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SCIENZA E SIMBOLO La natura morta come merce prodotta alla ricerca di un acquirente; ma natura morta an- che come illustrazione di un universo artifi- ciale e naturale anch'esso sottoposto alla me- desima trasformazione in materiale di consu- mo. Nell'intreccio di sollecitazioni conosciti- ve e psicologiche che possono essere alla base di una origine «non episodica» della natura morta quella della «curiosità» nei confronti dell'universo naturale sembra essere di im- portanza considerevole. E questo perché l'analisi sistematica a cui flora e fauna risulta- no essere sottoposte nella mentalità tardocin- quecentesca riscopre i termini contraddittori del «palese» e dell'occulto; conosce una para- dossale contiguità fra rilevazione sistematica, classificazione nuova rispetto alla tradizione, e panico scoprire una complessità della natu- ra, a un tempo segnale dell'audacia dell'espe- rienza umana e riconoscimento della limita- tezza, della minorità del frammento appena svelato rispetto alla maestosa dimensione dell'universo. Da questo punto di vista i «paesi» di Jan Brueghel dei Velluti risultano fortemente in- novativi rispetto a una tradizionale pittura del naturale - si pensi alla fortunata stagione di un Paul Brill anche in area italiana - in quanto a una riduzione dimensionale della fi- gura umana a elemento sussidiario della sce- na, espediente già messo in atto da una gene- razione precedente di pittori del Nord, si as- socia l'esplorazione dell'universo di contorno meticolosamente classificato e definito nella sua singola individualità. E la moltiplicazione all'infinito della novità principale di un ag- giornato sentimento della natura e della pit- tura, la policentricità che il dipinto conosce e il desiderio di sfidare enciclopedicamente una varietà altrettanto affascinante. Ma anche la «natura» celebrata nelle tavole degli illustratori alla Hoefnaghel e Savery, ri- cercati in tutta Europa e soprattutto in quella Praga di Rodolfo l i dove mistero e chiarezza si mescolano in significativo intreccio, cele- bra una doppia «meraviglia»: quella della va- rietà sempre sfuggente e capricciosa della creazione prima di tutto. La passione con cui si collezionano e si documentano iconografi- camente le mostruosità, seguendo un interes- se giè espresso nella corte rinascimentale, ha una sua legittima spiegazione nella ricerca dei punti di contatto tra universi naturali fìsica- mente e concettualmente distanti: fra vegeta- le e animale, fra animale e uomo, fra stati di- versi della materia, in una sequenza che p u ò 57

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SCIENZA E SIMBOLO

La natura morta come merce prodotta alla ricerca di un acquirente; ma natura morta an­che come illustrazione di un universo artifi­ciale e naturale anch'esso sottoposto alla me­desima trasformazione in materiale di consu­mo. Nell 'intreccio di sollecitazioni conosciti­ve e psicologiche che possono essere alla base di una origine «non episodica» della natura morta quella della «curiosità» nei confronti dell'universo naturale sembra essere di im­portanza considerevole. E questo perché l'analisi sistematica a cui flora e fauna risulta­no essere sottoposte nella mentali tà tardocin-quecentesca riscopre i termini contraddittori del «palese» e dell'occulto; conosce una para­dossale contigui tà fra rilevazione sistematica, classificazione nuova rispetto alla tradizione, e panico scoprire una complessità della natu­ra, a un tempo segnale dell'audacia dell'espe­rienza umana e riconoscimento della limita­tezza, della minori tà del frammento appena svelato rispetto alla maestosa dimensione dell'universo.

