: I segni della bonifica sul ter-ritorio pontino in cui sono intervenuticolleghi, studiosi e rappresentanti del Con-sorzio di Bonifica che hanno evidenziato lemolteplici problematiche presenti nella re-altà territoriale pontina. Gli esiti del Semi-nario sono stati pubblicati negli Atti editida Kappa. Si riportano nella Bibliografiadel volume i contributi pubblicati in testi edAtti di Convegni e Seminari, in cui l’autoreha eseguito alcuni approfondimenti delle ri-cerche svolte.

6. Comma 3, art. 1 della legge 6 dicembre 1991,n. 394 Legge quadro sulle aree protette.

7. GOETHE, J. W. Viaggio in Italia 1786-1788,Fondi, 23 febbraio 1787:“Fin dalle tre delmattino eravamo per via. Allo spuntar delgiorno ci trovammo nelle paludi pontine,che non hanno quel triste aspetto comune-mente descritto dai romani. Anche se ilviaggiatore che le attraversa non è ingrado di esprimere un giudizio su un’im-presa così vasta e imponente come il loroprevisto prosciugamento, mi sembra tutta-via che i lavori ordinati dal papa dovreb-bero poter raggiungere, almeno in granparte, le auspicate finalità. Ci si figuriun’ampia vallata che si stende in lievissimapendenza da nord a sud e a oriente si ab-bassa verso i monti, mentre a occidente, indirezione del mare, è più elevata. (...) ”

8. BERTI, TITO. Paludi pontine. 1881, p. 27: “(...)Il bosco pontino mette paura e ribrezzo.Prima di penetrarvi copritevi bene il colloe la faccia, perchè nuvoli di grossi tafani viaspettano in questa caldura fra il rezzodelle foglie come animali pensanti intentialla preda. Da principio però vi farà lusin-ghiero invito un suolo vellutato di erbe acui la chioma di gigantesche ischie fa ri-paro ai raggi del sole: non date retta a que-sti incanti e proseguite il cammino pensando altriste luogo che attraversate. Qui, presso lariva del mare, l’opera dell’uomo ha dira-dato questi boschi, coltivandoli (...)”.

partimento di Ingegneria Chimica Materialie Ambiente, Facoltà di Ingegneria CivileIndustriale, Università Sapienza di Roma). Beni archeologici, storici e culturali delterritorio del Parco Nazionale del Circeo(2009 - 2010). In: “Analisi territoriali, lineeguida e proposte progettuali finalizzate allastesura del Piano del Parco e del Regola-mento”, ricerca svolta nell’ambito del con-tratto e consulenza professionale volta alla“Elaborazione del Piano del Parco e dellabozza di Regolamento previsti dalla legge6 dicembre 1991 n. 394 e successive modi-fiche e integrazioni”. Responsabile scienti-fico Prof. Alberto Budoni (Dipartimento diIngegneria civile, edile e ambientale, Fa-coltà di Ingegneria Civile Industriale, Uni-versità Sapienza di Roma), contratto traEnte Parco Nazionale del Circeo e Univer-sità Sapienza di Roma , C.S.S.P. di Latina.Rassegna informatizzata dei beni territo-riali e paesaggistici (2008). In: “Quadrosintetico delle conoscenze ambientali e terri-toriali esistenti e da sviluppare per la proget-tazione, gestione e monitoraggio di interventifinalizzati alla salvaguardia della biodiversitàdegli habitat del Lago dei Monaci”, ricercasvolta nell’ambito della convenzione tra EnteParco Nazionale del Circeo e Università Sa-pienza di Roma - UORII di Latina. Respon-sabile scientifico Prof. Alberto Budoni(Dipartimento di Ingegneria civile, edile edambientale, Facoltà diIngegneria Civile In-dustriale).La conoscenza per l' analisi e la rappresen-tazione dei paesaggi come processi dina-mici. Le permanenze e le trasformazionidell’Agro Pontino (2009). Ricerca di Ate-neo Federato ex Facoltà. La rappresentazione come strumento di in-dagine e di lettura del territorio. L'areapontina (2007-2008). Ricerca di Ateneo Fe-derato ex Facoltà. Inoltre, l’autore ha organizzato, nell’ambitodel corso di Rappresentazione del territorioe dell’ambiente a.a. 2007-2008, presso laFacoltà di Ingegneria sede di Latina del-

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VERSO LA CONOSCENZA DEI LUOGHI. IL TERRITORIO PONTINO DALLE ORIGINI AL XIX SECOLO

La conoscenza dei luoghi e della loro storia può essere con-siderata il primo obiettivo per una azione di salvaguardia,a cui può seguire una programmazione mirata al recuperoe alla conservazione dei beni in essi presenti. A tal fine ladocumentazione del patrimonio dei beni archeologici, ar-chitettonici, storici e paesaggistici presenti sul territorio puòcontribuire ad individuare le diverse culture che si sono for-mate nel tempo. Con queste premesse si è ritenuto utile eseguire un lavorodi documentazione iconografica dei principali episodi ar-chitettonici e urbani che hanno segnato il territorio del-l’Agro Pontino. E’ stato così possibile ripercorrere alcunefra le principali fasi della storia di questi luoghi, partendoanche da fenomeni avvenuti nel corso della Preistoria. Ri-spetto, infatti, alle altre zone dell’Italia, il territorio pontino,per le sue caratteristiche geomorfologiche e per le sue con-dizioni climatiche, è stato il luogo ideale in cui l’uomo prei-storico ha svolto la sua vita in autonomia; per tali motiviquesto periodo è stato denominato Preistoria pontina. Si èritenuto, pertanto, importante mettere in evidenza il carat-tere peculiare che quest’epoca ha assunto, in quanto ha con-dizionato lo sviluppo e le trasformazioni del territoriopontino fino ai primi anni del XX secolo. Si rimanda, infine, alla letteratura specifica per ogni appro-fondimento delle varie fasi storiche che sono state in questasede sintetizzate sottolineando, principalmente, in ciascunadi esse i processi di antropizzazione del territorio che hannodeterminato nel corso dei secoli nuove condizioni di vita.

