sarah - eBookservice.netNel frattemo salgo le scale aggrappandomi allo scheletro di quella che un...

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Sarah I " macchè",sobbalzo di impeto,"quel fottuto clacson del cazzo" impreco,biasciando, con la voce secca,con la potenza sonoro di un canarino muto, prigioniero nella bocca di un gatto. apro e chiudo le palpebre meccanicamente,ancora impastate dalle tre ore di sonno,circa,passate. Accanto a me c'è un tizio,mi sembra di ricordare che si chiamasse mark o marshall,non ha importanza difficilmente ne ha mai. La stanza è quella di uno studente ritardatato che si ammazza di pippe mentali,ore di videgames ,si ingozza di patatine fritte e birra scadente,da supermercato. Una smorfia prende forma sul mio volto,mi alzo silenziosamente,quasi a scatti. Non sopporterei il suo sguardo depravato,adesso,ne tantomeno il suono della sua voce. Ho già un dolore boia alle tempie...nella mia mente si susseguono scene di un film di cui io non faccio parte,mixate dal caso,senza seguire nessuna logica cronologica. Vedo gente di tutti i tipi,dall'imbranato che sorregge la colonna del locale,ai tizi vestiti metal,con giacconi e guanti di pelle,come se tutto ciò, andasse ancora di moda;vedo anche me stessa con in mano un bicchiere,a giudicare da come mi 1

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  • Sarah

    I

    " macchè",sobbalzo di impeto,"quel fottuto clacson del cazzo"

    impreco,biasciando, con la voce secca,con la potenza sonoro di

    un canarino muto, prigioniero nella bocca di un gatto.

    apro e chiudo le palpebre meccanicamente,ancora impastate

    dalle tre ore di sonno,circa,passate.

    Accanto a me c'è un tizio,mi sembra di ricordare che si

    chiamasse mark o marshall,non ha importanza difficilmente ne

    ha mai.

    La stanza è quella di uno studente ritardatato che si ammazza

    di pippe mentali,ore di videgames ,si ingozza di patatine fritte e

    birra scadente,da supermercato.

    Una smorfia prende forma sul mio volto,mi alzo

    silenziosamente,quasi a scatti.

    Non sopporterei il suo sguardo depravato,adesso,ne

    tantomeno il suono della sua voce.

    Ho già un dolore boia alle tempie...nella mia mente si

    susseguono scene di un film di cui io non faccio parte,mixate

    dal caso,senza seguire nessuna logica cronologica.

    Vedo gente di tutti i tipi,dall'imbranato che sorregge la colonna

    del locale,ai tizi vestiti metal,con giacconi e guanti di

    pelle,come se tutto ciò, andasse ancora di moda;vedo anche

    me stessa con in mano un bicchiere,a giudicare da come mi

    1

  • muovo devo averci dato dentro,e non parlo solo di alcool,e

    vedo questo tizio che mi sorregge,di certo in un altra vita

    sarebbe stato un gentiluomo,mi avrebbe condotta sana e salva

    a casa,già in un altra vita...magari all'inferno.

    Raccolgo il mio top rosa,la gonna di seta blu cielo e le sneakers

    di un colore simile alla pesca e una borsa di tela logora a cui

    sulla parte interiore,quella della tasca,sono applicate spillette di

    varie band,si va dal rock,all'hip hop,sono una tipa

    eclettica,sapete com'è.

    Mi avvio verso la porta e la richiudo dietro di me con un tonfo

    sordo,quel coglione penserà che sia arrivato il giorno del

    giudizo a quest'ora;scendo le scale,c'è una finestra,mi avvicino

    al davanzale,scruto il sole che sembra lotti per vincere il suo

    nemico millenario,per aggiudicarsi il cielo come ambito

    premio.Non me ne frega un cazzo,una altra giornata di merda.

    Mi chiamo Sarah,questa è la mia storia,neanche tanto

    originale,interessante,ma in fondo quella di chi lo è?

    II

    è domenica mattina.Niente scuola.

    Una voce mi riporta alla reatà,disperdendo in un buco nero i

    miei sopgni fatti di marzapane,fanciulle in eleganti abiti da sera

    e baubau poco convincenti;la voce di mio padre.

    "Sarah,tesoro hai dimenticato della nostra piccola missione tra

    bestie mastodontiche e tazzine enormi in cui

    sprofondare,mentre il mondo ti gira attorno?"

    2

  • Nello sfondo rosa della mia camera illuminato dai primi

    raggi,intravedo i suoi tenerei lineamenti,quel viso bonario,che

    passa inosservato per tutti,ma non per me;ci convivo 24 su 24.

    Ho 9 anni,dei bellissimi capelli biondi,gote arrossate,e tanta

    voglia di esplorare,crescere,conoscere;lui lo sa ed è il mio

    fedele compagno di avventure,quello che affronterebbe

    chiunque pure di salvare la sua bambina,mio padre,Adam

    kandaski,lui è l'unico.

    L'odore dei muffin preparati da mia madre si fa spazio nelle mie

    narici,conquistando l'attenzione totale dell'osfalto,credo, che

    spesso i ricordi e la realtà si ritrovano e fanno l'amore,o

    scopano,o come vi pare.

