RUNA BIANCA 11

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Numero di Giugno N°11 2012 dell' Emagazine RUNA BIANCA

Transcript of RUNA BIANCA 11

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EDIT

R

IALE

Siamo nel 2012, e in una maniera o nell’altra i Maya c’entrano sempre.Questa volta nella copertina è stato inserito il calendario Maya con Francisco Pizzarro a cui va il “merito” dell’annientamento di un popolo dell’a-merica meridionale (INCA) e della distruzione del 90% dei loro documenti scritti. Quest’immagine rimanda all’articolo a pag 72 che tratta della storia della Chiesa cattolica, pren-dendo lo spunto dagli ultimi fatti di cronaca che vedono coinvolti il presidente dello IOR ed alti funzionari del Vaticano. Nello scrivere l’articolo ci eravamo posti però alcu-ni dubbi. Gli stessi dubbi che vengono se avessimo la sfortuna di avere una persona cara malata di una malattia grave ed incurabile. I parenti in quei casi si pongono la stessa legittima domanda se è il caso di NON far sapere la verità al malato e fargli vivere felici gli ultimi giorni della sua vita, o se piut-tosto non è meglio non ingannarlo e dirgli TUTTA la verità.

Se dovessi scegliere.....sceglierei di SAPERE.

Penso che oggi si debba essere sufficientemente forti da preferire una verità scomoda ad una men-zogna pietosa.

Di maya e delle loro profezie ne parla anche Kia-ra Windrider nel suo articolo “esplorare il fenome-no del 2012”, anche se dal lato simbolico/spiritua-le.

Pe quanto riguarda invece la veste grafica, alcuni lettori ci hanno informato che preferiscono il forma-to ad una pagina in quanto più comodo per la let-tura a mezzo di iphone/Ipad. Poichè ISSUU obbliga al formato a due pagine, abbiamo lasciato questo formato per poterlo sfogliare su ISSUU, e il formato a pagina singola per poterlo scaricare e leggerselo comodamente con i propri dispositivi elettronici.

Quindi... auguro a tutti una buona lettura del nu-mero 11 del giugno 2012 della Runa Bianca.

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Per ogni questione o richiesta, si prega contattare lo staff editoriale. La Runa Bianca è una rivista nata per diffondere al piu’ vasto numero di persone possibi-le le ricerche di noi italiani nel mondo.La riproduzione o la pubblicazione in toto o parziale degli articoli o immagini contenute in questo numero sono co-perte da copyright. Può essere possi-bile la pubblicazione solo su richiesta espressa allo staff redazionale ( agli in-dirizzi mail suindicati ) e solo dopo spe-cifica autorizzazione scritta della Runa Bianca.La Runa Bianca non si assume la re-sponsabilità sui testi o immagini pubbli-cate sulla rivista, delegando la stessa ai rispettivi autori.

Editorial Staff: Astore Lilly, V. Di Gregorio, De Salvia Francesca

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Assoc. Runa Bianca : Via Per Bologna 2 - 23828 Perledo ( Lecco )

IVA/Cod.Fisc : 03374340135

- 1 - Mauro Biglino La Bibbia Rivelata 4

- 2 - Antonio Crasto Il Tempio di Kom Ombo 6Rolando Beretta

- 3 - Giovanni Lollo Energia e Condivisione 12

- 4 - Livio Testoni La Cultura Cubana: LA SANTERIA 16

- 5 - Hoseki Vannini Il Mistero dei Misteri: LA MORTE 26

- 6 - A.C.Sparavigna Dodecaedro Romano: misurava le distanze 30

- 7 - F. Rondina Le micidiali armi di HAARP e DARPA 36

- 8 - Kiara Windrider Esplorare il Fenomeno del 2012 46

- 9 - F.G.Carpeoro La CROCE (parte terza) 50

- 10 - E.P.A.S. Missione “GOST HUNTING” 56

- 11 - M. Proclamato I Fondamentali dell’ IKEBANA 64

- 12 - V.Di Gregorio L’Inganno della Chiesa Cattolica 68

In questo numero :

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Nell’articolo precedente abbiamo iniziato ad esaminare l’ipotesi che la Bibbia contenga la descrizione di possibili sistemi di comunicazione via radio.

Abbiamo terminato accennando all’”efòd”, un accessorio che era for-mato da dodici pietre che erano fis-sate su una pettorina che si portava sul torace, aveva due spalline e veni-va fissata da due corde sulla schiena.

Nelle versioni tradizionali si defi-niscono sempre i vari particolari dell’”efòd” come frutto di “lavoro artistico”, traducendo con questa espressione l’insieme dei due termi-ni usati dall’autore biblico BvO Hv_Y [maasé choscèv], che significano invece letteralmente “lavoro di un assemblante, opera di un pensante”

[Choscèv] è infatti il participio del verbo [chascàv] il cui significato è “combinare, mettere assieme, pen-sare, progettare”: con questi due accessori e l’aggettivo che li defini-sce la Bibbia ci pone chiaramente di fronte al lavoro di un tecnico e non a quello di un artista.

E allora ci chiediamo: se la valen-za era di ordine puramente estetico, perché era necessario il lavoro di un progettista-assemblatore? Perché si richiedeva tanta precisione tecnica?

Evidentemente perché l’[efòd] e il pettorale non dovevano essere

ornamenti atti ad abbellire: dovevano funzionare.

La Bibbia purtroppo non ci fornisce una spiegazione diretta, didascalica, chia-ra della funzione che doveva svolgere quell’oggetto prodotto con una proget-tazione tecnica tanto precisa.

In assenza di ciò che ci piacerebbe avere avuto ma che non ci è stato dato dagli antichi autori, troviamo però una risposta nella descrizione pratica che abbiamo in 1Sam 23 e 30.

In 1Sam 23,6 e segg. Davide sta com-battendo contro i Filistei; dopo avere li-berato l’abitato di Keila vi si installa e vie-ne raggiunto da Eviatàr nella cui mano, dice il testo, “era sceso l’[efòd]”.

Apprendiamo quindi che Eviatàr era uno dei “sacerdoti” autorizzati a portare e usare quello strumento che, in qualche modo non meglio identificato, gli viene consegnato in quell’occasione. Presto se ne scoprirà l’utilità.

Saul, rivale di Davide per il trono di Giuda, decide di porre l’assedio a Kei-la pensando di catturare con facilità l’esercito avversario (versetto 8) e com-posto da circa 600 armati. Davide viene informato di quanto sta avvenendo e dice al sacerdote Eviatàr (versetti 9-10): “avvicina lo-[efòd]” e solo quando ha a disposizione questo strumento prende a parlare con Yahwèh, al quale chiede in-formazioni su quanto aveva udito circa le intenzioni di Saul”.

L’Elohìm conferma che Saul sta mar-ciando contro di lui e allora egli esce dall’abitato mettendosi in salvo nelle campagne circostanti.

I versetti sono chiari: Davide parla con Yahwèh “solo dopo” essersi fatto avvici-nare l’[efòd], la cui funzione era dunque quella di consentire le comunicazioni a distanza.

Abbiamo detto prima che questo ap-parecchio «era sceso» nelle mani di Eviatàr, e ci chiediamo se non sia stato lo stesso Elohìm a consegnarglielo, affin-ché lo portasse a Davide, con cui inten-deva comunicare in quel frangente per lui molto rischioso.

Lo fornì di una RICETRASMITTENTE!?

I versetti successivi riportano il dialogo costituito da una serie di domande e ri-sposte che danno conto della concita-zione del momento e della necessità di Davide di avere informazioni complete.

Lo strumento risulta però prezioso an-che in un’altra situazione.

Gli Amalekiti hanno appena conqui-stato e distrutto la città di Ziklàg; hanno catturato tutti gli abitanti, tra i quali vi erano pure due mogli di Davide, Achi-noàm e Abigail.

I suoi uomini lo ritengono responsabile del disastro che aveva coinvolto le loro mogli e i loro figli: sono esasperati e stan-no pensando di lapidarlo.

Dalle traduzioni letterali della Bibbia ricaviamo che non ci hanno raccontato tutto e nemmeno il vero

s11s

Mauro Biglino

Davide si trova quindi in una situazione di grande difficoltà e decide di chiede-re consiglio al suo “capo”, ma l’Elohìm è lontano e allora si rivolge nuovamente al sacerdote Eviatàr e gli ordina (1Sam 30,7 e segg.):

FJ`AH SW A[-HvSDH

[efòd]-lo me-a su-(porta)avvicina

e ancora una volta, solo dopo che Eviatàr gli ha messo a disposizione l’[efòd], Davide può parlare col suo “capo” che era lontano dalla scena.

Qui, ancora più che nel passo prece-dente, abbiamo un’espressione collo-quiale introdotta dalla particella A [na], il tipico avverbio esortativo con il quale noi sollecitiamo qualcuno a fare qualco-sa con rapidità: “dài, forza, su...”.

Davide, con tutta evidenza, ha fretta di consultare il suo Elohìm e chiede al sacerdote Eviatàr di portargli con solle-citudine l’[efòd]; ne ha un bisogno ur-gente e possiamo capirlo perché ormai sappiamo che, senza di quello, non può rivolgersi al suo “capo”: infatti, come già nella situazione precedente, solo dopo averlo ricevuto può avviare il colloquio con Yahwèh per farsi consigliare.

Ci pare di leggere il resoconto sintetico di una normalissima operazione militare, e se lo trovassimo nella pagina scritta da un cronista di guerra dei giorni nostri non avremmo dubbi circa quanto è avvenu-to: il comandante della truppa che si tro-

va in battaglia comunica via radio con il comando superiore per avere informa-zioni e prendere le necessarie decisioni sul da farsi in quel preciso frangente.

Il problema nasce nel momento in cui a raccontarlo è l’Antico Testamento: questo è l’aspetto che lo rende inac-cettabile a chi non abbia la serenità e il distacco necessari a cogliere la concre-tezza dei racconti biblici.

Noi manteniamo la mente aperta e colleghiamo questi atti con i movimen-ti del [kevòd], con le caratteristiche dei cherubini, con le istruzioni tecniche per la realizzazione di tali oggetti, con l’agire di Yahwèh, e componiamo un mosaico la cui visione di insieme si presenta coe-rente in sé, senza la necessità di introdur-re categorie teologiche per compren-derlo.

Questa disponibilità mentale ci fa ov-viamente procedere con cautela, per cui proviamo a riassumere in forma du-bitativa gli elementi fino a qui acquisiti:

L’[efòd], con annesso pettorale cui era fissato, fungeva da ricetrasmittente?

Come si ricaricava l’[efòd]?

L’Arca era un condensatore capace di accumulare energia?

Come si produceva questa energia?

Yahwèh parlava nel tempio-tenda stando sopra il coperchio dell’Arca?

Possiamo supporre che i cherubini fun-

gessero da elettrodi contrapposti, con la funzione di scaricare l’elettricità stati-ca accumulata dal condensatore che alimentava lo strumento ricetrasmitten-te?

Una possibile risposta ci proviene dal libro dei Numeri, e precisamente dal passo in cui si dice con una certa chia-rezza che quando Mosè entrava nella tenda del convegno per parlare con lui (7,89) “udiva la sua voce parlare da sopra il coperchio dell’Arca in mezzo ai cherubini”.

Il testo è chiaro: Mosè ode una voce provenire da una struttura fatta di legno rivestito di oro, modellato in foggia par-ticolare, con elementi aerei anch’essi in oro orientati in una precisa direzione.

Ne consegue che in questo caso il termine rSBfU [keruvvìm] indicava un qualcosa di decisamente diverso da quanto è stato poi descritto da Eze-chiele. Tutto ciò non ci deve stupire; nella polisemia della lingua ebraica le radici consonantiche sono portatrici di un significato originario che si estende a tutte le sue possibili applicazioni: così il valore di “coprire” insito nella radice [kerùv] poteva benissimo indicare sia la particolare conformazione di oggetti volanti con ali che coprono la struttura, sia la funzione svolta da pannelli che si trovavano sopra il coperchio dell’Arca. Non ne abbiamo ovviamente certezza, ma la coerenza dei racconti fornisce basi su cui costruire ipotesi attendibili.

L’intero sistema costituito da Arca dell’Alleanza, cherubini ed [efòd] si presenta come un insieme di strutture avente forma e finalità strettamente legate alla necessità di comunicare a distanza e il cuore della rete pare es-sere proprio l’Arca, che appare dotata di molteplici funzioni: condensatore, si-stema ricetrasmittente e anche poten-ziale arma.

Abbiamo qui indubbiamente della tecnologia, e la tecnologia richiede energia.

La ricerca continua....

Biografia : Mauro Biglino

Realizza prodotti multimediali di carattere storico, culturale

e didattico per importanti case editrici italiane, collabora

con varie riviste, studioso di storia delle religioni, è tradutto-

re di ebraico antico per conto delle Edizioni San Paolo: dal-

la Bibbia stuttgartensia (Codice di Leningrado) ha tradotto

23 libri dell’Antico Testamento di cui 17 già pubblicati.

Tra i suoi libri ricordiamo: Resurrezione reincarnazione. Fa-

vole consolatorie o realtà? Una ricerca per liberi pensatori

(Uno Editori, 2009),

Chiesa romana cattolica e

massoneria. Realmente così

diverse? Una ricerca per li-

beri pensatori (Uno Editori,

2009), Il libro che cambierà

per sempre le nostre idee sul-

la Bibbia (Uno Editori, 2010)

e...

Il Dio Alieno della Bibbia Uno Editori

2011

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Sulla sponda destra del Nilo, a circa 40 km. a nord di Assuan, sorgono le rovine di uno dei pri-mi templi tolemaici, purtroppo in cattive condizioni a causa di eventi naturali e della sottrazione di molti massi.

Alla costruzione del grande tem-pio contribuirono vari faraoni to-lemaici, da Tolomeo VI Filometo-re (180-145 a. C.) fino a Tolomeo XII Neodionisio (80-51 A. C.), ma fu completato da alcuni impera-tori romani, fino al 3° secolo d. C.

Il tempio fu sicuramente costrui-to nel sito di una precedente co-struzione del Medio Regno, forse ristrutturata nel Nuovo Regno da Thutmose III.

Il mammisi, sulla sinistra del tem-pio, fu fatto costruire da Tolomeo IX Soter.

In prossimità del sito si trovava la città Pa Sobek, “La Terra del dio Sobek”, l’odierna Ombo, risalen-te forse al periodo predinastico.

L’area fu abitata fin dal Paleo-litico Superiore, lasciando inten-dere che il sito sia stato occupato prima del 10000 a. C.

La struttura del tempio segue

quella dei templi tolemaici, con un cortile colonnato sul fronte, una o due sale ipostile, uno o più vesti-boli, il sancta sanctorum e alcune cappelle, dedicate a varie divinità. Il tempio costituisce però un’ecce-zione, nel fatto che fu consacrato a due divinità: Sobek e Horus l’antico, Haroeris, per cui si ha un doppio in-gresso e un doppio santuario, cosa che ha forse imposto, per le sale ipo-stile, la scelta di un numero dispari di colonne per fila, così da avere una sequenza di colonne mediane che divideva le sale ipostile in due settori.

Parte importante del tempio era costituita, come a Edfu e Dendera, dalle cappelle del terrazzo, quasi sicuramente dedicate ai Misteri di Osiride e raggiungibili tramite due scale, una a chiocciola e l’altra line-are.

Triadi

La metà orientale del tempio era dedicata al dio coccodrillo Sobek e alla triade:

Hathor, Sole femminile, occhio de-stro di Horus l’antico, associato a un pianeta X oggi scomparso1, e “ma-

dre” del dio Sobek;

Sobek, “figlio” di Hathor e associa-to al pianeta Mercurio;

Khonsu, figlio di Sobek, e associato alla Luna.

La metà occidentale del tempio era dedicata al dio falco Horus l’an-tico e alla triade:

Horus, l’antico, Haroeris, da non confondere con Harsiesi “Horus figlio di Iside”;

Tasenetnofret “ la buona sorella”, divinità senza alcun riferimento stel-lare;

Panebtaui “il signore delle Due Ter-re”, divinità senza alcun riferimento stellare.

Il tempio precedente di Thutmosi III dovrebbe esser stato dedicato, in-vece, alla sola triade: Horus l’antico, Hathor e Sobek.

Le divinità venerate nel tempio avevano dunque una valenza stel-lare ed erano associate ai primi astri del Sistema Solare: Mercurio, piane-ta X e la Luna, originariamente satel-lite del pianeta X1, segno di un’an-tica religione stellare di cui si hanno tracce nei testi delle piramidi. La presenza del Sole femminile Hathor

il Tempio di Kom Ombo

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dovrebbe richiamare il Sole Ra, ma è probabile che, così come a Den-dera, il Sole sia stato rappresentato come disco solare alato sugli archi-travi delle porte e/o sui soffitti dei vari corridoi.

Coordinate geografiche

Il sito si trova a circa 24,45° di lati-tudine e circa 32,93° di longitudine.

In considerazione che il Sole risulta oggi allo zenit al Solstizio d’Estate sul parallelo di 23,45° (Tropico del Can-cro) e che questa latitudine varia in 40000 anni fra 24,33° e 21,67°, si può ritenere che i raggi del Sole cada-no quasi perpendicolarmente sul tempio di Kom Ombo e che questa approssimazione fosse più spinta nel Paleolitico Superiore, quando fu scelto il sito. La località potrebbe, dunque, essere stata un indicatore del Solstizio d’Estate e quindi un cen-tro di venerazione del Sole.

Nel tempio si celebrava, dunque, l’“incontro” del Sole solstiziale con le divinità associate alla sua con-troparte femminile e al suo primo “fi-glio” Sobek – Mercurio.

Orientamento del tempio

L’orientamento non è verso uno dei quattro punti cardinali, in quanto l’asse principale del tempio guarda a sud-ovest (circa 225°) o a nord-est (circa 45°).

Il Sole sarebbe stato osservato alzar-si al Solstizio d’Estate a circa 64°, per cui difficilmente si può considerare un allineamento alla levata solstizia-le estiva. C’è però da osservare che nel tempio esistevano due santuari per cui i raggi del Sole all’alba del Solstizio d’Estate avrebbero potuto penetrare da un foro della recinzio-ne esterna ed entrare nel santuario di sinistra, quello dedicato a Horus l’antico / Hathor, il Sole femminile.

Così come sul terrazzo del tempio di Dendera veniva cercato l’abbrac-cio del Sole nascente con la statua di Hathor nel primo giorno dell’anno civile, è possibile che a Kom Ombo si cercasse l’abbraccio del Sole solsti-ziale estivo con Horus l’antico / Ha-thor nel suo sacrario.

A conferma di ciò sembra che an-che oggi possa essere osservato un tale fenomeno2.

Lunghezza del meridiano

terrestre

Le prime misurazioni della lun-ghezza di un meridiano terrestre furono fatte misurando un arco di un meridiano e il corrispondente angolo al centro. Esse risalgono al IV sec. a. C. e hanno fornito però risultati abbastanza deludenti. Una migliore misurazione fu otte-nuta da Eratostene di Cirene (III sec. a. C.), il quale ipotizzò che le città di Alessandria d’Egitto e Sie-ne / Assuan si trovassero sullo stes-so meridiano e che la distanza lineare fosse circa 5000 stadi egi-zi3. In quel tempo Assuan si trova-va sul tropico del Cancro, per cui a mezzogiorno del Solstizio d’Esta-te il Sole sarebbe stato allo zenit. A mezzogiorno dello stesso giorno i raggi del Sole avrebbero forma-to ad Alessandria un angolo con la verticale di circa 7,2°, per cui esso poteva essere considerato l’angolo al centro dell’arco di meridiano. Si otteneva, dunque, la misura approssimata del meri-diano pari a 250000 stadi e, consi-derando uno stadio egizio ugua-le a circa 157,5 m., si aveva circa

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39375 km, misura inferiore di circa 634 km rispetto alla misura reale di 40009 km.

Per quanto detto a proposito del culto del Solstizio d’Estate nel tempio di Kom Ombo, si ritiene molto probabile che la mancan-za di ombre a mezzogiorno del Solstizio d’Estate sia stata speri-mentata proprio in questa loca-lità. Si ritiene, infatti, che invece di verificare l’assenza di ombre di un palo o una colonna verticale, si sia verificata la completa lu-minosità delle pareti di un pozzo abbastanza profondo, forse pro-prio il così detto Nilometro a nord-ovest del tempio.

Pozzo sacro

Nel cortile di nord-ovest furo-no realizzate quattro costruzioni, che sicuramente erano connes-se a uno stesso rito. Un profondo pozzo circolare di circa 10 cubiti (circa 5,5 metri), un pozzo secon-dario più piccolo, una galleria d’accesso al pozzo principale e un piccolo tempio colonnato.

Fra il pozzo principale e quello secondario fu creata una sca-linata che porta ad affacciarsi sul pozzo principale. Sulla parete orientale del pozzo e in direzione del pozzo secondario si nota una piccola galleria, destinata a met-tere in comunicazione i due poz-zi. A sud del pozzo secondario e di fronte alla scalinata esiste una pietra dotata di canali di scor-rimento, sicuramente un pietra sacrificale. La galleria d’accesso al pozzo principale è coperta nel primo tratto e quindi si porta, for-mando un angolo di circa 120°, alla base del pozzo, dove termi-na con una sequenza di bassi gradini. Il pozzo contiene, infine, acqua, sicuramente quella pro-veniente per vasi comunicanti dal vicino Nilo.

In molte pubblicazioni il pozzo principale è descritto come un Nilometro, una di quelle strutture in cui il livello delle acque del Nilo durante l’inondazione poteva es-sere letto su scale graduate dise-

gnate su una parete. Tale livello era necessario per graduare le tasse in funzione della più o meno

ricca inondazione e concimazione naturale dei campi.

Il pozzo principale di Kom Ombo non presenta alcuna scala gradua-ta e d’altra parte sembra strano che:

si sia realizzato un Nilometro in col-lina e non nelle vicinanze del fiume;

siano stati realizzati due Nilometri vicini, Assuan (isola di Elefantina) e Kom Ombo.

Il fatto che il tempio fosse dedicato al dio coccodrillo Sobek e la com-plessa struttura del sistema lasciano ipotizzare, invece, che:

nel pozzo principale fossero allevati uno o più coccodrilli sacri;

dal pozzo secondario venisse dato da mangiare ai coccodrilli, gettan-dovi la carne sacrificale;

la galleria d’accesso servisse a por-tare via i corpi dei coccodrilli sacri morti e a portare nel pozzo i nuovi coccodrilli sacri;

il piccolo tempio nelle vicinanze fosse utilizzato per l’imbalsamazione dei coccodrilli.

La vicina necropoli per coccodrilli testimonia come gli animali sacri al dio Sobek siano stati allevati per tan-tissimo tempo. Possiamo sottolineare ancora come i coccodrilli, animali a sangue freddo, abbiano bisogno di calore e dei raggi del Sole per ac-quistare l’energia necessaria al loro movimento. Al tropico non avreb-bero certo avuto problemi di riscal-damento anche alla base del sacro pozzo, ma possiamo cogliere un particolare simbolismo.

Il dio coccodrillo Sobek era asso-ciato al pianeta Mercurio e consi-derato figlio di Ra-Horackty e Horus l’antico / Hathor (Sole femminile).

Mercurio sembra non allontanar-si dal Sole, e parimenti i sacri coc-codrilli cercavano continuamente i raggi del Sole e, in particolare il massimo riscaldamento del Solstizio d’Estate, quando i raggi entrava-no perpendicolarmente al bacino d’acqua del pozzo.

Possibile omicidio

Il periodo di costruzione del tempio coincide grosso modo con problemi dinastici per il periodo fra Tolomeo V

Nilometro ?

Epifane e Tolomeo IX Soter (204-107 a. C.). Si sa che Tolomeo VIII Everge-te avrebbe fatto uccidere il figlio, To-lomeo VII Neofilopatore, del fratello Tolomeo VI Filometore, ne avrebbe sposato la vedova, Cleopatra II, e, infine, avrebbe fatto uccidere il pro-prio figlio, Tolomeo Menfita, avuto da Cleopatra II, per fare dispetto alla moglie che aveva organizzato una rivolta, forse per vendicare l’uc-cisione del suo primo figlio.

Al riguardo si racconta che Tolo-meo VIII avrebbe fatto recapitare alla moglie Cleopatra II il corpo a pezzi del figlio4.

Esiste però anche una leggenda che parla della morte di un membro della casa reale, scivolato nel pozzo e fatto a pezzi da tre coccodrilli.

Non ci vuole molto a realizzare che Kom Ombo abbia visto uno dei più efferati omicidi nelle famiglie reali egizie. Il faraone Tolomeo VIII Ever-gete avrebbe fatto assassinare il proprio figlio dai sacri coccodrilli del tempio, come a far avallare la sua vendetta dal dio di Kom Ombo.

Altri riferimenti stellari

Abbiamo visto come i sacerdoti di

Kom Ombo abbiano cercato il Sole solstiziale per ottenere l’abbraccio di Ra-Horackhty con Horus l’antico / Hathor e abbiano allevato i sacri coccodrilli di Sobek all’interno di un profondo pozzo.

Ci rimane da considerare i riferi-menti relativi all’altra divinità ve-nerata nel tempio, il figlio di Sobek, Khonsu.

Khonsu era associato alla Luna, per cui possiamo ipotizzare che i sacer-doti abbiano considerato in modo particolare le immagini della Luna nel bacino d’acqua del pozzo sa-cro. Era come se Khonsu andasse a trovare il padre Sobek.

Le notevoli dimensioni del pozzo e l’immagine riflessa della Luna sullo specchio d’acqua (vedi foto5) ci fanno ipotizzare che il diametro del pozzo sia stato scelto per evidenzia-re il ciclo di 18,61 anni solari tropici di retrogradazione dei nodi lunari6.

Tale ciclo determina la variazione dell’azimut della levata della Luna nei lunistizi di circa ± 5° rispetto a quello della levata del Sole al Solsti-zio d’Estate (lunistizio superiore) o al Solstizio d’Inverno (lunistizio inferiore).

Analogo discorso può essere fatto per il tramonto della Luna ai lunistizi.

Vista l’importanza data a Kom Ombo per il Solstizio d’Estate, si ritiene possibile che le dimensioni del pozzo siano state studiate per avere l’immagine della Luna nel bacino d’acqua in corrisponden-za del lunistizio superiore, avendo in particolare l’immagine del di-sco lunare tangente alla parete sud o nord rispettivamente al mo-mento della minima e massima declinazione. L’immagine della Luna si sarebbe cioè spostata su un diametro del pozzo in un ciclo di 18,61 anni solari tropici.

Conclusione

L’importanza data dai sacerdoti di Kom Ombo agli eventi astrono-mici ci fa ritenere che essi osser-vassero anche le immagini degli altri pianeti sullo specchio d’ac-qua. Tutti i pianeti hanno, infatti, un movimento lungo l’Eclittica per cui almeno in prossimità del Solstizio d’Estate essi sarebbero stati quasi allo zenit del pozzo sa-cro.

Non è però detto che la luce da loro riflessa fosse sufficiente per di-segnare un’immagine sullo spec-chio d’acqua. Quasi sicuramente ciò valeva per Giove, associato al dio Atum, e per Venere, asso-ciato sia alla Fenice, quale pia-neta rinato dopo la “morte” del pianeta associato a Horus l’anti-co / Hathor, sia a Horus, figlio di Iside1.

Al riguardo è molto interessante un’immagine presa durante una mia visita a Kom Ombo con alcu-ni amici. In essa si può notare: la differente illuminazione delle pa-reti del pozzo, la debole ellisse dei raggi solari, l’immagine speculare della bocca del pozzo, con la sa-goma dell’interruzione per la sca-linata, e un piccolo punto lumi-noso quasi sotto all’apertura per l’alimentazione dei coccodrilli che, viste le dimensioni e la car-ta stellare del giorno7, dovrebbe essere l’immagine speculare di Venere.

Possiamo quindi ritenere che i sacerdoti del tempio di Kom Ombo fossero a conoscenza:pdell’antica religione stellare;p

pdei moti del Sole e della Luna.

delle correlazioni divinità/ astri del Sistema solare;

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E che essi fossero specializzati in astronomia e abbiano costruito un perfetto indicatore dei moti della Luna, la cui conoscenza consentiva loro di prevedere al-cune delle misteriose eclissi, du-rante le quali il Sole Ra-Horackhty oscurava la Luna, il nipote Khon-su, o era il nipote a oscurare il nonno.

Il tutto veniva registrato sullo specchio d’acqua del Pozzo sa-cro, alla presenza dei sacri coc-codrilli di Sobek.

Bibliografia

1. Antonio Crasto, “DENDERA La sacra terra della dea”, © Ugiat, 2011 Cagliari;

2. sito web: http://viadel-l e b e l l e d o n n e . w o r d p r e s s .com/2007/06/20/solstizio-desta-te-kom-ombochartresmarciana-marinadi-manrico-murzi/;

3. Lunghezza stadi: Grecia 177 m, Alessandria e Roma 185 m, Egitto 157,5 m; sito web: http://it.wikipedia.org/wiki/Stadio_%28unit%C3%A0_di_misu-ra%29;

4. Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, © ta-scabili Bompiani e RCS Libri, 2003 Milano;

5. sito web: http://arian-n a . l i b e r o . i t / m m e d i a / a b i n /img?from=30&query=Nilometro

6. Adriano Gaspani, “Elementi di “ (2° parte), sito web: http://www.duepassinelmistero.com/elementiarcheoastro2.htm

7. Programma: TheSky6 Astro-nomy Software, © 1984-2005, Sof-tware Bisque.

I disegni relativi ai lunistizi sono tratti dall’articolo citato di Adria-no Gaspani.

Le foto del tempio di Kom Ombo sono di: Antonio Crasto, Pao-lo Pietrapiana, Carlo Ponghetti, Gianfranco Suadoni e Alessandro Turinetti.

Copyright Antonio Crasto e Ro-lando Berretta

Tutti i diritti riservati.

È vietata la pubblicazione dell’articolo, anche in modo par-ziale, senza l’autorizzazione scrit-ta degli autori.

Biografia :

Rolando Berretta

Maresciallo dell’Aeronautica Militare in pensione. Dirige il labo-ratorio di Ricerca Storica presso l’Università della 3° Età di Quartu sant’Elena (CA).Appassionato di cartografia, si dedica al difficile studio degli schemi delle antiche carte portolane, il cui studio è purtroppo completamente tra-scurato in Italia.

Antonio Crasto

Nasce a Mogoro (OR) il 1/7/1944. Vive a Cagliari fino al 1° anno di Università e quindi si trasferi-sce, per seguire la sua famiglia, a Torino, dove si laurea in Fisica. Ufficiale geofisico–meteorologo dell’A.M., si specializza in Fisica dell’Atmosfera e presta servizio in varie sedi in Italia: Vigna di Valle, Milano, Cagliari, Perdasdefogu e Roma. Appassionato di storia delle antiche civiltà ha centrato le sue ricerche sull’antichissima civiltà egizia. I suoi lunghi studi lo hanno portato a una clamorosa scoperta scientifica in merito ai calendari e la cronologia egizia, scoperta divulgata nel suo primo saggio sull’antico Egitto. Hassa-leh. L’occhio di Horus. Maneto-ne aveva ragione! (Ugiat, 2007). Sulla spinta del notevole interesse destato dal suo lavoro scientifico, Crasto ha pubblicato di recente il nuovo saggio Dendera. La sacra terra della dea (Ugiat, 2011) nel quale esplora i misteri del tempio di Dendera, approfondendo in particolare: la cosmogonia, l’a-stronomia e la religione egizia.

Dendera. La sacra terra della dea

Ugiat, 2011

12 R u n a B i a n c a - G i u g n o - 2 0 1 2

Lo sai cosa succede quan-do premi l’interruttore di casa tua, oppure quando premi il tasto avvio della tua lavatrice, del tuo frigo-rifero, oppure quando giri la chiave di avviamento della tua auto o della tua moto? Si? Davvero lo sai? Sorpren-dente, anch’io pensavo di saperne abbastanza ma, poco tempo fa, ho scoper-to che non avevo capito nulla... Un po’ di storia, devo farlo, perdonami, ma non si può farne e meno!!

L’elettricità è stata scoper-ta, circa, due secoli or sono, da Luigi Galvani e Alessan-dro Volta. Per oltre 100 anni si utilizzò, in modo molto li-mitato e solo alla fine del 1800 Nikola Tesla scopre la corrente alternata come oggi la conosciamo. E’ utile sottolineare che quello che

oggi è una cosa assolutamen-te normale, come premere il tasto avvio della lavatrice, non sarebbe assolutamen-te possibile se Tesla, agli inizi del secolo scorso, non aves-se portato avanti le sue teorie contro la lobby di potere che all’epoca gestiva la produzio-ne di energia elettrica (che fino ad allora, era esclusiva-mente a corrente continua). Thomas Alva Edison, il famoso inventore e all’epoca, il più potente imprenditore ameri-cano nel campo elettrico nel mondo, cercò in tutti i modi di ostacolare e impedire a Tesla di diffondere e mettere in pra-tica la sua scoperta. La fortu-na volle che un imprenditore concorrente di Edison (Geor-ge Westinghouse) credesse in Tesla, non per fede divina, ma per interesse personale! Perciò è grazie a Tesla ed al suo socio

Westinghouse che abbiamo la corrente elettrica alternata oggi, altrimenti avremo anco-ra le batterie e le dinamo del-le biciclette a far luce in casa. Tesla morì povero ed emar-ginato durante la seconda guerra mondiale a New York.

Bene, adesso sappiamo che l’energia elettrica a corrente alternata che utilizziamo oggi è stata scoperta circa 100 anni fa, è stata diffusa solo tra mille difficoltà, in modo rocambole-sco e da allora nulla è sostan-zialmente cambiato nulla nel-la sua modalità di produzione, trasporto e utilizzo; al massimo si è raggiunto un qualche mi-glioramento di efficienza, ma nulla di più.

L’altra forma di energia lar-gamente conosciuta ed uti-lizzata è data dai carburanti derivati dal petrolio. Con l’e-

ENERGIA e CONDIVISIONEG

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nergia elettrica rappresenta-no la grande maggioranza di tutte le forme di energia che vengono utilizzate oggi nel mondo. Da sottolineare che gran parte dell’energia elettri-ca che utilizziamo nel mondo è prodotta bruciando derivati del petrolio (gas naturale, olio combustibile etc) o dal car-bone e perciò l’insieme dell’e-nergia elettrica/petrolio è un binomio molto stretto e interdi-pendente che ha ripercussioni sull’andamento dei prezzi dei rispettivi mercati (se aumenta

il prezzo del petrolio, aumen-ta anche quello dell’energia elettrica, etc, etc...).

Il petrolio è conosciuto fin dall’antichità ed utilizzato per usi medicali, per illuminazione, e altri scopi, ma in modo mar-ginale. L’utilizzo dei derivati del petrolio come combusti-bile per autotrazione è iniziato dopo il 1900, con la scoper-ta del sistema di raffinazione, tuttora utilizzato per ricavare tutti i combustibili commerciali (GPL, benzina, gasolio, che-rosene, nafta, olio combusti-bile, etc). Analogamente alla corrente elettrica, quello che utilizziamo oggi come energia derivata dal petrolio è stata messa a punto, circa, 100 anni fa e da allora praticamente nulla è cambiato.

Le altre forme di energie come quella solare, eolica, o

geotermica, rappresenta-no una frazione minoritaria dell’energia che utilizziamo anche se sono in grande aumento soprattutto dopo la tragedia di Fukushima. Il Giappone ha ufficialmente spento il suo ultimo reattore nucleare il 5 maggio 2012, la Germania ha ufficialmen-te abbandonato lo svilup-po del nucleare e chiuderà gradualmente tutti i propri reattori. In USA il totale del-la produzione di energia da fonti rinnovabili ha superato la produzione di tutti i reat-tori nucleari del paese, nel corso del 2011.

Questi fatti ci fanno riflet-tere su una questione molto importante: Se in oltre 100 anni non si era riusciti a fare nessun passo avanti sostan-ziale nella ricerca e messa a punto di nuove fonti ener-

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getiche, il secolo che stia-mo vivendo ci sta facendo intravedere possibilità inim-maginabili anche solo po-chi anni fa!

Motori elettri-ci a magneti p e r m a n e n t i sono utilizzati in alcuni mo-delli di auto-mobili prossimi

alla commercializzazione di massa, dopo che sono stati usati per vent’anni dai militari, la fusione fredda entrerà nelle nostre case da quest’anno, se non la boi-cotteranno come hanno fatto negli ultimi decenni e sistemi di ricarica delle bat-terie delle auto ad altissima efficienza, permettono già da oggi percorrenze di 80 – 100 Km con un litro di benzi-na! Questo dato lo cito per farti riflettere sul fatto che 100 anni fa la Ford modello T, percorreva con un litro di benzina 12 – 13 km e guar-da caso, dopo 100 anni le auto medie di oggi conti-nuano a percorrere 12 – 13 Km con un litro di benzina. Che sia un fortuito caso?

In realtà questi progressi stupefacenti non sono nul-la in confronto a ciò che ci aspetta e che i nostri go-vernanti fanno di tutto per tenerci nascosto, in parti-colare il semplice fatto, or-mai assodato anche dagli scienziati più “ortodossi” che siamo costituiti letteral-mente di energia. In realtà la materia è energia e si sta scoprendo che le forme che assume l’energia sono molte, molte di più di quel-le che si immaginava fino a pochi anni fa.

Un esempio? Il brevetto USA n. 1.119.732 del 01/12/1914 di Nikola Tesla descrive come trasmettere l’energia elettrica a distanza senza fili.

Nel film Il segreto di Nikola Te-sla, si vede come (alla fine del 1800) Nikola Tesla avesse re-alizzato un modellino di nave radiocomandato e fosse in grado di dirigerne i movimenti con un telecomando senza fili. La storia ha dimostrato come il brevetto della radio di Gugliel-mo Marconi non fu nient’altro che la “brutta copia” di una invenzione di Tesla che Mar-coni rubò, durante una visita che fece nei laboratori di Te-sla. Questa circostanza è sta-ta confermata da un tribuna-le USA che ha dato a Tesla la paternità dell’invenzione della Radio, togliendola a Marconi. Ti basti sapere che sono già disponibili dispositivi di ricarica delle batterie di auto elettri-che, senza fili. Basta installare sotto il fondo dell’auto una piastra, parcheggiando l’auto sopra u analoga piastra po-sta sul pavimento del garage. L’energia elettrica passerà at-traverso le due piastre, come Tesla scopri e brevettò, circa 100 anni fa...

Ma l’aspetto più sbalorditi-vo della scoperta di Tesla era soltanto che l’energia pos-sa essere trasmessa senza fili, ma che non aveva bisogno di essere “prodotta” da una centrale o ricavata da una qualche fonte “esoterica”.

Semplicemente era sufficien-te “riceverla” tramite una antenna. Il sistema scoperto, sperimentato e brevettato da Nikola Tesla potrebbe alimen-tare automobili, camion, navi, aerei, a qualunque distanza e senza limitazioni di potenza e senza l’utilizzo di nessuna cen-trale di produzione di energia, ma per avere a disposizione una scoperta simile ci vorrà ancora un po’ di tempo...

E’ chiaro a chiunque che la diffusione di simili fonti energe-tiche con la relativa tecnolo-gia necessaria al loro utilizzo, cambierebbero per sempre il mondo per come lo conoscia-mo, ma soprattutto cambie-rebbero il concetto di “com-petitività” e di “scarsità” che sta alla base dei sistemi politi-ci, economici e sociali di tutto il mondo.

I brevetti, i diritti d’autore, la proprietà intellettuale e la stes-sa la proprietà privata, sono concetti che servono a chi governa a mantenete il con-trollo sulla popolazione esat-tamente come sono riusciti a tenerci nascosti fonti energeti-che illimitate, rinnovabili e gra-tuite per secoli!

Stiamo vivendo un periodo straordinario perchè abbiamo di fronte una scelta fonda-mentale:

1 – Continuare a credere nel-la scarsità, nella competitività, nella proprietà intellettuale delle idee, etc, etc;

2 – Condividere la Creatività, l’Abbondanza e le Idee che ci faranno tornare a vivere nel Paradiso Terrestre che la terra è sempre stata, prima che co-minciassimo a deturparla.

La vita è cambiamento e l’assenza di cambiamento è

semplicemente morte, ma sia-mo talmente spaventati dai cambiamenti degli ultimi anni, che sono stati peggiorativi per la maggior parte, che piutto-sto di cambiare qualcosa in questo preciso istante, prefe-riamo lo “status quo”. Tornia-mo consapevoli del significato di CONDIVISIONE e mettiamo in atto solo i cambiamenti CONDIVISI con le persone che amiamo.

