San Canzian Città Futura - Maggio 2011

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Città Futura I temi di questo numero Arredo urbano, amianto e super-porto: la discussione è aperta Continua il dibattito a proposito dell’unione tra i comuni di San Canzian e Turriaco. Dopo aver pubblicato dati che chiaramente dimostrano la bontà della proposta, aver ospitato il parere di tecnici qualificati e di importanti esponenti politici regionali ora diamo la parola a nuovi interventi. Il quadro è ora sufficientemente completo per chiedere ai primi cittadi- ni di dire finalmente la loro sulla questione. Noi li ospiteremo volentieri. Dopo le segnalazioni del numero scorso, richiamiamo ancora l’attenzione sul problema dell’arredo urbano nel nostro comune, a fronte dei nuovi errori compiuti dall’amministrazione. E gli errori, questa volta della giunta regionale e del governo, sono la causa delle sorti sempre più incerte del progetto di “super-porto Monfalcone Trieste”. A pagina 6, spieghiamo l’evolversi della complicata vicenda. Infine diamo spazio ad Enrico Bullian che presenta un’attenta indagine sui nuovi risvolti riguardanti la “situazione amianto” nel nostro territorio. Pubblicazione di San Canzian d’Isonzo n°2/2011 - anno II Trimestrale a distribuzione gratuita - Reg. Tribunale di Gorizia n° 6/2010 del 10/10/2010 Direttore Responsabile: Giorgio Rossetti Direttore: Edi Minin Stampato presso: Grafika Soča D.O.O. - Nova Gorica e.mail: [email protected] San Canzian I ponti che uniscono

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Città Futura

I temi di questo numeroArredo urbano, amianto e super-porto: la discussione è aperta

Continua il dibattito a proposito dell’unione tra i comuni di San Canzian e Turriaco. Dopo aver pubblicato dati che chiaramente dimostrano la bontà della proposta, aver ospitato il parere di tecnici qualificati e di importanti esponenti politici regionali ora diamo la parola a nuovi interventi. Il quadro è ora sufficientemente completo per chiedere ai primi cittadi-ni di dire finalmente la loro sulla questione. Noi li ospiteremo volentieri.Dopo le segnalazioni del numero scorso, richiamiamo ancora l’attenzione sul problema dell’arredo urbano nel nostro comune, a fronte dei nuovi errori compiuti dall’amministrazione. E gli errori, questa volta della giunta regionale e del governo, sono la causa delle sorti sempre più incerte del progetto di “super-porto Monfalcone Trieste”. A pagina 6, spieghiamo l’evolversi della complicata vicenda. Infine diamo spazio ad Enrico Bullian che presenta un’attenta indagine sui nuovi risvolti riguardanti la “situazione amianto” nel nostro territorio.

Pubblicazione di San Canzian d’Isonzo n°2/2011 - anno IITrimestrale a distribuzione gratuita - Reg. Tribunale di Gorizia n° 6/2010 del 10/10/2010 Direttore Responsabile: Giorgio RossettiDirettore: Edi MininStampato presso: Grafika Soča D.O.O. - Nova Goricae.mail: [email protected]

San Canzian

I ponti che uniscono

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Il parere di un rappresentante di categoria

L’Unione tra comuni, echi da TurriacoI n d i p e n d e n t e m e n t e dall’interesse che noi, come commercianti, abbiamo per questo progetto di unificazione dei due comuni, siamo convinti che sia un’ottima soluzione so-prattutto di carattere economico. Crediamo in questo progetto, che oltre alla concentrazione o diminuzione di costi per il man-tenimento di due amministrazio-ni, dovrebbe creare le premesse per una maggiore coesione tra gli abitanti stessi, specialmente con quelli delle nuove famiglie che si sono aggiunte in questi ultimi anni.Sarà necessario insistere per fa-vorire una graduale integrazione dei nuovi venuti perchè non si corra il rischio di trasformare i nostri paesi in enormi dormitori ( per far questo non servono piani regolatori, basterebbe costruire degli enor-mi condomini). Perchè ciò non avvenga bisognerà provvedere alla creazione ( e valorizzazione di quelli esistenti ) di quei servizi che necessitano ad una comu-nità, per evitare che gli abitanti siano costretti a spostarsi in altri centri per i loro acquisti. Solo in questo caso una Città Manda-mento potrebbe avere un futuro di progressivo miglioramento.Senza contare poi che già i nostri paesi possono vantare, anche rispetto ad altri centri più grandi, delle prestigiose istituzioni culturali e sportive di alto rango che possono essere sfruttate con maggior razionalità adottando una politica di coin-volgimento in occasione delle varie manifestazioni sia culturali che sportive che vengono pro-grammatre durante l’anno con l’auspicabile superamento della remota, seppur amichevole, ri-valità che ha accompagnato nel tempo la vita dei nostri paesi. L’intera operazione, qualora sia ragggiunto un accordo di massi-ma dei due comuni, ha bisogno di un’attenta e ponderata valutazione delle due identità:

