Prolusione al corso di rilievo Una definizione del rilievo 18 febbraio 2008.
Scuole in Rilievo anno 5 numero 14
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SCUOLE inSCUOLE inSCUOLE in RILIEVO
Anno 5, Numero 14
Febbraio 2012
Periodico di informazione scolastica e di
promozione culturale e didattica a cura
dell’Istituto Comprensivo “P.M. Pozza”
di Lusiana e della Direzione Didattica “A.
Cuman Pertile” di Marostica
ISTITUTO COMPRENSIVO “P.M. POZZA” LUSIANA — DIREZIONE DIDATTICA “A. CUMAN PERTILE” MAROSTICA
Reg. Trib. di Bassano del Grappa n. 8/07 del 03.12.2007
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La Gazzetta Storica
L’ITALIA IN
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ARTE, STORIA, SCIENZE, TECNOLOGIA, AM-BIENTE NATURALE, GIORNALISMO, ZOOTEC-NIA, GIARDINAGGIO, SPAZI SPORTIVI E CUL-TURALI, INFORMATICA, GASTRONOMIA
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Sommario
SCUOLE inSCUOLE inSCUOLE in RILIEVO
Per la pubblicità su questo giornale: tel. 338 8234783 oppure: [email protected]
Responsabile del progetto Fabio Cusinato
Redazione Direttore responsabile: Silvano Mocellin Redattori: Rosanna Bertoncello, Fabio Cusinato, Maria Angela Rela, Emanuela Maino, Sergio Carlesso, Giovanni Costa, Marivana Guderzo, Antonella Alberti, Roberta Spagnolo, Mara Tasca, Michela Pigato.
Hanno collaborato Bambini, ragazzi, genitori e insegnanti di tutte le classi
Grafica Fabio Cusinato
Stampa L.G.VI. srl - 36030 Costabissara (VI)
In copertina Disegno di Dinesha Guderzo, Scuola dell’Infanzia di Crosara
In questo numero
Spaziogiallo
UCCELLI MIGRATORI 9
IL DUBBIO DEL PIRATA 9
IL CAMION DEI DRAGHETTI 10
PESANTE E PELOSO 10
STORIE DI VESCOVI E MARINAI 11
TERRA! TERRA! 11
NAUFRAGIO 12
IL MIO AMICO CORETTI 12
CUORE 13
LA PICCOLA VEDETTA 13
LA GAZZETTA STORICA 14
IL MIO COMPAGNO CONIGLIO 16
L’ULTIMA NEVE IN KABERLABA 16
LA CITTA’ DI ROCCIA 17
CACCIA ALLE IMPRONTE… 17
I ROMANI SULLO SHUTTLE 18
UN’OMBRA NELLA NOTTE 19
I COLORI DELL’AMICIZIA 20
UNA CARICA DI ENERGIA 20
UNA PERSONA IMPORTANTE 20
IL PROFUMO DEL RICORDO 21
LA FORTEZZA DELLA CAMPAGNA 21
A SCUOLA CON PEGGY 6
IL PICCOLO POMPIERE 7
OPERARE CON LA REALTA’ 8
FUN SCIENCE 8
Le nostre scuole
Il punto ARTEFICI DELLA PROPRIA CULTURA 5
Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
Dal territorio CIAMAR MARZO 22
Speciale in Rilievo
NAUFRAGIO a pagina 12
STORIE DI
VESCOVI E
MARINAI a pagina 11
UN’OMBRA NELLA
NOTTE a pagina 19
I COLORI DELL’AMICIZIA a pagina 20
La Gazzetta Storica
L’ITALIA IN GUERRA pagina 14 IMMAGINI DI CARNEVALE 27
La redazione
In Scena PER MILLE REAMI 23
5
SCUOLE inSCUOLE inSCUOLE in RILIEVO
Il punto
Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
L’Italia è senza dubbio uno dei pochi paesi in cui la
qualità dell’insegnamento pubblico è paragonabile
a scuole private di grande caratura a livello euro-
peo. La sua peculiarità deriva dal fatto che lo
studente, uscendo da una scuola media superio-
re, possiede una cultura generale molto ampia,
tale per cui può benissimo competere con un
alunno di un’altra scuola europea in qualsiasi
ambito e, in molti casi, superarlo. Il problema
principale rimane che molte scuole sono, senza
dubbio, migliori di altre ma non riconosciute a
livello europeo e perciò il diplomato che volesse
trovare impiego all’estero deve sempre faticare,
perché la reputazione media degli istituti italiani
non è sempre all’altezza delle aspettative. A tal
proposito basti pensare per esempio che cono-
scenze elettrotecniche possono essere certifica-
te parimenti da istituti professionali e da tecnici.
La differenza a livello europeo non è chiara. Se da
un lato uno studente di un professionale riceve
un’istruzione di tipo pratico, dall’altro chi esce da
un tecnico avrà anche un bagaglio teorico che lo
avvicina a quello che, nei paesi anglosassoni,
viene chiamato “problem solving”, ossia l’abitudi-
ne sistematica a porsi di fronte ad un problema e
a trovare una soluzione elegante. Per questo
motivo serve un modo univoco per riconoscere
delle competenze che siano anche valide in ambi-
to europeo. Per spiegare più da vicino il sistema
italiano si deve fare un passo indietro nel tempo
fine ad arrivare alla riforma Gentile. Tale riforma
prevedeva e prevede tuttora che gli insegnanti
seguissero dei programmi ministeriali indicanti,
per ogni scuola e per ogni materia, quali doves-
sero essere gli argomenti principali da trattare
durante l’anno. Questo, se da un lato ha permes-
so l’uniformarsi a livello nazionale, delle compe-
tenze richieste dallo studente, ha però portato
alla fossilizzazione del sistema scolastico, con
insegnanti che, nella maggioranza dei casi, una
volta compiuto lo sforzo di creare le lezioni per
uno o due anni, hanno ripetuto la stessa, passate-
mi la parola, minestra fino al pensionamento. I
problemi principali sono due: non ci si adegua
all’evolversi della conoscenza e non è possibile
confrontare in Europa quanto studiato in Italia.
Da qui si è partiti per la discussione di una rifor-
ma del metodo di insegnamento e la più volte
reiterata parola “competenze” diverrà, nei pros-
simi anni, il nocciolo della questione. Una compe-
tenza è sostanzialmente una capacità, maturata
nel corso di anni di studi di approccio metodico
ad un problema. Parlare di competenze invece
che di materie di studio, ribalta totalmente la
concezione italiana che per uscire da una scuola
bisogna dimostrare di aver studiato a fondo tutti i
programmi ministeriali. Studiare non significa
però abituarsi alla generalizzazione e questo è
quello che viene richiesto in un mondo del lavoro
che punta sempre di più alla creatività. Se da un
lato quindi lo studente italiano è portato ad avere
ampia base teorica, lo studente europeo dovrà
invece saper usare quella teoria per generare
opere creative ed originali. Diverrà quindi un
piccolo ricercatore che analizza il problema e lo
sa risolvere. Come si può arrivare a fare questo
passo? L’argomento è ancora oggetto di discus-
sione ma è importante essere informati su alcu-
ne delle bozze che sono circolate di recente. Per
raggiungere una serie di competenze innanzi
tutto il consiglio di classe dovrà scegliere un
obiettivo, un argomento di studio, concordato con
professori, studenti e genitori. Dato che esso
verrà deciso direttamente con gli studenti sarà
anche molto più stimolante dal loro punto di vista.
A questo punto si dovrà discutere un percorso
didattico da realizzare in un definito arco di tem-
po (e.g. 1 anno scolastico) nel quale compaiono
ARTEFICI DELLA PROPRIA
CULTURA Dal programma gentiliano alle competenze di Luigi Mottin
delle competenze specifiche nei vari ambiti
(matematica, fisica, italiano e così via). Per fare
un esempio pratico, pensiamo che ipoteticamente
il consiglio di classe decida di trattare un anno il
tema dell’acqua e conseguire l’obiettivo di fornire
al Comune degli studi sulla sua qualità nel territo-
rio. Per raggiungere lo scopo gli insegnanti do-
vranno costruire un programma che integri
chimica, fisica, storia, etica per arrivare a certifi-
care che lo studente ha veramente appreso tutto
ciò che serve per effettuare le analisi. I vantaggi
di un tipo di approccio come questo sono molte-
plici. Dal punto di vista dello studente, dato che la
scelta è stata pattuita con lui si sentirà stimolato
all’approfondimento delle diverse materie. Dal
punto di vista del corpo docenti che saranno
portati a collaborare tra di loro per ottenere un
risultato corale. Dal punto di vista della scuola
che potrà certificare a livello europeo l’obiettivo
raggiunto mostrando i risultati e, a fine anno,
certificare le competenze che gli studenti hanno
raggiunto. Ovviamente la strada verso questo
metodo non è lineare e richiede enormi sforzi in
quanto comunque non si può offrire una licenza di
scuola media superiore allo studente che non
abbia dimostrato sufficiente interesse in almeno
un numero di competenze. Ma coloro che otter-
ranno il titolo avranno molte più possibilità a
livello europeo e soprattutto saranno artefici
della propria cultura personale, permettendo di
diversificare le persone tra di loro in base alle
propensioni che esse espongono.
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Scuola dell’Infanzia “Maurizio Guderzo” - Crosara
Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
Davvero stimolante il tema del progetto “Arte
e tecnologia” che, per la sua settima edizione,
la Collezione Peggy Guggenheim, propone a
tutte le scuole del Veneto, in collaborazione
con la Regione. L’iniziativa, ideata da Elena
Ciresola, con la consulenza artistica di Luca
Massimo Barbero, curatore associato della
Collezione Peggy Guggenheim, considera gli
insegnanti di ogni ordine di scuola come i
mediatori fondamentali tra studenti, famiglie
e musei. L’obiettivo è quello di inserire l’arte
all’interno dei progetti scolastici e di favorire
la rottura delle “barriere disciplinari”. L’arte,
infatti, non è una semplice materia di studio,
ma diventa lo sfondo di tutti gli interventi
educativi e, con le sue caratteristiche polise-
mantiche, unisce e fa dialogare i diversi cam-
pi disciplinari. Durante l’anno scolastico, gli
studenti che aderiscono all’iniziativa, sotto la
guida dei loro docenti, sono invitati a svilup-
pare il tema proposto, sia affidandosi alla
loro creatività, sia cogliendo le molteplici
affinità che legano la ricerca artistica a quel-
la scientifica, musicale, filosofica, architetto-
nica e letteraria. Il tutto culmina con una
visita guidata alla Collezione
Guggenheim, prevista per noi
tigri e coccinelle per il 21 apri-
le, durante la quale i bambini
potranno “leggere l’arte” utiliz-
zando gli strumenti interpreta-
tivi affinati nel corso del pro-
getto e, quindi, in mesi di attivi-
tà. Tutti i lavori fatti potranno,
inoltre, essere condivisi grazie
alla piattaforma del Social
Network cognitivo ThinkTag Smart, disponibile
alla pagina internet www.thinktag.org/it/groups/arte-e-tecnologia. Qui potrà avveni-
re, creativamente, lo scambio tra risorse,
materiali, bibliografie, idee e spunti di rifles-
sione. Sono anche disponibili i materiali di-
dattici proposti dallo staff della Collezione
Peggy Guggenheim. Dialogo, confronto di
opinioni, educazione visiva, espressione delle
idee e delle sensazioni, piattaforme sul web.
Sono queste le strategie usate dai formatori.
Non sono forse troppo ambiziose per la
scuola dell’infanzia? In che modo i bambini
possono sviluppare idee così complesse?
La risposta è data dal grande numero di ela-
borati inviati ogni anno proprio dai più piccoli.
Ormai, tutti i pedagogisti sono concordi
nell’affermare che l’arte, sin dai primi anni di
età, abbia una fondamentale valenza educati-
va e possa essere utilizzata con grande effi-
cacia per stimolare la padronanza del lin-
guaggio, sviluppare il pensiero logico-
matematico, potenziare la capacità rappre-
sentativa di tipo grafico e favorire l’acquisi-
zione della sensibilità estetica. Quando poi gli
insegnanti prendono alla lettera la racco-
mandazione di Bruno Munari “Non dire cosa
fare, ma come fare”, i risultati sono straordi-
nari. Il massimo protagonista del design e
della grafica del XX secolo fa dell’uso della
creatività il pilastro portante di tutto il suo
metodo: ogni bambino ha diritto di utilizzare
la sua fantasia e di essere continuamente
stimolato alla pratica inventiva senza i vincoli
e i condizionamenti degli adulti. Allo stesso
modo il progetto “A Scuola di Guggenheim”
prevede che i bambini esprimano tutto il loro
mondo con libertà e curiosità per diventare,
da adulti, profondi, creativi, sicuri di sé.
A SCUOLA CON
PEGGY Inserire l’arte nei progetti scolastici di Piera Corradin
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IL PICCOLO POMPIERE Dalla cura per l’ambiente alle emergenze dei Vigili del Fuoco di Antonella Alberti
SCUOLE inSCUOLE inSCUOLE in RILIEVO
Scuola Primaria “Dante Alighieri” - Santa Caterina
L'esperienza dell'educazione ambientale è
proseguita anche nella seconda parte
dell'anno scolastico. Protagonisti sono stati
gli alunni di tutte le classi e l'ETRA, che ha
offerto delle lezioni sulla raccolta differen-
ziata. L'attività si è svolta in classe con grup-
pi di alunni. Si sono analizzati i vari tipi di
rifiuti e le modalità di raccolta. Gli alunni
hanno mostrato interesse e partecipazione,
ma anche sensibilità: ora, quando hanno dub-
bi, chiedono sempre dove devono buttare i
rifiuti. Si può quindi affermare con certezza
che l'educazione ambientale ha dato i suoi
frutti. Per restare in tema ambientale e di
sicurezza, i Vigili del Fuoco di Vicenza hanno
tenuto una lezione sui comportamenti corret-
ti da assumere sia per evitare che per af-
frontare eventuali incendi. Hanno inoltre
ARRIVA LA “LIM” di Antonella Alberti
Si segnala che la scuola di Santa Caterina è stata dotata da qualche mese della LIM (Lavagna Interattiva Multimediale), ottimo strumento per
impostare in modo innovativo la didattica. Il
sogno sarebbe quello di dotare ogni classe di questo strumento. Quest'anno si è cercato di
proporre ai bambini percorsi di crescita umana e civile sia con attività mirate che nella quotidia-nità dell'insegnamento.
Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
mostrato il loro equipaggiamento e il camion
con tutti gli strumenti che utilizzano. Inutile
dire il fascino che hanno suscitato negli alun-
ni e l'emozione provata nel salire sul camion.