    La spensieratezza aleggia sul suo viso,fuori dalla portata dello

    stress del lavoro,di quello delle bollette,delle piccole faccende

    quotidiane,per un intera giornata,un lasso di tempo che quanto

    hai 9 anni,fanatasia da vendere,e vedi le cose come se fossere

    tutte pulite,come se tutto fosse un enorme tappeto su cui

    giocare a fare la modella,danzare,può durare un eternità.

    Mia madre,Maria,lo bacia teneramente sulla guancia e lui le

    cinge il braccio intorno alle spalle, io piccola spiona incosciente

    ne rido estasiata.

    Ci siamo trasferiti qui a Columbia,nel Missouri in seguto ad una

    promozione ottenuta da mio padre come segretario della " D e

    K mobili",una medio impresa con diramazioni di sedi fino a Los

    Angeles dal motto:" due tavole di acero,olio di gomito,et

    woilà,il pranzo è servito" (che puttanata,a pensarci ora.)

    Il trasferimento per circa due mesi aveva letteralmente

    3

  • stregato mia madre,sembrava che ne valesse la sua vita da

    come venivano impacchettate le stoviglie,le lampade,la

    tv,persino il vecchio telefono marrone,il lumacone come lo

    chiamavo allora.

    Sembrava un automa di quelli che si vedono nei film

    d'animazione il lunedì nel pomeriggio tardo sul canale due della

    Fox.

    RIcordo lo stuopre che si alimentava nei miei occhi nel vederla

    all'opera,i visi dei miei amichetti che mi salutavano mentre un

    signore buffo,con la pipa spenta in bocca,ci invitava a salire sul

    suo furgone che sapeva di cacca di gatto,ricordo nel

    ricordo,non c'è nulla di più stupefacente e passivo che la mente

    umana possa fare.

    Quella sera tornai a casa con un cappellino dea baseball blu,di

    una squadra di cui non ne ignoro tutt'oral'esistenza,e un sorrsio

    a trentadue denti,mentre mio padre mi teneva per la mano

    sinistra,che risucchiava la mia per quanto la sovrastava in

    dimensioni,mentre nell'altra sorreggeva un cuore di

    cioccolato,in incarto rosa, grosso quanto tutto il palmo per

    sorpendere mia madre,per rinnovare quel disegno che posso

    associare alla parola amore,putroppo o per fortuna,dipende dai

    punti di vista,nessuno ha mai "dipinto" per me.

    III

    Apro l'anta dell'enorme portone color marrone merda,inspiro

    aria degradata a piena polmoni,prtorita da gas di

    scarico,camini,puzzo di rifuto e piscio ancora fresco.

    seduto a circa sei mestri di distanza da me intravedo un tizio

    4

  • disteso su un cartone,ormai consumato,un berretto di quelli

    degli anni settanta nero,una giacca logora e cosparsa di

    macchie,una barba che non vede un rasoio da almeno mezzo

    anno,una bottiglia di vino scadente,senza etichetta,un cestino,e

    una storia da raccontare;della storia non me ne frega niente.

    Frugo nelle tasche,e ne tiro fuori tre banconote da un dollaro,e

    60 cent,gli lascio gli spicci e un pò del mio stato

    d'animo,sicuramente ne avrà bisogno a giudicare da come

    trema incessantemente.

    Ma torniamo a noi,ho 26 anni,non ho uno straccio di

    lavoro,amici,gente a cui importa di me e viceversa,perlomeno

    ho una casa,se così si può chiamare un buco di 20 metri quadri

    al primo piano di una palazzina messa sotto sequestro dagli

    sbirri,in quanto instabile;probabilmente ci creperò li dentro e

    qualcuno si prenderà anche la briga di cercare il mio corpo

    sotto quelle pietre e calcinacci con 200 anni sulle spalle..

    Potrebbe andare peggio.

    In fondo mi piace,è stata una mia scelta,il mandare tutto al

    divaolo,il chiudere i ponti con ciò che ne resta della mia

    famiglia,con quei finti dispiaciuti che promettevano di

    aiutarmi,il dover pagare con un altra moneta la roba che serve

    a tenermi attaccata a questo filo invisibile,il non avere gente da

    cui dipendere,il non essere una finta cieca come gli altri,come

    loro.

    Certo a volte ho i miei periodi no,credo che la cosa che più mi

    manchi della normalità sia un bungiorno detto col cuore la

    mattina.

    5

  • Tutti ne abbiamo bisogno,può farti iniziare la giornata con un

    sorriso anche sapendo quello che ti aspetta,parlo di quello così

    forte che non ha bisogno di parole per essere trasmesso,è un

    nesso,una sorte di connessione da cui dipende l'esito del

    tutto,da quel buongiorno si possono cambiare le cose,e

    immagino che mio padre da quel posto tanto sopravvalutato

    me lo dia,me lo sussurra mentre mi accarezza con mani

    invisibili,mi figuro addirittura di vederlo quanto prendo roba di

    classe.

    Sarà orgoglioso di questa mia riflessione,un pò meno del

    resto,ma si sa gli errori sono causa diretta dell'abbandono,uno

    incita l'altro,quindi non rimproverarmi papà.

