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SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO

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SCUOLA SECONDARIADI PRIMO GRADO

“Dare un nome alle cose”

Laboratorio di scritturaClassi Prime

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UNO SGUARDO SULLA REALTÀ:LO STUPORE DELLA NEVE A CESENA˙“Quando cade la neve, tutto sembra cambiare aspetto

e assumere contorni diversi”

Dai testi dei ragazzi

Nella mattinata di venerdì 10 febbraio, siccome la scuola era chiu-sa, sono uscita di casa e sono andata in un piccolo parco vicino a casamia a giocare con la neve insieme ad alcune mie amiche.

Le strade erano innevate e sembrava che un soffice tappeto biancoavesse avvolto tutto.

Gli alberi erano vestiti di un candido manto velato con i rami gela-ti che sfioravano il cielo.

I tetti delle case erano ornati con stalattiti di ghiaccio e parevanomeravigliose gocce di cristallo…

All’improvviso iniziò a nevicare ed ero meravigliata nel vederequei fiocchi di neve che ondeggiavano di qua e di là, dolcemente,dando pace e serenità. (Benedetta)

Quando cade la neve tutto è trasformato e reso magico da unamagia bianca che scende soffice dal cielo e ricopre qualunque cosa. Honotato ciò un giorno di neve, tornando da scuola, in macchina con mio

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babbo. La neve cadeva leggera e si lasciava cullare dal vento, soffice etenera si posava sul suolo e, talvolta, riprendeva la sua corsa dopoessersi posata a terra. Ma in certi istanti pareva gettata alla rinfusa daun mago del cielo e allora quella cupola azzurra si faceva scura e coper-ta da terribili nuvole grigie che la “spegnevano” e la chiudevano. Nonavevo mai notato una cosa tanto fantastica: il mio cuore si riempì digioia osservando dal finestrino la neve cadere: non so perché ma quel-la neve bianca, candida, soffice, leggiadra, che quasi pareva danzasse,mi trasportava con la fantasia e mi pareva di danzare con lei. (Anna)

Guardando dalla finestra della mia mansarda riuscivo ad osservaretutto il paesaggio innevato. Riuscivo a scorgere il “Monte“ innevato e“illuminato”, come io non avevo mai visto prima. Il paesaggio intornoa me era silenzioso e calmo; non giravano macchine e i giardini, com-preso il mio, erano sommersi dalla neve… I tetti delle case non si vede-vano più, si vedeva solo il fumo uscire dai camini. Gli alberi si eranoimbiancati a festa, ma sembravano molto deboli. Di notte il paesaggio

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non era molto cupo, perché la neve”illuminava” la città: i lampioni illu-minavano la neve, così con i suoi cristallini lei rifletteva la luce.(Arianna)

A me la neve piace tanto e la vorrei sempre pure d’estate perché mifa felice e mi leva di mente tutte le preoccupazioni. La neve poi creaanche meravigliosi e stupefacenti paesaggi. Infatti, quando nei giorni dineve guardavo fuori dalla finestra, vedevo sempre enormi alberi spogli,con i lori rametti piccoli e fragili, coperti da grandi masse di neve cheli facevano sembrare dei coni con sopra del gelato alla panna.

I tetti delle case erano tutti coperti e quando li guardavo mi susci-tavano un’emozione indescrivibile.

Le strade di sera erano illuminate da fiochi lampioni che emanava-no poca luce, essendo coperti di ghiaccio. I terreni sembravano grandidistese di zucchero soffice come cotone. (Miguel)

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Quando cade la neve il paesaggio cambia aspetto tutto viene rico-perto da una fitta coltre bianca che dona più luce alla giornata. La nevenon risparmia niente e nessuno: dopo il suo passaggio persino la colli-na più grande diventa una nuvola candida di un cielo d’estate… Dacasa mia si vedeva tutto bianco, un bianco che donava pace, ma dietroquella pace si nascondeva la gioia frenetica dei bambini che ardevanodalla voglia di divertirsi finalmente a casa da scuola… Il paesaggioinnevato era bellissimo e mi sentivo felice; la neve suscitava calmagioia e silenzio, il silenzio che rendeva sereni. (Claudia)

Sono andata alla finestra e di lì ho ammirato lo spettacolo: ho vistosoffici fiocchi di zucchero filato, che si appoggiavano al terreno, sfatti,a causa del lungo viaggio… Io la neve l’ho paragonata allo zuccherofilato, perché dal momento in cui la toccavi ti si appiccicava alle scarpee non ti lasciava più.; l’ho paragonata anche a un mantello biancodell’Uomo delle Nevi, che quest’anno è arrivato un po’ in ritardo acausa di un contrattempo… (Anna)

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NELMONDO DELLA FANTASIA: LO HOBBIT

Il laboratorio di lettura e scrittura creativa ha accompagnato il lavo-ro su Lo Hobbit di J. R. R. Tolkien

Immagina di essere Bilbo Baggins e racconta in prima personal’entrata nella Caverna del re degli Elfi Silvani attraverso i grandiportali, la vita sempre nascosto, la scoperta delle celle dei nani, finoall’incontro con Thorin; non dimenticare di esprimere cosa pensi eprovi.

Sono Bilbo Baggins, desidero raccontarvi una delle mie più fanta-stiche avventure. Dopo essere sfuggito assieme ai miei amici nani dallegrinfie dei ragni e dopo aver abbandonato Bosco Atro, mi incamminocon la compagnia alla ricerca di una via d’uscita e di qualcosa da man-giare, se non vogliamo morire di fame e sete.

Ecco però, arrivare all’improvviso gli Elfi Silvani, armati di archi efrecce! Con abile scaltrezza, rapiscono i nani e li portano con loro,mentre io, per sfuggire alla cattura, metto l’anello magico che mi rendeinvisibile e scivolo via.

Io sono salvo, nessuno mi può scoprire e sentire! Rimasto solo,seguo silenziosamente i miei amici che vengono condotti dalle guardieall’interno della Caverna, davanti al re degli Elfi, il quale domanda loroil motivo della loro presenza in questo regno. I nani seguitano a nonrispondere, il re così stabilisce di non liberarli, finché non deciderannodi parlare.

Attonito, seguo la conversazione e mi rendo conto che la situazio-ne si fa veramente complicata e difficile, così provo ad immaginare checosa farebbe Gandalf se fosse qui al mio posto.

Mai come ora desidererei inviare allo stregone una supplichevolerichiesta d’aiuto, poi ci ripenso e mi rendo conto che ce la devo fare dasolo. Dopo tutto questa è la mia avventura! Non è facile uscire da que-sto luogo, una volta entrati, perché è buio, tetro, oscuro, illuminato soloda torce e pieno di cunicoli, di stanze con porte magiche che si richiu-dono subito dopo il passaggio di qualcuno.

Benché io sia uno hobbit molto veloce e silenzioso, trovo difficoltàad oltrepassare queste porte senza farmi sentire. È un vero labirinto!

Il cuore batte forte; mi assale un sentimento di paura che si fa sem-pre più acuto per il timore di essere scoperto.

Poi, riprendo fiducia in me stesso, pensando alle avventure vissuteprecedentemente, dove ho dimostrato il mio coraggio e la mia scaltrezza.

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C’è in me il desiderio di farcela, di fare pentire i nani di avermi con-siderato, all’inizio dell’avventura, un goffo e pigro hobbit, incapace edinutile per la loro missione.

Dopo aver trascorso giorni e giorni alla ricerca di una via d’uscita,riesco finalmente a districarmi da quel labirinto e mi allontano pensan-do ai miei compagni di viaggio.

Mi sento parte di loro! Devo essere fedele e leale, ora che hannocominciato ad apprezzarmi per ciò che valgo!

Mi sono grati di averli salvati in alcune circostanze e si sono con-gratulati per le battaglie vinte, perciò non mi sento di abbandonarlinella difficoltà.

Così metto in funzione la mia mente, ritorno indietro da dove sonopassato e vago per il palazzo, invisibile, alla ricerca delle dodici celle,dove sono rinchiusi i miei amici nani.

Mentre raggiungo l’ultima cella dove si trova l’ultimo nano, sentocon grande soddisfazione le voci degli Elfi, le quali dicono che c’è unaltro nano rinchiuso nella Caverna in un posto cupo e profondo.

Naturalmente penso all’amico Thorin che è scomparso da un po’;io e i miei amici abbiamo perso le sue tracce dopo la battaglia contro iragni.

Vengo a sapere che Thorin è stato vittima di un incantesimo, daparte degli Elfi Silvani ed è stato portato via, ma per fortuna è ancoravivo, servito e riverito, come fosse uno di loro.

Dopo tutto gli Elfi non sono così crudeli, anche se non si fidanodegli estranei.

Dopo aver ascoltato tutte le indicazioni per raggiungere Thorin, midispongo all’azione e con molta difficoltà riesco a raggiungere il luogodove si trova il re dei nani che è triste, sconsolato e sfiduciato al puntoda essere lì lì per rivelare agli Elfi il motivo della nostra missione.

Thorin sente la mia voce e subito si rasserena; si avvicina alla portae, anche se sono invisibile, non ci mette tanto a capire che sono proprioio: Bilbo Baggins”. (Anna F.)

“Sono qui, nella foresta, insieme ai miei amici nani, in cerca dicibo e di bevande.

Siamo tutti stanchi e ci sediamo per raccogliere le idee e qualcunosi addormenta anche.

Improvvisamente ci accorgiamo che Thorin non è con noi. Dovesarà? A pensarci bene mi viene in mente che l’ho visto, per l’ultimavolta, quando dopo essere entrato nel cerchio di luce, le luci si sonospente.

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Da quel momento l’abbiamo perso di vista.... occorre che andiamoa cercarlo, ma dove?

Così ci incamminiamo verso il limitare del bosco e qui vediamo inlontananza una grande caverna: forse lì troveremo Thorin e magarianche qualcosa di che sfamarci.

Mentre ancora ci troviamo dentro alla foresta e comincia ad imbru-nire, improvvisamente io e i nani veniamo accerchiati da centinaia diElfi Silvani, armati di archi e di frecce e dall’aspetto molto agguerrito;appare subito evidente che le nostre armi non possono competere conquelle degli elfi.

I nani si irrigidiscono come mummie, mentre io riesco ad indossa-re l’anello e a sgattaiolare via senza essere visto.

Per fortuna riesco, quindi, ad evitare la cattura.Mentre nessuno si accorge di me, vedo che i miei amici nani ven-

gono legati e bendati; quindi sono condotti dentro la caverna.Li seguo e stando alle calcagne degli ultimi elfi della colonna dei

prigionieri, riesco ad infilarmi anch’io dentro la caverna, appena intempo prima che i portali si chiudano.

Percorriamo cunicoli molto stretti ma ben aerati: essi si incrocianoe sono illuminati solo dalle luci rosse delle torce delle guardie elfiche.

Giungiamo ad una grande sala dove il re degli elfi siede su un tronodi legno intagliato. Ora il re ordina di far slegare i nani e li interroga peravere informazioni, ma, poiché non riceve notizie precise sulla lorospedizione, li fa imprigionare in celle singole e lontane tra loro. Così,purtroppo, non riesco a vedere dove vengono rinchiusi i miei amicinani. Perciò resto solo.

Per molti giorni, continuando a tenere l’anello e quindi restandosempre nascosto, girovago per il palazzo del re degli elfi seguendolinelle loro attività. Sto sempre dietro, senza mescolarmi in mezzo a loro,per paura di essere visto attraverso la mia ombra. Quando loro vannoda una stanza all’altra, io li seguo, stando attento a passare svelto pernon restare intrappolato in mezzo alla porta che si richiude dietro diloro.

Spesso loro escono dalla caverna per andare a caccia. Così escoanch’io, pur correndo dei rischi: ma questo mi serve solo per prendereuna boccata d’aria, perché in realtà non riesco a seguirli nei loro per-corsi, rischierei di perdermi nella foresta. Inoltre non voglio allonta-narmi dalla caverna e abbandonare i miei amici nani. Così, quando glielfi ritornano, rientro anch’io dentro la caverna insieme a loro. Dentroal palazzo, poi, riesco sempre a trovare qualcosa da mangiare, rubandoil cibo dalla dispensa o dalla tavola. Dormo a malapena qualche volta,

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rannicchiato negli angoli più scuri e inosservati, che ho imparato aconoscere nei molti giorni di questa vita strisciante e nascosta. E pro-prio perché ho imparato a conoscere il fitto intreccio dei vari cunicolie ad orientarmi in essi, dopo quasi due settimane di solitudine scoprofinalmente dove sono posizionate le dodici celle in cui sono rinchiusi imiei amici nani. Non solo: casualmente scopro anche dov’è tenuto pri-gioniero il mio amico Thorin. Finalmente! Questa vita mi era diventa-ta insopportabile. Ora posso parlare con qualcuno e soprattutto misento di nuovo utile. Infatti Thorin, dopo lunghi giorni di prigionia, eraormai caduto in depressione e l’incontro con me fa svanire invece il suoavvilimento: subito infatti mi incarica di portare ai nani un messaggiopreciso e deciso, quello di non svelare per nessun motivo al re il segre-to della loro missione.

Nel fare il messaggero di Thorin, passo svelto da una cella all’altradei nani e, anche se sono ancora… un fantasma invisibile, mi sento dinuovo vivo, pieno di coraggio e di speranza che, insieme, ce la fare-mo!!!”. (Luisa)

A qualche miglio dal limitare del bosco Atro, sulla parte orientaleviveva, in un grande grotta, il più grande re degli Elfi Silvani. La caver-na era grande, ai lati della quale se ne aprivano numerose altre più pic-cole. La caverna si inoltrava profondamente sottoterra, aveva moltipassaggi e grandi sale, però era più luminosa e più sana delle dimoredegli orchi; non era molto profonda e né pericolosa. I sudditi del revivevano e cacciavano nei boschi aperti e avevano case o capanne sullaterra o sui rami degli alberi. La caverna del re, era la sua casa, servivada forziere per il suo tesoro e da fortezza contro i nemici. Davanti aigrandi portali della caverna scorreva un fiume che sgorgava dalle altu-

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re della foresta e serpeggiava sulle terre di confine fino alla confluenzacol fiume Selva.

Io Bilbo Baggins, assieme ai miei amici nani, dopo la battagliasostenuta coi ragni, eravamo sfiniti ed affamati.

Cercavamo del cibo, quando arrivarono gli Elfi Silvani che, armatidi archi e di frecce, ci fermarono.

Gli Elfi legarono i nani in una lunga fila, mentre io riuscii ad allonta-narmi senza essere notato e per sicurezza mi infilai l’anello magico. GliElfi bendarono i nani, accesero le torce e si avviarono verso il ponte cheattraversava il fiume fino a raggiungere i grandi portali della caverna.

Io li seguivo cercando di non perderli di vista, finché, passato ilponte, gli Elfi tolsero le bende dagli occhi dei nani.

Restando dietro di loro, varcai i grandi portali, prima che si chiu-dessero alle mie spalle. Entrare in quella caverna non mi piaceva perniente, però decisi di non abbandonare i miei amici.

L’interno era illuminato e le guardie Elfiche cantavano, marciandoin quei tunnel. In una grande sala, dai pilastri scolpiti nella roccia, il redegli Elfi, sedeva su un trono di legno intagliato.

Sulla testa portava una corona di bacche e di foglie rosse.I prigionieri furono portati davanti a Lui e furono interrogati a

lungo.Balin chiese che cosa avessero fatto di male, e a questa domanda il

re rispose infuriato che era un crimine vagare sul suo territorio senzapermesso. Aggiunse anche che avevano fatto chiasso durante la batta-glia coi ragni e che avevano disturbato il suo popolo.

Inoltre voleva assolutamente sapere per quale motivo erano venuti lì.I nani non risposero e furono messi in prigione, ognuno in una pic-

cola cella finché non avessero parlato.Io, nel frattempo, girovagavo in quel posto sempre solo, sempre più

nascosto senza mai togliermi l’anello.Dormivo poco e avevo il terrore di essere scoperto. Seguivo gli Elfi

quando andarono a caccia o in giro col re.Naturalmente passavano attraverso le porte magiche e alcune volte

ho rischiato di rimanere intrappolato. Sempre preoccupato per la situa-zione passarono due settimane. Seguendo le guardie riuscii a saperedove erano le celle dei nani e che nella caverna vi era un altro prigio-niero: Thorin!

Dopo molte difficoltà riuscii a parlare col capo dei nani: Thorin.L’aver ritrovato i miei amici mi riempiva di gioia.Certo che la vita per me non era facile!

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Da una situazione difficile e drammatica superata ne arriva sempreuna nuova da affrontare: dovevo trovare un modo per liberare e salva-re i nani”. (Giulia)

Era passato un giorno da quando io, Bilbo Baggins, avevo sconfit-to i terribili ragni e adesso, grazie al potere dell’anello che mi rendeinvisibile, sto camminando in questo buio sentiero, insieme ai mieiamici nani, bendati, e accompagnati dagli Elfi Silvani. I nani sono piut-tosto malconci e affaticati, ma, improvvisamente gli Elfi spengono letorce e arriviamo a un ponte: sicuramente quello che ci porterà nellaCaverna del re. Non mi piace per niente questa entrata e ho moltapaura, però sono consapevole che non posso abbandonare i miei amicinani e continuerò con loro questo viaggio tremendo. All’interno di que-sta caverna ci sono dei cunicoli dove alcuni elfi bevono, ballano, masoprattutto cantano. Entriamo in una sala di pilastri dove è seduto, suun trono di legno intagliato e con uno scettro di quercia alla mano, il redegli Elfi Silvani. A vederlo così mi fa un po’ di paura inoltre siamoanche stanchi e ci sembra molto più pauroso. A un certo punto il reordina di slegare i nani e ci avverte che, entrati in questa caverna, nonsi può più uscire. Io sono ancora invisibile ed è proprio grazie a questoanello, trovato nel tunnel in cui viveva Gollum, che il re non mi inter-pella. Mentre la paura ci assaliva, l’unico ad avere coraggio è Balinche, molto arrabbiato e affaticato, chiede con tono cattivo se è un reatoperdersi nella foresta ed avere sete e fame.

Il re, molto infuriato, risponde al mio amico nano che è un reatoperdersi nel suo regno e ci ricorda che abbiamo ucciso un ragno ed èproprio per questo motivo che ci ha convocati da lui. Senza troppo esi-tare ordina ai suoi schiavi di mandarci ognuno in una cella e di darci siada bere che da mangiare.

Era passato un bel po’ di tempo quando il re mandò i nani in cella.Sono sicuro che i miei amici, se la stanno passando meglio di me,anche se credo che la loro vita adesso non sia tutta allegria. Io da quelgiorno sto malissimo: passo tutto il giorno ad attraversare le portemagiche, la notte non posso dormire altrimenti, a causa dei miei son-necchi, gli elfi mi scoprono e non mi resta altro che girovagare per laforesta. Sono come uno scassinatore che, entrato n una casa, non puòpiù andarsene, ed è quindi costretto a scassinare la stessa casa un gior-no dopo l’altro: mi sento infelice.

Basta!!! Devo fare qualcosa altrimenti rimarremo qui a vita!!!Finalmente, dopo due settimane, ho trovato i nani. Ormai conosco

tutti i cunicoli a memoria e sento parlare delle guardie, che discutonosu un altro nano imprigionato. Sono sicuro al cento per cento che si

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tratta di Thorin. Dopo un po’, riesco a capire dove si trova anche il capodei nani e lo guardo felice perché sono riuscito a trovare tutti i nani.Però lo vedo giù e infelice: sembra proprio che lui voglia rivelare tuttoal re. Ho molta paura: che fine farà il nostro intenso, duro, faticoso,avvincente e spericolato viaggio?

Sarà veramente la fine dell’avventura alla ricerca del tesoro rubatoe custodito dal drago Smog?”. (Miguel)

Leggendo i primi sei capitoli del romanzo “Lo Hobbit” ci siamoaccorti che Bilbo e i suoi amici vivono diverse avventure dopo la loropartenza dalla locanda del Drago Verde, a Lungacque. Scegli unadelle avventure che ti è piaciuta di più, raccontala (in modo essen-ziale), soffermandoti in particolare sulle caratteristiche dei personag-gi incontrati e spiega i motivi della tua preferenza.

All’inizio del capitolo V del romanzo “Lo hobbit “Bilbo si svegliasolo e scopre di trovarsi in un labirinto di cunicoli bui. Trova un sotti-le anello di metallo freddo e se lo infila in tasca. È smarrito e prova acamminare alla cieca per trovare l’uscita. Ad un certo punto infila ipiedi nell’acqua: Bilbo pensa che deve trattarsi di un lago sotterraneo,e si siede a riva disperato, affamato e infreddolito. Vede due puntiniluminosi e, ormai abituato al buio, scopre che sono gli occhi pallidi etelescopici di un essere su una barchetta che rema con i suoi stessi piedie dice di chiamarsi Gollum. Gollum è un essere piccolo e viscido, scurocome l’oscurità stessa; è stato così tanti anni solo che si è costruito unaseconda personalità, non avendo mai nessun altro con cui parlare. Vivesu un isolotto roccioso e sdrucciolevole al centro del lago, si ciba di

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pesci e di carne di orchi se riesce a strangolarne qualcuno. Bilbo vuoleuscire di lì così gareggia contro Gollum in una gara di indovinelli conle condizioni che se vinceva Bilbo, Gollum lo avrebbe portato fuori dilì, ma se vinceva Gollum avrebbe potuto strangolare Bilbo. Bilbo vincecon una domanda non proprio regolare: “Che cos’ho in tasca?”. Gollum,però, dice che prima di accompagnarlo all’uscita deve prendere unacosa, così si avvia verso l’isolotto per prendere un anello che custodiscegelosamente. Lo aveva trovato un giorno, tanto tempo prima, il suoamico Dèagol quando andavano insieme su una barca nel fiume e luiabitava ancora nel suo villaggio. Gollum, che inizialmente si chiamavaSmèagol, affascinato dall’attrazione magica dell’anello, strangolò allo-ra il suo amico e tenne l’anello per sé. Dopo un po’ scoprì che l’anellorendeva invisibili e diventò cattivo; i suoi amici lo chiamarono“Gollum” per lo strano rumore che faceva con la gola. A Gollum comin-ciò a dar fastidio il sole, così si trovò una caverna fresca dove stare e lìlo aveva incontrato Bilbo. Gollum non trova più l’anello, così corre daBilbo perché pensa che sia stato lui a prenderlo. Bilbo si infila casual-mente l’anello e scopre il suo immenso potere di rendere invisibili così,quatto quattro, segue Gollum che lo porta, non volendo, all’uscita e glisi piazza davanti. Bilbo pensa di dover uccidere quel pazzo, ma poi sirende conto che non è un combattimento leale e ha pena di lui; allorasalta sopra la testa di Gollum, varcando il cunicolo. Arriva alla porta madegli orchi gli si piazzano davanti; così si infila l’anello e riesce ad usci-re dalla porta. Questa avventura mi è piaciuta perché Gollum, questostrano personaggio, mi è risultato molto interessante e mi ha fatto riflet-tere sul fatto di come ci si deve sentire a stare tanti giorni al buio, gior-ni tutti uguali, sempre soli e infelici”. (Federica)

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Immagina di essere Bilbo Baggins mentre fugge dai sotterraneidel re degli Elfi Silvani insieme agli altri barili lungo il fiume: cosapensi e come ti comporti? Racconta in prima persona il tuo viaggiofino alla confluenza del fiume Nero col fiume Selva e all’approdofino alla spiaggia di ciottoli.

Sono Bilbo Baggins e sto fuggendo dai sotterranei del re degli ElfiSilvani insieme a dei barili per dirigermi verso il fiume Selva. Sonoinvisibile, perché sto indossando l’anello magico trovato nella cavernadegli orchi.

I miei compagni nani sono all’interno di essi, imbottiti di paglia perfare sì che, una volta nel fiume, l’acqua non entri al loro interno.

Ora mi trovo davanti ad una botola aperta, attraverso la quale io ela compagnia ci rotoleremo giù nel fiume e, spinti dalla corrente,aggiungeremo la città di Pontelagolungo. Ma io non posso chiudermidentro un barile e imbottirmi da solo!

Non ci avevo pensato! Ora come faccio?

Purtroppo non ho tempo perché stanno arrivando le guardie e spin-gono tutte le botti giù dalla botola, non essendosi accorti della presen-za dei nani al loro interno ed inoltre essendo ubriachi fradici.

Io non so cosa fare e quando l’ultimissima botte viene butta-ta,accompagnata dalle allegre canzoni degli elfi, decido di aggrappar-mi ad essa e di tuffarmi nelle acque gelide e nere del fiume Selva assie-me alla compagnia, che è ancora dentro alle botti.

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Non so se riuscirò a resistere a lungo. Mi sono aggrappato ad unbarile e sono tremendamente infreddolito. È come cavalcare un caval-lo senza briglie e riesco con molta fatica a stare fermo. Intanto osservoche alcuni barili affondano parecchio e, naturalmente, sono quelli con-tenenti i nani.

Che il sistema di imbottitura abbia fallito?Non posso saperlo.L’indomani, dopo essere stato spinto dalla corrente turbinosa del

fiume Selva, mi ritrovo su una spiaggia di ciottoli.Mi incammino in cerca di cibo, sicuro di essere invisibile grazie al

mio nello magico. (Lucia)

C’ERA UNAVOLTA IN UNAGROTTA...

Nella grotta buia che si apriva nel cuore della montagna (sì, poichéproprio qui nasce la vita del monte Tornado) non entrava mai la luce.

Da enormi cavità dove si accumulavano minerali e dove numerosidraghi di piombo solevano, in quella lontana epoca, nascondere i lorotesori, si accedeva ad una vera e propria rete di canali e trabocchetti.

In questo luogo sorgeva un villaggio, o, per meglio dire, una metro-poli illuminata. Come?

Gli abitanti conoscevano l’elettricità, ma non allo stato in cui laconosciamo noi oggi, bensì sotto forma di enormi cristalli fluorescenticon luce propria, da cui la ricavavano.

Era un popolo avanzato, un regno d’armonia e di pace dove non siconosceva né guerra né istinto omicida.

Vi era però qualcosa di negativo in tutto questo.

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Azzurripotamia (così si chiamava la città) non conosceva l’esternoe l’“esterno” non conosceva Azzurripotamia.

Questa fiaba, inizia tutta da sé, come un fiore, che a poco a pocoallarga i petali attorno e racconta di un giovane che impiega la propriaesistenza per scoprire la verità: se il mondo fuori esista realmente, o seil contatto con l’esterno sia solamente un sogno… (Alberto B.)

Nella grotta buia che si apriva nel cuore della montagna non entra-va mai la luce. Qui le rocce erano appuntite come lame e l’acqua scen-deva dalle pareti.

Tutto era buio e i passaggi erano talmente stretti che nessuno sareb-be riuscito ad entrare.

Quel luogo non sembrava reale e tutto lì ricordava un paesaggio fia-besco. Le rocce sembravano candeline e l’acqua che scendeva le face-va diventare scivolosissime.

La caverna era suggestiva e suscitava un senso di timore.In quel triste luogo abitava un piccolo essere davvero cattivo che

usciva dalla sua caverna solo di notte per disturbare il sonno della gente.Chi lo vedeva si spaventava, tanto era brutto. Era piccolo, con la

faccia scavata e le guance infossate, la sua pelle era bianca come laneve perché non restava mai al sole. Chiunque lo vedesse vagare dinotte si spaventava perché sapeva di avere a che fare con un essere cru-dele. La piccola creatura avrebbe voluto… (Emma C.)

Nella grotta buia che si apriva nel cuore della montagna non entra-va mai la luce.

In quel triste luogo abitava un geco di nome Buietto: infatti daquando era nato non aveva mai visto la luce del sole!

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Buietto voleva uscire da quel luogo cupo e tenebroso.Un giorno, spingendosi sempre più lontano dalla sua tana situata vici-

no alla sala delle candeline, un antro silenzioso e affascinante, ma tropposolitario per il piccolo geco che cercava calore e compagnia… (Silvia T.)

Al termine di un tunnel lungo e stretto si apriva, nel cuore di unamontagna, una grotta straordinaria. Era una grotta gigantesca, in cuialeggiava un non so che di fiabesco e magico. La luce entrava da diver-se parti, ma specialmente da un foro nella parete.

Quella grotta era silenziosissima e da una parte, in una conca pic-colina, si poteva notare quasi di sfuggita un piccolo fuoco che ardeva.Proprio al chiarore di quel fuoco sedeva una ragazza bellissima dagliocchi color del cielo turchese, dai capelli color acqua marina, portavadietro all’orecchio un fiore e la sua bocca pareva formata da petali dirosa.

Però, quella ragazza, di nome Celeste, era molto triste… (Sofia C.)

