San Canzian Città Futura - Ottobre 2010

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Città Futura I cittadini del comune di San Canzian d’Isonzo, è il nostro augurio, possano ricon- oscersi in questo foglio, che parte con entusiasmo e tanto gusto dell’avventura. Vorremmo mettere a disposizione delle associazioni, dei circoli culturali, delle per- sone, insomma di tutti quelli che hanno a cuore le sorti della nostra comunità, questo spazio ove riflettere delle questioni, dei problemi che ci investono ogni giorno. Siamo un gruppo di persone eterogenee, attive nelle associazioni, chi iscritto a partiti e chi no, tutti però desiderosi di contribuire, per quel poco che potremmo fare, alla vita culturale, politica ed associativa di San Canzian d’Isonzo. L’abbiamo chiamato così perché, al netto dei tributi storici, vorremmo veramente, assieme a tutti voi, concor- rere a disegnare una comunità migliore per tutti noi e per i nostri figli e nipoti. Sap- piamo che non è semplice e vi chiediamo attenzione, partecipazione e sostegno. Sin da subito ve ne siamo grati. Pubblicazione di San Canzian d’Isonzo Trimestrale a distribuzione gratuita. Reg. Tribunale di Gorizia n° 6/2010 Direttore Responsabile: Giorgio Rossetti Direttore: Edi Minin Stampato presso: Grafika Soča D.O.O. e.mail: [email protected] San Canzian

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#1 San Canzian Città Futura

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Città Futura

I cittadini del comune di San Canzian d’Isonzo, è il nostro augurio, possano ricon-oscersi in questo foglio, che parte con entusiasmo e tanto gusto dell’avventura. Vorremmo mettere a disposizione delle associazioni, dei circoli culturali, delle per-sone, insomma di tutti quelli che hanno a cuore le sorti della nostra comunità, questo spazio ove riflettere delle questioni, dei problemi che ci investono ogni giorno. Siamo un gruppo di persone eterogenee, attive nelle associazioni, chi iscritto a partiti e chi no, tutti però desiderosi di contribuire, per quel poco che potremmo fare, alla vita culturale, politica ed associativa di San Canzian d’Isonzo. L’abbiamo chiamato così perché, al netto dei tributi storici, vorremmo veramente, assieme a tutti voi, concor-rere a disegnare una comunità migliore per tutti noi e per i nostri figli e nipoti. Sap-piamo che non è semplice e vi chiediamo attenzione, partecipazione e sostegno.Sin da subito ve ne siamo grati.

Pubblicazione di San Canzian d’IsonzoTrimestrale a distribuzione gratuita. Reg. Tribunale di Gorizia n° 6/2010Direttore Responsabile: Giorgio RossettiDirettore: Edi MininStampato presso: Grafika Soča D.O.O.e.mail: [email protected]

San Canzian

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mento a suo tempo percepito per il recupero della ex scuola media fosse espressamente finalizzato a creare le condizioni per una presen-za di soggetti privati che contribuis-sero alla ristrutturazione e parteci-passero poi alla gestione.

Non vorremmo che questa sia l’ennesima occasione persa: il governo della cosa pubblica rich-iede competenza, fantasia e tena-cia, componenti queste che, se misurate alla luce delle ultime scelte di questa Amministrazione, nell’interesse di tutti i cittadini, vor-remmo veder decisamente incre-mentate, considerati gli ampi mar-gini di miglioramento che riteniamo esserci. Da qualche mese sono ini-ziati i lavori nella vecchia sede mu-nicipale: si parla, per il primo lotto, della sola “messa in sicurezza” e l’investimento già in questa fase è di tutto rispetto. Con l’augurio di non avere tra qual-che anno una seconda ex scuola media sul territorio comunale.Red.