Non ci hanno soltanto nasco-sto scoperte scientifiche incre-dibili, ma ci hanno nascosto la natura del vero messaggio Cristico, attraverso una serie di regole, dogmi e rituali che nulla hanno a che fare con la CONDIVISIONE, che ci lasciò il Maestro come Suo più gran-de insegnamento. Torniamo a CONDIVIDERE la Conoscenza, la Creatività, il Lavoro e sare-mo orgogliosi di lasciare ai no-stri figli un futuro radioso!

Bibliografia consigliata:

ALLA SCOPERTA DELLA PARTI-CELLA DI DIO

Editore Macro edizioni, auto-re Massimo Corbucci

Massimo Corbucci ha scoper-to e dimostrato come Galileo Galilei aveva commesso un piccolissimo errore nella sua

più celebre scoperta: Forza uguale a Massa per Accele-razione. Inoltre ha dimostrato come gli scienziati (da Gali-leo in poi...) siano fuori strada nella loro visione complessiva della realtà. Per altre informa-zioni su Massimo Corbucci vai al sito: www.atomo112.info/italian.htm.

www.scienzaeconoscenza.it

Sito internet della rivista Scien-za e conoscenza.

TESLA lampo di genio

Editore Macro Edizioni, auto-re Massimo Teodorani

IL SEGRETO DI NIKOLA TESLA (Film in DVD)

Regista Kristo Papic (in ingle-se, sottotitoli in italiano)

Il libro, insieme al film, rappre-sentano bene come l’elite abbia potuto tenere nascosto le incredibili scoperte di Tesla, a tutta l’umanità.

CRONOVISORE

Editore Macro Edizioni, auto-re Massimo Teodorani

TELETRASPORTO

Editore Macro Edizioni, auto-re Massimo Teodorani

Utile lettura di altrettante sco-perte “nascoste” della élite, con la collaborazione attiva degli scienziati “ufficiali”, che fanno di tutto per non consi-derare in nessun modo le teo-rie esposte in questi libri.

WATERMARK Il segno dell’ac-qua

Editore Macro edizioni, auto-re Joseph Christy-Vitale

Testo bellissimo e appassio-nante. Descrive i fatti che hanno determinato il cosid-detto “diluvio universale” cir-ca 12.000 anni fa. Contiene

numerosissimi riscontri e de-scrizioni di ritrovamenti che convalidano la descrizio-ne di ciò che è accaduto i quei tempi.

WHAT THE BLEEP WE KNOW?

Che caspita ne sappia-mo? (film in DVD)

Editore Macro edizioni, Registi William Arntz, Betsy Chasse e Mark Vicente

Esiste anche il libro (Edito-re Macro Edizioni). Questo è un film fondamentale per la comprensione della realtà in cui viviamo. Sono intervi-stati numerosi tra scienziati, teologi, studiosi e il film è as-solutamente coinvolgente per il suo ritmo dolce, ma intenso. Da vedere assolu-tamente.

Biografia Autore

Giovanni Lollo, ricercato-re autodidatta, ha come obiettivo la condivisione delle informazioni per con-sentire a chi lo desidera di scegliere in modo consa-pevole per se stesso e per i propri cari. Mai come oggi, nella società dell’informa-zione, siamo dis-informati e mai come oggi serve cono-scere e condividere.

Ha scritto ed auto-pub-blicato un libro dal titolo CIAO! COME STAI? il cui le riflessioni generali proposte vertono tutte sulla ricerca individuale del nostro Inse-gnante Interiore.

Si occupa di sviluppo per-sonale, formazione, salute e benessere.

Email:[email protected]

sito: www.serenitalia.it

16 R u n a B i a n c a - G i u g n o - 2 0 1 2

Magia, mistero, supersti-zione, filtri d’amore e di morte, in un miscuglio ma-gico animico e sensuale, la Santeria, la vera religione di Cuba, si rifà ad antichi retaggi africani e spagnoli, confondendo in un mix al di fuori delle nostre concezioni ed aspettative, il sacro ed il profano

La popolazione di Cuba è meticcia dal punto di vi-sta culturale e lo è anche in campo religioso, dove con-vengono varie credenze li-turgiche. Anche di questo si è arricchita la Santeria che in terra cubana ha messo radici e si è ulteriormente alimentata da nuove fonti.

Conosciuta anche come “Regla de Ocha”, la Sante-ria è la più importante reli-gione di origine africana tra-

sportata a Cuba dagli schiavi di quel continente, mescolatisi in seguito nell’isola (il sincreti-smo) e praticata fino ai giorni nostri da un gran numero di fedeli al punto di essersi con-vertita in una rilevante com-ponente culturale dell’identi-tà nazionale cubana. Questo culto è originale dell’Africa equatoriale, più precisamen-te della regione compresa tra l’antico regno del Dahomey. Togo, Benin e il sud-ovest della Nigeria, dove vissero numero-se tribù che avevano come idioma comune il “yoruba”. Oltre alla lingua, queste tribù dividevano tra loro molti tratti culturali e molte credenze re-ligiose, specialmente quella per gli “orisha” che erano rico-nosciuti da tutte le tribù della regione.

Con l’intensa tratta degli schiavi, che si svolse dal seco-

lo XVI al secolo XIX per il lavo-ro nelle centrali di produzio-ne dello zucchero, arrivano a Cuba questi negri yoruba d’A-frica che riuscirono a conser-vare vive le proprie credenze religiose grazie alla resistenza opposta nei confronti dei loro padroni e all’abile identifica-zione degli “orisha” con i san-ti della religione cattolica a partire da alcune caratteristi-che comuni (si fonde così, ad esempio, l’immagine di Santa Barbara con l’orisha Changò, signore del fuoco e del fulmi-

LA CULTURA CUBANA

LA SANTERIALivi

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ne, dio della guerra; o quel-la di San Lazzaro con Babalù Ayè, anch’egli divinità dei lebbrosi e delle malattie della pelle).

Il complesso sepolcro “yo-ruba” è composto da nume-rosi “orisha”, che alla loro ori-gine furono personalità reali dotate di “achè” (potere) e resi santi dai loro discenden-ti. L’orisha viene trasformato in una forza immateriale che non diventa percettibile agli esseri umani, se non quando prende possesso di uno di essi attraverso la cerimonia deno-minata “hacerse el santo”. Tra gli orisha più conosciuti -dopo Changò e Babalù Ayè- ci sono Elegguà (signore delle strade, fusosi con il Nino de Atocha o Sant’Antonio da Padova), Obatalà (creatore della ter-ra e dell’essere umano, iden-

tificato con la Virgen de las Mercedes) e Yemayà (madre della vita, identificata con la Virgen de Regla). A Cuba ha un ruolo di rilievo anche Ochùn, dea dell’amore, della femminilità e del fiume che è stata identificata con la Vir-gen de la Caridad del Cobre (patrona dell’isola).

Con l’abolizione ufficiale del-la schiavitù (1880) molti schia-vi yoruba, emigrati in zone urbane de l’Avana e di Ma-tanzas (province dove si pro-

San Lazzaro Il Patrono degli ammalati

duceva molto zucchero) cominciarono a praticare con maggiore libertà i pro-pri vecchi riti africani già mescolatisi con la religione cattolica. In quel periodo, nei quartieri di Regla e nei pressi de l’Avana, si fonda-no le prime case dedicate a questo tipo di culto. Due avvenimenti furono decisi-vi per una definitiva cuba-nizzazione della Santeria: l’unificazione di diversi culti yoruba in una unica liturgia (la denominata Regla de Ocha) raggiunta dal “ba-lalawo” (il sacerdote dell’o-risha Orula, colui che indo-vina il futuro) Lorenzo Samà e dalla sua sposa Latuan sul finire del secolo XIX, la defi-nizione della “Regla de Ifà” (sistema di predizione usato dagli yoruba) che si deve al babalawo Eulogio Gutier-rez (dopo l’abolizione della schiavitù riesce a tornare in Nigeria, dove però riceve l’ordine divino di far ritorno a Cuba per stabilire la Re-gla de Ifà: l’ordine sacro dei babalawo, gli unici capaci a predire il destino di donne e uomini mediante la Tavo-la di Orula).

Il sistema per predire il fu-turo usato dalla Santeria, conosciuto appunto come Regla de Ifà, funziona attra-verso la “Tavola de Ifà” o di Orula (identificato con San Francesco d’Assisi) che è manipolata dal babalawo, categoria sacerdotale che può essere ricoperta solo dagli uomini e solo quando un altro babalawo (dopo aver consultato la tavola) scopre che può essere figlio di Orula.

I denominati “santeros” -uomini e donne- pratica-

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no la predizione del futuro quando il santo che hanno ricevuto in affidamento li autorizza per questa attività attraverso un sistema deno-minato Caracoles.

La Santeria, come religio-ne primitiva, ha un caratte-re pragmatico e attraverso di essa i suoi affiliati cerca-no di risolvere i problemi spirituali e materiali. Sono molto frequenti le feste de-dicate agli orisha con musi-ca e balli, grande quantità di cibo e bevande. Le feste più importanti sono di solito quelle del 4 dicembre, gior-no dell’orisha Changò.

¡COMO ADORAN AL SAN-TO ESTAS TURBA SALVAJE!

“Come adorano il santo questi selvaggi!”

Questo dissero probabil-mente gli spagnoli dell’e-poca dello schiavismo ri-ferendosi agli schiavi degli ingenios cubani, che in oc-casione delle feste religiose, danzavano e cantavano in onore al santo cattolico.

Si perché la legge della co-lonia obbligava gli schiavi afri-cani a battezzarsi, rinunciare alla loro fede e abbracciare il cattolicesimo. E loro lo fecero, per salvare la propria vita, al-meno in superficie.

Le immagini cattoliche sono dense di simbolismo, per gli africani associare queste im-magini alle loro divinità fu un processo lungo, ma inesorabi-le, al punto che tuttora, si fati-ca a distinguere la differenza tra gli Orishas e i santi della chiesa, nonostante il fatto che la religione cattolica non sia più imposta e che gli attuali sacerdoti delle varie religio-ni di ceppo africano presenti nell’isola stiano lavorando per separare le due entità.

Fu così che l’Orisha Chan-gò, divinità della mascolinità, della guerra, del fulmine e del tuono, venne legato indissolu-bilmente alla figura di Santa Barbara, come è stato pos-sibile che un Orisha maschio come Changò fosse abbina-to ad una Santa? Semplice! Santa Barbara porta le vesti bianche e rosse, ha una cop-pa in una mano e una spada nell’altra e, racconta la sua

storia, che suo padre ven-ne ucciso dal fulmine subito dopo averla fatta decapitare perché cristiana. I colori rituali di Changò sono il bianco e il rosso, l’Orisha è un guerriero (la spada) e ama bere alle fe-ste (la coppa), in oltre è il dio del fulmine che usa anche per castigare gli uomini indegni (il padre della Santa). E ancora, in uno dei racconti che riguar-dano Changò, si dice che una volta dovette travestirsi da donna per sfuggire ai suoi nemici

Quindi il sincretismo tra il san-to cattolico e l’Orisha può nascere da una motivazione profonda o da una similitudi-ne estremamente semplice ed ingenua, dovuta anche al

fatto che gli schiavi africani non sapevano assolutamente niente dei dogmi della chiesa e credevano che ogni imma-gine fosse a se stante, non ca-pivano, e probabilmente non erano interessati a capire, che due diverse immagini della Vergine, con due nomi diversi fossero relative alla stessa per-sona, per loro non aveva sen-so!

Tavola de Ifà

YEMAYA’

Intorno al 1660 venne eretto nel casale di Regla, nei ter-reni del Ingenio Guaicamar, una casupola che custodiva un immagine della Vergine, la Regola (Regla) di Sant’ Agosti-no. (Racconta una leggenda circa il Vescovo Agostino, det-to l’africano nato e morto in Africa (360-436), che quando era molto giovane ebbe la ri-velazione di un angelo che gli ordinò di intagliare nel legno un’immagine che doveva collocare, ben ornata, nel suo oratorio. I secoli cancellaro-no il nome che Sant’Agostino dovette dare all’immagine, ma sembra che fosse Vergine della Regola. Diciassette anni dopo la sua morte, un disce-polo di Agostino, conoscito-re del segreto della rivelazio-ne, chiamato Cipriano, per evitare che la figura venisse profanata dai barbari, imbar-cò l’immagine in una piccola nave e arrivò sulle coste della Spagna, vicino al luogo dove si trova attualmente la Vergi-ne della Regola, nella villa di Chipiona, Càdiz. Si dice che nonostante una tempesta che li sorprese in mezzo allo stretto di Gibilterra, l’immagi-ne non si rovinò e non ebbe-ro pericolo ne Cipriano, ne la piccola imbarcazione, questo è stato considerato il suo pri-mo miracolo, che venne am-piamente commentato da marinai e pescatori. (Divenne così la patrona dei marinai.) Due anni dopo la casupola venne distrutto da una tem-pesta, Juan Martìn di Cyendo, una uomo pietoso e modesto, costruì con le proprie mani, e con l’aiuto economico di Don Alonzo Sànchez Cabel-lo, commerciante Habanero,

una cappella . Venne termi-nata nel 1664, quando arrivò a La Habana una nuova im-magine della vergine, porta-ta da sergente maggiore Don Pedro de Aranda. La istallaro-no nella cappella. Lì divenne oggetto di grande devozione e il 23 dicembre del 1714 ven-ne proclamata patrona della baia. Le sue feste divennero popolari in tutte le classi socia-li. Bianchi, nobili e negri schia-vi, liberati per pochi giorni, bevevano acquavite e orga-nizzavano lotte di galli e ina-spettate corride di tori. Nell’a-ria si sentivano allegri cori dedicati alla dolce Maria, ma anche profondi suoni di batà che evocavano Yemayà, la potente, l’altra madre. Il sin-cretismo di Yemayà con la Vir-gen de Regla risultò naturale, la Vergine è la madre di Dio, bisogna attraversare il mare per vederla e risiede sulla sua sponda; Yemayà è la potente madre di tutti gli Orishas, la mi-sericordiosa regina del mare, che è la sua dimora.

ORISHAS PRINCIPALI

ELEGGUA’ è il primo orisha ad essere salutato, il primo a rice-

vere qualunque offerta, il primo (e l’ultimo) cui si can-ta nelle cerimonie e nelle feste ed anche il primo che viene ricevuto dai credenti, insieme con Oggùn, Ochos-si e Osun, in un gruppo de-nominato GUERREROS. E’ l’orisha che custodisce la casa, apre e chiude le por-te al destino, rappresenta il bene e il male, la notte e il giorno, la disgrazia e la fe-licità. Tradizionalmente la sua figura è strettamente vincolata a quella di ECHU, l’incarnazione dei problemi e delle disgrazie dell’uomo. I suoi colori sono il rosso e il nero, i suoi giorni il lune-dì, il martedì e ogni 3 del mese. Viene sincretizzato con il Santo Niño di Atocha, Sant’Antonio da Padova e l’Anima Solitaria.

OGGUN il fabbro, violen-to e astuto è l’orisha dei minerali, le montagne, gli attrezzi, i fabbri, i soldati. Rappresenta il raccoglitore, il cacciatore solitario che vaga nel bosco e ne cono-sce tutti i segreti. Simbolizza

Calderone della OGGUN

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il guerriero brusco, barbaro e bestiale. E’ il signore delle chiavi, le catene ed il car-cere. E’ considerato come una delle manifestazioni più antiche degli yoruba. I suoi colori sono il verde e il nero, i suoi giorni il martedì, il mer-coledì e il 4 di ogni mese. Viene sincretizzato con San Pietro.

OCHOSSI il cacciatore, patrono di coloro che han-no problemi con la giustizia, mago, indovino, guerriero, cacciatore e pescatore, lo s’invoca per avere pro-tezione quando bisogna affrontare un’operazione chirurgica. I suoi colori sono il blu prussia e il rosso coral-lo, i suoi giorni sono il lunedì e il mercoledì e il 4 di ogni mese. Si saluta alzando la gamba sinistra ed imitando con le mani il lancio di una freccia. Viene sincretizzato con San Norberto.

OSUN il messaggero di Obatalà e Olofi, è il guar-diano della testa degli uo-mini, Orula si appoggia a lui per ottenere il potere della divinazione e la conoscen-za del reale e del trascen-

dente, rappresenta la vita stessa. Gli appartengono tutti i colori (Osun vuol dire “pittu-ra”), il suoi giorno è il giovedì. Viene sincretizzato con San Govanni Battista.

ORULA

l’indovino, il benefattore dell’umanità, il suo principale consigliere perché gli rivela il futuro e gli permette di influir-vi. Personifica la saggezza, la possibilità di influire sul proprio destino, anche il più avverso, medico e signore di uno dei quattro venti.

Chi non ascolta i suoi consigli, sia uomo o Orisha, può essere vittima della mala sorte porta-ta da Echu. Intorno ad Orula si è formato un complesso reli-gioso che lo singolarizza rispet-to a tutti gli altri Orishas. Per essere sacerdote di Ifà o ba-balawo, non è imprescindibile essere santero, anche se nor-malmente è così. Il suo potere è tanto grande che quando reclama qualcuno come suo figlio, questi deve abbando-nare qualunque altro Orisha e dedicarsi a Orula. Solo gli uo-mini (neanche gli omosessua-li) possono essere babalawos, alcune donne hanno acces-so al mondo di Ifà diventan-do Apetebi e vengono con-siderate spose della divinità e partecipano ad alcuni dei

suoi segreti. I suoi colori sono il verde e il giallo, gli apparten-gono tutti i giorni di festa e il 4 ottobre. Viene sincretizzato con San Francesco d’Assisi.

ODDUA

primo Re di Oyò, rappresenta i misteri e i segreti della mor-te. Signore della solitudine, è androgino. I suoi colori sono il bianco, il rosso e il nero. Il suo giorno è il giovedì. Si sincre-tizza con il Nome di Gesù e il Santissimo Sacramento.

OBBATALA’creatore della terra e scul-tore dell’essere umano, è la divinità pura per eccellenza, signore di tutto ciò che è bian-co, della testa, dei pensieri e dei sogni. Venne inviato sulla terra da Olofi per fare il bene e per governare il pianeta, è misericordioso e amante della pace e dell’armonia. Tutti gli Orishas lo rispettano. Non per-mette a nessuno di spogliarsi in sua presenza o di pronunciare

parole ingiuriose o volgari. Se-condo la sua manifestazione può essere uomo o donna, vecchio e saggio o giovane e guerriero. Il suo colore è il bianco. Generalmente viene sincretizzato con la Vergine de la Mercedes.

OKE’ divinità tutelare delle montagne. E’ la forza e il guar-diano di tutti i santi. Si sincre-tizza con Santiago de Compo-stela, patrono di Spagna

YEMAYA’ madre della vita, signora del mare, fonte fon-damentale di vita. Le piace cacciare e maneggiare il ma-chete, è indomabile e astuta, i suoi castighi sono duri e la sua collera terribile, ma giustiziera, ma è anche madre dolce che ascolta le richieste dei suoi figli e si preoccupa per il loro so-stentamento. I suoi colori sono il blu e il bianco, veste con set-te gonne sovrapposte, un cor-petto blu con serpentine bian-che e una cinta con un rombo che copre l’ombelico. Il suo giorno è il sabato. Si sincretizza con la Vergine della Regola.

CHANGO’ dio del fuoco, del fulmine, del tuono e del-la guerra. Dei tamburi batà, della danza della musica e la bellezza virile. Rappresenta il maggior numero di virtù e im-perfezioni umane, è lavorato-re, coraggioso, buon amico, indovino e guaritore, ma è anche bugiardo, donnaiolo, rissoso e giocatore. Buon pa-dre finché il figlio obbedisce, ma non lo ammette codardo o effeminato. I suoi colori sono il rosso e il bianco, i suoi giorni sono il venerdì e il 4 del mese. Viene sincretizzato con Santa Barbara

OCHUN signora dell’amore e della femminilità, divinità del fiume, è il simbolo della civet-teria e della grazia femminile, amante di Changò, amica di Elegguà che la protegge. Ac-compagna sempre Yemayà. Vive nel fiume e assiste le ge-stanti e le partorienti. Viene rappresentata come una mu-latta bella, simpatica, brava

ballerina e sempre allegra. E’ capace tanto di risolvere, quanto di provocare, liti tra gli Orisha e tra gli uomini. Il suo colore è il giallo, ma gli vengono attribuiti anche il verde acqua e i corallini. Il suo giorno è il sabato. Si sin-cretizza con la Vergine della Caridad del Cobre, patro-na di Cuba.

IBEYIS gemelli divini, figli di Changò e Ochùn, cresciuti da Yemayà. Proteggono i bambini. Sono sincretizzati con i Santi Cosma e Damia-no

OYA’ YANSA’ amante di Changò, signora del fulmi-ne e del cimitero. Violenta e impetuosa, ama la guerra e accompagna Changò nel-le sue campagne, con il suo esercito di spiriti, combat-

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tendo con due spade. Vive alla porta del cimitero o nei suoi dintorni. Con Elegguà, Orula e Obatalà, domina i quattro venti. Possiede tutti i colori tranne il nero, il suo giorno è il venerdì. Si sincre-tizza con la Vergine della Candelora

OBBA moglie ufficiale di Changò, che la ripudiò quando lei, per amor suo, si tagliò un orecchio. Signora dei laghi e delle lagune. E’ la guardiana delle tombe. E’ il simbolo della fedeltà coniugale e viene rappre-sentata come una giovane donna sensuale e dalle car-ni sode. I suoi colori sono il rosa e il giallo. Il suo giorno è il venerdì. Viene sincretiz-zata con Santa Rita da Ca-scia.

BABALU’ AYE’ divinità delle malattie, santo molto vene-rato e pregato per ottenere la grazia della guarigione. Il suo colore è il viola vescovi-le. I suoi giorni sono il merco-ledì e il venerdì. Si sincretizza con San Lazzaro

ORISHA OKO divinità della terra, dell’agricoltura e dei raccolti.I suoi colori sono il ros-so e il bianco. I suoi giorni sono il lunedì, il martedì e il 12 di ogni mese. Si sincretizza con San Isidoro

OSAIN signore della natura, la natura stessa. Ha una sola mano, una sola gamba, un orecchio grande da cui è sor-do e uno piccolo da cui sente tutto, anche il voli degli inset-ti. E’ il signore di tutte le erbe che hanno potere magico o curativo, bisogna chiedere a lui il permesso per raccoglier-le. Il suo colore è il verde, il suo giorno il venerdì. Si sincretizza con San Silvestro.

La santeriaqualcosa di più di una religione

Per capire a fondo la cultura cuba-na non è possibile prescindere dal-la santeria e dai suoi rituali. E’ forse uno dei misteri più affascinanti che unisce la variegata popolazione del caribe, composta da un crogiolo di razze e culture amalgamate da tempo in un popolo capace di sen-tire con forza la propria unità nazio-nale. A Cuba è una bestemmia solo parlare di razzismo: creoli, bianchi, mulatti e negri convivono da sempre senza problemi e la santeria ha la sua parte di merito. E’ vero che l’in-tensità con la quale si pratica que-sta religione non è uniforme, infatti a Oriente (Santiago e Baracoa) la sua influenza è maggiore che a Occi-dente, così come nelle campagne la religiosità è più diffusa rispetto ai grandi centri urbani. Basta aggirarsi un po’ per i quartieri de L’Avana per rendersi conto che a Guanabacoa si praticano riti santeri in misura supe-riore rispetto ai quartieri centrali del Vedado e Miramar e che là dove la popolazione nera è in maggioran-za la santeria ha una percentuale di pratica e diffusione notevole. E questo è abbastanza ovvio se solo si pensa alle origini di queste creden-ze.

La santeria nasce nella Nigeria sud occidentale, la patria degli Yoru-ba, che in pieno XVII secolo furono deportati nel Nuovo Mondo come schiavi. Fu così che gli africani tra-sferirono a Cuba la loro pittoresca e variopinta mitologia che prese nome di lucumì. Le divinità, chia-mate orisha, ci ricordano molto da vicino gli dei dell’Olimpo greco per-ché sono un coacervo di vizi e difetti umani. La stessa religione africana si diffuse nel resto dell’America centro - meridionale con diverse modifica-zioni. A puro titolo esemplificativo diremo che in Brasile dette vita al candomblé o macumba e ad Haiti al vudù. A Cuba il tratto fondamen-tale di quella che si chiamerà san-teria è dato da una commistione e identificazione della mitologia lucu-mì con la iconolatria cattolica dei dominatori spagnoli. Gli schiavi afri-cani si preoccuparono di occultare le loro pratiche magiche e religiose agli occhi degli spagnoli, che non sono mai stati un esempio di tolle-

ranza. Fu così che gli orisha presero i nomi dei santi cristiani e i riti magici yoruba andarono progressivamen-te a fondersi con le tradizioni della Chiesa cattolica. Ecco perché è appropriato parlare di sincretismo religioso a proposito della santeria, che oggi subisce pesantemente l’in-fluenza del cattolicesimo. Quei san-ti che servivano inizialmente solo a mascherare la realtà di un culto che veniva dall’Africa, adesso sono una cosa sola e inscindibile con i rispettivi orisha. Al giorno d’oggi non c’è san-tero che non si dica cattolico e che non sia battezzato. La necessità di un tempo si è trasformata in una reli-gione nuova che non nasconde più niente a nessuno, ma è diventata un cattolicesimo sui generis, costretto a fare i conti con i rituali venuti dall’A-frica quattrocento anni fa. A Cuba la Chiesa non può che chiudere un occhio se vuole convertire e farsi ac-cettare, perché qua non è possibile prescindere dalla tradizione. Ed è quello che sta facendo, come a suo tempo ha fatto il regime comunista, per impostazione culturale ostile a ogni culto religioso.

La santeria è una religione ter-rena, un sistema magico-religioso dove ogni orisha si identifica con un aspetto della natura e trova il suo

corrispettivo nella tradizione cattoli-ca. Changò è Santa Barbara e go-verna il fuoco, il tuono e il fulmine, oltre a essere il simbolo del potere bruto, della passione e della virilità. Oshun viene raffigurata come No-stra Signora della Caridad del Co-bre, la patrona di Cuba, e simboleg-gia le acque del fiume, oltre a essere riconosciuta come dea dell’amore, della fertilità e del matrimonio. Ye-mayà è associata a Nostra Signora di Regla, patrona de L’Avana e sim-bolicamente rappresenta il mare. A lei si rivolgono le donne in materni-tà per ricevere protezione. Elegguà si raffigura come Sant’Antonio da Padova, ma per la tradizione sante-ra è il bambino degli dei, impreve-dibile e sconcertante. I suoi poteri sono enormi: apre tutte le strade e governa il destino, rendendo possi-bile ogni impresa. Obatalà è Nostra Signora della Misericordia ed è raffi-gurato come il creatore del genere umano. Oyà è Santa Teresa e sim-boleggia i venti, oltre a vigilare su cimiteri e fulmini. Oggùn si identifica con San Pietro ed è il patrono di tutti i metalli, proprio per questo proteg-ge agricoltori, carpentieri, macellai, chirurghi, meccanici e poliziotti e tut-ti coloro che lavorano con metalli o armi metalliche.

Abbiamo citato solo le divinità maggiori, per andare oltre non basterebbe lo spazio di un artico-lo, così come interessante sareb-be approfondire le leggende che si narrano attorno a ogni orisha. La mitologia che si è sviluppata nei secoli attorno alle singole fi-gure non ha niente da invidiare a quella classica di tradizione gre-co – romana.

Gli orisha vengono propizia-ti con sacrifici, ma non sempre c’è bisogno di una vittima e di uno spargimento di sangue. Più frequentemente si offrono frutti, fiori, candele o i cibi preferiti da-gli orisha. Si ricorre a offerte più importanti solo se si devono risol-vere problemi molto delicati e soprattutto si ricorre al sacrifico di sangue solo quando è a rischio la vita di una persona.

Fissiamo un altro punto fermo di-cendo che la santeria non è un culto o una pratica magica,come molti nel passato hanno tentato di liquidarla.

I santeros sono soltanto la voce terrena degli orisha, così come i babalawos sono oracoli ancora più potenti, una sorta di sommi sacerdoti della santeria. Tutti par-lano sempre per bocca dei santi e degli dei e tra loro è solo una questione di gerarchia e di pote-re. Il santero rispetta il babalawo e in caso di dubbio interpretativo chiederà sempre a lui una spie-gazione esauriente.

Il Dio supremo non manca a questa religione ed è chiamato Oloddumare, il creatore di tutti gli orisha, però l’elemento fonda-mentale resta il culto dei santi. La vita di ognuno di noi è governa-ta da un orisha, una sorta di an-gelo custode che accompagna ogni azione dalla culla alla tom-ba e deve essere individuato pri-ma possibile dall’interessato. La santeria si propaga e si diffonde per iniziazioni che a loro volta ne producono altre. Il neofita si dice che prende il santo e per un cer-to periodo (solitamente un anno) va in giro vestito di bianco, deve sottostare a certe proibizioni ali-mentari e, se si tratta di una don-na, deve portare anche i capelli tagliati molto corti.

Nel culto santero sono di fonda-

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mentale importanza gli spiriti dei morti, chiamati eggun, che van-no sempre onorati prima degli orisha.

I defunti hanno bisogno di esse-re nutriti e per questo motivo in casa di un santero troverete sem-pre, nel bagno o dietro le porte, bacinelle di acqua, tazzine di caffè, bocconi di cibo, mazzi di fiori e candele votive.

Ogni cerimonia rituale, detta rogacion de cabeza, si apre con l’invocazione e l’offerta agli eg-gun e si svolge attorno alla bove-da, un tavolino con sopra coppe per l’acqua e al centro una cop-pa più grande consacrata alla guida spirituale del santero. Sulla boveda i santeri depongono fiori, sigari, rum, alcol aromatico (ac-qua di Florida), dolci, cibo e caf-fè. A volte anche una rosa rossa e un crocifisso. La messa spirituale è una seduta pubblica in cui i par-tecipanti siedono intorno a un ta-volo spesso tenendosi per mano. Le cerimonie si svolgono dopo il tramonto e prima di iniziare ci si deve purificare con l’acqua di Florida. Il santero parla con una lingua a metà tra l’africano e lo spagnolo, incomprensibile per chi non è un iniziato. Invoca i mor-ti con un bastone detto palo e prende le sembianze degli eggun che incontra nella stanza liberi di parlare e agire. La cerimonia è arricchita da preghiere in tutto e per tutto identiche a quelle che si recitano in una comune chiesa cattolica e offerte propiziatrici. Se c’è bisogno di divinare il futuro o di dare risposta a domande poste dai fedeli si ricorre a noci di coc-co e a conchiglie, che vengono lanciate in aria e il loro modo di disporsi al suolo viene interpreta-to come segno di una ben preci-sa volontà.

Concludiamo dicendo che non si può conoscere la santeria e ap-prezzarla in tutto il suo apparato tradizionale se non ci si cala nel-la mentalità cubana. La santeria non è solo una religione, ma uno stile di vita, un modo per cono-scere il mondo circostante.

E’ una religione fatta di elemen-ti naturali, di mare, fuoco, vento, sole e fulmine. Il mondo è un insie-me di spiriti nell’incontro tra cat-

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tolicesimo e credenze africane.

Il santero è un personaggio al quale si ricorre frequentemente per dare una soluzione ai proble-mi del quotidiano. E’ un guaritore e un divinatore del futuro, un ora-colo e un preparatore di amuleti. Si va da lui con la stessa facilità con cui ci si reca da un medico e spesso lo si consulta anche quan-do la medicina tradizionale non ci dà speranza.

La santeria è una religione pie-na di vita, così come piena di vita è la gente di Cuba, accompa-gna l’esistenza quotidiana senza obbligare i praticanti a rituali pe-santi, inaccettabili per la mentali-tà locale.

Non riesco a immaginare un cu-bano intento a recitare preghiere buddiste ogni giorno alle stesse ore e mi è difficile anche vederlo in una chiesa cattolica tradizio-nale a sgranare il rosario.

La santeria invece ben si atta-glia alla mentalità del posto, per-ché è una religione fatta di riti che danno un posto importante a tabacco e rum. E poi talvolta anche una sbronza memorabile o una frenetica danza in compa-gnia di una bella ragazze può far parte del rituale evocativo.

A Cuba possiamo assistere a spettacoli di danze affascinan-ti ispirate alla vita degli orisha, così come si ascoltano canzoni di autori come Willy Cirino e Tito Puente che si soffermano su que-ste divinità sorridenti e gioiose. Comodamente seduti a sorseg-giare un cuba libre o un mojito ci lasceremo prendere da musi-che tribali di origine africana che scandiscono a colpi di tamburo e maracas i rituali santeri.

E proprio per questo diciamo che la santeria è parte integrante della cultura cubana, così come lo sono il ballo e la musica. E non vi azzardate a dubitare con un cubano in merito ai poteri di Eleg-guà o Yemaya.

Correreste il rischio di essere trascinati a una messa spirituale, dove il santero di turno vi cacce-rà via tutti gli spiriti maligni che in-festano la vostra anima a colpi di rami di palma e spruzzi di rum e tabacco.

MODELLI TRANSCULTURALI DELLA CURA

“La Filosofia di Ifà come struttura matematica del mondo”: lo sciamanesimo afro-cubano di origine Yoruba

SACRO - Pensiero primordiale - Relazione primaria - Costruzione del SIMBOLO per pensare l’Altro. - L’Altro si pone come un oggetto psichico in cui esercitare l’equi-librio fra posizione schizo-paranoide e posizione depressiva. - L’Altro è il principio della TRANSAZIONE propria al sistema simboli-co. Rapporto di continuità fra pensiero arcaico e pensiero tecnologico:qual è il posto per il sacro nella società attuale?Prospettiva Bio-psico-sociale: sentimento di interdipendenza fra l’uomo e le cose (bosco-incrocio stradale)

ANTECEDENTICuba era un Arcipelago circondato in ogni sua parte d’acqua e i suoi abitanti erano Indios pacifici: TAINOS, SIBONEYES e GUANAHATABEYES. Nel XV secolo iniziarono i viaggi alla scoperta del nuovo mondo. Il 28 ot-tobre 1492 Cristoforo Colombo, approdò a Cuba: “La più bella terra che occhi umani avessero mai visto!”

La storia del regime schiavista spagnolo durò quasi quattro secoli, intrec-ciando tre continenti: Europa, Africa e America. La tratta degli schiavi africani data dal principio del XVI secolo, ma si distinguono quattro tap-pe fondamentali nel periodo compreso fra il 1762 e il 1873.

PROCESSO DI TRANSCULTURAZIONESterminio della razza indigena da parte del conquistatore Diego Vela-squez (1510)Due etnologhi e storici cubani, Don Fernando Ortiz e il suo successore Rómulo Lachatañeré, affermarono che furono introdotte a Cuba, ap-prossimativamente, 99 etnie, di cui prevalsero, in funzione del loro livel-lo di sviluppo: i LUKUMI o YORUBAS; i BANTÚ o CONGOS, i KARABALI e i MANDINGO

ANEDDOTARIOL’influenza di quegli uomini deportati a Cuba come schiavi, fu tuttavia enorme, poiché seppero mantenere, preservare nella loro mente e tra-smettere fino ai nostri giorni l’immensa ricchezza che è stata alla base della cultura cubana.

Biografia: Livio Testoni

Nasce a Padova il 1° Settembre 1957.

Si occupa, per una buona parte della sua esistenza, di trattamenti olistici, avendo porta-to avanti uno studio di “Medicina naturale”, in anni in cui si era giudicati “pseudo - stregoni”. Ha studiato, frequentato corsi, confrontandosi sempre con esperti delle varie discipline, filo-sofie e scuole di pensiero.Mentre camminava in questo percorso conoscitivo, il suo “baga-glio di conoscenze” aumentava esponenzial-mente, rimanendo sempre, però, in uno stato di “apertura” a possibili nuovi aspetti da va-lutare.

Livio ha operato anche nel settore farma-ceutico per grosse compagnie multinazionali, dove ha svolto la sua opera per numerosi anni e all’interno delle quali ha potuto apprendere che “non è tutto oro ciò che luccica”, ovve-ro egli è venuto a conoscenza delle grosse manipolazioni di massa che queste poten-ti Lobbyes portavano avanti. Le attività nelle

quali oggi si sta prodigando con consapevo-lezza e serenità: propone conferenze d’Infor-mazione, Seminari di Formazione ed incontri individuali.Le tematiche, gli argomenti e le tec-niche che utilizzo a tal fine, possono così essere classificate:

1) Conferenze e presentazioni sulle “Memorie Sciamaniche”

2) “Il Potere Invisibile della Rosa”

3) Messaggi dal Cosmo e verità occultate.

Il punto essenziale, che lega tutto ciò, è “La Visione Interdimensionale”.

Sia le conferenze, i seminari e gli incontri in-dividuali, sono mirati, per chi lo desidera, a Ri–scoprire (uscendo da vecchi schemi obsoleti) i propri talenti.

Il suo motto è:

“Opera per insegnare a operare, sempre e comunque, attraverso una Visione Interdimen-sionale”.

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La vita degli uomini è immersa in tanti misteri e, bene o male, ogni essere umano si è “abituato” a fare i conti con quelli che affolla-no la sua esistenza… Ad un solo mistero l’uomo non si è abituato, ed è quello della morte.

Per quanto sia, anche l’uomo più coraggioso, più incline a con-frontarsi con il mistero in sé, con la sua innegabile parentela con la quotidianità, dinanzi alla morte si trova indifeso e non riesce a darsi alcuna spiegazione, perché ogni sua considerazione, di qualunque natura sia, al cospetto con l’idea della fine fisica di sé stesso, crolla e si svuota della sua forza dialetti-ca. Eppure qualunque uomo, sin dalla notte dei tempi, si è dovuto misurare con questo dilemma ed avrebbe dovuto sviluppare una certa “familiarità” con questo evento, che colpisce indifferen-temente tutti.

Non basta, difatti, appartene-re ad una razza, ad una classe sociale o ad una religione parti-colare per essere protetti contro questa sicura evenienza. A qual-

siasi circostanza esistenziale, nel corso dei secoli, gli uomini hanno trovato riparo o soluzione, ma alla morte, no! Le scoperte scien-tifiche, una tecnologia avanzata sono state in grado di controllare tante malattie, hanno migliora-to lo stile di vita di innumerevoli comunità, e dalle caverne si è passati ad abitare nei grattacieli; il cibo è diventato meno difficile da procurarsi, si è sperimentato il volo, l’esplorazione degli abissi marini, addirittura si è solcato lo Spazio con velocissimi razzi ma, al cospetto della morte, né cultu-ra, né scienza, né filosofia hanno trovato un “perché” o un possi-bile rimedio, né una spiegazione esaustiva.

L’umana capacità di adatta-mento, la flessibilità mentale de-gli uomini, a questo punto, ha escogitato mille miti, tante favo-le: leggende e testi sacri hanno elaborato le visioni più fantasiose o terrificanti per dare un senso compiuto a questo dato di fatto; soprattutto la fantasia degli uo-mini si è ingegnata ad inventare

una prosecuzione della vita dopo la morte, rifacendosi alle visioni di santi e santoni o ai dettati sacri di popoli diversi. Paradisi, inferni, eden o luoghi di ogni sorta sono stati popolati dai nostri predeces-sori ormai defunti, ci si è dati da fare per mettere in piedi sistemi di comunicazione con queste persone non più in vita, di tutto si è pensato od organizzato per forare quella “parete” buia oltre la quale i nostri cinque sensi non avevano accesso, ma niente… Oltre un “sentito dire”, nessuna “ prova”, buona per Tutti, ha suffra-gato la letteratura relativa al post mortem creata dai vivi.

Di conseguenza, della morte si è discusso e si discute soltanto in termini ipotetici. Anche quando la medicina, con i suoi strumen-ti sofisticati, ha registrato casi di “pre-morte” felicemente risolti, ci si è trovati a dare connota-zioni diametralmente opposte ai resoconti dei redivivi. Una parte degli studiosi ha registrato le vi-sioni narrate come allucinazioni, altri come l’effettiva cronaca di

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ini IL MISTERO DEI MISTERI :

LA MORTE

un percorso extra-corporale con valenza spirituale. Dunque, da un lato si sono schierati i convinti so-stenitori di una vita oltre la morte fisica, dall’altro i sostenitori di un’e-sperienza del cervello sconvolto da un accidente traumatico che poco o nulla poteva dimostrare. E i secondi hanno portato a so-stegno della loro tesi il fatto in-negabile che, stricto iure, nessun medico è in grado di individuare, con certezza matematica, il mo-mento esatto della morte. In que-sto modo, altra confusione si è aggiunta al quadro di nozioni già nebulose che aleggiano intorno al concetto di morte.