Da questo punto di vista i «paesi» di Jan Brueghel dei Vellut i risultano fortemente in­novativi rispetto a una tradizionale pittura del naturale - si pensi alla fortunata stagione di un Paul Bri l l anche in area italiana - in

quanto a una riduzione dimensionale della fi­gura umana a elemento sussidiario della sce­na, espediente già messo in atto da una gene­razione precedente di pi t tor i del Nord , si as­socia l'esplorazione dell'universo di contorno meticolosamente classificato e definito nella sua singola individualità. E la moltiplicazione all ' infinito della novità principale di un ag­giornato sentimento della natura e della pit­tura, la policentricità che i l dipinto conosce e i l desiderio di sfidare enciclopedicamente una varietà altrettanto affascinante.

Ma anche la «natura» celebrata nelle tavole degli illustratori alla Hoefnaghel e Savery, r i ­cercati in tutta Europa e soprattutto in quella Praga di Rodolfo l i dove mistero e chiarezza si mescolano in significativo intreccio, cele­bra una doppia «meraviglia»: quella della va­rietà sempre sfuggente e capricciosa della creazione prima di tutto. La passione con cui si collezionano e si documentano iconografi­camente le mostruosità, seguendo un interes­se giè espresso nella corte rinascimentale, ha una sua legittima spiegazione nella ricerca dei punti di contatto tra universi naturali fìsica-mente e concettualmente distanti: fra vegeta­le e animale, fra animale e uomo, fra stati di­versi della materia, in una sequenza che può

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14 - da Georg Hoefnaghel, Acquerello, Narodni (i.illery, Praga.

avere la sua intestazione, la sua «impresa» nel­la figura dell'ermafrodito, della presenza con­temporanea e armoniosa degli opposti.

Cogliere e districare i l regno della confu­sione, mettere ordine nell'accidente vuol dire cercare di strappare, scandagliando l'errore, i l segreto nascosto della creazione.

La classificazione, e conseguentemente la sua illustrazione costituiscono i l pr imo punto del discorso; secondariamente si afferma la capacità dell 'uomo di dominare, di ordinare la materia, di riconoscere la legge universale e la sua costanza, di catalogare anche l'eccezio­ne, l'irregolare, e quindi di esserne superiore padrone.

La conchiglia e i l fiore, una volta strappati alla solitudine della spiaggia esotica o all'ano­nimato indistinto della «verdura» diventano

fisicamente proprietà del sapere umano nel rapporto diretto della manipolazione e del possesso o attraverso la veritiera e analitica descrizione plastica, quindi ne glorificano la capacità «singolare» di riconoscere la varietà dell'universo e di farla propria.

Nominare, descrivere, ritrarre con l ' im­magine, collezionare sono azioni che ripro­pongono un primato dell 'uomo sul creato che i l dettato biblico della cacciata dall'Eden ha sancito come caratteristica della particola­re posizione dell 'uomo nei confronti di quan­to lo circonda: cercare di ricostruire, dopo la caduta, la primitiva supremazia, e quindi la scienza vicina al divino, o tentare ancora più arditamente di trovare l'anello di congiunzio­ne, la trasformazione nella diversità del crea­to, la soglia di passaggio da uno stadio all'al­tro vuol dire, prometeicamente, abbandonare un ridotto ma importante ruolo di sanzione dell'esistente, per acquisire quello più super­bo della stessa ragione creativa.

L'errore o i l mostro della natura possono contenere i l segreto della classificazione gene­tica, e pertanto, trovando quello, si p u ò sosti­tuire la nominazione, quindi i l riconoscimen­to di ciò che è già, con la invenzione del nuo­vo. E con questo non siamo alle soglie dell'automa, che scimmiotta i l movimento e denuncia le composite appartenenze dei suoi arti, quanto a quelle della trasformazione dal­la materia allo spirito.

Al la ragione «merceologica» che abbiamo precedentemente discusso, occorre aggiunge­re anche la radice «conoscitiva», come attinen­te a un atteggiamento nei confronti degli og­getti , in questo frangente soprattutto quelli riferibili al mondo naturale, che produce una attenzione non episodica alla loro illustrazio­ne autonoma.

