SED16_GIOCHI DI SEDUZIONE

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STEPHANIE LAURENS

Giochi di seduzione

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Beyond Seduction

Avon Books © 2007 Savdek Management Proprietory Ltd.

Traduzione di Rossana Lanfredi

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione I Grandi Storici Seduction aprile 2013

Questo volume è stato stampato nel marzo 2013

presso la Rotolito Lombarda - Milano

I GRANDI STORICI SEDUCTION ISSN 2240 - 1644

Periodico mensile n. 16 del 24/04/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 556 del 18/11/2011 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

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contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Primi di luglio, 1816. Castello di Crowhurst, Cornovaglia «Come diavolo hanno fatto a distruggere il mulino?» Ger-vase Tregarth, sesto Conte di Crowhurst, camminava per l'elegante salotto del castello di famiglia. Era furioso e l'e-sasperazione, che lo spingeva ai limiti della frustrazione, gli colorava il viso, traspariva dal suo tono e da ogni falcata delle sue lunghe gambe. «Devo supporre che ci fossero lo-ro anche dietro tutto il resto? Dietro gli steccati abbattuti, le barche danneggiate, l'inspiegabile suono delle campane della chiesa a mezzanotte?» Si girò e fissò gli occhi nocciola, duri e interrogativi, su Sybil, la sua matrigna, la quale, seduta su un divanetto e con uno scialle di seta sulle spalle, gli restituì lo sguardo con una espressione vacua, come se non capisse bene l'ar-gomento della conversazione. Non si lasciò ingannare: Sybil stava solo prendendo tempo, perché voleva evitare che lui perdesse il controllo. «È così, vero?» La voce si era abbassata, diventando un sordo ringhio. L'immagine degli numerosi viaggi degli ultimi mesi, quando, appena partito per Londra, era stato subito richia-mato a casa a causa di qualche inesplicabile calamità, gli

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attraversò la mente in un lampo, rendendo ancora più fragi-le il suo autocontrollo. «Cosa credono di fare?» Si riferiva alle figlie di Sybil, le sue tre sorellastre, al momento la sventura della sua vita. Belinda, Annabel e Jane avevano preso dal padre, il che spiegava perché la dolce, bionda e gentile Sybil fosse del tutto incapace di controllarle. O di comprenderle. Tutte e tre infatti erano più intelligenti di lei, e anche più forti, e-stroverse, sicure. Gervase era molto simile a loro nel carattere, infatti era-no sempre stati uniti, e come le tre ragazze adoravano il lo-ro unico, e più vecchio, fratello, lui si era abituato ad averle dalla sua parte. O, per lo meno, a vederle agire secondo la logica dei Tregarth, che riusciva a comprendere. Negli ultimi mesi però, da adorabili quanto diabolici mo-nellacci, si erano trasformate in misteriose, sataniche arpie, il cui scopo principale pareva essere quello di farlo impaz-zire. Gervase era convinto che nemmeno Sybil sapesse cosa si nascondeva dietro quegli ultimi sei mesi di guerriglia. Invece, con sua grande sorpresa, lei abbassò lo sguardo e cominciò a giocherellare con le frange dello scialle. «Ec-co...» cominciò, poi si fermò e sollevò il viso su di lui. «Credo sia a causa di quello che è successo alle giovani Hardesty.» «Le Hardesty?» Gervase si fermò e aggrottò la fronte. «Le Hardesty di Helston Grange?» Lei annuì. «Robert Hardesty – Lord Hardesty ora che suo padre è morto – è andato a Londra lo scorso settembre ed è tornato a casa con una moglie.» Il ricordo che Gervase aveva di Robert Hardesty era quello di un moccioso, ma in effetti era una memoria che risaliva a più di dodici anni prima. «Robert ora dovrebbe