Parlare di morte fisica, scientifi-camente, assume migliaia di va-riabili e qualunque medico può enumerare casi e casi di morti apparenti, di morti ritardate o an-ticipate, ma nessuno, paradossal-mente, vi potrà dire, con precisio-ne, in quale istante finisca la vita: potrà semplicemente verificare l’avvenuto decesso, annoterà un orario, ma non giurerà mai sul mi-nuto, sul secondo che ha, senza

ombra di dubbio, decretato esat-tamente lo stop fatidico. Quindi, punto e a capo! Nonostante si sia capaci di viaggiare alla velocità della luce, quando ci dirigiamo verso la comprensione di que-sto fenomeno, non camminia-mo, ma gattoniamo più incerti di quando, piccoli, abbiamo iniziato l’avventura della deambulazione e nessuno, nonostante dubbi, in-certezze e timori, si è rassegnato a non tentare una sua persona-le ricerca su questa “faccenda”. Ogni qual volta un gruppetto di persone si ritrova a chiacchiera-re del più o del meno, questo ar-gomento, come un commensale non invitato, sbuca da dietro un bicchiere o da un angolo appar-tato e si presenta per essere ac-colto in quelle pigre discussioni, innescando infinite disquisizioni che restano comunque appese, insolute fino alla prossima ami-chevole riunione…

Negli ultimi tempi, però, la so-cietà moderna ha messo in giro un muto passa-parola e, come per magia, la morte è stata ac-

cantonata, si finge addirittura che non esista e, quando viene tirata in ballo, c’è sempre un’aria di riprovazione che investe il mal-capitato autore di questa azione non politically-correct! Di questo passo, le nuove generazioni han-no assunto un atteggiamento in-differente nei riguardi della mor-te, se non quasi noncurante, e la morte è divenuta l’eterna assente finché – ahinoi! - non ci tocca da vicino. Quando, in effetti, questa non procrastinabile data si realiz-za, allora tutta la sua forza emoti-va e spirituale irrompe sulla scena lasciando attoniti i protagonisti chiamati a recitare l’ultimo atto della loro vita. In quel frangente si assiste a conversioni dell’ultimo momento, a pratiche religiose o spirituali mai prima neppure im-maginate ed Essa, la MORTE, fa il suo ingresso trionfale nella mente e nel cuore riproponendo, anco-ra una volta, intatto il suo mistero. Non sarebbe, invece, il caso di alzare i veli che ricoprono questo evento trasformato in feticcio cul-turale per ridare alla morte tutto il

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suo valore educativo ed evoluti-vo nonché creativo? Oggi che la Spiritualità - un modo individuale ed alieno dalle tradizioni religiose di vivere il non conosciuto mon-do dell’anima - sta instaurando una nuova visione dell’esperien-za terrena degli uomini, non è il caso di esaminare, con gli occhi del cuore, con la sensibilità delle emozioni, alla luce delle innate intuizioni che sono parte del patri-monio umano, questo fenomeno innegabile?

Decisamente l’educazione de-gli uomini prevede molte tappe formative: si insegna al fanciullo ogni tecnica esistenziale, si arric-chisce la sua personalità con le fondamenta culturali che danno vita alla crescita del consesso civi-le, gli si fanno apprendere moda-lità di comunicazione e di inda-gine; infine si spronano i giovani a migliorare in qualsiasi maniera le loro conoscenze in ogni cam-po dello scibile umano, ma non si dice loro quasi nulla dell’Amore e della Morte, cioè dell’inizio e della fine della vicenda terrena di ogni essere senziente o non, se non in termini poco comprensibili o co-munque ammantati di innumere-voli credenze desunte dalle pre-gresse e spesso fallaci esperienze dei loro Avi. Perché mai c’è tanto riserbo nel fornire un’educazione sentimentale ed una educazione alla morte? Avere le idee chiare su questi accadimenti, uguali e contrari, servirebbe a porre fine a tante sciocche paure, servirebbe a squarciare il buio sull’effettiva portata di questi eventi connatu-rati alla vita. Nel momento in cui un giovane è educato all’Amo-re, alla sua infinita potenza, alla sua forza creatrice dalle multifor-mi sfaccettature, è ben disposto a confrontarsi con il rovescio di questo sentimento che ha in sé il principio e la fine della curva esi-stenziale di ogni creatura vivente. In fondo, cos’altro è la morte se non un atto d’Amore? Interviene la Morte a porre fine ad un ciclo per dare la possibilità alla vita di continuare sotto altra forma: è vero, la Morte distrugge un’e-nergia, ma solo perché un’altra energia si nutra di lei. Esattamen-te come fa l’Amore, la Morte an-nulla per creare…

Ora, se si riflette sul processo messo in fieri dall’Amore, si è in grado di scoprire la sua analogia con il processo messo in fieri dalla Morte. Entrambi questi fenome-ni annullano l’ego, ne sfumano i contorni in un’unione con qual-cosa che è, di primo acchito, altro da sé. Quando ci si “inna-mora” di “ qualcosa”, qualunque cosa sia, ci si “perde” in lei, si di-viene lei! Quando, ad esempio, si crea un ‘opera d’arte, tutto ciò, che quell’opera è destinata ad essere, finisce per contenere il suo Autore, mentre rende indistin-guibile la sua identità: dunque, si crea “ qualcosa”, intanto che si distrugge “qualcuno”. E così in ogni “incontro” con altre realtà, ci si appropria di qualcosa pro-prio quando qualcosa si dà. C’è uno scambio simbiotico in ogni comportamento della natura, in ogni manifestazione della vita, e quindi della Morte! Imparando ad amare ciò che cediamo - l’at-to del dare che è insito nel pro-cesso dell’Amore - impariamo a far morire un pezzetto di noi per farlo nascere o ri-nascere altro-ve.

Questo è, a mio avviso, il segre-to della Morte… ovunque c’è morte, di converso c’è vita… ter-minando il nostro tempo vitale, ci inoltriamo in un “non-tempo” che accoglie la nostra essenza per farla diventare luce, quin-di, nuova energia! Ed all’origine di questa trasformazione si rive-la la potenza dell’Amore, la sua inestinguibile Energia che nulla lascia perire, ma tutto muta… Imparare a morire, di conseguen-za, vuol dire imparare ad amare, vuol dire lasciar andare l’attac-camento all’esistente che è frut-to della nostra attività mentale, per abbandonarsi al campo di attrazione che la Natura delle cose genera in modo da tenere in essere l’eterno divenire del pre-sente, sublimandolo nell’eternità. Accettare questo movimento ondivago che prelude allo scam-bio ed al ricambio, questo in-cessante fluire in direzione gli uni degli altri, ci consente di capire lo scopo della nostra esperienza terrena che consiste nel nutrire la vita attraverso l’azione della mor-te. Si diventa allora consapevoli della certezza che, in verità, non

esiste mai fine, ma solo continuo cambiamento. Esistono piani di esperienza diversa, ciò che sen-tiamo con i cinque sensi è sem-pre mediato dalle percezioni mentali che, a loro volta, sono guidate dalle intuizioni del cuore. Queste differenti scale di valori sono la cartina al tornasole del-la medesima realtà, tradotta da livelli percettivi e sensoriali di va-rio tono che noi chiamiamo ap-punto piani dimensionali. Entrare in contatto cosciente con que-sti aspetti dello stesso fenomeno aiuta a relazionarsi con l’immen-sità nascosta in ogni essere uma-no, aiuta a comprendere la re-latività delle impressioni fisiche e la precisione delle pulsioni emo-tive, ma soprattutto allarga la nostra visione della realtà che ci circonda, una realtà che fluttua indifferentemente su diverse po-sizioni energetiche, di cui la Mor-te è una componente essenziale come lo è l’Amore.

Prepararci a morire, in ultima analisi, significa proprio preparar-ci a vivere secondo i suggerimen-ti dell’Amore che informano tutti i piani dimensionali su cui inces-santemente veniamo in essere. Significa entrare nel mistero del-la Morte da vivi per coglierne la grande valenza creativa, l’intima essenza che si traduce sempre e comunque in vita, una vita sotto altra forma che ha eliminato dal suo orizzonte l’azione della paura: l’unico fattore di distruzione vero e proprio! Insomma, per penetra-re il mistero della morte va vissuto il mistero dell’Amore... amando la morte, amiamo la vita e ci conse-gniamo alla morte sapendo che è la porta di accesso all’azione dell’Amore…

Forse l’unico mistero, che miste-ro non è, è solo la Morte: il volto in ombra dell’Amore.

Biografia : Hoseki VanniniViene al mondo come Maria F.

e diventa dopo un lungo, e spes-so sofferto, percorso esistenziale Hoseki. Diplomata al liceo Clas-sico, studia giurisprudenza senza convinzione o meglio con la cer-tezza di aver scelto una facoltà non adatta a lei. Nel frattempo, si imbatte nei mille interrogativi sul significato della esperienza umana e inizia un cammino di personale ricerca spirituale, con-dotto in assoluta e dolente solitu-dine. Dall’età di quindici anni si

dibatte fra i dubbi della sua ra-gione e le tesi del suo cuore. La sua ricerca non è conclusa, ma ha attraversato, con entusiasmo e sofferenza in egual misura, ogni teoria capace, a suo avviso, di fornire risposte adeguate alle do-mande che le premevano den-tro. Nel tempo ha pubblicato, con rispetto e umiltà, articoli del-la sua crescita interiore e che ora ha cercato di riassumere in parte nell’eBook Anima gemella: illusio-ne o realtà.

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Quest’articolo propone l’uso di dodecaedro romano, un manu-fatto di bronzo di origine gallo- romana, come strumento per la misurazione di distanze. Un do-decaedro, trovato durante alcu-ni scavi archeologici a Jublains, l’antica Nouiodunum e risalente al 2° o 3° secolo DC, ci farà da modello per spiegare il metodo di misura che si basa sulla similitudi-ne dei triangoli.

Lo studio degli antichi strumen-ti di rilevamento può diventare un interessante campo di ricer-ca multidisciplinare, dove la fisi-ca sperimentale è certamente cruciale per valutare la cono-scenza scientifica e metrologica del mondo antico. In effetti, lo studio sperimentale di alcuni og-getti antichi può rivelarne un uso come strumenti di misura, mentre un semplice approccio archeolo-gico li potrebbe classificare solo come degli strani artefatti.

In alcuni articoli recenti [1,2] per esempio, ho parlato dell’u-so come inclinometro di una cu-stodia di bilancia, trovata nella

tomba dell’architetto Kha, che visse durante il Nuovo Regno dell’antico Egitto. Questo strumento era par-ticolarmente adatto a misurare gli angoli delle scale o dei cunicoli nel-la costruzione delle tombe sotterra-nee. Durante il Nuovo Regno, infatti, le tombe sotterranee, molto profon-de ed elaborate, erano la norma: la ragione principale per questa scelta era di proteggerle dai saccheggia-tori di tombe [3].

Di recente, ho saputo che esiste una classe di oggetti, i dodecaedri romani, che sono considerati come “mistero” dell’archeologia [4-6]. La Figura 1 mostra uno di questi dode-caedri. Si tratta di manufatti di bron-zo di origine gallo-romana, aventi la forma di un dodecaedro, risalenti al 2° o 3° secolo DC. Questi oggetti si presentano in gran varietà di di-mensioni e forme, sempre costituiti da dodici pentagoni regolari. I do-decaedri romani hanno un diame-tro compreso fra i quattro e gli un-dici centimetri. Alcuni di loro hanno al centro delle facce fori di diverso diametro. Ciascuno dei venti vertici è sormontato da una o tre sferette, forse per essere fissati su apposite su-

perfici, oppure per averne una pre-sa migliore quando venivano usati.

Un centinaio circa di questi dode-caedri è raccolto in svariati musei europei. Si sono trovati in Gallia e nelle terre dei Celti: Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Germania, Svizzera, Austria ed Europa dell’Est. Secondo diversi articoli, si veda ad esempio il Riferimento 5, la loro funzione o uso è ancora alquanto misterioso, perché non si parla di loro in alcun testo an-tico.

Sul loro uso ci sono così tante teorie riportate dal Web (candelabri, dadi da gioco, strumenti di rilevamento, strumenti militari), spesso proposte senza un riferimento bibliografico adeguato, che è impossibile valu-tarle e verificarle. Di primo acchito, ho pensato che questi oggetti fos-sero delle palle per una specie di antico gioco di bocce [7]. Tuttavia alcuni di questi dodecaedri sono così complessi, con fori di diverso diametro, che questa ipotesi mi è poi apparsa troppo debole. Anche l’ipotesi del loro uso come dadi da gioco o per la divinazione è debole, perché i dadi dodecaedrici romani

UN åDODECAEDRO ROMANO COME STRUMENTO PER MISURARE LE

DISTANZE

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erano molto diversi [8].

Nel 2010, un articolo molto interes-sante (si veda il Rif.[4]) ha discusso una nuova teoria, proposta da Sjra Wagemans, della DSM Research, che assegna una funzione astrono-mica a questi oggetti. Wagemans ha usato una copia di bronzo di un dodecaedro per vedere se era pos-sibile determinare gli equinozi di pri-mavera e in autunno. L’articolo [4], scrive che il dodecaedro, secondo Wagemans, è un oggetto legato al ciclo agricolo, sofisticato e semplice al tempo stesso. Esso era usato per determinare senza un calendario, il periodo più adatto durante l’autun-no per la semina del grano. Ed avere un buon raccolto era di vitale impor-tanza per le legioni romane situate in regioni lontane da Roma. Ciò che è notevole è che Wagemans abbia usato un approccio sperimentale, nel testare il dispositivo su un perio-do di alcuni anni e in diversi posti a diverse latitudini [9].

Ho seguito anch’io l’approccio sperimentale, preparandomi un do-decaedro fatto di carta, seguendo i dati di uno di questi oggetti, dati

pubblicati nell’articolo del Riferimen-to 10. In questo articolo possiamo trovare una descrizione dettagliata che fornisce i diametri dei buchi cir-colari sulle facce del dodecaedro (vedi lFigura 2). Il dodecaedro, tro-vato a Jublains, l’antica Nouiodu-num, è datato al secondo o terzo secolo DC. Qui di seguito, spiegherò come questo dodecaedro romano può diventare uno strumento per mi-surare le distanze, che funziona con l’ottica geometrica e la similitudine dei triangoli.

Esso è un telemetro e quindi può essere considerato come una ver-sione antica del nostro moderno teodolite (come pare avesse propo-sto nel 1957 un ingegnere, Friedrich Kurzweil, appassionato di archeolo-gia).

Il dodecaedro di Jublains ha cin-que “angoli di vista” e, conoscendo la dimensione di un oggetto visto sotto uno di questi angoli, possia-mo determinarne la distanza. Per capire che cosa è l’angolo di vista, ricordiamo come esso è definito in fotografia. L’angolo di vista è quel cono che coincide con l’apertu-

ra angolare di una certa scena che è visualizzata sul fondo della macchina fotografica dove c’è la pellicola o il sensore delle mac-chine di tipo digitale. Ovviamen-te, il dodecaedro romano ha al massimo sei angoli di vista fissi.

Chiamati 1,2,3,4,5, e 6, i buchi del lato A, e 1’,2’,3’,4’,5’ e 6’ i buchi del lato B (vedi Fig.2), noi abbiamo le seguenti coppie di buchi opposti: (1‘,1),(2’,6), (3’,5), (5’,3), (4’,4) e (6’,2). I diametri dei buchi sono: 26×21.5 mm (1), 21.5 mm (2), 16.5 mm (3), 21 mm (4), 11.5 mm (5), 17mm (6), 25.5×21.5 mm (1’), 10.5mm (2’), 15.5 mm (3’), 22 mm (4’), 17 mm (5’) e 22 mm (6’).

Scegliamo per esempio la cop-pia (2’,6) e guardiamo attraverso il dodecaedro, tenendolo con 2’ e 6 paralleli, con il buco 2’ come il più vicino ad un occhio e il buco 6 come il più lontano ed opposto. Se il dodecaedro è abbastanza vicino all’occhio, noi vediamo i due buchi. Se è invece troppo lontano, vediamo solo il buco più vicino, il 2’. C’è però una distanza alla quale noi vediamo le circon-ferenze dei due buchi circolari come perfettamente sovrappo-ste. Questo è uno dei specifici angoli di vista del dodecaedro che possono essere usati per la misura (il come è schematizzato nella Figura 3). Abbiamo quindi che, per un dato angolo di vista, come ad esempio quello dato dalla coppia (2’,6) l’uso giusto del dodecaedro come strumen-to di misura è quello che abbia-mo quando le due circonferen-ze sono sovrapposte. In questa condizione siamo precisamente con la geometria mostrata nello schema in altro della Fig.3 e con la geometria della figura 4.

Per mostrare come si determi-nano le distanze, consideriamo il seguente esempio. Immaginia-mo che un soldato romano stia osservando uno stendardo, un vexillum, guardando attraverso il dodecaedro, e supponiamo che il soldato conosca le dimensio-ni del vexillum che osserva. Per esempio, egli sa che quel vexil-lum è lungo due metri in altezza. Se il soldato, con l’angolo di vista della coppia (2’,6), vede per-fettamente il vexillum con la sua

32 R u n a B i a n c a - G i u g n o - 2 0 1 2

altezza coincidente con il dia-metro delle due circonferenze 2’ e 6 sovrapposte, quale è la distanza dello stendardo?

Per dare la risposta guardia-mo i triangoli simili della Figura 4, dove A è l’occhio del solda-to, BC il diametro di 2‘, EF il dia-metro di 6, e OO’ la distanza tra i due buchi sulle facce del dodecaedro. GH è la lunghez-za del vexillum. Dalla figura ab-biamo:

(EO’−BO)/OO’=(GO’’−BO)/OO’’ Supponiamo GO’’>>BO, quindi (EO’−BO)/OO’=GO’’/OO’’, ed infi-ne abbiamo:

( E F − B C ) / O O ’ = G H / O O ’ ’ OO’’=GH×OO’/(EF−BC)

Nel caso del nostro solda-to, che vede il vexillum giusto come GH, abbiamo:

OO’’= 2 x 100 cm x 50 mm /(6.5 mm) ≈15 m, dove abbia-mo assunto che la distanza tra le due facce opposte, OO’, del dodecaedro sia di 50 mm. Questo è ciò che otteniamo per la coppia (2’,6). Vediamo che cosa capita per le altre coppie. I risultati sono mostrati nella tabella allegata fig. 5.

Usando questi dati per il vexil-lum di 2m, troviamo le distan-ze di 15 m, 25 m, 100 m e 200 m, rispettivamente. Quindi il soldato ha a disposizione uno strumento con quattro diffe-renti distanze. Oltre a queste, c’è la coppia (1,1’) che può essere anche lei usata con fun-zioni analoghe. Sembra quindi che guardando un oggetto at-traverso il dodecaedro, come abbiamo discusso prima, ossia trovando la giusta distanza per vedere le due circonferenze sovrapposte, e se siamo in gra-do di stimare la dimensione dell’oggetto nella scena che vediamo, siamo anche in gra-do si averne una stima appros-simata della distanza.

Come detto all’inizio dell’arti-colo, i dodecaedri romani sono stati proposti come strumenti per il rilevamento e a scopo mi-litare. Purtroppo ho trovato solo un accenno al loro uno come teodoliti, ma nessun riferimento al loro uso in balistica. Dall’e-

sempio fatto sopra possiamo im-maginarne un uso per valutare la distanza di un bersaglio e sceglie-re la giusta tensione delle corde delle baliste. Probabilmente il do-decaedro romano è un’invenzio-ne del secondo secolo e quindi non poteva essere descritta da Vitruvio, lo scrittore latino che ci ha tramandato molte dettaglia-te descrizioni degli armamenti romani, scrittore che è vissuto nel primo secolo AC.

Avendone preparata un copia, la mia conclusione è che l’ipotesi dell’uso dei dodecaedri per il rile-vamento è più concreta di quelle che li vedono come dadi o boc-ce. Inoltre l’articolo al Riferimento 10 ci dice che il dodecaedro è stato trovato in un sito insieme ad una bilancia, sito che era la casa di un commerciante di preziosi. Può essere che il commerciante, oltre a pietre preziose, vendesse anche strumenti di misura come bilance e dodecaedri. C’è però da dire che gli autori dell’articolo sostengono l’ipotesi che esso sia un dado per la divinazione.

Dato che le dimensioni dei do-decaedri sono abbastanza varia-bili, nuovi studi sono necessari per sottoporre a indagine altri model-li.

Riferimenti

1. A.C. Sparavigna, The Archi-tect Kha’s Protractor, arXiv 2011,

scaricabile al link http://arxiv.org/abs/1107.4946

2. A.C. Sparavigna, A Possible Use of the Kha’s Protractor, arXiv 2011, scaricabile al link http://ar-xiv.org/abs/1107.5831

3. A.C. Sparavigna, An Egyp-tian Surveying Instrument, Ar-chaeogate, October 14, 2011.

4. Cinzia Di Cianni, comunica-zione privata. Vedere l’articolo pubblicato su La Stampa, Il do-decaedro magico dei Galli che salvÚ le legioni romane: Spec-chio dellíUniverso e misura delle stagioni, 28 Luglio, 2010.

5. http://en.wikipedia.org/wiki/Roman_dodecahedron

6. Alexandria Hein, History My-stery: Ancient Dodecahedronís Purpose

Remains Secret, pubblicato il 10 Giuno 2011 da Fox News, http://www.foxnews.com

7. A.C. Sparavigna, Dodecahe-dral Bowling, arXiv 2012

8. A.C. Sparavigna, An Etruscan Dodecahedron, arXiv 2012, sca-ricabile al link http://arxiv.org/abs/1205.0706

9. G.M.C., Sjra Wagemans, The Roman Pentagon Dodecahe-dron. An Astronomic Measuring Instrument, al link http://www.dodecaeder.nl/en/hypothese

10. G. Guillier, R. Delage and P.A. Besombes, Une fouille en bordu-re des thermes de Jublains (Ma-yenne) : enfin un dodÈcaËdre en contexte archÈologique!, Re-vue archÈologique de líOuest, Vol.25, p.269-289, 2008

Biografia:

Amelia Carolina Sparavigna si è laureata in Fisica presso l’Universi-tà di Torino.

Ha poi ottenuto il Dottorato di Ricerca in Fisica presso il Politec-nico di Torino.

E’ ricercatore e professore di Fi-sica Sperimentale presso lo stesso

Fig. 3 Consideriamo la coppia di buchi (2’, 6) e guardiamoci attra-verso puntando ad uno stendar-do, un vexillum, tenendo il dode-caedro con 2’ e 6 paralleli, con 2’ vicino ad un occhio e 6 dalla parte opposta. Se il dodecaedro è abbastanza vicino all’occhio, noi vediamo i due buchi. Se è troppo lontano, vediamo solo il buco 2’. C’è però una distanza che ci permette di vedere le cir-conferenze (nera e grigia in figu-ra) dei due buchi come sovrap-poste. Questo è l’angolo di vista che noi usiamo per la misura.

Fig. 4 - Geometria della Figura 3

Fig. 5 - Tabella sulle coppie delle facce del dodecaedro

Politecnico.

La sua ricerca principale è sulla Fisica della Materia.

Ha inoltre sviluppato alcuni me-todi di Image Processing per la microscopia. Ha applicato questi metodi alle immagini satellitari, per indagini geofisiche e archeo-logiche.

Attualmente si occupa della scienza e degli strumenti di misura del mondo antico.

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Note di Redazione

Alla fine dell’articolo appena letto, facciamo notare alcuni collega-menti col precedente articolo pub-blicato sul numero di Maggio della RunaBianca sul QUINTARIO di Giu-seppe Sgubbi (pag 18/23).

In questo articolo si descrive-va la tecnica romana del trac-ciamento delle centuriazioni allo scopo di urbanizzare un territorio. Lo strumento principe per questo scopo era la “GROMA”.

Gli storici si son limitati a segnalarne l’utilizzo, ma son stati molto parchi di spiegazioni su come si potesse con una semplice asta e 4 fili a piombo a determinare delle misurazioni mol-to precise e consentire ai romani di fare QUELLO che son riusciti a fare.

Un esempio per tutti:

Prima di tracciare le centurie, veni-vano tracciate le strade, realizzan-do un reticolo a maglia quadrata o rettangolare ma di estrema precisio-ne. Infatti a lato di ogni strada (re-alizzata con sezione a “gobba”) vi erano due fossati che servivano sia a raccogliere l’acqua piovana della strada stessa, ma anche a “portare” l’acqua al confine di ogni singola centuria.

Era infatti sufficiente che duran-te il tracciamento delle centurie si incontrasse una “roggia” o un “ru-scello”, che automaticamente tutti i canali venivano riempiti d’acqua, realizzando un reticolo capace di condurla a distanza di svariati chi-lometri di distanza. Ricordiamo che la pendenza “minima” per far si che l’acqua comincia “scorrere” è di 1/1000, cioè un centimetro ogni DIE-CI metri. Quello che ci si chiede è come han fatto i romani a tracciare strade lunghe decine di chilometri dando a loro pendenze che potes-sero avvicinarsi a questo tipo di pre-cisione ?

Questo reticolo sopravvive anco-ra in diverse zone (ad esempio nel Pavese) e costituisce la struttura por-tante delle risaie.

La culture del riso infatti richiede il costante allagamento di vastissimi spazi coltivati. A questo scopo si ef-fettua un lavoro di preparazione del terreno livellandolo con strumenti che usano la tecnologia laser appli-cata a delle “semplici ruspe”.

GROMA romana con l’ipotesi di applicazione sulla sua sommità del “DODECAEDRO” come elemento di misurazione simile all’attuale

“teodolite”

Il sistema consiste sostanzialmen-te in una sorgente laser posta su un treppiedi (messo perfettamente in “bolla”, e quindi ortogonale al ter-reno) e da una stazione ricevente che è posta sul trattore in movimen-to. I due laser, comunicando alzano o abbassano automaticamente le pale del trattore che quindi si “limi-ta” a passare più volte sul terreno. Se in un punto del terreno vi è trop-po terra (rispetto al piano prefissato) le pale scendono e lo asportano, se ve n’è poca le pale si alzano, rila-sciando la terra in esse contenuta.Quest’operazione va avanti sino a completo livellamento del terreno.

Si è quindi “ipotizzato” che ai tem-pi dei romani venisse utilizzato un sistema concettualmente analogo. La funzione del laser posto sul trep-piedi sarebbe stata svolta dal fa-moso “dodecaedro” di cui sopra, ma applicato sulla “GROMA” che fungerebbe dal nostro “treppiedi”. Oggi tutte le misurazione topogra-fiche vengono effettuate con delle “stazioni” su cui è utilizzato un “teo-dolite” (prima ottico e ultimamente digitale). La funzione è analoga a quella ipotizzata del Dodecaedro posto sull’asta dell Groma: cioè quella di “traguardare” dei punti di riferimento utilizzando anche delle aste di riferimento poste a varia di-stanza dalla stazione. La precisione del traguardamento a distanza è assicurata nei moderni Teodoliti da un gruppo di ottiche simile al tele-scopio. Una precisione simile si sa-rebbe potuta raggiungere anche ai tempi dei romani, se nei “fori” del dodecaedro romano si fossero ap-plicate delle lenti d’ingrandimento. L’ipotesi non è da scartare a priori in quanto l’archeologia ci sta fornen-do le prove dell’esistenza di que-sto tipo di lenti utilizzate (tra l’altro) proprio per lo scopo di ingrandire le immagini. La più famosa è quella rinvenuta in Egitto nella tomba del Faraone Semempses ed è stata da-tata intorno al 1800 ac. Ma son state trovate anche lenti realizzate in epo-che più recenti in accampamenti “vichinghi” , datate intorno al 1.000 dc. Tutte queste lenti “antiche” son state realizzate in cristallo di rocca. Ma quello che ci interessa sottoline-are è la “tecnica” di molatura che poteva benissimo essere applicata su del vetro comune consentendo una trasparenza di molto superiore.

Una lente in cristallo di rocca di 3.800 anni rinvenuta nella tomba del farao-ne Semempses .

Lenti di provenienza VICHINGA (1.000 d.c.)

Misurazioni con Treppiede e Teodolite Teodolite “OTTICO” Teodolite “DIGITALE”

Determinazione con il DODECAEDRO della “PENDENZA” delle strade romane. Traguar-dando infatti ASTE poste a distanze diverse, si riusciva a determinare la posizione dell’asta rispetto alla stazione dove era posta la “groma”. Forse a questo scopo il Dodecaedro era dotato di diverse “coppie” di fori, in modo da poter determinare l’altezza di aste poste a distanza differenti. In base a questa ipotesi la Groma aveva non solo la funzione di tracciare linee tra loro ortogonali, ma anche determinare la PENDENZA delle linee stesse.

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Sono poche le persone che han-no sentito parlare delle installazio-ni HAARP. Molte rimangono scet-tiche e preferiscono non credere. Una cosa però è sicura: credere o non credere non cambia certo la realtà di una struttura divenuta ormai mondiale; una struttura do-tata di tecnologie occulte capa-ci di modificare i normali mecca-nismi che governano i cicli della natura e non solo.Gli impianti HAARP sono installa-ti in tutto il pianeta, in particolari zone strategiche, e danno la pos-sibilità a chi li controlla di alterare e/o manipolare, su scala globale, il clima e molto altro. Negli ultimi 15 anni tutti noi siamo stati testi-moni di terrificanti eventi naturali creati artificialmente da questa diabolica struttura.Questa è la mappa mondiale dei siti HAARP in cui si trovano anche le più ricche miniere di uranio tanto apprezzate da Bill Clinton e dal suo socio ed amico Frank Giu-stra. L’esplorazione mineraria del sottosuolo è stata fatta dai satel-liti mediante tecniche di radio to-mografia. La sua precisione è ac-

curata al cento per cento. In linea di massima, dal sito web di HAARP si legge che esso è un tentativo scien-tifico volto a studiare le proprietà ed il comportamento della ionosfera, con particolare attenzione a com-prendere e utilizzare lo stesso per mi-gliorare le comunicazioni e i sistemi di sorveglianza per scopi civili e di difesa.Il programma HAARP è impegna-to a sviluppare un centro di ricerca mondiale sulla classe ionosferica composto da:Uno strumento di ricerca ionosferica (IRI), un impianto trasmittente di ele-vata potenza che opera nel cam-po dell’alta frequenza (HF). IRI sarà utilizzato per eccitare temporanea-mente una zona limitata della iono-sfera per studio scientifico.Una sofisticata suite di strumenti scientifici (o diagnostici) che verran-no utilizzati per osservare i processi fisici che avvengono nella regione eccitata.

L’osservazione dei processi derivanti dall’utilizzo di IRI in modo controllato permetterà agli scienziati di com-prendere meglio i processi che si ve-

rificano continuamente sotto l’ecci-tazione naturale del sole.Strumenti scientifici installati presso l’Osservatorio HAARP diverranno uti-li nella ricerca che non comporta l’uso di IRI, ma sono strettamente passivi. Tra questi studi sono inclusi la caratterizzazione ionosferica tramite satelliti, l’osservazione telescopica della struttura fine dell’aurora e la documentazione a lungo termine della variazione dello strato di ozo-no.Ciò è quanto riportato direttamen-te dal sito HAARP. Al di la di questo va detto che non tutto è oro ciò che luccica. Tutti ormai conoscono il problema delle scie chimiche o chemtrails; è solo una sfaccettatura del discorso.Molta gente invece non conosce o non è al corrente del fatto che, al di là delle classiche ricerche sulla iono-sfera, HAARP sia in grado di utilizzare diverse risorse per provocare danni all’ambiente e alle persone; e que-ste sono vere e proprie armi!

Che cosa sono gli ordigni HAARP? Le armi HAARP scalari o direzionali, pro-vate a quanto sembra anche sulla

Le micidiali armi di

HAARP e

DARPA

Fab

rizio

Ro

nd

ina

popolazione, sono cariche energe-tiche a bassa o alta frequenza pun-tate sulla ionosfera terrestre e rifles-se in modo mirato su obiettivi scelti: potenti concentrazioni di ioni diretti che possono far attivare vulcani, provocare terremoti, maremoti e far impazzire persone per l’interazione dei flussi elettro-magnetici artificia-li inviati su ritmi biologici del DNA umano, sui flussi cerebrali e relativa-mente anche sull’emoglobina.

Eccone alcuni esempi:

La principale arma ovviamente, quella di cui si sente sempre par-lare, riguarda tutto il sistema del controllo climatico, su scala globa-

le o selettiva. Le forze armate degli Stati Uniti hanno sviluppato capaci-tà che permettono loro d’alterare selettivamente i modelli climatici. La tecnologia si è perfezionata sot-to il Programma d’Investigazione dell’Aurora Attiva ad Alta Frequenza (HAARP), che è un’appendice dell’I-niziativa della Difesa Strategica – “La Guerra Stellare”. Dal punto di vista militare, HAARP è un’arma di distru-zione di massa operante sull’atmo-sfera esterna ed è capace di desta-bilizzare sistemi agricoli ed ecologici in tutto il mondo. La modificazione del clima, secon-do il documento della Forza Aerea degli Stati Uniti, “offre al combatten-te della guerra un’ampia gamma di possibili opzioni per sconfiggere ed obbligare un avversario”; affer-ma che le sue capacità si estendo-no alla provocazione d’inondazio-ni, uragani, siccità e terremoti: “La modificazione del clima si conver-tirà in parte nella sicurezza interna ed internazionale e potrà realizzarsi unitariamente […] Essa potrà avere applicazioni offensive e difensive ed includere l’utilizzazione per propositi di dissuasione. La capacità di gene-

rare precipitazioni, nebbie e tor-mente sulla Terra o di modificare il clima nell’atmosfera […] e la produzione del clima artificiale è parte di un insieme integrato di tecnologie (militari)”

Rosalie Bertell, presidente dell’I-stituto sulle Ricerche della Salute Pubblica, afferma che HAARP opera come “un gigantesco ri-scaldatore che può causare no-tevoli alterazioni nella ionosfera, creando non soltanto perforazio-ni, ma larghi squarci entro la zona

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protettiva che impedisce alle radiazioni letali di bombardare il pianeta”.Teniamo presente poi che questo genere di modifiche climatiche “forzate”, oltre che cambiare il clima in sé, possono portare an-che problemi intrinsechi, tutti le-gati al genere di forzature ope-rate; si pensi in questo caso al discorso legato presumibilmente alle scie chimiche, nello specifico al morbo di Morgellons.Proseguendo poi in questa de-scrizione degli ordigni HAARP, tro-viamo altresì innumerevoli effetti che potrebbero essere causati da questa tecnologia: una ipo-tetica guerra elettromagneti-ca. HAARP potrebbe alterare la magnetosfera. Il ricorso ad armi elettromagnetiche molto potenti contro gli esseri umani è anche causa di malattie e di squilibri psichici: può indurre isteria o la passività per il controllo della po-polazione. Potrebbe anche pro-vocare il cancro o la possibilità di indurre alterazioni genetiche e altro.

CONTROLLO MENTALE

Un ulteriore aspetto molto impor-tante riguarda l’uso di HAARP per il controllo mentale delle persone. In che modo le onde E.L.F. (onde estremamente basse) agiscono sull’umore e sul pensiero ? In que-sto estratto da un documentario di History Channel, (6470214.pdf) attraverso il riferimento a brevetti militari e sulla base di studi con-dotti da scienziati ed esperti, tra cui Nick Begich e Nick Pope, è spiegato il tema del controllo mentale attuato dai governi me-diante strumenti elettromagnetici come H.A.A.R.P.H.A.A.R.P può essere usato per controllare la mente umana. Le onde E.L.F. hanno dimostrato ef-fetti sugli stati mentali. Si possono

innescare cambiamenti d’umore enormi con specifiche frequenze. Il cervello umano opera su frequenze molto basse; è in grado di produrre onde alfa, beta, delta, theta. Du-rante gli stati meditativi, le onde ri-sultano essere di 8 cicli al secondo; durante il sonno di 4 cicli. H.A.A.R.P. è in grado di generare tutti questi se-gnali e all’occorrenza di modificarli, con gravi disturbi sulle persone.

PROGETTO MONARCH

Parallelamente a questo discorso, va anche ricordato che gli effetti del controllo mentale che può essere operato da HAARP potrebbero es-sere coadiuvati da un altro perico-loso progetto, il cosiddetto Progetto Monarch. La programmazione Monarch è un metodo per il controllo mentale uti-lizzato da numerose organizzazioni per scopi segreti. Si tratta della prosecuzione del pro-getto MK-ULTRA, un programma di controllo mentale sviluppato dalla CIA e testato su militari e civili. La programmazione Monarch è una tecnica di controllo mentale che comprende elementi del Satanic Ritual Abuse (SRA) e del disturbo di personalità multipla (MPD). Si utiliz-za una combinazione di psicologia, neuroscienze e rituali occulti per cre-are all’interno degli schiavi un alter ego che può essere attivato e pro-grammato dai gestori. Gli schiavi della programmazione Monarch vengono utilizzati da varie organizzazioni collegate con l’élite mondiale in settori come l’eserci-to, la schiavitù sessuale e l’industria dell’intrattenimento. In questo arti-colo daremo un’occhiata alle origi-ni della programmazione Monarch, alle sue tecniche e al suo simboli-smo. Uno dei primi studi sulla metodica del controllo mentale basato sul trauma sono state condotte da Jo-sef Mengele, medico che lavorava

in campi di concentramento nazisti. Inizialmente acquisì notorietà per essere stato uno dei medici delle SS che curò la selezione dei prigionieri in arrivo, determinando chi doveva essere ucciso e chi sarebbe diven-tato un operaio per i lavori forzati. Tuttavia, egli è noto soprattutto per aver condotto degli esperimenti macabri sugli esseri umani all’inter-no dei campi di concentramento. Mengele conduceva esperimenti pure sui bambini, motivo per il qua-le venne chiamato “l’angelo della Morte”.Lui e circa 5.000 altri nazisti di alto rango sono stati segretamente tra-sferiti negli Stati Uniti e nel Sud Ame-rica all’indomani della seconda guerra mondiale in una Operazione progettata dalla Paperclip. I nazisti hanno continuato la loro opera nel-lo sviluppo di tecnologie di controllo mentale e missilistica in segreto nelle basi sotterranee militari. Le ricerche di Mengele servirono come base per l’illegale e segreto programma di ricerca CIA chiama-to MK-ULTRA.Il controllo mentale Monarch è chia-mato in questo modo in riferimento alla farfalla Monarca – un insetto che comincia la sua vita come un verme (che rappresenta il potenzia-le non sviluppato) e, dopo un perio-do nel bozzolo (programmazione) rinasce come splendida farfalla (lo schiavo Monarch). Alcune carat-teristiche specifiche per la farfalla monarca sono applicabili anche al controllo mentale. “Uno dei motivi principali per cui la programmazione Monarch ha as-sunto questo nome fu la farfalla mo-narca. La farfalla monarca impara dove è nata (radici) e passa questa conoscenza genetica ai suoi discen-denti (di generazione in generazio-ne). Questo è stato uno degli anima-li che ha fatto tacere gli scienziati, rendendo scientifico il fatto che il sa-pere possa essere trasmesso geneti-camente. Il programma Monarch si basa sugli obiettivi Nazisti/Illumina-ti di creare una razza superiore, in parte attraverso la genetica. Se la conoscenza può essere trasmessa geneticamente (ed è così), allora è importante che vengano trovati i corretti genitori che possano passa-re la corretta conoscenza a quelle vittime selezionate per il controllo mentale Monarch“.

Tralasciamo per ora il discorso Mo-narch (magari verrà trattato più ap-profonditamente in un altro articolo) e proseguiamo con il discorso delle armi HAARP e DARPA. A distanza di 52 anni, il cosiddetto “Dipartimento degli scienziati matti”, come si legge dal titolo del libro di Michael Belfiore, ha ancora la stessa missione: «Mantenere la supremazia tecnologica dell’esercito americano e prevenire sorprese tecnologiche che possano minare la sicurezza naziona-le», come si legge anche nel sito web (www.darpa.mil) dell’agenzia.Tempo fa furono anche trovate alcune ricerche del DARPA sulle armi ad anti-materia!E’ appurato che gli americani (e i russi) abbiano sviluppato le armi a microon-de, alcune delle quali possono anche essere utilizzate dallo spazio. Esistono da anni delle unità composte di vei-coli relativamente leggeri, con collo-cate, sul tetto, delle antenne. Queste antenne, chiamate ADS (Active Denial System), emettono fasci di onde ca-denzate a 95 GHz.Dirette su persone o animali, queste onde provocano sensazioni di calore insopportabili in meno di 5 secondi!

