SCIENZE DELLE FINANZE

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SCIENZE DELLE FINANZE

CAPITOLO I: DIRITTO TRIBUTARIO

1) L’ATTIVITA FINANZIARIA DEGLI ENTI PUBBLICI E LA SUA REGOLAMENTAZIONE GIURIDICAParlando di alcuni istituti del diritto tributario, quali tributo, imposta, tassa, contributo, l’elemento ricorrente è il riferimento all’esercizio di un potere, che non presuppone la volontà del soggetto tenuto all’adempimento dell’obbligo.Il ricorso a forme non volontarie di finanziamento delle spese pubbliche rappresenta la regola degli ordinamenti civili: si pensi alle spese per la difesa pubblica.Fino alla nascita dello Stato moderno, non si sentiva l’esigenza di una regolamentazione giuridica della partecipazione individuale alla spesa pubblica, in quanto questa non era quantitativamente significativa rispetto alle altre forme di finanziamento. Nella struttura dello stato assoluto, la ricchezza coincideva con il patrimonio del sovrano e il tributo rappresentava uno degli escrementi di incremento. Ma anche quando si giunge, col feudalesimo, ad una separazione tra finanza pubblica e patrimonio del re, la regolamentazione giuridica non ha peso, in quanto si confonde con le caratteristiche dell’investitura feudale: l’obbligo di servizi militari ed amministrativi o il pagamento di rendite legate alla produttività del feudo.Con l’affermarsi dello stato moderno si giunge al rafforzamento della posizione dell’individuo nei confronti dell’autorità dell’organizzazione sociale. Il pagamento di tributi non è più avvertito come un obbligo nei confronti dell’autorità , ma diviene esigenza connaturata alla stessa esistenza dell’organizzazione sociale.La dottrina comincia ad approfondite l’aspetto giuridico del tributo, al fine di realizzare un equilibrio tra il sistema impositivo e la tutela delle posizioni soggettive dell’individuo, riconosciute dalla legge.

2) LA SCIENZA DELLE FINANZE E LO STUDIO ECONOMICO DELLA FINANZA PUBBLICANello studio dei fenomeni economi di inizio ottocento, una particolare attenzione è data all’indagine sulle forme e sugli effetti dell’attività finanziaria dello Stato. In tale periodo, tuttavia, agli studi della struttura economica del tributo, non si unisce altrettanta attenzione all’aspetto giuridico dello stesso.Nell’italia postunitaria era presente un sistema tributario caratterizzato da regole giuridiche approssimative, derivate dal sistema impositivo piemontese. L’ordine tributario era tenuto da alcuni istituti di dubbia conformità ai principi cui si ispirava la struttura statale; ad esempio va ricordata la sottrazione alla giurisdizione ordinaria di una larga parte delle controversie tributarie e la loro devoluzione ad altri organi giuridici, come le Commissioni amministrative di prima istanza.Dal diritto amministrativo derivano i primi studi giuridici degli istituti tributari, da cui derivano le discussioni dottrinali circa l’autonomia del diritto tributario della scienza delle finanze, che vedevano contrapposti gli assertori del metodo giuridico contro i sostenitori della teoria dell’interpretazione sincretica o funzionale, che valorizzavano il valore economico del tributo, fino ad affermare la centralità dell’aspetto economico del tributo per applicare un’imposta.

3)DIRITTO FINANZIARIO E DIRITTO TRIBUTARIOAll’interno della metodologia giuridica, il tributo andava affermandosi come strumento principale di realizzazione delle finalità finanziarie pubbliche. Il diritto finanziario nasceva da una opera di specificazione all’interno del diritto amministrativo, in quanto studiava i rapporti tra stato e cittadino coinvolti nella dinamica del finanziamento della spesa pubblica e la gestione del demanio pubblico.Il sempre più frequente uso del tributo per il finanziamento delle spese pubbliche ha dato via ad un ulteriore processo di specificazione, stavolta all’interno del diritto finanziario, che ha dato vita al diritto tributario, che studiava le entrate pubbliche derivanti da atti non volontari del soggetto.Un’altra specificazione ha portato alla nascita della contabilità dello stato, che studia le regole di amministrazione del patrimonio e delle entrate dello stato.All’interno del diritto tributario ulteriori specificazioni hanno dato luogo al diritto processuale tributario, al diritto internazionale tributario, al diritto penale tributario…

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4) LA CLASSIFICAZIONE DEI TRIBUTITradizionalmente, nel nostro ordinamento manca una nozione di tributo e quindi anche una classificazione di tributi. Nei manuali di diritto tributario si è soliti distinguere i tributi a seconda del collegamento del tributo a servizi pubblici divisibili o indivisibili, a seconda dell’esistenza di un corrispettivo o di un vantaggio del privato in connessione al pagamento del tributo. I limiti di una tale impostazione sono evidenti perché si finisce col rimettere ad un criterio economico e non giuridico la classificazione dei tributi.Si è, quindi proposta una classificazione giuridica del tributo, quale specificazione della nozione “prestazione patrimoniale imposta”, ritenendosi elemento comune ai singoli tributi la finalizzazione al concorso alle pubbliche spese realizzata senza un’espressione di volontà da parte del soggetto passivo; si individua l’elemento differenziale nel diverso modo di realizzazione della coattività:

IMPOSTA: tributo acausale, soggetto al limite costituzionale della CAPACITA CONTRIBUTIVA; TASSA: avvio di un procedimento amministrativo; CONTRIBUTO SPECIALE: concorso alla spesa pubblica vantaggiosa per il privato; MONOPOLIO FISCALE: divieto generalizzato per l’esercizio ad una attività economica riservata

all’ente monopolistaQuesta distinzione non è però sufficiente in quanto si finisce per dare una differenziazione dei tributi meramente descrittiva.Di ben altro rilievo è l’individuazione della definizione di tributo, derivando da tale definizione l’attribuzione della CONTROVERSIA, qualificabile come tributaria. A tal fine la giurisprudenza ha riscontrato alcuni elementi qualificanti la nozione di tributo: l’irrilevanza della volontà del soggetto obbligato e la destinazione del gettito a finalità pubbliche. Utile elemento discretivo è il ricorso al NESSO SINALLAGMATICO tra il prelievo ed un’attività di tipo pubblicistico esercitata dal soggetto destinatario del gettito; ove tale attività rientri tra quelle riservate all’ente pubblico e non sia esercitabile da un privato, allora non potrà dubitarsi della sua natura tributaria. Ancora importante elemento è individuare il contenuto della prestazione, in quanto questa può essere finalizzata all’esercizio di un potere punitivo o alla limitazione dei diritti individuali; altro elemento è la natura pubblica del soggetto tributario.

5) IL DIRITTO TRIBUTARIO COME DIRITTO DELL’IMPOSTAIl ruolo dell’imposta è diventato sempre più centrale, fino a diventare il tributo cui viene ricollegata la maggior parte del gettito tributario; in tale tributo manca qualsiasi forma di rilevanza della volontà del soggetto passivo. Da tali valutazioni deriva la centralità dello studio dell’imposta nell’ambito delle indagini condotte con metodo giuridico sul sistema tributario.La centralità dell’imposta era da tempo evidenziata dalla scuola tedesca che preferiva parlare di diritto dell’imposta piuttosto che diritto tributario. Questa impostazione è stata recepita dalla manualistica italiana.

6) LA CODIFICAZIONE TRIBUTARIALa regolamentazione giuridica dei singoli tributi è affidata a singolo leggi d’imposta e a disposizioni tributarie in normative extratributarie e destinate a particolari spese. Da tale impostazione è complesso verificare la norma applicabile alla fattispecie. Manca, quindi, nel nostro ordinamento una normativa di carattere generale che disciplina i principi fondamentali del diritto tributario.A tale scopo è stato importante l’apporto scientifico della dottrina, che ha utilizzato le indicazioni della giurisprudenza che ha partecipato alla stabilizzazione di alcuni principi interpretativi.Il legislatore ha mostrato però scarsa attenzione all’esigenza della fissazione di principi generali per il diritto tributario. Nel verso opposto si è mossa la legge delega del 7 aprile 2003 n.80 per la riforma fiscale statale. Questa doveva realizzarsi eliminando gran parte delle imposte, lasciandone solo cinque, ordinate in un unico codice. Ma le vicende hanno permesso solo in parte la codificazione e anzi le più recenti evoluzione hanno confermato il disinteresse del legislatore nella regolamentazione in materia tributaria.

