Screening trombofilico: aspetti clinici e genetici ... · Rivista Italiana di Genetica e...

4
Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology Anno III numero 1 - gennaio 2010 | direttore scientifico: Carmelo Salpietro - direttore responsabile: Giuseppe Micali Home page Norme editoriali | Stampa l'articolo Motore di ricerca Numeri precedenti 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 Indietro pagina 3 Avanti Screening trombofilico: aspetti clinici e genetici Thrombophilia screening: clinical and genetic aspects Valeria Ferraù, Elisa Ferro, Chiara Barone, Rosy Civa, Piera Vicchio, Italia Loddo, Marzia Sturiale, Maria Angela La Rosa Dipartimento di Scienze Pediatriche, UOC di Genetica e Immunologia Pediatrica Università di Messina Abstract Thrombophilia describes a tendency to develop thrombosis on the basis of inherited or acquired disorders of blood coagulation or fibrinolysis leading to a prothrombotic state. The thrombotic event being the result of gene-gene and gene-environment interactions. All patients with venous thromboembolism are potentials candidates for screening, regardless of the age at wich the event occurs, the circumstances of thrombosis, and the severity of the clinical manifestations. Potential candidates for screening are also women who have suffered from complications of pregnancy, other than venous thromboembolism. Screening should be limited to those traits that are more frequent or carry a higher thrombotic risk. For the rarity of these defects is indispensable the collaboration of multiple specialistics center for the bearing patients in the diagnostics and therapeutics choice. Riassunto Gli stati trombofilici sono difetti della coagulazione in cui l'equilibrio fra le forze emostatiche è spostato a favore di quelle protrombotiche. Questi possono essere distinti in congeniti o acquisiti. I soggetti candidati a effettuare lo screening per trombofilia appartengono a diverse categorie. Sono da indagare pazienti con tromboembolismo venoso ricorrente o idiopatico, familiari di 1° grado di pazienti portatori di difetti trombofilici, donne in età fertile candidate alla terapia con estroprogestinici o in corso di gravidanza/puerperio e pazienti che in età giovanile hanno manifestato un evento trombotico arterioso da causa ignota. Non esistono al momento test globali che consentano una diagnosi semplice di trombofilia, per cui è necessario eseguire più indagini secondo un protocollo ben standardizzato. Per la relativa rarità dei difetti trombofilici è necessaria la collaborazione tra centri specialistici al fine di supportare i pazienti e adottare scelte diagnostiche e terapeutiche efficaci. Introduzione Il termine “trombofilia” identifica una tendenza a sviluppare trombosi venosa e/o arteriosa sulla base di difetti ereditari o acquisiti dell’emostasi o della fibrinolisi in senso protrombotico. Tale fenomeno rappresenta, per il versante arterioso, la principale causa di morte nelle società sviluppate, mentre per quello venoso ha un’incidenza annuale dell’1-2‰ nelle popolazioni occidentali. Gli stati trombofilici sono, quindi, alterazioni del meccanismo fisiologico della coagulazione, in cui l'equilibrio fra le forze emostatiche è spostato a favore di quelle protrombotiche. Questi stati possono essere distinti in congeniti o acquisiti (Fig.1). Fig. 1 Cause di trombofilia (modificata da Hematology 2008) La trombofilia congenita, o ereditaria, può essere legata a una riduzione quantitativa o un deficit qualitativo dei meccanismi anticoagulanti e/o della fibrinolisi, o alla presenza di polimorfismi di fattori implicati sia direttamente che indirettamente nella cascata coagulativa. Si può sospettare una condizione di trombofilia su base ereditaria quando si è in presenza di episodi tromboembolici ricorrenti, esordio in età giovanile, tromboembolia a localizzazione anatomica anomala (vene mesenteriche, vena porta, vene cerebrali) e anamnesi familiare positiva. La trombofilia acquisita è caratterizzata cause molteplici, che agiscono alterando l’equilibrio emostatico in senso protrombotico: alcune di esse possono essere persistenti nel tempo, come la sindrome da anticorpi antifosfolipidi e le patologie croniche di tipo infettivo, infiammatorio, dismetabolico o neoplastico, altre invece transitorie, come i traumi, gli interventi chirurgici, la gravidanza, il puerperio e l’assunzione di estroprogestinici (Fig.1). E’ possibile che nello stesso individuo concorrono sia fattori genetici che, più frequentemente, acquisiti soprattutto quando si e in presenza di un effettivo evento trombotico. Bisogna infatti sottolineare che l’identificazione di uno stato trombofilico non significa che l’evento trombotico si debba necessariamente verificare: la maggior parte degli individui portatori di uno o più difetti trombofilici sono destinati a rimanere asintomatici nel tempo. Solo in una minoranza di casi si realizza una trombosi clinicamente manifesta, spesso come risultato dell’intervento di fattori trombogeni intercorrenti (ad es. un trauma o un intervento chirurgico) su uno stato trombofilico preesistente. Questo significa che l’identificazione di un difetto trombofilico non deve portare automaticamente ad effettuare una terapia anticoagulante. L’uso di questi farmaci a scopo profilattico primario o secondario, infatti, dovrebbe essere riservato solo ai soggetti con un difetto trombofilico, che hanno una storia personale o familiare di trombosi. Epidemiologia La maggior parte delle alterazioni trombofiliche sono congenite, alcune molto rare nella popolazione generale come, ad esempio i deficit di antitrombina III con una prevalenza stimata pari al 0, 02%, altre invece più frequenti come la resistenza alla proteina C attivata (Fattore V Leiden) e la variante genica della protrombina (Fattore II) G20210A (Fig. 2). Fig. 2 Prevalenza dei principali fattori di rischio ereditari (modificata da Haematologica 2002) Sebbene l’ introduzione sistematica di misure di prevenzione del tromboembolismo venoso abbia ridotto, negli ultimi 15 anni, la prevalenza degli eventi tromboembolici, l’ incidenza totale e la mortalità rimangono ancora molto elevate. Da studi epidemiologici emerge infatti, che l’incidenza annuale di trombosi venosa profonda (TVP) aumenta esponenzialmente con l’età passando da meno di 10 casi /100.000 abitanti, tra i ragazzi al di sotto di 15 anni, a 450-600 casi/100.000 abitanti tra gli individui al di sopra di 70 anni, senza differenza statisticamente significativa tra uomini e donne. Le manifestazioni cliniche associate ai difetti trombofilici finora elencati, nella grande maggioranza dei casi, sono trombosi venose profonde degli arti inferiori complicate o meno da embolia polmonare. Tuttavia tali difetti comportano un significativo aumento di rischio sia per manifestazioni minori, quali tromboflebiti superficiali, che per manifestazioni potenzialmente fatali quali trombosi venose del circolo cerebrale e splancnico. Nei soggetti con fattore V Leiden è stata più volte segnalata una minore tendenza all’embolia polmonare rispetto ai soggetti non portatori, ipotizzando in tali soggetti la presenza di un trombo più stabile e più aderente alla parete vascolare, ma il reale significato di tale dato clinico è tuttora non chiarito. Tali difetti non comportano nel complesso un aumentato rischio di eventi occlusivi arteriosi, alcune evidenze suggeriscono pero’ che la protrombina G20210A possa avere una importanza nella patogenesi dell’evento occlusivo arterioso in alcuni particolari gruppi di pazienti relativamente giovani e senza tradizionali fattori di rischio cardiovascolari . A chi eseguire lo screening trombofilico e quali test richiedere La malattia tromboembolica venosa, come accennato in precedenza, è una malattia a patogenesi multifattoriale in cui sono responsabili, della comparsa delle manifestazioni cliniche della malattia, fattori genetici unitamente a fattori ambientali e comportamentali. I soggetti candidati a effettuare lo screening per la trombofilia