La rivista “New Scientist” ha reso pub-blico che durante le prove condotte presso la base aerea militare di Kirt-land, Nuovo Messico, i partecipanti siano stati invitati a togliersi lenti a con-tatto e occhiali per proteggere i loro occhi. In un altro test sono stati inoltre invitati a rimuovere qualsiasi oggetto di metallo che poteva trovarsi su di loro (monete, catenine, bottoni) per non sviluppare dei punti caldi sulla pelle.“Allora cosa succederebbe se qual-

Pamir 3 è parte di una serie di armi ambientali capaci di cre-are terremoti, tsunami, distruzio-ne dell’equilibrio ecologico di una regione, modificazioni delle condizioni atmosferiche - nubi, precipitazioni, cicloni e uragani - modificazioni delle condizioni climatiche, delle correnti oceani-che, dello strato di ozono o della ionosfera. I terremoti e le eruzioni vulcaniche artificiali non sono im-possibili, infatti una minima cau-sa, ben localizzata, può generare un cataclisma. I terremoti sono legati al movi-mento delle placche, lungo le fa-glie. Sappiamo che un terremoto devastante è previsto lungo la faglia di S. Andrea, in California. Non conosciamo, a priori, l’ener-gia sufficiente a scatenare il fe-nomeno, ma esiste una tecnica che permette di agire sugli strati profondi del sottosuolo con delle onde elettromagnetiche. Negli anni settanta i Russi aveva-no costruito un enorme genera-tore a pulsioni battezzato “Pamir” che poteva essere trasportato su un grosso camion. Era una va-riante del generatore di Sakharov (MK1), a compressione di flusso. Questo generatore, chiamato anche” Generatore di Pavloski”, utilizzava dei cannoni elettroma-gnetici, con un esplosivo chimico che interagiva con un potente solenoide (in regime di numero di Reynolds magnetico elevato).Va tenuto presente anche che una misteriosa arma al plasma fu vista poco prima del terremoto a Nigarta in Giappone, nel Luglio del 2007. Le stesse luci rosse, bian-che e celesti riflesse sulle nuvole sono state viste e filmate poco prima del recente disastroso ter-remoto in Cina.Al di la di queste apparecchia-ture, che sono comunque molto pericolose, va detto che esisto-no altre armi il cui livello di peri-colosità non è da meno. Vanno innanzitutto menzionate le armi Laser come ad esempio il THEL (Tactical High Energy Laser) qua a sinistra, in sperimentazione presso i laboratori dell’esercito USA, esistente anche in versione portatile (MTHEL, dove M sta per “mobile”). THEL significa Tactical High Energy Laser, ed è appun-

cuno fra la folla non conoscesse questo pericolo?” ha domanda-to Neil Davison, coordinatore del progetto di ricerca sulle armi non letali dell’Università di Bradford in Gran Bretagna. “Come potete essere sicuri che la dose di onde non oltrepasserà il limite dei danni permanenti?”

EARTH CONTROL-MEDUSA SPACE AGE WEAPON

Medusa è un cannone ad elet-troni ad impulsione di un mega-watt e mezzo.Questo sistema, montato su vei-coli, ha come sorgente d’ener-gia semplicemente un generato-re elettrico a gasolio; Medusa è capace di “arrostire” a distanza l’elettronica di carri armati, navi, aerei, ecc. Immaginate gli effetti sugli esseri umani! Questo canno-ne può essere messo in funzione a partire da un aereo o un satelli-te, ed i test sono stai realizzati da anni...

PAMIR 3, L’ARMA CHE CREA I TER-REMOTI

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to un dispositivo laser ad elevata potenza.La compagnia che da alcuni anni si sta occupando dello svi-luppo del progetto THEL si chia-ma Northrop Grumman. Durante diversi test, resi pubblici anche in video, il potente raggio laser vie-ne utilizzato per fare esplodere missili e proiettili in volo. Proprio l’esercito israeliano anno-vera il THEL quale arma già in do-tazione al suo esercito, e questo fa supporre che ne possieda già degli esemplari, probabilmente dislocati a difesa di basi militari e città.Il THEL utilizza delle sostanze chi-miche (fluorite di deuterio) per creare un raggio laser invisibile capace di abbattere aerei e mis-sili.

ABL Airborne Laser

Il sistema d’arma Boeing YAL-1 Airborne Laser (ABL) è un laser aviotrasportato, di tipo COIL (La-ser chimico a ioduro d’ossigeno) e potenza dell’ordine dei me-gawatt, installato a bordo di un Boeing 747-400F. È progettato per abbattere missili balistici tattici, di teatro (TBM), a raggio intermedio (IRBM) o all’occorrenza intercon-tinentali (ICBM), colpendoli men-tre si trovano nella fase iniziale di accelerazione.

L’11 febbraio 2010 l’ABL abbat-te in prova un missile balistico a corto raggio, aprendo la strada a futuri sistemi di difesa antimissile

basati su questo prototipo.

Il laser dell’ABL utilizza carburanti chimici simili a quelli del propellente per razzi per generare il fascio di alta potenza. I piani attuali prevedono che vi sia carburante per il laser suffi-ciente per circa 20 colpi.

Se un obiettivo più difficile, come un ICBM, richiedesse un tempo maggiore (“di perforazione”) per danneggiare un missile, questo dimi-nuirebbe il numero di colpi disponibi-li prima di dovere rifornire il laser.

Per bersagli meno difficili, più vicini e vulnerabili come i TBM a corto rag-gio, che richiedessero meno “tempo di perforazione”, potrebbero sparar-si anche 40 impulsi laser senza ne-cessità di rifornimento.

Gli aerei ABL devono atterrare sul loro aeroporto per rifornirsi del com-bustibile per il laser. I piani operativi preliminari prevedono che l’ABL ab-bia la protezione di caccia di scorta e, probabilmente, anche di aerei da guerra elettronica.

Con ogni probabilità l’ABL sorve-glierà per lunghi periodi i siti da cui si sospetta possa avvenire un lancio percorrendo, in attesa di bersagli da intercettare, orbite a forma di otto.

Questo tipo di orbita permette all’aereo di non effettuare mai vira-te che lo allontanino dall’area ber-saglio: entrambe le virate richieste sono verso il bersaglio. L’aereo può essere rifornito in volo, consentendo lunghi periodi di sorveglianza dell’o-biettivo.

L’intenzione è che l’aereo operi so-pra territorio amico e che la distru-zione del missile avversario avvenga sopra territorio ostile.

HEL - Space-Based High-energy Laser

Si tratta di un armamento laser mon-tato su di un satellite, e capace di col-pire bersagli nello spazio, sulla terra ed in aria. Oltre agli Stati Uniti ed Israele, anche la Cina sta sviluppando un ar-mamento laser pensato per distrug-gere i satelliti nemici orbitanti.

L’arma si chiama ASATS (Anti-Satelli-te Simulation).

In fase di test già nel 1998.

HSV Laser a raggi ultravioletti

La HSV Technologies Inc. di San Die-go, California, ha sviluppato un’arma non letale che utilizza raggi laser a ul-

travioletti per immobilizzare persone o animali a distanza.

Questo speciale laser è un dispo-sitivo che utilizza due fasci di ra-diazione UV ionizzati che seguono la traiettoria per colpire il bersaglio identificato, impattando sui recettori neurali che controllano i muscoli, pa-ralizzando gli impulsi nervosi e provo-cando forti contrazioni dolorose.

Laser ZEUS

Si tratta di un laser montato su di un Humvee (un veicolo militare dell’e-sercito USA simile ad una jeep).

Secondo fonti ufficiali del Penta-gono, mezzi militari muniti di questo dispositivo al laser sono stati impie-gati in Afghanistan per fare brillare le mine. Secondo due accreditati siti di informazione militare, Defense Tech e Defence Daily, almeno tre veicoli simili sono stati utilizzati anche in Iraq.

pose agli Stati Uniti quale arma per battere i nazisti: fu considerato paz-zo e la sua proposta non fu presa in considerazione. Il principio del “Rag-gio della morte” è qualcosa che sta a metà strada fra le armi laser e le armi al plasma. Alla sua morte, av-venuta nel 1943, tutti i documenti dello scienziato sul “Raggio della morte” furono misteriosamente tra-fugati. Parte di quei documenti è stata citata in un documento segre-to del Governo USA su un’arma ad elettroni (documento declassificato nel 1980). Questa tipologia di arma-menti ha parecchi tratti in comune con alcune armi laser. Il principio è quello di sparare contro il bersaglio un “proiettile” di energia, composto da materia elettricamente carica composta da elettroni, neutroni e protoni. Il tutto avviene attraverso un processo di ionizzazione dell’aria. Tale meccanismo è stato studiato approfonditamente dagli scienzia-ti del DARPA (il Dipartimento per la Ricerca e l’Innovazione tecnologica del Dipartimento della Difesa USA), con la collaborazione di un’azienda tedesca. Armamenti di questo tipo sono in fase di avanzata sperimen-tazione da parte degli eserciti USA, israeliani e australiani. L’applica-zione letale di questa tecnologia è stata chiamata Pulsed Impulsive Kill Laser (PIKL). Il dispositivo (di cui nella foto sopra si vede un prototipo) ha dimostrato la sua efficacia in diver-si test, riuscendo a perforare anche armature in Kevlar e lastre di metallo di grosso spessore.

PEP Pulsed Energy Projectile

La versione non letale del PIKL va sotto il nome di Pulsed Energy Projectile (PEP). Questo disposi-tivo è in grado di stordire uomini e animali, creando forte dolore e temporanea paralisi. La docu-mentazione sui possibili effetti a lungo termine provocati dall’ar-ma è però scarsa. Il principale ambito di applicazione previsto per il PEP viene indicato in scenari di controllo dell’ordine pubblico, mentre un’altra delle applicazio-ni prefigurate è quella di presidio dei checkpoint. Oltre a stordire le persone una simile arma dovreb-be essere capace di bloccare i veicoli, in quanto il suo “impulso energetico” interferirebbe con i sistemi elettrici di iniezione. Il rag-gio d’azione del PEP è di circa 2 Km, ed il suo funzionamento si basa sull’emissione di un impulso laser ad infrarossi (mediante l’im-piego di un “deutorium fluoride laser”). Il plasma prodotto dalla parte iniziale dell’impulso arriva ad esplodere poiché i suoi elet-troni assorbono l’energia della parte finale dell’impulso. L’esplo-sione di questo plasma ad eleva-ta energia si tramuta in una forza d’urto combinata ad un’onda elettromagnetica. Altri dispositivi affini a questa tecnologia si chia-mano: MARAUDER (Magnetical-ly Accelerated Ring to Achieve Ultra-high Directed Energy and Radiation), XADS (Extreme Alter-native Defense System).

HPM Electromagnetic Pulse, High Powered Microwave

Si tratta di dispositivi anche esplosivi capaci di produrre onde elettromagnetiche comprese nel raggio dei 4 – 20 Ghz. Micro-onde comprese in tali frequenze sono capaci di “accecare” un gran numero di apparati tecno-logici. Questa applicazione delle

ARMI AL PLASMA E AD IMPULSI

PIKL Pulsed Impulsive Kill Laser

Le basi per una simile tecnologia bellica furono poste negli anni ’40 dal fisico Nicola Tesla. Alle scoperte di questo scienziato si deve lo svilup-po di parecchie tecnologie: dalle bobine elettriche ai generatori di corrente, dalla radio alla televisione. Durante i primi anni del ‘900 Tesla iniziò a lavorare al suo progetto per un “Raggio della Morte”. Nel 1942 il progetto era pronto e Tesla lo pro-

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microonde ad elevata potenza può servire a danneggiare i siste-mi informatici, con effetti simili ad una piccola esplosione nucleare. Il tutto avviene anche in assenza di una reale esplosione: sistemi di questo tipo, comunemente chiamati HPM, liberano la propria energia in aria, senza produrre alcun suono o fenomeno visivo. L’effetto delle invisibili onde pro-dotte dalla propagazione risulta devastante per tutti gli apparec-chi elettronici, mentre è pratica-mente nullo su cose e persone (tuttavia è appurato che sugli es-seri viventi tutti i tipi di microonde provocano effetti dannosi come quelle emesse dai telefonini e dai forni a microonde). L’esercito rus-so disporrebbe infatti di un vasto e variegato arsenale di E-bombs, si va dalla versione “portatile” che sta in una valigetta (e che ha un raggio d’azione di 12 me-tri), alle versioni più pesanti, che necessitano di un aereo per esse-re “sganciate sull’obiettivo”.

ADS Active Denial System

Questo dispositivo è in grado di indirizzare (“sparare”) un fascio di microonde ad alta energia verso un bersaglio preciso. La frequen-za utilizzata si aggira intorno ai 95 Ghz. Il “raggio del dolore” è clas-sificato come “arma non letale”, in quanto il suo raggio invisibile penetra sotto la pelle soltanto per alcuni millimetri, facendo tempo-raneamente impazzire i recettori del dolore. Nel giro di 1 – 2 secon-di chi viene colpito dal raggio a microonde prova la sensazione di

andare a fuoco. Ufficialmente infatti tali strumenti di guerra servirebbero per produrre un “raggio del dolo-re”, capace di “distogliere” qualsia-si nemico da azioni ostili. L’invisibile raggio microonde a 95 Ghz pene-tra sotto la pelle per alcuni millime-tri provocando, nell’arco di alcuni millisecondi, una insopportabile sen-sazione di calore che però svanisce non appena si spegne il dispositivo o si scappa oltre il suo raggio d’azione. Negli esperimenti condotti su circa 400 volontari il tempo di esposizione massimo è stato fissato in 3 secondi, ma secondo il Boston Globe, soltan-to una “cavia” è riuscita a resistere per tre secondi. Le fonti del Direttorio USA sulle Directed Energy Weapons sostengono che il “raggio del dolo-re” non provoca danni permanenti, ma esistono altri rapporti militari che indicano la possibilità di gravi ustioni alla pelle nel caso in cui l’esposizio-ne duri 250 secondi o più. Durante gli stessi test alle “cavie” venivano fatti togliere sia gli occhiali che tutti gli oggetti metallici, in quanto poteva-no creare degli “hot spots”, capa-ci di ustionare la pelle. Il dispositivo prodotto dalla Raytheon può essere stanziale oppure montato su di un veicolo militare Humvee. Per quanto riguarda l’impiego del “raggio del dolore” nel campo di guerra, risulta dalla rivista militare Defence Industry Daily che siano stati ordinati 3 veico-li modello Sheriff per circa 31 milio-ni di dollari, e che sia stata richiesta l’approvazione per altri 14 veicoli da parte del Generale di brigata James Huggings, capo dello Staff della For-za Multinazionale in Iraq.

E PER QUANTO RIGUARDA IL DARPA?

La Defense Advanced Research

Projects Agency (nome inglese che tradotto letteralmente in italiano si-gnifica “agenzia per i progetti di ri-cerca avanzata per la difesa”), più conosciuto con la sigla DARPA, è un’agenzia governativa del Dipar-timento della Difesa degli Stati Uniti incaricata dello sviluppo di nuove tecnologie per uso militare. DARPA è stata responsabile dello sviluppo e dell’implementazione di tecnolo-gie importanti, che avrebbero influ-ito notevolmente nella vita comune di milioni di cittadini del mondo: tra queste includiamo le reti informa-tiche (fondarono ARPANET, che si sviluppò nel moderno Internet), e di oN Line System (NLS), che a livello di programmazione costituì il primo tentativo di creare ipertesti con l’uso di un’interfaccia grafica.

Il suo nome originario era Advan-ced Research Projects Agency (ARPA), ma fu rinominata DARPA (indicando che il suo scopo era la difesa militare) il 23 marzo 1972; il 22 febbraio 1993 tornò ARPA, e ancora DARPA l’11 marzo 1996.

La DARPA è indipendente nel pro-prio operato dalle influenze di altre agenzie governative, e fa rapporto esclusivamente ai più alti ranghi del Dipartimento della Difesa.

Attualmente il DARPA ha svolto nu-merosi progetti di apparati ad alta tecnologia e per certi versi “futu-ristici”. Sarebbe veramente lungo elencarli tutti, ma soprattutto passa-re in rassegna le loro particolarità e proprietà. Vediamo dunque di dare un’occhiata a qualcuno di questi progetti, cercando di evidenziarne le peculiari caratteristiche.

HTV-2

Falcon Hipersonic Technology Vehi-cle (HTV-2) è il nome dell’aeromobile in grado di raggiungere velocità su-periori a MACH 22, cioè circa 26000 km/h, in volo sub-orbitale.

Il veicolo aereo, un incrocio tra la forma di una punta di freccia e un

delta wing affusolato, è senza pilo-ta e nasce all’interno di un proget-to combinato tra la DARPA e l’USAF denominato Prompt Global Strike, che ha cercato di dare agli strate-ghi militari statunitensi la possibilità di colpire obiettivi in tutto il mondo nel giro di un’ora (da qui il nome Prompt Global Strike: Colpo Globa-le Immediato). Se il progetto da 320 milioni di dollari avesse funzionato, il Falcon avrebbe potuto sostituire i missili balistici intercontinentali; oltre-tutto ha una capacità di carico utile di 2500 kg, sufficienti per una testata nucleare. Considerando la velocità che raggiunge, anche senza la te-stata, l’energia sprigionata dall’im-patto col suolo sarebbe sufficiente per devastare aree grandi quanto una città. Per resistere alle altissime temperature (circa 2000 C°) dovute al contatto con l’atmosfera, duran-te la fase di rientro, il Falcon è stato progettato con uno scudo termi-co a struttura metallica di nuova concezione. Il progetto dovrebbe concludersi nel 2025, anno in cui gli ingegneri delll’HTV-2 dovrebbe-ro fargli raggiungere la velocità di 35400 km/h.

HTV-3x “Blackswift”

HTV-3x, conosciuto anche come Blackswift, è un prototipo di aereo ipersonico senza pilota. Il Blackswift è uno spazioplano costruito grazie ad una cooperazione tra la sezione Skunk Works della Lockheed, Boeing e ATK. Nel settembre 2007 la USAF ha firmato un accordo per continuare

il progetto. Il velivolo doveva essere sviluppato per decollare da una pi-sta (non come un razzo) e raggiun-gere ogni posto della terra in circa due ore, volando anche appena al di fuori dell’atmosfera e a velocità ipersoniche; alla fine doveva atter-rare sempre su pista.

Il Blackswift doveva accelerare fino a Mach 3 con un motore a turbina e raggiungere Mach 6 con un moto-re Scramjet (supersonic combustion ramjet). I motori saranno della Pratt & Whitney Rocketdyne. Purtroppo nell’ottobre del 2008, tredici mesi dopo aver firmato l’accordo, tutto progetto Blackswift è stato annulla-to, a causa di mancanza di fondi.

Progetto Avatar, soldati robot

Nel 2013 con un budget di 7 milio-ni di dollari partirà il progetto Avatar della DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), che consisterà nel creare dei surrogati robotici dei soldati. Non è ancora chiaro di come i soldati interagiran-no con i loro surrogati robotici, per esempio con tute piene di sensori abbinati a caschi di realtà virtuale, con interfaccia neurale o con dei semplici joystick. Sarà comunque fondamentale l’infrastruttura di rete wireless che dovrà ospitare le con-nessioni a questi “robot”, sia per una questione di velocità e di distanza, ma soprattutto per il fattore sicurez-za.

Cheetah, robot ghepardo

Cheetah nasce da un’idea di San-gbae Kim, ricercatore del Massa-chusetts Institute of Technology (MIT) che nel 2009 propose la costruzione di un prototipo di robot-ghepardo, in grado di spostarsi ad oltre 100 km/h

e dotato dello scatto e dell’agili-tà tipici di un felino in corsa.

A distanza di quasi tre anni, ecco il primo prototipo del robot. Nonostante non sia ancora in grado di fornire le prestazioni pre-viste sulla carta, Cheetah è già il robot su zampe più veloce in as-soluto, riuscendo a raggiungere agevolmente i 30 km/h.

Tutti i movimenti di Cheetah sono ispirati ad un vero ghepardo in corsa, prendendo spunto anche da animali come cani e cavalli. Il robot non basa il suo movimen-to esclusivamente sulle zampe, ma fa affidamento su tutta la sua struttura muscolo-scheletrica per bilanciarsi e mantenere la veloci-tà di corsa.

Robot FastRunner

Il robot finanziato dalla DARPA e partorito dall’inventiva dei ricer-catori del Massachusetts Institute of Technology. Nel primo anno dei quattro previsti per il comple-tamento del progetto, gli ingene-ri hanno mostrato i risultati della loro ricerca, lasciando sbalorditi tutti gli appassionati di robotica.

FastRunner sarà un robot bipe-de in grado di muoversi 10 volte più velocemente degli attuali modelli umanoidi e quadrupedi in circolazione, e sarà dotato di un’agilità mai vista prima d’ora. Imitare lo struzzo è forse una del-le strade migliori per ottimizzare il movimento su due arti: è l’uccello corridore più veloce del mondo, e riesce a raggiungere i 70 km/h grazie alle sue zampe lunghe e robuste.

Robot FastRunner

Il robot finanziato dalla DARPA e

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partorito dall’inventiva dei ricer-catori del Massachusetts Institute of Technology. Nel primo anno dei quattro previsti per il comple-tamento del progetto, gli ingene-ri hanno mostrato i risultati della loro ricerca, lasciando sbalorditi tutti gli appassionati di robotica.

FastRunner sarà un robot bipe-de in grado di muoversi 10 volte più velocemente degli attuali modelli umanoidi e quadrupedi in circolazione, e sarà dotato di un’agilità mai vista prima d’ora. Imitare lo struzzo è forse una del-le strade migliori per ottimizzare il movimento su due arti: è l’uccello corridore più veloce del mondo, e riesce a raggiungere i 70 km/h grazie alle sue zampe lunghe e robuste.

Occhiali olografici per l’esercito

Sono degli speciali occhiali olo-grafici, che ricordano molto quelli utilizzati negli ultimi videogiochi di guerra, o nei migliori film d’azio-ne. Occhiali capaci di portare un sistema di “realtà aumentata” a disposizione dei soldati sul campo di battaglia, fornendo in tempo reale tantissime informazioni utili su quello che sta accadendo at-torno a loro, con riferimenti diretti rispetto a quello che i militari stan-no guardando.

Oltre a fornire questi dati in di-retta, possono interfacciarsi con droni di supporto per ottenere una visuale differente della bat-taglia direttamente nelle lenti, aumentando notevolmente il vantaggio ottenibile nell’utilizzo di questo tipo di robot da guerra.

Uno speciale sistema di identificazio-ne fornirà inoltre dettagli istantanei sui veicoli in avvicinamento, siglan-doli come amici o nemici, anche nel caso si tratti di caccia aerei a 6.400 metri di altezza e 50 km di distanza.

DARPA DiscRotor aereo o elicottero?

Il progetto è di DARPA, il diparti-mento dei progetti avanzati della difesa americana, che sta svilup-pando con il costruttore Boeing il pri-mo elicottero con rotore retrattile al mondo. Il nome in codice è DiscRo-tor ed è un concept per la ricerca, il salvataggio e anche il combatti-mento, che è allo studio da diver-si anni. Come dimostra un video online, l’obiettivo è creare il primo elicottero che a basse velocità si possa muovere agilmente, decol-lando e atterrando in verticale, ma alle alte velocità possa invece muo-versi come un normale jet. Il merito è delle speciali pale del rotore, che sono retrattili e telescopiche: il primo modello di queste pale sarà prova-to nella galleria del vento il prossimo anno.

Volano le falene cyborg

Il progetto s’inquadra in un pro-gramma del Darpa, che da anni sta cercando di sviluppare degli insetti robot (non solo insetti, hanno prova-

to anche con un pipistrello, che è un mammifero). Precedenti tentativi basati su un impianto di elettrodi per stimolare il cervello o i muscoli delle ali degli insetti si sono rivelati fallimen-tari perché tali innesti erano incom-patibili con i tessuti dell’animale. La nuova sonda è invece rivestita con materiali compatibili con il tessuto nervoso della falena e, pesando ap-pena mezzo grammo, è facile da trasportare per l’insetto. Le falene in questione «sono belle robuste», ha detto Voldman, «hanno un’apertu-ra alare larga quanto una mano». Il progetto ha attirato l’attenzione dei militari perché le falene-robot po-trebbero trasformarsi, equipaggiate con apparecchiature di sorveglian-za, in insospettabili spie per registrare l’attività dei nemici.

I robot liquidi e mutaforma della DARPA

Darpa ha recentemente stanziato altri fondi per un progetto, chiama-to “Programmable Matter” (Materia Programmabile), che prevede pro-prio la realizzazione di un robot re-alizzato attraverso uno nuovo stato della materia, in grado di modificar-si nella forma e nel funzionamento, auto-plasmandosi a piacimento. Di-verse università, incluse la Harvard, la Cornell e il MIT, sono al lavoro su differenti approcci per risolvere que-sto problema, e creare della materia programmabile. Si tratta essenzial-mente di realizzare micro-macchine programmabili in grado di assem-blarsi in diverse forme e modificare il loro funzionamento in base alle dif-ferenti strutture che assumono. “La distinzione tra materiali e macchine sta diventando fumosa.

I materiali agirebbero come com-puter e sistemi di comunicazione, ed i sistemi di comunicazione ed i computer agirebbero come mate-riali” spiega il manager del program-ma Mitchell R. Zakin. Non si parla di un progetto appena iniziato e che

non si sa se sarà realizzabile: il pro-gramma Programmable Matter è già nella sua seconda fase da oltre cinque mesi, e vi rimarrà per altri 10. La prima fase è stata la creazione di cinque differenti team di ricerca, due provenienti dalla Harvard, due appartenenti al MIT ed uno della Cornell University, tutti composti da informatici, ingegneri robotici, biolo-gi, ingegneri chimici, meccanici, fisi-ci ed artisti. Alla fine della fase due, i gruppi di ricerca dovranno essere in grado di comporre quattro o cinque diversi solidi tridimensionali parten-do da micro-particelle. Occorrerà inoltre dimostrare che, dopo l’as-semblaggio, ogni singolo elemento possa aderire agli altri con la stessa forza di una plastica industriale.

Questi sono solo alcuni progetti svi-luppati dal DARPA, ma oltre a que-sti ve ne sono anche altri alquanto “mirati” che possono intervenire per modificare il controllo mentale. Va ri-cordato ad esempio che attraverso uno speciale elmetto ed una tecno-logia chiamata “ultrasuono pulsante transcranico”, la DARPA può rilevare i livelli di stress che un soldato prova durante un combattimento e invia-re impulsi per aumentare la sua re-sistenza e ridurre la percezione del dolore in caso di ferita.

Si tratta di una sorta di alterazione della mente, ottenuta attraverso una stimolazione diretta del cervello mediante impianti: allo stato, l’Ultra-suono pulsante transcranico viene sperimentato alla Arizona State Uni-versity dal Dr.William Tyler.

Abbiamo inoltre la Smart Dust, o “polvere intelligente”. Il Pentagono la definisce “La tecnologia strate-gica dei prossimi anni”. Il pulviscolo intelligente è fatto di miriadi di com-puter microscopici. Ognuno misura meno di un millimetro cubo ma in-corpora sensori elettronici, capa-

cità di comunicare via onde radio, software e batterie. Invisibile e im-prendibile, la polvere di intelligenze artificiali si mimetizza nell’ambiente e capta calore, suoni, movimenti. Può essere diffusa su territori immen-si e sorvegliarli con una precisione finora sconosciuta. Sa spiare soldati standogli incollata a loro insaputa, segnala armi chimiche e nucleari, intercetta comunicazioni, trasmette le sue informazioni ai satelliti.

Come si vede dunque, esiste una varietà molto ampia e complessa nel campo di queste tecnologie. La realtà finale purtroppo, anche se viene inizialmente paventata per tecnologie ad uso civile o comun-que per il miglioramento di alcuni aspetti della vita, è ampiamente im-piegata in ambito militare e bellico. Ora, in base a quanto si conosce su questo genere di cose, qualche dubbio forse ce lo possiamo porre... il “know how” iniziale è solo frutto dell’intelligenza umana oppure c’è stato qualche input “esterno”?

Questi organismi (come DARPA e HAARP) bene o male sono sempre andati di pari passo con le forze di potere globale... come gli Illumina-ti; e con questo si intuiscono pure le eventuali corrispondenze con pro-getti anche segreti come Monarch, Moonstruck, Orion, MK-Delta, Phoe-nix, Trident, RF Media, Tower, Clean Sweep.

In definitiva, possiamo ammettere che siamo tutti controllati e, alla mi-nima necessità o evenienza, possia-mo essere annientati !

Fonti:

newapocalypse.altervista.org

www.haarp.alaska.edu

www.cieliparalleli.com/

www.tankerenemy.com/

www.ecplanet.com

it.wikipedia.org

www.parrocchie.it

lavvocatodeldiavolostorieirrisolte.blogspot.iI

Biografia: Fabrizio Rondina

Fondatore del gruppo di ricerca HWH 22 e webmaster dello stesso sito www.hwh22.it

Da oltre 30 anni si occupa, as-sieme ai suoi colleghi e amici, di ricerche “borderline”, svolte attraverso un’ampia gamma di interessi: dall’ufologia al paranor-male; dall’archeologia misteriosa alle energie sottili e ai misteri in generale. Con il proprio gruppo ha portato avanti diversi eventi a carattere divulgativo, confe-renze, dibattiti nonché attività ra-diofoniche e televisive. Assieme a tutto questo e a un buon numero di collaborazioni in Italia e all’e-stero, si occupa attivamente del-la ricerca sul campo, cercando con il proprio gruppo, di svolgere il tutto in maniera scientifica.

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Per molti gruppi alternativi le profezie legate all’anno 2012 sono diventate un calderone di speculazioni senza fine. Mi pare che molta gente stia guardando questi tempi con brama e terro-re, entusiasmo e paura in egual misura. Non esiste un unico sce-nario che spieghi il significato del 2012, sempre che un significato ci sia. Come facciamo a filtrare la realtà dalla finzione e preparaci ai cambiamenti in arrivo, qualun-que essi siano, senza cadere nel-la doppia trappola fatta di cre-dulità o cinismo?

Qualunque cosa noi si possa pensare riguardo il dibattito sul 2012, per me è chiaro che ci tro-viamo ad un punto di svolta nella storia umana. La nostra relazione con il fragile ecosistema plane-tario sta rapidamente diventan-do insostenibile. Un terzo di tutte le specie sul pianeta negli ultimi cento anni sono state portate all’estinzione e chiedersi se la specie umana sarà la prossima ad estinguersi, è una domanda che sorge inevitabile.

Paradossalmente, molte situazio-ni pertinenti al 2012 rappresentano l’ultima grande speranza per l’uma-nità, la speranza che alcuni grandi eventi cosmici, l’intervento extrater-restre o un misterioso cambiamen-to di coscienza, improvvisamente ci strappino dal pozzo nero che noi stessi abbiamo stupidamente cre-ato, per portarci in un’Età dell’Oro d’illuminazione, sostenibilità ecologi-ca e pace. Senza dubbio a molti di noi piace crederlo. Ma sono questi esclusivamente desidéri o esistono basi reali per queste grandi speran-ze? Esiste un meccanismo reale che potrebbe generare questa trasfor-mazione profonda nella coscienza collettiva?

Sento profondamente che ci tro-viamo all’apice di una trasforma-zione evolutiva; credo esista uno speciale meccanismo che sta gui-dando questo processo e che ora cercherò di spiegare. Vorrei tuttavia mettervi in guardia contro la tenta-zione di voler far per forza coincide-re tutto ciò con delle date specifi-che del tempo lineare.

Ciò che sto per descrivere si basa

su ricerche scientifiche attuali, pro-fezie antiche ed intuizioni mistiche della realtà. Per aiutare a creare un contesto al nostro viaggio, vorrei proporre due assiomi:

1) Come affermano i mistici di ogni epoca, esiste una forza unificata in-telligente che ha dato forma al no-stro viaggio spirituale attraverso le Ere, un’intelligenza che non è sepa-rata da ciò che noi siamo.

2) All’interno di questo processo evolutivo esistono cicli ben precisi e prevedibili caratterizzati da lunghissi-mi periodi di cambiamento gradua-le seguiti da improvvisi salti quantici. Eccoci quindi attualmente all’apice di un importante salto quantico.

I salti quantici sono la fondamen-tale chiave di lettura per compren-dere come funziona il nostro univer-so. Come illustrato dall’astrofisico Paul LaViolette nella sua “teoria di una creazione initerrotta”, l’universo non è stato creato da un unico “Big Bang” iniziale ma, attraverso esplo-sioni periodiche d’attività intensa, continua a generare nuova energia, nuova materia e nuovi potenziali all’interno dei centri delle galassie.

ESPLORARE IL FENOMENO DEL

2012Kiara Windrider

Possiamo considerare queste esplosioni come il battito del cuore galattico composto da energia co-smica ad alta frequenza e da raggi gamma. E’ un battito che si espande in onde concentriche di creazione attraverso le galassie. E’ dimostrato che nella nostra stessa galassia tali “superonde galattiche” attraversa-no ciclicamente il nostro sistema so-lare ogni 10.000 – 14.000 anni.

Passando attraverso il sistema so-lare, le superonde galattiche av-viano cicli corrispondenti di attività solari. Gli scienziati affermano che in questo momento il ciclo solare sta sperimentando un picco in grado di generare i più grandi brillamenti so-lari ed espulsioni di massa coronale degli ultimi 12.000 anni.

Questo ciclo a lungo termine di attività solare è direttamente col-legato al campo magnetico della Terra. L’aumento graduale dell’atti-vità solare negli ultimi 12.000 anni è coinciso con il declino del campo magnetico terrestre, accompagna-to dalle oscillazioni degli assi nord e sud magnetici terrestri. Questi spo-stamenti durante le ultime decadi

sono diventati sempre più forti in modo esponenziale e gli scienziati ci dicono che forse si sta avvicinando il momento in cui il campo magnetico terrestre potrebbe improvvisamente collassare ed invertirsi, come normal-mente accade periodicamente.

Tutta la vita sulla Terra è direttamen-te interconnessa attraverso i campi magnetici. Una trasformazione di tali campi causa cambiamenti nei nostri corpi fisici ed una trasformazione dei nostri stati di coscienza emozionali, mentali e spirituali. Uno spostamen-to all’interno del campo magnetico terrestre porta trasformazioni estre-me e grandi cambiamenti nella no-

stra esperienza e percezione del-la realtà, con il corrispettivo crollo dei vecchi sistemi e delle strutture dell’identità.

Gli scienziati, basandosi sullo stu-dio dei campioni di ghiaccio, ci dicono che l’inversione della po-larità magnetica in realtà tende ad accadere repentinamente, molto velocemente, general-mente nell’arco di pochi giorni, se non addirittura poche ore. Una volta che lo spostamento ha raggiunto il suo punto critico, avviene un’improvviso collasso e l’inversione dell’asse magnetico terrestre.

Da una prospettiva leggermen-te diversa, anche molte profezie dei nativi di ogni parte del mondo parlano di un tempo di grande purificazione e cambiamento, un tempo di trasformazione in una Nuova Era di coscienza espansa.

Don Alejandro Cirillo è un sa-cerdote maya, capo del Cocilio degli Anziani Maya, residente ne-gli altopiani del Guatemala. Du-rante una mia recente visita, Don Alejandro condivise con il nostro

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gruppo l’informazione che nel suo lignaggio esistono tredici pro-fezie riguardanti il “cambiamento delle Ere”.

La tredicesima ed ultima pro-fezia riguarda i tre giorni di buio. “Quando vi troverete a passare attraverso questi ‘tre giorni’ - en-fatizzò - sappiate che il tempo del passaggio è vicino. Quello non sarà il momento di avere paura, ma di celebrare”.

Don Alejandro ci disse che que-sto è il momento che stavamo aspettando da lunghissimo tem-po e lo denominò “Anno Zero”. Sarà il tempo dell’inizio di una nuova Era di pace ed armonia con le forze della Terra, caratteriz-zato da una coscienza galattica.

Tuttavia notammo che non ave-va parlato di date specifiche. Come avviene per il parto, la na-tura ha i suoi cicli che possono differire dalle date prefissate che invece noi imponiamo al proces-so. “Sappiamo però per certo che il momento è vicino – ci disse – e che la caduta delle vecchie identità è parte integrante del processo di rinascita”.

Anche il calendario indù parla di quattro stadi da attraversare du-rante il nostro viaggio lungo le Ere galattiche che partono dall’Età dell’Oro e, muovendosi lungo una spirale discendente, raggiun-gono periodi sempre più bui. La cosa interessante è che, mentre la discesa dalla luce all’oscurità è un processo graduale, il ritorno dalle tenebre alla luce accade all’improvviso.

Credo che molti eventi futuri profetizzati nelle antiche profezie siano basati su una conoscenza dei cicli naturali e le memorie del passato. E se la profezia riguar-

dante i tre giorni di buio, o l’alba di una nuova luce, fosse lo stesso fenomeno dell’inversione dei poli magnetici e racchiudesse la chiave per una comprensione più profonda della trasformazione evolutiva in ar-rivo?

La nostra percezione della realtà è collegata al modo in cui il nostro si-stema nervoso è cablato con i corpi sottili d’esistenza, i quali sono biologi-camente connessi con i nostri codici genetici. Nel momento dell’inversio-ne magnetica avviene un collasso temporaneo degli scudi magneti-ci della Terra; questo permette ad un’enorme quantità di radiazioni cosmiche di entrare nell’atmosfera terrestre.

Normalmente tali radiazioni sareb-bero altamente dannose alla so-pravvivenza fisica. Tuttavia durante questi tre giorni di buio è come se entrassimo in uno stato di sogno nel quale ai nostri corpi fisici, emozionali e mentali, viene permesso di passa-re attraverso un profondo ri-orienta-mento d’identità e di coscienza.

Come il bruco si chiude nel bozzo-lo, le radiazioni cosmiche in aumen-to inizieranno un processo di muta-zione e metamorfosi in una nuova specie umana che alcuni chiamano uomo luminoso, o umano divino.

In realtà questo processo di mu-tazione non è confinato esclusiva-mente agli esseri umani ed i biologi stanno ora cominciando a capire che la Terra è un’unica rete di vita interconnessa e che i cicli d’inversio-ne magnetica del passato sono di-rettamente associati al salto evoluti-vo e alle mutazioni che avvengono adesso su tutto il pianeta.

L’inversione magnetica è l’evento

che oggi conduce alla trasforma-zione di coscienza sulla Terra e nel sistema solare. Avevo già detto che esiste un’intelligenza presente all’in-terno di questo processo evolutivo e che noi non ne siamo separati. Que-sta comprensione ha delle profonde implicazioni per il nostro viaggio ver-so l’anno zero.

Siamo osservatori passivi, vittime di ciò che potrebbe essere facilmente percepita come una spaventosa catena di eventi, oppure possiamo plasmare coscientemente gli eventi secondo una visione superiore della verità?

In realtà, in quanto ad esseri che esistono sia all’interno che al di là della creazione, ci è dato il potere di camminare fra i mondi co-creando nuove dimensioni di realtà più gran-di di quanto riusciamo ad immagi-nare!

Traduzione dall’inglese

Barbara aurelsai Lucini

L’ultimo libro di Kiara “ILAHINUR, il Risveglio dell’Umano Divino”, edi-to dalla Quantic Publishing (www.quanticpublishing.com), fornisce ulteriori dettagli e documentazioni riguardo questo viaggio di risveglio planetario.

Videointervista di Kiara Windrider riguardo le superonde galattiche, la discesa sovramentale, la trasforma-zione planetaria, il 2012, il Calenda-rio Maya e Ilahinur, girato di fronte alla Grande Piramide, in Egitto, dal produttore Ahmet Yazman:

http://www.youtube.com/watch?v=cXGGPeN9EWg&list=UUBKymawoOf9QwMG1r9yr47Q&index=3&feature=plcp

ILAHINUR, 2012 E IL RISVEGLIO COLLETTIVO

Stiamo entrando in quel tempo di trasformazione epocale descritto dai mistici e dai profeti di ogni tempo. E’ un momento d’intensa purifica-zione e grande trasformazione che porta a cambiamenti planetari e sociopolitici, oltre all’esperienza dello stato di coscienza multidimensio-nale. A mano a mano che ci avviciniamo al solstizio d’inverno del 2012, sono in molti a sentire che quello potrebbe essere un portale fra i due mondi, l’inizio di una nuova specie umana ed il momento del completo risveglio delle dimensioni creatrici all’interno dei campi della materia.

Qualunque sia il nostro grado di comprensione di questo tempo di tra-sformazione, è necessario ricordare di non essere soltanto degli osser-vatori passivi, ma dei partecipanti attivi in questo processo di rinasci-ta. E’ possibile espandere la nostra prospettiva tanto da trasformare la paura in estasi ed il caos in potere? Come possiamo costruire un ponte fra l’aspetto umano e l’aspetto divino del nostro essere di modo da poter intenzionalmente co-creare una nuova Terra?

Questi sono gli argomenti dei quali parleremo prima di sperimentare l’iniziazione ad un campo morfogenetico ascensionale chiamato “Ila-hinur” appartenente alla tradizione della scuola misterica, una tecnica pratica che permette di fonderci con il nostro Corpo di Luce e di creare un accesso diretto alla frequenze multidimensionali della guarigione, del risveglio e di manifestare il nostro straordinario destino sulla Terra.

Workshop

Ilahinur è il nome di un campo universale di “Luce Divina”, una tecnica semplice tuttavia molto profonda per fondersi con il Sé Superiore. Du-rante il seminario impareremo ad accedere a queste energie attraver-so la comprensione della fisiologia cerebrale e la psicologia dell’anima. Apprenderemo anche a condividere questa tecnica con gli altri al fine di integrare nel corpo fisico queste frequenze superiori di Luce.

