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A A Q Q U U I I L L O O N N I I A A i i n n c c o o m m u u n n e e d d i i S S A A N N V V I I T T T T O O R R E E D D E E L L L L A A Z Z I I O O E E m m i i l l i i o o P P i i s s t t i i l l l l i i COMUNE DI SAN VITTORE DEL LAZIO 1998 S. vittore del Lazio, l'estre- mo comune della provincia di Frosinone, trae origine da insedia- menti dell'età del ferro. La pos- sente cinta muraria in opera pseu- do poligonale del monte Sambùcaro, che sovrasta il paese, testimonia l'importanza del luogo fin dall'epoca sannitica. In questo lavoro si sostiene l'at- tribuzione di quelle mura alla mitica città di Aquilonia, distrutta dai Romani nella terza guerra san- nitica del 293 a. C., ma si eviden- zia anche il cospicuo patrimonio storico culturale che si è accumu- lato nel territorio comunale nel corso dei secoli. Di particolare interesse la straordinaria serie degli affreschi di scuola cassinese (sec. XI-XIII) conservati nella medioevale chie- sa di S. Nicola.

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COMUNE DI SAN VITTORE DEL LAZIO1998

S. vittore del Lazio, l'estre-

mo comune della provincia di

Frosinone, trae origine da insedia-

menti dell'età del ferro. La pos-

sente cinta muraria in opera pseu-

do poligonale del monte

Sambùcaro, che sovrasta il paese,

testimonia l'importanza del luogo

fin dall'epoca sannitica.

In questo lavoro si sostiene l'at-

tribuzione di quelle mura alla

mitica città di Aquilonia, distrutta

dai Romani nella terza guerra san-

nitica del 293 a. C., ma si eviden-

zia anche il cospicuo patrimonio

storico culturale che si è accumu-

lato nel territorio comunale nel

corso dei secoli.

Di particolare interesse la

straordinaria serie degli affreschi

di scuola cassinese (sec. XI-XIII)

conservati nella medioevale chie-

sa di S. Nicola.

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E m i l i o P i s t i l l i

AQUILONIAin

San Vittore del Lazio

COMUNE DI SAN VITTORE DEL LAZIO

2003

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TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

© EMILIO PISTILLI 2003

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nel mese di novembre 1998

L’OPERA è STATA STAMPATA CON CONTRIbUTO EALL S.r.l.

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Presentazione

Un ritrovamento di eccezionale interesse storico, come quello di“un’antica città” situata sul monte che sovrasta San Vittore del Lazio,merita di essere conosciuto non solo dagli specialisti del settore e dagliabitanti del luogo, ma da un più vasto pubblico.

Un ritrovamento che, oltre la valorizzazione ed il recupero del patri-monio storico-culturale del territorio, favorirà anche lo sviluppo delturismo tradizionale.

Ecco perché l’Amministrazione Comunale di San Vittore del Lazio,non può non compiacersi del fatto che un messaggio di tale portatavenga affidato ad un veicolo di ampia diffusione, come appunto è lapubblicazione di un libro.

Gli amministratori, pertanto, esprimono a nome di tutti i cittadini, ilmassimo apprezzamento al prof. Emilio Pistilli, che si è adoperato perla realizzazione del presente lavoro.

A lui va il merito di aver segnalato per primo la presenza nel terri-torio del poderoso circuito megalitico di monte Sambùcaro, identifi-cato con la mitica città sannitica di “AqUiLoniA”, e di averne curato lostudio e la ricerca fino alla stesura della presente pubblicazione.

L’Amministrazione Comunale ha condiviso pienamente la tesiavanzata dal prof. Pistilli ed ha giudicato doveroso dare alle stampequesto lavoro, che lega ulteriormente la figura dello studioso al nostropaese, nel quale ha trascorso gli anni della sua infanzia.

A nome personale, infine, esprimo di tutto cuore, l’auspicio, chequesta scoperta diventi per i Sanvittoresi motivo ulteriore di apprezza-mento, amore ed orgoglio per la propria terra.

Dott. Franco PirolloSindaco di San Vittore del Lazio

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Premessa

quando, nel 1972, segnalai il ritrovamento di un imponente circui-to murario in opera pseudo poligonale sul monte che sovrasta S.Vittore del Lazio, per molteplici ragioni ipotizzai che si trattasse del-l’introvabile Aquilonia dei Sanniti di cui parla Livio nel Lib. X dellasua storia di Roma.

Allora proposi la questione come un’ipotesi; in realtà avevo buonimotivi per ritenere che si trattasse di ben più che un’ipotesi. Un mioarticolo-segnalazione1 fu accolto con buona dose di scetticismo: perquesta ragione gli elementi probanti che lì riassumevo passarono quasidel tutto inosservati.

Successivamente intervenni più volte sulla stampa a riassumere itermini della scoperta2. Da allora ho raccolto svariate riserve sul teno-re della mia ipotesi, anche da chi, per amor di campanile, avrebbedovuto trovar conveniente amplificare l’impor tanza del ritrovamento.

Tutte le obiezioni e le recise smentite, anche da persone autorevoli,sull’iden tificazione di Aquilonia, anziché farmi recedere dall’ipotesi,mi hanno rafforzato sempre più nella mia convinzione, e non certo pertestardaggine: in breve, ciò che doveva demolire la mia tesi risultava,invece, inconsistente ed incongruente nei confronti del racconto diLivio e, anzi, mi induceva a riscontrare ancora nuove concordanze.

non sono mancati studiosi, anche di chiara fama, che, pur di soste-nere tesi diverse, sono stati costretti a correggere e talvolta stravolgereil testo di Livio.

Le obiezioni maggiori si possono riassumere in tre punti essenziali:

a) La città di Aquilonia è da collocare in altro sito; e proprioriguardo al sito abbiamo una vera e propria “antologia” di località indi-viduate negli ultimi cento anni: spaziano dalla Valle di Comino, alMolise, alla Basilicata.

1 E. Pistilli, Ipotesi sulla città di Aquilonia distrutta nell’anno 293 a.C., in “ilGazzettino del Lazio”, n. 10 del 15 giugno 1972.

2 Tralasciando i quotidiani basti ricordare solo le riviste: “La voce di Aquino”, iV/72,n. 34, pag. 4; “Rassegna storica dei comuni”, V/73, n. 2, pag. 67; “Lazio Sud”,ii/83, n. 4, pag. 17.

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b) le città conquistate dai Romani nella terza guerra sannitica del293 a. C. (Cominio, Amiterno, Duronia, oltre, naturalmente,Aquilonia) sono da individuare tra la Valle di Comino, il territorio diS. Elia Fiumerapido e quello di Roccasecca, lungo il corso del Melfa;dunque in un raggio di dieci o quindici chilometri, facendo centro suAtina;

c) il racconto di Livio è fantastico e per questo motivo non fa testo.naturalmente se è fantastico non ha senso nemmeno porsi il problemadell’identificazione dell’antica Aquilonia, e ciò vale anche per qualsia-si altra collocazione di località liviane.

non pensavo, dopo tanti anni, di dover riprendere quell’argomento,ma le accresciute acquisizioni da parte mia e la necessità di dover con-futare affermazioni fuorvianti ed interventi privi di ogni senso dellastoria e della concretezza da parte di alcuni critici di turno, mi induco-no a farlo.

nel 1972, con un articolo su “il Gazzettino del Lazio”3 ed un suc-cessivo estratto diffuso ampiamente, descrissi con dovizia di particola-ri le vicende e l’entità del ritrovamento; oggi potrei ripetere tutto allalettera, rivedendo solo alcuni dettagli dovuti alla mia inesperienza deltempo, come per esempio il numero eccessivo delle porte e la forzataindividuazione dell’acropoli nella parte più alta del complesso archeo-logico4.

in effetti qui riprenderò gran parte di quel lavoro.

3 op. cit.4 Fui indotto in tali errori da qualche studioso che godeva della mia piena fiducia.

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1 - S. VITTORE DEL LAZIO

1.1. Notizie storiche

Le origini dell’attuale centro abitato di S. Vittore del Lazio5 sono daricercarsi nel pieno medioevo e precisamente a cavallo dell’anno mille.

Ma ciò non significa che il territorio, precedentemente a quel tempo,fosse disabitato. La ricerca archeologica, infatti, fornisce (e molto piùpotrà ancora fornire) numerose testimonianze di insediamenti umani,nella zona, già in epoche antichissime.

il primo a darci notizie abbastanza precise di ritrovamenti antichi fuil dott. Pietro Saroli, medico di 1ª classe nella R. Marina, il quale, inun suo opuscolo del 18926 informava del rinvenimento di diverse

5 questo paragrafo è stato tratto liberamente da Lineamenti di Storia di S. Vittore del

Lazio, Archeoclub di S. Vittore del Lazio, 1986, pubblicazione alla quale ho datoun modesto contributo di ricerche.

6 P. Saroli, Di alcune tombe rinvenute nel territorio di San Vittore del Lazio – Nota

archeologica, Venezia, 1892.

1- S. Vittore del Lazio: m. 207 s. l. m.

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tombe di epoca romana e preromana nel fondo così detto dei “Gentili”,nel fondo (“masseria”) dei signori Sarnelli, nel fondo “Casadelmo” delbarone Bonanno, nel fondo “Marozze”, nel fondo “olive delConsiglio” e nel fondo “Bagni”.

in una di quelle tombe fu ritrovata una moneta neroniana, e già que-sto fatto fornisce una datazione ben precisa. in base alle indicazioni delSaroli non è possibile stabilire l’epoca reale delle altre inumazioni; néè accettabile l’ipotesi dell’emerito medico sanvittorese, secondo ilquale esse risalirebbero al periodo volsco, dal momento che pare ormaiaccertato che i Volsci poco o nulla ebbero a che fare con il territorio inquestione.S. Vittore ha pure restituito alcune iscrizioni di epoca romana, duedelle quali furono riportate dal Mommsen nel Corpus Inscriptionum

Latinarum.

La prima:P. FARACio

C . F 7

La seconda:Don

PERCEnniA

o. L. PRiMA

in . AGR. P . Viii

in . FRonT . P . Viii.8

di una terza ci riferisce D. Angelo Pantoni o.S.B. nel BollettinoDiocesano di Montecassino: questa accenna ad una famiglia dei“Principii” ed è inserita in un pilastro della chiesa parrocchiale9.Ritrovamenti ben più importanti si ebbero nel 1972 sul monteSambùcaro: ma questo è proprio l’argomento del presente lavoro.

7 T. Mommsen, C.i.L., X, n. 5232, tra le rovine di un’antica casa.8 id. n. 5273, nella chiesa matrice9 A. Pantoni, S. Vittore del Lazio, i, “Bollett. Dioces. Di Montecassino”, 1973, n. 3,

pag. 232. Gli articoli comparsi nel citato Bollettino Diocesano tra il 1973 e 1975sono stati raccolti in un unico volume: “San vittore del Lazio – Ricerche storiche e

artistiche”, a cura di Faustino Avagliano, Montecassino, 2002.

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oggi si puó affermare che non vi sia un campo, nel comune di S.Vittore, che non rechi tracce di antichi insediamenti preromani, roma-ni e medioevali.

Pantoni ritiene che lì fosse uno dei tanti “pagi” o ville che sorgeva-no ovunque nel Cassinate10. Ma l’abbondanza e l’estensione dei luo-ghi di ritrovamenti fanno pensare a qualcosa di più di un villaggio: aduna città, forse sannitica, forse precedente. Se si trattò di Aquilonia lasua storia si chiuse nel 293 a. C. con la distruzione nella terza guerrasannitica; se fu altra città sannitica cessò di esistere comunque conl’occupazione dei Romani, avvenuta nel medesimo periodo.

Se qualche forma di vita continuò dopo quegli avvenimenti fu sen-z’altro modesta ed irrilevante fino alla totale pacificazione del territo-rio da parte dei Romani.

il territorio fece parte del Latium Adiectum e godette di tutti i bene-fici dell’occupazione romana, compreso anche il passaggio della via

Latina, nell’attuale zona di S. Cesario, dove sono ancora presenticospicui resti del basolato. Ma alla caduta dell’impero subì gli effettidisastrosi delle invasioni barbariche con il relativo spopolamento.

Dopo la venuta di S. Benedetto a Montecassino (probabilmente nel529) seguì le sorti del monastero. Ma solo nell’anno 744 il territorio diS. Vittore fece parte ufficialmente della Terra Sancti Benedicti (cioèdei possedimenti dell’abbazia di Montecassino). in quell’anno, infatti,il duca di Benevento Gisulfo ii, per riparare alle malefatte dei suoi pre-decessori longobardi, donò al monastero una notevole estensione diterritorio che andava da S. Andrea a S. Pietro infine, al monte Cavallo(nelle Mainarde), al monte Cairo, ad Esperia, includendo, quindi, perintero l’attuale comune di S. Vittore11.

Dopo le devastazioni operate dai Saraceni, terminate con la battagliadel Garigliano nel 915, l’abate Aligerno (ab. 949-986) provvide alripopolamento delle contrade abbandonate dai suoi abitanti, facendoviaffluire contadini da altre regioni.

Certamente in quella occasione anche le campagne di S. Vittore –non ancora esistente come paese – furono abitate da nuovi coloni.

Attorno alle chiese e alle celle monastiche, che erano ormai sorte un

10 ivi, pag. 233.11 Chronica Monasterii Casinensis (d’ora in poi solo Chron. Cas,), i, 5, M.G.H.,

Scriptores, 1980, a cura di H. Hoffmann.

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po’ dovunque, furono costruite numerose case che costituirono i priminuclei dei futuri comuni.

questi nuclei, per volere degli abati di Montecassino, furono fortifi-cati e circondati da mura.

questa fu anche la sorte di S. Vittore, il cui castello viene menzio-nato per la prima volta nel Chronicon cassinese nel 1045, quando inormanni, che avevano invaso tutto il meridione d’italia, furono cac-ciati da S. Germano (oggi Cassino) e da tutta la Terra di S. Benedetto,asserragliandosi, però, nei castelli di S. Vittore e di S. Andrea12. Dopopochi giorni l’abate Richerio, chiesto l’aiuto dei conti dei Marsi e deifedeli dei monasteri vicini, riuscì a liberare il castello di S. Vittore.

questo castello doveva essere ben munito, dal momento che ebbeuna cinta muraria fortificata da ben 23 torri13, alcune delle quali sonoancora visibili.

Lo troviamo ancora menzionato nel 1123, quando si alleò con S.Angelo in Theodice che era insorto contro Montecassino; ma l’abateoderisio sedò la rivolta14.

Ancora nel 1139, durante il conflitto tra Ruggero ii e il papainnocenzo ii; quest’ultimo fu sconfitto e il monastero fu spogliato delsuo tesoro e alcuni paesi furono devastati e incendiati, fra questi S.Vittore15.

Altra espugnazione del castello si ebbe nel 1199 da parte del tede-sco Markualdo16; più tardi, nel 1382, da Luigi ii D’Angiò17; e ancoranel 1421 dal signore di Capua Braccio da Montone18.

Devastazioni si ebbero ancora tra il 1400 ed il 140119.12 Chron Cas., cit., ii, 71.13 S. De Miranda, S. Vittore Mauritano Martire e le memorie ambrosiane nella

Campania, napoli, 1932, pag. 12; anche A. Pantoni, cit., pag. 232; il numero delletorri sembrerebbe esagerato.

14 Chron Cas., cit., iV, 79.15 L. Tosti, Storia della badia di Montecassino, Roma, 1899, ii, pag. 107.16 Ryccardi de Sancto Germano Chronica, ed. Garufi, 1938, R.i.S., t. Vii, p. ii, pag.

20.17 De Tummolillis, Notabilia temporum, Fonti della Storia d’italia, Vii, ist. St. ital.,

1890, pag. 9.18 De Tummolillis, op. cit., pag. 33.19 Per ulteriori notizie sul castello si veda l’Appendice ii, B.5.

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La tranquillità si ebbe solo un secolo più tardi con la dominazionespagnola. Ma da allora in poi S. Vittore seguirà le vicende note di tuttoil meridione d’italia.

il paese ebbe nel medioevo un ospizio per i poveri e numerose chie-se: S. Maria della Rosa (la principale), S. nicola (che conserva ancoraaffreschi del Xiii secolo), S. Salvatore (che fu poi S. Croce), S.Basilio. nelle campagne: S. Sebastiano, S. Vittore, S. Giovanni, S.Pietro, S. Angelo (S. Michele), S. Giusta e S. Leonardo.

Va infine ricordato che un’antica tradizione afferma che attorno allachiesa di S. nicola sorgeva una vera e propria città (distinta dalla zonadel Castello) di 6.000 famiglie, cioè oltre 20.000 persone: probabil-mente si trattava dell’agglomerato dei Greci che nel medioevo aveva-no popolato in gruppi numerosi le contrade della Terra di S. Benedettoe la stessa S. Germano (Cassino)20.

Per le notizie relative a tempi più recenti rinvio al ricordato studioLineamenti di storia di S. Vittore del Lazio o, meglio ancora a quellodel benedettino Angelo Pantoni nell'edizione del 2002.

20 A. Pantoni, op. cit., pag. 232.

2- S. Vittore del Lazio: veduta dalle pendici del monte Sambùcaro.

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2 - AQUILONIA

2.1. La “urbs” dei Sanniti

Prima di procedere nella trattazione va messo a fuoco il concetto diurbs riferito ai centri abitati sannitici.

Dobbiamo subito sgomberare la mente dallo stereotipo della cittàromana, con ampie strade, palazzi, monumenti, ecc.

non dobbiamo mai dimenticare che i Sanniti furono per lungotempo un popolo a persistente struttura tribale, dedito prevalentemen-te alla pastorizia e all’agricoltura.

Le abitazioni dei pastori da sempre – oggi come ieri – si sono pre-sentate con un modello di monolocale con annessa stalla, realizzatocon materiale ricavato dallo stesso luogo: per lo più pietra locale (otufo), combinata con legname e laterizi a copertura. Locali poveri eprivi di ogni servizio perché la maggior parte del tempo la si trascor-reva sui pascoli o tra i campi; per molti mesi dell’anno, addirittura, siandava in transumanza.

Le strade erano in funzione dell’uomo ma anche degli armenti chea sera riparavano nelle stalle.

Dunque una città sannitica, specialmente se posta in zona precariadi confine, fatta di una successione ed un accavallarsi di tal genere diabitazioni – e che qui chiameremo di primo tipo –, non doveva offrireun paesaggio tanto elegante. infatti se oggi si va ad effettuare scavi susiti del genere non ci si possono aspettare strutture imponenti e mate-riali di pregio.

La strutturazione in tribù, del resto, esclude la presenza di istituzio-ni pubbliche che dessero inevitabilmente luogo ad opere di ediliziapubblica e di tipo monumentale. Gennaro Franciosi: « [i Sanniti] vive-vano, in poche parole, quali poplazioni di pastori, in una fase assai piùarretrata rispetto alle zone del Lazio raggiunte a quel tempo dall’in-fluenza etrusca.

i secoli Vi e V della civiltà sannita sono conosciuti esclusivamentein base agli scavi di necropoli che, non affiancate da opere di urbaniz-zazione, denotano una densità demografica sul territorio, ma non l’esi-

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stenza di agglomerati cittadini »21. Dunque il concetto di città-stato,che i Romani presero dagli Etruschi, non è applicabile al popolo deiSanniti, almeno nel senso descritto da Cicerone: « multa enim suntcivibus inter se communia, forum, fana, porticus, viae, leges, jura,judicia, suffragia, consuetudines »22. « Tutto ciò, continua Franciosi,non si verifica nell’ambiente dell’antico Samnium, nel quale, non-ostante le distinzioni sociali, persistono notevoli vestigia di un più anti-co assetto comunitario tribale, tipico dell’arcaica società italica »23.

questo discorso, naturalmente, non vale per i grandi centri urbanidell’interno dell’antico Sannio, dove si viveva in strutture organizzateper una residenza stabile e con tutti i servizi, dalle fogne alle officine,dagli edifici sacri a quelli per l’amministrazione della cosa pubblica,fino ai teatri: e di questi abbiamo vari esempi in tutto il Molise: pertutti si veda Pietrabbondante, presso Agnone.

quest’ultimo genere di città – secondo tipo –, destinato, come giàdetto, ad una popolazione residenziale, dedita a molteplici attività, eraposta quasi sempre in posizione piuttosto elevata ma facilmente rag-giungibile, sia per la pendenza del terreno, sia per la rete stradale chele dava accesso – non si puó pensare che i Sanniti amassero compli-carsi l’esistenza andando ad abitare in luoghi adatti solo alle capre –,sia per le possibilità di rifornimento idrico. Era inserita, inoltre, in uncontesto fortificato che garantisse sicurezza a persone e cose. Tali for-tificazioni consistevano di solito in un circuito di solide mura di tipopoligonale, di quelle che Giuseppe Lugli definiva di seconda, di terzae di quarta maniera: cioè con qualche pretesa estetica e di decoro24.

il più delle volte quelle città hanno continuato ad essere frequentateanche in epoche successive proprio grazie alla vivibilità conferita dallecondizioni ambientali particolarmente felici.

La stessa cosa non puó dirsi per le città di primo tipo destinate ad

21 G. Franciosi, Osservazioni sulle strutture sociali dei Sanniti, in Safinim, Atti delConvegno di Studi del Centro Studi Alto Molise, Agnone, 14 marzo 1992.

22 Cicerone, De officiis, 1.17.53.23 G. Franciosi, cit.24 G. Lugli, Studi minori di topografia antica, De Luca Edit., 1965, pag. 27 e sgg. Va

rilevato, però, che la classificazione del Lugli è quasi del tutto riferita ad esperien-ze dell’area romano laziale, quindi non sempre applicabili alle fortificazioni sanni-tiche.

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una presenza precaria perché poste in zona di confine o perché utiliz-zate per attività stagionali. Anche qui, però, dobbiamo immaginare chela scelta del luogo non potesse prescindere da criteri di vivibilità: faci-lità di accesso da parte degli abitanti e del bestiame, presenza di acqua(corsi d’acqua o pozzi) e prossimità ai campi lavorati ed ai pascoli.

La fortificazione, per questi abitati, aveva caratteri di struttura diemergenza, dunque una semplice sovrapposizione di massi, con scarsao nessuna lavorazione; di prima maniera, secondo Lugli, il che nonimplica necessariamente una successione temporale o diacronica tra levarie maniere, ma anche una coesistenza temporale, o sincronica, condifferenziazioni derivate solo dalla loro destinazione.

A conferma di ciò vi è uno studio di una certa importanza sulle muradel basso Lazio, impropriamente definite “ciclopiche”: è quello diDino Ramacci del 197525, il quale riporta diversi pareri sul rapportotipologia-antichità delle varie tecniche edilizie – sempre riferiti alLazio meridionale – con qualche spunto interessante: « Riprendendo adire delle classificazioni in epoche e maniere delle mura poligonali, vaosservato che tale distinzione non puó essere accolta rigidamente.Piuttosto vanno posti in rilievo i vari modi, il diverso stile seguito, lamigliore costruzione attuata e in questo senso vanno considerate leepoche e le maniere diverse. E questo va detto perché nella costruzio-ne spesso furono seguiti altri modi che pur vanno considerati, attinticontemporaneamente alle diverse epoche ». A conferma di ciò lo stes-so Ramacci cita il Fonteanive: « … si fa annotare come queste diversemaniere si ravvisino talvolta in uno stesso bastione le une alle altresovrapposte; ed anche disposte in senso perpendicolare, od anche ascaglioni in ritirata ».

il lavoro di Dino Ramacci è di grande pregio per la ricca documen-tazione fotografica sulle mura poligonali del basso Lazio.

il più delle volte si è verificato che le mura non cingevano l’abitato,ma si elevavano attorno alla cima del monte che lo dominava, sfrut-tando l’asperità del luogo e l’abbondanza di pietre per la costruzionedel circuito murario e dei rifugi interni.

Dunque queste ultime fortificazioni erano destinate solo ad una dife-sa di emergenza per persone e bestiame e per brevi periodi: lo dimo-

25 D. Ramacci, Le mura ciclopiche nel Lazio Meridionale. Le città dei Pelasgi,Staderini, Roma, 1975,

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strano la stessa asperità del sito e le limitate possibilità di sopravvi-venza per lunghi periodi, determinate dalla mancanza di acqua abbon-dante – in quei luoghi di solito si rinvengono solo dei pozzi di acquapiovana o di raccolta degli scoli nevosi – e di autonome risorse ali-mentari.

i più recenti studi ci hanno fornito un lungo elenco di fortificazionidel genere, accanto a quelle del secondo tipo, già note, dei grossi cen-tri dell’interno del Sannio.

2.2. Alcuni esempi

Uno studio fondamentale sulle emergenze archeologiche del Sanniooccidentale (tra Venafro, Campobasso, Telese e Capua) è quello diDomenico Caiazza26, il quale ci fornisce anche una catalogazione di54 insediamenti fortificati nel nord di Terra di Lavoro e nel Molise inbase alle loro dimensioni ed importanza. Egli, per esempio, classificacome urbs o centro di grande dimensione, con acropoli, tracce di stra-de ed edifici: Casinum, Bovianum, l’odierna Campobasso, Caiatia,Trebula (Treglia), Montauro; come oppidum, o centro di media dimen-sione: Frosolone, Monte Saraceno (Longano), Ferrazzano, MonteMonaco, Monte Alifano, Monte Cila; come castellum o piccola fortifi-cazione di esclusivo o preminente impiego militare: Monte Castellone(Torcino), Monte Crocella, Colle di Rocco, Monte Caruso, ColleVrecciale, Monte Catrevula, Monte Acero, Monte S. Croce(Roccamonfina).

Già i nomi che richiamano località montane ci rivelano la tipologiaaccostabile al nostro primo tipo delle fortificazioni che il Caiazza defi-nisce oppida o castella; invece quelle che egli chiama urbes hannoassicurato la frequentazione umana fino ai giorni nostri e sono assimi-labili al secondo tipo.

Anche nel basso Frusinate si hanno fortificazioni del primo tipo:monte Cierro o Costalunga in territorio di S. Elia Fiumerapido, Rocca

26 D. Caiazza, Archeologia e storia antica del mandamento di Pietramelara e del

Montemaggiore, Pietramelara, 1986, pag. 102; si vedano anche: Adolfo Panarello,‘Patenaria’ dall’alba dell’Uomo al V secolo d. C. – Preistoria, protostoria e storia

antica del circondario di Vairano Patenora, 1994; Paolo nuvoli, Ad Aquiloniam e

Cominium – Quadro geostorico della battaglia nel Sannio dei Pentri, Ediz. Vitmar,Venafro, 2002.

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EMiLio PiSTiLLi16

Malacocchiara in Val di Comino, tanto per citarne alcune.non si puó concludere questo capitolo senza far cenno all’istituto

del ver sacrum, ampiamente diffuso tra le popolazioni arcaiche italichee che consisteva nell’usanza di allontanare, ogni anno, un certo nume-ro di giovani per far fronte all’eccesso di popolazione che determina-va gravi problemi di sopravvivenza in luoghi poco ospitali quali eranoquelli del Sannio montuoso. Tale uso, che soppiantò quello crudele delsacrificio umano, consisteva nel mandare alla ventura i gruppi migran-ti, destinati, in tal modo, all’estinzione o alla nascita di nuovi gruppitribali. nella migrazione del ver sacrum i gruppi venivano guidati daun mitico animale, che diveniva anche il simbolo tribale, e ciò sarebbedimostrato anche dallo stesso nome di alcuni gruppi etnici italici: ilpicchio (picus) per i Piceni, il lupo (hirpus) per gli irpini, il bue (bos)per le genti di Boviano27.

Potremmo arguire che uno di questi gruppi, guidato dall’aquila, sifosse stanziato tra i monti a ridosso di Venafro: quello dell’Aquilone edi Montaquila, dando origine agli stessi toponimi?

***

A questo punto ritengo opportuno proporre integralmente all’attenzio-ne del lettore le pagine di Tito Livio, dal suo Ab Urbe condita, limita-tamente alla battaglia di Aquilonia ed ai suoi preliminari, con la pre-gevole versione italiana a fronte di Carlo Vitali28: solo così, infattipotranno essere chiari tutti i riferimenti che più avanti si faranno altesto di Livio.

27 E. T. Salmon, Il Sannio e i Sanniti, Einaudi, 1985, pag. 37 e sgg.; 1ª ediz. in ingle-se Cambridge University Press, 1967.

28 Livio riserva alla battaglia di Aquilonia i capitoli XXXViii-XLV del libro X della“Storia di Roma”.

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AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 17

3- Cassino: le mura dell’antica Casinum guardano quelle di S. Vittore del Laziosulle prime pendici del monte Sambùcaro (sullo sfondo indicate dalla freccia).

4- Atina: le mura poligonali di Valle giordana.

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EMiLio PiSTiLLi18

5- Vicalvi: le mura poligonali che contornavano la cima del colle, attualmenteoccupato da un castello medioevale.

6- S. Elia fiumerapido: scorcio del circuito poligonale di monte Cierro oCostalunga, a ridosso della contrada Olivella.

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AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 19

Terribili riti di iniziazione tra

i Sanniti

XXXVIII.