Transcript of Screening trombofilico: aspetti clinici e genetici ... · Rivista Italiana di Genetica e...

Page 1: Screening trombofilico: aspetti clinici e genetici ... · Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology ... tromboembolia

Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric ImmunologyAnno III numero 1 - gennaio 2010 | direttore scientifico: Carmelo Salpietro - direttore responsabile: Giuseppe Micali

Home page Norme editoriali | Stampa l'articolo Motore di ricerca

Numeri precedenti 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 ◀ Indietro pagina 3 Avanti ►

Screening trombofilico: aspetti clinici e geneticiThrombophilia screening: clinical and genetic aspectsValeria Ferraù, Elisa Ferro, Chiara Barone, Rosy Civa, Piera Vicchio, Italia Loddo, Marzia Sturiale, Maria Angela La RosaDipartimento di Scienze Pediatriche, UOC di Genetica e Immunologia Pediatrica Università di Messina

AbstractThrombophilia describes a tendency to develop thrombosis on the basis ofinherited or acquired disorders of blood coagulation or fibrinolysis leading to aprothrombotic state. The thrombotic event being the result of gene-gene andgene-environment interactions. All patients with venous thromboembolism arepotentials candidates for screening, regardless of the age at wich the eventoccurs, the circumstances of thrombosis, and the severity of the clinicalmanifestations. Potential candidates for screening are also women who havesuffered from complications of pregnancy, other than venousthromboembolism. Screening should be limited to those traits that are morefrequent or carry a higher thrombotic risk. For the rarity of these defects isindispensable the collaboration of multiple specialistics center for the bearingpatients in the diagnostics and therapeutics choice.RiassuntoGli stati trombofilici sono difetti della coagulazione in cui l'equilibrio fra leforze emostatiche è spostato a favore di quelle protrombotiche. Questipossono essere distinti in congeniti o acquisiti. I soggetti candidati aeffettuare lo screening per trombofilia appartengono a diverse categorie. Sonoda indagare pazienti con tromboembolismo venoso ricorrente o idiopatico,familiari di 1° grado di pazienti portatori di difetti trombofilici, donne in etàfertile candidate alla terapia con estroprogestinici o in corso digravidanza/puerperio e pazienti che in età giovanile hanno manifestato unevento trombotico arterioso da causa ignota. Non esistono al momento testglobali che consentano una diagnosi semplice di trombofilia, per cui ènecessario eseguire più indagini secondo un protocollo ben standardizzato.Per la relativa rarità dei difetti trombofilici è necessaria la collaborazione tracentri specialistici al fine di supportare i pazienti e adottare sceltediagnostiche e terapeutiche efficaci.IntroduzioneIl termine “trombofilia” identifica una tendenza a sviluppare trombosi venosa e/oarteriosa sulla base di difetti ereditari o acquisiti dell’emostasi o della fibrinolisi insenso protrombotico. Tale fenomeno rappresenta, per il versante arterioso, laprincipale causa di morte nelle società sviluppate, mentre per quello venoso haun’incidenza annuale dell’1-2‰ nelle popolazioni occidentali. Gli stati trombofilicisono, quindi, alterazioni del meccanismo fisiologico della coagulazione, in cuil'equilibrio fra le forze emostatiche è spostato a favore di quelle protrombotiche.Questi stati possono essere distinti in congeniti o acquisiti (Fig.1).