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Nella grotta buia che si apriva nel cuore della montagna non entra-va mai la luce…

L’oscurità che regnava nell’enorme cavità la rendeva simile a unaterra abbandonata. Non si sentiva nulla, solo il tintinnio delle gocce d’ac-qua che cadevano sulle cupe rocce. Quel silenzio irreale faceva pensareche lì si fosse fermato il tempo. In quel luogo tetro viveva un gigante conun unico occhio magico al centro del piccolo capo... (Lorenzo C.)

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Il giorno dell’Open day c’ero anch’io. Tutto è iniziato a casa mia:mi sono profumato e fatto la cresta. Di buon umore sono andato a scuo-la in bici e mi sono diretto nell’aula di 3°B dove si trovava il laborato-rio di matematica per fare le prove prima del grande momento…(Federico A.)

Il giorno dell’Open day c’ero anch’io, ero nell’aula di matematica,insieme ad alunni delle classi seconde e terze. L’aula era stata allestitadagli alunni di terza insieme alle prof. Molari, Dell’Amore e Terranovaed era tappezzata da cartelloni colorati divisi in più argomenti: i nume-ri, spiegati dalle prime, i triangoli, spiegati dalle seconde, i frattali, lasequenza di numeri di Fibonacci, la sezione aurea affidati alle terze.C’era anche una lavagna multimediale dov’era proiettato un quesitoche spiegavano i ragazzi di terza, il quale chiedeva quanti conigli pote-vano riprodursi da una coppia rimasta isolata, ammesso che ne gene-rasse un’altra ogni due mesi e che ogni nuova coppia si riproducessecome la prima, così venne spiegata la sequenza di numeri di Fibonacciche si riconosce nella natura. In seguito s’introdusse la nascita deinumeri spiegata dalle prime, tra le quali c’ero anch’io. Infine i ragazzidi seconda spiegarono i triangoli nella natura e nell’architettura, spie-garono poi altri solidi come il cubo, il dodecaedro, l’ottaedro e il pen-taedro.

NELLA REALTÀ DA PROTAGONISTI˙“Il giorno dell’Open day c’ero anch’io”

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Io ogni volta che dovevo spiegare cambiavo le parole. La prof.Dell’Amore mi ha aiutato a studiare il giorno delle prove e la mattinadell’Open day mi ha fatto ripetere e ho scoperto che non è così “tosta”come qualcuno dice, anzi per me è un mito. Durante l’intervallo tra ungruppo e l’altro io andavo a vedere l’aula di tedesco e pensavo che seavessi potuto anch’io avrei voluto essere lì, infatti c’erano le ragazzeche ballavano il walzer con dei vestiti tutti vaporosi, perché a turnodovevano interpretare la principessa Sissi. Poi però mi sono resa contoche in matematica ho imparato qualcosa che mi può aiutare a capire ilcollegamento tra questa disciplina e la realtà e mi può essere d’aiutonello studio futuro, come i numeri di Fibonacci, i triangoli e la sezioneaurea.

Una cosa che avrei voluto volentieri evitare è stato quando ho par-lato davanti alla Preside e ho dimenticato qualche parola. Questo èstato il mio primo Open day alla scuola media e ci ho messo moltissi-mo impegno, anche se a volte è stato faticoso ripetere e ascoltare glistessi argomenti decine di volte, ma è stato comunque interessante emolto divertente. (Virginia)

Il giorno dell’Open day c’ero anch’io e penso di essere stato bravo.Io ero nell’aula di geografia intitolata”Uno sguardo sulla natura”curatadai ragazzi di prima. Quest’aula parlava del Carsismo e delle grotte enasceva dalla nostra gita di inizio anno alle grotte di Frasassi… Primadel grande giorno noi ragazzi dell’aula di geografia ci siamo fermati ascuola per due venerdì consecutivi per terminare i cartelloni, allestirel’aula, assegnare le parti e fare le prove.

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Alla fine dell’allestimento c’erano i bellissimi cartelloni di geogra-fia, gli interessanti incipit delle fiabe da noi realizzati e i fantasiosi dise-gni di arte.

Durante i vari momenti Silvia introduceva, Camilla e Pietro illu-stravano il fenomeno carsico, io e Francesco spiegavamo le caratteri-stiche principali delle grotte di Frasassi, altri compagni esponevano laGrotta del Vento, le grotte di Borgio Verezzi, quelle di Postumia e diCastellana.

All’arrivo dei bambini ci siamo messi i caschi da speleologi, abbia-mo spento le luci e abbiamo fatto roteare le torce creando un’atmosfe-ra misteriosa, come se fossimo dentro una grotta… Era la prima voltache partecipavo a una cosa del genere e devo dire che sono stato moltosoddisfatto di questa giornata. (Alessandro B.)

Finalmente era arrivato il giorno dell’Open day, ero a scuola alleotto e trenta e andai subito nella mia aula di geografia intitolata “Unosguardo sulla natura”. La nostra aula era incentrata sulle grotte diFrasassi che avevamo visitato in gita, sul carsismo e sulle principaligrotte d’Italia ed era tutta addobbata con cartelloni, mentre noi ragazzieravamo attrezzati con torce e caschetti, come speleologi esperti.

Qui c’erano già alcuni miei compagni che stavano dando gli ultimiritocchi, aiutai anch’io a sistemare, poi iniziammo a fare le prove perl’esposizione, io presentavo il lavoro svolto. Le prove andarono bene,quando però iniziarono ad avvicinarsi le dieci e mezza, l’emozionecominciò a farsi sentire. Ero in ansia, anche se il giorno prima ci era-vamo preparati molto bene. Eravamo tutti sulla porta ad aspettare conimpazienza e quando sentimmo i passi dei bambini ci precipitammonell’aula spegnendo le luci e agitando nel buio le nostre torce lucci-canti: era un vero e proprio spettacolo e gioco di luci. Appena il primogruppo fu entrato io mi sentii il cuore in gola. Accese le luci, la profDradi mi porse il microfono perché io dovevo parlare per prima. Mialzai davanti a tutti e iniziai a parlare con una certa insicurezza, saltan-do anche una frase, ma ce l’avevo fatta, poi lasciai la parola agli altriche andarono bene, alla fine guardammo un power point sulle variegrotte. Questa modalità la ripetemmo per sei volte e ogni volta andòsempre meglio per tutti, l’ansia diminuiva e la sicurezza aumentava…Questa per me è stata un’esperienza davvero indimenticabile. (Silvia)

L’aula sembrava una grotta: avevamo persino le torce e i caschettida speleologi… quando sono arrivati i bambini ero davvero emozio-nantissima, mi sono sentita un tuffo al cuore, poi ho iniziato ad espor-

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re, all’inizio mi scordavo le parole e non sapevo come muovermi, poiho acquisito maggiore sicurezza… È stato davvero un momento magi-co, non c’è stato qualcosa in particolare in cui mi sono sentita più coin-volta, mi sentivo partecipe in tutto e sempre, anche quando non espo-nevo. (Sofia C.)

Io dovevo parlare delle grotte di Postumia e quando è arrivato ilmio momento ero molto emozionato e teso, anche se la mia parte laricordavo bene; poi pian piano con l’avvicendamento dei gruppi, ilpezzo che dovevo esporre mi veniva più liscio.

Il momento più bello per me è stato all’inizio di ogni esposizione,con tutto quell’effetto di torce che splendevano sia sul soffitto che suuna grande immagine delle grotte appesa alla parete. In conclusione,sono rimasto stupefatto dell’impegno di tutto il nostro gruppo e credosiano stati contenti anche i professori. (Gianni M.)

Alla fine dell’Open day io sono stato molto soddisfatto del miolavoro. In questo Open day ho imparato maggiori informazioni sullegrotte più importanti e sul fenomeno carsico, ma ho scoperto ancheche è molto divertente lavorare con i miei compagni oltre l’orario sco-lastico. (Francesco I.)

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Immagina di essere un soldato al seguito dei condottieri greci che siaccinge alla partenza per Troia. Racconta ciò che vedi e che provi.

NELLO SPAZIO DELL’EPICA

È una giornata fredda e uggiosa, le soffici nuvole danzano nel cielocupo e di tanto in tanto una goccia precipita come sfavillante orna-mento su un albero solitario.

D’un tratto un alito di vento accarezza i nostri capelli sudati e portalontano i pensieri delle nostre menti ansiose.

Ci siamo levati di buon ora ed adesso siamo pronti, coll’armi inpugno. Siamo qui dall’ora decima ad attendere un segnale che forsenon arriverà. Il comandante è corso trotterellando sulla scogliera pertenere consiglio con gli altri e ci ha affidati ad un indolente subordina-to che non conosce cosa sia l’onore.

In Aulide, dove si trova il comandante Ulisse, si tiene un altro con-siglio per decidere il da farsi.

Sembra che Agamennone, gran re di Micene, intenda partire oggistesso. Intanto, qui, dove siamo accampati assieme all’esercito diMenelao, piove a dirotto. Certo qualche dio sta manifestando la sua irao la sua contrarietà alla spedizione. All’improvviso un galoppo sfrena-to fende l’aria, un grido che pare un corno suonato dall’Ade risuona: èun messaggero dal porto. È fradicio e porta i segni della stanchezza sulvolto. Si toglie il mantello e viene accolto nella tenda. Passa il tempo,ad un tratto due figure avanzano, un grido di gioia mista a devozione sileva dalle nostre file: i due uomini sono niente popò di meno cheMenalao e Ulisse, quel vecchio imbroglione che io credevo un mes-

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saggero. In realtà un messaggio per noi è arrivato: possiamo partire!Tutti alziamo lo sguardo per ringraziare gli dei e… ci accorgiamo cheil cielo è tornato azzurro: uomini e divinità hanno ristabilito la pace,una leggera brezza spira verso Oriente. Ulisse urla: “A Troia”.

Il mio grido, più forte degli altri, ripete quelle parole e si alza finoalle stelle col presagio della gloria che ci accompagnerà nei tempi avenire. Il nostro grido echeggia ancora… (Alberto B.)

Io ero un comune soldato che si preparava per la guerra controTroia, le nostre schiere erano armate fino ai denti ed erano state incita-te dai nostri condottieri: eravamo pronti, impauriti, ma pronti.

Era ormai giunta l’ora di partire... ma il vento non soffiava. Che glidei fossero contrari a quell’impresa?

Eppure ci sembrava, anzi era, una guerra giusta: avrebbe insegnatoa certi fedifraghi a comportarsi bene, a rispettare l’ospitalità e le donnealtrui. Paride, infatti, non solo aveva infranto la sacralità dell’ospitalità,ma aveva addirittura rubato la donna di Menelao: Elena, la donna piùbella del mondo.

A quel punto interpellammo l’indovino, che disse che durante unabattuta di caccia, a sua insaputa, Agamennone aveva ucciso una cervasacra a Diana e per placare la sua ira avrebbe dovuto offrire un sacrifi-cio alla dea.

Persino io, un soldato abituato a vedere torture, ingiustizie e sanguerimasi sconvolto dal sacrificio di Agamennone: sua figlia Ifigeniadoveva morire.

Quando però stava per accoltellarla si svolse la prodigiosa e mira-colosa sostituzione: una nuvola avvolse la fanciulla e la trasportò via eal suo posto comparve il cervo ucciso.

L’ira della dea si era finalmente placata, il vento tornò a soffiare epresto ci imbarcammo.

Sapevamo che potevamo vincere: dalla nostra parte avevamo glidei e grandi eroi fra i quali il divino Achille, il più valoroso, l’astutoUlisse. La presenza di tali uomini leggendari ci incoraggiava e ci inti-midiva allo stesso tempo. Io, come tutti, ero pieno di ardore e prontoalla vittoria…

Ora che la guerra è finita desidero solo tornare in patria, riabbrac-ciare i miei cari e godermi il meritato riposo. (Luigi A.)

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NELLO SPAZIO DELLA FAVOLA

Riscrivi la favola La tartaruga e la lepre inserendo dialoghi eriflessioni dei due protagonisti

LA LEPRE E LA TARTARUGA

LEPRE: “Ah, ah, sei veloce come non so cosa!” disse sarcasti-camente. Poi aggiunse: “Mm, forse invece lo so: tu corri veloce comeun sasso!”.

TARTARUGA: “Fifona, torna un po’ qua e vieni a dire che sonouna polentona davanti a me e ai miei amici del wrestling!”.

LEPRE: “Non smetterò mai di dirlo, finché tu ed i tuoi amici –fenomeni da baraccone – non sarete in grado di prendermi!”

La tartaruga si arrabbiò e fece uno sforzo sovrumano per rag-giungere la lepre, ma quando si accorse che aveva percorso pochi metriandò su tutte le furie, così sfidò la lepre ad una corsa in piena regola sulcircuito di Indianapolis.

TARTARUGA. La tartaruga mandò un SMS alla lepre: “Ke ndici di una gara st domnc? David la tartaruga”

La LEPRE rispose: “St domnc c’è la partita. Perké non fmmvenrd? PS: TVTB (Ti vorrei tanto bastonare!). Joe Rasta, la lepre”.

Il tanto sperato venerdì arrivò: la lepre rilassata ed annoiata non sicurò della tartaruga, uscì di pista il prima possibile, si fece il manicure,comprò allo shop qualche gadget, andò dal parrucchiere e al salone dibellezza, si bevve una cioccolata e tornò alla pista…

La lepre superò la tartaruga come una F1 supererebbe una comuneutilitaria. A quel punto la tartaruga si chiuse per lo spavento e la leprela derise.

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La tartaruga era ad un millimetro dal traguardo e vinse.Si festeggiò per due giorni: la tartaruga fu rinchiusa in una sacca

per palle da bowling dai wrestler del suo club, fu imbottita di caramel-le e si festeggiò con una pignatta favolosa.

Esopo (o giù di lì) passeggiò da quelle parti e scrisse una morale.(Alberto B.)

Una tartaruga e una lepre continuavano a far discussioni sulla lorovelocità.

La lepre disse: “Io sono più veloce perché sono più agile e leggera”.La tartaruga ribattè: “Io sono tenace, col mio impegno ti vincerò”.Finalmente fissarono un giorno e un punto di partenza e presero il

via.La lepre, data la sua naturale velocità, non si preoccupò della cosa,

si buttò sul ciglio della strada e si addormentò. La tartaruga, invece,consapevole della sua lentezza, non cessò di correre, e così passandoavanti alla lepre che dormiva, raggiunse il premio della vittoria.

La tartaruga prese in giro la lepre dicendo: “Tu sei presuntuosa epensavi di vincere senza impegnarti troppo, mentre io, consapevole deimiei limiti, ce l’ho messa tutta ed ho vinto”.

La favola mostra che spesso con l’applicazione si ottiene più checoi doni naturali non coltivati. (Gianni)

Una tartaruga e una lepre continuavano a far discussioni sulla lorovelocità. Diceva la lepre: “Tu sei l’animale più lento della terra, men-tre io sono molto veloce, ne valgo mille di quelli come te”.

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La tartaruga, per nulla intimorita, rispose prontamente: “Già, siamotutti capaci di vantarci, perché non dimostri le tue doti in una gara?”.La lepre in tono sdegnoso sibilò: “E tu osi sfidarmi? Ah, ah, ah, ma nonrimanere delusa quando ti distruggerò!”.

Finalmente fissarono un giorno e un punto di partenza e presero ilvia.

La lepre, data la sua naturale velocità, non si preoccupò della cosae pensò: “È inutile spendere tante energie per questa gara, tanto il mioavversario è così lento che posso addirittura schiacciare un pisolino,quindi si buttò sul ciglio della strada e si addormentò. La tartaruga,invece, consapevole della sua lentezza, non cessò di correre e pensò:“Devo approfittare del sonno della lepre, altrimenti non riuscirò mai avincere” e così passando avanti alla lepre che dormiva, raggiunse ilpremio della vittoria. La lepre incredula disse fra sé: “Ben mi sta, avreidovuto dare più importanza alla gara e non avrei dovuto sottovalutareil mio avversario”, mentre la tartaruga, consapevole di essersi meritatala vittoria per la sua tenacia, si rallegrava. (Luigi)

Una tartaruga e una lepre continuavano a far discussioni sulla lorovelocità. Finalmente fissarono un giorno e un punto di partenza e pre-sero il via. La lepre, data la sua naturale velocità, non si preoccupòdella cosa, “Tanto io sono veloce e lesta, mentre la mia rivale è lenta esorniona” diceva tra sé, per cui si buttò sul ciglio della strada e si addor-mentò. Presuntuosa com’era, aveva pensato che poteva permettersi diriposare un po’ perché questo non le avrebbe certo precluso la vittoria.

La tartaruga, invece, consapevole della sua lentezza, non cessò dicorrere. “Io sono lenta, ma ce la metterò tutta, anche se perderò non haimportanza, l’importante è comunque partecipare e arrivare” pensava.E così, passò davanti alla lepre che dormiva e raggiunse il premio dellavittoria. La sua volontà e costanza l’avevano portata alla vittoria. Orasi sentiva realizzata, felice e premiata. (Lorenzo C.)

Una tartaruga e una lepre continuavano a far discussioni sulla lorovelocità.

– E così tu credi di essere più veloce di me, polentona? – Dice lalepre.

– Parla l’intelligentona! Visto che sei così sicura, carina, giovedì tivoglio qui per una sfida: vediamo chi arriva prima al Lago dei Colibrìpassando per la via Maestra. Ci stai? –

– Ovviamente, se non sei così fifona da rinunciare – ribatte la lepre– Per me è ok, ci vediamo giovedì.

Il giorno della gara era tutto pronto.– Ti auguro buona fortuna, credimi ti servirà, polentona! 3, 2, 1…

Via… – urlò la lepre.– Io quella la batto ad occhi chiusi, prima schiaccio un pisolino! –

Zzzzzzzzz…– Oh mamma, sono già stata superata! Ma quella è la lepre! Cosa

fa, dorme? Tanto meglio per me.– Oh, che bel sonnellino! Ma che sono ‘ste urla? Andiamo a vede-

re… Noooo! Ha vinto quella, mi ha stracciato, che rabbia!La tartaruga gloriosa festeggia, mentre la lepre piangendo per la

vergogna torna a casa vinta. (Virginia)

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“Un anno vissutoappassionatamente”

Laboratorio di scritturaClassi Seconde

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LAGITA CHE HAAPERTOL’ANNO SCOLASTICO

La gita di inizio anno scolastico: immagini, momenti,situazioni di questo gesto così significativo

La gita di inizio anno scolastico è stata per me un momento di fon-damentale importanza, non solo perché le cose apprese dalle spiega-zioni delle guide saranno parte integrante del programma del primoquadrimestre, ma anche perché, passando davanti a capolavori artisticidel periodo rinascimentale, quali la facciata del Palazzo Ducale e icelebri quadri di Piero della Francesca e Raffaello, ho avuto modo diarricchire la mia cultura.

Appena arrivato davanti alla facciata principale dello splendidoPalazzo Ducale, sono rimasto incantato dalla bellezza, dall’equilibrio edall’armonia degli elementi che lo formano: due eleganti e slanciati tor-ricini fanno da cornice ad una facciata piena di intarsi e decorazionivarie che lasciano a bocca aperta chiunque la guardi.

Tuttavia quella facciata, pur essendo quella principale, non presen-ta l’ingresso.

Infatti esso è stato fatto collocare in una piazza che dà respiro aivicoli stretti che caratterizzano Urbino. Questa piazza è talmente bellache dà l’impressione di essere attirati verso l’interno.

Tuttavia questa magnificenza esteriore non manca all’interno, doveLaurana (uno dei più famosi architetti del tempo) ha progettato un cor-tile conosciuto in tutto il mondo per la sua armonia.

Appena entrato non avevo parole per lo stupore: mi trovavo in uncortile all’apparenza quadrato, ma in realtà rettangolare. Questo, infat-ti, è un esempio di come Laurana sia riuscito a creare un ambienteaccogliente che sembra quasi “coccolarti”. Questa bellezza è tale dapenetrarti dentro e metterti di buon umore.

Questo magnifico edificio racchiude anche quadri di inestimabilevalore, come “La flagellazione di Cristo” di Piero della Francesca, undipinto che rispecchia perfettamente la mente dell’uomo rinascimenta-le, che cerca la perfezione in ogni cosa.

Quando si osservano da vicino questi capolavori artistici si ha comela sensazione di stare meglio.

Federico da Montefeltro, il duca di Urbino, voleva da Laurana unpalazzo degno di un duca e lo ha ottenuto. Federico era un uomo d’ar-mi fedele e leale, con un grande senso di attaccamento alla sua patria.

Tuttavia la forza bruta non era la sua unica arma: infatti, era statocresciuto da un grande maestro, di nome Vittorino, che gli aveva inse-gnato i valori della vita e l’importanza della conoscenza.

Nella sua reggia è infatti presente un magnifico studiolo, adornatocon molteplici quadri che rappresentano i più grandi studiosi e filosofidella storia (ad esempio Aristotele).

Questa stanza è un vero e proprio inno al sapere.Federico era molto legato anche alla religione: non a caso nel suo

palazzo era presente una cappella cristiana. Tuttavia c’era anche untempietto pagano: praticava due religioni contemporaneamente!

Anche per questo il Palazzo Ducale è uno dei più grandi progettidel periodo rinascimentale.

Questa nostra uscita però ci ha offerto anche uno splendido pae-saggio: sono rimasto molto colpito dallo scorcio della baia diPortonovo (vista dall’alto poiché ero sul monte Conero), un piccologolfo dell’acqua limpida e cristallina, affiancata da splendide collinepiene di vigne e frutteti.

Nel complesso questa gita è stata veramente emozionante e nondimenticherò mai quali splendidi momenti ho passato in questa magni-fica regione, le Marche. (Francesco Ruscelli)

Il 28 e 29 settembre, come gita di inizio anno, abbiamo fatto unviaggio di due giorni con varie tappe, il primo giorno Urbino ed ilsecondo giorno: prima la Santa Casa della Madonna di Loreto e poi, nelpomeriggio, Il Monte Conero.

Questa gita, per la prima parte, quella che si riferisce ad Urbino, siè rivelata molto interessante, non solo perché io non ci ero mai andato,ma anche perché è una città che offre un aspetto turistico, architettoni-co e culturale meraviglioso: infatti per quanto riguarda il periododell’Umanesimo e del Rinascimento, nel quale questa città è fiorita, èreputata la città più bella d’Italia e una fra le più affascinanti d’Europa.

Questi tre aspetti (arte, architettura e cultura) che ritroviamo nelPalazzo Ducale vengono come riuniti e affermati dal grande DucaFederico da Montefeltro, colui che cambiò il volto di Urbino. Lui nonsolo era un grande guerriero, ma anche un grande mecenate, infattiriunì alla sua corte grandi pittori, architetti e letterati fra cui noi ricor-diamo il celebre pittore Piero della Francesca che lanciò la nuova artequella in cui ora si realizza il concetto di prospettiva con il quale eglirealizza “La flagellazione di Cristo” e “La città ideale” e su cui scrisse

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anche un libro proprio perché lui fu uno dei primi pittori a realizzarlaperfettamente con precisi ordini.

Poi un altro architetto da ricordare è Luciano Laurana che progettòil Palazzo Ducale. Il giorno dopo abbiamo visitato Urbino, la magnifi-ca Basilica di Loreto nella quale è presente la casa di Nazaret che,nonostante l’avessi già vista, mi è piaciuta moltissimo perché apparesempre più splendente e “magica”.

Successivamente la destinazione è stata il Monte Conero che cadeirruente sul mare. Qui la natura del bosco a contatto col mare è mera-vigliosa e unica nel suo genere.

Di questa gita che mi ha colmato gli occhi di bellezza però la cosache mi ha sorpreso di più è stato il mare, sia quello visitato a Numanail primo giorno, sia quello del Conero il secondo, perché la ghiaia colo-rata dai raggi del sole in contrasto con l’azzurro chiaro del mare insie-me a onde pesanti rendono questo paesaggio magico, con elementi inarmonia perfetta tra di loro.

Questa gita, unendo storia, arte, letteratura, geografia, natura, aspet-to paesaggistico e amicizia e compagnia è stata resa molto varia, inte-ressante, istruttiva e unica. (Emanuele Baldisserri)

Il 28 e il 29 settembre siamo andati in gita ad Urbino e a Loreto.Il 28 settembre abbiamo visitato il Palazzo Ducale e Numana.Il palazzo che ha fatto costruire Federico da Montefeltro è molto

grande. La facciata rivolta verso Roma è armoniosa. La cosa più bellasono i tre balconcini: quello più in alto è quello che spicca di più per-ché è più decorato. Al suo piano si trova lo studiolo di Federico poi,scendendo verso il basso troviamo la Cappella del Perdono e ilTempietto delle Muse e infine la stanza degli ospiti.

In cima al palazzo c’è un’aquila: simbolo dei Montefeltro.All’interno la cosa che mi ha colpito di più è stata l’Alcova del

duca. Non credevo che dormisse in un letto a baldacchino fatto in quelmodo. Il baldacchino è di legno dipinto. Sono dipinti il simbolo del-l’ermellino e la bombarda, due degli ordini che aveva ricevutoFederico.

L’ordine dell’ermellino glielo aveva donato il Re di Napoli e labombarda significava che Federico era un condottiero valoroso. Labombarda ha la forma di una medusa. Sono anche incise la iniziali delsuo nome.

Nella stanza del duca c’era il suo ritratto raffigurato vicino a quel-lo di sua moglie Battista Sforza. Ora questo ritratto si trova a Firenzenel Museo degli Uffizi. Questo ritratto l’ha dipinto Piero dellaFrancesca. Nel palazzo ci sono molti camini; il più importante si trova

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nella stanza della Jole nel cui camino ci sono la statue di Ercole cherappresenta la forza, e Jole che rappresenta la bellezza.

Dall’età di Federico furono introdotti nei palazzi gli arazzi. C’è unastanza dal soffitto alto, che ha tutti i muri ricoperti da essi: splendiditappeti colorati, raffiguranti diverse scene o mitologiche o di vita quo-tidiana.

In una stanza dove vengono mostrate le monete di un tempo, sonodisegnati gli ordini a cui appartiene Federico: l’orso, il toson d’oro,l’ermellino e la bombarda.

Al pomeriggio, dopo pranzo, siamo andati a Numana e abbiamofatto dei giochi. Ci siamo bagnati i piedi e dopo, prima di andare via,ci siamo seduti sulla riva. Ad un certo punto è arrivata un onda che ciha bagnati, per fortuna a me no perché me ne ero accorta. Il giornodopo siamo andati al Conero. Avevamo una guida molto simpatica, dinome Amelia. Ci ha spiegato tante cose. Per esempio le piante dei cor-bezzoli sono molte, ma sono sviluppate soprattutto vicino alla costa,infatti noi abbiamo incontrato solo una pianta. Sul Conero c’è una pian-ta dalle foglie particolari che è molto appiccicosa infatti si chiama“Appiccica Mani”. Anche se a vederla può sembrare debole, si puòappiccicare dovunque.

Amelia ci ha detto che noi possiamo andare al Conero solo condelle guide perché ci potremmo confondere visto che gli alberi sonostati piantati tutti in fila e formano dei finti sentieri.

Infine ci ha portati in un posto meraviglioso, da lì si vedeva tutta lacosta. Poi siamo andati a Loreto. Io c’ero già andata ma è stato interes-sante ritornarci. Io ritornerei volentieri a Numana in estate per fare unbagno in quell’acqua fresca e pulita. Ritornerei anche al Conero per esplo-rarlo meglio. Mi è piaciuta molto questa gita e la rifarei molto volentieri.Non ho avuto problemi con la convivenza perché in camera ero con le miemigliori amiche e mi sono trovata molto bene. (Camilla Niso)

Quest’anno per iniziare al meglio il nostro cammino scolastico,sotto la guida e la supervisione dei nostri professori, ci siamo direttiverso la fantastica città di Urbino, per una gita di due giorni.

Secondo me questa gita è stata spettacolare, anche perché già primadi partire avevamo preparato insieme un lavoro su tutta la storia di que-sta città e sui suoi signori.

Appena arrivata a Urbino, sono subito stata colpita da un senti-mento di grandezza e ricchezza: davanti a me si stagliava maestoso edimponente, ma allo stesso tempo aggraziato e leggiadro il PalazzoDucale.

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Questa fantastica struttura progettata da Luciano Laurana è statacostruita su una collina, in modo che potesse dominare tutta la città.

La facciata principale è molto curata e arricchita da decori affasci-nanti, ma non troppo sfarzosi.

Si vedono i due torricini che dominano la facciata e danno snellez-za alla struttura e le tre finestre che si affacciano sulle stanze principa-li: le terme, ovvero il tempio del corpo; i tempietti, che rappresentanolo spirito ed lo studiolo, il tempo della mente.

In questi ambienti riconosciamo le preferenze di Federico daMontefeltro, divenuto signore di Urbino.

Ciò che mi ha colpito di questo personaggio è che egli era orienta-to verso due religioni diverse: era sia cristiano che pagano.