    Continuo a perdermi mentre cammino,mentre la gente fa

    occhiate di disgusto al mio passaggio.

    Già dimenticavo di dire che non ho più quei bellissimi capelli

    biondi e lunghi,ora sono corti,spettinati,sporchi e rossicci.

    Non ho un look particolare,non ho bisogno di omologarmi ne

    di convivere con la mia immagine,quindi la trascuro,sperando

    che possa dilaniarsi,sparire,lasciare di me solo un eterea

    ombra.

    Sono a due isolati da "casa" quanto mi squilla il vecchio nokia

    grigio;è Jacob,un tipo mezzo andato,tra noi c'è il sacro vincolo

    del compro quello che mi vendi,e sono tutti contenti.

    Quanto non ho i soldi mette in conto,e se dopo settimane non

    posso pagare il conto mi tocca fare altro,insomma avete

    capito...nessuno è santo a questo mondo,e non mi ci voglio

    nemmeno sentire tale;è il metodo più diretto per mandare in

    6

  • frantumi la tua autostima,la tua dignità,il tuo essere donna,ma

    io non sono niente,e le due cose appena citate le ho già lasciate

    chissà in quale buco nero,chissà in quale universo.

    "mh..pronto?Sarah...sei sola?" è paranoico fino alla

    nausea,crede sempre di essere inseguito da qualcosa,le

    telefonate le fa solo tramite cellulari usa e getta,li tiene un pò è

    via tra i rottami dimenticati da Dio.è sempre lui a

    chiamare,quanto le sue tasche sono piene di pasticche di

    ecstasy,morfina,metadone,bustine di erba,hascisch,sono sicura

    che nei suoi giorni migliori è più accessoriato del pronto

    soccorso,cazzo.

    Il mondo complotta contro di lui,pensa,e in fondo su questo

    punto non posso dargli torto,è così un pò per tutti.

    "ciao Jacob,si certo,cosa c'è di buono per la tua vecchia

    fiamma?" (all'inizio lo chiamavo sempre così nella speranza che

    il suo coso si alzassi e ragionasse con quello,trattandomi meglio

    del dovuto,poi col tempo,è diventata un abitudine,si dice che

    uccidano,le abitudini dico.)

    "un tipo del minnesota mi ha fatto avere,tramite un fattorino

    che è stato li per rifornire noi poveri mortali, delle fottuta uova

    di Pasqua piccola.Pasticche da 100 gr l'una,le ho già testate e

    fino alla mattina ti sembrerà di galleggiare nel vuoto."

    "Sicuro che non ci resto? Sia chiaro la cosa non è che mi

    dispiacerebbe, eh"

    "no fidati,puoi stare tranquilla è più sicura di una puntata al

    club jet...vengo io da te,se hai degli ospiti per il pomeriggio

    liquidali,e fatti bella,oggi ci daremo da fare.

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  • Lo stronzo attacca senza darmi la possibilità di replicare,senza

    poterlo mandare a quel paese,insieme alle sue uova e tutti i

    coniglietti pasquali del cazzo.

    Nel frattemo salgo le scale aggrappandomi allo scheletro di

    quella che un tempo era una baluastra,è stata una mattinata

    pesante ho bisogno di rilassarmi,di scaricare un pò di volt sul

    mio cervello decomposto.

    La "casa" è un porcile,quasi quando quella del depravato dei

    videogames,quà e là sono sparsi vestiti,getttati a terra,schegge

    di piatti davanti alla vecchia tv,rubata da un magazzino da una

    ditta che aveva fallito,e quindi troppo occupata a pensare ad

    altro ,che accertarsi della sicurezza dei vecchi prodotti rimasti

    li.Nascosto nella libreria tra due volumi,conservo ciò che

    rimane del mio bottino:una pillola di benzopyrene,e 1 grammo

    di haschish,l'equivalente di due spinelli,opto per quello

    nell'attesa del mio "uomo".

    Nel mio mondo di sconosciuti Jacob è una delle uniche due

    faccie famigliari,l'altra è kelly...

    una povera ingenua che crede ancora di potremi condurre sulla

    retta via,che io voglia davvero essere salvata,solamente non ho

    la forza necessaria per farcela da sola,che idiozia.

    Tuttavia non si arrende,non osa dimenticare,e neppure io

    voglio,nonostante brucerei questo globo se potessi,tra di noi

    c'è ancora quel fattore comune,quello che le da la forza di

    sorbirsi i miei vaffanculo alle sue chiamate materne,i miei

    continui bidoni ai colloqui che con tanto impegno continua a

    procurarmi(lavora come viceredettore di una testata di

    gossip,possiede i giusti agganci,la stronza)nonostante la

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  • respingo a malomodo,non va mai via,kelly...

    IV

    La mia stagione preferita era la primavera,tutto si colora e

    ricolora continuamente,gli alberi fioriscono, l'erba cresce alta e

    il fiume assume una sfumatura color argento.

    Il fume,se dovessi citare il luogo più importante della mia

    infanzia non avrei dubbi a riguardo,quante volte fece da sfondo

    alle escursioni,le avventure così le chimava lui,con mio

    padre,quanti sassi abbiamo tirato cercando di colpire pesci

    lontani,quante volte ci distendavamo inermi abbandonandoci

    al suo dolce richiamo.