Sequitur hunc annum et con-

sul insignis, L. Papirius Cursor,

qua paterna gloria, qua sua, et

bellum ingens victoriaque quan-

tam de Samnitibus nemo ad eam

diem praeter L. Papirium patrem

consulis pepererat. Et forte

eodem conatu apparatuque omni

opulentia insignium armorum

bellum adornaverant et deorum

etiam adhibuerant opes ritu quo-

dam sacramenti vetusto velut ini-

tiatis militibus, dilectu per omne

Samnium habito nova lege, ut

qui iuniorum non convenisset ad

imperatorum edictum quique

iniussu abisset caput Iovi sacra-

retur. Tum exercitus omnis

Aquiloniam est indictus. Ad

sexaginta milia militum quod

roboris in Samnio erat convene-

runt. Ibi mediis fere castris locus

Terribili riti di iniziazionetra i Sanniti

XXXViii. Si ebbero nell'anno seguente

un console illustre sia per la glo-ria paterna quanto per la propria,Lucio Papirio Cursore, una gros-sa guerra e una vittoria qualemai nessuno, ad eccezione di L.Papirio, padre del console, avevafino allora riportato sui Sanniti.Ed anche allora, stranezze delcaso, i Sanniti scesero in campocon lo stesso apparato sfarzoso econ la stessa ricchezza di armi; eanche allora fecero ricorso aglidèi, iniziando con un antico ritosacro, facendo le leve in tutto ilSannio secondo una nuovalegge, per la quale quelli cheerano atti alle armi che non sifossero presentati conformemen-te all'editto dei capi o si fosseroallontanati senza permesso fosse-ro immolati a Giove. Poi tutto

3 - IL TESTO DI TITO LIVIO

Tito LivioStoria di Roma

Testo latino, versione e note a cura di Carlo Vitali, ediz. zanichelli, 1973pag. 282-304

Lib. X, capp. XXXViii - XLV

n. B. - Le note a questa sezione appartengono al traduttore.

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EMiLio PiSTiLLi20

est consaeptus cratibus pluteis-

que et linteis contectus, patens

ducentos maxime pedes in omnes

pariter partes. Ibi ex libro vetere

linteo lecto sacrificatum sacer-

dote Ovio Paccio quodam, homi-

ne magno natu, qui se id sacrum

petere adfirmabat ex vetusta

Samnitium religione, qua quon-

dam usi maiores eorum fuissent

cum adimendae Etruscis Capuae

clandestinum cepissent consi-

lium. Sacri ficio perfecto per via-

torem imperator acciri iubebat

nobilissimum quemque genere

factisque; singuli introduceban-

tur. Erat cum alius apparatus

sacri qui perfundere religione

animum posset, tum in loco circa

omni contecto arae in medio vic-

timaeque circa caesae et circum-

stantes centuriones strictis gla-

diis. Admovebatur altaribus

magis ut victima quam ut sacri

particeps adigebaturque iure

iurando quae visa auditaque in

eo loco essent non enuntiaturum.

Dein iurare cogebant diro quo-

dam carmine, in execrationem

capitis familiaeque et stirpis

composito, nisi isset in proelium

quo imperatores duxissent et si

aut ipse ex acie fugisset aut si

l'esercito venne convocato adAquilonia1. Vi si trovaronoriuniti circa sessantamila, quantiarmati poteva dare il Sannio. Là,nel mezzo del campo, un'arealunga e larga quasi duecentopiedi venne chiusa da graticcisostenuti da pali e coperta datele. in essa un sacerdote moltoanziano, ovio Paccio, secondoun rituale ricavato da un vecchiolibro di tela2, offrì un sacrificio,che egli diceva una rinnovazionedi quello che, secondo l'anticaliturgia sannitica, era stato offer-to dai loro antenati clandestina-mente quando avevano deciso distrappare Capua agli Etruschi.Compiuto il sacrificio, il coman-dante in capo faceva chiamare daun messo tutti coloro che eccel-levano o per nobiltà o per impre-se compiute e venivano introdot-ti ad uno ad uno. Per incuterenegli animi un sacro terrore,oltre le altre attrezzature per isacrifici, in tutto lo spazio coper-to, si ergevano nel mezzo are eintorno ad esse giacevano le vit-time uccise, e centurioni con lespade in pugno erano distribuititutto all'ingiro. il chiamato erafatto accostare all'altare in atteg-

1 Città nel territorio degli irpini, ai confini con l'Apulia, non lontano dall'odiernaCarbonara.

2 Libri lintei: rotoli di tela di Lino sui quali si conservavano scritti i nomi dei magi-strati anno per anno; erano custoditi nel tempio di Giunone Moneta.

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AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 21

quem fugientem vidisset non

extemplo occidisset. Id primo

quidam abnuentes iuraturos se

obtruncati circa altaria sunt,

iacentes deinde inter stragem

victimarum documento ceteris

fuere ne abnuerent. Primoribus

Samnitium ea detestatione

obstrictis decem nominati ab

imperatore; eis dictum, ut vir

virum legerent donec sedecim

milium numerum confecissent.

Ea legio linteata ab integumento

consaepti, in quo sacrata nobili-

tas erat, appellata est; bis arma

insignia data et cristatae galeae,

ut inter ceteros eminerent. Paulo

plus viginti milium alius exerci-

tus fuit nec corporum specie nec

gloria belli nec apparatu lintea-

tae legioni dispar. Hic hominum

numerus, quod roboris erat, ad

Aquiloniam consedit.

giamento più di vittima che diiniziando ed era invitato a giura-re che non avrebbe rivelato nulladi quanto avesse veduto od uditoin quel luogo. Gli si richiedevapoi un altro giuramento stilato inuna formula truce con la qualerichiamava la maledizione sulproprio capo, sulla propria fami-glia, sulla discendenza, se nonavesse seguito i suoi duci nelcombattimento a cui essi lo chia-mavano, se fosse fuggito dallabattaglia, se non avesse uccisoimmediatamente chiunque aves-se visto fuggire. Alcuni fra iprimi che si erano rifiutati diprestare quel giuramento venne-ro massacrati davanti all'altare ei loro corpi giacenti tra le vittimedei sacrifici furono di ammoni-mento agli altri che avesserovoluto imitarli. Tra i più distintidei Sanniti vincolatisi con quelgiuramento il comandante supre-mo ne elesse dieci, ciascuno deiquali doveva scegliersi un com-pagno e questi un altro, e cosìvia via fino a raggiungere ilnumero di sedicimila. questoreparto dalla copertura del recin-to in cui la nobiltà era stata con-sacrata fu chiamato linteato:ebbero armi distinte, elmiimpennacchiati, in modo chefossero chiaramente visibili. ilresto dell'esercito, composto da

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EMiLio PiSTiLLi22

Operazioni di preparazione

dei consoli

XXXIX.

Consules profecti ab urbe,

prior Sp. Carvilius, cui veteres

legiones, quas M. Atilius supe-

rioris anni consul in agro

Interamnati reliquerat, decretae

erant. Cum eis in Samnium pro-

fectus, dum hostes operati super-

stitionibus concilia secreta

agunt, Amiternum oppidum de

Samnitibus vi cepit. Caesa ibi

milia hominum duo ferme atque

octingenti, capta quattuor milia

ducenti septuaginta. Papirius

novo exercitu - ita enim decre-

tum erat - scripto Duroniam

urbem expugnavit. Minus quam

collega cepit hominum, plus ali-

poco più che ventimila uomini3,non era molto al disotto dellalegione linteata né per la prestan-za degli individui, né per valorein guerra né per lusso di armi:questa massa di uomini checostituiva la forza dei Sanniti siaccampò nelle vicinanze diAquilonia.

Operazioni di preparazionedei consoli

XXXiX.

i consoli partirono dall'Urbe;prima Spurio Carvilio, a cui erastato dato il comando dellelegioni veterane che M. Atilio,console dell'anno precedente,aveva lasciate nella regione diAmiterno4, giunto nel Sanniomentre i nemici intenti alle loropratiche superstiziose tenevanoconciliaboli segreti, prese lorod'assalto la città di Amiterno:vennero uccisi circa duemilaottocento uomini, fatti prigionie-ri quattromila duecento settanta.Papirio con un esercito di nuovaleva, come era stato decretato,espugnò Duronia. il numero dei

3 questi 20.000 con i 16.000 della legione linteata non raggiungono la cifra di 60.000data da Livio poco sopra. il resto era probabilmente composto di milizie ausiliariee da alleati.

4 Amiterno, patria di Sallustio, non era però nel Sannio, ma in territorio sabino, nonlungi dal fiume Pescara (Aternus). - Duronia, nominata poco sotto, è città scono-sciuta, come Cominio, la quale però non doveva essere molto lontana da Aquilonia(venti miglia).

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AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 23

quanto occidit; praeda opulenta

utrobique est parta. Inde perva-

gati Samnium consules, maxime

depopulato Atinate agro,

Carvilius ad Cominium, Papirius

ad Aquiloniam, ubi summa rei

Samnitium erat, pervenit. Ibi ali-

quamdiu nec cessatum ab armis

est neque naviter pugnatum;

lacessendo quietos, resistentibus

cedendo comminandoque magis

quam inferendo pugnam dies

absumebatur. Quodcumque

Comini inciperetur remitteretur-

que, omnium rerum etiam parva-

rum eventus proferebatur in dies.

Altera Romana castra [quae]

viginti milium spatio aberant, et

absentis collegae consilia omni-

bus gerendis intererant rebus;

intentiorque Carvilius, quo in

maiore discrimine res vertebatur,

in Aquiloniam quam ad

Cominium quod obsidebat erat

L. Papirius, iam per omnia ad

dimicandum satis paratus, nun-

tium ad collegam mittit sibi in

animo esse postero die, si per

auspicia liceret, confligere cum

hoste; opus esse et illum quanta

maxima vi posset Cominium

oppugnare, ne quid laxamenti sit

Samnitibus ad subsidia

Aquiloniam mittenda. Diem ad

proficiscendum nuntius habuit;

nocte rediit, approbare collegam

consulta referens.

prigionieri fu inferiore a quellodel collega, alquanto maggioreinvece il numero degli uccisi: lapreda conquistata fu abbondantein entrambe le città. i consolipoi, dopo aver saccheggiato ilSannio, specialmente la regionedi Atina, si portarono l'uno,Carvilio, a Cominio, l'altro,Papirio, ad Aquilonia dove eranoconcentrate le forze dei Sanniti.ivi, per qualche tempo, le ostilitàné mancarono né giunsero ascontro impegnativo; i giorni sisusseguivano in scaramucce pro-vocatorie contro il nemico quie-to, stando sulla difensiva quandoopponeva resistenza, tenendolopiù sotto la minaccia della gran-de battaglia che non ingaggian-dola. Di tutto quello che aCominio si faceva o non si face-va, di ogni avvenimento anche dipiccolo conto si teneva informa-to, giorno per giorno, l'altroaccampamento romano. Essodistava venti miglia ed il consolelontano partecipava a tutte ledecisioni sulle iniziative da pren-dere; più vigile l'attenzione diCarvilio verso Aquilonia quantomaggiore l'importanza di quelsettore sul suo a Cominio cheegli teneva assediato LucioPapirio, che aveva ormai com-piuto tutti i preparativi per labattaglia, manda un messo al

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EMiLio PiSTiLLi24

Discorso di Papirio ai soldati

Papirius nuntio misso extemplo

contionem hahuit; multa de uni-

verso genere belli, multa de

praesenti hostium apparatu,

vana magis specie quam efficaci

ad eventum, disseruit: non enim

cristas vulnera facere; et per

picta atque aurata scuta transire

Romanum pilum et candore tuni-

carum fulgentem aciem ubi res

ferro geratur cruentari: auream

olim atque argenteam Samnitium

aciem a parente suo occidione

occisam spoliaque ea honestiora

victori hosti quam ipsis arma

fuisse: datum hoc forsan nomini

familiaeque suae ut adversus

maximos conatus Samnitium

opponerentur duces spoliaque et

referrent quae insignia publicis

etiam locis decorandis essent:

collega per informarlo che egliha deciso di venire alle mani, segli auspici saranno favorevoli,con il nemico nel giorno seguen-te; molto opportuna sarebbe statauna azione in gran forza diCarvilio contro Cominio cheimpedisse a quei Sanniti di man-dar aiuti ad Aquilonia: il messoebbe un giorno intero per il viag-gio di andata e ritorno: ritornònella notte e riferì che il collegaapprovava il piano di Papirio.

Discorso di Papirio ai soldatiCongedato il messo, Papirio

chiamò subito a raccolta i solda-ti: parlò a lungo sulla guerra ingenerale, a lungo sulla particola-re messa in scena dei nemici perl'attuale, più vana apparenza cheutile al risultato finale; i pennac-chi non dànno ferite, il giavellot-to romano trapassa anche scudidipinti o dorati, le candide tuni-che di una schiera rifulgente sitingono di sangue quando silavora con le spade. " il padresuo - disse - già una volta avevafatto strage di una schiera scintil-lante d'oro e d'argento, e quellespoglie erano state più di onoreper il nemico vittorioso che utilicome armi ai vinti5. Era forse undono concesso al suo none e allasua famiglia essere designati

5 Vd. Lib. iX, 40.

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AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 25

deos immortales adesse propter

totiens petita foedera, totiens

rupta; tum si qua coniectura

mentis divinae situ nulli unquam

exercitui fuisse infestiores quam

qui nefando sacro mixta homi-

num pecudumque caede resper-

sus, ancipiti deum irae devotus,

hinc foederum cum Romanis

ictorum testes deos, hinc iuris

iurandi adversus foedera suscep-

ti execrationes horrens, invitus

iuraverit, oderit sacramentum,

uno tempore deos, cives, hostes

metuat.

Auspici falsificati

XL.

Haec comperta perfugarum

indiciis cum apud infensos iam

sua sponte milites disseruisset,

simul divinae humanaeque spei

pleni clamore consentienti

pugnam poscunt; paenitet in

posterum diem dilatum certa-

men; moram diei noctisque ode-

runt. Tertia vigilia noctis, iam

relatis litteris a collega, Papirius

silentio surgit et pullarium in

duci che tenessero testa ai mag-giori sforzi dei Sanniti e neriportassero spoglie che fosserobell'ornamento anche per pubbli-ci monumenti. Gli dei immortalierano lì presenti per quei trattatitante volte richiesti e altrettantevolte violati, e, se si poteva farqualche congettura sul pensierodivino, nessun esercito essi ave-van mai tanto avuto in odioquanto quello che, macchiato inun nefando rito dall'uccisionecommista di uomini e di animali,doppiamente votato all'ira celestedovendo paventare da una partegli dèi testimoni dei patti stretticon i Romani, dall'altra la male-dizione del giuramento a cui siera obbligato contro i trattati,aveva giurato contro volontà,odiava il giuramento militareridotto a temere nello stessotempo dèi, cittadini e nemici".

Auspici falsificatiXL. Codeste informazioni, che egli

aveva avute da rivelazioni didisertori, comunicate da Papirionel suo discorso ai soldati già diper sé pieni d'ira, crearono unsenso di speranza nell'aiuto cele-ste e nelle proprie forze cosìvivo che un grido unanime erup-pe dai petti per chiedere di com-battere; il rinvio al giornoseguente spiace, il ritardo di un

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EMiLio PiSTiLLi26

auspicium mittit. Nullum erat

genus hominum in castris intac-

tum cupiditate pugnae; summi

infimique aeque intenti erant;

dux militum, miles ducis ardorem

spectabat. Is ardor omnium

etiam ad eos qui auspicio intere-

rant pervenit; nam cum pulli non

pascerentur, pullarius auspicium

mentiri ausus tripudium solisti-

mum consuli nuntiavit. Consul

laetus auspicium egregium esse

et deis auctoribus rem gesturos

pronuntiat signumque pugnae

proponit. Exeunti iam forte in

aciem nuntiat perfuga viginti

cohortes Samnitium - quadringe-

nariae ferme erant - Cominium

profectas. Quod ne ignoraret

collega, extemplo nuntium mittit:

ipse signa ocius proferri iubet;

subsidia suis quaeque locis et

praefectos subsidiis attribuerat;

dextro cornu L. Volumnium, sini-

stro L. Scipionem, equitibus

legatos alios, C. Caedicium et T.

Trebonium, praefecit; Sp.

Nautium mulos detractis clitellis

cum tribus cohortibus alariis in

tumulum conspectum propere

circumducere iubet atque inde

inter ipsam dimicationem quanto

maxime posset moto pulvere se

ostendere .Dum his intentus

giorno e di una notte diventaodioso. Dopo la mezzanotte,ricevuta la lettera del collega,Papirio in silenzio si alza, dàordine al pullario di prendere gliauspici. in tutto l'accampamentonon c'era un solo individuo chenon fosse preso dalla febbre dicombattere; alti graduati e umilifanti erano in pari stato d'orga-smo: il comandante ammirava lospirito battagliero dei soldati, isoldati quello del comandante: etale entusiasmo si era comunica-to anche a coloro che prendeva-no parte alla presa degli auspici,tanto che, mentre in realtà i pollirifiutavano il cibo, il pullario osòfalsare l'auspicio sfavorevole eriferì al console che si era avutoun tripudio solistimo6. il consolefestante annuncia a tutti l'ottimoauspicio e che si combatterà conl'approvazione degli dèi: fa alza-re il segnale del combattimento.Già stava per scendere in campo,quando venne informato da undisertore che venti coorti deiSanniti - erano in tutto circa qua-ranta - erano partite alla volta diCominio. Manda tosto un messo,perché il collega ne sia informa-to; dà ordine di accelerare l'avan-zata: aveva già dislocato in posi-

6 Tripudium solistimum: l'auspicio più favorevole dato dai polli sacri; e si aveva quan-do essi uscivano a furia dalle gabbie e si precipitavano tanto avidamente sul ciboche i grani del becchime cadevano loro dai becchi producendo rumore.

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AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 27

imperator erat, altercatio inter

pullarios orta de auspicio eius

diei exauditaque ab equitibus

Romanis, qui rem haud spernen-

dam rati Sp. Papirio, fratris filio

consulis, ambigi de auspicio

renuntiaverunt. Iuvenis ante doc-

trinam deos spernentem natus

rem inquisitam ne quid incom-

pertum deferret ad consulem

detulit. Cui ille: " Tu quidem

macte virtute diligentiaque esto!

Ceterum qui auspicio adest, si

quid falsi nuntiat, in semet ipsum

religionem recipit; mihi quidem

tripudium nuntiatum, populo

Romano exercituique egregium

auspicium est ". Centurionibus

deinde imperavit uti pullarios

inter prima signa constituerent.

Promovent et Samnites signa;

insequitur acies ornata armata-

que, ut hostibus quoque magnifi-

cum spectaculum esset.

Priusquam clamor tolleretur

concurrereturque, emisso temere

pilo ictus pullarius ante signa

cecidit. Quod ubi consuli nuntia-

tum est, " Di in proelio sunt ";

inquit; " habet poenam noxium

caput ". Ante consulem haec

dicentem corvus voce clara occi-

nuit; quo laetus augurio consul,

adfirmans nunquam humanis

rebus magis praesentes interfuis-

se deos, signa canere et clamo-

rem tolli iussit.

zioni opportune le milizie ausi-liarie con propri comandanti;posto a capo dell'ala destra LucioVolumnio, della sinistra LucioScipione, alla cavalleria altrilegati Caio Cecilio e TitoTrebonio; a Spurio nauzio poicomanda di guidare rapidamentei muli, liberati dal basto, su unaaltura bene in vista, scortati datre coorti, e di mettersi in evi-denza durante il corso della bat-taglia, sollevando nuvole di pol-vere quanto più sarà possibile.Mentre il comandante stavadando tali disposizioni, giunsealle orecchie di alcuni cavalieriromani una discussione sorta trai pullari a proposito dell'auspiciodi quel giorno: e quelli giudican-do che si trattava di cosa da nonprendere alla leggera, informaro-no Spurio Papirio, figlio di unfratello del console, che si dubi-tava della sincerità degli auspici.i1 giovane, nato in tempi in cuinon si era ancora insegnato adisprezzare gli dèi, appurò ladiceria per non riferire cosaincerta e poi ne parlò al consoleil quale disse: " Un "bravo" a teper la tua virtuosa diligenza; masappi che chi assiste ad unapresa di auspici e ne dà unainterpretazione falsa, attira su sestesso la colpa del sacrilegio; ame fu dato per certo il tripudio,

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EMiLio PiSTiLLi28

Sconfitta dei Sanniti ad

Aquilonia

XLI.

Proelium commissum atrox,

ceterum longe disparibus ani-

mis: Romanos ira, spes, ardor

certaminis avidos hostium san-

guinis in proelium rapit;

Samnitium magnam partem

necessitas ac religio invitos

magis resistere quam inferre

pugnam cogit. Nec sustinuissent

l'augurio più bello per il popoloromano e per l'esercito ".Comandò poi ai centurioni dicollocare i pullari tra le primissi-me file. Anche le avanguardiedei Sanniti si fanno avanti,seguono le schiere dalle armirifulgenti, spettacolo magnificopersino ai nemici. Prima che sialzi l'urlo di guerra e si muovaall'assalto, il pullario colpito daun giavellotto chissà da chi e dadove lanciato, cade uccisodavanti alle insegne. Saputolo, ilconsole esclamò: " Gli dèi sonocon noi; il colpevole ha pagato ilfio ". E mentre così diceva,davanti a lui un corvo mandò ilsuo grido chiaramente risonante:ed il console, lieto di quell'augu-rio, affermando che gli dèi nonerano mai stati più favorevolid'allora ad imprese umane, fecesquillare le trombe ed alzare ilgrido di battaglia.

Sconfitta dei sanniti adAquilonia

XLi. Violento fu l'inizio dello scon-

tro, ma ben diversa la disposizio-ne degli animi: rabbia, speranza,ardore di lotta spingono avanti iRomani sitibondi di sanguenemico; l'imperioso vincolo reli-gioso induce la maggior partedei Sanniti, disanimati, più adifendersi che ad attaccare. Anzi,

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AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 29

primum clamorem atque impe-

tum Romanorum, per aliquot

iam annos vinci adsueti, ni

potentior alius metus insidens

pectoribus ac fuga retineret.

Quippe in oculis erat omnis ille

occulti paratus sacri et armati

sacerdotes et promiscua homi-

num pecudumque strages et

respersae fando nefandoque san-

guine arae et dira execratio ac

furiale carmen detestandae fami-

liae stirpique compositum: iis

vinculis fugae obstricti stabant

civem magis quam hostem timen-

tes. Instare Romanus a cornu

utroque a media acie et caedere

deorum hominumque attonitos

metu; repugnatur segniter, ut ab

iis quos timor moraretur a fuga

Iam prope ad signa caedes per-

venerat, cum ex transverso pul-

vis velut ingentis agminis incessu

motus apparuit; Sp. Nautius

Octavium Maecium quidam eum

tradunt dux auxiliaribus cohorti-

bus erat; pulverem maiorem

quam pro numero excitabant;

insidentes mulis calones frondo-

sos ramos per terram trahebant.

Arma signaque per turbidam

lucem in primo apparebant; post

altior densiorque pulvis equitum

speciem cogentium agmen dabat

fefellitque non Samnites modo

sed etiam Romanos; et consul

adfirmavit errorem clamitans

avvezzi da tanti anni alle sconfit-te, non avrebbero nemmenosostenuto il primo urto e laimpetuosità dell'assalto deiRomani, se non fossero stati trat-tenuti dal fuggire da un altrosenso di paura più profondo,infisso nell'animo. Ché avevanoancora davanti agli occhi tuttaquella scena del rito occulto e isacerdoti armati e la promiscuastrage di uomini e di animali e leare cosparse di sangue pio edempio e la truce maledizione e leformule infernali imprecanti allefamiglie, ai discendenti: inchio-dati da quei vincoli, resistevanopiù per timore dei concittadiniche dei nemici. Grande era lapressione dei Romani ai fianchie al centro e larga la strage deinemici svigoriti dal timore deglidèi e degli uomini; tepida la resi-stenza, come di gente che nonfugge per paura. E già l'avanzatastava per raggiungere la retro-guardia, quando su di un fiancofu visto un polverone quale sol-leva il procedere di una grandearmata: si trattava di Spurionauzio - o, secondo altri, diottavio Mecio - capo delle coortiausiliarie: e sollevavano nuvolidi polvere molto più intensi inproporzione al loro numero, per-ché i bagaglioni a cavalcione deimuli si strascicavano dietro rami

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EMiLio PiSTiLLi30

inter prima signa ita ut vox

etiam ad hostes accideret, cap-

tum Cominiumu victorem colle-

gam adesse; adniterentur vincere

priusquam gloria alterius exerci-

tus fieret. Haec insidens equo;

inde tribunis centurionibusque

imperat ut viam equitibus patefa-

ciant; ipse Trebonio Caedicioque

praedixerat ut, ubi se cuspidem

erectam quatientem vidissent,

quanta maxima vi possent conci-

tarent equites in hostem. Ad

nutum omnia, ut ex ante praepa-

rato, fiunt: panduntur inter ordi-

nes viae; provolat eques atque

infestis cuspidibus in medium

agmen hostium ruit perrumpit-

que ordines quacumque impetum

dedit Instant Volumnius et Scipio

et perculsos sternunt.

Tum iam deorum hominumque

fronzuti. nel lucore offuscato siintravedevano in prima filaarmati e insegne: dietro, un pol-verìo più alto e più denso daval'impressione di un corpo dicavalleria che chiudesse la mar-cia: e ne furono tratti in ingannonon solo i Sanniti, ma anche iRomani; ed il console avvaloròl'errore, alto gridando tra leprime file in modo da essereudito anche dai nemici, cheCominio era stata presa e che ilcollega vincitore stava per arri-vare: vincessero, dunque, primache l'altro esercito se ne aggiudi-casse l'onore. Così diceva dall'al-to del cavallo; ordina poi ai tri-buni ed ai centurioni di lasciarlibero tra le schiere il passaggioalla cavalleria; già aveva detto aTrebonio ed a Cedicio che nonappena lo avessero visto alzare esquassare la lancia caricassero atutta furia, quanto era possibile,il nemico. Al segnale dato, tuttosi svolse come era stato prestabi-lito; tra i manipoli viene lasciatolibero il passaggio, la cavalleriavi si precipita, a lancia protesairrompe nel folto dei nemici,getta il disordine tra le schieredovunque passa: Volumnio eScipione con la fanteria le tengo-no dietro, si fa strage degli scon-fitti.

Cadde allora la forza coerciti-

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AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 31

victa vis: funduntur linteatae

cohortes, pariter iurati iniurati-

que fugiunt nec quemquam prae-

ter hostes metuunt. Peditum

agmen quod superfuit pugnae in

castra aut Aquiloniam compul-

sum est; nobilitas equitesque

Bovianum perfugerunt. Equitem

eques sequitur, peditem pedes;

diversa cornua dextrum ad

castra Samnitium, laevum ad

urbem tendit. Prior aliquanto

Volumnius castra cepit; ad

urbem Scipioni maiore resistitur

vi, non quia plus animi victis est

sed melius muri quam vallum

armatos arcent: inde lapidibus

propulsant hostem. Scipio, nisi

in primo pavore priusquam colli-

gerentur animi transacta res

esset, lentiorem fore munitae

urbis oppugnationem ratus,

interrogat milites satin aequo

animo paterentur ab altero

cornu castra capta esse, se vic-

tores pelli a portis urbis.

Reclamantibus universis primus

ipse scuto super caput elato per-

git ad portam; secuti alii testudi-

ne facta in urbem perrumpunt

deturbatisque Samnitibus quae

circa portam erant muri occupa-

vere; penetrare in interiora

urbis, quia pauci admodum

erant, non audent.

va degli dei e degli uomini:sconvolte le coorti linteate, lafuga di quelli che hanno giuratoe di quelli che non sono legati dagiuramento diventa generale:ormai non si teme altri che ilnemico. Le schiere della fanteriascampate dalla battaglia sonoricacciate nell'accampamento oad Aquilonia, nobili e cavalierifuggono a Boviano7; la cavalle-ria romana insegue la cavalleria,la fanteria la fanteria; i due corpidell'esercito seguono vie diverse,quello di destra verso l'accampa-mento sannita, quello di sinistraverso la città. La presa dell'ac-campamento da parte diVolumnio avvenne un pocoprima; Scipione trovò maggiorresistenza, non perché il nemicoavesse ripreso coraggio, ma per-ché le mura davano possibilitàmigliore di tener lontano il nemi-co che non una palizzata: sidifendevano con lanci di pietre.Scipione, ben sapendo che senon avesse ottenuto il suo scopoprima che i nemici si fosseroriavuti dallo spavento, l'espugna-zione della città ben fortificatasarebbe andata per le lunghe,chiese ai suoi soldati se volesse-ro permettere con indifferenzache l'altra ala si impadronisse

7 non si tratta di Boviano vecchio - dei Pentri -; ma di altro detto Undecimanorum,più al sud, alle falde del Tiferno.

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EMiLio PiSTiLLi32

Presa di Aquilonia

XLII.

Haec primo ignorare consul et

intentus recipiendo exercitui

esse; iam enim praeceps in occa-

sum sol erat et appetens nox

periculosa et suspecta omnia

etiam victoribus faciebat.

Progressus longius ab dextra

capta castra videt, ab laeva cla-

morem in urbe mixtum pugnan-

tium ac paventium fremitu esse:

et tum forte certamen ad portam

erat. Advectus deinde equo pro-

pius, ut suos in muris videt nec

iam integri quicquam esse, quo-

niam temeritate paucorum

magnae rei parta occasio esset,

acciri quas receperat copias

signaque in urbem inferri iussit.

dell'accampamento e che essi,vincitori, fossero respinti dalleporte della città. Tutti protestaro-no: ed egli per il primo facendosischermo con lo scudo al capo sifa sotto alla porta: altri lo seguo-no in formazione di testuggine,fanno impeto contro la città, edopo aver dispersi i Sanniti,prendono possesso del trattodelle mura collegato con laporta: non osarono andar oltre,perché erano troppo pochi.

Presa di AquiloniaXLii. il console non era ancora al

corrente di quella situazione e sidava da fare per chiamare a rac-colta l'esercito perché il soleormai piegava al tramonto e lanotte incombente induceva asospettare ed a temere di tutto.Avanzando alquanto, vide sulladestra che il campo nemico erastato conquistato e dalla sinistragli giunse dalla città un grandeclamore: grida di combattenticonfuse con voci di terrore; eraproprio il momento in cui sicombatteva intorno alla porta.Fattosi più sotto a cavallo, quan-do ebbe visto che i suoi giàerano sul muro e che la situazio-ne non ammetteva altra decisio-ne, tanto più che il temerariocoraggio di pochi poteva dare laspinta ad una grande impresa, fa

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AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 33

Ingressi proxima ea parte quia

nox adpropinquabat, quievere.

Nocte oppidum ab hostibus

desertum est.