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avere... vediamo... venticinque anni?» «Ventisei, credo.» «Ebbene, è un po' troppo giovane per il matrimonio. Tut-tavia se, come suppongo, ha le sorelle da sistemare, ha bi-sogno di una moglie in casa.» Per quel che lo riguardava, il futuro delle sue sorelle era una delle molte ragioni per cui si sentiva costretto a sposarsi. «Le Hardesty dovrebbero avere l'età di Belinda, vero?» «Hanno un anno o due in più, diciotto e diciassette direi. Tutti pensavano che Melissa e Katherine avrebbero debut-tato la stagione scorsa, e che, dopo il matrimonio di Ro-bert... Ebbene tutti ci immaginavamo che Lady Hardesty, una giovane vedova che si dice sia stata una delle donne più belle di Londra, prendesse le ragazze sotto la sua prote-zione.» «Che cosa è accaduto invece?» domandò Gervase. «Robert ha portato la sua sposa a casa poco prima di Na-tale.» Le labbra carnose di Sybil si assottigliarono in una e-spressione di severa disapprovazione. «In gennaio, con la neve che ancora bloccava le strade, ha spedito Melissa e Katherine a trovare la zia, a York. A quanto pare, la sua nuova moglie voleva avere il tempo di sistemarsi nella nuova casa e adattarsi alla nuova vita senza dover badare alle ragazze. Tuttavia ora siamo in luglio e le poverine so-no ancora a York. Nel frattempo Lady Hardesty ha passato la Stagione mondana a Londra ed è tornata alla Grange una settimana fa, con uno stormo di amici al seguito. Pare abbia detto a Robert che non è saggio far tornare le ragazze ora, con tanti gentiluomini di Londra per casa.» Gervase fissò la matrigna. «Devo dedurre... No, le mie sorelle non possono paragonarmi a Robert Hardesty» di-chiarò, trovando semplicemente inconcepibile l'idea. «Eppure è così, caro» rispose Sybil, sgranando gli occhi.

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«Il paragone mi sembra piuttosto ovvio.» Il volto del conte s'indurì. «Santo cielo! Non possono se-riamente credere che...» S'interruppe e guardò la porta, che in quel momento si a-prì per lasciar entrare le tre giovani. Le aveva mandate a chiamare appena era entrato in casa, dopo avere avuto la notizia da Gregson, l'ufficiale giudizia-rio locale, che le tre erano state viste allontanarsi furtiva-mente dal mulino subito dopo mezzanotte. Appena prima che si scoprisse che il mulino non funzionava più. E nonostante gli sforzi del mugnaio continuava a essere fuori uso. A causa del susseguirsi di strani incidenti degli ultimi sei mesi, Gervase e Gregson avevano deciso di far sorvegliare il mulino, ma le ultime colpevoli che si erano aspettati di trovare erano le tre ragazzine che in quel momento avanza-vano nella stanza. Belinda, la maggiore, guidava il piccolo corteo. A sedici anni era già più alta di Sybil e prometteva di far girare la testa di molti uomini con i suoi lucenti capelli castano chia-ro e le lunghe gambe. Tuttavia, a giudicare dall'espressione sul suo visetto a forma di cuore, i malcapitati avrebbero avuto un bel daffare con lei: una determinazione che scon-finava nella ribellione trasudava da ogni suo poro e le face-va lampeggiare gli occhi nocciola. Annabel, con capelli biondo scuro e occhi azzurri, si af-fiancò alla sorella. C'era meno di un anno di differenza tra loro e pochi centimetri, ma mentre la prima aveva comin-ciato a raccogliersi le chiome, la seconda li teneva ancora sciolti sulle spalle. Gervase incontrò il suo sguardo e vi trovò la stessa de-terminazione che aveva visto in quelli di Belinda. Sempre più diffidente, spostò gli occhi sul dolce, delica-

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to visetto della più piccola, Jane, che aveva appena dieci anni e lo aveva sempre adorato. Stretti in due ordinate trec-ce, i suoi capelli erano più scuri di quelli delle sorelle, ma le iridi erano azzurre come quelle della madre. E lampeg-giavano di determinazione. Cercando di restare impassibile, fissò di nuovo le altre due giovani, chiedendosi che cosa mai avesse potuto cam-biarle tanto. Perché non si fidavano più? All'improvviso si rese conto di trovarsi su un terreno più infido di quel che avesse creduto e che doveva avanzare con grande cautela. «Ho appena saputo da Gregson che siete state viste al-lontanarvi dal mulino la notte scorsa, a quanto pare dopo averlo danneggiato, al punto che non ha ancora ripreso a funzionare e John Miller forse perderà i pochi capelli che gli sono rimasti. Ammetto di avere qualche problema a credere che voi tre possiate essere state così insensibili da causare deliberatamente dei problemi a Miller e a coloro che dal mulino ricavano di che vivere. Immagino abbiate avuto una eccellente ragione per farlo e spero che vorrete illustrarmela in modo che io possa giustificare le vostre a-zioni al resto del vicinato.» Belinda sollevò il mento. «Abbiamo una eccellente ra-gione... sia per il mulino che per il resto.» Si fermò un momento, guardò Gervase negli occhi, poi continuò. «Tut-tavia non crediamo che vorrai renderla pubblica. Doveva-mo trovare un modo per riportarti qui da Londra e possi-bilmente farti restare, anche se su quest'ultimo punto non abbiamo ancora avuto successo.» «Sì» intervenne Jane, guardandolo con severità. «Tu sei tornato a casa, hai sistemato i danni, e sei ripartito.» Quindi era colpa sua? Gervase cominciò a sentirsi diso-rientato. «Perché volete che io resti qui?»