    Nelle occasioni in cui non era indietro col lavoro,Adam mi

    inviatava a seguirlo in interminabili pomeriggi fatti di

    ritrovamenti di sassi dalla forma strana, forme di vegetazione

    misteriose e di aquiloni svolazzanti(ne avevo uno rosa con un

    grosso sorriso disegnato sopra,buffo).

    Prendete una donna che viva simili esperienze,se le chiedete

    cosa sia la felicità,non citerà nessun principe azzurro,ne

    tantomeno i soldi,la carriera,la fama,vi dirà semplicemente

    quello che era,ed io lo ero.

    Un pomeriggio di fine Maggio,ci avviammo dalla sponda est per

    fare ritorno a casa(tornavamo sempre prima delle sei e mezza

    onde evitare preoccupazioni inutili a mia madre)mi sembrò di

    sentire un lamento, e girato lo sguardo notai qualcosa di "vivo"

    tra i cespugli.

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  • "papà c'è qualcuno,ti dico che l'ho visto" continuavo a

    ripetergli.

    "sicura che il lamento non fosse dovuto ad uno scoiattolo e che

    tu ti sia sbagliata tesoro mio?"

    Iniziai a battere i piedi a terra indispettita,lui sorrise mi

    accarezzò la guncia e mi intimò di non muovermi,facendosi

    spazio tra gli arbusti ingannatori.

    Cinque minuti dopo lo vidi tornare con una piccola bimba bruna

    singhiozzante,che le reggeva la mano.

    "Cara avevi ragione,pare prorpio che qualcuno si sia persa"fece

    indicando la sagaoma scura in volto col vestitino rosso

    macchiato d'erba " si chiama Kally,conosco suo padre Hanry

    Lanson,avrà si è no la tua età,chissà magari mentre la aiutiamo

    a tornare a casa potreste diventare amiche"; disse tirando un

    lieve colpetto sul capo della sconosciuta,in modo giocoso.

    So cosa pensate,si è proprio quella kally,e beh mio padre ci

    aveva visto giusto;si dice che i rapporti instaurati nella prima

    infanzia siano i più sinceri,quelli che tutti ricordano con una

    lacrima.

    Ricordo che un giorno che si fermò a pranzare a casa mia,frugai

    tra la roba per cucire di mia madre, e trovando un ago

    appuntito,ci pungemmo a vicenda,da allora eravamo sorelle di

    sangue,l'una parte dell'altra,frequentammo la stessa scuola

    pubblica in seguito,e poi il collegge,negli anni il nostro rapporto

    cresceva sempre di più,le ragazzine che ci deridevano col

    tempo finivano per invidiarci,cresceva ho detto,finchè non è

    successo perlomeno...

    10

  • V

    me ne sto col culo affondata sul divano di pelle verde

    coccodrillo,lasciato gentilmente dal vecchio propretario,che

    quasi sicuramente,ormai sarà crepato,e i vermi staranno

    banchettando con la sua carne.Rollo il secondo spinello mentre

    il primo inizia a salirmi,in tv trasmettano bugs banny,lo guardo

    divertita,amo i cartoni,soprattutto quanto sono in "viaggio"

    sono una visione comica di quella che è la più grossa delle prese

    per il culo,la vita.

    Il sonno mancante inizia a farsi sentire,misto ad un artificiale

    languorino,ma nel frigo non c'è nulla,almeno nulla di

    commestibile,non lo controllo da giovedì scorso,ed oggi è

    mercoledì.

    Aspiro lentamente,lascio che il fumo danzi,che si perdi nell'aria

    per poi trovare un rifugio nelle crepe dei muri,mi guardo

    intorno,che degrado...il mio degrado interiore,ho visto più

    mostri di quanto la gente possa immaginare,e non intendo

    essere soprannaturali,non-umani al massimo,anzi sicuramente.

    Un mese fa, ricordo che un tizio mi vide barcollare alla

    tredicesima,alle 8 di mattina,era in macchina e accompagnava il

    suo marmocchio a scuola.Il moccioso se ne stava a pescare

    piccoli cioccolatini ovali da un sacchetto ,e quanto rientrai nel

    suo campo visivo iniziò a tirarmele addosso,e il padre cosa fa?

    Invece di intimorirlo per farlo smettere,di mollargli un sonoro

    ceffone ,lo incita,come se io fossi un bidone della spazzatura

    ambulante,un cancro in questa società,un ingranaggio rotto del

    11

  • macchinario.

    Ero troppo fatta per reagire,e ridevo di gusto,ma dopo aver

    dormito mi tornò in mente l'accaduto,e ci sono stata male fino

    al giorno dopo,mostri questo siete,per fortuna penso

    esattamente ciò che voi pensate di me,odio chiama odio,finchè

    l'odio diviene noncuranza passiva.

    Nel frattempo la canna è già spenta tra le dita,maledetti

    pensieri mi trasportano in un mondo parallelo,la butto nel

    posacenere(un vecchio barattolo di legumi vuoto,fa molto retrò

    sapete)e mi assopisco.