Caesa illo die ad Aquiloniam

Samnitium milia viginti trecenti

quadraginta, capta tria milia

octingenti septuaginta, signa

militaria nonaginta septem.

Ceterum illud memoriae traditur

non ferme alium ducem laetio-

rem in acie visum seu suopte

ingenio seu fiducia bene gerun-

dae rei. Ab eodem robore animi

neque controverso auspicio revo-

cari a proelio potuit et in ipso

discrimine quo templa deis

immortalibus voveri mos erat

voverat Iovi Victori, si legiones

hostium fudisset, pocillum mulsi

priusquam temetum biberet sese

facturum. Id votum dis cordi fuit

et auspicia in bonum verterunt.

accorrere le truppe già radunatee ordina di passare all'assaltodella città.

Ma dopo aver preso piede nelquartiere vicino alla porta, per ilsopraggiungere della notte, nonandarono oltre. nel corso dellanotte i nemici abbandonarono lacittà. in quella giornata intornoad Aquilonia i Sanniti ebberoventimila e trecento quarantamorti; i prigionieri furono tremi-la ottocento settanta, le insegnemilitari conquistate novantasette.Ma ci è stato anche tramandatoche forse non fu visto mai duran-te un combattimento un coman-dante più sereno, o fosse questoeffetto del suo carattere, o fossela certezza del pieno successo: etale forza di carattere dimostrònel non lasciarsi distogliere dalladecisione di combattere per l'in-certezza degli auspici, come purequando nel punto cruciale dellabattaglia, allorché secondo l'usosi fa voto di templi agli dèiimmortali, egli promise a Giovevittorioso, che, se avesse riporta-to vittoria sui nemici, gli avrebbeofferto un piccolo bicchiere divino melato, prima di bere vinopuro8. Gli dèi gradirono il voto eritorsero a favore gli auspici.

8 Voto irriverente, anche se scherzoso; come poco … ortodossa - secondo la mentali-tà dell'epoca - la spregiudicatezza di Papirio riguardo agli auspici; ma Livio trovamodo di accomodare tutto per i suoi beniamini.

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EMiLio PiSTiLLi34

Presa di Cominio

XLIII.

Eadem fortuna ab altero con-

sule ad Cominium gesta res.

Prima luce ad moenia omnibus

copiis admotis corona cinxit

urbem subsidiaque firma ne qua

eruptio fieret portis opposuit.

Iam signum dantem eum nuntius

a collega trepidus de viginti

cohortium adventu et ab impetu

moratus est et partem copiarum

revocare instructam intentamque

ad oppugnandum coegit

Decimum Brutum Scaevam lega-

tum cum legione prima et decem

cohortibus alariis equitatuque

ire adversus subsidium hostium

iussit: quocumque in loco fuisset

obvius, obsisteret ac moraretur

manumque, si forte ita res posce-

ret, conferret, modo ne ad

Cominium eae copiae admoveri

possent. Ipse scalas ferri ad

muros ab omni parte urbis iussit

ac testudine ad portas successit;

simul et refrigebantur portae et

vis undique in muros fiebat.

Samnites sicut, antequam in

muris viderent armatos, satis

animi habuerunt ad prohibendos

urbis aditu hostcs, ita, postquam

iam non ex intervallo nec missi-

libus sed cominus gerebatur res

et qui aegre successerant ex

plano in muros, loco quem magis

timuerant victo facile in hostem

Presa di CominioXLiii. né minor successo riportò l'al-

tro console a Cominio. Alleprime luci del giorno, fatte acco-stare tutte le truppe alle mura,cinse la città con linea ininterrot-ta, rafforzando poi validamente ipresìdi delle porte per impedireogni tentativo di sortite. E giàstava per dare il segnale dell'as-salto quando ne fu trattenuto dalmesso trepidante mandatogli dalcollega per informarlo dell'arrivodelle venti coorti; fu anchecostretto a dislocare parte delleforze già disposte e pronte perl'espugnazione della città.Comandò al legato DecimoBruto Sceva di marciare con laprima legione scortata da diecicoorti e con la cavalleria controquel rinforzo dei nemici, diopporglisi dovunque lo avesseincontrato, di arrestarlo e, se ilcaso lo richiedesse, di impegnar-lo in un combattimento, purchéquelle truppe non potessero avvi-cinarsi alla città. Fece rizzarescale lungo tutto il circuito dellemura e in formazione di testug-gine mosse all'abbattimento delleporte, con azione concordata: siscalavano le mura mentre siscardinavano le porte. i Sanniti,finché non videro armati checombattevano sulle mura, ebbero

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AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 35

imparem ex aequo pugnabant,

relictis turribus murisque in

forum omnes compulsi paulisper

inde temptaverunt extremam

pugnae fortunam; deinde abiec-

tis armis ad undecim milia homi-

num et quadringenti in fidem

consulis venerunt; caesa ad

quattuor milia octingenti octo-

ginta.

Sic ad Cominium, sic ad

Aquiloniam gesta res: in medio

inter duas urbes spatio, ubi ter-

tia expectata erat pugna, hostes

non inventi. Septem milia pas-

suum cum abessent a Cominio,

revocati ab suis neutri proelio

occurrerunt. Primis ferme tene-

bris, cum in conspectu iam

castra, iam Aquiloniam habuis-

sent, clamor eos utrinmque par

accidens sustinuit; deinde regio-

ne castrorum, quae incensa ab

Romanis erant, flamma late fusa

certioris cladis indicio progredi

longius prohibuit. Eo ipso loco

quel tanto di spirito combattivoche bastava per impedire l'inva-sione nella città; ma quando labattaglia non si svolgeva più adistanza, né con giavellotti, ma acorpo a corpo, e quelli che dalbasso faticosamente avevanoraggiunto la sommità delle murasuperando difficoltà di luogoassai temibili, combattevano oracon tutta facilità e a parità dicondizioni contro un nemicomeno agguerrito, abbandonaronotorri e mura; ricacciati tutti alcentro della città, tentarono perun poco una disperata resistenza,ma poi gettarono le armi e siarresero al console: furono circaundicimila e quattrocento; imorti raggiunsero il numero diquattromila ottocento ottanta.Tale fu l'azione bellica aCominio e ad Aquilonia: invecenon si ebbe una terza battagliacome si era pronosticato, neltratto fra le due città, perché inemici non vennero trovati quan-do erano distanti sette miglia daCominio, le venti coorti furonofatte tornare e così non preseroparte né ad una battaglia néall'altra. Cominciava quasi adannottare, già erano in vista siadell'accampamento sia diAquilonia, quando un grandeurlio che giungeva intenso dalledue parti li indusse ad arrestarsi;

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EMiLio PiSTiLLi36

temere sub armis strati passim

inquietum omne tempus noctis

expectando timendoque lucem

egere. Prima luce, incerti quam

in partem intenderent iter, repen-

te in fugam consternantur con-

specti ab equitibus, qui egressos

nocte ab oppido Samnites perse-

cuti viderant multitudinem non

vallo, non stationibus firmatam.

Conspecta et ex muris

Aquiloniae ea multitudo erat

iamque etiam legionariae cohor-

tes sequebantur. Ceterum nec

pedes fugientes persequi potuit

et ab equite novissimi agminis

ducenti ferme et octoginta inter-

fecti; arma multa pavidi ac signa

militaria duodeviginti reliquere;

alio agmine incolumi, ut ex tanta

trepidatione, Bovianum perven-

tum est.

Decisione dei consoli.

Premiazioni al valore

XLIV.

Laetitiam utriusque exercitus

Romani auxit et ab altera parte

poi le alte fiamme che si alzava-no e dilagavano dal punto doveera l'accampamento incendiatodai Romani più chiaro segnodella sconfitta, li dissuasero dal-l'avanzarsi di più. Là, gettatisi aterra confusamente, senza lascia-re le armi, trascorsero tutta lanotte, trepidanti, aspettando etemendo la luce del giorno. Equando essa apparve, ed eranoancora incerti sul dove dirigersi,fuggirono spaventatissimi perchéerano stati scorti dalla cavalleriache, datasi all'inseguimento deiSanniti usciti di notte dalla città,aveva notato quella massa digente non protetta né da terrapie-no né da posti di guardia. Edanche dalle mura di Aquiloniaera stata vista quella moltitudinee le coorti legionarie già usciva-no ad inseguirla. Ma la fanterianon poté raggiungere i fuggia-schi ed anche la cavalleria neuccise solo circa duecento ottan-ta della retroguardia. Pieni dipaura, abbandonarono quantitàdi armi e diciotto insegne milita-ri; il resto della schiera, data laconfusione generale, raggiunseincolume Boviano.

Decisioni dei consoli.Premiazioni al valore

XLiV. La gioia della vittoria nei due

eserciti fu resa più viva perché

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AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 37

feliciter gesta res. Uterque ex

alterius sententia consul captum

oppidum diripiendum militi

dedit, exhaustis deinde tectis

ignem iniecit; eodemque die

Aquilonia et Cominium deflagra-

vere et consules cum gratulatio-

ne mutua legionum suaque

castra coniunxere. In conspectu

duorum exercituum et Carvilius

suos pro cuiusque merito lauda-

vit donavitque et Papirius, apud

quem multiplex in acie, circa

castra, circa urbem fuerat certa-

men, Sp. Nautium, Sp. Papirium,

fratris filium, et quattuor centu-

riones manipulumque hastato-

rum armillis aureisque coronis is

donavit: Nautium propter expe-

ditionem qua magni agminis

modo terruerat hostes, iuvenem

Papirium propter navatam cum

equitatu et in proelio operam et

nocte qua fugam infestam

Samnitibus ab Aquilonia clam

egressis fecit, centuriones mili-

tesque quia primi portam

murumque Aquiloniae ceperant,

equites omnes ob insignem mul-

tis locis operam corniculis

armillisque argenteis donat.

Consilium inde habitum iamne

tempus esset deducendi de

Samnio exercitus aut utriusque

aut certe alterius, optimum

visum, quo magis fractae res

Samnitium essent, eo pertinacius

era stata reciproca. Per comuneaccordo ciascuno dei due consoliconcesse ai propri soldati il sac-cheggio della città conquistata.Le abitazioni spogliate di tuttovennero incendiate; in uno stessogiorno Aquilonia e Cominiofurono preda delle fiamme e iconsoli, fra le mutue congratula-zioni delle legioni, unirono gliaccampamenti. Al cospetto dientrambi gli eserciti, Carvilioelogiò e premiò ciascuno secon-do il proprio merito, e Papirio,l'esercito del quale aveva avutoun compito più gravoso sia incombattimento, sia intornoall'accampamento e alla città,regalò braccialetti e corone d'oroa Spurio nauzio, a SpurioPapirio, figlio del fratello, e aquattro centurioni degli astati edei manipoli; nauzio per la con-dotta della manovra con la qualeaveva incusso timore ai nemicicome se si fosse trattato di ungrande esercito; il giovanePapirio per il valido aiuto presta-to con la cavalleria sia in com-battimento sia nella notte in cuiaveva reso tanto rovinosa aiSanniti la fuga quando eranousciti di nascosto da Aquilonia; icenturioni ed i soldati che per iprimi avevano preso possessodella porta e delle mura diAquilonia; donò poi cornetti e

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EMiLio PiSTiLLi38

et infestis agere cetera et perse-

qui ut perdomitum Samnium

insequentibus consulibus tradi

posset: quando iam nullus esset

hostium exercitus, qui signis

conlatis dimicaturus videretur,

unum superesse belli genus,

urbium oppugnationes, quarum

per excidia militem locupletare

praeda et hostem pro aris ac

focis dimicantem conficere pos-

sent Itaque litteris missis ad

senatum populumque Romanum

de rebus ab se gestis diversi

Papirius ad Saepinum, Carvilius

ad Veliam oppugnandam legio-

nes ducunt.

Azioni provocatorie degli

Etruschi e dei Falisci

XLV.

Litterae consulum ingenti lae-

titia et in curia et in contione

bracciali d'argento a tutti i cava-lieri per la loro efficace coopera-zione in molte occasioni. Sitenne poi il consiglio di guerraper decidere se ormai si dovesse-ro condur via dal Sannio i dueeserciti o almeno uno di essi; maparve miglior partito quello diportare a termine l'impresa contanto maggiore intensità e acca-nimento quanto minore era lapossibilità di resistenza deiSanniti, in modo da poter conse-gnare ai consoli successori unSannio completamente pacifica-to; dal momento che pareva nonesistesse più ormai un esercitonemico contro cui combattere,non rimaneva altra forma diguerra che l'espugnazione dellevarie città: con essa avrebberoarricchito di preda i soldati efinito un nemico ridotto a com-battere per l'estrema difesa.Mandarono quindi al senato edal popolo romano il rapporto delloro operato; poi, separatisi,Papirio condusse le legioni all'e-spugnazione di Sepino, Carvilioa quella di Velia9.

Azioni provocatorie degliEtruschi e dei falisci

XLV. il rapporto dei consoli letto in

senato e nell'assemblea fu accol-

9 Sepino: a sud di Boviano (nota 7), sul fiume Tamarus. - Velia: di incerta ubicazione.

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AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 39

auditae, et quadridui supplica-

tione publicum gaudium privatis

studiis celebratum est.

to con grande gioia e vennefesteggiato con una festività pub-blica di quattro giorni e dallapietà dei privati.

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EMiLio PiSTiLLi40

4 - UNA gUERRA CONTRO CITTÀ SCOMPARSE

***Non rientra nell’economia di questo lavoro l’esame comple-to e dettagliato di tutte le notizie contenute nel racconto diLivio, come ad esempio i rituali prebellici dei Sanniti o ilnumero dei morti e dei prigionieri o le successive fasi dellaguerra dopo la disfatta dei Sanniti. Qui saranno esaminatisolo quei passaggi attinenti all’indivi duazione di Aquilonia.

4.1. La strategia dei consoli

Dal racconto di Livio si ha chiara la strategia dei consoli romani nel-l’affrontare i Sanniti sul loro territorio per un intervento del tipo “solu-zione finale”, cioè eliminazione definitiva del “problema” Sanniti:un’operazione a tenaglia che prendesse il territorio da nord – con ilconsole Spurio Carvilio che attacca Amiterno, “oppidum de

Samnitibus”1 – e da sud – con Papirio che espugna Duronia –. Dopo tali successi i consoli attraversano tutto il Sannio (pervagati

Samnium2) dando la caccia ad un nemico che ha deciso di procrastina-re lo scontro diretto e decisivo per concentrarsi in luoghi a lui più favo-revoli. infine convergono verso i monti delle Mainarde e si incontranonell’agro atinate dove la devastazione è pressoché totale (maxime

depopulato Atinate agro3 – e non poteva essere altrimenti, visto l’af-follamento dei due eserciti). Le postazioni scelte dai Sanniti sonoCominio (nell’omonima valle, dunque a ridosso dell’agro atinate) eAquilonia, a soli trenta chilometri di distanza (viginti milium spatio

aberant4). La ragione precipua della spedizione militare romana era certamen-

te quella di assicurarsi il controllo effettivo e definitivo della Valle del

1 Livio, X, 39.2 ibid.3 ibid.4 ibid.

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AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 41

Rapido, che consentiva i collegamenti tra il Lazio, la Campania ed ilsud della penisola, territori di estrema importanza per i loro scambicommerciali. i Sanniti, posizionandosi sulle alture di S. Vittore delLazio e di S. Pietro infine (come già avevano fatto con Casinum), pote-vano tenere sotto minaccia permanente tutta l’ampia valle sottostante– e la scorribanda dell’anno precedente su interamna Lirenas lo dimo-stra –, rendendo insicure le attività commerciali di Roma: il loro scopo,invece, era quello di assicurarsi i preziosi pascoli alimentati dal Liri-Garigliano e dal Peccia, con possibilità di sbocchi anche commercialisulla costa tirrenica, antico sogno dei Sanniti.

Se così non fosse stato – se cioè Aquilonia fosse stata situata all’in-terno del Sannio – i Romani non avrebbero avuto motivo di ingaggia-re una dura guerra contro i Sanniti che se ne stavano nel loro territorio,sia pure in armi.

i Romani, checché ne dica certa storiografia militaresca, non sidavano alle conquiste fini a se stesse, mossi dallo spirito di “grandeur”di recente memoria; tendevano, invece, ad espandere i loro “affari” pernecessità interne di natura sociale e politica; e per ottenere ciò eranospesso indotti ad imporre ai territori confinanti la loro “pacificazione”o quella che comunemente viene detta Pax Romana; e spesso ciò sipoteva realizzare solo con la conquista militare.

7- Carta del Sannio secondo Salmon.

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EMiLio PiSTiLLi42

i Sanniti, da parte loro, non potevano accettare passivamente la ridu-zione progressiva delle aree territoriali delle quali da tempi immemo-rabili potevano disporre liberamente e sulle quali avevano semprepotuto esercitare i loro interessi economici senza concorrenti forti. Perquesta ragione non potevano rassegnarsi a starsene racchiusi nel loroSannio montuoso senza possibilità di fruire dei vicini pascoli estivi.Dunque la loro chiamata alle armi in luoghi periferici come quelli quiesaminati – Aquilonia – avevano una ragione ben precisa; ragione cheLivio, da buon romano, si guarda bene dall’evidenziare.

4.2. gli eserciti consolari

A questo punto occorre mettere a fuoco l’entità reale delle forze

8- La manovra dei consoli romani contro i Sanniti.

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romane (di quelle sannitiche si è occupato ampiamente lo stessoLivio).

Al tempo delle guerre sannitiche Roma disponeva stabilmente didue eserciti consolari; ognuno di essi era composto da due legioniregolari e da altre due di alleati; queste ultime durante la battaglia veni-vano disposte alle ali5. Ma quando si parla di eserciti ci si riferisce disolito ai soli combattenti, mentre si ignora tutto quello che un esercitoin missione richiedeva perché i soldati potessero svolgere agevolmen-te il loro “lavoro”. il bagaglio personale di un soldato romano in mar-cia era piuttosto leggero e consisteva essenzialmente nelle proprie armipersonali e in un vettovagliamento minimo. Dunque per una spedizio-ne della durata di diversi giorni era necessario che altri si occupasserodel vettovagliamento e dell’assistenza costante alla macchina da guer-ra. Per questo l’esercito si portava dietro carriaggi con i rispettivi con-ducenti, personale “tecnico”, come carpentieri, falegnami, fabbri,maniscalchi, addetti alle cucine; personale medico per l’assistenzasanitaria e gli interventi di pronto soccorso ai feriti; scribi e segretariche sapessero scrivere dispacci, fare relazioni, trascrivere discorsi deiconsoli; consiglieri militari, sacerdoti, aruspici, pullari. A tutti questiva aggiunta la massa di stallieri, vaccari, pastori addetti alla cura delbestiame al sèguito – e non solo cavalli – che doveva assicurare ilnutrimento ai soldati ed allo stesso personale. Ad ogni sosta dell’eser-cito si attivava immediatamente, nelle retrovie, lo stuolo del personaleausiliario per il foraggiamento delle bestie e per procacciare, preferi-bilmente nelle malcapitate abitazioni del luogo, cibo a tutti i compo-nenti la spedizione. il transito di un esercito, allora come ora, ha sem-pre comportato gravissimi danni alle zone attraversate: anche per que-sto, dunque, leggiamo maxime depopulato Atinate agro.

in considerazione di ciò non era pensabile che due eserciti si muo-vessero seguendo gli stessi percorsi o con la stessa destinazione. Anchecosì, dunque, si giustificava la necessità dell’operazione a tenaglia cuiho accennato più su.

infine va rilevato che gli eserciti dei nostri due consoli del 293 a.C.dovevano essere ben consistenti per due buoni motivi: i consoli roma-ni oltre che condottieri erano anche politici, dunque partivano per una

5 A. Bandini, Storia e arte militare; vd. anche Encicl. Ital., XX, pag. 775, s. v.“Legione”.

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missione militare in “pompa magna”, con adeguata messa in scena esenza risparmio di mezzi, con una organizzazione ed un potenziale bel-lico che consentisse loro la massima sicurezza; inoltre l’obiettivo dellaspedizione non era da poco: bisognava abbattere una volta per semprela potenza sannitica sul territorio nemico; la cosa dunque non potevaessere affrontata con mezzi limitati.

***Era necessaria questa digressione per sgomberare subito il campo

dalle azzardate identificazioni di tutte le città ricordate da Livio inlocalità della Valle di Comino o nelle sue adiacenze: non si inviano dueeserciti consolari per conquistare un “fazzoletto” di territorio ristrettoin un raggio non superiore ai dieci chilometri, quale è quello appenaricordato.

Più di uno studioso, infatti, ha voluto porre Amiterno nei pressi di S.Elia Fiumerapido e Duronia sul corso del fiume Melfa al di sopra diRoccasecca. Al di là delle considerazioni appena fatte sulla consisten-za degli eserciti romani, dovremmo pensare che sarebbero stati dei sui-cidi i consoli se avessero attaccato quelle città così poste lasciandosialle spalle la massima potenza sannita che risiedeva in Cominio edAquilonia.

infine proprio l’obiettivo della missione, che era quello di chiuderela partira coi Sanniti, impedisce di pensare che i Romani volesseroattuarlo limitandosi ad un attacco in zona ristretta e ai limiti, se non aldi fuori, del territorio del Sannio.

4.3. Cominio

Circa la collocazione di Cominio è ormai quasi universalmenteaccettata la tesi di Michele Jacobelli che la identifica nelle mura poli-gonali ancora visibili sul colle di Vicalvi, in Valle di Comino6, confor-tato dalla vicinanza di Atina, cui si fa riferimento con l’espressioneAtinate agro. Lo stesso toponimo “Comino” è sicuramente da ricon-durre al “Cominium” di Livio tramite il medioevale “Cumino”7.

6 Michele Jacobelli, Ritrovate le città di "Aquilonia" e "Cominium", Ediz. Consigliodella Valle di Comino, 1965.

7 nel diploma di ildebrando, duca di Spoleto, anno 778, si legge: "ecclesiam SanctiDonati in territorio Cumino".

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Purtroppo il merito dell’archeologo Jacobelli, che nell’identi -ficazione di Cominio in Vicalvi, pose un punto fermo nelle ricerchedegli studiosi sulle località liviane, non puó essere esteso all’indi -cazione di Aquilonia nella località “Rocca degli Alberi”, sempre in Valdi Comino, sia per mancanza di elementi concreti di identificazione,sia per i motivi più su esposti (spazi troppo angusti per due eserciti

consolari). Lasciamo per il momento da parte la questione Aquilonia, che

comunque, sappiamo ora, era distante trenta chilometri da Vicalvi.Poniamo degli altri punti fermi riguardo alla localizzazione di

Amiterno e Duronia.

4.4. Amiterno

Cosa ci impedisce di riconoscere l’Amiternum liviana nella storicaAmiternum, oggi S. Vittorino Amiterno, presso L’Aquila? il fatto, sidice, che quest’ultima fu anticamente città sabina e non sannitica.

È un problema questo? Una soluzione è proposta da GiacomoDevoto, che, a proposito della nostra questione, corregge il testo diLivio “Amiternum oppidum de Samnitibus vi cepit”: « il console del

9- Vicalvi: particolare delle mura di Cominium.

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293 prende Amiterno de Samnitibus, che sta, forse, in luogo de

Sabineis »8.Appena due anni prima, nel 295, nel contesto di una serie di turbo-

lenze di popolazioni italiche, animate dai Sanniti, Roma dovette conmolto affanno battere una coalizione degli stessi Sanniti, con gliUmbri, i Galli e gli Etruschi nella tragica battaglia di Sentino (oggiSassoferrato in Umbria), molto più a nord della nostra Amiterno9.quella parte dell’italia centro meridionale non fu certo pacificata conla battaglia di Sentino; lo stesso Devoto conferma: « nel cuore dellaSabina, si dovette vincere qualche resistenza nelle valli del nera edell’Aterno10 », e infatti appena due anni dopo i Romani dovetteroiniziare proprio di lì l’operazione di “bonifica” o di “pacificazione” delterritorio sannitico con la spedizione del console Spurio Carvilio.

il territorio dei Sabini, le cui principali città erano Reate, nursia,Amiterno, Trebula Mutuesca, fu annesso solo nel 289 con la deduzio-ne della colonia di Atri – dunque quattro anni dopo la nostra battaglia–, ed ebbe il diritto di suffragio dal 268.

Ancora: Goffredo Bendinelli definisce Amiterno antica città sabinapresso L’Aquila: “[Amiternum] Città d’origine antichissima, alleataancora dei Sanniti nel 299 a. C., occupata dai Romani nel 293”11.Anche il nostro traduttore Carlo Vitali parla di Amiterno affermandoche non era nel Sannio “ma in territorio sabino, non lungi dal fiumePescara (Aternus)12. Sulla stessa linea sono l’archeologo GianfilippoCarettoni13 e lo storico Gaetano De Sanctis che rifiuta la possibilitàche esistessero due città con quello stesso nome: « infatti sarebbe sin-golare che questo nome derivato dal fiume Aterno (Varr. De lingua

latina V, 28: da am(b)-Aternus = attorno al fiume Aterno) si ripetesseanche altrove »14.

Anche volendo ammettere che vi fossero due città chiamate

8 G. Devoto, Gli antichi Italici, Vallecchi, 5ª ediz., 1977, pag. 245.9 Livio, X, 27 e sgg..10 Loc. cit..11 Encicl. Ital., ii, pag. 981, s. v. Amiterno.12 Livio, Storia di Roma, X, nota al cap, XXXiX.13 G. F. Carettoni, Casinum, istituto di Studi Romani, 1940, pag. 48.14 G. De Sanctis, Storia dei Romani, vol. ii, La nuova italia, 1970, pag. 342, nota 45.

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Amiterno, sarebbe singolare, aggiungo io, che Livio non trovassenecessario precisare che non si trattava della nota e storica Amiternodei Sabini, ma di un’altra minore e mai più passata alla ribalta dellastoria fino ai suoi tempi. È illuminante, al riguardo, l’esempio dellecitazioni di interamna, che, proprio perché ve ne erano diverse, veni-vano indicate di volta in volta come Lirenas, nahars, ecc.

Si potrebbe proseguire con altre citazioni, ma conviene far cennoalle argomentazioni di E. T. Salmon, ritenuto, credo a ragione, il mag-gior esperto della civiltà Sannitica, il quale sulla questione che qui ciinteressa ha fatto, e continua a fare, proseliti.

il nostro, partendo da tre punti fermi: interamna Lirenas sulla viaLatina (oggi Teramo, contrada di Pignataro interamna, pressoCassino), Cominium in Valle di Comino e Atina nella stessa valle, rico-struisce una strategia del console Spurio Carvilio basata su località nonattendibili per le ragioni su esposte. L’equivoco parte dalla lettura delpasso di Livio: “Carvilius, cui veteres legiones, quas M. Atilius supe-

rioris anni consul in agro Interamnati reliquerat, decretae erant”15,ritenendo che il console muovesse il suo attacco da interamna Lirenas,mentre Livio cita quella località solo per ricordare quale esercito fuassegnato allo stesso console; tutti i movimenti di truppe sopravvenu-ti tra l’assegnazione e l’inizio delle operazioni, mentre l’altro consolefaceva leva, Livio non dice.

Anzi, non è neppure certo che Carvilio prendesse il suo esercito dainteramna Lirenas, presso Casinum, poiché lo stesso Livio riguardoall’anno 294 afferma che le fonti non sono del tutto concordi16, e rife-risce che secondo Fabio Pittore uno dei due eserciti consolari, ma nonchiarisce quale17, fu portato in Etruria. E fu proprio di qui, cioè dainteramna nahars, odierna Terni, secondo Antonio Giannetti18, che

15 L'anno precedente il console Atilio, dopo aver sconfitto i Sanniti a Lucera, dovettedisperdere un altro esercito di Sanniti che avevano attaccato e depredato la coloniadi interamna Lirenas, presso Casinum: qui il console, prima di partire per Roma,lasciò l'esercito: Livio, X, 36.

16 Livio, X, 37: "Et huius anni parum constans memoria est".17 ibid: "Sed ab utro consule non adiecit".18 A. Giannetti, Mura ciclopiche in S. Vittore del Lazio, in Atti dell'Accademia

nazionale dei Lincei, anno CCCLXX (1973), Serie ottava, Rendiconti, estr. dalvol. XXViii, fasc. 1-2., pag. 112.

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partì il console Carvilio. in questo modo lo sviluppo degli eventi pre-senterebbe minori problemi.

Dunque non si è obbligati a ritenere che l’itinerario della spedizio-ne prendesse le mosse dalla colonia presso Casinum, cosa che inveceha fatto Salmon. Se questi, infatti, avesse ragione non si potrebbe checoncordare con lui quando dice: « il console Spurio CarvilioMassimo, muovendo da interamna Lirenas verso nord lungo il fiumeRapido19 oltrepassò Casinum, invase e saccheggiò la città sannita diAmiternum, devastò la zona di Atina e si fermò a Cominium »20.nella nota aggiunge che Amiterno “era probabilmente la localitàattualmente chiamata Sant’Elia Fiumerapido”21.

in questo errore il Salmon fu indotto dalle notizie di ritrovamenti dimura in quella località segnalate fin dal secolo scorso22. non dovevatrattarsi di opera particolarmente significativa dal momento che ogginon se ne ha quasi più traccia. Molto più esplicito è Armando Mancini,autore di studi sulla Valle di Comino, che pone “Amiterno, nella valledel Rapido, e Duronia, nella valle del Melfa”23.

in territorio di S. Elia G. F. Carettoni, sulla base delle segnalazionidel secolo scorso, ammette l’esistenza di un pagus, ma precisa che

19 il fiume Rapido nasce al di sopra di S. Elia Fiumerapido e bagna Cassino - n.d.a.20 E. T. Salmon, op. cit., pag. 283.21 ivi, pag. 292, nota 66. nei pressi di S. Elia Fiumerapido è stata di recente indivi-

duata una fortificazione in opera poligonale, di limitata estensione, sulla cima delmonte Cierro/Costalunga, al di sopra del santuario di Casalucense, ma puó solotrattarsi di una postazione strategica o di avvistamento simile a tante altre sparse nelterritorio sannitico, o, meglio ancora un'area sacrale protetta, il lucus o bosco sacrodei Sanniti, un cui esempio è quello che sorgeva sul luogo dell'attuale abbazia diMontecassino o sul vicino Monte Puntiglio; alla presenza di un lucus, inoltre, fareb-bero pensare i toponimi Casalucense, Valleluce, Salaùca; l'allineamento in operaincerta che da tale circuito si diparte ortogonalmente verso il fondovalle ha poco ache vedere con esso essendo di epoca di gran lunga posteriore; nulla, comunque, fapensare ad un antico centro abitato d'importanza tale da essere attacccato dall'eser-cito consolare.

