SBARBARO e i Licheni - Eco-formazione...Pure, era un padre sensibile, forse il primo a insegnargli...

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SBARBARO e i Licheni a cura di M. Ivana Trevisani Bach

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  • SBARBARO e i Licheni

    a cura di M. Ivana Trevisani Bach

  • In questo incontro,

    tralasciando ogni analisi letteraria sulla poetica di Sbarbaro(che non è di mia competenza),

    parlerò della sua passioneper i licheni

    e delle motivazioni che lo spinsero a dedicarsi allo studio della botanica.

    PREMESSA

  • Dalla poesia alla botanica.Perché?

  • Perché la sua attività di poeta praticamente si interruppe

    dopo la pubblicazione di “Pianissimo”? (1914, La Voce)

    Perché, dopo la prima Guerra mondiale, Sbarbaro abbandonò, quasi completamente,

    la poesia e si dedicò alla prosa (Trucioli)?

    Domande:

  • Perché per oltre 30 anni

    si dedicò allo studio dei Licheni?

    “Un silenzio durato vari lustri”

    come dice Sbarbaro stesso.

  • Ecco alcune mie personali,

    e forse discutibili,

    spiegazioni.

    Partirò dalle sue esperienze di ragazzo,

    poi di poeta,

    poi di soldato,

    e infine riferirò delle sue definitive scelte di naturalista.

  • Come si forma la personalità di questo ragazzo sensibilissimo, timido e schivo?

    “Nelle mie camminate di ragazzo, quando arrivavo in città, scendevo dal marciapiede perché il rumore dei passi non richiamasse l’attenzione”.

    Ecco come descrive la sua timidezza:

  • In famiglia: nonostante l’affettuosa presenza della zia, la mancanza della madre (morta quando lui era molto piccolo), si fa sentire.

    Anche il padre, pur amato, è distante:

    Camminavamo, mia sorella ed io, con in mezzo l’ombra zitta e nera di nostro padre.

    Un padre autorevole, ma lontano.

  • Pure, era un padre sensibile, forse il primo a insegnargli ad amare la Natura.

    “ Padre, se anche tu non fossi il mio Padre se anche fossi a me un estraneo, per te stesso egualmente t'amerei.Ché mi ricordo d'un mattin d'invernoche la prima viola sull'opposto muro scopristi dalla tua finestra. E ce ne desti la novella allegro.Poi, la scala di legno tolta in spalla, di casa uscisti e l'appoggiasti al muro.Noi piccoli stavamo alla finestra”.

  • A scuola non mancarono episodi di bullismo che accentuarono la sua naturale timidezza.

    Racconta Sbarbaro in Trucioli

    Ad attirarmi l’antipatia dei compagni era stato mio padre (che aveva preteso che mi separassero dal compagno di banco che mi aveva attaccato i pidocchi) e il colletto inamidato che, per ingenua vanità, la zia Benedetta mi infliggeva.

    Non uscivo dalla scuola fino a quando lei non veniva a prendermi.

    Una volta, al mio comparire fuori, mi accolse una salva di fischi dei compagni. Benedetta prese il mio braccio e mi scampò contro di sé. Poi, cominciò l’interminabile discesa seguiti da presso da tal canea. Ogni tre passi, Benedetta si impuntava e si rivoltava come un galletto, salutata al nostro riavviarsi, da un rinforzare di fischi.….

    “Non piangere “ mi diceva Benedetta “ è l’invidia, ce l’han con te perché sei il meglio vestito e sei il primo della classe”.

  • In ginnasio, con la mia sete di letture contagiai i compagni.

    Allarmato dall’estendersi dell’epidemia, il clero intervenne;

    il parroco bandì dal pulpito la crociatae il curato entrò nelle case a sequestrare libri”.

    Poi , i difficili anni passati dai Salesiani di Varazze.Ecco alcuni suoi ricordi citati in Trucioli

    “ Ragazzo andavo, a piedi, da Varazze a Savona, per acquistare libri. (magari la Signora Autari)

  • Io fui additato come la pecora nera;le famiglie ci diedero la caccia,

    ci frugarono addosso,cercarono libri fin sotto ai materassi.