Date

- Bolzano, 12 Giugno 2012 – dalle 19.00 alle 23.00 Prenotazioni: Laura 328. 27.56.138 – [email protected] Milano, 16 Giugno 2012 – dalle 10.00 alle 18.30 Prenotazioni: MariaPia 339. 64.75.171 – mariapiazandegiacomo@ali ce.it- Torino, 17 Giugno 2012 – dalle 10.00 alle 18.30 Prenotazioni: Isetta 339. 52.90.183 – [email protected] Torino, 18 Giungo 2012 – dalle 19.00 alle 23.00 Prenotazioni Isetta o Carla 338. 84.37.355 – [email protected] Bologna, 21 Giugno 2012 – dalle 19.00 alle 23.00 Prenotazioni: Tiziana 348. 52.63.048 – [email protected] Pisa, 29 Giugno 2012 – dalle 19.00 alle 23.00 Prenotazioni: Federico 328. 79.67.852 – [email protected]

A tutti i partecipanti, compresa nel prezzo, verrà data una copia del nuovo libro di Kiara:

“ILAHINUR, il Risveglio dell’Umano Divino”, Edizioni Quantic Publishing

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LE TEORIE DI GUENON

Guenon, che abbiamo più vol-te indicato nella prima parte di questa trattazione come l’auten-tico antesignano degli studi sim-bolici e tradizionali, ha considera-to l’importanza del simbolo della croce al punto di dedicare al me-desimo uno studio unitario. Già nell’introduzione vengono posti i fondamenti tipici dell’analisi gue-noniana. L’affermazione dell’ori-gine precristiana del simbolo, che peraltro ci trova perfettamente

d’accordo, è immediatamente se-guita dall’osservazione critica, ricor-rente nell’autore in oggetto, dello smarrimento, anche all’interno della tradizione cristiana a noi pervenuta, del significato del tutto intrinseco ed essenziale della croce.

Il cristianesimo stesso, in ogni caso, almeno nel suo aspetto esteriore più conosciuto, sembra avere alquanto perso di vista il carattere simbolico della croce, per limitarsi a conside-rarla soltanto come segno tangibile di un avvenimento storico; in real-tà, questi due modi di vedere non si escludono affatto, anzi il secon-do non è, in certo qual modo, che una conseguenza del primo; ma ciò è talmente estraneo alla mentalità della maggior parte dei nostri con-temporanei che, per evitare malin-tesi, è utile parlarne più diffusamen-te.

La spiegazione della non contrad-dittorietà del senso storico rispetto al nucleo esoterico del simbolo è, per l’autore in oggetto, derivante da quella legge di corrispondenza che è il fondamento di ogni simbo-lismo e in virtù della quale qualsiasi

cosa - che come tale procede da un principio metafisico da cui la sua realtà unicamente dipende - tradu-ce o esprime, a suo modo e secon-do il suo ordine di esistenza, questo principio, sicché da un ordine all’al-tro tutte le cose si concatenano e si corrispondono per concorrere all’ar-monia universale e totale, la quale, nella molteplicità della manifesta-zione, è come un riflesso della stessa unità principiale.

Ed è proprio la storia precristiana del simbolo che ad avviso di Gue-non genera, anche sotto il profilo storico, oltre che simbolico, lo sche-ma del Cristo sulla Croce.

Se Cristo è morto sulla croce, è pro-prio, si può ben dirlo, per il valore sim-bolico che la croce ha in se stessa e che le è sempre stato riconosciuto in tutte le tradizioni; ed è per ciò che, senza volerne sminuire il significato storico, si può considerarla come una semplice derivazione da questo stesso valore simbolico.

Questa ed altre considerazioni di Guenon sono in effetti dirette a respingere tutte le interpretazioni

LA CROCEparte terza

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strettamente naturalistiche o mate-rialistiche dell’origine di qualunque simbolo, croce compresa. Ciò non è totalmente in contrasto con la de-finizione del simbolo che noi abbia-mo dato nella parte precedente di rappresentazione di un evento fisico o metafisico primordiale. In effet-ti Guenon sembra voglia sempre e comunque attribuire esclusivamen-te una origine divina e metafisica a tutti i simboli, e che sia tale origine di tale natura a configurare poi gli eventi storici e fisici che lo schema rappresentativo riproducono come necessità per il loro stesso verificarsi. A tale impostazione è anche possi-bile aderire, a condizione che si ac-cetti un’accezione omniestensiva del termine metafisico, purché non si abbia la pretesa di far scaturire da essa una definizione del simbolo per come si manifesta nella nostra dimensione, che pragmaticamente debba prestarsi a tutte le sue suc-cessive analisi e classificazioni. Suc-cessivamente il grande simbolista francese introduce le varie analisi della croce, tutte caratterizzate dal-la specularità archetipica. La realiz-zazione dell’Uomo Universale viene

simboleggiata dalla maggior parte delle dottrine tradizionali con un se-gno che è dappertutto il medesimo, poiché come abbiamo detto dall’i-nizio, è di quelli che si ricollegano alla Tradizione primordiale: si tratta del segno della croce, che rappre-senta perfettamente il modo in cui viene raggiunta tale realizzazione, mediante la comunione perfetta della totalità degli stati dell’essere, ordinati gerarchicamente in armo-nia e conformità, nell’espansione in-tegrale, secondo i due sensi dell’am-piezza e dell’esaltazione.

Il senso orizzontale rappresenta quindi l’ampiezza, cioè l’estensio-ne totale dell’individualità assun-ta come base della realizzazione, estensione che consiste nello svilup-po indefinito di un insieme di possibi-lità soggette a condizioni particolari di manifestazione; nel caso dell’es-sere umano, sia ben chiaro, questa estensione non si limita affatto alla parte corporea della individualità, ma dell’individualità comprende tutte le modalità, essendo lo sta-to corporeo una di esse… Il senso verticale rappresenta la gerarchia

– anch’essa a maggior ragio-ne indefinita – degli stati multipli, ognuno dei quali, considerato nella sua integralità, rappresen-ta un insieme di possibilità corri-spondente a uno dei tanti mondi o gradi che sono compresi nella sintesi totale dell’Uomo universa-le… In questa rappresentazione della croce, l’espansione orizzon-tale corrisponde dunque all’in-definità di modalità possibili di un determinato stato d’essere consi-derato integralmente, mentre la sovrapposizione verticale corri-sponde alla serie indefinita degli stati dell’essere totale.

Ampiezza ed Esaltazione, oriz-zontalità e verticalità sono le spe-cularità tipiche della croce e, tra-mite le loro dinamiche, la croce descrive l’evoluzione di tutte le manifestazioni possibili. Ma pro-prio questa portata dimensionale non può per Guenon consentire interpretazioni del simbolo che ne limitino l’origine e l’essenza stessa ad ipotesi naturalistiche o mec-canicistiche:

Certi scrittori occidentali, dalle

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pretese più o meno iniziatiche, hanno voluto attribuire alla cro-ce un significato esclusivamente astronomico, sostenendo che essa è un simbolo della con-giunzione cruciale che l’ellittica forma con l’equatore, nonché un’immagine degli equinozi, quando il sole, nel suo percorso annuale, occupa successiva-mente questi due punti… Le due frasi citate, anche se interpretate correttamente, contengono pur sempre un errore: infatti, in pri-mo luogo l’ellittica e l’equatore non formano una croce perché questi due piani non si interseca-no ad angolo retto; in secondo luogo i due punti equinoziali sono congiunti evidentemente da una sola linea retta, per cui ne risulta ancor meno la croce. In realtà sì tratta di considerare, nel primo caso, il piano dell’equatore e l’asse che, congiungendo i poli, è perpendicolare a tale piano; e, nel secondo, le due linee che congiungono rispettivamente i due punti solstiziali e i due punti equinoziali; otteniamo così quel-la che può essere definita una croce verticale nel primo caso, e una croce orizzontale nel secon-do. L’insieme di queste due cro-ci, aventi lo stesso centro, forma la croce a tre dimensioni, le cui braccia sono orientate secondo le sei direzioni dello spazio; queste corrispondono ai sei punti cardi-nali, i quali, unitamente al centro, formano il settenario. In un altro studio abbiamo avuto occasione di segnalare l’importanza attribu-ita dalle dottrine orientali a que-ste sette regioni dello spazio, e la loro corrispondenza con certi pe-riodi ciclici… Lo stesso simbolismo si trova anche nella Kabbalah ebraica, in cui si parla del palazzo santo o palazzo interiore situato

appunto al centro delle sei direzioni dello spazio. Le tre lettere del nome divino Jehovah, mediante la loro se-stupla permutazione secondo que-ste sei direzioni, indicano l’immanen-za di Dio in seno al mondo, cioè la manifestazione del Logos al centro di tutte le cose, nel punto primordia-le di cui le estensioni indefinite non sono che l’espansione o lo sviluppo: Egli formò dal Thohu (il vuoto) qual-che cosa, e fece di ciò che non era ciò che è. Egli intagliò delle grandi colonne nell’etere inafferrabile…

Egli riflette, e la parola (Memra) produsse ogni oggetto e ogni cosa con il suo Nome Uno… Il punto pri-mordiale da cui viene proferita la parola divina, si sviluppa, come ab-biamo detto, non solo nello spazio, ma anche nel tempo; è il centro del mondo sotto tutti gli aspetti, cioè è ugualmente al centro degli spazi e al centro dei tempi. Tutto ciò, se inteso alla lettera, riguarda eviden-temente soltanto il nostro mondo, l’unico le cui condizioni di esisten-za siano direttamente esprimibili in linguaggio umano: infatti soltanto il mondo sensibile è soggetto allo spa-zio e al tempo. Ma, poiché in realtà si tratta del Centro di tutti i mondi, si può passare all’ordine soprasen-sibile effettuando una trasposizione

analogica, in cui lo spazio e il tempo non mantengono che un significato puramente simbolico… Il punto è effettivamente il simbolo dell’unità; è l’origine dell’estensione, la quale esiste solo in virtù del suo irraggia-mento (il vuoto anteriore non è che una pura virtualità), ma non diventa comprensibile se non quando esso stesso si situa nell’estensione, di cui diviene allora il centro, come spie-gheremo più esaurientemente in seguito. L’emanazione della luce, che conferisce all’estensione la sua realtà, facendo del vuoto qualche cosa, e di ciò che non era ciò che è, è una espansione successiva alla concentrazione: sono queste le due fasi di inspirazione e di espirazione di cui si parla tanto spesso nella dottri-na indù, la seconda delle quali cor-risponde alla produzione del mondo manifestato; si noti, a questo propo-sito, l’analogia con il movimento del cuore e con la circolazione del san-gue nell’essere vivente.

Così Guenon esplica, ma non trop-po come suo costume, la vera vo-cazione simbolica della croce, che di seguito verrà anche da parte no-stra esposta per quanto attenga alle nostre convinzioni: rappresentare un universo di quelli possibili nel suo centro-principio e nelle sue espan-sioni bidimensionali oppure tridimen-sionali.

Il simbolismo delle direzioni dello spazio è precisamente quello che ci troveremo ad applicare in tutto ciò che segue, sia dal punto di vista ma-crocosmico, come nel brano citato, sia dal punto di vista microcosmico. La croce a tre dimensioni forma, in linguaggio geometrico, un sistema di coordinate al quale può esse-re riferito tutto lo spazio; e lo spazio sarà preso qui a simbolo dell’insieme di tutte le possibilità, sia di un essere

particolare che dell’Esistenza univer-sale. Questo sistema è costituito da tre assi, uno verticale e due orizzon-tali, che sono tre diametri perpendi-colari di una sfera indefinita, e che, anche indipendentemente da qual-siasi considerazione astronomica, si possono considerare orientati verso i sei punti carenali: nel testo già citato di Clemente d’Alessandria, l’alto e il

basso corrispondono rispettivamen-te allo zenit e al nadir, la destra e la sinistra al sud e al nord, l’avanti e il dietro all’est e all’ovest; ciò può giu-stificarsi mediante le indicazioni con-cordanti che si incontrano in quasi tutte le tradizioni. Si può anche dire che l’asse verticale è l’asse polare, cioè la linea fissa che congiunge i due poli, intorno alla quale tutte le cose compiono la loro rotazione; è dunque l’asse principale, mentre i due assi orizzontali non sono che se-condari e relativi. Uno di questi due assi orizzontali, quello nord-sud, può anche dirsi asse solstiziale, mentre l’altro, quello est-ovest, può dirsi asse equinoziale: siamo dunque ricon-dotti al punto di vista astronomico, in virtù di una certa corrispondenza tra i punti cardinali e le fasi del ciclo an-nuale, corrispondenza la cui espo-sizione completa ci condurrebbe troppo lontano e che, inoltre, non presenta ora un particolare interes-se: senza dubbio essa troverà un po-sto più adatto in un altro studio.

La croce è allo stesso tempo vi-sione congiunta di aspetti comple-mentari, ma anche assorbimento di manifestazioni (forse solo appa-

rentemente aggiungiamo noi) contrastanti. Per riferirsi alla croce come unione dei complementari egli precisa:

è sufficiente considerare la cro-ce, come si fa di solito, nella sua forma a due dimensioni… Stabili-to questo, nella linea verticale si può vedere la rappresentazione del principio attivo, e in quella orizzontale la rappresentazione del principio passivo; tali principi, per analogia con l’ordine uma-no, vengono rispettivamente designati come maschile e fem-minile; considerati invece nel loro significato più esteso, cioè in rela-zione a tutto l’insieme della ma-nifestazione universale, essi sono o principi ai quali la dottrina indù dà i nomi di Purusha e Prakriti… l’asse verticale che lega insieme tutti gli stati dell’essere attraver-sandoli nei loro centri rispettivi, è il luogo di manifestazione di quella che la tradizione estremo-orientale chiama attività del cie-lo, cioè l’esatto equivalente della attività non agente di Purusha, in virtù della quale vengono de-terminate in Prakriti, le produzioni corrispondenti a tutte le possibilità di manifestazione. Quanto al pia-no orizzontale, vedremo che esso costituisce un piano di riflessione, raffigurato simbolicamente come la superficie delle acque, le quali acque, com’è noto, in tutte le tra-dizioni sono un simbolo di Prakriti o della passività universale… Da questo punto di vista l’androgino primordiale, di cui parlano tutte le tradizioni, dovrà dunque essere considerato come frutto dell’u-nione dei complementari…

Dai complementari ai contrari, che sono per Guenon due con-cetti solo apparentemente diver-si:

… in questo caso si può dire che l’opposizione corrisponde ad un punto di vista inferiore o più superficiale, mentre il com-plementarismo, in cui, per così dire, si concilia e si risolve que-sta opposizione, equivale, pro-prio per questa ragione, a una visione elevata o più profonda, come abbiamo già spiegato al-trove. L’unità principale implica infatti che non vi siano opposi-zioni irriducibili; quindi, se è vero che l’opposizione tra due termini

Purusha e Prakriti

Clemente d’Alessandria

54 R u n a B i a n c a - G i u g n o - 2 0 1 2

può esistere effettivamente nel-le apparenze e possedere una realtà relativa a un certo livello di esistenza, questa opposizione deve dileguarsi come tale e risol-versi armonicamente, per sinte-si o per integrazione, quando si passi ad un livello superiore… Lo stesso complementarismo, che è ancora dualità, deve a un cer-to momento dissolversi di fronte all’unità, laddove i suoi due ter-mini vengono in qualche modo a equilibrarsi e a neutralizzarsi, unendosi fino a fondersi indisso-lubilmente nell’indifferenziazione primordiale… Il centro della cro-ce è quindi il punto in cui si conci-liano e si risolvono tutte le opposi-zioni: in esso si conclude la sintesi di tutti i termini contrari che, per la verità, sono tali soltanto se giu-dicati dagli angoli visuali esteriori e particolari della conoscenza in modo distintivo.

Nella prosecuzione dell’opera citata Guenon sviluppa la por-tata simbolica della croce come l’albero della vita ed il suo rap-porto con l’altro aspetto dell’al-bero della conoscenza, altrimen-ti detto albero del bene e del male, ed altre correlazioni che non essendo questa opera una monografia sul simbolo in esame, sarebbe fuori luogo riportare in questa sede. Rimandiamo volen-tieri quindi alla integrale lettura del testo, lettura medesima che non ci stancheremo mai di sug-gerire a chi desideri approfondire ulteriormente e specificamente l’argomento.

Conclusioni finali

Dall’analisi da noi effettuata della croce sotto il profilo storico, dalla pratica dei gromatici, dalle conside-razioni di Cartesio e Guenon emer-ge una caratteristica ricorrente del simbolo che può essere considerata la sua essenza e, per certi aspetti, la sua missione

La croce ricerca o stabilisce il cen-tro, nascosto o indefinito, parten-do dalle sue (del centro s’intende) emanazioni, le rette.

Partire dalle manifestazioni visibi-li per giungere al principio invisibile è un percorso tipicamente umano, inverso a quello tutto divino della Creazione, laddove da un Principio invisibile si siano diramate le manife-stazioni visibili. Stabilire il centro quin-di, e ciò offre e rafforza una visione illuminante della presenza e della missione della croce nel simbolismo cristiano, laddove proprio la croce-fissione del Cristo diviene il momento fondamentale del percorso del cre-dente. Ma il rapporto tra la croce e il centro, anche come inizio, è anche la chiave di decodificazione della pianta delle chiese gotiche, catte-drali, abbaziali che assume la forma di una croce latina stesa al suolo. E per gli alchimisti la croce è il gero-

glifico alchemico del crogiuolo, un tempo chiamato cruzol, crucibile e croiset (nel tardo latino, crucibulum, crogiuolo, ha per radice crux, crucis, croce).

Il rapporto di analogia tra il cro-giuolo degli alchimisti e la croce cristiana è evidente: nel crogiuolo la materia prima, come Cristo, sof-fre (la Passione) e muore per risu-scitare trasmutata. Nel simbolismo della nostra matematica la croce assume due valenze: perpendico-lare esprime l’addizione, obliqua la moltiplicazione. Quest’ultima ope-razione è quella stabilita e indicata da Dio nella Bibbia per l’evoluzio-ne della razza umana ad Adamo

ed Eva: crescete e moltiplicatevi, e in quanto simbolo dell’evoluzio-ne dell’umanità e non della divinità viene dall’apostolo Andrea, fratello di Pietro, richiesta, in luogo di quella verticale, per il suo supplizio. Quella verticale, quindi l’addizione, rima-ne esclusivamente prerogativa del figlio di Dio, cioè il Cristo, in quanto specificamente correlata alla crea-zione. Tanto la croce verticale che quella obliqua descrivono il Tutto che promana dal centro, ma le assi perpendicolari della prima emana-no dal centro perché poste da chi ha creato, come analogicamente rappresentato dagli antichi groma-tici, nel disegno del piano agricolo o urbano tramite la tracciatura del cardo e del decumeno, mentre le assi diagonali della seconda rappre-sentano la evoluzione, o moltiplica-zione, del creato. È forse per questo motivo che nella modulistica e negli attuali questionari il modo per mar-care positivamente le risposte scelte alle domande poste è quello di trac-ciare una croce obliqua all’interno del quadrato, laddove quest’ultimo è la delimitazione dello spazio po-sto, preesistente al simbolo tracciato che, ancora una volta, indica il cen-tro di quello spazio congiungendone

i vertici. Quindi, oltre alla specularità verticale/orizzontale, riferita al piano cartesiano ed alle ulteriori speculari-tà derivate dalla attribuzione di va-lori positivi e negatici alle due rette in funzione della loro intersezione che le trasforma in semirette, esiste una specularità strutturale e essenziale della croce fondata sulla distinzione del centro da ciò che lo circonda, o meglio dall’inizio e da ciò che ne deriva. Tale ultimo aspetto è la vera essenza del simbolo, il suo aspetto rappresentativo più importante.

Biografia :

Giovanni Francesco Carpeoro

Nato a Cosenza nel 1958. Si tra- sfe-risce a Milano e si laurea in giurispru-denza presso l’ Univer- sità Cattolica per poi svolgere

per trent’anni la professione di av-vocato. Ha cura- to per Acacia Edizioni l’edizione italiana de L’Ar-che- ometro di Alexandre Saint’Yves

d’Alveidre e di Sotto le Piramidi di Andrew Collins. È stato diretto-re delle riviste mensili PC Maga- zine, HERA e I Misteri di HERA. Il suo sito personale: www. carpe-oro.com. Delle sue pubblicazioni ricordiamo: Il volo del pellicano (Bevivino, 2007), Labirinti (Bevivi-no, 2008) e...

Il re cristiano

Bevivino, 2010

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Con immenso piacere vedo na-scere questa collaborazione tra il nostro gruppo e questa splen-dida e interessante rivista, lo sco-po di questa iniziativa è quello di introdurre al mondo del paranor-male il lettori interessati che si si affacciano per la prima volta a questi fenomeni, e di interloquire con quelli che già si interessano di questo. Lo faremo proponen-do articoli e discussioni su questo tema, approfondendo di volta in volta un argomento, ma l’inten-zione primaria è quella di intera-gire con voi, e lo faremo rispon-dendo ad ogni vostro quesito, o discussione che potrete rivolgere a noi trasmettendo alla redazio-ne i vostri interrogativi, che saran-no immediatamente a noi girati per le risposte, potrete inoltre sot-toporci foto o filmati che ritenete meritino un approfondimento ed un analisi dal punto di vista pa-ranormale o ufologico, nonchè segnalarci ogni tipo di fenomeno strano a cui avete assistito, siamo a vostra completa disposizione per ogni dubbio o indagine da effettuare nel campo.

Il gruppo è formato da Cindy Pa-van , Massimiliano Maresca, entram-bi provenienti dall’esperienza con un altro team di cui Max era coofon-datore, su Italia 1 con le prime se-rie di MISTERO, Brenna Freitas, Pippo Ferrara, Alessandro Tomasetto. un team ben assortito di appassionati che nella vita opera in settori diversi e che si ritrova al sabato pieni di en-tusiasmo e voglia di fare, per svolge-re indagini sui fenomeni paranorma-li con la speranza di trovare prove certe sull’eterno interrogativo “ cosa c’è dopo la morte ?”

Le nostre ricerche hanno come scopo primario analizzare l’ambien-te in cui investighiamo e cercare di dare una spiegazione prima di tutto scientifica e terrena agli eventuali fenomeni che si manifestano, se-guendo uno schema ben preciso, si comincia con un sopralluogo nel-la location interessata, dopodichè montiamo le attrezzature fisse com-poste da un DVR con 8 telecamere fisse all’infrarosso per registrare e ri-prendere da varie angolature tutte le fasi dell’indagine anche in con-dizione di buio, un microfono pano-ramico molto sensibile per acquisi-

re eventuali elementi audio E.V.P. (Electronic voice phenomena). un geofono utilizzato in geologia , è un sensore atto a rilevare movimenti del suolo o onde sismiche. L’elemen-to sensibile è simile ad un microfono, capace però di rilevare frequenze molto basse, anche di pochi Hertz e di trasformare il segnale rilevato in impulso elettrico, questo ci permette di rilevare eventuali movimenti che fanno vibrare anche in modo imper-cettibile il suolo.. Una volta sistemato il tutto si avviano le registrazioni, l’in-dagine è partita.

Mentre gli strumenti fissi registra-no autonomamente, il gruppo co-mincia a muoversi, diviso in squadre , muniti di videocamere con visione notturna, reflex digitali, rilevatori di campi magnetici, e registratore di suoni E.V.P. Si gira in lungo e in largo il luogo cercando di stabilire un con-tatto con eventuali entità presenti , e raccogliere più materiale possibile , che nei giorni seguenti verrà analiz-zato e previa autorizzazione del pro-prietario, pubblicato sul nostro sito www.europenapas.it....e sulla nostra pagina Facebook. Il materiale pro-veniente da tutte le indagini viene

E.P.A.S.MISSIONE

GHOST HUNTING

archiviato in files specifici e conser-vato nei nostri archivi.

LO SPIRITISMO

Tra i fenomeni Paranormali, quel-lo che ha da sempre più incuriosito l’uomo è l’apparizione o il contatto con un’entità. Da sempre l’uomo sente il bisogno di comunicare con gli spiriti dei trapassati, sia per rista-bilire un contatto con le persone care che ci hanno lasciato, che per capire cosa ci aspetta dopo la vita terrena. Diverse furono le tecniche di comunicazione che si succedet-tero nell’antichità, fino ad arrivare

allo spriritismo come dottrina vera e propria, ad opera delle sorelle Fox.

Nel 1848 le due sorelle Kate e Mar-garet Fox vivevano a New york in una casa situata ad Hydesville, in-sieme ai genitori. La casa aveva la fama di essere stregata. Alla fine di marzo di quell’anno, la famiglia Fox fu testimone di inspiegabili fe-nomeni: colpi nei muri e rumore di mobili spostati cominciarono a farsi udire all’improvviso. Credettero che un’entità volesse comunicare con loro. La notte del 31 marzo, Kate pensò di instaurare un contatto con il presunto spirito autore dei rumori, e lo invitò ripetere lo schiocco del-

le sue dita; l’e-s p e r i m e n t o sembrò fun-zionare, Kate ebbe un ri-scontro. Quin-di le sorelle gli chiesero di battere tanti colpi quanti erano gli anni della loro età e, anche in questo caso,

il presunto spirito fece quanto ri-chiesto. Chiamarono i vicini a testimoniare quell’evento, e nei giorni successivi venne sviluppata una sorta di codice di comunica-zione, in cui i battiti erano utilizzati per rispondere “sì” e “no”, o per indicare precise lettere dell’alfa-beto.

Le ragazze inizialmente chiama-rono il presunto spirito “Mr.Splitfo-ot” (Signor Piede-Biforcuto, un no-mignolo per indicare il Diavolo), ma in seguito la presunta entità avrebbe dichiarato di essere lo spirito di un venditore ambulante di nome Charles B. Rosma, che sarebbe stato ucciso in quella casa cinque anni prima e poi se-polto nella cantina. Tuttavia non si riuscì mai a identificare alcuna persona scomparsa che portasse il nome di Charles B. Rosma, né fu trovato alcun corpo sepolto in cantina.

Kate e Margaret furono dunque mandate nella vicina cittadina di Rochester, Kate presso la sorella Leah e Margaret presso il fratello David, ma il fenomeno dei colpi le

Da sempre l’uomo sente il bisogno di co-municare con gli spi-riti dei trapassati, sia per ristabilire un con-tatto con le persone care che ci hanno la-sciato, che per capire cosa ci aspetta dopo la vita terrena.

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accompagnò. Amy e Isaac Post, una coppia amici di lunga data della famiglia Fox, invitarono le sorelle nella loro casa di Roche-ster. Convinti della genuinità del fenomeno, i Post si adoperarono per diffonderne la notizia presso i loro conoscenti quaccheri, che furono il primo nucleo del movi-mento spiritista.

Le sorelle Fox divennero pre-sto famose e iniziarono a tenere sedute pubbliche a New York, attirando tra il pubblico perso-naggi di spicco come William Cullen Bryant, George Bancroft, James Fenimore Cooper, Natha-niel Parker Willis, Horace Greeley, Sojourner Truth e William Lloyd Garrison, noti negli ambienti ari-stocratici.

Il clamore da esse suscitato in-coraggiò anche persone che presero a imitarle, o che fino ad allora non avevano osato rende-re pubbliche le loro capacità di comunicare con il mondo degli spiriti, dando così il via alla dottri-na dello spiritismo negli Stati Uni-ti; il fenomeno si diffuse presto anche negli altri paesi di lingua inglese.

Sia Kate che Margaret divenne-ro medium di fama, tenendo se-dute spiritiche per tantissime per-sone interessate a tali fenomeni o semplicemente curiose. Queste prime sedute avevano un carat-tere frivolo, e il maggior interesse da parte del pubblico consisteva nell’informarsi su situazioni amo-rose personali o su altri banali in-terrogativi. Tuttavia l’importanza

della comunicazione con i defunti divenne ben presto evidente: Ho-race Greeley, importante editore e uomo politico, divenne una sorta di mentore per le ragazze, introducen-dole presso gli ambienti delle classi sociali più elevate.

Dopo la morte del primo marito, Leah sposò un banchiere di succes-so di Wall Street. Nel 1852 Margaret incontrò Elisha Kane, l’esploratore dell’Artico. Elisha era convinto che Margaret e Kate fossero succubi della sorella Leah, che cercava di approfittare di loro per trarne pro-fitto e cercò di tirare fuori Margaret dalle loro attività. I due si sposaro-no e Margaret si convertì al catto-licesimo, ma alla morte del marito tornò prontamente alle attività me-dianiche. Nel 1876 raggiunse la so-rella Kate, che nel frattempo si era trasferita in Inghilterra fin dal 1871. L’attività delle sorelle riprese come una sorta di missione, per cui tene-vano sedute solo per persone di spicco che accettavano in cambio di far pubblicare i loro nomi in qua-lità di testimoni dei fenomeni spiritici cui avevano assistito. Nel 1872 Kate sposò H. D. Jencken, un avvocato di Londra e appassionato spiritista, con cui ebbe due figli prima della morte di lui, avvenuta nel 1881. Kate ave-va fama di essere una medium po-tente, capace non solo di evocare “raps”, i famosi colpi che si udivano, ma anche fenomeni quali luci spiriti-che, scrittura diretta, la materializza-zione di ectoplasmi e il movimento di oggetti a distanza. Tra il 1871 e il 1874 era stata una dei tre medium esaminati dal famoso scienziato Wil-liam Crookes, chimico e fisico britan-nico e presidente della Society for Psychical Research dal 1896 al 1897 che attestò la genuinità dei fenome-ni prodotti dalla donna e sottolineò la potenza delle capacità di Kate rispetto a quelle della maggioranza dei suoi colleghi.

Nel corso degli anni Margaret e Kate, a causa del loro carattere molto libertino, avevano sviluppato un serio problema con l’alcol. Intor-no al 1888 furono coinvolte in una disputa che le vedeva unite contro la sorella Leah e altri leader spiritisti, i quali ritenevano che Kate, a causa del suo problema d’alcolismo, non fosse in grado di accudire i suoi fi-gli adeguatamente. Nel frattempo Margaret, che stava meditando un

ritorno al cattolicesimo, iniziò a con-vincersi sempre più che i suoi poteri fossero di origine diabolica.

Desiderose di danneggiare il più possibilela la sorella Leah, Kate e Margaret si recarono a New York, dove un reporter aveva loro propo-sto una ricompensa di 1.500 dollari in cambio della verità circa i loro me-todi e l’esclusiva sulla storia.

Margaret fece una pubblica appa-rizione, in presenza della sorella Kate, alla New York Academy of Music il 21 ottobre 1888, dichiarando che tutta la storia era una truffa. Davanti a un pubblico di 2000 persone Margaret mostrò come riusciva a produrre ad arte dei colpi che potevano udirsi in tutto il teatro facendo schioccare le articolazioni delle dita dei piedi: i dottori presenti in platea salirono sul palco per sincerarsi della veridicità di quanto affermato. Margaret rac-contò la sua versione circa l’origine del fenomeno dei battiti in una con-fessione firmata, che fu pubblicata sul New York World il 21 ottobre 1888. Questa fu la spiegazione data circa i fatti accaduti ad Hydesville:

“Quando la sera andavamo a letto legavamo una mela a uno spago, quindi la tiravamo su e giù facen-dole colpire il pavimento oppure la-sciandola cadere per terra, causan-do uno strano rumore ogni volta che rimbalzava. Fu questo che nostra madre sentì per un certo periodo di tempo. Non capiva cosa stesse suc-cedendo e non sospettava che noi potessimo essere autrici di un tale imbroglio, data la nostra giovane età”.

“Loro [i vicini] erano convinti che qualcuno fosse stato assassinato in quella casa. Ci chiesero di doman-darlo agli spiriti e noi battevamo un colpo se la risposta dello spirito era “sì”, non tre colpi come facemmo in seguito. Essi conclusero che l’omici-dio doveva essere stato commesso in quella casa. Passarono al setac-cio l’intera campagna circostante alla ricerca dei nomi dei preceden-ti proprietari. Alla fine trovarono un uomo di nome Bell e affermarono che quel povero innocente aveva commesso un assassinio in quella casa, e che i rumori provenivano dallo spirito della vittima. Il povero signor Bell fu evitato e trattato come un assassino dall’intera comunità”.

“Mrs Underhill, la mia sorella mag-William Crookers

giore, portò me e Katie a Roche-ster. Fu là che scoprimmo un nuovo modo per far risuonare dei colpi. Mia sorella Katie fu la prima a notare che muovendo le dita poteva produrre certi suoni attraverso le nocche e le articolazioni, e che lo stesso effet-to poteva essere ottenuto tramite le dita dei piedi. Una volta scoper-to che potevamo creare dei battiti con i piedi, prima con uno poi con entrambi, ci allenammo fino a che fummo in grado di farlo facilmente quando la stanza era buia. Come accade per molte cose inspiegabi-li, è sorprendente quanto esse siano semplici una volta chiarito il mistero. I battiti sono semplicemente il frutto di un perfetto controllo dei muscoli della gamba al di sotto del ginoc-chio, muscoli che governano i ten-dini del piede e che permettono un movimento delle dita dei piedi e delle ossa della caviglia che gene-ralmente non è noto. Tale perfetto controllo è possibile solo quando si prende un bambino in tenera età e gli si insegna con cura e costanza ad esercitare quei muscoli, che negli anni successivi si irrigidiscono... Que-sta, dunque, è la semplice spiega-zione dell’intero metodo usato per generare colpi e battiti”.

“Molte persone, quando sentono i battiti, immaginano immediatamen-te che gli spiriti li stiano toccando. È un’illusione molto comune. Alcune persone molto facoltose vennero a trovarmi alcuni anni or sono, quando

abitavo sulla 42°Strada, e produssi qualche battito per loro. Feci bat-tere lo spirito sulla sedia e una delle signore gridò: “Sento che lo spirito mi sta toccando sulla spalla!”. Natural-mente era pura immaginazione”.

Quella dello schioccare delle ar-ticolazioni era una delle teorie pre-ferite degli scettici, avanzata fin dal 1851. Gli spiritisti che avevano fami-liarità con la larga varietà di battiti prodotti durante le sedute delle so-relle Fox, battiti che per di più pro-venivano da vari punti della stanza, non furono tanto colpiti dalla spie-gazione addotta da Margaret circa l’origine dei rumori quanto dalla di-chiarazione di creare battiti di pro-posito, che creò grande delusione e sospetto tra coloro che avevano seguito le pratiche delle sorelle.

Nel novembre del 1889, Margaret si pentì di quello che aveva fatto e cercò di ritrattare la confessione. Nel giro di cinque anni entrambe le sorelle morirono, in povertà ed evita-te dagli amici di un tempo. Furono seppellite in tombe destinate agli in-digenti. Dopo la morte delle sorelle Fox il fenomeno continuò ad essere studiato, e da li a poco l’interesse si diffuse in tutto il mondo; i gruppi di appassionati si moltiplicarono.

Dopo le sorelle Fox, Allan Kardec fu il primo ad indagare in modo si-stematico i fenomeni spiritici; dopo anni di ricerche si convinse della loro realtà e iniziò a divulgarne gli inse-

gnamenti, pubblicando a proprie spese “Il libro degli spiriti”, consi-derato il testo base dello spiriti-smo, che ottenne subito un enor-me successo. Nel 1861 pubblicò quindi “Il libro dei medium”, dove descrisse i vari tipi di facoltà me-dianiche e i metodi per dar modo a chiunque di dialogare con gli spiriti ed apprendere la dottri-na direttamente da essi. Questo scatenò immediatamente la re-azione degli ecclesiastici cattoli-ci, i quali iniziarono una durissima repressione in tutta Europa, met-tendo all’indice i libri di Kardec e vietando categoricamente ogni tipo di pratica spiritica. Si arrivò persino a bruciare in piazza a Bar-cellona i libri di Kardec, conside-randoli opera diabolica. Una spe-cie di moderna Inquisizione.

Kardec continuò a scrivere e pubblicò altri 3 volumi: “Il Van-gelo secondo gli spiriti”, “Il cielo e l’Inferno” (La Giustizia Divina secondo gli spiriti) e “La Genesi” (Miracoli e premonizioni secondo gli spiriti). Dopo la pubblicazione di questi testi sorsero migliaia di centri spiritici in tutto il mondo, nonostante la repressione cat-tolica, e in particolare in Brasile, dove lo spiritismo si integrò facil-mente con la cultura e la tradi-zione locali. Nel 1870 lo spiritismo contava già 10 milioni di seguaci, che diventarono oltre 15 milioni nel 1890. Dopo Kardec, l’elabo-razione della dottrina spiritista fu continuata dall’ing. Gabriel De-lanne e da Ernesto Bozzano negli aspetti scientifici, e da Leon Denis e Chico Xavier negli aspetti filoso-fici.

Secondo numerosi studiosi di parapsicologia lo spiritismo è una scienza, in quanto gli esperimenti

A. Kardec

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sarebbero condotti con metodo scientifico e in quanto le ricer-che vorrebbero dimostrare che il manifestarsi dei fenomeni sia una conferma delle teoria della vita oltre la vita, un’evoluzione della nostra anima dopo il trapasso.

Per la comunità scientifica lo spiritismo invece non può essere assolutamente considerato una scienza, poiché non c’è alcuna prova certa e nessuna pubbli-cazione scientifica o sperimen-tazione che attesti la veridicità del fenomeni; ogni volta che gli scettici hanno effettuato esperi-menti, nessun fenomeno è stato osservato. Gli stessi parapsicolgi hanno ammesso la difficoltà di fare accettare le loro ricerche alla comunità scientifica.

Ancora oggi ci sono prosecuto-ri della dottrina di Allan Kardec: l’Unione Spiritica Italiana (USI), presieduta da Regina Piccoli, è membro del Consiglio Spiriti-sta Internazionale (CSI) ‒ istituto mondiale che racchiude le asso-ciazioni rappresentative dei mo-vimenti spiritici nazionali ‒ fonda-to il 28 novembre 1992 a Madrid (Spagna). Il CSI pone le basi delle sue attività nella dottrina spiritica codificata da Allan Kardec nelle sue opere.

L’USI, fondata nel 2009, è l’orga-no promotore e coordinatore del-lo spiritismo in Italia. Le sue finalità sono: la promozione dell’unione fraterna tra i gruppi presenti in Italia; l’impegno per l’unificazio-ne del movimento spiritista locale e mondiale; la promozione dello studio e la diffusione della dottri-na spiritica nei suoi tre aspetti ‒ scientifico, filosofico e religioso ‒ e l’esercizio della carità materiale e morale. Oltre ai gruppi affiliati, di cui si danno sopra i riferimen-ti, ci sono altri centri spiritisti non affiliati: il Nucleo Spiritista Allan Kardec di Milano, il Gruppo di Studi Spiritici MEIMEI di Monza e il Gruppo di Roma Allan Kardec. Il Centro Italiano Studi Spiritici Al-lan Kardec nasce ufficialmente nel 1992 dall’esperienza dei sei membri fondatori che, in seguito a un’attività ufficiosa iniziata nel 1990 ‒ peraltro a sua volta erede di precedenti interessi in comune nei confronti dello spiritismo ‒ si organizzano nella forma attua-

le dopo l’incontro con l’Union Spi-rite Française di Lione – centro con il quale la collaborazione prosegue anche ai giorni nostri – e diventano membri fondatori del Consejo Espi-rita Internacional (Consiglio Spiritico Internazionale), la maggiore orga-nizzazione spiritista del mondo, che riunisce trentadue federazioni nazio-nali kardeciste, fra cui la FEB brasilia-na. Attualmente, i gruppi preceden-temente collegati al Centro Italiano Studi Spiritici Allan Kardec di Aosta, Lecco, Milano, Peschiera del Garda (Verona), Roma e Treviso sono tutti affiliati all’USI (Unione Spiritica Italia-na), insieme ad altri. La dottrina è rigorosamente kardecista, secondo la presentazione sistematica di Adol-fo Bezerra de Menezes, noto anche come “il Kardec brasiliano”.

Lo spiritismo è definito come l’insie-me dei princìpi rivelati nelle opere di Allan Kardec, che costituiscono una vera e propria “codificazione spiriti-ca”. È una scienza, ma rivela anche la verità sulla religione. Lo spiritismo, così inteso, insegna l’esistenza di un Dio creatore, che oltre alla Terra ha creato il mondo spirituale, dimora degli spiriti, e numerosi altri mondi nell’universo. L’uomo è uno spirito incarnato in un corpo materiale at-traverso il legame costituito da un corpo semi-materiale chiamato pe-rispirito. Gli spiriti, creati semplici e ignoranti, si evolvono di reincarna-zione in reincarnazione, tante volte quante sono necessarie al loro per-fezionamento. Possono non progre-dire, ma non regrediscono mai: nella scuola del pedagogo Kardec è pre-vista la bocciatura e la ripetizione di una classe, mai il ritorno alla classe precedente. Uno dei motti dello spi-ritismo kardecista, forse il più impor-tante, è: “Nascere, morire, rinascere ancora e sempre progredire. Tale è la legge”.