22 Cfr. Carmelo Mancini in Giorn. Scav. Pompei, iV, pagg. 40 e sgg., in località S.Maria Maggiore: " Ma la indubbia dimostrazione della remotissima origine di que-sto Paese S. Elia Fiume Rapido sta certamente nei ruderi delle mura poligone da meveduti circa un chilometro di distanza presso la vetusta chiesa parrocchiale detta S.Maria Maggiore […] Colà probabilmente dovea sorgere la obliata Amiternum ".

23 A. Mancini, La Magona di Atina, Forni, 1987, pag. 19.

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“attualmente non è più possibile identificare alcun resto di muraglia” econclude: “se gli avanzi erano di poca entità è facile che siano andatidistrutti”24. Contraria anche la posizione dello studioso santelianoGiovanni Petrucci, che ritiene poco probabile l’identificazione diAmiterno nei resti archeologici presso S. Elia25. il Pais non escludeche potessero esistere due città con lo stesso nome26, ma gli ribatteCarettoni che “non abbiamo prove per localizzare detta città nei pres-si di S. Elia”27.

All’Amiternum santeliana sarebbe facile obiettare: perché Livio nonnomina Casinum, lì a due passi? Ma più ancora: siamo certi cheCasinum, notoriamente città sannitica28 ma colonia romana già dal312, in quel frangente di rivolgimenti continui degli equilibri di forzetra Romani e Sanniti fosse ancora saldamente in mano dei Romani? Epoteva esserlo se l’Amiterno dei Sanniti si trovava a circa sette chilo-metri da Casinum? E se per caso Casinum fosse stata in mano deiSanniti, non doveva, il console, attaccare prima Casinum per nonlasciarsi pericolosi presìdi alle spalle?

Domande, queste, a cui si puó fare a meno di rispondere se nonvogliamo complicarci la vita andando a cercare una Amiternum dovenon c’è, anziché riconoscerla in quella che tutti riconoscono.

Ma a chiudere definitivamente la questione è lo stesso Livio quan-do dice che il console Carvilio partì con le sue legioni per il Sannio29;dunque ha scarsa rilevanza sapere se il luogo di partenza fosseinteramna Lirenas oppure nahars: è certo che si recò nel Sannio, men-tre la valle del Rapido non si puó considerare territorio sannitico a tuttigli effetti. Si puó concludere ricordando che si impone la necessità di

24 G. F. Carettoni, op. cit., pag. 106.25 G. Petrucci, Santa Maria Maggiore a Sant'Elia F.R., in "il Golfo", a. iX, n. 1/80,

pag. 11, e S. Maria Maggiore di S. Elia Fiumerapido, in "Spazio Aperto", a. iii, n.3, pag. 20.

26 E. Pais, Storia di Roma, V, pag. 83, nota 5.27 G. F. Carettoni, loc. cit., pag. 48. Sulla localizzazione di Amiternum si possono con-

sultare ancora G. De Sanctis, Storia dei Romani, ii., pag. 360; H. nissen, Italische

Landeskunde, ii, pag. 679.28 M. Terenzio Varrone,De lingua latina, Vii, 27.28.29: "Samnites tenuerunt"; dunque

un possesso solo temporaneo.29 Livio, X, 39: "Cum eis in Samnium profectus".

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collocare Amiterno nella valle del Rapido solo se si accetta per fermoche il console muovesse da interamna Lirenas; ma abbiamo già vistoquanti dubbi si possono riscontrare al riguardo.

4.5. Duronia

Per Duronia l’identificazione è più complessa perché l’attualeDuronia presso Boiano ha tale nome solo dal 1875; fino a quell’annosi chiamò “Terra Vecchia”; al momento non ci è dato sapere qualefosse il primitivo nome, né è particolarmente importante riguardoall’attuale lavoro.

L’ubicazione della Duronia Liviana nei pressi di Roccasecca, pro-posta dal nissen30 è confutata dallo stesso Salmon, anche se con moti-vazioni tratte dai noti presupposti errati: « H. nissen […] e altri rite-nevano che Duronia si trovasse appena a ovest di Casinum, aRoccasecca, la cui antichità è provata dal materiale da costruzionepoligonale che vi si trova. Ma la teoria non puó essere esatta, in quan-to se lo fosse ciò significherebbe che l’asse di avanzamento di PapirioCursore sarebbe passato attraverso quello di Carvilio »31.

Salmon, invece, propone l’ubicazione nel territorio di Cerasuolo,presso Venafro: « Duronia doveva essere situata in un qualche puntocompreso fra le odierne Venafro e Montaquila […], e la località piùprobabile è Cerasuolo, un importante nodo stradale: nell’antichità se neirraggiavano strade che portavano a Montaquila, isernia e Venafro32 ».

Uno studioso serio come Salmon non dovrebbe fare storia partendoda congetture senza alcun fondamento obiettivo.

Antonio Giannetti, sulla scorta dell’atlante De Agostini, che elencal’odierna Duronia tra le città di origine sannitica, preferisce rifarsi aquesta, che è “posta sull’alto corso del Trigno33”.

30 nissen, loc. cit.; altri studiosi hanno accettato la tesi del nissen. Va precisato che iresti archeologici cui si fa cenno non sono tali da far pensare ad una città.

31 Salmon, op. cit. pag. 292-293, nota 68.32 ibid.33 A. Giannetti, loc. cit. pag. 112; lo studio del Giannetti si basa essenzialmente sulle

segnalazioni del sottoscritto, per questa ragione esso concorda quasi del tutto conle mie argomentazioni, salvo qualche difformità di scarso rilievo.

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neppure Gaetano De Sanctis si sbilancia definendo la città “igno-ta”34.

Al di là della quasi totale assenza di notizie certe, pare non vi deb-bano essere dubbi che la nostra località dovesse trovarsi nel Sanniocentro meridionale, dunque molto distante da Cominio e da Casinum.il che confermerebbe la nostra iniziale rappresentazione della spedi-zione sannitica dei consoli Carvilio e Papirio più sopra proposta: cioèuna manovra combinata da nord e da sud per chiudere la partita con ibellicosi Sanniti35. E questo intento è confortato anche dalle successi-ve scorribande degli eserciti romani nel Sannio, contro Sepino e Velia,dopo la sconfitta di Aquilonia36.

4.6. Aquilonia

ora si puó cominciare a trattare di Aquilonia, che Livio nominasempre senza aggettivi ma che associa a Cominium con l’appellativodi urbes, come Duronia, mentre Amiternum viene definita oppidum37.

non mi pare il caso di ripercorrere tutti i tentativi di identificazionedi questa località negli ultimi cento anni; basterà ricordare RaffaeleGarrucci, che presuppone l’esistenza di due centri con il nomeAquilonia, rifiuta la soluzione dell’odierna Lacedonia – che talunifanno derivare da Aquilonia tramite il nome AkUDUnniAD letto su unamoneta sannitica – e pone quella ricordata da Livio in localitàCivitavecchia, a cinque miglia da Pietrabbondante (che per lui è il“Bovianum” ricordato ancora da Livio a conclusione della battaglia diAquilonia)38; con estrema disinvoltura, poi, ricorda che Aquilonia di-stava da Cominio, nella Valle di Comino, venti miglia (trenta chilome-tri)39, il che smentisce clamorosamente la sua tesi.

34 G. De Sanctis, op. cit., pag. 342, nota 45.35 Vd. supra, par. 4.136 Livio, X, 44: "Papirius ad Saepinum, Carvilius ad Veliam oppugnandam legiones

ducunt".37 Livio, X, 39.38 P. R. Garrucci, Le monete dell'Italia antica, 1985, pagg. 99-100. Lo stesso Garrucci

ricorda alcuni autori che indicano Pietrabbondante come luogo della nostraAquilonia.

39 ibid.

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Adotta Lacedonia, invece, G. Devoto, ma senza darne ragione40.non si puó tacere, infine, la proposta del Salmon, che mostra di

intuire che la nostra località dovesse essere dalle parti di Venafro, mache, facendosi guidare dalla chiara derivazione del toponimo da “aqui-la”, non puó fare a meno di puntare il dito su Montaquila: « Aquiloniadoveva essere situata nella zona in cui Livio riteneva che essa si tro-vasse, a circa 20 miglia romane da Cominium (vicino all’odiernaAlvito). Montaquila, dal significativo nome, corrisponde esattamente aquesta descrizione. E il nome non le è stato posto in tempi recenti,bensì si è conservato per tutto il Medioevo … »41.

Purtroppo per lui con la distanza delle venti miglia non ci siamo.Peccato che al momento in cui Salmon scriveva (1967) ancora non

era nota la poderosa cinta muraria di S. Vittore del Lazio, sul versantedel Monte Aquilone.

Va sottolineata, infine, la passione con cui varie aree del centro sudd’italia si contendono la “titolarità” di Aquilonia: soprattutto in Valledi Comino ed in Irpinis, dove, guarda caso, è possibile ritrovare loca-lità con nomi quali Atina o Comino o Aquilonia. Vittima illustre diqueste omonimie fu Gaetano De Sanctis42.

4.7. Alcune certezze

Avendo ormai ampiamente discusso delle varie località ricordate daLivio a proposito della battaglia di Aquilonia, non ci resta che porrealcuni punti fermi circa il testo di Livio e lasciarsi guidare dallo stessostorico.

Primo punto fermo: Aquilonia era distante da Cominio ventimiglia romane, cioè trenta chilometri: « Altera Romana castra [quae]

viginti milium spatio aberant)43.

40 G. Devoto, cit., pag. 175 e 246; fa, tuttavia, cenno alla moneta con la scrittaAkudunniad, e la attribuisce senz'altro a Lacedonia.

41 E. T. Salmon, op. cit., pag. 293, nota 68.42 G. De Sanctis, op. cit., pag. 342, nota 46: egli identifica con decisione Aquilonia

con l'odierna Lacedonia attribuendo a Livio (che viene tacciato in continuazione diimprecisioni e duplicazioni di più fatti) anche una Cominio ocritum pressoBenevento.

43 Livio, X, 39.

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Secondo: un messo poteva andare dall’uno all’altro accampamentoromano in una giornata: « diem ad proficiscendum nuntius habuit»44.

Terzo: due diversi percorsi stradali dovevano collegare le due città,uno breve e diretto – quello praticato dai messi romani – ed un altropiù lungo e non visibile dal primo – quello percorso dagli 8000 uomi-ni inviati dai Sanniti da Aquilonia in soccorso di Cominio: « viginti

cohortes Samnitium – quadringenariae ferme erant – Cominium pro-

fectas »45.Quarto: il nome Aquilonia; c’è da osservare che tale toponimo ha

una conformazione “dotta”, cioè romanizzata, mentre non conosciamola versione sannitica o volgare, che comunque doveva avere attinenzaetimologica con la forma romanizzata. in ogni caso, proprio a partiredai tempi che stiamo trattando, Roma cominciò ad estendere la propriacultura o romanizzazione a tutta l’italia; dunque è facile che il toponi-mo liviano di Aquilonia abbia finito per restare legato a quei luoghigiungendo fino a noi.

Quinto: Cominio era protetta da mura, per questo motivo i Romanila dovettero assediare, assaltare ed incendiare; ad Aquilonia si com-batté una battaglia campale, il che presuppone ampi spazi per le mano-vre dei due eserciti.

Sesto: l’accampamento dei Sanniti ad Aquilonia, visto dalla partedei Romani, aveva la città alla sinistra: « diversa cornua dextrum ad

castra Samnitium, laevum ad urbem tendit »46.Settimo: di fronte all’accampamento romano sorgeva un colle a forma

di tumulo: « Sp. Nautium mulos detractis clitellis cum tribus cohortibus

alariis in tumulum conspectum propere circumducere iubet »47.Ottavo: Mentre a Comino si dovettero abbattere le porte (refrige-

bantur portae)48, ad Aquilonia non è certo che lo si dovesse fare, anzifu sufficiente fare la testuggine per irrompere nella città: « testudine

facta in urbem perrumpunt deturbatisque Samnitibus quae circa

portam erant muri occupavere »49.

44 ibid.45 ivi, X, 40.46 ivi, X, 41.47 ivi, X, 40.48 ivi, X, 43.49 ivi, X, 41

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5 - LE MURA DI AQUILONIA

IN SAN VITTORE DEL LAZIO

5.1. Una scoperta a tavolino

in considerazione delle precedenti indicazioni, una sera della pri-mavera del 1972, studiando la carta topografica al 25.000 del bassoLazio alla ricerca della misteriosa Aquilonia, facendo centro su Vicalvi(o Cominio) con un raggio di circa trenta chilometri – considerando gliantichi percorsi, non le odierne carrozzabili –, attratto dal nome delMonte Aquilone1 e dal toponimo locale Muraglie, puntai con decisio-ne il dito su S. Vittore del Lazio, territorio che conoscevo molto beneper avervi abitato per diversi anni.

Tentò di dissuadermi il prof. Antonio Giannetti, preziosa guida aimiei primi passi nel mondo dell’archeologia in quel tempo, asserendoche mai in S. Vittore erano stati segnalati ritrovamenti archeologici diun certo interesse.

non volli dargli ascolto.L’indomani presi in macchina con me il titubante prof. Giannetti e

mi recai in località Muraglie, frazione di S. Vittore del Lazio2.

1 Così come aveva fatto Salmon con Montaquila, vd. supra par. 4.9.2 Devo precisare, per amore della verità, che da quel momento tutte le ricerche sul sito

e sull’identificazione di Aquilonia furono condotte dal sottoscritto, che aveva cura,però, di informare il compianto Giannetti; questi, solo dopo aver preso visione dellefoto da me riprese sul colle Marena/Falascosa, fu indotto a superare il suo scettici-smo e a darmi ragione sull’ipotesi di Aquilonia. L’ela borazione dei dati da me rac-colti fu fatta insieme a lui fino al momento della relazione finale, sulla quale, però,sorsero delle discordanze fra noi; per questo motivo ognuno preparò la propria rela-zione impegnandosi a cercare per proprio conto il canale di divulgazione del ritro-vamento. nella mia relazione, che diedi alle stampe attraverso il periodico “ilGazzettino del Lazio”, per rispetto e sensibilità nei confronti dell’anziano profes-sore e della sua autorità culturale, parlai sempre a nome mio e del Giannetti, anchequando le cose da me scritte riguardavano solo me stesso. non fece altrettanto l’au-torevole professore, che, lungi dal riconoscere al sottoscritto il merito della scoper-ta, nella sua relazione all’Accademia dei Lincei, parlò sempre a nome proprio, tra-scurando con cura di citare il mio lavoro e definendomi solo per inciso suo “soler-

te collaboratore”. Purtroppo per me quella relazione ha fatto il giro degli studiosi

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Lì, presso la fattoria Pezzella, ai piedi del Colle del Pero3, trovam-mo tracce inequivocabili di manufatti di epoca precristiana (ma di ciòsi parlerà più avanti). Mentre eravamo intenti ad esaminare un tratto dimuro pseudo quadrato formato da due file sovrapposte di enormimassi, sommariamente sgrossati, a sostegno di un terrapieno, un con-tadino, quasi con aria di burla, ci disse che quello era ben poco in con-fronto con la muraglia esistente sulle falde delle ultime propaggini delMonte Sambùcaro; essa era composta, a detta del contadino, digrandissime pietre portate lassù « dalle fate » (così gli aveva raccon-tato la nonna!).

quella muraglia era visibile anche ad occhio nudo. La vedemmoestendersi per un tratto di circa due chilometri, quasi come una colla-na, intorno alle due ultime protuberanze del Monte Sambùcaro eincombeva su di noi. La descrizione del contadino (nicola Vendittellida S. Vittore), colorita dalle immagini fantastiche, ci interessò viva-mente. Si rendeva necessario un sopralluogo. non persi tempo.

nei giorni successivi (a partire dal 16 marzo 1972) feci delle escur-sioni sul luogo indicato e i risultati superarono ogni aspettativa.

Dunque per un caso fortuito il toponimo Muraglia, che non si riferi-va a quella che cercavo, richiamando la mia attenzione, mi aveva con-dotto a scoprire quella autentica.

5.2. Il monte Sambùcaro

il Monte Sambùcaro (m. 1205 l.m.) – sulle carte dell’i.G.M. è scrit-to “Sammucro”: è una evidente trascrizione della pronuncia dialettaledel luogo: Sam(b)ùcrö; d’ora in poi qui si userà la forma Sambùcaro –troneggia tra i due comuni di S. Vittore del Lazio e S. Pietro infine. Siestende da est a ovest e sulla sua cima si incontrano le tre regioni del

della materia escludendomi da ogni personale riconoscimento (dopo tanto lavoroun pizzico di rincrescimento me lo si dovrà pur consentire). questo dovevo preci-sare, non per mania di autocelebrazione – non ne avrei bisogno in quanto nel mioambiente ognuno conosce il reale andamento dei fatti –, ma per la verità storica, purserbando ancora un grato e rispettoso ricordo del prof. Antonio Giannetti, scom-parso ormai da diversi anni.

3 Pare che il toponimo “Pezzella” debba corrispondere, sia linguisticamente che topo-graficamente, a quello di “Colle del Pero” attraverso le varianti dialettali Còllë

Përìgliö – Pëzzìglio e Përréllä.

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Lazio, della Campania e del Molise. Si erge quasi come un contraffor-te del monte Aquilone, m. 1270, situato più a nord. i due monti sonodivisi dal profondo vallone scavato dal Rio S. Vittore4. il versante suddel Sambùcaro scende quasi a precipizio, mentre il versante opposto

degrada più dolcemente tra una balza e l’altra, fino ad incontrare labase dell’Aquilone in località Radicosa.

nel crinale occidentale degrada in due riprese (queste ci interesse-ranno particolarmente): “Croce di Macchia” (m. 702) e il falsopiano“Marena- Falascosa” (m. 570) che sovrasta S. Vittore. quindi precipi-ta sui dirupi del Rio S. Vittore.

Più a ovest si estendono le brevi pianure di “Campopiano” e “S.Giusta”, incastonate fra il Sambùcaro e l’Aquilone a nord, il “Colle delPero” e il colle “La Chiaia” ad ovest (verso Cervaro) e la collina dove

4 questo ruscello, dalle acque freddissime e trasparenti, oggi è indicato con il nomedel comune che attraversa, insomma non ha un proprio nome. nel passato non eracosì: pare che fosse chiamato “Rio Chiaro”. Ciò è intuibile da un reperto topono-mastico del paese: Pescoronchiaro è un vicolo che dall’abitato medioevale condu-ce all’esterno, verso il precipizio che domina il nostro corso d’acqua; il nome, dalsignificato misterioso, è chiaramente formato da Pesco - rio - Chiaro, dove “pesco”è un termine dell’entroterra molisano abruzzese e significa “dirupo”.

10- Il monte Sambùcaro visto dalla Rocca Janula di Cassino.

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sorge l’abitato di S. Vittore a sud. Contiguo alle pianure precedenti è ilfalsopiano di “Montenero” sulle pendici meridionali della Chiaia.

5.3. Le mura

Mi sono diffuso su tali particolari per ragioni che vedremo piùappresso.

La muraglia, dicevo, ben visibile anche da Cassino ad occhio nudonelle giornate chiare, si estende sul versante settentrionale delleprotuberanze “Marena” e “Croce di Macchia” in direzione est-ovest.

11- Il circuito poligonale di monte Sambùcaro.

Strada S. Leonardo

Chiaiale

S. Vittore

Strada Radicosa

fa

la

sc

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Mar

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Croce di Macchia

S. P

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o In

fine

690

N

non credo che si possa trovare sul suolo italiano un circuito mura-rio in opera pseudopoligonale, di epoca sannitica, di tale lunghezza edimponenza.

Esso parte da un costone roccioso a quota m. 387 del colle “Mare -na” dominante la contrada “La Canala” di S. Vittore, compie un lentogiro verso nord-est alla stessa quota e poi si impenna bruscamente

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lungo il ripido versante “Fala scosa”, a est, fino a giungere a quota690, dove si perde fra le rocce di un baratro che si affaccia più ad ovestdi S. Pietro infine, sull’altro versante del monte. nel punto in cui ini-zia la sua ascesa la muraglia affonda, quasi, nell’avvallamento di con-fluenza delle due protuberanze.

quel tratto di muraglia misura m. 1315 ed ha l’altezza media di m.1,60; è interrotto solo in alcuni brevi tratti a causa delle azioni delvento, della neve e della pioggia. Ha l’aspetto di mura poligonali deltipo più antico (prima maniera, secondo Lugli); non c’è alcuna preoc-cupazione di allineamento dei massi che la compongono. questi,estratti certamente dal luogo stesso, hanno le misure medie di cm.6 0 x 8 0 x 6 0 , ma taluni hanno la facciata più lunga superiore al metroe 20 cm.

La parte esterna della muraglia è abbastanza curata; la parte interra-ta è quasi sempre a una sola cortina, mentre quella più alta, data la fortependenza del terreno, è a doppia cortina. Lo spessore medio è di m.l,65. in nessun punto la cinta muraria conserva la sua altezza origina-ria; è infatti, quella, una zona sollecitata da fortissimi venti; la neve, lapioggia e le radici infiltranti hanno completato l’opera di distruzione.Già è tanto che la muraglia sia giunta in quello stato fino a noi.

Di tanto in tanto lungo il circuito si aprono delle brecce, forse rica-vate in tempi recenti dai pastori per il transito delle greggi; alcune diesse, due in particolare, hanno tutto l’aspetto di antiche porte; la loroampiezza va da m. l,40 fino ad un massimo di m. 2,50; ma più che diporte si puó parlare di varchi, lasciati aperti certamente al tempo dellacostruzione della muraglia: lo si deduce dalla sovrapposizione deimassi; dagli stessi varchi partono dei sentieri che scendono a valle. Altermine della lunga teoria di mura, sulla Croce di Macchia, là dovedoveva essere la porta principale, si nota un largo lastricato in pietrascalpellata e levigata. quel luogo viene chiamato comunemente “LaCroce” perché, a detta della gente del luogo, su un punto imprecisatodella cinta era posta una grande pietra con una croce scolpita5: per

5 La croce era il segnale di riferimento della triangolazione per il punto tri-gonometrico: si veda “Monografie dei punti trigonometrici”, Direzione com-partimentale del catasto di napoli, “zona Alvito e Cervaro”, Registro 1, pag.122, ricognizione eseguita nell’anno 1898; lo stesso registro segnala l’inci-sione di un triangolo su roccia nel medesimo luogo.

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quante ricerche si siano fatte, però, non è stato possibile reperirla; cer-tamente sarà rotolata a valle6. Solo in tempi abbastanza recenti sullostesso luogo è stata innalzata una grande croce di ferro.

La muraglia fin qui descritta si interrompe più volte in corrispon-denza di alcuni dirupi, che presentano tracce di lavorazione, utilizzaticome parte integrante della fortificazione; il restante tratto del circui-to, sul versante opposto, è tutto una serie di precipizi, ma nei luoghi incui questi sono più accessibili si notano altri tracciati di mura poligo-nali, che vanno da m. 50 a m. 100, destinati ad assicurare la continui-tà dell’intero sistema difensivo; ne ho contati almeno tre. nel tratto piùlungo di questi ultimi, all’altezza della sottostante località “Colle case”,si apre una porta che chiamerò di S. Vittore. Su quel versante non cidovevano essere altre porte, benché numerosi metri della muragliasaranno certamente rotolati a valle non consentendo più una “lettura”completa del sito; numerosi massi sono disseminati nell’area sotto-stante. È importante avvertire che sullo stesso versante si possononotare ampi tratti di rocce affioranti scalpellate e spianate nel verso delpendio: probabilmente per ragioni difensive si rendeva necessario assi-curare una visuale completa, eliminando la possibilità di ripari per gliassalitori, ed anche per rendere più scorrevole il rotolamento dei massilanciati contro gli stessi. Cosa analoga la si ritrova al di sotto dellemura di Casinum sul versante sud, tra la città e l’acropoli.

La cinta, da questolato, doveva seguire ilcrinale roccioso dellamontagna e subirne idislivelli fino adincontrare le due estre-mità della muragliaancora esistente. in tal modo 1a teoria delle mura doveva circoscrive-re un piano avente la vaga forma di una piuma di gallina. L’estremitàpiù stretta coincideva con la Croce di Macchia, mentre si dilatava almassimo sul pianoro del Marena a quota 570. Tutta la cintura muraria,dall’una e dall’altra parte, è contornata, all’interno, quasi a segnarne ilperimetro, da una stradella che si interrompe solo per alcuni tratti ed èsegnata sulle carte topografiche.

6 Per la descrizione delle mura si veda anche l’appendice A.1.

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12- Croce di Macchia: la spianata che dà accesso all'interno della fortificazione;in primo piano un riparo in pietra, innalzato, forse, dai pastori su una trinceadella seconda guerra mondiale.

13- falascosa: tratto di muro poligonale sul versante nord.

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14- Versante falascosa.

15- Versante falascosa.

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16- La fuga ininterrotta delle mura che si inerpicano verso Croce di Macchia sulversante falascosa.

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17- Parte bassa del versante falascosa: la vegetazione inizia a non rendere piùvisibili le mura.

18- Al termine del versante falascosa: da questo punto si puó intravedere laspianata di Campopiano (a destra) e parte dell'abitato di Cervaro (al centro in

alto); a destra si scorgono alcuni dei numerosissimi massi rotolati in basso.

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19- Colle Marena: lato setten-trionale del Chiaiale.

20- Un tratto emergentedalla folta vegetazione del

Chiaiale.

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21- Ogni tanto l'imponenza delle mura ha la meglio sui carpini e querciole infe-stanti.

22- Scorcio delle mura in fugaverso valle: lato nord.

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23- Prosegue la discesa verso ilbasso; lato nord.

24- Dettaglio della zona Marena,lato nord; notare la sovrapposizio-

ne non molto ordinata dei grandimassi.

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25- Uno dei varchi (forse una porta) con tracce di fortificazione sul Chiaiale; latonord.

26- Versante di S. Vittore: la sella tra il colle falascosa ed il colle Marena; dalpaese si distingue un tratto delle mura (al centro nella foto) dove si apre la

porta detta di S. Vittore.

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27- Colle Marena: versante sud; tratto di muro che riprende dopo un costone roc-cioso.

28- Roccia a strapiombo inserita nel circuito murario dominante il paese di S.Vittore.

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29- Lato S. Vittore: la muraglia ricuce i vuoti tra le fortificazioni naturali deicostoni rocciosi.

30- Lo sperone di colle Marena domina l'intera valle del Rapido-Peccia; a sini-stra l'abitato di S. Vittore; in alto a destra è appena visibile l'abbazia di

Montecassino, antica acropoli fortificata di Casinum; al centro della foto si pos-sono distinguere alcuni tratti delle mura e la sottostante scarpata nella quale le

rocce sono state spianate artificialmente.

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31- Colle Marena: veduta sulla piana del Rapido con Montecassino e Cassino, dadove le mura sono visibili ad occhio nudo.

32- Versante sud: a sinistra si apre la porta di S. Vittore; su questo versante lemura sono molto danneggiate.

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33- Versante sud: particolare delle mura.

34- Colle Marena: tratto delle mura che guardano verso Cervaro e Cassino.

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35- Colle Marena: veduta sulla spianata di Campopiano, sulla frazione Muragliee su Cervaro; a sinistra Cassino, al centro in fondo monte Cairo (m. 1.669 s. l. m.)e a destra la gola di Capo di China che conduce nella Valle di Comino.

5.4. All’interno

insomma tutta la zona ha l’aspetto di un’antichissima area fortifica-ta, di cui restano pochi, ma inequivocabili segni, dei quali i più impor-tanti sono le mura poligonali e, forse più di tutti, i numerosi frammen-ti di ceramica che è facile rinvenire in alcune ben delimitate zoneall’interno.

Tali ceramiche sono per lo più frammenti di tegoloni, di vasi, cioto-le, orci; la loro fattura è certamente precristiana. L’impasto è moltospesso poroso, talvolta compatto; contiene molta sabbia o granuli dicarbone, di quarzo o sostanza cinerina; sia all’esterno che in frattura icocci sono a volte di colore bruno, a volte rosso oppure grigio o gial-lino; in gran numero quelli senza rivestimento, pochi con rivestimen-to.

Tali frammenti si possono reperire su terreno erboso ma anche apochi centimetri di profondità; i numerosi sgretolamenti della china lodimostrano.

Giannetti ne fa una elencazione articolata che preferisco riportare

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integralmente, con l’avvertenza che tali indicazioni si riferiscono soload una prima fase delle ricerche sul nostro sito.

« l) frammenti di mattoni (spess. cm 2,8/4), di coppi (spess. cm 2)di tegole (spess. cm 3) ad impasto carbonioso o misto a molta sab-bia, color nero o giallo in frattura, rosso nella faccia esterna oppuregiallino in tutto lo spessore;

2) frammenti di dolî di impasto molto eterogeneo, impuro perpresenza di grani di quarzo, di carbone e di sabbia con pareti grez-ze, malcotti, esternamente appena lisciati a stecca (labbri piattiappena elevati dal corpo del recipiente e distinti da esso con unsolco appena accennato);

3) pesi di forma piramidale, a base quadrata d’impasto grezzocon pareti lisciate a stecca;

4) due frammenti di basi di lucerne ad impasto grezzo, malcottocon ansa a lingua molto accentuata applicata sul piano di base; dilabbri di impasto grezzo privi di risvolto ad orlo rotondo; di paretidi ciotola con decorazione a forma di Croce di S. Andrea incisa astecca;

5) gola di vasetto a forma di calice, con labbro piatto d’impastogrezzo come pomice; labbri con risvolto esterno (ciotole scodelle)con solco all’attaccatura della spalla, d’impasto poco omogeneo,spesso ben cotti;

6) frammenti di basi o di pareti di ciotole di impasto omogeneoben cotto, internamente coperti da una pellicola vetrosa di colorebianco o giallo oppure da vernice nera; esternamente sempre incolore naturale;

7) frammento di fondo di piatto, d’impasto omogeneo, ben cottointernamente, ornato al centro con grosso disco a vernice rossaincluso in tre cerchi di color nero, concentrici; altri dischetti rossidovevano trovarsi intorno alla superficie interna della parete;

8) frammento di selce lavorata; capocchia di un chiodo in ferrobattuto.