Fig. 1 Cause di trombofilia (modificata da Hematology 2008)La trombofilia congenita, o ereditaria, può essere legata a una riduzione quantitativao un deficit qualitativo dei meccanismi anticoagulanti e/o della fibrinolisi, o allapresenza di polimorfismi di fattori implicati sia direttamente che indirettamente nellacascata coagulativa. Si può sospettare una condizione di trombofilia su base

ereditaria quando si è in presenza di episodi tromboembolici ricorrenti, esordio in etàgiovanile, tromboembolia a localizzazione anatomica anomala (vene mesenteriche,vena porta, vene cerebrali) e anamnesi familiare positiva. La trombofilia acquisita ècaratterizzata cause molteplici, che agiscono alterando l’equilibrio emostatico insenso protrombotico: alcune di esse possono essere persistenti nel tempo, come lasindrome da anticorpi antifosfolipidi e le patologie croniche di tipo infettivo,infiammatorio, dismetabolico o neoplastico, altre invece transitorie, come i traumi, gliinterventi chirurgici, la gravidanza, il puerperio e l’assunzione di estroprogestinici(Fig.1). E’ possibile che nello stesso individuo concorrono sia fattori genetici che, piùfrequentemente, acquisiti soprattutto quando si e in presenza di un effettivo eventotrombotico. Bisogna infatti sottolineare che l’identificazione di uno stato trombofiliconon significa che l’evento trombotico si debba necessariamente verificare: lamaggior parte degli individui portatori di uno o più difetti trombofilici sono destinati arimanere asintomatici nel tempo. Solo in una minoranza di casi si realizza unatrombosi clinicamente manifesta, spesso come risultato dell’intervento di fattoritrombogeni intercorrenti (ad es. un trauma o un intervento chirurgico) su uno statotrombofilico preesistente. Questo significa che l’identificazione di un difettotrombofilico non deve portare automaticamente ad effettuare una terapiaanticoagulante. L’uso di questi farmaci a scopo profilattico primario o secondario,infatti, dovrebbe essere riservato solo ai soggetti con un difetto trombofilico, chehanno una storia personale o familiare di trombosi.EpidemiologiaLa maggior parte delle alterazioni trombofiliche sono congenite, alcune molto rarenella popolazione generale come, ad esempio i deficit di antitrombina III con unaprevalenza stimata pari al 0, 02%, altre invece più frequenti come la resistenza allaproteina C attivata (Fattore V Leiden) e la variante genica della protrombina (FattoreII) G20210A (Fig. 2).

Fig. 2 Prevalenza dei principali fattori di rischio ereditari (modificata daHaematologica 2002)Sebbene l’ introduzione sistematica di misure di prevenzione del tromboembolismovenoso abbia ridotto, negli ultimi 15 anni, la prevalenza degli eventi tromboembolici,l’ incidenza totale e la mortalità rimangono ancora molto elevate. Da studiepidemiologici emerge infatti, che l’incidenza annuale di trombosi venosa profonda(TVP) aumenta esponenzialmente con l’età passando da meno di 10 casi /100.000abitanti, tra i ragazzi al di sotto di 15 anni, a 450-600 casi/100.000 abitanti tra gliindividui al di sopra di 70 anni, senza differenza statisticamente significativa trauomini e donne. Le manifestazioni cliniche associate ai difetti trombofilici finoraelencati, nella grande maggioranza dei casi, sono trombosi venose profonde degliarti inferiori complicate o meno da embolia polmonare. Tuttavia tali difetticomportano un significativo aumento di rischio sia per manifestazioni minori, qualitromboflebiti superficiali, che per manifestazioni potenzialmente fatali quali trombosivenose del circolo cerebrale e splancnico. Nei soggetti con fattore V Leiden è statapiù volte segnalata una minore tendenza all’embolia polmonare rispetto ai soggettinon portatori, ipotizzando in tali soggetti la presenza di un trombo più stabile e piùaderente alla parete vascolare, ma il reale significato di tale dato clinico è tuttora nonchiarito. Tali difetti non comportano nel complesso un aumentato rischio di eventiocclusivi arteriosi, alcune evidenze suggeriscono pero’ che la protrombina G20210Apossa avere una importanza nella patogenesi dell’evento occlusivo arterioso inalcuni particolari gruppi di pazienti relativamente giovani e senza tradizionali fattori dirischio cardiovascolari .A chi eseguire lo screening trombofilico e quali test richiedereLa malattia tromboembolica venosa, come accennato in precedenza, è una malattiaa patogenesi multifattoriale in cui sono responsabili, della comparsa dellemanifestazioni cliniche della malattia, fattori genetici unitamente a fattori ambientali ecomportamentali. I soggetti candidati a effettuare lo screening per la trombofilia

Page 2: Screening trombofilico: aspetti clinici e genetici ... · Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology ... tromboembolia

appartengono a diverse categorie (Fig.3). Sono da indagare, infatti, pazienti contromboembolismo venoso ricorrente o idiopatico, familiari di 1° grado di pazientiportatori di difetti trombofilici, donne in età fertile candidate alla terapia conestroprogestinici, o in corso di gravidanza/puerperio (incremento da 4 a 10 volte delrischio trombotico), pazienti che in età giovanile (< 45 anni) hanno manifestato unevento trombotico arterioso da causa ignota, bambini che hanno sviluppato unevento trombotico venoso o un ictus ischemico, se pur raro . Quando la trombosivenosa compare in età adulta o senile, soprattutto se vi è una causa contingente(intervento chirurgico, tumore, immobilizzazione prolungata, etc…) non è opportunoeseguire l’indagine, poiché in questi casi la conoscenza dell’esistenza o meno di unacausa congenita di trombofilia non cambia l’approccio terapeutico. Individui sani,senza storia personale o familiare di trombosi venosa, anche se espostielettivamente a fattori di rischio trombotici contingenti, come per esempio lagravidanza, la chirurgia ortopedica ad alto rischio e la prolungata non dovrebberoessere sottoposti alle indagini di laboratorio per lo studio trombofilico. La loro ricercaindiscriminata non è infatti giustificata dal rapporto costo-beneficio. Lo screening dilaboratorio è invece fortemente raccomandato nei familiari di soggetti giàdiagnosticati, anche se asintomatici, perché possano beneficiare dell’ instaurarsi diuna profilassi antitrombotica in occasione di esposizione a rischi contingenti ditrombosi.

