Scuola di Medicina Corso di Laurea in Igiene Dentalemeccanismo lesivo, si distinguono due grandi...
Transcript of Scuola di Medicina Corso di Laurea in Igiene Dentalemeccanismo lesivo, si distinguono due grandi...
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO
Scuola di Medicina
Corso di Laurea in Igiene Dentale
TESI DI LAUREA
VALUTAZIONE PARODONTALE IN TRAUMATOLOGIA
MAXILLO-MANDIBOLARE: FERULE
PERIODONTAL EVALUATION IN MAXILLOFACIAL
AND MANDIBULAR TRAUMA: ARCH BAR
Relatore: Candidato:
Prof. Paolo Garzino Demo Stefano Brezzo
Anno Accademico 2013 / 2014
1
Indice
1. RINGRAZIAMENTI .................................................................................................... 3
2. INTRODUZIONE ....................................................................................................... 4
2.1 Fratture mandibolari (cenni) ....................................................................................... 4
2.1.1 - PREFAZIONE ........................................................................................................ 4
2.1.2 - CLASSIFICAZIONE................................................................................................. 7
2.1.3 INCIDENZA DELLE AREE DI FRATTURA ................................................................ 10
2.1.4 SINTOMATOLOGIA .............................................................................................. 10
2.1.5 CONDILO .............................................................................................................. 16
2.1.6 DIAGNOSI ............................................................................................................ 20
2.2 Il blocco intermascellare ............................................................................................ 23
3. SCOPO DELLO STUDIO .......................................................................................... 31
4. MATERIALI E METODI ........................................................................................... 32
4.1 Selezione Del Campione ............................................................................................ 32
4.2 Criteri di Esclusione e Inclusione ............................................................................... 32
4.3 Indici e Parametri Utilizzati ........................................................................................ 33
4.4 Valutazioni Temporali ................................................................................................ 37
4.5 Valutazioni Radiografiche .......................................................................................... 38
4.6 Creazione Data Base .................................................................................................. 47
4.7 Inserimento Dei Dati In Excel ..................................................................................... 49
5. RISULTATI .............................................................................................................. 51
5.1 Livelli di Significatività Generali ................................................................................. 51
2
5.2 Livelli di Significatività Ferule ..................................................................................... 54
5.3 Altri Parametri Importanti ......................................................................................... 55
5.3.1 Compromissione Elementi Dentali a causa del trauma ...................................... 55
5.3.2 Variazione successiva al trauma della sensibilità cutanea (Skin Sensitive) ........ 55
6. PROTOCOLLI DI IGIENE ORALE PER I PAZIENTI IN TERAPIA CONTENITIVA ........... 56
6.1 Protocollo IOD per pazienti con Ferule ...................................................................... 56
6.2 Protocollo IOD per pazienti con IMF .......................................................................... 57
7. DISCUSSIONE ......................................................................................................... 57
8. CONCLUSIONI ........................................................................................................ 62
9. BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................ 64
3
1. RINGRAZIAMENTI
Vorrei esprimere la mia gratitudine a tutti coloro che in questi tre anni mi sono stati vicini, dandomi il loro sostegno ed il loro aiuto. Inizio col ringraziare il Prof. Garzino Paolo Demo, per il valido apporto e per l’aiuto datomi in tutte le fasi di elaborazione di questo lavoro e perché grazie a persone come lui possiamo credere nella generosità e nel fatto che si possa svolgere la professione medica esclusivamente per il bene e la salute altrui . Un ringraziamento speciale a tutto l’organico della Dental School in particolare, ai Dott.ri Aimetti, Arduino, Broccoletti, Cricenti, Gassino, Modica, Schierano, Sindici per tutto l’impegno che ogni giorno dedicano agli studenti e ai pazienti con forza straordinaria. Al/alle infermiere Salva, Floriana, Pia, Carla e Luigi. Grazie anche a tutti i medici, agli specializzandi/e alle infermiere e a Claudia del reparto delle Molinette di Torino di Chirurgia Maxillo Facciale, per la disponibilità e gentilezza sempre dimostrate nello svolgimento della parte Clinica e Pratica. Al grande Dott. Pietro La Bruna che è stato sempre giusto e corretto nel suo operato. Desidero esprimere tutta la mia gratitudine al mio collega nonché amico Matteo che mi ha sopportato in questi anni e spero che possa sopportarmi ancora per molto anche se per incontrarci dovrò vedere renne e orsi Canadesi, ma sono sicuro che ne varrà sempre la pena!!! A Federico per le giornate al S. Luigi e a Stefano e Matteo per le faticose ma belle nottate del primo anno trascorse a studiare fisiologia, anatomia e microbiologia . A Marco, Roberto, Antonio per avermi accompagnato in questo viaggio. A Roberta, Alessia, Ciro, Michi, Luca, Isabel , Diego e Roberta e i piccoli per esistere. A Panaioti, che ora è divenuto mare e vento… Un doveroso ringraziamento ai miei genitori, che con il loro sostegno morale unico mi hanno permesso di raggiungere questo traguardo, soprattutto insegnandomi che nella vita non è mai troppo tardi per fare nulla e tanto meno per Studiare, e che i limiti che ci poniamo possono sempre essere superati lealmente così come le difficoltà della vita. Grazie a tutti
4
2. INTRODUZIONE
2.1 Fratture mandibolari (cenni)
2.1.1 - PREFAZIONE
La mandibola, osso impari mediano, assimilabile alle ossa corte, caratterizzato da
curvature ed angolazioni, comprendente due articolazioni alle sue estremità
prossimali è tra le ossa del cranio il segmento scheletrico la cui patologia traumatica
meglio si identifica con quella di interesse ortopedico. Le fratture del corpo
mandibolare sono soluzioni di continuo dell’osso, causate da un'azione traumatica,
che può essere diretta, se la frattura si trova nella stessa sede d'azione dell'agente
traumatico, oppure indiretta se invece la frattura si trova a distanza dal punto di
applicazione della forza traumatizzante. L’agente traumatico nel contempo può agire
su un tessuto sano e quindi in questo caso si parlerà di frattura traumatica, mentre se
il trauma agisce su un tessuto precedentemente danneggiato (osteomielite,
osteoradionecrosi, osteoporosi, metastasi, cisti, ecc.) si parlerà di frattura patologica.
Le fratture mandibolari rappresentano il 65- 70% delle lesioni craniofacciali le cui
possibili cause sono:
— Incidenti stradali con traumatismo diretto dovuto ad urto sul volante, traumatismo
da airbag senza l'opportuno e contestuale uso delle cinture di sicurezza;
— Cadute da motocicletta e bicicletta;
— Reati di violenza, aggressioni con pugni e calci;
— Lesioni correlate con attività sportive;
— Infortuni sul lavoro;
— Lesioni balistiche d'arma da fuoco o scoppio, accidentali o nei tentativi
anticonservativi.
Raramente le fratture mandibolari, risultano esposte e quindi in comunicazione con
l'ambiente esterno, a meno di un'azione di taglio esercitata dall'agente traumatico:
5
infatti nonostante la situazione superficiale dell'arco mandibolare, la cute che lo
riveste, oltre alle consuete proprietà di elasticità e di resistenza, è alquanto scorrevole
sui piani sottostanti e questo le consente di evitare frequentemente le lacerazioni a
tutto spessore. Fa eccezione a questa regola la cute del mento che è aderente e quindi
più frequentemente sede di ferite lacerocontuse; inoltre per la particolare
conformazione anatomica della mandibola in toto e per la cinetica dei traumi che si
manifestano a livello sinfisario, le ferite lacero-contuse a livello sottomentoniero
devono far sospettare la presenza di fratture a distanza e pertanto indirette (angolo
ma soprattutto condilo). Per contro, l'esposizione del focolaio di frattura endorale è
molto frequente, poiché la gengiva aderente all'osso alveolare è priva di elasticità, si
lacera facilmente per la trazione esercitata dai frammenti di frattura all'atto della loro
disgiunzione: si tratta ovviamente soltanto dei focolai di frattura contenuti e limitati
alle arcate dentarie e quindi si parla di fratture aperte o esposte nel cavo orale.
Nella mandibola, così come in tutte la altre ossa, vi sono dei punti di debolezza che
in caso di trauma rendono più fragile la mandibola, fornendo una certa protezione
delle strutture mobili poste più cranialmente e che pertanto, in caso trauma, vengono
maggiormente protette mediante la frattura delle strutture sottostanti (es. la frattura
del processo articolare fa si che il trauma non comporti una lesione delle strutture
della fossa cranica media).
6
Ellis III. Maxillo facial Traumatology. Eds lippicot 2010.
Questo tipo di fratture si classificano in parziali e totali. Le totali si distinguono in
funzione dei muscoli poiché la loro posizione condiziona lo spostamento. La
patogenesi delle fratture nell'ambito dei due terzi inferiori del viso è, analogamente
alla maggior parte delle fratture negli altri distretti corporei, eminentemente di natura
traumatica.
Limitatamente alla mandibola si possono però considerare anche le fratture
cosiddette patologiche e talvolta anche quelle iatrogene, conseguenti cioè ad un atto
o errore medico volto a sanare tutt'altra patologia. In base alla energia del
meccanismo lesivo, si distinguono due grandi gruppi di traumatismi maxillo-facciali:
quelli che avvengono a velocità elevata (gran parte degli incidenti stradali, ferite da
arma da fuoco, cadute dall'alto, ecc.) e quelli che sono dotati di bassa energia cinetica
(aggressioni, percosse, cadute dal basso, fratture iatrogene). Le attuali statistiche
sono concordi nell'attribuire agli incidenti stradali la maggiore responsabilità
percentuale delle fratture mandibolari, in minor quota sono attribuiti a investimenti e
di ciclisti e pedoni, le cadute dalla bicicletta senza collisione fanno parte
prevalentemente dei traumi a bassa velocità, come del resto i traumi sportivi e gli
incidenti sul lavoro a seconda dell’energia cinetica determinante il trauma, possono
7
appartenere all’uno o all’altro gruppo. Trascurabile è in fine l’incidenza delle fratture
iatrogene, in genere a sede angolo mandibolare e conseguenti a tentativi non riusciti
di estrazione del terzo molare inferiore.
2.1.2 - CLASSIFICAZIONE
Se, oltre alla patogenesi (analisi statica), si considerano, nel contesto di un focolaio
di frattura, gli eventuali spostamenti cui possono andare incontro i frammenti per le
azioni muscolari (analisi dinamica), questo ci consente di fornire un sistema di
classificazione in cui le fratture vengono dapprima catalogate in fratture composte e
fratture scomposte, in rapporto alla perdita della relazione di contiguità dei monconi
ossei.
