Sciismo
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SciismoCon il termine Sciismo si indica il principale ramo minoritario dell'Islam.
Caratteristiche
Gli sciiti devono il loro nome all'espressione "shīʿat ʿAlī" (fazione di ʿAlī), sovente abbreviata
semplicemente in "Shīʿa". Hanno cominciato il loro lento cammino di differenziazione da quello che,
sotto Ahmad ibn Hanbal, diventerà il Sunnismo per motivi al contempo politici e spirituali.L'occasione fu
offerta dall'assassinio perpetrato dalle forze califfali omayyadi ai danni di al-Ḥusayn b. ʿAlī, figlio di ʿAlī b.
Abī Ṭālib, avvenuto nel 680 a Karbalāʾ, in Iraq.[1] In quell'occasione si pose con forza la questione-cardine
dell'Imamato: se cioè ammettere che alla suprema carica islamica potesse accedere un qualsiasi credente
(come era già stato il caso di Mu'awiya ibn Abi Sufyan e di suo figlio e successore Yazid ibn Mu'awiya),
oppure riservare il posto diCaliffo/Imam a un appartenente alla cerchia ristretta dei Compagni del Profeta e -
con l'inevitabile trascorrere del tempo - riservarlo a un appartenente al lignaggio di Maometto (Ahl al-
Bayt).Gli alidi si cominciarono a differenziare dal resto della Umma, dal momento che considerarono unica
legittimata a governare l'Ahl al-Bayt, mentre il resto dei musulmani ritenne che qualsiasi fedele di buona
capacità religiosa, non necessariamente discendente del Profeta, anche se preferibilmente appartenente alla
sua tribù - i Coreisciti -, potesse guidare a pieno titolo la Comunità islamica.[2]Col tempo gli alidi misero per
scritto le loro riflessioni teologiche e politologiche, evolvendo verso quello che diventerà il vero e proprio
Sciismo. Da quanti si potranno di lì a poco legittimamente chiamare "sunniti" (la definizione sarà data da Ibn
Ḥanbal, col suo auspicio che la Umma fosse una Ahl al-sunna wa l-jamāʿa, cioè "Gente che si rifà alla
tradizione [di Maometto] e che non origina secessioni"), gli sciiti presero a differenziarsi anche a proposito
di alcuni altri istituti giuridici, ammettendo, ad esempio, la legittimità del matrimonio a tempo prefissato,
detto mutʿa, sulla scorta di precisi hadit del Profeta, negando (come facevano i sunniti) che Maometto avesse
posto fine a una tal pratica preislamica al ritorno dalla conquista di Khaybar.
Secondo alcuni studiosi sunniti (e, negli ultimi tempi, i wahhabiti in particolare), una parte dello Sciismo
penserebbe che dal Corano - raccolto all'epoca del califfo ʿUthmān b. ʿAffān - siano stati espunti alcuni
passaggi e una sura intera (la sūrat al-wilāya, ovvero "capitolo della luogotenenza") che attestavano la
designazione a succedergli, fatta da Maometto in favore di ʿAlī. Questa affermazione è decisamente respinta
dagli attuali sciiti che ribadiscono invece che nello Sciismo nessuno avrebbe mai affermato l'incompletezza
del Testo Sacro islamico.Nel suo Uṣūl al-Kāfī, Muḥammad ibn Yaʿqūb al-Kulaynī, o Kulīnī (vissuto nel X
secolo), affermò peraltro sull'autorità di Jābir:
« Ho sentito Abū Jaʿfar dire: «Chiunque fra la gente [di fede islamica] pretenda di aver collazionato l’intero Corano come Allāh l’ha rivelato, è un mentitore. Solo ʿAlī e gli Imām dopo di lui l’hanno raccolto e mandato a memoria come Allāh l’aveva rivelato» »
« Jābir riferisce di aver ascoltato l’Imām Muḥammad al Bāqir [3] dire: «Nessuno può rivendicare di aver compilato il Corano così come Allah l’ha rivelato, a meno che non sia un bugiardo. La sola persona che l’ha compilato e memorizzato secondo la sua rivelazione è stato ʿAlī ibn Abī Ṭālib e gli Imām che sono venuti dopo di lui»[4]. »