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CAPITOLO II: LA NORMA TRIBUTARIA

1) CAPACITA CONTRIBUTIVAL a definizione del concetto di capacità contributiva è espressa dall’art.53, primo comma cost. che dice: “TUTTI SONO TENUTI A CONCORRERE ALLE PUBBLICHE SPESE IN RAGIONE DELLA LORO CAPACITA CONTRIBUTIVA”. Il principio di capacità contributiva si pone come limite, al legislatore, nella costruzione della fattispecie legislativa ed esprime la scelta costituzionale diretta a misurare la capacità economica del singolo, quale presupposto per l’adempimento dello stesso alle spese pubbliche. In tal modo di è voluto escludere ogni uso del tributo in senso discriminatorio o al fine di realizzare finalità politiche; indirizzare il legislatore nella costruzione della fattispecie tributaria, che deve essere rispettosa del fondamento economico del tributo. Esprime l’IDONEITA ECONOMICA DEL SOGGETTO all’obbligazione impositiva; idoneità che si deduce dal FATTO ESPRESSIVO DELLA POTENZIALITA ECONOMICA e che si esprime, quindi, nella fase della concreta verifica delle dimensioni del fatto a rilevanza tributaria.Il primo comma dell’art.53 ha un antecedente nell’art.25 dello Statuto albertino che disponeva che “i regnicoli contribuiscono indifferentemente nella proporzione dei loro averi ai carichi dello stato”. Il principio di capacità contributiva discende dal più ampio principio d’eguaglianza, sancito dall’art.3 della cost., il quale, affermando che TUTTI devono contribuire alle spese, estende il dovere tributario anche a soggetti non stabilmente legati allo stato, ma che tuttavia sono titolari di espressioni di forza economica idonea a consentire il concorso alle spese pubbliche (soggetti passivi dell’IRPEF non residenti, redditi di soggetti passivi non residenti, ma che si considerano prodotti nel territorio dello Stato). Si interpreta il principio in questione in TERMINI GARANTISTICI, a tutela dell’iniziativa privata (art.41 cost.) e in TERMINI SOLIDARISTICI secondo il principio espresso dall’art.2 della cost.

La giurisprudenza ha individuato due caratteristiche fondamentali della capacità contributiva: l’EFFETTIVITA e l’ATTUALITA.EFFETTIVITA: si parla di necessario COLLEGAMENTO EFFETTIVO tra presupposto di fatto e soggetto passivo del tributo. Necessità che i fatti assunti a presupposto dell’imposta siano collegati al possesso di una reale capacità contributiva e di una IDONEITA EFFETTIVA AL PAGAMENTO DELLE IMPOSTE.Tuttavia il legislatore tributario a volte è ricorso a PRESUNZIONI TRIBUTARIE, cioè dirette ad invertire l’onere della prova del fatto tributario oppure ad esclude o a rendere troppo complessa l’eventuale prova contraria del fatto. La giurisprudenza ha definito legittimo il ricorso alle presunzioni, purché essi rispondano a criteri di ragionevolezza e di comune esperienza e purché sia ammessa la prova contraria del contribuente. Altra problematica è il ricorso a FORFETIZZAZIONI o PARAMETRAZIONI della base imponibile del tributo. La dottrina ha espresso perplessità riguardo criteri di determinazione che si basino su indici statistici o medio-ordinari, mentre la giurisprudenza li considera legittimi, purchè siano riscontrabili concretamente e rispondenti a principi logici e contabili attendibili.ATTUALITA: tale caratteristica è elaborata secondo le fattispecie retroattive o anticipate. L’imposizione tributaria non può colpire situazioni che, a seconda della propria collocazione temporale, siano troppo remote, così da non consentire all’adempiente l’obbligazione posta a suo carico.Secondo la dottrina le norme tributarie possono avere efficacia retroattiva solo se il lasso di tempo intercorso non sia tale da non far sussistere IN FATTO la capacità contributiva al momento dell’imposizione.A tal proposito la L.27 luglio 2000 n.212, dispone all’articolo 3, primo comma, che “salvo quanto previsto dall’art.1 comma 2 della stessa legge, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo”. Secondo la giurisprudenza, è ammessa la retroattività della norma tributaria, purchè non spezzi il fatto espressivo della capacità contributiva ed il periodo temporale in cui si verifica l’imposizione.

Quando si parla di UTILIZZO EXTRAFISCALE DEL TRIBUTO, ci si riferisce ad una norma che non prende in considerazione la capacità contributiva o dispone un’esenzione in relazione a fatti espressiva forza economica. Tale tributo è costituzionalmente corretto solo se l’INTERESSE PERSEGUITA DAL LEGISLATORE è COSTITUZIONAMENTE RICONOSCIUTO E POSTO AD UN LIVELLO EQUIPARABILE A QUELLO DELL’ART 53.

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2) OBBLIGAZIONE TRIBUTARIALa funzione della norma tributaria delle pubbliche spese è modellata sullo schema di carattere obbligatorio del diritto civile. L’obbligazione tributaria presenta natura legale, trovando la propria fonte nella legge e non presentando, in essa, la volontà del soggetto coinvolto nell’applicazione della norma.La natura pubblicistica fa si che l’obbligazione tributaria s’inserisca in sistemi di amministrazione e controllo con tratti fortemente derogatori rispetto alla base civilistica. La differenza più netta tra la base civilistica e la regolamentazione tributaria la troviamo nella FASE ESECUTIVA, in cui il legislatore detta regole procedurali compressive dei diritti del debitore, ritenendo prevalente l’interesse pubblico a quello privato. Altra distinzione è riscontrabile nella REGOLAMENTAZIONE DEI SOGGETTI di tale obbligazione, che a volte possono essere diversi da quelli che dovrebbero essere. Si pensi, ad esempio, a casi in cui il gettito di un tributo sia attribuito ad un soggetto diverso dal creditore avente diritto, oppure che il debitore di un tributo sia un soggetto diverso da quello titolare di capacità contributiva prevista dalla legge.

3)L’ATTUAZIONE DELLA NORMA TRIBUTARIAL’applicazione della fattispecie astratta alla fattispecie concreta da luogo all’effetto obbligatorio e deriva:da una spontanea volontà del soggetto che la legge individua come titolare dell’obbligazione stessa; si parla quindi di ATTIVITA VOLONTARIA DEL SOGGETTO. Deriva da un’ATTIVITA SOSTITUTIVA DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA da attuarsi senza il concorso della volontà dell’interessato e a volte contro la volontà di costui.In ogni caso l’attuazione della norma tributaria trova una dettagliata disciplina legale, per cui l’attività spontanea è assoggettata a regole formali che ne condizionano l’attività e che trovano garanzie in un apparato sanzionatorio. L’attività amministrativa di ricognizione autoritativa del fatto e le regole procedurali dell’attuazione integrativa e sostitutiva della norma tributaria, trovano espressione giuridica in norme primarie.

4) LA STRUTTURA DELLA NORMA TRIBUTARIAL’analisi della norma tributaria consente all’interprete di cogliere una scelta legislativa diretta a fondare il prelievo tributario sul PRINICPIO DELLA LEGALITA. Tale principio è sancito in materia dall’ART.23 della Cost. e impone la regolamentazione giuridica, mediante norme primarie, dell’impostazione tributaria nella sua dimensione sostanziale.Bisogna partire, quindi, dall’analisi della STRUTTURA GIURIDICA. Esaminando i vari tributi, è possibile riscontrare una LINEA COMUNE DI TECNICA LEGISLATIVA nella formazione del tributo: vi è una DIMENSIONE STATICA, nell’ambito della quale si distingue la FATTISPECIE IMPOSITIVA dall’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA; una DIMENSIONE DINAMICA, nell’ambito della quale trova disciplina la traduzione dalla fattispecie astratta in concreta imposizione, a seguito del verificarsi del fatto ipotizzato dalla legge.FATTISPECIE STATICA: il legislatore, in VIA TEORICA, descrive il fatto a rilevanza tributaria, individuando i soggetti tenuti al pagamento e disponendo la misura del tributo.OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA: si regolamenta il rapporto obbligatorio nascente per effetto del verificarsi del fatto ipotizzato dalla fattispecie, intervenendo con specifiche disposizioni che rendano possibile l’adempimento dell’obbligazione e la sua finalità pubblica.FATTISPECIE DINAMICA: consente la concretizzazione del prelievo tributario, in relazione alle espressioni economiche ipotizzate nella fattispecie statica dal legislatore.

5) LA FATTISPECIE TRIBUTARIANella struttura della fattispecie tributaria statica si distinguono alcuni elementi essenziali idonei a descrivere la prestazione tributaria.PRESUPPOSTO D’IMPOSTA: il legislatore trasforma in una norma giuridica l’oggetto economico del tributo, determinandone le regole individuative e le modalità di tassazione. Può individuare gli spazi temporali

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entro i quali l’espressione economica ha rilevanza, delimitando temporalmente l’effetto obbligatorio nascente dal verificarsi della situazione base contemplata.BASE IMPONIBILE: è la grandezza che misura la capacità contributiva manifestata dal presupposto . Si presenta in un rapporto di dipendenza logica rispetto alla regolamentazione del presupposto, essendo asservita alla funzione di valutazione di quest’ultimo. Di regola è espressa in DENARO. Tuttavia non mancano casi in cui si riferisca a cose MISURATE secondo proprie caratteristiche, in CARATTERISTICHE DI MISURA e PESO, costituita da COSE NELLA LORO UNITA. In questo senso la legge determina la COMPOSIZIONE e la MISURAZIONE. Per quanto riguarda la composizione definisce quali sono gli elementi che compongono la base imponibile; parlando di misurazione, determina la qualità merceologica degli oggetti oppure la numerazione, il peso e l’ampiezza. La differenza con la disciplina del presupposto sta nella NATURA della controversia, che nel presupposto è di DIRITTO, mentre nella base imponibile è di FATTO(economico). SOGGETTO: il soggetto è il CENTRO DI IMPUTAZIONE DEGLI EFFETTI DEL PRESUPPOSTO. È colui al quale viene riferito il tributo e colui il quale HA POSTO IN ESSERE IL FATTO MANIFESTATIVO DI CAPACITA CONTRIBUTIVA. Il principio della capacità contributiva richiede che tra fattispecie oggettiva e fattispecie soggettiva sussista un rapporto valutabile in termini di capacità contributiva. Di conseguenza la legge non può scegliere un soggetto cui imputare il tributo che sia totalmente svincolato dalla capacità contributiva manifestata dal presupposto del tributo.TASSO D’IMPOSTA: è costituito dal coefficiente da applicare alla base imponibile per ricavare da essa l’ammontare dell’imposta. Può essere FISSO, cioè quando è invariabile rispetto alla base imponibile; VARIABILE, quando invece si parla di ALIQUOTA. L’aliquota può essere PROPORZIONALE, quando non varia col modificarsi della base imponibile, PROGRESSIVA, quando aumenta con l’aumentare della base imponibile, REGRESSIVA, quando diminuisce all’aumentare della base imponibile. L’art 53 sec.comma della Costituzione afferma che: “il sistema tributario è improntato a criteri di progressività” e quindi esprime una preferenza per l’impostazione progressiva dell’aliquota, ritenendola maggiormente rispondente ai principi espressi nell’art.3 della costituzione, che afferma l’eguaglianza sostanziale dei cittadini di fronte alla legge, i quali sono chiamati al concorso alle spese della comunità in misura tanto maggiore, quanto più elevate sono le risorse economiche di cui dispongono.