Ho avuto, inoltre, l’occasione di salire lungo la scala elicoidale,progettata per essere percorsa a cavallo. Mentre la percorrevo mi sem-brava di sentire lo scalpiccio degli zoccoli dei cavalli che con gran fret-ta si dirigevano nel piazzale sottostante.

La cosa che però mi ha affascinato di più, sia per la complessità, siaper l’intelletto con il quale è stata progettata, è il vero ingresso delpalazzo.

Affacciato su un’ampia piazza è stato costruito in modo che ricor-dasse gli ideali fondamentali dell’architettura: eleganza, proporzione,equilibrio e bellezza.

Inoltre è stato progettato rispettando l’apertura mentale dell’archi-tetto, che l’ha realizzato per dare respiro al resto della struttura.

Il cortile interno, al quale si accede attraverso questa entrata è cura-to nei minimi dettagli, non tralasciando alcun particolare. Infatti aprima vista sembra a pianta quadrata, ma se si contano le colonne chelo contornano si nota che è invece a pianta rettangolare: l’architetto havoluto infatti rispettare la sua idea di geometricità, senza rendere peròil luogo poco armonioso.

Mi sarebbe veramente piaciuto osservare Luciano Laurana al lavo-ro, lui sì che era un genio.

Oltre al Palazzo Ducale mi ha colpito molto anche la Basilica diLoreto, magnifica sia dal punto di vista artistico, sia da quello religioso.

Questa basilica contiene infatti una particolare statuetta dellaMadonna, che è rappresentata con la pelle scura ed un mantello dorato.

Questa particolarità ha suscitato in me vari pensieri contrastanti.Tutto ciò che abbiamo visitato durante questa gita mi ha appassio-

nato ed entusiasmato e le cose da raccontare sarebbero davvero troppe;perciò mi auguro che quest’anno scolastico possa essere bello e pienodi emozioni tanto quanto lo è stata questa magnifica esperienza.

(Vittoria Vecchiotti 2ª B)

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Ero così tesa che la sera prima di partire non riuscivo ad addor-mentarmi.

Sembrava che la mia mente fosse tutta occupata dal pensiero che ilgiorno seguente sarei andata via. Anche se stavo fuori casa solo per duegiorni, mi pareva che non sarei più tornata prima di un mese, ma non nelsenso che ero preoccupata perché avrei dovuto lottare contro la nostal-gia, anzi, ero contenta perché finalmente avrei potuto avere un minimodi “indipendenza” cosa che in famiglia ho molto poco. La mattina dopo,nonostante avessi avuto poco da dormire a causa della mia agitazione,sono scattata in piedi come un grillo più carica di quanto fossi mai stata(credo) e dopo aver aggiunto le ultime cose alla valigia (ci sono statidegli... ehm... imprevisti nella chiusura – ho dovuto saltarci sopra!) –sono saltata sullo scuolabus diretta al punto dove avremmo dovuto tro-varci e... sorpresa! Mio babbo mi aveva raggiunto in bici per salutarmi!Dopo baci e abbracci sono salita in pullman e, dopo aver preso il postoper me e la mia “compagna di viaggio-lettura” Caterina e per pochi atti-mi sono riuscita a godermi il cielo rosa viola che stava albeggiando, masolo per pochi attimi, poiché appena saliti i miei compagni si sono messia urlare, parlare, strillare e ad ascoltare musica, e... addio pace!

Poi è arrivata Cate ed è inutile parlare del resto del viaggio perchél’ho passato a leggere con lei il romanzo della famosa Tigre di Malesia,Sandokan, quasi interamente.

Prima tappa delle classi seconde: Urbino, la città-palazzo e, comedescritto da Baldassarre Castiglione ne “Il Cortegiano”: – [Federico]edificò, a parer di molti, il più bel palazzo che il Rinascimento avessepotuto conoscere, e di ogni opportuna cosa lo fornì, sicché non unpalazzo, ma una città in forma di palazzo esser pareva –. Ed è propriovero! Accompagnati da un’esperta guida ci siamo inoltrati in quelmeraviglioso capolavoro d’architettura quattrocentesca che è il palazzoducale, si pensa progettato dal famoso architetto Luciano Laurana, cheera riuscito nel suo progetto riempiendo lo strapiombo che Federico gliaveva affidato per la costruzione dell’edificio.

Abbiamo insieme percorso la grande scala elicoidale che era statacostruita abbastanza grande da poterci passare a cavallo se ci fosse statanecessità urgente di evacuare il castello, ammirato la splendida faccia-ta dei Torricini che include i tre balconi dei tre templi: il “centro benes-sere” al piano inferiore (tempio del corpo), i due tempietti pagano, delleMuse e cristiano, di Cristo (templi dello spirito) e, all’ultimo piano, ilmagnifico studiolo in legno di Federico,scolpito con bassorilievi dipin-ti (il tempio della mente); inoltre abbiamo visitato numerosissime salee saloni affrescati dove sono esposti quadri dei più famosi pittori del-l’epoca tra cui Piero della Francesca e Raffaello (il palazzo di Urbino è

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anche la Galleria Nazionale delle Marche). Di quest’ultimo mi ha col-pito soprattutto il “Ritratto di nobildonna” per la perfezione del quadro:la sensazione di morbidezza della pelle che il dipinto trasmettevaall’osservatore, la lucentezza dei gioielli, l’ordine della capigliatura, ilriflesso della luce sulle unghie, il realismo delle mani...una fotografia.

Dopo questa visita durata più o meno tutta la mattinata, ci siamotrasferiti ai Giardini della Fortezza d’Albornoz per consumare il nostropranzo al sacco. Infine ci siamo spostati alla bellissima spiaggia mar-chigiana di Numana per alcuni giochi sulla sabbia (sempre che di sab-bia si possa parlare... era tutta ghiaia!). Lì l’acqua era pulitissima e leonde erano così alte che non c’erano che pochi metri a dividere la stra-da dalla battigia dove di infrangevano numerose le onde. Il posto eracosì bello che in molti, al momento di dirigersi verso l’hotel erano com-battuti tra la voglia di restare a godersi quella che un po’ per tutti sareb-be stata l’ultima volta dell’anno al mare e il desiderio di visitare l’al-bergo, sistemarsi nelle camere e progettare la serata, ma... che delusio-ne l’albergo (almeno per me e la mia compagna di stanza Caterina – èsempre lei, la mia compagna di lettura –)! Altro che tre stelle!Nemmeno mezza! Camere sporche, piccole (“da suora”,come le hodefinite), mal fornite e mal arredate...: al water mancava la tavoletta, ein bagno più di una persona alla volta non si riusciva ad entrare, la TVera in analogico e non si vedeva niente... (!).

Tappa del giorno: Basilica di Loreto e Monte Conero per una cam-minata. La chiesa è davvero stupenda: in stile barocco rococò, è pienadi quadri, meravigliosi affreschi, sculture e bassorilievi. Nel luogosacro abbiamo recitato l’Angelus e cantato due canti alla MadonnaNera di Loreto. Poi ci siamo diretti sul Conero per l’escursione.

È stato il più bel momento di tutta la gita e che più mi ha colpito: ilbosco autunnale, rosso e arancione con chiazze di verde che facevanoscordare l’autunno ormai vicino, era ciò che ricopriva il territorio cir-costante. Un vero spettacolo naturale, dal quale si ergeva un bellissimobelvedere che, a parer mio, era il più bello che si fosse mai potuto gode-re: il mare, con le sue onde che si infrangevano sugli scogli del golfo,si confondeva con il cielo senza una nuvola; il vento che tirava scuote-va le foglie degli arbusti sulla scogliera e subito dietro questo spetta-colo le campagne che si stendevano verdeggianti e che ricordavano lacalda estate che, un po’a malincuore, stavamo per salutare per dare ilbenvenuto ai caldi colori del piovoso autunno.

E con questa scena stupenda nel cuore, ho trascorso il viaggio diritorno.

È una scena che non dimenticherò mai, e che, credo, nessun’altropaesaggio potrà mai appagarne la bellezza. (Anna Rebecca Ceccarelli)

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BATTISTA SFORZA: gentilezza e determinazione

I GRANDI PERSONAGGICHE HANNO FATTO LA STORIA

Lavoro di immedesimazione per Open Day

“Gentili ospiti, buongiorno! Prima di tutto voglio ringraziarvi peraver accettato di venire al Palazzo Ducale anche se non mi conoscete.Sono Battista Sforza, moglie di Federico da Montefeltro, duca diUrbino. Non stupitevi della mia giovane età, vi posso assicurare che ilmio è un matrimonio felice. Mi sono sposata quando avevo tredici annie ora le mie giornate trascorrono fra la cura dei figli, lo studio e ilgoverno della città. Infatti faccio le veci di mio marito per buona partedell’anno, quando lui è assente per adempiere i suoi numerosi impegnidiplomatici e militari (infatti è un Capitano di Ventura). Ma oggi è ungiorno speciale e voglio completamente dedicarmi a voi. Avrei volutooffrirvi un banchetto come si addice ad ospiti di riguardo come voisiete, ma, per mancanza di tempo. Vogliate assaggiare alcuni dolci pre-parati appositamente per voi nella grande cucina, dal cuoco di corte.Per questo momento così lieto ho voluto al mio fianco le damigelle piùfidate che mi aiuteranno ad illustrarvi ciò che assaggerete”.

(Camilla Niso)

Mattia, nelle vesti di Federico da Montefeltro, parla della sua vita aPalazzo Ducale, attorniato dalla moglie Battista e dalle damigelle dicorte.

Camilla, nelle vesti di Battista Sforza, parla della vita della duchessadi Urbino

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FEDERICO DAMONTEFELTRO: Duca, Signore, Capitano

Buon giorno a tutti, mi presento: sono Federico da Montefeltro,signore e duca della città di Urbino.

Io amo mostrarmi generoso ospitale, infatti nella mia casa ci sonosempre tante persone, artisti, pittori, scultori che si nutrono alla miamensa e in cambio rendono bello il mio grande palazzo con le loroopere.

Sono felice di accogliervi oggi al mio banchetto e gustare con voile delizie che i miei cuochi hanno preparato. Ora mia moglie, BattistaSforza, e le mie dame di corte vi offriranno questi dolci, simbolo dellagrandezza della mia persona e dell’importanza della mia casata.

(Mattia Severini)

COLOMBO: testardaggine e audacia

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Immagina di essere Cristoforo colombo. Scrivi una pagina di dia-rio in cui descrivi il colloquio avvenuto tra lui e i monarchi diSpagna.

Cordova, 7 aprile 1491Caro diario ti racconto un evento davvero speciale…Mi alzo di buon ora perché questo è un giorno importante. Dopo sei

anni mi hanno convocato nuovamente a corte per riesporre il mio pro-getto. Sono molto emozionato. Monto sul mio ronzino. L’aria del mat-tino è fresca e frizzante. La reggia è più piccola di quella in cui si eratenuto il colloquio precedente, ma è comunque bella e sfarzosa.L’ingresso è ornato da bellissime statue e decorazioni in oro che midistolgono per un attimo dai miei pensieri. Mi immagino di ritorno dalmio viaggio su una grande nave e trionfante e ho di fronte l’espressio-ne invidiosa dei miei amici che hanno sempre creduto che il mio sognofosse impossibile. Tutto scompare quando vedo davanti a me una portaenorme. È finemente decorata e porta incise le immagini di tanti re eregine. Sono arrivato. I due monarchi sono lì, oltre quella porta, il miodestino mi aspetta. Non posso farli aspettare. Prendo fiato. La grandeporta si apre con un cigolio: la regina Isabella, bella come sempre, coni suoi occhi azzurro chiaro e i capelli biondi color miele e il reFerdinando, sono seduti di fronte a me. Il loro atteggiamento cortesenon riesce a celare l’espressione tesa dei volti. Le porte si richiudono erimango solo con i due monarchi. Ho a dir poco paura, sono terroriz-zato di sbagliare, di non essere abbastanza convincente anche se sonoanni che studio quel progetto. Mi accomodo su una sedia di legno consopra un soffice cuscino di lana. Il re mi invita a parlare del mio pro-getto e capisco subito che ha dei dubbi. La regina, invece, mi guardadolcemente e si dimostra molto comprensiva, la alletta molto l’idea disorprendere l’Islam alle spalle. Dopo tante parole e tante smorfie del rearriva il momento critico. Ferdinando mi chiede se ho delle richieste eio, con un tono ironico, rispondo di sì. La spedizione avrà luogo incambio del titolo di Ammiraglio e di Viceré e se mi verrà dato anche il10% del ricavato sui nuovi commerci. Ferdinando fa l’ennesima smor-fia mentre la regina cerca di farmi rinunciare al mio guadagno. Il tonodella mia voce risulta alterato quando esprimo il mio diniego.Immediatamente mi scuso del mio comportamento. Il re non concordae pone fine al colloquio. Ho perso, ho perso tutte le mie speranze, manon mi sento in colpa perché tanti anni di studio valgono almeno ciòche ho chiesto. Faccio un inchino ed esco dalla reggia insoddisfatto.Provo a mangiare, ma il dispiacere mi toglie l’appetito, così provo a

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coricarmi. Mi sveglia un messaggero reale che mi chiede di tornare acorte. Con ancora un briciolo di speranza mi vesto, prendo le mie cartee corro a corte. Ora Ferdinando sembra ben disposto ed infine è chiaroche le mie richieste sono state tutte accettate e la spedizione avrà luogo.Mi inchino con riconoscenza. Fuori dalla reggia grido di gioia. Non hoancora capito il motivo per cui i monarchi hanno cambiato idea, masono al settimo cielo, mi sembra di volare. (Alessia Abbondanza, 2ª B)

La regina giudica Colombo “quasi eroico nella sua caparbietà enel suo orgoglio”. Quali sentimenti ispira a te il personaggio? Qualiaspetti ti piacciono di lui e quali giudichi negativi?

Cristoforo Colombo, prima di essere convocato a corte, attendeben sei anni e non si perde d’animo, è sempre convinto di poter com-piere l’impresa di arrivare in Asia, navigando verso ovest.

Nonostante la pressione degli amici ad abbandonare questo suosogno, lui è irremovibile e non si scoraggia.

Dopo tanto tempo, finalmente viene ricevuto a corte dai sovrani diSpagna, Ferdinando e Isabella di Castiglia.

Sei anni prima, Colombo, aveva approfittato dell’assenza diFerdinando a corte per convincere la regina a schierarsi dalla sua parte,diventando così sempre più sicuro di poter cominciare il suo lungoviaggio. Qui emerge una caratteristica importante di Colombo, la fur-bizia, perché si rende conto che Isabella è attratta da lui e così cogliel’occasione per farla ancora più innamorare del suo grande progetto.

La regina fin dall’inizio crede nelle grandi capacità di Colombo,esperto navigatore, lo ammira e riconosce il suo grande eroismo, masoprattutto interpreta la sua caparbietà come una cosa positiva; quindiè affascinata dal suo atteggiamento determinato e sicuro.

Anche a me, come ad Isabella di Castiglia, piace il modo di com-portarsi di Colombo, perché è un uomo caparbio e coraggioso che lottafino all’ultimo per ottenere quello che desidera. Inoltre non teme glialtri e, cosa più importante, crede a quello che gli dice il cuore, ovverocrede nella possibilità di compiere la sua impresa, che col tempo si ètrasformata in un sogno.

Secondo me, però, quando viene chiamato a corte, alza un po’ trop-po il tono della voce e si dimostra sgarbato nei confronti dei sovrani.Poi però si pente e si scusa.

Comunque Colombo si rivela un uomo con cui è difficile raggiun-gere un compromesso o fargli cambiare idea, perché ha un caratteremolto forte e sa giocare bene le sue carte!

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D’altronde è un uomo di mare, abituato ad affrontare insidie e dif-ficoltà di ogni tipo, a relazionarsi con uomini duri e senza scrupoli, eforse non conosce bene il galateo di corte!!! (Giulia Faedi)

Attraverso il brano vediamo che la regina Isabella di Castigliaprova una certa ammirazione nei confronti di Colombo, una sorta distima.

Colombo è un personaggio stravagante che nella sua vita non lascianiente d’intentato, non dà nulla di scontato ed è proprio per questo cheriesce nella sua impresa. Si nota che Cristoforo Colombo ha caratteri-stiche contrastanti tra loro che lo rendono unico ed inimitabile: è capar-bio e sognatore, orgoglioso ed ironico, pazzo e coraggioso ed è proprioper queste caratteristiche che la regina è benevola e fiduciosa nei suoiconfronti.

Il personaggio di Colombo ispira dentro di me molti sentimentidiversi tra loro, ma che si completano l’un l’altro.

Gli aspetti di Colombo che mi piacciono di più sono la determina-zione ed il coraggio: egli, infatti, non si scoraggia e di fronte alle situa-zioni difficoltose non si arrende, cercando di trovare una soluzione atutti i problemi.

Vediamo questi suoi pregi quando egli, avendo ricevuto più voltedisapprovazioni riguardo ai suoi studi, ai suoi calcoli e alle sue richie-ste di finanziamenti per compiere il suo lungo viaggio, non abbandonail suo grande sogno, ma cerca in tutti i modi di ottenere ciò che vuolesfruttando il suo carisma e la sua personalità.

Pur avendo tutte queste qualità, Cristoforo Colombo, ha ancheaspetti negativi, come del resto ognuno di noi. Penso che egli sia un po’troppo orgoglioso e che pensi troppo al fatto di arricchirsi sfruttando isovrani di Spagna e non contando sulle sue capacità e possibilità.Colombo inoltre si dimostra insolvente nei confronti della reginaIsabella di Castiglia, ordinandole di farlo entrare in possesso del titolonobiliare di Ammiraglio; di nominarlo viceré e governatore delle terreda lui scoperte e di rendergli il 10 per cento di tutti i traffici e i com-merci tra i nuovi possedimenti e la Spagna.

Personalmente credo che il comportamento di Colombo si possaattribuire all’impazienza e all’orgoglio di intraprendere questo viaggio.

Nonostante ciò, Colombo è un personaggio da quale si può prende-re esempio; da lui si impara che non si deve mollare mai, bisogna sem-pre credere in se stessi e avere sempre chiaro ciò che si vuole.

(Vittoria Vecchiotti, 2ª B)

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CARLO V D’ASBURGO: la forza di un imperatore, l’impotenza diun uomo

Immagina di essere Carlo V, che, alla fine della sua vita ripensaa tutta la sua esistenza, alla luce del fatto che sta per lasciare ric-chezze e onori e, sta per incontrare l’unico vero sovrano: Gesù, Redell’Universo.

Il giorno fatidico si sta avvicinando, ormai è solo questione di ore.Io sono qui nel mio palazzo e sto ripercorrendo i momenti più impor-tanti della mia vita. Sono molto stanco, ho vissuto fino all’ultimo moltointensamente; non ho avuto un attimo di tregua, sempre alle prese conguerre e disordini.

Adesso sono in Spagna ma avrei voluto tanto essere nelle Fiandre,dove sono nato. Che tristezza! Da qualche giorno a palazzo arrivanovisitatori, dottori e frati che vengono a rendermi omaggio per l’ultimavolta. Ieri ho pregato per mio padre Filippo e per mia madre, anche semi ha lasciato quando avevo solo sei anni me la ricordo bene. Ho pre-gato anche per Isabella (mia moglie). È morta presto, ma negli anni incui sono stato con lei, mi ha saputo donare gioia e amore. Dopo questomio momento di preghiera sono andato a guardare i suoi tre ritratti piùbelli. Isabella è ritratta giovane e bionda, era meravigliosa. Che pecca-to non abbia vissuto più a lungo!

In questo momento prego ancora e sto piangendo perché penso almio popolo. Sono molto avvilito perché in tutti questi anni di governonon sono riuscito a realizzare in mio sogno, la “Monarchia Universale”principalmente per colpa di tre motivi: i Turchi, le guerre contro miocugino Francesco I Re di Francia e Lutero. Le guerre di religione inGermania mi hanno fatto stare molto male; tedeschi che combattevano

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contro altri tedeschi in nome di un Dio che invece doveva essere ditutti: è una cosa che non doveva proprio succedere.

Non riesco a credere di aver deluso così tante persone, tra queste nericordo tre in particolare. La prima è Tiziano. Oh, quel Tiziano chebuona persona, era il pittore di corte. Mi ritrasse a cavallo e credo chequello sia il mio miglior ritratto. Un’altra persona è Ludovico Ariosto.Ha scritto l’Orlando Furioso, un romanzo cavalleresco nel quale miparagona a Carlo Magno. Quando l’ho saputo mi sono sorpreso, noncredevo di essere così importante per lui. Che onore! Forse peròErasmo da Rotterdam è stato il personaggio che più di tutti ha speratoche la “Monarchia Universale” si avverasse sul serio. Espresse ancheil desiderio che tutte le mie forze si concentrassero in una crociata con-tro i Turchi. Ricordo con orrore il giorno in cui i Turchi arrivarono adassediare Vienna. Fortunatamente il Signore mi diede la forza per resi-stere e i Turchi furono respinti. Di questo lo ringrazio infinitamente;sono molto fiero di questa impresa e nel ricordarla provo un gran confor-to. Mio cugino Francesco non perdeva occasione per allearsi con queiTurchi e le quattro guerre che ho combattuto contro di lui sono state ter-ribili. In particolare nella seconda guerra nel 1527 è successo il “Saccodi Roma”. Mi vergogno e chiedo perdono a Dio con tutte le poche forzeche ora mi restano per quel triste episodio. Per due mesi ho lasciato cheil mio esercito di 14.000 Lanzichenecchi saccheggiasse Roma ucciden-do senza pietà cittadini e religiosi. Se finirò all’inferno non potrò lamen-tarmi, sono stato io a decidere così. Ringrazio il Papa Clemente VII chepoi mi ha incoronato imperatore e Re d’Italia a Bologna nella Chiesa diSan Petronio. Dopo tutti questi anni trascorsi così intensamente fra pocoarriverà anche per me il momento della verità. Gesù solo saprà dirmi seda morto potrò trovare la pace che non ho mai avuto in vita. Lui solo midirà se potrò finalmente riposarmi. In questo momento non sono piùl’imperatore, ma un uomo come tutti gli altri.

(Camilla Niso)

Il momento è arrivato. Il momento di lasciare beni, onori, famigliae amici. Il momento in cui incontrerò l’unico e vero signore di questomondo irrispettoso del divino e pieno di eresie. Che strano, fino a unpo’ di tempo fa neanche pensavo a come o a quando sarei finito a ricor-dare tutte le scelte sbagliate che ho preso nella mia vita, con in testa l’i-dea che saranno le mie ultime riflessioni... Solo ora mi rendo conto diaver avuto una grandissima fortuna per tutta la mia vita, fin da quandoero un ragazzo. Solo ora capisco che più di una volta ho avuto l’occa-sione di fare qualcosa di bello e diverso, tanto da essere ricordato. Orasono quasi convinto che, se le generazioni future si ricorderanno di me,

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sarà principalmente per la confusione e la tragedia a cui ho dato inizioquella notte fatidica nel 1527 con il mio esercito. Perché? Perché holasciato che la rabbia prendesse il sopravvento su di me? Perché ho por-tato a combattere per un futile motivo persone innocenti? Forse avreidovuto pensare alle conseguenze, ai sensi di colpa che sarebbero giun-ti per quel terribile saccheggio e per quella distruzione. Quelle quattroguerre hanno fatto parte della mia vita e anche se di certe cose mipento, di altre ne vado fiero. Sono orgoglioso della scelta che feci quan-do lasciai libero Francesco dopo averlo imprigionato. E pensare chesono partito soltanto come un semplice uomo, con un sogno: la monar-chia universale. Non c’era niente di sbagliato nel mio desiderio, vole-vo rivoluzionare il mondo, dargli un ordine, ma ho finito solo col com-battere guerre che non hanno portato a niente. Per fortuna la mia fami-glia è sempre stata con me, la mia adorata moglie Isabella, i miei carifigli Filippo, Maria, Ferdinando, Giovanna e Giovanni, spero che potròessere fiero di loro anche da lassù. Spero che anche solo uno di loropotrà rendere fiero il nome degli Asburgo. L’unica cosa che chiedo oraè che la mia famiglia stia bene anche dopo che io li lascerò, prego cheper loro ci sia sempre un motivo per andare avanti e che vivano una vitafiera e nobile come quella che ho avuto io, ma ora è tempo che i mieiocchi si chiudano. Quando si riapriranno vedranno quella luce cheabbaglia e conforta allo stesso tempo. Addio. (Caterina Cecchetti)

Oggi è il 23 maggio 1558 e io Carlo V, l’imperatore che dovevacambiare il destino dell’Europa, sono qui steso sul letto della morte,avvolto dai miei tristi e cupi pensieri nel riflettere sulla mia vita riccadi dolori e rimpianti...Oh! Che sciocco! Io verrò gettato nel baratro del-l’inferno per l’offesa fatta a Roma! Io ho lasciato che i Lanzichenecchientrassero a Roma! Io li ho lasciati senza paga per farli diventare anco-ra più assetati di oro e di qualunque ricchezza! Io ho causato la mortedi migliaia di persone e ho lasciato sua Santità, il Papa stesso, in baliadegli orribili mercenari. Come può un uomo così crudele come meessere accolto in Paradiso? Grazie al cielo nella mia miserabile vita hofatto anche qualcosa di buono come combattere contro la minaccia deiTurchi e l’invasione islamica per salvare la Chiesa e la cultura Europea,ma… forse questo non basterà a salvarmi e a cancellare l’enormeoltraggio fatto a Roma e alla sua Chiesa. Che ingrato! Solo adesso mene rendo conto, solo ora che sto per morire ho il rimorso delle mie azio-ni. Dovevo pensarci prima di lanciare i Lanzichenecchi e la loro furiacontro l’indifesa Roma. E ora il tempo per rimediare è finito, sto perandarmene da questo mondo e verrò ricordato non come il pensatore

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della monarchia universale, ma come il tiranno che ha distrutto Roma.Questo sarà ciò per cui passerò alla storia! Ma un’ultima speranza miresta in fondo al cuore. Il ricordo del buon ladrone che dopo una vita dimalefatte, chiese perdono in punto di morte e Gesù lo accolse inParadiso. Mi confesserò e chiederò perdono al Papa che, sono sicuro,mi manderà la sua benedizione e pregherà per me, perché egli è il vica-rio di Dio in terra, il nostro Dio, buono e misericordioso.

(Giacomo Chierici)

SAN FILIPPO NERI: L’AMORE E L’ALLEGRIA

Le pagine del libro di storia si animano e ti trasportano nel 1500:dove ti trovi, che cosa vedi, chi incontri? immagina e racconta.

22-12-2011

Caro diario,Oggi voglio raccontare una cosa strana che mi è successa nei gior-

ni scorsi. Era sera e stavo sfogliando il libro di storia quando ad un trat-to ho avuto la sensazione di essere trasportata proprio all’interno dellepagine. Per la precisione mi sono ritrovata a Roma...

È mattina molto presto, inizia ad albeggiare e sono svegliata dalcanto di un gallo. Sono in un letto molto scomodo, infatti il materassoè imbottito con foglie secche di pannocchie, che fanno un gran rumore

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appena mi muovo. Dopo aver aperto gli occhi per bene mi rendo contodi essere in una piccola stanzetta dai muri scrostati e tutta polverosa. Ilmio stomaco brontola, ho fame. Allora chiamo mia mamma che, congli occhi piangenti, mi dice che non ha niente da darmi. Anzi lei miaccompagna all’oratorio di padre Filippo Neri, lui mi darà sicuramen-te da mangiare. La mamma mi spiega che è un santo; sono molto con-tenta e emozionata di conoscere un santo e penso a cosa potrò dirgli.Visto che la mia famiglia è molto povera di sicuro gli chiederò di veni-re a casa mia per benedirci e aiutarci. Gli racconterò anche che il babbolavora tutti giorni nei campi dei principi Colonna ma la sera, quandoritorna a casa, non ha quasi niente nelle tasche per sfamarci. Questa èuna ingiustizia! Alle sette la mamma mi lascia davanti alla porta del-l’oratorio; ci sono già tanti altri bambini con i vestiti strappati, scalzi ei capelli tutti arruffati. Io credevo di essere molto povera ma loro sonosicuramente molto più poveri di me. Sono un po’ spaesata, dato che èil mio primo giorno e anche gli altri bambini lo sono. Poi arriva Filippocantando e allora anche noi bambini iniziamo a cantare con lui, e io midimentico di dirgli tutte quelle cose che ho pensato prima. Poi Filippodà a tutti una tazza di brodo che mangiamo in un batter d’occhio. Dopopreghiamo, giochiamo e cantiamo fino a sera. Filippo mi elegge suaaiutante dato che sono la più grande e secondo lui quella più responsa-bile. Arrivata la sera tutti andiamo a casa. Io vado davvero a casa, matanti altri bambini senza genitori si fermano a dormire in dei nascondi-gli. Penso che non sia giusto che succeda questo.