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Belinda lo fissò intensamente. «Sospettiamo... Be', tutti i vicini lo sanno... che tu stia a Londra per cercarti una mo-glie e noi non lo vogliamo, ma come facevamo a dirtelo? Non ci avresti ascoltato, è ovvio. Così abbiamo trovato un altro modo per trattenerti.» Gervase le guardò. «Non volete che io trovi una mo-glie?» «Non vogliamo che tu la trovi a Londra» precisò Belin-da, e annuì, imitata dalle altre due. Quindi era come aveva intuito Sybil. Serrando le labbra, Gervase cercò di appellarsi a una pazienza che sei mesi di misfatti e di corse avanti e indietro da Londra avevano no-tevolmente provato. «Vostra madre mi ha parlato della si-tuazione delle Hardesty» disse, riuscendo ad avere un tono di voce pacato. «Credete davvero che potrei sposare una signora alla quale poi permetterei di mandarvi via?» Le tre fanciulle tacquero: ciò che pensavano era scritto nei loro sguardi. Gervase si sentì profondamente insultato, ma non sa-peva come difendersi. Trovava già irritante l'idea di esse-re costretto a farlo. «Io sono più adulto e più saggio di Robert Hardesty, e non mi comporterò mai come lui» di-chiarò. Belinda gli rivolse uno sguardo di sprezzante compati-mento, subito imitata dalle sorelle. «I gentiluomini» sen-tenziò poi, «credono sempre di sapere quello che fanno quando si tratta di signore, ma non è mai così. Sono con-vinti di avere il comando della situazione, invece sono cie-chi. Qualunque dama degna di questo nome sa che un uo-mo, una volta che abbocca all'amo, può essere preso per il naso. Quindi, se una signora attraente di Londra ti ammalia e poi decide – come Lady Hardesty – che non vuole occu-parsi di ragazze come noi, che fine faremo?»

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«Andremo a vivere nel North Riding con la prozia A-gatha» continuò Annabel. «Dunque è evidente perché siamo dovute entrare in a-zione» concluse Jane, e fissò Gervase a occhi socchiusi. Prima che lui potesse replicare, Belinda riprese la parola. «E non ha senso che tu citi la tua età come segno di sag-gezza in queste cose. Hai passato gli ultimi dodici anni lon-tano dalla società... le tue capacità in fatto di signore non sono un po' arrugginite, la verità è che non le hai mai svi-luppate.» «Questo è un campo di battaglia in cui non hai nessuna esperienza, perciò sei vulnerabile» dichiarò serissima Jane. Gervase si sentiva girare la testa. Protese una mano. «A-spettate un momento. Trattiamo questo argomento con un minimo di logica.» Lanciò un'occhiata a Sybil e si rese conto che, per quanto deplorasse le azioni delle figlie, in fondo non dissentiva dalle loro dichiarazioni, perciò da quella parte non gli sarebbe arrivato nessun aiuto. Trasse un profondo respiro e dichiarò: «Per impedirmi di trovare moglie a Londra, voi avete fatto in modo che non ne avessi il tempo». Tre teste annuirono. «Ma voi sapete che io devo prendere moglie, vero?» «Questo è ovvio» lo informò Belinda. «Anche perché, quando noi tre ci sposeremo, la mamma verrà a vivere con noi, perciò tu ti devi sposare presto in modo che lei possa insegnare alla tua sposa a comportarsi da contessa.» «Inoltre» intervenne Annabel, «il fatto che tu ti sposi con la signora giusta ci renderà più facile debuttare nel modo più appropriato, perché tua moglie aiuterà la povera mam-ma, che altrimenti dovrebbe fare tutto da sola.» «E naturalmente» continuò la piccola Jane, «devi gene-rare un erede perché, in caso contrario, alla tua morte la