A seconda del loro grado di evo-luzione gli spiriti si distinguono in puri, buoni e imperfetti: tutti comunicano con noi, ma gli spiriti imperfetti pos-sono indurci al male. L’uomo deve ri-spettare la Legge di Dio, che è stata rivelata nel modo più puro da Gesù Cristo, che è la guida e il modello per tutta l’umanità. I suoi insegna-menti sono però stati travisati dalle Chiese, e i messaggi degli spiriti puri che parlano attraverso le opere di Kardec sono oggi necessari per in-terpretarli correttamente. Non esiste

un culto esteriore, perché Dio – che desidera le nostre preghiere – “deve essere adorato in spirito e verità”: una differenza con le “Chiese” spi-ritiche che derivano dal movimento anglo-americano. La medianità è una facoltà che molti hanno già al momento della nascita a prescin-dere dalle idee che svilupperanno successivamente, ma può essere chiamata “medianità spiritica” solo quando è esercitata in conformità ai princìpi dello spiritismo kardecista e della morale cristiana, così come è ricostruita nelle opere di Kardec.

LA PARAPSICOLOGIA

La parapsicologia o metapsichica è la disciplina che studia con metodi scientifici tre categorie di fenomeni anomali: poteri pschici, l’ interazione tra mente e materia e la sopravvi-venza dell’anima alla morte La pa-rapsicologia quindi non studia tutti i fenomeni paranormali, nonostante si occupi di fenomeni specific ine-renti a processi estranei alle comuni leggi fisiche e alle esperienze senso-riali, ma comunque attribuibili alla psiche dell’uomo. Alcune organiz-zazioni mondiali , come l’Associazio-ne Parapsicologica (Parapsycholo-gical Association, Inc.), sostengono l’esistenza di talune forme di abilità psichiche paranormali in base ai ri-sultati dei loro test.

La comunità scientifica tuttavia non ritiene provata l’esistenza di fenomeni paranormali Oggetto di critica sono sia i metodi utilizzati negli studi, sia i risultati ottenuti e la considera una pseudoscienza vista la mancanza, in più di un secolo di ricerche, di alcun tipo di prova og-gettivamente verificabile circa l’e-

sistenza dei fenomeni paranormali .

ll termine parapsicologia fu conia-to intorno al 1889 dallo psicologo Max Dessoir e fu poi adottato da J.B. Rhine nel 1930 Il termine deriva dal greco π‒‒‒ (para) e psicologia I parapsicologi chiamano i fenome-ni psichici oggetto della loro ricerca con il termine “Psi.

Il filosofo e psicologo americano William James (1842-1910) fu tra i pri-mi a effettuare ricerche nel campo della parapsicologia

Nel 1882 venne fondata a Londra la Society for Psychical Research (SPR). L’ istituzione di questa socie-tà fu il primo passo che gli scienziati fecero per organizzarsi al fine di in-vestigare sui fenomeni paranormali. I primi associati furono filosofi, stu-denti, scienziati, educatori e politici .L’SPR distinse i propri studi in diverse aree: telepatia, ipnosi, apparazio-ni, e spiritismo. Uno dei primi lavori svolti dall’SPR fu il “censimento delle allucinazioni” volto a ricercare espe-rienze di apparizioni e allucinazioni in persone sane prive di problemi psi-chici. Tale ricerca fu il primo tentati-vo di dare una valutazione statistica dei fenomeni paranormali; la suc-cessiva pubblicazione del rappor-to, nel 1886, Phantasms of the Living costituisce ancora oggi un fonte importante per la ricerca parapsico-logica. L’SPR fu l’inizio di una nuova era per lo studio, altre associazioni sorsero in altri paese europei e negli Stati Uniti d’America verso la fine del XIX secolo. Nel 1885 a New York City nacque l’American Society for Psy-chical Research (ASPR) soprattutto grazie al supporto dello psicologo William James .

Oggi sia la SPR che la ASPR conti-nuano i loro studi su fenomeni psi. Il fine della SPR è dichiarato in ogni numero del proprio giornale: esami-nare senza pregiudizio e con spirito scientifico quelle facoltà dell’uomo, reali o supposte, che appaiono ine-

spicabili a qualsiasi spiegazione ra-zionale .

Nel 1911 la Stanford University di-venne il primo istituto accademico negli Stati Uniti a studiare la perce-zione extrasensoriale (ESP) e la psi-cocinesi in laboratorio. I lavori erano guidati dallo psicologo J. E. Coover. Nel 1930 la Duke University divenne la seconda maggiore università al mondo che indagava criticamente i presunti fenomeni ESP e la psicoci-nesi. Sotto la guida dello psicologo William McDougall e con l’aiuto di altri come Karl Zener, Joseph B. Rhi-ne, and Louisa E. Rhine e utilizzando dei volontari scelti tra gli studenti, il laboratorio divenne operativo. Al contrario del tradizionale approccio della ricerca psichica che general-mente richiedeva “prove qualitati-ve” per i fenomeni paranormali, gli esperimenti alla Duke University pun-tarono alla ricerca “quantitativa”, usando un approccio statistico con le carte Zener e i dadi. Conseguen-za di questi esperimenti alla Duke fu che tale tipo di metodo fu adottato in larga parte del mondo da chi in-dagava i fenomeni paranormali , e tuttora ancora usato.

Negli anni settanta nacquero al-tre importanti organizzazioni: l’Aca-demy of Religion and Psychical Re-search, l’Institute of Noetic Sciences (1973), la International Kirlian Rese-arch Association (1975), e il Prince-ton Engineering Anomalies Research Laboratory (1979), lo Stanford Rese-arch Institute (SRI). Lo psichiatra Ian Stevenson condusse gran parte del-le proprie ricerche sulla reincarnazio-ne durante questi anni. Lo psicologo Thelma Moss impiego molto del suo tempo nello studio dell’effetto Kir-lian nel laboratorio parapsicologico di UCLA. Il direttore dell’American Society for Psychical Research, Kar-lis Osis, condusse esperimenti sulle esperienze extracorporee e sui viag-gi astrali. Il fisico Russell Targ coniò il termine “visualizzazione remota” (re-

mote viewing) per utilizzarlo nelle sue ricerche psi nel 1974 .

In quegli anni l’interesse per la Parapsicologia ebbe il suo culmi-ne , anche gli accademici che non si occupavano di parapsico-logia sembravano ottimisti sulle ricerche che si stavano condu-cendo. Nel 1979 un sondaggio tra più di 1100 professori univer-sitari negli Stati Uniti mise in luce come solo il 2% degli psicologi ritenesse la percezione extrasen-soriale impossibile. Una più alta percentuale (34%) riteneva che i fenomeni ESP fossero già provati o che comunque fosse possibile provarli. In un’altra area di stu-dio la percentuale fu perfino più alta: il 55% di coloro che si occu-pavano di scienze naturali, il 66% di coloro che si occupavano di scienze sociali (esclusi gli psicolo-gi) e il 77% degli insegnanti d’arte e di materie umanistiche riteneva che fosse utile compiere ricer-che sull’ESP. All’inizio degli anni ottanta la Parapsychological As-sociation affermò di avere ricer-catori affiliati in più di trenta Stati. Inoltre, analoghe ricerche erano condotte da ricercatori non affi-liati alla PA nell’europa dell’est e in Unione Sovietica.

Dagli anni settanta in poi l’in-teresse per le ricerche parapsi-cologiche è andata via via sce-mando. Le prime ricerche furono considerate inconcludenti Alcuni effetti che sembravano essere paranormali, ad esempio l’effet-to Kirlian, scomparvero quando furono testati sotto stretto con-trollo, lasciando quindi queste ri-cerche ad un punto morto. Molti laboratori di ricerca statunitensi furono chiusi, citando come ra-gione la mancanza di accetta-zione da parte della scienza e lasciando così la ricerca parap-sicologica confinata nelle istitu-zioni private . Due università negli Stati Uniti hanno ancora dei labo-ratori per la parapsicologia: il di-partimento per gli studi percettivi, che è una unità del dipartimento di medicina psichiatrica dell’u-niversità della Virginia, studia la possibilità di una permanenza del conscio dopo la morte del corpo; il laboratorio Veritas dell’Universi-tà dell’Arizona conduce ricerche sui medium. La Gran Bretagna è

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leader in europa nella ricerca pa-rapsicologica con privati che han-no fondato laboratori all’interno della Università di Edimburgo, della Universita di Northampton, e della Liverpool Hope University.

Indagine al Castello di Vezio

Domenica 29 gennaio 2012 , ap-puntamento a Lecco per poi pro-cedere insieme alla volta di Perledo dove ci aspetta il Castello di Vezio, inizia così la prima indagine dell’ E.P.A.S. e con essa la nostra attività. L’emozione è tanta e la voglia di fare ancora di più, Arriviamo all’in-gresso del castello dopo un’intermi-nabile salita con l’auto, tornante dopo tornante, un’impresa titanica con le strade scivolose per la neve gelata e l’angolo strettissimo delle curve. Finalmente ci fermiamo in uno spiazzo dal quale proseguia-mo a piedi per le viuzze del paesino che trasuda storia da tutti i muri, il castello ospitò Teodolinda, regina dei Longobardi, che qui trascorse i suoi ultimi anni di vita , la leggenda narra che la regina si aggiri ancora tra queste mura.

Dopo un breve sopralluogo de-cidiamo di non montare le teleca-mere fisse per ovvie ragioni, sia per la difficoltà di trovare un allaccia-mento alla rete elettrica e sia per le condizioni del terreno, coperto di neve e quindi a rischio di folgo-razione, la prima regola che vige nelle nostre indagini è proprio la nostra sicurezza. Decidiamo quindi di usare le video camere portatili solamente ,quindi consumata una veloce cena in una trattoria vici-na, iniziamo l’indagine. Ci dividia-mo come sempre in 2 gruppi e con macchine fotografiche dogitali e videocamere si inizia a scattare foto e riprendere immagini del sito. Aggirandoci dentro il perimetro delle mura di cinta , tra i fantasmi di gesso sparsi nell’area circostan-te , arriviamo vicino alla torre, qui il primo segnale, il rilevatore di cam-pi magnetici K2 si accende e per 2 volte arriva a fondo scala, poi più nulla, è comunque sufficiente per dimostrarci che qualcosa è suc-cesso, una qualche forma di ener-gia è stata rilevata dallo strumento, quindi concentriamo le ricerche in quella zona. Scattiamo centinaia di

foto e in una di queste Cindy , nel rivedere l’immagine notò qualcosa di strano, di anomalo. Fotografan-do una parete interna delle mura di cinta, ad occhio nudo non notò nulla, ma quando rivide lo scat-to sul display della fotocamera si vede una forma che ricorda una figura antropomorfa e che sembra indossare un’armatura, altri scatti eseguiti nella serata mostrano pic-cole nubi di quello che sembra es-sere fumo, da premettere che la serata era limpidissima e quindi non vi era possibilità alcuna di banchi di nebbia e non c’erano fonti di calo-re che potessero creare fuoriuscita di vapore o altro. Da alcuni scatti eseguiti sui muri perimetrali risalta-no delle figure che sembrano volti

, alcuni molto chiari e marcati, pa-reidolia ? Normalmente si tende a minimizzare il fenomeno dei volti con questa spiegazione. La pareidolia è la tendenza a interpretare secondo schemi noti forme casuali ed indistin-te. In particolare le nostre menti sono “programmate” per vedere volti e forme umane, ma alle volte sono così netti e chiari che questa soluzio-ne sembra non reggere.

D u r a n t e l ’ i ndag ine più volte a b b i a m o dovuto sosti-tuire le bat-terie delle m a c c h i n e fotografiche e delle vide-o c a m e r e , nonostante fossero nuo-ve o appe-na ricarica-te, secondo una teoria, le entità per manifestarsi hanno biso-gno di forti quantità di energia, as-sorbendola quindi oltre che dallìam-biente, an-

che dagli accumulatori delle ap-parecchiature.

Intorno alla mezzanotte men-tre io e Cindy camminavamo lun-go un vialetto con il K2 in cerca di un segnale, avvertiamo chia-ramente uno scalpiccio come di passi alle nostre spalle, ci fer-miano e ci giriamo di scatto , ma nulla, niente si mostra alla nostra vista e il rumore cessa, aspettia-mo fermi qualche secondo e il ru-more si ripresenta, e sembra pas-sarci a lato, come se qualcuno ci sorpassasse, ma anche stavolta non vediamo nulla. Continuiamo a cercare altri segnali o cogliere qualcosa con gli strumenti, ma più nulla. Dopo un po conclu-diamo l’indagine. Raccogliamo tutti i nostri strumenti e torniamo a casa. Nei giorni successivi, ana-lizziamo il materiale raccolto, ma niente di anomalo oltre alle cose già descritte, risulta dal materia-le video e fofografico raccolto quella sera.

In conclusione possiamo dire che sicuramente l’esperienza è stata entusiasmante già per il solo fatto di essere stati in un luogo così interessante per i trascorsi sto-rici, alcune anomalie sono state riscontrate, attenzione parliamo di anomalie, non diciamo di aver trovato prove certe dell’esistenza di fantasmi, quello che abbia-mo riscontrato, non sono certez-ze, dopo aver valutato le cose e cercato di trovare per ognuno di questi avvenimenti, una spiega-zione scientifica razionale, non avendone trovate le cataloghia-mo come Anomalie. Poi sta ad ognuno di voi leggendo quanto da noi riportato e guardando le foto a suggerirci una personale interpretazione o spiegazione e infine trarre conclusioni.

Noi intanto ricarichiamo le batterie delle attrezzature, riav-volgiamo i cavi e ci prepariamo per un’altra indagine che senzal-tro ci coinvolgerà emotivamente e fisicamente, alla ricerca di una prova che possa affermare l’esi-stenza dei fenomeni paranormali in maniera inconfutabile e ci pos-sa confermare che qualcosa so-pravvive alla nostra morte.

Pippo Ferrara per EPAS

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Osservo.

E mi emoziono.

Mi emoziono perché posso per-cepire la bellezza.

E’ presente in me, come in tutti noi, spesso… sicuramente per decisione divina.

E l’uomo sa, a volte, come poter-vi accedere.

Da millenni stilla gocce divine di Creazione, osservando la natura, cogliendo la sua essenza.

E quando lo fa e ci riesce, per un attimo, anche se infinitesimale, assomiglia a “LUI”, a Dio.

Respiro con calma e guardo ancora, e ciò che vedo è Rikka, il primo, il più antico degli stili Ike-bana.

E so di essere di fronte ad un sunto floreale fatto di tecnica, arte e spiritualità.

Provo gioia.

Gioia nel percepire il senso altis-simo della bellezza riposta nella creazione attraverso un’opera umana, frutto di un lunghissimo percorso meditativo.

La mente lentamente cede il suo scettro.

E finalmente il cuore mi spinge verso il non tempo, il non spazio, dove finito e infinito si fondono, dove un lacrima, un amore, un sogno sono, valgono e durano allo stesso modo.

In quel luogo, l’uomo è!

E percepisce la sua grandezza infinitesimale.

Poi chiudo gli occhi, ritorno in me e sento.

Sento una voglia fortissima di far intuire a tutti come anche l’Ike-bana, insieme ad una moltitudi-ne di arti marziali e scienze me-diche orientali, altro non è che il meraviglioso lascito di un sapere senza tempo e paternità.

Conosco quel sapere.

Io lo amo.

So cosa è stato capace di fare.

So cosa potrebbe ancora fare e fa.

Lo schema costruttivo fondante del Rikka sarà sufficiente per mo-strare il suo potere.

I suoi 3 rami principali e 4 se-condari, chiaro riferimento al Set-tenario, avvolti da un contesto ternario di foglie e fiori è più che sufficiente per condurvi con me, in un mondo in cui dire Ikebana

FONDAMENTALI di

IKEBANA

Michele Proclamato: È uno scrittore, sim-bolista, che vive all’Aquila. Conduce una rubrica dedicata ai Crop Circles ed ha pubblicato numerosi articoli sulla rivista Hera, Misteri di Hera, Totem, Scienza e Co- noscenza. Sono in uscita alcuni suoi articoli per Vivere lo Yoga e il Ria. È collaboratore di diversi siti telematici quali: Il Portale del Mistero, Stazione Celeste, Paleoseti, Cropcir-cle Connector, Altrogiornale, Riflessioni, Ufo network, Nonsiamosoli, Esonet. Il suo sito è: www.micheleproclamato.it. Tra i suoi libri ricordiamo: Il segreto delle tre ottave dai rosoni di Collemaggio ai cerchi nel grano alla ricerca delle leggi dell’universo (Melchi-sedek, 2007), Il genio sonico. La scoperta in-credibile che lega ogni opera di Leonardo, ad un codice divino (Melchisedek, 2008), L’ ottava. La scienza degli dei (Melchisedek, 2008), La storia millenaria dei cerchi nel gra-no (Melchisedek, 2009), Quando le stelle fanno l’amore.

Ossia: la teoria eterica del tutto (Melchise-dek, 2010)

in che cosa consisterà la conta-minatio.

Ebbene l’anatomia su cui opera il Para-Tan non sarà quella occi-dentale ma, come nel caso dello Yoga, altra.

Per la precisione, quella geome-tricamente rappresentata dalla simbologia dello Shri Yantra.

Shri Yantra inteso come il simbo-lo divino, responsabile della ma-cro- come della micro-creazione.

Infatti l’operazione avverrà di-stendendo supino il “paziente”, mentre i mantra verranno emessi come se fra il maestro e lui ci fos-se lo scheletro geometrico sopra illustrato.

Lo stesso risulterà costituito, ad una attenta visione, da 4 triangoli (maggiori) intrecciati.

Di conseguenza, dire Para-Tan vorrà dire:

ZODIACO di DENDERA

Si, perché lo Zodiaco Egizio più famoso al mondo, oggi al Louvre, da ben duemila anni ci mostra una visione sferica della nostra galassia, compresa da 12 esseri i quali, con le loro immense brac-cia, sostengono, come Atlanti, pianeti, stelle e galassie.

Eppure anche gli egizi si sono sentiti in dovere di suddividere i 12 in: 4 donne, 4 uomini (Neter) e altri 4 uomini.

Totale: 3 gruppi di 4 esseri.

Mi dovrete quindi concedere come attraverso un simile com-pendio stellare sia possibile par-lare del:

vuol dire anche:

YOGA

Non credo infatti che molti abbia-no notato come l’anatomia sottile dello Yoga (“Oriente”, Melchisedek Edizioni), esattamente come il Rik-ka, sia sostanzialmente costituita da 3 gruppi di Nadi (canali) attra-verso i quali scorrono 4 tipi di ener-gie, confluenti nel Prana.

Energia destinata ad essere “fil-trata” e purificata a livello non solo fisico, ma anche emotivo, da 7 Chakra preposti ad una vera e pro-pria ascesi cromatico-spirituale.

Chakra da millenni identificati da una simbologia triangolare.

Di conseguenza, dire Yoga vorrà PARA-TAN

Shri Yantra

E’ il Para-Tan, una delle tantissi-me arti curative orientali in grado di intervenire fisicamente sul nostro corpo, professando ed ottenendo risultati curativi attraverso l’uso del suono.

Suono inteso come mantra emessi dal Maestro preposto all’opera.

Ma in questo caso vi chiederete

IKEB

AN

A -

RIK

KA

66 R u n a B i a n c a - G i u g n o - 2 0 1 2

TEOREMA di PITAGORA

Nel caso specifico ciò che in Egit-to erano 12 esseri responsabili della Via Lattea, nelle mani del Chioma-to di Samo, diventeranno un teo-rema in cui i cateti di un triangolo saranno i responsabili della nascita delle aree dei quadrati costruiti su-gli stessi. Se poi a ciò vorremo ag-giungere che il mondo della ma-tematica tutto è poggiante su tale fondamentale, credo che l’opinio-ne sull’intervallo di Quarta (così i 3\4 vengono definiti in campo mu-sicale) possa finalmente poggiare su una certa ufficialità.

Ufficialità che per secoli, sempre grazie a Pitagora, insegnò le 7 Arti Liberali suddividendole in (3) Trivium e (4) Quadrivium, tanto da trasformare il fondamentale teore-ma in:

LA DIVINA COMMEDIA

Fu nel 1304 grande la premura del “Divino Dante”, posta nel divide-re la sua opera in 3 parti (Inferno-Purgatorio e Paradiso) ripartite in 33 canti ciascuna, con un’eccezione sola, riconosciuta per l’Inferno, pre-ceduto da un proemio.

Il grande Alighieri, su cui moltissi-mo potrei aggiungere, suddivise quindi la sua “commedia” in rispet-tivamente: 34, 33, 33 canti.

Non credo sia difficilissimo notare come quello che definirei il “nostro “ intervallo in questo caso sia stato ripetuto non una ma 2 volte. Sarà sufficiente sommare quante volte il 3 appare nei due canti rimanen-ti per osservare i 3\4 nell’inferno e 4\3 nel Purgatorio-Paradiso.

Una specularità pregna di signifi-

cati.

Allora lasciate che la Divina Com-media diventi un opera pittorica... divina.

IL CENACOLO

Non fu certo il caso che spinse il grande Leonardo a suddividere gli Apostoli nella “sua” Ultima Cena in 4 gruppi da 3.

Tantomeno a ripetere la stessa suddivisione alle loro spalle.

Considerato ciò, sarà possibile tra-sformare un’opera pittorica in una filosofia unica, se insegnata ai fini della comprensione della memoria non formale, ma immortale, come nel caso di:

GIORDANO BRUNO

Era per Bruno estremamente chia-ro come il Creato fosse suddivisibile in 3 parti, le seguenti:

Le Idee

Le Vestigia delle Idee

Le Ombre delle Idee

Il tutto percepibile attraverso 4 elementi:

I Sensi

L’Immaginazione

La Ragione

La Memoria

Non dovremo più stupirci quindi se sarà possibile trasformare la fi-losofia bruniana nella planimetria

dietro a 3 numeri elevati al quadra-to.

Può bastare?

O devo parlare del metodo co-struttivo del Palladio, del Triplice canone di Bach, di Dalì, Picasso, Escher, Newton, Tesla, Einstein?

O vogliamo dissacrare ogni par-venza ufficiale fin qui faticosamen-te costruita attraverso uno dei tan-tissimi Cerchi nel Grano apparso negli ultimi anni, di cui considerano me essere un conoscitore, in quan-to simbolista.

Vogliamo farlo?

Ecco qui:

Cinquantamila metri quadri, forse più, senza strade di accesso, carat-terizzati solo dai solchi dei trattori, dove 12 solidi appaiono secondo il “solito“ intervallo.

Sconcertante?

No, pura realtà!

Come quando scientificamente ci siamo accorti di come genetica-mente veniamo “costruiti”.

Una realtà in cui 4 elementi chi-mici (Adenina, Tiamina, Citosina e Guanina), costituenti il nostro DNA, vengono letti dall’RNA il quale ne coglierà 3… per sessantaquattro volte.

CONCLUSIONI

- 3\4 è tutto

- Ikebana è tutto

- Tutto è Dio

Chi codificò Dio per l’uomo dan-doci il modo di creare tutto?

Ora posso riaprire gli occhi.

Respiro con calma e guardo an-cora, e ciò che vedo è Rikka, il pri-mo, il più antico degli stili Ikebana.

E so di aver reso felice un bambino

della sontuosa dimora eretta a Uraniborg, in Svezia, dal più gran-de astronomo del passato: Ticho Brahe.

Uraniborg

L’uomo dal naso d’oro, come Brahe passò alla storia dopo un duello giovanile in cui parte del suo naso, sostituito poi con protesi d’oro, venne immolato sull’altare dell’onore, non poté fare a meno di suddividere la sua tenuta in 4 zone triangolari.

Lo stesso “vincolo” permise al pa-dre del razionalismo di creare gli:

ASSI CARTESIANI

Vorrei citare un piccolo passo tratto dal “Discorso sul Metodo” dell’avvocato Descartes:

“Giacché, per esempio, vedevo bene che, supposto un triangolo, era necessario che i suoi angoli fossero uguali a due retti; ma con questo non vedevo nulla che mi assicurasse dell’esistenza di qual-che triangolo nel mondo. Mentre, tornando alla mia idea di un essere perfetto, trovavo che l’esistenza vi era compresa come è compreso nell’idea di un triangolo che i suoi angoli sono uguali a due retti, o in quella di una sfera che tutte le sue parti sono equidistanti dal centro, o anche con maggiore evidenza; e per conseguenza che Dio, che è questo essere perfetto, è o esiste, è almeno altrettanto certo quanto potrebbe esserlo una qualunque dimostrazione della geometria”.

Da ciò sarà possibile evidenziare come due triangoli con 4 angoli retti saranno i veri predestinati a di-ventare Assi Cartesiani.

Assi responsabili oggi di invenzioni come il tom-tom, il fax, lo scanner.

Ma se qualcuno non fosse anco-ra soddisfatto, sempre Cartesio uti-lizzò lo stesso intervallo per determi-

nare, a livello scientifico, la Legge di Rifrazione della Luce o legge del Seno.

Nell’acqua l’angolo di rifrazione di un raggio di luce è pari a “4\3”;

quest’evidenza gli permise, per la prima volta, di codificare il mecca-nismo fisico della nascita dell’arco-baleno.

A questo punto credo mi possiate permettere quasi tutto, persino di trasformare la costante dell’Ango-lo di Rifrazione in un rebus matema-tico che per secoli ha sconvolto, e continua a farlo, il mondo della fisi-ca e della matematica.

Fu il principe dei matematici, con-temporaneo di Renè, a schernire le più grandi menti con il suo Ultimo Teorema.

Il magistrato Pierre de Fermat, aprendo le porte alla nascita del calcolo infinitesimale, alle equazio-ni modulari, e ad algoritmi di ogni natura, sentenziò di possedere una soluzione bellissima per la quale:

Sostanzialmente Fermat affer-mava che non potevano esistere, nell’equazione riportata, soluzioni per numeri “finiti”, quando le po-tenze erano superiori alla “secon-da”. Ma come suo solito, disponen-do di poco spazio a margine delle sue letture, preferiva non lasciarci dimostrazione di ciò.

Peccato, nonostante Andrew Wills, oggi mi sarebbe piaciuto sco-prire cosa si nasconde, veramente,

68 R u n a B i a n c a - G i u g n o - 2 0 1 2

Questo articolo non vuole essere un attacco alla Chiesa Cattolica, ma un tentativo di capire quanto vi siano al suo interno (oggi come allora) forte influenze economi-co/politico/finanziario che mal si accordano con la facciata spiri-tual/religiosa. Quando si parla di questi argomenti si glissa spesso ritenendo che in qualche ma-niera, l’uomo sia “peccatore” e quindi incline al male, e che non si debba guardare verso il basso, ma alzare gli occhi verso il cielo. Giusto e per molti versi condivisi-bile. Ma a volte è proprio guando si guarda da qualche altra par-te che ..ti rubano il portafoglio. E poi...che l’uomo sia “fallace” lo si sa, ma certe “debolezze” che possiamo anche accettare dal singolo individuo, diventano pesanti come macigni quan-do chi le commette sono coloro che dicono di farlo in “nome di Dio”...e sappiamo che nella sto-ria dell’uomo i peggiori crimini son stati commessi proprio al gri-do : “Dio lo vuole”. Per questo si è voluto cercare di capire cosa ci sta “dietro” a quell’organizza-zione chiamata “Chiesa Catto-lica”...iniziando dalle sue origine e ripercorrendo le tappe salienti della sua evoluzione storica. E’ noto che al suo interno vi siano ANCHE uomini Santi, Pii e pieni di

entusiasmo. Ma proprio per quel-le persone (poche o tante) che ancora credono in certi ideali, proprio per rispetto di coloro che han dato anche la propria vita per amore degli altri che si vuole far vedere come “altri” abbiano utilizzato il Potere a loro conferito per attività di... “altro tipo”.

Cominciamo quindi...dalle “ori-gini”.

COSTANTINO IL GRANDE

Tutti hanno sentito parlare di Co-stantino come “fondatore” della Chiesa Cattolica, o meglio del fatto che grazie a lui i cristiani, che sino a quel momento era-no stati perseguitati e costretti a celebrare i loro riti nei sotterranei delle catacombe, finalmente fu-rono in grado di uscire allo sco-perto e la loro religione diventò addirittura la “religione dell’impe-ro romano”.

E’ sicuramente una storia a lieto fine... ma se fosse solo una STO-RIA?

… E se non fosse vero? Se que-sta versione dei fatti ci è stata raccontata in maniera talmente distorta da essere esattamente

l’opposto di quello che effettiva-mente è successo a quei tempi?

Iniziamo a studiare la figura di questo grande imperatore romano chiamato COSTANTINO.

Flavio Valerio Aurelio Costantino, conosciuto anche come “Costan-tino il Grande” o “Costantino I”, nacque a Naissus il 27 febbraio 274 e morì a Nicomedia il 22 maggio 337.

Fu imperatore romano dal 306 alla sua morte.

Che non abbiano raccontato proprio tutta la verità su di lui co-mincia a venire in mente quando ci si accorge che Costantino è consi-derato santo e “simile agli apostoli” dalla Chiesa cristiana ortodossa e da alcune Chiese orientali catto-liche... eppure il suo nome non è presente nel Martyrologium Roma-num, il catalogo ufficiale dei santi riconosciuti dalla Chiesa Cattolica. Come se la Chiesa Cattolica lo avesse fatto Santo in quanto “fon-datore” della stessa, ma sapesse cose sul suo conto che gli hanno impedito di essere scritto nell’elen-co dei santi “canonizzati”.

Ma chi era VERAMENTE Costanti-no.

Pur essendo un personaggio arci-noto, di lui si sa stranamente molto

IL GRANDE INGANNO DELLA CHIESA CATTOLICA

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Di G

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poco.

Le fonti primarie sulla vita di Co-stantino e le sue relative vicende da imperatore devono essere prese con le dovute cautele.

Infatti gli storici più antichi che ci hanno tramandato la storia di Costantino lo hanno fatto influen-zati dai propri rapporti con lui. Godendo della sua attiva “pro-tezione”, hanno descritto le sue azioni in maniera “enfaticamente glorificatrice” (Eusebio di Cesa-rea, Lattanzio) o, per contro, da acerrimi nemici o semplicemente non “in linea” con la storiografia

imperante a quei tempi, come Zosimo e Ottato di Milevi.

Era figlio di Costanzo Cloro e della sua compagna Elena. Si conosce pochissimo della sua gioventù: perfino la sua data di nascita è incerta, mentre si ha una descrizione della sua statura, definita “imponente”, in grado di terrorizzare i suoi coetanei, ed era detto “Trachala” per il suo largo collo.

L’impero romano a quei tempi era diviso in 4 parti e fu affidato a 2 imperatori e a 2 vice-impe-ratori o Cesari. Costantino era figlio di uno di questi 4 “capi” (il padre Costanzo Cloro abitava in Germania). Per evitare scher-zi il Tetrarca “rivale” dell’impero d’oriente, con la scusa di fargli conoscere i lustri e gli sfarzi della sua corte, lo tenne praticamen-te prigioniero (come riscatto) per una quindicina d’anni. In questa gabbia dorata, ed al fine di con-solidare le due famiglie, gli diede in sposa sua figlia, diventando suo suocero.

Giunto alla maggiore età, con la scusa di andare a trovare suo padre, che non vedeva da molto tempo, si recò in Germania por-tandosi dietro la moglie. Il suo-cero glielo concesse in quanto ormai aveva legato stabilmente

le due famiglie (almeno così cre-deva).

La sera del suo arrivo in Germa-nia Costantino uccide il padre e si fa eleggere dalle sue legioni come suo successore.

In questo modo diventa uno dei “magnifici 4”.

Ne mancavano 3... ed uno di questi era proprio suo suocero Massimiano.

Lo invita quindi a passare qual-che giornata a mare, a Marsiglia.

Quando arriva, lo fa dapprima imprigionare, e poi lo uccide.

Cerca, immediatamente dopo, di far uccidere il figlio, Massenzio, ma senza riuscirvi.

Massenzio fugge e subentra al ruolo del padre.

Si concentra quindi sugli altri due, Massimino Daia e Licino, co-gnato di Massenzio.

Idea geniale: si allea con Licino fingendo di dargli il dominio di tutto l’oriente, e gli da in sposa sua figlia Costanza. Matrimonio celebrato a Milano (ritornere-mo su questo punto, per chiarire meglio cosa avvenne a Milano in quell’occasione. Questa oc-casione di essere entrambi nella stessa città avrebbe indotto Co-stantino a promulgare il famoso ”editto di Milano”, che avrebbe riconosciuto la religione cristiana. Falso).

Licino quindi come da accor-di sfida in battaglia e sconfigge Massimino Daia, che muore.

A questo punto rimanevano solo due rivali al potere ASSOLU-TO: Licino e Massenzio, entrambi cognati.

La lotta con Licino si protras-se dal 313 al 324, ed alla fine fu sconfitto a Crisopoli ed ucciso.

Ne rimaneva solo UNO!

E’ la battaglia decisiva quel-la nei pressi del ponte Milvio a Roma, il 28 ottobre del 312: la famosa battaglia dell’ IN HOC SI-GNO VINCES.

A quel punto Costantino diven-ta l’UNICO IMPERATORE dell’inte-ro impero romano.

Per arrivare a questa posizione c’erano voluti 18 anni di tratta-ti, congiure, alleanze, matrimoni combinati e delitti familiari.

Avendo finalmente riunito TUTTO il potere economico dell’impero romano in una sola persona (la sua) gli venne la felice idea di riu-nire anche l’intero potere “religio-so” in una sola persona (la sua).

Vi erano infatti diverse religioni diffuse a macchia d’olio in tutto l’impero, tra cui quella cristiana... forse quella col numero più esiguo di persone, in quanto Diocleziano aveva effettuato un’intensissima campagna di persecuzione, che si era rivelata molto efficace.

Per la legislazione romana l’im-peratore riuniva sia il potere poli-tico che quello religioso. Costan-tino quindi decise di fondare una nuova religione in cui confluissero tutte quelle presenti allora, e per questo chiamò questa chiesa CATTOLICA, cioè universale.

Il Dio da adorare era ovviamen-te LUI!

Per essere sicuro che la SUA chiesa avesse sèguito impose l’edificazione di chiese in tutte le parti del suo impero e assunse persone che obbligassero i fedeli a “cambiare” religione.

Per dare maggiore solennità e credibilità fece inventare inni e musiche da essere suonate e cantate nelle varie processioni. Inni e musiche che inneggiavano la sua persona e di cui ci sono ri-maste tracce.

Prima di Costantino i simboli usa-ti dai VERI cristiani erano: il Pavo-ne, l’Ancora, il Pesce, ecc.

E la croce? Aveva impostato la sua chiesa a Roma (dove vi è l’attuale Vaticano) esattamente come un tempio Greco, dotato sempre di una statua COLOSSALE all’ingresso che incutesse timore a chi entrava.

Ebbene Costantino volle strafa-re e si fece costruire una statua a sua immagine alta oltre 12 metri (testa e mano si possono anco-ra ammirare nei musei capitoli-ni. Alte entrambe oltre 2 metri. (Come mostrato dalle foto alle-gate)

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70 R u n a B i a n c a - G i u g n o - 2 0 1 2

Tralascio buona parte della sua rimanente vita per passare alla sua fine.

Già mentre era sul letto di morte iniziò tra i suoi figli una lotta acer-rima alla sua successione (talis pater-talis filii), che durò decine d’anni.

In questo marasma di non re-gno, che fine fecero le chiese della sua nuova religione Catto-lica?

I capi di queste chiese si riuniro-no e studiarono la situazione che non era delle più felici... era mor-to il LORO DIO!

Che cosa avrebbero fatto? Oc-correva sostituire il Dio Costantino con un altro che potesse garanti-re che non morisse dopo 20 anni!

Costantino aveva lasciato per il mantenimento delle sue chiese una cospicua eredità, ma si sa-rebbe presto esaurita. Quindi, si inventarono di sana pianta una specie di “TESTAMENTO DI CO-STANTINO”.

All’insaputa di tutti, sopratutto dei suoi veri eredi, fecero uscire una bella pergamena con tanto di firma “autografa” di Costan-tino in cui lui REGALAVA pratica-mente metà del suo impero alla sua Chiesa, che in questo modo si trovò a non avere più proble-mi economici da li ai successivi... 2000 anni!

Questo testamento non fu mes-so in discussione al momento, ma da una sua rilettura storica in me-dioevo fu considerato la più cla-morosa “truffa” perpetrata nella storia italiana (almeno solo per il valore economico del “furto”), ma ormai in quel periodo il po-tere della chiesa “cattolica” era “capillare”.

Quindi tra la fine del ‘300 e gli inizi del ‘400 era necessario riuscire a ca-pire in cosa dovesse credere questa religione. Vi furono diverse riunioni, e coloro che vi parteciparono furono denominati i “Padri fondatori” della chiesa cattolica.

In quel periodo si decisero quali te-sti biblici accettare e quale esclude-re, e furono eliminati tutti quelli che davano di Gesù una versione “uma-na”, privilegiando quella DIVINA.

Avevano bisogno di un dio da ado-rare, e non di un “martire”.

Poiché una delle religioni più diffu-se allora era l’Arianesimo col culto del dio Mitra (dio Sole), ebbene il nuovo dio ne ricalcò pedissequa-mente le gesta, come la nascita in una mangiatoia da una vergine il 25 dicembre.

Tutto molto giusto... ma sarà vero?

Consideriamo che la storia l’hanno scritta i vincitori.

Non abbiamo testi contempora-nei ai fatti, ma solo quelli che A PO-STERIORI hanno ricostruito gli eventi dando una loro versione dei fatti.

Da diversi anni stanno venendo alla luce scritti, reperti storici che mettono in discussione molte di que-ste certezze.

Sulla religiosità di Costantino e la sua estraneità alla religione cristiana giova tenere conto di alcune cose:

Costantino non volle MAI battez-zarsi, e non lo fece neppure in punto di morte ( si conoscono ben 6 pre-sunti battesimi di Costantino, tutti ovviamente non veri. Analizzati più avanti).

Il famoso editto di Milano del feb-braio 313, che sarebbe stato fatto da Licino e Costantino, non ha al-cuna consistenza storica. L’editto fu emanato dal solo Licino e valeva solamente per l’Oriente, di cui Lici-no era uno dei due Cesari. L’Editto di Milano se lo inventarono alcuni secoli dopo gli storiografi cattolici, regalando a Costantino una bene-merenza indebita ed immeritata.

Costantino non fondò nessuna chiesa CRISTIANA, ma solo chiese destinate a diventare l’unica reli-gione del mondo allora conosciuto, chiamata Cattolica (cioè universa-le). Questa chiesa era del tutto PA-GANA ed il dio adorato era lui, il dio Sole - Costantino.

L’attuale basilica di S. Giovanni in Luterano in Roma, quella di S. Pietro in Vaticano e tante altre erano TUTTE dedicate a Nostro Domine: Costan-tino.

Costantino, come tutti i suoi pre-decessori, volle essere adorato pub-blicamente nei Fori di tutte le più grandi città, nelle pubbliche vie ma

sopratutto all’interno delle sue chie-se.

L’abside di tutte le chiese da lui fondate era rigorosamente riservato a lui ed al suo trono, quando presen-ziava alle celebrazioni. Per tantissi-mo tempo quel luogo venne chia-mato “Sancta Santorum”. Quando però lui non era presente veniva sur-rogato col nome di “Sancta Sedes”. Il vescovo ed il clero non potevano entrare nell’abside e prendervi po-sto. Essi sedevano sulla navata cen-trale: l’Abside divenne solo molti se-coli dopo “praesbyterium”.

Nell’abside, oltre alla statua co-lossale dell’imperatore (come già detto quella del vaticano era di 12 metri), troneggiavano affreschi e mosaici raffiguranti unicamente im-magini dell’imperatore e della sua famiglia. A volte veniva raffigurata anche una divinità concorrente, quando per motivi politici riteneva opportuno “gemellarsi”. In tal caso Costantino diventava il “nuovo Er-cole”, il “nuovo dio Sole”, “il nuovo dio Mitra”, “il nuovo DIO GESU’” (di ciò vi sono prove archeologiche emerse nei vari scavi in tutte le pro-vincie romane).

CHIESA CATTOLICA

E CHIESA CRISTIANA

Molti confondono la chiesa CRI-STIANA con la chiesa CATTOLICA fondata da Costantino.

La chiesa cristiana è quella che ha fondato Cristo in persona.

Però dopo la riforma del 1517, per distinguerle da quella CATTOLICA, si chiamarono “cristiane” tutte quelle chiese che si “ispiravano” agli ideali di Cristo, e la chiesa riprese il nome di CATTOLICA, che gli era stata at-tribuita dal cosiddetto “fondatore” Costantino.

… E si diedero queste definizioni.