fianco del municipio, oggi consider-ata un monumento all’inefficienza.Lo stesso giornale “IL PICCOLO” in data 8 settembre ha titolato su sei colonne “Opere pubbliche ab-bandonate” - “I lavori sono fermi da un anno, a pezzi la scuola media di Pieris” - “Co-mune senza fondi: il degrado sta di-lagando nel can-tiere”. L’unica voce che viene sotto-stimata è quella relativa ai costi sin qui sostenuti, che sicuramente non ammontano ai soli 540.000 euro ricor-dati nell’articolo. Ci chiediamo in-fatti se una trat-tativa seria con i vertici della nuova Banca, attraverso corretti strumenti giuridici, avrebbe potuto rimettere in moto quel can-tiere, sistemare una parte dove collocare lo stes-so sportello in un’area di grande prestigio, con par-cheggi attualmente sotto utilizzati, ed un parco di alberi secolari che fa invidia a città di maggiori dimen-sioni. Del resto va dato atto alla Banca di Credito Cooperativo di Fiumicello di aver già realizzato meritorie azioni di recupero di immobili di valore storico: infatti, la sede centrale della banca a Fiumicello è un edificio che risale ai primi anni del XX secolo, che fu, nel corso degli anni, la sede della “Prima Latteria Cooperativa Friulana” e che sino agli anni set-tanta ospitò una sala da ballo, la sede di diverse associazioni e persino un palcoscenico per il tea-tro; un edificio quindi molto simile per vocazione alla nostra ex scuola media.Tra l’altro, ci sembra che il finanzia-

Pochi mesi fa, verso la prima metà di luglio, una nuova filiale della Banca di Credito Cooperativo di Fiumicello ha aperto i battenti nel Comune di San Canzian d ‘Isonzo, nella frazione di Pieris. L’apertura di un nuovo istituto di credito è un evento molto positivo per l’intera comunità, sia per la creazione di posti di lavoro qualifi-cati – soprattutto in questi tempi di gravi problemi occupazionali - sia per la concorrenza, che può dare significativi risultati in termini di qualità nel servizio ai clienti e di of-ferte economiche più vantaggiose.Inoltre, la Banca di Credito Cooperativo di Fiumicello è una realtà che ha un forte radicamento territoriale e ha una natura sociale cooperativa: tutti elementi rilevanti per lo sviluppo locale.Quindi da parte nostra diamo un sincero benvenuto a questa nuova realtà collocata sul territorio del nostro Comune.Ci poniamo d’altra parte alcune domande sulla collocazione fisica dello sportello bancario: la prima riguarda il ruolo del Sindaco e dell’intera Amministrazione del Co-mune.È nell’ordine delle cose che vi sia stato quantomeno un approccio verbale tra i soggetti su ricordati, se non altro per la concessione o autorizzazione documentale per la nuova attività. Ecco, noi osservatori esterni, avremmo gradito capire se il Sin-daco in particolare – visto che quasi unico tra i sindaci del mandamento svolge il suo ruolo a tempo pieno e conseguentemente remunerato – e l’intera giunta, abbiano svolto un ruolo propositivo, magari con qualche suggerimento e qualche proposta nei confronti della stessa Banca per la collocazione fisica de-gli uffici nell’ex scuola media sita a

Ex scuola media di Pieris: un’occasione persa?CONTRO

LUCE

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Avere una badante che si prende cura dei nostri anziani è una realtà oramai ampiamente diffusa. Queste donne, per lo più provenienti dai paesi dell’Est, sono apparse nelle nostre case, insinu-andosi senza clamore nel tradizionale rapporto tra famiglie e servizi. Se fino a qualche anno fa la casa di riposo rap-presentava la soluzione cui ricorrere in situazioni di salute precaria e neces-sità di aiuto nello svolgere le attività consone a condurre una vita autonoma (camminare, mangiare, vestirsi…), oggi il primo pensiero delle famiglie è quello di provare a risolvere la situazione rivolgendosi all’assistenza fornita da una badante. La soluzione “badante” non è solo più economica, ma consente di mantenere l’anziano a casa, tra i ricordi e le cose care di una vita ed evitare i sensi di col-pa che ancora spesso accompagnano la scelta di ricorrere alla casa di riposo.La necessità di garantire all’anziano cura ed assistenza a domicilio, preferi-bilmente sulle 24 ore (come sarebbe garantito dal ricovero) interessa un nu-mero sempre crescente di popolazione: è noto che l’aspettativa di vita in Italia è raddoppiata dall’inizio del XX secolo ad oggi, raggiungendo i 77 anni per gli uomini e gli 83 anni per le donne, provocando per contro un aumento dell’incidenza della non autosufficienza, determinata soprattutto dalle malattie croniche e degenerative tipiche delle età anziane.Tutto ciò è avvenuto mentre si stavano realizzando in altri paesi condizioni politiche e sociali che hanno favorito l’immigrazione straniera. Il riferimento è d’obbligo al crollo dell’U.R.R.S e con-testualmente alla polarizzazione della ricchezza a favore dei paesi economi-camente più sviluppati, il che ha favorito l’emigrazione verso Occidente di molte persone provenienti dall’Est europeo e attratte dall’opportunità di lavoro e dalla convenienza derivante dai differenziali salariali. È proprio tra queste popolazi-oni che si colloca tradizionalmente la stragrande maggioranza delle assisten-ti familiari private, “specializzate” nel lavoro di cura e in grado di soddisfare una domanda crescente di assistenza a domicilio. Questo gruppo presenta inoltre di-verse aspettative e motivazioni rispet-to all’emigrazione: prevedono infatti periodi di permanenza relativamente brevi, senza radicamento sul territorio e che essenzialmente vanno ricondotti ad un investimento realizzato nel paese di origine: l’acquisto o l’ampliamento