nessuno deve per-dere ciò che ha crea-to sino ad oggi.Mi è stato chiesto di esprimere un parere sul futuro progetto di unificazione di Tur-riaco con il comune di San Canzian d’Isonzo. Lo faccio con qualche riserva perchè sono memore dei negativi risultati ottenuti quando in oc-casione di vari inter-venti tramite stampa, su argomenti che riguardavano da vi-cino la problematica della viabilità di Tur-riaco, diviso in due settori da un discuti-bile progetto di ri-strutturazione della piazza principale del paese con un risul-tato catastrofico nel settore degli scambi commerciali, per la seria difficoltà di inter-connessione con i paesi limitrofi del comune di San Can-zian d’Isonzo, che è stata in-terrotta da una deviazione di novecento metri, che gli abitanti non hanno certamente gradito. Tutto ciò ha creato notevoli dif-ficoltà di sopravvivenza in tutto il settore del commercio.È sufficiente fermarsi per qual-che minuto all’altezza della far-macia per constatare quante poche automobili proseguano oltre, contrariamente all’intenso traffico nei due sensi che si svol-geva prima della chiusura della piazza.Anche questo importante problema deve essere risolto pri-

ma di parlare di unificazione dei due comuni, perchè i servizi di cui gli abitanti avranno bisogno in un prossimo futuro, e cioè la facilità di traffico da Turriaco a Pieris e viceversa dovrebbe avere la priorità sull’intera operazione.Chi mi legge avrà già intuito che lo scrivente è un commerciante direttamente coinvolto, insieme alla categoria che rappresenta, in tutta la faccenda che a suo tempo fece scalpore non solo tra i diretti commercianti danneggiati ma coinvolgendo anche i comuni abitanti che si videro privare un diritto di passaggio, obbligandoli a cambiare le proprie abitudini.

Lettera firmata

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Superare le logiche di campanileEccoci ancora a parlare di Unione dei Comuni. Il perché è sotto gli oc-chi di tutti: la recessione economica che ha fatto venir meno l’importante spinta del mercato im-mobiliare con conse-guente impoverimento delle casse comunali, i tagli ai trasferimenti statali a favore delle ammini-strazioni locali, l’eccessiva buro-cratizzazione del sis-tema che ha portato a do-tazioni organiche, anche comunali, ridondanti uni-tamente alla necessità di semplificazione della vi-sione urbanistica del Ns territorio devono farci pen-sare seriamente alla ne-cessità di una semplificazione nella gestione del l’ambiente che viviamo.Se pensiamo infatti che in Friuli Venezia Giulia siamo complessiva-mente circa unmilioneduecentomila abitanti, sono presenti 218 comuni di cui quattro capoluoghi di provincia che da soli assommano quasi la metà degli abitanti, ecco che capiamo che i restanti 214 comuni si spartiscono poco più di settecentomila abitanti con una media per comune di poco più di tremila abitanti ciascuno.In questa situazione si trovano i nostri comuni: Il Comune di Tur-riaco con alcune migliaia di abitanti sopravvive grazie ad una oculata quanto impegnativa gestione am-ministrativa, gestione che sarebbe indubitabilmente meno difficoltosa se gli sforzi fossero accomunati a quelli del limitrofo Comune di San Canzian, che altrettanto difficol-tosamente procede nella sua vita amministrativa, dovendo soddis-fare le esigenze di ben cinque co-munita, e che ha in Pieris il centro edificato più limitrofo e omogeneo dal punto di vista delle infrastrutture.Non mi dilungherò quindi sui temi economici di efficienza dell’apparato amministrativo che sono già stati trattati dettagliatamente in un precedente numero di questa pubbli-cazione da persone più esperte ma cercherò di evidenziare gli indubbi vantaggi urbanistico-infrastrutturali che l’Unione dei due Comuni andreb-be favorire. per farlo devo necessariamente fare un’analisi dello stato di fatto e cercare di dare alcune risposte.Vi siete mai chiesti il perchè del fatto che ad esempio il cimitero di Pieris sia posto a confine con il Comune di