  • E …quanto pudore, quanto riserbo di adolescente nel ricordo di un’esperienza di molestia da lui sopportata nel collegio!

    “ avere 15 anni e lasciarci abbracciare dietro a una porta non può essere peccato”

    Ma il suo giudizio sui pedofili corruttori è severo:

    Il cipresso, a distanza pare perfetto,ma scrutato dentro…ci sono ratti, vespe, scorpioni, ragnatele, detriti.

    Che cosa nasconde, nell’abbottonatissimoabito di prete,

    il moralista dalla coscienza sporca?

  • Sono gli anni del noto scandalo sulla pedofilia presso la scuola dei Salesiani di Varazze (vedi l’approfondito studio storico delprof PierLuigi Ferro “Messe nere sulla riviera” , UTET editore).

    Scandalo che convinse molte famiglie a mandare i propri figli in una scuola laica.

    Al liceo Chiabrera approdarono così molti ragazzi.

    Persino Angelo Barile, che pure apparteneva a una famiglia cattolica, lasciò gli Scolopi (con gran disappunto dei suoi precedenti insegnanti).

  • La prima pagella di Sbarbaro al Liceo Chiabrera,un alunno portato per le materie scientifiche!!

  • Al Liceo Chiabrera di Savona, il giovane Sbarbaro seguì le lezioni di filosofia tenute dal Prof. Adelchi Baràtono che gli lasciarono un’importante e duratura impronta di etica laica e di amore per la bellezza e per la poesia.

    Adelchi Baràtono

  • Scrive Adelchi Baràtono:

    [... ] l'artista ha il diritto e il dovere di tradurre nella forma estetica tutti i

    contenuti dello spirito, che ne sono la vera "ispirazione";

    •perché il bello non è che rivelazione degli

    altri valori ideali;

    •perché l'arte è l'interprete dei bisogni più

    profondi della vita,

    •perché l’arte non è arte se non diventa

    poesia.

    Poteva un giovane poeta in erba non subire l’influenza di un tale maestro?

  • Già il padre di Sbarbaro aveva incoraggiato i primi tentativi poetici del giovanissimo Camillo perché aveva trascritto

    - amorevolmente e orgogliosamente-

    una sua poesia e l’aveva inviata a

    “Illustrazione popolare” dove fu pubblicata

  • Ma fu al liceo, su consiglio dell’amico Angelo Barile, che i compagni stamparono, a loro

    spese, i suoi primi versi

    in “Resine” (1911)

    (“Bolle di sapone” era il titolo scelto da Sbarbaro , come per sottolinearne la loro effimera esistenza).

  • Racconta Sbarbaro:

    Passando per il Corso, la sua uscita mi procurò l’ebbrezza di sbirciare il mio nome bene in vista nella vetrina del maggior libraio.

    Poi arrivò una recensione di Angelo Barile sul Letimbro e un ricavo di sole 16 lire…

    Così riferisce in Trucioli la sua prima esperienza di pubblicazione poetica (Resine)

    Sbarbaro finalmente sicuro e contento di sè

  • In quei giorni l’entusiasmo per quel primo successo fu grande:

    “…si scambiavano per ali le scapole. C’era una ressa di speranze che opprimevano il cuore con promesse eccessive.

    Si abbracciava l’aria e pareva di stringere il mondo”.

    …. Perciò, Sbarbaro prese il coraggio di mandare una sua raccolta poetica a una importante rivista letteraria

  • Nel 1914, inviò “Taci anima stanca” e altre poesie a ” La Libreria della Voce”, in Firenze.

    Il libretto piacque a Soffici e a Prezzolini che lo pubblicò.

    “Sottovoce” era il titolo proposto da Sbarbaro .

    Papini , dopo averlo stroncato verso per verso, propose “Pianissimo”.

    E così fu.

    Sbarbaro accettò quell’autorevole suggerimento anche se lui, da buon ligure, non era tipo da superlativi.

  • 1914, con la pubblicazione di “Pianissimo” Sbarbaro entra a far parte dei poeti affermati

  • A proposito di questi titoli; ecco la severa riflessione auto-critica

    fatta da Sbarbaro, anni dopo, su Trucioli:

    ” ecco i miei titoli:sottovoce, trucioli, rimanenze, bolle di sapone, scampoli, Fuochi fatui, ecc.