La trasformazione del territorio da golfo a pianura. In-sediamenti preistorici e protostoriciCome è noto il territorio pontino ha subito notevoli trasfor-mazioni geomorfologiche nell’era quaternaria, causate daforti oscillazioni climatiche. Nel periodo pliocenico, infatti,la pianura pontina era sommersa dalle acque del mare, for-mando un golfo delimitato dalla catena dei monti Lepini edal monte del Circeo che, distanziato dalla terraferma, for-mava un’isola (fig. 1). Il territorio si trasformò radical-mente nell’era successiva, in cui il caldo mare Tirreniano1,

ritirandosi, lasciò emergere alcuni strati della crosta terre-stre che portarono alla formazione di una pianura. Il solle-vamento, non uniforme, favorì il costituirsi, lungo ilpercorso dell’attuale fiume Sisto, verso il mare, di una dor-sale che si rivestì di una duna con bassa vegetazione. Un’al-tra dorsale si formò lungo il litorale, creando, versol’interno, una zona detta di depressione lagunare, che, pa-rallelamente alla riva del mare, si estendeva da torre Asturafino al Circeo (fig. 2). La pianura costiera, così formatasi,era di natura paludosa; infatti, la scarsa pendenza del suolo

Fig. 1/ Carta topografica redatta a cura dell’ I.G.M. in scala 1: 250.000.Particolare. In evidenza l’area che un tempo costituiva il golfo pontino. 15

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Fig. 3/ Sezione trasversale del territorio dell’Agro Pontino in cui sono indicate le zone di depressione.

Fig. 2/ Nei confini amministrativi della provincia di Latina sono statievidenziati i limiti della pianura pontina.

e la presenza della duna costiera non consentivano un na-turale defluire delle acque verso il mare che, solo in corri-spondenza dell’attuale porto Badino, riuscivano araggiungere la costa2. Si formò, in tal modo, un territorioin alcune zone anche sottoposto rispetto al livello del mare

(fig. 3), ricco di lagune, stagni e zone umide; in questi vastispazi si insediarono cacciatori e nomadi, appartenenti allaspecie di Neanderthal e con essi la fauna che allora popo-lava le terre emerse3. La scoperta di reperti preistorici nelterritorio pontino risale ad un passato poco lontano. Solonegli anni Trenta del Novecento, infatti, furono intrapresistudi sistematici sulla zona; prima di questa data, alla finedell’Ottocento, si ricordano gli studi su alcune grotte delpromontorio del Circeo e i primi scavi eseguiti nell’area ar-cheologica di Satricum4. Anche in seguito ai lavori di bo-nifica integrale del primo Novecento numerosi reperti sonovenuti alla luce attestando la presenza di un territorio riccodi testimonianze di antiche civiltà (fig. 4).

La presenza sul territorio pontino delle genti preistoricheL’uomo primitivo si insediò vicino alle sorgenti d’acqua,presso i fiumi, i laghi ed anche nelle numerose cavità lungoil promontorio del Circeo, che, modellate dal mare inter-glaciale durante l’era Terziaria, divennero grotte marinecon l’innalzarsi successivamente del livello del mare5. Du-rante la fine dell’ultima glaciazione6 ci furono, infatti, tra-sformazioni radicali del territorio che portarono gli uominipreistorici a cercare nuovi ripari e nuove forme di sosten-tamento. In più località, lungo la costa e all’interno, è atte-stata la presenza sia di insediamenti umani stabili che difrequentazioni abituali7.

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Fig. 4/ Provincia di Latina. Sono state evidenziate le principali località in cui si sono sviluppati i primi insediamenti risalenti alla Preistoria.

Le prime forme di abitazione: le grotteL’uomo preistorico nel territorio pontino ha abitato princi-palmente nelle numerose cavità rocciose presenti sul pro-montorio del Circeo, in cui sono stati ritrovati manufattilitici risalenti al Paleolitico medio8.Si riportano di seguito alcuni esempi di abitazioni primitivetra quelle più significative e di cui è stato possibile ritrovareanche una documentazione iconografica.Allo studioso Alberto Carl Blanc9 va attribuita la scopertadella Grotta dei Guattari10, caverna litoranea frequentatadall’ Homo Neandertalensis e dall’ Homo Sapiens (fig. 5).L’ingresso della cavità fu messo in luce nel 1939 durante ilavori di scavo per l’estrazione di pietra calcarea, all’estre-mità orientale del promontorio del Circeo. All’interno della grotta, non molto profonda ed articolatain antri secondari, si rinvenne accanto a resti fossili di faunapleistocenica, il “calvarium”, cranio senza mandibola,dell’Homo Sapiens Neanderthalensis, in ottimo stato diconservazione; attualmente nel sito vi è un calco dell’ori-

ginale, esposto al Museo dell’Università Sapienza di Roma11.Nel versante sud del Monte Circeo si apre una imponentecavità denominata Grotta delle Capre (fig. 6), costituita daun ampio nucleo centrale da cui si dipartono tre cunicoli didiversa lunghezza, così come si evince dai disegni di rilievo

Fig. 5/ Grotta dei Guattari (San Felice Circeo). Interno. 17

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Figg. 7/ 8/ Grotta delle Capre (San Felice Circeo). Disegni di rilievo ar-cheologico: pianta della cavità e sezione A - A’.

