Scuola di politica – lezione ix

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Imperialismo

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Imperialismo

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L'imperialismo nasce come nuovo colonialismo tra il 1871 e il 1914, e consiste nell'azione tesa a imporre l‟egemonia su altri paesi per sfruttarli dal punto di vista economico assumendone il pieno controllo monopolistico delle fonti energetiche ed esportazione soprattutto di capitali.

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l'imperialismo è la fase suprema del capitalismo avanzato, entrato cioè nella sua fase matura.

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Paesi che avevano conseguito un solido sviluppo economico, al quale si era aggiunto un capitalismo "finanziario" (cioè sorretto da prestiti da parte di istituti di credito), ritenevano l'espansione verso territori d'oltremare una buona causa per:

a) impossessarsi dei beni a basso costo;

b) opportunità di investimento dei capitali in territori nei quali era possibile avviare attività ad alto profitto.

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Nella prima metà del XIX secolo tutto lasciava pensare che il colonialismo fosse ormai tramontato:

Le colonie inglesi del Nord America erano diventate indipendenti e avevano costituito gli Stati Uniti;

Le colonie spagnole e portoghesi dell‟America centro-meridionale avevano ottenuto anch‟esse l‟indipendenza;

Le poche colonie rimaste all‟Europa in Asia, in Africa o nelle isole dell‟America centrale sembravano poco interessanti dal punto di vista economico con la sola eccezione dell‟India, saldamente dominata dalla Gran Bretagna.

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Dal 1860 la popolazione europea era aumentata e grandi masse, non trovando lavoro in patria, presero la via dell‟emigrazione inserendosi non solo nelle due Americhe, ma anche in Asia e in Africa. Finanzieri e banchieri cercando nuovi investimenti, collocarono grandi quantità di denaro nelle miniere e nelle piantagioni di altri continenti; di conseguenza, vollero difendere i loro capitali e sorvegliare da vicino i paesi in cui li avevano impegnati. L‟Europa, inoltre, padroneggiava i mezzi di comunicazione intercontinentali, ma le sue navi avevano bisogno di scali sicuri per approvvigionarsi di carbone durante le sue traversate. Contemporaneamente gli imprenditori volevano allargare i propri mercati e avere serbatoi di materie prime di cui l‟Europa era priva, come, per esempio, il petrolio e il caucciù

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Le classi dirigenti dell‟Ottocento tradussero tutte queste necessità in Imperialismo, cioè in una nuova forma di colonialismo che mirava sia al totale sfruttamento economico dei paesi colonizzati sia al loro controllo territoriale. Si concretizzò attraverso:

La conquista militare di vaste zone per prenderne il controllo ed assicurare la pace tra le popolazioni locali

Il controllo politico delle nuove colonie attraverso funzionari europei

Lo sfruttamento economico con lo scopo di commercializzare le materie prime e di rivenderne i prodotti finiti in Europa.

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L‟imperialismo portò comunque diversi vantaggi ai popoli colonizzati.

Una parte di essi ebbe modo di imparare nuove tecnologie a discapito delle loro antiquate tecniche di lavorazione tradizionale.

Nelle colonie le leggi diventarono di tipo europeo, seppur con qualche modifica, non c'era sicuramente lo stesso trattamento tra un europeo e un africano o un asiatico

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La concorrenza per il rafforzamento della propria potenza creò in Europa molte rivalità. Per questo nel novembre del 1884 Bismarck, allora cancelliere dell'Impero tedesco, convocò a Berlino una Conferenza, in cui si stabilirono i criteri di base ai quali le potenze Europee si sarebbero suddivisi le colonie; nel documento conclusivo si affermava che ciascuno stato si sarebbe potuto impadronire di territori africani e asiatici, a condizione che avesse avvisato le altre potenze, le quali avrebbero potuto far valere i “propri reclami”.

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Gli europei erano spinti verso altri continenti anche dalla convinzione di dover esportare la civiltà bianca. Il progresso raggiunto dall'Europa in tutti i campi, tecnologico, sociale, medico doveva essere esportando anche nei territori più arretrati. I britannici puntavano molto ad esportare i diritti umani , in India infatti alcune sette praticavano ancora dei sacrifici umani in onore della dea Kali e in alcune parti dell'Africa Centrale era ancora diffuso il cannibalismo, grazie all'intervento europeo questi riti vennero fermati. La missione civilizzatrice era quindi intesa in questo senso oltre che a formare una élite di semi-governati autoctoni adeguatamente formati nelle scuole e nelle università d'Europa che potevano coadiuvare gli europei nel governo delle colonie.

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Dal punto di vista economico vi fu un miglioramento della produzione, grazie all'inserimento delle tecnologie europee anche le popolazioni locali impiegate nelle attività di produzione venivano pagate in modo tale da poter far circolare la moneta ed agevolare gli scambi.