CAPITOLO III: LE FONTI DEL DIRITTO TRIBUTARIO

1) LA RISERVA DI LEGGEL’art.23 cost. afferma che: “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”. Il tema più interessante è l’individuazione dei LIMITI DALLA RISERVA DI LEGGE. Non tutta la regolamentazione del tributo ricade nella previsione dell’art 23, ma si riferisce in particolare alla regolamentazione degli ELEMENTI FONDAMENTALI della fattispecie tributaria: presupposto, base imponibile e soggetti.Per quanto riguarda, invece, l’ALIQUOTA, la disciplina e la giurisprudenza ritengono questo elemento sganciato dalla previsione dell’art.23, rimandando quindi a norme secondarie. La previsione dell’art.23 riprende vigore, però, imponendo alla legge i limiti entro i quali possa muoversi la formazione secondaria o il potere amministrativo di riscossione dell’aliquota. Tra i limiti troviamo quelli MASSIMI, in considerazione dell’esigenza di tutela del privato nei confronti della pubblica autorità, e quelli MINIMI, per evitare ingiustificate disparità di trattamento tra contribuenti. Sganciati totalmente dall’art 23 sono la disciplina di attuazione della norma tributaria, la disciplina dell’adempimento del tributo e delle sanzioni tributarie.

2) LA LEGGE ORDINARIALa legge ordinaria rappresenta lo strumento più idoneo di realizzazione del principio costituzionale dell’art.23 cost.

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Al fine di garantire la chiarezza e la trasparenza delle norme tributarie, l’art.2 della legge 27 luglio 2000 n.212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente) ha previsto che le leggi e gli atti aventi forza di legge che contengono disposizioni tributarie:

1. Devono menzionare l’oggetto delle disposizioni ivi contenute, e in mancanza di questo non possono contenere disposizioni di carattere tributario;

2. I richiami ad altre disposizioni in materia tributaria devono essere indicate sinteticamente (terzo comma);

3. In presenza di modificazione della legge tributarie devono essere introdotte riportando il testo conseguentemente modificato.

Ai sensi dell’art 1, secondo comma, della stessa legge, è riservata alla legge ordinaria l’introduzione di NORME INTERPRETATIVE per garantire la chiarezza e la trasparenza della normativa tributaria ai fini dell’impostazione di un rapporto corretto con il contribuente.Altri principi costituzionali minori sono: il divieto di referendum abrogativo in materia tributaria (art.75 cost) e il divieto di introduzione di nuovi tributi nella legge di bilancio (art.81, terzo comma, cost.). La legge regionale, equiparata alla legge dello stato deve rifarsi al principio disposto dall’art.23.

3) I DECRETI LEGISLATIVIAi sensi dell’art.76 cost. la funzione legislativa può essere delegata al governo mediante una legge che fissi i principi e criteri direttivi da attuarsi da parte dell’esecutivo con specifico atto normativo equiparato alla legge ordinaria. Mediante tale atto è possibile, per il parlamento, fissare i punti fondamentali della normativa tributaria, lasciando al decreto legislativo la costruzione della fattispecie su cui si basa il provvedimento di attuazione della delega.Lo strumento del decreto legislativo è la più diffusa fonte in campo tributario, tanto che la riforma tributaria degli anni 70, ancora in vigore, è stata realizzata mediante la legge delega 9 ottobre 1971 n.825 ed attuata con una serie di decreti legislativi. Tuttavia tale strumento può incorrere in rischi di INCOSTITUZIONALITA in caso di eccessiva delega (art.76).

4) I DECRETI LEGGEI decreti legge, ai sensi dell’art.77 cost., sono atti aventi forza di legge, adottati dal governo in caso di urgenza o necessità. Devono essere presentati alle camere il giorno stesso dell’emanazione e convertiti in legge entro 60 gg. Se tale termine non viene rispettato, il decreto decade con effetti ex tunc.In relazione alla disciplina del decreto legge, l’art.15 della l.23 agosto 1988 n.400, pone alcune prescrizioni:

a. I decreti legge devono indicare nel preambolo le circostanze straordinarie di necessità e urgenza e della deliberazione del Consiglio dei ministri;

b. Il governo non può rinnovare le disposizione che non siano state convertite;c. Devono contenere misure di immediata realizzazione e il loro oggetto deve essere specifico,

omogeneo e rispondente al titolo;d. Il ministro della giustizia cura che sia data immediata pubblicità al rifiuto totale o parziale di

conversione.Per evitare l’uso distorto del decreto legge in materia tributaria, l’art.4 dello statuto del contribuente ha previsto che non si può disporre con decreto legge l’istituzione di nuovi tributi né prevedere l’applicazione di tributi a soggetti diversi. Nondimeno il decreto legge si presta molto alla materia tributaria, proprio per le caratteristiche di necessità ed urgenza, specie in materia di aliquote.

5) I REGOLAMENTIMolto spesso, nel diritto tributario, ricorrono esigenze di disciplinare in via generale ed astratta la portata o l’attuazione della norma tributaria, mediante la previsione di regole dirette ad esplicitare meglio il comando legislativo.Il regolamento è emanato mediante decreto ministeriale o decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del consiglio dei ministri e sentito il parere del consiglio di stato.La l.400 del 1988 prevede una serie di tipologie di regolamento:

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1. REGOLAMENTI ESECUTIVI: introducono prescrizioni di dettaglio necessarie a rendere concretamente operativo il comando della legge;

2. REGOLAMENTI ATTUATIVI O INTEGRATIVI: prevedono norme di completamento di regole contenute in norme primarie che necessitano di previsioni di dettaglio;

3. REGOLAMENTI DELEGATI: disciplinano direttamente una materia sulla base di una delega contenuta nella forma primaria.

Dai regolamenti vanno distinti gli ATTI AMMINISTRATIVI GENERALI, che regolano, con riferimento a fattispecie particolari, l’attuazione della norma tributaria o il modo di porsi dell’amministrazione, chiamata a dare attuazione alla norma tributaria. Esempi sono il Decreto ministeriale che determina i COEFFICENTI DI AMMORTAMENTO DEI BENI MATERIALI ovvero il Decreto ministeriale che predetermina il reddito derivante dalla disponibilità di beni e servizi considerati rilevanti (REDDITOMETRO).