    Mi denigro,

    Oppure, più umile è l’atteggiamento e maggiore è la mia superbia?”

    Persino Montale dice di aver scelto il titolo della sua raccolta “Ossi di seppia”, proprio in onore della “poetica dello scarto” di Sbarbaro .

  • Ma arriva la tragica parentesi della guerra. Anche Sbarbaro ne rimane travolto.

  • “ Quando mi inflissero un fucile, dentro mi raggrinzii, come vergine violentata da un mascalzone”

    Ecco le riflessioni sulle sue esperienze di quel periodo:

    Vi partecipa, prima come volontario nella Croce Rossa, poi, nel 1917, non può più tenersi fuori da quel massacro e viene arruolato come tenente.

    Quale migliore dichiarazione di pacifismo!!di pacifismo!

  • Sbarbaro però, anche in quella immane tragedia, trovò consolazione nella Natura, nei boschi vicino al fronte, (come aveva imparato a fare da ragazzo , vedi l’escursione a Montegrosso di Varazze , esperienza di cui racconterò più avanti)

    immergersi in un bosco per dimenticare gli orrori della guerra

    “Imparai ad immergermi in un bosco, come in un pozzo. Penetrarmi di silenzio, in un colonnato inviolabile al sole, dove perdermi.Foresta dove gli anni contano per giorni. Tempio in cui i vivi pilastri lasciano sfuggire indistinte parole. Nella calca delle esistenze di un bosco l’io si umilia a riconoscersi.

    …..……… In seguito, le immagini di quei boschi spalancarono nella mia clausura cittadina balconi di frescura”.

  • Alla fine della guerra venne mandato

    a Luzon (presidio in terra di conquista), nei territori di lingua tedesca da poco occupati dall’Italia,

    Qui, con il suo animo gentile e poco bellicoso, conquistò il cuore di una popolazione inizialmente ostile.

    Diventò amico del parroco (con cui parlava in latino) che lo accompagnò nelle sue “escursioni “ botaniche

    Scrive a al suo amico Angelo Barile:Qui abbondano i muschi; non mi mancherà quindi la compagnia e il daffare….omissis

  • “Arrivai al paese a dorso d’asino. Lì dissi ai miei soldati:

    “Fate ch’io non mi accorga che ci siete e voi non vi accorgerete ch’io ci sono.

    Insomma: liberi tutti”.

    “Mio solo onere , assistere alla lezione di italiano che in una scoletta veniva impartita a pochi volenterosi, sebbene allettati da un’abbondante colazione.La maestra, una signorina di Bressanone, scriveva sulla lavagna, in italiano, invitanti frasi indirizzate a me che io fingevo di ignorare.”

    Insomma per Sbarbaro una bella vacanza immerso nella sua amata Natura.

  • Ecco alcuni brani tratti da una lettera inviata all’amico Barile che descrivono questo soggiorno:

    “ Mi son dato a corpo perso alla botanica, scruto ogni indizio di verde che la neve lascia allo scoperto.

    Perché la Patria non mi fa conservatore di un Museo d Storia Naturale?

    Ho memoria prodigiosa per le poche cose che amo”.

  • LUSON:“La primavera ha appena messo i fiori

    al pero vicino alla mia casetta”

    Sbarbaro con il suo attendente,a Luson

    vicino al pero fiorito

    Dopo due mesi, però, venne mandato a Ferrara

    Mi piange il cuore lasciare Luson dove trascorsi 55 giorni indimenticabili.

  • A guerra finita Sbarbaro torna a Firenze dove spera di avere buona accoglienza.

    Rivede alcuni amici.Ma tutto è cambiato.

    Le persone che contano lo deludono o lo offendono profondamente.

    In particolare l’incontro con Papini.

    Sbarbaro dopo la guerra

    Il progetto di affidare i primi “Trucioli” alla stampa della “Voce” fallisce.