Furono create economie orientate all'esportazione e alle monocolture, in molti casi però la colonia era già orientata verso un mercato interno con una produzione inferiore e quindi si ebbe uno shock iniziale che fu assorbito nel tempo.

Fu messo in moto un processo di sviluppo, ma in funzione degli interessi europei, i quali del resto si appropriarono sistematicamente di gran parte dei ricavi.

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L'effetto dell'imperialismo sulle culture dei paesi colonizzati fu rilevante.

I sistemi che avevano una più solida tradizione e che erano legati a strutture organizzate benché primitive, come nei paesi dell'Asia e del Nord Africa si difesero meglio nonostante alla fine furono soppiantati da sistemi basati su modelli europei.

Diverso fu il caso dell'Africa più arcaica, animista e pagana. Qui furono infatti alterati alle fondamenta gli equilibri delle tribù e dei villaggi, mentre interi sistemi di vita, di riti e di valori entrarono rapidamente in crisi, la stessa élite di persone che avevano potuto studiare nelle scuole d'Europa che nella seconda metà del '900 si trovarono ad amministrare le nuove nazioni indipendenti favorirono la formazione di dittature sfruttando il fatto di essere stati istruiti in Europa ed aver quindi appreso pregi e difetti degli europei anche nel modo di governare. Le popolazioni locali subirono il dominio delle élite europeizzate sostituitesi al dominio diretto degli europei in moltissimi casi questo cambiamento portò massacri, deportazioni e persecuzioni delle popolazioni locali da parte proprio degli stessi abitanti.

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L'espansione coloniale finì favorì la formazione o il risveglio di nazionalismi locali, ad opera dei nuovi quadri dirigenti, che si formarono nelle scuole europee e vi assorbirono i principi di nazionalità.

L'Europa si trovò ad esportare il bisogno di autogovernarsi e di decidere del proprio destino. I nuovi governanti che si trovarono ad amministrare le nazioni indipendenti travisarono completamente gli ideali di democrazia e giustizia. Essi sedotti dal potere grazie alla loro istruzione poterono soggiogare in breve tempo le popolazioni locali formando delle dittature anche comuniste che tutto erano fuorché democratiche. I principi egualitari di cui tanto l'Europa si vantava non furono assorbiti o meglio le nuove élite di governanti capirono come sfruttare a loro favore gli strumenti appresi in Europa nonostante durante le guerre per l'indipendenza spesso si nascondevano dietro la bandiera dell'oppressione europea e dell'antidemocraticità, bandiera che non tardò ad essere eliminata una volta che l'indipendenza veniva raggiunta.

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L„idea leninista di imperialismo è fuori della dimensione prettamente politica, ma si basa su una definizione economica; suoi contrassegni sono:

concentrazione degli strumenti di produzione e del capitale in una ristretta cerchia di proprietari (e quindi la formazione di monopoli, dando termine all'agognata alla"libera concorrenza").

fusione del capitale bancario col capitale industriale, e il formarsi di un'oligarchia finanziaria (derivante dalla necessità per le imprese monopolistiche di dover reggere la concorrenza, attraverso l'erogazione dagli istituti finanziari di ingenti somme di capitali).

grande importanza acquisita dall'esportazione di capitali in confronto con l'esportazione di merci (quest'ultima caratterizzava la libera concorrenza, mentre nell'imperialismo la maggioranza dei capitali ha un'origine finanziaria, determinandosi continue "eccedenze" di capitale da dover investire, soprattutto all'estero).

il sorgere di associazioni monopolistiche internazionali, che si ripartiscono il mondo (la concorrenza tra queste, e lo sviluppo ineguale del capitalismo determina una continua ascesa e declino degli stati, e un mutamento continuo delle relazioni globali, e delle spartizioni delle zone d'influenza).

la compiuta ripartizione (geografica) della terra tra le più grandi potenze capitalistiche (osserviamo, per quanto possa risultare normale oggigiorno, che dagli inizi del 1900 non esiste più alcuna "terra di nessuno", e tutte le terre sono state appunto ripartite tra i vari stati, a seconda della loro forza, concessa loro dal loro capitale).

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Negli ultimi anni, le critiche all'imperialismo sono state mosse, più che sul piano politico, sul suo aspetto culturale, con particolare riguardo alla crescente influenza globale della cultura degli USA. Uno dei principali critici dell'imperialismo americano è lo studioso statunitense Chalmers Johnson. Ciò lo si deve anche alle ultime operazioni belliche statunitensi, viste da molti come un tentativo di controllo indiretto delle risorse dei territori occupati. Alcuni tuttavia contestano questo significato allargato della parola con la motivazione che la distinzione tra interazioni reciproche e influenza indotta è estremamente soggettiva. L'imperialismo infatti oggi è chiamato formale.