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SCHEDA TASSONOMICA DELLE PULCI DI SPIAGGIA: Talitrus saltator (Montagu, 1808) Le pulci di spiaggia appartengono a: Regno Animalia; esseri viventi pluricellulari, eterotrofi, con uno stadio mobile nel loro ciclo vitale Phylum Artropoda: animali rivestiti di cuticola e con appendici articolate Subphylum Crustacea: artropodi con due antenne e altre numerose appendici, spesso di forma diversa, e in numero superiore a tre Classe Malacostraca: crostacei con un numero costante dei segmenti del corpo (19) Ordine Amphipoda: malacostraci con il corpo schiacciato lateralmente Famiglia Talitridae: le differenze rispetto alle altre famiglie di anfipodi si trovano in alcuni aspetti importanti delle appendici Genere Talitrus: le differenze tra i vari generi della famiglia vanno ricercate, anche in questo caso, in alcuni aspetti importanti delle appendici Specie T. saltator: è l’unica specie appartenente al genere Talitrus Perché tutti questi nomi? Perché le specie attualmente descritte superano il milione e mezzo ed è necessario capire le similitudini e le differenze tra di loro per interpretare la biodiversità. E’ questo il compito della Sistematica biologica, una Scienza difficile ed affascinante che attraverso la Tassonomia riconosce le caratteristiche dei diversi gruppi di esseri viventi a livelli diversi (Regno, Phylum, Classe, Ordine, Famiglia, Genere, Specie) utilizzando caratteri morfologici, ecologici, molecolari, etc.. Il cognome di chi descrive per la prima volta una specie e la data della descrizione compariranno affianco al nome della specie stessa. Ad esempio, Talitrus saltator (Montagu, 1808), vuol dire che George Montagu ha descritto questa specie per la prima volta nel 1808. In realtà, egli descrisse questa specie nel 1808 chiamandola Cancer saltator. Successivamente, i tassonomi hanno rivisitato la nomenclatura del sottordine Gammaridea di cui fa parte la specie, ed è stata rinominata Talitrus saltator da Chevreaux & Fage nel 1925. Ogni specie è quindi caratterizzata da due nomi latini. Il primo termine (nome generico) ha sempre l'iniziale maiuscola, mentre il secondo termine (nome specifico) viene scritto in minuscolo; entrambi i nomi vanno, inoltre, scritti in corsivo (Talitrus saltator). In questo modo, tutti gli studiosi possono capire di che specie si stia parlando. Se invece utilizzassimo i nomi comuni sarebbe difficile capirsi: le

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SCHEDA  TASSONOMICA  DELLE  PULCI  DI  SPIAGGIA:  Talitrus  saltator  (Montagu,  1808)   Le  pulci  di  spiaggia  appartengono  a:    Regno    Animalia;  esseri  viventi  pluricellulari,  eterotrofi,  con  uno  stadio  mobile  nel  loro  ciclo  vitale    Phylum  Artropoda:  animali  rivestiti  di  cuticola  e  con  appendici  articolate    Subphylum   Crustacea:   artropodi   con   due   antenne   e   altre   numerose   appendici,   spesso   di   forma  diversa,  e  in  numero  superiore  a  tre    Classe  Malacostraca:  crostacei  con  un  numero  costante  dei  segmenti  del  corpo  (19)    Ordine  Amphipoda:  malacostraci  con  il  corpo  schiacciato  lateralmente    Famiglia   Talitridae:   le   differenze   rispetto   alle   altre   famiglie   di   anfipodi   si   trovano   in   alcuni   aspetti  importanti  delle  appendici    Genere  Talitrus:  le  differenze  tra  i  vari  generi  della  famiglia  vanno  ricercate,  anche  in  questo  caso,  in  alcuni  aspetti  importanti  delle  appendici    Specie  T.  saltator:  è  l’unica  specie  appartenente  al  genere  Talitrus      Perché  tutti  questi  nomi?  

Perché  le  specie  attualmente  descritte  superano  il  milione  e  mezzo  ed  è  necessario  capire  le  similitudini  e  le  differenze  tra  di  loro  per  interpretare  la  biodiversità.  E’  questo  il  compito  della  Sistematica  biologica,  una  Scienza  difficile  ed  affascinante  che  attraverso  la  Tassonomia  riconosce  le  caratteristiche  dei  diversi  gruppi  di   esseri   viventi   a   livelli   diversi   (Regno,   Phylum,   Classe,   Ordine,   Famiglia,   Genere,   Specie)   utilizzando  caratteri  morfologici,  ecologici,  molecolari,  etc..  

Il   cognome   di   chi   descrive   per   la   prima   volta   una   specie   e   la   data   della   descrizione   compariranno  affianco   al   nome   della   specie   stessa.   Ad   esempio,   Talitrus   saltator   (Montagu,   1808),   vuol   dire   che  George  Montagu  ha  descritto  questa  specie  per  la  prima  volta  nel  1808.  In  realtà,  egli  descrisse  questa  specie   nel   1808   chiamandola   Cancer   saltator.   Successivamente,   i   tassonomi   hanno   rivisitato   la  nomenclatura   del   sottordine   Gammaridea   di   cui   fa   parte   la   specie,   ed   è   stata   rinominata   Talitrus  saltator  da  Chevreaux  &  Fage  nel  1925.    