Fig. 3 Indicazioni allo screening trombofilico (modificata da Hematology 2008)Non esistono al momento test globali che consentano una diagnosi semplice ditrombofilia, ma vi è la necessità di eseguire più indagini secondo un protocollo benstandardizzato al fine di contenerne i costi ed evitare di fornire informazioni noncorrette. Il dosaggio degli inibitori fisiologici viene preferibilmente eseguito con testfunzionali, tenendo presente che se ne sconsiglia l’ esecuzione in particolarisituazioni quali: la fase acuta di un evento trombotico (è buona regola attenderealmeno 3 mesi), durante la terapia anticoagulante, in corso di trattamentoestroprogestinico, in presenza di epatopatie etc. etc. Si può, invece, effettuare lostudio molecolare per la ricerca di polimorfismi genetici (FV Arg506Gln, FIIG20210A) in qualsiasi momento, poiché non subisce modifiche in particolarisituazioni patologiche e non è influenzato da eventuali terapie.

Fig. 4 Test da eseguire (modificata da Hematology 2008)Studio molecolare di polimorfismi genetici per lo screening trombofilicoMutazioni o polimorfismi di geni coinvolti nella coagulazione, regolazione dellapressione del sangue, metabolismo dei lipidi, glucosio e omocisteina possonodirettamente o indirettamente influenzare la bilancia emostatica ed innescare unostato protrombotico.Tra i geni canditati, quali marker di rischio protrombotico, possono essereconsiderati principalmente i fattori procoagulanti comprendenti il fattore II, fattore V,fattore XIII, HPA e β-fibrinogeno. Alcuni polimorfismi del sistema fibrinolitico (PAI-1),del ciclo dell’omocisteina (MTHFR), del sistema renina-angiotensina (ACE) e delmetabolismo dei lipidi (APOB e APOE) risultano associati sia positivamente chenegativamente a trombosi. Presso il nostro centro è possibile eseguire, mediantel’utilizzo del CVD StripAssay (Fig.5), lo screening trobofilico genetico completo conla valutazione di tali dieci geni.

Fig. 5 CVD StripAssayLa protrombina o fattore II della coagulazione svolge un ruolo fondamentale nellacascata coagulativa. La trombina o fattore II attivato (FIIa), è responsabile dellatrasformazione del fibrinogeno in fibrina e quindi della formazione del coagulo. Il FIIastimola l’aggregazione piastrinica, attiva i fattori di coagulazione V, VIII, e XIII; dicontro inibisce la coagulazione mediante l’attivazione della proteina C. Il genecodificante F2 mappa nella regione 11p11-q12 (Fig.6). La variante geneticaG20210A, localizzata nella regione 3’ non trascritta, è coinvolta nella regolazionegenica trascrizionale e post-trascrizionale. Questa condizione è associata ad elevatilivelli di protrombina funzionale nel plasma e di conseguenza a un aumentato rischiodi trombosi, specie di tipo venosa. La frequenza genica del G20210A è del 2-3%dieterozigoti, mentre l’omozigosi è rara. Per gli eterozigoti si registra un rischioaumentato di trombosi venosa, ictus ischemico, infarto miocardico in donne giovanimaggiore rispetto agli uomini, soprattutto nelle donne che assumono contraccettiviorali.

Fig. 6 Cromosoma 11, regione 11p11-q12 gene FIIIl fattore V attivato è un cofattore essenziale per l'attivazione della protrombina(fattore II) a trombina. Il suo effetto procoagulante è normalmente inibito dallaProteina C attivata che taglia il fattore V attivato in tre parti. Il gene F5 mappa nellocus 1p23 (Fig.7). La mutazione nel nucleotide G1691A corrispondente allasostituzione amminoacidica in posizione 506 della arginina in glutammina impedisceil taglio da parte della Proteina C attivata. Questo comporta una resistenza allaproteina C attivata (APC) nei test di laboratorio ed una maggiore attivitàprocoagulante del fattore V attivato che predispone alla trombosi. Tale varianteG1691A è definita variante di Leiden (Arg506Gln), ed ha una frequenza genica dell’1, 4-4, 2% in Europa. In Italia la frequenza di portatori eterozigoti è del 2-3% e hannoun rischio 8 volte superiore di sviluppare una trombosi venosa, mentre la mutazionein omozigosi ha un’incidenza di 1:5000 con un rischio pari ad 80 volte. In presenzadi altre condizioni predisponenti quali la gravidanza, l'assunzione di contraccettiviorali e gli interventi chirurgici il rischio è maggiore. In gravidanza una condizionegenetica di eterozigosi per il Fattore Leiden è considerata predisponente all'abortospontaneo, alla eclampsia, ai difetti placentari e alla Sindrome HELLP (emolisi,elevazione enzimi epatici, piastrinopenia).Tali manifestazioni sarebbero legate atrombosi delle arterie spirali uterine con conseguente inadeguata perfusioneplacentare. I soggetti portatori di mutazione del Fattore V di Leiden dovrebberopertanto sottoporsi a profilassi anticoagulativa in corso di gravidanza, in funzione diinterventi chirurgici ed evitare l'assunzione di contraccettivi orali. La resistenza allaproteina C attivata, dovuta alla variante FV Leiden, rappresenta quindi il più comunefattore di rischio genetico per le manifestazioni trombotiche, finora conosciuto.Recentemente sono state individuate altre due mutazioni del Fattore V associate atrombofilia. La prima è determinata dalla sostituzione di una adenina con unaguanina (G4070A) in posizione nucleotidica 4070 nell’esone 13, che inserisce unaarginina al posto di una istidina in posizione aminoacidica 1299 (His1299Arg). Laseconda consiste nella medesima sostituzione in posizione 5279 del gene ecomporta la presenza di una tirosina in posizione 1702 al posto di un residuo dicisteina (Y1702C) nella catena aminoacidica del fattore V.