Turriaco, quello di Begliano sia posto a confine con il Comune di Ronchi e

di contro la Zona artigianale di Turria-co sia posta a confine con il territorio di Pieris e quella di Ronchi con il ter-ritorio di Begliano? Semplice, i cimi-teri, che custodiscono le spoglie ter-rene dei nostri cari, sono, per motivi sanitari, circondati da una fascia di ri-spetto inedificabile e quindi limitante per lo sviluppo delle costruzioni civili mentre le zone artigianali-industriali di solito sono foriere di problemi am-bientali e sanitari per le abitazioni vi-cine che quindi, se ci sono, è meglio che siano quelle del Comune altrui.Questo è solo uno e forse il più evi-dente dei “dispetti” urbanistici che da sempre la politica dei campanili ha prodotto, politica che con scarsa lungimiranza ha visto il proprio ter-ritorio come un piccolo universo che doveva contenere ogni cosa potesse essere comoda e fruibile solo dalla propria cittadinanza.Ciò ha prodotto, già dal secondo dopoguerra, un proliferare ab-norme di edifici pubblici e rela-tive infrastrutture che nei decenni successivi per i problemi più vari sono stati dismessi al loro uso pri-mario e, se fortunati, riconvertiti o, nel peggior caso, abbandonati.Abbiamo assistito negli anni alla co-struzione di un campo da calcio per ogni frazione ed almeno un palazzet-to o palestra per Comune, nessuno ha mai rinunciato alla propria zona artigianale, a qualche piccola ed insignificante zona commerciale ma, soprattutto ad una o più zone per l’edilizia economico popolare.Questo modo di agire ha prodotto, soprattutto nel nostro territorio, una distruzione del tessuto storico origi-

nario che si è visto progressivamente inglobato in un blob informe di co

struzioni di dubbio gusto a destinazioni d’uso disparate, i paesi si sono allungati sulle arterie di comunica-zione anziché espandersi concentricamente e le nostre campagne, complice anche una legislazione estremamente lassista nei confronti dei coltivatori, si sono riempite di edifici residenziali che non rispec-chiano tipologicamente quelli originari, le vecchie case coloniche sono state abbandonate e i cen-tri aziendali sono molto spesso formati da disordi-nati edifici che non hanno

nemmeno una logica funzionale.Per decenni il Comune di Turriaco ha espanso l’edificato verso sud (Pieris) lottizzando quella parte del territorio e costruendo strade a fon-do cieco che finivano nei campi del limitrofo Comune. Ci è voluto un inter-vento della Provincia di Gorizia che con la costruzione della cosiddetta circonvallazione sud di Turriaco ha “sanato” tale situazione e quindi dato sbocco a quella selva di strade che fino ad allora erano chiuse. Il tempo per questo genere di cose è, a mio modesto avviso, terminato. Nessuno può più permettersi di ra-gionare per località, l’area vasta deve sempre essere il riferimento per ogni tipo di progettazione ur-banistica e solo la gestione comune di più Municipalità può garantire da una parte la visione organica del territorio e dall’altra l’equa di-visione dei proventi derivati dalla capacità impositiva dei Comuni.I Comuni del Mandamento che han-no caratteristiche omogenee e sono limitrofi DEVONO necessariamente unirsi al fine di uniformare gli intenti e distribuire equamente gli sforzi per gestire un territorio che deve essere considerato un bene finito e quindi da non sprecare con la costruzione di inutili doppioni insediativo-infra-strutturali, così facendo si potranno avere servizi migliori a minori costi.

Libero

Gli abitati di Pieris, Turriaco e Begliano

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Tra qualche giorno troveremo nella cassetta postale la bolletta relativa alla tassa comunale sulla raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani che, già predispo-sta, prevede il pagamento in più rate oppure in un’unica soluzione dell’importo sopra stampato

La prima reazione che ci as-sale dalla lettura delle somme da pagare è quantomeno di arrabbiatura, visto che come ricorda il segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi in un suo manuale, la percen-tuale di tassazione che un citta-dino in regola con il fisco versa per sostenere il Sistema, Stato, Regione, Provincia, Comune, è pari al 51% delle proprie entrate. Significa che uno lavora oltre sei mesi in un anno per conto terzi.

Ciò che inoltre fa aumentare ul-teriormente la rabbia deriva dal fatto che a livello regionale la Provincia di Gorizia risulta es-sere seconda per esosità delle tariffe sui rifiuti solo a Trieste.