Tutti giorni per le vie di Roma passano carrozze e cavalli con signo-ri ben vestiti che non si curano dei poveri. Per fortuna che io ho cono-sciuto padre Filippo! Il giorno dopo ritorno all’oratorio e i bambinisono aumentati, ma Filippo con il suo sorriso accoglie tutti e tutti rice-vono qualcosa da mangiare. Filippo ci dice che fra due settimane verràa farci visita un importante cardinale per verificare che all’oratoriotutto sia a posto. Per abbellire l’oratorio pensiamo di fare dei bei dise-gni, ma questa idea va in frantumi perché nessuno di noi è capace didisegnare e si sprecherebbe troppa gomma per cancellare gli sbagli enoi non possiamo permettercelo. Allora Filippo pensa di far leggere aciascuno dei pensieri, ma quasi tutti i bambini non sanno né leggere, néscrivere perché nessuno glielo ha insegnato. Bisognerà proprio chequalcuno inventi una scuola anche per i poveri! Dato che io invece soleggere e scrivere propongo a Filippo di aiutarlo a insegnare l’alfabetoagli altri. Così facciamo per molti giorni e alla fine tutti i bambini rie-scono a leggere una parte. Che bella soddisfazione! Finalmente arrivail giorno della visita del cardinale, ma io non posso andare all’oratorio

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perché ho la febbre molto alta. Mia mamma va a chiamare Filippo edopo poco minuti lo vedo arrivare tutto preoccupato; si siede accanto ame e inizia a pregare. Intanto però il tempo passa e all’oratorio arrivail cardinale, accompagnato da alcuni nobili. I bambini sono preoccupa-ti, ma iniziano a leggere anche senza Filippo. Il cardinale è molto sor-preso da quelle belle parole uscite dalle loro bocca e capisce che ancheloro meritano una buona educazione, dei vestiti decenti, del cibo e unacasa. Da quel momento decide di dare più soldi a Filippo per compra-re il cibo, i quaderni e i libri e inoltre decide di fare ampliare l’oratorioper permettere ai bambini di aver un tetto sotto cui dormire. I bambini,tutti felici, arrivano a casa mia di corsa dando a Filippo la lieta novel-la. A quel punto lui si rasserena, ma non toglie il suo sguardo su di mecontinuando a pregare. Per fortuna dopo qualche giorno ce la faccio:sono guarita di sicuro per le preghiere di Filippo, non certo per le medi-cine di un dottore. I dottori non si scomodano per i poveri. In quelmomento prendo una decisione: da grande voglio curare i più deboli eanche Filippo approva.

... La mattina, quando mi sono svegliata mi sono trovata in unasedia, la sedia della mia scrivania!

Ti rendi conto caro diario, avevo passato tutta la notte seduta lì asognare... (infatti avevo anche un bel mal di schiena), devo dire peròche mi è piaciuto molto questo viaggio, magari ne potessi fare altricosì! (Camilla Niso)

MARIA STUARDA, regina di Scozia

Sono seduta alla mia scrivania e sto studiando il capitolo di storiariguardante i rapporti fra Elisabetta I d’Inghilterra e Maria Stuarda,quando un forte bagliore mi acceca e come per magia ritorno indietronel tempo, all’epoca del Rinascimento, nel 1500 circa.

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Sono Maria Stuarda, cugina di Elisabetta I e regina di Scozia, natanel 1542.

Sono cattolica ed erede legittima al trono. Sono vestita in modo ele-gante, ho un abito bianco ornato di seta lucida e luminosa. I miei mor-bidi capelli biondi sono raccolti in un concio tirato, impreziosito da unacoroncina di rose. Uno stile completamente diverso da quello delleragazze del 2000!

Oggi nel palazzo in cui mi trovo, a Parigi, c’è molta gente accalca-ta e non capisco il motivo.

Una guardia mi si avvicina tristemente. Mi annuncia la morte dimio marito, Francesco II Re di Francia.

Sono confusa, turbata.Mille pensieri mi passano per la testa.Non so cosa fare.Raggiungo la mia stanza da letto.Seduta davanti alla finestra triste e desolata, chiamo la servitù.

Ordino di parlare con il capo dell’esercito.Intendo preparare un degno funerale per lui, prima possibile e con

me voglio l’intera popolazione: voglio condividere il mio dolore contutti!

La morte di mio marito mi ha distrutto il cuore.Ora intendo tornare in Scozia. Ho bisogno di protezione e di affetto.Sola e sconsolata raggiungo, prima con la nave e poi con la carroz-

za, il mio paese.Ricevo la notizia che molta della mia gente in questo periodo si

convertita al protestantesimo. Sbigottita e incredula non mi sento più alsicuro. Troppe sono le persecuzioni contro i cattolici che divampano trala popolazione.

Chiedo asilo a mia cugina: Elisabetta I. Poiché la regina mi dà lasua disponibilità, mi metto in viaggio verso l’Inghilterra. Al mio arrivomia cugina, dopo avermi sistemato in una piccola torre, mi rinchiude!

Passano i giorni. La noia e la tristezza invadono il mio cuore.Guardo dalla finestra, trascorrendo il tempo senza fare nulla d’impor-tante: conto le nuvole, mi rifaccio le trecce, lavoro la maglia…

Ogni giorno trascorso faccio un piccolo segno sul muro: il miounico desiderio è uscire! Desidero che qualcuno si ricordi di me!

Una luce improvvisamente mi illumina il volto ed un senso di calo-re profondo scorre nelle vene come fuoco… incontro l’amore, Filippod’Asburgo. Segretamente il Re di Spagna mi chiede la mano… vuolediventare mio marito e portarmi sul trono.

Eccitata all’idea di poter rivedere le bellezze della vita quotidiana,accetto!!!

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Mia cugina viene informata della “bella” notizia e mi porta in car-cere per una notte. Trascorro la notte a pregare e a chiedere perdono peri miei peccati: i miei giorni sono terminati!

Al mattino seguente le guardie mi risvegliano malamente. Mi tol-gono i miei abiti da regina: ora sono vestita da serva!

Sono spaventata e felice al tempo stesso… presto incontrerò ilCreatore!

Arrivati al patibolo, nulla e nessuno aspetta che mi faccia il segnodi croce… sono morta…

… In realtà sono viva! Seduta alla mia scrivania, il volto soave efiero di Maria Stuarda è vicino a me. Insieme abbiamo incontratoDio!!! (Giulia Zanoli)

L’OPEN DAY

La fase di preparazione

“… Il laboratorio di Storia e Arte, al quale io parteciperò, mette inevidenza la vita di Federico da Montefeltro. Io mi devo travestire daBattista Sforza, la moglie di Federico che viene interpretato da MattiaSeverini. Questa interpretazione ha richiesto l’intervento di mia zia,provetta sarta, che mi ha confezionato un vestito simile a quello delladuchessa di Urbino. Sono dovuta andare molte volte a casa sua a farele prove, avevo sempre paura di essere punta dagli spilli, ma per fortu-na mi ha punto solo una volta. La zia mi farà anche la pettinatura ugua-le a quella che Battista sfoggia nel famoso dipinto di Piero dellaFrancesca. Il vestito è nero e mi dona molto. Solo le scarpe mi fannosoffrire: sono di mia mamma e mi stanno un po’ strette...”.

(Camilla Niso)

“… Io parteciperò al laboratorio di Storia e Arte per l’allestimentodel quale io e i miei compagni abbiamo realizzato alcuni disegni ispi-randoci ad un discorso dell’umanista Pico della Mirandola. I nostrilavori hanno come titolo: “La scelta fra gli esseri bestiali e gli esseridivini”. Pico infatti in quel suo scritto diceva che si può scegliere sediventare esseri inferiori, cioè assomigliare agli animali, o essere crea-ture superiori, cioè assomigliare sempre di più a Dio; questa scelta èopera della libertà dell’uomo… Io sono sicuro di avere fatto parte di un

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lavoro comune sia civile che studentesco, sia perché mi sono semprereso disponibile per tutto, sia perché ho aiutato con i disegni, i colori ei cartelloni. Questo mi ha soddisfatto perché mi ha fatto capire cheposso fare grandi opere se mi impegno e sto con i miei amici.

(Matteo Palmegiani)

“... Quest’anno ho deciso di collaborare con il prof. Bragagni.Questa scelta è dovuta al fatto che, prima che iniziasse l’anno scolasti-co, con il professore di Tedesco abbiamo fatto una gita in Austria e pre-cisamente a Vienna. Così volevo completare la conoscenza di questamagnifica capitale, ballando il valzer viennese e assaggiando anche latorta Sacher, proclamata dall’Unesco patrimonio dell’umanità proprioin questi giorni. Il laboratorio di Tedesco, infatti, sarà ambientato in unasala da ballo del castello degli imperatori d’Austria. Inizialmente, cisarà una piccola scenetta in cui il marito di Sissi, Franz Joseph, affidasua moglie a un duca che è rimasto senza dama, essendo quest’ultimacaduta da cavallo e quindi non essendo in grado di ballare. Quindi,dopo esserci seduti ai tavoli e dopo aver mangiato la torta Sacher, cialzeremo e ci metteremo a ballare. Che emozione! Non so come riu-scirò a stare per ben due ore con le scarpe con il tacco!...”.

(Eugenia Barbieri)

“… Il professor Bragagni ha scelto un tema molto originale, maallo stesso tempo veramente chic: “La Vienna imperiale e l’imperatri-ce Sissi”. Si è ispirato ad una gita fatta nel settembre scorso nella capi-tale austriaca, visitando la residenza dell’imperatrice. Abbiamo dovutopreparare tutto alla perfezione imparando anche a ballare il valzer conl’accompagnamento dei maschi della classe III B. Alcuni, come dice ilprofessore, sono dei “pezzi di legno”, ma altri se la cavano bene e, devodire, che anche loro si sono molto impegnati. Alla fine il lavoro svoltoha dato i sui frutti e tutti sono stati soddisfatti…”

(Vittoria Vecchiotti)

“… Nel laboratorio di Spagnolo ho il ruolo di “rapper” e durantele prove è stato divertente immedesimarmi in questo ragazzino che nonprende niente sul serio e “reppa” (canticchia) ogni cosa, invece che par-lare. Mi sono divertito molto nella preparazione della canzone “Megustas tu” che interpreto come solista, insieme ad altre tre ragazze...”.

(Giovanni Gori)

“… Io parteciperò al laboratorio di Spagnolo e insieme al mioamico Giovanni Gori canterò due strofe della canzone ‘Me gustas tu’.

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Sono felice della parte assegnatami dalle professoresse perché adorocantare, è la mia passione più grande ed è anche una delle cose che mivengono meglio. Inoltre io adoro la lingua spagnola, credo che sia unalingua rilassante e dolce, qualsiasi parola è fluida e scorrevole. Nonvedo l’ora che arrivi il giorno dell’Open Day perché, dopo tutto questoimpegno, sono convinta che sarà un capolavoro…”.

(Caterina Cecchetti)

“… È tradizione nella mia scuola, la Fondazione Sacro Cuore diCesena, presentare ai ragazzi di V elementare la scuola media in tutti isuoi aspetti e attività. Questa iniziativa si chiama Open Day. Nella cittànon siamo gli unici ad aprire le nostre porte a chiunque sia interessatoalla scuola, ma la nostra è una vera e propria tradizione e, come tale,ogni ragazzo si impegna nell’attuazione di questo gesto con entusia-smo, partecipando a laboratori differenti. Quest’anno proporremo illaboratorio di Storia e Arte con l’Urbino di Federico da Montefeltro,quello di Matematica con la scoperta delle forme geometriche nellarealtà, il laboratorio di Tedesco con il valzer viennese alla corte di Sissi,quello di Inglese con i personaggi famosi della cultura britannica e infi-ne quelli di Geografia con l’illustrazione delle Grotte di Frasassi e diPoesia con la presenza di Leopardi...”. (Anna Rebecca Ceccarelli)

“… Io parteciperò al laboratorio di Spagnolo che sarà intitolato “Elespanol para cantar”. Ho voluto far parte di quest’aula perché sono giàdue anni che mi impegno per imparare tutto su questa lingua interes-sante. In questa aula si canterà, si ballerà, si presenteranno degli ogget-ti, come le nacchere, i ventagli, le maglie di alcuni giocatori spagnolifamosi, i vestiti e le scarpe del flamenco; inoltre si parlerà di tradizio-ni spagnole (come quella di avere due cognomi o di portare gli stessinomi dei nonni o dei parenti)…”. (Matilde Stagni)

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IMMAGINI DALL’OPEN DAY

Nel laboratorio di Tedesco: Sissi e Franz a colloquio.

Nel laboratorio di Arte e Storia: spiegazione della vita di Federico daMontefeltro.

Alberto, Enrico e Caterina pronti a raccontare la vita e le imprese diFederico da Montefeltro.

Anna Rebecca e Riccardo cantano una canzone nel laboratorio diSpagnolo.

Caterina e Giovanni cantano nel laboratorio di Spagnolo

Le ragazze di 2ª A in abiti rinascimentali distribuiscono i dolci agliospiti del laboratorio.

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PRIAMO

LE ANTICHE STORIE DEGLI EROI

Immagina di essere un servo di Priamo e di guardare con lui dal-l’alto della torre quello che succede nel campo di battaglia. Quali eroistanno combattendo? Come reagisce Priamo a tali combattimenti?Quali sono i suoi sentimenti? Immedesimati e racconta.

Un boato improvviso scosse il palazzo del mio signore.Corsi alla finestra e là, sotto di me, Achei e Troiani si trucidavano

senza pietà per il possesso di un corpo; come due branchi di lupi che,affamati, lottano bramosi di sangue per una carcassa di cervo.

All’inizio non capii il perché di tutto quell’accanimento solo suquel corpo, quando ce n’erano altri centinaia sparsi per terra e calpe-stati. Avevo una vista acutissima, come diceva il mio signore Priamo,re dei Troiani, questo mi aiutò a riconoscere il viso e i lineamenti diquello stolto di Patroclo, ormai morto grazie ad Ettore, figlio del miosignore, che aveva cercato di scalare le nostre mura.

Tornai alle mie faccende con il cuore leggero, sapendo che un altrovaloroso Acheo era caduto per mano nostra.

Una voce mi chiamò.Pensai velocemente ad una scusa che potesse giustificare la mia

presenza in cucina. Non mi era permesso di entrare in stanze che nonfossero la lavanderia o la cantina se non per ordine del mio signore.

Una voce profonda alle mie spalle disse:“Non preoccuparti Archivio, sono io e sono venuto a chiederti un

favore; vestiti con il tuo peplo più bello, mettiti i sandali dorati e

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accompagnami sulla torre più alta, in modo che io possa guardare dal-l’alto il campo di battaglia e capire la fonte di questo fastidioso boatoche ho sentito anche se la vecchiaia mi sta portando via l’udito e laparola”.

Mi girai e mi prostrai ai piedi del mio signore, poi mi rialzai e loguardai negli occhi; occhi vacui, pieni di tristezza e amarezza, occhi cheavevano visto la gente nascere, combattere e poi morire fra atroci soffe-renze a causa di una guerra scoppiata per volere e capriccio degli dei.

Occhi che sapevano capire, amare, riflettere, occhi che esprimeva-no la tristezza e la saggezza infinita del re dei Troiani.

Risposi con voce bassa e paca-ta: “Sempre al tuo servizio anche acosto della vita!”.

Corsi in camera mia, mi cam-biai e raggiunsi il mio signore.

“Stammi sempre accanto esorreggimi, le forze potrebberovenirmi meno da un momentoall’altro, se la vista mi si offuscain un momento atroce e io tidovessi chiedere cosa è successo,non cercare di mentirmi e affrontala dura realtà, non chiudere gli

occhi se ti accorgi che uno dei nostri è stato trapassato da una lancia”.Appena arrivati sulla balconata della torre, le porte di Troia si spa-

lancarono e, come un torrente in piena, tutti i Troiani si riversaronodentro in una fuga scomposta, cercando di scampare dalla spada e dallalancia di Achille, figlio di Peleo e valoroso guerriero acheo.

Solo Ettore, ben piantato come un albero, fronteggiava Achille.Lacrime di amarezza per la vita di suo figlio che si stava per inter-

rompere rigarono il volto di Priamo.Con una tristezza infinita nel cuore, il grande monarca d’Asia assi-

stette alla morte di suo figlio.Quando Ettore fu trapassato dalla lancia di Achille, Priamo urlò

tutta la sua angoscia che fu sovrastata dalle grida di felicità degli Achei.Un fulmine scagliato da Giove colpì il tetto della torre da cui si

staccò un mattone che mi cadde in testa.La vista mi si offuscò e l’ultima cosa che vidi fu Priamo che, stra-

ziato dal dolore, urlava la sua disperazione.Poi tutto divenne nero e persi conoscenza. (Agnese de Angelis)

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ACHILLE E ETTORE

Achille e Ettore. Achille l’eroe dell’ira e Ettore l’eroe dell’onore:essi sono i principali personaggi attorno ai quali Omero ha costruito ilbellissimo e appassionante poema dell’Iliade. Achille viene chiamatol’eroe dell’ira, perché combatte per vendicare la morte di Patroclo, suocompagno. Achille, figlio della dea Teti e di Peleo, re di Ftia, è il piùforte tre gli Achei, alto, coraggioso, insomma il simbolo dell’eroegreco. Prima di arrivare a Troia gli Achei saccheggiano alcune cittadi-ne nei dintorni e Achille si guadagna Briseide, una bellissima schiavache però gli viene sottratta da Agamennone. Achille, ferito nell’onore,si rifiuta di combattere e ritira i suoi uomini dalla battaglia, lasciandogli Achei in balia dei coraggiosi e sfrontati Troiani. Patroclo, miglioreamico dell’eroe Acheo, non approva il suo gesto e vedendo i suoi com-pagni morire si impietosisce e va nella sua tenda ad implorare Achilledi ritornare in battaglia per tirare su la sorte degli Achei che sono statidimezzati dai Troiani. Patroclo allora torna in battaglia seminando ilpanico tra i Troiani, ma viene ucciso da Ettore. Dopo questo fattoAchille, infuriato, decide di tornare in battaglia per vendicare la mortedell’amato amico.

Ettore invece viene chiamato l’eroe dell’onore, perché mentre tuttii suoi compagni si ritirano dentro la città lui rimane davanti alle porteScee ad aspettare l’odiato nemico Achille. Ettore, figlio di Ecuba e diPriamo re di Troia, è il più forte degli eroi Troiani, il più coraggioso, ilcapo supremo, colui che anche con i denti, fino alla morte, difenderà lasua amata Troia. Ettore infatti è il baluardo delle difese Troiane, cosìcome Achille lo è di quelle Achee. Ettore combatte furioso, non si tiramai indietro, lotta, si butta nella mischia, non ha paura di nessuno,

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nemmeno di Achille. Ettore uccide Patroclo dopo una lotta accanitacredendo fosse Achille. Si scaglia su di lui e dopo averlo ucciso lo spo-glia delle sue armi e solo allora si accorge che non è il cadavere diAchille, ma quello di Patroclo.

Ed ora eccoli là, nella radura, l’un fuggendo e l’altro inseguendo,Ettore fugge e Achille lo insegue. Ettore non riesce a togliersi dalla por-tata di Achille che è più veloce, ma lo stesso eroe Acheo non riesce afare lo scatto decisivo per raggiungerlo, lo scontro è in una fase di stal-lo per poi esplodere nell’ira di Achille e di Ettore, che decideranno lasorte dei rispettivi schieramenti. I due capi supremi, i più forti, i piùvalorosi, che si sfidano nello scontro finale, l’incontro decisivo.

A me questi due eroi appassionano molto, ma come tutti anche ioho una leggera preferenza per uno dei due che nel mio caso è Achille.Perché questo eroe è il più forte, quello più intraprendente, quello piùattaccato all’onore, secondo il mio parere il più completo.

(Giacomo Chierici)

ULISSE

Ulisse non è ancora comparso nell’opera, eppure tutti i perso-naggi e le loro azioni parlano di lui: l’eroe è presente a Itaca attra-verso la sua assenza. Spiega questa affermazione portando degliesempi e di’ che idea ti sei fatto del re di Itaca sulla base degli indiziraccolti.

Ulisse non c’è, ma lo si può percepire in ogni pietra, in ogni ango-lo della sua isola: Itaca.

La sua è una presenza costante, il suo nome viene mormorato condevozione dal suo popolo e dai suoi familiari.

Viene pronunciato con disprezzo e scherno dai Proci che lo credo-no una persona innocua; sono troppo distratti a banchettare con il suobestiame ed a bere il suo vino per accorgersi che la loro fine è vicina.Per loro il mangiare è diventata un’azione che non lascia spazio a pen-sieri razionali. Non gustano più neanche quello che assaggiano.

I segni mandati da Giove parlano chiaro: – Attenti Proci, verrà ilgiorno in cui Ulisse si vendicherà: allora voi lo implorerete, ma nientepotrà colmare la sua ira che si abbatterà su di voi come un tornato favolare dei pezzi di carta.

Eppure, sanno che Ulisse è un personaggio astuto, intelligente e chenon esita ad uccidere le persone che si fanno credere amiche e poi glitramano alle spalle.

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La sua influenza è fortissima, anche se ormai è lontano da casa damolti anni.

Telemaco, suo figlio, la sente, ed essa si manifesta in lui rendendo-lo forte e determinato a non soccombere alla moltitudine di “porci” chesi è installata a casa sua, riempiendo la dimora reale di baccano.

Penelope la sente, rifiutandosi di scegliere qualcuno fra i preten-denti al trono, ideando un astuto pretesto: una tela che, quando saràfinita, darà ai Proci il diritto di contendersela. Però, Penelope la tessedi giorno e poi, di notte, al lume di candela, aiutata dalle serve, la disfa;prolungando così i giorni di attesa dei pretendenti. Tutto va secondo isuoi piani, finchè una serva la tradisce.

Il Re di Itaca è un personaggio che, nel corso della sua storia, nonsi appoggia solo alla forza delle armi, facendo dell’astuzia e dell’inge-gno una delle sue principali risorse. Sa anche essere dolce e gentile, ilche lo rende, agli occhi di tutte le ragazze, l’uomo ideale.

Prima di ricorrere ad un qualsiasi piano, lo considera da vari puntidi vista (come nel caso del cavallo di Troia).

Questo fa di lui, come dice Omero, “un uomo dal molteplice inge-gno”, capace di sconfiggere un centinaio di “persone” armate, solo conun arco e delle frecce. (Agnese De Angelis)

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LAVORO PREPARATORIO

Quest’anno nei mesi di novembre, dicembre, gennaio, abbiamoletto in classe il bellissimo romanzo di Lewis “Il viaggio del veliero”che mette in scena un viaggio per mare motivato dal desiderio di tro-vare la terra di Aslan, il leone buono, giusto, autorevole e, in ultimaanalisi, padre, la cui nostalgia spinge i protagonisti, novelli Ulisse oltrele colonne d’Ercole, ad avventurarsi al limite delle terre conosciute nelvasto mare di Narnia, per scoprire la via che porta a chi può dare lapace e rimettere ogni personaggio nella sua giusta dimensione. Duranteil viaggio che conduce alla Fine del Mondo, i protagonisti, quattroragazzi e un animale parlante, Ripicì, affrontano mille avventure e sfi-dano il pericolo, richiamati sempre dal più piccolo di loro, piccolo distatura, ma straordinariamente valoroso, il topo Ripicì appunto,. adandare oltre, ad attraversare la paura a non fermarsi alla difficoltà pro-prio in virtù dell’essenza di libertà di cui ognuno è fatto.

Affascinati da questa lettura abbiamo deciso di aderire al concorso“Le Vie d’Europa”, indetto dall’associazione Diesse di Firenze, che que-st’anno ha messo a tema le opere di Lewis rivolte ai giovani lettori e cioè“Le Cronache di Narnia” di cui “Il Viaggio del Veliero è un episodio. Iragazzi ispirandosi ai personaggi, ai temi, alle situazioni del romanzohanno elaborato, a gruppi, dei racconti o hanno prodotto dei disegni chepoi sono stati inviati alla segreteria del Concorso per la valutazione.

PARTECIPAZIONE AL CONCORSO“LE VIE D’EUROPA”

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La fase iniziale del lavoro è consistita nell’esplicitazione dell’ispi-razione: ogni gruppo ha chiarito il suo punto di partenza per la scrittu-ra o per il disegno ed ha motivato l’idea che poi è stata sviluppata e cheha preso corpo in un racconto o in un dipinto.

Ecco le motivazioni dei ragazzi.1. Il nostro racconto si intitola “Basta Crederci”; per scriverlo ci

siamo ispirate a un personaggio del romanzo “Il Viaggio del Veliero”,infatti uno dei protagonisti della nostra storia, Mark, ha un caratteresimile a quello di Eustachio: ha un cuore di ghiaccio che poi si scio-glierà. Suo fratello Alex, invece, può essere paragonato a Lucy per lasua grande capacità di accoglienza e per la sua bontà d’animo: quandocapita l’occasione lui non si tira indietro nell’aiutare Mark a sceglierela via giusta. Anche Lauren, la fidanzata di Mark, inizialmente è avidae vanitosa, alla fine della storia i suoi difetti svaniranno e lei capirà chei soldi non danno la felicità. I temi principali sono quelli della tenta-zione e del cambiamento; la storia è concentrata sulla ricerca del teso-ro del padre: grazie a questa ricerca due fratelli tanto diversi si riavvi-cineranno. (Camilla Niso, Anna Tassinari, Marta Santucci)

2. Il nostro racconto parla di un viaggio intrapreso dal protagonistaper trovare qualcuno capace di contrastare la magia cattiva di un divo-ratore di anime. Lo spunto iniziale è dato dal viaggio intrapreso daCaspian e Ripicì, ne”Il Viaggio del Veliero”, verso la terra di Aslan,colui che può liberare dal male, ma anche da un personaggio de “Illeone, la strega e l’armadio” la Strega Bianca, la cui magia malvagiastende l’inverno perenne sulla terra di Narnia e impedisce persino alNatale di entrarvi. Un altro elemento importante a cui ci siamo ispirateè il cambiamento di Eustachio che noi abbiamo calato nel personaggiodi Evelyn: essa all’inizio è egoista e non ammette di aver bisogno diaiuto, poi muta la sua posizione e ciò sarà fondamentale per la riuscitadel viaggio del personaggio principale.(Agnese De Angelis, Carlotta Gasperoni, Lucrezia Foresti, Giulia Zanoli)

3. Nel nostro racconto abbiamo deciso di ispirarci al cambiamento diEustachio: come ne “Il viaggio del veliero” Eustachio, da ragazzo presun-tuoso, antipatico, incapace di adattarsi alle situazioni, diventa umile, edu-cato e coraggioso, grazie alla situazione di allontanamento dai suoi amicivissuta nella pelle di un drago e grazie all’intervento purificatore di Aslan,così il nostro personaggio, Josh, da freddo, rude e arrogante, si trasformain un giovane più dolce e accogliente grazie all’amore di Marianne.

(Anna Rebecca Ceccarelli, Caterina Cecchetti, Caterina Pasi)

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4. Il nostro racconto si intitola “Previsioni del tempo” ed è ispiratoal tema del cambiamento: William, come Eustachio, cambia, diventan-do una persona audace, mentre prima era un ricco e viziato ragazzinoinglese. In questa trasformazione viene aiutato da Pietro, come Aslanaiuta Eustachio a togliersi la corazza di presunzione. Inoltre la nostraavventura si svolge in un mondo parallelo che, come quello di Narnia,è pieno d insidie, ad esempio i finti poliziotti che William e Pietroincontrano. Questi sono forti, ma stupidi, come il Serpente Marino chene “Il viaggio del veliero” ha impaurito l’equipaggio della nave diCaspian, rivelandosi poi, con una mossa ingenua, poco intelligente.

