SCREENING DI POTENZIALI AGENTI CARDIOPROTETTIVI SU ... · 3.2 Procedura di isolamento dei...

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UNIVERSITÀ DI PISA DIPARTIMENTO DI FARMACIA Corso di Laurea Magistrale in Farmacia Tesi di Laurea SCREENING DI POTENZIALI AGENTI CARDIOPROTETTIVI SU PREPARAZIONI DI MITOCONDRI CARDIACI Relatori: Prof. Vincenzo Calderone Dott.ssa Lara Testai Candidato: Alessandra Paglietti Anno Accademico 2014/2015

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

Tesi di Laurea

SCREENING DI POTENZIALI AGENTI

CARDIOPROTETTIVI SU PREPARAZIONI DI

MITOCONDRI CARDIACI

Relatori:

Prof. Vincenzo Calderone

Dott.ssa Lara Testai

Candidato:

Alessandra Paglietti

Anno Accademico 2014/2015

INDICE

1. Introduzione

1.1 Danno da Ischemia/Riperfusione ............................................................................ 1

1.2 Morte cellulare indotta durante l’ischemia .............................................................. 3

1.3 Morte cellulare indotta durante la riperfusione ....................................................... 5

1.4 Meccanismi di morte cellulare nel danno da I/R ..................................................... 8

1.5 Meccanismi di cardioprotezione............................................................................ 10

1.5.1 Il precondizionamento ischemico (IPreC) ...................................................... 10

1.5.2 Il post condizionamento ischemico (IPostC) .................................................. 12

1.5.3 Il remoto IPreC e IPostC (ReIPreC, ReIPostC) .............................................. 13

1.6 Il precondizionamento farmacologico (Ph-PreC) .................................................. 14

1.6.1 Triggers ........................................................................................................... 16

1.7 Canali del potassio coinvolti nella cardioprotezione ............................................ 20

1.7.1 Canali ............................................................................................. 21

1.7.2 Canali mitocondriali al potassio sensibili al calcio ......................................... 26

1.7.3 Canali mitoKv ................................................................................................. 30

1.7.4 Canali mitoTASK-3 ........................................................................................ 31

1.8 Protein Kinasi ........................................................................................................ 32

1.9 Poro MPTP ........................................................................................................... 45

1.9.1 Poro MPTP come target cardioprotettivo ....................................................... 47

1.9.2 Poro MPTP come target per il condizionamento ischemico........................... 48

1.10 Uniporter mitocondriale del ...................................................................... 52

1.10.1 Regolatori dell’ uniporter mitocondriale del ...................................... 54

1.11 Metodi innovativi di drug delivery mitocondriale............................................... 57

2. Scopo della tesi .......................................................................................................... 59

3. Materiali e Metodi

3.1 Animali .................................................................................................................. 66

3.2 Procedura di isolamento dei mitocondri cardiaci .................................................. 67

3.3 Protocollo sperimentale 1: valutazione delle variazioni del potenziale di

membrana mitocondriale ............................................................................................. 69

3.4 Protocollo sperimentale 2: valutazione delle variazioni nell’uptake di ....... 71

3.5 Protocollo sperimentale 3: valutazione dei movimenti di K⁺, utilizzando una

sonda Tl⁺-sensibile ...................................................................................................... 73

3.6 Protocollo sperimentale 4: valutazione delle variazioni del potenziale di

membrana mitocontriale utilizzando Rhodamina 123 ................................................. 75

3.7 Analisi statistica .................................................................................................... 77

4. Risultati e Discussione............................................................................................... 78

5. Bibliografia ................................................................................................................ 95

1

1. INTRODUZIONE

1.1 DANNO DA ISCHEMIA/RIPERFUSIONE

L’ischemia acuta miocardica è una delle principali cause di malattia nella società

occidentale e nonostante i recenti progressi nella terapia, rappresenta ancora la

principale causa di morte.

Le cardiopatie ischemiche sono correlate a una parziale o totale occlusione delle arterie

coronarie, le quali portano ad una ostruzione dei vasi così da limitare l’afflusso

sanguigno nei vari tessuti o organi. Questo ridotto apporto di sangue causa una

diminuzione dell’ossigenazione e dell’apporto nutritivo di tali aree, per cui questo

flusso non è più sufficiente per la sopravvivenza della cellula, che quindi va incontro a

morte. Singolarmente, il danno da ischemia è aumentato anche nella fase di

riperfusione, ovvero la fase successiva all’ischemia in cui vengono ripristinate le

condizioni di normalità per la vita cellulare (normale apporto di nutrienti e ossigeno): in

questo caso si parla di danno da Ischemia/Riperfusione (I/R).

Nel miocardio, la morte cellulare durante un episodio di ischemia è causato sia dal

processo di necrosi sia da quello di apoptosi. Mentre la necrosi può avvenire sia durante

l’evento ischemico sia quello di riperfusione, l’apoptosi si verifica soprattutto durante il

periodo della riperfusione (Zhao & Vinten-Johansen, 2002).

In particolare, il meccanismo di necrosi, come forma principale della morte cellulare dei

miociti, si instaura generalmente con una certa rapidità che può scatenare una risposta

infiammatoria significativa. Inoltre, si verificano diversi cambiamenti nelle cellule che

includono gravi danni cellulari, rigonfiamento degli organelli, denaturazione e

coagulazione delle proteine citoplasmatiche e la ripartizione di organelli cellulari.

Questi cambiamenti ultrastrutturali sono legati alla mancanza di ossigeno, alla

deplezione di ATP, alla perdita dell'omeostasi del calcio e ai difetti nella permeabilità

della membrana; il tutto può provocare la contrattura della cellula che può condurre alla

rottura della membrana e all'eventuale morte cellulare (Cotran et al., 1999).

Al contrario, il meccanismo di apoptosi consiste in un processo energia-dipendente in

cui la morte cellulare segue una sequenza geneticamente programmata e controllata di

eventi; le sue caratteristiche morfologiche principali includono la perdita asimmetrica di

fosfolipidi dalla membrana cellulare, la condensazione della cromatina, e la formazione

Introduzione

2

di vescicole citoplasmaticiche. Nella fase finale di apoptosi, alcuni frammenti cellulari

formano i corpi apoptotici che sono confinati all’interno della cellula in modo tale da

prevenire l'innesco di una risposta infiammatoria (Haunstetter & Izumo, 2000).

L’esistenza contemporanea di entrambi i tipi di morte cellulare nel miocardio può

rappresentare il grado finale di un letale danno miocardico dopo la comparsa dell’evento

di ischemia e riperfusione (James, 1998).

Quindi, i meccanismi di danno che innescano la morte cellulare durante la fase

ischemica e la fase della riperfusione sono differenti.

Introduzione

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1.2 MORTE CELLULARE INDOTTA DURANTE L’ISCHEMIA

Abbassamento del pH intracellulare

Durante l’evento ischemico la richiesta energetica delle cellule miocardiche

aumenta, quindi ci sarà un incremento del processo della glicolisi e per questo

motivo, si avrà un aumento metabolico di acido lattico con conseguente

acidificazione del pH intracellulare (Halestrap et al., 1998). L’acidificazione

della cellula è anche dovuta al contributo dato dalla degradazione di ATP in

ADP e AMP, in cui il pH scende fino a 6.2 nei primi 13 minuti (Garlick et al.,

1979).

Diminuzione di ATP

Con l’evento ischemico si ha l’interruzione di apporto di ossigeno e ciò

determina il blocco della fosforilazione ossidativa mitocondriale e il veloce

consumo di ATP, che viene convertito in ADP e in AMP e come tale esce dalla

cellula ed è la causa della riduzione della funzionalità cardiaca (gravi riduzioni

di ATP conducono a danni irreversibili del miocardio) (Sanada et al., 2011).

Modificazioni nelle concentrazioni ioniche

A seguito della diminuzione della concentrazione di ATP si ha l’inibizione della

pompa / ATPasi e quindi, incremento della concentrazione intracellulare

di . L’inibizione di questa pompa, e il conseguente accumulo di , causa

l’inibizione dell’antiporto / il quale fa ulteriormente diminuire il pH

intracellulare. (Testai et al., 2015).

L’antiporto che ha lo scopo di pompare all’esterno della cellula ioni

e far entrare ioni all’interno della cellula, viene inibito o invertito

provocando un aumento di ioni all’interno della cellula. Tale

concentrazione è incrementata dall’inibizione della pompa ATPasi.

(Sanada et al., 2011).

Questi eventi sono responsabili di un sovraccarico di ioni che potrebbero

contribuire all’apertura irreversibile dei canali MPTP (mithocondrial

permeability transition pore).

Introduzione

4

Produzione di ROS (Reactive Oxygen Species)

Durante l’episodio ischemico, la concentrazione citosolica di specie reattive

dell’ossigeno (ROS) presentano un duplice comportamento: nei primi minuti,

viene prodotta solo una piccola quantità di ROS, mentre dopo 20-25 min se ne

formeranno alte concentrazioni. L’esaurimento di ATP in concomitanza di

elevate concentrazioni di e ROS, conduce alla graduale e irreversibile

declino e integrità della cellula (Testai et al., 2015) (Figura 1).

Figura 1. Rappresentazione schematica degli eventi che avvengono durante l’Ischemia (Testai

et al., 2015).

Introduzione

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1.3 MORTE CELLULARE INDOTTA DURANTE LA RIPERFUSIONE

Stabilizzazione del pH fisiologico

Oltre al ripristino del flusso ematico, dovuto all’inizio della riperfusione,

avviene una rapida normalizzazione del pH extracellulare che determina il

formarsi di un forte gradiente di ioni attraverso la membrana plasmatica.

Principalmente come risultato si ottiene un ulteriore flusso massivo di

all’interno della cellula che permette l’espulsione degli ioni in eccesso

(Schäfer et al., 2001).

Produzione di ROS (Reactive Oxygen Species)

L’inizio della riperfusione è associato ad un’elevata produzione di ROS,

soprattutto dal complesso 1-3 della catena respiratoria, ma anche da altri enzimi

ossidativi mitocondriali tra cui le xantine ossidasi, NAPH ossidasi,

monoammine ossidasi e aconitasi (Kevin, et al., 2003) (Chen & Zweier, 2014).

Quindi, l’improvviso ripristino del metabolismo aerobico, fondamentale per la

ripresa della produzione energetica di ATP, ha come conseguenza un accumulo

di ROS, in particolare di anione superossido ( ). In condizioni fisiologiche il

superossido viene convertito in perossido di idrogeno ( ) dalla superossido

dismutasi (SOD) ed è successivamente inattivato dalla catalasi in e in .

L’evento ischemico potrebbe aver compromesso i meccanismi antiossidanti

della cellula e quindi, se i mitocondri non sono in grado di eliminarli, i ROS

possono andare a danneggiare le strutture cellulari, gli enzimi o le proteine

canale presenti sulla membrana cellulare (Sanada et al., 2011).

Infatti, le proteine mitocondriali sono particolarmente suscettibili al danno

indotto da ROS: questi hanno effetti diretti sulla respirazione e giocano un ruolo

centrale nell’apertura dei canali MPTP.

Accumulo di intracellulare

Gli ioni già accumulati durante l’evento ischemico entrano anche dai

canali voltaggio dipendenti di tipo L (Smart et al., 1997).

Le cellule però, già danneggiate da un lungo periodo ischemico, non sono in

grado di ristabilire istantaneamente l’omeostasi di intracellulare; solo dopo

Introduzione

6

30-60 minuti di riperfusione avviene una progressiva e graduale ripresa

dell’escrezione e il ri-immagazzinamento ATP-dipendente di nel reticolo

sarcoplasmatico (Sanada et al., 2011). L’accumulo di questi ioni nei primi stadi

della riperfusione è responsabile di una serie di fenomeni che accelerano il

danno cellulare: attivazione di lipasi, di nucleasi e di proteasi che vanno a

compromettere la struttura della cellula (viene attivata la Calpaina, proteasi Ca-

dipendente la cui azione è inibita dalla diminuzione di pH); apertura dei canali

MPTP.

Apertura del poro MPTP (Mitochondrial Permeability Transition Pore)

I canali MPTP sono pori di natura proteica ad alta conduttanza, ancorati tra la

membrana esterna e quella interna. Quando sono attivati consentono la

comunicazione tra il citoplasma e la matrice mitocondriale. La loro struttura non

è ancora pienamente caratterizzata, si ipotizza la presenza del canale anionico

voltaggio-dipendente nella membrana mitocondriale esterna (VDAC) e

dell’adenina nucleotide traslocasi (ANT) in quella interna; è stata accertata

anche, la presenza a livello strutturale della proteina traslocatrice TSPO (nella

membrana mitocondriale interna) e della Ciclofillina D (nella matrice

mitocondriale) (Testai et al., 2015). Durante l’evento ischemico i pori MPTP

sono chiusi, inibiti dal pH acido. Invece, durante la riperfusione, la rapida

energizzazione del mitocondrio conduce a entrata massiva di ioni , già

accumulato nel citosol durante l’ischemia, che induce una “distruttiva”

ipercontrazione; questo fattore, in aggiunta all’accumulo di ROS e al ripristino

dei valori di pH fisiologici, promuove l’apertura dei canali MPTP. L’apertura di

un solo poro è sufficiente a provocare un’immediata depolarizzazione che ne

stimola l’attivazione a cascata (Scorrano et al., 1997). Come conseguenza

dell’apertura degli MPTP la membrana mitocondriale è resa permeabile a tutti i

soluti con una dimensione inferiore ai 1.5 kDa che raggiungono un equilibrio

chimico ai lati della membrana. Invece, le molecole con dimensione maggiore

come le proteine, rimangono intrappolate all’interno della matrice creando un

gradiente osmotico che richiama acqua all’interno della membrana. In queste

condizioni si ha il rigonfiamento del mitocondrio e sebbene le creste della

membrana mitocondriale interna riescano ad espandersi senza andare incontro a

rottura, la membrana esterna si rompe e induce alla fuoriuscita di proteine

Introduzione

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proapoptotiche (confinate nello spazio intermembranale) come il Citocromo C.

Quindi un’apertura prolungata degli MPTP è incompatibile con la sopravvivenza

della cellula a causa della perdita di funzionalità mitocondriale (con conseguente

perdita di ATP) e della perdita dell’omeostasi degli ioni intracellulari (con

conseguente rigonfiamento cellulare che causa la rottura della membrana

plasmatica e infine, la morte cellulare) (Testai et al., 2015) (Figura 2).

Figura 2. Rappresentazione degli eventi che si verificano durante la Riperfusione

(Testai et al., 2015).

Introduzione

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1.4 MECCANISMI DI MORTE CELLULARE NEL DANNO DA I/R

La morte cellulare causata dal danno da Ischemia/Riperfusione è dovuta all’innesco di

meccanismi di tipo apoptotico, autofagico e necrotico.

Molte ricerche hanno cercato di definire quale forma di morte cellulare avvenga e in che

modo si distribuisca nella zona danneggiata: infatti, alcuni studi hanno proposto che

l’attivazione della morte per necrosi si ha nel momento in cui si ha un abbassamento dei

livelli di mitocondriale e questi raggiungono valori estremamente bassi o si

azzerano del tutto.

Allo stesso modo, sembra che i livelli intracellulari di ATP potrebbero servire anche da

switch molecolare: l’apoptosi si innesca in presenza di alti livelli, invece, a bassi valori

di ATP si avvia il meccanismo di necrosi.

Ulteriori ricerche hanno ipotizzato che dopo l’I/R il destino della cellula sia determinato

dall’estensione dell’apertura degli MPTP nel mitocondrio: nel caso in cui l’apertura sia

minima, la cellula è in grado di ristabilire le normali condizioni fisiologiche; se è di tipo

moderato, la cellula potrebbe generare il meccanismo di morte programmata (apoptosi);

invece, se l’apertura degli MPTP è massiva (severa), la cellula subirà necrosi a causa

dell’insufficiente produzione di energia. Comunque, in tutte e tre le situazioni il destino

cellulare è influenzato dalla risposta del mitocondrio allo stress.

Indipendentemente dalla modalità finale di morte cellulare, è fondamentale che i

meccanismi coinvolti siano tutti interconnessi tra loro.

La morte cellulare indotta da I/R sembra essere un processo attivo che quindi, può

essere inibito con interventi specifici. Studi recenti stanno approfondendo il fatto che i

mitocondri possano essere considerati importanti mediatori e regolatori di tutte le forme

di morte cellulare da I/R. In particolare, i canali MPTP sembrano svolgere il ruolo

principale di regolazione sia della morte apoptotica che necrotica e avere un ruolo

importante nel danno da I/R (Murphy & Steenberger, 2008) (Figura 3).

Introduzione

9

Figura 3. Eventi che conducono alla morte cellulare in seguito a I/R (Tesi Torsello Giuseppe,

2015).

Introduzione

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1.5 MECCANISMI DI CARDIOPROTEZIONE

Figura 4. Rappresentazione schematica dell’evento di I/R: IPreC, IPostC e PhPreC (Testai, et

al., 2015).

1.5.1 IL PRECONDIZIONAMENTO ISCHEMICO (IPreC)

Nel 1986 C. E. Murry e colleghi hanno dimostrato, in un modello canino, che

esponendo il cuore a quattro brevi cicli di ischemia subletali (5 minuti di ischemia

seguiti da 5 minuti di riperfusione ciascuno), prima di un evento ischemico della durata

di 40 minuti, si conferiva una profonda resistenza all’infarto. Infatti, l’esposizione a

questo tipo di stress poneva il cuore in uno stato di difesa che produceva la riduzione

dell’entità dell’infarto, difatti nei soggetti precondizionati la dimensione dell’infarto

risultava essere un quarto rispetto alla dimensione dei soggetti del gruppo di controllo.

(Murry et al., 1986). Questa fu la prima descrizione di un meccanismo di protezione

endogeno denominato Precondizionamento Ischemico (IPreC).

Gli stessi benefici sono stati confermati in altre specie animali tra cui conigli (Cohen et

al., 1991), maiali e ratti (Schott et al., 1990); in seguito sono stati effettuati studi

sull’uomo accertando la sua l’efficacia ed evidenziando il IPreC come nuovo e

fondamentale target di ricerca per la farmacologia e la fisiopatologia cardiovascolare

(Kharbanda et al., 2001).

Introduzione

11

Quindi, il IPreC consiste in un breve e transitorio episodio di I/R della durata di 2-5

minuti, che conferisce al miocardio un incremento della resistenza nei confronti di una

successiva sequenza prolungata di episodi di I/R.

Studi successivi, hanno dimostrato che IPreC è distinguibile in due fasi distinte:

- la prima fase, definita “classic IPreC”, dura per le tre ore successive allo stimolo ed è

dovuta dal coinvolgimento di biomolecole già esistenti che agiscono come effettori,

infatti, vanno ad attivare vie di segnalazione cellulare che da un lato avviano un

meccanismo pro-survival e, dall’altro, inibiscono l’azione di segnali pro-morte cellulare

(Yang et al., 2010);

- la seconda fase, più tardiva, chiamata “second window of IPreC”, ha inizio circa dopo

24 ore dall’inizio dello stimolo e si prolunga per i tre giorni successivi, è caratterizzata

da una riprogrammazione genetica della cellula che attiva la trascrizione di geni stress-

responsivi e dalla successiva sintesi di proteine che conferiscono un fenotipo

cardioprotettivo (Hausenloy & Yellon, 2010).

Sia la fase precoce che la tardiva hanno molte caratteristiche in comune: lo stimolo

ischemico precondizionante provoca il rilascio di una serie di sostanze che, legandosi a

recettori sulla superficie cellulare, innescano il meccanismo di protezione, dando inizio

a una cascata di eventi intracellulari. Tuttavia, nelle due fasi sembrano essere coinvolti

meccanismi di reazione differenti: nella fase precoce sono presenti reazioni che possono

essere completate in un breve periodo di tempo come l’attivazione di canali ionici,

l’attivazione tramite fosforilazione di enzimi esistenti, il rapido ricambio o la

traslocazione di sostanze (Yang et al., 2010); invece, la fase tardiva comprende reazioni

che richiedono un tempo maggiore per essere completate tra cui la modulazione

genomica e la sintesi ex novo di svariate proteine tra cui canali proteici, recettori,

enzimi, immunotrasmettitori, ma anche modificazioni post-trasduzionali e traslocazione

di proteine (Hausenloy et al., 2010).