Recentemente la stampa locale aveva pubblicato le tariffe ap-plicate sui rispettivi territori dalle Aziende impegnate nel servizio, comparando ovviamente le mo-dalità dello stesso servizio, ovve-ro tra raccolta differenziata porta a porta e raccolta tradizionale con relativi cassonetti stradali.

Il risultato che usciva da quella analisi, riferito su un appar-tamento medio di 100 metri quadrati, dava la città di Trieste capofila del costo del servizio, ancorché svolto con i metodi del cassonetto stradale, la cui tariffa si attestava sui 280 euro annui; seconda non distanziata di molto con l’impegno della “ differenzia-ta” (tipologia di raccolta, questa, cui va naturalmente tutto il no-

stro favore) risultava la Provincia di Gorizia con i 250 euro annui.la terza realtà che da oltre l’Isonzo arriva alla Carnia ovvero la Provincia di Udine con modalità miste di raccolta e smaltimen-to si distanziava in modo sensi-bile con i 180 euro sempre cal-colati sui metri quadri su ricordati. Ultima, si fa per dire, con percen-tuali di raccolta differenziata da far invidia, risulta la Provincia di Pordenone, il costo a carico del cittadino si ferma a 140 euro.

Sono più bravi? Visti i risultati si di-rebbe di si: forse anche la qualità degli amministratori che seguono le varie aziende con ogni proba-bilità hanno maturato compe-tenze e esperienze adeguate al compito assegnato. Noi dob-biamo accontentarci e rasseg-narci a ciò che passa il convento.

Riportiamo infatti le dichiara-zioni rese dall’assessore provin-ciale Cernic sulla stampa locale alla fine del mese di gennaio in relazione alla chiusura della di-scarica di Pecol dei lupi, nel ter-ritorio di Cormons, e purtroppo non riprese dal nostro rappre-sentante in seno all’assemblea di Iris spa, ovviamente il Sin-daco di San Canzian Caruso. È compito di un sindaco in-fatti tutelare i propri cittadini nei consessi in cui è chiama-to a prendere decisioni e ciò temiamo non sia stato fatto.L’assessore afferma, non sappiamo se per ingenuità o per incompetenza, che: “Por-tare i rifiuti al termovalorizza-tore di Trieste costa 124 euro a tonnellata,viaggio incluso. Sino all’anno scorso per smaltirli in discarica, a Cormons, se ne an-davano 180 euro. Queste cifre parlano da sole” Il risparmio è del 30%, aggiunge ancora la Cernic: “ La Provincia è sempre stata convinta dell’opportunità di chiudere la discarica di Cor-mons, e oggi che l’impianto non è più funzionante pos-

siamo definirci orgogliosi.”

Orgogliosi di che? Di aver ga-bellato per ulteriori cinque anni i cittadini a versare quel 30 % in più sulla parte di rifiuto residuo? E di aver obbligato i cittadini della frazione di Borgnano ( Cor-mons) alla convivenza con una discarica posta a qualche centi-naio di metri dal centro abitato?

Facciamo due conti; se media-mente una famiglia titolare di un appartamento di 100 metri qua-dri, come già ricordato sopra, paga annualmente per il servizio di raccolta e allontanamento dei rifiuti 250 euro, e rispetta le regole differenziando fino al 60% il materiale da recuperare, e il rimanente 40% da destinare a discarica o al termovalorizzatore, notiamo che la differenza secon-do le dichiarazioni dell’assessore tra le due soluzioni non è irrile-vante per il contribuente, infatti se il costo del forno inceneri-tore per la parte residua del ri-fiuto fa risparmiare un 30% tra-dotto in cifra significano 30,00 euro annui che nelle bollette di questi ultimi cinque avrebbero significato 150 euro puliti puliti. Se tutto ciò corrisponde al vero come affermato dal citato as-sessore, e avendo la Provincia le competenze sul Piano per la strategia relativa alla moda-lità di raccolta e conferimento dei rifiuti sul territorio provin-ciale, temiamo di non sbagliare se affermiamo che le Aziende e la Provincia di Pordenone ab-biano qualche marcia in più,

A tal proposito ricordiamo la no-tizia di qualche giorno fa che la Commissione Regionale trattante gli aspetti ambientali ha bocciato il nuovo piano della Provincia di Gorizia in merito all’argomento sopra ricordato. Nel prossimo numero daremo maggiori det-tagli rispetto questa bocciatura.