 Ogni  specie  è  quindi  caratterizzata  da  due  nomi   latini.   Il  primo  termine   (nome  generico)  ha  sempre  l'iniziale  maiuscola,  mentre  il  secondo  termine  (nome  specifico)  viene  scritto  in  minuscolo;  entrambi  i  nomi   vanno,   inoltre,   scritti   in   corsivo   (Talitrus   saltator).   In   questo  modo,   tutti   gli   studiosi   possono  capire  di  che  specie  si  stia  parlando.  Se  invece  utilizzassimo  i  nomi  comuni  sarebbe  difficile  capirsi:  le  

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pulci   di   spiaggia   in   inglese   vengono   chiamate   “sandhoppers”,   in   francese   “flea   plage”,   in   spagnolo  “pulga  de  arena”e  nelle  altre  lingue  con  nomi  sempre  diversi.  

Il  lavoro  di  un  tassonomo  è  spesso  lungo  ma  affascinante,  perché  è  in  grado  di  attribuire  un  nome  alle  specie  del  gruppo  oggetto  di  studio  fornendo  a  tutti  gli  altri  studiosi  (ecologi,  etologi  genetisti….)  gli  strumenti   per   riconoscere   le   diverse   specie   attraverso   i   propri   caratteri   diagnostici.   Perciò   è  necessario  che  l'informazione  tassonomica  sia  disponibile  in  una  forma  accessibile  (riviste  scientifiche,  monografie,   guide   da   campo…).   Spesso   sono   necessari   strumenti   per   l’indagine   morfologica  (microscopio  ottico,  a  scansione)  e  sempre  più  frequentemente  strumenti  per  l’indagine  molecolare.    Per   chi   fosse   interessato  ad  osservare  un   talitro   in  movimento  nel   suo  ambiente   clicchi   il   seguente  link:    www.youtube.com/watch?v=0ZH2wVqo8C0ww.youtube.com/watch?v=0ZH2wVqo8C0      

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LA  RESPIRAZIONE  ATTRAVERSO  LE  BRANCHIE  NELLE  PULCI  DI  SPIAGGIA      Le   pulci   di   spiaggia   (talitri),   pur   vivendo   fuori   dall’acqua,   respirano   con   le   branchie,   lamelle   sottili,  unite  alla  faccia  interna  delle  coxe  delle  zampe  toraciche  (Figure  1,2).      

   Figura  1:  Anatomia  di  un  talitride                                                                                                          Figura  2:  Sezione  trasversale  del  torace  di  un  talitride      Le  branchie  hanno  forma  ovale  e  nel  loro  spessore  esistono  spazi  e  sottili  canalicoli  attraverso  i  quali  scorre   l’emolinfa   (liquido  extracellulare   interno  che   trasporta   l’ossigeno   in   soluzione).   Il  processo  di  respirazione  (scambio  tra  ossigeno  e  anidride  carbonica)  avviene  se  i  due  gas  sono  disciolti  in  acqua:  le  superfici  respiratorie  sia  degli  animali  terrestri  che  di  quelli  acquatici  sono,  quindi,  sempre  umide.  La  superficie   respiratoria   deve   essere   sufficientemente   estesa   da   garantire   l’assunzione   di   ossigeno   e  l’eliminazione   di   anidride   carbonica   in   tutto   l’organismo   e   nel   corso   della   storia   evolutiva   dei   vari  gruppi   animali   sono   state   realizzate   numerose   soluzioni   diverse   per   aumentare   la   superficie   di  scambio,  Per  mantenere  umide   le  superficie  respiratorie,   i   talitri  sono  costretti  a  vivere  nella  sabbia  bagnata:   riescono   a   sopravvivere   proprio   grazie   alle   branchie   che   sono   più   efficienti   dei   polmoni  (superfici   respiratorie   interne)   ad   estrarre   tutto   l’ossigeno   possibile   nell’acqua,   in   cui   la  concentrazione   di   ossigeno   disciolto   è   inferiore   di   quello   presente   nell'aria   (meno  dell'1%   contro   il  21%   circa).   La   forma   sottile   ed   espansa   delle   branchie   aumenta   la   superficie   utile   per   la   cattura  dell’ossigeno  (Figura  2).          