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proprietà passerà a quel dissoluto del Principe Reggente.» Gervase la fissò, poi spostò lo sguardo sulle altre due. Era evidente che non doveva spiegare loro i fatti della sua vita. «Bene, allora capirete che, per trovare una moglie a-datta, io devo andare a Londra e...» S'interruppe, vedendo tre teste negare con veemenza. «No» dichiarò Belinda. «Non devi scegliere una signora di Londra.» «Se lo fai» profetizzò Annabel, «sarai preso al laccio.» «Cadrai nelle grinfie di qualche arpia e noi non ti saremo vicine per allontanarla.» Le ultime parole le aveva pronunciate Jane. Gervase la guardò, sperando che stesse scherzando, ma trovò in lei la stessa incrollabile determinazione che guidava le altre due. «Ma» chiese, visto che a quanto pareva non aveva altra alternativa, «se non posso andare a Londra a cercarla, dove credete possa trovare una moglie adatta a diventare la mia contessa?» Le sorelle lo fissarono come se stesse deliberatamente facendo il finto tonto. «Qui, naturalmente» lo informò Belinda. «Nel vicinato e nelle città vicine» chiarì Annabel. «In modo da poterla portare a casa, poterle mostrare il castello e noi» aggiunse Jane. «Prima di sposarla.» Allora finalmente Gervase capì. «Voi volete controllare la mia scelta?» «Naturalmente» confermò Belinda. «No.» Il volto si era indurito. Ecco, quella avrebbe dovuto essere la fine della discus-sione. Purtroppo però, negli ultimi dieci anni, le sue sorelle erano diventate ancora più simili a lui... dunque non c'era una sola possibilità di vittoria per il Conte di Crowhurst. Il solo talento che gli aveva permesso di lavorare per ol-

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tre una decade come agente segreto operativo su territori prevalentemente stranieri, sgusciando dentro e fuori dalla Francia durante gli ultimi anni di guerra, era stata la sua capacità di persuasione. Eppure era una abilità che con le sue sorelle non funzio-nava, evidentemente. Loro lo attaccarono su ogni osservazione. Lo spinsero indietro passo dopo passo, fino a condurlo su un terreno scivoloso, in fondo al quale c'era la resa. «Basta!» esclamò alla fine, passandosi una mano tra i ca-pelli. «Non c'è nessuna signora nelle vicinanze che potreb-be essere adatta. Perciò io devo andare a Londra e cercarne una lì.» «Non senza di noi» dichiarò bellicosamente Annabel. «Se tornerai a Londra da solo» lo avvertì Jane, «ci co-stringerai a fare qualche cosa di terribile per indurti a tor-nare.» Lui guardò nelle tre paia di occhi che lo fissavano, cia-scuno determinato quanto i suoi. Quella però era la sua vi-ta. «Molto bene» sibilò, in collera. Le tre ragazze raddrizzarono le spalle. Non lo avevano mai visto infuriato, ma lo conoscevano abbastanza bene per percepire in lui un cambiamento. Con voce gelida, Gervase dichiarò: «Visto che siete con-vinte che nel vicinato esista una signora che possa essere a-datta a diventare mia moglie e che non rappresenti una mi-naccia per voi, voglio stringere un accordo con tutte e tre. Io non tornerò a Londra per i prossimi tre mesi e vi giuro su tutto ciò che è sacro che sposerò la prima dama che in-contrerò che sia idonea per età, rango, temperamento, bel-lezza e compatibilità. In cambio voi la accetterete senza di-re una sola parola». Le fissò, gli occhi duri come pietre. «E non farete più nulla per cercare di influenzare la mia

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scelta, o la mia vita in generale.» Una pausa, poi aggiunse: «Accettate?». Le ragazze lo studiarono, poi Belinda chiese: «E se non trovi nessuna signora adatta nei prossimi tre mesi?». Un sorriso gelido gli incurvò le labbra. «Allora, quando comincerà la Stagione mondana, tornerò a Londra e cer-cherò là. Se siete tanto sicure che una dama idonea mi a-spetti da queste parti, allora dovreste essere disposte a far sì che il destino segua il suo corso e che lei incroci il mio cammino.» Le giovani si guardarono, poi si voltarono verso di lui. Fu Belinda a parlare. «Se prometti sul tuo onore che cer-cherai seriamente, allora... sì, accettiamo l'accordo.» «Bene.» Gervase non aveva intenzione di sentire altro sulla sua presunta incapacità di scegliersi una moglie. Guardò Sybil e aggiunse: «Se volete scusarmi...». Girò sui tacchi e uscì. Doveva andare da qualche parte a far sbollire la rabbia. Era appena uscito nel corridoio che quasi si scontrò con Sitwell, il suo maggiordomo, il quale si fece rapidamente da parte per evitare uno scontro, poi annunciò: «È arrivata Miss Madeline Gascoigne e ha chiesto di voi, milord». Gervase pensò che avrebbe dovuto inghiottire la sua ira. «Dov'è?» «Nell'atrio, milord. Ha detto che la questione non richie-derà molto tempo e che non voleva disturbare Lady Sybil.» «Vado da lei.» Mentre percorreva il corridoio pensò che l'accordo con le sorelle, pur procurandogli un certo fastidio, non lo preoc-cupava affatto. Sapeva bene, perché si era già informato prima di cercare a Londra, che nelle vicinanze non c'era nessuna dama adatta a diventare sua moglie. Avrebbe do-vuto rimandare la ricerca di tre mesi, fino a quando cioè, a