« Circa la zona di reperimento (a parte i frammenti di laterizi –moltissimi – che si trovano dispersi in tutta l’area chiusa dalle murae anche fuori di essa) indichiamo i settori in cui sono stati rinvenutigli oggetti più significativi.

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quelli riportati ai numeri 2 e 3 sono stati raccolti nel settore orien-tale detto Falascosa subito all’inizio dell’erto pendio pietroso; quel-li del numero 4 verso il settore occidentale detto Marena; quelli deinumeri 5 e 6 nel settore centrale detto Chiaiale7; invece il fram-mento di cui al numero 7 fu raccolto lungo la via d’accesso alla for-tificazione, precisamente nei pressi di una cava di gesso. non si èrinvenuto alcun frammento di ceramica buccheroide o etrusco cam-pana, né di origine greco cumana; sembra infatti che tutti i vasi, acui i frammenti suddetti appartenevano, facciano riferimento, siaper l’impasto, sia per le forme, a un tipo di ceramica subappennini-ca, ad eccezione forse dei frammenti riportati nei numeri 6 e 7 inter-namente coperti di pellicola uso smalto o dipinti a vernice »8.

Come sono giunti fin lassù quei resti? non certo portati dal vento.Ma, cosa singolare, si rinvengono negli avvallamenti o nei brevi pia-nori riparati dal vento, e solo sul colle Marena.

Sul pianoro che forma la sommità del Marena ho notato dei segniappena percettibili di muri congiunti trasversalmente e, all’interno, dialtri muri paralleli: tutto ciò è interrato e difficilmente visibile sulposto, mentre dall’alto, discendendo lungo il crinale della Croce diMacchia, appare più chiaramente.

negli altri luoghi in cui si rinvengono materiali fittili si notano (afatica, in verità) allineamenti appena affioranti di mura poligonali asostegno di alcuni terrazzamenti.

nulla del genere, invece, si riscontra su Croce di Macchia: quest’ul-tima zona è di difficile lettura perché assolutamente impervia: rocce epietrame dappertutto.

questo, per sommi capi, é quanto trovai lassù9.

7 Chiaiale è un avvallamento tra il versante Falascosa ed il poggio Marena. il terminesecondo Giannetti deriva da plateale con trasformazione del prefisso pla in chia. ioaggiungerei: attraverso la forma chianale, che nel dialetto locale sta per luogo ooggetto piano.

8 A. Giannetti, cit. pag. 107-108.9 Si puó ricordare anche la descrizione abbastanza dettagliata che fa del nostro com-

plesso Attilio Coletta in Centri fortificati del Lazio meridionale, “Centro StudiStorici Saturnia, Atina, 1998, pag. 32 e sgg.; però alcune sue soluzioni sono daprendere con cautela.

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5.5. Strade e pozzi

Va ancora detto che stradelle molto antiche consentono l’accessodalla Canala – caseggiato a ridosso del Rio S. Vittore – e soprattuttodalla Radicosa. quest’ultima prosegue sempre in linea retta, a quota600 circa, fino alla Croce di Macchia – sulle carte catastali è denomi-nata via S. Leonardo – e poi giù a S. Pietro infine vecchia. questo trac-ciato esistente ancora oggi, collegava il basso Lazio con Conca Casalee il Molise, ma anche con Viticuso10.

Una sola stradella, invece, é sul versante sud e sbocca proprio pres-so l’unica porta di quel lato (porta di S. Vittore).

L’approvvigionamento idrico era assicurato dalla presenza di alcunipozzi; uno esiste ancora oggi lungo il sentiero che sale dalla Canala edé molto antico, anche se si notano dei rifacimenti di epoca posteriore.

Altri pozzi sono segnalati dai pastori in zona La Macchia, in pros-simità della “Croce”.

Va infine tenuto presente che accanto all’opera di distruzione effet-tuata dal tempo c’è stato sempre il continuo lavorìo di smantellamen-to operato dai pastori. infatti le costruzioni in pietra che certamentecostituivano le abitazioni dei primitivi abitanti sono state sistematica-mente smantellate per erigere rozzi ripari per le bestie; ripari che siincontrano in gran numero all’interno della cinta muraria.

5.6. Senza tempo

Dopo quanto ho sommariamente descritto ritengo non esistano piùragionevoli dubbi che si trattasse di una antica fortificazione.

quale popolo poteva abitare una simile inaccessibile fortezza?Certamente un popolo di pastori: data la possibilità di facile trans-umanza, in poche ore si puó passare dai 40 metri s.l.m. a oltre 1000metri del Sambùcaro e dell’Aquilone; e non è ciò che fanno ancoraoggi i pastori del luogo? Lì si era in piena zona di influenza sannitica,e i Sanniti, è noto, erano dei fieri montanari. Dunque niente di più faci-le che quello fosse un avamposto sannitico a guardia dei pascoli dellevalli sottostanti, anche se la fortificazione sembra guardare più verso ilSannio che altrove.

10 Vd. Appendice A.6.

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quel circuito, infine, è del tutto simile a tanti altri del centro sudd’italia classificati sannitici o dell’età del ferro. Somiglianze moltostrette si hanno con quelli esaminati da Domenico Caiazza11.

Ritengo tuttavia azzardato proporre una datazione certa: c’è chipone quel genere di costruzioni attorno all’Viii-Vii secolo e c’è chi siferma al iV-iii sec. a. C. questi ultimi ritengono che siano state edifi-cate in occasione delle guerre sannitiche. queste tutto al più costitui-scono un termine di riferimento per una datazione minima; ma il fattoche mura del genere si ritrovano in tutto il centro sud d’italia, nellaGrecia micenea e nelle città della costa anatolica, cioè erette da cultu-re diverse e in tempi diversi, ci puó far ritenere che sfuggano ad ognidatazione certa: le definirei senza tempo. Solo il ritrovamento di manu-fatti organici, sicuramente connessi con la costruzione di tali fortifica-zioni, potrà consentire datazioni attendibili tramite le moderne tecno-logie di laboratorio.

Fra i vari tentativi di dare una paternità ai grandiosi complessi dimura poligonali in italia va segnalato Mario Pincherle12, il quale cercadi ricollegare le tecniche e le tipologie nostrane con quelle minoichedell’Asia minore: forse, pur con argomentazioni spesso discutibili,apre un panorama di speculazione che potrebbe darci interessanti lumi.

5.7. Si tratta di Aquilonia?

Siamo in presenza della mitica Aquilonia?Per poterlo affermare, secondo gli scettici, bisognerebbe trovare in

loco un cippo con la scritta AQUILONIA; ma a noi è sufficiente riscon-trare sul posto tutti i punti fermi elencati più su13. Ed ecco i riscontri.

Primo: il colle Marena dista da Vicalvi/Cominio quasi esatta-mente trenta chilometri se si percorre l’antico tracciato stradale cheda S. Vittore costeggia il Colle del Pero, passa per Cervaro, di quiva a S. Michele (frazione di Cassino), a Portella (frazione di S. Elia),alla piana dell’olivella, a Capo di China, seguendo la vecchia “stra-da romana”, a Cancello di Atina e, sempre in linea retta, a Vicalvi.

11 Vd. supra par. 2.2.12 M. Pincherle, La civiltà minoica in Italia. Le città Saturnie, Pacini Editore, 1990.13 Vd. supra par. 4.7.

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questo tracciato, anche se in disuso (perché sostituito dalla recentestrada a scorrimento veloce Cassino-Atina-Sora), è ancora in granparte percorribile.

Secondo: la strada appena descritta consente ad un uomo a caval-lo di andare e tornare in meno di una giornata.

Terzo: un percorso alternativo e più lungo puó essere costituitodall’antico tracciato che segue il corso del fiume Melfa (la strada“Tracciolino”) fino a Roccasecca, s’innesta sulla pedemontana checonduce a Casinum, segue il fondovalle dell’attuale Casilina finoalla Taverna di S. Vittore. questa strada consente di andare e torna-re da Cominio senza essere avvistati da chi percorre quella prece-dente; e probabilmente fu scelta dalle coorti dei Sanniti per andarein soccorso di Cominio14.

Quarto: il toponimo Aquilonia lo si ritrova nel vicino e incom-bente Monte Aquilone; è noto come i nomi delle località montane siconservano pressoché invariati per millenni.

Quinto: gli spazi per una battaglia campale si possono ritrovareai piedi dei due monti del luogo: il Sambùcaro e l’Aquilone. Sonodue ampie aree in pendenza entrambe verso il Rio S. Vittore: la spia-nata di “Campopiano”, più a monte, e quella di “S. Giusta-Montenero”, più a valle sulle pendici del colle “La Chiaia”. L’una,tenuta dai Romani, poteva dominare dall’alto l’accampamento deiSanniti, l’altra, invece, poteva controllare l’unica possibilità diaccesso alle vie per Aquilonia, cioè il guado del Rio S. Vittore.

Sesto: la fortificazione sannitica di colle Marena era alla destradell’accampamento dei Sanniti ed alla sinistra di quello romano.

Settimo: da Campopiano il colle del Pero, ma più ancora il colleLa Chiaia, visto di lato, appare come un perfetto tumulo, anche se lasua forma è piuttosto allungata. Alle spalle del colle poteva nascon-dersi un contingente di soldati per comparire all’improvviso dando

14 Si potrà obiettare che quelle coorti dovettero passare al di sotto di Casinum che,secondo le notizie in nostro possesso, era già colonia romana. Ma l’episodio ricor-dato del saccheggio di interamna Lirenas ci fa intuire che l’oppidum di Casinumnon costituiva un pericolo per migliaia di soldati che transitassero nei suoi pressi.Del resto i Romani avevano fatto leva per affrontare i Sanniti e con tutta probabili-tà avevano sguarnito quella ed altre colonie. Resta, tuttavia, il dubbio se Casinumfosse ancora in possesso dei Romani.

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36- I luoghi della battaglia: a destra il pianoro di Campopiano; a sinistra il colleLa Chiaia, che, visto da qui, appare come un tumulo, e che domina la spianata diS. giusta/Montenero; al centro della foto, in alto, il colle del Pero.

l’impressione di provenire dalla strada per Cominio (quella brevepercorsa dai messi romani).

Ottavo: la fortificazione del colle Marena, nonostante l’asperitàdel luogo, non si presenta come un complesso particolarmente adat-to a sostenere a lungo assedi ed attacchi nemici; niente di più facile,dunque, che alle porte vi fossero solo delle protezioni di fortuna enon porte come quelle di Cominio. Ed infatti nelle porte della nostrapresunta Aquilonia non si sono trovate tracce di cardini o altro, nésui piedritti né sulle soglie.

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6 - I LUOgHI DELLA bATTAgLIA

6.1. La battaglia

Dopo aver appurato la concordanza del racconto liviano con i luo-ghi qui descritti, concordanza che puó apparire addirittura eccessiva,proviamo ora a calare la descrizione della battaglia sugli stessi luo-ghi, senza discostarci dal testo di Livio.

nell’anno 293 a. C. il Senato Romano, dopo mezzo secolo di guer-re contro i Sanniti, decise di sferrare un’offensiva decisiva contro quelpopolo che, da parte sua, si era messo in armi facendo leva per tutto ilSannio ed ammassando 40.000 soldati (altri codici riferiscono 60mila), il fior fiore della gioventù sannitica, nella città di Aquilonia.

i consoli di quell’anno L. Papirio Cursore, figlio del più noto LucioPapirio, e Spurio Carvilio si recarono nel Sannio con due eserciti; ilprimo, dopo aver fatto leva, andò ad espugnare la città di Duronia, pro-babilmente tra isernia e Campobasso, il secondo, rilevando l’esercitogià in armi da interamna, prese d’assalto la città di Amiterno, nei pres-si di L’Aquila; quindi dopo aver percorso in lungo e in largo il Sanniosi unirono nell’agro Atinate, in Ciociaria, dove, ovviamente, si ebbe ilmaggior saccheggio. A questo punto i consoli si divisero di nuovo:Carvilio assediò Cominio (oggi Vicalvi), nella omonima valle, mentrePapirio si recò nei pressi di Aquilonia, ubi summa rei Samnitium erat.quest’ultima località, a detta di Livio, distava circa 20 miglia, cioè 30chilometri da Cominio.

L. Papirio con il suo esercito seguì la via che passa ad ovest di Atina,sale a Capo di China, scende lungo il versante occidentale di MonteCifalco, fino alla pianura di S. Elia Fiumerapido e risale poi attraversola contrada “Portella” fin su a S. Michele, in comune di Cassino,lungo le estreme propaggini del Monte Aquilone e sempre su quellestesse pendici prosegue per Acqua Candida, a nord di Cervaro, fino asfociare alle spalle del Colle del Pero sulla pianura di Campopiano sucui domina la presunta Aquilonia1.

1 questa antichissima strada pedemontana prosegue oggi, sempre in linea retta, fino aS. Pietro infine, da dove si imboccava l’altra strada che saliva a Croce di Macchia

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Dunque Papirio pose il suo accampamento in Campopiano occu-pando il Colle del Pero e presidiando la suddetta via per i frequenticontatti che aveva con il collega Carvilio che si trovava a Cominio.Alla sua sinistra aveva Aquilonia, da cui era separato dal profondodirupo del Rio S. Vittore, alle spalle il monte Aquilone.

i Sanniti invece avevano posto il loro accampamento nel decliviodel colle La Chiaia (S. Giusta-Montenero), là donde si possono ammi-rare i resti medioevali di S. Vittore, ed erano separati da quest’ultimalocalità dal rio omonimo.

Era in loro possesso l’unico punto in cui il rio fosse agevolmentevalicabile, onde garantirsi i contatti con la loro città. inoltre da quellaposizione potevano assicurarsi lo sbocco a valle per i rifornimenti ed ilvettovagliamento: non dimentichiamo che i Sanniti erano in quell’areagià da molto tempo e sicuramente controllavano la vasta pianura domi-nata da Aquilonia. il loro accampamento, però, era stretto ai due lati

37- L'abitato di S. Vittore dominato dal monte Sambùcaro con le due protube-ranze (a sinistra) falascosa e Marena, protette dalle mura poligonali; in basso siapre la profonda fenditura del rio di S. Vittore.

(la porta principale di Aquilonia) e continuava verso il Molise col nome di via S.Leonardo.

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dal colle La Chiaia e dal rio: quello che apparentemente doveva costi-tuire una valida difesa risultò, poi, la causa principale della sconfitta,non avendo avuto essi adeguati spazi di manovra.

Tuttavia il guado del rio consentiva il controllo di un nodo stradaledi notevole importanza. Di lì infatti si dipartivano (e ancora oggi): lavia che, costeggiando il colle del Pero, conduce a Cervaro; la via che,aggirando la Chiaia da sud, conduce ancora a Cervaro; la via che, pas-sando per La Canala, conduce ad Aquilonia e alla Radicosa, dove esi-ste un varco per il Molise; la via che collega S. Vittore del Lazio conS. Pietro infine, quasi certamente una continuazione dellaPedemontana già descritta; infine l’accesso al fondovalle del Gari-Peccia.

Sulla disposizione dei due eserciti (Romani in alto e Sanniti inbasso) non mi trovai d’accordo con il prof. Giannetti, il quale capo-volgeva le posizioni, non riuscendo, però, a spiegare come i Romanistando nella piana di S. Giusta-Montenero potessero avere la città di

Aquilonia a sinistra, come precisa Livio.

38- La zona della presunta battaglia.

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Avendo, dunque, i Sanniti scelto per primi la postazione2 avrebberopotuto attestarsi, al posto dei Romani, sulla spianata di Campopiano,apparentemente più favorevole perché in posizione dominante rispettoa quella di S. Giusta, ma questo sarebbe stato un errore ancora mag-giore perché di lì non avrebbero potuto avere più collegamenti conAquilonia, dalla quale sarebbero stati separati dal profondo dirupo delRio S. Vittore.

Sempre seguendo il racconto di Livio, Papirio dopo aver temporeg-giato per diversi giorni fra scaramucce di nessun conto, decise di attac-care il nemico postero die e mandò un messo al collega per avvertirloaffinché anche questi attaccasse contemporaneamente Cominio. ilmesso, utilizzando il percorso breve su descritto, ebbe un giorno perandare e tornare. Tornò a notte riferendo che Carvilio approvava ipiani.

Papirio preparò lo schieramento: all’ala destra pose L. Volumnio,all’ala sinistra L. Scipione. ordinò quindi a Spurio nauzio di toglierei basti ai muli e di condurli, con alcune coorti delle ali, attorno, forse,al Colle del Pero, per posizionarsi al coperto di un colle che probabil-mente aveva l’aspetto di un tumulo, in tumulum conspectum, (il collela Chiaia, appunto; ma forse anche lo stesso Colle del Pero). nauziodoveva poi comparire nel vivo della battaglia sollevando quanta piùpolvere potesse.

Poco prima che il console desse inizio al combattimento un diserto-re sannita rivelò che 8000 uomini erano stati inviati da Aquilonia aCominio per aiutare quest’ultima città nella difesa contro gli assedian-ti. Probabilmente i Sanniti di Cominio si erano accorti dei preparatividi attacco da parte degli assedianti e, ignorando la manovra combina-ta degli eserciti romani, avranno chiesto rinforzi a quelli di Aquilonia;rinforzi che furono senz’altro inviati.

Papirio mandò subito un messaggero ad avvertire di ciò il collega.il messaggero spronando la cavalcatura dovette impiegare meno di tre

ore3.

2 i Romani si erano decisi a dare guerra ai Sanniti solo dopo che costoro, da tempo,avevano fatto leva per tutto il Sannio ed avevano scelto Aquilonia come centro diraccolta.

3 Cfr. Giorgio Berzero, Ab Urbe condida, Lib. X. pag. 177, nota 2.

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Subito dopo il console, approfittando anche del temporaneo alleg-gerimento delle forze nemiche, fece avanzare i suoi reparti e diede ini-zio alla battaglia.

il combattimento fu feroce, la strage immensa; i Romani avanzava-no senza tregua fra le schiere nemiche. A far precipitare gli eventi con-tribuì l’apparizione di fianco (tra la Chiaia e il Colle del Pero) del pol-verone sollevato dai reparti di Spurio nauzio. Tale visione ingannò iSanniti ed i Romani stessi: si credette infatti che si trattasse dell’eser-cito di Carvilio che giungeva vittorioso da Cominio.

39- Collegamenti tra Vicalvi (Cominio) e S. Vittore del Lazio (Aquilonia).

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i Romani moltiplicarono le forze e l’ardore per non vedersi togliereil merito della vittoria dall’altro esercito; i Sanniti furono atterriti efinirono per darsi alla fuga.

i nobili e i cavalieri fuggirono alla volta di Boviano (probabilmentelungo il versante di S. Pietro infine oppure per la via della Radicosa,sulla sponda sinistra del Rio S. Vittore), i fanti si rifugiarono parte nel-l’accampamento e parte ad Aquilonia.

6.2. La sconfitta dei Sanniti

il fronte dei Sanniti dunque era stato spezzato al centro in due tron-coni, e ciò è spiegabile se si pensa che alle spalle di questi era il pro-fondo dirupo costituito dal Rio di S. Vittore.

L’ala destra dei Romani guidata da Volumnio attaccò e prese l’ac-campamento incendiandolo, l’ala sinistra con Scipione attraversò ilguado del rio e, inseguendo i fuggiaschi, giunse sotto le mura diAquilonia, probabilmente nel lato nord. Gli occupanti la città si dife-sero lanciando sassi sugli assalitori, e i sassi in quel luogo non manca-vano certo. Scipione dopo aver incitato i suoi formò la testuggine congli scudi alzati sopra il capo e irruppe nella città (testudine facta in

urbem perrumpunt). S’impadronì della porta, ma, avendo solo pochisoldati con sé, preferì non addentrarsi nella città.

i1 console, radunando i soldati poiché la sera s’appressava, consta-tò che alla sua destra l’accampamento dei Sanniti era stato preso e chealla sua sinistra si combatteva presso le porte della città. Con le trupperaccolte s’appressò alle mura e penetrò nella porta a lui più vicina. Mala notte era sopraggiunta e preferì far riposare gli uomini.

nelle ore notturne la città fu abbandonata dai suoi abitanti; da qualeparte? Forse dal lato più inaccessibile, dove i Romani non erano giun-ti, dall’unica porta sul versante sud, la porta di S. Vittore. Di lì dovet-tero scendere nella sottostante pianura tra S. Vittore e S. Pietro infine.A valle dovettero essere scorti dalla cavalleria nemica ed inseguiti.nell’inseguimento i cavalieri romani videro anche dei Sanniti sparsiqua e là senza difesa alcuna. Erano, questi, gli 8.000 soldati inviati inaiuto di Cominio, ma richiamati poi verso Aquilonia per gli avveni-menti appena descritti.

il console Carvilio a Cominio, avvertito dal collega, aveva mandato

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incontro a quegli uomini – sulla via più breve per Aquilonia – alcunecoorti per fermarli, ma, lungo la strada non ne trovarono traccia; pro-babilmente quelli avevano attraversato a valle la pianura di Cassino eseguito poi la via pedemontana in direzione di Roccasecca per risalirelungo la via Tracciolino fino alla valle di Comino.

Al ritorno da quel loro inutile viaggio quei Sanniti percorsero lastessa strada aggirando le radici del versante sud-est della Chiaia.Giunti verso sera in vista dell’accampamento e di Aquilonia, diceLivio, furono fermati dalle fiamme che dall’accampamento si eranopropagate all’intorno4, ma anche, forse, dalle grida che provenivanodalla città. Lì si fermarono sbigottiti e passarono la notte senza chiu-dere occhio. Alle prime luci dell’alba furono sorpresi e messi in fugadalla cavalleria romana. Ma erano stati avvistati anche dalle mura dellafortezza. Anch’essi dopo alcune perdite presero la via per Boviano.Dal luogo dove quei soldati avrebbero pernottato si distinguono netta-mente le mura della città da noi indicata.

Aquilonia fu saccheggiata e incendiata. Le fiamme dovettero esserevisibiii per un raggio di molti chilometri: dall’agro atinate (attraversola gola di Capo di China), alla valle del Rapido, ai monti degli Aurunci,all’attuale Mignano Montelungo; tale era la posizione della nostra sup-posta Aquilonia.

nella battaglia, a detta di Livio, perirono oltre 20.000 Sanniti e pocomeno di 4.000 furono fatti prigionieri. quella strage segnò la capitola-zione definitiva dell’indomito popolo del Sannio.

4 Livio, X, 43: « Deinde regione castrorum, quae incensa ab Romanis erant, flammalate fusa certioris cladis indicio progredi longius prohibuit ».

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7 - LO STORICO LIVIO

7.1. L’affidabilità di Livio

questa sommaria ricostruzione evidenzia la stupefacente concor-danza tra la descrizione di Livio ed i luoghi di S. Vittore, concordanzache puó addirittura apparire sospetta perché pone una questione chevale la pena affrontare: come faceva Livio a descrivere con tanta pre-cisione la battaglia e i luoghi, a distanza di oltre 260 anni1, come sefosse stato presente a quegli avvenimenti?

Alcuni storici hanno definito Livio più poeta che storico, volendocon questo affermare che egli non è da prendere alla lettera.

Si potrebbe rispondere semplicisticamente che non si comprendecome Livio possa essere affidabile in taluni casi e non degno di atten-zione in tal’altri; non si comprende come si possa essere storiografoaffidabile e nello stesso tempo visionario.

Guido Vitali nella sua prefazione alla Storia di Roma dice delnostro: « Assai più che uno storico nel significato vero e proprio deltermine, egli è dunque un narratore di storia2 ». E forse questa è ladefinizione più giusta dal momento che nell’opera liviana ritroviamofatti realmente accaduti accanto a leggende ampiamente diffuse nelmondo romano; lo stesso Livio, con molta correttezza intellettuale dicedi sé: « quei fatti accaduti prima o durante la fondazione di Roma,adorni di poetiche favole piuttosto che di sicura documentazione stori-ca, io non penso né a confermarli né a confutarli »3.

Di certo non si puó affermare che Livio abbia fatto tesoro delleintuizioni di Polibio, storico di razza, il quale sosteneva che compitodello storico non è quello di stupire il lettore con artifici retorici o confatti prodigiosi, ma limitarsi ad esporre i fatti, anche i più insignifican-ti, secondo verità. Tuttavia va dato atto a Livio che non si è inventato

1 Livio iniziò la sua opera tra il 29 e 27 a. C.2 G. Vitali, op. cit., Lib. i, pag. XV.3 « quae ante conditam condendamve urbem poeticis magis decora fabulis quam

incorruptis rerum gestarum monumentis traduntur, ea nec adfirmare nec refellere inanimo est », Praefatio, pagg. 4/5.

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nulla, anzi per certi versi dobbiamo essergli grati per averci tramanda-to tante leggende che fanno parte ormai del bagaglio culturale delnostro popolo. Un appunto gli si puó muovere: fu storico di parte, per-ché storico di Roma; caricò di enfasi le gesta delle legioni romane;quando evidenziò l’eroismo dei nemici fu solo per attribuire maggiorvalore ai soldati di Roma. Ma per fare ciò non aveva bisogno di inven-tarsi personaggi e circostanze: gli era sufficiente far pronunciare uncerto discorso ad un console o ad un tribuno oppure decantarne le dotiumane e militari, oppure celebrare i trionfi ingigantendo i bottini diguerra.

A parte questi aspetti, che possono considerarsi marginali, va evi-denziato che quelle che sono esagerazioni attribuite a Livio sono inrealtà esagerazioni delle sue fonti, specialmente quelle coeve ai fattinarrati: quelle sì avevano interesse a manipolare la descrizione degliavvenimenti a scopi propagandistici.

Le fonti del nostro, oltre il più volte citato Fabio Pittore – che a suavolta si rifaceva a Geronimo di Cardia, a Callia di Siracusa, a Timeo diTauromenio e ad altri storici greci – si sa, furono quelle ancora reperi-bili negli archivi romani dei suoi tempi, e cioè gli acta pubblici e pri-vati, i Libri e i Commentarii magistratuum, gli Annales maximi, i Fasti

calendarii, i Libri e i Commentarii pontificum, le opere degli annalisti,le iscrizioni incise su colonne, su templi, su tombe, le laudationes

funebres. Accanto a queste bisogna porre le relazioni scritte in temporeale dai segretari o scribi prezzolati che i condottieri si portavanoappresso perché decantassero le loro gesta e magnificassero le lorovirtù, insomma qualcosa come gli odierni inviati speciali al fronte; loscopo era di tutta evidenza: solo in parte una forma di vanità e di vana-gloria, molto, invece, un’operazione di propaganda elettorale per leimminenti elezioni a Roma, dove con le cariche pubbliche spesso sicostruivano ingenti fortune.

Tali relazioni non sono giunte fino a noi ma, conoscendo l’eccezio-nale modernità dei Romani in questo genere di cose, non possiamodubitarne l’esistenza e tanto meno che ve ne fossero ancora al tempodi Livio, il quale non si lasciò sfuggire l’occasione di utilizzarle, tal-volta integralmente.

Così si puó spiegare l’eccezionale corrispondenza tra i fatti e i luo-ghi, cosa che si verifica molto spesso nel racconto liviano. Se così non

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fosse non potremmo comprendere, per esempio, come mai Livio, nel-l’accennare alla collina dietro la quale si doveva nascondere Spurionauzio con le coorti e i muli, la definisce tumulus anziché semplice-mente collis o colliculus, ma soprattutto perché gli avvenimenti sonovisti sempre e soltanto dalla parte dei Romani,

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8 - DOVE CERCARE AQUILONIA

8.1. fortificazione, non città

Dunque se Livio fa fede, come credo debba farne nel caso nostro,possiamo analizzare da vicino quella che egli chiama urbs diAquilonia.

nell’irruzione del console all’interno delle mura Livio non fa cennoa strade, palazzi, né ad un incendio come per Cominio. Tutto ciò ci fapensare che all’interno delle mura non vi fosse qualcosa che potessedefinirsi città come noi la intendiamo. E allora dobbiamo far ricorso aquanto ho detto prima circa le città dei Sanniti1.

qui ci troviamo di fronte ad un insediamento di primo tipo: la forti-ficazione in alto, utilizzata solo per le emergenze e, forse, per le ceri-monie religiose; l’abitato a valle, in luogo più accessibile e pressoabbondanti fonti d’acqua, soprattutto per abbeverare il bestiame.

nel circuito poligonale di monte Sambùcaro le condizioni per unavita residenziale non sono certamente favorevoli: la parte più alta,presso Croce di Macchia, è battuta da venti spesso di eccezionale vio-lenza; ogni inverno vi si verificano abbondanti nevicate; le zone ripa-rate già descritte sono piuttosto limitate e consentono un certo confortsolo per un limitato periodo dell’anno. Per questo motivo l’area non èstata più utilizzata nelle epoche successive se non per presenze stagio-nali.

Va aggiunto che dalla fortificazione Marena-Falascosa si potevaavvistare quella di Casinum e, attraverso il valico di Capo di China,quella di Cominio; da quest’ultima si avvistavano le mura di Atina;insomma una rete di postazioni che si guardavano a vicenda, cosa, que-sta, tipica del sistema difensivo dei Sanniti.