Fig. 7 Cromosoma 1, locus 1p23 gene FVIl Fattore XIII è composto da 2 subunità A e due subunità B. Nel gene codificante lasubunità A1 (locus genico 6p25-p24) è presente un polimorfismo comune, prossimoal sito di attivazione della trombina, che porta alla sostituzione di una valina con unaleucina in posizione 34 (Val34Leu) della catena polipeptidica. Questa modificazionefavorisce significativamente il taglio di attivazione da parte della trombina risultando

Page 3: Screening trombofilico: aspetti clinici e genetici ... · Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology ... tromboembolia

in un FXIII con più alta attività transglutaminasica e di cross-linking della fibrina.Nonostante tale variante genica sembrerebbe aumentare l’attività procoagulante delfattore XIII si registra una minore prevalenza di questo polimorfismo in soggetti coninfarto del miocardio suggerendone un ruolo protettivo contro il rischio trombotico. Laglicoproteina di membrana piastrinica umana (GP), formata da due subunità GPIIb eGPIIIa, determina l’aggregazione piastrinica interagendo come recettore conmolecole di fibrinogeno nella formazione del coagulo. Agisce, inoltre, come recettoreper il fattore di von Willebrand e per la fibronectina. Il gene ITGB3, che codifica perGPIIIa, è caratterizzato, da un polimorfismo, Leu33Pro, che consiste in unavariazione nucleotidica T1565C nell’esone 2 del gene. La presenza/assenza delpolimorfismo identifica rispettivamente le due forme alleliche PlA2 e PlA1dell’alloantigene piastrinico specifico PlA. Questo sistema diallelico è stato definitocome HPA (Human platelet alloantigens) e le due forme alleliche sono HPA-1a(PlA1) con una maggiore frequenza genica e HPA-1b (PlA2) meno presente nellapopolazione caucasica. Differenti studi hanno associato la presenza dell’ allele PlA2(HPA-1b), in etero/omozigosi, ad una maggiore aggregazione piastrinica,ipercoagulazione, infarto, ischemia e trombosi venosa. Alti valori di fibrinogeno sonoassociati prevalentemente a malattia cardiovascolare ma costituiscono un fattore dirischio anche per la trombosi venosa. Il fibrinogeno è un esamero costituito da 3catene polipeptidiche, ciascuna presente in due copie: Aα, Bβ, γ. La lettera A e B siriferiscono alla presenza di due corti peptidi (fibrinopeptide A e B) nella regioneN-terminale. Le tre catene polipeptidiche sono codificate da 3 geni diversidenominati rispettivamente FGA, FGB, FGG localizzati in posizioni adiacenti sulbraccio lungo del cromosoma 4. Il gene per la catena Bβ è costituito da 8 esoni e 6introni mappa nel locus 4q28. Sono stati descritti diversi polimorfismi nel gene FGBma quello più studiato è il polimorfismo G-A nella regione 5’ del promotore inposizione -455. La presenza di questa variante allelica (allele A) è responsabile di unincremento dei livelli di fibrinogeno soprattutto nei maschi e nelle donne postmenopausa.

Fig. 8 Cromosoma 4, locus 4q28 gene FGB

Fig. 9 Cromosoma 7, locus 7q21.3-q22 gene PAI-1L'inibitore dell'attivatore del plasminogeno di tipo 1 (PAI-1) rappresenta il principaleinibitore del processo di attivazione del plasminogeno nel sangue. Questa molecolainibisce gli attivatori del plasminogeno (PLAT e PLAU) regolando negativamente lafibrinolisi e inibendo la dissoluzione del coagulo. I livelli plasmatici di PAI-1 sonosottoposti a regolazione genica e sono correlati ad una serie di fattori di rischio perl'aterosclerosi quali, ipertrigliceridemia, diabete e insulino-resistenza. A livello dellaregione promotore del gene SERPINE1, che codifica per PAI-1 (Fig.9), è presenteun polimorfismo 1-pb del/ins 4G/5G, del tipo insezione/delezione di una G inposizione -675. L’allele 4G può legare solo enhancers di trascrizione, mentre il 5Ginteragisce con enhancers e suppressors; questo si traduce in un più basso livello ditrascrizione in presenza dell’allele 5G. Numerosi studi hanno dimostrato che soggetti4G/5G hanno livelli plasmatici di PAI-1 più alti con conseguente inibizione dellafibrinolisi e accumulo di fibrina; gli omozigoti 4G/4G hanno livelli plasmatici di PAI-1più alti del 25% rispetto ai soggetti 5G/5G, con aumento rischio di malattiecoronariche, infarto e, nelle donne in gravidanza, aumentato rischio di preeclampsia.Il polimorfismo 5G/5G è caratterizzato da un aumento della fibrinolisi, è quindi unfattore protettivo contro le patologia cardiovascolari. Lametilentetraidrofolatoreduttasi (MTHFR) è un enzima coinvolto nella trasformazionedel 5-10 metilentetraidrofolato in 5 metiltetraidrofolato che funge da donatore digruppi metilicie interviene nella rimetilazione della omocisteina a metioninautilizzando come cofattore la vitamina B12. L’omocisteina è un aminoacido nonproteico prodotto dal metabolismo della metionina. Da alcuni annil'iperomocisteinemia è considerata un importante fattore di rischio per lo sviluppo dimalattie cardiovascolari (aterosclerosi coronarica ed infarto miocardico),cerebrovascolari (ictus cerebrale) e vascolari periferiche (trombosi arteriose evenose). I valori di omocisteina considerati normali sono inferiori a 10µmol,l’incremento del 5 µmol aumenta del 40% il rischio di sviluppare cardiopatiacoronarica. Si suppone, infatti, che elevati livelli plasmatici di omocisteina possanodanneggiare l’endotelio vascolare riducendo la sintesi e l’azione dilatante dell’acidonitrico. Sembrerebbe che l’iperomocisteinemia aumenti la produzione di radicali libericon conseguente danno ossidativi, e che favorisca la proliferazione delle cellulemuscolari lisce aumentando l’adesione a livello endoteliale e i depositi di colesteroloLDL. L’iperomocisteinemia sembrerebbe avere importanti implicazioni nellariproduzione umana, in relazione al momento concezionale (aborti ripetuti), allo statogravidico (patologie vasculodipendenti quali preeclampsia, difetto di crescita fetale,distacco di placenta) e alla menopausa. Rare mutazioni (trasmesse con modalitàautosomica recessiva) possono causare un grave deficit di MTHFR, una attività