E' stata interessante la loro proposta per far
sì che ogni bambino diventi un piccolo pom-
piere a casa e a scuola. I bambini sono stati
invitati a una giornata di formazione ludica a
Lusiana domenica 15 aprile e infine sono stati
invitati alla manifestazione regionale ad Asia-
go il 27 maggio.
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Scuola Primaria “Giovanni Pascoli” - Marsan
Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
Dopo vari incontri di conoscenza dei principi,
dei valori, delle finalità di una cooperativa, e in
particolare di una ACS (Associazione Cooperati-
va Scolastica), i ragazzi di 4^ e 5^ della scuola
Primaria di Marsan, hanno istituito due Coope-
rative scolastiche in collaborazione con la Ban-
ca di Credito Cooperativo di San Giorgio e Valle
dell’Agno. La classe 4^ ha costituito un Autola-
vaggio con punto di ristoro, la classe 5^ un
Giornalino, ‘’Quinta la notizia’’. L’ACS è una
simulazione d’impresa a fini didattici, in cui i
ragazzi vengono aiutati, da formatori ed inse-
gnanti, a trasformare un’idea in un progetto
concreto. Il percorso deve essere ben preciso e
ha lo scopo di aiutare gli alunni a sviluppare non
solo l’idea che a loro piace, ma anche
e soprattutto l’idea che possono effet-
tivamente realizzare. Solidarietà,
democrazia, collaborazione, centralità
della persona e rispetto per l’altro,
creatività, idee, capacità di assumere
e realizzare iniziative personali, questi
sono i valori e i principi che i ragazzi
sperimentano lavorando a questo
progetto. Essi non vengono chiamati
ad acquisire passivamente una serie
di nozioni, ma a lavorare concreta-
mente, insieme, per il raggiungimento di un
obiettivo comune di loro libera scelta. Individua-
re l’idea, organizzare il gruppo, stabilire la pro-
cedura (il tutto attraverso l’assemblea e il con-
siglio di amministrazione), sono modalità di
approccio nuove che li porta emotivamente a
rafforzare l’autostima personale. Consolidano
una relazione positiva con i compagni, acquisi-
scono responsabilità e un’autonoma capacità di
scelta. L’entusiasmo degli alunni è la conferma
della validità di questa modo di operare … ops,
cooperare. L’Autolavaggio sarà esecutivo nei
giorni 28 Aprile e 5 Maggio, presso la Scuola
Primaria. Nello stesso periodo ci sarà la vendita
del Giornalino ‘’Quinta la notizia’’.
OPERARE CON LA REALTA’ Marsan si apre alla scuola coop-attiva A cura del plesso di Marsan
FUN SCIENCE Scuola Primaria di Marsan
Giovedì 23 febbraio 2012, tutte le classi del Plesso di Marsan sono state coinvolte in una entusia-smante Gimkana Scientifica, svolta a scuola, dal
titolo: “Perché mangiamo, cosa mangiamo, man-
giamo sano ’’, proposta dall'Associazione culturale Fun Science che da anni suggerisce un metodo
innovativo per insegnare ai bambini i principi scientifici in modo divertente. La gimkana è stata strutturata in tre postazioni con contenuti diversi,
all’interno delle quali le classi potevano sperimen-
tare a rotazione le attività proposte dagli scienziati attraverso “esperimenti” ludici con valenza scien-
tifica. Nella prima postazione, “Perché mangiamo”,
i bambini hanno compreso cosa succede al nostro
corpo quando mangiamo e come il nostro organi-smo trasforma il cibo in energia. Nella seconda
postazione, “Cosa mangiamo”, hanno conosciuto l’origine degli alimenti e le loro caratteristiche nutritive. Nella terza postazione, “Mangiare sano”,
hanno scoperto il significato della piramide alimen-
tare, la giusta dose e la diversificazione degli alimenti da distribuire durante la giornata per una
corretta alimentazione. Non poteva mancare una prova culinaria: i bambini hanno simulato la prepa-
razione di un pasto, il più vario e diversificato
possibile, e alla fine sono stati proclamati gli
chef vincitori. A conclu-
sione di questa giornata-laboratorio, la sera
stessa è stato presen-tato in Aula Magna delle Scuole Medie, lo spetta-
colo teatrale “Il naufra-
gio”, ovvero come sopravvivere su un’isola
deserta con scoppiet-tanti ingegni!
9
SCUOLE inSCUOLE inSCUOLE in RILIEVO
Spaziogiallo
Che cos’è il Mind Lab? Letteralmente significa
“Laboratorio della mente”. In realtà è un’atti-
vità che aiuta a sviluppare il nostro modo di
pensare, ci aiuta ad imparare come pensare.
Ma come? Noi alunni “alleniamo” il nostro
cervello ogni settimana attraverso dei giochi
da tavolo, che sono dei veri e propri giochi di
pensiero, ma tanto è il divertimento e il coin-
volgimento che nemmeno ce ne accorgiamo!
Questa nuova materia, perché così è da con-
siderarsi, sta modificando il nostro modo di
stare a scuola con gli amici, con i compagni,
perché attraverso questi giochi stiamo impa-
rando a rispettare le regole, a giocare cor-
rettamente, a rispettare il nostro avversario,
ops, noi lo chiamiamo opponente, ed anche a
perdere con dignità. E non è sempre facile!
Stiamo imparando che le situazioni che ci
vengono proposte nei giochi le possiamo
ritrovare nella vita di tutti giorni. Il metodo
del semaforo: come ci può aiutare il semafo-
ro della nostra mente? Luce rossa ci chiede
di fermarci, ci indica che davanti a noi c’è una
situazione che richiede la nostra attenzione.
Luce gialla ci indica che dobbiamo prepararci
ad agire, pianificando le nostre prossime
azioni. Luce verde ci dice infine di agire. Il
metodo del detective: il detective indaga,
cerca le tracce, gli indizi per risolvere i mi-
steri. Il porre delle buone domande, per il
detective, è fondamentale per arrivare alla
soluzione delle situazioni che gli si presenta-
no. Con le domande anche noi possiamo rac-
cogliere informa-
zioni che ci aiuta-
no a trovare la
soluzione al pro-
blema. Il metodo
dell’albero del
pensiero: immagi-
niamo un albero;
da ogni ramo albe-
ro partono altri
rami, che possono
portare ad un
frutto, ad un fiore
o ad un ramo
secco. I rami rap-
presentano le
conseguenze di
ogni scelta. Dob-
biamo valutare e scegliere quella che ci sem-
bra essere la migliore. Il metodo degli uc-
celli migratori: essi volano secondo una
posizione ben definita; chi sta davanti,
“taglia” l’aria aiutando il volo degli altri e,
quando è stanco, un altro uccello prende il
suo posto, garantendo a tutti di arrivare a
destinazione. Gli uccelli migratori ci insegna-
no che ognuno di noi contribuisce al succes-
so di un gruppo, ricevendo a sua volta aiuto
dagli altri. Pensare, riflettere, valutare, colla-
borare. Queste le parole d’ordine del Mind
Lab, che dovremo mettere in atto anche nel
prossimo appuntamento, le Olimpiadi Mind
Lab, che ci vedranno sfidare nuovi opponenti
del Circolo Didattico di Marostica in quattro
dei giochi che abbiamo imparato. Confrontan-
doci sui giochi e sui loro obiettivi abbiamo
anche “giocato con le parole”, costruendo
piccole filastrocche e giochi linguistici.
Motivare migliorare
Imparare interagire
Navigare nutrire
Distinguere domandare definire
Lavorare liberare
Apprendere aiutare
Brevettare …
Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
Gareggiamo
Inventiamo
Organizziamo
Cooperiamo
Osserviamo
Geniale
Imprevedibile
Organizzato
Costruttivo
Operativo
IL DUBBIO DEL PIRATA A cura della classe Quarta
Scuola Primaria Valle San Floriano Piccole massime L’insieme fa la forza. Insieme si può vincere.
In collaborazione si migliora ogni azione. Insieme si può fare di più. In lieta compagnia ogni tristezza se ne va via.
Il semaforo Al rosso mi fermo
E mi guardo intorno Al giallo pianifico la mossa del giorno Al verde scatto e indietro non torno
Gioco… ma che non duri troppo poco Vorrei fare un bel gioco
che non duri troppo poco in “Ora di punta” mi vorrei esercitare definire il problema e poi pianificare.
Al gioco della “Dama” mi vorrei cimentare e tante pedine poter catturare nell’ “Isola del tesoro” mi vorrei applicare
ma so che col semaforo mi dovrò confrontare.
Missione Mind Lab Risolviamo problemi, raggruppiamo gli insiemi,
noi tutti giochiamo, e tanto impariamo, controlliamo emozioni,
gioiamo di soddisfazioni, ci alleniamo a pazientare, e le regole a rispettare.
Isola del tesoro Un pirata coraggioso,
non deve essere dubbioso, il tesoro deve trovare e nell’isola presto sbarcare, ma tanta strada deve fare…
E i pericoli saper affrontare: un cespuglio bisogna aggirare, un muro saper superare,
tanti passi saper contare, a destra, a sinistra, di qua e di là, ma il tesoro è ancora là? Con le chiavi deve arrivare
se vuole, il tesoro, guadagnare!
UCCELLI
MIGRATORI Con il Mind Lab si impara a fare la scelta giusta a cura della classe Quarta Scuola Primaria di Valle San Floriano
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Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
Pesante Peloso
Amorevole Abbondante
Nero
Dondolante
Addomesticato
Pensieroso
Amabile
Naturale
Dignitoso
Amichevole
Pensa
Aiuta
si Nutre
si Dondola
Arriva
Amico
Migliora
Impara Costruisce
Organizza
PESANTE E PELOSO A cura della classe Quarta e Quinta
Scuola Primaria Valle San Floriano
Il progetto, promosso dall’associazione Lions Club, vuole sensibilizzarci a capire gli altri. Noi, attraverso la storia “Il panda e i suoi amici”,
abbiamo capito l’importanza di provare “a met-
terci nei panni degli altri” per poter vedere con occhi diversi e per poter capire le difficoltà di chi ci sta vicino. Il panda, nel suo percorso, ha trova-
to tantissimi amici che lo hanno saputo aiutare.
Prendendo spunto da questa storia, abbiamo poi rielaborato e creato tante altre attività. Anche
alcune mamme ci hanno fatto divertire, animando
il racconto e introducendo tanti giochi interes-
santi per aiutarci a capire gli altri. lI Panda e i suoi amici Un panda cacciato dalle tigri incontra degli amici per niente pigri.
Un pipistrello senza vista
lo aiuta a ritrovare la sua pista. Trovano insieme il primo indizio
e il panda parte con gran giudizio. Incontra uno scoiattolo veloce,
che dall’albero fa cadere una noce. Il panda impara, del cibo, a fare scorta,
così in viaggio se lo porta. Dopo tre giorni arriva al mare
e il paese misterioso continua a cercare.
Vede una lenta tartaruga, con la pelle dura, tutta una ruga.
La tartaruga si mette a nuotare a cercare il Re dei delfini in fondo al mare. Il Re dei delfini finalmente han incontrato
e il suo linguaggio presto decifrato.
Raggiunge, il panda, uno scoglio molto alto e felice fa un bel salto.
Legge l’indizio con molta attenzione e finalmente scopre la sua destinazione.
Abilian ha finalmente trovato con l’aiuto degli amici che ha incontrato.
Questa mattina sono venu-
ti a scuola i pompieri e ci
hanno spiegato come lavo-
rano. (Nicholas Dall'Olio) Ci
hanno spiegato che salva-
no dagli incendi le persone
e salvano anche i gattini
che sono saliti sugli alberi.
(Ketty Pozza). Poi ci hanno
chiesto di un cartone ani-
mato, con protagonista un
draghetto di nome Grisù, che voleva fare il
pompiere, ma suo padre gli diceva che sputa-
va fuoco e non poteva fare quel lavoro. Ebbe-
ne quel draghetto è la loro mascotte.
(Fabiano Busa). Ci hanno fatto vedere come si
vestono: un caschetto con due visiere, la tuta,
gli stivali con la soletta di ferro e una pila
attaccata al caschetto. Il casco rosso è quel-
lo del caposquadra. (Denis Vanzo). Hanno poi
simulato la telefonata per spiegarci come
fare quando vengono chiamati per un incen-
dio (Kevin Cortese). Poi siamo andati giù di
sotto e ci han-
no fatto salire
sul camion.
(Berisha Arbio-
sa). Io e Kevin
siamo saliti al
posto di guida;
il pompiere ci
ha fatto vedere
le bombole di
ossigeno e la
b a r e l l a .
( J o n a t h a n
Caregnato). Ci hanno fatto imparare tante
cose. E' stata una mattinata indimenticabile;
ho imparato tante cose che non sapevo e
sono stata veramente contenta (Alessia Fo-
chesato). Oggi mi sono divertito tanto e mi
piacerebbe che venissero ancora (Denis Van-
zo). I pompieri sono stati chiari e anche sim-
patici (Arbiosa Berisha). Ho imparato a non
chiamare il 115 per niente e a non accendere il
fuoco con l'alcol. Questa esperienza mi è
proprio piaciuta (Kevin Cortese ). Mi sono
reso conto che fanno un lavoro utile (Nicholas
Dall'Olio).
IL CAMION DEI
“DRAGHETTI” Con tuta e casco rosso i pompieri sbarcano a Santa Caterina! A cura della classe Quinta Scuola Primaria di Santa Caterina
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SCUOLE inSCUOLE inSCUOLE in RILIEVO
Spaziogiallo
STORIE DI VESCOVI
E MARINAI Un tuffo nell’Europa del XVI secolo di Joshua Sciessere e Leonardo Faccio cl 2E SMS Crosara
Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
Siamo all’inizio del Millecinquecento e il nostro
Vescovo ultimamente è molto strano. Sembra
che stia aspettando qualcuno, o addirittura
qualcosa e, più che venire a Messa a
“predicare” le Sacre Scritture, va nei parla-
menti a mettere e a togliere leggi. Sono curio-
so di sapere perché e ho deciso di seguire le
sue tracce. Dopo circa tre giorni arrivo a Ro-
ma con un asino prestatomi da un mio amico.
Subito scopro l’amara verità. Il nostro Vescovo
sta aspettando un pacchetto pieno zeppo di
soldi. Dev’essere uno di quei famosi pacchetti
di cui ho sentito parlare, con cui alcuni eccle-
siastici vengono pagati per vendere indulgenze
in cambio di denaro per costruire la cupola di
San Pietro e altri edifici religiosi. Devo partire
TERRA! TERRA! di Leonardo Faccio 2E SMS di Crosara
Oggi è una bellissima giornata. Siamo pronti per partire, il sole è alto; secondo me è mezzogiorno.