Introduzione

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1.5.2 IL POST CONDIZIONAMENTO ISCHEMICO (IPostC)

Un certo grado di protezione si può ottenere anche con la riperfusione graduale dopo

l’ischemia (Sato et al., 1997). Tenendo conto dell’estensione del danno provocato

durante la riperfusione e nella ricerca di un metodo di protezione in grado di essere

applicato nel momento preciso in cui si dovrebbe avere l’inizio di questi danni, Zhao e

la sua equipe hanno ipotizzato di intervenire proprio all’inizio della riperfusione. La

loro ricerca ha condotto all’allestimento del protocollo del Postcondizionamento

Ischemico (IPostC). Tramite studi sul modello canino (sotto anestesia) sottoposto ad

ischemia miocardica prolungata, hanno eseguito tre occlusioni di 30 secondi ciascuna a

partire da 30 secondi dopo l’inizio della riperfusione. Le occlusioni erano separate l’una

dall’altra da un periodo di riperfusione della durata di 30 secondi. Attraverso questa

tecnica, gli autori hanno riportato la riduzione dell’estensione dell’infarto, dell’edema

tissutale e della disfunzione endoteliare post-ischemica che favorisce le lesioni da

riperfusione: infatti, si è riscontrata una riduzione del 40% dell’entità dell’infarto

provocato sul cuore canino (Zhao et al., 2003).

Come è stato osservato per IPreC, gli stessi effetti benefici del protocollo di IPostC sono

stati confermati in altre specie animali (roditori come topi e ratti, conigli, maiali, gatti,

scimmie) (Skyschally et al., 2009) tra cui l’uomo (Staat et al., 2005).

Attualmente, i meccanismi coinvolti nel IPostC non sono stati completamente compresi,

ma è stato evidenziato che durante questo evento si verifica una riduzione della

produzione di ROS, del sovraccarico di ioni e del fenomeno infiammatorio (Testai

et al., 2015).

Introduzione

13

1.5.3 IL REMOTO IPreC E IPostC (ReIPreC, ReIPostC)

Schmidt e i suoi colleghi hanno dimostrato che brevi e alternati cicli di ischemia degli

arti offrono una significativa protezione durante un infarto del miocardio, andando a

preservare la funzionalità cardiaca e a ridurre le aritmie tipiche nella riperfusione

(Schmidt et al., 2007).

Allo stesso modo, Li e la sua equipe hanno osservato che brevi periodi di ischemia

dell’arto vanno a ridurre il danno miocardico dopo un periodo ischemico attraverso

l’inibizione dello stress ossidativo (Li et al., 2006).

Inoltre, è stato dimostrato che episodi di ischemia a livello renale, nei primi minuti della

riperfusione, vanno a ridurre l’entità dell’infarto miocardico nel ratto (Kerendi et al.,

2005).

Questi fenomeni sono denominati ReIPreC e ReIPostC: si tratta di brevi episodi di I/R

indotti in un organo distante dal cuore, prima o dopo una prolungata ischemia, e

permettono di produrre un effetto cardioprotettivo.

Benché i meccanismi molecolari coinvolti nel ReIPreC e nel RIPostC non siano ancora

ben compresi (ulteriori studi sono in gran parte di tipo osservazionale), questi fenomeni

sono stati osservati distintamente in molte specie di mammiferi tra cui ratti, conigli e

maiali (Testai et al., 2015).

Introduzione

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1.6 IL PRECONDIZIONAMENTO FARMACOLOGICO (Ph-PreC)

Una procedura clinica di IPreC, che va ad anticipare un infarto miocardico, è quasi

impossibile da applicare poiché non si può predire l’inizio dell’evento ischemico.

Al contrario, una strategia clinica di cardioprotezione che si basa sul IPostC

concettualmente è applicabile in pazienti con infarto acuto del miocardio, ma ciò

conduce a molte difficoltà, rischi e svantaggi.

La definizione delle vie di segnalazione di IPreC e di IPostC pone le basi per lo

sviluppo di strategie farmacologiche che vadano a mimare l’azione di protezione

attraverso l’uso di sostanze in grado di innescare la stessa catena di reazioni

mitocondriali. Entrambi i due protocolli, nei quali vengono reclutate vie di segnalazioni

analoghe, sono mediati da numerosi fattori endogeni tra cui adenosina, acetilcolina,

bradichinina e oppioidi, e anche molecole gassose come NO e S. Infatti, durante la

fase di precondizionamento si ha il rilascio di una serie di sostanze che, legandosi a

recettori sulla superficie cellulare, innescano il meccanismo di protezione dando inizio a

una cascata di eventi intracellulari. Queste “sostanze-innesco” vengono denominate

Triggers.

Durante IPreC e IPostC è coinvolta l’attivazione della Proteina Chinasi C (PKC); si

tratta di isoenzimi che spesso esercitano ruoli opposti sia in condizioni normali sia negli

stati non fisiologici. Sono coinvolti anche altre forme di chinasi come RISK

(reperfusion injury salvage kinase), GSK3B (glycogen synthase kinase 3 beta) e STAT3

(signaling traducer and activator of trascription 3) (Testai et al., 2015).

All’interno della membrana mitocondriale sono presenti diverse tipologie di canali al

potassio che si possono ritrovare anche nella membrana plasmatica cellulare. È stato

ipotizzato che questi canali possano essere considerati fattori scatenanti ed effettori

finali nel processo di cardioprotezione.

È stata dimostrata la presenza di canali al potassio ATP-sensibili e Ca-attivati voltaggio

operati (Kv7.4) ed è stato avvalorato che questi sono coinvolti nella regolazione del

volume mitocondriale, del potenziale di membrana, della regolazione di pH e

dell’apoptosi cellulare.

Inoltre, è stato dimostrato che la Connessina 43, una proteina trasmembranale che

consente la comunicazione diretta tra il citoplasma di cellule adiacenti attraverso delle

giunzioni, sia presente a livello del mitocondrio e a quel livello partecipa al IPreC. È

interessante notare che, la Connessina 43 mitocondriale va a contribuire

Introduzione

15

all’assorbimento di calcio andando a formare strutture di semicanali o andando a

modulare trasportatori ionici già esistenti (Boengler et al., 2005). È stato ipotizzato che

questa proteina possa essere coinvolta nella cardioprotezione indotta dal diazossido, un

attivatore , poiché è stato osservato che nei topi con deficienza di Connessina 43,

questo attivatore risultava privo dei suoi effetti benefici di cardioprotezione (Heinzel et

al., 2005).

Introduzione

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1.6.1 TRIGGERS

Adenosina

È stato il primo attivatore individuato nel processo di IPreC attraverso studi

effettuati su tessuto cardiaco di coniglio; infatti, è stato osservato che i valori di

questa sostanza incrementano durante brevi periodi di ischemia. Di

conseguenza, è stato osservato che questo aumento provoca la riduzione

dell’inotropismo cardiaco e della dilatazione delle resistenza periferiche e

quindi, come risultato si ottiene un bilanciamento della richiesta/domanda di

ossigeno (Liu et al., 1991).

Quando questa viene liberata dal miocardio ischemico, sembra che induca

l’apertura dei canali attraverso l’attivazione/traslocazione della

Proteina Chinasi C (PKC); infatti, l’adenosina va a legarsi con il proprio

recettore A1, accoppiato a proteina G, e ciò provoca l’attivazione della

Fosforilasi C (PLC) che va a catalizzare l’idrolisi del Fosfatidilinositolo 4,5-

difosfato (PIP2) in Inositolo 1,4,5-trifosfato (IP3) e Diarcilglicerolo (DAG),

stimolando due diverse isoforme della PKC (α e δ), le quali a loro volta

andranno a fosforilare i canali MitoK ATP (Figura 5).

Figura 5. Schema di attivazione della protezione miocardica esercitata dalla

liberazione di adenosina (Rastaldo et al., 2006)

Introduzione

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Bradichinina

È stato dimostrato che la bradichinina viene rilasciata dalle cellule cardiache

durante i brevi periodi di ischemia (Goto et al., 1995). La bradichinina è un

importante peptide endogeno che media il precondizionamento ischemico

indotto al fine di ottenere cardioprotezione, mediante l'attivazione di una cascata

di trasduzione di segnale univoco che rapidamente produce resistenza/tolleranza

del miocardio a condizioni ischemiche sostenute. Il precondizionamento indotto

da questo peptide esercita effetti cardioprotettivi contro la disfunzione contrattile

postischemica simile a quello che si osserva con il IPreC, in seguito

all’attivazione del proprio recettore B2. La bradichinina esercita questi effetti

mediante l’attivazione del pathway di segnalazione di PI3K/Akt/iNOS e la

regolazione dello stato di ossido-riduzione attraverso il rilascio di NO. Infatti,

questo peptide sembra mimare il precondizionamento ischemico attraverso

molteplici mediatori precondizionanti tra cui i ROS, NO, guanil monofofostato

ciclasi (cGMP), la proteina chinasi G (PKG) e i canali . Diversi studi

hanno descritto che il trattamento con diversi antagonisti della bradichinina, tra

cui HOE-140, selettivo per il recettore B2, hanno completamente annullato

l’effetto protettivo del miocardio, evidenziando quindi il ruolo di questo peptide

come mediatore nella protezione nel precondizionameto ischemico (Sharma et

al., 2015) (Figura 6).

Figura 6. Schema di attivazione del Precondizionamento Ischemico indotto dalla

Bradichinina (Sharma et al., 2015).

Introduzione

18

Oppioidi

Tra le sostanze attivate durante il precondizionamento ischemico si hanno anche

i peptidi oppioidi endogeni; infatti, è stato dimostrato che a seguito di brevi

episodi di ischemia si ha un incremento dei livelli di encefalina nel tessuto

miocardico. Inoltre, è stata confermata la presenza nel miocardio dei recettori

oppioidi μ, δ e κ, i quali sono accoppiati a proteina G. Sostanze agoniste di

questi recettori vanno a mimare l’effetto cardioprotettivo sviluppato durante il

precondizionamento (Maslov et al., 2014).

Goto e i suoi colleghi hanno dimostrato che vi è una compartecipazione al

raggiungimento del valore soglia per il precondizionamento tra le diverse

sostanze implicate nel meccanismo protettivo. Infatti, si ha una sommazione di

effetti tra adenosina, bradichinina e oppioidi, e in mancanza di uno di essi si

verifica un innalzamento del livello di soglia dello stimolo precondizionante

(Goto et al., 1995) (Figura 7).

Figura 7. Un esempio di come più triggers agiscono in parallelo nell’IPreC.

Nel primo pannello dopo 5 min di ischemia si raggiunge la soglia di protezione, ma nel

secondo pannello dopo 3 min di ischemia questo non avviene. Nel terzo pannello

bloccando i recettori B2 della bradichinina con HOE 140 non si raggiunge la soglia

nonostante i 5 min di ischemia. Nel quarto pannello si raggiunge il valore soglia con 3

min di ischemia associati a un ACE inibitore che aumenta i livelli di bradichinina(Goto

et al., 2015) .

NO

I meccanismi attraverso i quali l’ossido nitrico è generato in risposta allo stimolo

di IPreC sono poco chiari, come lo sono i mediatori a valle.

Introduzione

19

S

Il solfuro di idrogeno è un neurotrasmettitore endogeno gassoso prodotto

principalmente dagli enzimi cistationina β-sintetasi (CBS) e cistationina γ-liasi

(CGL), sono stati recentemente suggeriti come mediatori della fase tardiva del

IPreC; infatti, è stato dimostrato che su cardiomiociti di ratto, il trattamento con

il solfuro di idrogeno conferiva cardioprotezione ritardata (16-28 ore dopo lo

stimolo precondizionante) e che l’inibizione della biosintesi di questa molecola

andava ad abolire questa cardioprotezione. Ciò ha confermato il ruolo chiave di

questo neurotrasmettitore durante la fase tardiva del precondizionamento (Pan et

al., 2006).

Introduzione

20

1.7 CANALI DEL POTASSIO COINVOLTI NELLA CARDIOPROTEZIONE

Figura 8. Spiegazione schematica dei diversi meccanismi collegati all’apertura dei canali

mitoK (Testai et al., 2015).

È cruciale sviluppare strategie farmacologiche coinvolgenti i target reclutati nel IPreC e

nel IPostC per ottenere meccanismi di cardioprotezione. Per questo motivo, un target

fondamentale dei signaling endogeni e farmacologici è rappresentato dai canali al

potassio mitocondriali (mitoK).

In condizioni normali, la membrana mitocondriale interna è quasi impermeabile al ;

quindi, quando i canali sono chiusi, l’ingresso di ioni è trascurabile e bilanciato

facilmente dall’antiporto / che pompa fuori dalla matrice mitocondriale.

Al contrario, in condizioni di stress o ischemia, l’apertura di mitoK provoca un notevole

afflusso di ioni con diffusione di acqua, assorbimento di anioni e di conseguenza si

ha il rigonfiamento della matrice. Questo effetto garantisce la conservazione di una

bassa permeabilità della membrana esterna per i nucleotidi e la creazione di un

favorevole gradiente per la sintesi di ATP e il suo trasferimento nel citoplasma (Garlid,

2000). Per questo motivo, l’attivazione dei mitoK controlla il volume della matrice

mantenendo uno stretto spazio intermembranale, necessario per preservare un’efficace

fosforilazione ossidativa. Inoltre, l’apertura dei mitoK produce una lieve

Introduzione

21

depolarizzazione del potenziale di membrana, responsabile dell’assorbimento ridotto di

nella matrice, preservandola da un dannoso sovraccarico e dalla successiva

apertura degli MPTP (Hausenloy et al., 2005). Quindi, l’apertura dei mitoK come target

dell’IPreC previene la formazione e l’apertura degli MPTP, andando a ridurre il rilascio

di fattori pro-apoptotici durante la riperfusione, preservando l’integrità della membrana

mitocondriale.

1.7.1 CANALI

Il canale mitocondriale al potassio sensibile all’ATP è stato il primo canale mitoK

riconosciuto come un target efficace per il precondizionamento farmacologico. Sostanze

che inducono l’apertura di questi canali, come Bimakalim e Cromakalim, sono state

indicate in quanto sono in grado di produrre effetti cardioprotettivi a dosi tali da non

influenzare la durata del potenziale d’azione, suggerendo l’esistenza di un sito di azione

intracellulare indipendente dai canali del sarcolemma (Yao et al., 1994) (Grover et al.,

1995).

Successivamente, per poter confermare il ruolo dei canali sono stati effettuati

studi sui mitocondri di cuore bovino in cui sono stati osservati gli effetti del Diazossido,

agente attivate dell’apertura di questi canali, ad una concentrazione nettamente inferiore

a quella necessaria per l’apertura del canale del sarcolemma (Garlid et al., 1997).

Anche se per diversi anni ci sono stati dibattiti su quale tipo di canale

(sarcolemmatico o mitocondriale) fosse coinvolto nella cardioprotezione, attualmente è

stato accettato che i mitocondri giocano un ruolo cruciale nell’evento I/R ed è probabile

che il ruolo del canale sia prevalente a questo livello (Garlid & Halestrap,

2012).

Infatti, numerosi studi a sostegno di questa ipotesi sono stati raccolti negli ultimi anni, a

dimostrazione che IPreC e più recentemente anche IPostC, può essere riprodotto

attraverso l’uso di diverse sostanze che agiscono come attivatori selettivi dei canali

.

Fino ad oggi, non è ancora stata assegnata al nessuna identità molecolare ben

definita; tuttavia, è stata proposta una somiglianza con quello del sarcolemma. Infatti, è

probabile che il canale sia un complesso etero-ottamerico, contente le

Introduzione

22

subunità 6.1 o 6.2 e subunità recettoriali della sulfonilurea (SUR2), mentre la

subunità SUR1 sembra che non sia presente. Recentemente, è stata descritta una

variante SUR2 specifica del mitocondrio (mitoSUR2), generato dallo splicing

intraesonico della classica subunità SUR2; è importante considerare che in topi in cui

non è espresso SUR2, e in cui è rimasta espressa la forma mitoSUR2, la strategia IPreC

è ancora efficace nel ridurre il danno ischemico (Ye et al., 2009).

Inoltre, lo scambio farmacologico tra i canali e il complesso mitocondriale

respiratorio II (deidrogenasi succinato) ha portato ad ipotizzare che il complesso II

potrebbe essere un ulteriore componente di questo canale mitocondriale (Ardehali et al.,

2005).

È interessante osservare che il gruppo seguito da O’Rourke è riuscito a fare passi in

avanti nella comprensione della struttura molecolare di questo canale: infatti, hanno

dimostrato che il canale ROMK (canale al potassio della midollare esterna), che

normalmente è espresso sulla membrana superficiale delle cellule renali, è localizzato

sulla membrana interna dei mitocondri cardiaci e ha la funzione di mediare il flusso di

ioni ATP-sensibile, così da indurre la protezione contro stimoli di morte cellulare.

Questa osservazione ha portato all’ipotesi che il canale mitoROMK possa formare il

poro nella subunità del canale (Foster et al, 2012).

1.7.1.1 ATTIVATORI DEI CANALI

I primi esperimenti fatti per confermare le proprietà cardioprotettive degli attivatori del

canale sono stati effettuati con Cromakalim o suoi analoghi, in cui il nucleo

di base è costituito dal benzopirano. Il Cromakalim è completamente privo di selettività

per i canali , infatti causa l’attivazione dei canali del sarcolemma

presente nelle cellule muscolari lisce vascolari e nei cardiomiociti. Il nucleo

benzopirano ha rappresentato l’elemento maggiormente sottoposto a manipolazione

chimica per lo sviluppo di nuovi attivatori del canale (Mannhold, 2004)

(Figura 9).

Attraverso vari studi è stato evidenziato che il Diazossido, un prototipo della classe

delle benzotiazine, ha la proprietà di riuscire ad aprire con una certa selettività, sebbene

non assoluta, i canali ; infatti, a dose moderate può attivare questi canali

producendo una fase di precondizionamento farmacologico, legate all’attivazione dei

(Garlid et al., 1996) (D’hahan et al., 1999) (Figura 9).

Introduzione

23

Sebbene il ruolo di ROS nel IPreC sia ancora controverso, Heusch e i suoi colleghi

hanno dimostrato che il diazossido conferisce una protezione attraverso la generazione

di radicali liberi (Pain et al., 2000). È stato ipotizzato inoltre, che esistano dei

meccanismi indipendenti dai canali e un possibile bersaglio molecolare è

probabilmente la succinato deidrogenasi mitocondriale (Rodrigo et al., 2004).

Inoltre, è stato dimostrato che il complesso II sia un importante regolatore o un

componente del , poiché il diazossido è in grado di attivare questo canale, ma

anche di inibire il complesso II. Al contrario, l’uso di inibitore del complesso II, come

l’aptenin A5, fa sì che si abbia l’apertura del canale anche a concentrazioni

minori (Wojtovich & Brooks, 2009). Tuttavia, il diazossido provoca effetti aspecifici,

quali vasodilatazione e iperglicemia, legati all’attivazione dei canali

sarcolemmatici, difficili da gestire per poter sviluppare target farmacologici nella

cardioprotezione.

La Bristol Mayer Squibb Company nel tentativo di sviluppare molecole che abbiano

selettività verso i canali , ha sintetizzato nuovi ibridi attraverso la

coniugazione della parte benzopiranica del Cromakalim con un nucleo

cianoguanidinico. Questa ricerca ha condotto allo sviluppo di due interessanti composti:

- BMS 180448: molecola dotata di una buona potenza cardioprotettiva e con una bassa

azione vaso rilasciante.

- BMS 191095: un 4-N-aril-benzopirano sostituto, circa 30 volte più selettivo rispetto al

BMS 180448. La sua azione farmacologica è antagonizzata dall’acido 5-idrossi-

decanoico (5-HD), un bloccante selettivo del canale . Sfortunatamente, questa

molecola non può essere utilizzata in clinica poiché induce tossicità neuronale, per cui

può essere sfruttata solo per scopi di ricerca (Grover & Atwal, 2002) (Figura 9).