6) LE FONTI LOCALIDal punto di vista teorico, il finanziamento della spesa locale può ispirarsi ad un modello statalista, che accentra all’amministrazione centrale tutti i poteri impositivi oppure ad un modello federale, che attribuisce all’ente locale il potere di introdurre i tributi. Nel primo caso il tributo è introdotto con legge dello Stato e l’ente locale si presenta come un centro di spesa e non di finanziamento. Nel secondo caso è l’ente locale ad introdurre il tributo che trova applicazione nel territorio di appartenenza.Il nostro sistema tributario, sin dalle sue origini, non ha optato per nessuno dei due modelli, scegliendo un modello misto, che ha visto prevalere il riconoscimento di un certo grado di autonomia impositiva, fino al successivo accentramento di tutti i poteri impositivi. A seguito dell’attribuzione di nuovi oneri degli enti locali e della necessità di garantirne l’equilibrio finanziario, negli anni trenta, l’autonomia finanziaria locale venne ampliata con l’attribuzione di specifici tributi a Comuni e Province.Tale sistema, però, ampliava di molto i poteri discrezionali degli enti locali, provocando effetti discorsivi. Gli enti in grado di disporre di un gettito significativo erano più avvantaggiati degli enti che, per diversi motivi, non disponevano di un gettito sufficiente al finanziamento della spesa pubblica. Da qui la riforma tributaria degli anni 70, che ha eliminato il sistema della fiscalità locale, per fondare il finanziamento della spesa locale sul principio della FINANZA DERIVATA: tale sistema riservava allo stato la gestione del sistema tributario e realizzava il finanziamento degli enti locali mediante l’attribuzione di fondi prelevati centralmente, di cui gli enti potevano disporre anche ricorrendo ad anticipazioni in denaro da parte delle banche. L’effetto di questa manovra, tuttavia, non è stato quello di contenere la spesa locale, ma, al contrario quello di aumentarla, in quanto non più vincolata al necessario equilibrio di bilancio con le entrate tributarie direttamente gestite dall’ente locale. Da tale sistema discendeva anche l’aumento dell’indebitamento degli enti locali nei confronti del sistema bancario.All’autonomia degli enti territoriali viene dedicato ampio spazio nell’art 5 della cost. che recita: “ La Repubblica una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali”. Nell’art 128, poi abrogato, di riconosceva alle Province e ai Comuni la possibilità di avere un proprio piano di sviluppo e di investimento. Dall’autonomia politico-amministrativa derivava anche l’autonomia finanziaria, considerata necessaria per l’adempimento della prima.Per quanto riguarda gli ENTI TERRITORIALI MINORI (Province, Comuni e Città metropolitane), l’autonomia si esprime mediante l’esercizio della potestà regolamentare di tali enti, diretta ad adeguare alle specificità locali un prelievo stabilito con la legge statale. Il regolamento comunale, ad esempio, non potrà disciplinare gli strumenti fondamentali del tributo (soggetto, presupposto, base imponibile, aliquota), ma potrà regolamentare aspetti di carattere applicativo o di adattamento della disciplina legale alle esigenze della finanza locale. In particolare per i Comuni, i D.lgs. 30 dicembre 1992 n.504 dell’imposta comunale degli immobili (ICI) ha rappresentato un primo passo verso il federalismo fiscale, in quanto ha reso l’ente titolare dell’intero gettito e determinante del livello dell’imposta, mediante la fissazione delle aliquote. Per quanto riguarda le REGIONI, questa è una materia che è stata recentemente influenzata dalla modifica del TITOLO V DELLA COSTITUZIONE con legge costituzionale n.3 del 18 ottobre 2001 8 (vedi dispense federalismo fiscale). Con l’introduzione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) istituita con D.lgs. 15 dicembre 1997 n.446 si è attribuito alla competenza regionale un significativo gettito e l’attività di attuazione del tributo. Dopo la modifica del Titolo V della Costituzione all’art.117 è previsto che lo Stato ha

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legislazione esclusiva per quanto concerne il sistema tributario e contabile dello Stato (secondo comma). Alle regioni è riconosciuta potestà legislativa concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, nei limiti dei principi fondamentali determinati da leggi dello stato (terzo comma). Alle regioni è attribuita una potestà legislativa RESIDUALE in ogni materia che non sia espressamente riservata allo stato (quarto comma). L’art.119 riconosce ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni autonomia finanziaria di entrata e di spesa.A proposito della fissazione dei principi fondamentali mediante legge statale, lo Statuto dei diritti del contribuente prevede che le Regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate dallo Statuto stesso in attuazione delle disposizioni in esso contenute e che le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano, entro un anno dalla data di entrate in vigore dello Statuto, devono adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali contenute nella medesima legge.Il potere di introdurre tributi regionali non è illimitato. Un primo limite è rappresentato dai principi costituzionali previsti in materia tributaria. Per il legislatore è impossibile colpire con i tributi manifestazioni di capacità contributiva già colpite da tributi erariali. Un secondo limite si riferisce all’ambito territoriale in cui ha validità il tributo, al di fuori del quale è invalido.

7) LE FONTI COMUNITARIELe fonti comunitarie sono le norme che traggono origine dagli impegni assunti dal nostro paese nell’ambito politico, giuridico ed economico a livello europeo, tra cui fondamentale importanza ha avuto il Trattato di Roma, istitutivo della CEE.Nella ricerca del fondamento costituzionale della fonte comunitaria. Secondo una parte della dottrina il fondamento è da cercarsi nell’art.10 cost. secondo cui: “L’ordinamento italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute”. Secondo una parte rilevante della dottrina, il fondamento si trova nell’art.11 cost. secondo cui: “L’italia consente, in condizione di parità con gli altri stati, le limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.Si distingue tra le FONTI PRIMARIE e le FONTI DERIVATE. Le fonti primarie tributarie sono le disposizioni contenute nel Trattato e negli atti che lo modificano e lo integrano. Il Trattato di Roma contiene norme in materia di fiscalità come: il DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE FISCALE (art.90, ex art.95), cioè il divieto degli Stati membri di attuare tariffe maggiori di quelle applicate a prodotti nazionali similari; il DIVIETO DI BENEFICIARE I PRODOTTI ESPORTATI di un ristorno di imposizione interne superiori a quelle da esse applicate direttamente o indirettamente (art.91-ex art.96); obbligo di istituire per gli stati membri una IMPOSTA SULLA CIFRA D’AFFARI. (art.92-ex art.97 e 98); adozione del Consiglio, delle disposizioni che riguardano l’ARMONIZZAZIONE DELLE LEGISLAZIONI relative all’imposta sulla cifra d’affari, alle imposte di consumo e ad altre imposte indirette (art.93, ex art.99). L’art 93 è limitato all’armonizzazione dei soli TRIBUTI INDIRETTI e tale limite trova giustificazione nel fatto della sua recente formulazione, cioè in occasione del passaggio dal mercato comune (zona di libero scambio), al mercato interno (unione economica e monetaria). L’art.94 rappresenta la base giuridica dei principali provvedimenti riguardanti l’armonizzazione fiscale delle imposte dirette e che consente, quindi di superare il limite imposto dall’art.93.Tutte le deliberazioni in materia fiscale necessitano dell’UNANIMITA degli Stati membri e questo frena il processo di armonizzazione delle singole legislazioni fiscali. La nuova COSTITUZIONE EUROPEA non ha rappresentato alcuna novità in materia di armonizzazione, mantenendo il requisito dell’unanimità.Le FONTI DERIVATE si distinguono in DIRETTIVE e REGOLAMENTI. Le direttive sono state più frequentemente prese in considerazione rispetto ai regolamenti. Esse vincolano lo stato membro quanto al risultato da raggiungere entro un termine perentorio, lasciando agli stati membri la scelta della forma e dei mezzi di attuazione (D.P.R. 633/72 istitutivo della disciplina dell’IVA in attuazione della direttiva 67/227).Esistono poi le DIRETTIVE SELF EXECUTING contrastanti con leggi interne. Questa direttiva pone un termine per la sua attuazione, è incondizionata, detta obblighi chiari e precisi. La diretta applicazione della direttiva potrà essere fatta valere solo nei confronti dello stato (EFFETTO DIRETTO VERTICALE), perché si impedisce, allo stato inadempiente, l’opposizione ai singoli di tale direttiva. In questo senso di parla di EFFETTO VERTICALE UNILATERALE, in quanto il singolo può far valere un proprio diritto nei confronti dello stato

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inadempiente, mentre non è possibile, viceversa, per lo stato. Per gli stessi motivi è stata escluso l’EFFETTO DIRETTO ORIZZONTALE, cioè il singolo non può far vale le norme contro i privati.La Corte Costituzionale ha ritenuto che in caso di contrasto prevale la direttiva self executing su quella nazionale. ESEMPIO: al contribuente a cui sia richiesto di pagar un tributo che è previsto dalla norma nazionale, ma non più dalla direttiva comunitaria potrà impegnare la norma di fronte al giudice nazionale, che no dovrà chiedere l’intervento della Corte costituzionale, ma deve direttamente disapplicare la norma nazionale.I REGOLAMENTI hanno portata precettiva generale; sono obbligatori in tutti i loro elementi; sono direttamente applicabili in tutti gli stati membri; prevalgono direttamente sulla legislazione ordinaria anteriore e posteriore. La differenza fra i regolamenti e le direttive self executing è che le prime sono applicate direttamente ed automaticamente con effetto erga omnes anche se in contrasto con la norma interna; le seconde sono attuate necessariamente dopo l’intervento di un giudice nazionale, il cui pronunciamento deve avvenire sul caso concreto.