della casa, il matrimo-nio dei figli, il sostegno economico agli studi degli stessi. La tempora-neità della loro presen-za e la mis-sione che si p re f iggono - ottenere il massimo v a n t a g g i o economico nel minor tempo possibile - le rende quindi i sog-getti ideali per la cura degli anziani non autosufficienti.Il fenomeno si è diffuso a macchia d’olio, secondo uno straordinario incon-tro tra domanda e offerta che in un pri-mo tempo si è collocato esclusivamente nei canali informali (un passaparola di conoscenze da parte di connazionali già presenti in Italia per svolgere il lavo-ro di assistenza privata) e nell’assenza di contratti di lavoro e di regole di ogni genere. In questo contesto è intervenuto nel 2004 il legislatore regionale che con la LR 24 ha gettato le basi per la regolariz-zazione. Del resto da parte delle Istituzioni continuare ad ignorare il fenomeno, chiudendo un occhio sugli aspetti di irregolarità e lavoro sommerso sareb-be decisamente poco lungimirante. Significherebbe infatti considerare le assistenti familiari solo come un prob-lema privato, senza riconoscere la loro funzione sociale, renderla visibile, sostenerla e collegare quello che fanno con il sistema dei servizi già presenti sul territorio. Anche nella nostra zona è partita da qualche anno una forte spinta da parte dei Servizi alla regolarizzazione di queste figure: le famiglie che assumono regolarmente una badante hanno di-ritto ad un contributo che va ad abbat-timento degli oneri contrattuali, a questo si aggiunge un ulteriore contributo nel caso l’anziano seguito non sia autosuf-ficiente. Ciò ha reso sempre più con-veniente (addirittura in un certo senso vantaggiosa) la regolarizzazione, e sempre più diffusa, tant’è che oggi nel mandamento monfalconese sono 185 le badanti regolarmente assunte (di queste 11 prestano il loro servizio a San Canzian d’Isonzo) .

Il fatto di avere un contratto in regola cos-tituisce indubbiamente un migliorativo anche per le stesse badanti: è evidente infatti che alla lunga assenza di tutele (orario di lavoro, ferie, malattia, etc.), in-determinatezza della durata dei rapporti di lavoro, precarietà possono provocare scarsa motivazione all’investimento professionale. Il contratto di lavoro con-sente loro di entrare “dalla porta princi-pale” nel sistema del welfare territoriale; se a questo si unisce una formazione specifica sul lavoro dell’assistenza do-mestica (che dovrebbe essere garantita contestualmente alla firma del contrat-to di lavoro) è chiaro come il tutto ha inevitabilmente delle ripercussioni sulla qualità dell’assistenza, offrendo mag-giori garanzie di continuità temporale, di competenza tecnica e di maggior con-nessione con le altre risorse di cura. E permette loro di fruire dei diritti che sono insindacabili all’interno di un qual-siasi contratto: orario stabilito (con ore e giorni liberi concordati con il datore di lavoro), malattia e assistenza sanitaria, ferie retribuite; non è male consideran-do che queste persone lasciano i loro affetti, smettono di svolgere il lavoro di cura nei confronti dei propri cari e si spostano di migliaia di km per venire a curare i nostri anziani, spesso avendo un contatto quasi solo eslcusivo con loro. Poter avere un contratto di lavoro significa anche per loro dare maggior valore ai loro interventi e alla loro per-manenza, di medio o lungo periodo che sia, all’interno del nostro paese. Red.