(Francesco Ruscelli, Luca Bertozzi, Mazzi Tommaso)

5. Il protagonista del nostro racconto è Bhomp, un artigiano chefabbrica serrature per le porte; Bhomp è creativo, ma, nello stessotempo, non è completamente soddisfatto del suo lavoro e vorrebbe gua-dagnare di più, infatti spesso viene preso dalla tentazione dell’avidità.Nell’inventare la sua storia ci siamo ispirati al personaggio di Eusta-chio che nel romanzo “Il viaggio del veliero” viene prima descrittoegoista e pieno di difetti, poi più umile e in atteggiamento di ascolto,proprio come accade al nostro artigiano che incontrando Philip, uncavaliere che viene da un mondo parallelo a quello reale, capisce la bel-lezza del suo lavoro. (Brasini Vittorio, Garattoni Giacomo)

6. Il nostro racconto si intitola La storia nella storia. Per scriverloci siamo ispirate a varie situazioni e personaggi del romanzo Il viaggiodel veliero. Come Lewis fa vivere ai suoi personaggi avventure attra-verso diversi luoghi, anche noi abbiamo ambientato la nostra storia intre regni diversi in cui i personaggi vivono avvincenti e stravagantivicende. Inoltre l’autore irlandese ha introdotto personaggi con caratte-ri vari e contrastanti che sono maturati nel corso dell’opera. ComeLewis, noi abbiamo inserito personaggi dal carattere negativo che sonocambiati durante il percorso grazie sia all’aiuto degli altri protagonistiche al superamento dei pericoli e delle prove sfrontati. Il personaggiosimbolo del cambiamento in Lewis è Eustachio, nella nostra produzio-ne è Jasmine, una ragazza presuntuosa e superba. Entrambi hanno undiario segreto nel quale scrivono le proprie idee negative sui fatti acca-duti loro. Non riconoscono apertamente il loro bene e l’interessamentodegli altri verso di loro, infatti Jasmine ascolta i discorsi di Jack fin-gendosi non interessata, Eustachio non vuole mostrare che la pozioneoffertagli generosamente da Lucy funziona. Nel nostro racconto i pro-tagonisti entrano improvvisamente dentro al grande libro finementerilegato, invece ne Il viaggio del veliero i protagonisti entrano nel qua-

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dro ove è rappresentato il veliero con a prua la bellissima testa di drago.In entrambi i racconti i personaggi hanno uno scopo ben preciso: nelnostro i ragazzi devono aiutare un bambino a ritrovare il re suo padre esalvare il suo regno, in quello di Lewis i ragazzi devono ritrovare i setteLord e riportarli a casa. Alla fine dell’avventura sia Eustachio cheJasmine cambiano i lati negativi del loro carattere: diventano più estro-versi, più altruisti, più maturi. Infine, come Aslan ne Il viaggio delveliero è la guida verso la retta via e le giuste decisioni, la zia nellanostra realizzazione è la figura autoritaria e positiva che aiuta e condu-ce i ragazzi alla maturità ed alla consapevolezza dei valori, ac-compagnandoli, sotto altre sembianze, nella loro storia.

(Alessia Abbondanza, Faedi Giulia, Eugenia Barbieri, Bianca Fabbri,Vittoria Vecchiotti)

7. Il nostro gruppo illustrerà i due personaggi per noi più rappresen-tativi del romanzo: il valoroso guerriero Ripicì e lo sconsolato drago incui si è trasformato Eustachio. Abbiamo pensato di rappresentare questidue personaggi per l’importanza che hanno in questo lavoro di Lewis.

Eustachio rappresenta la possibilità del cambiamento: all’iniziodella storia viene presentato come un ragazzo presuntuoso e vanitoso,ma grazie all’avventura vissuta e all’incontro con Aslan diventa piùgentile e amichevole con tutti e si rende conto degli sbagli commessi.

Ripicì rappresenta l’animo e il desiderio che dovrebbero avere tuttii membri dell’equipaggio del Veliero dell’Alba, egli è umile e nellostesso tempo valoroso ed è sempre il primo a proporsi per l’avventurain nuove terre o per compiere gesta eroiche.

La rappresentazione di Ripicì ed Eustachio è anche dovuta a unfatto che ci ha molto colpito: i due personaggi all’inizio della storia nonsi sopportano e, per questo motivo non si capiscono, nel corso dell’av-ventura riescono ad accettarsi l’un l’altro e diventano buoni amici: ilcambiamento. Quindi può riguardare anche i rapporti fra le persone.

(Paganelli Enrico, Alberto Dal Monte, Andrea Manuzzi,Giovanni Gori)

8.Abbiamo scelto di rappresentare il capitolo in cui Lucy sfoglia illibro del mago, perché attraverso la lettura di questo episodio capiamomeglio il carattere della ragazzina e la sua caratteristica principale: lasua grande fiducia in Aslan che la salva da due tentazioni, quella dellavanità usando l’incantesimo con il quale potrebbe diventare bella “oltreogni mortal giudizio” e quella del non fidarsi delle amiche, mettendo inatto l’incantesimo che rivela i loro pensieri. Leggendo questo capitoloabbiamo capito che nessun personaggio è immune dalle tentazioni, in

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queste situazioni interviene sempre Aslan che, nell’amicizia, riportaognuno al bene. (Matilde Stagni, Rebecca Teodorani, Giulia Amadori)

9. Noi abbiamo scelto di illustrare due situazioni raccontate nelromanzo: nella prima Lucy si incammina verso la camera del mago,nella seconda il Veliero dell’Alba si dirige verso l’Isola delle Tenebre.Abbiamo scelto queste situazioni perché vediamo rappresentate in essegrande coraggio e disponibilità al sacrificio, infatti Lucy non sa cosa laaspetti nella stanza del mago, ma è pronta ad affrontare ogni pericoloper liberare i suoi amici dalla minaccia dei personaggi invisibili; ilVeliero dell’Alba con a bordo Caspian e i suoi compagni viene fattonavigare verso le tenebre per far scoprire ai suoi occupanti il segreto diquell’oscurità. Noi vogliamo illustrare il valore e la voglia di conosce-re che anima i personaggi.

(Nicola Mazzotti, Luca Palmegiani, Filippo Garattoni)

10. Nel nostro lavoro di Arte, noiillustreremo il veliero di Narnia cheesce dalle tenebre, dal buio che avvol-ge l’isola, e l’esultanza dei marinai perla loro salvezza. Abbiamo scelto direalizzare questa illustrazione perché,come dice Caspian, ci sono cose chel’uomo non può affrontare da solo,come le sue paure o i suoi incubi peg-giori. Tutto ciò può essere affrontato grazie ad un amico, infatti in quel-l’episodio è Aslan a sconfiggere le tenebre e a far tornare il sole. Ci è pia-ciuta l’idea della vittoria sulle tenebre che rappresentano la paura diaffrontare la vita.

(Pietro Bocchini, Pierfrancesco Golinelli, Kevin Spinelli,Giovanni Giunchi, Matteo Palmegiani)

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LAGITAA FIRENZE E LA PARTECIPAZIONEAL CONVEGNO SU LEWIS

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Titolo: La storia nella storia di Vittoria Vecchiotti, Giulia Faedi,Bianca Fabbri, Alessia Abbondanza, Eugenia Barbieri

Motivazione: Una storia costruita con molta creatività, che ha ilpregio di riproporre il tema del viaggio in un mondo fantastico avendocura di preservare un legame chiaro con la realtà. L’amicizia e l’affet-to fra i tre protagonisti si costruisce e si rinsalda affrontando un per-corso difficoltoso in un mondo immaginario, in cui però gli ostacoli,pur nella loro forma fantastica, sono figure di problemi reali che ogniragazzo incontra crescendo: la solitudine, l’inganno e la morte assu-mono le sembianze di nemici veri e propri, da sconfiggere insieme,imparando a conoscersi passo dopo passo.

ConcorsoSEZIONE ITALIANO RACCONTO

Secondo classificato a livello nazionale

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“L’infinito del desiderio”

Laboratorio di lettura e di scritturaClassi Terze

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– L’Infinito di Giacomo Leopardi è un testo poetico scritto aRecanati nel 1819 e poi pubblicato nella raccolta dei canti nel 1826.

– Il testo è costruito con parole vaghe e indefinite che rimandano aun’immagine. Con il loro essere così impreciso fanno trasportare ilpoeta nel mondo fantastico, usando l’intelletto per immaginare la bel-lezza del paesaggio nascosto dalla siepe. È composto da una sola stro-fa, contente quindici endecasillabi distribuite in quattro periodi. Questapoesia fa parte della raccolta dei piccoli Idilli. Ci sono numerosi enjam-bement che rendono l’andamento della poesia più lento, lo rallenta.

– Questa poesia narra la bellezza del paesaggio che “vede” il poeta.Si trova sul monte Tabor: un luogo a lui molto caro. Cerca di ammira-re il paesaggio per scrutare la sua magnificenza, ma ciò non gli è pos-sibile perché una siepe glielo impedisce. Visto che può guardare solo ilpaesaggio tra i piccoli scorci di spazi tra le foglie della siepe decide diusare l’intelletto e l’immaginazione. È per questo che “il suo pensierosi annega” e riesce a osservare l’immensità della bellezza della natura,quindi del paesaggio. Tutto ciò gli è favorito dal vento che è come seemanasse una piccola e dolce voce per consentirgli di pensare in quelluogo quieto, tranquillo e con un’immensa pace. Sente il silenzio che

L’INFINITO DEL DESIDERIO(Laboratorio di poesia su Giacomo Leopardi)

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gli sta attorno e così riesce meglio a immergersi in un mondo diversodalla realtà.

– L’intenzione comunicativa dell’autore è quella di far comprenderela bellezza e lo stupore che lui prova davanti a un paesaggio. Si fa tra-sportare dall’immaginazione e per questo si immerge nell’infinito dellanatura. Praticamente la siepe è per noi quel “qualcosa” che ci impediscedi capire il vero senso delle cose, della realtà. Per questo siamo costrettia usare l’immaginazione per scoprire quello che c’è guardando oltre que-sta siepe (realtà). Il poeta quindi si perde nel “naufragare” e nel pensarecome potrebbe essere il paesaggio oltre la siepe. L’uomo è troppo picco-lo per riuscire a comprendere l’infinità della natura.

– Il mio giudizio è sicuramente positivo verso questo testo poeticoperché mi ha fatto riflettere sulla bellezza delle cose. Non bisognaosservare solo per pochi istanti qualcosa che ci si pone davanti agliocchi (per il poeta è stato il paesaggio), ma bisogna cercare di “guar-dare oltre la siepe” e quindi cercare di usare la nostra intelligenza percomprendere veramente cosa stiamo osservando, e per scoprire dentrodi noi il desiderio di infinito cercando di capire il significato di ciò chela realtà ci pone davanti. (Elena)

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Scrive il poeta Davide Rondoni: “Quando la vita ti colpisce (unamore, un dolore,…) avverti che hai bisogno di trovare parole percosì dire più vive del solito. Parole accese, invece delle solite parolespente che usiamo o sentiamo usare ovunque tutti i giorni”. A volteaccade anche ai ragazzi della tua età di lasciarsi colpire in modo par-ticolare da un testo lirico o da un brano musicale. Ti è mai successoche le parole di una poesia o di una canzone dessero voce anche aituoi sentimenti, ai tuoi stati d’animo, ai tuoi desideri o alle tue emo-zioni? Racconta la tua esperienza, presentando il testo che preferisci,il suo contenuto e spiega il motivo per cui ti ha colpito, esprimendo letue riflessioni.

Io sono rimasta colpita da alcuni testi che ha scritto Leopardi, par-ticolarmente mi ha colpito la poesia intitolata: “Canto notturno di unpastore errante dell’Asia”. Questo testo è stato scritto a Recanati tra il1829 e il 1830 da Giacomo Leopardi ed egli ha scritto questa poesiafacendo riferimento a un resoconto di viaggio del Barone diMeyendorff, un viaggiatore che era andato nelle grandi pianuredell’Asia e aveva conosciuto i popoli di queste terre. La poesia è undialogo tra la luna e un pastore, che ogni giorno porta al pascolo legreggi, e di notte si accorge che la luna “lo segue”; così si rivolge allaluna con parole e domande sul valore della vita, sul destino e quindi sulsenso della vita. Queste domande sono rivolte alla luna, ma questa nonpuò rispondere; il pastore afferma che lei sa le risposte, mentre noiumani non le sappiamo e non possiamo saperle. Questa poesia mi col-pisce perché fa riflettere anche me sul senso della vita, e alle domandeche ho già nel mio cuore si aggiungono sempre più domande che miportano a cercare risposte finché non le trovo. Le domande che vengo-no fatte sono sulla vita dell’uomo, ma anche sulla vita degli astri delcielo. Io non mi ero mai fatta domande sul valore degli astri, non ciavevo mai pensato, ma leggendo questa poesia ho capito che anchequesti corpi celesti hanno un valore e un senso. D’altronde ogni cosaha un senso; io, però, mi chiedo: perché le stelle brillano? Perché laluna percorre sempre le stesse vie del cielo e vede? Un giorno mi pia-cerebbe osservare di notte all’aperto la luna e le stelle e mi piacerebbecapire di più il motivo della loro esistenza. La poesia mi ha fatto capi-re che la vita della luna è molto simile alla nostra vita; allora io mi chie-do: perché noi umani dobbiamo soffrire, mentre altre creature no? Dache cosa è dovuta questa sofferenza, da dove arriva? So che ognuno dinoi si pone delle domande perché qualcuno gliele “mette” nel cuore,come per fargli capire che deve cercare risposte, e per cercarle è utileguardare al di là dell’apparenza. Io so che Qualcuno che ci pone delle

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domande esiste, e questo Qualcuno è una persona “grande”, una perso-na che a causa della sua esistenza ci fa mettere “in moto” e ci fa cerca-re. Ho tante domande dentro di me, di cui vorrei conoscere le risposte,ma so che è molto difficile, quasi impossibile trovare la risposta cheuno vorrebbe. Un’altra cosa che mi ha colpito della poesia è l’ultimadomanda, quella che il pastore rivolge alla luna come se lei fosse quel-la cosa grande: egli le chiede chi è lui, un piccolo essere nel mondo.Anche io mi sono rivolta altre volte questa domanda e mi colpisce ilfatto che, pur essendo noi esseri umani una piccola cosa in tuttol’Universo, in realtà siamo la cosa più grande: noi siamo capaci di guar-dare oltre all’apparenza e ci facciamo delle domande. Solo gli umanisono capaci di questo, nessuna altra cosa! E questo rende l’uomo lacreatura più grande. Io penso che Leopardi si sia posto tante domande,infatti ha scritto delle poesie che fanno capire che egli si è postodomande grandi. Ognuno di noi in sé ha delle domande che invitano acercare una risposta, però penso anche che solo alcuni prendono sulserio questo invito nella vita. (Beatrice)

Sabato del villaggio

Il sabato è il giorno più gradito della settimana, pieno di speranzae di gioia, mentre la domenica le ore della giornata porteranno tristez-za e noia e ognuno comincerà a pensare alla fatica abituale del lavorosettimanale.

Questa la riflessione di Leopardi nella penultima strofa della bellis-sima poesia Il sabato del villaggio dopo che ha presentato personaggi

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felici e appagati dalla vigilia del giorno festivo con il lieto pensierorivolto alla domenica.

Leopardi ci vuol far capire che un sentimento di speranza gioiosapervade il cuore delle persone al pensiero della domenica ormai immi-nente, sia degli adulti, come il falegname che lavora fino a tarda seraper godersi il giorno di festa insieme alla famiglia, ma soprattutto deigiovani, come la donzelletta che torna felice dalla campagna con unmazzo di fiori che le serviranno per adornarsi i capelli il giorno dellafesta, o i fanciulli che giocano rumorosi nella piccola piazza del paeseallietandone l’atmosfera. Anche il contadino torna fischiettando allasua povera casa e anch’egli in cuor suo è contento per l’arrivo delladomenica e lo capiamo dal fatto, appunto, che fischietta serenamente.

Secondo il poeta il sabato è il giorno più bello e piacevole della set-timana perché è pieno di speranza e di gioia nell’attesa del giorno difesta, ma purtroppo la domenica, secondo il poeta, deluderà le attese enon porterà la tanto desiderata felicità, anzi, arriverà il pensiero dellefatiche e degli impegni che riprenderanno l’indomani...

Il mio sabato, dunque, è ricco di aspettative che vengono quasisempre realizzate, i miei sogni si avverano e trascorro questa frizzantegiornata nel migliore dei modo alternando passatempi, incontri e pia-cevoli attività.

Prima di addormentarmi, di solito, faccio un bilancio di quantopiena sia stata la vigilia della festa, con un pensiero rivolto alla dome-nica, che per me, al contrario di quello che dice Leopardi, spesso è lafelice continuazione del sabato, un’altra giornata in cui posso dedicar-mi a tante attività che mi piacciono, anche se il pensiero del lunedì cheincombe è come una nuvola minacciosa nel cielo azzurro. (Chiara)

Grazie a Leopardi ho capito che devo vivere pienamente il miopresente e non avere fretta di diventare “grande” perché l’età della gio-vinezza è molto breve e quella adulta sarà piena di impegni e respon-sabilità… (Lorenzo B.)

Aspettare qualcosa è molto più bello che realizzarlo, nella miabreve vita mi sono accorto che questa è una grande verità in molti casi;ad esempio quando devo fare un torneo è molto più bello andare a lettoil sabato con il pensiero e l’emozione del torneo che giocherò all’indo-mani che la partita stessa, anche in caso di vittoria. Per me questo sen-timento è tipico dell’animo umano che è pronto a sperare e ad attende-re per natura… Leopardi esprime questo concetto con la bellissimadescrizione della vita di un villaggio la sera del sabato… (Agostino)

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Sul significato della grande metafora della lirica non posso espri-mere un giudizio per il semplice fatto che sono un ragazzo che ancoranon ha visto realizzarsi i suoi sogni e che non ha ancora verificato nulladi essi. In questi giorni penso spesso al mio futuro, a quello molto pros-simo, come la scelta della suola superiore o a quello più lontano, comel’età adulta. In quei momenti mi racchiudo in me stesso, rifletto e,senza che me ne accorga mi compare il sorriso sulla faccia. In questimesi sto verificando alcuni dei pensieri di Leopardi e per alcuni aspet-ti sono d’accordo con lui, ma certamente non posso sapere se l’età adul-ta mi riserverà gioie o delusioni. Per ora, quella sorta di sfida che ilpoeta ci lancia attraverso il “garzoncello scherzoso”dicendoci chedovremo verificare noi se quello che egli dice è vero, mi emozione e miinvita a non scoraggiarmi e a lottare per il mio futuro, per la mia feli-cità e la mia realizzazione. (Giovanni)

Leopardi sostiene attraverso questa metafora il suo dubbio sull’e-sistenza della felicità. Io però non ne condivido il significato profondo:se veramente riusciremo a portare a termine i nostri progetti vivremoanche solo un istante di felicità, ma quell’istante ci parrà il più bello egioioso della nostra vita. Questo per ora, poi verificherò se ciò chepenso è vero quando crescerò, se saprò realizzare ciò in cui credo.

(Roberto Leone)

L’Infinito

Sempre caro mi fu quest’ermo colle”così inizia una lirica diGiacomo Leopardi, grande poeta dell’Ottocento. Il poeta si trova suuna collina, a Recanati, e ha di fronte a sé una siepe che, impedendoglila vista sull’orizzonte lontano, diventa simbolo del limite umano.Quando ho letto la poesia mi sono immedesimata nell’esperienza di

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Leopardi perché la percezione del proprio limite è una caratteristica cheaccomuna tutti; ogni uomo sente di avere dei limiti e solitamente cercadi superarli. Anch’io sento di avere molti limiti, tra cui uno, grazie alquale ho però scoperto la bellezza di tante piccole cose che rendonoogni giorno della mia vita un giorno speciale… Il limite che ho perce-pito in quell’occasione è stato costruttivo, perché grazie ad esso hocapito che, se non posso raggiungere uno scopo, ho però sempre al miofianco la bellezza di un amico che mi è accanto, mi sostiene e mi inco-raggia. Questa è la cosa più bella perché fa parte della mia quotidianitàe sono sicura non verrà mai meno... (Aurora)

La poesia “L’infinito” di Giacomo Leopardi ci presenta un poetasereno che si sente sicuro abbandonandosi all’immensità che lo circon-da. In questa lirica egli ci fa conoscere un luogo a lui tanto caro: un collesolitario, su cui si trova una siepe, di fronte alla quale si siede e medita.Anche se non può ammirare i grandi spazi che si estendono oltre il colle,a causa della siepe, riesce comunque ad immaginarli e per poco non sispaventa trovandosi immerso in quell’immensità. Il poeta viene poiriportato alla realtà dal fruscio del vento tra le piante. Ciò gli suscita ilpensiero dell’eternità: del passato e del presente. Leopardi si sente sere-no davanti a quell’immensità ed eternità, tanto che conclude le sue rifles-sioni con la metafora “e il naufragar m’è dolce in questo mare”.

Anch’io ho vissuto momenti in cui mi sono trovata in luoghi che mihanno suggerito intuizioni importanti per la mia vita. Spesso le intui-zioni sono le stesse, ma mi stupisco sempre. Probabilmente può appa-rire strano, ma il luogo che finora mi ha ispirato le riflessioni piùimportanti della mia vita è il giardino di casa, è un luogo che conoscobene, tuttavia ogni volta che lo guardo approfonditamente mi sorpren-de. Offre una bella vista su campi e piante; lì posso starmene da sola,posso meditare, posso guardare gli alberi del giardino, gli uccelli, lenuvole, gli insetti, udire il vento tra le foglie, vedere l’Infinito in ogniessere della natura… (Gloria)

Leggendo questa poesia mi viene in mente un luogo a me moltocaro che si trova nella mia città natale. Quando sono triste e ho vogliadi raccogliermi da sola tra i miei pensieri, vado su una collina a qual-che chilometro da casa mia. Questo luogo rappresenta i momenti felicie tristi della mia infanzia, per questo sono molto legata alla bellezza eal mistero di quel luogo. Quando sono lì, da sola, a pensare, il tempocorre molto velocemente e mi sembra di riempire un vuoto che ho den-tro di me. Leopardi, come me, aveva un luogo dove potersi abbando-nare in piena libertà. Questa sensazione rende la poesia L’infinito moltofamiliare ad alcuni momenti della mia vita. (Maria)

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Caro Giacomo,

ti scrivo per riflettere con te, pormi delle domande sulle tue poesieche con tanta curiosità ho approfondito in classe. Fra le quattro liricheche abbiamo analizzato mi ha colpito soprattutto il “Canto notturno diun pastore errante dell’Asia”. Ho scoperto che ciò che dici in questapoesia mi accomuna a te, mi corrisponde e trova riscontro nella miavita quotidiana.

Il tema centrale della lirica sono le domande dell’uomo sul sensodella vita e sul proprio destino. Ti sei posto quelle domande, le haimesse sulla bocca di un semplice pastore asiatico, solitario, e sei riu-scito a farle giungere fino a me. Le tue osservazioni, i tuoi quesiti, i tuoidesideri sono gli stessi di ogni uomo perché noi siamo fatti così: voglia-mo sapere e scoprire il senso delle cose e per farlo dobbiamo fare lacosa più semplice che esista: domandare.

Anche un bambino sa chiedere e nella sua ingenuità non si vergo-gna, ma è curioso.

Le domande che ti fai, Giacomo, sono sul senso della vita, sul desti-no e le poni alla luna, qualcosa di più grande di te. Questa è la primacosa che mi ha colpito: tu non domandi a chiunque, ma a qualcosa dimisterioso, superiore, che tu sei certo conosca le risposte. Riflettendoho capito che è lo stesso anche per me: anch’io chiedo, cerco rispostedal Mistero, che per me è Dio.

Tutte le tue domande sul senso della vita sono anche le mie: perchéla vita? Che senso ha? E la morte? Io, come tutti, ho bisogno di sapereil senso delle cose e finchè non trovo la felicità nel conoscerlo non miarrendo. Neanche tu, Giacomo, ti sei mai arreso e questo testimonia latua grandezza morale.

Per quel che mi riguarda l’addentrarmi nel mondo della tua poesiaè stato un viaggio pieno di scoperte, di considerazioni… È stato incre-dibile scoprire come la poesia si leghi fortemente a me, ai miei interes-si, alla mia vita… Una domanda che mi sono sempre posto e che èemersa particolarmente trattando le tue poesie è: perché tanti uomini,te compreso, dimostrano la loro grandezza quando sono provati, quan-do soffrono? L’uomo deve soffrire per diventare “grande”? Solo in que-sto caso viene fuori la personalità di un uomo?... (Giovanni)

UN’IMMAGINARIA LETTERAAL POETA

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Carissimo Giacomo,sono una tredicenne e ho deciso di scriverti una lettera per condivi-

dere con te alcune riflessioni.Scusa se ti do del tu, ma ti sento come un amico, infatti grazie a te

ho scoperto e assaporato sentimenti nuovi. Ormai sono giunta al termi-ne del lavoro sulla tua vita e sulle tue poesie che ho svolto in classeassieme ai miei compagni e tra le liriche studiate quella che mi haattratto maggiormente è stata “L’infinito” di cui mi hanno molto colpi-to gli ultimi due versi dove riporti una metafora: “e naufragar m’è dolcein questo mare” con cui descrivi come ami, in fin dei conti, rimanere insolitudine e immergerti nell’infinito… Ho provato ad immedesimarminella tua vita, seduto a quella bellissima scrivania nella biblioteca deltuo palazzo a Recanati mentre componi poesie guardando fuori dallafinestra da cui ammiri i fanciulli che allietano l’atmosfera gridandomentre giocano nella piccola piazzuola davanti alla chiesa, di fronte acasa tua, come tu, Giacomo, ti immedesimi in un pastore nel “Cantonotturno di un pastore errante dell’Asia”. Anch’io, con te, mi sono fattala domanda: “Perché la vita? La vita… ricca di momenti indimentica-bili, con le sue gioie e difficoltà, con tanti ostacoli, piccoli mattonciniche dobbiamo superare…

L’incontro con la tua vita e con le tue poesie, come vedi, mi hasuscitato tante riflessioni e domande, mi ha maturata… grazie di cuoreper questo viaggio insieme a te. (Chiara)

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Durante la lettura del romanzo Il buio oltre la siepe è stato propo-sto ai ragazzi di 3ª A un laboratorio di lettura e scrittura creativa.

Nel romanzo Il buio oltre la siepe Atticus si rivolge al figlio Jeme per spiegargli cos’è il vero coraggio dice: “Aver coraggio significasapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciareegualmente e arrivare fino in fondo, qualsiasi cosa succeda. È rarovincere, in questi casi, ma qualche volta si vince. La signora Duboseha vinto”. Dopo aver parlato della signora Dubose e della vicenda dalei vissuta, narrata nel capitolo XI del romanzo a cui si riferisconoqueste parole, spiega se condividi o meno questo giudizio di Atticus,motivando le tue affermazioni.

UN’AUTOBIOGRAFIA ROMANZATA:IL BUIO OLTRE LA SIEPE

Nel capitolo XI del romanzo Il buio oltre la siepe viene narrata lavicenda che si riferisce alla signora Dubose. La signora Dubose era unasignora anziana, malata terminale o morfinomane. In casa sua lavoravauna ragazza di colore che l’aiutava nelle pulizie o nei lavori.

La signora Dubose amava i suoi fiori, li curava e non voleva chenessuno si avvicinasse tranne la ragazza delle pulizie.

Jem e Scout la consideravano antipatica e scorbutica, perché quan-do loro passavano davanti alla sua casa, lei li rimproverava, li insulta-va e sparlava anche di Atticus per la scelta di aver accettato di prende-re le difese di un negro di nome Tom Robinson.

Il giorno del dodicesimo compleanno di Jem, Jem e Scout andaro-no a comprare una piccola locomotiva per Jem e una verga per Scout.

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Prima di andare a comprare i giocattoli i due ragazzi erano passatidavanti alla casa della signora Dubose, che, come al solito, li avevarimproverati, ma in più aveva insultato il padre dei bambini perché,secondo lei, difendere un negro era sbagliato.

I due ragazzi, di ritorno dal negozio, ripassarono davanti alla casadella signora Dubose e Jem prese la verga di Scout e distrusse i fioriche l’anziana signora amava.

Tornati a casa, Jem e Scout aspettarono il ritorno di Atticus. Atticus,rientrato in casa dopo il lavoro, sapeva già quello che era successo e,dopo un dialogo con Jem, disse che, per un mese, il ragazzo dovevaandare tutti i giorni dalla signora Dubose a leggerle qualcosa.

Jem, accompagnato da Scout, fece per un mese quello che Atticusgli aveva chiesto.

Dopo qualche giorno, trascorso il mese, la signora Dubose morì.Atticus spiegò ai ragazzi che la signora era malata terminale e che,

per non soffrire l’atroce dolore che la malattia le procurava, ogni gior-no prendeva la morfina, una sostanza che fa perdere i sensi, però alme-no non si patisce il dolore.

La signora Dubose, però, tutti i giorni spostava di pochi minutil’ora della sveglia che indicava l’ora in cui doveva prendere la morfi-na. Lo faceva perché in questo modo avrebbe sofferto, lucida, il suodolore prima di morire.

Jem e Scout capirono allora perché la signora Dubose ogni tantosembrava che non li ascoltasse e ogni tanto sembrava che soffrissemolto.

Atticus definisce la signore Dubose coraggiosa perché lei sapevagià che in poco tempo sarebbe morta, ma voleva essere cosciente e libe-ra dalla morfina prima di morire.

Questa volta lei ha cominciato già sconfitta in partenza, ma ha con-tinuato egualmente la sua battaglia andando fino in fondo.

Questa volta la signora ha vinto una battaglia persa.Atticus dice questo perché secondo lui non è coraggioso chi gira

con il fucile in mano e quindi è superiori agli altri, ma chi combattesempre, anche battaglie impari.

Questo è un motivo per cui Atticus non voleva dire ai suoi ragazziche da giovane era un grande tiratore, perché in questo modo sarebbeandato contro ai suoi insegnamenti.