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Fig. 6/ Grotta delle Capre (San Felice Circeo). Veduta dal mare.

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archeologico, riportati alle figure 7 e 8. La sezione longi-tudinale, cambiando la direzione del piano di riferimentoin prossimità di un cunicolo, rappresenta l’estensione com-pleta della grotta e mostra la struttura a forma di cupoladell’ambiente principale che risulta essere alto più di tredicimetri. Si nota, inoltre, una notevole differenza di quota tral’ingresso, posto a livello del mare, e gli ambienti interni.Sulle pareti si conserva un solco fossile di battigia, che te-stimonia un antico livello marino. La scoperta di questo reperto ha contribuito a ricostruirel’immagine dell’ambiente quaternario del territorio e a ren-dere la grotta uno dei più significativi luoghi d’interessepreistorico dell’area pontina12. A sud ovest del promontorio del Circeo si apre la GrottaBarbara, una cavità ritenuta una stazione di sosta per legenti preistoriche. Situata a circa 7 metri s.l.m., la cavitàpresentava sotto la superficie a pietrame calcareo un sotto-stante livello a terra rosso-bruna che inglobava una vastafauna fossile molto importante per la ricostruzione dellevarie fasi del Pleistocene dell’area pontina13. Particolare importanza riveste la Grotta della Maga diCirce che si apre lungo il promomtorio del Circeo. La ca-vità si presenta di forma circolare con numerosi diverticolilaterali come mostra il disegno di rilievo archeologico allafigura 9, in cui è riportata la pianta del livello superiore.L’ambiente principale, parzialmente invaso dal mare, pre-senta al suo interno una ripida scarpata che testimonia lapresenza di un livello più alto, probabilmente quello origi-nale della grotta. Questa zona superiore è costituita da unostretto cornicione che circonda il baratro formatosi in se-guito al crollo della cavità, così come riportato nellapianta14. Tra le cavità dell’entroterra abitate dall’uomo di Neander-thal ricordiamo, infine, una grotta situata ai piedi dei montiLepini, presso Sezze Scalo, di fronte al Riparo Roberto. Ri-masta chiusa per migliaia di anni a causa di una frana, lacavità risale ad un’epoca di poco più antica a quella dellagrotta dei Guattari15.

Esempi di “industria litica pontiniana” del Paleolitico medioOltre alle cavità rocciose, la presenza dell’uomo preistoricosul territorio pontino è attestata anche da numerosi esempidi industria litica, costituita principalmente da piccoli ma-nufatti in ciottoli di mare o di fiume. L’utilizzo della pietralocale, che portò alla costruzione di oggeti particolari, haindotto gli studiosi a coniare il termine di industria litica

pontiniana per differenziare la produzione locale dalla re-stante del Paleolitico medio. Alcuni esempi sono stati rin-venuti nel podere La Rosa, vicino Borgo Santa Maria(Latina), e presso la località di S. Andrea, tra il lago di Ca-prolace e di Paola nel comune di Sabaudia16.

Le stazioni preistoriche e l’ industria “circeiana”Sia nell’entroterra pontina che sulla costa sono state trovatenumerose tracce di insediamenti umani risalenti al Paleo-litico superiore e riconducibili a stazioni preistoriche costi-tuite da luoghi aperti, grotte o ripari, di cui Colle Parito,località a pochi chilometri a sud di Latina, ne è stata defi-nita la capitale17. L’insediamento di Colle Parito è di notevole importanza inquanto rappresenta uno dei primi agglomerati abitativi, incui vivevano cacciatori con officine in loco. Ciò testimoniaun’evoluzione dell’abitazione in seguito a condizioni cli-

Fig. 9/ Grotta della Maga Circe (San Felice Circeo). Disegno di rilievoarcheologico: pianta del secondo livello. Scala grafica originaria 1: 50. 19

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Fig. 11/Figura antropomorfica detta uomo a “φ”. In sovrapposizione silegge la corrispondenza del disegno rupestre con la lettera greca (ripor-tata in minuscolo e maiuscolo).

Fig. 10/ Sezze Scalo. Grotta Arnalo dei Bufali. Fotografia ripresa dallalinea ferroviaria Roma-Napoli, via Formia.

matiche ed ambientali che diventavano sempre più favore-voli all’uomo18. Ricordiamo altre stazioni preistoriche pre-senti sul territorio pontino, quali ad esempio il RiparoSalvini presso Terracina, la Grotta Jolanda vicino Sezze,sui Monti Lepini, e quella presso San Vito nel comune diSan Felice Circeo, in cui si sviluppò una cospicua industriacomposta da numerosi strumenti ed oggetti, come fram-menti di lame, schegge, puntueruoli e raschiatoi19. Nella grotta del Fossellone20, situata nel versante sud delmonte Circeo, furono invece ritrovati elementi di industrialocale circeiana, basata sulla produzione di manufatti rea-lizzati utilizzando il ciottolo dell’area del Circeo21.Altri ritrovamenti, costituiti da oggetti di piccole dimen-sioni e di forme particolari realizzati con ciottoli silicei econ una particolare tecnica di lavorazione, sono stati loca-lizzati tra Cori e Cisterna di Latina, lungo il corso dell’an-tico fiume Tecchia e nel comune di Norma, in località SelvaPiana22.