Siamo a bordo della caravella e ora si parte; un marinaio in lacrime saluta la moglie. Siamo in mare
aperto; l’equipaggio sembra tranquillo. Continuo a fissare un marinaio che mi sembra di conoscere; se
ne sta tutto il tempo a giocare con la spada. Mi
guardo intorno: il mare è calmo, non succede niente di particolare, è già il tramonto e sinceramente ho fame. La cena è pronta, ma non mi ispira molta
fiducia. Si tratta di riso e whisky e io penso tra me e me quanto mi manca il cibo di mia moglie. I mari-
nai sembrano matti per questa poltiglia. È sera, è
ora di andare a letto, ho lo stomaco che brontola.
Finalmente è mattina, sono tutti svegli; osservando, noto che sono tutti al lavoro. Con la fame che ho, mi
mangerei persino il legno. Mi viene un’idea. Dato che
ci troviamo in pieno mare aperto il pesce dev’esse-re abbondante, quindi perché non sfruttare questa risorsa? È passato molto tempo da quando sto
cercando di pescare qualcosa, ma non abbocca
niente. Mi chiedo dove il capitano Cristoforo Colom-bo stia; da quando siamo partiti non si è più fatto
vede… Cosa? Ha abboccato qualcosa. Sììì, finalmen-te si mangia! Adesso lo cucino come Dio comanda, ma un marinaio mi ferma dicendo: “Sei impazzito?
Vuoi incendiare tutto?” Dalla fame che tengo, mi
sono persino dimenticato che siamo su una nave di “legno”. Non mi resta che aspettare il pranzo. Final-
mente si mangia! Questa poltiglia sembra bava di
cane mischiata con il riso, devo affrontare una
scelta: o mangio, o muoio di fame. Non mi resta che
mangiarla. È finalmente sera, ora di andare a dor-mire, e un altro giorno passa. I giorni sono tutti uguali. È giunto il 12 ottobre 1492: al largo si comin-
ciano a vedere dei pezzi di legno e se ne sente
l’odore. Un marinaio dall’alto dell’albero maestro comincia ad urlare: “Terra, terra!” Sono contentis-
simo! Nell’aria si sente odore di erba tagliata e di frutta fresca; l’acqua è più azzurra che mai; adesso finalmente sbarchiamo. Finalmente terra! Colombo
scende entusiasta, anche se nel lungo viaggio ab-
biamo perso molti uomini; ma siamo a terra, ce l’abbiamo fatta, è un miracolo.
subito, per riferire la notizia alla gente della
mia terra. Però, a metà strada, vedo sulla pa-
rete di una Chiesa un foglio gigantesco. Mi
fermo e su questo cartellone leggo 95 numeri,
tutti seguiti e spiegati da un perché, con una
frase. Non capisco cosa c’è scritto, perché è
una lingua non neo-latina. La mattina dopo
divulgo lo “scoop”. Tutti si stupiscono della
notizia e cominciano a confabulare. Dopo due
ore sono ancora lì a sussurrare e a parlare.
Alla fine decidono di credermi e così avviamo
una protesta, che ben presto si trasforma in
uno scontro. L’esercito è intorno a noi. Soldati…
non si vede altro. Vengo catturato e torturato.
Fedele alla mia nuova religione, non rispondo,
così vengo condannato a morte. (J.S.)
12
Spaziogiallo
Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
Ponchielli, Donizetti, Rossini, Bellini,
Verdi, Mercadante, Puccini e Cimarosa.
Nomi di grandi musicisti che risaltano
lucenti nella volta del teatro, come
stelle in un cielo senza nubi. Già un
teatro vuoto è magnifico, se ci sono gli
a ttor i po i , d i ve n ta s tupendo!
Non mi sembra neanche vero di essere
nella galleria del teatro di Thiene a
vedere esibirsi degli attori che inter-
preteranno “Cuore”, uno dei più famosi
romanzi della letteratura classica,
scritto da Edmondo de Amicis soprat-
tutto per i ragazzi dell’Ottocento. Una
cosa che mi ha colpito profondamente
è stata l’organizzazione dei personaggi
sul palcoscenico: per tutti i ruoli da
rappresentare c’erano solamente tre
attori! Di tutti gli episodi che hanno
interpretato ce ne sono stati tre che mi
hanno molto emozionato. Il primo epi-
sodio riguarda l’inizio: tre magnifici
musicisti, con dei cappelli strambi
rappresentanti i colori della bandiera
italiana, sono entrati nel palcoscenico
suonando i loro strumenti. Dopo un po’
il musicista con il cappello bianco ha
cominciato a cantare l’inno di Garibaldi,
accompagnato dal tamburo e dalla
fisarmonica degli altri due. Il secondo
episodio riguarda la parte “Il mio com-
pagno Coretti”: la storia di un ragazzo
della nostra età. Gentile, garbato ma
soprattutto responsabile, fa di tutto
per aiutare i propri genitori, perfino scarica-
re le fascine da un carro e venderle nel nego-
zio del padre, perché il padre è via per lavoro
e la madre è malata. Nello stesso tempo,
inoltre, ripassa la lezione di grammatica per il
giorno dopo, fa i compiti nel retrobottega e
prepara il caffè per la madre. Per me e per
Enrico (il protagonista), Coretti è un amico
fantastico, che tutti vorrebbero avere. E infi-
ne il terzo episodio, “Naufragio”: il racconto di
due poveri ragazzi, Mario e Giulietta che,
imbarcati sulla nave “Sirio”, partono dal porto
di Liverpool. Si conoscono e ognuno racconta
all’altro la storia della loro misera vita. Ad un
certo punto la nave naufraga e per Mario e
Giulietta è la fine. Una voce dal mare però,
chiama il più piccolo dei due ragazzi, Mario,
che avrebbe l’opportunità di salvarsi e di an-
dare a Malta. Mario non accetta. Lascia il po-
sto a Giulietta, che piena di felicità, si butta
nella scialuppa di salvataggio che si sta già
allontanando dalla nave e così si salva. Per
Mario è la fine, ma almeno in Paradiso incon-
trerà i suoi genitori che se ne sono già andati.
Quelli di Giulietta invece sono ancora vivi e
l’aspettano colmi di gioia. Soprattutto questo
episodio mi ha emozionato, perché mi ha fatto
capire la bontà e il coraggio dei ragazzi di
quell’epoca. La bontà e il coraggio che abbia-
mo, se vogliamo, anche noi. Alla fine dello
spettacolo avevo capito una cosa: che nulla è
cambiato da quei tempi a oggi. Soprattutto una
cosa non è cambiata: una piccola, ma grande
cosa, l’amore.
NAUFRAGIO Un viaggio carico di emozioni di Filippo Cortese cl 1E Scuola Media Statale di Crosara
IL MIO AMICO CORETTI Scuola Media di Crosara
di Alice Scomazzon cl 1E
Questo episodio mi è piaciuto perché sembra
proprio fatto apposta per noi. Noi che non
vogliamo mai aiutare i genitori a sbrigare le
faccende di casa, e lasciamo in giro le cose,
perché siamo stanchi, e certe volte, faccia-
mo finta di esserlo, per non aiutare la mam-
ma. Possiamo pensare a Coretti, povero
bambino. Lui sì che era stanco, affamato,
assetato e non aveva neanche un secondo
per riposarsi. Dobbiamo molto pensare e
ragionare su questa cosa. Questo spettacolo
mi è piaciuto molto e vorrei poterlo rivedere.
13
SCUOLE inSCUOLE inSCUOLE in RILIEVO
Spaziogiallo
LA PICCOLA VEDETTA di Giada Maroso cl 1E SMS di Crosara
La scuola ci offre molte possibilità di conoscere. Questa volta ha invitato gli alunni ad andare a
vedere, al Teatro di Thiene, lo spettacolo CUORE.
Entrati, mi è sembrato di volare e di sognare. Un mini teatro alla Scala! Salimmo tutti, in galleria, in
attesa che iniziasse lo spettacolo. Ad un tratto si sentì un rullio di tamburi. Uscirono tre bersaglieri
vestiti di rosso, bianco e verde, con le parrucche dei rispettivi colori della divisa. Lungo i bordi del
palcoscenico c’erano anche delle lampadine, an-ch’esse bianche, rosse e verdi, che simboleggiava-
no l’Unità d’Italia; mi colpì la semplicità della sce-
nografia. Erano pannelli neri scorrevoli. Un nuovo professore entrò in classe e si presentò dicendo che non voleva dare castighi. Mi piacque questa
cosa perché fa capire, che anche alla fine dell’
Ottocento, non erano sempre severe le persone. Il maestro poi aggiunse che voleva bene ai suoi
scolari. Proprio per questo, una volta al mese, leggeva loro un racconto. Uno si intitolava “La
piccola vedetta lombarda” e parlava di un bambino
che diede la vita per la sua terra. Morì per guarda-re dove erano gli Austriaci e per capire se si avvi-cinavano. Lui perse la vita fucilato e, visto che era
salito su un albe-ro, cadde a terra.
Tutte le persone
che passavano di lì, gettavano un fiore. Poi il ragaz-
zo fu avvolto dalla
bandiera italiana. Dopo di questo, finì
lo spettacolo. Tutti si alzarono in piedi
e applaudirono. Io
sono stata felice di aver vissuto que-sta magnifica esperienza.
Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
“Wow! Che emozione! Era la prima volta che
andavo a teatro. Ero piena di domande den-
tro di me: come sarà questo spettacolo?
Molti ragazzi, quando ne avevamo parlato in
classe, avevano detto che l’esperienza del
teatro era stata stupenda. Da quel momento
mi ero molto incuriosita. Non vedevo l’ora
che arrivasse il giorno fissato! Quando
entrammo, decisero di farci salire in galle-
ria: il posto più alto che c’era! La galleria mi
piaceva! L’arredamento era perfetto: tutto
era al posto giusto. Gli attori erano soltanto
tre, ma avevano una tale dimestichezza con
la recitazione, che ci facevano sentire come
a casa nostra: interpretavano le parti ma-
gnificamente, erano proprio esperti! La
scenografia poi era semplice, ma costruita
in un modo astuto: avevano una lavagna
scorrevole, su cui si scriveva e c’era un
nastro bianco in cui si attaccavano le bam-
bole. Purtroppo non avevano gli occhi, ma
era incredibile come riuscivano lo stesso, le
bambole, a trasmettere le emozioni! Poi erano
ben curate, pettinate, vestite, proprio come
l’autore De Amicis aveva descritto. L’autore di
“Cuore” ci ha voluto trasmettere molti mes-
saggi. Nel racconto “Naufragio” c’era la bontà
di Mario. Un altro messaggio c’era ne “Il mio
compagno Coretti”. Ci insegnava come si fa a
scegliere un amico. Lo stesso messaggio c’era
nel terzo racconto . In fondo Garrone non era
un ragazzo cattivo, anzi! Era stato bocciato
perché aveva saltato due anni di scuola a
causa di una malattia. Tutti avevano paura di
lui, perché era grande e grosso, però era
generoso. Tutto quello che gli chiedevi, te lo
dava. Aveva un cuore d’oro. Insomma, il teatro
è stato ricco di stimoli e di insegnamenti: per
questo mi è piaciuto molto. Spero di ritornarci
ancora!
CUORE Emozioni a teatro di Martina Girardi cl 1E SMS Crosara
14
Spaziogiallo/La Gazzetta Storica
In questi giorni mi trovo in una situazione poco rassicurante. Sono all’interno della linea difensiva italiana a Caporetto, come inviato speciale del giornale l’Occhio del Lunedì. Oggi 7 ottobre 1917 tutto sembra tranquillo. E’ una mattina di sole, si sente il fruscio delle foglie secche e si odono i soldati marciare per le vie del paese. Ma tutto d’un tratto arriva un corriere con la sua bicicletta che porta una notizia poco confortante: ”La Russia si è ritirata dalla guerra per la rivoluzione interna”. Tutti accorrono nella piazza ma, dopo questa notizia, il malumore si legge sul volto della gente e soprattutto negli occhi di quei soldati impauriti dalla guerra. L’aria sta cambiando. I soldati sono tesi e im-pauriti perché temono che l’Austria sposti le sue truppe sul fronte italiano. Ma tutta la tensione si coglie al comando generale, un po’ oltre le case, dove il generale Luigi Cadorna sta organizzando la linea difensi-va. E’ arrivata finalmente la sera, ma l’aria è diversa dagli altri giorni. Ora sono nella mia stanza e spero che tutto vada per il meglio. Ma improvvisamente si sentono degli spari: gli Austriaci ci stanno attac-cando! Per le vie della città c’è un incredi-bile via vai. In pochi minuti mi vesto e corro verso la linea difensiva italiana. Ap-pena arrivo, salto nella trincea per riparar-mi dal fuoco austriaco. Un cecchino mi colpisce alla gamba in modo tale che non riesco a camminare. Davanti a me trovo un medico; in pochi minuti mi estrae il proiettile dalla gamba e mi fascia, dicen-domi di tornare al paese. Ma la voglia di raccontare questa battaglia è troppo forte. Cominciano ad usare i cannoni e per i nostri è la fine. Gli Austriaci hanno rotto il fronte e i nostri soldati non hanno le energie per reagire. Molti sono morti e ora tutto l’esercito italiano si ritira, perché non c’è più nulla da fare. Questa sconfitta, secondo me, passerà alla storia come una vera e propria disfatta dell’Italia, ma so-prattutto come la fine del duro generale Luigi Cadorna. Ora tutta la popolazione,
l’esercito e io compreso, ci stiamo ritiran-do. I giorni sembrano essere infiniti. Tutti hanno paura, anche i soldati. Le donne piangono, perché hanno perso tutto quel-lo che avevano: i loro cari e le case co-struite con tanti sacrifici. Oggi siamo arri-vati lungo il Piave e proprio qui ci siamo fermati. Il generale Cadorna è stato sosti-tuito dal comandante Armando Diaz, perché ritenuto responsabile della disfatta di Caporetto. Diaz ha deciso che qui si riformerà la nuova linea difensiva italiana. Inizia una nuova battaglia, ma questa volta i nostri soldati hanno uno spirito diverso: hanno fame di vittoria. Stanno respingendo molto bene gli Austriaci che ora cominciano ad arretrare, visto che i morti sono molti per loro. Il fuoco dei cannoni italiani punisce gli Austriaci. Ab-biamo vinto!