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fine settembre, non fosse tornato nella capitale. Poco male, dato che in ogni caso non si sarebbe mai sottoposto alla e-stenuante sfilza di ritrovi nelle dimore di campagna, il ter-reno di caccia estivo preferito dalle madri in cerca di partiti per le loro figlie. Aveva già preso la decisione di passare l'estate al castello. Dopo avere svoltato un angolo, guardò davanti a sé e vi-de un'alta figura in attesa presso il tavolo rotondo al centro del vasto atrio. Senza dubbio Madeline era venuta a chie-dergli del mulino. Figlia del precedente Visconte Gascoigne, unica del suo primo matrimonio, era la sorellastra maggiore dell'attuale visconte Harold, da tutti conosciuto come Harry, appena quindicenne. I Gascoigne possedevano la proprietà di Tre-leaver Park, situata sopra Black Head, il capo orientale del-la stessa, ampia baia la cui insenatura occidentale era do-minata dal castello dei Conti di Crowhurst. Le due famiglie erano le maggiori proprietarie della zo-na, e dato che, per volere testamentario del defunto padre, Madeline era la tutrice legale dei tre fratelli, incluso Harry, di fatto dirigeva la tenuta e prendeva tutte le decisioni. Era stata allevata proprio per quello, e avendo ricoperto quella posizione dalla morte del genitore, avvenuta otto anni pri-ma, ormai tutti si erano abituati a trattarla come un sostitui-to del fratello, e la rispettavano per la sua abilità oltre che per la devozione al difficile ruolo che le era stato affidato. Poiché aveva passato molti anni all'estero, Gervase non la conosceva bene, ma sapeva della sua esistenza da quasi tutta la sua vita. Quando, udendo i suoi passi, Madeline si girò e un sorri-so le illuminò il volto, notò che era molto più alta della media, poco più bassa di lui. Come al solito quando caval-cava per la contea, vestiva di scuro, quel giorno di marro-

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ne. Stringeva in una mano un cappello con la tesa larga che le serviva per proteggersi la pelle chiara dal sole, ma so-prattutto per trattenere la folta chioma, legata in un nodo sulla sommità della testa, dal quale sfuggivano riccioli ri-belli: l'alone ramato così creato intorno al viso le conferiva l'aria di una madonna. I capelli erano tuttavia l'unica ca-ratteristica del suo aspetto che pareva sfuggire al suo con-trollo: in tutto il resto pareva severamente trattenuta. Mentre Gervase si avvicinava, protese una mano inguan-tata, che lui prese. «Madeline.» «Gervase» esordì lei, poi la sua espressione cambiò. «Sono qui per chiedervi scusa.» Lui aggrottò la fronte. «Credevo foste qui per il mulino.» Sorrise. «No, anche se ho saputo del vostro problema. È bizzarro che siano coinvolte le vostre sorelle. Avete sco-perto perché lo hanno fatto? O forse, come dicono i miei fratelli, "in quel momento sembrava una buona idea"?» Gervase fece un sorrisetto amaro. «Una cosa del genere. Di che cosa siete venuta a scusarvi?» «Ecco, temo che quei diavoli dei miei fratelli abbiano ri-tenuto che fosse divertente mettere il vostro toro tra le vo-stre mucche da latte. Non chiedetemi perché, la loro logica mi sfugge. In ogni caso li ho già mandati a scusarsi con il mandriano e hanno rimesso il toro nel suo campo. Non cre-do la loro bravata avrà altre conseguenze.» Gli occhi gri-gioverdi divennero più cupi. «Avrei dovuto aspettarmi qualcosa del genere da loro, visto che sono a casa per le vacanze estive, ma speravo che ormai fossero cresciuti per certe monellerie.» Gervase inarcò le sopracciglia, camminando con lei verso la porta d'ingresso. «Harry ha quindici anni, non è vero? Ebbene, presto smetterà di combinare guai, ma vi