Badanti: un patto tra culture al servizio della cura

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Un po’ per lavoro ed un po’ per interesse personale ho segui-to, qualche tempo fa, il Forum dei giovani imprenditori che si è tenuto a Venezia il 17 e il 18 settembre e devo dire che mi è sembrato molto interessante.Tra la varia documentazione consegnata, lo studio effettua-to da Confcommercio sulle as-pettative dei giovani lavoratori: troppi giovani scolarizzati non hanno mai trovato un lavoro; tanti altri sono costretti a lunghe, interminabili esperienze di pre-carietà, di bassi salari, di con-vivenza forzata con i genitori. Molti dei più qualificati devono emigrare in paesi più accoglien-ti. A troppe ragazze è negata la piena autonomia per il lavoro che non c’è.E qui necessariamente apro un paragrafo a margine: la sinistra italiana dovrebbe uscire dal lungo letargo, trovare le pa-role giuste per una nuova nar-razione credibile e darsi obiettivi ed ambizioni, adeguati al rischio di collasso della nostra società nazionale. Ormai il contratto a tempo in-determinato sembra un lonta-no ricordo. Ma i giovani, come emerge dalla ricerca della Con-fcommercio presentata a Ven-ezia, ci sperano ancora. Anzi: ben il 60% è convinto che entro i 30 anni riuscirà a svolgere il la-voro che gli piace o quello per cui ha studiato e si sta impeg-nando. Addirittura, dai risultati emerge che un giovane su due vorrebbe “il posto fisso”. Quelli che, invece, sono già inseriti attribuiscono al posto fisso, oltre una grande importanza, elemen-ti di positività come: “sicurezza e

reddito”. Il posto fisso riscuote la maggiore preferenza dei giovani (46,2%), segue la possibilità di svolgere un lavoro autonomo (37,7%) e quella di svolgere un lavoro interessante ed in linea con le proprie aspettative (28,5%). La speranza, poi, è quella di avere, forse, uno status sociale migliore rispetto a quello della propria famiglia di origine, un lavoro di maggior prestigio, di guadagnare di più rispetto a quanto non guadagnassero i propri genitori. A questi, però, si aggiungono anche giovani con una visione più negativa: il 26,5% non sa se e quando ri-uscirà ad affermarsi nel lavoro e nella professione cui aspira, dato che indica un certo disagio giovanile da non sottovalutare ma, comunque, meno ampio rispetto al modo con il quale viene spesso dimensionato e dipinto. Il 35,6% ritiene utile la formazione scolastica ed univer-sitaria. E quindi nutrono ancora molta stima nelle principali istituzioni educative. E’ interes-sante rilevare, poi, che sono soprattutto le giovani ed i lau-reati ad ipotizzarsi come futuri lavoratori dipendenti. Infine, tra i precari sono certamente di più le donne rispetto ai maschi e coloro che hanno scolarità media. Sono tutti dati, uniti al bisogno di politiche per il lavoro al fem-minile, che devono destare at-tenzione per una proposta po-litica che mi sento di fare, nella

nostra provincia, alle forze che attualmente la governano: un piano provinciale del lavoro giovanile, un Piano Strategico che miri alle concrete neces-sità di occupazione dei nostri figli e dei nostri nipoti, anche se; sempre attingendo dallo studio di Confcommercio, mol-to basso (15,9%) è, invece, il livello di fiducia nei politici

e nella possibilità della politica di influire concretamente sul proprio destino lavorativo o pro-fessionale o di contribuire in qualche modo a migliorare la propria condizione sociale. Pro-prio nei confronti della politica, la maggior parte dei giovani vive, infatti, un rapporto distante, che per oltre un quarto di essi (26,6%) diventa di assoluta in-differenza. Elementi, questi, che si riflettono anche in certi com-portamenti come non seguire i dibattiti politici o non parlare di politica. Però i giovani sono anche disposti a fare dei sacrifici per svolgere il lavoro dei propri sogni: il 38,5% sarebbe disposto a ridurre il proprio tempo libero, il 35% a trasferirsi a tempo in-definito, il 29,8% a rinviare il matrimonio, il 29,7% a spostarsi geograficamente per un periodo limitato, il 24,5% a posticipare l’età in cui avere dei figli. Scelte in linea, peraltro, con un dato che sembrerebbe smentire la fama di bamboccioni dei giovani d’oggi, ovvero quello secondo cui quasi la metà dei giovani (il 45%) è convinto che entro i 30 anni lascerà la propria famiglia di origine per andare a vivere da solo. Ritengo sia comunque una sfida da cogliere .M.N.