Successivamente, sono state sviluppate nuove molecole ottenute mediante l’inserimento

in posizione 4 del benzopirano di un nucleo 2’-carbossialchil-indolo o 2’-carbossialchil-

indolinico. In particolare, la seconda molecola ha mostrato una migliore azione

cardioprotettiva sia in vivo che in vitro, e una debole attività vasorilasciante. Si suppone

che questi nuovi composti possano andare a influenzare il canale visto che i

loro effetti cardioprotettivi vengono completamente bloccati dal 5-HD (Lee et al.,

2003). Inoltre, Jung e i suoi colleghi hanno osservato che un analogo del benzopiranil-

indolo, KR-31466, può ridurre il danno ipossico in cellule H9c2 cardiache attraverso

l’apertura dei canali . È stato ipotizzato che questa protezione da morte

Introduzione

24

indotta da ipossia si verifica anche per il coinvolgimento di meccanismi di attivazione

della PKC (Jung et al, 2003).

Recentemente, Breschi e colleghi hanno sintetizzato una nuova serie di derivati

benzopiranici sostituiti con gruppi spiromorfolinici e spiromorfolonici. L’inserimento di

uno spirociclo sostituito sul carbonio 4 al gruppo benzopirano ha conferito una certa

rigidità alla struttura in questa porzione della molecola tale da rendere migliore la

propria selettività nei confronti dei canali . Alcuni di questi composti hanno

mostrato un buon profilo cardioprotettivo nei modelli di ex vivo di I/R e modesti effetti

a livello della muscolatura liscia vascolare. In particolare, il derivato N-acetil-

spiromorfolone (F163) è stato sottoposto ad ulteriori studi, in quanto è risultato il

migliore della serie di questi composti. È stata dimostrata la sua enantioselettività nel

profilo della cardioprotezione, infatti l’enantiomero levogiro è l’unico responsabile della

sua azione (Rapposelli et al., 2009). In particolare, sono stati confermati gli effetti

cardioprotettivi di F163 attraverso studi più approfonditi effettuati sia su colture di

cardiomioblasti sottoposti ad anossia/riperfusione sia in vivo nel modello di infarto

acuto del miocardio; inoltre, è stato dimostrato il suo target mitocondriale (Calderone et

al, 2010).

Attualmente, è stato osservato che il nuovo composto è capace di produrre tutti gli

effetti tipici dovuti all’apertura del canale : ovvero provoca una debole

depolarizzazione, una riduzione della ricaptazione di ioni , un aumento nel rilascio

di ioni e un debole rigonfiamento mitocondriale. Infatti, è stata dimostrata

l’esistenza di una stretta correlazione tra l’induzione di depolarizzazione e il rilascio di

ioni dalla matrice mitocondriale; in particolare, è stato osservato che è sufficiente

una piccola depolarizzazione per influenzare notevolmente il rilascio di ioni

accumulati nella matrice mitocondriale. Questi studi hanno suggerito che il nuovo

composto, F163, possa rappresentare un interessante prototipo per lo sviluppo di

innovativi attivatori del canale , evidenziando un’azione molto più potente

rispetto al diazossido e priva di effetti significativi a livello della pressione sanguigna e

del metabolismo del glucosio (Calderone et al., 2010)(Figura 9).

Introduzione

25

Figura 9. Strutture chimiche di molecole che attivano in maniera non selettiva l’apertura dei

canali (A), e di attivatori selettivi del canale (B).

Levosimendan, un farmaco cardiovascolare utilizzato nel trattamento acuto

dell’insufficienza cardiaca e nello scompenso cardiaco, deve la sua azione ad una

sensibilizzazione al calcio delle proteine contrattili e ad un effetto di vasodilatazione

mediato dall’apertura dei canali del sarcolemma. Recentemente, è stato dimostrato

anche che induce l’attivazione dei canali (Kopustinskiene et al., 2004) e che

ha un ruolo di protezione miocardica contro il danno da I/R (Terzic et al., 2000) (Figura

10).

Figura 10. Struttura chimica di Levosimendan

Inoltre, è stato ipotizzato che gli effetti cardioprotettivi di numerosi polifenoli, come

Teaflavina e Epigallocatechina, sono legati ad un’attivazione dei canali (Ma

et al., 2011).

Alcuni anestetici volatili vanno ad attivare gli stessi pathway che mediano la protezione

attraverso IPreC e IPostC. È stato verificato che l’esposizione dei cardiomiociti agli

anestetici volatili come Sevoflurano e Isoflurano, prima dell’evento ischemico

miocardico, vada a ridurre il danno in maniera dose dipendente (Zaugg et al., 2002).

Introduzione

26

Questi effetti sono antagonizzati dal 5-HD, a dimostrazione del coinvolgimento dei

canali (Van Allen et al., 2012).

Attualmente, nessuno studio specifico ha tentato di identificare il sito di legame degli

attivatori sui canali ; tuttavia, in analogia con i canali del sarcolemma,

l’interazione con la subunità SUR sembra essere l’ipotesi più probabile.

1.7.2 CANALI MITOCONDRIALI AL POTASSIO SENSIBILI AL CALCIO

Canali e loro attivatori

Nel 2002, O’Rourke e la sua equipe hanno dimostrato l’esistenza di canali del

potassio a livello della membrana interna mitocondriale in cui la conduttanza era

influenzata dall’ingresso di ioni ( ) attraverso esperimenti

effettuati su cuore di cavia (Xu et al., 2002). Precedentemente, era stata descritta

la presenza di questo canale nei mitocondri delle cellule del glioma, ma senza

assegnare loro alcuna funzione specifica (Siemen et al., 1999).

Lo studio condotto da O’Rourke e colleghi consisteva nell’impiegare mitoplasti

patch-clamp mediante i quali sono riusciti a identificare il passaggio di correnti

potassiche attraverso questo canale. Inoltre, hanno evidenziato il ruolo svolto dal

canale nella protezione contro il danno da I/R. Infatti, l’uso di

attivatori di questo canale, come la molecola NS1619 (Figura 11), inducono una

riduzione delle dimensioni dell’infarto in seguito a un periodo di I/R. Questi

effetti, inoltre, sono antagonizzati dall’ uso di un bloccante selettivo, come la

Paxillina (Xu et al., 2002) (Ardeali & O’Rourke, 2005). Ulteriori studi, hanno

confermato che l’apertura farmacologica dei canali viene mimata nel

precondizionamento precoce e ritardato (Cao et al., 2005), così come nel

postcondizionamento (Jin et al., 2012).

Tuttavia, concentrazioni micromolari di NS1619 possono provocare anche

effetti anomali a livello mitocondriale, tra cui una diminuzione del controllo

respiratorio, una insensibilità ai bloccanti selettivi del canale , e una

profonda caduta del potenziale di membrana anche in assenza di ioni

(Bednarczyk et al., 2008). Da osservare che, alte concentrazioni di questa

molecola provocano l’inibizione dei canali al calcio di tipo L, delle correnti al

Introduzione

27

cloro attivate dal calcio, dei canali al calcio voltaggio-gated, e canali al potassio

e al sodio. Questi effetti aspecifici rendono difficile la comprensione e

l’interpretazione del ruolo dei canali svolto nella cardioprotezione

(Park et al., 2007).

Degno di attenzione è il composto NS11021 (Figura 11), un nuovo attivatore dei

canali , chimicamente non correlato al precedente, più potente e più

specifico rispetto al composto NS1619 (Bantzen et al., 2007). Questa molecola

esercita effetti protettivi attraverso l’attivazione dei canali , visto che

questi effetti sono completamente antagonizzati dalla Paxillina. La

somministrazione di concentrazioni nanomolecolari di NS11021 induce un

miglioramento della performance bioenergetica del mitocondrio cardiaco,

attraverso un incremento dell’assorbimento di ioni e un debole

rigonfiamento della membrana, senza ingenti cambiamenti nei valori del

potenziale di membrana mitocondriale (ΔΨ).

Oltre alla sintesi dei vari composti della serie NS, è stato sviluppato un nuovo

composto, il CGS7184 (etil-1-[(4-clorofenil)-amino]osso]-2-idrossi-6-

trifluorometil-1H-indolo-3-carbossilato) (Figura 11); questo provoca la

riduzione della produzione di ROS nel mitocondrio isolato dal cervello di ratto

(Kulawiak et al., 2008) e la depolarizzazione del potenziale di membrana

mitocondriale nella linea cellulare EAhy926 (Wrzosek et al., 2009). Questi

effetti, che sembrano prevedere eventuali proprietà di protezione, dovrebbero

essere correlati alla modulazione dell’omeostasi degli ioni , probabilmente

mediante l’interazione con il reticolo sarcoplasmatico (Wrzosek et al., 2012).

Attualmente, è stato ipotizzato che la struttura del canale espresso a livello

mitocondriale e sarcolemmatico sono conservate, dunque il canale

potrebbe essere composto da quattro subunità alfa, che formano il poro, e da

quattro subunità beta, le quali hanno il compito di modulare la sensibilità al

calcio e l’attività (Meera et al., 1996).

È stata descritta una subunità beta-1 ausiliaria, necessaria per IPreC e rilevabile

anche a livello del sarcolemma (Wang et al., 2008); tuttavia, alcune varianti di

splicing a livello mitocondriale non possono essere escluse.

Nel 2013, Toro e la sue equipe hanno dimostrato l’esistenza di KCNMA1

(Slo1), un gene a livello mitondriale, che codifica per il canale . La

loro ipotesi è stata supportata mediante esperimenti effettuati su topi in cui

Introduzione

28

questo gene non era espresso e dove NS1619 non riusciva a svolgere la sua

funzione cardioprotettiva (Singh et al., 2013).

Figura 11. Struttura chimica di molecole che inducono l’apertura del canale

.

Recentemente, è stato dimostrato che Naringenina, un flavanone che si ritrova in

abbondanza nel genere Citrus, possiede un’attività cardioprotettiva mediata

dall’apertura dei canali (Figura 12). Infatti, il trattamento effettuato

con questa molecola prima dell’inizio dell’attacco ischemico acuto in vivo o

durante l’intero evento ischemico produce il dimezzamento della dimensione del

danno da I/R. Inoltre, su mitocondri di cuore isolato, Naringenina è in grado di

produrre gli stessi effetti tipici degli attivatori del canale tra cui

aumento dell’entrata di ioni potassio all’interno del mitocondrio, una debole

depolarizzazione mitocondriale e una riduzione dell’assorbimento di ioni calcio.

Il target d’azione è stato dimostrato con l’uso di bloccanti selettivi come

Paxillina e Iberiotossina (Testai et al., 2013). Recentemente, è stato osservato

che Naringina, il glicoside della Naringenina, abbia effetti protettivi in cellule

cardiache H9c2 danneggiate da alti livelli di glucosio, attraverso il pathway

MAPK (Chen & Zweier, 2014); questa ipotesi, se confermata anche in modelli

in vivo in cui naringina viene idrolizzata nell’aglicone, potrebbe significare che

il reclutamento di MAPK sia un evento a monte dell’attivazione del canale

mitoBK.

Introduzione

29

Figura 12 . Struttura chimica di Naringenina

Canali

Oltre ai canali , è stata confermata l’esistenza di un canale al potassio

sensibile al calcio ad intermedia conduttanza, o 3.1. Questo canale è

stato rilevato nel mitocondrio purificato dalle cellule del carcinoma del colon

(De Marchi et al., 2009), nelle cellule HeLa e nei fibroblasti embrionali (Sassi et

al., 2010). Il canale risulta avere lo stesso peso molecolare del canale

localizzato nella membrana plasmatica, e ciò suggerisce che possano avere

equivalenti proprietà biofisiche e farmacologiche. Il ruolo farmacologico di

questo canale non è ancora stato approfondito, ma l’uso di un inibitore

come TRAM-34, provoca iperpolarizzazione della membrana mitocondriale, in

accordo con il tipico profilo degli attivatori del canale al potassio mitocondriale

(Sassi et al., 2010).

Attualmente, il canale non è stato rilevato a livello cardiaco.

Canali

Recentemente, il canale , un canale al potassio sensibile al calcio a

debole conduttanza, è stato identificato, localizzato mediante microscopia

elettronica, e purificato a livello della membrana interna del mitocondrio

cardiaco di cavia e a livello del mitocondrio delle cellule neuronali (Dolga et al.,

2013). Inoltre, è stato dimostrato che la loro attivazione mimi il

precondizionamento farmacologico e quindi conferisca cardioprotezione, come è

mostrato dal miglioramento funzionale e metabolico registrato durante la

riperfusione su cuori di cavia isolati e perfusi. In più, l’attivazione del canale

sembra che induca, similmente all’apertura dei canali

Introduzione

30

, un controllo sulla produzione intramitocondriale di ROS (Stowe et

al., 2013).

Tra i composti sintetizzati come attivatori del canale , DCEBIO

(Figura 13) che ha dimostrato di indurre cardioprotezione. La sua azione è

antagonizzata da l’uso sia di NS8593, un antagonista dell’isoforma del canale

, sia da TBAP, uno scavenger del perossinitrile.

DCEBIO

Figura 13. Struttura chimica di un attivatore del canale .

1.7.3 CANALI mitoKv

Nel 2005, Szabò e la sua equipe hanno evidenziato la presenza di canali al potassio

voltage-gated 1.3 (Kv1.3) all’interno della membrana del mitocondrio dei linfociti T

(Szabò et al., 2005). Successivamente, questi canali sono stati localizzati anche nei

mitocondri dei macrofagi (Vicente et al, 2006) e dei neuroni dell’ippocampo

(Bednarczyk et al., 2010). Sebbene i canali Kv1.3 descritti nei mitocondri dei neuroni

dell’ippocampo presentino una diversa conduttanza rispetto ai canali Kv1.3 localizzati

nei linfociti, entrambi i canali evidenziano una sensibilità alla margatossina. È

interessante notare che un’iperpolarizzazione del potenziale di membrana mitocondriale

può essere registrato durante l’inibizione del canale mitoKv1.3, indicando che nei

mitocondri eccitati questi canali sono normalmente attivati.

Inoltre, ulteriori studi hanno evidenziato che nei mitocondri dei macrofagi J774 sono

espressi i canali Kv1.3 e Kv1.5 e che l’inibizione di questi canali potrebbe

efficacemente indurre apoptosi in questa linea cellulare di macrofagi. Pertanto, i risultati

ottenuti indicano che il meccanismo proposto per i canali mitoKv1.3 può essere esteso

ad altri canali Kv localizzati nei macrofagi, importanti componenti del sistema

immunitario (Leanza et al., 2012). Recentemente, è stato dimostrato che l’inibizione del

canale mitoKv1.3 induce un effetto drastico sul processo di apoptosi delle cellule

Introduzione

31

tumorali mediante un pathway Bax/Bak indipendente (Leanza et al., 2012).

Attualmente, i canali mitoKv1.3 non sono stati riconosciuti a livello cardiaco.

Canali mitoKv7.4

Il canale mitoKv7.4 è di recente scoperta, infatti, è stato per la prima volta

localizzato, mediante studi effettuati con Western blot, microscopia elettronica e

analisi immunocitochimiche, a livello del mitocondrio dei cardiomiociti di ratto.

Inoltre, attraverso ulteriori studi di funzionalità mitocondriale, è stato dimostrato

che l’attivazione farmacologica di questo canale induce depolarizzazione del

potenziale di membrana mitocondriale, provocando la riduzione

dell’assorbimento di mitocondriale e quindi, inducendo la riduzione dei

danni indotti dal danno I/R (Testai et al, 2016).

1.7.4 CANALI mitoTASK-3

Il canale mitoTASK-3 è stato localizzato a livello del mitocondrio del melanoma, delle

cellule cheratinocitiche (Szewczyk et al., 2009) e dell’ippocampo di embrioni di ratto

(Kajma & Szewczyk, 2012). Tuttavia, le sue proprietà funzionali devono ancora essere

approfondite.

Szewczyk e la sua equipe hanno dimostrato che questo canale svolge un ruolo protettivo

nei cheratinociti umani sottoposti a radiazioni UVB (Toczylowska-Maminska et al.,

2014).

È importante osservare che a oggi non è stata riconosciuta la presenza del canale

mitoTASK-3 nel cuore.

Introduzione

32

1.8 PROTEIN KINASI

La cascata di eventi mediata dai complessi chinasici rappresenta il principale crocevia di

pathway mitocondriali indotti dal danno miocardico da I/R. La prima chinasi ad essere

stata scoperta nel coinvolgimento di IPreC e IPostC è la PKC; tuttavia, ad oggi stanno

emergendo numerose chinasi coinvolte in queste fasi.

Proteina Chinasi C (PKC)

Nel 1994 Ytrehus e la sua equipe sono stati i primi a descrivere il ruolo della

PKC nel precondizionamento ischemico; essi hanno evidenziato che inibitori

selettivi della PKC tra cui staurosporina e polimixina B impediscono l’effetto

cardioprotettivo del precondizionamento nei conigli. Allo stesso modo, l’uso di

attivatori della PKC, come gli esteri del forbolo, inducono il cuore in uno stato

protetto (Ytrehus et al., 1994).

La PKC è una serina/treonina chinasi attivata da cofattori lipidici che derivano

dalla degradazione dei fosfolipidi di membrana da parte della Fosfolipasi C. Nel

cuore è presente in diverse isoforme, che possono essere classificate in isoforme

classiche: α, β e γ che dipendono sia dal DAG sia dal , e in isoforme nuove:

ε, δ e η che sono -indipendenti e sono attivate solo dal DAG; inoltre, sono

presenti isoforme atipiche come la ζ che non richiede né DAG né calcio. Le

isoforme della PKC attivate possiedono un’alta specificità per il legame con una

proteina nominata Recettore attivato da Chinasi C (RACK); questi recettori si

trovano solo a livello di alcuni organelli all’interno della cellula dove hanno il

compito di traslocare l’isoforma di PKC in prossimità di una specifica proteina

substrato e il loro legame con la PKC completa l’attivazione dell’isoforma e

causa la fosforilazione del substrato nelle vicinanze (Johnson et al, 1996).

Quindi, l’attivazione della PKC richiede la traslocazione fisica dell’enzima dal

citosol al sito di legame nella membrana del sarcolemma e questo sembra essere

un evento chiave del precondizionamento ischemico (Liu et al., 1994).

Esaminando le varie isoforme della PKC, Gregory e i suoi colleghi hanno

dimostrato il ruolo della PKC-ε nell’IPreC: infatti, attraverso studi su cuore di

topo fosfolambano-deficiente e con livelli ridotti di questa isoforma, hanno

evidenziato un’insufficienza nel recupero contrattile durante la riperfusione

seguente i 40 minuti di ischemia. L’accoppiamento di questi topi con altri che

Introduzione

33

esprimevano la ε-RACK ha portato a dimostrare che nei transgeni risultanti si

aveva una maggiore traslocazione di PKC-ε e un miglioramento nella

contrattilità cardiaca durante la riperfusione (Gregory, et al, 2004).

Recentemente, è stato dimostrato che la PKC-ε va ad attivare l’enzima

mitocondriale Aldeide Deidrogenasi 2 (ALDH2), la quale ha il compito di

rimuovere i prodotti della perossidazione lipidica per garantire una protezione

delle funzioni mitocondriali (Chen et al., 2008). Inoltre, Baines e la sua equipe

hanno osservato che la traslocazione di PCK-ε può essere considerata un

meccanismo aggiuntivo per la cardioprotezione: la diretta fosforilazione dei

componenti MPTP inibisce l’apertura del poro (Baines et al., 2002).

Per quanto riguarda l’isoforma δ, il suo ruolo è controverso infatti, sembrerebbe

che la sua inibizione durante la riperfusione abbia azione cardioprotettiva.

Churchill e il suo gruppo hanno dimostrato che il precondizionamento

ischemico, in un modello isolato di cuore di ratto perfuso, causa una

diminuzione della PKC-δ nella frazione mitocondriale, contrastata da un

aumento di PKC-ε (Churchill et al., 2010). Questi recenti studi hanno indicato

che la PKC-δ non ha un ruolo protettivo nel cuore, contribuendo a sottolineare i

ruoli divergenti delle isoforme ε e δ nella cardioprotezione (Simkhovich et al.,

2013).