Se il circuito poligonale di S. Vittore non dovesse essere quello diAquilonia, vista la sua eccezionale estensione (complessivamentecirca tre chilometri), si dovrà pur dire a quale città sannitica apparte-nesse: non si puó pensare, infatti, che quell’opera immane servissesolo come fortilizio di avvistamento o come luogo sacro (come quello

1 Vd. supra par. 2.1.

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di monte Cierro in S. Elia Fiumerapido), o, infine, come riparo per lepecore. Certamente era connesso, insieme alle contigue mura di S.Eustachio, con un sottostante centro abitato di qualche importanza. Selo si dovesse individuare in funzione di una città diversa da Aquilonia,si dovrebbero trovare delle motivazioni più convincenti di quelle quiriportate.

8.2. La città a valle

Dunque, dicevamo, è giù che bisogna cercare tracce dell’abitato,sulle ultime balze del monte Sambùcaro. E infatti su di esse oggi sor-gono due ridenti paesi: S. Vittore e S. Pietro infine.

L’origine di questi due centri è medioevale e fu determinata dallostato di insicurezza per le continue scorribande saracene. Ma nulla ciimpedisce di pensare che in epoche molto precedenti quelle zone fos-sero abitate da popolazioni dedite alla pastorizia o all’agricoltura,popolazioni che, per la loro economia piuttosto povera, hanno potutolasciare scarse tracce della loro frequentazione.

Ma tali tracce non si debbono ricercare necessariamente sotto gliabitati medioevali dei due paesi. Vi è un’area assolutamente inesplora-ta proprio tra S. Vittore e S. Pietro infine, quella dove finisce la zonarocciosa del Sambùcaro e si adagia gradualmente verso la radice delmonte. Lì il dilavamento dei fianchi della montagna ha accumulatometri e metri di terra e detriti, ciò significa che eventuali ricerche sidovrebbero fare a notevole profondità.

nonostante ciò da una sommaria ispezione del sito si è notata unagran quantità di materiale laterizio in superficie.

Ricalcando le orme di Livio non trovo indegno riportare anche … le“favole”. i più anziani della zona narrano che in quel luogo in tempiantichissimi sorgeva una grande città che veniva chiamataNapuluózzö: è evidente la derivazione da Neapolis, cioè nuova città.Ma probabilmente la tradizione nasce dal ricordo della cittadella deiGreci di cui ho parlato innanzi2.

Però non è favola quanto segnalato dal Giannetti nella sua relazionegià ricordata3. Egli accenna ad un complesso rurale in località

2 Vd. supra par. 1.1.3 Vd. supra par. 4.4., nota 27.

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“Abbondanza” o “Mura abbandonate” ricco di resti murari molto anti-chi e di materiale fittile di varie epoche; dovrebbe essere ciò che restadi un antico tempio pagano frequentato in età preromana e romana. Madiamo la parola al Giannetti: « … in località Mura Abbandonate, eprecisamente nel terreno del sig. Luigi Decina, si scoprono segni dimuri di fondazione affossati nel terreno coltivabile o affioranti da esso.Pare che detti muri siano formati alla base di grossi massi squadrati e,superiormente, di struttura ad opera incerta. Afferma il Decina che nonè facile arare presso la casa colonica; e mostra due grandi pietre calca-ri aventi ciascuna una faccia squadrata in modo da combaciare perfet-tamente se poste in contatto. Ciascuna delle facce ha un incavo semi-sferico del diametro di circa m 0,50, mentre un lato dei massi misuracirca m 0,80. La cavità sferica che si formava unendo i due massicomunicava con l’esterno a mezzo di una fessura, larga cm 1 0 x 7aperta al vertice di una depressione imbutiforme.

« È probabile che le due pietre fossero state così lavorate per for-mare il thesaurus di un tempio; e messa l’una sull’altra, con i due inca-vi combacianti, furono rinvenute ed estratte da terra alcuni anni fa. Delresto che in quel posto vi sia stato un tempio pagano lo si desumeanche dalla numerosa suppellettile votiva (mani, piedi, maschere, testi-ne, vasetti ecc.) che viene estratta da probabili favisse infossate nel ter-reno adiacente; che tale tempio risalisse ad epoca preromana perdu-rando fino ad epoca imperiale romana, lo si deduce da frammenti diceramica recanti ornamentazioni tipo appenninico (bozze, tacche,mammelloni); o di ceramica a vernice nera dal Lamboglia classificatacome Campana A e B; o da oggetti vascolari di forme grecizzanti; oinfine da testine muliebri dalla particolare acconciatura dei tempi del-l’impero romano. Da notare infine che il luogo suddetto è unito allafortificazione di Colle Marena-Falascosa per mezzo di una strada che,inerpicandosi per un vallone, raggiunge Collecaso »4.

Collecaso (o Collecase) è sul versante meridionale del colleMarena-Falascosa ed è servito da una comoda mulattiera che partedalla località La Canala. A circa metà percorso di detta mulattiera sor-gono i resti di una chiesa medioevale dedicata a S. Angelo; quel luogoè detto anche “Grotta di Annibale”.

4 Loc. cit. pag, 110. Vd. anche qui, Appendice A.3.

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Per numerosi altri ritrovamenti in questa ed altre zone di S. Vittorerinvio al libro “San Vittore del Lazio – Storia economia e futuro di un

paese”, del 1990, a cura dell’amministrazione comunale (pag. 49 esgg.)5.

8.3. Un antico tratturo

A rendere interessante il versante meridionale del Sambùcaro è lastrada mulattiera che origina dall’antico centro abitato di S. Pietroinfine e sale obliquamente verso Croce di Macchia quasi in linea retta,salvo un solo breve tornante. A circa metà di questo percorso, su unasporgenza del monte, sorgono resti molto interessanti di mura poligo-nali, simili a quelli della superiore fortificazione; le mura si dipartonodallo sperone del Sambùcaro e scendono a valle divaricandosi in mododa racchiudere una vasta area triangolare simile a quella della vicinaCasinum; sui resti del promontorio sono state sovrapposte altre strut-ture murarie in epoca cristiana; il luogo è denominato “S. Eustachio”.

5 Anche “Lineamenti di storia di S. Vittore del Lazio”, a cura dell’Archeoclub di S.Vittore del Lazio, 1986. Si veda anche l’Appendice al termine di questo lavoro.

40- Le mura di S. Eustacchio sul versante meridionale del Sambùcaro.

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A margine del complesso vi è una cisterna6. quelle rovine hanno tuttol’aspetto di un fortilizio di avamposto e di controllo della nostra mulat-tiera, che è l’unica via di accesso per il Molise. Ma non si puó esclu-dere una importanza religiosa dal momento che in periodo benedettinovi fu innalzata la chiesetta di S. Eustachio: i monaci nella loro operadi evangelizzazione usavano sostituire ai santuari pagani le chiese cri-stiane.

Della mulattiera mi sono occupato ampiamente in articoli vari7 neiquali la classificavo come tratturo per la transumanza di breve percor-so tra la valle del Rapido-Peccia ed il vicino Molise. questa strada,che, come già detto, a partire dalla sommità di Croce di Macchia versoLa Radicosa prende il nome “S. Leonardo”, è stata molto frequentatafino a tempi recenti da chi si muoveva per commercio o semplicemen-

41- Particolare delle mura di S. Eustacchio.

6 Maurizio zambardi, San Pietro Infine, monumento mondiale della pace, 1998, pag.38; id., Fortificazioni sannitiche in San Pietro Infine, in “oggi e domani”, bime-strale di S. Pietro infine, anno i, n. 1 (febbraio 1987), pagg. 4-5, dove si trovanointeressanti e condivisibili spunti per la conoscenza del luogo e per la sua destina-zione; a quest’ultimo lavoro rinvio per ulteriori approfondimenti.

7 Per tutti rinvio a “I vecchi tratturi per un turismo alternativo”, in “L’inchiesta”,14.9.97, pag, 13; vd. anche supra, Appendice A.6.

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te per le fiere di bestiame tra il basso Lazio ed il Venafrano. L’unicaalternativa a questo percorso era costituita, fino a qualche decennio fa,dalla carrozzabile “Tre Torri”, resa malfamata, quest’ultima, dalla pre-senza dei briganti; ora una moderna galleria risolve ogni problema dicollegamento con il Molise.

Da qualche anno la strada San Leonardo è stata resa percorribile confuoristrada.

42- Lo sperone di S. Eustacchio con uno dei muri in opera poligonale che scen-dono a valle.

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9 - UN RICCO PATRIMONIO ARCHEOLOgICO

9.1. Antichità attorno ad Aquilonia

La scoperta della fortificazione di Colle Marena-Falascosa coincise,nello stesso 1972, con il ritrovamento di numerosi altri resti archeolo-gici.

- nella frazione Muraglie, che chiude la spianata di Campopiano,oltre l’allineamento pseudo quadrato già ricordato1, vannosegnalati anche: un alto muro in opus incertum, con canali discolo in terracotta di sicura epoca romana, a protezione dellacarrozzabile per S. Vittore (ora quel muro è stato abbattuto perampliare la sede stradale!); un troncone di muro in opus reticu-latum ribaltato dalla sua base.

1 Vd. supra par. 5.1. e Appendice A.1.

43- Costruzione nuragica lungo la via S. Leonardo, tra Croce di Macchia eRadicosa. La foto è del 1972; lo stato attuale del manufatto è notevolmente peg-giorato.

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- in località Campopiano sono segnalate delle tombe a cappucci-na; alcune di esse sono databili al iii sec. D. C. grazie al ritro-vamento di una moneta di Gordiano; ma tutta l’area presentatracce di lunghi allineamenti murari interrati, mentre i contadiniriferiscono di ritrovamenti di lucerne e “candelieri” in bronzo;abbondante il materiale fittile.

- Spianata di S. Giusta: condotte idriche interrate in muratura,fornaci per il carbone e per la calce, tegoloni, di fattura moltoantica, “che presentano in una faccia i segni del canniccio su cuifurono messi ad asciugare quando l’argilla era ancora fresca2”.

- Sul lato settentrionale del colle Marena-Falascosa, a valle dellastrada S. Leonardo della frazione Radicosa, su una spianata fre-quentata da pastori, sorgono costruzioni di tipo nuragico diepoca e fattura indefinita3 L’area delle mura, che prima era fre-quentata solo da pastori e cacciatori, dopo l’annuncio della sco-perta è stata meta di svariate escursioni di curiosi e di appassio-nati di antichità. Alcuni di questi hanno segnalato ritrovamentidi materiali fittili e qualcuno anche di monete; gli anziani di S.Vittore e di S. Pietro infine si sono ricordati di cose strane, digrotte, di sotterranei, visti in quei luoghi durante la fuga dai loropaesi nel 1943-44. Purtroppo in tali racconti non si sa mai quan-to ci sia di vero e quanto sia da attribuire alla fantasia.

E la suggestione di una scomparsa città sannitica di fantasie nesuscita!

2 A. Giannetti, loc. cit., pag. 110.3 E. Pistilli, Un “nuraghe” a S. Vittore del Lazio?, in “il Gazzettino del Lazio”,

20.12.1972, pag. 2; vd. anche supra, Appendice A.5.

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APPENDICE A

Appunti di ricercaDesidero affidare a questa pubblicazione alcuni dei numerosiappunti da me frettolosamente annotati durante e al termine dellemie escursioni in territorio di S. Vittore del Lazio in seguito alritrovamento delle mura di Aquilonia.Spero si tenga presente che si tratta solo di appunti, non destinatiad essere pubblicati, e riferiti alla situazione del momento: se orami decido di inserirli è per non far perdere alcune importantiannotazioni che si riferiscono, spesso, a luoghi ora totalmentemodificati.

A.1. “Muraglie”12 marzo 1972

Per giungere a “Le Muraglie” abbiamo dovuto attraversare tutto l’a-bitato di S. Vittore, imboccare la rotabile per Cervaro e subito dopopiegare a destra, in direzione nord-est. Da tale diramazione ha inizio lavia Muraglie, quasi interamente lastricata di ciottoli levigati dal dia-metro medio di una dozzina di cm.

La via è larga circa m. 2 (a detta del prof. Giannetti, che mi haaccompagnato, è molto antica); dapprima discende verso il torrenteRio S. Vittore, che attraversa per mezzo di un ponte rifatto in epocafascista – nei dintorni è facile reperire mattoni rettangolari, cotti inmodo imperfetto, di apparente epoca precristiana –, poi si inerpica,sempre in direzione nord-est, verso un colle che si erge dalle ultimependici del monte Aquilone.

A poco più di un chilometro dall’inizio della via, al termine di unbreve ma duro strappo, si trovano delle abitazioni agricole (poche unitàa destra e a sinistra). Lì abbiamo dovuto lasciare la macchina. Abbiamorivolto poche domande ai contadini che abitano in quelle case.Abbiamo così appurato che nei campi circostanti, in special modo inquelli più a monte, è facile reperire un’infinità di cocci di fattura anti-ca. Una donna, dopo una certa reticenza, ci ha dichiarato che tempoaddietro, vangando nel suo podere su alle Muraglie, ha trovato dei restidi mura antiche abbastanza larghe.

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invogliati da tali notizie abbiamo proseguito a piedi.La via, dal luogo anzidetto, prosegue ancora nella stessa direzione

per circa 800 metri, sempre con il fondo acciottolato, dopo di che giun-ge ad un bivio. qui hanno termine i ciottoli; sulla destra ci si affacciasul vallone del Rio S. Vittore (sull’altra sponda del vallone si vedonole case della contrada “Canala” e la via per la “Radicosa”, entrambefrazioni di S. Vittore del Lazio); proseguendo si percorre una viamulattiera, che, pare, termina su un dirupo. La via Muraglie, invece,piega a sinistra in direzione nord-ovest ed è frequentemente attraver-sata da rigagnoli di acqua che sorge sul lato destro della via; da quellostesso lato si erge maestoso l’Aquilone e alle spalle il monteSambùcaro.

Dopo aver percorso quest’ultimo tratto per altri 500 m. (altrettantastrada ci rimaneva da fare per giungere alle abitazioni delle Muraglie,che si intravedevano più su) abbiamo incontrato un contadino che ci harivelato di aver trovato, tempo addietro, una tomba interrata sulla som-mità del colle di cui abbiamo percorso le pendici (e di cui ho parlatoprima). La tomba era formata da un letto di tegoloni di terracotta con ibordi esterni rialzati; sopra di essi poggiavano, a doppio spiovente, duefile di tegoloni sì da formare un abitacolo a sezione triangolare; sullasommità di detto abitacolo, a ulteriore copertura, correva una fila dicanali semicilindrici. All’interno il contadino aveva rinvenuto unoscheletro ed un vasetto di ceramica “come un portacenere”. Lo stessocontadino ha poi ricordato di aver già notato delle tracce di mura anti-che un po’ più su, in direzione nord (nella stessa direzione dellatomba). Altre mura, a detta dello stesso, si trovano sulla via più amonte, nel piccolo centro abitato delle Muraglie; e proprio a questiultimi muri, molto probabilmente, è da far risalire il nome della loca-lità.

Dopo il colloquio con il contadino abbiamo abbandonato la via e,attraversando alcuni campi in direzione della sommità della collina, cisiamo ritrovati ai piedi di un terrapieno di forma quadrata e alto, sullato sud, circa m. 2,50. Su questo lato abbiamo trovato un muro in pie-tra e calcestruzzo del tipo “opus incertum”, di fattura, però, moltoaccurata; il muro, ribaltato verso l’esterno ed in posizione quasi oriz-zontale, è lungo m. 3,50 circa, spesso oltre un metro; non è possibileaccertarne l’altezza effettiva perché la base affonda nel terrapieno.

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Seguendo il muro sullo stesso lato, ma ad alcuni metri verso est,abbiamo rinvenuto un tratto di muro megalitico dell’altezza massimadi m. 1,50 circa e lungo m. 6 circa, formato da due file sovrapposte digrossi macigni squadrati; ne abbiamo misurato uno: alt. m. 1, lungh. m.1,10, profondità m. 1,10

il muro era quasi del tutto ricoperto di arbusti, terra e letame, lìriversato dalla vicina casa colonica sita nel bel mezzo del terrapieno. Èstato necessario sterrar-lo; e ciò è stato possibilegrazie all’intervento delsig. Antonio Vendittelli,contadino del luogo. Lazona del terrapieno vienedenominata “Pezzelle”.

Lo stesso Vendittelliha poi affermato chemura megalitiche, dellostesso tipo di quelleappena rinvenute, maformate da massi molto più grandi, si trovano alle spalle del monteSambùcaro, in località “Falascosa” e “Marena”, due balze contigueseparate da un avvallamento. La muraglia era possibile osservarla dalpunto in cui ci trovavamo. infatti in direzione sud-est, a qualche centi-naio di metri più giù della cima Marena (è strano come questo termineritorni spesso nelle montagne del basso Lazio), a partire da un piccolodirupo e procedendo verso est, è possibile distinguere nettamente unamuraglia che scende leggermente verso il detto avvallamento per poirisalire lungo la zona Falascosa e scomparire verso la sommità dopoaver aggirato il cocuzzolo (che è un po’ più elevato del Marena). Adetta del Vendittelli quei macigni sarebbero stati portati lassù dallefate; tale credenza abbiamo riscontrato poi in altre due donne delluogo.

Alla sommità delle due balze ci sarebbero due notevoli pianori,mentre un po’ più su del dirupo del Marena, donde ha inizio la mura-glia, ci sarebbero i resti (sempre a detta del Vendittelli) di una bellissi-ma “casa” fatta con pietre enormi e lavorate.

Dopo tali interessanti dichiarazioni ci siamo aggirati nella zona del

44- Muro di sostruzione in località Muraglie.

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terrapieno ed abbiamo rintracciato altri resti di mura in “opus incer-tum”; taluni ribaltati come il precedente, altri costeggianti la via prin-cipale che in quel tratto, tra due brevi file di case, riassume la struttu-ra a ciottolato.

Sullo spiazzo superiore del terrapieno, davanti alla casa anzidetta, sitrova una grossa pietra squadrata, attualmente usata come sedile, ritro-vata per caso quasi nel centro di quella che oggi è l’aia della casa colo-nica.

Da quel luogo si gode di un panorama bellissimo: le faldedell’Aquilone, il monte Sambùcaro, la valle del Volturno, MignanoMontelungo, la parte meridionale della valle del Liri, e, più da presso,S. Vittore; a occidente troneggia minaccioso il corno del colle“Chiaia”.

Sembra che la via Muraglia prosegua, ma in pessimo stato, fino aCervaro aggirando a nord il colle Chiaia.

Sembra inoltre che tra il lato sinistro del Rio S. Vittore, ai piedi delmonte Sambùcaro, e il poggio in cui è abbarbicata la contradaMuraglie, in prossimità della “Sorgentina” (a est della zona ispeziona-ta), si trovi un ponte che gli abitanti definiscono molto antico.

N. b. – La strada per la frazione Muraglie è stata rifatta dall’amministrazionecomunale in tempi recenti con notevole ampliamento della carreggiata: ciò ha com-portato anche l’abbattimento del lungo muro di epoca romana che fungeva da sostru-zione nel lato a monte.

A.2. Sambùcaro – Marena16 marzo 1972

Dopo aver percorso circa due chilometri dalla via Canala in direzio-ne nord-est, costeggiando il Rio S. Vittore, abbiamo seguito un trattu-ro che si inerpica alla sinistra di un valloncello verso la sommitaàMarena. il tratturo è impervio e molto spesso scompare per poi ricom-parire più innanzi; ma notevoli sono le ramificazioni.

La montagna è molto ripida, rocciosa e, per una larga fascia, rico-perta da una bassa boscaglia di carpini.

Dopo una faticosa ascesa, accompagnato da mio fratello Romano,esperto fotografo, sono arrivato a circa m. 100 dalla cresta. Lì mi si è

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finalmente presentata una lunga e poderosa muraglia, che, partendo daun dirupo roccioso che incombe su La Canala, piega verso oriente inun avvallamento che divide il Marena in due costoni e risale volgen-dosi a sud-est fino ad interrompersi nella sella tra il Sambùcaro e lacima Marena: quel punto, mi ha poi detto un pastore, viene denomina-to “La Croce”; ma vale la pena confermarne l’esattezza.

Anche in tale luogo la muraglia si perde fra le rocce di un baratroche si affaccia un po’ più a nord di S. Pietro infine.

il percorso della muraglia si puó calcolare attorno ai tre chilometridi lunghezza.

La muraglia ha l’altezza media di m. 1,50; è interrotta solo in alcu-ni brevissimi tratti, a causa del vento, della pioggia e della neve; in taliinterruzioni i pastori hanno ricavato dei passaggi per i loro sentieri.

La struttura ha tutto l’aspetto di un gigantesco recinto ed è formatada un’infinità di pietre e macigni sovrapposti in maniera molto irrego-lare; la loro facciata esterna, per lo più spianata (ma sempre grezza),misura in media cm. 60 di altezza e 80 di lunghezza, mentre lo spes-sore è proporzionalmente molto più ridotto. Si tratta di pietre postespesso di taglio, ma è molto facile trovare, nella composizione delmuro, massi molto grandi, di forma tozza (quasi parallelepipedi) posti

in senso trasversale, dall’esterno all’interno, destinati, evidentemente,ad ancorare la struttura alla montagna. Taluni massi hanno la facciatasuperiore al metro e 20 cm.

45- Appunti per una rappresentazione grafica della cintura muraria di colleMarena - falascosa.

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il lato esterno della muraglia è assai piatto, cioè privo di sporgenzeed ha tutto l’aspetto di muro poligonale.

non è stato possibile accertarne lo spessore perché l’interno è tuttoun riempimento di pietre e massi che vanno a congiungersi col terrenoche sale rapidamente: lo spessore del riempimento va dai due ai tremetri e talvolta anche di più.

il terreno esterno ai piedi della cinta muraria non presenta residui dipietre cadute dall’alto. Va tenuto presente al riguardo che un fortissi-mo vento spira da oriente ad occidente (cioè dall’esterno all’interno);sulle parti alte del colle il vento è addirittura irresistibile.

Vale la pena riferire che in prossimità del termine sud-est ho trova-to un vento tanto forte che minacciava di strapparmi via gli occhiali senon li avessi trattenuti costantemente con le mani.

Una relativa quiete regnava invece nei rari avvallamenti, in specialmodo nel valloncello n. 1 (vedi fig. 45), dove ho trovato residui di mat-toni e di vasetti (che ho consegnato al prof. Giannetti affinché li custo-disse).

Residui del genere ho trovato anche in prossimità del costone roc-cioso donde ha inizio la muraglia, sul versante della Canala (n. 2 fig.45), e più su in un avvallamento (n. 3 fig. 45). Altrove non ne ho tro-vati.

46- Appunti presi sul luogo della muraglia.

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L’interno della cinta presenta una infinità di rocce affioranti dal ter-reno; tra esse i pastori hanno costruito, disseminati di qua e di là, unaserie di ricoveri in pietra, ora scoperti, per riparare se stessi e le bestiedal vento.

Tutta la zona è impervia e non presenta possibilità di agevole acces-so se non sulla sella della muraglia (n. 4 fig. 45). Di là, infatti, sareb-be possibile far scendere una stradella con un largo giro verso le faldedel Sambùcaro e alle spalle di un colle di fronte al Marena [collina“Stoppacciara”], zona, questa che non abbiamo esplorato (n. 5 fig. 45).

Presso la sella, all’esterno del muro, abbiamo trovato una specie dirozzo lastricato, che potrebbe anche essere naturale; in quel punto ilmuro è per brevi tratti interrotto: talvolta ne restano solo singoli maci-gni poggiati sul terreno. Ma quella è la zona più sollecitata dal vento.

Pochi metri più oltre la muraglia si perde fra le rocce dello stra-piombo su S. Pietro infine.

Al ritorno siamo scesi dal monte di fronte al Marena [Stoppacciara](ad est), lungo il versante che guarda proprio quest’ultimo. neanchequi abbiamo trovato tracce di stradelle; cosa del resto impossibile, datala natura del terreno. Cosa fosse alle spalle del colle dal quale siamoscesi non so.

A.3. “Mura abbandonate”21 maggio 1972

in località “Mura Abbandonate” (nel dialetto locale pare si dica“Abbondanza”) ho ispezionato un campo sito ad ovest della vecchiavia intercomunale che collega S. Vittore del Lazio con S. Pietro infine,ai piedi del monte Sambùcaro (in basso alla protuberanza Croce diMacchia).

il terreno, con una casa colonica, è di proprietà di Luigi Decina diS. Vittore.

Davanti alla casa sono posti due blocchi di pietra, identici, che,sovrapposti, formano un cubo di un metro con all’interno una cavitàsferica del diametro di circa cm. 60 e perfettamente levigata. in unadelle cavità semisferiche figura un foro comunicante con l’esterno delblocco.

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A detta di Giannetti sarebbe un “tesaurus”. i blocchi sarebbero statirinvenuti in loco, sovrapposti come già detto e pare che all’interno vifosse della cenere e, forse, dei cocci.

Sul terreno appartenente alla casa (poco più di un tomolo) si nota un

47- Ritrovamenti in località Mura Abbandonate.

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terrapieno malamente lastricato con pietre irregolari non molto grandi.Tutto all’interno ho raccolto, con il dott. Franco Galasso, una infinitàdi frammenti di ceramiche e laterizi (ne abbiamo riempito due sac-chetti, ma ve ne sono ancora tanti, tanti): per lo più vasi di ogni sortae di ogni fattura; molti sono anneriti all’interno, altri (pochi) sono ver-niciati all’esterno con una patina nera e qualche accenno di disegno;nel fondo di uno di questi vasetti si nota un’incisione a forma di mar-gheritina [la solita “rosetta” di molta ceramica etrusco campana a ver-nice nera; vd. dis. 1 fig. 47 ].

Ho raccolto anche due tronchi di piramide di terracotta a base ret-tangolare e alti circa cm 8; verso la sommità vi è un foro orizzontale[questi manufatti in terracotta oggi vengono identificati come pesi pertelaio]; su uno di questi appare una incisione sul lato largo alta cm. 3,5[qualcosa tra una S ed un 8; vd. dis. 2 fig. 47]; altri frammenti note-voli sono stati catalogati.

A m. 60 a sud della casa colonica esiste un arco in pietra in opusincertum, lungo circa m. 2 e affiorante dal terreno circa m. 1,50; sem-brerebbe una porta. Al di sopra dell’arco è un forno di epoca più recen-te.

il proprietario del terre-no afferma che esistonodelle fondazioni di muriinterrati (dis. 3 fig. 47).

numerosi cocci sareb-bero stati presi da collezio-nisti di Cassino e di Roma(testoline, piedi, vasi, ecc.,tutti in ceramica).

Pare che nel terreno al dilà della via, a nord dell’abitazione, esista una fontana molto antica, manon l’ho visitata.

A sud del terreno ispezionato c’è una cava di argilla abbandonata.Si puó pensare che tutto il complesso in questione fosse un tempio.nei giorni successivi altre escursioni sul luogo predetto. Uno del

luogo (non mi si è voluto dire il nome) mi ha mostrato una punta dilancia, di fattura non comune, in ferro martellato (vd. dis. 4): è statatrovata all’interno del fondo Decina.

48- Ricostruzione grafica di un vasetto a verni-ce nera in località Mura Abbandonate.

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A.4. “I Passeggeri”10 giugno 1972

Dalla intercomunale S. Vittore - S. Pietro infine, subito dopo il con-vento (venendo da S. Vittore), in prossimità di una chiesa abbandona-ta [“Madonna del Soccorso”], si diparte una via che sale versoSambùcaro, in direzione di una cava di stucco. Dopo circa m. 400 dal-l’inizio della via, si trova un casolare semidiroccato con una stalla.Adiacente al casolare, verso est, si notano delle arcate interrate, conpilastri quadrati che terminano a croce. i pilastri, su tre file (ognuna ditre) sono posti alla distanza tra loro di circa tre metri: potrebbe trattar-si di una chiesa molto antica, ma anche di una cisterna di epoca roma-na [sul luogo oggi sorge il ristorante L’oliveto].

Davanti a tali resti è stata rinvenuta una colonnina da balaustra incemento, sezione quadrata, alta circa un metro, ornata con riquadrimolto precisi sui lati.

questo farebbe propendere per un chiesa.

A.5. Via S. Leonardo – Croce di Macchia27 agosto 1972

Via mulattiera che, dalla Radicosa, conduce a S. Pietro infine vec-chia attraverso il passo di Croce di Macchia – Via S. Leonardo.

La via, segnata sulle carte topografiche, proviene da Conca Casale,passa poco distante dalla Radicosa, a quota 550 m., e, senza mai per-dere quota, sale a Croce di Macchia, a m. 702, distante circa m. 150dalla porta principale di Aquilonia; di qui precipita trasversalmente sulversante sud del Sambùcaro e sbocca nella parte alta del vecchio e dis-abitato caseggiato di S. Pietro infine dopo essere passato ai piedi dellaprotuberanza su cui sorgono le rovine di S. Eustachio.

il tratto da me percorso è lungo dai sei ai sette chilometri e procedequasi sempre in linea retta, senza tornanti, fatta eccezione per l’ango-lazione di Croce di Macchia.

A partire dalle poche abitazioni della zona, in prossimità dellaRadicosa, segnate a quota 575 sulla carta topografica militare al

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25.000 del 1942, la via presenta notevoli resti di un ciottolato di mediagrandezza. Al centro della via corre una fila di pietre più grandi, comeuna spina dorsale. il lastricato si conserva ancora a volte sul lato sini-stro della fila centrale, a volte sul lato destro, raramente per l’interacarreggiata, che varia da m. 1,50 a m. 2,50.

Alla sinistra, procedendo verso sud, corre un terrapieno alto inmedia m. 1, da cui si dipartono alcuni sentieri che salgono verso labase del Sambùcaro (che domina sulla sinistra); alcuni di questi sonosegnati sulla carta. il ciottolato è visibile fino a quota 624 (vedi la car-tina allegata). A questo punto si ha l’impressione che la via abbandoniil primitivo tracciato (che dovrebbe procedere diritto, sia pure in sali-ta) per volgere verso destra alla ricerca di un più agevole passaggio,con minore pendenza.