Nel contesto delle fratture scomposte, può essere redatta un'ulteriore suddivisione
riferita allo spostamento relativo dei due monconi di frattura tra loro, consentendo,
pertanto, di suddividere le fratture scomposte in:
— dislocatio ad longitudinem: quando la dislocazione avviene nella direzione
dell'asse maggiore;
— dislocatio cum contractione: quando si ha accorciamento e sovrapposizione dei
frammenti;
— dislocatio cum distractione: nel caso in cui si abbia allontanamento delle
estremità dei frammenti;
— dislocatio ad axim: nel caso in cui si abbia uno spostamento angolare;
— dislocatio ad latus: quando lo spostamento è laterale;
— dislocatio ad peripheriam: quando si abbia rotazione attorno all'asse maggiore.
Se invece le fratture vengono poste in rapporto all'entità del danno scheletrico, si può
redigere una classificazione in:
— fratture complete;
— fratture incomplete.
8
Queste ultime possono essere ulteriormente suddivise, in rapporto all'andamento
della rima di frattura in:
— fratture trasversali, perpendicolari all'asse maggiore dell'osso fratturato;
— fratture oblique, intermedie tra le fratture trasversali e quelle a becco di flauto;
— fratture a becco di flauto, cioè con un decorso molto obliquo;
— fratture spiroidali, quando la forza lesiva ha un effetto torsionale:
• complesse;
• comminute.
Come detto in precedenza, i meccanismi con cui si possono produrre le lesioni,
possono determinare:
— fratture da flessione;
— fratture da torsione;
— fratture da compressione;
— fratture da trazione;
— fratture da forze contrapposte.
Inoltre, le fratture, possono essere suddivise in dirette in cui il focolaio di frattura si
trova nella stessa sede d'azione dell'agente traumatico e indirette quando il focolaio
di frattura si trova a distanza dal punto di applicazione della forza traumatizzante. Se
invece le fratture vengono poste in rapporto all’entità del danno scheletrico, possono
anche essere suddivise in incomplete, in cui non viene interessato tutto lo spessore
osseo (fissurazioni, infrazioni, depressioni, fratture a legno verde) e complete nelle
quali l'osso è diviso in frammenti, la cui rima di frattura può avere orientamenti
diversi, determinando un'ulteriore suddivisione schematica delle fratture, potendosi
dividere in:
— fratture trasversali;
— fratture oblique;
— fratture longitudinali.
9
Le fratture complete possono essere ulteriormente distinte in semplici, se i frammenti
sono due, e comminute se i frammenti sono numerosi, e inoltre in composte se i
frammenti restano a mutuo contatto, e in scomposte se si è verificata una
dislocazione dei frammenti che può essere assiale o di lato. Le fratture possono
essere anche classificate in rapporto alla sede della frattura medesima, con una
percentuale di incidenza differente come dimostrato dagli schemi esemplificativi
nella figura al paragrafo 2.1.3. Le fratture mandibolari, pertanto, possono assumere
caratteristiche differenti nel decorso della rima di frattura, nel grado e nelle
caratteristiche di scomposizione per l'azione antagonista di differenti gruppi
muscolari, che agiscono in modo differente in rapporto alla sede di inserzione e alla
loro azione specifica (muscoli elevatori e depressori della mandibola) e ai vettori di
forza che trasmettono ai rispettivi capi d'inserzione muscolare. Infatti, potremo avere
dislocazione di una frattura dell'angolo mandibolare per azione dei muscoli
temporale, massetere e pterigoideo interno, come anche la dislocazione di una
frattura parasinfisaria per azione dei muscoli sovraioidei oppure, nel caso in cui la
frattura paramediana sia bilaterale, per azione dei muscoli sovraioidei, si potrà avere
non solo la dislocazione della sinfisi mandibolare in toto ma anche la caduta
posteriore della lingua con ostruzione delle vie aeree. Altre complicanze delle
dislocazioni, in seguito a frattura della mandibola, sono le lesioni del nervo alveolare
inferiore, le lacerazioni dei tessuti molli intra o extra-orali con esposizione dei
monconi di frattura, emorragie da lacerazione dell'arteria alveolare inferiore o di altri
vasi arteriosi (arteria facciale e collaterali minori).
10
2.1.3 INCIDENZA DELLE AREE DI FRATTURA
• ANGOLO 35%
• REG. SINFISARIA 24%
• CORPO 18%
• PROCESSO ARTICOLARE 17%
• CORONOIDE 4%
• RAMO 2 %
Ellis III. Maxillo facial Traumatology. Eds lippicot 2010.
2.1.4 SINTOMATOLOGIA
In base alla sede di frattura i segni ed i sintomi possono variare. Dal punto di vista
del corredo clinico e sintomatologico, si possono distinguere, ad un attento esame
clinico, dei segni certi (patognomonici) ed incerti di frattura. Tra i segni certi di
frattura abbiamo:
— deformazione dell'osso fratturato che nel caso di ossa lunghe consisterà in
un'angolazione, mentre nelle ossa piatte avremo un appiattimento;
— mobilità dei frammenti che sarà tipica delle fratture mandibolari interne all'arcata
dentale, delle fratture dell'angolo mandibolare, ma anche delle fratture del
processo condiloideo e del terzo medio del volto.
— Il crepitatio, sintomo particolarmente doloroso nella sua estrinsecazione e
difficilmente reperibile nelle fratture del volto in genere;
11
— l’asimmetria facciale, in cui l'alterazione della tridimensionalità delle strutture del
volto in genere e della mandibola in dettaglio, possono comportare talvolta
evidente alterazione dell'euritmia del volto.
Tra i segni incerti di frattura, che compaiono anche in altri quadri clinici e in altre
patologie possiamo trovare:
— ematoma e tumefazione: talvolta un ematoma che compare in una zona non
sottoposta direttamente ad insulto traumatico indica una frattura indiretta,
importante indizio per sospettare e quindi ricercare, ad esempio, una frattura del
ramo mandibolare o dell'articolazione temporo-mandibolare;
— dolore alla pressione;
— dolore alla compressione;
— alterazione della funzione in cui si ha un'instabilità meccanica con posizioni
antalgiche assunte dal paziente (ad esempio, nelle fratture mandibolari possono
essere condizionate masticazione, fonazione e deglutizione);
— ostruzione delle vie aeree dovuta a caduta indietro della base della lingua (ad
esempio nelle fratture paramediane bilaterali), perdita dei riflessi faringei e
laringei, grave emorragia, presenza nel cavo orale di corpi estranei, denti avulsi,
protesi rotte e frammenti ossei;
— alterazioni estetiche del volto con allungamento della faccia, morso aperto
anteriore e laterale;
— laterodeviazione mandibolare nelle fratture bilaterali a livello subcondilare, nelle
fratture bilaterali del ramo della mandibola (oltre che nelle fratture del mascellare
Le Fort I, Il e III) con conseguente malocclusione;
— mobilità dei denti con alterazione della continuità dell'arcata dentaria e comparsa
di slivellamenti della stessa, con possibile presenza di diastemi in sede di frattura,
parestesie per lesioni di tronchi nervosi (nervo alveolare inferiore).
12
Nel ampio ventaglio delle possibili fratture, sono o possono essere presenti vari segni
e sintomi più caratteristici e patognomici di una frattura ben specifica che devono far
sospettare o indagare meglio il clinico in una determinata direzione.
Per esempio nelle fratture del processo coronoideo sono o possono essere presenti:
apertura dolorosa della bocca, limitazione dei movimenti mandibolari, deviazione
della mandibola verso il lato della frattura durante l’apertura della bocca, trisma.
Nelle fratture del ramo della mandibola (poste tra l’angolo e la base del processo
coronoideo) sono o possono essere presenti: asimmetria facciale, limitazione dei
movimenti con apertura dolorosa della bocca, spesso associati a trisma, con possibile
parestesia del labbro e del mento per lesione del nervo alveolare inferiore. Nelle
fratture dell’angolo della mandibola (che interessano la superficie superiore del
corpo della mandibola fino all’angolo mandibolare) sono o possono essere presenti:
asimmetria facciale, crepitazione, grave limitazione dei movimenti di escursione
mandibolare con apertura dolorosa, spesso trisma, possibile mobilità dei denti
contigui alla frattura e possibile parestesia del labbro e del mento. Nelle fratture del
corpo della mandibola: (che interessano la parte della mandibola compresa tra
l’incisura antigoniale e l’area corrispondente al canino) sono o possono essere
presenti: asimmetria, crepitazione, ecchimosi della regione vestibolare, limitazione
dei movimenti mandibolari con elevata sintomatologia algica, spesso associata a
trisma, che impedisce di fatto l’apertura mandibolare, in caso di frattura scomposta si
ha slivellamento del piano occlusale e spesso si ha lacerazione della gengiva, spesso
parestesie del labbro e del mento. Nelle fratture della sinfisi mandibolare (situate tra
la regione dei due canini) sono o possono essere presenti: crepitazione, ecchimosi del
pavimento buccale, limitazione dei movimenti e sintomatologia algica nei tentativi di
apertura della bocca, a cui spesso si associa trisma, inoltre vi è slivellamento del
piano occlusale e mobilità dei denti contigui al focolaio di frattura.
Altre tipologie di frattura mandibolare sono quelle dento-alveolari, localizzate a
livello del processo alveolare della mandibola, in cui vengono solitamente coinvolti
13
un numero variabile di denti, che possono essere stati avulsi o sublussati. Le lesioni
dentarie e dento-alveolari possono conseguire a traumi diretti a livello dei denti o a
traumi indiretti, solitamente legati ad occlusione forzata. Le fratture/lussazioni dei
denti e delle strutture alveolari possono essere isolate, come conseguenza di impatti
anche modesti, o associate a fratture delle ossa mascellari, talvolta nel contesto di
estesi e complessi quadri traumatici. Gli elementi dentari più frequentemente
interessati sono gli incisivi centrali superiori, che a causa della loro lunghezza, della
posizione e della minor protezione da parte delle labbra si fratturano con
un'incidenza circa dieci volte superiore a quella degli incisivi inferiori. La
classificazione delle fratture/lussazioni dentarie e dento-alveolari proposta dall'OMS
della Sanità e modificata da Andreasen (1981) è basata su considerazioni
anatomiche, terapeutiche e prognostiche e distingue lesioni dei denti, delle strutture
di supporto e dei tessuti molli. Ad esempio per quel che riguarda le fratture della
corona si possono distinguere:
— Le infrazioni (fratture incomplete dello smalto senza perdita di sostanza
dentaria).
— Fratture della corona non complicate (fratture confinate allo smalto o
coinvolgenti lo smalto e la dentina senza esposizione della camera pulpare).
— Fratture della corona complicate (fratture coinvolgenti lo smalto e la dentina con
esposizione della camera pulpare).
Per ciò che concerne le fratture della radice possiamo trovare quelle che interessano
la dentina, il cemento e la polpa:
— Concussioni (lesioni del dente e delle strutture di supporto senza anormale
mobilità e dislocazione dell'elemento dentario ma con marcata reazione alla
percussione).