CAPITOLO IV: L’EFFICACIA NEL TEMPO E NELLO SPAZIO

1) L’EFFICACIA NEL TEMPOAnche nella norma tributaria devono essere applicati i principi sanciti dalla normativa costituzionale e dalle disposizioni sulla legge in generale (PRELEGGI). Per quanto riguarda l’ENTRATA IN VIGORE della norma, si fa riferimento all’art.73, ultimo comma, cost. e l’art.10 disp. prel. Cod. Civile, che dispongono che le leggi sono pubblicate il giorno successivo alla promulgazione ed entrano in vigore quindici giorni dopo la pubblicazione, salvo diversa disposizione della legge stessa. Pertanto il periodo di VACATIO LEGIS (15 giorni), attraverso legge ordinaria, può essere ridotto fino a coincidere con il giorno della pubblicazione della legge oppure allungare il periodo di VACATIO, facendo coincidere l’entrata in vigore della legge solo nel momento in cui fatti ed eventi successivi si verifichino.Il PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITA è sancito in via generale dall’art.11 disp.prel. cod. civ. e ribadito in materia tributaria dall’art.3 della l.27 luglio 2000 n.212. Salvo quanto previsto dal comma 1 e dal comma 2, le disposizione tributarie non hanno effetto retroattivo. Relativamente ai TRIBUTI PERIODICI le modifiche introdotte si applicano a partite dal periodo d’imposta successivo a quello in corso. La RATIO della legge è quella di garantire l’effettiva e preventiva informazione del contribuente e tutelare l’affidamento di costui.LA NORMA DI INTERPRETAZIONE AUTENTICA (art.1, secondo comma, l. 212/2000): l’adozione di norme interpretative in materia tributaria possono essere disposte soltanto in casi eccezionali e mediante legge ordinaria. In tali casi possono anche avere efficacia retroattiva. Essendo le norme dell’art.11 di cui sopra e della legge 212/2000 contenuto in leggi ordinarie, si ritiene che esse possano essere derogate tacitamente o espressamente da altra legge ordinaria.In genere si distingue tra RETROATTIVITA PROPRIA: quando la fattispecie prevista dalla norma e gli effetti conseguenti ad essa si collocano nel passato rispetto alla pubblicazione della stessa. RETROATTIVITA PROPRA: quando la legge dispone per il futuro, ma in relazione a fatti e situazioni verificatesi anteriormente alla sua entrata in vigore.In materia tributaria, la norma impositrice deve essere coordinata col ricorso all’art.53 cost. di ATTUALITA DELLA CAPACITA CONTRIBUTIVA.IL MOMENTO FINALE DI EFFICACIA DELLA NORMA: a volte è la stessa legge che indica il termine finale degli effetti che conseguono dalla legge. Esiste poi l’ABROGAZIONE ESPRESSA o TACITA da parte di un altro atto normativo di pari rango o superiore. La norma può inoltre perdere efficacia per DICHIARAZIONE DI INCOSTITUZIONALITA.LA SUCCESSIONE DI LEGGI TRIBUTARIE NEL TEMPO: qualora due atti normativi di pari rango siano configgenti tra loro, prevale la norma emanata per ultima; se la norma successiva ha un campo di applicazione più ampio (legge generale) rispetto a quella precedente, e se questa ha invece un campo più specifico (legge speciale), prevale la legge speciale; se le due norme sono di rango diverso, prevale la norma di rango superiore.

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2)L’EFFICACIA NELLO SPAZIOQuando si parla di efficacia nello spazio ci si riferisce a tre argomenti:

La determinazione dello spazio in cui la legge esplica la sua validità ed efficacia; I limiti che il legislatore incontra quando deve intende attribuire rilevanza a fatti realizzati tutti o in

parte al di fuori del territorio nazionale o siano effettuati da soggetti non residenti nel territorio nazionale;

I limiti territoriali della potestà amministrativa di dare attuazione al prelievo.EFFICACIA DELLA NORMA TRIBUTARIA NEL TERRITORIO DELLO STATO: in virtù del principio di sovranità dello stato nel proprio territorio, la norma tributaria è applicata a tutto il territorio nazionale, salvo diverse disposizioni (es. Livigno, Campione d’Italia e alcune parti del Lago di Lugano).Il legislatore nella disciplina di applicazione dei redditi, ha fatto ricorso ad alcuni criteri di collegamento con il territorio statale Criteri OGGETTIVI: il SISTEMA DI TASSAZIONE SU BASE TERRITORIALE, cioè il verificarsi dell’attività in tale territorio che costituisce il presupposto del tributo ovvero l’ubicazione nel territorio del bene colpito da tassazione. Criteri SOGGETTIVI: il SISTEMA DI TASSAZIONE SU BASE MONDIALE, Il WORLD WIDE SYSTEM, che si riferisce alla residenza del soggetto cui è riconducibile il fatto indice di capacità contributiva. Ne deriva un sistema combinato che colpisce i RESIDENTI, in base al principio dell’utile mondiale, con l’imposizione di redditi ovunque essi producano; i NON RESIDENTI, in base al principio di territorialità, con conseguente imposizione dei redditi che producono solo in Italia. Per i soggetti fiscalmente non residenti nel territorio dello stato si tratta di verificare l’operatività dei criteri di collegamento, attraverso l’art.23 del TUIR, a seconda che si tratti: di REDDITI DI LAVORO AUTONOMO, i quali si considerano prodotti nel territorio dello stato qualora l’attività sia ivi esercitata, e i REDDITI D’IMPRESA, i quali si considerano prodotti nel territorio dello stato se ivi prodotti mediante organizzazioni stabili.LA DOPPIA IMPOSIZIONE INTERNAZIONALE: si ha quando una situazione di fatto economicamente rilevante determina la nascita, a capo del medesimo soggetto, di due obbligazioni tributarie in due paesi diversi. Questo può verificarsi quando l’obbligazione si applica in un paese, secondo il criterio oggettivo e nell’altro secondo un criterio soggettivo ovvero sulla base dello stesso criterio di collegamento. Per rimediare alla doppia imposizione internazionale esistono misure di diritto interno, come le DEROGHE eccezionali dell’utile mondiale ovvero il SISTEMA DEL CREDITO D’IMPOSTA per i reddito prodotti all’estero. Poiché la disciplina tributaria sancisce che i soggetti residenti in Italia devono corrispondere le imposte su tutti i redditi di cui sono titolari, se i soggetti residenti in Italia sono tassati all’estero per i redditi ivi prodotti è evidente che i soggetti residenti titolari di redditi esteri devono versare le imposte sia nel paese di residenza sia nel paese terzo. Questa DUPLICAZIONE D’IMPOSTA viene corretta in Italia proprio con il CREDITO D’IMPOSTA.Ancora esistono MISURE BILATERALI, in cui gli Stati “concorrenti” , scelgono in quale stato la tassazione debba avvenire, mediante via pattizia. L’OCSE e l’ONU hanno elaborato modelli di riferimento in caso di misure bilaterali. Il modello OCSE, il più utilizzato, si basa su due criteri:

Lo stato di residenza del contribuente elimina la reiterazione del prelievo mediante il metodo dell’esenzione o del metodo d’imposta

Lo Stato nel quale è allocata la fonte del reddito prodotto riduce corrispondentemente la propria imposizione sui redditi ivi prodotti.

CAPITOLO V: INTERPRETAZIONE ED INTEGRAZIONE ANALOGICA DEL DIRITTO TRIBUTARIO

1)INTERPRETAZIONE IN GENERALEInterpretare significa attribuire un significato ad un enunciato. L’interpretazione della LEGGE IN GENERALE attribuisce un significato agli enunciati normativi in modo da estrarre da essi le regole di condotta stabilite dal legislatore.Si distingue tra interpretazione DOTTRINALE , che è quella che proviene dagli studiosi del diritto e interpretazione GIURISPRUDENZIALE, che è libera, quindi non vincolante per i soggetti che non sono parti in causa. Esistono i PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI che invece possono valere per tutti solo se orientati in

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senso concorde o se provenienti da organi superiori (FUNZIONE NOMOFILATTICA DELLA CORTE DI CASSAZIONE). L’interpretazione AUTENTICA è quella che il legislatore emana per chiarire il significato di norme preesistenti ed hanno EFFICACIA ERGA OMNES e RETROATTIVA. 2)INTERPRETAZIONE IN MATERIA TRIBUTARIASecondo l’art.5, secondo comma, l.212/2000, l’adozione di una norma di interpretazione può avvenire, in materia tributaria, solo in casi eccezionali e con legge oridinaria.L’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria avviene attraverso quattro strumenti principali: CIRCOLARI, RISOLUZIONI, PARERI e NOTE INTERPRETATIVE. Per quanto riguarda le circolari, queste hanno carattere generale e astratto, mentre risoluzioni, pareri e note muovono dall’esame di casi concreti e adottano soluzioni nei confronti degli Uffici periferici.Si discute su quale sia l’efficacia dell’interpretazione della circolare. Una maggioranza afferma che il giudice non è tenuto ad applicare la circolare, ma può solo riconoscerne l’importanza per ricercare e ricostruire il significato della mens legis.Altra discussione si ferma sulla possibilità che la circolare abbia efficacia solo per l’amministrazione finanziaria o anche sul contribuente. Per la maggioranza dei pareri, la circolare non è vincolante per il contribuente, ma neanche per l’ufficio a cui è diretta e nemmeno per la stessa amministrazione.L’OBIETTIVA INCERTEZZA avviene quando una norma oggetto dell’interpretazione dell’amministrazione, a cui si è adeguato il contribuente, successivamente viene disattesa dalla stessa amministrazione o dal giudice, perché errata. Secondo una parte della dottrina, essendo diretta a fatti economici, la norma tributaria è soggetta a REGOLE INTERPRETATIVE SPECIALI. L’opinione prevalente è, invece, quella che la norma tributaria è sottoposta alle regole generali valevoli per tutti i campi del diritto.I CRITERI GENERALI dell’interpretazione sono disposti dall’art.12, primo comma delle Preleggi, secondo il quale si applica il significato alle parola secondo la loro connessione logica (CRITERIO LETTERALE) e secondo l’intenzione del legislatore (CRITERIO LOGICO-FUNZIONALE, RATIO LEGIS).