Giovani & posto fisso: un mito?

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ha parlato il ministro Frattini, che com-prenderebbe Italia, Grecia e ..Albania (la Slovenia valuterà l’opzione più con-veniente tra le due macroregioni), non sarà in grado di partire prima del 2014, a giochi ormai fatti per il bilancio setten-nale dell’Unione europea.Tornando al progetto, sarebbe co-munque auspicabile partire già dal-la situazione esistente, con i traffici che languono in entrambi i porti. La

portualità regionale, come tutta quella italiana, è ad un bivio: fare il definitivo salto di qualità o continuare a vivacchiare e scendere sempre più ai margini dei traffici mediterranei. Tutte le istituzioni dovrebbero attivarsi per scongiurare la seconda soluzione, ma l’unità di intenti non sem-bra di questo mondo: il governo centrale continua ad omettere di approntare un piano della portualità nazionale che riduca i con-tributi a pioggia, che si per-dono in mille rivoli, per con-centrare gli sforzi in pochi porti cardine, tra cui ci sarebbe il sistema Trieste-Monfalcone; il governo

regionale di centrodestra sta creando sempre più difficoltà di finanziamento ad Alpe Adria, il vettore ferroviario che si occupa del trasporto intermodale dei container da e per il Molo VII, e non ha la capacità di presentare un pi-ano di sviluppo della portualità locale; Trenitalia sta progressivamente trascurando la nostra regione, con pesanti ricadute sul traffico sia merci che passeggeri.I lavoratori stanno già facendo la loro parte attraverso la regionalizzazione del pool di manodopera portuale, che consente alle imprese portuali di poter lavorare in tutti e tre i porti del FVG; sta dunque alle istituzioni, politiche ed eco-nomiche, fare di tutto per non perdere un’occasione importantissima come questa del superporto per creare svi-luppo e occupazione e porre la nostra regione al centro della nuova Europa allargata. R.S.

che, proprio per le sue dimensioni e gli stretti tempi di attuazione, richiederebbe un commissario ad hoc capace di snel-lire le procedure e la tempistica globale. E pure scettici appaiono i maggiori es-ponenti del centrodestra, nonostante il progetto sia “sponsorizzato” dal governo Berlusconi, divisi sulla figura del possibile commissario e del succes-sore di Boniciolli, sulle cui nomine temo-no forti ingerenze romane. Il PD si è in-

vece schierato, con diverse sfumature, a favore, sottolineando l’importanza che rivestirebbe questo progetto in termini di ricaduta sull’economia regionale e sull’occupazione diretta e dell’indotto, proprio in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo attualmente. Si tratta infatti della prima manifestazione di interesse di un grup-po bancario ad investire cifre importanti in quest’area, per decenni ignorata dai privati, penalizzata dalla sua condizione di frontiera di sistema che rendeva evi-dentemente aleatori gli investimenti. La proposta appare tanto più interes-sante ed attuale perché dichiarata-mente rivolta ad incrementare i traf-fici verso l’Europa centro-orientale, ed interviene mentre – nell’assoluta indifferenza della Regione – si sta at-trezzando un asse danubiano teso ad intercettare l’incremento dei traffici dal Far East che entrano nel Mediter-raneo. La macroregione danubiana, comprendente gli otto paesi comunitari e i sei extra comunitari che si affac-ciano sul Danubio o sui suoi affluenti, sarà una realtà entro la fine dell’anno, e dunque in grado di farsi sentire per i fi-nanziamenti comunitari. Mentre la mac-roregione adriatica, di cui tardivamente