— Sublussazioni (lesioni del dente e delle strutture di supporto con mobilità ma
senza dislocazione dell'elemento).
14
— Lussazioni intrusive o dislocazioni centrali (dislocazione del dente all'interno
dell'osso alveolare).
— Lussazioni estrusive, dislocazioni periferiche o avulsione parziale (parziale
dislocazione all'esterno dell'alveolo).
— Lussazioni laterali (dislocazione del dente su un piano non assiale).
— Extrarticolazioni o avulsioni complete (completa dislocazione del dente al di
fuori del processo alveolare).
Inerentemente alle lesione della gengiva o della mucosa orale si possono avere
invece, lacerazioni delle stesse.
— Contusioni della gengiva o della mucosa orale.
— Abrasioni della gengiva o della mucosa orale.
Al momento dell'esame clinico è importante ricercare, eventualmente con l'ausilio di
procedure radiografiche, denti o frammenti dentari per escludere che essi siano stati
aspirati, ingeriti o siano nascosti nei tessuti molli delle labbra, delle guance, del
pavimento della bocca, nel collo, nelle cavità nasali o nel seno mascellare. Lo studio
della vitalità pulpare in acuto è di importanza limitata. Una reazione negativa a
stimoli termici non è necessariamente conclusiva per necrosi pulpare ma, nel periodo
immediatamente successivo al trauma, è da ascrivere all'edema delle fibre mieliniche
dei nervi sensitivi, reversibile nell'arco di settimane o mesi. Una corretta diagnosi
delle fratture dento-alveolari e delle lussazioni dentarie richiede una valutazione
radiografica delle lesioni, includente l'OPT, le radiografie endorali occlusali degli
elementi coinvolti.
Lo studio radiografico offre indicazioni riguardo ai seguenti aspetti:
— presenza di fratture radicolari;
— grado di intrusione o estrusione;
— presenza o pre-esistenza di malattie parodontali;
— dimensioni della camera pulpare e del canale radicolare;
— presenza di fratture delle ossa mascellari;
15
— presenza di denti o corpi estranei a livello dei tessuti molli.
In conclusione, le fratture del processo alveolare prevalgono a livello delle regioni
frontale e premolare; possono essere isolate o associate a lesioni dentarie e/o ad altre
fratture facciali. Le lesioni a carico delle strutture ossee di supporto agli elementi
dentari comprendono inoltre le fratture della parete degli alveoli, o fratture parziali
del processo alveolare, solitamente associate alle lussazioni dentarie. L'esame
intraorale evidenzia la dislocazione talvolta anche importante di due o più elementi
dentari con impossibilità a raggiungere l'occlusione individuale a causa di
precontatti. La gengiva aderente appare generalmente lacerata con conseguente
esposizione verso il cavo orale della frattura. Alla palpazione i denti coinvolti si
muovono unitamente al rispettivo alveolo o ad una sola delle due corticali alveolari.
Le consuete immagini radiografiche (OPT, radiografie endorali e occlusali)
verificano l'effettiva soluzione di continuo a carico dei processi alveolari e il grado di
integrità delle radici dentarie. Una più accurata valutazione richiede l'esecuzione di
un esame TC. La terapia prevede la riduzione manuale del segmento fratturato in
anestesia locale o generale, a seconda dell'estensione e della gravità della frattura
ossea. Ad essa segue la stabilizzazione con splintaggio occlusale con ferule o
brackets ortodontici, lo splintaggio rigido degli elementi coinvolti deve prolungarsi
per almeno 4 settimane. Spesso è necessario eseguire, come per le lussazioni, un
blocco intermascellare, per evitare interferenze occlusali.
Altra tipologia di frattura mandibolare sono le fratture da schiacciamento della
mandibola (flail fracture): con questa definizione si intendono tutte le fratture
complete o comminute della sinfisi, del ramo o dell’angolo mandibolare; data la
gravità del quadro clinico possono presentarsi con ostruzione delle vie aeree,
crepitazione, ecchimosi della regione vestibolare, grave limitazione dei movimenti
mandibolari, trisma, frequentemente marcato slivellamento del piano occlusale,
deviazione della mandibola (omolaterale alla sede del focolaio di frattura), mobilità
degli elementi dentari contigui al sito di frattura. Tipologie specifiche sono le fratture
16
bilaterali del corpo mandibolare edentulo; queste fratture spesso interessano entrambi
i lati del corpo mandibolare in pazienti che molto frequentemente presentano un
quadro di grave atrofia diffusa a tutta l’arcata mandibolare, specialmente in
corrispondenza del corpo, che si presenta notevolmente assottigliato. Clinicamente le
suddette fratture si presentano con ostruzione delle vie aeree, crepitazione, ecchimosi
del pavimento buccale e della regione vestibolare corrispondente, limitazione dei
movimenti di apertura della bocca, trisma, spesso associati a parestesie del labbro e
del mento per lesione del fascio vascolo-nervoso alveolare inferiore.
2.1.5 CONDILO
Le fratture del condilo mandibolare costituiscono circa il 25-36% delle fratture del
mascellare inferiore;
HUMAN ANATOMY Martini (Anatomia Umana) EdiSES Timmons Tallitsch (quarta edizione)
la loro frequenza è dovuta alla peculiare costituzione morfologica del collo condilare
che rende questa regione la meno resistente di tutta la mandibola. Schematicamente
possono essere classificate in base al lato in mono condilare e bicondilare; in base
alla sede in testa, collo (alte, basse), subcondilari (quando la linea di frattura
coinvolge l’incisura sigmoide); in base alle caratteristiche in mono-frammentata,
pluri-frammentata, composta, scomposta senza dislocazione, scomposta con
17
dislocazione del condilo fuori dall’alloggiamento glenoideo. Per la valutazione
dell’evento traumatico e del grado della eventuale dislocazione ossea risultano
determinanti la direzione, l’energia traumatica, la zona di impatto, l’occlusione
dentale, il grado di apertura della bocca e lo stato di tensione muscolare al momento
del trauma. Infatti ad esempio la presenza degli elementi dentari in entrambe le
arcate costituisce un elemento di difesa dagli insulti traumatici della mandibola,
specialmente se i denti, al momento del trauma, si trovano in posizione di massima
intercuspidazione. Viceversa, se al momento del trauma la bocca è dischiusa oppure
in assenza di alcuni elementi dentari (specialmente nei settori posteriori), la forza
d'impatto viene trasmessa direttamente ai condili, con maggiore possibilità di frattura
e vario grado di depiazzamento condilare. La sintomatologia delle fratture condilari
può essere caratterizzata da: edema, lacerazione del mento, croste ematiche del
condotto uditivo, deformazione regionale, deviazione della linea mediana verso il
lato fratturato, malocclusione con precontatto occlusale omolaterale alla frattura ed
eventualmente beanza tra incisivi superiori e inferiori. Una diagnosi precoce nelle
fratture condilari è essenziale per l'impostazione e l'esecuzione di un programma
terapeutico adeguato. Infatti, ogni qualvolta vi sia il sospetto di una frattura del
processo condiloideo della mandibola è necessario procedere ad un sistematico
esame obiettivo basato sull'ispezione intra ed extraorale, sull'osservazione della
funzionalità articolare e sulla palpazione. L'ispezione extraorale permette di rilevare
alterazioni della euritmia del viso. Nelle fratture monocondilari può essere presente
una asimmetria sul piano frontale con spostamento del mento verso il lato fratturato,
mentre le fratture bicondilari potranno causare una alterazione sul piano sagittale,
con una retrusione del mento. Soprattutto nelle fratture bicondilari il paziente tenderà
a mantenere la bocca semiaperta, con abbondante scialorrea, anche in genere per la
presenza di morso aperto (da risalita dei rami). Ciò è dovuto sia alla ricerca di una
posizione antalgica, evitando anche i movimenti di deglutizione, sia ad una vera e
propria stimolazione riflessa delle ghiandole salivari indotta dal dolore. L’ ispezione
18
endorale permette spesso di confermare il dubbio diagnostico di frattura del condilo.
Dall'osservazione della malocclusione conseguente alla frattura è possibile anche
ricavare utili indicazioni in merito al grado di depiazzamento dei frammenti
fratturativi.
L'occlusione del paziente precedente al trauma potrà inoltre essere facilmente
dedotta, in presenza di un sufficiente numero di denti dall'osservazione delle
superfici occlusali degli elementi dentali e dallo studio dei modelli in gesso del
paziente. Nel caso di fratture condilari monolaterali, all'ispezione endorale potrà
essere rilevabile una deviazione della linea mediana verso il lato della frattura, un
precontatto occlusale omolaterale con morso aperto controlaterale ed un morso
crociato omolaterale alla lesione. Tale anomalo atteggiamento è dovuto all'effetto
dell'attività muscolare sulla mandibola fratturata. Dalla parte del lato leso, infatti, i
gruppi muscolari costituiti dal massetere, dallo pterigoideo interno e dal temporale
tendono a depiazzare verso l'alto e posteriormente il frammento mandibolare
maggiore. Il piccolo frammento, invece, risulta medializzato per azione dello
pterigoideo esterno. Nel caso di fratture di condilo bilaterali, si potrà osservare un
morso aperto anteriore e laterale, con precoce contatto degli elementi dentali
posteriori e spostamento all'indietro della mandibola. La linea mediana può mostrare
o meno deviazioni laterali in rapporto alla differenza anatomica delle due fratture.
Oltre all'ispezione endorale, è utile , ai fini diagnostici, l’esame palpatorio che va
condotto direttamente sulla regione temporo-mandibolare ed all’interno del meato
acustico esterno, attraverso il quale la testa del condilo può essere facilmente palpata
grazie alla sottigliezza dei tegumenti, sollecitando il paziente ad effettuare alcuni
movimenti di apertura e chiusura della bocca. La terapia conservativa permette
solitamente di ottenere buoni risultati in molte fratture di condilo, sia monolaterali
che bilaterali. Scopo principale di tale tipo di approccio è l’attivazione del processo
di rimodellamento osseo, il riequilibrio delle strutture funzionali intra-articolari e la
riacquisizione dei movimenti mandibolari riferibili al condilo leso. Ciò avviene
19
tramite il precoce ripristino di una occlusione stabile ed attraverso la normalizzazione
della funzionalità muscolare. La precoce attivazione articolare, impedisce, inoltre,
che si determinino limitazioni funzionali tali da favorire l'insorgenza di patologie
disfunzionali, o di vere e proprie anchilosi. È oggi perciò un dato acquisito che non è
più accettabile un lungo periodo di blocco intermascellare, come attuato in tempi
passati, per i risvolti negativi sulla funzione. Le principali metodiche terapeutiche
adottate sono rappresentate da:
— terapia funzionale con trazioni elastiche propulsive;
— attivatori occlusali.