enzimatica inferiore al 20%, comparsa di omocisteinemia ed omocistinuria e bassilivelli plasmatici di acido folico. La sintomatologia clinica è grave con ritardo dellosviluppo psicomotorio e massivi fenomeni trombotici. Il gene MTHFR mappa nellocus 1p36.3 (Fig.10) ; è stato identificato un polimorfismo genetico comune, dovutoalla sostituzione al nucleotide 677 (C677T), che causa una sostituzione di unaalanina in valina nella proteina finale. La mutazione in etero/omozigosi codifica peruna variante termolabile con una ridotta attività enzimatica. Soggetti omozigoti pertale mutazione presentano livelli di omocisteina significativamente aumentati,confermando che la variante Ala222Val è un importante fattore di rischio per lemalattie vascolari. Recentemente, una seconda mutazione del gene MTHFR(A1298C) è stata associata ad una ridotta attività enzimatica. Questa varianteGlu429Ala non modifica la concentrazione plasmatica dell’omocisteina. Lacondizione di doppio eterozigote per entrambe le mutazioni di MTHFR comportalivelli di omocisteina maggiori rispetto alla singola C677T e rappresenta un fattore dirischio per difetti del tubo neurale e per gli aborti spontanei nel primo trimestre.

Fig. 10 Cromosoma 1, locus 1p36.3 gene MTHFRAngiotensin Converting Enzyme (ACE) interviene nella regolazione della pressionearteriosa/venosa attraverso il sistema renina-angiotensina, un regolatorefondamentale del bilancio idrosalino e della pressione arteriosa dell’organismoumano. Alcuni geni di questo sistema si ritiene siano coinvolti in varia misura nellosviluppo dell’ipertensione arteriosa. Condizioni di eterozigoti/omozigosi per alcunevarianti di questi geni contribuiscono a ridurre l’eliminazione del sodio a livellorenale, e sono associate a un rischio maggiore di ipertensione arteriosa. A livellodell'introne 16 del gene ACE è presente un polimorfismo del tipoInserzione/Delezione (I/D), che è strettamente correlato ai livelli di enzima circolante.Tale polimorfismo è dovuto alla presenza (allele I - Insertion) o assenza (alleleD-Deletion) di una sequenza ripetuta Alu di 287 bp, e può produrre tre differentigenotipi: II -Inserzione in omozigosi; ID -eterozigosi per Inserzione/Delezione; DD-Delezione in omozigosi. Studi differenziati hanno associato il genotipo ID con unaumento del rischio trombotico e il genotipo DD con un incremento ancora maggiorea causa di un conseguente aumento dei livelli plasmatici di ACE (doppi rispetto aisoggetti con genotipo II).Le apolipoproteine svolgono un ruolo fondamentale nel catabolismo dellelipoproteine ricche di trigliceridi e colesterolo. E’ noto da tempo che elevati livelli dicolesterolo costituiscono uno dei maggiori fattori di rischio per le malattiecardiovascolari. In particolare non solo il livello di colesterolo totale ma anche il livellirelativi di HDL, LDL e trigliceridi rivestono notevole importanza nella patogenesi dellemalattie vascolari.L'Apolipoproteina B (Apo B) è il principale costituente dei chilomicroni e delleproteine a bassa densità (LDL) coinvolte nel metabolismo del colesterolo, e nepromuovono il trasporto a livello epatico. Una delle principali cause dell'insorgeredelle malattie cardiovascolari è l'aterosclerosi, caratterizzata da ispessimento deglistrati interni delle pareti delle arterie che si presentano irregolari a causa di depositilipidici e di colesterolo, con una diminuzione del flusso sanguigno. Le pareti di questivasi, anche in assenza di un ispessimento significativo, sono sede di meccanismibiologici che possono provocare la formazione di un trombo ostacolandocompletamente il flusso sanguigno e provocando un danno permanente all'organoirrorato dal vaso: cuore o cervello. L'aterosclerosi è una patologia generalizzata chepuò coinvolgere le arterie in diverse aree dell'organismo e conduce all'infarto se èlocalizzata a livello cardiaco, all'ictus se localizzata a livello cerebrale. Leipercolesterolemie monogeniche a trasmissione co-dominante comprendono ungruppo geneticamente eterogeneo di disordini, caratterizzati da un aumento deilivelli di LDL-C (colesterolo- LDL). Esse possono essere causate da mutazioni: nelrecettore delle LDL (LDL-R) con conseguente ridotta captazione e catabolismocellulare delle LDL plasmatiche (Ipercolesterolemia Familiare - tipo 1, FH-1), e nelgene per l’apolipoproteina B-100 (ApoB-100) con sintesi di ApoB-100 difettivaincapace di legare l’LDL-R. Il gene dell’ApoB mappa nel locus 2p24, l’ApoBèpresente nel plasma in due forme apoB48 e apoB100. La mutazione responsabiledella sostituzione dell’arginina con la glutammina (Arg3500Gln) codifica per unaApoB100 variante, l’arginina in posizione 3500 è responsabile della conformazionefinale di apoB100 necessaria per il legame delle LDL. E’ stato dimostrato chesoggetti eterozigoti per tale mutazione presentano un rischio maggiore di svilupparemalattie cardiovascolari. Il gene ApoE mappa nel locus 19q13.2 e codifica perl’Apolipoproteina E (ApoE), proteina plasmatica coinvolta nel trasporto delcolesterolo, che si lega alla proteina amiloide. Sono presenti tre isoforme di ApoE:Apoε2, Apoε3 e Apoε4 che sono i prodotti di 3 forme alleliche diverse (ε2, ε3, ε4).Queste diverse isoforme sono determinate dalla sostituzione dell’amminoacido indue diverse posizioni (varianti Cys112Arg e Arg158Cys). L’ApoE viene sintetizzataprincipalmente nel fegato ed ha la funzione di trasportatore lipidico, è stato uno deiprimi marcatori genetici ad essere studiati come fattore di rischio per l’infarto delmiocardio. Studi effettuati su una ampia popolazione di pazienti con infarto delmiocardio e relativo gruppo di controllo hanno confermato, quanto già descritto inletteratura, che l’allele ε4 dell’ApoE (ApoE4) è un allele di suscettibilità per lapatologia arteriosa coronaria e per l’Azheimer. L’isoforma ApoE4 (Cys112Arg) ha inposizione 112 una cisteina al posto di una arginino, è una variante presente dal 6 al37% in individui di differenti popolazioni. I soggetti eterozigoti per l’allele E4 hannobassi livelli di ApoE e concentrazioni plasmatiche più elevate di colesterolo totale,LDL-C, ApoB, lipoproteina (a) e quindi hanno un aumentato di patologie coronarichearteriose rispetto alla popolazione generale. La presenza del genotipo ApoE4, anche