Attualmente, è stato dimostrato che l’attivazione dell’isoforma δ innesca la

piruvato deidrogenasi chinasi mitocondriale e ciò provoca l’inibizione sia della

piruvato deidrogenasi sia della rigenerazione di ATP. Inoltre, l’attivazione di

questa isoforma induce una perfusione compromessa dei miociti dopo l’evento

ischemico, determinando in tal modo ulteriori lesioni tissutali (Testai et al.,

2015).

La Proteina Chinasi C può essere attivata attraverso la via della proteina G

(Fosfolipasi C e DAG) oppure in seguito alla modulazione di ROS, che avviene

durante la fase di riperfusione. Il suo meccanismo d’azione e i suoi target non

sono ancora del tutto definiti, ma sicuramente sono stati fatti passi in avanti nella

comprensione del suo ruolo nella cardioprotezione.

In particolare, è stato osservato che attraverso la via della proteina G, la PKG va

a mediare l’attivazione della PKC- ε1 e PKC- ε2. La PKC-ε1, situata nei pressi

della membrana mitocondriale interna, fosforila e apre i canali con

conseguente aumento di produzione di ROS. Invece, la PKC-ε2 ha il compito di

Introduzione

34

inibire l’apertura degli MPTP e quindi di protezione del cuore (Costa & Garlid,

2008).

L’azione della PKC provoca inoltre, un innalzamento del pH intracellulare

agendo sullo scambiatore / (Simkhovich et al., 2013).

Per quanto riguarda la PKC-α, sembra che questa attivi direttamente la 5’-

nucleotidasi, un enzima che genera un aumento dei livelli di adenosina a partire

dall’adenosina monofosfato (AMP) (Kitakaze et al., 1993). È stato dimostrato,

ulteriormente, che la PKC può aumentare l’affinità del recettore A2b per

l’adenosina attraverso la fosforilazione dello stesso recettore o l’accoppiamento

a proteine; sembra possibile, infatti, che questo recettore possa rispondere

all’adenosina endogena solo dopo la sensibilizzazione della PKC, che ne

abbassa la soglia di sensibilità (Kuno et al., 2007) (Yang et al., 2010).

Altri ruoli riconducibili alla PKC sono: la riduzione della morte cellulare per

apoptosi (riconducibile soprattutto all’isoforma ε) e la riduzione del volume

dell’infarto (Saurin et al., 2002); inoltre, sembra che la PKC contribuisca alla

fosforilazione e all’attivazione della Connessina-43, una proteina fondamentale

per la formazione delle gap-junctions intercellulari (Schultz et al., 2003) (Figura

14).

Figura 14. PKC Signaling (Simkhovic, et al., 2013).

Introduzione

35

Proteina Chinasi G (PKG)

Si tratta di una proteina serina/treonina chinasi cGMP-dipendente. È stata

implicata per la prima volta nell’IPreC in studi in cui è stato dimostrato

l’aumento dei livelli di cGMP in cuori precondizionati (Iliodromitis et al., 1996).

Quando viene attivata dalla cascata del Fosfatidilinositolo-3-chinasi (PIK3) che

conduce a un incremento dei valori di cGMP, la PKG va a mediare l’apertura dei

canali MitoKATP attraverso l’attivazione della PKC-ε (Costa et al., 2005). È

stato dimostrato attraverso studi su mitocondri di topo, che cGMP e PKG sono

in grado di inibire l’apertura degli MPTP (Takuma et al., 2001). Hausenloy e il

suo gruppo hanno ipotizzato che l’attivazione della PKG possa mediare

l’inibizione degli MPTP che si verifica al momento della riperfusione

miocardica (Hausenloy & Yellon, 2006). È stato suggerito, inoltre, che

l’attivazione della PKG possa andare a diminuire la comunicazione tra le gap-

junction intercellulari (Kwak et al., 1995) (Figura 15).

Figura 15. PKG signaling (Costa et al., 2005).

Proteina Chinasi A (PKA)

Sanada e la sua equipe hanno dimostrato che durante la fase di

precondizionamento si verifica l’attivazione della PKA (Sanada et al., 2004).

È interessante notare (in comune con p38 MAPK) come la PKA potrebbe avere

un duplice ruolo nel precondizionamento: la sua attivazione durante l’ischemia

sembrerebbe essere dannosa, mentre l’attivazione durante la fase di

precondizionamento porterebbe a protezione (Makaula et al., 2005).

Introduzione

36

Durante il precondizionamento si ha quindi, l’attivazione della PKA correlata

alla generazione di cAMP indotta dall’ischemia. Secondo alcuni studi è stato

suggerito che la mediazione della PKA nel processo di IPreC provochi una

protezione nei miociti dalla loro distruzione mediata dalla Calpaina al momento

della riperfusione (Inserte et al., 2004).

Tra i meccanismi d’azione più avvalorati è stato riscontrato quello su modelli di

cuore canino in cui si osserva che l’attivazione transitoria della PKA durante la

fase di precondizionamento, conferisce protezione al miocardio provocando

l’inibizione della Rho GTP-asi e la Rho Chinasi. Gli effettori di questa cascata

di reazioni non sono ancora del tutto chiari (Sanada et al, 2004).

Tirosin Chinasi (TK)

Possono essere classificati in: recettori tirosin-chinasici che provocano

l’attivazione della PKC e quindi, possono essere definiti anche come trigger

dell’IPreC; oppure, recettori citosolici che possono agire come mediatori nella

fase di precondizionamento andando ad agire a valle o in parallelo con la PKC.

Queste molecole sono state identificate da Maulik e dalla sua equipe, i quali

dimostrarono che l’isoflavone Genisteina, antagonista tirosin-chinasico, poteva

andare a bloccare la protezione indotta dal precondizionamento nel cuore di topo

(Maulik et al., 1998).

Studi successivi hanno suggerito che la TK in congiunzione con il recettore del

fattore di crescita epidermica possa essere richiesta per attivare il pathway PI3K-

Akt, implicato nella protezione indotta dalla IPreC (Krieg et al., 2002). Benché

il meccanismo attraverso il quale il recettore della TK induce protezione non sia

del tutto chiaro, sembrerebbe però, che possa esserci una correlazione con

l’attivazione delle Proteine Chinasi Mitogeno-Attivate (MAPK) (Hausenloy &

Yellon, 2006).

Le MAPK esistono sotto quattro isoforme: la 42 e 44 kDa Extracellular Signal-

regulated Kinase (ErK 1/2), la 38 kDa (p38MAPK), la c-Jun N-terminal Kinase

(JNK) e la Big MAP Kinase 1 (BMK1 o Erk5). Esse trasmettono i segnali ai

loro bersagli mediante l’attivazione di varie vie di segnalazione intracellulare

(Widmann et al.,1999) (Figura 16).

Introduzione

37

Figura 16. Schema di attivazione della famiglia delle proteine MAPK. La loro

attivazione prevede una cascata di fosforilazione a partire dalla MAPK Kinase Kinase

(MKKK) che fosforila la MPAK Kinase (MKK) che attiva la MAPK (Widmann et al.,

1999).

Erk 1/2

Si tratta di una serina/treonina proteina chinasi ed è stata decritta per la prima

volta nel 1990. La sua azione come mediatore nella fase di precondizionamento

è controversa, però molti studi hanno sostenuto l’idea che questa possa

contribuire al meccanismo protettivo.

Durante il precondizionamento, questa proteina chinasi viene attivata dalla

PKC-ε (Ping et al., 1999); altri studi hanno dimostrato che i ROS, generati in

risposta allo stimolo precondizionante, sono tra gli attivatori di Erk 1/2

(Samavati et al., 2002).

Studi più recenti sembra abbiano dimostrato l’ipotesi secondo cui l’attivazione

di Erk 1/2 andrebbe a ridurre la morte cellulare provocata dal danno da I/R

attraverso meccanismi anti-apoptotici (Hausenloy et al., 2004).

Attraverso studi condotti su miociti di topo che sovraesprimono la PKC-ε è stata

osservata un’interazione tra questa proteina chinasi e Erk 1/2 a livello

mitocondriale. È stato dimostrato che, mentre la PKC-ε può legarsi a

componenti degli MPTP e inibendoli, Erk 1/2 attraverso la p90RSK, può andare

a fosforilare e inibire la proteina GSK-3β, provocando l’inibizione dell’apertura

di MPTP e di conseguenza si ha un effetto cardioprotettivo (Juhaszova et al.,

Introduzione

38

2004). Gao e i suoi colleghi hanno dimostrato la traslocazione di Erk 1/2 verso

le gap-junctions. Un’ipotesi accreditata sembra essere la riduzione di queste

comunicazioni come meccanismo cardioprotettivo nel precondizionamento (Gao

et al., 2004).

Studi più recenti suggeriscono che l’IPreC induca 2 fasi di attivazione di Erk

1/2: la prima si verifica subito dopo lo stimolo precondizionate, mentre la

seconda si ha al momento della riperfusione miocardica. È interessante notare

che andando ad inibire la prima fase di attivazione si va a inibire anche la

seconda; quindi, la prima fase di attivazione di Erk 1/2 è necessaria per poter

eseguire la seconda fase, e forse può avvenire attraverso la traslocazione della

chinasi al suo sito d’azione (Hausenloy et al., 2005).

p38 MAPK

La p38 MAPK è composta da 4 isoforme principali: p38α, p38β, p38γ e p38δ

(Widmann et al., 1999) e quelle che hanno evidenziato avere un interesse a

livello della cardioprotezione sono la α e la β. Infatti, sembra che la p38α vada a

mediare processi di morte cellulare, invece, la p38β sembra che contribuisca alla

sopravvivenza della cellula (Nemoto et al., 1998). Studi successivi, hanno

suggerito che i livelli di p38α vanno ad aumentare durante l’evento ischemico, e

il precondizionamento sembra proteggere i miociti andando a ridurre

l’attivazione di questa isoforma (Saurin et al., 2000). Allo stesso tempo però,

altri studi hanno dimostrato un aumento dell’attività della p38β MAPK nel cuore

precondizionato di suino (Schulz et al., 2003).

Il ruolo di questa proteina nella cardioprotezione non è ancora del tutto chiaro, in

quanto alcuni studi hanno dimostrato che la sua inibizione durante il danno da

I/R fosse protettiva. Recentemente, è stato osservato che l’IPreC media

l’attivazione transitoria di p38 MAPK e riduce la sua attivazione durante la

prolungata fase ischemica (Marais et a., 2001) (Hausenloy et al., 2006).

Durante l’IPreC, la PKC e la TK sembrano risultare potenziali attivatori della

p38 MAPK.

Benché sia stato ipotizzato che questa proteina possa essere attivata da parte dei

ROS prodotti in risposta all’apertura dei , ciò non è ancora stato

dimostrato direttamente (Hausenloy et al., 2006).

Introduzione

39

Per quanto riguarda i target della p38 MAPK, sono stati osservati 2 principali

substrati: la MAPK-activating protein kinase 2 (MAPKAPK 2), una chinasi in

grado di fosforilare piccole proteine come la HSP27 che conferisce stabilità al

citoscheletro (studi hanno evidenziato la traslocazione p38 MAPK-dipendente

dal citosol al citoscheletro); la αB cristallina la cui fosforilazione e attivazione

conduce alla protezione contro il danno da I/R (Armstrong et al., 1999) (Eaton et

al., 2001).

Baines e la sua equipe, mediante studi su cuori di topo che sovraesprimevano la

PKC-ε, hanno evidenziato un’interazione nel signaling tra p38 MAPK e la stessa

PKC (Baines et al., 2002). Comunque, per poter capire il ruolo della p38 MAPK

nella cardioprotezione sono necessari ulteriori studi e approfondimenti.

Schulz e la sua equipe hanno evidenziato che l’attivazione della Connessina-43

da parte della p38 MAPK (in particolare, si ha l’incremento dell’isoforma β)

porterebbe a protezione nell’IPreC andando a ridurre la conduttanza delle gap-

junctions (Schulz et al., 2003).

JNK

Questa proteina è stata scoperta nel 1991 come appartenente alla famiglia delle

MAPK; questa differiva però, da Erk 1/2 in quanto sembrava essere attivata a

seguito di stress cellulare come calore, shock osmotico, raggi UV, endotossine e

citochine e per questo motivo è stata nominata anche Stress-Actived Protein

Kinase (SAPK) (Kyriakis et al., 1994).

Alcuni studi hanno confermato l’attivazione di JNK in risposta a uno stimolo

precondizionante e il suo ruolo come mediatore nella protezione indotta da

IPreC (Sato et al., 2000). Invece, altre ricerche hanno dimostrato la sua

attivazione a seguito di uno stimolo di precondizionamento, ma hanno smentito

il suo contributo alla protezione (Iliodromitis et al., 2002). Addirittura, studi

effettuati su modelli di ischemia cerebrale su topo hanno evidenziato che l’IPreC

inibisce l’attivazione di JNK all’inizio della fase ischemica, suggerendo un ruolo

dannoso nella fase del precondizionamento (Gu et al., 2000).

Nell’IPreC probabili attivatori della proteina JNK sono i ROS, che sembrano

mediarne l’attivazione indotta dalla riperfusione. Come effettivamente i ROS

generati da uno stimolo precondizionante, attivino JNK è ancora sconosciuto e

da dimostrare (Knight & Buxton, 1996).

Introduzione

40

Inoltre, altri esperimenti su miociti di coniglio hanno dimostrato un’attivazione

della JNK a monte da parte della PKC-ε (Ping et al., 1999).

Come per le altre proteine appartenenti alla famiglia delle MAPK anche la

proteina JNK interviene nel signaling attivato dalla PKC a livello dei

mitocondri, evidenziando questa proteina come il target mitocondriale più

accreditato (Baines et al., 2002).

BMK1

Si tratta di una proteina descritta recentemente; appartiene alla famiglia delle

MAPK ed è chiamata Big MAP Kinase 1 (BMK1 o Erk5) ed è stata individuata

attraverso studi che ne hanno dimostrato un aumento di attività in cuori

precondizionati di suino (Takeishi et al., 1999).

Tra i suoi potenziali effetti cardioprotettivi ci sono: la riduzione della

conduttanza delle gap-junctions e quindi un probabile coinvolgimento della

Connessina 43 (Cameron et al., 2004); la fosforilazione e inibizione del fattore

pro-apoptotico BAD (Pi et al., 2004).

PI3K e Akt

La Fosfatidilinositolo-3-chinasi (PI3K) è una famiglia di enzimi coinvolti in

complessi meccanismi cellulari; ha il compito di fosforilare l’idrossile in

posizione 3 dell’anello inositolico del Fosfatidilinositolo bifosfato (PIP2) e di

trasformarlo in Fosfatidilinositolo trifosfato (PIP3), il quale andrà ad attivare (tra

le varie vie di segnalazione) la proteina serina/treonina chinasi Akt anche

denominata PKB, la quale è implicata anche nella sopravvivenza cellulare

(Cantley, 2002).

Wick e la sua equipe hanno dimostrato che Phosphoinositide-dependent protein

kinase 1 (PDK1) è un mediatore dell’attivazione di Akt (Wick et al., 2000).

Ulteriori studi hanno dimostrato il coinvolgimento della cascata PI3K-Akt nella

protezione da precondizionamento ischemico (Tong et al., 2000).

La TK è un attivatore noto di PI3K-Akt; studi hanno avvalorato che la Src TK

vada ad innescare la cascata nel pathway di PI3K-Akt nell’IPreC (Cantley,

2002). Altre ricerche hanno rilevato che, oltre ad essere un attivatore a monte dei

, PI3K-Akt possono essere attivati a loro volta a valle dei ,

Introduzione

41

probabilmente dai ROS generati dall’apertura dei canali (Hausenloy et al.,

2006).

Tong e la sua equipe hanno dimostrato che questa chinasi svolge il ruolo di

mediatore nel precondizionamento ischemico, in quanto induce in maniera

diretta la produzione di NO e PKC-ε (Tong et al., 2000).

Target di Akt sono la Caspasi 9, la fosforilazione e inibizione dei fattori pro-

apoptotici BAX e BAD, la fosforilazione e attivazione del fattore anti-apoptotico

Bcl-2, la Glycogen synthase kinase GSK-3β.

In particolare, la fosforilazione e l’inattivazione di GSK-3β provoca inibizione

dell’apertura degli MPTP, che è uno dei principali contributi della cascata di

PI3K-Akt nella protezione da IPreC (Juhaszova et al., 2004).

Recentemente, Davidson e la sua equipe hanno provato che in cellule

sovraesprimenti Akt e sottoposte a stress ossidativo si ha la mancata apertura dei

canali MPTP (Davidson et al., 2006).

Come nel caso di Erk 1/2, alcuni studi hanno suggerito che anche Akt possa

avere 2 fasi di attivazione a seguito di uno stimolo precondizionante, in cui la

seconda fase di attivazione, che si verifica alla riperfusione, è necessaria per la

protezione da IPreC (Hausenloy et al., 2005) (Figura 17).

Figura 17. PI3K-Akt signaling

Introduzione

42

GSK-3β

La Glycogen synthase kinase 3β è una proteina implicata nel

precondizionamento ischemico. Infatti, la sua fosforilazione (e inibizione) è il

target di diversi mediatori tra cui Akt e p70S6K, e probabilmente anche di PKC

e Erk 1/2 (Tong et al., 2002).

Murphy e i suoi colleghi hanno dimostrato che la fosforilazione e l’inibizione di

questa proteina ritarda e inibisce la formazione degli MPTP (infatti, sembra che

sia il target cardioprotettivo principale di questa via di signaling), però i

meccanismi sono ancora sconosciuti (Murphy & Steenbergen, 2005).

Un altro target fondamentale nella fase di precondizionamento è la

fosforilazione del fattore pro-apoptotico BAX, quindi l’inibizione di GSK-3β a

questi livello, fa sì che si abbia la riduzione dell’attivazione di questo fattore.

mTOR

La Mammalian Target of Rapamycin (mTOR) è una proteina chinasi, in

particolare un’atipica serina/treonina chinasi, che svolge le sue principali

funzioni cellulari mediante l’interazione con specifiche proteine per formare 2

differenti complessi: mTOR Complex 1 (mTORC1) e mTOR Complex 2

(mTORC2). Il primo ha il compito di regolare la sintesi proteica, la crescita e la

proliferazione cellulare, l’autofagia e le risposte agli stress cellulari; mentre il

secondo sembra essere coinvolto nella regolazione della sopravvivenza cellulare.

Tra i target più avvalorati attraverso il quale mTOR esercita il suo effetto

cardioprotettivo nell’IPreC si ha l’attivazione, tramite fosforilazione sulla

treonina 389, della p70 ribosomal S6 Kinase (p70S6K), ovvero una proteina che

media la fosforilazione e l’inibizione del fattore pro-apoptotico BAD,

l’inibizione di GSK-3β e la regolazione positiva dell’autofagia, meccanismo

importante nel danno da I/R.

L’uso di un inibitore specifico di mTOR, la Rapamicina, ha dimostrato bloccare

gli effetti protettivi del precondizionamento ischemico mediante, l’inibizione

della fosforilazione di p70S6K (Murphy & Steenberger, 2008).

Introduzione

43

Sfingosina Chinasi (SK)

La Sfingosina 1-fosfato (S1P) è una proteina attivata dalla catalisi della

Sfingosina chinasi (SK), la quale fosforila la Sfingosina.

L’attivazione/inibizione di questo pathway è importante per la motilità della

cellula, per l’organizzazione del citoscheletro, per la crescita cellulare e può

influenzare il destino della cellula andando ad alterare l’equilibrio tra Ceramide

(molecola pro-apoptotica) e S1P (molecola che media l’attivazione di processi

per la salvaguardia della cellula) (Karliner, 2013).

La SK esiste in due isoforme, SK1 e SK2; l’isoforma SK1 sembra svolgere un

ruolo più significativo nella cardioprotezione. In particolare, Jin e la sua equipe

hanno effettuati studi su cardiomiociti di topo ed hanno definito la via di

signaling della SK, innescata dall’azione del Monoganglioside GM1. Questo

fosforila ed attiva la PKC-ε, e in seguito la SK, la quale fosforila la S1P (Jin et

al., 2004). Così, la S1P può contrastare l’azione pro-apoptotica della Ceramide,

oppure può legarsi con i suoi recettori mediante una traslocazione extracellulare.