Mansueto

CONTRO

LUCEPer non buttare i soldi

nei rifiuti

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Riprendiamo mal volentieri il tema dell’arredo urbano che nell’ultimo numero assieme ai

lettori che ci hanno scritto ab-biamo ampiamente trattato. Davamo per scontato che alcuni suggerimenti o proposte, senza la presunzione della verità as-soluta, in merito ai lavori su alcuni tratti di marciapiede, an-dassero quantomeno discusse e confrontate. Evidentemente abbiamo pensato (sbagliando) di avere come interlocutori per-sone ragionevoli, capaci co-munque di fare un passo avanti nelle scelte che negli ultimi gior-ni hanno visto due ulteriori mi-serissimi interventi di una decina di metri di marciapiede realiz-zati in via Mazzini e all’altezza dell’incrocio semaforizzato pos-to sulla provinciale 2.

Sembra quasi che l’assessore Dreos, titolare della delega sui lavori pubblici, abbia qualche conto in sospeso con il cen-tro cittadino di San Canzian, al pari di Begliano e di Isola Mo-rosini: tratta infatti queste realtà come una sorta di Dio minore alle quali le risposte da dare se-condo alcuni sfiorano il pressap-

pochismo o la superficialità. Con ogni probabilità sarebbe suc-cesso anche al centro di Pieris

se i ragionamenti dell’assessore avessero avuto il sopravento su un progetto fortunatamente pre-disposto prima di lui dalla giunta Pizzoni.

I lettori che hanno segnalato senza alcuna acrimonia la dif-ferenza di trattamento negli in-terventi di carattere pubblico sul territorio comunale, e che hanno trovato grande solidarietà nel resto della cittadinanza, ci chiedono come mai si continua a massacrare delle strutture in modo definitivo dimenticando di completare alcuni lavori incom-piuti. Ci ricordano il muretto a sostegno del rilevato posto a perimetro della Chiesa di San Canzian, che presenta segnali di notevole pericolosità, la (pur-troppo) già ricordata “pesa Pubblica” og-getto di analisi nel nostro primo numero – e, vale la pena ricor-darlo, posta nel programma elet-torale tra i primi punti da affron-tare - , l’ingresso di Begliano dopo il sottopasso ferroviario, che sicuramente non si presenta

come un buon biglietto di visita in quanto a qualità del fondo stradale. Ci domandiamo inol-

tre se appalti così piccoli come quelli per rammendare alla bell’e meglio dei piccoli pezzetti di marciapiede possono rientrare in quelle econo-mie di scala che un’amministrazione deve porsi per evi-tare di pagare oltre il dovuto opere di così scarsa rilevan-za. Insomma: non sarà che costano più le “scartoffie” del cemento?

Noi ci chiediamo in-oltre se la giunta viene posta a conoscenza di queste iniziative, se il Sindaco con

l’assessore all’urbanistica ab-biano approfondito l’argomento visto che le deleghe loro riser-vate rientrano in pieno sul tipo di sviluppo che si vuol dare al ter-ritorio comunale, chiediamo se dopo numerose dichiarazioni in-dirizzate alla valorizzazione di al-cuni siti storici riportate in più oc-casioni sulla stampa locale vi sia un comportamento coerente con quanto affermato. È inutile infatti sostenere ad ogni piè sospinto la vocazione turistica del nostro comune e poi immaginare “arredi urbani” nei centri dei nostri paesi degni della più degradata pe-riferia. Mediti il Sindaco, e nel frattempo non autorizzi rattoppi (biechi o tacon) che sono peggio del buco (buso).