Io condivido le affermazioni di Atticus perché secondo me uno ècoraggioso quando accetta tutte le sfide, non rimane mai indifferente.Se noi siamo al mondo non è per rimanere indifferenti, ma per racco-gliere le sfide e le provocazioni che ci vengono dai nostri educatori,insegnanti e genitori.

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Secondo me questo è il vero senso della vita, perché se noi rima-niamo indifferenti e non abbiamo voglia di fare, non possiamo stare almondo. Secondo me essere coraggiosi è anche quando una persona dàtutto, come a scuola, o nello sport. (Luca)

LABORATORIO DI TEATRO

Dopo la lettura del racconto Il Colombre, di Dino Buzzati, ecco leriflessioni di alcuni alunni di 3ª A.

“Mi ha colpito il Colombre perché dalle parole che il padre avevadetto a Stefano sul Colombre, erano delle cose paurose, però quandoStefano arriva dal Colombre questo non gli fa nulla, anzi gli dona unaperla!”. (Beatrice)

“Mi ha colpito il fatto che per tutta la durata della sua vita egliaveva creduto che il Colombre fosse un terribile mostro che volevaucciderlo e quando invece si decise ad avvicinarsi, scoprì che le sueintenzioni erano diverse da quelle che pensava”. (Giulia)

“Mi ha colpito il suo desiderio tanto che, nonostante i racconti delpadre sul Colombre, Stefano non riesce ad allontanarsi dal mare e dalColombre”. (Luna)

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“Ho rappresentato Stefano che osserva il Colombre nel mare. Sim-bolo della sua continua attrazione verso il mostro ed il mare due coseinquietanti e immense che rappresentano la bellezza dell’ignoto”.

(Patrizia)“Nel racconto ho capito che i pregiudizi non sono sempre esatti,

come quello del padre sul Colombre”. (Giulio)

“Di questa creatura mi ha colpito il fatto che è avvolta dal mistero,come la vita”. (Jacopo)

“Quello che mi ha colpito è questa attrazione che Stefano ha versoil Colombre. Lui pensa che il Colombre è pericoloso ma nonostante ciònon riesce a distaccarsene”. (Francesca)

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“Mi ha colpito il fatto che per tutta la durata della sua vita egliaveva creduto che il Colombre fosse un terribile mostro che volevaucciderlo e quando invece si decise ad avvicinarsi, scoprì che le sueintenzioni erano diverse da quelle che pensava”. (Giulia)

“Mi ha colpito molto il fatto che lui non si sia subito spaventato e,anzi, abbia provato della curiosità per quell’essere che sarebbe divenu-to la sua «maledizione»”. (Francesca R.)

“Mi ha colpito Stefano che, credendo in se stesso, non rinuncia (allafine del racconto) al sogno di diventare un marinaio viaggiando permare”. (Elena)

“Il veliero, secondo me, è un simbolo importante del racconto esoprattutto per Stefano. Il veliero è importante perché Stefano anchedopo la morte del padre lo guida e lo porta avanti come faceva suopadre con la stessa passione”. (Micaela)

“Mi ha colpito la scena in cui Stefano cerca di capire che cosa siaquella creatura che spunta dall’acqua e che lo insegue”. (Riccardo)

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Intervista dei ragazzi di 3ª A e 3ª B al Professor Filippo Panzavolta,insegnante al Liceo delle Scienze Umane “Immacolata” di Cesena, cheha organizzato lo spettacolo teatrale Più che mediocre dedicato a donOdo Contestabile, un “giusto” a Cesena.

LAGIORNATA DELLAMEMORIA:UN’OCCASIONE PER NON DIMENTICARE

“Hanno rischiato la propria vita per salvare chi era perseguitato,minacciato, oppresso: i Giusti. I Giusti volevano ottenere giustizia, nonsolo per sé e per le vittime di allora, ma per porre le condizioni di pacein cui vogliamo far vivere le prossime generazioni. Da ciò non traeva-no alcun beneficio: lo facevano, punto e basta. Erano persone comuni,gente del popolo. Le sconvolgenti vicende della prima metà delNovecento hanno portato a capire il significato generale dell’ingiusti-zia sui cittadini ebrei grazie ai Giusti. Il grande riconoscimento è dovu-to alla fine sensibilità e qualità del loro impegno: a differenza di altrepersone che si sono fatte condizionare dall’idea comune, i Giustihanno creduto in sé stessi. Il loro spirito dimostra l’importanza dellavita. Sono coloro che non si voltano dall’altra parte ma agiscono quan-do vengono calpestati i diritti degli altri. Salvare una vita – come diceil Talmud (testo sacro della tradizione ebraica) – significa salvare ilmondo intero”. (Elena, Francesca B., Filippo F., Riccardo P.)

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1. Come ha scoperto la vita di Don Odo Contestabile?

«La scoperta della storia della vita di Don Odo Contestabile nasceper caso. Nel 2008 lo storico Pier Giovanni Fabbri mi chiese di scrive-re la biografia di un cesenate per un volume “Le vite dei cesenati”.Sfogliando dei libri incontrai questo monaco, che nel 1943 si offrì diaiutare due famiglie ebree. Per approfondire incominciai a ricercareinformazioni nell’archivio dell’Abbazia del Monte di Cesena. Credoche sia Don Odo Contestabile ad avermi trovato.

2. Cosa l’ha spinta a cominciare a fare queste ricerche?

«Grazie a Piergiovanni Fabbri, il quale mi ha invitato a scrivere unabiografia per un volume che stava creando: “Le vite dei Cesenati”.Piergiovanni Fabbri pensava che io, siccome laureato in storia dell’ar-te, facessi una biografia su un pittore, invece, cercando informazioni,“spulciando” libricini nell’Abbazia del Monte, ho incontrato la storia diun monaco. Leggendo questa storia, pensavo fosse giusto conoscerla,ricercai nell’archivio del Monte, nel quale trovai la cartellina con idocumenti su Don Odo Contestabile. Da lì l’ho voluto conosceremeglio tanto che cominciai le ricerche».

3. All’inizio aveva qualche idea sul risultato di queste ricerche?

«All’inizio di queste ricerche ho capito che Don Odo Contestabileaveva tutte le caratteristiche per diventare uno dei Giusti. Invece secon-do lo Yad Vashem, tribunale di Gerusalemme che decide se una perso-na può essere riconosciuta Giusta, in realtà una cosa mancava: la testi-monianza delle persone salvate. I coniugi Mondolfo erano morti en-trambi e non avevano avuto figli, mentre si pensava che i Lehrer si fos-sero trasferiti dopo il 1946 negli Stati Uniti d’America. Quindi il pro-cesso per prendere l’importante decisione fu sospeso. Comunque il miosogno era che Don Odo Contestabile fosse riconosciuto come Giusto,quindi ho cercato in ogni modo di rintracciare le famiglie Lehrer, masenza risultati. Allora ho fatto un ultimo tentativo: ho cercato gli unicidue Lehrer viventi in Italia presenti sull’elenco telefonico online. Il27 gennaio 2011 Marco Grego, il figlio di una delle due bambine deiLehrer, Beatrice, mi ha risposto chiedendo come facessi a conoscere lastoria di Don Odo Contestabile. Dopo le spiegazioni gli ho espresso ildesiderio di riaprire il processo allo Yad Vashem e Marco Grego si èreso da subito disponibile ad aiutarmi».

4. Perché avete deciso di proporre questo spettacolo?

«Coronato nella primavera del 2011 il sogno di rintracciare iLehrer, ho riferito subito l’accaduto a Claudio Riva e Rita Ricci, con i

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quali presi l’impegno di dedicare qualcosa di speciale a Don OdoContestabile. Così è nata in me la voglia di far conoscere ai giovani lastoria del monaco benedettino, e per farlo avevo bisogno di attualiz-zarla, cosicché la scelta migliore mi parve quella dello spettacolo tea-trale».

5. Come siete arrivati al titolo dello spettacolo? Come è natal’idea di utilizzare la musica klezmer nello spettacolo?

«L’idea del titolo è dell’attrice di Longiano Lelia Serra e derivadalla pagella di don Odo che ho trovato nell’archivio dell’Abbazia delMonte. Il sacerdote era stato definito dai suoi insegnanti “più chemediocre”. Questa espressione ci è sembrata adatta al nostro spettaco-lo perché i Giusti erano persone normali che sono riuscite a trovareforza e coraggio per opporsi al male, staccandosi così dalla mediocrità.La musica klezmer del gruppo musicale Siman Tov è musica etnicaebraica dell’Europa orientale e per questo ci è sembrata idonea al temadello spettacolo».

6. Quali sono state le emozioni che ha suscitato in lei questaesperienza?

«Molte emozioni erano intense, grazie alle persone coinvolte inmaniera diretta o indiretta che hanno aiutato e che hanno reso viva que-sta esperienza. Anche i ragazzi dei licei e delle medie che hanno assi-stito allo spettacolo sono stati bravissimi, insomma è stato molto bellovedere come tutti gli sforzi fossero stati ripagati e si è riusciti ad orga-nizzare una giornata della memoria molto particolare».(Roberto Leone, Gloria, Giovanni, Patrizia, Laura G., Micaela)

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In queste ultime settimane attraverso la televisione, i giornali e isocial network siamo venuti a conoscenza di diversi fatti accaduti inItalia e nel mondo: la cattura e l’uccisione di Gheddafi, la tragica esconvolgente morte del giovane pilota Marco Simoncelli, le dimissionidi Silvio Berlusconi e la nascita del nuovo Governo di Mario Monti, lamorte di uno dei più grandi geni di sempre, Steve Jobs (creatore dellaApple) e infine le alluvioni a Genova che hanno provocato molte pove-re vittime tra la popolazione… (Agostino)

In queste ultime settimane mi ha colpito e amareggiato molto unfatto avvenuto in una gara di Motogp nel circuito di Sepang: la mortedi Marco Simoncelli.

Quella domenica io ero lì, sul divano, a guardare quel giovane cam-pione coi capelli ricci che stava svolgendo una gara come tutte. Eranoi primi giri, le moto erano attaccate, ad una curva la sua moto ha persoaderenza, ma Marco non l’ha voluta lasciare e ha cercato in tutti i mododi tenerla su, però è caduto e, insieme alla sua moto, ha strisciato sul-l’asfalto verso il centro della pista. Qui la tragedia: Edwards eValentino Rossi che venivano subito dietro di lui non hanno potuto evi-tarlo e l’hanno colpito al collo e alla testa… Io non volevo crederci, ilmio campione se n’era andato.

Il suo destino si è compiuto mentre era sulla moto, la sua passione.Un giovane che aveva amici, una famiglia che gli voleva bene, unaragazza che lo amava è morto per inseguire la sua passione di sempre.“Ciao Sic” si leggeva su tutti i titoli televisivi. Perché il destino ha

LA SFIDA DELLA REALTÀ

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dovuto strappare la vita a un ragazzo così giovane? Perché proprio luiche aveva ancora una carriera davanti a sé? Queste sono le domandeche mi pongo. Poi penso che lui forse è contento della breve, ma felicevita che ha vissuto. La moto era la sua passione e ha voluto fare di tuttoper restare in sella, ha dato la sua vita per la sua passione. Perché Sicnon hai lasciato la moto? Ora potresti ancora cavalcarla come faceviprima, come un campione.

Sento di essere grato a Marco Simoncelli perché mi ha fatto capi-re che nella vita bisogna inseguire i propri sogni, anche correndo deirischi. (Filippo M.)

... In quel momento fra tutti i pensieri che avevo nella testa me nerimase uno solo: non era giusto che un ragazzo morisse così. Il moto-ciclista era infatti un lottatore, uno che non mollava mai, neanche unsecondo. Pensai che se avesse lasciato la moto sarebbe scivolato sul-l’erba a bordo pista e tutto sarebbe finito lì, in una piccola caduta. Einvece no, Marco ha voluto tenere su la sua moto…

Simoncelli non era amato dalla gente solo perché era un bravo pilo-ta e vinceva, bensì perché era un ragazzo semplice, anche i meccanicidel suo team dicono che era sempre pronto alle battute, aveva una par-lata romagnola molto allegra e divertente ed era cordiale e amichevolecon tutti. Di fronte a questo fatto, che già mi ha colpito molto, mi sonorimaste impresse due cose: la prima è stata la forza con cui i genitori diSic hanno affrontato la situazione, infatti nelle interviste non hannomostrato segni di disperazione, anche se hanno ammesso che senzaMarco tutto sarebbe stato terribile. Certuni dicevano che erano proprioi genitori a rincuorare i tanti che avevano assediato Coriano. Ed è pro-prio questo l’altro elemento che mi ha colpito: il grandissimo afflusso

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di persone nel paesino romagnolo, per le quali si è dovuto allungare diqualche ora l’apertura della camera ardente, inoltre le forze dell’ordi-ne, nel giorno del funerale, hanno mandato tantissima gente al circuitodi Misano per dare l’ultimo saluto a Sic da un maxischermo perché ilpaese non riusciva a contenere tutti. (Andrea)

... Questo fatto ha sconvolto tutti, sia in Italia, sia nel mondo: tuttipiangevano la morte del Sic.

Su Facebook moltissime persone, me compreso, avevano imposta-to come immagine del profilo una foto di Simoncelli e ovunque erascritto il messaggio: “Ciao Sic”.

Ero curioso di sentire la voce dei suoi genitori e mi aspettavo chedicessero frasi fatte che si sentono ogni volta che muore un ragazzo,invece non è stato così. La fase che mi ha colpito di più è stata quelladella madre che ha detto che non sentiva di aver sbagliato nel permet-tere a Marco di correre in moto perché quello era il suo sogno e se nellavita uno non fa ciò che desidera fare, poi la vita diventa piena di rim-pianti, invece Marco di rimpianti non ne avrà. Queste parole mi sonorimaste impresse perché sono un’ulteriore spinta per me a seguire ilmio sogno…

Appena mi è arrivata la notizia della tragedia sono sorte in me duedomande: perché è morto proprio lui che era il più simpatico? Perchédoveva fare una fine così?

Io penso che non ci sia risposta alla prima, perché ogni morte di ungiovane è una tragedia, mentre sostengo che morendo così Marco èsalito sul gradino più alto del podio… Io tifavo per lui perché aveva lapossibilità di diventare l’erede di Valentino Rossi. Mi piacevano le garein cui tutto era monotono e all’improvviso a movimentare la gara eraproprio la sua moto con quel 58 rosso. Il 58 di Sic se n’è andato dallepiste, ma rimarrà sempre nei nostri cuori. (Michele)

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... Una frase in particolare mi è rimasta impressa nella mente ed èstata detta dai genitori, che, pur nel dolore, erano contenti di averaccompagnato il loro figlio nel fare la cosa che più lo soddisfaceva, chepiù amava: correre in moto, sentire il vento sfiorargli il viso, l’adrena-lina ad ogni curva e la gioia di vincere gara su gara.

Marco, in poche parole, ha suscitato in me la voglia di vivere e diinseguire i miei sogni, superando ogni ostacolo. (Alberto Renzi)

Circa un mese fa è morto il dittatore libico Gheddafi, uno dei piùspietati dittatori del mondo, che ha sfruttato il suo popolo per anni con-dannando alla povertà tanta gente e compiendo tante stragi.

Anche negli ultimi mesi di vita, di fronte alla rivolta della popola-zione ha cercato di mantenere il potere e di tenere testa alle potenzemondiali non con soldati fedeli, ma con mercenari che talvolta nonerano neppure libici.

Dopo una lunga fuga Gheddafi è stato catturato e ucciso con unproiettile alla testa da alcuni ribelli…

In Libia, dopo la notizia della morte del Colonnello, sono imme-diatamente iniziati i festeggiamenti, la gente esultava e sventolava lapropria bandiera e io mi chiedo se è giusto festeggiare per la morte diqualcuno. Gheddafi meritava di essere punito per i suoi crimini, maaveva diritto ad un processo.

Chissà se ora nel Paese africano tornerà la pace, se ci sarà un lietofine a questa vicenda?

Infine mi pongo un’ultima domanda, Gheddafi è stato sconfitto dairibelli, ma essi non sarebbero mai riusciti a compiere l’impresa senza

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l’aiuto di alcuni stati come gli Stati Uniti, la Francia e anche l’Italia.Perché questi Paesi sono intervenuti usando i loro mezzi e soldati peruna delle tante rivoluzioni che avvengono in Africa? Perché proprio afavore della Libia e non di altre situazioni più disperate? Che cos’ha laLibia di tanto speciale? E sono arrivato a una mia conclusione: quellostato è ricco di petrolio che Gheddafi aveva minacciato di smettere didistribuire al mondo o di aumentarne notevolmente il costo. La Natosarebbe quindi intervenuta per trarre vantaggi economici e non per aiu-tare un popolo in difficoltà. Questa è solo una mia ipotesi che mi augu-ro sia errata perché se così non fosse tanta altra gente nel mondo con-tinuerà a morire invano. (Diego)

L’AUTOBIOGRAFIA

Il brano autobiografico che mi è piaciuto di più fino ad ora è quel-lo di Konrad Lorenz. Mi è piaciuto in particolar modo perché raccon-ta la vita di un uomo che viene segnata nell’età infantile. Lorenz vive-va in campagna con genitori permissivi che lo lasciavano libero di gio-care a stretto contatto con la natura e gli animali. Un giorno i suoi geni-tori gli comprarono un pulcino di anatra che fu fondamentale per ilfuturo del ragazzo, infatti, anche se potrebbe sembrare impossibile, già

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così piccolo, Konrad riuscì a capire che le anatre hanno un linguaggio.Inoltre l’incontro ravvicinato con una vespa e la descrizione che glienefece suo padre lo appassionarono ancora di più al mondo animale. Fuimportante per lui anche l’acquario con i pesci che gli fece apprenderei problemi della sovrappopolazione e l’ecologia. Sua moglie la conob-be fin da piccola perché il padre della bambina era il giardiniere dellafamiglia Lorenz. Tutti questi casi fortunatissimi decisero la professio-ne futura di Konrad e la sua futura moglie. Io penso che l’autore neldefinire il suo futuro abbia messo molto del suo sfruttando al meglio lasua intelligenza, ma Dio gli ha fatto trovare tutto pronto nel giardino dicasa.

Io sto vivendo un’adolescenza simile a quella dello scrittore, infat-ti Dio, che mi ha donato un ventesimo dell’intelligenza di KonradLorenz, in compenso mi ha dotato di una discreta capacità nel giocarea calcio. Anch’io mi ritengo fortunato perché, come Lorenz che avevatutto nel suo giardino, vivo a Cesena e gioco nell’A.C.Cesena, per cuimi alleno vicino a casa, mentre i miei compagni di squadra vengonotutti i giorni ad allenarsi da lontano, alcuni anche da Bologna. In più, inquesto momento, un altro aiuto mi permette di cercare di diventare uncalciatore, la fiducia dell’allenatore. Questa è una cosa importante chesi ottiene con grande sacrificio. La persona che mi aiuta di più in asso-luto però è mio babbo, lui mi dà sempre preziosi consigli su come com-portarmi con l’allenatore e i compagni, in più, siccome si intende anchedi calcio, mi porge qualche suggerimento tecnico o tattico. Come cisono gli aiuti, nondimeno sono presenti gli ostacoli lungo il mio per-corso, ad esempio i miei compagni di squadra sono molto forti e sevoglio mantenere il posto di titolare devo mettercela tutta, inoltre unmio problema sono gli infortuni, infatti sono fragile, anche perché stocrescendo molto velocemente.

L’anno scorso mi sono rotto una gamba e tornare in forma al centoper cento non è stato affatto facile e ancora oggi a volte mi tocca di fer-marmi per una o due settimane a causa di qualche acciacco muscolare…

La mia storia è fatta di momenti di estrema gioia in cui tutti ti accla-mano e ti senti capace di realizzare il tuo sogno, ma anche di momentiin cui giochi male, non senti la stima dell’allenatore e il cammino pareessere pieno di muri che sembrano infinitamente alti da superare…Infine vorrei concludere col dire che se si vuole puntare a un obiettivodifficile da realizzare ci vuole una buona dose di fortuna che ti accom-pagni nel tuo cammino e che in generale, la strada per il successo non èmai asfaltata, essa è piena di buchi, dossi e semafori rossi. (Matteo G.)

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... Il brano di Konrad Lorenz mi ha colpito perché parla di un’in-fanzia serena, felice, senza tanti scontri coi genitori e anche perché pre-senta un “lieto fine”. Anche in me è emerso un interesse in questi anni,da quando avevo sei anni guardavo mia madre cucinare qualsiasi cosa,dalla lasagne alle insalate, e ogni volta che osservavo le sue tecniche dicucina arricchivo la mia cultura culinaria. A otto anni la mia passioneper la cucina era aumentata, in quel periodo mia madre mi insegnò acucinare i piatti più semplici come la pasta, la carne, il pesce. Un annodopo mi prestò i suoi libri di cucina. A dieci anni sapevo fare la sfogliaa mano, guardavo i programmi televisivi di cucina, come Real time emi sembrava di essere nel mio universo ideale. Anche adesso, quandoho tempo, mi piace guardare i programmi di cucina presentati da unmio grande idolo, Gordon Ramsay, uno dei più grandi chef al mondoche con i suoi ristoranti ha totalizzato il numero di 24 stelle Michelin…

In questi anni sono cresciuto e adesso sono capace di cucinare ditutto, questo è merito della mia passione, della mia volontà e di tutti gliaiuti che ho avuto, per questo sono intenzionato a frequentare l’istitutoalberghiero. Chissà se un giorno diventerò un grande chef! (Davide)

In questa prima parte dell’anno ho letto alcuni brani autobiograficie quello che mi è piaciuto di più è stato il discorso di Steve Jobs, ilcreatore della Apple, cioè l’azienda più innovativa nel mondo dei com-puter, cellulari e altra tecnologia, ai laureati dell’università di Stanfordin California, nel 2005.

Qui Steve Jobs racconta la sua storia: quando è nato avrebbe dovu-to essere adottato perché sua madre, una studentessa universitaria, nonera in grado di crescerlo. Doveva essere adottato da due avvocati per-

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ché sua madre voleva che Steve si laureasse, purtroppo i due avvocatiall’ultimo momento vollero una femminuccia e quindi Steve andò aun’altra famiglia in cui i genitori non erano laureati, ma promisero allamadre biologica che avrebbe fatto di tutto perché il figlio si laureasse.Steve frequentò un’università prestigiosa, però si accorse che quellanon era la sua strada e la lasciò, ma volle frequentare un corso di calli-grafia che lo interessò molto. Successivamente lui e il suo amico Wozfondarono la Apple nel garage di casa sua, essa pian piano divenneun’azienda con un alto fatturato e migliaia di dipendenti e il corso dicalligrafia frequentato tornò molto utile a Steve nel creare il primocomputer al mondo, il Macintosh.

Qualche anno dopo però Steve Jobs venne licenziato dalla Apple,l’azienda che lui aveva creato, ma lui, anziché abbattersi per quello chepoteva sembrare un fallimento, fondò due nuove società, la Next e laPixar che ebbero un grande successo, successivamente la Appleinglobò la Next e quindi Steve Jobs ritornò alla Apple…

Di questo brano mi hanno colpito diversi aspetti: il fatto che SteveJobs abbia lasciato l’università dato che si era accorto che quella nonera la sua strada perché fa capire che se qualcosa, pur utile, non ti cor-risponde non la devi seguire. Mi ha colpito che un’azienda nata in ungarage sia potuta diventare quello che è adesso, questo vuol dire cheSteve e Woz credevano proprio nella Apple e sono sicuro che sia stataquesta loro fiducia che ha permesso alla Apple di svilupparsi.

Un’altra cosa che mi ha colpito del brano è stato il corso di calli-grafia che Jobs ha seguito perché gli piaceva e basta, ma poi gli è ser-vito per creare il Mac. Questo per me vuol significare come ci sia undisegno nella vita di ogni persona e come ciò che si fa nel presentepossa avere un grande riscontro nel futuro, quando si sarà adulti. Anchein me in questi anni è nato un interesse particolare per la scienza. A mepiace particolarmente lo studio che stiamo affrontando adesso con laprof. Molari sul sistema solare, sulle stelle e sugli atomi, per cui vogliofare il liceo scientifico, ma sono combattuto perché tutti i miei miglio-ri amici vanno da un’altra parte e io ho la tentazione di seguire loro,però sento che non è giusto per me. Ad aiutarmi per fortuna ci sono imiei genitori che mi dicono che io devo fare ciò che mi piace e nonseguire gli altri e anche le parole di Steve Jobs, che dice che non biso-gna vivere secondo il pensiero di altre persone ma occorre avere ilcoraggio di seguire il proprio cuore e la propria intuizione, sono unincoraggiamento a seguire la mia strada. (Emanuele)

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Dopo aver letto alcune pagine del romanzo L’eleganza del riccioposso dire che sono stata molto colpita da ciò che pensa la giovane pro-tagonista. Nella prima pagina dei “Pensieri profondi” Paloma si pre-senta come una ragazzina di dodici anni eccezionalmente intelligente,ma che vuole dissimulare questa sua preziosa dote. Paloma fin dall’i-nizio del suo diario asserisce che, secondo lei, la vita è assurda e chepertanto una vittoria non vale più di un fallimento, tanto prima o poifiniamo tutti allo stesso modo. Da questo pensiero prende il titolo lapagina intitolata appunto “Sogni le stelle e nella boccia dei pesci rossifinisci” che sta a significare che sogniamo ciò che non avremo mai.

Anche io, come Paloma, a volte penso che la vita sia assurda perchédesideriamo cose che non otterremo mai, come mi capita di pensarequando litigo con le mie amiche a cui forse mi affeziono troppo facil-mente perché tanto poi finiscono per deludermi. In questi casi mi vieneda pensare che nella vita di tutti i giorni ci nascondiamo dietro a dellemaschere per fingerci leali e giusti e che la vita stessa sia assurda perchépuò essere considerata come uno spettacolo in quanto tutti sono capaci dicalarsi nella propria parte e recitarla nel migliore dei modi… (Agnese)

Poco tempo fa abbiamo letto alcune pagine del romanzo L’ele-ganza del riccio nelle quali una ragazzina di nome Paloma presenta nel

IL PARAGONE CON I ROMANZI LETTI

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suo diario i suoi pensieri profondi e le cose belle che scopre nel mondo.Paloma è cosciente di essere molto intelligente, ma pensa che la vita siainutile e priva di senso e, se è così, un successo non varrebbe più di unfallimento. Di questa ragazzina mi colpiscono molto l’intelligenza, lagrande attenzione al particolare e pure la sicurezza nelle proprie teorie.Guarda i suoi familiari come persone qualunque per poterle giudicaremeglio e quando si trova in mezzo alla gente riesce a guardare tutto conuna prospettiva esterna diversa da quella degli altri, persino nelmomento in cui dialoga con qualcuno. Paloma è una ragazzina intelli-gente, ma troppo sicura delle sue teorie negative sulla vita, non credeche possa esistere la felicità, invece c’è eccome! Secondo Paloma nonesiste nente di grande nel mondo, mentre esiste ed è la vita stessa!Penso che le sue idee siano toppo negative, tuttavia per un certo aspet-to mi rispecchio in lei... Ma alla fine si capisce di aver vissuto e di esse-re vivi e se in precedenza non si era vista la felicità, in quel momentola si vede e la si tocca. La vera felicità è scoprire di amare e di voleressere felici! (Gloria)

Un aspetto che mi ha colpito è l’incontro di Paloma con monsieurOzu dopo il quale la ragazza comincia a cambiare idea sulla vita.Questo succede perché si sente apprezzata e presa sul serio, in quantocapisce che Ozu vuole conoscere le persone fino in fondo. Il giappone-se muove il primo passo, poi è Paloma che gli apre il suo cuore e perla prima volta si mostra per com’è.

In questo episodio ritrovo alcune esperienze della mia vita che mihanno portato a mostrarmi veramente per quello che sono. Quest’estateal campo dei Cavalieri del Graal, parlavo con un responsabile e, men-tre discutevamo sull’incontro del giorno, lui mi ha provocato chieden-domi che mi mostrassi agli altri liberamente senza nascondere la miapersonalità. Ho riflettuto e da quel momento cerco di comportarmi per

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come sono e sto verificando che l’amicizia con qualcuno con cui ci sipossa esprimere liberamente è molto significativa. Solo così, con degliamici che accolgono te e non ciò che tu vuoi mostrare, si coglie larealtà. In questo modo Paloma, grazie al rapporto con Monsieur Ozu,impara uno sguardo diverso sulla vita che le permette di vedere la realtàin modo più vero.

Un’altra cosa che mi ha colpito è stata una pagina del “Diario deimovimenti del mondo” in cui la ragazza descrive gli alberi e il loro rap-porto con l’uomo. Si accorge della magnificenza delle piante e, con-frontandola con la sua vita, dice che l’essere umano è insignificanterispetto alla grandezza della natura, poi aggiunge che la vera felicità siraggiunge solo quando si gioisce di una bellezza che ci è stata data eche non ci è debitrice.