Nel momento in cui si lega con i suoi recettori, soprattutto il recettore ,

accoppiati a proteine G, favorisce l’attivazione del pathway della proteina Akt

che fosforila e inibisce la GSK-3β, con la conseguente inibizione di apertura

degli MPTP, e il fattore pro-apototico BAD (Karliner, 2013).

Introduzione

44

Figura 18. Meccanismi e vie di signaling nell’IPreC. (Tesi Torsello Giuseppe, 2015).

Introduzione

45

1.9 PORO MPTP

A seguito di accumulo di intramitocondriale si forma il poro MPTP, con

conseguente incremento della permeabilità dei soluti con massa inferiore a 1.5 kDa

(Bernardi, 1999). La formazione del poro è modulata dal , ma anche da altri fattori,

quali anossia, ROS, pH e potenziale di membrana mitocondriale.

Questo poro è composto da 3 subunità principali:

- canale anionico voltaggio-dipendente (VDAC) localizzato sulla membrana esterna del

mitocondrio; composto da un polipeptide (Shoshan-Barmatz et al., 2006) ed interagisce

con un gran numero di proteine della membrana esterna, come il recettore

benzodiazepinico periferico, Bax, Bcl-2, CK e esochinasi.

Ne esistono 3 isoforme: VDAC1 è la più espressa e svolge un ruolo importante nella

morte cellulare poiché induce apoptosi (Zaid et al., 2005); VDAC2 al contrario, blocca

il processo apoptotico, e quindi la mancata presenza di quest’ultima rende più probabile

la morte cellulare (Cheng et al., 2003), ed infine VDAC3, di cui però non si conosce il

ruolo preciso nel processo di morte celulare.

L’attivazione di VDAC dipende dal voltaggio e dal potenziale di membrana; questo

canale svolge un ruolo chiave nella regolazione del flusso metabolico ed energetico

attraverso la membrana mitocondriale esterna. Inoltre, è coinvolto nel trasporto di ATP,

ADP, metaboliti ed infine, è un importante regolatore dell’omeostasi di

(Schoshan-Barmatz et al., 2003).

- Adenina nucleotide traslocasi (ANT): componente centrale dell’MPTP e proteina

maggiormente presente a livello del mitocondrio (Halestrap et al., 2003). Il ruolo

prevalente di ANT è di trasportare ATP fuori dal mitocondrio e ADP all’interno. Anche

di questa struttura proteica ne esistono 3 isoforme: ANT1, presente a livello del cuore e

del muscolo cardiaco, interagisce con VDAC e CyP-D per formare l’MPTP; ANT2

espresso solo in cellule tumorali; ANT3 presente in tutti gli altri tessuti.

Esistono due conformazioni: “c” nella quale la porzione ANT si lega al CyP-D e

sensibilizza MPTP al ; “m” nella quale invece, si lega con ADP e ATP

desensibilizzando il poro al (Halestrap et al., 1998).

- Ciclofillina D (CyP-D): può legarsi alla porzione ANT oppure al complesso

ANT/VDAC. Quando i livelli di nella matrice sono elevati, questa porzione

proteica modifica la conformazione di ANT, promuovendo la formazione dell’MPTP.

Una riduzione di CyP-D aumenta la capacità di trattenre con maggiore resistenza

Introduzione

46

al rigonfiamento e alla formazione del poro (Schinzel et al., 2005), prevenendo la morte

cellulare indotta da I/R ed eccessiva presenza di nel mitocondrio (Baines et al.,

2005). Una maggiore espressione invece, porta alla formazione del MPTP (Li et al.,

2004) e causa rigonfiamento della matrice e morte cellulare (Baines et al., 2005). Questa

subunità controlla quindi direttamente la formazione di MPTP e la sua apertura.

In condizioni fisiologiche la membrana mitocondriale è impermeabile a tutti i metaboliti

e ioni, l’MPTP quindi non si forma; ciò è fondamentale per il mantenimento delle

normali funzioni mitocondriali.

In condizioni di stress, come a causa di un aumento di causato dal danno I/R si ha

un cambiamento nella conformazione delle subunità che costituiscono il poro e ciò ne

causa la successiva formazione. L’apertura dell’MPTP ha come immediata conseguenza

l’idrolisi di ATP, una caduta drastica del potenziale di membrana a causa della

permeabilità di soluti con massa inferiore a 1.5 kDa, accumulo di acqua all’interno della

matrice con successivo swelling mitocondriale, rottura della membrana esterna e

rilascio di fattori pro-apoptotici quali il Citocromo C (Weiss et al., 2003) (Figura 19).

Figura 19. Struttura molecolare e localizzazione dell’MPTP

Quindi, l’MPTP si tratta di un mediatore critico del danno acuto da I/R, ed è perciò, un

importante target per la cardioprotezione. Ricerche effettuate su modelli animali hanno

mostrato che un’inibizione farmacologica dell’apertura degli MPTP conduce ad una

diminuzione dell’entità dell’infarto miocardico.

Introduzione

47

1.9.1 PORO MPTP COME TARGET CARDIOPROTETTIVO

L’importante scoperta effettuata nel 1988 da Crompton e la sua equipe, in cui l'apertura

dell’MPTP potrebbe essere inibita dall’immunosoppressore, Ciclosporina-A, ha

facilitato l'indagine sull’MPTP come mediatore del danno da I/R come un obiettivo di

cardioprotezione

In primo luogo, hanno scoperto che il trattamento di cardiomiciti ventricolari di ratto

adulto con Ciclosporina A induceva una protezione contro la morte cellulare indotta

dalla simulazione di un danno acuto da I/R; avendo scoperto questo meccanismo,

Crompton e i suoi colleghi sono stati i primi ad usare questa molecola per fare ulteriori

studi per comprendere il ruolo degli MPTP come target nella cardioprotezione

(Nazareth et al., 1991).

Successivamente, Griffiths e Halestrap hanno evidenziato gli effetti prodotti mediante

pre-trattamento con Ciclosporina A su cuori isolati di ratto perfusi, osservando un

migliore recupero funzionale miocardico e una certa quantità di ATP salvaguardata in

seguito a un acuto infarto miocardico (Griffiths & Halestrap, 1993).

Nonostante la presenza di induttori dell’MPTP come il calcio, il fosfato, lo stress

ossidativo e la deplezione di ATP, le condizioni acide intracellulari durante l’evento

ischemico inibiscono l’apertura dell’MPTP, facendo supporre che queste condizioni

estreme inibiscano MPTP durante l’ischemia. Invece, il rapido ristabilimento del pH

fisiologico nei primi minuti della riperfusione fa sì che provochi l’apertura di questi

canali. Ad avvalorare questa affermazione, sono stati effettuati diversi studi per

confermare che durante il periodo di riperfusione si abbia l’apertura del canale MPTP

(Di Lisa et al., 2001) (Murata et al., 2001) (Matsumoto-Ida et al., 2006).

Successivamente, è stato confermato che l’apertura di MPTP si verifica, in particolare,

al momento della comparsa della riperfusione, infatti, è stato dimostrato, su cuori di

ratto perfusi, che si ha una riduzione dell’entità dell’infarto miocardico nel momento in

cui viene somministrata Ciclosporina A solo alla comparsa della ripefusione (Hausenloy

& Yellon, 2003). Invece, gli effetti cardioprotettivi indotti dall’inibizione di MPTP

vengono completamente persi se molecole inibitrici di MPTP vengono somministrate

dopo 15 minuti dall’inizio della riperfusione miocardica. Quindi, è evidente che è

importante intervenire nei primi minuti della riperfusione per poter avere effetti

cardioprotettivi.

Il ruolo fondamentale svolto dal poro MPTP come mediatore del danno da I/R è stato

confermato mediante studi genetici in cui sono stati utilizzati topi con deficienza di

Introduzione

48

CYpD mitocondriale, un componente regolatorio di questo poro, che presentano una

ridotta entità dell’infarto miocardico rispetto ai topi wild-type (Basso et al., 2005).

Il fatto che l’apertura del poro MPTP si verifichi nei primi minuti della riperfusione, ha

definito una finestra di tempo critico per poter utilizzare molecole inibitorie di questo

canale come strategia cardioprotettiva.

Pertanto, qualsiasi strategia terapeutica che è stata progettata come target del danno da

I/R deve essere somministrata prima o al momento della comparsa immediata della

riperfusione per evitare l’apertura dell’MPTP. La tempistica critica dell’intervento

terapeutico ha avuto importanti implicazioni per lo sviluppo di nuove terapie

cardioprotettive in ambito clinico (Hausenloy et al., 2010) (Hausenloy et al., 2013).

1.9.2 PORO MPTP COME TARGET PER IL CONDIZIONAMENTO

ISCHEMICO

Diversi studi effettuati hanno dimostrato che l’apertura di MPTP è inibita dalla

riperfusione in cuori soggetti sia a IPreC sia a IPostC e anche a RePreC.

Attualmente, i meccanismi attraverso cui il condizionamento ischemico prevengono

l’apertura dell’MPTP al momento della riperfusione non sono ancora chiari, sebbene

siano stati proposti due pathway, in cui l’uno non esclude l’altro (Hausenloy et al.,

2009). Nella prima ipotesi, definita “inibizione indiretta dell’MPTP”, il

condizionamento ischemico andrebbe a modulare diversi fattori tra cui lo stress

ossidativo, la concentrazione di calcio mitocondriale, l’accumulo di fosfato, i livelli di

ADP/ATP e il pH intracellulare, che sono tutti elementi noti che influiscono

sull’apertura del canale nel momento della riperfusione.

Al contrario, la seconda ipotesi, denominata “inibizione diretta dell’MPTP”, presuppone

che l’attivazione dei noti mediatori di segnalazione di condizionamento ischemico sia in

grado di modulare l’apertura dell’MPTP in seguito all’interazione diretta con i

componenti del canale.

Inibizione indiretta di MPTP

Dato il ruolo importante svolto dal sovraccarico mitocondriale di ioni calcio

nell’indurre l’apertura di MPTP al momento della comparsa della riperfusione,

sono state effettuate diverse ricerche che hanno cercato di capire se l’effetto del

condizionamento ischemico potesse andare ad attenuare il sovraccarico di

mitocondriale e citosolico prodotto durante il danno da I/R. I primi studi

Introduzione

49

effettuati hanno suggerito che durante il precondizionamento ischemico,

mediante l’apertura di canali mitocondriali al potassio ATP-dipendenti

( ), si potrebbe avere una riduzione nel sovraccarico di ioni calcio

mitocondriale che può provocare una parziale depolarizzazione del potenziale di

membrana del mitocondrio (Wang et al., 2001). Tuttavia, è ancora motivo di

discussione il fatto che l’apertura del canale possa effettivamente

indurre una sufficiente depolarizzazione della membrana mitocondriale tale da

ridurre l’accumulo di ioni nel mitocondrio (Murata et al., 2001). Per di

più, il contributo del canale nella protezione indotta da IPreC è ancora

controversa.

Recentemente, diversi studi hanno suggerito che lo stress ossidativo in seguito

alla riattivazione della catena di trasporto degli elettroni nei primi minuti della

riperfusione miocardica e il ripristino del pH fisiologico potrebbero essere tra i

fattori più importanti che vanno ad indurre l’apertura dell’MPTP durante il

danno da I/R. Inoltre, l’ablazione genetica dell’uniporter mitocondriale del

di recente scoperta, potrebbe indurre una riduzione della sensibilità all’apertura

dell’MPTP calcio-indotta (Pan et al., 2013).

Per di più, è stato ipotizzato che la conservazione dei livelli di ATP

mitocondriale possa essere un fattore critico nella cardioprotezione esercitata da

IPreC. Studi successivi hanno dimostrato che IPreC induce una protezione

mediante la riduzione di ATP consumato durante l’ischemia miocardica e

attraverso la preservazione della produzione di energia mitocondriale durante

l’attacco acuto da I/R (Kobara et al., 1996).

Il rapido ripristino del pH fisiologico intracellulare nei primi minuti della

riperfusione miocardica, da un pH acido indotto dall’ischemia, si pensa che

induca l’apertura dell’MPTP. Studi recenti hanno ipotizzato che IPreC e IPostC

possano inibire l’apertura di MPTP al momento della comparsa della

riperfusione andando a ritardare il ripristino del pH fisiologico, sebbene il

meccanismo non è ancora del tutto chiaro (Cohen et al., 2007).

Inofatti, alcuni studi hanno riportato che IPreC inibisce l’attività dello

scambiatore / nel momento della riperfusione attraverso un meccanismo

di rallentamento del ripristino del normale pH e andando a ridurre la

concentrazione di sodio intracellulare e l’accumulo di calcio (Xiao et al., 2000),

anche se al momento questo risultato è stata controverso. A questa evidenza si

Introduzione

50

aggiunge quella che vede il coinvolgimento di Akt nell’inibizione dello

scambiatore / , suggerendo che questa proteina chinasi interviene nel

rallentare il ritorno del pH valori fisiologici.

Inibizione diretta di MPTP

È dimostrato che sia IPreC che IPostC svolgono un ruolo cardioprotettivo

mediante l’attivazione di una varietà di specifiche cascate di segnalazioni molte

delle quali terminano al livello dei mitocondri, dove mediano l'inibizione

dell'apertura MPTP al momento della riperfusione.

È ben noto, che l'attivazione acuta di un pathway di proteine chinasi

cardioprotettive, come il RISK e il Survival Activation Factor Enhancement

(SAFE) al momento della comparsa della riperfusione miocardica, possono

limitare l’entità dell’infarto miocardico (Hausenloy et al., 2011).

In particolare, è stato dimostrato che IPreC e IPostC provocano l’attivazione di

questo pathway, andando ad inibire l’inibizione dell’apertura del canale MPTP

(Davidson et al., 2006).

Il meccanismo attraverso cui l’attivazione del pathway RISK va a mediare

l’effetto inibitorio sull’apertura di MPTP non è ancora ben definita, potrebbe

fare ciò attraverso l’attivazione di mediatori a valle come PKG, GSK-3β, o

esochinasi II, oppure potrebbe avvenire attraverso la modificazione di fattori di

induzione dell’MPTP come stress ossidativo, calcio o modifiche di pH.

Diversi esperimenti hanno evidenziato che le chinasi di salvataggio del pathway

RISK come Akt (Bijur & Jope, 2003), Erk 1/2 (Baines et al., 2002), e PKG

(Costa et al., 2005) possono trasferirsi nei mitocondri e in alcuni casi la

traslocazione mitocondriale è stata associata a inibitori MPTP, anche se il

meccanismo reale attraverso cui queste chinasi citosoliche sono in grado di

accedere ai componenti interni della membrana MPTP non sono ancora noti.

Clarke e la sue equipe hanno messo in discussione il legame che mette in

relazione queste chinasi cardioprotettive che compiono traslocazione nei

mitocondri e l'inibizione degli MPTP riportando gli effetti indiretti di IPreC e

IPostC svolti nell’attenuazione dello stress ossidativo come il meccanismo di

inibizione MPTP (Clarke et al., 2008). Potenziali bersagli a valle dei componenti

di Akt e Erk 1/2 del pathway RISK che sono stati collegati all’inibizione di

MPTP includono PKG, GSK-3β, e esochinasi II.

Introduzione

51

Dal momento che i mitocondri sono strutture dinamiche capaci di cambiare la

loro morfologia (Ong et al., 2013), recentemente, è stato ipotizzato che il

mitocondrio vada incontro a fissione e ad apertura del canale MPTP in risposta

al danno acuto da I/R; è stato riportato che un’ inibizione genetica o

farmacologica della fissione del mitocondrio inibisca l’apertura dell’MPTP e

quindi riduca la morte cellulare (Ong et al., 2010). Queste scoperte hanno

suggerito che ci possa essere un collegamento tra la morfologia del mitocondrio

e la suscettibilità all’apertura del poro, in quanto l’inibizione della fissione

mitocondriale indotta dal danno acuto I/R sembra possa prevenire l’apertura di

questi canali al momento della riperfusione.

Introduzione

52

1.10 UNIPORTER MITOCONDRIALE DEL

Figura 20. Schema molecolare e localizzazione uniporter mitocondriale del (Kamer et

al., 2015).

Il Calcio è fondamentale per la funzione mitocondriale e delle cellule, e la sua

segnalazione è altamente localizzata nella cellula. In condizioni patologiche, un grande

aumento nei livelli di calcio mitocondriale è stato ipotizzato che possa provocare

l’attivazione dell’MPTP, con conseguente morte cellulare. La proteina responsabile

dell’assorbimento mitocondriale di calcio, l’uniporter mitocondriale del , è stato

identificato nel 2011, e la sua identificazione molecolare ha stimolato e rinvigorito la

ricerca in questo settore.

L’uniporter mitocondriale del mostra multeplici funzioni nella regolazione della

produzione di ATP, nell’apertura dei canali MPTP e successivamente nel processo di

apoptosi (Testai, 2015).

Il uniporter è formato da due domini transmembranali, ed è localizzato nella

membrana interna del mitocondrio, oligomerizzato a formare un complesso con più

ampio peso molecolare (Figura 20). Le due subunità che costituiscono questo uniporter

sono:

- MICU (Mitochondrial Calcium Uptake 1), una proteina mitocondriale di 54kDa che si

lega al calcio; quando questa viene silenziata si ha l’inibizione dell’assorbimento di

mitocondriale (Baughman et al., 2011).

- MICU2 (Mitochondrial Calcium Uptake 2), una proteina di 45kDa analoga a MICU1,

presente all’interno della membrana mitocondriale. Questa proteina sembra inibire la

funzione del uniporter nel momento in cui sono minori i livelli di calcio citosolico.

Introduzione

53

Quando MICU2 è silenziato, è stato evidenziato un aumento dei livelli di calcio

mitocondriale. Nel caso in cui questa proteina è sovraespressa, si verifica una debole,

ma statisticamente significativa diminuzione della concentrazione di calcio

mitocondriale.

Un breve tratto di aminoacidi che si affacciano nello spazio intermembranale del

mitocondrio sembra influenzare il trasporto di calcio: il Rosso Rutenio ed il relativo

composto Ru360 sono noti potenti inibitori di questo uniporter; ma, mutazioni su residui

in questo tratto e nel terminale carbossilico hanno conferito una marcata resistenza sia

nell'assorbimento di calcio sia nell'effetto inibitorio della Ru360, andando a suggerire

che questa è l'unità che forma il poro dell’uniporter (Baughman et al., 2011).

La forza trainante che influisce sull'assorbimento del calcio mediante il uniporter è

stato ipotizzato essere il potenziale di membrana negativo, che viene stabilito dalla

catena respiratoria (Rizzuto et al., 2012). Inoltre, ulteriori ricerche basate sulle

misurazioni in mitoplasti hanno dimostrato che il uniporter è un canale ionico

specifico al calcio (Baughman et al., 2011).

Poiché l’apertura dell’MPTP e la successiva morte delle cellule è generalmente avviata

da un grande afflusso di calcio nei mitocondri attraverso l’uniporter al calcio, c'è un

grande interesse nel fatto che topi in cui non è espresso questo canale, risultano protetti

dall’apertura MPTP e dalla morte cellulare risultante a seguito di ischemia e di

riperfusione. (Moore, 1971).

Diversi studi effettuati su modelli di cuore perfuso di topo in cui non è espresso

l’uniporter al calcio che sono soggetti a danno I/R, hanno mostrato che non vi è nessuna

differenza nell’entità dell’infarto o nel recupero della funzionalità contrattile rispetto ai

topi wild type. Inoltre, è stato osservato che, benché non avvenisse nessuna apertura del

poro MPTP nei mitocondri in cui non è espresso il uniporter che sono stati esposti

a grandi quantità di calcio, ciò non preclude l’apertura di MPTP indotta da ROS,

indipendenti dalle concentrazioni di calcio, in cellule dopo l’evento di ischemia e

riperfusione. Quindi, è possibile che il poro MPTP possa essere attivato nei cuori in cui

non è espresso il uniporter in maniera indipendente dalle concentrazioni di calcio

mitocondriale; questo sarebbe coerente con i suggerimenti che ROS è l'attivatore

primario dell’MPTP in vivo (Zorov et al., 2014).