    Vengo buttata giù dai tonfi sordi alla porta,Cristo,mi dico,non è

    decisamente il mio sonno migliore ultimamente,l'effetto

    dell'haschish è ancora vivo,ma meno deciso,apro la porta e un

    guardigno Jacob si precipita dentro,temo che li venga un

    infarto.

    Mi fa la solita lagna,qualcuno avrebbe potuto

    insospettirsi,chiamare la polizia e bla bla,ma so come

    calmarlo,tira fuori da una gicca di pelle nera una bustina e

    mandiamo giù un "uovo" a testa,è anfetamina,la riconosco

    subito,al contatto con la lingua.

    Ci vogliono circa 5 minuti affinchè entri nel circolo sanguigno,e

    dieci per raggiungere l'apice della sua "potenza",non è un

    piacere,anzi piuttosto un eccitazione selvaggia,potresti restare

    sveglio per un mese assumendone

    regolarmente.l'intorpidamento dovuto allo spinello abbandona

    la lotta,e il sudere inizia a bagnarmi la fronte.Finalmente Jacob

    sembra più sicuro di se,calmo,si avvicina,non lo

    respingo,sbottona la fibia dei suoi jeans gessati,so già cosa

    12

  • fare,sono a corto di grano,e in questo momento credo proprio

    che non lo deluderò.

    So cosa penserete adesso,ma lasciate che vi dica come stanno

    le cose,è o non è il sesso la virtù che ci rende umani per

    eccellenza?è l'uomo non è destinato a sbagliare?Ecco io amo lo

    sbaglio:Amo mandare tutto a rotoli,non possiedo più principi,la

    vita mi ha tolto tutto,lasciandomi solo la mia vagina come

    mezzo di scambio,e di desiderio per gli altri,per me è merda

    come il resto di me,e quindi del mio corpo,e so di aver

    imboccato ormai una strada da cui non posso più uscire,e

    nemmeno lo vorrei.

    Si riveste e se ne va,ma non prima di avermi lasciato un altra

    capsula dopo avergli strapazzato un pò le palle,coglione

    deficiente,mi sembra quantomeno appropriato il

    termine,pensando al contesto.

    VI

    La prima volta che lo vidi cadere risi,lui già sapeva,ma credo che

    neanche mia madre ne fosse ancora a conoscenza, avevo 11

    anni allora.

    Risi per il buffo tonfo che fece,ero troppo piccola per capire che

    non fosse inciampato,non era una caduta naturale,e me la

    rivedo cento volte prima di addormentarmi quella maledetta

    caduta.

    "Che maldestro,sono venuto giù come una pera cotta",mi fece

    sorridenedo.

    Ed io piccola creatura insignificante,me ne stavo li come

    incantata,con il viso rosso per le risa e le smorfie che gli avevo

    13

  • rivolto per prenderlo un pò in giro.

    Credo che se mi trovassi faccia a faccia con quella bambina

    adesso la ucciderei,le conficcherei le mie unghia nella gola fino

    a che il suo volto non assumerebbe il tono del

    viola,caratteristico della morte.

    Le cadute iniziarono a diventare sempre più frequenti,e dopo

    vennero le iniezioni,lui mi lasciava giocare,fingendo che dovessi

    fargliele io,l'infermiera,ma il gioco non divertiva più dopo le

    prime volte.Mia madre era l'oscurità in persona(ora sapeva)e

    negli occhi di lui leggevo la sofferenza,quella la si può capire a

    qualunque età,non c'è n'è una precisa o da cui si inizia a

    comprendere.

    Venne la sedia a rotelle,mia madre che mi diceva che sarebbe

    presto gurito,io che non rinunciavo a portarlo al fiume,almeno

    fino alla prima crisi, poi non ne fui più in grado; capì che

    niente sarebbe tornato come prima,quella voce con cui

    urlava,era un suono distorto,come se le sue costole si

    spezzassero ad una ad una sotto i colpi di un martello spietato.

    Due mesi dopo perse anche l'uso delle braccia,e toccò a mia

    madre imboccarlo,cambiarlo e vestirlo,io ne ero spaventata e

    passavo la stragrande parte del tempo nella mia camera.Nel

    giro di sei mesi si "congelarono" anche le cordi vocali,di notte

    mi capitava di sentire mia madre singhiozzare in preda al dolore

    profondo,quello irremovibile,quello della perdita.

    Morì un lunedì di metà gennaio,avevamo da poco trascorso il

    Natale,e facile immaginare che regalo avevo chiesto a Dio,ma

    forse era troppo impegnato per ascoltarmi.Lo fece con un

    apparente serenità,col viso disteso,era gentile e profondo

    14

  • anche a cuore fermo,piansi senza capire,ancora,quanto fosse

    irremovibile la mia perdita.Mia madre mi consolava come

    poteva,ma il dolore aveva avuto una ripercussione,forse

    addirittura maggiore su di lei.

    Si parlava di mostri precedentemente,questo è il

    peggiore,quello più spietato e crudele che abbia mai

    incontrato,il suo nome è sclerosi multipla.

    VII

    Sono le 23,In queste 5 ore mi sento irrequieta sfrenata,faccio

    pulizie(cosa che non mi accade spesso come ho già

    accennato),mi muovo ripetutamente nella stanza,su e giù, e

    viceversa,devo uscire,devo respirare,ma prima devo incontrare

    l'altra mia migliore amica... chimica,la mando giù.