Condivido pienamente questa riflessione perché penso che la veragioia stia in tutto ciò che possiamo ammirare ringraziando chi ce l’hadonato. Grazie alla mia esperienza in parrocchia e alla mia compagniadi amici, mi accorgo di tutto ciò che la realtà è e mi rendo conto di esse-re piccolo e docile in confronto al mondo e al Mistero. (Giovanni)

Bianca come il latte rossa come il sangue

Il personaggio che mi ha colpito di più e in cui mi sono identifica-ta è stato proprio il protagonista: Leonardo, chiamato più amichevol-mente Leo. Leo è un ragazzo che frequenta la seconda liceo classico;non ama studiare ma adora passare del tempo con la sua miglioreamica, Silvia. Per Leo, Silvia è più di una migliore amica, lui la defini-sce come il suo angelo custode. Con lei può parlare liberamente di tuttosenza vergognarsi o avere paura di esprimere ciò che pensa; con lei può

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sciogliere quei mattoni che, fino a poco tempo prima, teneva rinchiusinel suo cuore. Uno dei suoi migliori amici è Niko, con il quale, invece,può compiere ogni tipo di pazzia. Ma chi Leo ama più di tutti èBeatrice. Beatrice per Leo è il paradiso, uno spazio in cui può rifugiar-si quando vuole, è tranquillità, pace. Leo è innamorato di Beatrice, èinnamorato dei suoi capelli rossi come il sangue, della sua pelle palli-da, bianca come il latte, dei suoi occhi color smeraldo come il mare.Proprio quando i due si stanno per conoscere a fondo, la ragazza muoredi leucemia, una malattia difficilmente curabile. La morte oltre a por-tarsi via Beatrice, il piccolo grande amore del protagonista, porta consé anche una parte del ragazzo stesso, ma contemporaneamente ne fauscire in superficie il suo lato più puro. Io mi sono immedesimata in luiperché anch’io sono una ragazza molto caparbia e determinata, a cuipiace oltrepassare l’apparenza nelle cose e lottare per ciò che ama, perciò in cui crede. Come Leo ha lottato per Beatrice, alimentando la suaforza con l’amore che provava per lei, cosi credo che ognuno di noidebba fare per raggiungere il proprio scopo. (Ilaria)

A me il romanzo letto è piaciuto molto. Inizialmente mi è apparsoun libro insignificante che ruotava intorno ad un sogno quasi irrealiz-zabile, che si può definire con una sola parola: Beatrice. Poi invece,concludendolo, mi sono resa conto di quanto ogni parola non fossemessa lì per caso, ma fosse ricercata e colma di magia, tanto da farmistare a riflettere per ore sul vero senso della vita. Dai miei ragionamentiho compreso che la vita è una sola e non si può cambiare come un cel-lulare vecchio, non se ne può avere un’altra solo perché questa non tipiace, la nostra vita è la cosa più preziosa che Dio ci ha donato. A volteessa ci riserva momenti di gioia, di allegria, altri invece di litigi, di soli-tudine, di rabbia, ma siamo noi a dover saper viverne ogni ora, ogni

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minuto, ogni secondo, ogni esperienza ed ogni disavventura come sefosse l’ultima. Mi sono resa conto, come ci viene anche detto nel libro,che “l’amore non esiste per renderci felici, ma per dimostrarci quantosia forte la nostra capacità di sopportare il dolore”, a volte in genitoried insegnanti che avevo considerato come persone invadenti ed inutiliho riscoperto un animo amico che non farebbe mai qualcosa per nuo-cermi o per farmi soffrire consapevolmente e talvolta sono stati proprioalcuni di loro a farmi capire meglio la grandezza della mia esistenza.

(Ilaria)

Grazie a personaggi come Gandalf, il Sognatore, Silvia e Beatrice,Leo, il protagonista, cambia: diventa più attento a “guardare fra lerighe”, a riflettere su ciò che gli capita, non se lo lascia passare sotto ilnaso facendo finta di non aver visto nulla. Èstato bellissimo sentirsiraccontare una vita che, per una volta, non è diversa dalla nostra.Spesso si sente parlare della strepitosa vita di persone famose, ricche,di successo, e mai di una persona “qualunque” che durante il suo cam-mino ha scoperto qualcosa di bello e di raggiungibile, perché se lui haraggiunto quella bella cosa, allora anche io, che sono una personacomune, come lui, posso arrivarvi. Grazie al linguaggio diretto, allaverità, alla semplicità e alla concretezza delle parole messe sulla boccadi Leo sono riuscito a capire molte cose. Un altro aspetto è quello dellerisposte: Leo dà delle risposte. La sua ricerca assidua dell’amore, dellafelicità, del significato di ciò che gli accade lo porta a trovare rispostaai mille dubbi che ha in testa e quelle risposte sono qualcosa di cui faretesoro per la propria ricerca… (Giovanni)

Una pagina colma di significato è la 158, poiché mi ha colpitomolto come Leo, in quel foglio, in quelle poche righe sia riuscito adesprimere il suo amore e allo stesso tempo il suo dolore per la mortepurtroppo imminente di Beatrice. La frase che mi ha colpito di più diquella pagina è stata: “ed io resto senza sogni”, per Leo Beatrice eratutto, senza Beatrice lui sarebbe rimasto senza sogni, senza speranzeperché l’unica cosa che voleva era lei. A seguire ci sono due frasi perme splendide: “Ecco il segreto della felicità: essere se stessi e basta.Fare quello che si è chiamati ad essere. Vorrei la forza di quell’albero,ruvido e duro all’esterno, vivo e tenero dentro, dove scorre la linfa.Silvia è la linfa del mio coraggio, nascosta ma viva, mi dà la forza persuperare i miei limiti”. Molti sono alla ricerca della felicità e credonodi trovarla nelle cose materiali, come i soldi, i vestiti firmati, poi siaccorgono che la felicità si trova non nell’avere o nell’essere come vor-

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rebbero gli altri, ma solo nella semplicità del nostro io, e spesso ilcoraggio per ammettere questa cosa ce lo danno gli amici che ti accet-tano per come sei, perché “non bisogna avere paura delle parole o dinoi stessi. Le cose bisogna chiamarle con il loro nome senza paura,anche se essa fa parte di noi stessi”. (Ilaria)

La frase che mi ha più colpito e che certo non dimenticherò è quel-la che il padre dice a Leo quando scopre che ha fatto buco. Pur punen-dolo, non lo rimprovera aspramente come mi sarei aspettato, ma gliracconta la sua esperienza di studente, quando anche lui marinò lascuola. Addirittura afferma che quel giorno capì una cosa importantis-sima che aveva cambiato la sua vita, cioè che “ciò che conta… non èavere una nave, ma un posto dove andare, un porto, un sogno che valgatutta quell’acqua da attraversare”. Io mi sarei aspettato una scenata,invece il padre mi ha sorpreso perché dà a suo figlio una grande lezio-ne di vita e gli fa capire come anche da un errore possa nascere unacosa positiva. (Agostino)

La parte del romanzo che in assoluto mi è piaciuta di più e che nonvorrei mai dimenticare sono le ultime righe di pagina 191 quando Leova a trovare Beatrice e mentre ballano pensa “capisco che io ho tuttoquello che lei sta perdendo: i capelli, il ballo, la scuola, l’amicizia, lafamiglia, l’amore, le speranze, il futuro, la vita... ma io di tutte questecose non so cosa ne sto facendo”. Queste parole mi hanno colpito mol-tissimo perché mi sono accorto che noi, perlomeno io, ci lamentiamodi ciò che abbiamo perché ci sembra poco, perché crediamo che siatutto scontato e tutto dovuto e non ci accorgiamo di quanto abbiamo,ma ce ne rendiamo conto solo quando lo perdiamo o vediamo che glialtri non l’hanno. Queste righe mi hanno insegnato che nella vita dob-biamo usare al massimo tutto ciò che ci è stato donato e non sprecarlo.

(Emanuele)

La pagina che non vorrei dimenticare e che vorrei stampare nellamia mente è la 198, dove il protagonista parla del proprio padre comedi un maestro di vita che gli fa capire quanto ogni essere umano, in que-sto caso un giovane, così piccolo se paragonato all’universo, abbia den-tro una grandezza e una bellezza tali da essere paragonato a una stella.Quindi non voglio dimenticarmi mai di essere non uno qualunque, mauna persona speciale. Le due frasi in particolare che non vorrei maiscordare sono: “Il cielo è come il mare, è profondo, riesci quasi a per-cepire le distanze tra le stelle e hai paura della tua piccolezza. E quel-

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la profondità piena di paure la riempirai di storie...” e “Le personesono un po’ simili alle stelle: magari brillano lontane, ma brillano ehanno sempre qualcosa di interessante da raccontare… però ci vuoletempo, a volte tanto tempo, perché le storie arrivino al nostro cuore,come la luce agli occhi”. (Alberto R)

“Devo trovare ciò che mi sta a cuore”. Forse questa è la frase cherappresenta a grandi linee l’adolescenza. Durante la giovinezza dobbia-mo trovare il nostro sogno e realizzarlo rendendolo un progetto. Lo dob-biamo inseguire senza aver paura di quello che potrebbero pensare glialtri… Non si dovrebbe dare peso a ciò che pensano le altre persone, mapurtroppo quando si è ragazzi è difficile non pensare al giudizio dellamassa, così spesso si finisce per fare quello che non ci piace. (Paolo)

In questo romanzo ci sono state molte frasi che mi hanno lasciatostupito per la loro verità e per la loro bellezza, ma le parole che in asso-luto mi hanno colpito di più sono le seguenti: “I sogni veri si costrui-scono con gli ostacoli. Altrimenti non si trasformano in progetti, marimangono solo sogni. La differenza fra un sogno e un progetto è pro-prio questa. I sogni non sono già, si rivelano a poco a poco, magari inmodo diverso da come li avevamo sognati”. Ho riletto questa frasetante volte e spero di non scordarmela mai perché ci insegna che non cisi deve mai scoraggiare, anche se si vive un momento difficile; bisognasempre andare avanti e realizzare i propri sogni trasformandoli in verie propri progetti. Mi ha stupito anche la differenza fra sogni e progetti.I desideri non si compiono da soli, anche noi ci dobbiamo impegnareper far sì che si realizzino. (Diego F.)

“Leo, amare è un verbo, non un sostantivo. Non è una cosa stabi-lita una volta per tutte, ma si evolve, cresce, sale, scende, si inabissa,come i fiumi nascosti nel cuore della terra, che però non interromponomai la loro corsa verso il mare. A volte lasciano la terra secca, masotto, nelle cavità oscure, scorrono, poi a volte risalgono e sgorgano,fecondando tutto. Due sono le categorie di persone che ci feriscono,Leo, quelli che ci odiano e quelli che ci amano... Quando c’è di mezzol’amore le persone a volte si comportano in modo stupido. Magari sba-gliano strada, ma comunque ci stanno provando... Ti devi preoccuparequando chi ti ama non ti ferisce più, perché vuol dire che ha smesso diprovarci o che tu hai smesso di tenerci...”. Queste meravigliose frasifanno parte di un discorso tra Leo e la madre, in cui il ragazzo chiedealla madre come si faccia ad amare quando chi si ama ci ha procurato

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una delusione, riferendosi a Silvia. Queste parole mi sono particolar-mente piaciute perché contengono alcune domande che molti adole-scenti si pongono e che qui ricevono risposte vere e ben comprensibi-li. La madre di Leo, con la similitudine tra l’amore e il fiume, che haun percorso vario e pieno di ostacoli, che si nasconde e ricompare insuperficie poichè non ha mai smesso di scorrere, mi fa comprendereche quando un sentimento è puro e sincero non può finire a causa diuna semplice debolezza, ma se avviene il perdono, ricompare piùpotente dopo le tenebre della rabbia. (Agnese)

La frase che non vorrei mai dimenticare è: “Sono nato il primogiorno di scuola”, cresciuto e invecchiato in soli duecento giorni”. Èuna frase che in un certo modo accomuna me e il protagonista, infattianch’io ogni anno scolastico è come se rinascessi e invecchiassi, per-ché ci sono sempre tante cose nuove da imparare e tante esperienze davivere a scuola. (Alberto F.)

“Il mondo intorno a noi”

Laboratorio di Geografia

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All’interno della programmazione disciplinare di Geografia per laclasse 1ª A è stato inserito un piccolo progetto di studio della popola-zione, attraverso la produzione e la somministrazione di un’intervistaad alcuni stranieri residenti a Cesena.

Dopo aver studiato in classe i caratteri e gli elementi distintivi diuna popolazione (lingua, cultura, tradizioni, religione…) i ragazzi sisono divertiti ad abbozzare tante domande, che hanno successivamen-te sottoposto ad uno straniero di loro conoscenza.

Quest’anno, in Geografia, abbiamo svolto un progetto sulla popo-lazione. Abbiamo studiato che ogni popolo si caratterizza per lingue,tradizioni, cibi, modi di vestire, composizione per età, ecc.

Per capire meglio ciò, abbiamo deciso di svolgere un lavoro istrut-tivo: abbiamo imparato a realizzare un’intervista, da sottoporre a immi-grati di nostra conoscenza. Abbiamo formulato tante domande in clas-se e poi, come compito a casa, ognuno di noi ha dovuto intervistare unimmigrato che conosceva. Nelle lezioni successive, il professore haritirato le nostre interviste e le abbiamo lette e commentate in classe.

(Claudia, Lucia)

CLASSE PRIMA

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Abbiamo scoperto che a Cesena abitano persone che provengonoda tutto il Mondo e che sono venute qua per tanti motivi. Ecco il«mondo intorno a noi», ragazzi di 1ª A: Marocco (2), Ucraina (2),Romania (2), Polonia (2), Albania (2), Moldavia (1), Bielorussia (1),Serbia (1), Nigeria (1), Kenya (1), Perù (1), Brasile (1), Stati Uniti (1).Questi sono stralci delle nostre interviste. (Luisa)

– Perché sei venuto/a in Italia?“Da piccola ho perso tutti e due i genitori e questa famiglia mi ha

offerto una nuova vita piena d’amore e d’affetto” (I., 20 anni,Bielorussia)

“Sono venuto per motivi di lavoro” (D., 33 anni, Albania)

– Che lavoro fai a Cesena?“Faccio l’operaio specializzato” (N., 50 anni, Marocco)“Faccio la badante” (E., 56 anni, Polonia)

– Che lavoro facevi nel tuo paese?“Ero disoccupata” (D., 40 anni, Marocco)

“Studiavo all’università. Ero al secondo anno, ma ho dovuto abban-donare gli studi perché i miei genitori non hanno più potuto pagare. Houn diploma di contabile” (N., 27 anni, Nigeria)

– Ti manca il tuo paese?“Moltissimo, soprattutto la mia famiglia” (A., 30 anni, Polonia)“Ho nostalgia dei miei familiari, perché ero molto legata a loro”

(Y., 47 anni, Brasile)

– Come ti aspettavi l’Italia?“Me la aspettavo divertente” (B., 25 anni, Serbia)“Me la aspettavo bella” (G., 46 anni, Ucraina)

– È come te la aspettavi?“Me l’aspettavo un po’ diversa” (M., 45 anni, Albania)“Sì” (P., 26 anni, Romania)

– Di che religione sei?“Ortodossa” (V., 50 anni, Moldavia)“Cattolica” (I., 27 anni, Kenia)

– Mi dici alcune parole nella tua lingua?“In spagnolo amico si dice amigo, ciao si dice hola, fratello si dice

hermano” (C., 26 anni, Perù)

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“In rumeno ciao si dice salut, come stai? si dice ce faci?, come tichiami? si dice cum te cheama?” (M., 30 anni, Romania)

– Qual è il piatto tipico del tuo paese?“Hamburger e patatine. Il modo migliore per mangiarli è cuocerli

all’istante e questo procedimento si chiama cookout” (M., 47 anni,USA)

“Borsch ucraina, una zuppa rossa a base di pomodoro” (M., 38anni, Ucraina)

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TRIESTE: città di confine dalle molte anime…al centro dell’Europa

Gita conclusiva del triennio di studi delle classi 3ª A e 3ª B(10-11 maggio 2012)

La città di Trieste si presta in modo sorprendente ad una gita per laterza media. Per questo motivo, gli insegnanti hanno deciso di organiz-zare proprio in questa affascinante città dalle molte anime un viaggiodi due giorni con i loro studenti di 3ª A e 3ª B.

Trieste, è appartenuta per alcuni secoli all’Impero austro-ungaricodegli Asburgo fino al termine della Prima Guerra Mondiale quando,con la firma del Trattato di Rapallo del novembre 1920, è passata defi-nitivamente all’Italia. Con l’avvento del nazismo in Germania e delfascismo in Italia, però, l’intera regione friulana venne di fatto trasfor-mata in territorio controllato dal Reich di Hitler e dal settembre del1943 fu trasformata dai tedeschi in una strategica zona di operazioni diguerra, l’OZAK (Operationszone Adriatisches Küstenland): durantel’occupazione nazista la Risiera di San Sabba venne destinata a campodi prigionia e di smistamento per i deportati in Germania e Polonia. Inseguito all’insurrezione dei partigiani italiani (aiutati dagli Alleati) ejugoslavi (sostenuti dall’URSS), Trieste fu liberata.

Nel 1947, sotto l’egida dell’ONU, Trieste fu proclamata “Territoriolibero di Trieste” (TLT).

La nostra gita incomincia con la visita del Castello di Miramare.

CLASSI TERZE

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Il Castello di Miramare, chiamato così per la sua posizione, fu pro-gettato dall’architetto viennese Carl Junker tra il 1856 ed il 1860 pervolere di Massimiliano d’Asburgo, arciduca d’Austria e imperatore delMessico, per farne la propria dimora da condividere con la moglieCarlotta del Belgio.

All’ingresso accoglie la nostra guida, Bruno, un arzillo signore di86 anni che, nonostante l’età, è il più svelto, lucido e attivo di tutti!

La guida racconta ai ragazzi la storia del Castello

Con lui visitiamo il palazzo, arredato e decorato come se fosse l’in-terno di una nave, con tantissime finestre che da ogni parte affaccianosul mare, più precisamente sul Golfo di Trieste. Ci incamminiamo poinel parco, un’area di circa 22 ettari con una grande varietà di piante,molte delle quali scelte dallo stesso arciduca durante i suoi viaggi attor-no al mondo. Successivamente, quando Trieste passò all’Italia,Miramare divenne la residenza del Duca Amedeo d’Aosta dei Savoia,che vi abitò per circa sette anni.

Dopo un pranzo al sacco consumato nel parco, accompagnati dallaguida andiamo a visitare la Risiera di San Sabba, una fabbrica del risotrasformata dai nazisti in un campo di concentramento, dove le autoritàtedesche compirono uccisioni, in un primo momento con il gas deimotori a diesel degli autocarri, in seguito per fucilazione o con un colpodi mazza alla nuca.

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Oggi la risiera è un museo e abbiamo potuto visitare:– la “cella della morte” dove venivano rinchiusi i prigionieri o le

persone catturate nei “rastrellamenti”, destinati ad essere uccisi nelgiro di poche ore;

– 17 celle, riservate particolarmente a Sloveni, Croati, partigiani,politici ed ebrei, destinati all’esecuzione;

– un edificio di quattro piani, dove venivano rinchiusi gli ebrei e iprigionieri civili e militari destinati per lo più alla deportazione neicampi di Dachau, Auschwitz, Mauthausen;

– il forno crematorio.

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Lapide con incisa una poesia in memoria

L’emozione dei ragazzi è forte. A molti vengono i brividi nel vede-re le piccolissime celle in cui erano rinchiuse fino a sei persone, che dilì a poco sarebbero state cremate. Nel piccolo museo della Risiera laguida ci racconta storie di uomini e di donne, con precisione di parti-colari e con molta commozione… anche perché lui, all’epoca, era unragazzino di 16 anni!

Le celle dei prigionieri Lo spiazzo su cui sorgeva il fornocrematorio

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Dopo questa vi-sita toccante, ci spo-stiamo verso il cen-tro di Trieste, preci-samente nel quartie-re/colle di San Giu-sto. Là sorge unachiesa davvero parti-colare… con una sto-ria anch’essa insoli-ta: tra gli anni 1302 e1320 il vescovo, Ro-

berto Pedrazzani da Robecco, per provvedere la città di una cattedraleimponente, decise di unire due preesistenti chiese, quella di SantaMaria e quella dedicata al martire san Giusto.

Teca che conservale lettere dei detenuti

Teca che mostrala divisa di un detenuto

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Ci viene ancora ripetuto che Trieste è la città dalle molte anime edalla tante culture. Proseguendo a piedi per le vie del centro storico,riusciamo a comprenderlo meglio: ci imbattiamo infatti in una svariataserie di chiese, una luterana, una slavo-ortodossa… mentre il giornodopo, non riuscendo a visitare la sinagoga che apre al pubblico solo inoccasioni particolari, entreremo in una chiesa greco-ortodossa.

La chiesa luterana e la chiesa slavo-ortodossa di San Spiridone

La chiesa greco-ortodossa di San Nicolò

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La sera ceniamo in hotel e, dopo cena, andiamo nella bellissimaPiazza Unità, che dà direttamente sull’acqua. Giochiamo a “fazzoletto”e a “pugno”, destando la sorpresa di molti passanti, felici di vederealunni e insegnanti divertirsi insieme. La scena più esilarante, poi, èquando la prof. Molari, con i tacchi, batte alla corsa il prof. Pistocchi!

Ritorniamo in hotel. Il “coprifuoco” incomincia a mezzanotte. Iprof. fanno la ronda notturna (soprattutto le prof. Golinucci e Molari).Poi… la notte scorre tutto sommato “bene”.

Il giorno seguente ci immergiamo nella Trieste della cultura, patria“letteraria” di alcuni grandi scrittori come Umberto Saba, Italo Svevoe James Joyce.

Entrando nella bellissima Libreria Antiquaria dove Saba lavorò permolti anni, veniamo accolti dall’attuale proprietario, figlio del collegadi lavoro di Saba, che ci racconta alcuni aneddoti circa la vita delloscrittore e ci mostra alcuni libri antichi… ma per le nostre tasche costa-no un po’ troppo.

Una volta usciti, la prof. Golinucci legge la poesia Trieste, chie-dendo ai ragazzi di verificare e scoprire con i loro occhi quello cheSaba ha pensato, descritto e raccontato riguardo alla sua città, “che inogni parte è viva, ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita pensosa eschiva”… ed è proprio vero: Trieste è una città per tutti, varia, dove cisi può immergere nella confusione, ma dove ci si può anche mettere indisparte a riflettere.

Piazza Unità

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Ci spingiamo poi a piedi fino alla famosa Pasticceria Pirona, fon-data nel 1900 in piena Bélle époque: in stile liberty, fu meta dellanobiltà e della borghesia triestine. La frequentavano letterati e scrittori,fra cui Umberto Saba, Italo Svevo e James Joyce: questi ultimi, fra unpasticcino e un caffè, incominciarono a elaborare proprio qua le loroopere più famose, e cioè l’Ulisse (Joyce), e La coscienza di Zeno(Svevo). Dal 1991, la Pasticceria è uno dei Locali Storici d’Italia.

Itinerario letterario. I luoghi di Saba e Joyce

Ingresso della Libreria Interno della Libreria

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La proprietaria della pasticceria, mamma di una ragazza che si èlaureata a Bologna con il prof. Pistocchi, ci fa lo sconto su tutto quelloche prendiamo… così, ci rifocilliamo, come se non mangiassimo dagiorni!

Dopo questo momento di relax, lasciamo Trieste, per dirigerci inpullman al Sacrario Redipuglia.

Vecchia bilancia della pasticceria

Le golosone...(i golosoni

si sono nascosti)

Ragazzi e prof. ai piedi del Sacrario Redipuglia

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Il Sacrario, fatto costruire da Benito Mussolini nel 1938, custodiscele salme di 100.000 caduti della Grande Guerra (40.000 sono i soldaticon identità, mentre ben 60.000 sono i “militi ignoti”).

Il gestore del ristorante presso cui pranziamo ci fa da guida e ci spie-ga la storia del Sacrario; poi ci fa anche vedere un filmato storico, chetestimonia la sofferenza e la distruzione ha provocato la Prima GuerraMondiale. Continuiamo la visita insinuandoci dentro una trincea: è inte-ressante vedere con i propri occhi quello che si studia in classe sui libri!

Alcuni ragazzi schierati in trincea

Usciti dalla trincea, iniziamo a salire i gradoni del Sacrario, aiutan-do qualcuno di noi a trovare la lapide con inciso il nome di un parentemorto durante la Prima Guerra Mondiale e qui seppellito. Siamo tuttifelici quando Riccardo Pacioni la trova!

Riccardo Pacioniindica la lapidedel bisnonno

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Così, chi prima chi dopo, arriviamo tutti fino alla cima del Sacrario.È stato faticoso, ma decidiamo di dedicare la nostra fatica proprio perrendere omaggio ai tanti giovani ragazzi che quasi un secolo fa hannodato la propria vita per difendere un ideale importante e nobile in cuicredevano. Sono giovani il cui ricordo non verrà mai meno, anche per-ché sui gradini del Sacrario è scritto a caratteri cubitali “PRESENTE”:all’appello sono presenti tutti, non importa se vivi o morti!

I ragazzi si riposano sull’ultimo gradone del Sacrario

Dopo aver recitato una preghiera ripartiamo per Cesena.

“Osservare e misurarela realtà”

Laboratori di Matematica e Scienze

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Anche quest’anno i ragazzi della scuola media hanno parecipatoalle gare matematiche promosse da Kangourou Italia e, nella giornatadel 15 marzo, nei locali dell’istituto, si sono disputate le selezioninazionali.

GIOCHI MATEMATICI DEL KANGOUROU!

MATEMATICA PIÙ PIACEVOLECON LAGARA DEL KANGOUROUUna competizione utile e stimolante per gli alunni

Il Kangourou è un appassionante concorso rivolto agli studenti chesi vogliono mettere alla prova in una delle materie scolastiche tra le piùcomplesse: la matematica. Questa importante iniziativa è stata ideata inAustralia nel 1978 da Peter O’Halloran, professore all’Università diCamberra. L’obiettivo del Kangourou? Direi arguto: accrescere negliallievi la passione e il piacere della matematica.

La competizione australiana è divisa in tre livelli d’età (13-14, 15-16,17-18) e ogni anno vi partecipano oltre 500.000 studenti, in un paese disoli 14 milioni di abitanti. In Italia, invece, la gara è divisa nei livelliEcolier, Benjamin, Cadet, Junior e infine Student.

La prova comprende 30 problemi a scelta multipla suddivisi in tregruppi di 10 domande, in ordine di crescente difficoltà. Si è disputataanche quest’anno a marzo, lo stesso giorno e alla stessa ora in tutto ilmondo, proprio per sottolineare che si tratta di una competizione uni-versale e ad essa ha preso parte anche la nostra scuola del Sacro Cuore.

Kangourou si prefigge, dunque, la diffusione della cultura matema-tica: ai concorrenti vengono distribuiti una rivista e alcuni libri di gio-

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chi, di cultura e di divulgazione matematica. L’Associazione promuo-ve scambi tra i Paesi, come ad esempio soggiorni estivi assegnati aivincitori del concorso.

In Italia, chi ha superato la prima selezione è andato a parteciparead una successiva gara a Mirabilandia (località n provincia di Ravenna)e, fra i calcoli e i problemi, ha avuto la possibilità di divertirsi e rilas-sarsi con le attrazioni messe a disposizione dal parco-divertimenti tantoamato dai ragazzi. (Chiara Alessandrini)

TRE NOSTRI STUDENTI SONO TRA I PRIMI 100

Kangourou: tutt’altro che un can-guro, bensì una gara matematica!Èquesto il motivo di tanto impegnoda parte dei ragazzi della scuolamedia Sacro Cuore.

Le nostre classi hanno partecipa-to per il secondo anno consecutivo aquesta iniziativa, a cui abbiamo affi-dato speranze e sfide con noi stessi.

La professoressa di Matematicaci ha accompagnati durante la prepa-

razione grazie a incontri pomeridiani in cui ci siamo esercitati sui que-siti di logica tratti dalle scorse prove del Kangorou - categoria Cadet, illivello per le terze medie e il biennio superiore.

La preparazione è stata difficile e dura, però l’impegno e la capar-bietà di ognuno di noi e la passione della professoressa ci hanno per-messo di affrontare non solo questa sfida a livello nazionale, ma soprat-tutto una sfida interiore, per misurare le nostre capacità. Delle nostreclassi hanno partecipato la maggioranza dei ragazzi, poiché ci ha unitola passione per la matematica e la voglia di scoprire un po’ di noi stessi.