Il primo disegno rupestre risalente al MesoliticoUn graduale innalzamento del livello dei mari, con conse-guenti trasformazioni del territorio, indusse gli uomini delMesolitico a cercare nuove forme di vita. In questa fasevennero prodotti utensili microlitici, che testimoniano unamaggiore raffinatezza nella lavorazione dei materiali, e pre-sero forma insediamenti basati sulla pesca. Probabilmente a questo periodo risale il primo disegno ru-pestre di arte schematica, rinvenuto in Italia da parte delBlanc nel 1936, all’interno di una caverna denominata Ar-nalo dei Bufali23. La cavità, che si apre ai piedi delle alturetra Sezze Romano e Priverno, rappresenta il residuo di unaantica e spaziosa caverna, un tempo larga circa quaranta-cinque metri e profonda trentacinque, ridotta oggi ad ungrande riparo in seguito ad un crollo. Essa è situata vicinoSezze Scalo, lungo la strada pedemontana, ed è visibileanche percorrendo il tratto ferroviario Roma-Napoli, viaFormia (fig. 10). In uno degli antri secondari della grottafu ritrovato sulla roccia un disegno schematico rupestre,oggi conservato presso il Museo Preistorico del Lazio aRoma, rappresentante una figura antropomorfica dettauomo a “φ”, così denominata per la particolare forma chericorda la lettera greca (fig. 11).Un’altra importante testimonianza di quest’epoca è il Ri-paro di Blanc24, che si apre a circa 20 metri s.l.m. sul ver-sante sud-ovest del promontorio del Circeo, in localitàCava d’Alabastro. Gli scavi, eseguiti a partire dal 1969, re-

stituirono una singolare industria litica ricavata da piccoliciottoli costieri ed una grande quantità di conchiglie di mol-luschi, prevalentemente marini.

La lavorazione dell’ossidiana nel NeoliticoVa segnalata una particolare risorsa mineraria costituita dauna pietra nera vitrea denominata ossidiana, presente nel-l’isola di Palmarola dell’arcipelago pontino, le cui scheggevenivano utilizzate per fabbricare strumenti taglienti. Lasua lavorazione testimonia la conoscenza da parte dellegenti neolitiche sia dell’arte della navigazione che di quelladel commercio; l’ossidiana, infatti, doveva essere traspor-tata dall’isola alla terraferma e veniva, inoltre, lavorata non20

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Fig. 12/ Manufatti di ossidiana.

Fig. 13/ Scheggia di ossidiana.

Fig. 14/ Provincia di Latina. Particolare. In evidenza le principali localitàin cui sono stati ritrovati reperti risalenti all’Età dei Metalli.

solo per ottenere strumenti per l’uso quotidiano, ma ancheper essere utilizzata come merce di scambio25. La diffu-sione di ossidiana nelle stazioni preistoriche di superficiedelle isole pontine conferma il valore che essa ebbe nelNeolitico e nelle epoche successive (figg. 12 e 13).

Ritrovamenti di disegni su roccia e su frammenti di cera-mica nell’Età dei MetalliDiverse sono le testimonianze che attestano segni di civiltàantiche dell’Età dei metalli presenti, per la maggior partedei casi, nell’entroterra del territorio dell’Agro Pontino (fig.14). Osservando la collina di Sezze Romano dalla pianura,o anche dalla stazione ferroviaria di Sezze Scalo, si nota adovest una parete verticale liscia di calcare, tagliata da unacavità bassa orizzontale, il Riparo Roberto. Nell’antro sonostate ritrovate sulla roccia raffigurazioni in carboncino dianimali, uomini ed altri soggetti risalenti all’Epoca dei me-talli (fig. 15), tra cui si distinguono per la cura dei dettaglialcuni disegni di cervi rappresentati in movimento26 (fig.16). Inoltre, frammenti di ceramica con disegni geometriciinsieme a residui di ossa di animali e punte di frecce su

selce sono stati ritrovati sempre nel territorio di Sezze Ro-mano, nella contrada Archi di San Lidano. La presenza diquesti elementi così diversi tra loro ha indotto gli studiosiad ipotizzare l’esistenza nella zona di una discarica utiliz-zata dall’uomo preistorico per facilitare l’accesso ad un vi-cino corso d’acqua. Questo ritrovamento, secondo gliesperti, è importante anche perchè esclude la presenza dellapalude nel secondo millennio a. C. in questa area27.

Insediamenti abitativi nell’Età del FerroInsediamenti stabili della prima metà dell’Età del Ferrosono stati ritrovati in località Le Ferriere (Latina) e lungola costa nei pressi di Torre Astura, mentre frequentazioniabituali sempre dello stesso periodo sono state rinvenutead Acciarella (Latina) ed anche lungo il litorale28. Infine una necropoli dello stesso periodo29 è stata scopertanel comune di Sermoneta, presso l’abbazia di Valviscolo aCaracupa. Tra i reperti ritrovati ed ora esposti al Museo Pi-gorini di Roma ricordiamo alcune lance di bronzo a cartoc-cio e a forma di foglie di lauro, braccialetti, punte di lanciaed armi di ferro e vasi di ceramica ad impasto di varieforme che testimoniano lo svolgersi di una vita attiva edintensa nel territorio pontino anche in questo periodo. 21

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Fig. 15/ Sezze Romano. Riparo Roberto. Veduta. Fig. 16/ Sezze Romano. Riparo Roberto. Interno. Disegno su roccia.

Alcune testimonianze del mondo protogreco nella valle del-l’AsturaLungo le coste laziali e nella valle dell’Astura sono staterinvenute testimonianze isolate della presenza di mercantimicenei. In seguito, infatti, ai rapporti commerciali tra ilbasso Lazio marittimo, e più precisamente tra Terracina,Astura, Anzio, Ardea, ed il Mediterraneo orientale proto-greco, si diffusero alcuni culti relativi alle divinità di Iup-piter Anxurus a Terracina, Giove Indigete ad Ardea, MaterMatuta a Satrico, l’attuale Borgo Montello (Latina).Quest’ultima divinità, conosciuta nel mondo ellenico conil nome di kourotrophos, ossia nutrice di giovani valorosi,fu accolta e venerata dalle popolazioni del Lazio primitivo. Inoltre, da Casal Nuovo (Latina) proviene un frammentodi ceramica30 del periodo Miceneo, il cui ritrovamento, in-sieme ad altri resti ceramici, è riferibile ad un piccolo in-sediamento proto-industriale.