La relativa calma piatta che avvolge da anni l’economia portuale region-ale è stata recentemente scossa dal lancio del progetto di superporto dedi-cato ai container che coinvolgerebbe le banchine sia di Trieste che di Monfal-cone. Il progetto, benché non ancora presentato nei suoi dettagli operativi, vede il patrocinio del Ministero degli Esteri e, come capocordata e maggiore finanziatore, il gruppo Unicredit con la sua neonata branca Unicredit Logistics, per un giro comples-sivo di 1 miliardo di Euro, di cui 250 milioni a carico dello Stato per infrastrutture, che porterebbe nei due nostri maggiori porti un volume di traffico di almeno 3 milioni di teus entro 3 anni (il teu è un’unità di mis-ura che corrisponde praticamente ad un container da 20 pie-di): per capirci meg-lio, l’anno scorso il terminal del Molo VII di Trieste non è arri-vato a 300.000 teus! A Monfalcone il ter-minal sarebbe da costruire ex novo, con notevoli problematiche riguardo la profondità del mare nei pressi delle banchine, visto che quello attuale non sarebbe sufficiente a permettere l’attracco delle navi portacontainer di ultima generazione; a Trieste compor-terebbe l’allungamento del Molo VII e la creazione di un Molo VIII. Il traffico sarebbe diviso tra i due porti con Mon-falcone che arriverebbe a 2 milioni di teus mentre Trieste si attesterebbe a 1 milione. Per arrivare a questi vo-lumi, sarebbe indispensabile, inoltre, adeguare sia la rete di trasporto fer-roviario che quello autostradale, ren-dendo improrogabile la terza corsia dell’autostrada A4 Trieste-Milano il rad-doppio e l’adeguamento dei binari sia verso l’Est Europa sia verso nord e cen-tro Italia.Un progetto quindi “faraonico” come non se ne vedono da decenni in Italia e forse è proprio per questo che ha desta-to non poche perplessità, rimembrando progetti simili rimasti sempre sulla carta o iniziati e mai portati a termine. Tra i più scettici, l’attuale Presidente dell’Autorità Portuale triestina Boniciolli, tra l’altro in scadenza di mandato, ente che sareb-be però lasciato ai margini del progetto

Unicredit: un progetto da non perdere! Vediamo le carte!

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europeo utilizzando il Sistema di Volontariato Europeo: lo SVE (Sis-tema di Volontariato Europeo) per-mette di lavorare a scelta in uno dei Paesi europei all’interno di progetti ben definiti e co-finanziati a livello continentale. I progetti spaziano dallo sport, all’ambiente, alla dife-sa dei diritti umani, all’agricoltura e a tanti altri campi. Una delle caratteristiche principali dello SVE è che si tratta di un’esperienza la-vorativa a quasi costo zero per chi l’effettua. Infatti, l’Unione Europea sovvenziona totalmente i costi di vitto, alloggio e viaggio intrapre-si da chi partecipa al servizio di volontariato; inoltre, durante l’esperienza lavorativa si è sempre accompagnati da un tutor. SVE, Erasmus e Leonardo sono strumenti che aprono nuove pos-sibilità, fanno maturare e molto spesso danno a chi le effettua quel qualcosa in più che può fare la differenza nel momento in cui si entra nel mondo del lavoro. Non è un caso che in diversi concorsi, e in quasi tutti i colloqui di lavoro, l’aver compiuto un’esperienza di studio o lavoro all’estero permetta di raggiungere un livello più eleva-to in graduatoria. Ma, soprattutto, l’aver vissuto, lavorato o studiato all’estero permette di acquisire una differente prospettiva sui problemi globali e locali in quanto in quel periodo ci si è messi in diretto con-fronto con diverse sensibilità e diverse culture. Non sempre è semplice ed immediato trovare un significato per istituzioni, come l’Unione Euro-pea, che sembrano molto lontane dai problemi locali e quotidiani di tutti noi. E neanche in questo caso l’aver preso parte ad uno dei pro-grammi sopra citati dà, di per sè, ad un ragazzo/a alcun contratto di lavoro, però in un momento in cui le istituzioni nazionali ed anche locali sembrano latitare, le politiche gio-vanili dell’Unione Europea sono per i giovani una delle poche ancore e cui aggrapparsi in questi tempi di burrascosa crisi. M.B. Altre informazioni al sito:europa.eu/youth/enews.cfm

questo caso da parte governativa non si ente battere un colpo. Con queste premesse poco felici, uno degli strumenti che qualche ragazzo utilizza per migliorare le proprie condizioni lavorative e sco-lastiche è quello di usufruire dei pro-grammi portati avanti dall’Unione Europea. L’unione, ormai da vent’anni, propone esperienze