La terapia funzionale (metodica di Delaire) prevede, dopo alcuni (5-7) giorni di
blocco volti al ripristino dell'occlusione, l'utilizzo, per un periodo variabile, di elastici
propulsivi ancorati a ferule modificate, allo scopo di favorire la protrusione
mandibolare. In caso di perdita di altezza verticale alcuni Autori propongono
l'utilizzo di rialzi occlusali omolaterali alla frattura che vengono periodicamente
rimodellati fino al riequilibrio occlusale. La terapia funzionale basandosi sull'utilizzo
di ferule metalliche consente un controllo sull'occlusione oltre che sulla funzione. Il
trattamento chirurgico delle fratture di condilo rappresenta, a tutt'oggi una delle
problematiche di più frequente riscontro e più controverse della traumatologia
maxillo-facciale. Non esiste un unanime accordo sulle indicazioni al trattamento
chirurgico, sulle vie di accesso e sulle tecniche di contenzione proposte. Le
indicazioni sono variabili anche, come vedremo, in rapporto all'età e vengono
considerate come assolute in caso di:
— dislocazione del condilo fratturato nella fossa cranica media;
— impedimento irreversibile ad una corretta funzione articolare;
— impossibilità di ottenere un'occlusione adeguata;
— presenza di corpi estranei.
Le indicazioni relative sono invece rappresentate da:
— fratture con angolo >45°;
20
— fratture bicondilari in presenza di morso aperto;
— fratture monocondilari o bicondilari quando la terapia funzionale non è indicata
per ragioni mediche (ritardo mentale; disturbi psichiatrici, ecc.);
— fratture mono o bicondilari associate ad altre fratture maxillo-facciali
pluriframmentate.
Più è bassa la frattura, maggiore è l'indicazione al riposizionamento chirurgico, così
come è direttamente proporzionale all'entità della dislocazione.
Le tecniche di riduzione chirurgica delle fratture condilari sono molteplici e variano
sia per le vie di approccio chirurgico sia per il metodo di contenzione dei frammenti.
Le principali vie di accesso sono rappresentate dalla via preauricolare, dalla
sottomandibolare e da quella endorale. Sono inoltre descritte da alcuni Autori la via
transmasseterina e quella retroauricolare. Il sistema di contenzione più utilizzato è
rappresentato dalle mini o microplacche poste sulla porzione laterale del condilo.
Altri sistemi prevedono l'infibulazione del condilo mediante anchor-screw per via
trans-angolo-mandibolare. Alcuni Autori infine utilizzano un sistema di fissazione
esterna.
2.1.6 DIAGNOSI
La diagnosi per rilevare un qualsiasi tipo di frattura, si basa, in primo luogo,
sull'esame obiettivo alla ricerca di quei segni di certezza e di probabilità cui abbiamo
già fatto cenno, in cui si potranno rilevare ematomi cutanei e/o intraorali,
tumefazioni cutanee perimandibolari, lacerazioni mucose e/o cutanee con o senza
esposizione dei monconi di frattura; analizzando più propriamente il cavo orale e
soprattutto le arcate dentarie, si potranno trovare deformazioni del piano occlusale
fino ad arrivare ad un quadro conclamato di malocclusione post-traumatica
caratterizzato, oltre che da alterati rapporti delle arcate dentarie, anche da mobilità
preternaturale, dolore alla compressione ed alla mobilizzazione dei monconi con una
alterazione della cinetica mandibolare, sia che sia interessata la regione condilare che
la mandibola in toto, soprattutto la regione angolare. Per quanto riguarda gli esami
21
strumentali, di cui ci si deve servire per consentire un inquadramento clinico corretto
e per poter impostare un adeguato piano di trattamento terapeutico, l'esame di routine
che ci fornisce buone indicazioni è sicuramente la radiografia panoramica delle
arcate dentarie (OPT); spesso associata ad una RX del cranio postero-anteriore in
proiezione fronte-naso, soprattutto quando si debba indagare la regione dell'angolo
mandibolare per valutare eventuali dislocazioni dei monconi di frattura, che spesso
ad una indagine OPT possono essere sottostimati e non correttamente inquadrati.
Caso dello studio: Paziente con frattura mandibolare.
Il grosso limite della OPT, oltre alla possibile sovrapposizione a livello mandibolare
e specialmente della regione sinfisaria delle strutture della colonna cervicale, è
l'impossibilità a poter eseguire tale esame strumentale in pazienti politraumatizzati e
che quindi non possono avere un decubito obbligato verticale, pertanto l'esame che
viene utilizzato frequentemente per un'indagine riguardante eminentemente la
corticale ossea mandibolare è la TC in proiezione sia assiale che coronale.
22
Caso dello studio: Paziente con frattura al condilo dx.
Per porre una diagnosi di certezza, in caso di sospetta frattura del condilo e per
individuare con esattezza la sede della frattura, la direzione delle rime fratturative e
per valutare infine lo spostamento dei monconi fratturativi, gli esami Rx specifici per
lo studio dell'ATM sono costituiti da indagini radiografiche bidimensionali, quali
l'ortopantomografia, l'Rx cranio, la Tc diretta in assiale ed in coronale; qualora ci si
trovi di fronte a dei depiazzamenti condilari complessi, può essere di grande ausilio
ricorrere alla tomografia computerizzata con ricostruzione di immagini
tridimensionali (TC3D), metodica questa che fornisce l'esatta posizione dei
frammenti nei tre piani dello spazio.
23
Paziente con frattura mandibolare (TC3D).
2.2 Il blocco intermascellare
Il principio del trattamento delle fratture del massiccio facciale si basa sia sulla
riduzione chirurgica dei monconi di frattura e stabilizzazione degli stessi attraverso
mezzi di sintesi (viti e placche in titanio), sia sull’utilizzo del blocco intermascellare
(BI), rigido (BRI) o elastico (BEI), durante la fase intra-operatoria ed in quella post-
operatoria.
Nella letteratura maxillo-facciale sono stati proposti diversi metodi per la fissazione
intermascellare nella gestione delle fratture mandibolari.
La tecnica più proposta in passato, ed ancora utilizzata, per il posizionamento del
blocco è quella dell’utilizzo di ferule metalliche. Queste ultime sono costituite da
barre di metallo ad arco dotate di un occhiello sporgente, fissate grazie a dei fili
metallici del diametro di 0.4 o 0.5 mm, che solidarizzano tali barre passando
attraverso il parodonto.
24
Questi fili metallici concettualmente devono essere applicati lungo la giunzione
amelo-cementizia, sfruttando in tal modo il normale sottosquadro degli elementi
dentari.
Caso dello studio: Paziente con scarsa igiene orale a seguito di posizionamento di mezzi contenitivi (Ferule) con abbondati
accumuli di placca sull’arcata superiore.
Caso dello studio: Paziente in fase di terapia con parodonto traumatizzato e
recessioni classe II di Miller e gengivite avanzata.
L’utilizzo delle ferule metalliche ha alcuni svantaggi. La loro applicazione richiede
un tempo relativamente lungo, sia per l’apposizione che per la rimozione. Durante
questa procedura, che può essere seguita in anestesia loco-regionale o in narcosi, vi
25
è il rischio di contaminazione e infezione di malattie trasmissibili. (Scully e
Porter, 1991; Avery e Johnson, 1992; Busch, 1994).
Caso dello studio: Paziente in fase di rimozione della Ferula con traumatismi evidenti del parodonto e principalmente a
livello delle papille interdentali dell’arcata inferiore.
Oltre alle problematiche sopra citate, le ferule non sono facili da applicare, in
particolar modo quando i denti presentano ponti e corone; i fili stretti durante
l'applicazione della barra ad arco intorno agli elementi dentari possono causare una
necrosi ischemica della mucosa, e soprattutto rendere difficile il mantenimento di
una buona salute parodontale (Wilson e Hohmann, 1976; Ayoub e Rowson, 2003).
Caso dello studio: Paziente in fase di terapia con ottima igiene orale grazie alla elevata compliance
dello stesso al protocollo di IOD proposto in questo studio.
26
Caso dello studio: Paziente in fase di terapia con ottima igiene orale grazie alla elevata compliance
dello stesso al protocollo di IOD proposto in questo studio.
Attualmente l’alternativa, al fine di ottenere la fissazione rigida(BRI) o elastica(BEI)
intermascellare, è la tecnica adottata e descritta da Arthur e Berardo nel 1989.
Caso dello studio: Paziente in fase di terapia contenitiva(IMF) con buona igiene orale grazie alla compliance
dello stesso al protocollo di IOD proposto in questo studio.
27
Caso dello studio: Paziente in fase di terapia contenitiva (IMF) con buona igiene orale lievi accumuli in particolare nelle
zone ove risiedono punti di sutura, elastici e viti.
Nella pratica si utilizzano almeno quattro viti in titanio (IMF) autofilettanti inserite a
livello trans-mucoso, una o più per ogni quadrante, che trovano la loro ritenzione a
livello del processo alveolare dei mascellari. Queste viti, hanno dimensioni di 8 -13
mm di lunghezza e 2 mm di diametro e solitamente vengono posizionate a livello
della giunzione tra gengiva aderente e non aderente della mucosa alveolare,
solitamente nello spazio tra i canini e primi premolari. Questa procedura presenta
molti vantaggi rispetto alle tecniche con ferule. In primo luogo, l’applicazione di tale
metodologia risulta più agevole e richiede circa 10 minuti, con un significativo
risparmio di tempo intra-operatorio e di costi. Questi sussidi sono altrettanto facili
da rimuovere, senza l’ausilio di anestesia (Arthur e Berardo, 1989; Busch, 1994;
Karlis e Glickman, 1997; Jones , 1999). Un ulteriore vantaggio è la diminuzione di
rischio per il chirurgo di contrarre malattie trasmissibili per via ematica a seguito di
un taglio o un foro accidentale durante l’intervento chirurgico. (Arthur e Berardo,
1989; Avery e Johnson, 1992; Busch, 1994; Gordon et al, 1995; Karlis e
Glickman,1997; Jones,1999). Infine i rischi di amputazione delle papille dentali e del
28
ferimento della mucosa orale sono notevolmente ridotti; i denti e le protesi dentarie
non sono sottoposti a trazione, ed è più facile mantenere l'igiene orale (Gordon et al,
1995; Jones, 1999; Ayoub e Rawson, 2003).
Per molti autori la fissazione intermascellare attraverso l’utilizzo di sole viti
(IMF) offre risultati paragonabili, sotto il punto di vista della stabilità del blocco
intermascellare, al pari di quello ottenuto con le ferule.
Vengono segnalate tuttavia in letteratura delle complicanze legate all’utilizzo
delle viti trans-fisse e trans-mucose.
Il rischio principale è la possibilità di danneggiare le radici degli elementi
dentari contigui durante la perforazione, specialmente nei pazienti che
presentano un affollamento dentale. (Kev e Gibbons 2001. Farr e 6W-sentire
2002; Mai / ora e Brook 2002). Un evento riferito da vari Autori è la la rottura
(Holmes e Hutchinson, 2000. Coburn et al, 2002), o la perdita di viti all’interno del
campo operatorio, con conseguente rischio di inalazione delle stesse (Karlis e
Glickman, 1997).