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assicuro che rimpiangerete questo periodo.» «Mmh... si deve fare attenzione a ciò che si desidera, non è così?» replicò arricciando il nasino dritto. «Forse a-vete ragione.» Nell'ombra del portico si fermarono a chiacchierare del raccolto, del mulino e della miniera locale di stagno, nella quale entrambi avevano interessi. Come tutti i gentiluomini del vicinato, anche Gervase aveva imparato a rispettare le opinioni di Madeline e a farvi affidamento, poiché deriva-vano da fonti di informazioni più ampie di quelle cui i Crowhurst potevano attingere. Non c'era mercante, minatore o agricoltore che non par-lasse con Miss Gascoigne della sua attività. E così le loro mogli. Lei sollevò lo sguardo verso il sole. «Ora devo proprio andare. Grazie per aver compreso la storia del toro.» Con un sorriso gli tese la mano. Stringendogliela, Gervase l'accompagnò nel piazzale, dove un cavallo, un possente e alto sauro che ben poche donne avrebbero montato, l'aspettava. Tenne le redini men-tre lei montava a cavalcioni. Per questo indossava i panta-loni sotto la gonna, un fatto che ormai nessuno, nemmeno la più severa delle vedove, considerava più degno di nota. Con un ultimo sorriso e un brusco saluto, Madeline si al-lontanò al trotto. Gervase rimase a osservarla, riflettendo pigramente che nessuno la trattava come se fosse una donna e nessuno la trattava come se fosse un uomo, dandole pacche sulla schiena o offrendole del brandy. Madeline occupava una posizione unica, perché, sotto molti aspetti, era unica. Tornando verso il castello, scoprì d'un tratto che si senti-va calmo e in grado di affrontare qualunque problema gli si ponesse davanti.

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La conversazione con Madeline, pacata, ragionevole e razionale, lo aveva placato. Perché le sue sorelle non pote-vano somigliarle? Quando rientrò nel salotto Belinda, Annabel e Jane erano davanti alla finestra che si affacciava sul piazzale e dalla quale avevano ovviamente osservato il suo incontro. Sybil, sul divanetto, aveva senza dubbio ascoltato il loro resocon-to. Tutte e quattro si voltarono a guardarlo con la stessa, i-dentica espressione di ansiosa aspettativa. Lui le fissò. «Ebbene?» «Pensavamo che forse avresti potuto invitarla a entrare» disse Belinda. «Madeline? E perché?» Lo guardarono tutte come se avesse perduto il senno, e alla fine fu Belinda che si degnò di spiegargli la situazione. «Non sarebbe una moglie adatta?» Lui le fissò di nuovo, senza riuscire a trovare una rispo-sta, così indurì il volto e assunse la sua espressione più im-penetrabile. «Devo andare al mulino. Ci rivedremo più tar-di.» E senza un'altra parola, uscì dalla stanza. Quella sera Gervase entrò nella biblioteca che fungeva anche da studio, si versò un brandy, ripensando agli eventi della giornata, e con il bicchiere in mano si lasciò sprofon-dare in una poltrona di cuoio. Bevve un sorso e si concen-trò sul problema che da tempo non lasciava mai del tutto la sua mente: la mancanza di una moglie. Quando, l'anno precedente, aveva dato le dimissioni dal suo incarico, aveva pensato che era finalmente libero di diventare Conte di Crowhurst anche di fatto, oltre che di nome, e che dunque il suo passo successivo sarebbe