Chiesa Protocattolica, dal 315 al 365;

Chiesa Deyterocattolica, dal 365 agli inizi del secolo VIII;

Chiesa Cattolicopapale, dal seco-lo VIII al 1054;

Chiesa Cattolica Romana, dal 16 luglio del 1054 al 1122;

Chiesa Cattolicocristiana, dal 1122 ai nostri giorni.

CONTRADDIZIONI

Tutti gli esperti di archeologia e sto-ria cristiana sanno che Costantino considerava tutti gli dei dell’Olimpo e lo stesso Gesù Cristo suoi “colle-

ghi”, e i primi dodici apostoli come suoi “ministri” o comunque suoi “di-pendenti”. Per questo si fregiò del titolo di “Episcopos ton ectos”, Ve-scoco esterno o dall’alto, e succes-sivamente di “Triscadecatos aposto-los”, tredicesimo apostolo.

Si conoscono dei riti che aveva fatto istituire a Costantinopoli dove, nel solstizio d’inverno, si faceva tro-vare prima dell’alba davanti al suo tempio, in modo da farsi inondare dai raggi del sole nascente... da lì partiva una processione che face-va tre giri intorno alla chiesa prima di entrarvi. Durante questa proces-sione si cantavano inni unicamente inneggianti alle doti magnifiche di Costantino - “novello Dio Sole” (sono sopravvissuti pochi frammenti di per-gamena in greco riferiti a questi riti).

COSTANTINO E L’EDITTO DI MILANO

L’editto di Milano non è stato fatto a Milano ma da Licino in Nicome-dia (sua capitale) che, rientrato nei suoi territori, decise di promulgare un editto di “tolleranza” verso i cristiani.

Gli storici successivi hanno voluto agganciare alla volontà di Costanti-no questa “apertura” ai Cristiani, at-tribuendogli una sua “pressione” nei confronti di Licino quando venne a trovarlo a Milano (in occasione del matrimonio con sua figlia), ma ciò è totalmente arbitrario e senza alcuna prova storica.

Molto più realistico è invece ritene-re che il fulcro dell’accordo tra Co-stantino e Licino fosse la spartizione dell’impero romano e la volontà di far fuori Massimino Daia, come de-tentore di metà dell’Impero Roma-

no d’Oriente.

Ma l’importanza di questo “editto di Tolleranza” di Licino è pratica-mente pari a ZERO, in quanto Licino non fece altro che confermare l’e-ditto dell’imperatore Galerio, che qualche anno prima aveva promul-gato (lui si!) un’indulgenza ai pochi cristiani che erano rimasti, poiché cito: “Assecondato un capriccio erano stati presi da follia e non ob-bedivano più alle antiche usanze [...] In nome di tale indulgenza, essi farebbero bene a pregare il loro Dio per la Nostra salvezza, per quella della Repubblica e per la loro città, affinché la Repubblica possa conti-nuare ad esistere integra e loro vive-re tranquilli nelle loro case”.

Cosa c’entra dunque Costantino con L’editto di Milano? NULLA!

Praticamente Licino, ritornando in patria (impero d’oriente), ha CON-FERMATO l’indulgenza che Galerio aveva concesso ai cristiani dell’Im-pero Romano d’Occidente. Ma il MERITO di tutto ciò se lo è preso Co-stantino.

COSTANTINO E IL SUO BATTESIMO “CRISTIANO”

Come si è già detto, Costantino non era proprio quello stinco di san-to, docile come un agnellino, che la storiografia ci ha dipinto.

E’ stato un imperatore romano tra i più sanguinari, che non ha esitato ad uccidere metà della sua famiglia solo per poter accedere a QUEL po-sto di comando.

L’impresa, meditata a lungo, gli ha

richiesto oltre 18 anni di omicidi per arrivare a diventare l’unico imperatore romano.

Caratteristica di un imperatore romano era il controllo della par-te “economica” dell’impero e di quella spirituale, in quanto diven-tava un dio da adorare e riverire.

Pensare che un personaggio di questo tipo rinunciasse alla sua “divinità”, inchinandosi ad una delle tante divinità delle religioni allora imperanti nelle sue terre, significava anche PERDERE IMME-DIATAMENTE anche il dominio PO-LITICO ed ECONOMICO per cui tanto aveva lottato.

Il Battesimo cristiano di Costan-tino è quindi un FALSO costruito apposta per “rifargli il look” come fondatore della chiesa Cattoli-ca... da parte di storici di parte.

Vi sono 6 storici (almeno quelli a me noti) che hanno voluto descri-vere il presunto battesimo di Co-stantino. Descriverò la loro tesi e dimostrerò come sia falsa.

1. Eusebio di Cesarea, consi-derato il biografo “ufficiale” di Costantino, nella sua “Vita di Costantino” ci dice che nell’an-no 337 d. C. l’imperatore, all’età di 57 anni, reggeva saldamente l’impero romano da oltre 24 anni in modo indisturbato. Si trovava nel palazzo imperiale di Nicome-dia ed era in procinto di partire per una spedizione militare con-tro l’imperatore persiano Shahpur II, quando si ammalò improvvisa-mente. Il medico di corte lo con-vinse a rinunciare a partire e gli consigliò un ciclo di cure termali alle terme di Ancirone. Ma queste non gli giovarono affatto... anzi si

aggravò, e dopo ESSERE STATO BATTEZZATO dal vescovo ARIANO di Nicodemia, di nome Eusebio, morì improvvisamente il 27 mag-gio del 337 (bibliografia Eusebio di Cesarea, “Vita di Costantino I”, capitolo IV, pag. 63). Da questa versione dei fatti risulta quindi che

La DONAZIONE di costantino

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il luogo del battesimo di Costan-tino fu Nicomedia, l’attuale Izmit in Turchia, capitale della Bitinia, e che il giorno del battesimo fu il 27 maggio del 337. Riprenderemo questa informazione più avanti.

2. La seconda versione è quella del vertice cattolico, il quale so-stiene, UFFICIALMENTE e da SEM-PRE, che l’imperatore Costantino fu battezzato in Laterano a Roma da Silvestro nell’anno 313. A so-stegno di quanto sopra, si può constatare questa informazione recandosi a Roma e leggendo l’epigrafe alla base dell’obelisco di Piazza S. Giovanni in Laterano: “Costantinum per crucem victor a s. silvestro hic baptizatus cru-cis gloriam propagavit” Per i non cultori del latino, “Costantino, dopo aver vinto per mezzo del-la croce, qui battezzato da san Silvestro, propagò la gloria della croce”. Questa versione è quella “ufficiale” della chiesa cattolica, che l’ha inserita anche nel famo-so Testamento di Costantino (cla-moroso falso). Anzi, in quel testo si dichiara che Costantino si fosse ammalato di peste e fu guarito miracolosamente da Papa Silve-stro, e per riconoscenza si fece battezzare in Vaticano. Per inciso e per correttezza storica, nel 313

d. C. era vescovo di Roma un certo africano Melchiade o Milziade (311-314 d. C.), e assolutamente non Sil-vestro!

3. Terza ipotesi: lo storico Antonino Lopes, nel suo libro “I Papi, la vita dei pontefici attraverso 2000 anni di storia”, (Futura edizione, Roma 1997, pag.11) ci dice che Costantino non fu battezzato né a Nicomedia di Bi-tinia, né in Vaticano... bensì a Geru-salemme in Palestina, in occasione della consacrazione della chiesa del Santo Sepolcro voluta da sua madre S. Elena sul Calvario. Si noti che di questa affermazione, che contrasta e di parecchio con tutto quello che si sa da sempre, non viene fornita alcuna indicazione su dove abbia tratto questa tesi.

4. Quarta ipotesi: è quella del Mons. G. B. Proja, canonico della Basilica Lateranense di Roma, nel suo libro “il Battestero Lateranense (Tipografia Trullo, Roma 1999, pag. 12). Cito “Costantino ebbe il desi-derio di ricevere il battesimo, e per questo voleva recarsi nel Giordano, ma non se ne fece nulla. Le preoc-cupazioni dell’impero lo tenevano legato. Fu però battezzato QUAL-CHE GIORNO PRIMA DI MORIRE dal vescovo Eusebio a Nicomedia, il 22 maggio del 337. Poiché però ai cri-

stiani dei primi secoli e del medioevo sembrava impossibile che un impe-ratore tanto benemerito della Fede non fosse neanche battezzato, sor-sero fantasiose narrazioni sul suo bat-tesimo, amministratogli da Silvestro papa come si evince sia sulla scritta dell’obelisco, sia in una pittura nel transetto della Basilica Lateranen-se”. In base alla tesi di Mons. G. B. Proja la data esatta del battesimo di Costantino fu il 22 maggio del 337, al posto del 27, data della sua mor-te e riferita da Eusebio di Cesarea... COME MAI? Questo solo per impe-dire che si pensasse che Costantino fosse stato battezzato in “Articu-lo Mortis”, cioè in punto di morte e quindi senza la sua piena volontà... come invece faceva sottintendere lo storico Eusebio. In base a questa tesi Costantino avrebbe abbraccia-to la fede Cristiana 5 giorni prima di morire, facendosi battezzare!

5. Quinta Tesi, quella che storica-mente è stata da sempre accet-tata (quella prima di Eusebio), che dichiara che il battesimo sia giunto in punto di morte. Ma molti altri testi, altrettanto storici, dichiarano come Costantino abbia SEMPRE RIFIUTATO, in vita, il battesimo. Eppure, nella ci-tata “Vita di Costantino” di Eusebio, si legge questa dichiarazione testua-le dello stesso Costantino: “Io avevo

Il Battesimo di Costantino da parte del Vescovo Silvestro

in mente di recarmi al Giordano, nelle quali il Signore nostro Salvatore si dice abbia ricevuto il lavacro per nostro modello; ma Dio, che sa quel che conviene, già da ora ce ne giu-dica degni. Che se il Signore della vita e della morte voglia che io viva qui, ed è stato deciso una volta per sempre che così per il resto della mia vita io venga annoverato nel greg-ge del popolo di Dio e partecipi alle orazioni in comune, stando nella ec-clesia insieme con tutti gli altri, avrò assegnato a me stesso le leggi di vita convenienti a Dio”. Un vero “an-gioletto”. Ma saranno parole VERA-MENTE pronunciate da Costantino scritte frettolosamente su qualche tavoletta di cera o pergamena e rinvenuta dallo storico Eusebio? ...o scritte di sana pianta secoli dopo e a lui attribuite? Giova ricordare che il suo “storico ufficiale”, Eusebio di Ce-sarea, era contemporaneo di Co-stantino. Ma come tutti sanno i libri sono scritti con la carta o con la per-gamena, materiali deperibili. Infatti questi suoi scritti ci sono pervenuti solo dopo diverse RISCRITTURE fatte da frati emanuensi che ce li hanno tramandati. Non si conoscono infat-ti testi di Eusebio più antichi del VII secolo d. C., epoca in cui la chiesa Cattolica aveva ampiamente con-solidato il suo potere “temporale” e abbondantemente rimaneggiato la storiografia costantiniana.

6. ULTIMA TESI: l’imperatore Costan-tino non solo non aveva nessuna voglia di battezzarsi ma, come si è detto prima, NON POTEVA farlo sen-za perdere i suoi attributi di impera-tore. Nel Diritto Romano era espres-samente vietato che un Augustus (Dio in terra) potesse autodefinirsi un “uomo qualsiasi”. Questo in forza di uno specifico editto entrato in vigo-re nella Costituzione Imperiale Ro-mana grazie a Diocleziano, per sé e per i suoi successori, con tutte le conseguenze penali e civili che ne scaturivano. Nell’ottica del diritto ro-mano, se Costantino si fosse battez-zato avrebbe commesso un gesto ir-responsabile e folle... quello di un dio che diventava SERVO di un altro dio nel Pantheon delle divinità romane. Questo, qualunque giurista romano lo sapeva e lo capiva perfettamen-te. Infatti lo scrittore cristiano Tertul-liano, che era anche un avvocato ed esperto in diritto, in proposito scri-ve che per un imperatore romano era impossibile che potesse diven-tare cristiano; infatti, abbracciando la fede cristiana, avrebbe cessato di esercitare il suo potere sovrano. Anche Salvatore calderone, che ha condotto lunghi studi sui rapporti di Costantino col cristianesimo, così af-ferma nel suo libro (“Costantino ed il Cattolicesimo”, Vol I, Firenze Le Mon-nier, 1962, Prologo, p. XXXVII-XXXXVIII ): “Costantino, in quanto “impera-tor” e quindi capo dello stato, non può far parte di una ecclesia, e per questo deve ritardare il battesimo il

più possibile. Infatti il Cesare che di-venta cristiano cessa di essere dio”.

Dopo tutta questa lunga tratta-zione, la mia personale opinione è che Costantino non solo non aves-se potuto battezzarsi in vita, ma che questa idea non gli sia MAI passata neanche per l’anticamera del cer-vello, in quanto la chiesa Cattolica, che aveva fondato e che esisteva quando lui era in vita, non adorava Gesù Cristo ma LUI!

Solo dopo la sua morte i responsa-bili delle numerose chiese da lui fon-date si sono trovati nella necessità di sostituire il protagonista del loro culto con qualche altra “divinità”... e lui è rimasto nella storia come il “padre fondatore” della chiesa Cattolica, che nel frattempo si era “EVOLUTA” e trasformata!

Che la folgorante idea di abbrac-ciare la fede Cristiana sia venuta a Costantino la notte prima della famosa battaglia di Ponte Milvio (dopo aver sognato il simbolo della croce in cielo ed una voce che gli diceva “in hoc signo vinces”, con questo segno vincerai) non sia stata proprio così “folgorante” ce lo dico-no alcuni altri indizi.

Per svariati anni dopo la famosa battaglia di Ponte Milvio le zecche orientali (Alessandria, Antiochia, Cyzicus, Nicomedia, ecc.) continua-rono a produrre monete dedicate a Giove salvatore (“Iovi conserva-tori”); nello stesso periodo le mone-te delle zecche occidentali (Arles, Londra, Lione, Augusta Treverorum, Pavia, ecc) continuarono a conia-re monete dedicate al Sole invitto “compagno”.

L’attributo “compagno”, che manca in monete analoghe di pre-cedenti imperatori, è singolare e occorre chiedersene il significato. Normalmente viene interpretato come “al compagno (di Costan-tino), il Sole Invitto”; indicherebbe quindi una indiretta deificazione dell’imperatore stesso. Il vero signifi-cato, però, potrebbe anche essere completamente diverso. Nell’età imperiale, infatti, la parola latina “comes”, oltre che “compagno” indicava un funzionario imperiale e perciò da essa è derivato il titolo no-biliare conte. Alle orecchie dei cri-stiani, quindi, questa strana legenda poteva ricordare che il sole non era un dio, ma una potenza subordina-ta alla divinità suprema. A sua vol-ta l’imperatore si presentava come l’autorità suprema in terra allo stesso modo come il sole lo era in cielo; au-torità, però, entrambe subordinate.

Questa interpretazione è confer-mata dall’emissione del 316 (duran-te la prima guerra civile contro il pa-gano Licinio), la cui legenda recita “SOLI INVIC COM DN” (soli invicto

comiti domini), che potrebbe es-sere tradotto come “al sole invitto compagno del signore”, ma che sembra più logico tradurre “al sole invitto, ministro del Signore”. Le monete in questo periodo con simboli cristiani (o supposti tali) sono rare e costituiscono solo cir-ca l’1% delle tipologie conosciu-te.

IN HOC SIGNO VINCES

Ecco un’altra “storiella” inven-tata a posteriori per far presa nell’immaginario collettivo e dare un imprinting divino alla conver-sione cristiana di Costantino (che non avvenne mai).

La vittoria di Costantino su Mas-senzio era già stata raccontata da Eusebio in un’altra sua opera, la “Storia Ecclesiastica”. La narra-zione fu scritta poco dopo i fatti (anche se l’opera fu completata con un altro libro nel decennio successivo), quando Eusebio non aveva ancora conosciuto Co-stantino. In quest’opera manca qualunque evento prodigioso. Eusebio paragona la brutta fine di Massenzio, annegato nel crollo del ponte Milvio, da lui stesso co-struito, alla fine del faraone affo-gato durante l’Esodo del popolo ebraico dall’Egitto, e attribuisce la vittoria di Costantino alla pro-tezione divina.

La vicenda è trattata anche dallo scrittore cristiano Lattanzio, precettore dei figli di Costantino, nel “De mortibus persecutorum”, opera anch’essa scritta poco dopo i fatti. Egli non menziona alcuna visione prodigiosa, ma ri-ferisce che la notte prima della battaglia Costantino avrebbe ri-cevuto in sogno l’ordine di mette-re sullo scudo dei propri soldati un segnale celeste divino (“coeleste signum dei”), senza specificare chi avesse dato quell’ordine né quale simbolo gli fosse stato ordi-nato di utilizzare. Il segno concre-tamente utilizzato da Costantino è descritto da Lattanzio in modo poco chiaro: potrebbe trattarsi non di un Chi-rho (Cristogramma) ma di uno staurogramma.

Vi è anche un’altra interpreta-zione: Costantino avrebbe avuto un sogno o una visione mentre vi-

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sitava il tempio di Apollo-Grannus a Grand, una località sulla via da Treviri a Lione. Costantino avreb-be visto tre “X” o tre corone d’al-loro, promessa di un trentennio di vittorie: Vidisti enim, credo, Con-stantine, Apollinem tuum comi-tante Victoria coronas tibi laureas afferentem quae tricenum singu-lae ferunt omen annorum. Si os-servi che Apollo era proprio il dio a cui Ottaviano aveva attribuito il merito della vittoria di Anzio.

Il panegirico sarebbe stato letto a Treviri nel 310 e descriverebbe una visione che, però, sarebbe da collocarsi verso il 309 o pri-ma, in modo che l’emissione di monete costantiniane dedicate al sole invitto, iniziata appunto in quell’anno, possa esserne inter-pretata come una conferma. La precisione temporale della previ-sione (il regno di Costantino, mai sconfitto in battaglia, durò esat-tamente poco più di trent’anni) induce a sospettare che si tratti di una profezia ex post; da collocar-si quindi in contemporaneità alla Vita di Costantino.

La presenza di eventi prodigio-si e la discordanza fra le diverse versioni degli eventi ha portato a conclusioni contrapposte. Al-cuni hanno cercato di conciliare Eusebio e Lattanzio, dando origi-ne alla versione tradizionale, più rappresentata nell’iconografia, che colloca la visione celeste nel giorno precedente la battaglia. Altri hanno ipotizzato che la Vita di Costantino non sia opera di Eusebio o comunque sia stata in-terpolata dalla tradizione eccle-siastica. Altri ancora hanno pole-mizzato se la profezia cristiana sia stata ricalcata su quella pagana o viceversa.

Secondo alcuni storici la leg-

genda del sogno di Costantino ha una base nel fatto che in quel periodo nell’esercito romano era particolarmente diffuso il culto del dio orientale del sole Mithra, identificato sincreticamente con il Sol Invictus. I suoi fedeli dipin-gevano sullo scudo il suo simbolo (formato da una croce sovrap-posta ad una X, con al centro un cerchio), simile al chi-rho (X-R).

La leggenda della visione di

Costantino andrebbe quindi vista, storicamente, come trasformazione di una leggenda in origine pagana, che attribuiva non a Gesù bensì al Sole Invitto in persona, venerato dal-la casta militare, l’apparizione nel luogo più logico, il cielo, assicurando la vittoria a Costantino e chieden-dogli che fosse fatto quanto i soldati spontaneamente già facevano, ov-vero dipingere il proprio simbolo sugli scudi.

E in effetti una delle due fonti della pia leggenda, Eusebio di Cesarea, specifica addirittura che il simbolo apparve a Costantino sovraimpres-so al sole.

Dopo la scomparsa di Costanti-no, la cui autentica conversione al Cristianesimo è posta in dubbio da molti storici, la leggenda sarebbe stata cristianizzata, adattando l’epi-sodio ai simboli della nuova religione ormai trionfante.

In una successiva memoria agio-grafica dell’imperatore, che Eusebio scrisse dopo la morte di Costantino (“Sulla vita di Costantino”, ca. 337-339), l’apparizione miracolosa av-venne quando gli eserciti si incontra-rono sul Ponte Milvio. In quest’ultima versione l’imperatore aveva medita-to sulla questione logica delle sfortu-ne che accadono agli eserciti che invocano l’aiuto di molti dei, e deci-se di cercare l’aiuto divino per l’im-minente battaglia, dal “Solo Dio”. A mezzogiorno Costantino vide una croce di luce sovrimpressa al Sole. Attaccata ad essa c’era la scritta “In hoc signo vinces”. Non solo Co-stantino, ma l’intera armata avreb-be visto il miracolo.

Per giustificare la nuova versio-ne degli eventi, Eusebio scrisse nel-la “Vita” che Costantino stesso gli

avrebbe raccontato questa storia, “e la confermò con dei giuramen-ti”, in tarda età “quando fui ritenu-to degno della sua conoscenza e compagnia”. “In effetti - dice Euse-bio - se avesse raccontato questa storia chiunque altro, non sarebbe stato facile accettarla”. Lo storico Ramsey MacMullen, moderno bio-grafo di Costantino, spiega:

“Se la scritta fosse stata vista in cie-lo, fu vista da oltre 40.000 uomini... il vero miracolo risiederebbe nel loro silenzio sull’accaduto” (Costantine, 1969).

Sta di fatto che tra i molti solda-ti raffigurati sull’Arco di Costantino, che venne eretto solo tre anni dopo la battaglia, il labarum con il “Cristo-gramma” non compare assoluta-mente, né è presente alcun indizio della miracolosa affermazione di protezione divina che era stata testi-moniata, dice Eusebio, da cosi tanti. Se si crede al racconto di Eusebio, sarebbe andata sprecata inspiega-bilmente una grandiosa opportunità per il tipo di propaganda politica che l’Arco era stato espressamente costruito per presentare.

Riepilogando, mentre la “storia” del segno prodigioso visto in cielo che ha dato un imprinting divina alla vit-toria di Costantino e quindi alla sua legittimità nell’assumere il potere su tutto l’impero romano è testimo-niato da scritti (Eusebio o Lattanzio) pervenuti in forma “cartacea” solo a partire dal VII d.C., il bassorilievo realizzato proprio per inneggiare alla vittoria di Costantino (con lui stesso come committente) non fa alcuna memoria di questo evento prestigio-so.

A chi credere?

La sua iscrizione dice che l’impe-

ratore aveva salvato la res publica INSTINCTU DIVINITATIS MENTIS MA-GNITUDINE (“per istinto [o impulso] della divinità e per grandezza della mente”). Quale divinità non viene specificato, anche se Sol Invictus - il Sole Invincibile (identificabile anche con Apollo o Mitra) - è iscritto sul co-nio costantiniano del periodo.

Analizzando questo bassorilievo della Battaglia di Ponte Milvio (“Pro-elium”), sul lato meridionale si nota all’estrema sinistra il ponte Milvio con una personificazione del Tevere che si affaccia mentre passa Costanti-no tra la Virtus e la Vittoria; segue il massacro e annegamento dei ca-taphractrarii di Massenzio da parte della cavalleria costantiniana; all’e-strema destra i trombettieri dell’eser-cito vincitore richiamano le truppe.

Nessun segno del Cristogramma, o Staurogramma o qualsiasi altra cro-ce raffigurata sugli scudi, mentre (ri-petiamo) in quegli anni Costantino batteva monete che lo ritraevano insieme al “sol invictus” di mitriana memoria.

LA NUOVA CHIESA CATTOLICA

Alla morte di Costantino (senza battesimo) i ministri della SUA chie-sa, che avevano officiato culti in-neggianti alla sua persona, si sono ritrovati senza ulteriori finanziamenti e senza il soggetto stesso del loro culto.

Mentre gli eredi legittimi dell’impero di Costantino si uccidono a vicenda (degni figli di tale padre), per risolve-re i loro problemi immediati di sussi-stenza economica “fabbricano” un falso testamento: passato alla storia come “Constitutum Constantini”, os-sia “decisione”, “delibera”, “editto”.

Dopo una nutrita sezione agiogra-fica, il documento recante la data del 30 marzo 315 (ricordiamo che Costantino morì nel 337 d.C.) affer-ma di riprodurre un editto emesso dall’imperatore romano Costanti-no I. Con esso, l’imperatore avreb-be concesso al papa Silvestro I e ai suoi successori il primato sui cinque patriarcati (Roma, Costantinopo-li, Alessandria d’Egitto, Antiochia e Gerusalemme) e avrebbe attribuito ai pontefici le insegne imperiali e la sovranità temporale su Roma, l’Italia

e l’intero Impero Romano d’Occi-dente. L’editto avrebbe confermato inoltre la donazione di proprietà im-mobiliari estese fino in Oriente e co-stituito atto di donazione a Silvestro in persona del palazzo Lateranense.

La parte del documento su cui si basarono le rivendicazioni papali re-cita:

“In considerazione del fatto che il nostro potere imperiale è terreno, noi decretiamo che si debba ve-nerare e onorare la nostra santissi-ma Chiesa Romana e che il Sacro Vescovado del santo Pietro debba essere gloriosamente esaltato sopra il nostro Impero e trono terreno. Il ve-scovo di Roma deve regnare sopra le quattro principali sedi, Antiochia, Alessandria, Costantinopoli e Ge-rusalemme, e sopra tutte le chiese di Dio nel mondo... Finalmente noi diamo a Silvestro, Papa universale, il nostro palazzo e tutte le province, palazzi e distretti della città di Roma e dell’Italia e delle regioni occiden-tali”.

Seguendo ancora la versione di alcune leggendarie Vite di San Sil-vestro, il documento presenta la do-nazione come una ricompensa al “vescovo di Roma” per aver guarito l’imperatore dalla lebbra grazie a un miracolo, con la narrazione di un episodio fittizio tendente a rendere maggiormente accettabile il falso, oltre a screditare i pagani. Nella cir-costanza inventata si narra dell’im-peratore Costantino, che avrebbe contratto la lebbra, e dei sacerdoti pagani che avrebbero costruito una fonte sul Campidoglio, tentando di persuaderlo a riempirla con il san-gue di bambini: Costantino avrebbe dovuto bagnarsi nel sangue ancora caldo e sarebbe guarito. L’impera-tore avrebbe avuto compassione nei confronti delle lacrime versate dalle madri dei bambini scelti per il sacrificio e avrebbe rimandato tutti a casa, colmandoli di doni. Quel-la stessa notte avrebbe incontrato in sogno gli apostoli Pietro e Paolo che gli avrebbero detto di mettersi in contatto con Silvestro, a quel tem-po eremita sul monte Soratte: egli gli avrebbe mostrato una fonte miraco-losa che lo avrebbe mondato, poi avrebbe dovuto restaurare le chie-se cristiane in tutto il mondo, smet-tere di pregare gli idoli e adorare il vero Dio. Costantino fece come gli era stato consigliato: «Quand’ero sul

fondo della fonte, vidi una mano toccarmi dal cielo». Convinto di essere stato guarito dal potere degli apostoli, Costantino, in se-gno di riconoscenza, avrebbe concesso al pontefice il primato spirituale nella Chiesa e il potere temporale in Italia e nelle provin-ce occidentali, in nome del Se-nato e di tutto il popolo romano.

Ovviamente è tutto falso. Sia la storia che avrebbe spinto Co-stantino a donare al Vescovo di Roma metà dell’Impero Romano, sia il finto testamento.

Nel 1440 l’umanista italiano Lo-renzo Valla, sulla scia delle pe-santi perplessità già espresse da Dante Alighieri e, pochi anni pri-ma, dal cardinale Nicola Cusa-no, dimostrò in modo inequivoca-bile come la donazione fosse un falso. Lo fece in un approfondito, sebbene tumultuoso studio stori-co e linguistico del documento, mettendo in evidenza anacroni-smi e contraddizioni di contenuto e forma: in particolare, ad esem-pio, egli contestava la presenza di numerosi barbarismi nel latino, dunque necessariamente assai più tardo di quello utilizzato nel IV secolo. Altri errori, come la men-zione di Costantinopoli, allora non ancora fondata, o di parole come feudo, erano addirittura più banali.

Tuttavia l’opuscolo del Valla, il “De falso credita et ementita Constantini donatione decla-matio” (Discorso sulla donazione di Costantino, altrettanto mala-mente falsificata che creduta au-tentica), poté essere pubblicato solo nel 1517 e in ambiente pro-testante, mentre la Chiesa cat-tolica difese ancora per secoli la tesi dell’originalità del documen-to: nel 1559 lo scritto del Valla fu incluso nell’Indice dei libri proibiti in quanto pericoloso per la fede. Il dibattito successivo sulla data-zione e sull’origine della falsifica-zione si è mosso su “piste” diffe-renti: l’ubicazione della tradizione manoscritta, l’uso strumentale che i potenti fecero del docu-mento, l’individuazione di motivi leggendari nel testo del constitu-tum, sono tutti argomenti che si è cercato di sfruttare al meglio per dare una risposta.

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Quindi la conversione Costan-tiniana era essenziale per tutti i secoli successivi, per avvallare la veridicità di quel documento che è stato sventolato in tantissime occasioni (ultimamente anche riguardo ai diritti della chiesa sui territori americani dopo la sco-perta di Colombo).

Anche Dante lo aveva ritenuto vero, e contro questo scrisse una delle sue terzine:

Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,

non la tua conversion, ma quel-la dote

che da te prese il primo ricco patre.

(Dante Alighieri - Inferno, Canto XIX)

La “nuova” chiesa cattolica, quando alla morte di Costantino ha dovuto ripartire da zero ed IN-VENTARSI un culto ad un nuovo dio, ha scelto nella figura di un “certo” Gesù, la PERSONA che meglio poteva sostituire la figura di UOMO-DIO che sinora era sta-ta rappresentata da Costantino.

Ovviamente, a distanza di se-coli, colui che aveva fondato la Chiesa Cattolica non poteva es-sere anche lui Cristiano e battez-zato... come si faceva a dire che la Chiesa Cattolica era stata fon-data da un pagano, e per giunta non uno “stinco di santo”.

Quindi è diventata SANTA sua madre, a lui sono stati tributati pregi ed onori da grand’uomo ed anche miracoli, quali quello della vincita del suo “nemico” Massen-zio... IN HOC SIGNO VINCES!

Spesso infatti i segni del cielo sono presi come volontà delle divinità che danno l’imprinting sull’autorevolezza di certi uomini e delle loro scelte.

Allora anche il famoso Editto di Milano è stato interpretato per darne una versione edulcorata e favorevole al castello costruito successivamente.

Chi ha sostenuto che l’accordo tra Costantino e Licino sia stato fatto per dare libertà di culto ai cristiani, e quindi per agganciare la fede di Costantino al Cristiane-simo?

La nuova Chiesa Cattolica mol-to tempo DOPO i fatti.

GIULIANO L’APOSTATA

Il fatto che, subito dopo la bat-taglia con Massenzio, non vi era nell’impero romano tutta questa “ansia” di dichiararsi cristiani, lo

possiamo verificare dalla vita di Fla-vius Claudius Iulianus: imperatore romano detto l’Apostata (Costan-tinopoli 331 - in Mesopotamia 363).

Figlio di un fratellastro di Costantino il Grande, fu costretto a fuggire da Costantinopoli nel fatidico 337 col fratello Costanzo Gallo, e soprav-visse al massacro della sua famiglia (susseguito subito dopo la morte di Costantino per la corsa alla sua suc-cessione).

Nel 355 Costanzo II lo nominò Cesa-re inviandolo in Gallia dove, a Stra-sburgo, nel 357, riportò una grande vittoria sugli Alamanni. Le truppe al suo seguito, reclamate in Oriente da Costanzo, lo proclamarono Augusto nel 361. Con esse si mise in marcia contro lo stesso Costanzo, che intan-to moriva.

Rimasto padrone unico dell’Impe-ro, promulgò varie leggi tese a re-staurare il paganesimo a danno del cristianesimo, essendo un accanito sostenitore del culto del “sole invic-to” (ma che coincidenza).

Restaurò templi, riorganizzò i sacer-dozi, riformò l’amministrazione dello Stato, favorendo nell’insegnamento e negli alti impieghi gli elementi rife-rentesi al culto del dio Mithra. Intra-presa una grande spedizione contro i Persiani, fu ferito in battaglia e ivi morì.

E’ stato successivamente ribattez-zato dalla chiesa romana col nomi-gnolo di “l’Apostata”, il rinnegatore. Infatti secondo la versione “ufficiale” Costantino aveva introdotto il cristia-nesimo nell’Impero Romano come “religione di stato”, e Giuliano inve-ce l’avrebbe rinnegato ripristinando i culti a Mithra.

Versione “non ufficiale”: Costantino non ha mai introdotto il cristianesimo come religione di stato, ma ha favo-rito in tutti i modi possibili l’adorazio-ne della sua persona personificata nel “sole invicto”. I suoi successori (di cui Giuliano), in sua memoria e rispetto, hanno semplicemente con-tinuato a perpetrare la “sua” religio-ne ed il culto a Dio Mithra, che era enormemente diffuso tra la classe militare.

DIFFUSIONE DEL CRISTIANESIMO A MEZZO DEI VANGELI

Molti della Bibbia conoscono i van-geli “canonici”, cioè quelli che la chiesa cattolica (post-Costantino) ha deciso che fossero “degni di fede”.

Attribuiti a 4 apostoli, ma molto probabilmente scritti da terzi molti decenni dopo i fatti ed attribuiti agli apostoli per devozione o attendibili-tà. Non si sa quando siano stati scrit-ti, ma sicuramente i primi frammenti risalgono a circa 100 anni dopo i fatti (papiro 52 [Rylands] datato 120/130 d. C.). Altri frammenti risalgono al II al III al VIII secolo, ecc. I Vangeli erano dunque dei “libercoli” che parlava-no della vita di Gesù Cristo e veniva-no letti tra i fedeli. Se ne conoscono ben 34:

Vangelo dei Segni – Vangelo di S.Tommaso – Vangelo Oss. 1224 – Sofia di Gesù Cristo – Vangelo se-condo Marco – Vangelo Egerton – Vangelo di Pietro – Vangelo segreto di Marco – Papiro di Fayyum – Van-gelo secondo Matteo – Vangelo se-condo Luca – Vangelo greco degli Egiziani – Vangelo degli Ebrei – Van-gelo di S. Giovanni – Libro segreto di Giacomo – Vangelo degli Ebioniti – Vangelo dei nazareni – Vangelo di Ossirico 840 – Tradizioni di Mattia – Vangelo di Basilide – Vangelo di Maria – Dialogo del Salvatore – Van-gelo del Salvatore – Apocrifo di Gio-vanni – Vangelo di Giuda – Vangelo di Giacomo – Vangelo dell’infanzia di Tommaso – Vangelo della Verità – Libro di Tommaso – Vangelo di Apel-le – Vangelo di Filippo – Vangelo di Bardesane – Pistis Sophia .

Il primo scopo della chiesa post-constantino è stato quello di sele-zionare tra questi 34 vangeli SOLO quelli (4) che di Gesù davano una versione di “uomo-Dio”, bollando gli altri come “apocrifi”, che vuol dire letteralmente “nascosti”, in quanto in opposizione ai testi “canonici”; essi furono eliminati fisicamente o sepolti in qualche biblioteca. Ogni tanto qualcuno riaffiora (come il Vangelo di Giuda) da qualche sco-perta archeologica in territori di peri-feria dell’impero romano.

Ad esempio nel vangelo di Filippo si scrive: “Il Signore amava Maria Maddalena più di tutti i discepoli e la baciò più volte sulla bocca. Le altre donne vedendo il suo amore per Maria gli dissero: “perché ami lei più di noi tutte?” ..eppure essen-do Filippo uno degli apostoli, questo suo vangelo è stato ritenuto “inaffi-dabile” ed escluso dalla pubblica fede. Ci si chiede: in base a quali documenti storici ? Eppure molti particolari della vita di Gesù son trat-ti proprio dai Vangeli apocrifi, come la localizzazione della nascita in una

grotta, che è tratto dal protovange-lo di Giacomo. Mentre la presenza dell’asino e del bue (un classico di tutti i presepi) deriva dallo “pseudo-vangelo” di Matteo. Vi è stata quin-di un’accurata selezione di quello che è VERO da quello che era NON VERO, o meglio di quello che era meglio sapere da quello che era meglio...nascondere.

Per facilitare la diffusione di questa “nuova” religione, la chiesa ha cer-cato in tutti i modi di inglobare date, riti, copricapi, canti, celebrazioni, leggende da tutte le religioni “pa-gane” esistenti a quel tempo.

L’elenco sarebbe lunghissimo e per certi versi è anche noto ai più; un caso tra tutti: la sostituzione del-la figura di “uomo-Dio” di Costanti-no che si identificava col Sol Invicto (Mithra) con la figura di Gesù Cristo, ha portato ad una quasi identità della leggenda dei loro natali.

Mithra infatti sarebbe nato da una “vergine” che lo ha partorito in una grotta il 25 dicembre... con la diffe-renza che Mithra esisteva prima che Gesù nascesse.

I culti al Dio Mithra infatti avveni-vano in locali interrati simili a grotte chiamati Mitrei (solo in Italia ne sono sopravvissuti una trentina). Molte chiese di quel periodo furono anche costruite sopra Mitrei (come San Cle-mente a Roma, in Romagna, Lazio, Puglia, Calabria). Questo allo sco-po di confondere e trasmettere ai “fedeli” la sensazione che in fondo vi fossero poche differenze tra i due culti. Col nome “Mitra”, ad esempio, è stato addirittura chiamato il cap-pello del vescovo.

Per venire incontro invece agli adoratori del Dio-Pesce si è inventa-ta la “TIARA”, strettamente derivata da un cappello mediorientale la cui foggia rappresentava una testa di pesce con la bocca aperta... e si potrebbe andare avanti.

IL PRIMO PAPA

Nei quiz televisivi quasi tutti “ca-dono” sulle domande riguardanti la religione cristiana. Ma son sicu-ro che se si facesse la domanda di : “Chi è stato il primo PAPA”, tutti noi risponderemmo “PIETRO” ... su questa pietra fonderò la mia chiesa. Lo stesso Papa attuale si definisce “successore di Pietro”. Ebbene, anche questa volta sba-glieremmo ...e di grosso.

Lo stesso San Paolo, quando de-cide di recarsi a Gerusalemme per esporre il suo programma, dice: « Giacomo, Cefa (Pietro) e Giovanni, che son reputati “co-lonne”, dettero a me ed a Bar-naba la loro mano, perché noi andassimo ai Gentili, ed essi ai circoncisi » (Galati 2:9). Dunque il presunto papa e qui presentato come una delle “colonne” del-la Chiesa, insieme a Giacomo e Giovanni e non e neppure nomi-nato per primo.

Vi è invece una lista lunga di “vescovi di roma” che hanno ambito appellarsi in modo da di-mostrare (a se e agli altri) di esse-re “diversi” dagli altri vescovi. Pe-lagio I (555-561) fu il primo a farsi chiamare “pontefice”. Un’altro nome “papabile” è Bonifacio III (607d.c), autodefinitosi “padre”.

Comunque il nome di “padre” o “pontefice” era puramente un titolo “onorifico” privo di qualsiasi significato religioso.. A quei tem-pi tutti erano “VESCOVI” e quello più importante era il “vescovo di Roma”, solo per il fatto che si è sempre sostenuto che lì era mor-to Pietro, considerato il capo de-gli apostoli.

Ovviamente altra “inesattezza”, in quanto Pietro non si è mai spo-stato dalla sua terra (la Palestina) e non ha mai messo piede nè in italia nè tantomeno a Roma. Il martirio lo subì nella sua terra in quanto Gesù gli affidò lì il suo mandato e lì lo svolgeva. Men-tre fu Paolo che fu mandato dai “gentili” e venne portato a Roma per essere processato ed ucciso ( in quanto egli stesso era “cittadi-no Romano” e doveva subire un processo romano).

Praticamente il capo della Chiesa e della Cristianità è ed è sempre stato Gesù Cristo... è Lui il mezzo ed il tramite tra la Chiesa e Dio.

Tutti gli altri sono a lui sottomes-si (come tralci di vite)... quindi il massimo della “carica” era quel-la di vescovo.

Quello di Roma non aveva un ruolo più importante se non quel-

EPISODIO DELL’ADULTERA

Nel Vangelo di San Giovanni (8,1-11) si parla diffusamente di un episodio che Gesù avrebbe utilizzato come insegnamen-to e massima: è il celeberrimo episodio dell’Adultera.

Lo abbiamo sentito innume-revoli volte la storia in cui Gesù percorrendo le strade di Geru-salemme si imbatte in una lapi-dazione di una donna condan-nata a questa fine per avere tradito il marito. Gesù prende le sue difese frapponendosi tra la donna e i lapidatori. Per far cessare l’esecuzione raccoglie un sasso dal suolo e pronuncia le famose parole: “chi è senza peccato scagli la prima pie-tra”. Poiché tutti erano pecca-tori, la folla si disperde e Gesù aiuta l’adultera a rialzarsi e a ritornare alla sua vita ma con l’animo pentito.