Mattia Rezk Nassar
Asiago 1916. Sono passati giorni, mesi, anni. Boh, non so più quanti. Ho perso il conto, con tutti quegli spari, piantato qui a uccidere uomini tutto il giorno. Con tutti quei bossoli per terra, che sono tanti quanti i granelli di sabbia e tutti quei cada-veri, poi. Tutti i giorni la stessa cosa: spa-rare, caricare, sparare, caricare, senza al-cun intervallo. Questo è quello che sto vivendo qui in trincea. Io che sono un giornalista arruolato contro la mia volon-tà, devo sparare e vedere i miei compagni partire alla carica contro l’altro fronte,
La Gazzetta Storica A cura della classe III^ E
SMS Crosara L’ITALIA IN GUERRA Inserto N. 2
Caporetto 1917
Asiago 1916
Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
storditi dal loro caporale con una botti-glietta di cordiale e cadere invano a terra con la faccia a guardare il cielo. Io sto diventando pazzo. È da un paio di setti-mane, penso, che non so più quello che faccio, sempre lì a ricevere ordini ed elogi dai superiori, solo per avere motivazioni extra per continuare a combattere. Io non mi sento un eroe e, di certo, non è bello, nel momento in cui spari, vedere un ne-mico cadere morto e sapere che la sua famiglia non lo potrà mai più rivedere. Anche perché è un essere umano e ha il diritto di vivere. Io sono qui fermo, in trincea, e ripenso a tutti gli uomini che ho ucciso, e ai miei figli, e a mia moglie, se mai un giorno li rivedrò. Penso al caporale, quando ci manda all’at-tacco, se non ha mai provato ad andare all’attacco lui al posto nostro. Io so bene che la guerra durerà ancora per molto, ma spero comunque che finisca il prima pos-sibile.
Alberto Soardi
Sono a Sarajevo. Sono un’inviata de “La Gazzetta Storica” e sto per assistere ad un evento che sarà scritto nero su bianco su tutti i libri di storia: lo scoppio della guer-ra. Sono in Bosnia, 28 giugno 1914, per una conferenza stampa assieme ad alcuni miei colleghi. Ad un tratto arriva a palaz-zo una carrozza, che porta l’arciduca Francesco Ferdinando, destinato a diven-tare re d’Austria e d’Ungheria, con sua moglie. La folla si avvicina incuriosita; anche io lo faccio e cerco di fargli delle domande, ma sono interrotta da uno sparo. La folla inizia a gridare, c’è scompi-glio per qualche minuto; non si riesce bene a capire cosa sia successo. I cavalli staccati dalla carrozza cominciano a scal-ciare e a correre all’impazzata. Ora il si-lenzio. Vedo Ferdinando e sua moglie stesi a terra. Ecco… c’è stato un attenta-to… da parte di un serbo, mi sembra di capire. Non ci posso credere, non mi è mai capitata una cosa simile. Il cuore mi
Sarajevo 1916
15
SCUOLE inSCUOLE inSCUOLE in RILIEVO
Spaziogiallo/La Gazzetta Storica
Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
loro capitano all’assalto mi spara. Mentre cerco di ritirarmi, mi colpisce alla schiena. Cado a terra ansimante, pensando a quan-to bella è la vita. Per questo mi rialzo, tolgo la spoletta alla granata e mi lancio in un attacco suicida. Molti uomini muoio-no, in una guerra assurda, senza senso.
Luca Vaccari
Un altro giorno di guerra in trincea è pas-sato, penso sia l’ultimo. Il Comando mi ha concesso il congedo. Tanti sono i ri-cordi amari vissuti in questo inferno mici-diale. I compagni di trincea saranno sem-pre nella memoria mia, ricorderò con dolore profondo le atrocità di questo stretto canale. Ci sentiamo limitati in que-sto schieramento. Noi Italiani, mal equi-paggiati, senza elmetto e malnutriti, siamo forse i più coraggiosi, i più inconsapevoli e incoscienti dell’accaduto tra gli altri schieramenti. Certo, abbiamo avuto anche molto fegato noi sopravvissuti; questo significa che qualcuno lassù ci ha dato una speranza in più. Quando arriva il tempo dell’assalto, o della cosiddetta “prima linea”, si capisce subito. Tutto d’un tratto il volto sereno dei giovani allegri e spen-sierati, si spegne in un pallore quasi gialla-stro. Quell’attimo è decisamente dramma-tico, quando il cordiale ci viene portato in quella tana di topi. Ho un ricordo della prima linea: la paura nei miei occhi. Sono solamente ferito, fortunatamente, ma alla mia destra, tremante, muore un mio com-pagno di battaglione. “Un cecchino!”, le ultime parole da lui pronunciate. Qualcu-no mi salva la vita. Gli sono molto rico-noscente: è un medico alle prime armi, ma con un cuore grande, più di molti altri veterani del mestiere. Tagli profondi sutu-rati in tutto il mio corpo, sapendo esatta-mente dove mettere le mani, con sangue freddo e nessun timore. Tutti i ricordi drammatici li porterò con me, insieme alla mia avversione a questo massacrante sporco lavoro. Non tutti si rassegnano alla guerra. I combattenti, molti giovanis-simi, non capiscono affatto le ragioni del conflitto: hanno paura, pensano alla fami-glia, vogliono tornare a casa. La guerra non è una cosa piacevole. Chi è riuscito ad arrivare alla fine, può essere dichiarato ”eroe” solo per tutte le atrocità vissute sulla propria pelle. Ormai però, si è agli sgoccioli, o almeno lo spero.
Andrea Cortese
dice che mi trovo a Torino, il mio paese d’origine. Accenno un sorriso, ma il dolo-re dentro il mio cuore è profondo.
Sara Marchesini
Oggi è una tiepida giornata di maggio, l’aria mi passa tra i capelli. Ma non è la solita aria, è un’aria piena di morte. È il maggio 1916, mi trovo nei pressi di Gori-zia. Mi sto dirigendo verso il fronte dove avrò il compito, insieme alla mia squadra, di resistere ad una pesante spedizione da parte degli Austriaci. Avanzando verso il fronte, lo spettacolo diventa sempre più straziante: ragazzi di non più di 19 anni senza una gamba, un braccio o un occhio. Sergenti e capitani diventati pazzi dopo aver visto i loro compagni massacrati. Alla vista di tale strazio, molti dei miei soldati si demoralizzano. Io cerco subito di tirarli su di morale facendo cantare loro l’inno d’Italia. Non siamo neppure riusciti a scendere dal camion che un colpo di mortaio lo colpisce facendolo ribaltare. Girando su se stesso il camion fa cadere fuori il mio amico. Per fortuna non si è fatto niente e ironicamente lo prendo in giro. Il fronte è distrutto dai mortai nemi-ci. In queste condizioni non si può regge-re. Scavate bene le buche, io e il mio ami-co montiamo la mitragliatrice, l’unica, vista la fiducia che il generale Cadorna ripone in noi. Aspettiamo due o tre giorni in trincea. I miei soldati hanno fame, le armi e i rifornimenti non arrivano. “Siamo tagliati fuori” dice un mio compa-gno, e un altro ”moriremo tutti”. Io per tranquillizzarli do loro le mie sigarette e la mia grappa della quale sono molto gelo-so. Finalmente dopo tre giorni di fame e di incertezza l’equipaggiamento è arriva-to, non è molto ma deve bastare. Alle 7.15 la tensione è a mille. Cinque minuti dopo si sente il primo colpo di artiglieria che cade proprio su di noi. Colpisce il soldato Moresco Giobatta facendolo a pezzi. Il mio migliore amico, piangendo, sta andando all’attacco da solo con una piccola pistola. Io penso, vedendo quell’ uomo: ”Quante pazzie può far fare il dolore per una simile perdita”. Dopo il bombardamento tre quarti dei miei uomi-ni muoiono o sono feriti. È mezzogiorno e la tensione sale. Alle 13.05 un intero battaglione di fanteria ubriaco ci attacca. Inizialmente riusciamo a resistere, ma sono troppi. Riescono a sfondare e, uno dietro l’altro, ci prendono alle spalle. Il
Gorizia 1916
Monte Grappa 1918
batte forte, non so cosa fare, né cosa dire. Passano dei giorni. I miei colleghi devono ritornare in Italia; io invece decido di re-stare. Ho fatto bene; proprio oggi 21 Lu-glio 1914 infatti, l’Austria che voleva espandersi verso i Balcani, usa questo attentato come scusa e dichiara guerra alla Serbia. Subito la Germania si allea all’Au-stria; invece la Russia sia allea con la Ser-bia, la Francia e l’Inghilterra. La guerra inizia. Ho deciso. Anche se è rischioso, penso di partire fra 5 giorni per andare in Francia sul fronte occidentale. Voglio vivere questo fatto di guerra in prima persona; come giornalista, ovviamente! Intanto trascorro del tempo nella città di Sarajevo. Non c’è nessuno in piazza. De-serta! Amareggiata, senza un posto dove passare la notte e dove mangiare, parto per la Francia. Il viaggio è lungo, molto
lungo. Ho fame. Per fortuna in tasca mi resta qualche moneta che uso per com-prare qualcosa. Il giorno dopo arrivo alla meta. Ho ancora dell’acqua e del pane nel mio zaino, spero mi basteranno. Mi metto in cammino per quattro chilometri circa. Sono vicino al fiume Marna e quindi an-che al fronte occidentale. Sento degli spa-ri, vedo un camminamento lungo e pro-fondo almeno cinque metri; è una trincea dove si affrontano Francesi e Tedeschi. Mi colpisce subito un particolare, lo stato dei soldati: sono malvestiti, sporchi di terra, le mani gelide e piene di rughe per il freddo. Non c’è tempo per mangiare, o meglio, non c’è cibo, né acqua. Alcuni non dispongono dell’elmetto, una cosa fondamentale. Così offro a qualcuno di loro il mio pane e il mio litro d’acqua sperando che questo possa ridare loro un po’ di forza. Cado! Un dolore immenso e poi perdo i sensi. Mi risveglio dopo cin-que giorni in un lettino d’ospedale. Non so dove sono. Arriva un’infermiera; mi
16
Spaziogiallo
Nel corso dell'anno noi bambini della classe
prima di San Luca abbiamo vissuto impor-
tanti esperienze, per cercare di conoscere e
comprendere di più i nostri amici animali.
Sin dall'inizio delle lezioni, abbiamo appro-
fondito le conoscenze e stimolato la fantasia
con l'osservazione e l'ascolto di meravigliosi
libri illustrati. Ci siamo goduti alcune lezioni
monotematiche per rispondere ad ogni cu-
riosità sugli animali più amati (tigre, cavallo,
cane, gatto). Abbiamo visto alcuni documen-
tari e infine abbiamo osservato direttamente
i nostri piccoli grandi amici in classe! Sì,
perché insieme alle insegnanti abbiamo orga-
nizzato una giornata chiamata “Lo zoo a
scuola”, in cui ogni bambino ha potuto porta-
re uno o più animali domestici a lezione con
lui per un giorno! Non ci siamo fatti mancare
niente perché abbiamo ospitato cani, criceti,
canarini, pesci, una quaglia, una gallina, un'a-
natra, una tartaruga, un coniglio, un uccelli-
no, una locusta, un porcellino d'india. E' stata
Via Marconi, 5 – MASON VIC.
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Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
IL MIO COMPAGNO
CONIGLIO Andare a scuola con gli animali è divertente e stimolante A cura della classe Prima Scuola Primaria di San Luca
L’ULTIMA NEVE IN KABERLABA Cl. Quarta e Quinta Scuola Primaria di San Luca
Le classi quarta e quinta della scuola primaria di San Luca hanno partecipato ad una uscita in
località Kaberlaba con lo scopo di sensibilizzare i
bambini al rispetto e alla tutela dell’ambiente. La Dottoressa Favaro Marta e la guardia forestale
Mauro hanno accolto e accompagnato i ragazzi in una emozionante passeggiata alla riscoperta
dei rumori, dei profumi e dei colori del bosco. L’uscita prevedeva anche la visita al “museo
dell’acqua” dove uno speleologo ha guidato il gruppo in un interessante approfondimento delle
caratteristiche carsiche dell’Altopiano con l’os-
servazione di mappe, plastici e foto suggestive.
E’ stata una giornata veramente memorabile e i ragazzi l’hanno descritta così… (vedi pagina seguente).
un'esperienza meravigliosa. Ci ha lasciato la
sensazione che si può fare scuola in tanti
modi e soprattutto la certezza che sempre
l'esperienza diretta insegna di più. Stiamo
imparando i nomi degli animali anche in in-
glese con l'aiuto della nostra paziente
teacher Monica! Parlare di animali è affasci-
nante, ma toccarli, sentire la morbidezza
della loro pelliccia o sperimentare quanto
può essere robusto il carapace di una tarta-
ruga, è tutta un’altra cosa. È una forte sen-
sazione vederli spaventati ed emozionati
come noi, sentirli rassicurati tenendoli fra le
nostre braccia o solo abbassando il tono
della nostra voce! Questa esperienza ci sti-
mola ad amare l'ambiente che abbiamo in-
torno e ci invita a conoscere gli animali per
rispettarli. Esperienze come questa sono,
anche per le nostre insegnanti, occasioni per
osservare noi, cuccioli di uomo, mentre
saziamo la nostra fame di conoscenza.
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SCUOLE inSCUOLE inSCUOLE in RILIEVO
Spaziogiallo
CACCIA ALLE IMPRONTE ... Margherita C. cl 4^ Scuola Primaria di San Luca
In attesa del pulmino eravamo emozionati e agitati perché non vedevamo l’ora di giocare con
la neve e di visitare il museo al Kaberlaba. La-
sciato alle spalle l’edificio del museo, grande e colorato abbiamo fatto una passeggiata nel bo-sco, che ci incuriosiva con i suoi animali e le sue
grandi piante. Camminando sul sentiero abbiamo
visto delle impronte di caprioli, di lepri e di un cane. Le nostre guide ci hanno spiegato le carat-
teristiche dell’abete rosso e dell’abete bianco, dei noccioli e della rosa canina. Era emozionante e divertente ascoltarli. Eravamo un po’ sudati
perché andavamo su e giù per i pendii, un po’ stanchi e affamati, perché era ormai ora di pran-zo. Al rifugio era pronta per noi la “pasta alla mamma rosa” fatta con pomodoro e verdure. Poi
la dottoressa Favaro ci ha dato un diario con
delle pagine da completare. Dopo di che siamo andati a visitare il museo; lo speleologo Corrado
ci ha fatto da guida. E finalmente fuori, emoziona-ti per giocare con la neve! Prima di scendere da una collina, io mi mettevo a braccia aperte, e mi
sembrava di essere sollevata dal vento e mi
sentivo libera; udivo anche i cinguettii degli uc-celli. Di seguito sono scesa di corsa dal pendio, e
ho sentito lo scricchiolio della neve sotto ai miei
piedi. La neve era soffice, gelida, luminosa e compatta. La maestra Anna ha fatto delle foto ed è venuta a giocare a palle di neve con me, Federi-
ca, Martina, Raffaele, Silvia e Margherita Gaspa-
rotto. La maestra però non ce la faceva da sola
contro tutti noi, così Margherita G. e Raffaele si
sono uniti a lei per aiutarla. Quando il pulmino è arrivato alcuni bambini si sono cambiati perché
erano bagnati. La dottoressa Favero ci ha dato due libri: uno “Il diario di campo” e l’altro
“L’acqua che berremo” ed anche un diploma di partecipazione. Siamo partiti dispiaciuti, ma
contenti di questa gita insieme, sulla neve!
Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
Lunedì 27 Febbraio noi di 4^e 5^
siamo andati al Kaberlaba di Asia-
go. Il tempo era soleggiato. Tutti
noi eravamo agitati perché non
pensavamo di trovare tanta neve.
Ci aspettavano la dottoressa Favaro e la guar-
dia forestale, i quali ci hanno dato alcune spie-
gazioni sulle caratteristiche del posto, ci han-
no fatto osservare il museo, la pianura rico-
perta di neve e la pozza ghiacciata che era lì
vicino. Dietro al museo c’erano le montagne:
erano stupende. Ci siamo incamminati nel
bosco e proseguendo abbiamo visto la città di
roccia, cioè un insieme di rocce affioranti dal
terreno che per la loro forma sono state chia-
mate così. Abbiamo seguito i sentieri segnati
da un simbolo a forma di goccia. Mauro ci ha
fatto vedere alcune tracce di animali come la
volpe, il cane, la lepre e tante altre. Le guide ci
hanno spiegato le caratteristiche di alcune
piante come l’abete rosso e quello bianco, il
nocciolo, la rosa canina. Continuando il nostro
cammino eravamo affaticati e sudati. Dopo
aver concluso il percorso siamo tornati al
museo perché era ormai ora di pranzo. Erava-
mo affamati, ma il cuoco, simpatico e amiche-
vole, ci aveva preparato una pasta gustosa e
calda per riscaldarci lo stomaco. Lo speleolo-
go Corrado ci ha portato poi nella sala del
museo dell’acqua. Ci ha spiegato quali sono le
forme delle rocce, ci ha fatto osservare alcuni
strumenti utilizzati in passato, come lo sparti-
neve, le slitte e un interessante secchiaio di
una volta. Poi, finalmente, lo desideravamo
tanto, siamo andati fuori a giocare sulla neve
soffice e cristallina. Abbiamo slittato, giocato a
fare la lotta di palle di neve. Io, Margherita
Crestani, Margherita Gasparotto e Federica le
LA CITTA’ DI ROCCIA Abeti bianchi, rose canine e tracce misteriose A cura della classe Quarta Scuola Primaria di San Luca
lanciavamo alla maestra Anna, che gridava:
“Aiuto ! Qualcuno venga a soccorrermi! “.
Eravamo felici. Queste emozioni hanno schiuso
i miei sensi, mi hanno fatto ricordare le imma-
gini dell’infanzia e tutte le cose belle che mi
erano rimaste impresse negli occhi, nella
mente e soprattutto nel cuore. Alla fine è arri-
vato il pulmino. La dottoressa Favaro e Mauro
ci hanno dato un diploma per aver partecipato
a questa gita. Siamo ritornati a scuola stanchi,
ma felici perché avevamo visto un posto mera-
viglioso e tranquillo. (Silvia)
Non vedevamo l’ora di salire sul pulmino! Gen-
tilmente l’autista ci ha fatto caricare il bob.
Speravamo di poter slittare e giocare sulla
neve. Dopo 2 ore di viaggio, siamo arrivati a
destinazione. Eravamo emozionati e sorpresi
per quanto era bella la natura che ci era attor-
no. Abbiamo conosciuto le nostre guide che ci
hanno fatto osservare il paesaggio circostante.
Si vedevano le montagne e la pianura innevata.
C’era anche una pozza ghiacciata. Quindi ci
hanno fatto fare il giro turistico del posto e
raccontato le leggende del luogo. Più tardi
siamo andati a pranzare. La pasta era gustosa,
il cuoco simpatico. Poi è arrivato Corrado, lo
speleologo che ci ha accompagnati nel museo
dell’acqua, ci ha fatto vedere dei fossili e ci ha
spiegato l’importanza del rispetto dell’ambien-
te. Un plastico raffigurava l’inquinamento che
l’uomo fa nelle grotte. Dopo di che, abbiamo
finalmente potuto giocare sulla neve. Era entu-
siasmante. E’ stata una bellissima gita! (Boris)
18
Spaziogiallo
Cose spaziali quelle viste da noi ragazzi di
quinta di Longa, Schiavon e Vallonara. Abbiamo
avuto la grande opportunità di visitare recen-
temente la scuola americana di Vicenza e
scambiare due chiacchiere in inglese con
nuovi amici. Già al nostro arrivo i ragazzi ame-
ricani, seduti all’entrata della scuola, ci hanno
salutato ed accolto con gioia ed entusiasmo;
uno di noi ha esordito con queste parole: ”Ma
questo sembra un castello, non una scuola !”
I ROMANI SULLO
SHUTTLE Viaggio mozzafiato tra pianeti e antiche ville romane e palladiane A cura degli alunni della Scuola Primaria di Longa, Schiavon e Vallonara
Una volta all’interno dell’edificio nessuno di noi
riusciva a contenere l’emozione per le enormi
dimensioni della struttura, per i colori, le foto, i
poster, gli slogan motivanti e colorati appesi
ovunque. Numerosissimi i laboratori, tra i quali
ha suscitato grande stupore ed entusiasmo lo
“Star Lab”, l’innovativo laboratorio spaziale, un
emisfero gonfiabile al cui interno viene proiet-
tata la volta celeste: trenta ragazzi in orbita
viaggiano all’interno della nostra galassia, si
avvicinano ai diversi pianeti, arrivano quasi a
toccare la luna! Durante il laboratorio creativo
invece, abbiamo tutti avuto modo di comunica-
re tra noi in inglese, di stringere amicizie, di
scambiarci idee. Il giro della scuola, poi, ci ha
lasciato ancor più senza fiato: le aule spaziose
e tutte provviste di lavagna Smart, di micro-
scopi, di sofisticati computer. E ancora labora-
tori musicali, scientifici, la grandissima biblio-
teca e le ampie e attrezzate palestre. Molte
persone qualificate di diverse professionalità
garantiscono alla scuola efficienza e qualità.
Esemplare l’organizzazione messa in atto per
garantire la sicurezza di chi opera nella scuo-
la: già all’arrivo le nostre insegnanti ricevono
la pianta, dove sono evidenziate le vie di fuga e
la posizione delle aule dove andremo a lavora-
re. Grandiosa la sala mensa che ci ricorda
quella di High School Musical. Il nostro stupo-
re e il piacere più grande è stato scoprire il
giardino: un vastissimo parco con alberi seco-
lari e giostre enormi, mai viste: megagalatti-
che! Gustosissimi i “typical american snacks”,
preparati per l’occasione dai genitori ameri-
cani, disponibili ed affettuosi. Americano an-
che il nostro pranzo : su una piattaforma gialla
sono atterrati due simpatici dischi spaziali,
“hot dog and cheeseburger”, “carburati da
latte al cioccolato!” Il nostro viaggio america-
no purtroppo finisce presto e dal futuro siamo
stati catapultati nel passato (quasi remoto…)
della bellissima Vicenza romana e palladiana.
Accompagnati da due esperte guide, abbiamo
percorso una strada romana, visto l’organiz-
zazione nelle domus. Siamo infine stati affa-
scinati dalla bellezza del Teatro Olimpico,
rimanendo a bocca aperta durante il sensa-
zionale spettacolo di luci, suoni e colori.
Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
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Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
Io ho paura dell’altezza e, quando sono molto
in alto, mi vengono un po’ di vertigini. Tutto è
successo un giorno, quando ero più piccola
ed ero quasi alla cima di una montagna. Ero
insieme a mio papà e a mia mamma, stavamo
facendo una passeggiata. Ad un tratto il papà
mi ha tirato per la mano e mi ha portato
sopra un grande sasso. Io volevo scendere e
allora ho gridato: ”Papà fammi scendere, ho
paura!”. Il cuore mi batteva sempre più forte
e mi sudavano le mani. Temevo di cadere e
farmi male. Tenevo gli occhi chiusi, pensando
così di superare la mia ansia, ma quando li
riaprivo, il mio corpo si irrigidiva, mi sembra-
va di essere paralizzata. Ero arrabbiata con
il papà e pensavo: ”E’ proprio fissato, non
ascolta il mio cuore!”. Come se avesse senti-
to i miei pensieri, mi ha riportata a terra e mi
sono calmata. (Chiara)
Io ho avuto tanta paura quando sono caduta
dalla sedia e ho battuto la fronte sul tavolino
del salotto, facendomi una brutta ferita. Sono
dovuta andare all’ospedale perché avevo
bisogno di una sutura. La mamma mi teneva
la mano e io la stringevo stretta stretta.
Quando mi sono distesa sul lettino ho visto
che il medico stava prendendo le forbici,
mentre diceva che non mi avrebbe fatto
male. Mi sentivo braccata, senza via di
salvezza. Lui si è avvicinato: io sudavo e
piangevo, ero tutta rossa, il cuore batteva
a mille, avevo la pelle d’oca. Il dottore mi
ha detto: ”Stai calma che ho quasi finito”,
ma io continuavo a piangere. Alla fine ha
aggiunto che potevo andare. Allora il papà
mi ha tirata giù dal lettino, ma il medico
mi ha fermata e mi ha dato una caramel-
la. Io, in braccio alla mamma, l’ho saluta-
to: ”Grazie dei punti e della caramella”. E
per colpa di quella brutta avventura ho
dovuto fare la foto ricordo della scuola
materna con un bel cerotto sulla fronte.
Grazie dottore! (Maria)
Io ho paura del buio. Quando vado a letto,
spengo la luce e in camera diventa tutto
nero; allora mi infilo sotto le coperte e
cerco di addormentarmi subito. Una sera,
però, non riuscivo proprio a prendere
sonno, continuavo a girarmi di qua e di là
e intanto provavo a chiudere gli occhi. Ero
da solo e mi sembrava di vedere delle
ombre che si muovevano e mi facevano
paura. Ad un tratto un’ombra si ingigantì
ancora di più: sudavo, smaniavo e avevo il
cuore che mi batteva forte. Mi sentivo
senza via di scampo, urlai disperatamente
chiamando la mamma e il papà. Loro, per
calmarmi, mi fecero tenere la luce accesa
per un po’, ma io non riuscivo a trovar
pace. Era quasi mattina: mi sentivo stan-
co, esausto e, finalmente, la luce dell’alba
mi fece addormentare. Appena sveglio,
corsi dalla mamma che mi tranquillizzò,
finché mi passò la paura. (Lorenzo)
UN’OMBRA
NELLA NOTTE La descrizione della paura in un viaggio nel buio a cura degli alunni cl 3^ Scuola Primaria di Lusiana
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Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
UNA PERSONA IMPORTANTE Classe 3E Scuola Media Statale di Crosara
di Mattia Rezk Nassar
Gli amici, secondo me, sono molto importanti e non devono mancare nella propria vita, perché sono indi-spensabili. Gli amici sono molti, ma quelli veri si posso-no contare sulle dita delle mani e ci sono nei momenti
di difficoltà, quando ti sanno ascoltare e dare consigli che si possono condividere, oppure anche no. Infatti: Un amico è la persona che ti sa ascoltare… Un amico è
l’energia che ti fa reagire… Un amico è sempre fedele… Un amico sa dirti quando sbagli e ti “corregge”… Un amico è la voglia di divertirsi…
Un amico c’è sempre… Con un amico si divide ogni cosa…
Con un amico si fanno le ragazzate…
Con un amico ci si diverte… Con un amico si studia… Con un amico si passano i peggiori momenti della vita, ma insieme si trova una via d’uscita unendo le forze…
Con un amico si cercano i primi amori… Con un amico si divide la vita… Con un amico si fa un patto a vita…
Questo secondo me è un amico, ma anche un’amica, ma forse non è così. Io con un amico voglio sognare, viaggiare e divertirmi perché l’amicizia non è una cosa da lasciar sfuggire, perché fa parte della mia vita e
della mia crescita. di Andrea Cortese
Sentire la mancanza di qualcuno o di qualcosa è vera-mente brutto, e io lo sto vivendo sulla mia pelle. C’è una persona che mi manca, più di tutte; farei di tutto pur di rivederla, perché è importante per me, ed ogni
volta che parlo di lei o penso a lei, ripenso a tutti i bei momenti passanti assieme, alle risate, agli scherzi e a tutto il resto. E’ come una sorella per me, anzi, meglio. So che di lei mi posso fidare ciecamente, potrei dirle
tutto, tutti i miei segreti. Quando ci vediamo, è sempre una gioia, un emozione rivederla e con un abbraccio scende anche qualche lacrima. Queste sono le prove
che l’amicizia tra maschio e femmina esiste davvero. È difficile stare lontani. C’è qualcosa che manca, un pezzo del mio cuore, e questa mancanza fa molto male.
I COLORI
DELL’AMICIZIA Sensazioni nuove ed emozioni fantastiche di Filippo Crestani classe 3E
Scuola Media Statale di Crosara
Secondo me, l’amicizia è una cosa fondamen-
tale nella vita! Penso anche che esista l’ami-
cizia tra maschio e femmina Certe persone,
se vedono che due ragazzi, maschio e femmi-
na, si abbracciano, si scambiano dei baci,
pensano siano fidanzati e li giudicano solo
dall’apparenza! Beh, devo dire la verità, io
penso che l’amicizia tra maschio e femmina
sia la cosa più bella del mondo, perché è bello
provare sensazioni nuove! Credo profonda-
mente nell’amicizia di tutti i generi e in tutti i
casi e penso che sia un’emozione fantastica!