  • Ecco come Sbarbaro descrive quell’incontro:Gli apre la porta un servo in livrea che lo abbandona in un’anticamera in cui campeggia il busto del padrone di casa.Papini lo accoglie freddamente. Gli viene incontro un “untuoso” pretino che chiede notizie del porto di Genova, della sua efficienza, ecc.

    Sbarbaro si mostra ignorante su tali temi, allora Papini deplora il disinteresse che i “cosiddetti” intellettuali hanno per le cose concrete, per i problemi reali.

    Alla fine, Papini gli propone solo di includere alcune poesie in una sua futura antologia ”Poeti d’oggi”.

    - Oltre ai dati personali c’è da aggiungere qualcosa? - Chiede freddamente Papini.

    Sbarbaro segnala di aver partecipato alla guerra.

    Allora Papini ironizza sul fatto che quella è nella vita di molti il solo avvenimento degno di nota.

    Sbarbaro rimane umiliato da questa risposta.

  • In Trucioli, Sbarbaro ricorda, un altro precedente spiacevole incontro avuto con Papini.Nel 1914, Papini lo aveva canzonato per un suo vestito definito “pacchiano” .

    E cita una frase comparsa su “Riviera ligure”, - e mai da lui scordata- , in cui Papini dice di sé:

    “ A difendere i miei 50 chili vestiti di stoffa inglese, c’è un fucile sul Sabotino e un cannone a Verdun.”

    Anche la sorella di Sbarbaro, Clelia, ferita dal modo altezzoso e maleducato con cui ricevette a Firenze il fratello riferisce:

    “Mio fratello conobbe Papini. Non meritava. Criticò persino il suo modo di vestire, inelegante e goffo.”

  • la prima edizione di “Trucioli” esce

    nel 1920 con l’editore Vallecchi

    È La sua prima opera in prosa che verrà rivista e completata in altre edizioni molti anni dopo.

    Deluso, Sbarbaro decise proprio in quei giorni di dedicarsi alla Prosa, come già aveva iniziato a fare nel periodo bellico

    scrivendo i primi Trucioli.

  • Gli anni seguenti vedono l’affermarsi del Fascismo in Italia

    L'adesione di Sbarbaro al Partito Nazionale Fascista non avviene mai.

    E Sbarbaro, deve rinunciare al suo posto da insegnante presso i Gesuiti genovesi.e all’eventuale lavoro alla “Tribuna” a cui precedentemente aveva sperato

    Quindi, la censura blocca una sua opera: "Calcomania",

    la volta che scrissi : “ nel deserto io guardo con asciutti occhi me stesso” parevo cominciare, invece finivo.

    M’ero fatto l’epitaffio”.

    Dirà anni dopo:

    episodio che segna quasi sicuramente l'inizio del suo silenzio di scrittore, silenzio che verrà rotto solo nel dopoguerra

  • Oltre alla prosa, fortunatamente, Sbarbaro aveva un’altra importante risorsa:

    Lo studio della Natura.

    • Scrive Sbarbaro ad Angelo Barile (CARTOLINE IN FRANCHIGIA):

    • “ho questa risorsa: d’avere in me stesso la migliore compagnia e, nella Natura, la mia consolatrice.”

    Come nacque questa passione?

    In “Trucioli” si possono trovare alcune informazioni che lo spiegano

  • passione che inizia nella prima giovinezza durante le passeggiate per preparare un erbario

    con il suo insegnante di Scienze (don Gresino)

    In questo senso il suo atteggiamento è un chiaro rovesciamento di quello estetizzante dannunziano. La seconda ragione per cui questa categoria non può essere applicata a Sbarbaro è di natura stilistica: il concetto estetico di espressionismo presuppone

    e si completa durante la sua celebre gita, fatta quando era ragazzo, a Montegrossso (Varazze)

  • Il maestro e ispiratore di questa passione fu senz’altro il suo primo insegnante di Scienze: Don Gresino. Quello con cui andava a cercare esemplari per l’erbario.

    Cita Sbarbaro:

    Dal Beigua dove si vedeva il Monviso e il monte Rosa scrissi su un muretto:

    “Montagne, amiche mie unicheio son per la vita e per la morte tutto vostro.”

    - “Buffone” - commentò don Gresino.