Page 4: Screening trombofilico: aspetti clinici e genetici ... · Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology ... tromboembolia

in eterozigosi, determinerebbe un rischio tre volte superiore di sviluppare la malattianelle forme familiari, ad esordio tardivo e sporadiche. Anche il genotipo ApoE2 siassocia ad un maggior rischio di sviluppare patologie cardiovascolari.L’Apolipoproteina E2 ha due isoforme principali arg158 and cys158. L’omozigosiE2/E2 comporta livelli di LDL significativamente più bassi rispetto all’omozigosiE4/E4.

Trombofilia e gravidanzaLa gravidanza costituisce una condizione di ipercoagulabilità che comporta unincrementato rischio trombotico per tutto il periodo gestazionale e del puerperio.Nella gravidanza fisiologica si assiste infatti ad un aumento dell’ attivitàprocoagulante, caratterizzato da un incremento del fibrinogeno, dei fattori VII, VIII, Xe del fattore di Von Willebrand ; inoltre si rileva un incremento del frammento dellaprotrombina e del complesso trombina-antitrombina . Di contro si assiste ad unariduzione significativa degli anticoagulanti fisiologici come la proteina S, e allacomparsa di una resistenza alla proteina C attivata.Anche l’attività fibrinolitica complessiva risulta diminuita, ma ritorna rapidamentenella norma nel post partum. Ciò è in gran parte dovuto all’inibitore dell’attivatore delplasminogeno di origine placentare di tipo 2 (PAI-2) presente in quantità rilevantidurante la gravidanza. Inoltre, il D-dimero aumenta con il progredire dellagravidanza. Complessivamente durante la gestazione e il puerperio si assiste quindiad un incremento da 4 a 10 volte del rischio trombotico. Nel caso in cui allagravidanza si associ uno stato trombofilico è facile intuire come questo possasignificativamente aumentare il rischio tromboembolico. Tra i fattori responsabilidegli stati trombofilici ereditari, quelli che più frequentemente interessano lagravidanza, sono le mutazioni a carico del fattore V di Leiden (FVL), del gene dellaprotrombina (PGM G20210A) e della metilentetraidrofolato-reduttasi (MTHFRC677T). La sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) è invece la più comunetrombofilia acquisita della gravidanza . È ormai nota l’esistenza di un’associazionetra trombofilia e sviluppo di esiti materno-fetali avversi . In particolare dallaletteratura emerge una correlazione tra la trombofilia e lo sviluppo dei seguentiquadri patologici gravidici: aborto ricorrente (RM), ritardo di crescita intrauterinafetale (IUGR), morte endouterina fetale (MEF), preeclampsia (PE), distaccointempestivo di placenta normalmente inserta (DIP). Nel caso in cui si verifichi lacombinazione di più difetti trombofilici, aumenterà ulteriormente la possibilità disviluppare complicanze vascolari durante lo stato gravidico. Una condizione nonmeno importante è quella che si riferisce alla ripetitività del fenomeno. È infattichiaramente riconosciuto che le donne con anamnesi ostetrica di MEF, PE severa,IUGR, DIP e RM presentano un rischio aumentato di eventi avversi nelle successivegravidanze. Basandosi su queste evidenze, molti autori raccomandano quindi loscreening per la trombofilia nelle donne che hanno presentato eventi ostetrici avversiricorrenti.ConclusioniPer la relativa rarità dei difetti trombofilici, la complessità nell’esecuzione dei test enell’interpretazione delle informazioni, che essi ci forniscono, sono necessariecompetenze specialistiche specifiche. E’ quindi opportuno rivolgersi a centri diriferimento, al fine di orientare correttamente l’approccio diagnostico e di consulenzagenetica, finalizzata sia a una adeguata scelta terapeutica, che a un counsellingdiretto al paziente e ai suoi familiari.BibliografiaDe Stefano V., Finazzi G., Mannucci P.M. Inherited thrombophilia: Pathogenesis,clinical syndromes, and management. Blood 87: 3531, 2006.Lane D.A., Mannucci P.M., Bauer K.A., et al. Inherited thrombophilia: Part I. ThrombHaemostas, 76: 651, 1996.De Stefano V., Rossi E., Paciaroni K. et al. Screening for inherited thrombophilia :indications and therapeutic implications Haematologica 87:1095-1108, 2002.Bertina R.M., Genetic approach to thrombophilia. J Endocrinol Invest. Feb;33 (2):77-82, 2010.SISET Gruppo di Lavoro per le Linee Guida sul Tromboembolismo Venoso. Lostudio della trombofilia. Hematologica;88: 28-46, 2003.Vossen CY, Conard J, Fontcuberta J, et al. Familial thrombophilia and lifetime risk of