Gli Etruschie e gli Italici nel Lazio meridionale costiero.La città di Satricum e il rilievo dell’acropoli del 1896La presenza degli Etruschi nel basso Lazio è documentatada ritrovamenti archeologici come alcuni frammenti di ce-ramica di bucchero ed una iscrizione etrusca provenienteda Satricum31, risalente al VI sec. a. C, periodo di coloniz-zazione verso la Campania.Considerazioni di tipo linguistico e storico confermano,

inoltre, la presenza del popolo etrusco in queste terre. Laradice dei toponimi dei centri di Velletri, Tarquinia, Volterrae Terracina presenta, infatti, chiari influssi di origine etrusca.Un’importante città latina sorse presso il fiume Astura: Sa-tricum. Ritenuta in età arcaica uno dei centri più grandi delLatium vetus, la città visse il suo massimo splendore tra lametà del VII e del V secolo a. C., sviluppando un floridomercato grazie anche alla sua posizione strategica comescalo marittimo della foce del fiume Astura (fig. 17). Sa-tricum, collegata all’Etruria costiera e alla pianura pontina,era sede dell’ importante santuario dedicato alla divinitàMater Matuta, conosciuta come la madre del mattino, delsorgere del sole, della vita che comincia e come protettricedelle donne in gravidanza e della vita stessa (fig. 18). Ladivinità rappresentò un riferimento fondamentale della cittàsia da un punto di vista spirituale che sociale e culturale.Gli scavi relativi all’acropoli continuarono fino al 1898sotto la guida di studiosi italiani. In questi anni furono rin-venuti numerosi reperti conservati al Museo di Villa Giuliain Roma e fu compiuto nel 1896 un primo rilievo da Ra-niero Mengarelli, ingegnere, Felice Barnabei, fondatore delMuseo di Villa Giulia a Roma e direttore degli Scavi di An-tichità, e da Adolfo Cozza, cultore di lettere classiche e di-segnatore (fig. 19). Il sito archeologico di Satricumtestimonia la presenza di una vera e propria città, formatasiintorno al tempio, così come lo dimostrano i successivi22

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Fig. 17/ Satricum, area archeologica. Foto satellitare. Fig. 19/ Satricum. Rilievo archeologico dell’acropoli, 1896.

scavi condotti nel 1975 da alcuni archeologi olandesi chehanno portato alla luce una vasta area, ancora oggi oggettodi studio da parte dell’Università di Amsterdam. Occupata dai Volsci nel IV secolo a.C., la città fu prima in-cendiata dai Latini e poi definitivamente distrutta dai Ro-mani nel 346 a.C., data che segna il lento declino diSatricum che diventerà in seguito solo un luogo di pelle-grinaggio al santuario32.

L’immagine del territorio in età romana. Le principalicostruzioni ed infrastruttureDalle carte archeologiche e da una ricca documentazionebibliografica relativa al territorio pontino si evince la pre-senza di numerosi insediamenti, manufatti ed infrastrutturerealizzati in epoca romana, soprattutto nel periodo impe-riale, lungo la costa e lungo il corso di fiumi e di laghi. Ac-canto a questa zona, in cui furono edificate ville marittime,ville rustiche, impianti termali, peschiere, acquedotti, stradeed altri manufatti, si estendeva la palude, prevalentementepresente alla destra del fiume Sisto, verso il mare. Deno-minata nei testi classici ed anche nella cartografia anticaPalus Pomptinae, Ager Pomptinus ed infine Paludes Pom-ptinae, la zona si presentava abbandonata, senza città, adesclusione di Terracina e di alcuni centri costieri, e forte-mente dipendente da Roma. Il nome stesso che le è statoassegnato nel corso degli anni indicava un’area geografica

non stabilmente antropizzata e di cui veniva evidenziatoessenzialmente l’aspetto fisico del terreno (o palude, sia alsingolare che al plurale, o terreno coltivato). Il territorio, anche se descritto sempre come emarginato edimpervio, era caratterizzato, invece, anche da economie pa-lustri e lagunari basate principalmente sull’ itticoltura, lacaccia e l’allevamento di bestiame. Vi erano terre coltiva-bili, fiumi, acquitrini, foreste, lagune costiere e vi si affac-ciavano centri d’altura poi abbandonati per causepolitiche non naturali (Traina, 1985, p. 40)33. Gli interventidei Romani di bonifica dell’area furono finalizzati princi-

Fig. 18/ Satricum. Resti archeologici del tempio di Mater Matuta.

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Fig. 20/ Provincia di Latina. In evidenza le principali località ed infrastrutture sorte in epoca romana.

palmente a realizzare vie di attraversamento, talvolta ancheacquatiche, in quanto la natura del territorio non consentivaun uso agricolo intenso del terreno con schemi divisori or-dinati e regolari, di cui i Romani ne erano maestri. Ricordiamo, oltre al canale navigabile costruito parallela-mente alla via Appia dal console Chetego (cfr. paragrafisuccessivi), anche il progetto di Nerone, realizzato solo inparte e mai completato, che prevedeva il collegamento dellago di Averno, in Campania, con la foce del Tevere. Persuperare le lagune costiere pontine Nerone progettò, infatti,un grande canale navigabile denominato Fossa Augusta, dicui sono stati ritrovati alcuni tratti. Le opere di bonifica delterritorio realizzate dai Romani furono poi abbandonate perl’incuria dovuta alla decadenza dell’impero stesso. Di seguito si propone una lettura di alcune tra le maggioritestimonianze di epoca romana sul territorio pontino e sulleisole del suo arcipelago34 (fig. 20), che concorrono a defi-

nire l’immagine di una terra nel suo insieme molto com-plessa e ricca di beni di diversa natura.