Se l'attivazione del canale MPTP si verifica nel cuore in cui non è espresso l’uniporter

del calcio, allora ci si aspetterebbe che la Ciclosporina A, un inibitore del canale MPTP,

dovesse fornire una protezione nei cuori di animali che non esprimono questo uniporter.

Introduzione

54

Questo aspetto è stato studiato da Pan e la sua equipe su modelli di topi in cui questo

uniporter non è espresso: hanno scoperto che in seguito all’evento di ischemia e

riperfusione a cui sono stati soggetti i cuori di topi wild type, la somministrazione di

Ciclosporina A, svolgeva effetti protettivi; invece, in cuori di topo in cui non era

espresso il uniporter non li svolgeva.

Alcuni studi hanno evidenziato che vari flavonoidi naturali, tra cui il Camferolo,

attivano direttamente l’uniporter mitocondriale del , mostrando multeplici

funzioni nella regolazione della produzione di ATP, nell’apertura dei canali MPTP e

successivamente nel processo di apoptosi, a concentrazioni compatibili con l’assunzione

quotidiana di alimenti ricchi di flavonoidi. Tali evidenze suggeriscono che si possa

ottenere in vivo una modulazione nell’assorbimento di mitocondriale a seconda

della dieta alimentare (Montero et al., 2004).

1.10.1 REGOLATORI DELL’ UNIPORTER MITOCONDRIALE DEL

MCUb

MCUb è una proteina di 33kDa che sembra molto simile al uniporter nella

struttura e nell’orientamento, ma che agisce in maniera contraria a questo canale.

Infatti, MCUb non consente il passaggio degli ioni calcio attraverso le

membrane mitocondriali interne, e sembra ridurre il movimento del calcio nei

mitocondri quando oligomerizza con uniporter. Inoltre, questo canale ha

una differente regolazione dell’assorbimento di calcio mitocondriale a seconda

del tessuto coinvolto, infatti nei cardiomiociti non permette l’entrata di calcio

nel mitocondrio (Plovanich et al., 2013).

EMRE

Nel 2013 Mootha e la sue equipe hanno identificato un regolatore

transmembranale ad unico transito che sembra sia in funzione del

uniporter, denominata Essential Mitocondrial Calcium Uniporte Regulator

(EMRE). Studi su modelli di cellule e organelli isolati di topo, in cui è stato

silenziato EMRE, hanno evidenziato una completa inefficienza del

uniporter. Quindi, ricerche successive hanno suggerito che MICU1 e

Introduzione

55

MICU2 sono importanti regolatori dell’uniporter, ma che non sono essenziali

per la sua funzionalità: infatti, EMRE rappresenta il primo regolatore essenziale

per l’attività del uniporter.

Ad oggi l’orientamento di questo regolatore non è ancora conosciuto, ma è stato

ipotizzato che possa ad andare ad interagire sia con MICU sia MICU2 al livello

della membrana interna del mitocondrio e che possa legarsi a sua volta anche

con il uniporter (Sancak et al., 2013).

SLC25A23

Si tratta di una tasca che contiene il carrier mitocondriale dello scambiatore Mg-

ATP/Pi. Studi in cui è stato silenziato questo regolatore, hanno evidenziato una

riduzione ma una totale eliminazione, dell’uptake di calcio mitocondriale.

Cellule Hela in cui non era espresso questo regolatore hanno mostrato una

debole riduzione del potenziale di membrana mitocondriale in seguito all’uptkae

di calcio mitocondriale. Per questo motivo, è stato ipotizzato che SLC25A23

potrebbe regolare l’azione del uniporter mediante l’attivazione di un

trasportatore di anioni fosfato, ma che possa anche interagire direttamente con il

canale. Quindi, il silenziamento di questo regolatore sembra possa avere una

potenziale azione protettiva nei confronti della morte cellulare (Hoffman et al.,

2014).

Inoltre, Amigo e la sue equipe hanno riportato che una diminuzione di

SLC25A23 va a ridurre la capacità di ritenzione di calcio nel mitocondrio,

coerente alla maggiore apertura del canale MPTP (Amigo et al.,2013).

MCUR1

Mitochondrial Calcium Uniporter Regulator 1, o MCUR1, è una proteina di

40kDa formata da due domini trasmembranali e da una regione coiled-coil, che,

come nel caso del uniporter, ha N e C-terminazioni che si affacciano nello

spazio intermembranale. Le cellule che sono prive di questa proteina sembrano

simili alle cellule in cui non è espresso l’uniporter, e per questo motivo,

ovviamente, non si verifica l’assorbimento di calcio. Inoltre, questa tipologia di

cellule mostra un incremento nell’attività autofagica e un aumento nella

Introduzione

56

resistenza alla morte cellulare per apoptosi e necrosi (Mallilankaraman et al.,

2012).

Nel caso di una sovraespressione di MCUR1 è stato evidenziato un incremento

nell’uptake di calcio mitocondriale, ma solo nel caso in cui era espresso il

canale. Questo ha suggerito che il calcio deve essere necessariamente trasportato

mediante uniporter.

ALTRI REGOLATORI

Sono coinvolte diverse proteine tra cui lo scambiatore mitocondriale sodio-

calcio (NCLX), proteine non accoppiate (UPC) 2 e 3, la tasca leucina-EF-hand

che contiene la proteina trasmembranale 1 (LETM1), EPR57, TRCP3. Queste

proteine sono importanti per la fisiologia del calcio mitocondriale, ma i loro

ruoli esatti, sia fisici e biochimici, non sono ancora stati completamente chiariti

(Rizzuto et al., 2012).

Introduzione

57

1.11 METODI INNOVATIVI DI DRUG DELIVERY MITOCONDRIALE

Le caratteristiche che deve presentare una molecola ideale che deve agire come

cardioprotettiva deve avere la capacità di penetrare facilmente nella cellula ed essere

efficacemente accumulata a livello del proprio target mitocondriale. La mancanza di

queste proprietà farmacocinetiche è un serio limite nell’applicazione clinica.

Per questo motivo, sono state proposte strategie di drug delivery innovative e stimolanti

al fine di migliorare l’ingresso selettivo di molecole nei mitocondri e minimizzare

eventuali effetti aspecifici e indesiderati.

Quindi, per ottenere farmaci anti-ischemici altamente selettivi e abili nell’essere

selettivamente trasportati all’interno del mitocondrio, la strategia più sfruttata è quella di

combinare la singola molecola selezionata con il catione “mitocondrio specifico”,

Trifenilfosfonio ( ), mediante un linker alifatico appropriato. Generalmente, la

lunghezza dello spaziatore influenza il grado di idrofobicità di questi agenti

mitocondriotropici e di conseguenza, ciò influisce sulla loro efficacia sia in modelli in

vivo sia in vitro.

Quindi, la strategia consiste nello sviluppare un derivato coniugato con il , che

rapidamente e ampiamente si possa accumulare a livello dei mitocondri, guidato dal

potenziale di membrana mitocondriale (circa di -180mV) (Porteous et al., 2010).

Il maggiore vantaggio nell’utilizzo di cationi lipofili è la loro bassa reattività e debole

interazione con le componenti cellulari.

Per esempio, al fine di indirizzare il Resveratrolo all’interno del mitocondrio, questo

polifenolo è stato combinato con il .

Lo stesso destino è stato riservato a molte sostanze antiossidanti, tra cui MitoVitE,

MitoQ e MitoL, coniugate con il . Ad oggi, il derivato MitoQ ha evidenziato

effetti cardioprotettivi nei modelli di danno da I/R (Smith & Murphy, 2010) e in più

recentemente, Mito-Tempol, un nitrossido-piperidina coniugata con il TPP+, ha

mostrato effetti cardioprotettivi in modelli in vivo su ratto (Dickey et al., 2013).

Oltre ai cationi lipofili, anche alcuni peptidi sono stati utilizzati per veicolare molecole a

livello mitocondriale; in particolare, i peptidi Szeto-Schiller (SS) sono in grado di

legarsi selettivamente alla membrana interna mitocondriale, indipendentemente dal

valore del potenziale. Questa caratteristica è un vantaggio poiché queste molecole

possono penetrare anche dentro organelli danneggiati, in cui è presente un ridotto del

potenziale (Szeto & Schiller, 2011).

Introduzione

58

Un importante differenza tra i cationi lipofili e i peptidi SS è che quest’ultimi

possiedono un’attività intrinseca nel mitocondrio. In particolare, i peptidi SS-02 e SS-31

sono in grado di comportarsi da scavenger verso il perossido di idrogeno, i radicali

idrossilici, e il perossinitrile in modelli in vivo e ridurre il danno da I/R in modelli ex

vivo. Secondo ricerche effettuate in vivo è stata evidenziata la loro capacità di andare a

promuovere la respirazione mitocondriale e la sintesi di ATP, con conseguente

riduzione nella produzione di ROS, e l’inibizione del rigonfiamento mitocondriale

(Szeto, 2008) (Figura 21).

Figura 21. Strutture chimiche di molecole mito-targeted: (A) molecole coniugate con TPP+,

(B) molecole coniugate con il peptide SS.

59

2. SCOPO DELLA TESI

Le malattie cardiovascolari, in particolare le cardiopatie ischemiche, sono una della

maggiori cause di morte nei paesi industrializzati. Questa patologia è dovuta ad una

parziale o totale occlusione delle arterie coronarie, che porta ad una ostruzione dei vasi

così da limitare l’afflusso sanguigno nei vari tessuti. Come conseguenza si ha una

diminuzione dell’ossigenazione e dell’apporto nutritivo di tali aree, fino al

raggiungimento di una condizione tale che non permette la sopravvivenza della cellula,

che quindi va incontro a morte. Paradossalmente, il danno da ischemia è aumentato

anche nella fase della riperfusione, ovvero la fase successiva all’ischemia in cui

vengono ripristinate le condizioni di normalità per la vita cellulare.

La presenza di particolari canali al potassio sulla membrana interna di mitocondri

conferisce a quest’organello un ruolo fondamentale nella cardioprotezione. Infatti, in

seguito all’ischemia e alla riperfusione, la cellula va incontro ad apoptosi che avviene

come conseguenza della generazione di ROS, dell’attivazione dello scambiatore

Na /H , di una risposta infiammatoria e dell’apertura di un poro localizzato a livello

della membrana del mitocondrio, poro di transizione di permeabilità mitocondriale

(MPTP), promossa dall’ingresso massivo di ioni calcio all’interno del mitocondrio.

L’apertura di questo poro è prevenuta dall’attivazione dei canali al potassio

mitocondriali. L’attivazione di questi canali, attraverso una parziale depolarizzazione

della membrana mitocondriale, determina un ridotto sovraccarico di ioni calcio nella

matrice del mitocondrio. Questa riduzione di concentrazione, a sua volta previene al

momento della riperfusione la sostenuta apertura del MPTP, inducendo

cardioprotezione. Pertanto, si comprende quanto sia critico il ruolo del mitocondrio nel

fenomeno di cardioprotezione e l’importanza di sviluppare farmaci in grado di agire su

questi target mitocondriali fondamentali.

Nell’ottica di selezionare composti potenzialmente attivi nella protezione miocardica

del danno da I/R, questa tesi di Laurea si è posta l’obiettivo di valutare la capacità dei

composti in esame di influenzare alcuni importanti parametri di funzionalità

mitocondriale, quali le variazioni del potenziale di membrana mitocondriale (ΔΨm), i

movimenti dello ione calcio attraverso la membrana mitocondriale in termini di uptake

di calcio e i flussi potassici. Altro obiettivo di questa tesi di Laurea è stato indagare il

Scopo della tesi

60

meccanismo mitocondriale responsabile di un’eventuale azione “protettiva” per

selezionati composti.

In quest’ottica, i composti testati appartengono a due gruppi selezionati:

Composti analizzati in relazione ad analogie strutturali con Naringenina

(Extrasynthese), flavonone del genere Citrus:

Flavonoidi che si ritrovano in abbondanza nel genere Citrus.:

- Eriodictiolo (Extrasynthese)

- Tangeretina (Extrasynthese)

- Esperetina (Extrasynthese) e il suo glicoside Esperidina (Extrasynthese)

Flavonoidi che presentano un’analogia con Naringenina per la presenza di un

gruppo idrossilico in posizione 5 e/o 7 sull’anello biciclico:

- Crisina (Extrasynthese)

- Apigenina (Extrasynthese)

- Luteolina (Indena)

Flavonoidi monoidrossilati, che quindi presentano una struttura chimica più

semplice:

- 4’-idrossi-flavanone (Sigma-Aldrich)

- 5-idrossi-flavone (Sigma-Aldrich)

- 6-idrossi-flavanone (Sigma-Aldrich)

- 7-idrossi-flavone (Sigma-Aldrich)

Composti in cui la struttura flavonoidica classica è complicata con numerose

sostituzioni di gruppi idrossilici sull’anello ciclico e biciclico (isolati e

purificati da materiale vegetale, gentilmente forniti dal laboratorio della

Prof.ssa Braca):

- Myricetina

- Kaempferolo

Proantocianidine più o meno complesse strutturalmente (isolati e purificati

da materiale vegetale, gentilmente forniti dal laboratorio della Prof.ssa

Braca):

- Isoginkgetina

Scopo della tesi

61

- Procianidina A2

- Bilobetina

Composti di sintesi progettati nell’ottica di ottenere una drug delivery

mitocondriale, ottenuti coniugando l’attivatore dei canali mitoKATP, F81, F163

(entrambi gentilmente sintetizzati e forniti dal laboratorio della Prof.ssa

Rapposelli) e Isosteviolo (Sigma-Aldrich), con il catione liposolubile TPP :

- Catena laterale lipofila in cui è presente il catione TPP : -MOIETY

- derivato sintetico di F81: SG40D (sintetizzato e fornito gentilmente dal

laboratorio della Prof.ssa Rapposelli)

- derivati sintetici dell’Isosteviolo: VEK-22, VEK-23, VEK-24, VEK-31,

VEK-32, VEK-33 (gentilmente forniti dal Prof. Victor Semenov, Università

di Mosca)

Naringenina Eriodictiolo Tangeretina

Esperetina Esperidina

Scopo della tesi

62

Crisina Apigenina Luteolina

4’-idrossi-flavanone 5-idrossi-flavone

6-idrossi-flavanone 7-idrossi-flavone

Myricetina Kaempferolo

Scopo della tesi

63

Bilobetina

Isoginkgetina Procianidina A2

F163 F81 -MOIETY

Scopo della tesi

64

SG40D

Isosteviolo

VEK-22

VEK-23

Scopo della tesi

65

VEK-24

VEK-31

VEK-32

VEK-33

Figura 22. Strutture chimiche dei composti analizzati.

66

3. MATERIALI E METODI

3.1 ANIMALI

La sperimentazione è stata condotta su ratti albini del ceppo Wistar, di sesso maschile

con un peso compreso tra 300 e 400g.

Gli animali sono stati allevati in gabbie di dimensioni appropriate al peso e al numero di

individui, adeguatamente rifornite di cibo e acqua, esposti a cicli di luce-buio di 12 ore

in conformità con la normativa comunitaria (2010/63/UE) e italiana (D.L. del 4/03/2014

n°26).

Il giorno dell’esperimento gli animali sono stati anestetizzati con una iniezione

intraperitoneale di Pentobarbitale sodico (100 mg/Kg).

Figura 23. Ratto Wistar

Materiali e Metodi

67

3.2 PROCEDURA DI ISOLAMENTO DEI MITOCONDRI CARDIACI

Dopo il dissanguamento ascellare dell’animale, una sternotomia e una pericardiotomia,

il cuore viene espiantato e immediatamente posto in buffer di isolamento denominato

STE [composizione: Saccarosio (Sigma-Aldrich) 250 mM; TRIS (Sigma-Aldrich) 5

mM; EGTA (Sigma-Aldrich) 1 mM, portando il pH a 7.4 con aggiunta di HCl quando la

soluzione ha raggiunto una T di circa 4°C] mantenuto in ghiaccio.

Quindi, il cuore subisce un’operazione di sminuzzamento e lavaggio dal sangue residuo

con STE, utilizzando forbici chirurgiche. Questa operazione viene effettuata più volte

per cercare di allontanare il più possibile il sangue residuo.

Una volta completato lo sminuzzamento, le parti del cuore vengono trasferite in un tubo

da centrifuga, sospese in circa 10 ml di STE, e il tutto viene omogeneizzato mediante

l’uso di Ultra-Turrax (IKA, T-18 basic).

L’omogeneizzazione viene eseguita a cicli, per evitare un eccessivo surriscaldamento

del composto, e mantenendo il tutto in ghiaccio.

Successivamente, dopo aver aggiunto ulteriori 30ml di STE all’omogenato ottenuto,

viene effettuata una prima centrifugazione a 1075 giri per 3 minuti a 4°C, al termine

della quale il surnatante viene trasferito in un nuovo tubo da centrifuga e messo in

ghiaccio; invece, al pellet vengono aggiunti circa 10 ml di STE e, trasferito in un Potter

con pestello, viene risospeso. La sospensione ottenuta viene, quindi, portato a un

volume di circa 20 ml con STE e nuovamente centrifugato a 1075 giri per 3 minuti a

4°C. Al termine delle centrifugazione, il pellet viene scartato, mentre il surnatante viene

trasferito in un tubo da centrifuga pulito.

I surnatanti ottenuti dalle prime due centrifughe vengono nuovamente centrifugati a

11950 giri per 10 minuti a 4°C. Al completamento di questa centrifuga, vengono scartati

i surnatanti ottenuti, invece, viene aggiunto a ciascun pellet circa 10 ml di STE e viene

di nuovo sospeso.

A questo punto, dopo aver portato a volume di circa 20 ml con STE, viene effettuata

una successiva centrifugazione a 11950 giri per 10 minuti a 4°C e al termine della

quale, con sistema analogo a quello scritto sopra, si risospende il pellet utilizzando un

secondo buffer di isolamento denominato ST [composizione: Saccarosio (Sigma-

Aldrich) 250 mM; TRIS (Sigma-Aldrich) 5 mM, con T di circa 4°C e pH a 7.4 ottenuto

con l’utilizzo di HCl].

Materiali e Metodi

68

Il surnatante viene scartato, mentre il pellet viene risospeso con 400μl di ST e

conservato in una eppendorf posta in ghiaccio per tutta la durata dell’esperimento, fino

ad un massimo di 2h.

La concentrazione di proteine mitocondriali viene determinata utilizzando la reazione di

Bradford.

La validità della procedura di isolamento è stata confermata da esperimenti preliminari

con la misurazione della funzionalità respiratoria attraverso il saggio di bioluminescenza

dell’ATP, in accordo con il metodo Drew e Leenwenburg.

I mitocondri (1mg/ml) sono stati sospesi in ST con l’aggiunta di Succinato 20 mM,

30 mM, e ADP 5’-difosfato 200μM. La reazione è iniziata dall’aggiunta del

reagente luciferina-luciferasi. Il bianco era costituito dalla stessa preparazione, ma con

la sostituzione dell’ADP 5’-difosfato con acqua bidistillata. Dopo 3 minuti dall’inizio

della reazione, è stata effettuata la misurazione con un luminometro. Nelle preparazioni

testate il saggio ha permesso di determinare la luce prodotta dall’ossidazione ATP-

dipendente della luciferina attraverso l’enzima luciferasi. Nei preparati a cui è stato

aggiunto l’inibitore della ATP-sintetasi oligomicina (2μg/ml) o disaccoppianti della

fosforilazione ossidativa, 2,4-dinitrofenolo (DNP) (100μM), non c’è stata produzione di

ATP e quindi luce.

Materiali e Metodi

69

3.3 PROTOCOLLO SPERIMENTALE 1: VALUTAZIONE DELLE VARIAZIONI

DEL POTENZIALE DI MEMBRANA MITOCONDRIALE

Per determinare il potenziale di membrana ( ) dei mitocondri isolati, sono stati

utilizzati cationi liposolubili. La liposolubilità è importante poiché solo in questo modo

gli ioni possono attraversare liberamente le membrane biologiche e distribuirsi fra

matrice e il mezzo di isolamento extramitocondriale. La concentrazione del mezzo può

essere determinata con un elettrodo iono-selettivo che ci permette di controllare

l’accumulo dello ione e quindi di valutare il potenziale di membrana.