venous thrombosis. J Thromb Haemost 2: 1526-33, 2004.De Stefano V. Inherited thrombophilia and life time risk of venous thromboembolism:is the burden reducible? J Thromb Haemost 2: 1522-25, 2007.Green D. Genetic hypercoagulability: screening should be an informed choice Blood98: 20, 2001.Mannucci PM. Genetic hypercoagulability: prevention suggests testing familymembers. Blood 98: 21-2, 2010.Rosendaal FR, Koster T, Vandenbroucke JP, et al. High risk of thrombosis inpatients with homozygous factor V Leiden (activated protein C resistance). Blood85:1504-8, 2005.Lindmarker P, Shulman S, Sten-Linder M, et al. The risk of recurrent venousthromboembolism in carriers and non carriers of the G1691A allele in the coagulationfactor V gene and the G1691A allele in the prothrmbin gene. Thromb Haemost81:684-9, 2009.Carraro P; European Communities Confederation of Clinical Chemistry andLaboratory Medicine, Working Group on Guidelines for Investigation of Disease.Guidelines for the laboratory investigation of inherited thrombophilias.Recommendations for the first level clinical laboratories. Clin Chem Lab Med41:382-91, 2003.Carraro P, Simioni P. Appropriateness of choice and interpretation of tests forthrombophilic defects: a practical experience. Clin Chim Acta. 333:91-3, 2007.Martinelli I. Risk factors in venous thromboemolism. Thromb Haemost 86:395-403,2001.Rosendaal FR, Helmerhost FM, Vandenbroucke JP. Oral contraceptives, hormonereplacement therapy and thrombosis. Thromb Haemost 86:112-3, 2001..De Stefano V, Finazzi G, Mannucci PM. Inherited thrombophilia: pathogenesis,clinical syndromes, and management Blood 87:3531-44, 2006.Seligsohn U, Lubetsky A. Genetic susceptibility to venous thrombosis. N Engl J Med344:1222-31, 2001.Raffini L, Thornburg Testing children for inherited thrombophilia : more questionsthan answers British Journal of Haematology 147:277-288, 2009.Raffini L. Thrombophilia in children: who to test, how, when and why? Hematology2008.Poort, S. R., Rosendaal, F. R., Reitsma, P. H., Bertina, R. M. A common geneticvariation in the 3-prime-untranslated region of the prothrombin gene is associatedwith elevated plasma prothrombin levels and an increase in venous thrombosis.Blood 88: 3698-3703, 1996.Bertina, R. M., Koeleman, B. P. C., Koster, T., Rosendaal, F. R., Dirven, R. J., deRonde, H., van der Velden, P. A., Reitsma, P. H. Mutation in blood coagulation factorV associated with resistance to activated protein C. Nature 369: 64-67, 1994.Prandini, M. H., Denarier, E., Frachet, P., Uzan, G., Marguerie, G. Isolation of thehuman platelet glycoprotein IIb gene and characterization of the 5-prime flankingregion. Biochem. Biophys. Res. Commun. 156: 595-601, 1988.Newman, P. J., Derbes, R. S., Aster, R. H. The human platelet alloantigens, Pl (A1)and Pl (A2), are associated with a leucine (33) /proline (33) amino acidpolymorphism in membrane glycoprotein IIIa, and are distinguishable by DNA typing.J. Clin. Invest. 83: 1778-1781, 1989.Mehta R and Shapiro AD. Plasminogen activator inhibitor type 1 deficiency.Haemophilia 14:1255-1260, 2008.Scott J.M., van der Put NMJ A second mutation in the metyilentetrahydrofolatereductase gene:an additional risk factor for neural tube defects?Am.J.Hum.Genet.62:1044-1051, 1998.Boren, J., Ekstrom, U., Agren, B., Nilsson-Ehle, P., Innerarity, T. L.-The molecularmechanism for the genetic disorder familial defective apolipoprotein B100 .J. Biol.Chem. 276: 9214-9218, 2001.Tybjaerg-Hansen A., Humphries S. E.-Familial defective apolipoprotein B-100: asingle mutation that causes hypercholesterolemia and premature coronary arterydisease-.Atherosclerosis 96: 91-107, 1992.Turebylu R, Salis R, Erbe R, et al. Angiotensin-converting enzyme D/I andplasminogen activator inhibito r-1 4G/5G gene polymorphisms are associated withincreased risk of spontaneous abortions Obstet Gynecol 13:115-119, 2010.Mackay M.T., Monagle P, Increased frequency of genetic thrombophilia in womenwith complications of pregnancy J Matern Fetal Neonatal Med. Sep 7, 2010.Marlar R.A., Neumann A, Analysis of Plasminogen Activator Inhibitor-1, IntegrinBeta3, Beta Fibrinogen, and Methylenetetrahydrofolate Reductase Polymorphisms inIranian Women with Recurrent Pregnancy Loss Am J Reprod Immunol. Jan 18,2011.Lancellotti, S., De Cristofaro, R. Congenital prothrombin deficiency. Semin. Thromb.Hemost. 35: 367-381, 2009.

Home page 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 ◀ Indietro pagina 3 Avanti ►

Scarica l'articolo: pagina 3.pdf

Sommario 20 pagineTrimestrale di divulgazione scientifica dell'Associazione Pediatrica di Immunologia e Genetica

Legge 7 marzo 2001, n. 62 - Registro della Stampa Tribunale di Messina n. 3/09 - 11 maggio 2009Direttore scientifico Carmelo Salpietro - Direttore responsabile Giuseppe Micali - Segreteria redazione Basilia Piraino - Piera Vicchio

Direzione-Redazione: UOC Genetica e Immunologia Pediatrica - AOU Policlicnico Messina