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15 -Jan Brueghel il vecchio, Allegoria dell'acqua, Pinacoteca Ambrosiana, Milano

In questa prospettiva si vuole aggiungere che una evidenziata ragione «scientifica» non risulta, almeno per gli occhi dei contempora­nei, in opposizione con una ragione «simboli­ca»: una mental i tà attuale p u ò scindere con relativa facilità l'aspetto merceologico da quello scientifico, da quello simbolico; o me­glio le discipline che aggrediscono i diversi aspetti del medesimo prodotto rispondono a logiche espositive, a lessici e categorie d'inda­gine affatto diverse; dovendo riferirci alla

mentali tà dei pr imi del X V I I secolo, i contor­ni fra i diversi dominii risultano molto più sfumati, sia per la necessità di un culturale «quadro di riferimento" in cui inserire i diver­si vocabolari, sia per l'indefinitezza delle so­glie stesse.

Si vuol dire che i medesimi oggetti scan­dagliati nella loro immagine somigliante su­gli schizzi e sugli acquerelli degli illustratori, classificati sulle tavole o sui testi del botanico, sottoposti a esperimenti nel gabinetto dell'al­

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c fumista, risultano essere anche «attributi» di un ciclo esistenziale, dalla nascita alla morte, che sembra coinvolgere la sfera «breve» della Stagionalità (dall'inverno-morte alla primave­ra-resurrezione), la sfera media dell 'uomo (nel percorso dall'infanzia alla vecchiaia), e una sfera ampia, verso l ' infinito, della terra concepita come facente parte dell'universo. Dalla microstoria alla macrostoria, passando attraverso i l termine intermedio, l 'uomo, la cui posizione di osservatore privilegiato vie­ne costantemente e ideologicamente verifica­ta e propugnata.

Ora l 'identità del processo, pur ritmato con cadenze diverse, eguaglia e rende omolo­go i l reperto dell'uno come dell'altro univer­so: ritorna ancora una volta quell'atteggia­mento «figurale» della espressione simbolica dell'occidente che costituisce il fattore trai­nante della riflessione di Auerbach e che, a di ­spetto delle opposte intelligenze con cui si può aggredire i l problema, quella emblemati­ca e quella scientifica, si pone come cardine sapientemente dialettico e risolutivo: «Un fatto che accada sulla terra, indipendente­mente dalla forza che gl i deriva dalla sua con­creta realtà hie et mine, significa non soltanto se medesimo, bensì anche un altro fatto che esso preannunciato, confermandolo, ripete; e la connessione fra gli avvenimenti non viene considerata preminentemente come evolu­

zione temporale o causale, ma come unità dentro il piano divino, di cui tut t i gl i avveni­menti sono membra e immagini riflesse...» ( I I , 341).

I l tema della stagionalità, dei suoi indizi naturali, degli artefatti umani e della teatralità delle cerimonie connesse, una volta concepi­to non come episodio singolo ma come fa­cente parte di una catena di senso superiore, che p u ò permettere salti logici e recuperi cro­nologici, costituisce un ulteriore e significati­vo elemento necessario alla genesi dell'imma­ginario della natura morta indipendente. Quando evidentemente i l nesso fra microco­smo e macrocosmo permetta i l liberarsi, co­me nel frangente che stiamo analizzando, di una indagine minuziosa e altrettanto indipen­dente come metodo di aggressione e come realizzazione. L'aspetto analitico, si vuol dire, non esclude un apparato simbolico, come quest'ultimo non costituisce ostacolo alla r i ­cerca: e l 'unitarietà del fenomeno, nella sua apparenza e nella sua essenza, nel suo riferirsi alcuna metastoria, che viene prepotentemen­te rivendicata, probabilmente nella coscienza di una trasformazione della sensibilità e dell ' immaginario che sembra unire la spregiu­dicatezza di un metodo d'indagine laico, d i ­sancorato dalla paternità religiosa, e la conser­vazione del mondo simbolico ereditato dalla tradizione del Medioevo della decadenza.

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