Più oltre, appena valicato il colle prospiciente la Falascosa (il colle“Stoppacciara”), la stradella va quasi a perdersi nella folta macchia chesi estende verso l’alto, sulle pendici del Sambùcaro. in corrispondenzadel declivio della Croce di Macchia scompare del tutto. Riappare poiall’imbocco del versante sud del Sambùcaro, ma è soltanto un’imper-via mulattiera pietrosa che ha subito chissà quanti ritocchi nel suo trac-ciato a causa delle innumerevoli frane che sconvolgono l’intero ver-sante, assolutamente privo di vegetazione; di lì è indescrivibile il pae-saggio che si puó ammirare.

L’intero percorso, dalla Radicosa a S. Pietro infine, si puó dividerein due tratti: il primo quasi pianeggiante fino a Croce di Macchia eabbastanza agevole, il secondo fin troppo ripido.

nel primo tratto si possono notare numerose tracce di un antico pas-sato, a parte il fondo stradale che mostra inequivocabilmente quantodebba essere stato frequentato, nonostante l’assoluta mancanza di abi-tazioni nel raggio di diversi chilometri. nel punto segnato dal numero1 sulla carta è posta, sul lato sinistro della via, una vaschetta in pietralocale lunga cm. 108, larga cm 53, alta da 40 a 30 cm., profonda all’in-terno cm. 22, con le pareti spesse cm 10, con due spigoli vivi su un latolungo e due arrotondati sul lato opposto (come se fosse stata addossa-ta ad una costruzione); nel fondo della vaschetta appare incisa la scrit-ta: 8 S V M ben centrata, con lettere molto grandi. Addossato allavaschetta, ma più in là, è un pozzo con l’interno in muratura (la partesuperiore è stata rifatta) di fattura molto antica. L’interno è a forma di

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botte; al livello dell’acqua (a circa tre metri in basso) è largo circa m.3, all’imboccatura appena un metro; la parte esterna affiorante è tuttoun ammasso di pietrame, protezione precaria alla fonte d’acqua. Apochi metri di distanza da questo pozzo, a destra della via, in un brevepianoro, si notano altri tre pozzi, uno dei quali ha una copertura incemento; di questi ultimi non ho potuto esplorare l’interno a causa del-l’intenso buio che impedisce di vedere.

Al numero 4 della carta si scorgono altri due pozzi identici al primoqui descritto (n. 1).

Tutti i pozzi sono ricchi d’acqua e abitualmente usati dai pastori.Al numero 5, in prossimità del colle prospiciente la Falascosa (colle

“Stoppacciara”), a quota m. 680, ho notato alcune costruzioni in pietraa secco, di fattura molto strana; un paio di queste hanno la vaga formadi nuraghi: una specie di tronchi di coni; l’interno (lastricato) è a bot-tiglia, cioè molto largo alla base, con una stretta apertura alla sommi-tà; c’è una notevole sproporzione tra lo spessore del muro alla base equello in alto. La porta d’ingresso è molto bassa: occorre chinarsi perentrare. Alcune di queste costruzioni sono invece squadrate e addossa-te alla parete rocciosa. Uno dei “nuraghi” si conserva in ottime condi-zioni, un altro è semidiroccato; da quest’ultimo si puó notare che lepietre, non molto grandi e irregolari, sono sovrapposte quasi in cerchiconcentrici; dall’esterno, però, non si nota alcun allineamento. (fig.43)1.

Che servano da riparo per i pastori ed il bestiame è evidente, ma chile ha fatte? A che epoca risalgono? quale tradizione le ha tramandatea noi in quel luogo? non è certo da tutti realizzare tali costruzioni,ardite nel loro genere. in tutto il mio girovagare nel basso Lazio e nelvicino Molise non ne ho mai viste di simili; mentre qualcosa che vi siaccosti in maniera interessante si trova un po’ dappertutto in Puglia,specialmente nella penisola salentina: lì vengono chiamati furniéddi edappartenevano al mondo agro pastorale; ora sono utilizzati soprattuttoper essiccarvi fichi o altri frutti della campagna. L’accostamento nonappare azzardato se ricordiamo che i pastori abruzzesi e molisani datempi immemorabili hanno fatto transumanza in terra di Puglia: dun-que quella tecnica edilizia puó essere stata acquisita in quelle occasio-

1 E. Pistilli, “Un ‘nuraghe’ a S. Vittore del Lazio?”, in “il Gazzettino del Lazio”,20.12.1972, pag. 2.

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ni e riprodotta talvolta anche sui nostri monti, anche se va sottolineatoche quelli di S. Vittore strutturalmente hanno qualcosa di diverso.

nel primo tratto della via ho raccolto alcuni frammenti di ceramica,forse medioevale. nel secondo tratto poco da rilevare.

A metà della discesa verso S. Pietro infine, ai piedi di S. Eustachio,

49- Via S. Leonardo: appunti in escursione.

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si attraversa una muraglia (forse una porta) del tipo poligonale moltosimile a quella di Aquilonia, con massi abbastanza grandi, ma è moltoframmentaria. Discende da S. Eustachio e volge verso ovest. Dall’altodi Aquilonia è anche visibile.

Da questo punto in poi la via deve aver subito numerose modifiche;talvolta è anche difficile riconoscerne il tracciato.

Appena valicato il vallone “Strette”, in zona Castellone, il tracciatoriprende ampio e ben conservato, fino alla sommità del paese abban-donato di S. Pietro infine.

A detta di alcuni anziani pastori l’intera via veniva percorsa, forsefino a prima della 2ª guerra mondiale, molto di frequente; specialmen-te in occasione di fiere a Conca Casale i mercanti, i contadini e i pasto-ri salivano lungo quella via, che era l’unica praticabile per chi prove-

niva dalla valle del fiume Peccia.

N. b. – La via S. Leonardo a nord di Croce di Macchia è stata rifatta e resa carroz-zabile: molte delle cose qui segnalate non sono più visibili.

A.6. “Muraglie”8 ottobre 1972

il contadino Vendittelli, fratello di Giuseppe, abitante a S. Vittore,mi riferisce che quando era piccolo, andando a “Marena”, sul pianorovedeva una costruzione circolare in pietre a secco a forma di torrerestringentesi verso l’alto.

Dalla descrizione mi viene in mente il “nuraghe” ritrovato lungo lavia S. Leonardo. Giuseppe Vendittelli, poi, ritiene che potrebbe esserestato costruito con delle forme interne in legno, forme che, a costru-zione ultimata, venivano tolte; ma precisa che si tratta solo di una suasupposizione.

A.7. S. Pietro Infine1 dicembre 1972

il signor orlando Compagnone mi segnala tombe non ben precisate

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su monte Sambùcaro e pitture in località “Santuiti” (S. Vito) presso “legrotte”. inoltre molti laterizi alle spalle del cimitero di S. Pietro infinein direzione dei “niri” (iannelli), dove dice di aver trovato anche delle“monete di terracotta”!

A.8. Vallone Radicosa30 gennaio 1973

in località Colle Murato, alla Radicosa, ho ispezionato una costru-zione, che lì chiamano “casarino”, a pianta rettangolare, lunga m. 3,60e larga m. 2,20. Le pareti sono alquanto arcuate verso l’interno fino adun’altezza di m. 1,60, al di sopra di queste poggia una copertura a voltala cui freccia misura m. 1,30. La porta d’ingresso è larga un metro ed

50- Il Casalino della Radicosa ed altri ritrovamenti in S. Pietro Infine.

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alta m. 1,80. Lo spessore dei muri è di cm. 46.Sulla parete di sinistra, presso la porta, si apre un canale di scolo cir-

colare lungo m. 1.70; il suo diametro misura cm 10.L’intonaco interno è di colore rossiccio, forse di cocciopesto.

L’ambiente ha tutto l’aspetto di una cisterna. (Fig. 50.)

A.9. “fauciara”S. Pietro infine25 gennaio 1973

Campo antistante il cancello del cimitero, a sinistra della via comu-nale, di proprietà di olindo Rossi (?).

Durante gli scavi delle vigne sono venuti alla luce numerosissimiframmenti di ceramiche e laterizi vari; a circa un metro di profonditàsi rinvengono grosse pietre squadrate solo su una faccia della larghez-za di cm. 42 e lunghezza indefinibile perché interrate: appaiono di tra-verso (est-ovest circa) nei fossi per le viti; una di quelle pietre è stataestratta e misura circa m. 1,30. Un altro blocco di pietra è squadrata sututte le facce e misura cm. 6 0 x 6 0 x 6 0 ; su un lato si notano dei pic-coli incavi rettangolari (n. 1 fig. 50): forse servivano per gli incastricon altre pietre.

in prossimità di un forno seminterrato, alla profondità di un metro,si vede un tratto di muro in opus reticulatum in pietra tufacea; nume-rosi tasselli di reticolato sono sparsi su tutto il campo.

Sul terreno si trovano due basamenti di colonnine in pietra tufacea(n. 2 fig. 50), settori di cerchio in laterizio (n. 3 fig. 50), grossi matto-ni di terracotta.

Su un campo confinante è visibile un frammento di colonna in pie-tra nera (ma forse è cemento).

Un profondo fossato mostra tracce, nell’interno, di muro in pietra ecalce e gradini che scendono verso un arco in pietra interrato.

i frammenti di ceramiche sono resti di vasellame domestico, mataluni sono molto fini. Presenza di frammenti di intonaco con superfi-cie esterna rossastra.

Tutto lascerebbe pensare ai resti di una ricca villa di epoca romanao forse anche di un tempio (?).

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Sul posto c’è stato l’intervento dei carabinieri di S. Pietro infine edella Soprintendenza di napoli, che pare abbia intenzione di effettua-re degli scavi.

Lungo la via del cimitero, sul muro a secco che la separa dal terre-no di Apollonia Morgillo, ho raccolto una pietra spianata solo su unlato (alto cm. 35) con la scritta:

… 03… GELo

Lo studioso Benedettino D.Angelo Pantoni definisce lascritta settecentesca: potrebbeleggersi:

1703S. AnGELo

e riferirsi alla scomparsachiesa di S. Angelo di cui par-lano le cronache cassinesimedioevali.

N, b, - Sul luogo ha effettuatodegli scavi la Soprintendenza dinapoli.

A.10. “Campopiano”9 novembre 1987

Accanto ad una tomba a cappuccina,m. 1 , 8 0 x 0 , 4 0 , orientata nord-sud,profondità cm. 50-60, ritrovata dai gio-vani dell’Archeoclub già manomessa,in posizione parallela a questa e adistanza di circa cm. 20 sul lato ovest, èstata individuata un’altra tomba diuguale fattura ma con doppio letto dimattoni: numerosi frammenti ossei,

51- frammento di epigrafe in S. PietroInfine.

52- Tombe a cappuccina in Campopiano.

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apparentemente di due diversi inumati(essendovi parti di cranio sia da una estre-mità che dall’altra); i mattoni apparivanodi due diverse specie: una rossiccia mamolto friabile, e l’altra giallina, ben cotta eresistente; il tutto era crollato in seguito a

schiacciamento. Al di fuori della seconda tomba, presso

l’estremità sud, si è trovata una moneta dibronzo ben conservata, forse un sesterziodi Gordiano Pio (Gordianus Pius …), forseGordiano iii, 238-244 d. C., e frammentidi un vasetto a ceramica rossa molto fine esottile; sembra che vi fosse anche unalucerna a ceramica grigio-marrone, mapoteva anche trattarsi di altro vasetto.

i rilievi dei ritrovamenti sono stati fattidai giovani dell’Archeoclub.

53- Moneta di gordiano IIIin una tomba a Campopiano.

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APPENDICE b

il patrimonio storico culturaledi San Vittore del Lazio

Con questa sezione desidero evidenziare il contesto storico e cultu-rale dell’area interessata al ritrovamento delle mura di Aquilonia.Si tratta solo di una breve rassegna dal momento che per maggio-ri approfondimenti si puó fare riferimento alle pubblicazioni indi-cate nel testo e in bibliografia.

b.1. La chiesa di San Nicolail sacro edificio sorge al termine di Via Greci, fuori dell’attuale cen-

tro urbano ma fuori anche della cinta muraria dell’antico castello1.Esso è legato alla presenza, nel territorio comunale, di una colonia diGreci stanziatasi lì probabilmente attorno al sec. X, nell’ambito di unacapillare diffusione su tutto il territorio dell’abbazia di Montecassino2.ne sono conferma lo stesso nome S. nicola, come pure quello dellascomparsa chiesa di S. Basilio e il toponimo medioevale “li Greci”giunto fino a noi con “via Greci”.

Sulle origini della chiesa non abbiamo notizie precise; la si trovacitata per la prima volta nel Regestum II Thomae Abbatis (1285-1288)3, poi nuovamente nel Registrum censuum et confinium del 1377,conservato nell’Archivio di Montecassino. Ma la sua costruzione ècertamente di molto anteriore: lo confermano le strutture murarie del-l’edificio e le pitture in esso conservate.

All’iniziale unica navata lunga m. 26,90 e larga m. 5,80 furonoaggiunti due corpi laterali, il campanile sul lato destro verso l’altare edil coro in sostituzione dell’area absidale4.

1 “ex et prope castrum” si precisa in documenti dell’archivio di Montecassino.2 Vd. supra par. 1.1.3 Fol. Vi,v, nel quale risulta come chiesa parrocchiale.4 Per notizie più dettagliate sulla struttura dell’edificio si veda: S. Vittore del Lazio: La

chiesa di S. Nicola, a cura della cooperativa “Lavorare insieme” di Cassino, in“Lazio Sud”, i, n. 3 (maggio 1982); per gli affreschi: A. Pantoni, Le pitture di S.

Nicola a San vittore del Lazio presso Montecassino, estr. dal “Bollettino d’Arte”

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i bombardamenti della seconda guerra mondiale hanno gravementecompromesso l’edificio, tuttavia una serie di provvidenziali interventidi restauro hanno salvato gran parte del patrimonio più prezioso dellachiesa, gli affreschi medioevali, opera di pittori di scuola benedettina.

Le pitture vanno dal secolo Xi, tempo dell’abate Desiderio che resesplendida la basilica di Montecassino, al sec. XiV. non mancano, però,tracce sottostanti di altri affreschi di epoca precedente, dei quali anco-ra non si sono occupati gli studiosi.

Le decorazioni pittoriche più antiche attualmente visibili sono quel-le della navata centrale: sulla parete di destra si riconoscono le figuredi S. Luca e S. Giovanni Battista, del sec. XiV; sul primo arcone dellanavatella laterale campeggia il Cristo giudice (mutilato dalle opere diristrutturazione) affiancato dalla Madonna e da S. Giovanni Battista,nonché da altre figure di santi ed apostoli, del sec. Xiii-XiV; sullaparete del secondo arcone fino al dopoguerra erano visibili pochi restidi un’ultima cena, accostabile alle pitture di S. Angelo in Formis, sec.Xi-Xii, e, di questa stessa epoca gli affreschi successivi raffigurantiuna Madonna con il Bambino e S. Michele: questi, gravemente dan-neggiati dai bombardamenti, furono distaccati e portati a Roma per ilrestauro, ma non sono più tornati.

Sulla parete di sinistra è appena riconoscibile un trecentesco S.Cristoforo, cui seguono le figure di S. Pietro e S. nicola, al quale èdedicata la chiesa: la loro esecuzione puó essere assegnata al sec. Xii.in alto, sulla stessa parete, sono tre figure, tra le quali sono riconosci-bili S. Giovanni Battista, a destra, ed il Salvatore al centro; riferibili alsec. Xii; al di sotto della terza figura si scorge un papa, che potrebbeessere S. Callisto; più a destra è visibile una Madonna che allatta Gesùe accanto una santa, forse S. Margherita di Antiochia, protettrice dellepartorienti, entrambe di fine Trecento.

Le pitture dell’abside sono andate quasi del tutto perdute, salvopochi frammenti che riconducono ad un Cristo centrale affiancato dadue figure, mentre nella parte bassa doveva esserci una serie di perso-

del Ministero della Pubblica istruzione, nn. 2-3, aprile settembre 1968, pagg. 132-135, riportato, con qualche variazione, nel “Bollettino Diocesano diMontecassino”, anni 1973-1975, e, infine, in “San Vittore del Lazio” dello stessoautore del 2002, op. cit., ormai fonte primaria per la conoscenza della storia di S.Vittore del Lazio; E. Pistilli, Chiesa di S. Nicola, San Vittore del Lazio, in “PresenzaXna, Diocesi di Montecassino”, a. iX, n. 2 (febbraio 1999).

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naggi rappresentanti il collegio apostolico, riferibili all’inizio del sec.Xii. nel corpo aggiunto del lato destro della chiesa si conserva la partepiù cospicua del patrimonio pittorico di S. nicola.

La rappresentazione delle “sette opere di misericordia” – “dar damangiare agli affamati”, “dar da bere agli assetati”, “visita agli infer-mi”, “vestire gli ignudi”, “ospitare i pellegrini”, “visitare i carcerati”,“seppellire i morti” – è opera sicuramente del sec. XiV e fu commis-sionata da nicola da Guererio, rettore della chiesa di S. nicola5.

Della stessa mano è il contiguo ciclo del martirio di S. Margheritadi Antiochia; seguiamo la descrizione che ne fa lo studioso benedettinoAngelo Pantoni: « nella prima scena, partendo da sinistra, è l’incontrodella santa col governatore pagano; nella successiva la santa testimo-nia, innanzi al medesimo governatore, la sua fede cristiana; seguonoaltre due scene, quasi del tutto svanite. nel registro inferiore la santa,in prigione, alza un martello per colpire, probabilmente, il demonio,raffigurato nel riquadro successivo all’inferriata della prigione; seguela scena dell’immersione della santa in una caldaia bollente, e, infine,la decapitazione e la glorificazione dell’anima trasportata da angeli. [... ] Manca nel nostro ciclo la flagellazione della santa, ma era certopresente in una delle due scene ora illeggibili »6.

Lo stile degli affreschi della navatella di destra ha molti carattericomuni con l’esperienza giottesca, il che ha dato spunto a diversi stu-diosi di avanzare le più disparate ipotesi, tra cui la possibilità che inTerra S. Benedicti sia passato un allievo di Giotto, ma anche, al con-trario, che dalla scuola benedettina lo stesso Giotto abbia tratto ispira-zione.

Va ancora aggiunto che interessanti affinità si possono riscontrarecon alcuni affreschi della chiesa di S. niccolò di Treviso (sec. Xiii),specialmente per il gusto decorativo riferito al panneggio sottostantealla raffigurazione della Madonna con Bambino attorniata da santi,sotto l’organo della navata di destra, e a quella contigua della Verginein trono con S. Domenico (?); entrambe sono assegnate a frescanti ope-ranti tra il XiV ed il XV secolo7.5 nella scritta dedicatoria ancora si legge: (Hoc opus) fecit fieri per nicola(us) da(?)

guererio rector eccle. sci/ (Nicol)ai post mortê suã p. manu ...6 A. Pantoni, Le pitture di S. Nicola ..., cit., pag. 134.7 Per maggior precisione posso aggiungere che gli affreschi in questione furono ritro-

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Al di là di tali questioni resta l’enorme importanza delle pitture di S.nicola nel panorama artistico dei secoli Xi-XiV, del quale non si cono-sce ancora abbastanza.

Dalla stessa chiesa è stato recuperata una sola statua lignea, quelladi S. nicola, del sec. Xiii, alta circa m. 1,50; dopo il restauro fu affi-data al museo di Montecassino dove attualmente è custodita.

La chiesa, ora monumento nazionale tutelato dalla Soprintendenzaai Beni culturali, a restauro ultimato, ha assunto l’aspetto austero delleorigini, avendo perduto il corpo aggiunto di sinistra e l’atrio di fine sei-cento, quando le pitture erano coperte da una mano di bianco8.

vati dal professor Mario Bottar, restauratore di molte opere d’arte di Treviso, nel1923 sotto uno strato di calce; la Madonna con Bambino è affiancata da S.Giuliano, S. Giovanni Battista, S. Pietro ed altri tre santi ed è assegnata agli inizidel ‘400 con residui di bizantinismo, mentre la Madonna in trono, affiancata da S.Domenico, o forse S. Tommaso D’Aquino, che le porge il plastico della chiesa, èdella prima metà del ‘300; enttrambi gli affreschi sono di autore ignoto.

8 Inventaria ecclesiarum, del 29 luglio 1696, in Archivio di Montecassino, t. iii, S.

Vittore.

54- L'austera facciata dellachiesa di S. Nicola.

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55- Il campanile di S. Nicola.

56- La campana di S. Nicola sembrachiamare quella di S. Maria dellaRosa.

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57- Interno della chiesa di S. Nicola dopo il restauro.

58- S. Nicola: navata centrale e navatella laterale.

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59- S. Nicola: il corpo aggiuntodella navatella laterale.

60- Presso l'ingresso a destra:S. giovanni battista (a sinistra)

e S. Luca.

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61- S. Nicola: al di sopra della prima arcata: serie di sei personaggi che guarda-no verso sinistra: probabilmente sei apostoli.

62- S. Nicola: al di sopra della seconda arcata: deposizione dalla croce.

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63- S. Nicola: navatella didestra; veduta d'insieme deidue cicli delle opere di mise-

ricordia e di S. Margheritadi Antiochia.

64- S. Nicola: navatella didestra; le sette opere di mise-ricordia: in alto "dar da man-giare agli affamati" e "dar dabere agli assetati"; in basso:"vestire gli ignudi" e "ospita-re i pellegrini".

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65- S. Nicola: navatella didestra; in alto: Cristo benedi-

cente tra due angeli e "visitaregli infermi"; in basso: "visitare icarcerati" e "seppellire i morti".

66- S. Nicola: navatella di destra;il ciclo di S. Margherita diAntiochia; in alto: S. Margheritaincontra il governatore pagano;la santa testimonia la sua fedecristiana dinanzi all'imperatore;in basso: S. Margherita in prigio-ne alza il martello (a sinistra) percolpire il demonio (a destra).

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67- S. Nicola: navatella didestra; in alto: un episodiodella vita della santa e la suaflagellazione; in basso: S.Margherita immersa in unacaldaia bollente e la sua deca-pitazione e glorificazione.

68- S. Nicola: altri riquadrinella navatella di destra,

verso l'ingresso.

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69- S. Nicola: particolare del-l'affresco (foto 68).

70- S. Nicola: l'Annunciazione,nell'affresco di foto 68.

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71- S. Nicola: S. giovanni Evangelista,nell'affresco di foto 68.

72- S. Nicola: navatella di destra,verso l'ingresso: figure di santi.

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73- S. Nicola: l'abside con traccesuperstiti di affreschi.

74- S. Nicola: lato destro dell'ab-side; frammento della raffigura-

zione del collegio sacerdotale.

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75- S. Nicola: lato destro dell'ab-side; in basso: panneggio con

figure simboliche.

76- S. Nicola: lato sinistro del-l'abside; frammento del collegioapostolico.

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77- S. Nicola: lato sinistro del-l'abside; in basso: panneggio con

figure simboliche.

78- S. Nicola: parete sinistra; S.Cristoforo.

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79- S. Nicola: parete sinistra; S.Pietro (a sinistra) e forse S.

Nicola; sec. XII.

80- S. Nicola: parete sinistra;figura sacerdotale non identifi-cabile.

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81- S. Nicola: parete sinistra; il Cristo con S. giovanni battista (a destra).

82- S. Nicola: parete sinistra; figura di santa.

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83- S. Nicola: parete sinistra; presso l'ingresso: uno stemma, probabilmente quel-lo di Capodiferro, e tre angeli.

84- S. Nicola: parete d'ingresso; tracce non leggibili di affreschi nella partebassa.

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b.2. Chiesa di Santa Maria della Rosa

È la chiesa matrice del paese, presente già nel sec. Xiii-XiV, quan-do era sotto il titolo di Archipresbiteralis Ecclesia Sanctae Mariae9, inseguito detta anche S. Maria Maggiore. Acquisì il titolo attuale di S.Maria della Rosa nel 1561, quando l’altare laterale di S. Maria dellaRosa fu incorporato in quello maggiore.

L’edificio è a tre brevi navate e presenta la particolarità del campa-nile posto al centro della facciata d’ingresso.

Prima degli eventi bellici del 1943-44 nella chiesa esistevano opereed arredi cinque-seicenteschi, come gli otto altari ed il pregevole coroligneo, in gran parte distrutti o trafugati. Per fortuna si sono salvati dueconfessionali del ‘700 e soprattuto il pulpito cosmatesco del ‘200 ed ilmonumento funebre del vescovo Guglielmo Capodiferro del ‘300.

Di particolare interesse, oggi, i due portoni di bronzo: quello cen-trale intitolato “Mistica rosa”, inaugurato il 7 maggio 1994, e quellolaterale dedicato a S. Vittore Martire, inaugurato il 10 maggio 1998,entrambi opera dello scultore Alberto Di Campli.

85- Chiesa di S. Maria della Rosa; lato nord.

9 Registrum confinium et Censuum (1278-1410), manoscritto in Archivio diMontecassino.

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86- Il campanile di S. Maria della Rosa e la torre dell'orologio.

87- S. Maria della Rosa; in primo piano l'antico campanile a vela.

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88- Il campanile della chiesa maggiore svetta su tutto il centro abitato.

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89- S. Maria della Rosa; portacentrale di bronzo intitolato

"Mistica Rosa", opera dello scul-tore Alberto di Campli.

90- S. Maria della Rosa; porta laterale dibronzo intitolata a S. Vittore Martire,opera di Alberto di Campli.

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91- S. Maria della Rosa; interno.

b.3. Il pulpito cosmatesco

Posto nella parte centrale della chiesa, verso sinistra – fino a tempirelativamente recenti era sul lato destro in posizione opposta all’attua-le –, costituisce una delle maggiori attrattive del paese per i cultori diarte antica. La composizione nel suo insieme, leggera e sobria, richia-ma modelli non presenti nel territorio.

il pulpito, adorno di interessanti sculture e mosaici, poggia su quat-tro esili colonne, probabilmente provenienti da un riutilizzo, poggian-ti a loro volta sul dorso di quattro leoni che guardano verso l’interno.

Particolarmente importante è la raffigurazione dell’eone lettorinoche sostiene il leggìo del pulpito: in esso si interpreta il nudo del corpoumano in maniera totalmente svincolata dai modelli, ancora predomi-nanti in quell’epoca, del nudo classico romano.

Di pregevole fattura anche i mosaici che “con i pavoni affrontati, ailati di uno degli archi trilobi di sostegno, mostrano una leggerezza difantasia che non si vede nella più ricca Ravello10”.

10 A. Pantoni, San Vittore, op. cit., pag. 91, anche in “Bollettino Diocesano diMontecassino”, n. s. anno XXX (1975), n. 1, pagg. 82-83; lo studioso benedettino

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92- S. Maria della Rosa; il pulpito cosmatesco.

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La datazione dell’opera si puó far risalire al ‘200, sia per le scultu-re che per la tipologia dei capitelli.

b.4. Il monumento funebre di guglielmo Capodiferro(guglielmo di S. Vittore)

nell’ingresso della chiesa di S. Maria della Rosa, sul lato destro,incassato nella parete, è visibile un monumento marmoreo rappresen-tante un personaggio disteso in posizione di morte, rivestito dei sacriparamenti vescovili.

Sulla breve parete di testa è infisso lo stemma di famiglia: il capo diun guerriero protetto da un’armatura di ferro. Una piccola lapide dimarmo (cm. 23x42) reca la motivazione del monumento:

GUiLLELMo iii CAPoFERREo

qUi EX TURonEnSiS ECCLESiAE

in GALLiA THESAURARio

EPiSCoPUS THEATinUS A BEnEDiCTo

Xii Anno MCCCXL. CREATUS, ET

Anno MCCCLii. MoRTUUS EST

SAnCTi ViCToREnSES ConCiVi SUo

PoSUERE

Anno MDCCXXXVi

Come si vede, l’iscrizione del 1736 si riferisce ad un Guglielmo iiiCapodiferro, vescovo di Chieti a partire dal 1340. La lapide è di granlunga posteriore al monumento, che, per caratteristiche tipologiche eper fattura, è senza dubbio del tardo Trecento11; mentre il testo dell’e-pigrafe è tratto quasi integralmente dalle brevi note storichedell’Ughelli in Italia Sacra del 172012.

La famiglia Capodiferro, o Capoferro, è attestata a S. Vittore fin

si rifà al giudizio espresso da G. nicco-Fasola, Due pulpiti campani del XII e del

XIII secolo, in “L’Arte”, XLi (1938), pag. 10.11 A. Pantoni, S. Vittore, Viii, in “Boll. Dioc.”, cit., pag. 83.12 F. Ughelli, Italia Sacra, a cura di n. Ughelli, Venezia, Coleti, Vol. Vi, 1720, coll.

741-742.

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dalla metà del 1200. Troviamo infatti un Riccardo Capoferro(Capuferrus) come testimone in un contratto stipulato a S. Vittore il 4febbraio 125313.

nel 1273 figura testimone in uno strumento Petrus Capiferrus14.

Ancora gli eredi di Riccardo Capoferro risultano proprietari terrierinel 127415.

nel sec. Xiii il cognome Capodiferro o Capoferro era abbastanzadiffuso nel meridione d’italia, in particolare a Benevento, dove attor-no al 1252 un Capoferro viene eletto arcivescovo. nei secoli XV-XVitroviamo a Roma un ramo molto potente dei Capodiferro.

Ma veniamo al nostro Guglielmo Capodiferro, più noto comeGuglielmo di S. Vittore.

non se ne conosce la data di nascita, probabilmente nell’ultimo ven-tennio del sec. Xiii, né si hanno notizie sulla sua formazione giovani-

13 Regesto di Tommaso Decano, in “Tabularium Casinense” di Montecassino, 1915,n. LVi, pag. 113.

14 ibid. n. 313, pag. 135 e n. 388, pag. 160.15 Regesti Bernardi I Casinesis fragmenta, a cura di A. M. Caplet, Roma, Tip.