    A ragione… Pensò, in seguito, Sbarbaro

    Fu questa lezione a insegnargli il gusto della misura, della moderazione, del truciolo, dello scarto? Dell’eliminazione dell’enfasi e delle parole ad effetto?

  • Passeggiata a Montegrosso(vista di Ponente)

  • Pini parasole stagliati netti al barbaglio del mare.

    … Il tremito d’argento,

    … il mulinello di luce dell’ulivo.

    Ecco alcune sue “pennellate poetiche” di Sbarbaro nella descrizione di quell’ambiente:

  • MontegrossoVista di Levante

  • Bellezze mozzafiato, moltocoinvolgenti per l’emotiva sensibilità di un

    adolescente.

    Esperienza totalizzante, quasi mistica.

    Ecco come descrive in Trucioli la sua prima esperienza.

    Una vera e propria “estasi”

  • Montegrosso, Madonna della Guardia, Varazze.

    “E là, una sera d’estate, presentii la mia vocazione.

    Suonava l’avemaria, mi giungevano con quello scampanio fievoli e spersi belati, prossime voci di genti sottratta alla vista...

    chiedevano tutti d’essere accolti e, non sapevo come, esauditi. Al cuore facevano ressa e gli davano un soffocamento soave. Era un mondo piccolo, ma tutto il mio mondo, che urgeva di essere espresso. Così preme alla bocca del muto la parola necessaria…Mi pareva che a tanta premura potesse rispondere solo un abbraccio che

    comprendesse il cielo, il fil d’erba, le voci, il silenzio.Un gesto che solo a tentarlo non bastassero braccia.

    Marea mi montava nel petto. Quel soverchio di gioia tramutava in tormento. Vacillai sopraffatto e mi trovai da quell’empito messo in terra a sedere.

    Attirai un cespuglio abbozzai un abbraccio. Inappagato e pur colmo di gioia, oppresso di felicità, restai sull’erba a sorridere

    muto….

  • Solo amore dicevano gli occhi a toccar per primi quel luogo. Aderivo al silenzio, mi trovavo nell’erbe che l’abitavano estatiche, forme di esso

    in esso calate, trattenevo il respiro per mettermi al passo con loro.

    Uscito di me, scaduto a pianta. Esaudito.

    Già come intrusi guardavo gli insetti, illusoria e fugace la calma in me scesa. Stavo fermo, beato”.

    Affacciato a quel valico , l’estate mi parve la terra promessa, il punto del mondo da cui traboccare al di là. L’incanto vissuto, ciò che resta d’una cosa che ci fu sussurrata. Come chi, per indugiare d’un attimo il sogno, sta fermo, vicino a destarsi, chi sa di sognare.

  • Ripensandoci, la notte mi diedi nel letto a far capriole, tritone nell’acqua, delfino nella scia d’una nave. In un accesso di gioia mi buttavo da un fianco all’altro e bocconi nel buio cercavo di ricomporre negli occhi quell’Eden.

    Avevo intravvisto un varco segreto in cui rifugiarmi.

    Ormai sapevo che avrei in me stesso, per sempre, il rifugio nel quale

    essere solo, per guarire qualunque ferita. Per ristorarmi di me; la meta finale che toglie senso al tumulto del mondo.

    Fu questa certezza che scatenò quella gioia notturna, tutta in me chiusa. Incontenibile come l’acqua costretta sotterra che irrompe in pennacchio all’aperto.

  • Il suo amore per la Natura diviene così una vera e propria preghierache echeggia quella di una fede ormai da lui abbandonata:

    Terra, tu sei per me piena di graziafinché vicino a te mi sentiròcosì bambino, fin che la mia penain te si scioglierà come la nuvola nel sole……Il mio cuore si gonfia per te, Terra,come la zolla a primavera….In te mi lavo come dentro un’acquadove mi scordo tutto di me stesso.Terra, tu sei per me piena di grazia…

  • Ecco l’imprinting che segnò la sua vita per sempre e che gli permise di trovar rifugio dalle delusioni fiorentine e, in seguito, dall’opprimente atmosfera del Fascismo a cui mai aderì.

    Ma perché dedicarsi proprio al mondo dei licheni?