    Non so dove andare,mi sento agitata, osservata,urlo con chi mi

    capita a tiro,merda è così che si devono sentire i pazzi nelle loro

    celle imbottite.A tratti mi sento soffocare,ma ho voglia di

    esibirmi,di ballare magari,di scatenare il mio impuso selvaggio

    impazzito,facendo evadere la bestia dalla gabbia...

    dopo isolati percorsi a vuoto,senza una destinazione precisa mi

    ritrovo,per puro caso,davanti al night dancing club,il buttafuori

    fa storie,ma basta qualche ammiccamento una strisciata

    veloce,e il gigantone si sgretola sotto i miei piedi,riesco a

    passare.

    Mi precipito nella pista,e tutti si girano a guardare la ragazza

    "indemoniata" con le sneakers,così poco adatte,in un locale di

    15

  • lusso.

    Il pavimento in marmo nero prende vita sotto ai miei

    piedi,spingo timide ballerine,con i miei movimenti,e calpesto

    più piedi di quanti ne abbia calpestati nella mia intera

    esistenza,almeno fin quanto non si avvicina un tizio che mi tira

    a se dal braccio,in direzione di uno dei tavoli posti sul lato

    sinistro.

    Inizialmente sbraito urlo,poi mi calmo quanto vedo che ha sola

    intenzione di offrirmi da bere,non so quanto tempo

    trascorre,ma siamo già alla seconda bottiglia di champagne e la

    testa sembra potermi implodere da un momento all'altro:(ric

    ordatevelo mai mischiare droga e alcool se ci tenete alla vostra

    pellaccia del cazzo).

    Nel piano superiore del club ci sono delle camere numerate,mi

    conduce in una di queste,non ricordo il numero,a giudicare

    dalla gentilezza del personale al suo passaggio è uno

    importante,sarà un uomo per bene mi dico.Beviamo un altro

    paio di coppe finchè mi accascio letteralmente sul letto,ho

    avuto momenti migliori,mi sembra di morire ho la vista

    annebbiata,credo che nella coppa ci fosse

    dell'altro,probabilmente il tizio aveva preparato tutto

    prima,convinto di adescare almeno una "vittima",infondo ho

    sempre fatto schifo nel giudicare le persone.

    Vorrei urlare ma non ci riesco,poi black out totale.

    apro gli occhi,la cosa mi sorprende devo ammetterlo,non che

    ne sia contenta comunque.

    Il sole è a metà dell'altezza massima,almeno così posso

    16

  • osservare barcollando fino alla finestra,saranno le dieci,sono

    completamente nuda.

    Solo adesso mi accorgo di avere dei segni sul collo e lungo i

    fianchi,non c'è la faccio a stare in piedi e cado.Proseguo carponi

    fino alla porta di quello che deve essere il bagno,e usando il

    lavandino come appiglio riesco ad alzarmi;difronte c'è uno

    specchio,quel maledetto figlio di puttana mi ha colpito anche

    sul viso,un livido scuro come la pece,è visibile sotto l'occhio

    destro,ansimando,in preda ad una crisi isterica,quasi ridendo

    raggiungo la doccia,lascio scorrere l'acqua,mi accovaccio sulla

    piattaforma e piango,come non facevo da circa 15 anni ormai.

    Non finirà mai,questo è l'ultimo pensiero che riesco a

    formulare.

    VIII

    Il giorno del funerale.

    Dovetti indossare un vestito grigio scuro,che mi faceva

    sembrare ridicola,su richiesta dei miei nonni materni,mio

    madre invece,portava un vestito nero col velo,era

    distrutta,credo che non avrà dormito per l'intera notte( e credo

    sia accaduto lo stesso per molte altre notti successive),era

    come se il suo viso non avesse più lacrime da piangere,secco

    come un pezzo di deserto.

    Mi si spezzava il cuore,o quello che ne rimaneva di esso, le

    poche volte che trovavo il coraggio di incrociare il suo sguardo

    Da parte mia,non ero ancora riuscita a metabolizzare la

    cosa,non sapevo cos'era la morte,sapevo che mio padre aveva

    smesso di vivere,almeno questo era ciò che avevo sentito

    17

  • dire,ma mi aspettavo che si alzasse da un momento

    all'altro,credevo che si potesse ancora tornare indietro,il dolore

    di mai madre doveva servire a questo no?Non poteva mica

    essere indifferente alle nostre lacrime? Uscimmo di casa che

    ero ancora convinta di questa certezza.

    Fuori pioveva insistentemente,quindi prendemmo l'auto di

    nonno Sam per recarci in chiesa.

    I posti erano tutti occupati,sembrava di essere ad una macabra

    festa,ovunque cerano sguardi di compassione nei loro occhi,io

    ne ero la beneificiaria,gli facevo pena,iniziavo ad odiarli,tutti.

    Stavano ammazzando la mia certezza,volevo gridargli che

    sarebbe tornato,che erano degli idioti,che mio padre avrebbe

    rimosso il coperto,e sarebbe venuto fuori da quella bara di

    mogano,posta al centro dell'altare,ma non lo feci...

    sapevo,sin dall'inizio credo,ma sapere e credere spesso entrano

    in contrasto.