Io non ho un’ amica in particolare, ne ho tan-te, e la scelta diventa complicata, così ho
deciso che tutte sono mie amiche amiche. Parto da Alice che è molto abile nel fare
pettinature speciali; poi c’è Giorgia che è più simpatica che mai anche se, a volte, è vera-
mente molto tremenda; ma c’è anche Martina: io e lei ci conosciamo proprio bene. Greta,
ogni tanto, mi dà ottimi consigli, e anche se ci
conosciamo solo da quest’ anno, siamo molto amiche. Come lo è Giada, anche se ogni tanto ci ritroviamo a “dirci su”. Non mi dimentico di
Beatrice (soprannominata “Bea”) che, come Giorgia, conosco dall’ asilo. Siamo veramente
amiche. Io non ne ho scelta una, perché tutte
sono speciali e, se non lo avete capito dalla
descrizione, è meglio che le conosciate di persona. Mentre i maschi… Beh, sono maschi e siamo amici perché siamo amici! (L.B.)
UNA CARICA DI ENERGIA di Beatrice Soster e Lisa Bonato cl 1E SMS Crosara
E’ difficile fare una riflessione su un’amica, ma
voglio provare! L’amica di cui vi parlerò è una mia ex compagna di scuola. Lei ora frequenta un altro
istituto, mentre io quello di Crosara. Come faccia-mo a tenerci in contatto? Facile! Con la tecnologia
di adesso, ci messaggiamo ogni giorno o ci chia-
miamo! Lei è diventata una delle mie migliori ami-che perché a scuola, le nostre idee erano uguali: dicevamo la stessa cosa contemporaneamente.
Eravamo come gemelle. Annalisa è molto simpati-ca. È come la terra: piena di vita. Ancora adesso la
catena non si spezza. Ad esempio, a catechismo
rispondiamo sempre insieme alle domande dell’in-segnante. Cosa ne penso di lei? Che è magnifica! Vorrebbero averla tutti come sorella. Ah, un’altra
cosa! Tutti i ragazzi, guardandola negli occhi blu come il mare, rimangono incantati. E ogni volta che la vedo, è come il sole: carica di energia. Non è scherzosa, molto di più. Spero di mantenere la sua
amicizia per sempre… (B.S.)
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Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
Mi manchi, sì. Parlo proprio di lei, la Sardegna.
Quell’isola piena di profumi, tradizioni e bel-
lezze naturali, che ogni estate riesce a rega-
larmi la voglia di vivere. Mi manca lo sbarcare
da quella nave e l’assaporare quei profumi di
macchia mediterranea, il mettere piede su
una terra di sperduta bellezza. Oppure l’as-
saggiare piatti tipici di ogni genere. Mi manca-
no i colori, il mare meraviglioso, che con il suo
silenzio riesce a farmi addormentare in un
sogno profondo. Mi mancano la gente, la lin-
gua e quelle piccole stradine strette dei paesi.
Credo che Dio ci abbia regalato il paesaggio
più meraviglioso del mondo. Intorno il mare
aperto. Quel mare che incanta e sorprende. Il
sole, il silenzio, i colori degli alberi e delle
rocce. Il profumo di un Mediterraneo antico.
La natura di quest’isola è tanto varia da com-
porre un mosaico di paesaggi diversi, di im-
magini, di volti e di tradizioni. Sapori estremi
che sanno di terra e di mare. La Sardegna. Sì,
alcuni giorni li ho passati proprio lì. Orgoglio-
sa di esserci nata. In tanti momenti sentivo
quella fragranza, quel profumo di erbe e di
mare. Guardando il paesaggio mi tornano in
mente tanti ricordi, gli istanti più belli della
mia vita. Entrando nella mia vecchia casa,
guardando i tavoli, i quadri e i mobili, ricordo
la mia prima festa di compleanno, le persone
a me più care, che ormai non ci sono più. Ma
soprattutto le feste con maschere spaventose
e costumi tradizionali, mentre i suoni antichi
di danze e di canti sempre accompagnano i
giorni di festa. Persino i muri, dipinti con
intensi “murales”, danno voci alla storia, e
all’amore di un popolo di un tempo lontano,
ancora oggi pieno di mistero e di magia. La
Sardegna? Sì, un paradiso.
LA FORTEZZA DELLA CAMPAGNA Mondi e personaggi
Classe 2E Scuola Media Statale di Crosara
È sera, un altro giorno passa. Sono a casa. Fisso l’oriz-zonte. Fuori dalla finestra si vede la siepe , una muraglia
impenetrabile dove possono accamparsi tranquilli gli animali. Alzando lo sguardo, si nota un mondo di gioia; mi appare un centinaio di piccole luci abbaglianti. Sem-
bra quasi che ballino, ma tutto questo non è il mio mondo. Il mio mondo è quello che ho alle spalle. In fondo, in mezzo alle tenebre, si riesce a malapena a vedere. Ed ecco il mio cane, che dorme felicemente sul tappeto a
pancia all’aria. Sembra quasi che nuoti nella sua stessa bava come una nave. Dall’ altra parte della stanza si intravvede una porta in legno una porta con una vetrata
attraverso cui si va in cucina. Apro la maniglia facendola scricchiolare; si scorge mio papà. Lui fa tanto il duro, in verità mi ricorda un peluche che finge di fare la vedetta, ma dorme come un bebè. Dalla scala fino al meridione
della casa, ascoltando con attenzione, si sente la voce di mia mamma che racconta mille storie ed avventure a mia sorella. Questo è il mio mondo; strano o no, è la mia
famiglia: la più bella! (Leonardo Faccio ) Dispersa tra le colline, ondose e curve. Innalzando lo sguardo all’orizzonte si intravvedono le lunghe coltiva-zioni di mais. Spingendo lo sguardo verso oriente, si può
vedere una folta foresta di abeti e di querce spoglie, senza voglia di vivere. Lasciando lo sguardo ad oriente, ma ora si va a meridione: eccola! Una casa dipinta di
rosso spumeggiante, una porta di legno pregiato con tanto di ghirigori stupendi. Quattro finestre: la luce si riflette, l’ambiente si apre davanti a te. Un giardino con l’erba tagliata a non più di un’oncia, contorno di rose e
recinto d’acciaio con muretto di marmo. Tutta opera del nonno e della nonna. E non è tutto: entrando dalla porta,
puoi sentire il freddo della maniglia gelida e conduttrice. Clok! Nella casa ti trovi davanti un tappeto lungo e
preistorico. di fronte un divano colossale, con mia bisnonna seduta, e davanti a lei un maxi schermo a 45 pollici. (Ilias Lunardi) Mia prozia di 95 anni “era” molto scaltra. È mancata martedì 31 gennaio. Stava bene ed era molto in gamba, ma tutto ad un tratto è andata giù. In ospedale, non sembrava grave ed era sempre cosciente. Ha parlato
fino all’ultimo, quando all’una di notte è calata la pres-sione ed è morta. Il mio dispiacere è stato grande. A lei ero molto affezionato e lei mi voleva molto bene. Quando
ero piccolo giocava sempre con me. Ora giocava con mio fratello: gli leggeva le storie e faceva le gare con le macchinine sopra il tavolo della cucina. La domenica mi ricordava di andare a messa. E se io le dicevo che avevo
le partite di calcio, mi rimproverava e mi diceva: “È più importante il calcio o la messa?”. Però poi capiva che io a calcio mi divertivo e così a volte non mi diceva niente;
ma quando ero a casa dalle partite, dovevo andarci a messa. In famiglia abbiamo sofferto tutti per questa morte così improvvisa. Ci sembra impossibile e pare sempre di vederla scendere le scale tranquillamente.
Non pensavo che mia zia se ne sarebbe andata così velocemente. Ciao zia! (Leonardo Parise)
IL PROFUMO DEL
RICORDO L’amore per la propria terra e il desiderio di non
dimenticare di Melissa Pes cl 3E SMS di Crosara
22
Dal territorio
Febbraio, si sa, è un mese freddo, forse il più
freddo dell’anno, ma le giornate si allungano e la
voglia di uscire dalle case per fare passeggiate
o per godersi un po’ di tiepido sole è sempre più
insistente: c’è voglia di primavera e di cambia-
mento. D’altra parte, il mese successivo sarà
marzo e con lui la natura inizia il risveglio: allora
perché non chiamarlo affinché faccia prima ad
arrivare? Storia e tradizione, ma anche folklore
e divertimento, “ciamar marzo” racchiude in sé
un significato che si perde nella notte dei tempi.
Segna il passaggio dall’inverno alla primavera;
segna il cambiamento, demonizzando il passato
e augurando un nuovo anno fecondo e propizio.
L’evento coinvolge ed emoziona migliaia di per-
sone dell’intera nostra provincia, da Recoaro
all’altopiano di Asiago, passando per ben venti-
due comuni della pedemontana vicentina. Non si
sa bene quando questa usanza abbia avuto
inizio. Le persone ultra ottantenni alle quali ci si
rivolge per chiedere informazioni, raccontano
che si praticava fin dai tempi della loro infanzia
e ancora prima. Qualcun altro dice sia stata
importata e praticata come buon auspicio dai
popoli Teutonici, Cimbri e Celti, durante la loro
permanenza nei nostri luoghi. Altri ancora so-
stengono che fra molteplici tradizioni calendari-
stiche dell’antichità, questa si celebrasse per
festeggiare l’arrivo del Capodanno veneto, che
cadeva proprio il primo marzo. Si racconta
anche che in tempi più vicini a noi in certe zone
del Vicentino, l’ultima sera di febbraio, i ragazzi
andassero in gruppo, battendo “ferri e bussolot-
ti”, presso le case delle ragazze da “moroso” a
recitare cantilene, auspicando il matrimonio di
queste. A Fontanelle, S. Caterina, Conco, Lusiana,
il “ciamar marzo” oggi si ritualizza girando per
le contrade, facendo un gran fracasso. In altri
paesi dell’Altopiano come Asiago, Gallio, Enego,
Rotzo e Roana i riti sono diversi: al termine dei
tre giorni in cui i giovani si sono aggirati per vie
e contrade come anguane e folletti gridando in
cimbro: “Schella, schella, martzo, gariivet de
Kaputzen aussar de rajiken” (vieni, vieni, marzo,
finiti i crauti, fuori i radicchi), si brucia l’inverno
con canti e filastrocche intorno ad un gran falò,
situato di proposito in punti strategici, affinché
sia visibile da molto lontano. Oggi sono le asso-
ciazioni culturali, sociali e sportive locali a indire
la manifestazione e a stabilire la procedura; una
volta il tutto avveniva con il passa parola. Nei
giorni che precedono l’ultimo di febbraio, c’è
molta agitazione nelle persone coinvolte. Si
preparano barattoli, catene, campanacci, pento-
le, coperchi, mestoli e quant’altro possa fare
tanto rumore. Si rispolverano canti e filastroc-
che e ci si dà appuntamento all’ora stabilita
nella piazza del paese. I riti si praticano con
modalità diverse da zona a zona, ma con lo stes-
so denominatore comune: mandare il messaggio
più lontano possibile. Si parte la sera ben attrez-
zati e carichi di molto entusiasmo. I rintocchi
scomposti dei battocchi, il rumore assordante
delle catene e dei barattoli trainati dalle biciclet-
te, il fracasso dei coperchi sulle pentole, devono
sentirsi ovunque, fin giù nella valle. Marzo non
può non sentire quel frastuono e non può far
altro che svegliarsi dal suo torpore. Si passa di
contrada in contrada ed ogni tanto si fa una
breve sosta in qualche famiglia per un canto,
una filastrocca, una chiacchierata. Qui, di solito,
viene offerto a tutti un bicchiere di vin brulè e
qualche dolcetto. Si finisce in un punto prestabi-
lito, che di solito cambia ogni anno, dove si tro-
verà un luogo caldo e un’abbondante cena. La
serata si conclude in allegria, con la soddisfazio-
ne di aver assolto al compito di aver spazzato
via l’inverno, con la certezza che marzo, chiama-
to così clamorosamente, possa arrivare presto,
generoso di “buone cose” e con l’impegno di
ritrovarsi tutti l’anno dopo. Rievocar in modo
gioioso e folkloristico certi aspetti della nostra
storia, significa tener vivo il passato, rispettare
le tradizioni, onorare le vecchie usanze e, come
vuole la tradizione, festeggiare con speranza e
fiducia l’arrivo della bella stagione e del vecchio
capodanno veneto.
Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
CIAMAR MARZO! di Aldina Roversi
23
SCENA 1: nella piazza del mercato.
Donna 1 Un figlio al taglialegna?
Donna 2 Si mia cara! Proprio stanotte!
Donna 1 Ma, di quale taglialegna? Pino o Marcello?
Donna 2 Pino. Pino. Pino Sego.
Donna 1 Quello che ha sposato la figlia di Rinaldo Cia-battola, il calzolaio?
Donna 2 Ma sì! Ciabattola, il cugino di Annetta Suoletta che si è trasferita a Ponte di Sotto!
Donna 1 Ah, quindi Pino..
Donna 2 Proprio lui!
Donna 1 Ma quelli non hanno neanche lacrime per piangere. Cielo paradiso! Ma come faranno a mantener-lo? Così, così…
Donna 2 Poveri?
Donna 1 Appunto. Comunque, Talone Barbone e Ovedo Prevedo …
Donna 1 Il Gran Consiglio dei Vecchi Balordi?
Donna 2 Sì, ma lasciami finire. Ebbene, hanno detto che questo bambino appena nato sposerà la figlia del Re!
Donna 1 Ah! Mi sento mancare!
SCENA 2: a corte.
Eberardo Sire, Maestà. Sovrano di Qua e di La. Mi permetta di porgere alla sua soavissima persona il mio
umile saluto mattutino. Re Ah! Eberardo. Proprio tu.
Eberardo Mi prostro davanti ai suoi puzzosiss.. ehm
gradevolissimi piedi. Re Piantala con le piaggerie. E dimmi: come mai la
Regina non siede più al mio desco per il pranzo? Perché mi tiene il muso da una settimana? Quanto continuerà questa storia?
Eberardo Ma chiarissimo mio sovrano, la Regina non ha
gradito le briciole di pane dentro al letto e… e e la lucer-tola nella tazza del latte e il granchio nelle pantofole ..e e…
Re Bastaa! Le donne! Non si può fare uno scherzo innocente! Cribbio! Bah! Lasciamo perdere.
Dimmi, Eberardo, quali novità stamane? Eberardo Nulla! Solite cose! Le nostre guardie hanno
arrestato due ubriachi e il padrone di una stamperia clandestina che pubblicava volantini anti monarchici.
Re Volantini? E che dicevano?
Eberardo “Abbasso il re di Qua e di Là. Bada sire. Il popolo è infuriato come un Cinghialle. Oh re! Ci hai rotto le ba… “
Re Bastaaa! Cinghialle. Che ignoranti! Ah, dunque va tutto bene?