Frequentemente la mucosa orale tende a ricoprire le viti (Gordon 1995), con
conseguente rischio di infezioni associate alla zona di collocazione (Gordon et al
1995. Coburn et al, 2002) (Coburn et al, 2002) e talvolta con la conseguente
compromissione degli elementi dentari contigui. Vengono segnalate, sempre dai dati
della letteratura, lesioni iatrogene a livello dei nervi alveolari inferiori (NAI) o
migrazione delle stesse all’interno dei seni paranasali (Schneider et al, 2000.
Vartanian e Alvi, 2000).
Le viti da blocco non rappresentano sempre un’alternativa all’utilizzo delle ferule
metalliche. Jones (1999) e Schneider et al, (2000) hanno affermato per primi e
rilevato che la fissazione intermascellare con viti non crea trazione direzionale
postoperatoria e quindi non crea l'effetto "banda di tensione" che invece può creare la
fissazione mediante ferule. In questa situazione clinica si trovano molte fratture
mandibolari alveolari scomposte multiple o fratture causate da arma da fuoco.
29
Di frequente l’utilizzo delle viti rende impossibile raggiungere la trazione
direzionale post-operatoria per correggere una malocclusione in pazienti affetti da
fratture parasinfisarie e condilari bilaterali. Pertanto, l'uso di questo metodo è
indicato principalmente in fratture mandibolari singole o doppie di calibro minimo,
fratture condilari composte, e fratture in pazienti edentuli se possiedono protesi fisse.
Le controindicazioni alle viti includono anche pazienti pediatrici con denti non erotti
o parzialmente erotti e in pazienti con grave osteoporosi. Per quanto riguarda
l'osteocontenzione chirurgica, una volta applicate le ferule o le viti IMF, viene
eseguita una esposizione chirurgica del focolaio di frattura, una riduzione manuale o
con l'ausilio di legature metalliche ippocratiche che consentano di ridurre in modo
anatomico la frattura, la quale è contrastata, nella sua corretta riduzione, dalle forze
muscolari che agiscono sui monconi e che hanno portato alla scomposizione della
stessa. Una volta che la frattura è stata ridotta, si procede alla contenzione mediante
placche e viti in titanio, sempre dopo aver confezionato un blocco rigido
intermascellare per consentire il mantenimento di una corretta occlusione durante le
manovre di contenzione, potendo raggiungere così un buon ripristino dell'occlusione,
che deve, costantemente, essere la guida per il trattamento terapeutico delle fratture
del massiccio facciale in genere.
La complicanza più frequente è l'esposizione delle placche utilizzate per
l'osteosintesi, che comporta, una volta raggiunta la guarigione della frattura, la loro
rimozione frequentemente eseguita a livello ambulatoriale e in anestesia locale. Nel
contempo, una evenienza cui può andare incontro un paziente trattato per fratture
mandibolari è la suppurazione in sede di osteosintesi, che può fistolizzare all'interno
del cavo orale con fuoriuscita di materiale purulento nella fase acuta del processo
oppure può dar luogo ad un vero e proprio flemmone omolaterale, che se non
tempestivamente trattato con terapia antibiotica può suppurare a livello cutaneo con
possibile fistolizzazione oro-cutanea e cicatrice retraente susseguente, tale da
imporre una fistolectomia con plastica della regione cutanea interessata, oltre alla
30
rimozione della placca responsabile dell'infezione. Altre complicanze possono essere
osteiti o peggio osteomieliti, con possibile formazione di un sequestro osseo, con
complicanze che possono essere tali da richiedere un nuovo intervento per la
resezione della zona andata incontro ad osteomielite e successiva necessità di
ricostruzione della continuità mandibolare, se questa fosse stata interrotta. È peraltro
possibile che non si formi, in caso di errata osteocontenzione, un callo osseo duro
che consenta una completa restitutio ad integrum della continuità mandibolare e
quindi si presenti un mal consolidamento dei monconi di frattura fino ad arrivare alla
pseudoartrosi, che comporta la necessità di reintervenire per rimuovere il tessuto
osteofibrotico, recentare i margini dei monconi fratturati e consentire una nuova
osteocontenzione e quindi una nuova fase di guarigione.
31
3. SCOPO DELLO STUDIO
Questo studio ha come obiettivo, la valutazione degli effetti collaterali a livello
parodontale dai mezzi di contenzione che vengono attualmente utilizzati in Chirurgia
Maxillo-Facciale prima citati. Inizialmente attraverso uno studio prospettico si sono
valutati gli indici di placca, sanguinamento, profondità di sondaggio e la vitalità degli
elementi dentali. Durante la rilevazione dei parametri prima citati, si è reso necessario,
individuare nuovi indici al fine di indagare in modo più peculiare e dettagliato eventuali
differenze e/o anomalie in alcune aree specifiche di criticità, sia dal punto di vista del
trauma che da quello terapeutico/chirurgico, ed in particolare, la vitalità della regione di
frattura e la zona di posizionamento delle viti di fissaggio IMF.
Inoltre, sempre al fine di eseguire un’indagine il più possibile particolareggiata ed
interessante dal punto di vista degli eventuali risvolti clinici, è emersa la possibilità di
rilevare in modo retrospettivo tramite l’autovalutazione fornita dal paziente, la propria
percezione di sensibilità della cute, riferita all’area della porzione inferiore del labbro.
Tale parametro è stato valutato con l’indice denominato Skin Sensitive (SS),
appositamente creato per questo studio al fine di valutare le differenze pre e post
intervento riferite appunto alla sensibilità cutanea.
32
4. MATERIALI E METODI
4.1 Selezione Del Campione
E’ stato esaminato in modo prospettico nell’arco temporale di 18 mesi, un campione
non omogeneo di 14 pazienti (12 di sesso maschile e 2 di sesso femminile) con
diagnosi di frattura mandibolare unifocale o plurifocale.
Il blocco intermascellare è stato ottenuto in 7 pazienti mediante viti IMF ed in altri 7
mediante contenzione con ferule metalliche.
Le sedi di frattura sono state le seguenti: 10 localizzate all’ angolo mandibolare, 2
alla sinfisi mandibolare, 2 paramediane, 3 localizzate al condilo. Tre pazienti
presentavano sedi multiple di frattura.
Rispetto alla tipologia di frattura: 8 fratture erano composte, 6 erano scomposte.
4.2 Criteri di Esclusione e Inclusione
Lo studio prevedeva che il campione (14 pazienti) fosse composto da pazienti trattati
chirurgicamente in cui è stato utilizzato il blocco intermascellare in sede
intraoperatoria e nel periodo post-operatorio.
Sono stati esclusi dallo studio tutti i pazienti che presentavano gravi lesioni al
massiccio facciale o in altri distretti tali da impedire la raccolta dei dati.
Sono stati esclusi tutti i pazienti edentuli o con meno di 15 elementi presenti
all’interno del cavo orale,
Su tutti i pazienti inseriti nello studio sono stati esclusi i terzi molari in quanto
risultava impossibile la valutazione e la misurazione degli stessi a causa della ridotta
apertura buccale soprattutto in prima visita.
33
Inoltre sono stati escluse tutte le eventuali problematiche endodontiche e/o
parodontali precedenti al trauma, come ad esempio sondaggi di lesioni
endoperio, fistolizzazioni e ascessi.
4.3 Indici e Parametri Utilizzati
1) Per ciascun paziente sono stati raccolti alcuni dati clinici avvalendosi di una
cartella parodontale redatta e creata appositamente per la realizzazione del presente
studio. All’interno della suddetta cartella parodontale, venivano valutati i seguenti
parametri per ciascun paziente:
- PD Profondità di sondaggio (PD);
- F.M.P.S. (PI) indice di placca;
- F.M.B.S. (BOP)sanguinamento al sondaggio;
- VIT la Vitalità del dente indicata con (VIT);
- VITs la vitalità dei siti significativi (VITs)*;
*Per il gruppo dei pazienti con IMF in aggiunta agli altri indici, è stato creato un
indicatore apposito e sito-specifico inerente la Vitalità (VITs) che valutava tale
parametro associato alle aree più significative quali zone di frattura e di inserimento
di viti IMF.
34
- SS Skin Sensitive (SS) sensibilità cutanea al labbro inferiore.; su tutto il campione
è stato concretizzato mediante raccolta anamnestica e intervista, un parametro che
indicasse la auto-percezione di sensibilità facciale, ed in particolare della zona
cutanea riferita al labbro inferiore post e pre-trauma. Tale indice creato
appositamente per lo studio è stato denominato Skin Sensitive (SS), esso offriva al
paziente tre alternative di scelta per indicare la propria percezione di sensibilità
nell’area interessata indicando con:
0 nessun cambiamento dell’area tra il tempo T0 e T2
1 aumentata sensibilità dell’area tra il tempo T0 e T2
- 1 diminuzione o perdita di sensibilità dell’area tra il tempo T0 e T2
2) Per ogni valore rilevato al sondaggio, veniva assegnato un valore
rappresentativo delle condizioni di salute parodontali, in diversi momenti
predefiniti e successivamente confrontati.
3) In una tabella veniva visualizzato graficamente il sito esatto in cui erano stati
posizionati i mezzi di contenzione quali ferule ed IMF ed altresì veniva
rappresentata l’ubicazione della placca di stabilizzazione in titanio, in modo da
valutare visivamente le eventuali correlazioni tra valori anomali riscontrati e la
collocazione dei dispositivi metallici utilizzati durante la fa se chirurgica.
35
Cartella per pazienti con Ferula
36
Cartella per pazienti con IMF
37
4.4 Valutazioni Temporali
Per ogni paziente del campione esaminato sono stati raccolti tutti i parametri prima
citati in tre tempi prestabiliti:
(T0) pre-intervento chirurgico
(T1) ad una settimana post-intervento chirurgico per i pazienti con IMF, e a 15 giorni
post-intervento per i pazienti con ferula, in quanto risultava impossibile eseguire il
sondaggio antecedentemente alla rimozione del mezzo contentivo;
(T2) follow-up a tre mesi post-intervento
38
4.5 Valutazioni Radiografiche
Per quanto riguarda le valutazioni radiografiche i pazienti del campione,
indipendentemente dal mezzo di contenzione utilizzato, dovevano effettuare:
Tempo 0: OPT pre-operatoria, RX cranio
OPT Paziente con frattura mandibolarePrima della fase Chirurgica al T0
è indicata l’area di frattura
39
RX Cranio Antero-Posterioree di Paziente con frattura
mandibolare in fase Pre-Chirurgica al T0
è indicata l’area di frattura.