3)INTERPRETAZIONE DELLE NORME NON TRIBUTARUA DEL DIRITTO TRIBUTARIONella formulazione della fattispecie impositiva il legislatore può trovarsi di fronte a:

Un fatto disciplinato soltanto da norme non giuridiche; Un fatto disciplinato da norme giuridiche di altri settori; Un fatto disciplinato da norme tributarie di altri tributi;

REGOLE NON GIURIDICHE: il legislatore trasforma il fenomeno dell’economia in una fattispecie giuridica. Le definizioni avranno un elevato tecnicismo e saranno a volte desunte da principi contabili o aziendalistici.NORME EXTRATRIBUTARIE: a volte il legislatore fa ricorso a nozioni o istituti disciplinati da un altro settore. Secondo la TESI AUTONOMISTICA, l’interprete deve adeguare sempre e comunque i termini e gli istituti alle finalità perseguite. Secondo la TESI ANTIAUTONOMISTICA, l’interprete deve mantenere il significato originale dei termini e degli istituti. Si distingue quindi tra: RINVIO ALLA NORMA EXTRATRIBUTARIA o RIDEFINIZIONE della norma.NORME TRIBUTARIE DI ALTRI TRIBUTI: questa eventualità nasce dal fatto che non esiste una parte generale che disciplina i principi generali dei singoli tributi. Ciò ha portato alla creazione di un autonomo sistema giuridico per ciascun tributo. L’interprete dovrà attenersi alla disciplina specifica per il tributo oggetto d’indagine e soltanto in mancanza di questa dovrà rivolgersi ad altri settori del diritto tributario; si discorre qui di ANALOGIA.

4)INTEGRAZIONE ANALOGICA DEL DIRITTO TRIBUTARIOLo strumento analogico è disciplinato dall’art.12, secondo comma, Preleggi. Si ricorre ad essa se non vi è una disciplina specifica del caso e si prendono in considerazione casi simili o materie analoghe (ANALOGIA LEGIS). In mancanza anche di queste, si ricorre ai principi generali dell’ordinamento giuridico (ANALOGIA IURIS).Nel diritto tributario l’applicazione dell’analogia è diversa a seconda della norma che si ha di fronte:

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NORME PROCEDUALI E PROCESSUALI: sono suscettibili di applicazione analogica al di là dei casi espressamente richiesti.

NORME PENALI TRIBUTARIE: è esclusa l’applicazione analogica in linea con il principio della RISERVA ASSOLUTA DI LEGGE disposto dall’art.25 cost.

NORME IMPOSITIVE: si esclude il procedimento analogico, per tre motivi principali. Secondo alcuni l’esclusione deriverebbe dal VUOTO NORMATIVO stesso. Fuori dai casi espressamente disciplinati dalla norma, vale il principio di intangibilità della sfera personale e patrimoniale dell’individuo.Secondo altri il divieto proviene dall’art.23 della cost., sulla riserva di legge. Secondo altri il divieto viene dalla circostanza che il più delle volte le norme impositive sono a fattispecie esclusiva.

NORME TRIBUTARIE DI ESENZIONE O AGEVOLAZIONE: sono norme che sanciscono esenzioni ad agevolazioni in favore di determinate situazioni soggettive o determinato soggetti. Secondo una parte della dottrina queste sono norme eccezionali, pertanto l’interpretazione deve essere ancorata alla norma ed esclude l’analogia. Secondo altra parte della dottrina queste norme non sono sempre eccezionali, perché possono esprimere una esigenza generale e quindi essere rilevanti costituzionalmente. Di conseguenza il procedimento analogico è possibile.

5)ELUSIONE TRIBUTARIAL’elusione avviene quando gli interessati, allo scopo di conseguire un vantaggio fiscale, pongono in essere un atto o una serie di atti che altrimenti non avrebbero compiuto. L’elusione si distingue dall’ evasione fiscale, in quanto si usano per essa strumenti giudicati leciti e non viola alcuna norma tributaria.Vi sono comunque DISPOSIZIONI ANTIELUSIVE:

1. ART.37 BIS, DPR 600/1973. Sono inopponibli all’A.F. atti, fatti, negozi privi di validi ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi e divieti previsti dall’ordinamento tributario.

2. ART.37, TERZO COMMA, DPR 600/1973. Si parla di INTERPOSIZIONE FITTIZIA DI PERSONA. Sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, che egli è l’effettivo possessore per interposta persona.

6)DIRITTO DI INTERPELLOIl diritto di interpello è disciplinato dall’art.11 della l.212/2000 ed è uno strumento di tutela per il contribuente, che può avvalersi di questo diritto in condizioni di obiettiva incertezza, stimolando una presa di posizione interpretativa dell’A.F. sul caso concreto. La risposta, che deve avvenire entro 120 gg., può essere tacita o espressa e vincola il comportamento dell’amministrazione stessa. Gli atti emanati in difformità della risposta all’istanza di interpello sono nulli. In mancanza di risposta entro 120 gg. Si intenderà che l’A.F. concordi con il contribuente.INTERPELLO PREVENTIVO: disciplinato dall’art.21 l. 413/1991. Si richiede all’A.F. una interpretazione in ordine alla correttezza fiscale di determinate operazioni che il contribuente intende porre in essere. Ha carattere limitato alla fattispecie di interposizione fittizia di persona, alle operazioni potenzialmente elusive, alla qualificazione di costi sostenuti dall’impresa quali spese di pubblicità o rappresentanza.INTERPELLO CFC (CONTROLLES FOREIGN COMPANIES). Si richiede all’A.F. di ottenere la disapplicazione delle disposizioni del comma 1, in caso di controllo di un collegamento di un soggetto estero, residente o localizzato in uno stato a regime fiscale privilegiato, dimostrando che svolge principalmente un’attività industriale o commerciale nello stato o nel territorio in ha sede.INTERPELLO CORRETTIVO: il contribuente può richiedere la disapplicazione delle disposizioni anitelusive, dimostrando che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non potranno verificarsi.

CAPITOLO VI: OBBLIGAZIONE TRIBUTARIABisogna tenere conto degli schemi teorici dell’imposizione. Si distingue, quindi tra:

1. TRIBUTI CON ACCERTAMENTO: la nascita o l’adempimento dell’obbligazione si riconnetterebbe alla necessaria esplicazione di una fase di accertamento in cui confluiscono atti posti in essere dal contribuente e atti posti in essere dall’A.F.

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2. TRIBUTI SENZA ACCERTAMENTO: la prestazione si esegue DIRETTAMENTE e conseguentemente al concretarsi della fattispecie astratta. All’esecuzione della prestazione segue il controllo dell’A.F.

TEORIA DICHIARATIVA: lo schema tipico del rapporto giuridico d’imposta deve identificarsi in un rapporto DEBITO-CREDITO. La nascita dell’obbligazione si collega la verificarsi in concreto della fattispecie astratta, prevista dalla norma tributaria (schema NORMA-FATTO). Gli atti di accertamento dell’A.F. hanno efficacia DICHIARATIVA del rapporto d’imposta, hanno la funzione di rendere liquide ed esegibili obbligazioni già sorte con il concretarsi del presupposto.TEORIA COSTITUTIVA: il pagamento da parte del cittadino non può essere preteso dall’A.F. prima dell’accertamento . Non si può parlare quindi di rapporto debito-credito. Soltanto dal concreto esercizio delle funzioni impositive e autoritative da parte dell’A.F. nasce l’obbligazione tributaria (schema NORMA-POTERE-FATTO).TEORIA NEODICHIARATIVA: all’avviso di accertamento deve essere attribuita natura di mero atto giuridico.

CAPITOLO VII: I SOGGETTI DEL DIRITTO TRIBUTARIO

1) SOGGETTI COINVOLTI NELL’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIAI soggetti di regola sono 2: il CREDITORE DEL TRIBUTO e colui che è tenuto all’ADEMPIMENTO DEL TRIBUTO, cioè il TITOLARE della manifestazione di ricchezza che giustifica l’imposizione.Il creditore del tributo ha diversi poteri attuativi, quali l’individuazione delle dimensioni del fatti tributario e la materiali realizzazione del credito anche in via coattiva. Il titolare dell’adempimento è soggetto ai poteri attuativi e agli obblighi legali e di responsabilità patrimoniale.

2)AMMINISTRAZIONE FINANZIARIAL’amministrazione finanziari ha un livello centrale e un livello periferico. A livello centrale troviamo il MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLA FINANZA, che ha competenza in materia di politica economica, finanziaria, di bilancio e fisco. Predispone atti normativi e di programmazione e coordinamento. Svolge attività di indirizzo, vigilanza, controllo e coordinamento delle varie agenzie fiscali. Determina annualmente gli sviluppi della politica fiscale e gli obiettivi.A livello periferico troviamo 4 agenzie fiscali: l’Agenzia delle entrate, l’Agenzia delle dogane, l’Agenzia del territorio e l’Agenzia del demanio. Tra i CARATTERI COMUNI abbiamo la PERSONALITA GIURIDICA DI DIRITTO PUBBLICO; il loro operato è controllato dal ministero; godono di autonomia gestionale e amministrativa; hanno un proprio statuto, con il quale regolamentano le competenze degli ordini direttivi e individuano i principi e le modalità di finanziamento dell’organo; la struttura interna è composta dal DIRETTORE, da un COMITATO DIRETTIVO e dal COLLEGIO DEI REVISORI DI CONTI; il rapporto con il ministero è sancito da convenzioni, attraverso cui si stabiliscono i servizi da erogare, gli obiettivi e le risorse da cui attingere.AGENZIA DELLE ENTRATE: persegue il massimo livello di adempimento degli obblighi fiscali attraverso l’assistenza ai contribuenti e i controlli. Ha funzioni in tema di amministrazione, accertamento, riscossione e gestione del contenzioso delle imposte dirette. Si articola in DIREZIONE CENTRALE, DIREZIONE REGIONALE e UFFICI PERIFERICI.AGENZIA DELLE DOGANE: si articola in compartimenti doganali e svolge attività inerenti ai diritti doganali, alla fiscalità connessa agli scambi internazionali e alle accise sulla produzione e i consumi.AGENZIA DEL TERRITORIO: esercita compiti relativi ai servizi catastali e alle Conservatorie dei registri immobiliari.AGENZIA DEL DEMANIO: ha compiti di amministrazione e manutenzione dei beni immobiliari dello stato.

