Santa Lucia di Cava - travelcarnet.it Lucia di Cava.pdf · volte in cui – come dopo un temporale...

5
2 GIUGNO t r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t 1 GIUGNO t r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t Santa Lucia di Cava di Carmine Rinaldi Lo splendido territorio della provincia di Salerno e le sue ricchezze gastronomiche in un racconto che mescola atmosfere e ambienti con un’impronta proustiana Santa Lucia di Cava Santa Lucia di Cava de’ Tirreni, luminarie per i festeggiamenti in onore di S.Lucia, in alto. Il chiostro romanico della Grotta di S. Alferio nel complesso dell’Abbazia di Cava de’ Tirreni, sopra. La Basilica nel complesso dell’Abbazia Benedettina della S.s. Trinità ia Cava de’ Tirreni, a destra. Sopra il titolo,il Vallo di Diano, area iscritta alla lista del Patrimonio Unesco nel 1998. finalmente, i nonni. Non erano abituati a vedermi scendere da solo da Milano, ma quella fu un’occasione speciale di ufficializzazione, a raccoglierci tutti attorno alla stessa tavola, identica a come mi si rivelò anni prima, all’età dell’infanzia – non la prima tra tutte le volte, anche perché sarei stato troppo piccolo per ricordarmela, ma quella che mi rimase impressa più delle altre Q uando il tempo aveva reso credibile la convivenza (mistero insondabile e sibillino che unisce, nonostante la diversità di intenti e d’opinione, di temperamento e di ritmo quotidiano, di buon gusto e di senso estetico) – il che risultava più evidente, quelle volte in cui – come dopo un temporale estivo, tornato il sereno, il refrigerio, interrompendo all’istante quello stato d’insofferenza per la calura eccessiva (le cui conseguenze si manifestano con un fastidio tale da rendere fiacchi e demotivati, appiccicaticci in volto e madidi in corpo), invitava ad uscire di casa e a cercare ristoro all’aperto – a pace fatta, m’ero persuaso, per contraccambiare gli auguri per le festività, di far parlare Adele al telefono coi miei, che riguardosi e carezzevoli, tentavano, impercettibilmente, di saggiare il nostro grado di serenità e convincimento reciproco, al di là della ricorrenza gaia e radiosa – anche grazie alla condivisione d’un misurato monolocale, insidioso banco di prova – mi decisi di invitarla a trascorrere alcuni giorni di ferie al paese, per farle conoscere, (archetipo di tutti i pranzi domenicali che si sono succeduti nella mia vita, quel pranzo conserva tutte le portate essenziali da cui non sarei riuscito più ad allontanare la visione, sostituendole, ad esempio, con altre ricche ed abbondanti, ma non le stesse che mi saziano tutt’oggi la vista e l’appetito al solo pensiero di pregustarle) – quando un sabato mattina mio padre ci annunciò che l’indomani, di buon’ora, saremmo andati a Santa Lucia, a Cava de’ Tirreni, a mangiare da zia Anna, sua sorella e i nonni, i genitori di zio Pasquale, suo marito. Già a quell’età non avevo più né i nonni paterni, né quelli materni, e Giuseppe e Assunta erano nel mio immaginario quanto di più verosimile potessi desiderare per

Transcript of Santa Lucia di Cava - travelcarnet.it Lucia di Cava.pdf · volte in cui – come dopo un temporale...

2GIUGNOt r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t

1GIUGNOt r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t

S an ta Luc ia d i Cava

di Carmine Rinaldi

Lo splendido territorio della provincia di Salerno e le sue ricchezze gastronomiche in un racconto

che mescola atmosfere e ambienti con un’impronta proustiana

Santa Lucia di CavaSanta Lucia di Cava de’ Tirreni, luminarie per i festeggiamenti in onore di S.Lucia, in alto. Il chiostro romanico della Grotta di S.Alferio nel complesso dell’Abbazia di Cava de’ Tirreni, sopra. La Basilica nel complesso dell’Abbazia Benedettina della S.s. Trinitàia Cava de’ Tirreni, a destra. Sopra il titolo,il Vallo di Diano, area iscritta alla lista del Patrimonio Unesco nel 1998.