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GLI  OCCHI  COMPOSTI  DELLE  PULCI  DI  SPIAGGIA      Nelle   pulci   di   spiaggia   (talitri)   gli   occhi   sono   situati   su   ciascun   lato   del   capo.   Si   chiamano   “occhi  composti”  perché  sono  costituiti  da  un  numero  elevato  di  fotorecettori  definiti  ommatidi  (le  “faccette”  dell’occhio),  ciascuno  provvisto  di  una  propria  “lente”  (cornea)  cuticolare  esagonale.  Al  di  sotto  della  lente  si  sviluppa  un  cono  cristallino  e  al  di  sotto  del  cono  cristallino  si  trovano  le  cellule  fotorecettrici    (Figure   1,   2,   3).   Si   tratta   di   cellule   allungate   che   formano   una   specie   di   fascio   che   collega   il   cono  cristallino  alla  membrana  basale.  La  parte   fotosensibile  di  queste  cellule,  che  formano   la  retinula,  è  limitata  al   lato   interno,   rivolto  verso   l’asse  centrale  dell’ommatidio.  Al   centro  del   fascio   c’è,  quindi,  una  specie  di  colonna,  definita  rabdoma,  formata  dai  lati  fotosensibili  delle  cellule  retinulari  (Figura  3).  Nel  rabdoma  è  presente  il  retinene,  il  pigmento  fotosensibile.  Le  cellule  retiniche  si  prolungano  in  una  fibra  nervosa  che  raggiunge  il  lobo  ottico,  situato  nella  parte  anteriore  del  cervello.    

                                                       Figure  1,2,3:  Foto  di  talitri  e  dei  loro  occhi  (in  alto).  Al  centro  e  a  destra  schemi  degli  occhi  composti.      Cellule   pigmentate   circondano   il   cono   cristallino   e   le   cellule   retiniche.   Se   il   pigmento   delle   cellule  pigmentate   è   diffuso   i   singoli   ommatidi   agiscono   come   unità   indipendenti:   ogni  retinula  è  impressionata   soltanto   dai   raggi   di   luce   che   giungono   a   colpirla   direttamente   attraverso   la  cornea  dell'ommatidio,   raccogliendo   una   limitata   porzione   dell'immagine.   L'immagine   completa   si  ottiene   dal   mosaico   creato   da   ogni   singolo   occhio;   si   ha   così   una   visione   per   apposizione.   Questa  funzionalità  permette  la  percezione  di  un'immagine  nitida,  ma  solo  in  condizioni  di  elevata  luminosità.    Se   il  pigmento  è   concentrato   la   luce  attraversa   le  pareti  degli  ommatidi  e   l’intero  occhio  composto  funziona  come  fosse  un’unica  struttura  foto  recettrice:  i  raggi  emanati  da  ciascun  punto  dell'oggetto  stimolano  le  retinule  di  più  ommatidi  e  ciascuna  di  queste  raccoglie  i  raggi  provenienti  da  più  punti;  in  questo   caso   si   ottiene   una   maggiore   fusione   delle   singole   immagini   e   si   ha   una   visione   per  sovrapposizione.  Anche  in  questo  caso,  l'immagine  finale  è  una  specie  di  mosaico.  Questa  struttura  dell'occhio  non  consente  di  distinguere  bene  i  dettagli,  ma  è  eccellente  per  cogliere  minimi  movimenti  utili,  ad  esempio,  durante  la  predazione.      

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ARENA  SPERIMENTALE    Le  pulci  di   spiaggia   (talitri),  per   far   ritorno  alla   fascia  più  umida  della   spiaggia   (“direzione   teorica  di  fuga”),  sfruttano  un  particolare  comportamento  orientativo,  basato  sulla  posizione  del  sole  (bussola  solare).  Trovano  sempre  la  direzione  verso  la  linea  di  riva  in  base  al  movimento  apparente  del  sole.      Questo  comportamento  è  ereditario:  piccoli  nati  in  laboratorio,  senza  aver  avuto  mai  esperienza  della  spiaggia  di  provenienza  dei  genitori,   sono   in  grado  di  muoversi  verso   la  direzione   teorica  del   “loro”  mare”.  Questo  comportamento  ereditario  è  stato  messo  in  evidenza,  nella  metà  del  ‘900  dagli  etologi,  

ossia   gli   studiosi   del   comportamento   animale,  dell’Università   di   Firenze   attraverso   “arene   circolari  sperimentali”  (Figura  1).      

                                 

   

 L’arena   è   composta   da   una   base   di   40   cm   di   diametro   e   9   cm   di   altezza,   coperta   da   una   lastra   in  plexiglass   che,   lungo   tutto   il   bordo,   è   suddivisa   in   72   pozzetti:   ogni   pozzetto   corrisponde   a   5°   del  quadrante  di  una  bussola  (Figura  2).  La  base  è  coperta  da  un  cilindro  di  40  cm  di  diametro  e  di  25  cm  di  altezza,  con  un  coperchio  di  40  cm  di  diametro  e  un  foro  al  centro  di  6  cm.  Nel  foro  viene  inserito  un  cilindretto  di  30  cm  di  altezza  e  diametro  di  circa  6  cm  da  infilare  nel  foro  del  coperchio.  I  talitri  in  esame  vengono  liberati  al  centro  dell’arena  (Figura  1)  e,  nello  scegliere  una  direzione  di  fuga,  cadono  in  uno  dei  72  pozzetti,  permettendo  all’osservatore  di  stabilire  la  direzione  presa  (Figure  3,  4,  5).  

Figura  1:  Schema  di  un’arena  circolare  sperimentale  

Figura  2:  Direzioni  di  movimento  assunte  dai  talitri    

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Figure  3,4,5:  osservazioni  sul  comportamento  orientativo  dei  talitri  (Parco  della  Maremma,  Principina  a  Mare,  maggio  2003)