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stato quello di trovarsi una moglie. Quando poi un gruppo di colleghi che, come lui, aveva-no trascorso gli ultimi anni a lavorare come agenti segreti agli ordini di un personaggio misterioso che loro conosce-vano soltanto con il nome di Dalziel, aveva proposto di riunirsi e costituire un club privato per difendersi dalle in-cursioni delle madri dell'alta società a caccia di mariti per le loro figlie, aveva accettato, ritenendola una eccellente idea. Il Bastion Club, in effetti, si era rivelato molto effica-ce nel facilitare la ricerca di mogli adatte per quasi tutti i suoi appartenenti. In quel momento soltanto due degli ori-ginari sette membri, erano ancora celibi: Christian Allar-dyce, Marchese di Dearne, e lo stesso Gervase. Christian doveva nascondere un segreto, ne era certo. Una qualche ragione per cui, pur avendo passato quasi tutto il suo tempo nelle sale da ballo ed essendo il più ricco in quell'ambiente, pareva incapace di provare un interesse, sia pure passeggero, per qualunque dama. Lui, invece, non aveva segreti, non aveva scuse. Voleva sposarsi, voleva trovare la donna giusta e fare di lei la sua contessa. Aveva deciso di cominciare la ricerca in febbraio, ma erano passati sei mesi e non aveva ancora ottenuto nul-la. Il senso di fallimento lo torturava. Era un uomo abituato a raggiungere ciò che voleva, quindi incapace di accettare la sconfitta. Sei mesi, e non aveva trovato niente. Né la situazione sa-rebbe cambiata in quei tre estivi. Vuotò il suo bicchiere e si costrinse ad accettare la real-tà, a metterla da parte e a rivolgere il pensiero a un proble-ma più urgente, quello riguardo al quale poteva fare qual-cosa. Miss Madeline Gascoigne.

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Aveva fatto un patto con le sorelle, ma naturalmente si era lasciato una via d'uscita. Tra i criteri che aveva elencato loro c'erano l'età, il rango, il temperamento e la bellezza, fattori su cui le tre ragazze avrebbero potuto esprimere un giudizio, ma la compatibilità doveva essere esclusivamente lui a stabilirla. In effetti era stato davvero lungimirante, perché sotto gli altri aspetti Madeline era più che adeguata. Doveva avere circa ventinove anni, quindi forse era un po' in là con gli anni, ma non si poteva considerare un fat-tore negativo dal momento che lui ne aveva trentaquattro. Anzi, a dirla tutta, preferiva una moglie non troppo gio-vane, che conoscesse un poco la vita. Inoltre, in quanto figlia del defunto Visconte Gascoigne, lei possedeva decisamente il rango sociale adatto a ri-coprire il ruolo di contessa, oltre ad avere ereditato una considerevole somma di denaro da certi parenti materni. E dato che i Gascoigne erano ricchi, avrebbe di certo avuto una consistente dote. Per quel che riguardava il temperamento, lui non riusci-va a immaginare una dama più competente, calma e ca-pace. L'ultimo requisito era la bellezza. Considerando quell'a-spetto, Gervase aggrottò la fronte. Anche se aveva un'otti-ma memoria visiva, quando si trattava di Madeline... In-somma, sapeva che era attraente e particolare più che gra-ziosa, ma gli era difficile valutare realmente il suo aspetto. Il fatto era che non pensava mai a lei come a una donna, come se tutti gli anni passati a trattarla come il sostituto di un uomo gli avessero in un certo senso intorpidito i sensi nei suoi confronti. In ogni caso, supponeva che sì, anche quella prova poteva ritenersi superata. Rimaneva dunque la compatibilità.

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Aveva promesso sul suo onore di conoscere meglio o-gni possibile candidata, e quindi avrebbe trascorso un po' di tempo con Madeline, il minimo indispensabile per sta-bilire in che cosa non fosse adatta a lui e dunque rendere più credibile la sua dichiarazione di incompatibilità. Sentì il brandy cominciare a fargli effetto, riscaldandolo e rilassandolo. Sì, avrebbe passato qualche tempo con Madeline, dopo-diché sarebbe tornato a Londra e avrebbe trovato una mo-glie.

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AMANDA MCCABE

INGHILTERRA, 1564 - Celia non può rifiutare l'offerta della Regina Elisabetta I di fare parte della delegazione in partenza per la Scozia, ma è molto turbata per la presenza di John Brandon. L'incontro tra loro riapre vecchie ferite e riporta Ce-lia indietro di tre anni, a quando coltivava speranze e sogni d'amore. Durante il viaggio, tuttavia, l'astio si trasforma in una bruciante attrazione che la porta a dividere con il genti-luomo momenti di passione infuocata. E così, tra accesi litigi e baci incandescenti, tra parole rabbiose e fremiti della pelle, una debole luce si riaccende nel cuore di Celia. Ma...