finalmente, i nonni. Non erano abituati a vedermiscendere da solo da Milano, maquella fu un’occasionespeciale di ufficializzazione, araccoglierci tutti attorno allastessa tavola, identica a comemi si rivelò anni prima, all’etàdell’infanzia – non la prima tratutte le volte, anche perchésarei stato troppo piccolo perricordarmela, ma quella che mirimase impressa più delle altre

Q uando il tempo avevareso credibile laconvivenza (mistero

insondabile e sibillino cheunisce, nonostante la diversitàdi intenti e d’opinione, ditemperamento e di ritmoquotidiano, di buon gusto e disenso estetico) – il cherisultava più evidente, quellevolte in cui – come dopo untemporale estivo, tornato ilsereno, il refrigerio,

interrompendo all’istantequello stato d’insofferenza perla calura eccessiva (le cuiconseguenze si manifestanocon un fastidio tale da renderefiacchi e demotivati,appiccicaticci in volto emadidi in corpo), invitava aduscire di casa e a cercareristoro all’aperto – a pace fatta,m’ero persuaso, percontraccambiare gli auguri perle festività, di far parlare Adele

al telefono coi miei, cheriguardosi e carezzevoli,tentavano, impercettibilmente,di saggiare il nostro grado diserenità e convincimentoreciproco, al di là dellaricorrenza gaia e radiosa –anche grazie alla condivisioned’un misurato monolocale,insidioso banco di prova – midecisi di invitarla a trascorrerealcuni giorni di ferie al paese,per farle conoscere,

(archetipo di tutti i pranzidomenicali che si sonosucceduti nella mia vita, quelpranzo conserva tutte leportate essenziali da cui nonsarei riuscito più adallontanare la visione,sostituendole, ad esempio, conaltre ricche ed abbondanti, manon le stesse che mi sazianotutt’oggi la vista e l’appetito alsolo pensiero di pregustarle) –quando un sabato mattina mio

padre ci annunciò chel’indomani, di buon’ora,saremmo andati a Santa Lucia,a Cava de’ Tirreni, a mangiareda zia Anna, sua sorella e inonni, i genitori di zioPasquale, suo marito.Già a quell’età non avevo piùné i nonni paterni, né quellimaterni, e Giuseppe e Assuntaerano nel mio immaginarioquanto di più verosimilepotessi desiderare per

4GIUGNOt r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t

3GIUGNOt r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t

S an ta Luc ia d i Cava

Roccagloriosa, laFontana Grande, asinistra. I tettirossi diRoccagloriosa,comune dichiaratoPatrimoniodell’Unesco nel1998, sopra.

La Collegiata di S. Michele Arcangelo a Solofra.Vallo di Diano, località La Fonte presso Certosa di Padula, sotto.

riempire quel gran vuoto chemi soverchiava la mente,soprattutto quei lunedì mattinain cui tra i banchi, dopo unfine settimana all’insegna dellegite domenicali, di ritorno ascuola, udivo pronunciarenomi di paesi sconosciuti del

Cilento o dell’entroterracampano, dai richiami d’unpassato mitologico:Roccagloriosa, Vallo di Diano,Corleto Monforte, PescoSannita, Solofra,Roccabascerana; nomi dinonni, intuiti per la dolcezza e