Alcuni antichi centri urbani. Circeii, Clostra Romana eAsturaIl territorio dell’antica Circeii35 fu occupato per le bellezzedel suo paesaggio da ville di patrizi e di imperatori ro-mani36. Di piccole dimensioni, la città conservò il suoaspetto senza ingrandirsi nelle epoche successive, nono-stante fosse attraversata da una importante strada: la via Se-veriana. L’impianto urbanistico, che rimanda alla primafase della colonia medio-repubblicana, era caratterizzatoda un asse centrale, l’odierno corso Vittorio Emanuele, apartire dal quale si disponevano file di isolati articolati alloro interno con vie molto larghe. Un altro elemento superstite dell’insediamento romano diCirceii è rappresentato dalle mura in opera poligonale, si-24

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Fig. 21/ San Felice Circeo. Parete ovest delle mura poligonali dell’acropoli dell’antica Circeii. Veduta.

Fig. 22/ CTR Lazio. Foglio 414140. Particolare. In evidenza le MuraCiclopiche (San Felice Circeo).

Fig. 23/ Disegno di rilievo archeologico del perimetro fortificato del-l’acropoli dell’antica Circeii.

tuate presso il lato sud-est della città che risultano ben con-servate soprattutto verso il lato meridionale. Tratti di muraturain opera incerta rinvenuti presso la Porta urbica testimo-niano, inoltre, la fase tardo-repubblicana della colonia. Il percorso delle mura della città si univa poi a quello dellemura dell’acropoli che sorgeva a quota 300 metri s.l.m, sudi un terrazzamento (figg. 21-23). L’acropoli costituiva per

gli abitanti un luogo di difesa nei momenti di pericolo; lasua area, a forma di quadrilatero irregolare, era racchiusaentro possenti mura di calcare locale costruite in opera po-ligonale, in cui si aprivano due porte37. Sul promontorio del Circeo, nascoste nella macchia medi-terranea, sono presenti alcune strutture murarie che costi-tuivano il complesso del tempio dedicato a Circe (fig. 24). 25

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Fig. 25/ Tabula Peutingeriana. Particolare. In evidenza i centri di Astura,Clostra e Circeii.

Fig. 24/ Santuario dedicato a Circe (San Felice Circeo). Disegno di ri-lievo archeologico.

Due possenti muri di contenimento, rinforzati da pilastrinelle zone di maggiore sollecitazione, sorreggono un pia-noro sommitale che costituiva, probabilmente, un’areasacra circondata da un τέμενος. Presentando la struttura dicontenimento una tecnica costruttiva non omogenea, si pos-sono ipotizzare più fasi edilizie articolate nel tempo. In que-

sti luoghi venne ritrovata la testa della statua di culto diCirce, conservata presso il Museo delle Terme a Roma38.Nell’ area tra il lago di Fogliano e lago dei Monaci era ubi-cato l’insediamento di Clostra Romana, così chiamato inricordo della scomparsa statio romana: Clostris. L’area èoggi occupata per la maggior parte da Borgo Grappa, loca-lità situata nel comune di Latina (un tempo Casale dei Pinie ancora prima Porcareccia di S. Donato e Archi di SanDonato); la zona era ricoperta dal Bosco Vozza prima deldisboscamento preliminare alla bonifica. Tra i reperti ritro-vati a testimonianza dell’insediamento romano si ricordanodue epigrafi funerarie, ritrovate nel 1936 del II e III sec. d.C. dedicate a persone del luogo, ed un’ara funeraria del IIsec. a. C. completa di basamento39.Lungo la foce dell’ Astura sorse una città, poi scomparsa,che prese il nome dal fiume. Indicata nella Tavola Peutin-geriana come stazione della via Severiana, la città diAstura40 è ricordata da alcuni autori della letteratura latinache la descrivono come luogo in cui si svolsero alcune bat-taglie o come ancoraggio naturale lungo una costa espostaai venti (fig. 25). La città viene descritta da Svetonio, du-rante la narrazione dei viaggi di Augusto e di Tiberio lungoil litorale, e viene citata nelle opere di Plinio e di Cicerone.Rimane comunque incerto se Astura sia stata effettivamenteuna vera e propria città o solo un piccolo centro, in cui sisvolsero avvenimenti guerreschi. Alcune ville di importanti personaggi romani arricchironola piccola colonia anziate. Il Nibby attribuisce i resti dellacostruzione romana, rinvenuti sull’isolotto dinnanzi allafoce del fiume Astura, alla villa di Cicerone, che divennein seguito una residenza imperiale. Collegata alla villa siestendeva una grande peschiera, particolare esempio di ma-ritimae piscinae nobilium41, di cui rimangono solo alcunesue parti (cfr. paragrafi successivi).