Dopo tanta attesa, la prova è arrivata. Si è svolta il 15 marzo scor-so nelle aule del nostro istituto. È stata molto ardua, ma ognuno di noiha dato il massimo e ha sperimentato un nuovo modo di studiaree apprendere la matematica. I risultati tanto attesi sono arrivati dopoun mese circa, e ci hanno pienamente soddisfatto, anche perché tre dinoi sono arrivati tra i primi 100 tra i 13.000 partecipanti! AddiritturaFilippo Manuzzi si è classificato 18° e nei giorni 5, 6 e 7 maggio hapartecipato alla finale nazionale a Mirabilandia.

L’esperienza è stata per tutti un motivo di crescita interiore e cultu-rale: abbiamo approfondito aspetti interessanti della logica matematica

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e abbiamo sfidato noi stessi a misurare l’impegno, la costanza e la forzacon cui possiamo affrontare un obbiettivo e raggiungere dei risultati.

(Aurora Arbizzani, Leone Cicognani, Diego Forlivesi)

(Articoli tratti da «il Resto del Carlino», ed. Cesena, concorso“Cronisti in classe”, 17/05/2012).

Nella foto i partecipanti del livello Cadet

I primi classificati livello Cadet

1° Manuzzi Filippo 118° nazionale(AMMESSO alla finale)

2° Forlivesi Diego 159° nazionale3° Zanotti Luca 172° nazionale4° Zanotti Giovanni 118° nazionale5° Dulja Giulio 252° nazionale

I primi cinque classificati: Giovanni Zanotti, Filippo Manuzzi,Luca Zanotti, Diego Forlivesi, Giulio Dulja.

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LA FINALE DI MIRABILANDIA

Il racconto di Filippo Manuzzi

Alla pubblicazione dei risultati delle gare matematiche delKangourou, con mia grandissima sorpresa, ho scoperto di essermi clas-sificato diciottesimo e quindi, di fatto, di essermi qualificato alle finali diMirabilandia. Il 6 maggio, arrivato all’hotel “Lungomare” di Cervia, hofatto conoscenza con alcuni concorrenti ammessi anch’essi alle finali.Come primo impatto sono rimasto molto sorpreso perché li vedevo tuttimolto più studiosi di me e, oltretutto, la maggior parte di loro aveva par-tecipato alle fasi finali di questi giochi matematici anche negli anni pre-cedenti. Nonostante tutto sono riuscito comunque a fare nuove amicizieimparando anche nuove teorie matematiche. Il 7 maggio, giorno in cui siè svolta la gara, dopo essere entrati a Mirabilandia, siamo stati condottiin una grande sala vetrata nella quale avremmo dovuto svolgere la prova.Una volta risolti i quesiti avevo avuto la sensazione di averli svolti abba-stanza bene, ma sapevo che le mie risposte, anche se per me ben artico-late, non potevano eguagliare l’esperienza di chi partecipava già dadiversi anni. Per distogliere la tensione della gara il pomeriggio mi sonodivertito con i miei accompagnatori, a provare qualche attrazione delparco divertimenti. L’8 maggio sono usciti i risultati delle finali ed io misono classificato trentunesimo con un totale di venti punti. Sono soddi-sfatto del mio percorso svolto attraverso la matematica, ma non per ilrisultato ottenuto, quanto per aver vissuto al meglio questa emozionanteesperienza che nel divertimento mi ha insegnato molte cose importanti.

Nella foto: a sinistra Filippo durante la preparazione, adestra a Mirabilandia.

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In occasione dell’open day i ragazzi della scuola media dell’areascientifica hanno allestito l’aula di matematica – Matematica e Realtà –organizzando un viaggio attraverso i numeri e le forme dell’armonia edella bellezza. L’obiettivo era insito nel tentativo di mostrare come equanto la matematica sia presente nella Natura - dalle cellette esagona-li dei favi di alveare, alle conchiglie del Nautilus, ai fiocchi di neve,fino alle strutture architettoniche che si sviluppano nelle città.

L’OPEN DAY: MATEMATICA E REALTÀ

Nella foto: Laura, Filippo, Luca, Diego, Giulio, Riccardo.

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I FRATTALI DI MANDELBROT

Fiocchi di neve di Mandelbrot

Il frattale è un elemento geometrico che ripete la sua struttura, sem-pre allo stesso modo, su scale diverse.

La natura produce molte forme frattali, basti pensare al più classi-co Fiocco di neve.

Partendo da un semplice pentagono regolare,si può ottenere, sot-traendo dal centro di ciascuno dei suoi lati un triangolo isoscele, unafigura particolarmente elegante ingrandendo la quale, in qualunque suaparte, si ritrova sempre lo stesso elemento.

Oggetti di questo tipo furono introdotti e studiati nel 1975 daMandelbrot nell’ambito della matematica del “caos e complessità”. Sitratta di oggetti affascinanti e misteriosi, strettamente connessi con altridue temi trattati nel corso dell’openday: i numeri di Fibonacci e lasezione aurea.

I NUMERI DI FIBONACCI

Nel 1223 a Pisa, l’imperatore Federico II di Svevia, organizzò unsingolare torneo tra matematici. Il test era il seguente: “Se una coppiadi conigli rimane isolata, quanti conigli nasceranno nel corso di unanno, ammesso che ogni mese una coppia di conigli ne produca un’al-tra coppia e che i conigli incomincino a partorire due mesi dopo la pro-pria nascita?”.

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Leonardo Pisano, in arte Fibonacci, figlio di un borghese commer-ciante, vinse la gara. Diede al test una risposta così rapida da far sospet-tare che il torneo fosse truccato. Alla fine del primo mese alla primacoppia se ne aggiunge una nuova, appena generata; alla fine del secon-do mese se ne aggiunge una terza, ma ci sono due coppie in più, per-ché anche la seconda coppia ha cominciato a generare, portando ilconto a 5 coppie, e così via. Il ragionamento prosegue generando lafamosissima successione di Fibonacci in cui ogni nuovo numero è lasomma dei due che lo precedono.

Nella foto: Luca Zanotti presenta i numeri di Fibonacci

Intorno al 1600, lavorando su questa successione, GiovanniKeplero notò che il rapporto fra ciascun numero della successione ed ilsuo precedente è un valore che sempre pù si avvicina a 1,618, il cosid-detto numero aureo.

SEZIONE AUREA

Il numero aureo 1,618... è un numero decimale con infinite cifredopo la virgola. Esso era noto come il numero aureo che gli antichigreci chiamavano proporzione divina.

Servendosi di riga e compasso, i geometri greci erano in grado dipartizionare qualsiasi segmento in due parti, in modo tale che dividen-do la prima per la seconda si ottenesse il numero 1,618.

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Tale rapporto è stato considerato, sin dalla sua scoperta, come rap-presentazione della legge universale dell’armonia e, a partire dalRinascimento, acquista il crisma della bellezza estetica. La perfezioneespressa da questa divina proporzione riecheggia un po’ in tutto l’uni-verso, anche il nostro corpo la rispetta. Lo stesso accade per moltestrutture architettoniche, prima fra tutte la Piramide di Cheope.

Nella foto: a sinistra Filippo Manuzzi presenta la Sezione Aurea.

Nella foto Agnese Mazzotti e Francesca Rossi

Il viaggio intrapreso dai nostri ragazzi attraverso le forme dell’ar-monia e della bellezza si conclude con la ricerca di un possibile lega-me tra frattali, numeri di Fibonacci e sezione aurea.

Bene, se i frattali sono ripetizioni dello stesso elemento su diversascala di riduzione, si può provare che la riduzione migliore al fine diriempire al massimo tutto lo spazio a nostra disposizione, è proprio1/1,618, ovvero il reciproco del numero aureo.

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OSSERVAZIONE DELLE CELLULE ALMICROSCOPIO

Classi II A e II B

VISITAAL LABORATORIO DI BIOLOGIADELL’ISTITUTO TECNICO AGRARIO

Martedì 13 dicembre, io e la mia classe II B con le professoressedi Scienze e di Matematica ci siamo recati all’Istituto Tecnico Agrariodi Cesena per un approfondimento e un ripasso sull’argomento “la cel-lula”. Abbiamo avuto l’opportunità di usufruire del laboratorio dellascuola, degli strumenti scientifici e delle spiegazioni di due professori.Nel laboratorio di Scienze, ognuno di noi aveva un microscopio con cuipoter fare e seguire gli esperimenti che si basavano sull’osservazionedi una cellula vegetale e di una animale. (Edoardo Alessandri, II B)

… La mia classe II A è andata a visitare il laboratorio scientificodell’Istituto di Agraria per guardare attraverso i microscopi la cellula eintrodurre così il corpo umano. (Giacomo Chierici, II A)

È stata un’esperienza molto bella e interessante quella di passarequesta prima mattinata scolastica nel laboratorio di Scienze della scuo-la di Agraria. Siamo entrati in una sala con 26 microscopi: non neavevo mai visto uno ed ero molto curiosa di provarlo per la prima volta.

(Carlotta Gasperoni, II A)

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Ci è stato mostrato il microscopio ottico, che è uno strumento checonsente di ingrandire oggetti di piccole dimensioni per permetternel’osservazione diretta. (Giulia Zanoli, II A)

… È un particolare strumento che si usa per esaminare sostanze opreparati nei dettagli; questi oggetti sono troppo piccoli per poter esse-re visti ad occhio nudo, perciò le lenti consecutive del microscopio liingrandiscono. (Francesco Ruscelli, II B)

Con il microscopio possiamo osservare oggetti molto piccoli e sot-tili, che con i nostri occhi non potremmo mai vedere: cellule e batteri.

(Vera Mancuso, II B)

La cellula è il più piccolo essere vivente esistente. Essa è visibilesolo al microscopio e può essere di due tipi: vegetale e animale. Questehanno caratteristiche diverse, poiché appartengono a esseri appartenen-ti a regni diversi. Ne abbiamo esaminato le differenze.

(Anna Rebecca Ceccarelli, II B)

L’uscita al laboratorio della Scuola di Agraria è stata molto inte-ressante. Per prima cosa, alcuni professori ci hanno dato un vetrino, sucui era appoggiata una fogliolina di “Elodea Canadensis” e ci hannospiegato come funziona il microscopio. (Camilla Niso, II A)

Il microscopio è composto da una base molto solida che consente achi deve osservare una stabilità elevata. Oltre a questa base è posto ancheun ripiano nel quale si incastrano i vetrini. (Riccardo Medri, II A)

… È composto da un tavolino traslatore usato per inquadraremeglio il soggetto attraverso le viti direzionali, dalla vite macrometri-ca che serve per mettere a fuoco, dalla vite micrometrica usata per per-fezionare la messa a fuoco, dai vetrini, dall’oculare, che ingrandisce ilsoggetto 10 volte, dalla luce e dagli obbiettivi che ingrandiscono ulte-riormente il soggetto. (Matilde Stagni, II B)

Per fare l’osservazione con il microscopio, è necessaria una fontedi luce. Questa sorgente luminosa si accende solo quando accendiamoil microscopio, ed è indispensabile. (Rebecca Teodorani, II B)

Come preparato vegetale, abbiamo analizzato una foglia diFanerogama chiamata dagli scienziati “Elodea Canadensis”. La abbia-mo osservata secondo tre ingrandimenti, corrispondenti all’obbiettivorosso, giallo e celeste. (Giulia Amadori, II B)

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Abbiamo osservato al microscopio una Fanerogama, in particolareun campione di “Elodea Canadensis”, una pianticella acquatica chevive naturalmente in acque dolci come i laghi, completamente immer-sa. Essa si presta ad essere analizzata al microscopio perché ha un’or-ganizzazione molto semplice: le sue foglie sono formate da due stratidi cellule. (Vittoria Vecchiotti, II B)

Abbiamo posto una piccola parte della foglia di una pianta acqua-tica, “Elodea Canadensis”, pianta superiore appartenente alla famigliadelle Fanerogame, fra due vetrini e l’abbiamo osservata a 40 ingrandi-menti. Osserviamo che le cellule vegetali hanno una forma regolare,sono indeformabili perché hanno una membrana cellulare molto rigidama elastica. (Eugenia Barbieri, II B)

Con 40 ingrandimenti, vediamo che la foglia è formata da tanti ret-tangolini simili tra loro: le cellule. Le cellule vegetali, infatti, sono elasti-che e rigide allo stesso tempo; esse sono regolari, squadrate ed indefor-mabili, nonostante la foglia non abbia uno scheletro. Con l’obbiettivogiallo (100 ingrandimenti), vediamo che sono presenti delle piccole pal-line verdi che compiono un giro continuo: i cloroplasti. I cloroplasti sitrovano solo nella cellula vegetale e contengono la clorofilla, una sostan-za nutritiva che contiene zuccheri e ha il compito di fornire energia. Vieneutilizzata nella fotosintesi clorofilliana insieme all’acqua, alla luce eall’anidride carbonica presente nell’aria, per nutrire il vegetale. Con l’ob-biettivo celeste (400 ingrandimenti) vediamo più da vicino gli sposta-menti dei cloroplasti all’interno delle cellule. (Carlotta Agostini, II B)

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Con la lente rossa, corrispondente a 40 ingrandimenti, si notanobene le cellule, anche se non si vede il nucleo. A 100 ingrandimenti,con la lente di colore giallo, nelle cellule di “Elodea Canadensis” sinota il nucleo e poco altro. A 400 ingrandimenti, con la lente blu, sinotano varie particelle della cellula, anche se è difficile riconoscerle.Alcune si muovono, sono i cloroplasti. (Pietro Bocchini, II A)

… Le cellule sono tutte ordinatamente disposte in fila; alcune sonosotto forma si spine, a formare una dentellatura sul margine dellafoglia. Può capitare di trovare qualche micro-organismo nel preparatoosservato… l’“Elodea Canadensis” è una pianta acquatica, quindi sipossono trovare particelle indesiderate. Mi sono reso conto che le cel-lule sulla punta della foglia sono grigie e non verdi; da questo deducoche sono morte. (Giovanni Giunchi, II A)

Utilizzando la prima lente ho osservato tutti i particolari superfi-ciali della foglia: le venature, il bordo zigrinato e frastagliato con dellepunte in certi tratti. Con la seconda lente ho osservato più nel dettagliola foglia e ho potuto distinguere le cellule: ho riconosciuto al loro inter-no solo il nucleo e il suo contorno. Le cellule erano disposte in manie-ra ordinata e sembravano quasi allineate. Utilizzando infine la terzalente, abbiamo visto le foglie completamente nel dettaglio: si potevanovedere chiaramente il nucleo, la parete cellulare e il citoplasma. Poi,grazie al calore della luce, la cellula ha iniziato a scaldarsi e i cloropla-sti hanno iniziato a muoversi. (Edoardo Alessandri, II B)

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Nell’ingrandimento 400x, le cellule si distinguono bene l’una dal-l’altra, i cloroplasti sembrano muoversi e questo strano fenomeno mi hacolpito molto perché non avrei mai immaginato che delle particelle cosìpiccole potessero muoversi così ordinatamente. (Riccardo Medri, II A)

Possiamo notare all’interno delle cellule alcuni organismi chiama-ti cloroplasti: essi compiono un movimentino ciclico chiamato ciclosi.Essi contengono la clorofilla, il cui compito è quello di produrre nutri-mento per la pianta. (Caterina Cecchetti, II B)

I cloroplasti sono presenti solo nei vegetali e contengono la cloro-filla: è un pigmento color verde, ed è una sostanza zuccherina che for-nisce energia: per questo le piante sono organismi autotrofi.

(Vera Mancuso, II B)

Per esaminare la cellula animale abbiamo preso un campione dimucosa della nostra bocca: ci hanno fatto grattare, con un bastoncino dacaffè, la guancia e poi hanno messo sul vetrino del blu di metilene, unmarcatore; infine, abbiamo pulito il bastoncino sul vetrino con il marca-tore. Il blu di metilene serve per rendere visibili queste cellule animali;è una sostanza indispensabile perché colora le cellule in questione chesono trasparenti e quindi non visibili. (Alessia Abbondanza, II B)

Abbiamo utilizzato cellule della mucosa boccale; queste celluleappartengono all’epitelio che è un tessuto di rivestimento. Dopo aver

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sfregato con una spatola la parete interna della bocca, abbiamo collo-cato su di un vetrino portaoggetti il materiale raccolto. Abbiamo versa-to una goccia di blu di metilene, un marcatore necessario per renderevisibili le cellule animali, e coperto con un vetrino copri oggetti.

(Vittoria Vecchiotti, II B)

Grazie ad una sostanza, il blu di metilene, abbiamo visto le celluledella nostra guancia più evidenziate, in diversi ingrandimenti: ci è statodato un bastoncino di plastica da caffè, lo abbiamo strisciato sullanostra guancia, poi immerso nel blu di metilene; infine lo abbiamomesso sul vetrino e lo abbiamo osservato. (Bianca Fabbri, II B)

Con l’obiettivo rosso, abbiamo osservato che ogni cellula ha unaforma diversa ed è isolata, o sovrapposta ad altre. Con l’obbiettivo gial-lo e poi quello celeste abbiamo individuato i nuclei delle cellule.

(Caterina Pasi, II B)

Prima, abbiamo guardato le nostre cellule con 40 ingrandimenti: siriuscivano a vedere delle macchie abbastanza divise tra loro ma non siriuscivano a distinguere le cellule le une dalle altre. Poi abbiamo guar-dato le cellule con 100 ingrandimenti, si potevano vedere molto meglio

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le forme delle cellule quasi tutte divise tra loro… sembravano pezzettistrappati di stoffa blu. Si riuscivano a intravedere i nuclei, dei puntinineri tanto piccoli quasi da non vederli. Abbiamo infine visto la cellulaanimale con 400 ingrandimenti: siamo riusciti a vedere le chiazzedistinte con un punto nero che era il nucleo. (Anna Tassinari, II A)

Osservando i due tipi di cellula animale e vegetale, abbiamo potu-to constatare che le cellule vegetali hanno forma più regolare, rettan-golare ed allungata, hanno parete cellulare e sono colorate dai cloro-plasti; le cellule animali hanno forma tondeggiante e irregolare, sonoprive di parete cellulare. (Vittoria Vecchiotti, II B)

Viaggio in Austriae visita ai mercatini natalizi

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VIAGGIO IN AUSTRIA: VIENNA E GRAZ

Il tradizionale viaggio attraverso le terre di lingua tedesca si è svol-to nell’estate 2011 nelle giornate del 6-7-8-9 settembre e ha visto lapartecipazione degli alunni della sezione di tedesco (1A/B, 2B e 3B)accompagnati dal prof. Paolo Bragagni e dalle prof.sse Lidia Dradi eLilli Bazzocchi. Gli alunni hanno frequentato lezioni in lingua tedescapresso l’Istituto Inlingua di Vienna dove hanno respirato un’atmosferadecisamente austriaca a contatto con insegnanti madrelingua dellasplendida ed affascinante metropoli mitteleuropea adagiata sulle rivedel Danubio. La visita al castello medievale di Hochosterwitz lungo iltragitto per Vienna, le passeggiate lungo la gloriosa Ringstraße incor-niciata da palazzi storici di pregio, la degustazione della Sacher, tortadi cioccolato per eccellenza, e del cappuccino Mélange nell’omonimotempio della pasticceria viennese, le soste nel sontuoso salotto del cen-tro storico tra le chiese e i palazzi testimonianti la grandeur asburgica(Il palazzo Imperiale Hofburg, la Chiesa di Santo Stefano, il Teatro del-l’opera) e le arterie pedonali scintillanti di negozi e botteghe per tutti igusti, la “vertiginosa” cena sulla Torre del Danubio col ristorante gire-vole a 170 metri di altezza e la vista spettacolare sulla città, il viaggiosulle orme di Sissi alla scoperta del castello principesco di Schönbrunne dei maestosi giardini del Castello del Belvedere, la curiosa esperien-za del complesso di case di Hundertwasser, le divertenti “puntate” alparco dei divertimenti del Prater con la ruota panoramica, ed infine,sulla strada del ritorno, la breve ma interessante visita alla città di Graz,patrimonio mondiale dell’Unesco e crocevia tra i mondi germanici,balcanici e mediterranei, sono state le principali mete turistiche tocca-te durante questo memorabile viaggio vissuto dagli alunni nel segno delbel tempo, del buonumore e dello stupore.

È con grande piacere che vi invitiamo a sfogliare il nostro “album”di viaggio attraverso le istantanee più significative:

Appuntamento col Medioevo:Castellani per un pomeriggio!

Colazione con Sissi:l’irresistibile “leggerezza”della torta Sacher

Passeggio lungo la Ringstraße:i giardini, il Museo di Storia

Naturale, il Parlamentoe il Municipio

Un giro di ruotaal mitico Prater!

La Torre del Danubio:Cena ad alta quota

Invito a corte: il Castello di Schönbrunn, il parco e il labirinto

Nel salotto della cittàa caccia di souvenirs

Le fantasie cromatichedel complesso

di Hundertwasser

Passeggiatatra i giardinidel Castellodi Belvedere

Graz:camminata tra storia

e modernità

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VIAGGIO AI MERCATINI DELL’AVVENTOMERANO

E anche nel dicembre scorso, come ogni anno nel periodo dell’Av-vento, la nostra bussola punta immancabilmente verso il Norditalia,l’Alto-Adige: la tradizionale gita dicembrina è diventata ormai un clas-sico per gli alunni di tedesco, un rito che non si può non rinnovare.

Oltre ai prof Bragagni e alla prof.ssa Terranova, inedita presenzanelle avventure altoatesine, abbiamo ritrovato con piacere tra le nostrefila la maestra Emanuela Casali e marito, che hanno sostenuto l’allegracomitiva nella gelida ma luminosa giornata meranese.

Il 18 dicembre 2011 è di scena, dopo la visita a Bolzano e Bres-sanone negli anni precedenti, Merano, capoluogo della Val Passiria eluogo di vacanza per molti turisti attirati dalla mitezza del suoclima e dalle acque curative: per oltre un mese la cittadina si avvolgedi luci e le sue strade medievali, i magnifici monumenti ed i tesori arti-stici e culturali del centro storico diventano ancor più suggestivi.

Si parte con il Tappeiner Weg, accompagnati dal prof. Paolo Roc-chi, compagno di avventura all’università di Forlì insieme al prof.Bragagni, un sentiero panoramico lungo il quale ci si arrampica non deltutto svegli per ammirare, accarezzati dalla fresca aria mattutina, ilmagnifico panorama della cittadina stretta tra le montagne innevate. Esi prosegue scendendo il sentiero per raggiungere il caratteristicoDuomo, impreziosito da un alto campanile con due orologi uno deiquali visibile da ogni punto della città, dove assistere alla Santa Messaaffascinati dagli sfavillanti addobbi tirolesi e dall’esotico tedesco sud-tirolese.

Dopo l’omaggio reso alla statua di Sissi, illustra ospite della citta-dina termale, la visita si snoda attraverso gli stand dei diversi esposito-ri che offrono articoli tradizionali e all’insegna della storia locale:stelle di natale di paglia, candele, presepi intarsiati nel legno, cerami-che, tipiche pantofole tirolesi, oggetti in legno intagliato, coronedell’Avvento, antichi strumenti musicali locali, che non mancano dicatturare la fantasia dei nostri alunni, immersi in un’atmosfera incanta-ta fatta di luci, suoni e profumi.

Imperdibili le numerose specialità gastronomiche come speck,canederli, brezen (pane intrecciato di color ambrato) krapfen (bombo-loni) ripieni di marmellata, strudel ed altre delizie, alcune delle qualiabbiamo avuto tutti noi la fortuna di assaggiare durante il pranzo nel-

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l’accogliente Ristorante dell’Hotel delle Terme le cui vetrate si riflette-vano nelle fumanti piscine termali.

Oltre alla messa, al mercatino e al ristorante, non è mancato l’ap-puntamento con le tradizioni locali: nella piazza trasformata in una fia-besca foresta, i guardiaboschi altoatesini hanno accompagnato prof estudenti attraverso curiose e coinvolgenti dimostrazioni alla scopertadella flora e della fauna altoatesina.

Insomma una giornata che è stata rallegrata dai colori scintillantidei mercatini e rischiarata da ampi sprazzi di allegria, e vissuta in unospirito di particolare cordialità e condivisione.

In pullmantra le montagnealtoatesine

Lungoil Tappeiner Weg

Pausa spiritualenel Duomo

Florilegiodi candele natalizie

Sua maestà Sissie “l’imperatore” Leone

Scorci panoramici

Magie natalizie:artigianato superstar

Dolci e salatedelizie:

il tipico brezene i biscotti

della tradizione

Alla caccia del regalo...

Il fascinodel pattinaggio

L’appetitovien mangiando

A scuoladi

botanicae i nuoviboscaioliprovetti

Impressioni notturne prima dell’arrivederci

Arte e immagine

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CLASSI PRIME

Illustra l’incipit della tua storia nella grotta

Sofia Casadei

Alberto Benagli

Alessandro Barducci

Francesco Galassi

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Claudia Giannelli Virginia Bartolini

La natura: foglie e fiori

Benedetta Petracci Camilla Crociati

Alessandro Barducci

Camilla Muratori

Alberto Benagli Claudia Giannelli

Lucia Gennari

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Linea e realtà

Alberto Benagli Sofia Casadei

Camilla Crociati

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Giocando con la simmetria

Anna Faedi Anna Pollini

Luisa Belluzzi Lucia Gennari

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Federica Suzzi Camilla Spinelli

Arco di trionfo delle tue passioni

Anna Pollini

Benedetta Petracci

Francesco Iaccarino

Silvia Turci

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Autoritratto

CLASSI SECONDE

Agnese De Angelis Marta Santucci

Caterina Pasi Giovanni Giunchi

Giovanni Gori Alberto Dal Monte

Andrea Minotti Pietro Bocchini

FrancescoRuscelli

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Autoritratto interpretato alla maniera di Handy Warhol

Giulia Faedi Vittoria Vecchiotti

Pietro Bocchini

Alessia Abbondanza

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Gotico

Anna Tassinari Marta Santucci

Giacomo Chierici Vittoria Vecchiotti

Eugenia Barbieri Camilla Niso

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“Lucy attraverso la cornice”Pietro BocchiniGiovanni GiunchiPierfrancesco GolinelliMatteo PalmegianiKevin Spinelli

“Il libro delle tentazioni”Carlotta AgostiniAnna Rebecca CeccarelliCaterina CecchettiCaterina PasiVera Mancuso

“Nella mappaalla ricerca del tesoro”Filippo GarattoniNicola MazzottiLuca Palmegiani

“La realtà è diversa dal sogno”Rebecca TeodoraniMatilde StagniGiulia Amadori

CONCORSO ARTISTICO: CLIVE STAPLES LEWIS“Keep your eyes open: the secret will let out”

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CONCORSO: UN POSTER PER LA PACELavorando al poster “Immagina la pace”

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In visita alla mostra: “Da Vermeer a Kandinsky”

In mostra a Rimini sei secoli d’arte

CLASSI TERZE

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Studiando l’Impressionismo

Elena Benedetti Giulia Colli

Davide Fabbri Giovanni Zanelli

Agnese Mazzotti

Gloria Moretti

Alberto Faggiotto

Laboratori espressiviCoro e Teatro

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GRACIAS A LAVIDARecital per la Giornata per la vita

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NUESTRA SEÑORA DE GUADALUPETeatro Classi Seconde

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LA STRANA STORIA DI STEFANO ROITeatro Classi Terze

Foto di classe

1 A

1 B

2 A

2 B

3 A

3 B

Gli insegnanti:

Dradi LidiaItaliano, Storia e Geografia 1ª B, Italiano 3ª B

Golinucci Maria PiaItaliano 1ª A 3ª A

Pistocchi FilippoStoria e Geografia 1ª A 3ª A 3ª B

Ricci CristinaItaliano, Storia e Geografia 2ª A 2ª B

Borghesi MariaInglese 1ª A 1ª B 3ª A

Campana AntoniettaInglese 2ª A

Rondoni ElisaInglese 2ª B 3ª B

Lucia SbrighiSpagnolo 1ª B 2ª B 3ª B

Samantha SintuzziSpagnolo 1ª A 2ª A 3ª A

Bragagni PaoloTedesco 1ª A 1ª B 2ª A 2ª B 3ª B

Dell’Amore CarlaMatematica 1ªA 1ªB 2ªA 2ª B

Molari MicaelaMatematica 3ª A 3ª B, Scienze 1ªA 1ª B 3ªA 3ª B

Terranova AlessiaScienze 2ª A 2ª B

Battistoni BarbaraArte e Immagine in tutte le classi

Turci ElisabettaTecnologia in tutte le classi

Rocculi ChiaraMusica 1ª A 1ª B 2ª B 3ª A 3ª B

Zanmarchi AndreaMusica 2ª A

Bianchi ErmanEd. motoria e sport. 1ª A 1ª B 2ª A 2ª B 3ª B

Bazzocchi ElisabettaEducazione motoria 3ª A

Casadei Don EzioReligione in tutte le classi(con la collaborazione di don Firmin Adamon)