40
Tempo 1: OPT post-operatoria, RX cranio
RX Cranio Latero-Laterale di Paziente con frattura
mandibolare in fase Post Chirurgica al T1
è indicata l’area di frattura.
41
RX Cranio Latero-Laterale di Paziente con frattura mandibolare in fase
Post Chirurgica al T1
è indicata la placca in Titanio e le viti di fissaggio.
42
RX Cranio Latero-Laterale di Paziente con frattura mandibolare in fase
Post Chirurgica al T1
sono indicati i mezzi di contenzione Ferule
43
OPT Paziente con frattura mandibolare in fase post Chirurgica al T1
è indicata la placca in titanio di stabilizzazione ossea
superiormente in mezzi di contenzione Ferule
OPT Paziente con frattura mandibolare in fase post Chirurgica al T1
è indicata la placca in titanio di stabilizzazione ossea
superiormente in mezzi di contenzione Ferule
44
OPT Paziente con frattura mandibolare in fase post Chirurgica al T1
sono indicate placche in titanio di stabilizzazione ossea
e legatura Ippocratica
OPT Paziente con frattura mandibolare in fase post Chirurgica al T1
Sono indicati i mezzi di contenzione Viti IMF
45
RX Cranio Antero-Posteriore di Paziente con doppia frattura
mandibolare in fase Post Chirurgica al T1
sono indicate le placche in Titanio
46
RX Cranio Antero-Posteriore di Paziente con doppia frattura
mandibolare in fase Post Chirurgica al T1
sono indicate le Viti IMF
47
4.6 Creazione Data Base
Per il presente studio è stato creato un database apposito su che prevedesse una
raccolta dati allegati a documentazione iconografica, radiografica e di programmi
software ed in particolar modo della cartella parodontale ridefinita e strutturata su
misura per la presente tesi. Lo studio prevedeva la raccolta di parametri quali PD, PI,
BOP, VIT e eventualmente VITs per i pazienti con IMF al tempo T0, T1 e T2,
Tali dati in alcuni casi erano definiti come medie matematiche pure, come nel caso
del PD, infatti per arrivare ad un dato unico tale da consentire l’inserimento
successivo in una tabella Excel, veniva fatta la somma di tutti i sondaggi eseguiti su
ogni sito e in seguito il risultato della sommatoria veniva suddiviso per il numero di
siti.
48
Per quel che riguarda PI e BOP si è utilizzato rispettivamente l’indice di riferimento
FMPS e FMBS che richiede una compilazione dicotomica del parametro di
riferimento e offre come risultato una percentuale di siti sanguinanti o con presenza
di placca riferita a tutti i siti dentali presenti all’interno del cavo orale.
Inerentemente all’indice di vitalità è stato realizzata una formula simile a quella
utilizzata dal FMBS e FMPS, cioè veniva messo al numeratore il numero di denti
vitali, al denominatore il numero di denti totali presenti, il risultato in seguito veniva
moltiplicato per cento, questa metodologia offriva una percentuale di vitalità efficace
da confrontare sia per quanto concerne l’indice VIT in generale, sia per l’indice VITs
per la percentuale di elementi vitali nei siti più significativi e a rischio interessati da
frattura diretta dell’osso alveolare e corticale o dall’eventuale danno iatrogeno a
seguito dell’inserimento di viti IMF da parte del chirurgo.
49
4.7 Inserimento Dei Dati In Excel
Tutti i parametri sono stati rilevati al tempo T0, T1 e T2 e inseriti successivamente
all’interno di una tabella realizzata tramite Microsoft Excel,
su tale griglia oltre ai tre tempi venivano rilevate le “difference score” tra il T2
(Follw-up 3 mesi) e il T0 (Pre-chirurgico) riferite a ciascun parametro,
venivano poi calcolati gli indici di dispersione quali: MEDIA, MEDIANA, MAX,
MIN, DEV STAND, I e III QUARTILE per tutti e tre i tempi.
Successivamente venivano creati dei grafici “BOX PLOT” rappresentativi dei valori
tra il T2 (Follw-up 3 mesi) e il T0 (Pre-chirurgico) riferite a ciascun indice.
50
51
5. RISULTATI
5.1 Livelli di Significatività Generali
Mediante il calcolo statistico T-Student di confronto dei dati venivano calcolati i
livelli di significatività per rifiutare o accettare l’ipotesi nulla riferita al dato specifico
ricercato:
Per quel che riguarda il PD il test non è stato significativo, in quanto il P value risulta
0,9787 e quindi maggiore del 5% ( P value 0,05)
52
Per quel che riguarda il BOP il test non è stato significativo, in quanto il P value
risulta 0,3831 e quindi maggiore del 5% ( P value 0,05)
Per quel che riguarda il PI il test non è stato significativo, in quanto il P value risulta
0,9699 e quindi maggiore del 5% ( P value 0,05)
53
Per quel che riguarda la VIT il test non è stato significativo, in quanto il P value
risulta 0,0665 e quindi maggiore del 5% ( P value 0,05)
54
5.2 Livelli di Significatività Ferule
Per quel che riguarda tutti i parametri indicati nei test non vi è stata significatività, in quanto il P value risulta maggiore del
5% (P value 0,05)
55
5.3 Altri Parametri Importanti
5.3.1 Compromissione Elementi Dentali a causa del trauma
Il campione preso in esame presentava fratture mascellari inferiori che interessavano
la zona radicolare di denti in 7 pazienti per un totale di 8 elementi coinvolti, inoltre il
trauma aveva causato la frattura coronale in 4 pazienti per un totale di 8 elementi
coinvolti e la perdita di uno o più denti in 2 pazienti per un totale di 11 elementi
persi.
Fratture Coronali Fratture Radicolari Perdita Elementi
4 pazienti 7 pazienti 2 pazienti
8 elementi 8 elementi 11 elementi
5.3.2 Variazione successiva al trauma della sensibilità cutanea (Skin
Sensitive)
Durante il presente studio è stato valutato il parametro S.S. su tutti i pazienti, tale
criterio di autovalutazione ha dato i seguenti risultati:
Parametro Ferule IMF
Diminuzione
sensibilità
0 0
Aumento
sensibilità
4 1
Nessuna
variazione di
sensibilità
3 6
56
6. PROTOCOLLI DI IGIENE ORALE PER I PAZIENTI
IN TERAPIA CONTENITIVA
A seguito dell’esperienza avuta nel reparto di chirurgia maxillo-facciale dove si sono
svolti i lavori del presente studio è stato possibile creare ad hoc uno specifico
protocollo di igiene orale domiciliare (IOD) per ciascun mezzo contenitivo che a
nostro avviso risulta particolarmente efficace nel mantenere un buono stato di salute
orale. Per ciò che concerne l’igiene professionale è stato appurato che essa è
praticabile al T1 (post-chirurgico intermedio) ove necessario, in caso non vi siano
controindicazioni mediche specifiche.
6.1 Protocollo IOD per pazienti con Ferule
Presidio Utilizzo Timing
Spazzolino Ortodontico - Tecnica: orizzontale
sugli elementi dove è
presente la Ferula
- 3 volte al
giorno
Spazzolino con setole
morbide
- Tecnica:
Bass modificata sui
settori posteriori non
interessati dalla ferula
- 3 volte al
giorno
Filo interdentale Super
Floss
- Aree interprossimali
fino alla base della
ferula e nelle
propaggini metalliche
di supporto alla
legatura dei fili di
acciaio
- 1 volta al
giorno
Colluttorio con CHX
0,12%
- Sciacquo con durata
di 60 sec.
- 2 volte al
giorno per
30gg
57
6.2 Protocollo IOD per pazienti con IMF
Presidio Utilizzo Timing
Spazzolino con setole
morbide
- Tecnica:
Bass modificata
- 3 volte al
giorno
Spazzolino monociuffo - Rimozione biofilm
presente sulla superfice
delle viti
- 3 volte al
giorno
Filo interdentale Ultra
Floss
- Aree interprossimali - 1 volta al
giorno
Colluttorio con CHX
0,12%
- Sciacquo con durata di
60 sec.
- 2 volte al
giorno per
15gg
*Si consiglia la sostituzione degli elastici contenitivi una volta al giorno salvo diversa indicazione terapeutica del chirurgo
Maxillo-facciale
7. DISCUSSIONE
Nella gestione delle fratture mandibolari, sono state utilizzate diverse tecniche e
metodi per la fissazione chirurgica intermascellare. Attualmente la tecnica più
impiegata è quella di utilizzare delle barre di metallo ad arco fissate grazie a dei fili
metallici e ad un occhiello sporgente (Ferule). Queste tecniche chirurgiche
solitamente hanno un tempo relativamente lungo sia per l’apposizione, che per la
rimozione, inoltre durante la procedura, vi è il rischio da parte del chirurgo di
contrarre infezioni di malattie trasmissibili, in quanto può avvenire che i fili taglienti
che vengono utilizzati per il fissaggio delle ferule, o gli aghi possano perforare i
guanti e così esporre al rischio di contagio, gli operatori sanitari, impegnati
nell’intervento chirurgico. (Scully e Porter, 1991; Avery e Johnson,1992; Busch,
1994).
58
Oltre alle problematiche sopra citate, le ferule non sono facili da applicare, in
particolar modo quando i denti presentano ponti, corone, ricostruzioni o impianti.
Inoltre i fili stretti durante l'applicazione della barra ad arco intorno ai denti, possono
causare una necrosi ischemica della mucosa, e rendere difficile mantenere la salute
gengivale. (Wilson e Hohmann, 1976; Ayoub e Rowson,2003).
Infine l’igiene orale in questo contesto risulta parecchio complicata, perché il
paziente autonomamente non sempre è in grado di scegliere gli strumenti e le
tecniche più indicate per eseguirla correttamente; infatti una rimozione adeguata e
sufficiente dei depositi di placca e cibo, che penetrano tra le maglie e le
propagginazioni dell’arco metallico, richiede conoscenze che non sempre il paziente
possiede. Inoltre successivamente all’intervento chirurgico, durante il periodo di
mantenimento delle ferule, il paziente deve spesso fare i conti con problematiche di
natura algica, anche in altri distretti corporei, vista la natura traumatica dell’evento
e/o psicologici come ad esempio quella di raggiungere una guarigione favorevole e
senza ripercussioni future. Anche la perdita di elementi dentari o la loro frattura e
l’idea che si dovrà avere un dispendio di tempo, denaro ed energie con importanti
cure odontoiatriche dopo la rimozione dei mezzi di contenzione, incide
negativamente sulla motivazione all’igiene orale domiciliare, con esiti quasi sempre
negativi per la salute dento-parodontale.
Per ovviare a questi problemi, la tecnica adottata per la fissazione intermascellare nel
presente studio è stata quella descritta da Arthur e Berardo (1989) che utilizza
almeno quattro viti in titanio autofilettanti inserite a livello transmucoso, una per
ogni quadrante. Le viti, hanno dimensioni di 8 mm di lunghezza e 2 mm di diametro,
sono inserite a livello della giunzione della mucosa alveolare tra i canini e primi
premolari. Questa procedura presenta molti vantaggi rispetto alle tecniche con ferule.