Mansueto

Errare umanum est, perseverare......E lo chiamano arredo urbano

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Il convegno che l’11 febbraio doveva fare il punto sulla proposta del megaporto Trieste-Monfal-cone - ad un anno dal suo an-nuncio - è stato annullato alla vigilia dalla data programmata.Motivo ufficiale: l’annuncio che il governo aveva stanziato 400 milioni di € per il porto di Venezia, 250 per quello di Vado Ligure, mentre nulla era stato iscritto a bilancio per le in-frastrutture a terra previste dal pro-getto Unicredit (circa 300 milioni di €) e dei 30 milioni per la piattaforma logistica di Trieste, pur iscritti da anni a bilancio, ancora una volta il CIPE non aveva deliberato la spesa.A che gioco giochiamo? si è chiesto il gruppo bancario. Da ciò il rinvio del convegno, di cui ormai s’è persa traccia. Peccato, perché l’occasione sarebbe stata buona per capire qualcosa di più di questo proget-to, indubbiamente interessante sulla base degli annunci, ma di cui molte carte restano da scoprire. Certo, è la prima volta da sessant’anni a questa parte che un gruppo privato si è detto disposto ad un investimento di grossa portata in quest’angolo del nordest. E ha moti-vato questa disponibilità non a scopo benefico o per spirito patrio, ma per-ché ha intravisto possibilità di suc-cesso e di rientro dell’investimento con adeguato profitto. Unicredit conosce bene i mercati dell’Europa centro-orientale, dove ha aperto in questi anni non pochi sportelli. E Fabrizio Palenzona, deus ex machina dell’operazione, non è uno che ignori le potenzial-ità di altri investimenti e di altri porti. Se punta sui nostri scali qualche ra-gione l’avrà vista: non si siede per niente nel Consiglio di Mediobanca. Fatto sta che a quindici mesi dall’annuncio iniziale, il progetto non ha fatto finora molti passi avanti, in un palleggio di responsabilità che ricor-da il gioco dei tre cantoni, rappre-sentati in questo caso da Governo, Giunta regionale e gruppo bancario. Ognuno dà la colpa dello stal-lo all’altro e in mezzo, a cer-

care di guadagnare la “tana” dell’investimento, le due città di Monfalcone e Trieste a cui da qual-che mese si è aggiunta Capodistria. Trieste non sembra preoccuparsi. C’è chi – all’insegna del quieta non movere – ritiene che sia meglio non turbare i sonni tranquilli degli equi-libri di potere consolidati di questa città. E poco importa se questo condanna Trieste ad un tramonto definitivo. Anzi: a soccombere nei confronti del porto di Capodistria, che già ora mostra di avere una

marcia in più e vorrebbe subentrare come partner nel progetto Unicred-it. I cui dirigenti fanno un ragiona-mento semplice: se i poteri pubblici e privati dell’area giuliana risultano poco interessati, è presto fatto, si va a Capodistria. A conferma che Uni-credit cerca effettivamente una base nell’alto Adriatico coerente con i suoi interessi nell’Europa centro-orien-tale e il progetto va preso sul serio. Almeno fino a prova contraria.

Giorgio Rossetti

A quindici mesi dall’annuncioIl progetto Unicredit verso Capodistria?

Un elemento emerge con grande evidenza dal balletto attorno al progetto Unicredit: la totale as-senza dell’ azione del Governo e la latitanza della Giunta regionale. Frattini, eletto da queste parti, le frequenta solo per cercare di ri-solvere i problemi elettorali del centro-destra; ma sul ruolo eu-ropeo e sulla portualità interna-zionale non va oltre le belle parole. Basta pensare al ritardo con cui ha fronteggiato l’iniziativa della macroregione danubiana, aggre-gazione di 8 paesi comunitari e 6 extra comunitari, per potenziare l’asse del Danubio e dai suoi af-fluenti, avviata nel 2007, e ormai ufficiale grazie ad piano di azione della Commissione che il Consiglio europeo Affari Generali, di cui fa parte il nostro ministro degli esteri, ha approvato il 13 aprile scorso. Altro che corridoio adriatico: la pros-pettiva vera è di essere bypassati an-cora una volta al di sopra delle Alpi. Frattini ha annunciato un anno fa di voler da vita ad una macroregione adriatico-jonica. Ma non ha potuto fare a meno di riconoscere che il traguardo per questo obiettivo sarà il 2014: quando le scelte per la pro-grammazione finanziaria dell’UE per i 7 anni successive saranno già fatte. Quanto alla giunta regionale, il ruolo internazionale della regione non sembra essere più una car-ta da giocare. Che fine ha fatto

l’Euroregione? Quale attenzione ai paesi della ex Jugoslavia che bussano alla porta dell’Unione europea, la Croazia in primis? Se manca una visione strategica, è del tutto naturale che il progetto Unicredit risulti un problema troppo impegnativo, fuori misura per chi non va oltre l’orticello di casa e i rapporti internazionali tende a farli coincidere con quelli….famigliari. E cosi il protocollo d’intesa Go-verno-Regione per i rapporti con Unicredit dopo oltre un anno an-cora non c’è. Si firmerà – pro-mette Frattini – la prima settimana di maggio, guarda caso alla vigilia del voto amministrativo. Sarà poi vero? E saremo ancora in tempo?C’è un ultimo quesito: in questo pa-norama desolante, c’è qualcuno che cerca di alzare la voce e farsi sentire?

g.r.