la tenerezza con cui venivanopronunciati dalle miecompagne, entusiaste dirivelarci i loro tesori custoditigelosamente giù, nelle cantineal fresco e al buio, inaccessibilise non accompagnati; terminiinequivocabili riferiti alfocolare domestico e allarigogliosa natura della nostraterra: camino, legna, carne allabrace, pomodori, pizza cotta alforno a legna, pasta fatta incasa, ricotta, parmigiana,castagne, noci, mele annurche;nomi di animali, familiari quasifossero componenti dellafamiglia stessa: conigli, galline,maiali, pecore, mucche, vipere;nomi di cani, fantasiosi edeccentrici: Dick, Lessie, Rocky,Furia, Ercolino, Matticchiuzzo;nomi di cugini, assentinell’onomastica della città :Speranza, Gerardo, Cono,Laverio, Consiglia, Pantaleo;tutta una trama complessad’appartenenza ad una“Campania felix”, di cui avevocolto l’importanza ed il culto,leggendo la storia di quell’eroedella letteratura occidentale,affascinato dall’ignoto, che purnavigando per vent’anni con isuoi compagni di viaggio, perluoghi misteriosi e avernali,lontano dagli affetti, serbava incuore il desiderio di farviritorno per ritrovare laserenità, la quiete, la pacedomestica. A loro,questo variegato mondogenuino,delle origini d’ognunodei nostri genitori, emigratinella città di Salerno pertrovare lavoro,apparteneva didiritto; se l’erano costruitoaddosso durante la vita

fosse ridicolo l’essere umano,nei momenti in cui tentava diprendersi impudentemente sulserio – indossava la camiciabianca linda e profumata disapone di marsiglia, la cravattanera appena annodata al collo,il solito maglioncino con

caricandosi pietra su pietra lemura da tirar su come schiavi,ne erano depositari eraccoglievano tutti noi nipotisotto quella dimora stentatacoi morsi della fame, seduti lìaccanto al camino, su undivano a due posti vecchio econsunto che era il loro trono,il posto reverenziale, avvolto,per non mostrare i segni dicedimento, d’una coperta dilana ben calda e scura, comescuri o luttuosi erano gli abitiumili ed austeri cheindossavano loro stessi; leigrassoccia e paffutella in viso,con la voce cinguettante,modulata come quella dellelavandaie nel secondo corodella Gatta Cenerentola – ma a tratti sui suoni più gravidandomi l’impressione disoffrire di adenoidi, poichèdiveniva più vellutata,perdendo lo smalto e lalucentezza soliti – il“maccaturo”, un fularino diseta come copricapo annodatosotto il mento a raccoglierle icapelli ingrigiti, la magliaabbottonata avanti e la gonnalunga fin sotto le ginocchia;lui, molto magro, con unafisionomia vivace, aperta, tuttaall’incontro, sempre abile asdrammatizzare anche leoccasioni più imbarazzanti(qualità di cui andavosegretamente fiero) – comequando le donne di casa siscagliavano le une contro lealtre, faticando acomprenderne la dinamicad’inizio e la motivazionescatenante, tanta la fogasmisurata, e un suo sorrisorendeva la misura di quanto

scollo a V a tinta unita,pantaloni marroni legati condello spago per evitare che glicapitassero nella catena dellabicicletta, la coppola in testa eil bastone d’appoggio alladestra – bruciacchiatoall’estremità per averlo

S anta Luc ia d i Cava

dimenticato più volte talmentevicino all’apertura delcamino,da rischiare diritrovarselo arso come untizzone – ricavato da un ramod’albero e lavoratoartigianalmente nellastalla,quali segni distintivi diun regalità umile ed essenziale.Ciò che mi colpiva più d’ognialtra cosa, erano le scarpesozze di nonno Giuseppe, ilgrande lusso che gli eraconsentito di girare nellestanze da giorno, la cui suolaaccumulava zollette di terraamalgamate ad erba chesbrigativamente ripuliva sullostuoino poggiato ai piedi dellascalinata dirimpetto all’entrata

principale, marchio evidente digaranzia della veridicità dellasua autentica natura selvatica econtadina, come entrambi,d’altronde, placidi ed immobiliraccolti per quei pranzi allastessa maniera da anni, simili adue fari luminosi ches’eclissavano a intermittenza,forse per riflettere sugliacciacchi di una vita, ma chenoi eravamo vigili a riportarein superficie – dopo attimi didistrazione per la gioiaconvulsa dell’incontro –avveduti a tenerli vivi, per nonfarli soccombere al peso deiricordi – troppi,per sostenerela vaghezza del futuro – comeloro guidavano noi, simili a