    Ci fu la cerimonia,alcuni parenti,di cui la maggior parte non gli

    avevo mai visi in vita mia recitarono alcune parole,io

    instintivamente stringevo il braccio di mia madre,in quella

    prima fila di panchine in legno.

    Ognuno di noi aveva una rosa bianca,a fine cerimonia mia

    madre mi invitò a seguirla e poggiammo prima la mia,e poi la

    sua sul coperchio,così fecero anche "gli invitati".

    Un ora dopo eravamo già in mezzo a delle sculture tutte uguali

    di marmo,doveva essere il cimitero,lo supposi da ciò che

    ricordavo da alcuni film che guardavo di nascosto.Ci

    radunammo in un fazzoletto di terra vergine,al centro c'era un

    18

  • enorme prepotente buca.Adagiarono mio padre al centro,e

    iniziarono a versarci sopra la terra prendendola dal mucchietto

    accanto alla buca.

    L'ultima vena di speranza veniva recisi,cercai di precipitarmi,di

    fermarli;"no dicevo,lasciatelo stare" mentre venivo fermata

    dalle mani rugose del nonno,e mentre mia madre si frustrava a

    terra,quasi volesse unirsi con essa per poterlo raggiungere.

    Niente fu più come prima,.in quella palazzina giallo ocra a

    Columbia,ci sono rotture che non si possono riparare,specie

    quanto avvengono dall'interno,dal nostro cuore.

    Mi promisi che non avrei più sofferto così,non l'avrei più

    permesso a nessuno.

    IX

    Non so cosa fare,non riesco a muovermi,sono nel panico,io che

    ho sputato contro il mondo mi vedo in ginocchio come non

    mai,io che non credo a niente,io una fottuta tossica troia che

    non ha più voluto sapere cosa fosse l'amore dopo aver

    sperimentato quello primordiale.

    Nella vita si fanno delle scelte,io ho scelto di sfidare tutti e

    tutto,e questa forse è la fine giusta per una come me.Quante

    volte ho pensato al suicidio,al non aver paura della

    morte,eppure adesso tremo,io vittima di qualcosa di peggio,di

    qualcuno più bastardo,crudele e spietato della mietitrice in

    persona.

    Qunado vorrei sentire la freschezza delle carezze materne

    19

  • adesso,gli affetti delle persone care,ma sono sola,sola in una

    doccia sporca.

    Kally

    Un nome che mi rimbalza in mente.

    Devo chiamarla. Lei che avrebbe voluto aiutarmi,ed io non gli

    ho mai permesso di avvicinarsi ,per paura che potesse

    scrutarmi dentro,per timore di mostrargli quello che sono

    diventata,un mostro che uccide altri mostri.

    Mi alzo,procedo a tantoni nella ricerca dei miei vestiti,frugo

    nella borsa di tela,eccolo;finalmente riesco a recuperare il

    vecchio nokia grigio e compongo i numeri su display facendo

    fatica a tenere la mano ferma,un tentativo disperato.

    "Sarah sei tu? Non posso credere che tu mi abbia chiamato..."

    non la lascio finire,"a...aiutami"le dico con la voce rotta in gola

    "oh mio Dio cosa è successo Sarah?Dove sei?"

    "non lo so non ricordo,è un club,non lo so cazzo"

    forse ho sbagliato a chiamarla,nessuno può aiutarmi.

    "Santo cielo Sarah,deve pure avere un nome,mi stai facando

    preoccupare,lascio subito l'agenzia e ti vengo a prendermi,ma

    cerca di fare uno sforzo".

    "dancing e qualcosa...kelly,ho paura"la mia voce ormai era

    impastata dalle lacrime,e la sua piena di agitazione e

    sconforto;attesi un paio di minuti e poi lei disse:"vengo

    subito,credo di aver capito di quale posto si tratta,sta

    tranquilla,andrà tutto bene,aggiusteremo tutto,siamo sorelle di

    20

  • sangue io e te no?"un singhiozzo gli uscì nel pronunciare

    l'ultima frase,poi chiuse la telefonata.

    Non passò molto tempo,e poi chi lo sa cos'è il tempo quanto

    senti 500 kg di peso sulle spalle...

    la sentì urlare contro i tizi che,evidentemente stavano

    ripulendo lo schifo nato dalla baldoria della sera prima,finchè

    questi gli indicarono le camere,trovò la mia al secondo

    tentativo,e fu l'abbraccio più lungo che io abbia mai

    ricevuto,per un attimo eravamo tornate entrambe

    bambine,avremmo aggiustato tutto mi aveva detto,e le

    credo,ora.

    Ora mi fido di lei.

    X

    Andai a vivere dai miei nonni per i due anni successivi al

    funerale,mia madre aveva bisogno di riprendersi mi

    dicevano,così un giorno sarebbe stata più forte e loro due si

    sarebbero unite più che mai;alla fine evitarono di tirare fuori la

    cosa,dato che non suonava credibile nemmeno a loro.

    Sto ancora aspettando quel giorno.

    Ci fu solo qualche sporadica telefonata muta,mai una visita

    nulla,dovetti aspettare due anni per trovare il coraggio di fare

    la prima mossa,mentre non capivo come potesse

    abbandonarmi anche lei,avevo quasi 14 anni,e avevo perso

    entrambi i miei genitori.