possibilità per tutti i giovani dei suoi Pesi membri, quindi anche per noi Ital-iani. Tali risorse han-no uno scopo ben preciso: aumentare la consapevolezza europea tra i suoi cittadini; ma hanno anche un altro obiet-tivo: dare ai parteci-panti una “chance” in più nella costru-zione di un percorso di vita autonomo. I programmi europei riguardanti l’ambito scolastico e lavora-tivo sono fonda-mentalmente tre ed operano a differ-enti livelli: “Come-nius” è indirizzato agli studenti ed ad agli insegnanti delle scuole dell’obbligo ed è finalizzato all’acquisizione da

parte dei giovani studenti di una sensibilità europea; il più famoso “Erasmus” è indirizzato a tutti gli studenti universitari d’Europa ed anch’esso, oltre ad essere final-izzato all’approfondimento della conoscenza dei popoli e delle cul-ture europee, dà tutti gli studenti la possibilità di apprendere meglio una delle più importanti lingue con-tinentali; infine, il programma “Leon-ardo da Vinci” è finalizzato alla realizzazione, in ambito post-univer-sitario di un’esperienza lavorativa, altamente specializzata, all’estero. Oltre a queste interessanti prospettive esiste anche la pos-sibilità di passare un semestre o un anno intero in un altro Paese

La crisi che ormai da due anni im-perversa anche nella nostra co-munità ha trovato nei giovani la categoria privilegiata su cui ab-battersi. Le ultime statistiche na-zionali parlano chiaro: il livello di disoccupazione giovanile è ormai oltre il 25%, il triplo rispetto il tasso di disoccupazione totale. A fronte di questo allarmante dato, il governo

nazionale non sembra voler intra-prendere alcuna azione per scon-giurare il problema. Inoltre, per chi riesce ad entrare nel mondo del lavoro le prospettive sono tutt’altro che rosee. Diplomati e laureati si trovano tutti di fronte alla gogna dei contratti a tempo determinato, che solo nei migliori dei casi si trasfor-mano in contratti a tempo indeter-minato, gli unici che permettono di dare il via alla costruzione di una vita serena ed indipendente. Come è ben noto, purtroppo, anche in

L’Unione Europea per i giovani: opportunità da cogliere

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Per la prima volta è stato conferi-to il premio Nobel per l’economia a tre professori, Diamond, Mortensen e Pissarides (per “i loro modelli di analisi del mer-cato del lavoro”) che hanno im-piegato il loro tempo a studiare come ridurre la disoccupazione.Inoltre la crisi che continua ad attanagliare i lavoratori e le famiglie, la conseguente per-dita di posti di lavoro e la re-cente vicenda dell’accordo di Pomigliano e del licenziamen-to degli operai di Melfi ripro-pone alla ribalta del dibat-tito nazionale la questione di come rinnovare il diritto del la-voro, per tutelare la gran mas-sa di giovani – spesso precari - che oggi sono esclusi da ogni garanzia, anche quella minima del mantenimento del proprio posto di lavoro.Tito Boeri, che si vede spesso in televisione, è un econo-mista, docente all’università Bocconi di Milano e anima-tore del sito www.lavoce.info, Ph.D. in Economia alla New York University, consu-lente del Fondo Monetario In-ternazionale della Commissione Europea e dell’Ufficio Interna-zionale del Lavoro, collabora con La Repubblica. Pietro Gari-baldi è professore straordinario di Economia Politica presso l’Università di Torino. Dal 1996 al 1999 ha lavorato come econo-mista nel dipartimento di ricerca del Fondo Monetario Internazi-onale. Insieme hanno dato alle stampe questo snello saggio di facile lettura che propone una soluzione efficace e poco costo-sa per permettere “la quadratura del cerchio”: il contratto unico.Garantisce, infatti, alle imprese un’ampia flessibilità in entrata e ai lavoratori un percorso ben definito verso la stabilizzazione

del posto di lavoro; aiuta a soste-nere il percorso pensionistico di chi oggi ha meno di quarant’anni d’età e non comporta alcun onere per i contribuenti.Toglie - e questo è davvero im-portante - ogni alibi all’uso del la-voro precario e sottopagato, che viene spesso giustificato con