navi approssimate alla costa inbalia del mal tempo,allaricerca di quella luce chesegnalasse un punto certod’approdo sulla terraferma.Capitò di nuovo di domenicaed era il mese di Dicembre,d’un paio d’anni fa; nulla eramutato, era simile a comel’avevo lasciato quelgiorno,come esposto in unmuseo delle cere in bellamostra dei turisti,quasi asfidare quelle leggi del tempoche tutto muta e cangia ,primao poi ,trascinando con se unostile,un marchio che fatichi adaffermarsi come ancoravalevole con il mutare degli usie dei costumi; talmente

sfacciato,il tempo, epresuntuoso,da illudersi dipoter far capitare nella vita dipersone simili,unmarchingegno elettronico chesi diletti a farli impazziredinnanzi ad una schermopiatto dagli innumerevolicanali digitali ed inutilizzabili -o di nulla utilità - ,come quellecase costruite lungo le costedel mar Rosso,edificate permetà, al solo scopo diappropriarsi del terrenoconcesso in usufrutto dalgoverno,unicamente permetter da parte un bene - chepoi non verrà utilizzato,ma dicui si potrà dire di esserne ilegittimi proprietari.

Avevano tutti un grandesiderio di vedere labellissima ragazza milanese, lafidanzata del nipote emigratoin cerca di maggior fortuna,emio padre, si era prodigatoorgoglioso a darne notiziadopo che ebbe avutol’occasione di vederla disfuggita durante unasosta,l’estate precedente,diretti per le vacanze in unagriturismo a Bosco, unpaesino collinare, tra i tantiche s’affacciano sulle acquedel golfo di Policastro adisporsi con devozione eriverenza ad emiciclo rispettoall’enorme statua del CristoRedentore di Maratea,

svettante sullo speroneroccioso di Monte San Biagio,protesa a pregare il padrenostro in segno di vivasperanza e resurrezione.Li aveva preparati a tal punto,che più che una visita dicortesia m’apparve come unvera e propria vigilia dimatrimonio - nei giorniprecedenti s’era parlato tantodi questa creatura nordicanell’aspetto,era attesa comegià vestita da sposa:abitoavorio il cui motivo in pizzoincorporasse diversi tipi dirichiami floreali, il velo in tullecon bordo in rebrodé a cadereappena sotto la vita e a coprirei capelli castani raccolti con

5GIUGNOt r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t

6GIUGNOt r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t

Atrani, pittoresco paese lungo la costa amalfitana. La piccola chiesa medievale della Madonna del Monte Stella situata sulla vetta del monte nel Parco Nazionale del Cilento.

S anta Luc ia d i Cava

uno chinon alto, il corpetto dipizzo bianco a maniche lunghestretto in vita e imbottito neifianchi, un piccolo scollo a V ela gonna con un lungostrascico di più di duemetri,preceduta da goffi edeliziosi paggetti custodi delcuscinetto con le fedi nuziali eseguita dalle imperturbabilidamigelle, dall’abito dalrichiamo del tema del vestitodella sposa, a cospargerne dipetali il passaggio lungo lanavata ed impersonati daalcuni dei nipotini delle duefamiglie,i meno irrequieti e ipiù assennati.Atterrati all’aeroporto diPontecagnano , ad ora dipranzo, eravamo lì da loro, aSanta Lucia; l’avevo benpreparata, Adele, di portarpazienza, sarebbe stata accoltacalorosamente,com’è usanzadalle nostre parti, l’avrebberoabbracciata, baciata,raccomandata di volermi bene,indagata fino allo sfinimento.

– Eh eh, ben arrivati, com’èandato il viaggio?!– Bene, bene! Grazie nonno!– Accipicchia, ma che bellaguagliona! Assumiglia tanto aquella attrice americana...Vi ricordate?Romina........Assù,comm sichiamm? Aiutam a dic!