In primo luogo, l'inserimento risulta più agevole e richiede circa 10 minuti, con un
significativo risparmio di tempo intraoperatorio e di costi e sono altrettanto facili da
rimuovere, senza l’ausilio di anestesia (Arthur e Berardo, 1989; Busch, 1994; Karlis
59
e Glickman, 1997; Jones,1999). Non ci sono rischi che tale procedura possa causare
lesioni al chirurgo mediante fili taglienti, con conseguente diminuzione di rischio di
trasmissione di malattie ematiche tra chirurgo e paziente (Arthur eBerardo, 1989;
Avery e Johnson, 1992; Busch, 1994; Gordon et al, 1995;. Karlis e Glickman, 1997;
Jones, 1999). Inoltre, i rischi di amputazione delle papille dentali e del ferimento
della mucosa orale sono notevolmente ridotti; i denti e le protesi dentarie non sono
sottoposti a trazione, ed è più facile mantenere l'igiene orale (Gordon et al, 1995;.
Jones, 1999; Ayoub e Rawson, 2003). In fine questo metodo (IMF) è compatibile
con il fissaggio mediante ferule. A differenza di quanto sostenuto da alcuni Autori
(Kev e Gibbons 2001.. Farr e 6W-sentire 2002; Mai / ora e Brook 2002.) questo
studio smentisce che il principale rischio nell’utilizzo di viti sia la possibilità di
danneggiare le radici dentali durante la perforazione e l’apposizione delle stesse,
infatti, a seguito del presente studio sperimentale non si sono riscontrate differenze
statisticamente significative nell’utilizzo dei due diversi metodi di contenzione sul
parametro di riferimento Vitalità (VIT) tra il T0 (pre-chirurgico) e T2 (post-
chirurgico 3 mesi). Va segnalato, che i dati indicano che spesso si potrebbero
verificare più danni pulpari con Ferule che con l’IMF, infatti, dallo studio è emerso
che nell’utilizzo delle ferule, per quanto riguarda la vitalità, tra i tempi T0 (pre-
chirurgico) e T2 (post-chirurgico 3 mesi) le differenze risultano, anche se non
statisticamente significative, degne di nota, in quanto la percentuale del P value (VIT
Ferule), raggiunge valori molto vicini alla soglia di significatività ( al 5%), con
livelli che oscillano, intorno all’ 8%. Viceversa, nei pazienti con IMF si è riscontrata
una percentuale del P value (VIT IMF) del 30% ben distante dall’avere una
significatività di vitalità tra i tempi T0 (pre-chirurgico) e T2 (post-chirurgico 3 mesi);
ciò nonostante i dati che raggruppano tutti i pazienti trattati sia con IMF che con
Ferule raggiungono un P value del 6,65%, questo dato indica chiaramente che
secondo il presente studio i danni collaterali agli elementi dentari, che si possono
verificare durante le terapie chirurgiche contenitive, del distretto mandibolare a
60
seguito di trauma sia con IMF che con ferule, non risultano statisticamente
significative e pertanto la scelta dei mezzi di contenzione da utilizzare durante
l’intervento chirurgico, spetta esclusivamente al chirurgo che non deve tener conto
nella sua scelta di eventuali danni pulpari/ endodontici a carico degli elementi
dentari, che si potrebbero verificare conseguentemente alle proprie decisioni
mediche.
In conclusione possiamo aggiungere che durante la fase terapica contenitiva tra T0
(pre-chirurgico) e T1 (post-chirurgico fase intermedia), alcuni danni reversibili
possono verificarsi sia a livello parodontale che a livello di vitalità e sensibilità
soprattutto in caso di contenzione con ferule, ma che nel controllo a 3 mesi (T2) sono
risultate risolte o in via di guarigione e comunque lontane dalla soglia di
significatività.
Per quanto riguarda il parametro Skin Sensitive (SS), l’osservazione retrospettiva ha
riscontrato una maggiore ripresa della sensibilità nei pazienti con ferula, da T0 (pre-
chirurgico) A T2 (post-chirurgico 3 mesi), rispetto ai pazienti con IMF. Questa
differenza a nostro avviso non è dovuta a una migliore o peggiore tecnica chirurgica
contenitiva, bensì a una selezione del campione all’origine, in quanto i pazienti con
fratture più gravi, traumatiche e compromettenti anche dal punto di vista
neurologico, venivano inseriti dal chirurgo in contenzione con ferule, mentre quelli
con fratture meno gravi in quello con IMF. In virtù di quanto detto, i pazienti con
ferule a seguito del trauma avevano perdita di sensibilità temporanea, che nell’arco
dei tre mesi tendeva a risolversi; viceversa nei pazienti con IMF, meno
frequentemente si registrava una perdita di sensibilità post trauma. pertanto, essendo
il parametro (SS) legato ad una variazione di sensibilità e non alla presenza o meno
della stessa nei pazienti con IMF, dove non vi era stata perdita iniziale, non si
registrava una variazione.
Per ciò che riguarda invece la realizzazione dei protocolli di igiene orale domiciliare,
essi sono stati realizzati ad hoc cercando di favorire le esigenze del paziente ma
61
tuttavia armonizzandole con necessità non trascurabili, per il raggiungimento e il
mantenimento di uno stato di salute dento-parodontale. A nostro avviso i protocolli,
garantiscono una rapida ripresa fisiologica dei tessuti molli e una buona
conservazione dei tessuti duri, che assicurano la preservazione da eventuali danni
collaterali dovuti ai mezzi di contenzione, che altrimenti frequentemente si
verificano. Al fine di ottenere un’ottima situazione di salute orale, nonostante le
condizioni sfavorevoli in cui i pazienti si trovano, a nostro avviso essi possono essere
sottoposti ugualmente a sedute di igiene orale professionale, qualora ve ne sia
necessità, con ablazione ultrasonica dei depositi di tartaro sopra e sotto gengivali al
tempo T1 (Post chirurgico intermedio). Queste procedure faciliteranno inoltre, anche
le manovre di igiene orale domiciliare che il paziente dovrà attuare. Sicuramente
tutte queste procedure potranno incidere positivamente anche sullo status psicologico
e motivazionale, che talvolta se il paziente è lasciato a se stesso rischia di tralasciare.
62
8. CONCLUSIONI
Il blocco intermascellare, indispensabile per il corretto trattamento delle fratture
mandibolari e mascellari, viene ancora oggi come in passato ottenuto con
l’applicazione di ferule metalliche e legature parodontali che le stabilizzano.
L’applicazione di tale sussidio tuttavia non è esente da rischi ed effetti collaterali
(danni iatrogeni, infiammazione gengivale e danni al parodonto). Per tali motivi al
fine di addivenire al medesimo risultato, ovvero il blocco intermascellare, negli anni
sono stati introdotti sussidi meno traumatici a livello parodontale e di più rapida
applicazione.
Le viti in titanio (IMF) autofilettanti inserite nell’osso basale dei mascellari
attraverso un accesso trans-mucoso, in alcuni casi ma non in tutti, possono
rappresentare un’alterativa alle ferule metalliche.
Lo scopo della ricerca è stato proprio la valutazione ed il raffronto del danno
parodontale, sempre presente in caso di frattura mandibolare, in 2 gruppi di pazienti
sottoposti a riduzione chirurgica delle fratture in narcosi utilizzando in uno le ferule
metalliche e nell’altro le viti IMF.
Attraverso l’utilizzo dei comuni indici di valutazione parodontale: Profondità di
sondaggio (PD); Indice di placca (PI); Sanguinamento al sondaggio(BOP); e gli
esami radiografici (RX OPT) condotti in tempi differenti di decorso post-chirurgico,
lo studio è approdato ad alcune conclusioni.
Sia con l’utilizzo delle ferule, sia con l’utilizzo delle viti IMF un quadro di
infiammazione gengivale risulta sempre presente nel periodo post-operatorio. Questo
quadro appare risolversi dopo 6-7 settimane, quasi in modo completo e lo status
parodontale ritorna quasi ai livelli pre-operatori. Le motivazioni di tale temporaneo
danno risiedono quasi sicuramente nella difficoltà dei pazienti a mantenere una
63
corretta igiene orale nel periodo di blocco e nel periodo immediatamente successivo
alla rimozione dello stesso (difficoltà di apertura orale, dolore).
Le problematiche temporanee sul parodonto risultano maggiori con l’utilizzo delle
ferule rispetto alle viti per l’IMF. Tuttavia le differenze non sono state
statisticamente significative ai test statistici.
Dall’analisi dei dati clinici e statistici si può affermare che i pazienti in terapia
contenitiva del distretto maxillo-facciale conseguente a trauma, non subiscono danni
iatrogeni permanenti né con IMF né con Ferule nel lungo periodo.
Una coda dello studio si è occupata dei test di vitalità degli elementi dentari limitrofi
al focolaio di frattura. Il risultato più rilevante è stato il riscontro di una perdita di
vitalità maggiore nei pazienti quando sono state utilizzate le ferule rispetto a quelli
dove sono state utilizzate le viti per l’IMF. Questo dato trova una spiegazione tecnica
relativamente semplice: laddove il chirurgo rilevi mal posizioni dentarie post-
traumatiche (avulsioni parziali o dislocazioni) a livello dei focolai di frattura sceglie
da protocollo l’opzione delle ferule al fine di ottenere una contenzione degli elementi
dentari riposizionati; questo risultato infatti non può essere ottenuto con le viti per
l’IMF. Ovviamente tali elementi dentari hanno rilevato test di vitalità meno
soddisfacenti o negativi nel lungo periodo, semplicemente per parodontite post-
traumatica o devitalizzazione iatrogena da trauma.
64
9. BIBLIOGRAFIA
1 Anastassov GE, Rodriguez E, Schwimmer AM, Adamo AK: Facial rhytidectomy approach for
treatment of posterior mandibular fractures. J Craniomaxillofac Surg 1996;25(1):9-14.
2 Andreasen JO, Bakland LK, Matras RC, Andreasen FM: Traumatic intrusion of permanent teeth.
Part 1. An epidemiological study of 216 intruded permanent teeth. Dent Traumatol, 2006;22:83-9.
3 Andreasen JO, Bakland LK, Andreasen FM: Traumatíc intrusíon of permanent teeth. Part 2. A
clinical study of the effect of preínjury and ínjury factors, such as sex, age, stage of root
development, tooth location, and extent of injury including number of íntruded teeth on 140
intruded permanent teeth. Dent Traumatol, 2006; 22:90-8.
4 Ardekian L, Gaspar R, Peled M, Manor R, Laufer D: Incidence and type of cervical spine injuries
associated with mandibular fractures. J Craniomaxillofac Trauma 1997;3(2):18-21.