l’esigenza di flessibilità: forse per questo non piace a Confin-dustria e quindi neanche al suo alleato di ferro, il ministro Sac-coni.La proposta Boeri-Garibaldi, leg-gerete, articolata e argomentata, ha tre capisaldi: il contratto a tu-tele progressive, il sussidio uni-co di disoccupazione, il salario minimo. Il contratto unico è un contratto a tempo indeterminato ma che si stabilizza con tappe certe. Nella fase di inserimento, dal primo mese al terzo anno, il lavoratore è tutelato dall’art. 18 per i licenziamenti discrimina-tori e disciplinari, mentre in caso licenziamenti economici – se l’impresa va male – viene inden-nizzato con una quota che va da

due a sei mesi di salario.“Questo” - spiega Boeri - “è il periodo in cui datore di lavoro e lavoratore investono in capitale umano specifico dell’azienda.” In altre parole, anche durante i primi tre anni i lavoratori godono di diritti maggiori rispetto agli at-tuali impieghi precari. Al termine

del terzo anno il rapporto di lavoro entra nella sua fase di stabilità e gode dell’attuale disciplina sui licenziamen-ti prevista dall’art. 18. La proposta prevede ancora la possibilità per le aziende di assumere a tempo determi-nato, ma con contributi previ-denziali più costosi, per evi-tare che le imprese scarichino sulla collettività i costi dei sus-sidi. Viene poi previsto un uni-co sussidio di disoccupazione che vada a razionalizzare gli strumenti attualmente in es-sere – cassa integrazione, mobilità, disoccupazione, disoccupazione con requisiti ridotti. Infine Boeri e Garibaldi propongono un salario minimo per legge, come già accade in

Francia, Inghilterra e Germania. Questo servirebbe a riequilibra-re quei mercati del lavoro dove i datori hanno un potere contrat-tuale eccessivo. Insomma una proposta organica che tenta di dare risposte a questioni che da tanto tempo sono sul tap-peto. Un Parlamento meno im-pegnato a discutere degli affari giudiziari di qualcuno forse potrebbe trovare il tempo di dis-cutere di queste faccende, ben più importanti per la vita di tutti noi.S.M.

Letture che aiutano a capireRubrica di segnalazioni di libri che, a parere della redazione, possono aiu-

tare a comprendere le questioni di ”questo mondo grande e terribile”

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Come che ierisiEl Sparhert (al spargar)---------

El cuor della casa.

No iera solo un apparecchio par scaldar, ma una zona fantastica de fenomeni e operazioni.

El nostro iera de modon refrattario con una piastra de ghisa sora, cui serci che se tirava via e la caldaia pa l’acqua. Davanti un buso cul sportel per mettar i legni, un buso pa la

cenere e anche el forno, doprà per tignir tal caldo el magnar.

I rumori. Quel sec della portela della cenere che se serava, dei serci de ghisa tiradi via un a un par metter la pignata a contatto cul fogo, el sfrigolio dell’acqua che cascava sulla piastra incandescente, l’acqua che buiva sempre, el camin che tirava insieme ai refoli de

bora.El combustibile. Legni de tuti i tipi, tavole segade, cassette spaccade, ex mobili ma anche

legni compradi de quei che li portava cul camion sula pesa a Ronchi o a Pansan li de Verzegnassi (notevoli le baruffe co i li consegnava bagnadi per farli pesar de più), carbon

fossile e anche el mitico cok (a forma de madon) che se tirava fora quando iera tanto freddo. Balle de carta fatte cula carta de giornal messe a macerar in l’acqua e dopo fatte

a forma de boccia, lasade sugar sulle finestre dei casotti. La segatura del cantier.

Le stelline. Butavisi sulla piastra de tut: el fondo delle scarsele, segatura, cavei, corian-doli fin quando la spusa che se alsava determinava el nostro alontanamento. Ma iera bel

anche spiar el fogo, vardar le bronze cascar.Ricette. Vissin de quelle serie gestide per fortuna de altri, se diventava esperti a cusinar

le patate ta la cenere, le croste de formai, el pan vecio che tornava croccante.Logo de complicità cui nonni, nel maneggiar coverci, nel provocar colonne de vapor,

odori novi, borbottio de pignate vere, de menestre, de fasoi, de risotti missiadi continuamente.

Scrivo sta roba per ricordarmela anche mi e parché me se rivada la boleta del gas.

Bepi Francia

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