Che fossi a casa dei nonni erafuor di dubbio, ma non per laspontanea genuinità ed ilcandore d’un uomod’ottant’anni così conviviale eburlone; l’andito preparavaall’entrata nel grande salonedove era il camino

7GIUGNOt r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t

8GIUGNOt r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t

TORTANO DI CIGOLEPasta di pane lievitata a cui si aggiunge: cigole (parte che si ricava dal grassodel maiale, dopo che mediante cottura si scioglie il grasso), salsiccia spezzettata,formaggio grattugiato, pepe e sugna. Si impasta tutto e si mette a lievitarein una teglia da ciambella, quella classica con buco centrale. Quando l'impastoavrà raddoppiato il suo volume si mette a cuocere in forno caldo a 200° percirca un ora. Quando avrà assunto un aspetto dorato è pronto. Si mangiatiepido per accompagnare salumi o al posto del pane per tutte le pietanze.

SOFFRITTO DI MAIALEPiatto a base di “costatelle” di maiale, pezzi di carne più magra, patate e pe-peroni all'aceto (papacelle). Si cuoce la carne nell'olio e si tiene da parte. Sifriggono le patate a spicchi e dopo i peperoni, tutto nello stesso olio. Poi siuniscono gli ingredienti e si aggiunge il sale facendo insaporire gli ingredientiper circa 10 minuti a fiamma bassa. Si serve caldo.

RAGU' DI CARNE, SALSICCE, COTICHE Si mettono in un ampio tegame olio, involtini di carne e cotiche (farciti conprezzemolo, aglio, pepe, formaggio pecorino), salsiccia fresca e punte di co-statelle e si lascia soffriggere aggiungendo un mezzo bicchiere di vino rossoper sfumare la carne. Quando tutto è ben rosolato a fuoco lento si aggiungela passata di pomodoro e si lascia cuocere per qualche ora. Questo sugo èadatto per condire pasta fatta in casa tipo fusilli e ravioli.

TRE RICETTE

Un vecchio peschereccio lungo il litorale del Cilento, sopra. Nella pagina accanto, sopra,Punta Infreschi nel Golfo di Policastro. Sotto, il castello medievale di Arechi a Salerno.

scoppiettante, il trono e latavola allungata perl’occasione, immensa, fino adaccogliere una trentina dipersone; sin da quando ebbi

varcato la soglia della portas’era insinuato deciso e forteall’interno delle cavità nasaliquell’ aroma inconfondibile, aldi la della scia proveniente

S anta Luc ia d i Cava

dalla cucina, un effluvio dilegna arsa combinato a quellodi soppressata, salsiccia, deiprodotti stagionati più gustosie saporiti che il maiale, comeun totem sacrificale, avevagenerosamente donato nelmese di Gennaio – eratalmente impregnata la lorovita di quell’animale, di cui cisi serviva d’ogni bene, chepareva che dalle paretiimbibite come spugne,fuoriuscisse l’anima, che allasua morte si era adagiata,come estremo omaggio,arilasciare, durante l’arco dellagiornata quell’olezzo digenuinità, che depositandosi dinotte, rendeva l’ambiente ogninuovo giorno stimolante evivificato per chiunque si fossetrovato a passar li per casa,

anche solo per un brevesaluto.Quella favolosa domenica anniprima, uno dei piatti piùsquisiti che assaggiai fu: il“Ragù di carne, salsicce,cotiche e fusilli” fatti in casa danonna Assunta; tanto prelibato,era un caposaldo dal quale nonsi poteva prescindere, anchenei mesi più caldi, il primopiatto simbolo insostituibile diquell’armonia familiare, che giàda solo era un inizio e unafine, colmo di fragranza esapori,che deliziavano ilpalato; ti iniziava a quell’arteculinaria che, quando zia Anname ne parlava cercando dispiegarmi gli ingredienti e i segreti per rendere ognipietanza così succulenta, lisnocciolava, guardandomi in