Il catione lipofilo utilizzato è il (tetrafenil-fosfonio) (Sigma-Aldrich).

I cambiamenti di concentrazione del nel mezzo di sospensione vengono misurati

con un mini-elettrodo sensibile al (WPI TipTPP), accoppiato ad un elettrodo di

riferimento, utilizzando un sistema di acquisizione dati (BIOPAC Systems inc.).

I mezzi di sospensione che sono stati utilizzati sono due: uno denominato Swelling

Buffer [composizione: KCl (Carlo Erba) 120 mM; (Sigma-Aldrich) 5 mM;

Hepes (Sigma-Aldrich) 10 mM; Acido Succinico (Sigma-Aldrich) 10 mM;

(Sigma-Aldrich) 2 mM, portando il pH a 7.4 con aggiunta di NaOH]; l’altro, detto

Mannitol Buffer, in cui il gradiente osmotico del potassio è sostituito dal mannitolo

[composizione: Mannitolo (Sigma-Aldrich) 240 mM; (J.T.Baker) 5 mM;

Hepes (Sigma-Aldrich) 10 mM; Acido Succinico (Sigma-Aldrich) 10 mM;

(Carlo Erba) 2 mM, portando il pH a 7.4 con NaOH].

Il buffer di sospensione scelto viene messo all’interno di un piccolo becker, nel quale

vengono immersi i due elettrodi sopra citati; viene aggiunta una concentrazione nota di

(10μM), di EGTA (1mM) (agente chelante dello ione calcio) e successivamente i

mitocondri (in concentrazione 1 mg/ml), mantenendo la soluzione in continua

agitazione magnetica. Si attende che il catione venga accumulato nei mitocondri per

avere una stima del .

Raggiunto il plateau, valutiamo le variazioni di potenziale di membrana costruendo

curve cumulative delle sostanze da analizzare con concentrazioni che variano da 1μM a

300μM. In esperimenti preliminari è stata valutata la capacità dei veicoli (DMSO all’1%

e al 5%), di influenzare il ΔΨ.

Materiali e Metodi

70

Il è calcolato utilizzando l’equazione di Nerst:

Dove è il potenziale di membrana in mV, è il volume del mezzo di incubazione

prima dell’aggiunta dei mitocondri, è il volume del mezzo di incubazione dopo

l’aggiunta dei mitocondri, è il volume dei mitocondri, e sono,

rispettivamente, le concentrazioni di prima dell’aggiunta dei mitocondri e al

tempo t, P è la concentrazione di proteine (mg), e sono i coefficienti di

ripartizione apparenti esterno ed interno ( è 14.3 μl/mg; è 7.9 μl/mg) (Figura 24).

Figura 24. Tracciato sperimentale in cui è stata misurata la variazione del potenziale

di membrana mitocondriale in seguito alla somministrazione, su una sospensione di

mitocondri cardiaci (1 mg/ml), di concentrazioni cumulative crescenti di Naringenina.

Materiali e Metodi

71

3.4 PROTOCOLLO SPERIMENTALE 2: VALUTAZIONE DELLE VARIAZIONI

NELL’UPTAKE DI

I cambiamenti delle concentrazioni di nel mezzo di sospensione vengono

continuamente misurati con un mini-elettrodo sensibile al (WPI TipCa)

accoppiato ad un elettrodo di riferimento, utilizzando un sistema di acquisizione dati

(BIOPAC Systems inc.).

La selettività dell’elettrodo al rispetto agli altri cationi è maggiore di .

Per correlare la misurazione potenziometrica in mV con la concentrazione di

corrispondente in soluzione, prima di ogni esperimento è stata fatta una curva di

calibrazione utilizzando concentrazioni note di ( - - 3 - M).

Il buffer di sospensione, denominato Swelling Buffer, privo della presenza di ioni calcio

[composizione: KCl (Carlo Erba) 120 mM; (Sigma-Aldrich) 5 mM; Hepes

(Sigma-Aldrich) 10 mM; Acido Succinico (Sigma-Aldrich) 10 mM; (Sigma-

Aldrich) 2 mM, portando il pH a 7.4 con aggiunta di NaOH] viene messo all’interno di

un piccolo becker, nel quale vengono immersi i due elettrodi e sottoposto ad agitazione

magnetica continua. A questa soluzione si aggiunge (100μM) e le sostanze in

esame e il loro veicolo (DMSO all’1%). Quindi, si aggiungono i mitocondri (1mg/ml) e

si attende che il si accumuli all’interno di questi ultimi (ciò è valutabile grazie alla

variazione in mV che si registra).

Misurando la scomparsa del dal mezzo, si risale alla quantità accumulata

all’interno della matrice mitocondriale (Figura 25).

Materiali e Metodi

72

Figura 25. Tracciato sperimentale in cui è stata misurata la variazione potenziometrica

(mV) di uptake di in seguito all’aggiunta del veicolo oppure di Eriodictiolo e in

seguito di mitocondri cardiaci (1 mg/ml).

Materiali e Metodi

73

3.5 PROTOCOLLO SPERIMENTALE 3: VALUTAZIONE DEI MOVIMENTI DI

, UTILIZZANDO UNA SONDA - SENSIBILE

Si sfrutta il fatto che il entra nelle cellule e nelle strutture subcellulari attraverso i

canali del potassio.

L’apertura dei canali mitoK permette il passaggio del all’interno del mitocondrio.

Questi movimenti sono analizzati utilizzando una sonda fluorescente che legandosi al

emette fluorescenza, seguendo la procedura riportata nello specifico kit, FluxOR™

Potassium Ion Channel (Invitrogen™).

Il protocollo di isolamento dei mitocondri cardiaci è lo stesso che è stato descritto in

precedenza. Al termine dell’ultima centrifugazione a 11950 giri per 10 minuti a 4°C, il

pellet viene risospeso in 2ml di Loading Buffer e posto ad agitazione per circa 10 minuti

al buio, così che la sonda viene caricata all’interno del mitocondrio, grazie alle

caratteristiche chimiche che gli permettono di essere permeabile alla membrana.

All’interno la sonda non genera fluorescenza, quindi si eseguono dei lavaggi in ST per

allontanare l’eccesso della sonda e, alla fine, si recupera il pellet e lo si sospende in

400μl di ST.

La concentrazione di proteine mitocondriali viene determinata mediante l’uso della

reazione di Bradford.

Quindi, si diluiscono 0.5 mg/ml di mitocondri con un buffer “potassium-free”,

denominato Mannitol Buffer, dove il gradiente osmotico del è sostituito dal

mannitolo [composizione: Mannitolo (Sigma-Aldrich) 240 mM; (J.T.Baker)

5 mM; Hepes (Sigma-Aldrich) 10 mM; Acido Succinico (Sigma-Aldrich) 10 mM;

(Carlo Erba) 2 mM, portando il pH a 7.4 con NaOH] e ATP 200μM.

80 µl della sospensione mitocondriale vengono messi in ogni well di una piastra da 96

pozzetti e viene misurato il baseline utilizzando uno spettrofluorimetro (EnSpire, Perkin

Elmer) (λ eccitazione: 488 nm; λ emissione: 525nm).

Successivamente, si aggiungono Valinomicina (2µM) (ionoforo dello ione potassio),

DMSO, Eriodictiolo, Isosteviolo, SG40D e il loro veicolo (DMSO al 3%) (sostanze che

sono state precedentemente diluite a concentrazione desiderata con Stimulus Buffer, il

buffer che contiene lo ione ) e si effettuano 12 letture fino al raggiungimento del

plateau.

Materiali e Metodi

74

Quando richiesto dal protocollo sperimentale, l’agente bloccante del canale mitoK,

come l’acido 5-idrossi–decanoato (5-HD, bloccante selettivo dei ), lo si fa

incubare per 5 minuti prima dell’aggiunta dei composti attivatori mitoK.

Il saggio consiste nel misurare la fluorescenza emessa dopo che lo ione entra nella

matrice mitocondriale attraverso i canali del e si lega con la sonda.

Materiali e Metodi

75

3.6 PROTOCOLLO SPERIMENTALE 4: VALUTAZIONE DELLE VARIAZIONI

DEL POTENZIALE DI MEMBRANA MITOCONTRIALE UTILIZZANDO

RHODAMINA 123

Rhodamina 123 è un catione lipofilo fluorescente che viene accumulato nei mitocondri

in proporzione al potenziale di membrana mitocondriale; perciò, rappresenta una valida

alternativa alla misurazione del ΔΨ qualora non sia possibile utilizzare l’approccio

potenziometrico. Quando questa sonda migra all’interno del mitocondrio, l’organello si

comporta da quencher e si assiste ad una scomparsa della fluorescenza, che si misura

allo spettrofluorimetro (Enspire, Perkin Elmer) (λeccitazione: 490nm; λemissione:

535nm, alla temperatura di 37°).

Il protocollo di isolamento dei mitocondri cardiaci è lo stesso descritto in precedenza.

Anche in questo caso, la concentrazione di proteine mitocondriali viene determinata

mediante l’uso della reazione di Bradford.

La messa a punto di questo protocollo è stato un risultato di questa tesi di Laurea,

poiché non è mai stato effettuato in questo laboratorio.

Quindi, 80µl della sospensione mitocondriale (1 mg/ml) vengono messi in ogni well di

una piastra da 96 pozzetti e quindi, si procede con i trattamenti farmacologici e il loro

veicolo (DMSO al 3%) e con lo spettrofluorimetro si procede alla misurazione del

baseline.

Successivamente, si aggiungono 10μl di Rhodamina 123 (5μM) al buio e si effettuano

diverse letture ripetute ogni 15 secondi per 6 minuti attraverso EnSpire.

Infine, viene misurato l’incremento della fluorescenza che si registra in risposta alla

depolarizzazione del potenziale di membrana mitocondriale quando la sonda fuoriesce

dal mitocondrio.

Materiali e Metodi

76

SOSTANZE:

Ciascuna sostanza analizzata è stata solubilizzata in DMSO, preparando la soluzione-

madre di concentrazione - M.

Le diluizioni successive sono state realizzate utilizzando i diversi buffer a seconda del

protocollo realizzato.

, EGTA, sono stati solubilizzati in acqua bidistillata per ottenere una

concentrazione di - M per i primi due, per una concentrazione di - M; le

successive diluizioni sono state effettuate in buffer adeguati al tipo di protocollo

eseguito.

Materiali e Metodi

77

3.7 ANALISI STATISTICA

I dati ottenuti sono stati analizzati applicando il t test di Student o ANOVA two/way.

Un valore di P<0.05 è stato considerato indice di differenza statisticamente

significativa.

Per quanto riguarda le curve concentrazione-risposta depolarizzante ottenute con i

composti progettati per migliorare la delivery mitocondriale (VEK-22, VEK-23, VEK-

24, VEK-31, VEK-32, VEK-33, SG40D), il valore di potenza è espresso come ,

corrispondente al logaritmo negativo della concentrazione alla quale si ha il 50%

dell’effetto massimale; il valore di efficacia massima è invece espresso come ,

corrispondente all’effetto depolarizzante ottenuto alla massima concentrazione del

composto in esame.

78

4. RISULTATI E DISCUSSIONE

Il mitocondrio gioca un ruolo fondamentale nella morte cellulare e nella protezione dal

danno da Ischemia/Riperfusione (I/R), in particolar modo per la presenza di particolari

canali al potassio sulla membrana interna. Infatti, in seguito al danno da I/R, la cellula

va incontro a un processo apoptotico come conseguenza della generazione di ROS,

dell’attivazione dello scambiatore Na /H , di una risposta infiammatoria e dell’apertura

di un poro localizzato a livello della membrana del mitocondrio, poro di transizione di

permeabilità mitocondriale (MPTP), promossa dall’ingresso massivo di ioni calcio

all’interno del mitocondrio. L’apertura di questo poro è prevenuta dall’attivazione dei

canali al potassio mitocondriali; l’attivazione di questi canali, attraverso una parziale

depolarizzazione della membrana mitocondriale, determina un ridotto sovraccarico di

ioni calcio nella matrice del mitocondrio. Questa riduzione di concentrazione, a sua

volta previene al momento della riperfusione la sostenuta apertura del MPTP,

inducendo cardioprotezione.

Pertanto, si comprende quanto sia critico il ruolo del mitocondrio nel fenomeno di

cardioprotezione e quanto sia importante sviluppare farmaci in grado di agire su questi

target mitocondriali fondamentali. Per questo motivo, la conoscenza di target

farmacologici risulta essere un importante campo di ricerca nell’ambito delle patologie

cardiovascolari, che ancora oggi rappresentano la principale causa di morte.

Nell’ottica di selezionare composti potenzialmente attivi nella protezione miocardica

del danno da I/R, questa tesi di Laurea si è posta l’obiettivo di valutare la capacità dei

composti in esame di influenzare alcuni importanti parametri di funzionalità

mitocondriale, quali ΔΨ, uptake di calcio e flussi potassici. Altro obiettivo di questa tesi

di Laurea è stato indagare il meccanismo mitocondriale responsabile di un’eventuale

azione “protettiva” per selezionati composti.

In prima analisi, sulla base degli studi ottenuti nel laboratorio dove ho svolto la mia tesi

di Laurea, per poter effettuare uno screening di potenziali molecole cardioprotettive e

quindi, per predire gli output coinvolti nel meccanismo di azione cardioproettiva

esplicati a livello del mitocondrio, abbiamo effettuato degli studi di tipo

potenziometrico utilizzando il modello sperimentale dei mitocondri cardiaci isolati.

Il flavanone Naringenina, appartenete al genere Citrus, è stato il nostro flavonoide di

riferimento per lo studio, in quanto in precedenti studi ha mostrato avere parziale attività

Risultati e Discussione

79

depolarizzante (30-40mV) del potenziale di membrana mitocondriale (ΔΨ) a una

concentrazione di 300μM.

In questo lavoro di tesi, i composti esaminati presentano analogie con la Naringenina,

quindi, sulla base di ciò abbiamo cercato di comprendere se a tali caratteristiche

strutturali fossero anche legati effetti significativi in particolare, prendendo in esame

molecole tipiche della famiglia Citrus.

Alcuni flavonoidi appartenenti al genere Citrus come Eriodictiolo e Tangeretina hanno

evidenziato un’azione depolarizzante concentrazione-dipendente che nel caso di

Tangeretina è stata, sia in termini di efficacia sia di potenza, minore rispetto a

Naringenina. Invece, Eriodictiolo ha evidenziato una potenza minore rispetto a

Naringenina, ma simile efficacia (Grafico 1A).

Grafico 1A: le curve cumulative rappresentano la variazione di ΔΨ in risposta a

concentrazioni crescenti di Naringenina, Eriodictiolo, Tangeretina e del veicolo

(DMSO)

Sono state analizzate mediante studio potenziometrico anche altre due sostanze

appartenenti al genere Citrus come Esperetina e il suo corrispondente glicosilato

Esperidina. L’Esperetina è un flavanone molto simile strutturalmente a Naringenina e

questa analogia si rispecchia anche nell’attività in quanto i due flavonoidi possiedono

profili di efficacia e potenza molto simili tra loro.

Interessante considerare che il glicoside Esperidina perde drasticamente, su questo

modello sperimentale, le proprietà farmacologiche riscontrate nell’aglicone. Questa

condizione, in cui si ha una sostanziale differenza nel profilo farmacologico tra

glicoside e aglicone, era stata già riscontrata in studi precedenti effettuati in questo

Risultati e Discussione

80

laboratorio, in cui si descriveva l’azione vasorilasciante su modello di anelli di aorta

correlata all’attività di canali ionici sarcolemmatici, in cui le coppie aglicone-glicoside

prese in considerazione erano: Apigenina-Rhoifolina e anche Esperetina-Esperidina

(Calderone et al., 2004). Successivamente, la stessa situazione era nuovamente stata

osservata per la coppia Naringenina-Naringina (Saponara et al., 2006).

Quindi, si riscontra una sostanziale differenza d’attività tra l’aglicone e il proprio

glicoside in cui l’aglicone esplica la sua azione depolarizzante, mentre il glicoside perde

totalmente questa proprietà.

Si ipotizza che la porzione zuccherina del glicoside possa modificare strutturalmente la

molecola in modo tale da renderla più ingombrata e più idrofila, fino a impedire

l’interazione con il proprio target farmacologico. Inoltre, nel caso in cui si presuma che

il target di questi flavonoidi si trovi all’interno della membrana interna del mitocondrio,

si suppone che la porzione zuccherina del glicoside possa risultare un ostacolo di tipo

farmacocinetico nei confronti dell’azione farmacologica, ovvero che la molecola non

riesca a raggiungere il proprio target situato all’interno della membrana interna

mitocondriale (Grafico 1B).

Grafico 1B: le curve cumulative rappresentano la variazione di ΔΨ in risposta a

concentrazioni crescenti di Esperetina, Esperidina e Naringenina.

Risultati e Discussione

81

Eriodictiolo è quello tra i composti del genere Citrus analizzati con una minore azione,

ma dal momento in cui in letteratura vi è una grande penuria di dati su questo

flavonoide, Eriodictiolo è stato ulteriormente studiato per capire se l’azione

depolarizzante riscontrata fosse correlabile agli effetti mitocondriali ottenuti con

Naringenina e quindi, comprendere se la sua azione depolarizzante fosse dovuta al

coinvolgimento dei canali al potassio mitocondriali.

Quindi, la rimozione di ioni potassio dal mezzo di sospensione (utilizzando Mannitol

Buffer) non alterava gli effetti depolarizzanti sulla membrana mitocondriale di

Eriodictiolo, suggerendo che i suoi effetti non siano riconducibili ai flussi di potassio.

A conferma dei dati ottenuti con il Mannitol Buffer, che esclude il coinvolgimento di

canali al potassio mitocondriali, è stato effettuato un ulteriore esperimento su modello di

mitocondri cardiaci isolati mediante l’uso di una sonda -sensibile, un catione

potassio mimetico.

In linea con quanto visto prima, Eriodictiolo non svolge la sua attività mediante flussi di

ioni , ad ulteriore conferma dell’estraneità dei canali del potassio mitocondriali nella

sua azione depolarizzante (dati non mostrati).

D’altra parte, gli effetti depolarizzanti di Eriodictiolo sono antagonizzati dalla presenza

di concentrazioni elevate di ATP (200μM) e questo lascerebbe intendere che questa

depolarizzazione può essere provocata da un effetto inibitorio provocato da questo

flavonoide su sistemi biochimici mitocondriali deputati al management dei nucleotidi

adeninici (Grafico 1C).

(mV

)

1 1 0 1 0 0 1 0 0 0

-2 0

0

2 0

4 0

in M a n n ito l B u ffe r

in S w e llin g B u ffe r p lu s A T P 2 0 0M

in S w e ll in g B u ffe r

E rio d ic tio lo [m ic ro M ]

Grafico 1C: le curve cumulative rappresentano la variazione di ΔΨ in risposta a

concentrazioni crescenti di Eriodictiolo nel caso in cui sia in Swelling Buffer, in

Mannitol Buffer e quando è trattato con ATP.

Risultati e Discussione

82

Comunque, questo effetto depolarizzante è sufficiente a ridurre la driving force per

l’accumulo di ioni come mostrato nel Grafico 1D.

Quindi, Eriodictiolo, come meccanismo finale comune a Naringenina, impedisce

l’uptake di nella matrice mitocondriale e quindi, provoca un’azione

cardioprotettiva, andando ad interagire con uno dei probabili target coinvolti nella

cardioprotezione.

veic

olo

Er i

od

ict i

olo

30M

Er i

od

ict i

olo

100M

Er i

od

ict i

olo

300

M

0

5 0

1 0 0

1 5 0%

Ca

lciu

m u

pta

ke

Grafico 1D: gli istogrammi mostrano la % di uptake di a seguito del trattamento

dei mitocondri, esposti a concentrazioni di stabilite, con Eriodictiolo a

concentrazioni crescenti, correlandole con l’uptake di a seguito del trattamento

degli stessi con il veicolo.