    Insomma, l’anima stanca del poeta rinasce e diventa cuore gonfio d’amore per la Natura

  • Ecco perché

    “Quando un luogo mi piace… mi viene la voglia di sorvolarlo, di tuffarmi in un verde, di calarmi dove l’acqua canta,…. Andare e tornare, essere qui ed essere là. Piluccare quel luogo come un grappolo d’uva, a gara con la farfalla che vaga nel suo prato di fiori.

    “ Con l’erbario il sogno si avvera, e non per un luogo, ma per il mondo;ogni lichene è un punto del globo; lì vi nacque e a suo agio vi crebbe.

    Lì posso anche io arrivare”.

    L’erbario è per me più che altro una raccolta di ricordi, di passeggiate fatte, un’ evocazione di terre che non vedrò.

    •“ far raccolta di piante è far raccolta di luoghi, un campionario del mondo”.

  • Quali altre motivazioni, oltre alla sua particolare passione per la Natura, lo spinsero all’abbandono

    del “vacuo e pretenzioso” mondo dei letterati?

    •Certamente una grande affinità per il serio e concreto ambiente scientifico.

    •Certamente le importanti manifestazioni di stima che l’ambiente accademico gli tributò

    Ecco come descrive il suo lavoro botanico:

    “La gioia di trovare una pianta, mai trovata.La scoperta di 127 specie nuove.

    In trenta anni di ricerche,

    ho dato anch’io una mano all’inventario del mondo”.

  • La sua importante collezione di licheni è stata da lui donata al Museo di Storia Naturale di Genova.

    Molti campioni da lui raccolti e catalogati sono custoditi presso musei botanici e dipartimenti universitari europei e americani.

    Molto importante il suo contributo alla collezione del Field Museum di Chicago.

    Sbarbaro e i Licheni

    Delle 127 nuove specie descritte da Sbarbaro, una ventina porta il suo nome.

    C’è una straordinaria corrispondenza fra il deserto urbano delle sue poesie e il mondo scabro ed essenziale in cui vivono i licheni

  • I licheni; li abbiamo visti tante volte (simbiosi).

    Ma li conosciamo veramente?

  • Esempio di lichene foglioso: Evernia prunastri

  • Licheni crostosi su roccia

  • Sui tronchi: licheni epifiti.Ottimi bioindicatori

  • Perché Bioindicatori?

    I licheni epifiti sono bioindicatori dell’inquinamento atmosferico perché per il loro metabolismo, dipendono esclusivamente dall’atmosfera.

    (non assorbono dal terreno liquidi e altre sostanze)

  • Ma com’è un lichene, in sezione, al microscopio?

    Una interessante simbiosi fra un fungo e un’alga

    Anche nell’ambiente più difficile i licheni riescono a sopravvivere grazie a una singolare cooperazione, e a volte competizione, fra i suoi due componenti

  • Ecco la recente pubblicazione degli Atti

    di un Convegnosull’attività di Sbarbaro

    botanico

    (curato da Giuseppe Magurno

    ed editato da Carocci )

    (Brescia, 29 febbraio-1°marzo 2008).

    Il successo dell’attività scientifica di Sbarbaro continua nel tempo…

  • Perché i licheni, metafora della sua esistenza schiva, hanno alimentato, per oltre 40 anni, l’immaginario di

    Sbarbaro nel «grande deserto» del mondo.

  • Nel dopo guerra su richiesta di amici:Gina Lagorio, Vanni Scheiwiller e Adriano Guerrini

    Sbarbaro raccolse le “rimanenze” di alcune vecchie poesie in nuove raccolte, tra cui:

    Rimanenze e Versi Dina (1955 e 1956)

    Raccolta molto difficoltosa perché il ritroso Sbarbaro, nel suo ultimo rifugio di Spotorno, faceva resistenza a queste intrusioni degli amici.

    Le visite lo indispettivano; gli scombussolavano la giornata, gli facevano interrompere le sue cure per i geloni alle gambe, disturbavano la sorella anziana e quasi cieca, ecc.

    Gina LagorioAdriano Guerrini

  • Scrisse: “Io ho una sola ricchezza: la mancanza d’impegni (anche con me stesso), la intera disponibilità del mio tempo. (...)