viso da vicino,con il mestolo dilegno in mano gocciolante disalsa parlandomi sotto voce,come se si stesse confidandoal confessionale in attesa diun’assoluzione – e in effettiun’autentica confessione mel’ebbe fatta, rivelandomi che ilsegreto d’ogni buon piatto,infin dei conti, consistevanell’aggiungere all’occorrenzauna noce di sugna,cheinsaporiva tutto(prendendosigioco di me nel farmipromettere di non farne parolaa nessuno; piuttosto,losapevano già, ma nesconsigliavano l’utilizzoperchè dicevano che fossegrassa ) – , sembrava chesgorgassero uno per uno dallasua bocca, con quella parlatain dialetto stretto cavese,

verace e genuina, e la boccapastosa e carnale a raccoglieredi tanto in tanto ai lati la salivache si depositava,essendoabituata a parlare tutta d’unfiato, senza respirare,e avendopremura di non espettorarlanella pentola, che nelfrattempo bolliva a fiammabassa d’ogni bontà del Signore,col coperchio appenaappoggiato sul bordo,perevitare che il ragù, perdistrazione o inganno,sirosolasse, perdendone inqualità e rendimento.M’ero fermato ad inspirare contutta la mia voracità quellabontà che mi riportò agli annipiù teneri, mentre osservavoAdele, circondata dalle mie ziedisposte a semicerchio attornoalla sua sedia; confidenziali edal limite dell’irriverenza,l’avevano posta come dinnanzi ad una commissionein seduta di laurea,indecisesull’assegnazione della lode omeno.Il pranzo andò avanti per ore,tra nuove pietanze: “ Minestramaritata”, detta pure “Minestraa’pignata”, “Soffritto dimaiale”, “Frittata di salsiccia”, il“Tortano con le cigole”,sanguinaccio, gelatina, zeppolescaldate, frutta secca, divertitebattute, alcune anchesimpaticamente condite,bicchieri di vino scuro, comeinchiostro, che ad intervalliregolari riempivamorinnovando scaramantici unnuovo brindisi ai futuri sposi -talmente saporito da averdeciso di farmelo mandare aMilano, di tanto in tanto, persbalordire i miei colleghi di

lavoro, alcuni dei qualidicevano fosse acetume, noncome quello del Trentino, mache poi bevevano benvolentieri esponendosi ognivolta a quella acetosità,invitandomi a farlo recapitarenuovamente, non appenaun’ultima bottiglia nelladispensa al fresco nedecretasse la fine e ilconseguente senso didisorientamento, derivatodall’appartenenza ad una cittàpopolosa, d’improntaaziendale, crocevia di prodottialimentari generati in serie,come le viti e i bullonifabbricati dalla catena dimontaggio in “TempiModerni” di Charlie Chaplin.Ed era soprattutto il nonno adanimare il simposio, quelgiorno, affascinato dalla maliae della compostezza di Adele;la cullò, corteggiandola e se laingraziò, divertendoci edandoci l’impressione che,come apprezzamento estremo– simile a quell’assaggiatore

che lascia tutti in sospesonell’attesa che formuli il suogiudizio finale sulla bontà delprodotto confezionato –piacendo a lui, sarebbepiaciuta a tutti.L’anno dopo non tornai conAdele, ma i nonni erano ancoralì, placidi, sereni, e, a detta dizio Pasquale, più sofferenti,fisicamente; anche zia Anna,padrona di casa premurosa eaccorta ad ogni sfumatura,sorridente ed accogliente,semplice ed appagata divedere la casa gremita dei suoicari nipoti, si adoperavasollecitandoci a lavare le manie ad accomodarci tutti aipropri posti, essendo pronto intavola; la lunga e identicatavola, riccamente imbandita,che simile ad una nave daitesori preziosi conquistati neiluoghi più remoti dell’Oriente,mi invitava a salire e a salpare,senza indugio, come perinaugurare un nuovomagnifico viaggio, verso la vita.

La statua del Cristo Redentore sul Monte San Biagio a Maratea.La statua del Cristo Redentore sul Monte San Biagio a Maratea.

Pannello di ceramica composto di losanghe e tozzetti realizzatodall’azienda salernitana L’Antica Ceramica.

A sinistra, una bambina indossa il tipico costume del Cilento.

10GIUGNOt r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i tGIUGNOt r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t

9