Le strade ed i canaliPartendo da Roma e proseguendo verso il Lazio meridio-nale, la viabilità principale si sviluppava parallelamente allacosta, mentre quella minore, costituita da percorsi locali,collegava i centri situati sulle falde dei monti Lepini con illitorale. Tre grandi arterie attraversavano la regione pontinain senso longitudinale: la via Appia, la via Severiana e lavia Setina42. La via Appia, la famosa longarum viarum regina, iniziatanel 313 a. C. per scopi militari e commerciali, da Romaraggiungeva Capua; fu poi prolungata fino a Benevento e26

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Fig. 26/ Via Appia, verso Mesa. Foto d’archivio. Fondo Bortolotti. Fig. 27/ La via Appia oggi, verso Mesa.

successivamente fu costruito il tratto che, attraversandoBari, giungeva a Brindisi (figg. 26 e 27). Con l’espandersidella palude e con la perdita dell’importanza militare dellavia nella zona pontina, anche in seguito alla sottomissionea Roma delle genti italiche, iniziò un lento e continuo de-terioramento della strada. In alternativa veniva percorsal’antica via Setina che, sviluppavandosi ai piedi dei Lepinie collegando i piccoli centri tra cui Ninfa, Sermoneta e Fos-sanova, si innestava di nuovo sull’Appia prima che questaraggiungesse Terracina. Con lo scopo di prosciugare il ter-reno, alla via Appia fu affiancato un canale, costruito nel160 a. C. ad opera del console Cethego che, partendo daForo Appio, raggiungeva Feronia creando uno scolo per leacque verso il mare. Denominato Decemnovio, perchèlungo 19 miglia romane, il canale era navigabile attraversopiatte barche trainate da buoi. Una descrizione dei luoghici viene fornita dal poeta Orazio che, nel 39 a.C. diretto aBrindisi, attraversò il canale per raggiungere Terracina eproseguire il suo viaggio43. L’intervento di bonifica, es-sendo limitato ad una zona, riuscì solo in parte a rallentareil fenomeno della palude. La via Appia, pur essendo statacostruita su di un livello più alto rispetto al terreno circo-stante, rimaneva, infatti, per molti mesi all’anno sommersadalle acque. Va ricordato che nel Settecento, in seguito al-

l’intervento di prosciugamento della palude ad opera diPapa Pio VI, il canale Decemnovio fu riutilizzato dopo es-sere stato ampliato e ristrutturato, prendendo il nome diLinea Pio (o Linea Pia). Un’altra strada di fondamentale interesse per i collegamentitra il territorio pontino e Roma era costituita dalla via Se-veriana che si sviluppava lungo la costa. Così come sievince dalla Tabula Peutingeriana, la strada, risalente al IIIsec. d. C., collegava Hostis, l’antica Ostia, con Terracina,percorrendo le stazioni di Laurentum, Lavinium, Antium,Astura, Clostris, Ad Turres Albas, Circeii, Ad Turres. Già in epoca tardo-repubblicana la presenza di depressioninell’ambito della duna costiera tra Anzio e Terracina favorìla nascita di un percorso lungo il quale si vennero a disporreville e peschiere (fig. 28). Il tracciato che ebbe la stradaresta molto discusso: alcuni studiosi, infatti, sostengonoanche l’ipotesi di un percorso più interno che si sviluppavain prossimità dei laghi44. Oggi la strada del lungomaresegue in parte il tracciato dell’antica via (fig. 29).Lungo il percorso meridionale della via Appia, verso Fe-ronia, si apre la via Setina (denominata anche Consiliare oPedemontana) probabilmente anteriore alla stessa Appia.La strada, seguendo la falda dei monti Lepini che guardala palude, conduce sotto Sezze; quivi un braccio si riunisce

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Fig. 29/ Sabaudia. Strada Lungomare. Sulla sinistra il mare e sulla destrail lago di Paola (o di Sabaudia). Foto satellitare.

con la via Appia a Foro Appio mentre un altro costeggiasempre i monti e va verso Cori, riunendo così con un per-corso tortuoso, ma piano i principali centri del territoriovolsco (Lugli, 1982). La strada, preferita dai viaggiatori inalternativa alla via Appia per evitare la palude e l’attraver-samento in barca del canale Decemnovio, non era lastricata,ma battuta a scaglie di pietra ed inoltre era esposta moltospesso a frane, trovandosi ai piedi dei monti Lepini.Un’altra importante via era la Satricana che, partendo daRoma, si fermava a Satrico, da cui era possibile raggiun-gere la costa fino al porto attraverso la navigazione delfiume Astura, considerato una importante “via dell’acqua”.Nella zona paludosa i percorsi di attraversamento verso lacosta erano rappresentati principalmente dalle strade dei

Fig. 28/ Carta archeologica redatta sulla cartografia IGM, 1976. Foglio 158 II N.O, Borgo Sabotino. Particolare. 28

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Fig. 30/ Carta archeologica del Monte Circeo (scala originaria 1: 25.000) redatta a cura di Italo Gismondi nel 1926 su cartografia dell’IGM. Sono evi-denziati il percorso della Fossa Augusta e l’ubicazione delle Scalette a sette rampe.

pescatori, costituite da piccoli sentieri. Notevole importanza assunse per la viabilità locale la Viadell’Acropoli presso Circeii. Originariamente la strada col-legava la città con la Villa del Peretto, poco lontana, e solosuccessivamente fu prolungata per raggiungere l’Acropoli,da qui il nuovo nome della via.Infine ricordiamo una scala a sette rampe45, risalente al Isec. a. C., scavata a mezza costa nella roccia nei pressi diTorre del Fico (San Felice Circeo) per agevolare le opera-zioni di carico dell’alabastro, estratto presso la vicina cava.La scala, che consentiva, in tal modo, di raggiungere piùrapidamente il mare, fu notevolmente danneggiata durantei lavori della via Litoranea (fig. 30).