Eberardo Beh! Ecco. Non proprio.
Re Come sarebbe? C’è dell’altro?
PER MILLE REAMI! di Fabio Cusinato
(sceneggiatura liberamente tratta dalla fiaba dei
fratelli Grimm: “Nato sotto una buona stella”)
Mugnaio Due e tre cinque e siamo apposto.
Cliente Bene. E per quella partita di farina gialla?
Moglie mugn Sei tu che hai ordinato tutta quella crusca?
Mugnaio Non ora donna, che ho gente! Dunque la farina gialla…
Moglie mugn Che ce ne facciamo di tutta quella roba in magazzino?
Mugnaio Non vedi che ho clienti? Vai piuttosto a vedere
perché la ruota del mulino si è bloccata. Mi scusi. Ritor-niamo alla farina gialla.
SCENA 6: in casa del mugnaio.. tempo dopo.
Re Ah! Che male! Il piede. O mio Dio. Mugnaio Cosa succede la fuori?
Eberardo Ci serva dell’acqua. Il re si è sparato su un
piede durante la caccia. Mugnaio Su un piede? A caccia? Ah, ah, ah!
Re Badate! Si è trattato di un incidente. Cosa credete?
Mugnaio Mi scusino. Accomodatevi faccio venire mio
figlio con un catino. Giovanni! Porta acqua e coperte. Qui c’è il Re che si è frantumato un piede con il fucile!
Re Gridate di più, dai villaggi vicini non vi hanno sentito!
Giovanni Sì? Mugnaio Porta acqua in un catino e delle bende.
Eberardo Che bel figliolo che avete!
Mugnaio Sono lieto che vi piaccia, ma non è mio figlio: l’ho salvato dal fiume giusto diciotto anni fa, in questa stagio-
ne. Pensate. Aveva bloccato la ruota del mio mulino.
Eberardo Pensa un po’. Ehm.. Non avreste anche del buon vinello per scaldarci?
Mugnaio Del Teroldego Rotaliano del ‘96. Vado subito in cantina.
Re Se è vivo la predizione potrebbe anche avverarsi… (i due si zittiscono perché è entrato il ragazzo con le coperte). Ma che si può fare? Per mille reami! Eberardo (Appena il giovane è uscito) Ho un’idea!
Guardate se questo messaggio può andar bene? (Mostra la lettera che ha appena scritta). Re “Mia cara desidero che il giovane che reca questo messaggio sia ucciso a morte e seppellito prima del mio ritorno”. Grande, il mio perfido e arcigno consigliere!
Eberardo Allora firmate e apponete il vostro sigillo. (Il re lo fa, mentre il mugnaio torna col vino). Re Ho urgente bisogno che il ragazzo recapiti questo
messaggio a mia moglie, nonché Regina ecc.. ecc..
Mugnaio Come comanda vostra maestà. Giovanni, corri veloce al castello e consegna questa lettera nelle mani
SCUOLE inSCUOLE inSCUOLE in RILIEVO
In scena
Anno 5, Numero 14 – Febbraio 2012
Eberardo Il taglialegna stanotte ha avuto un bimbo.
Re Notizia che mi rallegra!
Eberardo Se non fosse che in paese …
Re In paese?
Eberardo In paese si dice che da grande sposerà la vostra figliola appena nata.
Re Ah! No! Notizia che mi schianta!
Eberardo Appunto!
Re Mia figlia sposa il Cinghialle! Come si permettono? Possibile che mia figlia debba sposare il ragazzo di un taglialegna spiantato, squattrinato del popolo che, che
sbaglia anche le doppie….? Eberardo Perché non impedirlo fin d’ora?
Re E come?
Eberardo Venite!
SCENA 3: in casa del taglialegna.
Taglialegna Chi e là? E’ inutile bussiate, tanto mancano anche le porte in questa casa.
Banditore Sir Eberardo Inganni Duchi della Tresca Ciambellano del Re e Gran Consigliere della Corona,
Segretario Massimo del Reame di Qua e di La.
Taglialegna Si introduca nella mia umile dimora amabile signore. Io sono Pino Sego: taglialegna.
Eberardo Lo so. Lo so. Brav’uomo. E so anche che avete
appena figliato.
Taglialegna Non io, mia moglie!
Eberardo E beh! Certo, certo mio caro zotico.
Taglialegna Anzi se aspettate vi porto la matassa. Eberardo Quale matassa?
Taglialegna La matassa di lana. Quella che mia moglie
ha appena figliato!
Eberardo Ma no. No filato: Figliato. Figliato. Avete avuto un bambino. No filato la lana.
Taglialegna Scusate. Scusate tanto mio buon signore, ma io sono ignorante coma una zappa rotta. Ebbene sì. Abbiamo un bambino che non potrà mai iscriversi all’U-
niversità. Eberardo Bravo. Bravo. Non potrà perché voi non ne
avete la possibi... La possibi... La possibi….
Taglialegna lità. Eberardo La possibilità, mio buon ignorantone. Sentite:
datemi vostro figlio e lo farò allevare a corte mangiato, vestito, stirato e studiato.
Taglialegna Vitto, alloggio, lavatura, stiratura e… cultura?
Eberardo La mia parola.
Taglialegna Accetto. Eccovi l’infante.
SCENA 4: vicino al fiume. Eberardo E ora, mio caro figlio del boscaiolo ignorante
e povero in canna, oplà. Vediamo come sai nuotare.
SCENA 5: in casa del mugnaio.
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della regina.
Re Mi raccomando, non deve leggerlo nessuno oltre a lei. SCENA 7: in mezzo al bosco.
Giovanni Oh no! Non è questa la strada. No. Mi sono
perso. Quel monte doveva essere dall’altra parte. E quella boscaglia laggiù non c’è sulla strada del castello, e nemmeno su questa vecchia mappa. Ma lì se non sbaglio si vede una luce…
SCENA 8: in casa dei briganti.
Giovanni Mi è permesso? Posso entrare?
Vecchia Vieni caro giovane. Vieni pure avanti.
Giovanni Mi scusi buona signora, ma mi sono perso nel bosco.
Vecchia Cartina non aggiornata?
Giovanni Infatti!
Vecchia Comunque sarebbe più igienico che te ne andassi, sai? Questa è casa di briganti.
Giovanni Per carità signora, non mi rimandi fuori. Ho troppo freddo, sono troppo stanco e ho paura dei lupi o
di qualche venditore di enciclopedie nascosto dietro un albero.
Vecchia Ma dove te ne vai di notte e a quest’ora?
Giovanni Non me ne parli! Il Re, con un piede spappolato da una fucilata, mi ha dato un messaggio segreto da recapitare alla Regina.
Vecchia Con un piede spappolato?
Giovanni Sì! Che gonzo! E mio padre si è scompisciato dalle risate.
Vecchia Interessante! E quindi?
Giovanni Niente. Poi mi ha dato questo!
Vecchia Fammi vedere!
Giovanni Giù le mani, vecchia curiosona! Non posso, il Re ha ordinato di non farlo leggere a nessuno.
Vecchia Che modi per una che ti ospita nel cuore della notte e in piena foresta. Comunque, se non vuoi raccon-tarmi nulla, dormi pure sul pagliericcio.
Scena 9: arrivano i briganti.
Brigante 1 Che nottataccia! Possibile che su quella
maledetta carrareccia non passi mai nessuno? Brigante 3 Sì, nessuno!
Brigante 4 Quella strada non ha mai buttato niente! E
l’avevo detto! Brigante 2 Niente! Tre ore di appostamento per non
vedere neanche un vetturino squattrinato!
Brigante 3 Neanche uno! Brigante 4 È colpa tua! Dovevamo restare all’incrocio
dei Massi! Come avevo detto!
Brigante 2 Per mille satanassi. Non mi provocare o ti
rompo una rotula e poi ti mando dal maniscalco.
Vecchia Ssss. Quanto chiasso! C’è un ragazzo che dorme. Brigante 2 Ah! Qui si ospitano viandanti finché noi si
lavora e si rischia la pelle in ogni momento.
Brigante 3 In ogni momento! Brigante 2 La pianti di ripetere quello che diciamo?
Brigante 1 Un lavoro usurante e senza la prospettiva
della pensione.
Vecchia Ah! Piantatela una buona volta. Fannulloni! Brigante 1 Beh, se la giornata e cominciata male non
vuol dire che non possa finire meglio!
Brigante 2 Già! Frughiamo bene questo ragazzo. Chissà che non si possa trovare qualcosa.
Brigante 3 Sì. Sì. Qualcosa dai!
Brigante 1 Caspita! Ma questo dorme come un sasso del giurassico.
Brigante 2 (mentre lo fruga) Matita colorata. Fazzolet-
to, sporco. Gomma da masticare, usata. Messaggio segreto, inutile. Niente, questo gira senza un soldo…
Brigante 4 Sempre così: Strade deserte, inutili perdite di tempo. Mocciosi squattrinati… se mi davate retta…
Brigante 1 Ti va un pugno in mezzo agli occhi? E tu
piuttosto: Carte di credito? Bancomat?
Brigante 2 Macché! La solita scalogna! Aveva in tasca solo un foglio …
Vecchia Deve essere una lettera per la Regina.
Brigante 3 E che ne sai tu? Vecchia Lo so e basta!
Brigante 1 Interessante: leggi!
Brigante 2 (legge) “Mia cara, desidero che il giovane che reca questo messaggio sia ucciso a morte e sep-
pellito prima del mio ritorno”.
Brigante 3 Oh mamma! Seppellito a morte e ucciso nel ritorno!
Brigante 1 Ma questo povero ragazzo sta trasportando la sua condanna a morte!
Brigante 2 Non lasciamogliela portare!
Vecchia Che cosa intendete fare?
Brigante 2 Si fa un bel falso?
Brigante 1 Dai: dove abbiamo messo l’imitazione del sigillo reale?
Vecchia Era qua!
Brigante 1 Accidenti, vecchia! A casa tutto il giorno e non riordini mai niente!
Brigante 2 Perché la sgridi così? Semmai dovresti dire: Accidenti, vecchia! A casa tutto il giorno e non riordini mai niente!
Vecchia Ohè, dico! Non sono mica Cenerentola sapete!
E comunque eccolo!
Brigante 2 (scrive) Mia cara, desidero che il giovane che reca questo messaggio sposi immediatamente la nostra cara figliola. Firmato: Il Re. (vi appone il sigillo e infila il messaggio nella bisaccia) Così mi sembra me-
glio. (i briganti vanno a dormire e il ragazzo si sveglia). Bene. Andiamocene a nanna ragazzi. A proposito, vec-chia! Hai rifatto i letti?
Vecchia Andate al diavolo!
SCENA 10: in casa dei briganti, il risveglio di Giovanni. Giovanni Chissà quanto ho dormito! O mio Dio! Presto: latte, caffè e giornali! Devo scappare di corsa. Vecchia Vai diretto al castello e non ti fermare in altri posti, sventatello! Giovanni Certo, signora e grazie per l’ospitalità. (esce di corsa) Vecchia E la bisaccia? Giovanni (rientra) Grazie, stavo per lasciare qui pro-
prio il messaggio per la Regina! A proposito, da che parte si va alla reggia? Vecchia Di là. Giovanni Arrivederci. SCENA 11: Al castello Guardia Sì, sì. Questo sembra proprio il sigillo reale. Mi
pare tutto in regola. Bene. Ti farò accompagnare nelle stanze della Regina. E pulisciti le scarpe. E non metterti le dita nel naso. E non tossire. E non grattarti. E stai giù con la testa. E non dare la schiena alla Regina. Giovanni Posso respirare? Guardia Spiritoso! Giovanni Maestà. Vi devo consegnare questo messaggio da parte del Re. Regina Vieni, vieni, bel giovane. Dunque vediamo: “mia
cara, desidero che questo baldo giovane sposi immedia-tamente nostra figlia”. Firmato il Re. Giovanni O santo cielo! La solita storia. Lui sposa lei,
sebbene di una condizione sociale più modesta. Lei sposa lui e vissero felici e contenti … Regina Oh, dico. Giovanotto! Come ti permetti? Tu stai per sposare una ragazza di alto lignaggio. Giovanni Chiedo scusa Maestà! Regina Comunque… mi piaci ragazzo! Un po’ di sano umorismo mancava nella nostra casa. Se penso agli
stupidi scherzi di mio marito il Re… bah! Bene! Non vedo come la cosa non si possa fare. Giovanni Già! Io sono pronto! Regina Sì ma... non puoi certo sposare mia figlia con gli stracci da mercato rionale che hai addosso. Sei così male in arnese, povero ragazzo! Giovanni Tutta roba acquistata nei cestoni del discount! Regina Lo vedo. Ildebrando! Ildebrando! Ildebrando Ai suoi ordini mia soave Regina! Regina Chiamami Gerard, il sarto. Ildebrando Subito. Giovanni Finalmente un abito in grande stile. Non vorrei fare brutta figura con la sposa. Poi, poi ci sono le foto e nelle foto non vengo bene con i calzoni corti e le camicie strappate, con il colletto usurato … Regina Sarai uno schianto, non preoccuparti. Giovanni Sono leggermente agitato, è la prima volta
che sposo una principessa e.. Gerard (accento francese) Ai suoi comandi ma Reine.