    Me ne stetti per chissà quante ore davanti alla porta,quella

    mattina non ero andata a scuola,avevo fatto sega per la prima

    21

  • volta,volevo sapere solo una cosa,perchè...

    quanto finalmente trovai il coraggio di bussare vidi un

    fantasma,quello che ne restava di mia madre.

    I suoi capelli unti,le unghia delle mani con cui teneva aperta la

    porta lunghe e sporche,il suo alito era disgustoso,e l'unica cosa

    che fu capace di fare fu quella di versarsi da bere,dopo avermi

    fatta entrare,poi pianse.

    Piangeva e beveva,beveva e piangeva,senza aprir bocca,uscì

    senza dire nulla,il perchè immagino lo vorrebbe trovare anche

    lei,e non solo quello.

    Non la vidi mia più,lei mi cercò col solito modo,con chiamate

    senza senso dato che tutte erano,fatte senza parlare

    ovviamente,i miei nonni non rispondevano,lo sapevano anche

    loro,aspettavano che mi recassi io all'apparecchio.

    Poco dopo iniziai a fumare i primi spinelli,e a 16 anni,ormai

    maggiorenne me ne andai da quella casa,non ero mai riuscita a

    provare qualcosa per quella coppia anziana,il mio cuore era

    divenuto una tabula rasa,grazie mamma.

    XI

    Era il momento di fermarmi,di riflettere,di dare uno scossone.

    Passammo da "casa" mia,presi quella poca roba che mi poteva

    servire e mi trasferii da Kelly,almeno fino a che non mi sarei

    ripresa,come ci si può riprendere da una cosa del genere?

    All'inizio mi sentivo disadattata,nell'ambiente sbagliato,e non

    22

  • facilitavo certo le cose a lei,anzi urlavo spesso nel cuore della

    notte,imprecavo contro di lei per delle stupidaggini,capita

    quanto si vive da soli da una vita.

    Poi le cose andarono meglio,evitavo di assumere pasticche o di

    fare altro quanto lei fosse in casa,almeno,e vidi Jacob solo una

    volta,in un parco vicino.

    Iniziai addirittura a sbrigare alcune faccende,lavare i

    piatti,portare fuori la spazzatura,o dar da mangiare a charlie,il

    suo cane,insomma le cose più semplici e banali.

    La verità e che mi sentivo in debito,anche se la vita lo era con

    me,e non avrebbe mai ripagato.

    Dopo tre settimane,ci ritrovammo a cenare insieme davanti al

    camino guardando una vecchia commedia in tv.

    Sentii lo stomaco contorcersi in preda a dei conati,una nausea

    inspiegata(sono sempre stata forte di stomaco,non vomito

    mai,neppure quanto sono fatta) che mi costrinse a raggiungere

    precipitosamente, in fretta e furia il bagno.

    Kelly si preoccupò ma erano cose che potevano capitare,un

    indigestione,un pò di stress magari visto la mia situazione.

    Peccato che due mattine dopo successe di nuovo,e poi nei

    giorni ad avvenire ancora,e allora realizzai con terrore...

    ero incinta.

    Nel grembo portavo il seme di un mostro.

    EPILOGO

    23

  • Vi starate chiedendo cosa ho fatto,immagino...

    sicuramente penserete che ho abortito,sonoi tornata nella mia

    vecchia casa decrepita e magari mi sono ammazzata di droga

    fino alla morte.Vi sabagliate.

    Si dice che dall'odio a volte può nascere l'amore,e che quanto

    ciò si verifichi esso si presenta nella forma più pura,è qualcosa

    di irraggiungibile.

    Ho sempre vissuto pensando solo ed esclusivamente a me

    stessa,senza valutare mai l'idea di essere utile per

    qualcun'altro.

    è vero forse,quello che portavo nella pancia era uno sbaglio,ma

    era pur sembre una vita,che se è uno sbaglio lo si può

    giustificare,come è successo a me con Kally.Avrei potuto vivere

    essendo un riferimento per qualcuno,non avevo valutato prima

    la cosa da questa prospettiva.

    Ora sono al settimo mese,si ho tenuto il bambino,la bambina

    per l'esattezza,è una lei,ed ho chiuso con la droga da sette

    mesi,il giorno dopo aver superato lo shock per la notizia,tra due

    inizierò un lavoro,il mio primo lavoro e impiegherò parte dei

    soldi per contribuire con le spese dell'appartamento con kally,e

    una parte li conserverò per un domani,per il domani della mia

    bimba,ora riesco a vedere oltre il presente,ed è una bella

    sensazione.

    Credo che il mio sia stato un atto di coraggio estremo

    soprattutto verso me stessa,e non credo possiate mettere in

    discussione le mie azioni,così vi lascio,in modo diverso da come

    ci siamo conosciuti.

    24

  • ah un ultima cosa la vorrei dire in realtà:"vedi mamma,io c'è

    l'ho fatta,sono stata forte,non ho ripetuto il tuo stesso

    sbaglio,la bambina si chiamerà Maria in ricordo di te e del tuo

    abbandono."

    FINE

    25