Le dimore imperiali e patrizieNonostante le trasformazioni naturali ed ambientali che ilterritorio pontino ha subito nel corso di millenni, l’uomoha sempre trovato in esso una sua dimora e soprattuttonell’epoca romana nel territorio sorsero numerose ville su-burbane, edificate con una serie di servizi nell’intorno perconsentire un soggiorno comodo e tranquillo a chi sce-

glieva questi luoghi ameni come residenza. L’ area tra il promontorio del Circeo ed il Lago di Paola(denominato anche ”di Sabaudia”) è la più ricca di questiepisodi architettonici. Ricordiamo il famoso complessodella villa di Domiziano46 risalente al I sec. d. C., immersonella Riserva naturale di Circe, lungo le sponde del lagodi Paola, che attualmente ricopre una vasta area archeolo-gica. Al suo interno furono costruiti, sui resti di una villadi età tardo antica, impianti termali, grandi cisterne in coc-cio pesto e in opus caementicium ed un sofisticato sistemaidraulico che raccoglieva l’acqua proveniente dalla Molella(Sabaudia) distribuendola nelle cisterne, così come sievince dallo schizzo planimetrico delle Rovine del Palazzoeseguito dall’ingegnere Italo Gismondi nel 1923 (fig. 31). Il complesso nella zona meridionale era costituito da unastruttura termale che si affacciava sulla sponda del lago conuna grande sala con nicchie ad esedra e con un’altra di di-mensioni inferiori separata dalla prima da un corridoio; se-guivano gli ambienti del calidarium-tepidarium-frigidariumcon i relativi locali di servizio (fig. 32). In prossimità del-l’ingresso si apriva una grande palestra con quadriportico

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pavimentato in opera policroma (fig. 33). La zona centraledel complesso di Domiziano era occupata da un insieme dicisterne per la raccolta delle acque, mentre la zona setten-trionale era occupata da un grande bacino absidato (cfr. pa-ragrafi successivi), caratterizzato da preeesistenze delperiodo tardo repubblicano. Sempre sulle rive del lago di Paola, sulla piccola penisoladella Casarina sono state rinvenute le rovine di una Villa,edificata nel I sec. d. C. (fig. 34). La costruzione divennenel Medioevo sede di un romitorio (cfr. paragrafi succes-sivi) che si sovrappose alle strutture del frigidarium e delcalidarium, con l’abside disposta verso il lago47. Le strut-ture medievali poggiano, infatti, sulle fondamenta dellavilla romana, di cui si possono ancora osservare i resti dellostabilimento termale (fig. 35). Ancora sul lago di Paola, neipressi del braccio dell’Annunziata, sono stati ritrovati restidi villa romana nella chiesetta medievale di Santa Mariadella Sorresca, all’interno del tessuto murario del campanile.Lungo il promontorio del Circeo numerose sono le testi-monianze di residenze signorili che probabilmente si arti-colavano su più terrazze, rivolte al mare con un grandeeffetto scenografico48. Esempio di straordinario inserimento nel paesaggio è laVilla dei Quattro Venti i cui resti sono stati rinvenuti vicinoal centro storico di San Felice al Circeo. Appartenuta, pro-30

Fig. 31/ Lago di Paola. Complesso della Villa di Domiziano (Sabaudia).Carta topografica archeologica, redatta a cura di Italo Gismondi nel1923. Particolare.

Fig. 33/ Lago di Paola. Complesso della Villa di Domiziano (Sabaudia).Planimetria. Legenda: 1. Grande sala ad esedra; 2. Sala ad esedra; 3.Corridoio; 4. 5. 6. 7. Locali del Frigidarium - Tepidarium - Calidarium;8. Palestra; 9. Quadriportico della palestra.

Fig. 32/ Lago di Paola. Complesso della Villa di Domiziano. Veduta.

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31Fig. 35/ Villa della Casarina (Lago di Paola). Disegno di rilievo archeolo-gico: Legenda. A. Grande aula rettangolare di origine romana. B. Recinto.

Fig. 34/ Lago di Paola. Villa della Casarina. Veduta.

Fig. 36/ Villa dei Quattro Venti (San Felice Circeo). Disegno di rilievoarcheologico a cura di Italo Gismondi del 1927. Planimetria della primaterrazza. Legenda: A. I terrazza; B. Zona sottostante la II terrazza.

babilmente, all’ ex triumviro Lepido che trascorse in questiluoghi gli anni del suo esilio, la villa, adagiata sul pendiodel promontorio, sorse su un terrazzamento costituito dadue livelli49. Al di sotto della terrazza più alta, erano situatialcuni ambienti coperti con volta a botte che venivano uti-lizzati come serbatoi mentre un criptoportico copriva il di-slivello tra la prima e la seconda terrazza (fig. 36). Laposizione della villa a mezza costa sul promontorio rendevaunico questo luogo per la bellezza del suo panorama che

ancora oggi spazia su tutto il litorale (fig. 37).Un’altra villa, anch’essa situata su di una altura, ha carat-terizzato con la sua presenza il paesaggio circostante. Sitratta della Villa Giulia, realizzata sul promontorio di PuntaEolo, nell’isola di Ventotene, dove si possono individuare,attraverso i ruderi dell’area archeologica, cortili, stanze,giardini, cisterne e terme, che un tempo costituivano l’im-ponente e scenografica costruzione (fig. 38). Ricordiamoche la villa fu luogo di confino per la figlia dell’imperatoreAugusto, Giulia, da cui la villa prende il nome. Gli am-bienti sono distribuiti senza soluzione di continuità conl’andamento del terreno e si articolano in tre “zone”: ladomus, un’area denominata xystus e la vera e propria resi-denza50. In seguito al progressivo abbandono dell’isola daparte dei Romani, la costruzione fu oggetto di ripetuti sac-cheggi e di spoliazioni.

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