3) GUARDIA DI FINANZALe sue competenze riguardano la collaborazione con gli uffici finanziari in veste di organo di polizia; reprime le relative violazioni e può essere organo di polizia giudiziaria, la cui attività può essere di ausilio agli uffici finanziari per gli accertamenti fiscali. Si divide all’interno in 3 livelli: CENTRALE, REGIONALE e PROVINCIALE,

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salvo il fatto che tra il livello centrale e regionale di pone un livello intermedio, il COMANDO INTERREGIONALE.

4)SOGGETTI PASSIVIAi soggetti passivi è riferita la manifestazione di capacità contributiva che il legislatore intende assoggettare al prelievo e che, pertanto, è titolare dell’obbligazione d’imposta . La legge prevede anche altre figure soggettive coinvolte nella fase dell’attuazione della norma e d’adempimento dell’obbligazione imposta.SOSTITUTO D’IMPOSTA: è un soggetto diverso da quello che è tenuto all’obbligazione tributaria, ma è colui al quale è riferibile il fatto indice di capacità contributiva che si vuole colpire con il prelievo. L’art.64, primo comma DPR 600/1973 stabilisce che il sostituto deve esercitare al RIVALSA nei confronti del sostituito, che è il titolare del fatto espressivo di capacità contributiva.Il sostituto d’imposta, essendo collegato al sostituito da un rapporto di carattere negoziale, è una figura volta alla semplificazione dei rapporti col fisco che incide sia nella fase dell’accertamento che nella fase della riscossione. Secondo una parte della dottrina il legislatore addossa, in via eccezionale, la prestazione anziché al sostituito ad un altro soggetto, il SOSTITUTO. Questa tesi sembrerebbe in contrasto con l’art.53 della cost., dato che si potrebbe imporre in capo ad un soggetto sprovvisto di capacità contributiva la prestazione. La figura del sostituto, allora, si colloca nella fase dell’adempimento e dell’attuazione della norma tributaria. Lo strumento della RIVALSA, che è obbligatorio per il sostituto può realizzarsi:

Mediante l’ISTITUTO DELLA RITENUTA ALLA FONTE, nei casi in cui il sostituto risulti debitore della somma del reddito imponibile per il sostituito.

Mediante gli ORDINARI STRUMENTI APPRESTATI DAL CODICE CIVILE, nel caso in cui non esista un rapporto debito-credito o il debito si sia estinto.

L’istituto della ritenuta alla fonte è regolamentato negli artt.23-30 del DPR 600/1973 e distingue due fattispecie di ritenuta: la RITENUTA D’ACCONTO e la RITENUTA D’IMPOSTA.Nella ritenuta d’acconto la somma prelevata alla fonte costituisce un acconto dell’imposta sul reddito presumibilmente dovuta al sostituito, che dovrà provvedere agli adempimenti fiscali connessi alla produzione del reddito e potrà detrarre dall’imposta la ritenuta alla fonte subita. Tale schema non trova applicazione nel caso in cui la ritenuta non sia stata eseguita; nell’ipotesi in cui il sostituto abbia effettuato la ritenuta, ma non provveda al versamento della stessa, allora il contribuente potrà comunque detrarre tale ritenuta e il fisco dovrà procedere al recupero della ritenuta non versata nei confronti del sostituto.Nella ritenuta d’imposta la somma prelevata alla fonte costituisce l’adempimento integrale del tributo dovuto, per cui al contribuente non sono attribuiti obblighi di collaborazione all’attività di attuazione della norma tributaria. Si tratta di deroghe al sistema ordinario di tassazione del reddito, derivanti da esigenze di semplificazione del prelievo e di concretezza dello stesso, in situazioni di difficile individualità del contribuente. In ogni caso, a tutela del prelievo, la legge attribuisce una corresponsabilità del contribuente in caso di mancata effettuazione della ritenuta e di un mancato versamento.RESPONSABILE D’IMPOSTA: il responsabile s’imposta è chiamato a rispondere del tributo non in luogo d’altri, ma assieme ad altri. L’art.64, terzo comma, DPR 600/1973 si limita ad affermare un diritto di rivalsa del soggetto che, estraneo al fatto imponibile, sia stato dalla legge chiamato all’adempimento del tributo insieme ad altri soggetti. Il tema si sposta sulle regole di scelta dei soggetti cui la legge può imporre un dovere di concorso all’adempimento. Una simile scelta deve ritenersi estranea dalla portata del principio della capacità contributiva dell’art.53 cost., data l’estraneità del responsabile d’imposta alla fase genetica dell’obbligazione tributaria ed alla stessa fattispecie soggettiva; si fonda, comunque su una valutazione rispondente a regole di razionalità, basate sull’idoneità del soggetto chiamato all’adempimento del tributo estraneo.

5)LA SOLIDARIETALa solidarietà è una forma di coinvolgimento al pagamento di un tributo da parte di soggetti legati da un vincolo obbligatorio idoneo a consentire l’escussione di un solo condebitore per l’intera prestazione. L’istituto della solidarietà trova disciplina nell’art.1292 del cod. civ., che considera tale l’obbligazione che consente al creditore di richiedere l’adempimento della prestazione ad uno solo dei condebitori; l’adempimento del condebitore libera gli altri condebitori in solido.

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A tal fine si distingue tra SOLIDARIETA PARITETICA, che lega i compartecipanti ai fatti a rilevanza tributaria e quindi da un medesimo titolo (l’obbligazione che lega i coeredi per l’imposta di successione), e la SOLIDARIETA DIPENDENTE, che deriva da un titolo differente, in modo tale che al venir meno dell’obbligazione principale, viene meno quella dipendente (obbligazione che lega il notaio per l’imposta principale di registro con le parti contraenti). Tale differenziazione delle figure di solidarietà vincola anche la tutela del condebitore, che in quella paritetica concorre all’accertamento, mentre in quella dipendente l’accertamento risulta meramente incidentale ai fini della verifica della responsabilità dipendente da un titolo diverso da quello tributario.Per quanto riguarda LA DISCIPLINA SOSTANZIALE DELL’OBBLIGAZIONE, la solidarietà è un modo di essere del rapporto obbligatorio in presenza di più soggetti che partecipano al presupposto d’imposta o sono coinvolti dalla legge all’adempimento del debito d’imposta riferibile ad altri soggetti. Si tratta quindi di stabilire se la regola disciplinata dall’art.1294 del cod. civ., che stabilisce che l’obbligazione è solidale se la legge o il titolo non dispongano diversamente, si applichi o meno nell’ambito del diritto tributario.La soluzione del problema deve passare dalla presa in considerazione della portata del principio della riserva di legge, contenuto nell’art.23 cost., che vuole che ogni prestazione patrimoniale imposta sia prevista dalla legge. Sarebbe impensabile quindi una regola che fosse idonea a consentire un escussione in via solidale di un soggetto, al di fuori delle ipotesi espressamente considerate dalla legge.Nella fase di attuazione della norma tributaria, bisogna tener presente le tematiche connesse alla garanzia del diritto di difesa del contribuente. Il tema concerne le forme di tutela che l’ordinamento deve accordare al condebitore solidale nella fase antecedente all’escussione nei suoi confronti; si esclude, pertanto, una tutela per via indiretta, mediante attribuzione di poteri rappresentativi ad un dei condebitori solidali.Si pone, quindi, un problema di garanzia del diritto di difesa di ciascun condebitore solidale. Prima del 1968 era valida la TEORIA DELLA SUPERSOLIDARIETA TRIBUTARIA, in base alla quale a tutti i coobbligati era riconosciuta efficacia ad ogni atto rilevante ai fini dell’attuazione del rapporto d’imposta, nonostante questo atto fosse stato compiuto nei confronti di uno solo dei debitori in solido. La Corte costituzionale ha dichiarato, nel 1968, l’incostituzionalità di tale teoria, che così come esposta, contrasterebbe con il principio costituzionale che tutela il diritto di difesa del cittadino, disposto dall’art.24 cost. Secondo alcuno autori e per la maggior parte della giurisprudenza, il rapporto solidale deve essere affrontato in termini di diritto civile, anche in materia tributaria; in particolare il creditore può agire separatamente nei confronti dei singoli coobbligati e per non violare il diritto di difesa di ognuno, si fa riferimento all’art. 1306 del cod. civ., che stabilisce che in caso di sentenza negativa tra il creditore e il condebitore, questa non ha effetto nei confronti degli altri condebitori, mentre in caso di sentenza positiva, gli altri condebitori possono opporla al creditore, ma solo se è fondata su ragioni personali al condebitore (principio dell’estendibilità in bonis). Secondo altri autori, la suddetta interpretazione è in contrasto con il principio di capacità contributiva, poiché lascia aperta la possibilità che l’entità del presupposto sia determinata in misura differente per ogni debitore e che vi siano quindi giudizi contrastanti.