Vaticana, 1890, n. 431, pag. 184.

93- S. Maria della Rosa; il monumento funebre al vescovo guglielmoCapodiferro.

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le. Lo si incontra per la prima volta nel 1310 con la carica di “scritto-re” alla corte papale di Avignone16.

nel giugno di quello stesso anno risultava come canonico della chie-sa di Chieti e denunciò a papa Clemente V l’irregolarità dell’elezionea vescovo di Chieti di Goffredo di Galluzio.

L’anno successivo era canonico nella chiesa di Agrigento.La brillante carriera ecclesiastica di Guglielmo continuò anche

durante il papato di Giovanni XXii.nel 1316 era arcidiacono della chiesa di Aquino e conservò i bene-

fici acquisiti nelle diocesi di Chieti e di Agrigento, nonché nelle dio-cesi di Palermo e di Terra di Lavoro.

nel 1317 ricevette l’abbaziato del monastero di S. Pietro di Laureto,però dovette rinunciare al titolo di arcidiacono della chiesa di Aquino;ma, a riprova dell’influenza della sua famiglia, un suo parente, nicolaCapodiferro di S. Vittore, prese il suo posto nella chiesa aquinate, men-tre il fratello Raimondo risiedeva ad Avignone, presso la corte papaleed era abate a napoli nel monastero di S. Sebastiano, che amministra-va per mezzo di procuratori. quest’ultimo fatto non piacque al vesco-vo di napoli Umberto, che impose dei gravami al monastero di S.Sebastiano. Raimondo interpose i buoni uffici del fratello Guglielmoed ottenne nel 1319 da Giovanni XXii di essere liberato dai gravami.

nel 1318 Guglielmo chiese la prepositura di S. Pietro della Forestain cambio dell’abbazia di S. Pietro di Laureto.

nel 1321 era stato nominato vescovo di Atri e Penne, ma vi rinun-ciò in favore del fratello Raimondo; in quello stesso periodo risultavaancora come “scrittore” del Papa.

Ancora nel 1321, insieme al vescovo di Catania e all’abate della SS.Trinità di Mileto, venne incaricato di favorire la pace fra Roberto re dinapoli e la Chiesa di Cosenza, che si contendevano il possesso delcastello di S. Liceto Calabro. intanto il 2 maggio dell’anno successivopapa Giovanni XXii, per le esigenze del popolo della Terra S. Bendictie in omaggio a S. Benedetto, stabilì che l’abbazia cassinese fosse, perl’innanzi, sede di episcopato, soggetto alla Chiesa Romana.

16 Le notizie che da questo punto si riportano sono tratte per lo più da Giulia Baronein Dizionario Biografico degli Italiani, ist. Enc. ital. n. 18, pag. 629 sgg. s. v.Capodiferro Guglielmo; vd. anche E. Pistilli, Guglielmo Capodiferro, in “LazioSud”, anno Vi (1987), n. 4.

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Ma i vescovi venivano nominati ad Avignone e spesso non si reca-vano neppure sul luogo, preferendo governare per mezzo di vicari17.

Fu così che nel 1323 oddone, patriarca di Alessandria e ammini-stratore della diocesi cassinese, esentò i benefici di GuglielmoCapodiferro dalla propria giurisdizione. Un altro beneficio ottenne nel1324 a Wambeke nella diocesi di Cambrai (60 lire tornesi all’anno).

Verso la fine di quello stesso anno venne nuovamente nominatovescovo di Atri, senza tuttavia occupare la cattedra vescovile. il 10marzo 1326 fu nominato cappellano del Papa e il 13 di quello stessomese rinunciò all’episcopato.

Grazie alla particolare benevolenza di Giovanni XXii ottennenumerosi altri benefici, a cui però dovette rinunciare nell’ottobre del1329 in cambio delle cospicue rendite derivanti dalla nuova nomina atesoriere della chiesa di S. Martino di Tours; gli restavano soltanto ibenefici siciliani, i cui proventi però non incassava da anni.

Con la morte di Giovanni XXii (1334) non cessò la benevolenza delpapato: anche il successore Benedetto Xii (o Xi) intervenne in suofavore presso il vescovo di Cassino “affinché questi costringesse talBartolomeo Plumbate a render conto dei benefici – soprattutto sicilia-ni – del C., i cui proventi non erano entrati in possesso del titolare permolti anni, procurandogli un danno di circa 12.000 fiorini”18.

nel 1340, dopo una presenza trentennale presso la Curia papale,dove aveva esercitato una notevole influenza – “Papae notarius” lodefinisce Ughelli19 – accettò la nomina a vescovo di Chieti (17marzo); fu consacrato da Bertrando, vescovo di ostia e Velletri, il 23luglio, ottenuto il permesso di lasciare la Curia, intraprese effettiva-mente la nuova attività pastorale, anche se continuò ad esercitare unacerta influenza nell’amministrazione pontificia.

interpose i suoi uffici anche nell’inchiesta sull’elezione del vescovodi Aversa Giovanni Mathoni, nella quale ci sarebbe stata l’interferenzadel re di napoli Roberto d’Angiò. Di quest’ultimo pare che il nostroGuglielmo sia stato amico e consigliere20.

17 T. Leccisotti, Montecassino, X ediz., Montecassino, 1983, pag. 73.18 G. Barone, loc. cit., pag. 630 b.19 F. Ughelli, loc. cit., col. 741 sgg.20 ibid.

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non dimenticò “i membri della sua famiglia se nominò quale suovicario generale un nipote, Pietro Capodiferro di S. Vittore, canonicodella chiesa teatina”21.

Guglielmo non ebbe vita facile nella diocesi di Chieti: fu aspramen-te avversato da un suo feudatario, Francesco Della Torre, che avevausurpato i beni della Chiesa e ucciso numerosi laici e chierici. nel1349, anno in cui fu devastata da un violento terremoto la Terra S.Benedicti e rasa al suolo l’abbazia di Montecassino, lanciò la scomu-nica contro il Della Torre, ma fu costretto a riparare in esilio. nel 1350estese la scomunica ai partigiani del suo nemico perché avevano usatoviolenza contro i suoi fedeli. La sua brillante carriera veniva amareg-giata proprio in prossimità della morte che lo colse tra il 1352 e 1353.

L’ultima notizia della presenza della famiglia Capodiferro in S.Vittore è riferita all’anno 1454 con un certo Antonello de nofro capo

ferro, menzionato per il pagamento del censo per la franchigia dagliobblighi feudali22, dopo di che non ve n’è più traccia.

Una persistente tradizione orale, infine, riferisce che la statua gia-cente del vescovo Guglielmo Capodiferro sia stata traslata nell’attualechiesa, non si sa quando, da una precedente sistemazione in un palaz-zo gentilizio lungo via Castello. in questa via effettivamente sorge unlungo arco chiamato arco Capodiferro: sulle sue pareti si distinguonoappena delle pitture con stemmi gentilizi.

Sembra confermare in un certo modo la tradizione, quanto si leggenel volumetto Ricordi del XVI centenario del glorioso martire S.

Vittore Mauritano, del 1903: « Esistono tuttora, quasi nel centro delcastello i ruderi del palazzo di questa nobile famiglia [i Capodiferro],parte ridotti a nuove abitazioni, parte rimasti testimonio di vetustà »23.

Potrebbe avere attinenza, con detto palazzo, quello della sede retto-rale descritto in un inventario del 1534: “in primis un Palazzo dentrodicto Castello di membri 12, con un cortiglio, et uno orto circuito tuttodi muro intorno, dove si dice La ritta, fine le mura pubbliche, laEcclesia di S. Maria, dentro lo quale palazzo c’è una cappella”.

Si tratta comunque di notizie troppo vaghe per avere un serio fon-damento di attendibilità. 21 ibid.22 Registrum II ludovici Abbatis commendatarii, f. 159r.23 A cura del Comitato dei festeggiamenti, Caserta, Tip. S. Marino, 1903, pag. 10.

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b.5. Il castellonella storiografia cassinese si parla per la prima volta di un castello

di S. Vittore nel 1045, quando i normanni, scacciati un po’ dovunquedal territorio abbaziale, fecero resistenza solo nel castello di S. Vittoree quello di S. Andrea24. nella stessa fonte S. Vittore, liberato dopopochi giorni, viene poi ricordato come oppidum25. Di nuovo comecastello figura nel privilegio di papa Vittore ii all’abate Federico, dovesi precisa che alcuni castelli o “castra” all’origine furono monasteri26.Come castrum lo ritroviamo nel 1123, quando i suoi abitanti con giu-ramento si allearono con i ribelli di S. Angelo in Theodice contro l’a-bate oderisio27.

il castello di S. Vittore ebbe notevole importanza per la sicurezzadella Terra di S. Benedetto grazie alla sua posizione prossima ai confi-ni, e ciò è dimostrato anche dalle sue numerose vicissitudini a causa difatti bellici.

Tra questi basti ricordare la devastazione subita nello scontro traRuggero ii e papa innocenzo ii nel 113928; oppure l’espugnazione adopera delle soldataglie di Markualdo nel 119929; o quella di Luigi ii

24 Chron. Cas., ii, cap. 71: « ... universam protinus Terram in circuitu peragrantes, acsubita formidine captos homines aggredientes, praeter castellum sancti Victoris, etpraedictum arcem sancti Andreae, universa fere eo die, Deo auxiliante, recipiunt ».

25 ibid.: « ... et praedicto sancti Victoris oppido post paucos dies recepto ».26 E. Gattola, Accessiones, i, pag. 157.27 Chron. Cas., iV, cap. 79: « interea homines de sancto Angelo Todici, qui omnium

tribolationum, et persecutionum in hoc loco venientium semper caput, et auctoresfuerunt, sociatis sibi his, qui castrum sancti Victoris incolebant, contra eundemabbatem conspirant, et jurisjurandi nexibus se mutuo alligant, ut nequaquam huicCasinensi Coenobio, Abbatique fidelitatem faciant, nisi ad suum velle relaxionesillis, et placita tribuat ».

28 L. Tosti, Storia della Badia di Montecassino, Pasqualucci, Roma, 1889, ii, pag.107: « in mezzo alle ostilità dei regii e dei pontificii patirono assai le terre cassi-nesi. Sant’Angelo in Theodice, Cucuruzzo, Mortula, San Vittore e San Pietro-in-fine andarono miseramente guaste dal fuoco ». Si veda anche qui il par. 1.1.

29 Riccardo da S. Germano, Chronica, a cura di A. Garufi, Bologna, 1938, “Rerumitalicarum Scriptores”, Vii, pag. 20: « Hic per Venafrum veniens maledicus cummaledictis terram sancti ingressus est Benedicti; et primum castrum sancti Petri infine, desertum ab incolis causa metus nullo obstans occupans, igne cremavit;castrum sancti Victoris vi capiens, bonis propriis spoliavit et movens exinde castrasua Cervarium et Toroclum, duo scilicet castra ab habitatoribus derelicta, combus-

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D’Angiò che nel 1382 col suo esercito prese con la forza S. Vittoreprendendo in preda beni e persone30; e, non ultima, la conquista diBraccio da Montone, signore di Capua, nel 142131.

Per i tempi successivi Pantoni ricorda: « Di altre devastazioni nellazona reca traccia il Registrum dell’abate Enrico Tomacelli, tra il 1400e il 1401, e, del resto,una vera tranquillità nonsarà conseguita, se nonun secolo dopo, conl’affermarsi definitivodel dominio spagnolo sututto il regno »32.

Ma l’ultimo capitolodelle traversie del ca -stello di S. Vittore, contutto il centro abitato, èquello dei bombarda-menti del 1943/44.

Secondo il De Mi -randa le mura del castel-lo avevano ben 23torri33; forse si tratta diun’esagerazione, ma al -cune di esse sono ancoraben visibili.

sit ». Vd. anche A. Pantoni, S. Vittore, i, in Boll. Dioc., cit., 1973, n. 3, pag. 233.30 A De Tummolillis, Notabilia temporum, a cura di C. Corvisieri, in “Fonti per la

Storia d’italia”, istit. Storico ital., Roma, 1890, Vii, “Scrittori sec. XV”, pag. 9: «...accessit ad sanctum Victorem quod vi cepit et exposuit in praedam bona omnia

ac homines et mulieres eiusdem, et deinde cepit castrum sancti Petri in fine ».31A. De Tummolillis, op. cit., iii, pag. 106: « ... et optinuit castrum sancti Victoris, et

Castrumnovum et Pedemontem ».32 A. Pantoni, loc. cit.33 S. De Miranda, S. Vittore Mauritano Martire e le memorie ambrosiane della

Campania, napoli, 1932, pagg. 4-6.

95- La torre quadrata dell'antico castello dominavia S. Croce.

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96- La torre cilindrica incorpo-rata dalle abitazioni di privati,visibile da piazza Municipio.

97- L'arco gotico di piazzaMunicipio, antico ingresso al

castello.

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b.6. Il paese oggi attraverso le immagini

99- Il centro storico con i campanili di S. Nicola (in basso), S. Maria della Rosa ela torre dell'orologio.

100- Il paese è immerso nel verde perenne di fertili oliveti.

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101- Cartina di riferimento delle foto del centro storico di S. Vittore; evidenziatoil circuito delle mura del castello.

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102- La monumentale fonta-na di piazza Municipio: n. 1della cartina di riferimento

delle foto.

103- L'arco di via Castello conveduta sulla chiesa di S. Mariadella Rosa: n. 2 della cartina.

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104- Ingresso al palazzo delCastello: n. 3.

105- L'arco Capodiferro: n. 4.

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106- Traversa di via Castello:n. 5.

107- Traversa di via Castello:n. 6.

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108- Traversa di via Castello:n. 7.

109- Via Castello; portale delpalazzo giangrande: n. 8.

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110- Via Castello: n. 9.

111- Via Castello: n. 10.

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112- Scalinata su via Castello:n. 11.

113- Traversa di via Castello: n. 12.

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114- Via Castello: n. 13.

115- Veduta parziale di piazzaMunicipio dall'arco gotico:

n. 14.

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116- gli antichi vicoli che sidipartono da piazza

Municipio: a sinistra traver-sa di via Roma, a destra via

greci: n. 15.

117- Via greci: n. 16.

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118- Traversa di via Roma:n. 17.

119- Traversa di via Roma:n. 18.

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120- Via Roma: n. 19.

121- Traversa di via Roma: n. 20.

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122- Via Roma: n. 21.

123- Traversa di via Roma:n. 22.

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124- Traversa di via Roma: n. 23.

125- Il convento delle Suoredella Purità posto all'esterno

del paese.

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126- La chiesa campestre di S.Sebastiano, detta ancheMadonna del Soccorso.

127- Chiesa di S. Sebastiano:affresco raffigurante il santo

martire.

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128- Affresco della chiesa diS. Croce, andato perdutocon la demolizione della stes-sa chiesa.

129- S. Vittore del Lazio inuna cartolina del 1926,

quando era ancora in pro-vincia di Caserta.

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INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

1. S. Vittore del Lazio: m. 207 s. l. m . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72. S. Vittore del Lazio: veduta dalle pendici del monte Sambùcaro.. . . . . . 113. Cassino: le mura dell'antica Casinum guardano quelle

di S. Vittore del Lazio sulle prime pendici del monte Sambùcaro. . . . 174. Atina: le mura poligonali di Valle Giordana. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175. Vicalvi: le mura poligonali che contornavano la cima del colle . . . . . . . 186. S. Elia Fiumerapido: scorcio del circuito poligonale di monte

Cierro o Costalunga, a ridosso della contrada olivella.. . . . . . . . . . . . . 187. Carta del Sannio secondo Salmon.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 418. La manovra dei consoli romani contro i Sanniti.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 429. Vicalvi: particolare delle mura di Cominium. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4510. il monte Sambùcaro visto dalla Rocca Janula di Cassino. . . . . . . . . . . 5611. il circuito poligonale di monte Sambùcaro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5712. Croce di Macchia: la spianata che dà accesso all'interno della

fortificazione; in primo piano un riparo in pietra, innalzato, forse, dai pastori su una trincea della seconda guerra mondiale.. . . . . . 60

13. Falascosa: tratto di muro poligonale sul versante nord. . . . . . . . . . . . . 6014. Versante Falascosa.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6115. Versante Falascosa.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6116. La fuga ininterrotta delle mura che si inerpicano verso

Croce di Macchia sul versante Falascosa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6217. Parte bassa del versante Falascosa: la vegetazione inizia

a non rendere più visibili le mura. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6318. Al termine del versante Falascosa: da questo punto si puó

intravedere la spianata di Campopiano e parte dell'abitato di Cervaro; a destra si scorgono alcuni dei numerosissimi massi rotolati in basso. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

19. Colle Marena: lato settentrionale del Chiaiale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6420. Un tratto emergente dalla folta vegetazione del Chiaiale. . . . . . . . . . . . 6421. ogni tanto l'imponenza delle mura ha la meglio sui carpini

e querciole infestanti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6522. Scorcio delle mura in fuga verso valle: lato nord. . . . . . . . . . . . . . . . . . 6523. Prosegue la discesa verso il basso; lato nord. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6624. Dettaglio della zona Marena, lato nord; notare la

sovrapposizione non molto ordinata dei grandi massi. . . . . . . . . . . . . . 6625. Uno dei varchi (forse una porta) con tracce di fortificazione

sul Chiaiale; lato nord. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

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26. Versante di S. Vittore: la sella tra il colle Falascosa ed il colle Marena; dal paese si distingue un tratto delle mura dove si apre la porta detta di S. Vittore. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

27. Colle Marena: versante sud; tratto di muro che riprende dopo un costone roccioso. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68

28. Roccia a strapiombo inserita nel circuito murario dominante il paese di S. Vittore.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68

29. Lato S. Vittore: la muraglia ricuce i vuoti tra le fortificazioni naturali dei costoni rocciosi.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69

30. Lo sperone di colle Marena domina l'intera valle del Rapido-Peccia; a sinistra l'abitato di S. Vittore; in alto a destra è appena visibile l'abbazia di Montecassino, antica acropoli fortificata di Casinum; al centro della foto si possono distinguere alcuni tratti delle mura e la sottostante scarpata nella quale le rocce sono state spianate artificialmente. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69

31. Colle Marena: veduta sulla piana del Rapido con Montecassino e Cassino, da dove le mura sono visibili ad occhio nudo. . . . . . . . . . . . 70

32. Versante sud: a sinistra si apre la porta di S. Vittore; su questo versante le mura sono molto danneggiate. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70

33. Versante sud: particolare delle mura. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7134. Colle Marena: tratto delle mura verso Cervaro e Cassino. . . . . . . . . . . 7135. Colle Marena: veduta sulla spianata di Campopiano,

sulla frazione Muraglie e su Cervaro; a sinistra Cassino, al centroMonte Cairo e a destra la gola di Capo di China che conduce nella Valle di Comino. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72

36. i luoghi della battaglia: a destra il pianoro di Campopiano; a sinistra il colle La Chiaia, che, visto da qui, appare come un tumulo, e che domina la spianata di S. Giusta/Montenero; al centro della foto, in alto, il colle del Pero. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78

37. L'abitato di S. Vittore dominato dal monte Sambùcaro con le due protuberanze Falascosa e Marena, protette dalle mura poligonali; in basso si apre la profonda fenditura del rio di S. Vittore. . 80

38. La zona della presunta battaglia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8139. Collegamenti tra Vicalvi (Cominio) e S. Vittore del Lazio (Aquilonia).8240. Le mura di S. Eustacchio sul versante meridionale del Sambùcaro.. . . 9241. Particolare delle mura di S. Eustacchio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9342. Lo sperone di S. Eustacchio con uno dei muri in opera

poligonale che scendono a valle. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9443. Costruzione nuragica lungo la via S. Leonardo, tra Croce

di Macchia e Radicosa.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9544. Muro di sostruzione in località Muraglie. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

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45. Appunti per una rappresentazione grafica della cintura muraria di colle Marena - Falascosa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

46. Appunti presi sul luogo della muraglia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10247. Ritrovamenti in località Mura Abbandonate.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10448. Ricostruzione grafica di un vasetto a vernice nera

in località Mura Abbandonate. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10549. Via S. Leonardo: appunti in escursione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10950. il Casalino della Radicosa ed altri ritrovamenti in S. Pietro infine. . . 11151. Frammento di epigrafe in S. Pietro infine. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11352. Tombe a cappuccina in Campopiano. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11353. Moneta di Gordiano iii in una tomba a Campopiano.. . . . . . . . . . . . . 11454. L'austera facciata della chiesa di S. nicola. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11855. il campanile di S. nicola. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11956. La campana di S. nicola sembra chiamare quella di S. Maria

della Rosa.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11957. interno della chiesa di S. nicola dopo il restauro.. . . . . . . . . . . . . . . . 12058. S. nicola: navata centrale e navatella laterale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12059. S. nicola: il corpo aggiunto della navatella laterale. . . . . . . . . . . . . . . 12160. Presso l'ingresso a destra: S. Giovanni Battista e S. Luca. . . . . . . . . . 12161. S. nicola: al di sopra della prima arcata: serie di sei personaggi

che guardano verso sinistra: probabilmente sei apostoli. . . . . . . . . . . . 12262. S. nicola: al di sopra della seconda arcata: deposizione dalla croce. . 12263. S. nicola: navatella di destra; veduta d'insieme dei due cicli delle

opere di misericordia e di S. Margherita di Antiochia. . . . . . . . . . . . . 12364. S. nicola: navatella di destra; le sette opere di misericordia:

in alto "dar da mangiare agli affamati" e "dar da bere agli assetati"; in basso: "vestire gli ignudi" e "ospitare i pellegrini". . . . . . 123

65. S. nicola: navatella di destra; in alto: Cristo benedicente tra due angeli e "visitare gli infermi"; in basso: "visitare i carcerati" e "seppellire i morti". . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124

66. S. nicola: navatella di destra; il ciclo di S. Margherita di Antiochia; in alto: S. Margherita incontra il governatore pagano; la santa testimonia la sua fede cristiana dinanzi all'imperatore; in basso: S. Margherita in prigione alza il martello per colpire il demonio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124

67. S. nicola: navatella di destra; in alto: un episodio della vita della santa e la sua flagellazione; in basso: S. Margherita immersa in una caldaia bollente e la sua decapitazione e glorificazione.. . . . . . . . 125

68. S. nicola: altri riquadri nella navatella di destra, verso l'ingresso. . . . 12569. S. nicola: particolare dell'affresco (foto 68).. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12670. S. nicola: l'Annunciazione, nell'affresco di foto 68. . . . . . . . . . . . . . . 126

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71. S. nicola: S. Giovanni Evangelista, nell'affresco di foto 68. . . . . . . . 12772. S. nicola: navatella di destra, verso l'ingresso: figure di santi. . . . . . . 12773. S. nicola: l'abside con tracce superstiti di affreschi. . . . . . . . . . . . . . . 12874. S. nicola: lato destro dell'abside; frammento della raffigurazione

del collegio sacerdotale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12875. S. nicola: lato destro dell'abside; in basso: panneggio con figure

simboliche. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12976. S. nicola: lato sinistro dell'abside; frammento del collegio

apostolico. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12977. S. nicola: lato sinistro dell'abside; in basso: panneggio con figure

simboliche. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13078. S. nicola: parete sinistra; S. Cristoforo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13079. S. nicola: parete sinistra; S. Pietro e forse S. nicola; sec. Xii. . . . . . 13180. S. nicola: parete sinistra; figura sacerdotale non identificabile. . . . . . 13181. S. nicola: parete sinistra; il Cristo con S. Giovanni Battista. . . . . . . . 13282. S. nicola: parete sinistra; figura di santa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13283. S. nicola: parete sinistra; presso l'ingresso: uno stemma,

probabilmente quello di Capodiferro, e tre angeli.. . . . . . . . . . . . . . . . 13384. S. nicola: parete d'ingresso; tracce non leggibili di affreschi. . . . . . . 13385. Chiesa di S. Maria della Rosa; lato nord. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13486. il campanile di S. Maria della Rosa e la torre dell'orologio. . . . . . . . . 13587. S. Maria della Rosa; in primo piano l'antico campanile a vela. . . . . . 13588. il campanile della chiesa maggiore svetta su tutto il centro abitato. . . 13689. S. Maria della Rosa; porta centrale di bronzo intitolato "Mistica

Rosa", opera dello scultore Alberto di Campli. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13790. S. Maria della Rosa; porta laterale di bronzo intitolata a S. Vittore

Martire, opera di Alberto di Campli. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13791. S. Maria della Rosa; interno. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13892. S. Maria della Rosa; il pulpito cosmatesco.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13993. S. Maria della Rosa; il monumento funebre al vescovo

Guglielmo Capodiferro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14194. S. Vittore del Lazio; veduta generale del paese; la parte più alta

era racchiusa nelle mura del castello.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14695. La torre quadrata dell'antico castello domina via S. Croce. . . . . . . . . 14796. La torre cilindrica incorporata dalle abitazioni di privati, visibile

da piazza Municipio.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14897. L'arco gotico di piazza Municipio, antico ingresso al castello. . . . . . . 14898. S. Vittore del Lazio: l'antico centro storico; il campanile si erge da

sempre come sentinella sulla valle. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14999. il centro storico con i campanili di S. nicola, S. Maria della Rosa

e la torre dell'orologio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150

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AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 173

100. il paese è immerso nel verde perenne di fertili oliveti. . . . . . . . . . . . 150101. Cartina di riferimento delle foto del centro storico di S. Vittore;

evidenziato il circuito delle mura del castello. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151102. La monumentale fontana di piazza Municipio. . . . . . . . . . . . . . . . . . 152103. L'arco di via Castello con veduta sulla chiesa di S. Maria della

Rosa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152104. ingresso al palazzo del Castello. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153105. L'arco Capodiferro.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153106. Traversa di via Castello.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 154107. Traversa di via Castello.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 154108. Traversa di via Castello.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155109. Via Castello; portale del palazzo Giangrande. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155110. Via Castello. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156111. Via Castello. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156112. Scalinata su via Castello. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157113. Traversa di via Castello. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157114. Via Castello. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 158115. Veduta parziale di piazza Municipio dall'arco gotico. . . . . . . . . . . . . 158116. Gli antichi vicoli che si dipartono da piazza Municipio: a sinistra

traversa di via Roma, a destra via Greci. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159117. Via Greci. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159118. Traversa di via Roma.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 160119. Traversa di via Roma.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 160120. Via Roma.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161121. Traversa di via Roma. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161122. Via Roma.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162123. Traversa di via Roma. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162124. Traversa di via Roma. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163125. il convento delle Suore della Purità posto all'esterno del paese.. . . . 163126. La chiesa campestre di S. Sebastiano, detta anche

Madonna del Soccorso.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164127. Chiesa di S. Sebastiano: affresco raffigurante il santo martire.. . . . . 164128. Affresco della chiesa di S. Croce, andato perduto con la

demolizione della stessa chiesa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165129. S. Vittore del Lazio in una cartolina del 1926, quando era

ancora in provincia di Caserta. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165

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SOMMARIO

Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 3Premessa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51 - S. ViTToRE DEL LAzio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71.1. notizie storiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72 - AqUiLoniA. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122.1. La "urbs" dei Sanniti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122.2. Alcuni esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153 - iL TESTo Di TiTo LiVio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 194 - UnA GUERRA ConTRo CiTTÀ SCoMPARSE . . . . . . . . . . . . . 404.1. La strategia dei consoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 404.2. Gli eserciti consolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 424.3. Cominio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 444.4. Amiterno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 454.5. Duronia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 504.6. Aquilonia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 514.7. Alcune certezze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 525 - LE MURA Di AqUiLoniA in S. ViTToRE DEL LAzio . . . . 545.1. Una scoperta a tavolino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 545.2. il monte Sambùcaro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 555.3. Le mura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 575.4. All'interno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 725.5. Strade e pozzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 755.6. Senza tempo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 755.7. Si tratta di Aquilonia?. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 766 - i LUoGHi DELLA BATTAGLiA. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 796.1. La battaglia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 796.2. La sconfitta dei Sanniti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 847 - Lo SToRiCo LiVio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 867.1. L'affidabilità di Livio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 868 - DoVE CERCARE AqUiLoniA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 898.1. Fortificazione, non città . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 898.2. La città a valle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 908.3. Un antico tratturo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 929 - Un RiCCo PATRiMonio ARCHEoLoGiCo . . . . . . . . . . . . . . . 95

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9.1. Antichità attorno ad Aquilonia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95APPEnDiCE A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97

Appunti di ricerca

A.1. "Muraglie" . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97A.2. Sambùcaro - Marena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100A.3. "Mura abbandonate" . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103A.4. "i Passeggeri". . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106A.5. Via S. Leonardo - Croce di Macchia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106A.6. "Muraglie" . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110A.7. S. Pietro infine. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110A.8. Vallone Radicosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111A.9. "Fauciara" . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112A.10. "Campopiano" . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113APPEnDiCE B . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115

Il patrimonio storico culturale di San vittore del Lazio

B.1. La chiesa di S. nicola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115B.2. Chiesa di Santa Maria della Rosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134B.3. il pulpito cosmatesco. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138B.4. il monumento funebre di Guglielmo Capodiferro. . . . . . . . . . . . 140B.5. il castello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145B.6. il paese oggi attraverso le immagini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150Bibliografia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166indice delle illustrazioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169

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FiniTo Di STAMPARE

nEL MESE Di DiCEMBRE 2003TiPoGRAFiA UGo SAMBUCCi

ViALE DAnTE - CASSino

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�� 1972: Ipotesi sulla città di

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lup-po, IN.GRA.C., Cassino.

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cassino, Lamberti, Cassino.

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oggi, Banca Popolare del

Cassinate, Cassino.

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oggi, 1994, con brevi note su

Mon-tecassino, 2ª ediz., IDEA

STAMPA, Cassino.

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- 1993/94, Comune di Cassino.

��1998: L'Indialetto cassinese -

Dizionario etimologico cassine-

se-italiano, Banca Popolare del

Cassinate.

��1999: La battaglia di Cassino

giorno per giorno: settembre

1943 - giugno 1944, Lamberti,

Cassino.

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