Sulla base dei dati ottenuti, lo studio si è esteso ad altri flavoinoidi che presentano

un’analogia strutturale con Naringenina, ovvero la presenza di un gruppo idrossilico in

posizione 5 e/o in posizione 7 sull’anello biciclico. In precedenti studi è stata

evidenziata l’essenzialità di questa caratteristica strutturale per l’interazione di tali

molecole con i canali ionici mitocondriali (Calderone et al., 2004).

I flavonoidi esaminati che presentano questa particolarità sono Apigenina, Crisina e

Luteolina; in questo studio hanno mostrato un’azione depolarizzante sul potenziale della

membrana mitocondriale con livelli di efficacia e potenza equiparabili rispetto a

Naringenina o addirittura, tendenzialmente superiori per quanto riguarda Apigenina e

Luteolina.

Risultati e Discussione

83

Apigenina è il flavonoide che presenta una struttura molto simile a Naringenina, la

quale, infatti, ha dimostrato avere un profilo d’azione quasi sovrapponibile (Grafico 2).

Grafico 2: le curve cumulative rappresentano la variazione di ΔΨ in risposta a

concentrazioni crescenti di Naringenina, Crisina, Apigenina e Luteolina.

Per comprendere se esiste una correlazione tra determinate caratteristiche strutturali e

attività depolarizzante, lo studio si è esteso su più fronti, andando ad analizzare

composti strutturalmente più semplici come flavonoidi monoidrossilati tra cui 4’-

idrossi-flavanone, 5-idrossi-flavone, 6-idrossi-flavanone, 7-idrossi-flavone.

Il 5-idrossi-flavone è risultato essere completamente privo di attività, la quale invece,

compare per il composto 4’-idrossi-flavanone e per il 6-idrossi-flavanone, ma che

diventa particolarmente eclatante per il 7-idrossi-flavone.

Si può quindi ipotizzare che l’attività osservata per i precedenti flavonoidi, soprattutto

quelli risultati più attivi, possa essere legata a questa caratteristica strutturale di base che

è presente anche nei precedenti composti (Grafico 3).

Risultati e Discussione

84

Grafico 3: le curve cumulative rappresentano la variazione di ΔΨ in risposta a

concentrazioni crescenti di Naringenina, 4-idrossi-flavanone, 5-idrossi-flavone, 6-

idrossi-flavonone, 7-idrossi-flavone.

Secondo passo di questo lavoro di tesi, è stato andare ad indagare ciò che accade nel

momento in cui molecole, mantenuta la struttura flavonoidica classica, sono più

complesse con un pattern di sostituzioni su anelli ciclici e biciclici con gruppi idrossilici

più o meno numerosi.

Myricetina e Kaempferolo perdono in maniera significativa l’attività rispetto

Naringenina; questa condizione potrebbe essere attribuita alla presenza di un gruppo

idrossilico in posizione 3 dell’anello biciclico (Grafico 4A).

m ic ro M

(m

V)

1 1 0 1 0 0 1 0 0 0-1 0

0

1 0

2 0

3 0

4 0

5 0

D M S O

M y r ic e tin a

K a e m p fe ro lo

N a rin g e n in a

Grafico 4A: le curve cumulative rappresentano la variazione di ΔΨ in risposta a

concentrazioni crescenti di Naringenina,Myricetina e Kaempferolo.

Risultati e Discussione

85

Sono stati analizzati inoltre, composti proantocianidinici come Bilobetina, Isogikgetina

e Procianidina A2, i quali presentano una struttura chimica ancora più complessa:

infatti, si tratta di molecole che presentano una struttura dimerizzata o complicata dalla

presenza di analoghi di flavonoidi.

Come già osservato con Myricetina e Kaempferolo, anche questi composti hanno

evidenziato una mancanza di azione depolarizzante probabilmente dovuta anche in

questo caso a fattori farmacodinamici o farmacocinetici.

L’unica eccezione è rappresentata da Procianidina A2, un composto proantocianidinico

che nonostante abbia una struttura abbastanza complicata, mostra attività equiparabile a

quella di Naringenina (Grafico 4B).

m ic ro M

(m

V)

1 1 0 1 0 0 1 0 0 0

-5 0

0

5 0

D M S O

Is o g in k g e tin a

P ro c ia n id in a A 2

B ilo b e tin a

N a rin g e n in a

Grafico 4B: le curve cumulative rappresentano la variazione di ΔΨ in risposta a

concentrazioni crescenti di Naringenina, Bilobetina, Isoginkgetina e Procianidina A2.

Poiché questo dato risulta sorprendente, al fine di ottenere un’idea preliminare sul

coinvolgimento di canali ionici del potassio in questa attività, abbiamo osservato che nel

mezzo privo di ioni potassio non si ha l’azzeramento dell’azione depolarizzante, ma si

ha solo un ridimensionamento parziale dell’attività depolarizzante. Si ipotizza quindi

che la sua azione, almeno in parte, possa essere legata ad un coinvolgimento dei canali

del potassio nell’azione depolarizzante indotta da questa molecola (Grafico 5).

Risultati e Discussione

86

P ro c ia n id in a A 2 [m ic ro M ]

(m

V)

1 1 0 1 0 0 1 0 0 0

-2 0

0

2 0

4 0

6 0

in M a n n ito l B u ffe r

in S w e llin g B u ffe r

Grafico 5: le curve cumulative rappresentano la variazione di ΔΨ in risposta a

concentrazioni crescenti di Procianidina A2 nel caso in cui sia in Swelling Buffer

oppure in Mannitol Buffer.

Con Procianidina A2 è stato condotto un ulteriore tipo di analisi al fine di comprendere

il proprio comportamento nei confronti del fenomeno dell’uptake di mitocondiale.

È stato osservato che a concentrazioni compatibili con l’azione depolarizzante, questo

composto inibisce in maniera concentrazione-dipendente l’uptake di della matrice

mitocondriale (Grafico 6). Questo aspetto merita ulteriore approfondimento

farmacodinamico e sembra che questo meccanismo possa essere predittivo per uno

studio da effettuarsi su modelli di I/R.

veic

olo

Pro

cia

nid

ina 3

0M

Pro

cia

nid

ina 1

00M

0

5 0

1 0 0

% C

alc

ium

up

tak

e

Grafico 6: gli istogrammi mostrano la % di uptake di a seguito del trattamento

dei mitocondri, esposti a concentrazioni di stabilite, con Procianidina A2 a

concentrazioni crescenti, correlandole con l’uptake di a seguito del trattamento

degli stessi con il veicolo.

Risultati e Discussione

87

Una seconda parte dello studio si è invece, dedicata ad un altro aspetto di tipo

farmacocinetico in cui per determinati composti di sintesi si immagina poter sviluppare

e applicare una delivery mitocondriale. In particolare, lo studio si è dedicato alla

valutazione di effetti mitocondriali indotti da molecole attivatrici di canali ionici

mitocondriali, nonché l’analisi di un composto naturale di natura terpenica come

Isosteviolo, riportato in letteratura come possibile attivatore del canale del potassio

mitocondriale di tipo (Xu et al., 2007), sebbene la struttura chimica sembra

discostarsi dai modelli farmacofori già visti precedentemente.

Inoltre, i composti su cui è stato effettuato questo tipo di studio sono F163 e F81, due

composti spirobenzopirani; per questi due composti sono stati già effettuati nel nostro

laboratorio studi che hanno dimostrato il loro coinvolgimento nella cardioprotezione

mediata da canali (Breschi et al., 2006) (Calderone et al., 2010).

Isosteviolo sulla base di evidenze sperimentali non del tutto esaurienti, è considerato un

attivatore del canale di tipo funzionale, quindi per questo composto si è reso

necessario compiere una prima analisi per capire la sua azione a livello del mitocondrio

cardiaco isolato.

È stato osservato che Isosteviolo causa una depolarizzazione concentrazione-dipendente

e questo risultato è in linea con l’azione cardioprotettiva riscontrata in letteratura.

Il comportamento è analogo a quello di Eriodictiolo, ovvero la sua depolarizzazione non

è antagonizzata dal Mannitol Buffer, ma lo è dall’ATP. Questo dato in modo

ragionevole fa escludere il coinvolgimento dei canali al potassio e il fatto che gli effetti

depolarizzanti di Isosteviolo sono antagonizzati dalla presenza di concentrazioni elevate

di ATP fa ipotizzare che questa depolarizzazione può essere legata ad interazioni con i

sistemi biochimici mitocondriali deputati al management dei nucleotidi adeninici

(Grafico 7).

Risultati e Discussione

88

Grafico 7: le curve cumulative rappresentano la variazione di ΔΨ in risposta a

concentrazioni crescenti di Isosteviolo nel caso in cui sia in Swelling Buffer oppure in

Mannitol Buffer o trattato con ATP.

In perfetto accordo con l’azione depolarizzante, Isosteviolo causa una riduzione

concentrazione-dipendente dell’accumulo di della matrice mitocondriale,

confermando i suoi effetti cardioprotettivi giustificabili con una diminuzione

dell’uptake di durante la fase ischemica (Grafico 8).

veic

olo

Iso

ste

vio

lo 3M

Iso

ste

vio

lo 1

0M

Iso

ste

vio

lo 3

0

M

0

5 0

1 0 0

1 5 0

% C

alc

ium

up

tak

e

Grafico 8: gli istogrammi mostrano la % di uptake di a seguito del trattamento

dei mitocondri, esposti a concentrazioni di stabilite, con Isosteviolo a

concentrazioni crescenti, correlandole con l’uptake di a seguito del trattamento

degli stessi con il veicolo.

Risultati e Discussione

89

F163, F81 e Isosteviolo sono molecole idonee per la coniugazione molecolare con il

catione lipofilo trifenilfosfonio ( ) in modo tale da consentire a questi composti un

migliore raggiungimento del proprio target nella membrana mitocondriale.

Sfortunatamente, F163 sebbene migliore di F81, in considerazione dei precedenti studi

(Breschi et al., 2008), non presenta caratteristiche idonee alla coniugazione con questo

catione, quindi è stato usato solo come farmaco di riferimento.

F81 è stato coniugato con legato a una piccola catena alifatica (C4) ( -

MOIETY) mediante un legame ammidico a ottenere il composto denominato SG40D.

Per questo studio di delivery mitocondriale, non è stato possibile utilizzare il metodo

potenziometrico per la presenza di interferenze intrinseche al metodo stesso, quindi è

stato utilizzato un approccio di tipo spettrofluorimetrico usando come sonda

fluorescente la Rhodamina 123, in cui siamo andati ad osservare l’effluso di questa

sonda, precedentemente incamerata dal mitocondrio, in relazione ai diversi trattamenti

farmacologici. Si tratta di un modello efficace sebbene meno sensibile rispetto al

modello potenziometrico.

La messa a punto di questo metodo è stato uno dei risultati di questa tesi, poiché non era

mai stato effettuato prima in questo laboratorio e per fare ciò, si è utilizzato come

trattamento le diverse concentrazioni (0.01 μM-1μM) di m-cloro-carbonilcianuro-

fenilidrazone (CCCP) un agente disaccoppiante con effetti depolarizzanti evidenti.

Quindi, come già noto, F81 si rivela avere azione depolarizzante del potenziale di

membrana mitocondriale meno efficace rispetto a F163, in quanto la depolarizzazione

indotta da F163 a una concentrazione di 300μM è raggiunta ed eguagliata da F81 alla

concentrazione di 1mM, mentre, concentrazioni minori di F81 non hanno mostrato

depolarizzazione rilevabili.

Però, F81 coniugato con la -MOIETY, ovvero il composto SG40D, ha provocato

una depolarizzazione concentrazione-dipendente che alla concentrazione di 100μM è

già massimale: quindi, con una concentrazione 3 volte minore rispetto a F163 e 10 volte

minore a F81, porta un effetto depolarizzante che è incrementato in efficacia di circa 2-3

volte; infatti, SG40D ha evidenziato avere un valore di potenza espresso come pEC50 di

4.42 ± 0.12 e un valore di efficacia massima espressa come Emax (%) di 90 ± 8

(Grafico 9B).

Di per sé -MOIETY, anche a concentrazioni molto elevate, non evoca effetti

depolarizzanti, quindi, realmente la coniugazione di un composto di per sé non ottimo

Risultati e Discussione

90

come F81 attraverso questo tipo di catena va a validare che questa strategia di

coniugazione è perfettamente applicabile a composti di questo tipo (Grafico 9A).

% F

luo

re

sc

en

za

vs

Rh

od

am

ina

Rh

od

am

ina 5M

TP

P+ C

l- 3

00

M

F81 3

00

M

F81 1

mM

F163 3

00

M

SG

40D

10M

SG

40D

30M

SG

40D

100M

SG

40D

300M

TP

P+ -M

OIE

TY

300M

0

5 0

1 0 0

Grafico 9A: gli istogrammi rappresentano la % di fluorescenza emessa a seguito

dell’efflusso della sonda Rhodamina 123 dal mitocondrio, in presenza di F63, F81,

-MOIETY e SG40D (vs fluorescenza emessa a seguito del trattamento con

Rhodamina 5μM).

-6 .5 -6 .0 -5 .5 -5 .0 -4 .5 -4 .0 -3 .5

0

2 5

5 0

7 5

1 0 0

1 2 5

S G 4 0 D

L o g m ic ro M

% F

luo

re

sc

en

za

vs

Rh

od

am

ina

Grafico 9B: la curva cumulativa rappresenta la % di fluorescenza emessa a seguito

dell’efflusso di Rhodamina 123 dal mitocondri, in presenza di concentrazioni crescenti

di SG40D.

Risultati e Discussione

91

Successivamente, abbiamo applicato questa strategia di delivery mitocondrilale

all’Isosteviolo coniugandolo al catione lipofilo mediante 6 catene diverse le quali

sono costituite da catene alchiliche di lunghezza crescente oppure da gruppi

polietilenglicoli (PEG) con lunghezza crescente come indicato in tabella 1.

Composto Struttura chimica N° spaziatori tra

Isosteviolo e

Isosteviolo (R)

-MOIETY

VEK-22

3

VEK-23

4

VEK-24

5

VEK-31

3

VEK-32

5

VEK-33

7

Tabella 1: struttura chimica dei derivati dell’Isosteviolo (VEK-22, VEK-23, VEK-24,

VEK-31, VEK.32, VEK-33).

Risultati e Discussione

92

In questo modello spettrofluorimetrico, l’Isosteviolo ha mostrato un’attività

depolarizzante solo a una concentrazione di 300μM e con un depolarizzazione che è

circa la metà della depolarizzazione ottenibile.

Per quanto riguarda i derivati coniugati con catene PEG abbiamo osservato che il

derivato VEK-23 tra tutti questi coniugati, che comunque hanno portato ad un’efficacia,

è inattivo forse a causa di un coinvolgimento intramolecolare.

Per quanto riguarda i composti VEK-22 e VEK-24 abbiamo notato un enorme

incremento delle proprietà depolarizzanti dell’Isosteviolo e in particolare, il derivato

VEK-22 ha evidenziato un’efficacia depolarizzante totale già a una concentrazione di

10μM (1/30 minore rispetto a quella di depolarizzazione parziale provocata

dall’Isosteviolo) e un EC50 di 3.53 ± 0.074, mentre la concentrazione equiattiva

all’Isosteviolo è decrementata di un fattore 100 (Tabella 2).

Il derivato VEK-24 mostra un efficacia massimale a una concentrazione di 30μM,

quindi molto migliore, almeno 10 volte in termini di potenza, rispetto all’Isosteviolo

(Grafico 10A; 10C).

% F

luo

re

sc

en

za

vs

Rh

od

am

ina

Rh

od

am

ina 5M

Iso

ste

vio

lo 1

00M

Iso

ste

vio

lo 3

00M

VE

K-2

2 1M

VE

K-2

2 3M

VE

K-2

2 1

0 M

VE

K-2

2 3

0 M

VE

K-2

3 3

0 M

VE

K-2

3 1

00

M

VE

K-2

3 3

00

M

VE

K-2

4 1M

VE

K-2

4 3M

VE

K-2

4 1

0 M

VE

K-2

4 3

0 M

VE

K-2

4 1

00

M

0

5 0

1 0 0

Grafico 10A: gli istogrammi rappresentano la % di fluorescenza emessa a seguito

dell’efflusso della sonda Rhodamina 123 dal mitocondrio, in presenza di concentrazioni

cumulative di Isosteviolo, VEK-22, VEK-23 e VEK-24 (vs la fluorescenza emessa a

seguito del trattamento con Rhodamina 5μM.

Risultati e Discussione

93

Per quanto riguarda i derivati dell’Isosteviolo ottenuti per coniugazione con catene

alchiliche si osserva che emerge una più chiara relazione struttura-attività in quanto i

composti VEK-31, VEK-32 e VEK-33, che secondo tabella sono riconducibili a

spaziatori di lunghezza crescente, portano a un miglioramento dell’azione

depolarizzante sia in termini di efficacia sia di potenza rispetto all’Isosteviolo; in

particolare, i valori di EC50 vanno tra un range di 3.85-5.36: si osserva una progressiva

azione depolarizzante in correlazione all’incremento della lipofilicità del composto,

quindi, più il composto risulta lipofilo, maggiormente eserciterà una progressiva azione

depolarizzante sul potenziale di membrana mitocondriale (Tabella 2).

Inoltre, è interessante osservate che questi composti hanno la particolarità di riuscire a

raggiungere un’efficacia totale nella loro azione depolarizzante (Grafico 10B; 10C).

% F

luo

re

sc

en

za

vs

Rh

od

am

ina

Rh

od

am

ina 5M

Iso

ste

vio

lo 1

00M

Iso

ste

vio

lo 3

00M

VE

K-3

1 3

0 M

VE

K-3

1 1

00

M

VE

K-3

1 3

00

M

VE

K-3

2 1M

VE

K-3

2 3M

VE

K-3

2 1

0 M

VE

K-3

2 3

0 M

VE

K-3

2 1

00

M

VE

K-3

2 3

00

M

VE

K-3

3 1M

VE

K-3

3 3M

VE

K-3

3 1

0 M

VE

K-3

3 3

0 M

VE

K-3

3 1

00

M

VE

K-3

3 3

00

M

0

5 0

1 0 0

Grafico 10B: gli istogrammi rappresentano la % di fluorescenza emessa a seguito

dell’efflusso della sonda Rhodamina 123 dal mitocondrio, in presenza di concentrazioni

cumulative di Isosteviolo, VEK-31, VEK-32, VEK-33 (vs la fluorescenza emessa a

seguito del trattamento con Rhodamina 5μM.

Risultati e Discussione

94

Composti pEC50 Emax (%)

Isosteviolo 3.53±0.074 58±7

VEK-22 5.65±1.67 Full

VEK-23 n.c. 17±12

VEK-24 4.87±0.65 Full

VEK-31 3.85±0.090 82±9

VEK-32 5.01±0.095 Full

VEK-33 5.36±0.060 Full

Tabella 2: la tabella mostra i valori di potenza ed efficacia dell’azione depolarizzante

in risposta all’Isosteviolo e ai suoi derivati (VEK-22, VEK-23 e VEK-24,VEK-31, VEK-

32, VEK-33).

L o g m ic ro M

-6 -5 -4 -3

0

2 5

5 0

7 5

1 0 0

1 2 5

V E K 2 2

V E K 2 3

V E K 2 4

V E K 3 1

V E K 3 2

V E K 3 3

% F

luo

re

sc

en

za

vs

Rh

od

am

ina

Iso s te v io lo

Grafico 10C: le curve cumulative rappresentano la % di fluorescenza emessa a seguito

dell’efflusso di Rhodamina 123 dal mitocondri, in presenza di concentrazioni crescenti

di Isosteviolo e dei suoi derivati (VEK-22, VEK-23 e VEK-24,VEK-31, VEK-32, VEK-

33).

Quindi, i dati ottenuti su Isosteviolo confermano che la strategia di coniugazione con il

catione lipofilo sembra ottimale per conferire una buona delivery mitocondriale al

composto di partenza e quindi, per riuscire ad esaltare le proprietà farmacologiche che

vedono nel mitocondrio il proprio target di azione.

95

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