6) LA SUCCESSIONE NEL DEBITO D’IMPOSTASi applica anche in materia tributaria. Per quanto concerne le persone fisiche la successione può avvenire:

MORTIS CAUSA, cui consegue il sub ingresso degli eredi nel coacervo dei rapporti attivi e passivi del defunto, quindi anche quelli tributari;

In materia di imposte sui redditi, gli eredi sono tenuti in solido per le obbligazioni tributare del defunto, derogandosi così dalla regola della responsabilità pro quota

È prevista a favore degli eredi la proroga a sei mesi dei termini per la presentazione della dichiarazione e per ricorrere contro l’accertamento.

Per quanto concerne le persone giuridiche, si parla di FUSIONE DI SOCIETA, nella quale è ravvisabile una successione universale tra soggetti.

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CAPITOLO IX: L’ATTUAZIONE AMMINISTRATIVA

1)LA LIQUIDAZIONE DELLE IMPOSTEL’istituto della liquidazione delle imposte non era previsto nella formulazione iniziale del decreto 36 bis n.600/1973; è stato introdotto successivamente con DPR 900/1976 art.2 e ha subito nel tempo delle modificazioni. L’istituto è stato creato per porre rimedio alla situazione che si creava una volta affermato il principio secondo, cui alla generalizzazione dell’obbligo della dichiarazione, seguiva una corrispondente attività di controllo.Nel primo comma, avvalendosi di operazioni automatizzate l’A.F. procede alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti, dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta. Nel secondo comma, in base alle informazioni desumibili dalla dichiarazione e quelle in possesso dall’anagrafe tributaria, l’A.F. provvede a correggere gli errori di calcolo e materiali commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi; corregge gli errori materiali commessi nel riporto delle eccedenze delle imposte, dei premi e dei premi risultanti dalla precedenti dichiarazioni; riduce le detrazioni d’imposta se riportate in misura superiore a quella prevista dalla legge; riduce le deduzioni d’imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge; riduce i crediti d’imposta esposti in misura superiore da quella prevista dalla legge; controlla la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo d’acconto e di saldo e delle ritenute operate alla fonte in qualità di sostituto d’imposta.L’art. in questione è correlato con il secondo comma bis, grazie al quale l’Ufficio , nel caso in cui vi sia pericolo per la riscossione, può provvedere al controllo della tempestiva effettuazione dei versamenti d’imposta, dei contributi e premi, nonché le ritenute.Nel terzo comma si dispone che, quando dall’esito dei controlli automatici, emerga un risultato diverso da quello dichiarato ed emerge un’imposta maggiore o minore, l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta per evitare la reiterazione degli errori e per regolarizzare gli aspetti formali. Se a seguito della comunicazione il contribuente o il sostituto rilevi altri errori, può a sua volta comunicarli entro 30 gg dal ricevimento della comunicazione.Al quarto comma i dati contabili risultanti dalla liquidazione, si considerano dichiarati a tutti gli effetti dal contribuente o dal sostituto.PROCEDURA PER SALTUM: nell’ipotesi liquidatoria viene superata la fase dell’avviso dell’accertamento; nel caso in cui emerga un debito d’imposta, viene comunicato al contribuente un’iscrizione a ruolo, per il tramite di una cartella di pagamento. La prevalente dottrina escluderebbe la natura di accertamento dell’attività liquidatoria, nonché la natura dell’atto di accertamento o di imposizione della eventuale iscrizione a ruolo. A conferma di tale orientamento si può dire che non sussiste l’obbligo di motivazione; la rettifica presuppone un errore meramente materiale (l’omissione o la commissione di dati immediatamente risultanti dalla dichiarazione). Gli orientamenti della giurisprudenza sono contrastanti sulla natura della liquidazione e sull’obbligo di motivazione. In diverse occasioni si è dichiarato che non è infondata la questione di incostituzionalità dell’art.36 bis, in relazione agli art.3, 24, 53 e 113 cost. in quanto senza alcuna motivazione consente la determinazione dei maggiori redditi imponibili e la riscossione delle relative imposte; consente di procedere all’iscrizione a ruolo di maggiori imposte senza un preventivo avviso e perciò discrimina fra i contribuenti e viola il diritto di difesa. Questi dubbi sono stati respinti dalla Corte costituzionale con l’ordinanza 483/1998, per la quale sono eccezionali e tassativi i casi rettificabili senza una istruttoria formale; ha affermato l’applicazione dell’art.36 bis solo nei casi in cui il reddito imponibile non è in discussione.

2)LA COMUNICAZIONE AL CONTRIBUENTEL’istituto della comunicazione è regolato dall’art.36 bis, terzo comma l.600/1973. Essa avviene quando, in seguito a calcoli effettuati in maniera automatica, emerge un risultato diverso da quello dichiarato dal contribuente o dal sostituto d’imposta. Le finalità della comunicazione sono quelle di assicurare un vero e proprio flusso informativo, di carattere istruttivo; di consentire la regolarizzazione degli aspetti formale ed evitare la reiterazione degli errori; permettere l’inoltro e l’invio di dati non considerati in sede di

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liquidazione. La comunicazione ha poi lo scopo di instaurare un rapporto più diretto con il contribuente; di ridurre il contenzioso e ridurre le iscrizioni a ruolo e i conseguenti ricorsi. L’esito della comunicazione può essere di: REGOLARITA, IRREGOLARITA NEI SOLI VERSAMENTI, COMUNICAZIONI DI IRREGOLARITA quando vi sono errori materiali o di calcolo, DI MAGGIOR CREDITO, in caso di aumento del credito dopo la correzione, DI SOLO MINOR RIMBORSO quando vi è una riduzione del rimborso richiesto dopo la correzione, DI INCOERENZA quando errori di trascrizione o acquisizione di dati potrebbero condizionare le ulteriori attività dell’A.F.TERMINE PER LA LIQUIDAZIONE DELLE IMPOSTE: la liquidazione delle imposte ex art.36 bis, comma 1, devono essere completate ENTRO L’INIZIO DEL PERIODO DI PRESENTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI DELL’ANNO SUCCESSIVO.

3)CONTROLLO FORMALE DELLE DICHIARAZIONIIl controllo formale delle dichiarazioni è regolato dall’art.36 ter. Al comma 1 gli Uffici periferici dell’A.F. procedono al controllo formale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti o dai sostituti d’imposta, secondo i criteri selettivi definiti dal ministero dell’economia e delle finanze. Il termine per la procedura scatta il 31/12 del secondo anno successivo a quello di presentazione. Al secondo comma gli uffici possono escludere in parte o in tutto lo scomputo delle ritenute d’acconto non risultante dalle dichiarazioni presentate dai sostituti d’imposta dalle certificazioni richieste al contribuente; delle ritenute risultanti in misura inferiore a quella indicata nelle dichiarazioni dei contribuenti stessi; escludere del tutto le deduzioni o le detrazioni d’imposta non spettanti in base ai documenti richiesti dal contribuente; determinare i crediti d’imposta; correggere gli errori materiali e di calcolo.Terzo comma: il sostituto o il contribuente, ai fini suddetti, è invitato a fornite chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella dichiarazione e ad eseguire o trasmettere ricevute di versamento o altri documenti omessi alla dichiarazione o difformi dai dati forniti da terzi. Quarto comma: l’esito del controllo formale è comunicato con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica.

4)LA CARTELLA DI PAGAMENTOPrima della cartella di pagamento, vengono richieste al contribuente le imposte che l’amministrazione ritiene dovute dopo il controllo; questo è l’AVVISO BONARIO.In tal caso l’attività di liquidazione e controllo delle dichiarazioni viene conclusa con l’emissione di una cartella di pagamento, con la quale si comunica al contribuente l’avvenuta iscrizione a ruolo. La disciplina comune è dettata dall’art.25 e ss. Del DPR 602/1973. Con il DM 28 marzo 1994 un specifico modello di cartella di pagamento, aggiornato poi con il DM 28 giugno 1999, in conformità dei principi della più recente riforma del sistema di riscossione, in funzione di una loro maggiore trasparenza e comprensibilità.Il termine per la notifica della cartella del pagamento scade il 31 dicembre del terzo anno successivo alla presentazione della dichiarazione.RIDUZIONE DELLE SANZIONI IN CASO DI PAGAMENTO TEMPESTIVOAll’art 2, secondo comma, del d.lgs. 462/1997, l’iscrizione a ruolo non è eseguita se il pagamento del dovuto avviene entro 30 giorni dalla data di comunicazione, prevista dall’art.36 bis . In tal caso l’ammontare delle sanzioni è ridotto ad un terzo. In merito al pagamento entro 30 giorni dalla comunicazione, prevista dall’art.36 ter, le sanzioni sono ridotte di due terzi.LIQUIDAZIONE DELL’IVA DOVUTA IN BASE ALLE DICHIARAZIONIL’art.54 bis DPR 633/1972 contiene una disposizione inerente al controllo automatizzato delle dichiarazioni presentate e alla correttezza delle liquidazioni effettuate dal contribuente.

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