5 Assael LA: Evaluation of rigid internal fixation of mandible fractures performed in the teaching
laboratory. J Oral Maxillofac Surg 1993;51(12):1315-1319.
6 Baldand LK, Andreasen JO: Dental traumatology: essential diagnosis and treatment planning.
Endodontic Topics, 2004;7:14-34.
7 Beirne JC, Butler PE, Brady FA: Cervical spine injuries in patients with facial fractures: A 1-years
prospective study. Int J Oral Maxillofac Surg 1995;24:26-29.
8 Brons R, Boering G: Fractures of the mandibular body treated by stable internal fixation: A
preliminary report. J Oral Surg 1970;20(6):407-415.
9 Bruno JR, Kempers KG, Silverstein K: Treatment of traumatic mandibular non-union. J
Craniomaxillofac Trauma 1999;5(2):27-32.
10 Cawood JI: Small plate osteosynthesis of mandibular fractures. Br J Oral Surg 1985;23(2):77-91.
11 Champy M, Kahn JL: Fracture line stability as a function of the internal fixation system. An in
vitro comparison using a mandibular angle fracture model. Discussion. J Oral Maxillofac Surg
1995;53:801-802.
12 Champy M, Lodde JP, Jaeger JH, Wilk A: Mandibular osteosynthesis according to the Michelet
technic I. Bio-mechanical bases. Rev Stornatol Chir Maxillofac 1976; 77(3):569-576.
13 Champy M, Lodde JP, Schmitt R, et al.: Mandibular osteosynthesis by miniature screwed plates
via a buccal approach. J Maxillofac Surg 1978;6(1):14-21.
65
14 Christophersen P, Freund M, Harild L: Avulsion of primary teeth and sequelae on the permanent
successors. Dental Traumatology, 2005;21:320-323.
15 Dechow PC, Ellis III, Throcknorton GS: Structural properties of mandibular bone following
application of a bone plate. J Oral Maxillofac Surg 1995;53(9):1044- 1051.
16 Dodson TB, Perrot DH, Kaban LB: Gordon NC. Fixation of mandibular fractures: A comparative
analysis of rigid internal fixation and standard fixation techniques. J Oral Maxillofac Surg
1990;48(4):362-366.
17 Eggink CO: Endodontic treatment after dento-alveolar trauma. Ned Tijdschr Tandheelkd,
1979;86:415-7.
18 EIlis E III, Tharanon W: Facial width problems associated with rigid fixation of mandibular
fractures: Case report. J Oral Maxillofac Surg 1992;50(1):87-94.
19 Ellis E III, Ghali GE: Lag screw fixation of mandibular angle fractures. J Oral Maxillofac Surg
1991;49(3): 234-243.
20 Ellis E III, Karas N: Treatment of mandibular angle fractures using two mini-dynamic
compression plates. J Oral Maxillofac Surg 1992;50(9): 958-963.
21 Ellis E III, Sinn DP: Treatment of mandibular angle fractures using two 2.4- mm dynamic
compression plates. J Oral Maxillofac Surg 1993;51(9):969-973.
22 Ellis E III, Walker L: Treatment of mandibular angle fractures using two noncompression
miniplates. J Oral Maxillofac Surg 1994;52(10):1032-1036.
23 Ellis E III: Complications of rigid internal fìxation far mandibular fractures. J Craniomaxillofac
Trauma 1996; 2(2):32-39.
24 Ellis E III: Lag screws fìxation of mandibular fractures. J Craniomaxillofac Trauma 1997;3(1):16-
26.
25 Ellis E III: Treatment of mandibular angle fractures using the AO reconstruction plate. J Oral
Maxillofac Surg 1993;51(3):250-254.
26 Flores MT, Andreasen JO, Bakland LK, Feiglin B, Gutmann JL, Oikarinen K, Ford TR,
Sigurdsson A, Trope M, Vann WF Jr.: International Association of Dental Traumatology.
Guidelines for the evaluation and man-agement of traumatic dental injuries. Dent Traumatol,
2001;17:1-4.
27 Gaengler P: Traumatic Dental Injuries - A Manual. Journal of Oral Rehabilitation, 2004;31:1035.
28 Gerard N, D'Innocenzo R: Modifìed technique for adapting a mandibular angle superior border
plate. J Oral Maxillofac Surg 1995;53(2):220-221.
29 Haug RH, Morgan JP III: A microplate and screw technique for intraoral open reduction of
mandibular angle fractures. J Oral Maxillofac Surg 1995;53(2):218-219.
66
30 Haug RH, Savage JD, Likavec MJ, Conforti PJ: A review of 100 closed head injuries associated
with facial fractures. j Oral Maxillofac Surg 1992;50(3): 218-222.
31 Haug RH, Schwimmer A: Fibrous union of the mandible: A review of 27 patients. J Oral
Maxillofac Surg 1994;52(8):832-839.
32 Hayter JP, Cawood JI: The functional case for miniplates in maxillofacial surgery. Int J
MaxilloFac Surg 1993;22 (2): 9 I -96.
33 Ibaseta-Diaz G, Alvarez-Arenal A, Ellacuria-Echevarria J, Espinosa-Marino J, Maza Cano JL:
Orthodontic and prosthodontic treatment in dental avulsion cases. Am J Dent 2002;15:346-8.
34 Iizuka T, Lindqvist C. Hallikainen D, Paukku P: Infection after rigid internal fixation of
mandibular fractures: A clinical and radiologic study. J Oral Maxillofac Surg 1993;49(6):585-593.
35 Juniper RE Awty MD: The immobilization period for fractures of the mandibular body. Oral Surg
Oral Med Oral Pathol 1973;36(2):157-163.
36 Kearns GJ, Perrott DH, Kaban LB: Rigid fixation of mandibular fractures: Does operator
experience reduce complications! J Oral Maxillofac Surg 1994;52(3):226- 232.
37 Kleinheinz J, Anastassov GE, Joos U: Indications for treatment of subcondylar mandibular
fractures. J Craniomaxillofac Trauma 1999;5(2):17-23.
38 Kruger E, Shilli W: Fractures and Luxation of Theet and the Alveolar Process, in Oral and
Maxillofacial Traumatology, Quintessence, 1985.
39 Lazow SK: The mandible fracture: a treatment protocol. J Craniomaxillofac Trauma 1996;2(2):24-
30.
40 Mahy P, Piette E, Reychler H: Maxillo-facial aspects of dento-alveolar trauma. Rev Belge Med
Dent; 1998; 53:159-70.
41 Michelet FX, Deymes J, Dessus B: Osteosynthesis with miniaturized screwed plates in maxillo-
facial surgery. J Maxillofac Surg 1973;1(2):79-84.
42 Moilanen A: Primary radiographic diagnosis of fractures in the mandible. Int J Oral Surg
1982;11:299-303.
43 Mugnier A, Garlopeau F, Deffez JP, Bordais P: Dento-maxillary injuries of children. Pedod Fr,
1973;11-13; 7:121-237, 327-86.
44 Nakamura S, Takenoshita Y, Oka M: Complications of miniplate osteosynthesis for mandibular
fractures. J Oral Maxillofac Surg 1994;52(3): 233-239.
45 Passeri LA, Ellis E III, Sinn DP: Complications of non-rigid fìxation of mandíbular angle
fractures. J Oral Maxillofac Surg 1993;51(4):382-384.
46 Passeri LA, Ellis E III, Sinn DP: Relationship of substance abuse to complication with mandibular
fractures. J Oral Maxillofac Surg 1993;51(1): 22-25.
67
47 Peled M, Ardekian L, Abu-EI-Naaj I-Rahrniel A, Laufer D: Complication of miniplate
osteosynthesis in the treatment of mandibular fractures. J Craniomaxillofac Trauma 1997;3(2):14-
17.
48 Petersen JK: Management of acute dento-alveolar trauma from the viewpoint of an oral surgeon.
Aust Endod J, 2000;26:72-7.
49 Powers MP: Diagnosis and Mangement of Dentoalveolar Injuries, in Oral and Maxillofacial
Trauma. VoL1, Fonseca RJ, Walker RV, Betts NJ, eds, WB Saunders, Philadelphia, 1991.
50 Rodriguez ED, Adamo AK, Anastassov GE: Open reduction of subcondylar fractures via an
anterior parotid approach. J Craniomaxillofac Trauma. 1997;3(2):28-34.
51 Schatz JP, Joho JP, Dietschi D: Treatment of luxation traumatic injuries: defìnition and
classification in the literature. Pract Periodontics Aesthet Dent 2000;12: 781-6.
52 Schatz JP, Joho JP: A retrospective study of dento-alveolar injuries. Endod Dent Traumatol
1994;10:11-4.
53 Schwimmer AM: Management of mandibular fractures. In: M. Nussbaum, ed. Modern Techniques
in Surgery. Head and Neck Surgery. New York, NY: Futura publishing 1988;17.
54 Sherry V, McBrearty D, Fourney M, Caputo AA: Fracture line stability as a function of the
internal Fixation system: An in vitro comparison using a mandibular angle fracture model. J Oral
Maxillofac Surg 1995;53(7): 791-802.
55 Stapleford RG: The management of dento-alveolar trauma - a review. J Can Dent Assoc
1990;56:39-41.
56 Sykes LM, Wolfaardt JF, Sukha A: Prosthodontic rehabilitation of a patient with total avulsion of
the maxilla: a clinical report. J Prosthet Dent 2002;88:362-6.
57 Theriot BA, Van Sickels JE, Triplett RG, Nishioka GJ: Intraosseous wire fixation versus rigid
osseous fixation of mandible fractures: A preliminary report. J Oral Maxillofac Surg
1987;45(7):577-582.
58 Tu H, Tenhulzen D: Compression osteosynthesis of mandibular fractures: A retrospective study. J
Oral Maxillofac Surg 1985;43(8):585-589.
59 Tuovinen V, Norholt SE, Sindet-Pedersen S, Jensen J: A retrospective analysis of 279 patients
with isolated mandibular fractures treated with titanium miniplates. J Oral Maxillofac Surg
1994;52(9):931-936.
60 Wheatley MJ, Meltzer TR: The need for rigid fixation of combined parasymphyseal and bilateral
subcondylar fractures. J Craniomaxillofac Trauma 1997;3(1):46- 51.
61 Widmark G, Bagenholm T, Kahnberg KE, Lindahl L: Open reduction of subcondylar fractures. A
study of functional rehabilitation. Int J Oral Maxillofac Surg 1996;25 (2):107-111.
68
62 Wilson S, Smith GA, Preisch J, Casamassimo PS: Epidemiology of dental trauma treated in an
urban pediatric emergency department. Pediatr Emerg Care 1997; 13:12-5.
63 Worsaae N, Thorn JJ: Surgical versus nonsurgical treatment of unilateral dislocated low
subcondylar fractures: A clinical study of 52 cases. J Oral Maxillofac Surg 1994;52(4):89-98.