E Governo e Giunta regionale stanno a

guardare

La redazione

Dir. Resp. Giorgio RossettiDir. Edi Minin

Marco BrandolinStefano MininMaurizio NegrariEdi PizzoniRiccardo Sacco

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Nella Venezia Giulia l’esposizione all’amianto è stata molto consistente, in particolare nei settori cantieristico, portuale ed edile, oltre che in una serie di altre attività industriali e artigianali. Uno degli epicentri europei nell’epidemia di malat-tie asbesto correlate è il Mon-falconese. Attualmente, nella Provincia di Gorizia si verificano quasi una ventina di casi di mesotelioma ogni anno (tumore ad oggi incurabile), concentrati in realtà nel Mandamento Mon-falconese, che ha un bacino di popolazione attorno alle settan-tamila unità (si pensi che senza una esposizione professionale al minerale cancerogeno, l’ “in-cidenza naturale” del mesote-lioma è di un caso ogni milione di abitanti!). Andrebbero anche aggiunti i tumori del polmone, le asbestosi e le altre patolo-gie riconducibili all’esposizione all’amianto, in gran parte causate dall’attività del cantiere navale. Molte famiglie di San Canzian d’Isonzo – come in ogni Co-mune del Mandamento – hanno pagato un prezzo alto, perdendo i propri cari per questa tragedia. Sulla vicenda – come noto – è aperto il “maxi-processo” al Tri-bunale di Gorizia che dovrebbe giungere alla sentenza di primo grado entro un anno. Sono state coinvolte anche famiglie del nos-tro Comune e sono già stati sen-titi centinaia di testimoni, per-lopiù operai o familiari. Non mi pare questa l’occasione per citare nomi di persone dece-dute o loro familiari che hanno richiesto “verità e giustizia” su queste morti. Riporto solo l’affermazione di uno di questi operai – ripresa in un recente li-bro – per far capire i sentimenti di queste persone che si sento-no tradite: “Siamo ammalati per-ché ci hanno ammalato”. Dal punto di vista socio-sanitario – a parte diversi “annunci” po-litici a favore della costituzione di un “Centro per le malattie asbesto correlate” – non si è giunti a grossi passi in avan-ti. Esiste la sorveglianza sani-taria gratuita per gli ex-esposti professionali all’amianto; tutta-

via questa (per il momento) non ha portato a evidenti vantaggi, dal momento che la prevenzione precoce delle malattie tumorali non risulta per niente semplice e – inoltre – il mesotelioma rimane un tumore che dopo la diagnosi lascia un’aspettativa di vita mol-to breve. Manca sicuramente un percorso istituzionale chiaro per le famiglie che si trovano – loro malgrado – coinvolte in questo calvario: a chi rivolgersi per la questione medica e per il nec-essario sostegno assistenziale e psicologico, come ottenere gli indennizzi previsti, come even-

tualmente avviare l’iter proces-suale (che nei casi di malattie professionali dovrebbe essere aperto d’ufficio in sede penale). Il nuovo “Centro” dovrebbe ser-vire come minimo a gestire in maniera più efficace e razionale queste situazioni, per evitare i “viag-gi della speranza” che molte famiglie – prese dalla disperazione – decidono di intra-prendere. Un’ultima questione riguarda le bonifiche dell’amianto ancora presente nel paesaggio urbano, in particolare a causa dei suoi molteplici impieghi nell’edilizia. Da qui deriva la necessità di bonificare il territorio, considera-ta la diffusione anche nei nostri Comuni delle coperture in eter-nit, che possono provocare es-posizioni ambientali di bassa en-tità. Per agevolare le bonifiche dei privati cittadini, la Province di Gorizia ha attuato delle politiche di incentivazione allo smalti-mento con un progetto di micro-raccolta del cemento-amianto. La contribuzione ai privati è del 50% della spesa complessiva e questo ha permesso di soddis-fare centinaia di richieste. Anche l’Amministrazione Comunale di San Canzian d’Is. ha già effet-tuato 4 bandi per agevolare la ri-mozione al privato con contributi una tantum di 600 €. In questo caso – parlando come Con-sigliere Comunale che segue questa attività – abbiamo in cor-so la quarta edizione del bando e chi vuole beneficiare del contributo può farne richiesta fino al 6 maggio 2011 presso il Comune. Il bando del 2010 si è chiuso con 9 richieste di contributo, di cui in ben 8 casi si sono effettivamente rimosse le coperture. Ciò testimonia che i cittadini – se correttamente “sti-molati” – rispondono positiva-mente e seguendo le procedure.