    Infine, nulla mi riesce più imbarazzante e mi pare ozioso che discorrere di letteratura e ascoltare discorsi che non mi interessano minimamente.

    Insomma: ormai, il desolato mondo dei licheni è la sua vera, unica, passione!

  • Di questa sua «ritrosia» ci sono testimonianze nelle lettere spedite a Guerrini pubblicate nelle edizioni «San Marco dei Giustiniani»

    Nota: le lettere che arrivavano a Sbarbaro venivano da lui regolarmente distrutte.

    IL rapporto con Guerrini fu inizialmente difficile:l’invadenza del romagnolo Adriano che

    definiva Sbarbaro il suo vero padre, confliggeva con quello riservato del ligure Camillo che rifiutava una simile impropria attribuzione.Col passare degli anni, però, fra i due si stabilì una fruttuosa intesa , specie dopo che Guerrini incominciò a pubblicare la rivista «Diogene» tanto è vero che nelle sue ultime lettere Sbarbaro si firmava con

    «tuo Millo»

  • Sbarbaro, ormai anziano, colpito da varie infermità , si ritirò con la sorella nella modesta casa di Spotorno, dove trovò ancora consolazione nella Natura.Scrisse nel suo “Addio ai Licheni”:

    “Benedetto amore.Oggi, ancora che ho il piede sulla soglia, pochi passi mi bastano per raggiungere l’uliveto sul mare, dove per ore, in silenzioso a tu per tu con una muricciadi fascia, passerò di gioia in sorpresa: gioia di riconoscere e salutare a nome queste ritrose forme di vita, e sorpresa di incontrare quella che non risponde ad alcune delle fisionomie che quarant’anni di amorosa attenzione mi hanno stampato negli occhi.

  • 1. Il “vecchio “ ha ormai occhi color dell’aria, finestre che danno nel vuoto. Talora, in primavera, un ultimo sprazzo: un bagliore di vetri al tramonto”

    2. “Tutti i giorni si muore . La vita è un rumore che ogni anno si fa più fioco, quindi diventa un ronzio di conchiglia che dal mare illude.”

    3. “La vita è tanto corta da non parere che tutta ci appartenga. Ci muta da non lasciarci riconoscere nelle immagini che di noi tramanda la fuga degli specchi degli anni.

    Riflessioni di Sbarbaro negli ultimi anni

  • Felicità: ti ho riconosciuto dal fruscio con cui ti allontanavi.

    Con questi versi un grande poeta amante della Naturasi congeda dal mondo

  • poco dopo il funerale di Sbarbaro, davanti alla sua tomba,Adriano Guerrini, scrisse:

    Non c’è neppure il nome, qui, per ora.Lo scrivo a penna, piccolo, da un lato.Ma c’è il silenzio, il vento fra le fogliee il colle coi tuoi pini di Liguria.

    Così va bene, sì: ti piacerebbe.

    … Aggiungo “Caro”… Poi raschio via: tu non vuoi queste cose.Anche la sorte, il muro a calce, nudo.…Lascio accanto a quel nome dei papaveriChe ho raccolto sul prato, belli, effimeri.

    ( con questi versi di Guerrini, che fu mio professore al liceo Chiabrera, chiudo questo mio contributo a Sbarbaro).

  • Le opere, tutte insieme, confermarono il giudizio sulla poesia sbarbariana che Boine aveva scritto sulla “Riviera ligure “, molti anni prima:

    versi su cui i letterati non sanno né possono dissertare a lungo, ma di cui si ricorderanno gli uomini per i millenni".

    Quasi 20 anni dopo la sua morte, nel 1985 comparve,edita da Garzanti, questo volume della collana “Glielefanti” che riuniva tutti gli scritti di Sbarbaro raccolti daGina Lagorio e da Vanni Scheiwiller.

    Inutile dire che questa “altisonante” definizione parve esagerata allo schivo Sbarbaro!!

    Bibliografia

  • Autrice della presentazione:

    Dott.ssa in BiologiaM. Ivana Trevisani Bach

    [email protected]

    mailto:[email protected]