Affermazioni non dissimili sono riscontrabili nel Tafsīr al-Shāfiʿī min kitāb al-kashshāf di Tabrisī (o
Tabarsi).Quanti nello sciismo negano che il Corano sia stato in qualche modo alterato per odio nei confronti
della Ahl al-Bayt, si rifanno all'autorità di Abū Jaʿfar Muḥammad b. ʿAlī Ibn Bābawayh al-Qummī, detto
Shaykh Ṣadūq (Il venerabile grandemente veritiero), che affermò:Tutte queste differenziazioni, non toccando
alcun punto della dogmatica islamica (non essendo articolo di fede la completezza o meno del Corano), non
legittimano comunque quelle fazioni più estremiste del sunnismo wahhabita che parlano dello Sciismo come
di un'eresia. Tale atteggiamento del tutto recente contraddice la lunga tradizione moderata dell'Islam
sunnitache ha sempre considerato lo sciismo come una variante dell'Islam e che ha costantemente negato per
14 secoli che si possa applicare ai suoi seguaci la definizione di kuffār.[6]Lo sciismo - minoritario in termini
assoluti (tra il 6 e l'11% dei fedeli musulmani di tutto il mondo) - è maggioritario in Iraq, in Libano e in
alcune aree del Golfo Persico e, con poche eccezioni, del tutto dominante in Iran, dove lo sciismo fu
forzatamente imposto dalla dinastia dei Safavidi (1501-1722).
Origine dello sciismo
Il termine sciismo viene da shīʿat ʿAlī, il partito di ʿAlī. La parola shīʿa è già riportata diverse volte
nel Corano per indicare l’affiliazione alla scuola di pensiero di personaggi, sia positivi che negativi, dei Libri
Sacri, come i profeti Abramo e Mosè da una parte e Faraone dall’altra.Alla morte di Maometto, nel 632, la
questione della sua successione fu all’origine della più grande divisione all’interno dell’Islam. I discepoli
di ʿAlī ibn Abī Ṭālib, indicati anche dal Profeta con il termine di sciiti, ritenevano che gli unici legittimati ad
esercitare il potere fosse l'Ahl al-Bayt, la "Gente della Casa" (la famiglia del Profeta), e che dunque ˁAlī, la
loro Guida, sulla base delle indicazioni fornite dal Profeta (vedi Ghadīr Khum), fosse l’unico successore
legittimo. Essi sostenevano che il ruolo di Imam (guida religiosa) e Califfo (autorità politica) dovessero
cumularsi in un’unica persona, ma dovettero riconoscere come primo Califfo Abū Bakr, eletto dal resto della
comunità (umma).La disputa sembrò ricomporsi con l’accesso di ʿAlī al Califfato dopo la morte violenta del
3° Califfo ʿUthmān ibn ʿAffān. (Egli fu dunque quarto Califfo per i sunniti e primo Imām per gli sciiti). Ma
il suo potere fu contestato da Muʿāwiya ibn Abī Sufyān, governatore omayyade della Siria, che gli si ribellò
apertamente. ʿAlī fu assassinato nella moschea di Kufa da un seguace del kharigismo.I suoi discepoli
riposero allora tutte le loro aspettative sui suoi due figli, al-Ḥasan ibn ʿAlī e al-Ḥusayn ibn ʿAlī. Ḥasan fu
indicato da ʿAlī come suo successore all’Imamato, ma fu costretto a sciogliere il suo esercito e accettare un
accordo con Muʿāwiya, stipulando però con lui un patto secondo il quale, alla morte di questi, il potere
sarebbe tornato ad al-Ḥasan o, in sua mancanza, a suo fratello al-Ḥusayn.Ma Muʿāwiya, contravvenendo al
patto, nominò suo figlio Yazīd per la successione al Califfato. al-Ḥasan nel frattempo era morto, forse
avvelenato dallo stesso Muʿāwiya, ed al-Ḥusayn, che ne aveva ereditato l’Imamato, rifiutò categoricamente
di giurare fedeltà a Yazīd, sia per questione di legittimità, sia per una pretesa indegnità mostrata dallo stesso.