Enrico Bullian

Chi è BullianEnrico Bul-lian 27 anni Vice Sindaco del Comune di Turriaco.Capogruppo del PRC in C o n s i g l i o Comunale a San Canzian d’Isonzo.Dottorando di ricerca in Scienze Umanistiche presso l’Università degli Studi di Tri-este con una ricerca triennale sull’evoluzione della sicurezza sul lavoro in Italia e nel Mon-falconese. Ha già pubblicato - in particolare sulla “que-stione amianto” e sulla salute operaia nel cantiere di Monfal-cone - monografie e saggi storici.Membro della Commissione Regionale Amianto. Consulente della Procura della Repubblica di Gorizia nei processi rela-tivi ai decessi riconducibili all’esposizione professionale all’amianto.Docente in corsi sulla sicurez-za sul lavoro nei licei e negli istitu-ti tecnici e professionali.

Amianto, un dramma che ci tocca da vicino

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8Città FuturaMaggio 2011

La globalizzazione, tanto invocata e lodata per la sua capacità di far circolare merci e informazioni, capi-tali e turisti, ha avuto tra i suoi effetti collaterali l’agonia delle prerogative sovrane degli stati nazionali e, quin-di, delle varie forme di democrazia. In questi anni la politica si è omo-geneizzata al modello statunitense, nella versione deteriore italiota, trasformandosi esclusivamente in una sorta di bottega per prodotti elettorali e in lobbies in concorren-za tra loro, dimentiche del bene co-mune e spasmodicamente protese alla tutela degli interessi privati. E’ sempre più come se gli elettori fos-sero invitati a fare shopping. Non più la ricerca del consenso su una determinata proposta di politica so-ciale, etica e ideologica, bensì su un’iniziativa di marketing dove, spesso, la calunnia, la grossolanità, la barzelletta, lo scandalo, altro non sono che la rappresentazione di una bizantina competizione basata sull’apparenza. Può essere che le “candidature forti” possano incidere in questa situazione. Di brave per-sone, del resto, radicate sui terri-

tori e desiderose di fare politica ce ne sono tante, a prescindere dagli schieramenti politici. Ma penso che queste candidature potranno avere una loro utilità solo se riusciranno a convincere anche sulla base di un programma politico chiaro e ri-conoscibile. È questo il variegato quadro di riferimento all’interno del quale si inserisce la strategia, mes-sa in atto da Berlusconi: trattare il possibile elettore come consuma-tore; vendere un prodotto politico, ideologico, e quindi non lavorare più sugli elementi di contenuto strategico, di promessa sui quali si basava prima la comunicazione po-litica. Dal 1994 egli offre il proprio prodotto politico come il migliore possibile costringendo, in qualche modo, la parte avversa ad adeguar-si alle nuove modalità di comunica-zione. Ci sono naturalmente alcuni punti critici: innanzitutto il fatto che gli italiani sono abbastanza intel-ligenti da distinguere un prodotto materiale come una bottiglia di ac-qua minerale, da un prodotto ideale come quello di un voto alle elezioni. La spinta all’acquisto di una bot-

tiglia di acqua minerale, piuttosto che di un’altra, è di tipo razionale. L’acquisto di un determinato pro-dotto politico rispetto ad un altro contempla sicuramente una parte di razionalità ma c’è anche una forte parte di emozionalità, determi-nata dalla storia politica del no-stro Paese che comunque è stata sem-pre polarizzata fra bianchi e rossi, fra comunisti e democristiani, fra clericali e mangiatori di bambini, fra Peppone e Don Camillo, e, per quanto siano cambiati i tempi, ques-ta spinta ideologica non è mai del tutto scomparsa. In questi casi, può tornare utile una citazione di Franco Basaglia, lo psichiatra che chiuse i manicomi: “Noi, nella nostra debolezza, in questa mino-ranza che siamo, non possiamo vincere, perché è il potere che vince sempre. Noi possiamo al massimo convincere. Nel momento in cui convinciamo, vinciamo, perché de-terminiamo una situazione di tra-sformazione difficile da recuperare”.

Maurizio Negrari

La Televendita del Voto (ovvero la democrazia del marketing)

Non c’è pasquetta né domenica che tenga

W il 25 APRILEW il 1° MAGGIO