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Regina Prendi le misure del ragazzo. Gerard Ah! Mon Dieu! Un altro condannato alla guillotine? Regina Ma che hai capito? Sciocco di un sarto rivoluzio-nario. Lui non ha bisogno della cassa da morto, ma di un
sontuoso vestito di nozze! Gerard Excusez-moi, ma Reine. Mi schiaffeggio da solo! Regina Su, su. Bando alle ciance e al lavoro, che stase-
ra siamo a nozze! Ildebrando. Ildebrando. Chiamami Gustave Patè, il cuoco… SCENA 12: cortile del palazzo. 1 donna Ho sentito la serva del sarto francese che lavora a corte. 2 donna La serva francese? 1 donna Il figlio del taglialegna sposerà la figlia del Re. A corte stanno preparando vestiti, e cibi prelibati, torte e tramezzini per le nozze che si terranno stasera a palazzo. 2 donna Il figlio della serva sposerà la figlia del cuoco francese. A palazzo hanno investito un sarto con i tra-
mezzini. 3 donna Il taglialegna ha sposato il sarto Gerard e i suoi tramezzini si sono vestiti a festa. Il Re ha organiz-zato le nozze con la figlia del cuoco. 4 donna O santo cielo! Convertitevi! La fine del mondo è vicina! SCENA 13: su un terrazzo del castello. Giovanni Non so se sai, ma io sono Giovanni, il tuo futuro sposo. Principessa Un’altra idea di mio padre, immagino! Giovanni Beh! Sì. Infatti è stato lui a inviarmi con il messaggio.. Principessa Adesso mi manda lo sposo con i messaggi? Giovanni Beh! Non che io materialmente fossi dentro il messaggio, cioè non, io, insomma, sono venuto insieme,
o meglio, in altre parole non mi.. Principessa Non sforzarti troppo. Comunque mi piaci. Almeno non sei come tutti quegli altri che mi hanno
presentato fin d’ora. Giovanni Perché? Ce ne sono stati altri? Principessa Eeh! Ma avevano una media di novantacin-que anni. Giovanni Gran brutta età per gli uomini. Vanno a male! Principessa Il mio amore ha da essere alto, bello, giovane, molto intelligente e .. santo! Giovanni Beh! Effettivamente. Non ce ne sono molti di noi in giro. Principessa Il mio ideale è Skrofte! Giovanni Beh! Naturale! Comunq… Cosaa? Skrofte? Il figlio di Porkesio, l’allevatore di maiali? Ma, ma, ma
quello puzza come, non so, come un gregge di capre tibetane! Principessa Ha quell’istinto animale… Giovanni Istinto animale? Ma quello.. è un animale. Tutto quel parlare di intelligenza. Quello ha il quoziente intel-lettivo di, non so, di un comodino o di una scarpa! Principessa Ma non ti preoccupare. Sono disposta a sposare anche te! Giovanni Ah! Beh! Ti ringrazio. Spero di essere all’altez-
za di sostituire il figlio della “Prosciutti e Affini”.
SCENA 14: un'altra ala del castello. Re Che cosa? Mia figlia in sposa di quello zotico figlio del
mugnaio, che fra l’altro non è neanche suo figlio, ma che ehm..
Regina Come sarebbe non è il figlio del mugnaio?
Re Storia lunga e comunque, comunque mia figlia con quello, io lo so, non va bene e con il quale, e ho detto
tutto…
Regina Non è che questo è uno dei tuoi soliti scherzi? Re Ma quale scherzo e scherzo. Io ti avevo inviato un
chiaro messaggio nel quale ….
Regina Questo?
Re Mah! Chi ha osato? Questo non è il mio messaggio! Ildebrando! Ildebrandoo!
Ildebrando Eccomi sire.
Re Chiamami subito quel giovane che dovrebbe sposare mia figlia.
Ildebrando Ai suoi comandi.
Re Voglio proprio vedere. Eh sì. Lo voglio proprio vedere. Regina Non scaldarti troppo. Ricordati della tua ulcera.
Re Al diavolo l’ulcera!
Giovanni Eccomi maestà. Come va con il piede?
Re Lascia perdere il piede. Non tergi e versiamo. Perché hai cambiato l’ordine di questo messaggio? Eh? Parla?
Giovanni Ah no! Voi mi avete ordinato di non aprire il
messaggio e io ho ubbidito. Re Ti farò cavare gli occhi, bello mio. Ti farò fustigare e
poi ti darò in pasto ad un assicuratore per una polizza sulla vita!
Giovanni No! L’assicuratore no!
Re La vedremo. La vedremo. E comunque io avevo detto che avrei dato in sposa mia figlia solo all’uomo capace di strappare i tre capelli d’oro a Orco. Ce li hai?
Giovanni No, ma posso procurarmeli.
Re Puoi procurarteli? Sparisci dalla mia vista!
SCENA 15: un paese vicino.
Sentinella 1 Chi sei? Cosa vuoi? Dove devi andare? Da dove vieni?
Giovanni Mi chiamo Giovanni. Sto andando su questa strada per giungere..
Sentinella 1 Chi sei? Cosa vuoi? Dove devi andare? Sì, ma da dove vieni?
Giovanni Il mio nome è Giovanni e sto andando dall’Or….
Sentinella 1 Dove devi andare? Cosa vuoi? Sì, ma chi sei?
Giovanni Buonanotte!
Sentinella 1 Per la casa di Orco sempre dritto. Chiedi un po’ come mai la fontana del paese è sempre asciutta!
Giovanni Al mio ritorno ve lo dico. Ma vi trovo qui o al neuro?
Sentinella 1 Cosa vuoi? Sì, ma dove vai?
SCENA 16: un secondo paese.
Giovanni Ehi voi!
Sentinella 2 Dite a me?
Giovanni Una piazza deserta alle due di notte. A chi pensate che mi stia rivolgendo?
Sentinella 2 Ehi, ehi! Abbassate il tono straniero! Che noi non abbiamo ancora consumato il rancio assieme!
Giovanni Non si scalmani tanto soldatino!
Sentinella 2 Soldatino lo dici a tuo fratello, moccioso che non sei altro! E fermati dove sei o ti trapasso a morte!
Giovanni O no! A morte no. E’ contro i miei principi. E poi sono malato. Ho due ernie e la morte è contro indicata.
Sentinella 2 Chi sei? Cosa vuoi? Chi cerchi?
Giovanni Per caso lei ha un fratello qui al paese vicino? Comunque mi chiamo Giovanni e sto andando da Orco.
Sentinella Ah! Mi credevo. Passa pure. A proposito.
Chiedi a Orco come mai l’albero di mele che sta in mezzo alla piazza non fa più mele da molte stagioni.
Giovanni Non dubitate. Al mio ritorno lo saprete.
SCENA 17: al fiume.
Barcaiolo Che vita grama. Mai un cambio. E poi… i reumatismi. I piedi piatti. Il gomito del tennista. I dolori. E che diamine! Da anni mi nutro di lucci e trote. Non li sopporto più! Mai una bistecca di manzo o una coscia di
pollo con le patatine.
Giovanni Presto. Mi porti all’altra riva! Barcaiolo Anche lei di fretta. Ma dove andate tutti con
sta furia!
Giovanni Ho un appuntamento con Orco. O meglio, lui non sa che lo andrò a visitare. Ma, insomma, gli devo togliere lo scalpo!
Barcaiolo Sentite. Qui non passano molte persone e io non vedo l’ora di abbandonare questa barca. Perché non
venite voi a prendere il mio posto?
Giovanni Per carità. Non è lavoro per me questo. E se poi vi è un’esondazione e qualche altra calamità torren-tizia, allagamenti o che? E i coccodrilli? Io non amo molto esser digerito da quegli animali e finire in una
borsa di qualche signora.
Barcaiolo Almeno chiedete a Orco come posso fare ad abbandonare questa barca.
Giovanni Come fatto.
SCENA 18: in casa di Orco. Nonna Avanti bambini. Basta giocare in giardino! Ora
arriva mio nipote e se vi trova vi infila tra due fette di pane. Via, sciò!
Giovanni Buondì bella signora.
Nonna Eh! Bella signora. Una volta, forse, mio bravo e complimentoso giovine.
Giovanni Ma lei sembra uscita dalle mani della luna e dai raggi delle stelle che…
Nonna Il diavolo ti porti! Screanzato. Vuoi prendermi in giro?
Giovanni Sulla testa del Re, è quel che vedo!
Nonna Veramente?
Giovanni Mai stato più sincero.
Nonna Mi piaci bel giovane coraggioso.
Giovanni Coraggioso? Andiamoci piano. In situazioni come questa mi si indebolisce la vescica.
Nonna Su, su. Mio nipote non arriva che tra un paio d’ore. Però prima te ne devi andare. Quello ha una fame, quan-
do rientra dal lavoro, che non vede quel che azzanna. Giovanni Ma io lo devo incontrare. Mi servono i suoi
capelli d’oro, o non sposerò la principessa.
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Nonna Per mille Orchi Dee! Ma come si fa? Mio nipote
non è un damerino di città. Ha il fisico di un armadio a due ante e con il suo alito può disinfestare tutti i campi del Re dalle zecche.
Giovanni Un altro po’ signora e dovrò chiederle dei pantaloni di ricambio. Ma non ho scelta. Devo avere i
suoi capelli, non solo, ma devo anche sapere tre cose. Nonna Ah sì? Credo che ti aiuterò. Vieni e dimmi tutto.
SCENA 19: in casa di Orco, arriva Orco.
Orco Che fame. Che famee! Donna. Vecchia. Hai prepa-rato qualche cosciotto stasera?
Nonna Stai calmo. Com’è andata al lavoro?
Orco Lavoro? C’è ne fosse ancora. Con questa crisi. Le
mie pantofole? Nonna Ecco!
Orco (Mangiando qualcosa) E poi. Mica ti dicono niente.
Ti lasciano a casa così, su due piedi.
Nonna Già.
Orco Cosa si mangia? Brasato di Protestante? Gambuc-
cio di cristianuccio o che? Nonna Vieni, la zuppa è quel che ci vuole alla sera.
Orco Almeno un mezzo di rosso?
Nonna Un mezzo? Un litro caro il mio nipote. Un litro.
Contento? SCENA 20: in casa di Orco durante la notte.
Giovanni Se esco vivo da questa storia vado a Padova a
piedi. Nonna Vieni caro nipote, vieni e riposati sul tuo nuovo
materasso di lattice.
Orco Il vino era leggermente troppo freddo, ma buono. Che sonno!
Nonna Dormiamo, che domani è un altro giorno.
Giovanni Mamma santa! Perché non me ne sono rima-sto a casa a giocare con la ruota del mulino. In che guaio mi sono cacciato.
Nonna Non ti preoccupare mio giovane e pauroso
sposino. Ammira che recitazione. Ehm. Ehm. (toglie il
primo capello) Ah! Ah!
Orco Ahio! Cosa succede? Nonna Un incubo. Un terribile incubo!
Orco Ehmbè!
Nonna Ho sognato che ehm...
Giovanni (suggerisce) in un paese poco lontano..
Nonna In un paese poco lontano
Giovanni L’acqua… non zampilla
Nonna L’acqua... non, la fontana non ha più acqua.
Orco Sciocca. Per questo mi svegli? Quella fontana ha
nascosto un rospo che se la beve tutta.
Nonna Ah! Bene! Grazie. Dormiamo. Giovanni Che Dio ce la mandi buona!
Nonna Ah! Ah!
Orco Ahio! Ma si può sapere casa fai?
Nonna Un incubo orribile!
Orco Ancora!
Giovanni La storia delle mele…
Nonna Ah! Sì! Ho capito!
Orco Come hai capito? Nonna No, dicevo, ho capito perché mi sono svegliata.
Orco E allora?
Nonna In un paese vicino vi è un albero che non fa più mele.
Orco Nonna, ma qui sento odore di carne umana.
(l’Orco si mette a frugare). Nonna Ma cosa ti metti a rovistare. Io son qui con gli incubi e tu ti metti a girare per la stanza come un pazzo.
Orco Va bene. Buonanotte. E comunque quell’albero ha un topo che rosicchia le radici. Ora dormi una volta per
tutte. Giovanni Mio Dio. L’alito dell’Orco ha invaso la stanza.
Mi vien da soffocare.
Nonna Ah! Oddio che sogno mostruoso! Orco Domani ho un corso sulla conservazione della
carne di cristiano. Non vuoi che faccia tardi? Vero non-na?
Nonna No. No, ma ho avuto un altro incubo. Ho sognato un barcaiolo che non può lasciare il suo posto e si nutre da anni di carne di trota, tanto che gli sono cresciute le
branchie sotto le braccia.
Orco Quello è un imbecille perché se mette in mano i remi al primo che sale sulla sua barca se ne può anda-re. Ma la prossima volta che mi svegli ti mando a dor-mire con il maiale.
Giovanni Dammi e capelli e fammi andare in bagno
prima che faccia un disastro. Ciao.
SCENA 21: sulla via del ritorno Barcaiolo Oh. Bene. Grazie. Quindi il prossimo gonzo
che viene a farsi traghettare gli infilo in mano il remo? Grazie buon giovane.
Sentinella 2 Un topo che mangia radici? Bene. Eccoti un sacco pieno di monete d’oro e buona fortuna.
Sentinella 1 Una maledetto rospo dalla insaziabile sete? Ottimo provvederemo subito. Eccoti un bel sacco pieno
di monete.
SCENA 22: a corte.
Re Non c’è che dire i capelli ci sono. E questi sacchi?
Giovanni Monete. Monete d’oro sonante.
Re Per mille corone. E dove le hai trovate?
Giovanni Al di là del fiume vi sono spiagge piene d’oro! Fatevi traghettare dal barcaiolo.
Re Eberardo! Prepara una ventina di sacchi. Si parte!
SCENA 23: dal barcaiolo
Re (sale in barca) Presto, portami all'altra riva.
Barcaiolo (appena giunti all'altra riva) Maestà, potreste tenermi un attimo il remo? (Salta giù dalla barca e corre via) Re Ehi dove andate? Ma, cosa succede? Il remo non si stacca ! Aiuto!
Forestiero Mi porti all’altra riva buon uomo.
Re Ehi! Dico. Io sono il Re, con chi si crede di parlare?
Forestiero Immagino. Lavoro logorante eh?
Re Sono il Re le dico! Il Re!
Forestiero Non si preoccupi. Ci sarà pure una cura anche per lei!
SCENA 24: nella piazza del mercato.
Donna 4 Avete sentito delle nozze a Palazzo?
Donna 2 Nozze? Hanno fatto una settimana di festa! Donna 1 Quel ragazzo, Giovanni, ha sbaragliato l’Orco, ha
risposto a tutte le domande su rospi, acqua, mele, remi e topi, si è sposato la principessa ed è diventato Re.
Donna 2 Caspita ha tolto i capelli all’orco ed ha risposto a ratti e rospi.
Donna 4 Ma del Re che ne è stato?
Donna 1 Lo hanno esonerato!
Donna 3 Macché, esonerato! Ha avuto un’eredità in Cina!
Donna 4 Ma noo! Cara! È andato a fare una battuta di caccia in Africa, dove ha avuto un lieve incidente, dopo un frontale con un rinoceronte!
Donna 2 Ma piuttosto. Avete sentito del pazzo che fa il barcaiolo?
Donna 1 Oh sì, benedetta! Quello che dice di essere un Re?
Donna 3 Ma per carità! Si può essere più presuntuosi!
Donna 1 Presuntuoso e ingrato!
Donna 4 E come mai?
Donna 1 Sentite questa: la settimana scorsa gli ho portato qualcosa da mangiare e me l’ha tirata addosso!
Donna 4 Non c’è più religione!
Donna 3 Cosa gli avevi portato?
Donna 1 Ma, che gli avevo portato? Ah, sì: trota al car-toccio, luccio in umido e ….. un po’ di frittura ….
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