Messo di fronte alla scelta tra la sottomissione o lo scontro, al-Ḥusayn intese raggiungere la città irachena di
Kufa, dove gli alidi erano molto forti e gli avevano promesso il loro sostegno.Ma le truppe califfali
intercettarono al-Ḥusayn a Kerbelāʾ, sulla strada per Kufa, impedendogli anche l’accesso all’acqua
dell’Eufrate. al-Ḥusayn, con soli 72 combattenti (gli abitanti di Kufa erano stati nel frattempo duramente
repressi e si guardarono bene dall'intervenire in suo soccorso), dovette fronteggiare l'assai maggiore
contingente armato califfale spedito dal wālī di Kufa e l’esito non poteva essere altro che la morte sua, dei
suoi familiari e dei suoi discepoli. La battaglia di Kerbelāʾ, del 680, segnerà la definitiva rottura tra gli sciiti
ed il resto della comunità che più avanti prenderà il nome di Ahl al-Sunna (da cui il nome attuale di
sunniti).Il destino tragico di al-Ḥusayn scosse le coscienze dei musulmani e accrebbe la determinazione a
lottare per l’ideale di un potere giusto e rispettoso dei principi fondamentali dell’Islam originario. Il martirio
divenne il simbolo della lotta contro l’ingiustizia. Il senso dello sciismo è in questo massacro e quindi nel
culto dei martiri. Tutti i discendenti di al-Ḥusayn, ovvero gli Imam dell’ Ahl al-Bayt, la Famiglia del Profeta,
ebbero un destino tragico, fatto di prigionia e avvelenamenti. Per gli sciiti, gli Imam sono le guide, i custodi
del Libro. La loro legittimità non deriverebbe dalla discendenza carnale dal Profeta, ma dalla loro eredità
spirituale; essi ebbero una conoscenza del significato del Corano e ne spiegarono il senso esoterico ( bātin )
ai fedeli.Il dodicesimo Imam di questa catena di successione iniziata con ʿAlī e proseguita con al-Ḥasan e al-
Ḥusayn, sfuggì alla repressione del califfo di turno occultandosi nell’874. Questo fenomeno sovrannaturale
mise dunque termine alle rivendicazioni sul potere temporale e diede unadimensione fortemente escatologica
e religiosa allo sciismo. Gli sciiti duodecimani, ovvero coloro che prestano fede a tali dodici Imam, da quel
momento in avanti accettarono passivamente l’ordine politico stabilito, nell’attesa della parusia del 12°
Imam che, alla fine dei tempi, tornerà a manifestarsi e a ristabilire la giustizia in Terra. In questa attesa,
nessun potere politico è pienamente legittimo. La Rivoluzione Islamica del 1979 in Iran ha in parte
modificato questo atteggiamento, stabilendo il potere del giurisperito ( velāyat-e faqih ) che, pur non esente
da difetti ed errori, cerca di creare e gestire una società islamica quanto più giusta possibile e preparare le
condizioni per il ritorno dell’Imam Atteso.
Autorità religiose
Gli sciiti duodecimani riconoscono come maggiori autorità religiose i Marjaʿ al-taqlīd che possono essere più
di uno: ciascun fedele deve sceglierne uno (o più di uno in alcuni casi) e seguirne i verdetti giuridici. Altri
titoli delle autorità religiose sciite sono quelli di ayatollah (ossia "segno di Allah"), titolo che può coincidere
con quello di marjaʿ, e ḥujjat al-islām (trad: prova dell’Islam), di grado inferiore al primo. I religiosi sciiti
possono indossare il turbante bianco o nero. Quest’ultimo colore indica i sayyid ovvero i discendenti del
profeta Maometto.
Giustizia di Dio
Gli sciiti affermano che Dio è giusto e che non agisce mai ingiustamente. Di conseguenza ricompensa coloro
che credono e compiono buone opere e punisce i malfattori. Per l'affermazione di tale principio l'uomo deve
essere libero nella scelta delle proprie azioni ed è per questo che gli è stato conferito il libero arbitrio. Punto
questo di divergenza con il sunnismo che ritiene Dio unico Creatore, e quindi anche degli atti dell'uomo.[7]