Carezze selvagge

Giochi di seduzione STEPHANIE LAURENS

INGHILTERRA, 1816 - Gervase Tregarth, Conte di Cro-whurst, è tornato in Cornovaglia per cercare moglie, come ha promesso alle sorelle, ma se non avrà successo entro tre mesi sarà libero di tornare a Londra. Decide di fingersi interessato alla loro vicina di casa, Madeline, della quale è certo che non si innamorerà mai. Lei però si rivela una donna affascinante e Gervase capisce ben presto di esserne inesorabilmente attrat-to. Così una sera, complici la luna e le stelle, cede alla passio-ne e la bacia. Da quel momento un'unica idea gli occupa la mente: sedurla e iniziarla al piacere dei sensi. Prima però...

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JENNIFER ASHLEY

INGHILTERRA, 1884 - Quando Eleanor riceve delle fotogra-fie che ritraggono il suo ex amante in tutta la sua virile nudità, non può che ricordare i torbidi piaceri dei sensi cui lui l'ha i-niziata. Così, intravedendo la possibilità di rinnovare l'amici-zia con l'avvenente gentiluomo, decide di svelare il mistero di quello che appare come un potenziale scandalo. Invece si ri-trova avviluppata in una rete di infuocata passione. Hart, però, che ha fama di incallito libertino, nasconde un passato diffici-le dal quale sta tentando di riscattarsi. Il ritorno di Eleanor nella sua vita segnerà il suo riscatto o la sua perdizione?

Amore e perdizione

Incantevole ossessione MARGARET MALLORY

SCOZIA, 1508 - 1513 - Accusato ingiustamente di aver com-promesso la giovane Sìleas, dopo le nozze Ian è andato a combattere in Francia. Quando torna in Scozia, scopre sorpre-so che la moglie si è trasformata da goffa e insignificante fan-ciulla in una tentatrice affascinante. E che non ha la minima intenzione di rimanere sposata con l'uomo che l'ha abbando-nata. Per un fiero guerriero come Ian, si tratta di una sfida ir-resistibile, così mette in campo tutte le proprie armi di sedu-zione per riconquistare quella giovane donna tanto sensuale, capace di risvegliare in lui una passione infuocata. Ma...

Dal 12 giugno

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Joanne Rock

Francia - Inghilterra, 1250 - Nulla sembra in grado di turbare la coscienza di Lucian Barret, nemmeno rapire una novizia dal convento. Tanto più che con-durre Melissande dall'uomo a cui un tempo era promessa gli consentirebbe di ripagare il debito che sente di avere nei confronti del fratellastro. Ma durante il viaggio un'inaspettata attrazione minaccia di sgre-tolare la barriera che Lucian ha eretto attorno al proprio cuo-re, e la determinazione di Melissande a prendere i voti sem-bra affievolirsi. Ma quale futuro attenderebbe la fanciulla se decidesse di legare la sua vita a quella di un uomo prigioniero del passato?

Il diavolo e l'acqua santa

Il principe dei ladri Tanya Anne Crosby

Scozia, 1831 - Quando parte per la Scozia, Merrick Welbour-ne non si aspetta certo di essere aggredito da un brigante che gli assomiglia come una goccia d'acqua e tanto meno di ri-svegliarsi a Glen Abbey Manor, dove tutti danno per scontato che lui sia Lord Lindale. Il giovane si rende subito conto che il bandito è il suo gemello e che la padrona di casa è la loro madre. Ma che cosa può aver indotto la gentildonna ad ab-bandonarlo? E perché suo fratello si è dedicato al brigantag-gio? Deciso a scoprire la verità, Merrick trova nella bellissima Chloe un'inconsapevole alleata... e anche qualcosa di più.

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MERIEL FULLER INGHILTERRA, 1193 - Un'inaspettata complicità lega fin dal primo momento Brianna e il Conte di St. Loup. Ma basterà a sconfiggere la solitudine dei loro cuori?

Una dama da salvare

I misteri di Blackberry Manor ERICA RIDLEY

INGHILTERRA, 1813 - Ospite del cupo Gavin Lioncroft nel suo tetro maniero, Evangeline si innamora di lui anche se tutti lo credono uno spietato assassino. E lotta per salvarlo.

Lo scandaloso segreto di Lisette HELEN DICKSON

INGHILTERRA, 1816 - Quando Lisette torna a Londra, il pri-mo uomo che incontra è lo stesso che le ha salvato la vita in India, Ross Montague. E l'attrazione che vibra tra loro...

CARAIBI, 1727 - In cambio di un passaggio sul vascello del capitano Drake, Gilly accetta di cantare per lui. Ma il perico-loso pirata, vittima del suo fascino, non rispetta i patti...

JENNIFER BRAY-WEBER Il bacio del capitano

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