Ebbene...è tutto falso.

San Giovanni non si è mai so-gnato di scrivere questo episo-dio nel suo vangelo.

Infatti, fortunatamente, ab-biamo dei manoscritti molto antichi ed affidabili del van-gelo di San Giovanni in lingua greca risalenti al II secolo oltre dei papiri del III secolo (Paipiri 66 del 200 d.c. Papiro 75 e 45 del 250 d.c. ), ai codici risalenti al IV secolo, il Codex Sinalticus e il Codex Vaticanus.

Non risulta neanche nella quasi totalità delle versioni nel-le lingue Siriache, Sahidiche, gotiche, armene e georgiane.

Neanche il “Diatessaron” (II secolo ) lo riporta.

Solo nel V secolo questo bra-no appare nel Codex Bezae in due versioni: una in latino e l’al-tra in greco.

Prova quindi CERTA di come i vangeli siano stati modificati ed adattati con l’aggiunta di passi mai scritti dagli autori e quindi anche di omissioni di al-tre parti o volute o involontarie.

Che questo episodio dell’A-dultera sia un falso aggiunto in epoca posteriore era stato segnalato anche da Becker che ha scritto: “non presenta il caratteristico stile giovanneo e rompe i discorsi tenuti da Gesu’ durante la festa delle capan-ne”. ( G.Segalla, Introduzione al Vangelo di San Giovanni, in La Bibbia, nuovissima versione con i testi originali, Edizioni San Paolo, 1991, p.641episodio dell’Adultera

Giovanni (,1-11)

78 R u n a B i a n c a - G i u g n o - 2 0 1 2

lo rappresentativo, quindi si po-teva considerare un “primus inter pares “ (primo tra persone di pari dignità).

Chi possedeva il titolo di papa aveva come UNICO privilegio quello di possedere la Tiara o Tri-regno del baldacchino e della sedia Gestatoria.

Come riconoscimento di que-sto titolo si instaurò anche il rito del bacio simbolico dei pie-di, obbligatorio non solamente per i laici ma anche per tutto il clero,vescovi e arcivescovi com-presi. Uso che era riservato agli imperatori di Roma pagani che pretendevano culto ed onori di-vini.

L’ultimo papa ad usare la Tiara (copricapo costituito da tre coro-ne d’oro) fu Paolo VI (1963-1978).

Il termine “papa” è stato inven-tato per imitare quello dei “pope” dell’impero romano d’oriente.

L’istituzione del “papato” ha avuto quindi una gestazione di quasi 800 anni.

Vi sono due date importanti in cui il “vescovo di Roma” ha co-minciato ad atteggiarsi a SOVRA-NO sia temporale che spirituale.

La prima è il 728 d.C., in cui a Liutprando (re dei Longobardi) venne l’infelice idea di REGALA-RE all’allora “vescovo di Roma” (Stefano II) la città di Sutri (attuale Viterbo). Questa città era situata su un’altura ed era considerata una fortezza inespugnabile.

Di pertinenza alla città vi era anche un vasto territorio, ed il Vescovo di Roma cominciò ad apprezzare l’emozione di posse-dere un piccolo “regno”. A Sutri il vescovo di Roma terrà diversi concili e troverà sicuro rifugio nei periodi di pericolo.

Questi possedimenti, dunque, gli piacquero e pretese dai Longo-bardi di più... molto di più.

Avanzò la pretesa di avere “in dono” buona parte dell’Italia centro-settentrionale. Ovviamen-te i Longobardi erano completa-mente sordi a quelle richieste.

Allora questo “santo uomo” fece chiamare Pipino (re dei Franchi) e si incontrarono a Quiercy, in Fran-cia, il 754, dove stipularono l’ac-cordo secondo cui se i Franchi avessero eliminato i Longobardi, al “vescovo di Roma” sarebbero andati Il ducato di Roma, L’esar-cato di Ravenna (praticamente tutta la Romagna) e la Pentopoli (Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia e Ancona, dai ricchissimi traffici na-vali).

DETTO FATTO.

Ma i suoi successori si montarono ulteriormente la testa ed alzarono il tiro.

Nel 779 il “vescovo di Roma” era Leone III.

Questo pare godesse di una pes-sima reputazione. Era stato accu-sato dal Clero romano di adulterio (cioè era tranquillamente sposato, ma tradiva la moglie), di spergiuro e pessima gestione del territorio da lui amministrato.

A conseguenza di ciò, il 25 aprile del 779, durante una processione pubblica, Leone III fu preso dalla folla, picchiato a sangue e vi fu un tentativo di linciaggio. Fortunata-mente riuscì a scappare e, alquanto malconcio, riuscì a cavallo a rag-giungere la Germania, dove chiese la protezione del re dei Franchi Car-lo Magno. Riuscì a convincerlo ad invadere l’Italia (fece in realtà po-chissima fatica), e con lui tutto il suo seguito di soldati arrivò sino a Roma. Qui venne messo in piedi un tribuna-le che, con i soldati di Carlo Magno dietro le spalle dei giudici, ASSOLSE di tutte le accuse Leone III.

… E si giunge al 25 Dicembre del ‘800.

Nella basilica vaticana Leone III in-corona Carlo come IMPERATORE del Sacro Romano Impero.

Finita l’incoronazione, l’imperatore si gira ed incorona Leone III come Papa della Chiesa Cattolica.

Già il titolo di papa era stato usato (come si è detto) a titolo onorifico. Da questa occasione in poi, viene sancito un patto d’intesa tra il po-tere economico-politico (Carlo Ma-gno) e quello del Papa della Chiesa Cattolica. Da allora tutti i successori “vescovi di Roma” aumentarono le proprie prerogative sino ad arrivare a Gregorio VII (1073-1085), che volle tributati sia in pubblico sia in privato onori divini e cominciò a farsi chia-mare “ Vicario di Dio in Terra “.

SCOMPARSA DEI CRISTIANI DELLE ORIGINI

Anche questa storia è stata accu-ratamente NASCOSTA per decine di secoli, ma sta lentamente venendo a galla anche a seguito di nuove scoperte.

L’attuale Chiesa Cattolica met-te molto in risalto che la sua stessa esistenza si basa sulla CONTINUITA’ storica con i primi cristiani, con i martiri che si son fatti sbranare dalle fiere nell’arena del Colosseo, ecc. Anche questo dato è INESATTO. La persecuzione dei cristiani durata se-coli da parte dell’impero romano ha raggiunto il suo scopo. I cristiani ...quelli VERI, quelli la cui fede li ha spinti piuttosto di rinnegare Cristo a farsi uccidere...QUELLI ..son stati uc-cisi TUTTI !

Non ne è sopravvissuto uno. Per ottenere questo risultato degno di essere quantomeno “ricordato” dai posteri, furono messe in atto MOLTE tecniche. Questi fatti non son mai stati pubblicizzati dalla storiografia successiva (per motivi che si può ben capire), ma stanno emergen-do chiari ed incontestabili da molte parti. Sia da rinvenimenti archeolo-gici, sia da documenti di archivio in varie biblioteche.

Come si è visto per la “divinità” di Costantino, l’impero romano era molto elastico nei confronti delle di-vinità dei popoli conquistati. Il “Pan-theon” romano si arricchiva infatti di TUTTI gli dei che venivano adorati nel loro immenso impero. Ma il Cri-stianesimo era differente. Sosteneva che Gesù Cristo era l’ UNICO dio, e che SOLO a lui andava portata adorazione e rispetto. Questo le-deva alla base la religione romana che riteneva che l’unico vero Dio fosse lo stesso imperatore, il quale poteva anche essere visto abbinato ad altri dei ( giove, sole invicto, ecc ) ma da “pari a pari”. Una religione

che sosteneva esat tamen-te il con-trario, se si fosse propa-gata, avreb-be indebo-lito il potere del “capo” del l ’ impero romano, in-d e b o l e n d o a sua volta lo stesso im-pero. In que-sto scenario molte provin-cie e regioni del l ’ impero si poteva-no ribellare a l l ’autor i tà centrale ren-

dendo difficile se non impossibile il suo controllo.

Una religione di questo tipo era quindi da DISTRUGGERE prima che facesse danni irreparabili.

Quando si trattava di distruggere alle fondamenta città o popoli....i romani era dei professionisti inegua-gliabili (Cartagine docet).

Per riuscire a far emergere dall’a-nonimato TUTTI i cristiani e, o ucci-derli o fargli cambiar religione ven-nero coniate queste CATEGORIE di persone:

1 - I SACRIFICATORI

A questa categoria apparteneva-no coloro che essendo stati dichia-rati da un TRIBUNALE come “cristia-ni” avevano TRE scelte:

- A essere messi a morte

- B essere condannati : “DAMNA-TIO AD METALLA” ...che voleva dire schiavi a scavare nelle miniere, ov-vero : condanna ai lavori forzati per-petua...tanto resistevi forse un paio d’anni.

- C Cambiar religione e SACRIFI-CARE a dei pagani vittime scelte per quei riti, partecipando a pubblici riti alle varie divinità pagane imperanti in quel tempo.

Cipriano di cartagine ci riferisce: Moltissimi passarono all’idolatria, An-cor prima che li accusassero in piaz-za ed offrivano sacrifici agli dei, ed il numero degi “pentiti” era talmente alto che i magistrati desideravano rimandarli al giorno dopo....!

2 - I TRADITORI o CONSEGNATARI

A questa seconda categoria ap-partenevano in quella categoria dei “pentiti”, coloro chiamati in latino “traditorse” o Consegnatari . Erano i “capi” gli ufficianti il culto (gli attuali sacerdoti) chiamati così in quan-to CONSEGNAVANO nelle mani dei magistrati romani i libri sacri e tutti gli strumenti per celebrare ( calici, ampolline,ecc ) che erano in do-tazione della circoscrizione da loro presieduta.

A costoro, che erano i CAPI del culto non fu chiesto di rinnegare for-malmente il Cristo, ma solamente consegnare TUTTI gli strumenti per celebrare il loro culto ( dopodichè essendo schedati, venivano curati a vista per evitare che reiterassero il loro “reato” ).

Abbiamo diverse testimonianze di cio ....una è di una pergamena che racconta come il 19 maggio del 303 nella città di Cirta (Numidia, attuale Costantina), il Vescovo ed i suoi col-laboratori avessero consegnato al magistrato di turno tutte le loro sa-cre scritture ed il materiale di culto . Nell’elenco dell’inventario risultava-no tra l’altro 2 calici d’oro e 6 d’ar-gento.

3 - I LIBELLATICI

Terza categoria erano i Libellati-ci o “lapsi” cioè coloro che pur di salvare la pelle scelsero la via del compromesso. Magari interiormente seguivano Cristo ma a parole e per ISCRITTO si proclamavano pagani.

Erano coloro che come da para-bola han preferito “seguire due pa-droni”.

I LIBELLI erano delle specie di “car-ta d’identirà RELIGIOSA”.

Vi era scritto “nome e cognome” del possessore (o meglio: Nome e Famiglia di appartenenza) e una di-chiarazione giurata da parte di un sacerdote di una religione pagana, che asseriva che in tal giorno ed in tal ora la persona sudddetta aveva partecipato attivamente alla funzio-ne religiosa “pagana”.

Questa pergamenina ( dimensio-ni di cm 20 x 7 ...arrotolata ) veniva portata SEMPRE al collo quando si usciva di casa.

Infatti in qualsiasi momento pote-

vano chiederti di mostrarla e chi non ne era in possesso veniva arrestato...e diventava un “sacri-ficatore” di cui al punto 1.

Di queste pergamene ne son state ritrovate alcune in scavi ar-cheologici in africa occidentale.

Quindi TUTTI i superstiti della re-ligione cristiana, qualora ve ne fossero ancora, erano persone che considerava quel credo infe-riore alla propria vita e preferiva svolgere ANCHE riti pagani per poter avere QUEL certificato che gli garantiva la VITA !...alla faccia dei MARTIRI che piuttosto si face-vano sbranare dai leoni nel colos-seo !

Un cristianesimo quindi o com-pletamente scomparso o diluito all’acqua di rosa, senza più sa-cerdoti che dicevano messe, e senza quella FEDE che avevano i PRIMI cristiani....e Costantino in punto di morte aveva una voglia MATTA di diventare QUESTO TIPO di Cristiani ?!!!...dubito fortissima-mente !

Parallelamente alla lotta sen-za quartiere dei cristiani in TUTTO l’impero, Diocleziano si dedicò a rinverdire il culto degli Dei pagani .

I “servizi segreti” romani aveva-no in archivio i nomi di tutti gli “of-ficianti” al culto , e ne monitora-vano la loro esistenza informando dettagliatamente l’imperatore se erano morti, o avevano rinnega-to la loro fede.

Quando finalmente gli giunse la voce che NON NE ERA RIMASTO PIU’ NESSUNO...Diocleziano vol-le aspettare ancora alcuni mesi, forse anche oltre un anno. Dopo questo lasso di tempo senza più alcuna relazione sia dei servizi se-greti sia dagli stessi cittadini ( vici-ni di casa, che se venivano presi diventavano “complici” e arre-stati come gli altri) ...a quel punto venne dichiarato ufficialmente “l’ESTIRPAZIONE” della fede “cri-stiana”. Diocleziano in persona volle celebrare questa che per lui era una vittoria personale, ordi-nando festeggiamenti grandiosi e trionfali in tutto l’impero

Son state rinvenute in Spagna due colonne celebrative recanti le scritte (nella prima): “Per aver estirpato totalmente e dapertut-to la superstizione di Cristo e fatto rifiorire il culto degli Dei”.

Nell’altra : “Per aver estinto il nome dei cristiani che avevano portato lo stato alla rovina”.

Colonne che son citate da più storici tra cui il Bosio e Airenti, ma che son attualmente irreperibili.

Non contento di ciò volle co-

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niare una medaglia celebrativa dell’avvenimento, il cui testo la-conico e lapidario dice: NOMI-NE CHRISTIANO DELETO (per aver cancellato il nome stesso di cri-stiano).

Nei secoli successivi, ogni volta che veniva ritrovata una di que-ste medaglie, veniva sequestrata dai membri della chiesa cattolica e FUSA.

Se ne è avuta conoscenza per-chè sino a qualche decennio fa la sua foto era riprodotta ed esi-bita in un testo apologetico ad uso dei seminari cattolici, in cui si affermava trionfalisticamente che quella chiesa che Dioclezia-no affermava di avere distrutto era viva e vegeta come prima e meglio di prima.

L’esistenza di questa medaglia è documentata anche dal Milner in storia della Chiesa IV, 1:38 , Mi-lano 1982, pag.77.

In epoche successive si è rite-nuto da parte dei “vertici” che queste notizie potevano essere diversamente interpretate ed è scomparsa definitivamente qual-siasi foto o raffigurazione di detta medaglia.

Ad ulteriore riprova di cio’ alla metà del II secolo d.c. Il vescovo di Cartagine Cipriano in questo modo così poco edificante de-scriveva i “cristiani” della sua dio-cesi:

“Ciascuno si era dedicato al miglioramento del proprio patri-monio, dimenticando quello che i credenti avevano fatto sotto gli apostoli, e quello che dovevano fare sempre: essi stavano rimugi-nando sul sistema di ammassa-re ricchezze; i pastori e i diaconi avevano dimenticato il loro do-vere; le opere di misericordia fu-rono trascurate, e la disciplina era indecadenza; predominavano la lussuria e l’effemminatezza; si col-tivavano le arti dell’appariscenza

nell’abbigliamento; fra i fratelli si pra-ticavano la frose e l’inganno; i Cri-stiani si univano in matrimonio con i miscredenti; si bestemmiava sen-za rispetto e senza coscienza. Con altezzosa rudezza disprezzavano i loro superiori ecclesiastici; inveivano l’uno contro l’altro con oltraggiosa acrimonia, e litigavano con grande cattiveria; perfino molti vescovi, che dovevano essere una guida ed un esempio per gli altri, trascurando i doveri della loro carica, si dedica-vano alle “questioni secolari”. Essi di-sertavano i loro luoghi di resi enza e le loro “greggi”; viaggiavano di pro-vincia in provincia, a volte in locali-ta’ lontanissime, in cerca di piaceri e di profitto, e presi da una insaziabile sete di denaro trascuravano di por-gere aiuto ai fratelli bisognosi. Con la frode si impossessavano di proprie-ta’ e praticavano l’usura”.

IL POTERE “TEMPORALE” DELLA CHIE-SA CATTOLICA

754 - Pipino il Breve toglie ai Longo-bardi i territori bizantini dell’Esarcato di Ravenna (Emilia) e della Penta-poli (Marche), ma invece di restituirli a Bisanzio li assegna al papa (infatti crede che gli spettino, in base alla falsa “Donazione di Costantino”). Quest’azione è considerata la fon-dazione dello Stato pontificio: il papa è diventato re.

782 - L’alleanza tra il regno dei Fran-chi e la chiesa si consolida con Car-lo Magno, il quale in Germania fa decapitare 4.500 Sassoni che hanno rifiutato il battesimo e stabilisce la pena di morte contro quelli che fin-gono di essere cristiani per evitare di essere battezzati.

1053 - Il papa riesuma la “Dona-zione di Costantino” per riafferma-re il potere della Chiesa sul mondo. Probabilmente, per questa ragione, viene scomunicato dal patriarca di Costantinopoli. Nel 1054 nasce la chiesa cristiana greco-ortodossa (Scisma d’Oriente).

Pochi anni dopo lo scisma d’Orien-te comincia l’epoca delle Crociate, ufficialmente per riconquistare la “Terra santa” (Gerusalemme) sotto-messa agli Arabi e per “evangelizza-re” i musulmani.

In realtà le Crociate furono soltanto guerre di sterminio e di saccheggio. Il progetto era innanzitutto quello di invadere il Medio Oriente e l’Europa orientale per impedire la diffusione del cristianesimo ortodosso. Quan-do ne ebbero la possibilità, i crociati massacrarono indiscriminatamente musulmani, ebrei e cristiani ortodossi e, lungo il tragitto attraverso l’Euro-pa nord-orientale, non si lasciarono sfuggire l’occasione di sterminare un buon numero di “pagani” sassoni e

slavi.

In un’epoca in cui la popolazione europea non superava i 15 milioni di abitanti, le vittime delle crociate fu-rono 5 milioni.

Nello stesso periodo cominciarono a diffondersi in Europa i movimenti cristiani “pauperisti”, che predicava-no la povertà ed il ritorno agli ideali di fratellanza del cristianesimo origi-nario. Contro questi “eretici” la chie-sa scatenò una serie supplementare di crociate in cui furono sterminati i Càtari, i Valdesi ed i seguaci di altri movimenti minori. In questo bagno di sangue non furono risparmiati gli ebrei, anche se le vittime furono in numero minore.

Con la conquista dell’America si giunse al genocidio sistematico. Le popolazioni delle isole centro-ameri-cane (Caraibi), ridotte in schiavitù, si estinsero e furono sostituite da schia-vi importati dall’Africa; sul continen-te i Maya, gli Aztechi e gli Inca furo-no sterminati e la chiesa si impegnò in modo particolare a distruggere ogni traccia della loro millenaria cul-tura. I superstiti che non volevano accettare il battesimo vennero tor-turati e poi messi al rogo.

Per il perfezionamento dell’ope-ra, al macello su scala industriale si doveva aggiungere l’omicidio “mi-rato”: fu creata quindi la “Santa In-quisizione”, che con i suoi tribunali provvedeva ad eliminare i singoli “eretici”, le streghe, gli ebrei ed i mu-sulmani (anche quelli che si erano convertiti).

1064 - “Crociata” contro gli Arabi in Spagna. E’ la prima della serie (la numerazione tradizionale delle “cro-ciate” è molto imprecisa); l’ultima, chiamata ottava, si concluderà ol-tre 200 anni dopo (1270). Quando i crociati entrarono a Gerusalemme, massacrarono 40.000 civili senza fare distinzione tra musulmani, ebrei e cri-stiani ortodossi. Ma, fra una crociata e l’altra, i papi si tenevano in eserci-zio: 800 ebrei massacrati a Magon-za e altri 700 a Worms (1096); 4.000 ungheresi sterminati di passaggio, andando verso la Palestina (1098); centinaia di altri ebrei massacrati in Germania e in Francia (1146); altri 18 bruciati vivi a Blois (1171).

1076 - L’imperatore tedesco Enrico IV destituisce il papa; scomunicato nel 1083, conquista Roma e nomi-na un anti-papa. La lotta per le in-vestiture si conclude cinquant’anni dopo con un compromesso: il po-tere politico sarà concesso al papa dall’imperatore, quello religioso dai vescovi.

1177 - Francia: nasce il movimento dei “Poveri di Lione”, poi chiamati Valdesi dal nome del fondatore (il predicatore Pierre Valdes) i quali, imitando l’esempio di Valdes, si spo-gliano di tutti i loro beni e predicano

la povertà. La risposta della chiesa è immediata: il Concilio del 1179 stabi-lisce che le crociate si possono con-durre anche contro gli eretici e crea il tribunale dell’Inquisizione, dandogli il potere di condannarli al rogo.

1208 - Francia: il papa bandisce la “Crociata” contro i càtari (i “puri”, detti anche Albigesi) nella regione della Linguadoca (Francia). Il vesco-vo che guida la spedizione ordina ai soldati di sterminare l’intera popola-zione, albigesi o no, al motto di: “Uc-cideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi”. Nella sola città di Beziers vengo-no uccise almeno 20.000 persone, compresi i bambini. Da notare che gli “eretici” erano circa 300.

1227 - Siamo intanto alla “sesta” crociata: il papa scomunica l’impe-ratore di Germania Federico II per-ché (essendosi ammalato) non ha realizzato una nuova Crociata. In seguito Federico si reca di propria iniziativa in Palestina e, con una trat-tativa pacifica, ottiene la Terra San-ta. Il papa lo proclama “anticristo”: conferma che non ha il minimo inte-resse per il “santo sepolcro” di Cristo e che sta continuando a cercare pretesti per qualche altro sterminio di “infedeli”.

1229 - Il Concilio di Tolosa proibisce ai laici di possedere copie della Bib-bia.

1234 - Il Concilio di Terragona con-danna al rogo le copie della Bibbia tradotta in “volgare” (cioè non in latino, ma nella lingua parlata dalla gente).

1252 - Fin dal 1184 gli eretici pote-vano essere condannati anche in

mancanza di testimonianze contro di loro. Ora il papa introduce l’uso della tortura per costringerli a con-fessare. I governanti sono obbligati ad eseguire, entro 5 giorni, le senten-ze di morte pronunciate dalla Santa Inquisizione. Attualmente la Chiesa sostiene di non essere responsabile dei circa 500.000 omicidi dell’Inqui-sizione... perché le vittime furono uc-cise dai governi.

Dopo il 1270 non ci sono più crocia-te “per la Terra Santa” ma si inten-sifica la persecuzione degli eretici e degli ebrei, che vengono messi al rogo in tutta Europa. Fra gli altri, vengono sterminati gli “Apostolici” del frate Dolcino e 4.000 ebrei in Spagna. Bruciati sul rogo 200 catari e valdesi nell’Arena di Verona, oltre ai due teologi Giovanni Hus e Gi-ròlamo da Praga, colpevoli di ave-re fondato un movimento di riforma della chiesa (1416). In un solo anno (1482) nella sola Andalusia saranno uccisi circa 2.000 ebrei e musulmani convertiti. Questo è il periodo in cui i papi raggiungono il massimo grado di criminalità e corruzione.

1377 - A Cesena, 4.000 civili sono massacrati dai mercenari pontifici in quanto ribelli al governo del papa. Altrettanti vengono deportati, la cit-tà viene distrutta. Le truppe papali sono guidate dal cardinale Roberto di Ginevra, che poi sarà papa col nome di Clemente VII e col sopran-nome di “Boia di Cesena”.Gli eretici cominciano a scarseggiare, ma la chiesa e l’Inquisizione non si perdo-no d’animo: si apre la stagione della “caccia alle streghe”. A questo pun-to il sadismo degli inquisitori rivela apertamente la sua componente di

perversione sessuale, inventando gli strumenti di tortura più fanta-siosi.

1440 - L’umanista Lorenzo Valla dimostra la falsità della “Dona-zione di Costantino”. Il libro viene immediatamente messo all’indi-ce. Falliscono due tentativi della chiesa di fare uccidere Valla.

1455 - Essendo il padrone di tut-to il mondo, il papa assegna l’A-frica ai re portoghesi, invitandoli a prenderne possesso.

1492 - “Scoperta” dell’America. Cristoforo Colombo, convinto di avere raggiunto le “Indie”, sbar-ca sulle isole dell’America cen-trale (Antille o Caraibi: San Sal-vador, Cuba, Haiti) e ne prende possesso piantando croci e ban-diere spagnole.

1493 - Continuando ad essere padrone del mondo, il papa as-segna “le Indie” ai re di Spagna e Portogallo: “per l’autorità di Dio onnipotente a noi concessa, tutte le isole e terre trovate e da trovare, scoperte e da scoprire ... che siano dalle parti dell’India o che siano da qualunque altra parte”.

Il bottino sarà enorme (migliaia di tonnellate d’oro e d’argento) e la chiesa riceverà la sua parte. Secondo lo storico David Carra-sco, nel 1500 l’America del sud aveva circa 80 milioni di abitanti. Nel 1550 ne erano sopravvissu-ti solo 10 milioni. La popolazione del Messico si ridusse da circa 25 milioni nel 1500 a un milione nel 1600. Gli Indios furono anche decimati dalle epidemie portate dagli invasori.

Ma alla chiesa non bastava il genocidio: si dovevano sradica-re totalmente quelle millenarie culture. In meno di 30 anni ven-gono bruciati tutti i libri, vengono distrutte centinaia di migliaia di opere d’arte, fuse per farne lin-gotti d’oro e d’argento, vengono demoliti templi antichissimi e sul-le loro rovine vengono edificate chiese cristiane.

Juan de Zumàrraga, primo ve-scovo del Messico, incendiò, fra le altre, la biblioteca di Texaco che era “alta come una monta-gna”. Il vescovo Diego de Landa, successore di Zumàrraga, com-pleta la santa impresa facendo bruciare 5.000 idoli e 27 antichi codici maya.

“Questa gente usava anche certi caratteri o lettere con le quali scrivevano nei loro libri di ar-gomenti antichi e scientifici, e con questi disegni e segni apprende-vano e insegnavano le loro cose. Trovammo un gran numero di libri scritti in questo loro alfabeto, e

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Maggio 2007, “Conferenza” dei ve-scovi latino-americani.

Parole di verità e di fede pronun-ciate da Sua Santità papa Ratzinger sulla conquista spagnola dell’Ameri-ca.

“ Ma, che cosa ha significato l’ac-cettazione della fede cristiana per i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi?Ha significato conoscere ed accogliere Cristo, il Dio sconosciuto .... il Salvatore a cui anelavano si-lenziosamente .... avere ricevuto lo Spirito Santo che è venuto a fecon-dare le loro culture purificandole .... In effetti, l’annuncio di Gesù e del suo Vangelo non comportò, in nes-sun momento, un’alienazione delle culture precolombiane, né fu un’im-posizione di una cultura straniera. Le autentiche culture non sono chiuse in sé stesse né pietrificate in un de-terminato momento della storia, ma sono aperte, cercano l’incontro con altre culture ”.

Questo accostamento tra il passa-to e i giorni nostri ci porta a analiz-zare come si sia trasformata la se-greta (ma non troppo) voglia della Chiesa Cattolica di guardare verso il cielo ma con i piedi ben piantati nella realtà economica, finanziaria e politica.

Ma qual’è OGGI l’istituto vaticano preposto a questo aspetto?

siccome non contenevano altro che superstizioni e falsità del de-monio, li bruciammo tutti, il che li impressionò e addolorò molto”.

Nel 1496, il papa Alessandro IV promulgò un codice di purezza anche per gli ordini monastici, e questo rappresentò il primo vero e proprio esempio di razzismo ideo-logico. Con questo atto si mise la parola fine alla lunga convivenza da parte del popolo iberico con tutte le etnie del Mediterraneo. La conseguenza di queste leggi è rappresentata dal famoso “mas-sacro di Lisbona” (17 Aprile 1506), con milioni di vittime.

Prima di quest’epoca, il razzismo poteva esprimersi contro chi par-lava una lingua diversa, chi non professava la stessa religione. Tut-tavia la società antica preferisce suddividere l’umanità in base a concetti castali, più che razziali: il nobile è ovviamente superiore al plebeo, e il plebeo libero è supe-riore allo schiavo.

1510 - Il re di Spagna autorizza la tratta degli schiavi africani per sostituire gli schiavi indigeni dei Caraibi, le cui popolazioni si sono estinte in meno di 15 anni.

1519 - Martin Luther (Martin Lu-tero) viene dichiarato eretico e scomunicato. Nel 1522 sarà pub-blicata la prima edizione della

sua traduzione in tedesco del Van-gelo. La nascita della chiesa lutera-na rappresenta una svolta storica abbastanza importante sotto il pro-filo politico: il papa perde gran par-te del suo potere nei confronti dei governi europei i quali, man mano che il protestantesimo si diffonde, si appoggiano sempre di più alle loro chiese nazionali. La chiesa cattoli-ca reagisce esasperando la ferocia delle sue persecuzioni ed istituendo (1542) il tribunale dell’Inquisizione romana (poi chiamata Sant’Uffizio, attualmente “Congregazione per la dottrina della fede”).

1521 - Dopo che almeno 4 papi avevano ordinato espressamente ai tribunali dell’inquisizione in Germa-nia, in Francia e in Italia di persegui-tare “la setta delle streghe”, il papa Leone 10° minaccia di scomunica tutte le autorità civili che si oppon-gono ai roghi delle streghe condan-nate dall’Inquisizione. In 10 anni ne vennero bruciate vive circa 3.000.

1524 - Lo spagnolo Francisco Pizar-ro invade l’impero Inca (Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia, Cile e Argenti-na). La conquista viene completata nel 1533. In 25 anni, l’88% degli indi-geni saranno sterminati.

Giova constatare che certe “cose” sembrano relegate al “medioevo”, a periodi storici dove le atrocità o i comportamenti “non ortodossi” era-no all’ordine del giorno... eppure...

Francisco Pizarro

Lo IOR

Tutti ne hanno sentito parlare, ma pochi vogliono riflettere su quello che avviene tra le mura dello stato del Vaticano.

L’Istituto per le Opere di Religione (meglio noto con l’acronimo IOR e comunemente conosciuto come Banca Vaticana) è un istituto priva-to, creato nel 1942 da papa Pio XII e con sede nella Città del Vaticano. È erroneamente considerato la banca centrale della Santa Sede, compito invece svolto dall’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostoli-ca (APSA). Il suo direttore generale riporta direttamente ad un consiglio di amministrazione composto da car-dinali, che a loro volta rispondono al Papa.

Recentemente sono state chieste le dimissioni del suo capo Ettore Gotti Tedeschi a causa di “poca traspa-renza finanziaria”, e i dossier che stan-no raccogliendo i magistrati richiede-ranno molto tempo per essere letti e decodificati.

Lo IOR non è nuovo a “scandali” di questo tipo.

In più di un’occasione ha fatto parlare di sé ed ha legato il proprio nome a scandali finanziari, fra i quali spiccano l’”Affare Sindona” o il “crac del banco Ambrosiano”.

Lo IOR fu, tra il 1946 e il 1971, il mag-gior azionista del Banco Ambrosiano. Già nel 1978 il capo della Vigilanza della Banca d’Italia Giulio Padalino aveva eseguito un’ispezione sui conti del Banco, facendo luce sulla “parte occulta” della contabilità: dietro alle varie società estere che acquistava-no cospicui pacchetti di azioni Am-

Giulio Andreotti e Licio Gelli in una foto dell’epoca

Calvi, Sindona, Gelli e Marcinkus

Il Banchiere di Dio

“Quando due persone conoscono un segreto, questo non è più un se-greto”. Basta questa frase per capi-re la personalità di Roberto Calvi è un uomo schivo, riservatissimo, che non ama la vita mondana e che ha come pensiero fisso quello degli affa-ri. La sua carriera cominciò nel 1947, quando entrò nel Banco Ambrosia-no, il cui motto era quello di offrire credito senza infrangere i principi etici del cristianesimo, infatti, per iscri-versi come soci, bisognava addirittu-ra consegnare il certificato di battesi-mo e il certificato di buona condotta che doveva essere fornito dal par-roco. Nell’arco di trenta anni , Calvi riuscì a raggiungere prima la carica di direttore generale nel Banco Am-brosiano e poi nel 1975 quella di presidente. Il suo obiettivo era chia-ro: lanciare la sua “creatura” nella finanza mondiale tramite spericolate e illegali speculazioni finanziarie. Le “amicizie“ fondamentali, a questo scopo, sono le amicizie con membri della loggia massonica deviata P2, di cui in seguito divenne membro, e i legami con esponenti del mondo degli affari ma soprattutto della ma-fia. Nel 1968 conobbe Michele Sindo-na divenendone socio in affari; nel 1975 Sindona gli presentò Licio Gelli e Calvi entrò nella loggia P2. La svol-ta decisiva per la sua carriera però, è sicuramente l’incontro con l’arcive-scovo Paul Marcinkus il numero uno dello IOR, la banca vaticana. I modi di fare poco chiari, lo portarono a creare e ad intrecciare una fitta rete di società fantasma con sede nei principali paradisi fiscali, il tutto con la supervisione dello IOR. E’ proprio la banca vaticana il punto centrale di tutta questa incredibile matassa fi-nanziaria infatti, l’impero di Calvi si svi-luppa a dismisura diventando il fulcro del riciclaggio dei soldi sporchi della criminalità, ma anche di operazioni internazionali: dal traffico di armi nel-la guerra del Falkland ai finanziamen-ti su richiesta del Vaticano ai «Paesi e ad associazioni politico-religiose» soprattutto nell’Europa orientale (ad esempio Solidarnosc) e in America Latina (come i Contras) «allo scopo di contrastare la penetrazione e l’e-spandersi di ideologie filomarxiste».La prima grave crisi del banco Am-brosiano è del 1977 , la mattina del 13 Novembre i muri di Milano furono tappezzati di manifesti in cui si denun-ciavano le presunte irregolarità del Banco. L’artefice era stato Michele Sindona, che voleva vendicarsi di Calvi, poichè questi non aveva volu-to prestare dei soldi alle sue banche. Successivamente alcuni ispettori della Banca d’Italia analizzarono at-tentamente la situazione del Banco Ambrosiano e denunciarono molte irregolarità che furono prontamente segnalate al giudice Emilio Alessan-drini, il quale venne però tragicamen-te ammazzato il 29 gennaio 1979 dai terroristi di estrema sinistra di Prima Li-nea. Nel periodo successivo il Banco si trovò ad affrontare una prima crisi di liquidità, che venna risolta grazie all’aiuto della BNL e dell’ENI. Nel 1980 il Banco era di nuovo sull’orlo del ba-ratro, ma la situazione si risolse trami-

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brosiano c’era lo stesso gruppo di Calvi e lo IOR. A quel tempo, lo scandalo non ebbe alcun se-guito. Tuttavia, dopo il crac del Banco Ambrosiano, le responsa-bilità furono confermate nel cor-so delle indagini dal ritrovamento di lettere di patronage concesse nel 1981 da Marcinkus (direttore dello IOR dal 1971 al 1989) a Ro-berto Calvi (direttore del Banco Ambrosiano), con le quali con-fermava che lo IOR «direttamen-te o indirettamente» esercitava il controllo su Manic. S.A. (Lus-semburgo), Astolfine S.A. (Pana-ma), Nordeurop Establishment (Liechtenstein), U.T.C. United Tra-ding Corporation (Panama), Erin S.A (Panama), Bellatrix S.A (Pa-nama), Belrosa S.A (Panama) e Starfield S.A (Panama), società fantasma con sede in noti para-disi fiscali, che avevano fatto da “paravento” alla destinazione dell’ingarbugliato circolo di de-naro che aveva drenato duemila miliardi di lire dalle casse dell’Am-brosiano.

L’allora ministro del Tesoro Be-niamino Andreatta impose la li-quidazione del Banco Ambrosia-no. Andreatta riferì in Parlamento l’8 ottobre 1982, dichiarando che il Banco aveva un buco di circa due miliardi di dollari, di cui un mi-liardo e 159 milioni garantiti dallo IOR.Marcinkus fu indagato in Ita-lia nel 1987 per concorso in ban-carotta fraudolenta del Banco Ambrosiano, il quale fu accusato di riciclaggio di denaro della ma-fia in connessione con la P2, una loggia massonica “coperta” gui-data da Licio Gelli. Le dichiarazio-ni del pentito di Cosa Nostra Vin-cenzo Calcara, ritenute verosimili dal tribunale di Roma nel 2003, sembrano avvalorare questa tesi, raccontando di contatti fra Mar-cinkus, Calvi (esponente della P2) e membri di Cosa Nostra.

Il 20 febbraio 1987 il giudice istruttore del tribunale di Milano, Renato Bricchetti, emise un man-

dato di cattura contro Paul Marcinkus, Luigi Mennini e Pellegrino de Strobel, i vertici dello IOR, individuando gravi re-sponsabilità della Banca Vaticana nel crac del Banco Ambrosiano. Il mandato non fu però eseguito perché Marcinkus godeva di passaporto diplomatico va-ticano, mentre gli altri due si rifugiarono dietro il portone di bronzo e la richiesta di loro estradizione non ebbe alcun esito: alla fine la Cassazione non convalidò il provvedimento in quanto, per il fatto di aver agito in qualità di organi o di rap-presentanti di un ente centrale della Chiesa cattolica, furono considerati, ai sensi dell’art. 11 dei Patti Lateranensi, co-perti da immunità penale.

La Banca Vaticana non ammise alcu-na responsabilità per il fallimento del Banco Ambrosiano, ma fu creata una commissione mista (Agostino Gambino, Pellegrino Capaldo e Renato Dardozzi per il Vaticano, Filippo Chiomenti, Mario Cattaneo e Alberto Santa Maria per lo Stato Italiano) con il compito di appro-fondire la questione. Il responso, pur non raggiungendo “conclusioni unanimi” sul-la responsabilità giuridica dello IOR, por-tava ad ammetterne una responsabilità morale. Il 25 maggio 1984, a Ginevra, lo IOR, pur ribadendo la propria estraneità ai fatti, siglò un accordo con le banche creditrici dell’Ambrosiano, versando 406 milioni di dollari a titolo di “contributo vo-lontario” .

Al crac fecero seguito diverse morti: Graziella Corrocher, la segretaria di Cal-vi, fu trovata morta dopo un volo dal quarto piano del palazzo milanese che ospitava la sede del Banco Ambrosiano, il 17 giugno 1982. Roberto Calvi, membro della P2 e presidente del Banco Ambro-siano dal 1975, fuggito a Londra, fu tro-vato impiccato il 18 giugno 1982 sotto il Ponte dei Frati Neri sul Tamigi. Michele Sindona, altro piduista, faccendiere col-luso con la mafia siciliana e vicino allo IOR, mentre scontava la pena in carce-re per l’omicidio di Giorgio Ambrosoli, fu avvelenato da un caffè al cianuro il 20 marzo 1986 e morì due giorni dopo.

SCANDALO ENIMONT

Nel 1993, negli anni di Tangentopoli, il giudice Borrelli del pool di Mani pulite

te un nuovo finanziamento dell’ENI di 50 milioni di dollari. Ma come riuscì Calvi ad ottenere tutti questi soldi dall’ ENI? Dagli atti processuali risulta certi-ficato che pagò tangenti a Claudio Martelli e Bettino Craxi.” Tanto tuonò che piovve” e così l’im-pero dell’Ambrosiano si ridusse quel che era: un cumulo di debiti bancari. Il crack avvenne nel 1981, subito dopo la scoperta della loggia P2. Senza la protezione di Gelli e compagni, Cal-vi si trovò solo poichè anche i vecchi “amici” dello IOR gli avevano voltato le spalle.... « Santità sono stato io ad addossarmi il pesante fardello degli errori nonché delle colpe commesse dagli attuali e precedenti rappresen-tanti dello IOR, comprese le malefat-te di Sindona…; sono stato io che, su preciso incarico dei Suoi autorevoli rappresentanti, ho disposto cospicui finanziamenti in favore di molti Paesi e associazioni politico-religiose dell’Est e dell’Ovest… sono stato io in tutto il Centro-Sudamerica che ho coordi-nato la creazione di numerose entità bancarie, soprattutto allo scopo di contrastare la penetrazione e l’e-spandersi di ideologie filomarxiste... e sono io infine che oggi vengo tradito e abbandonato… » lettera di Calvi al Papa poco prima di essere ucciso.il 21 maggio, venne arrestato per reati valutari, processato e condannato. In attesa del processo di appello, Calvi fu messo in libertà provvisoria, tornan-do a presiedere il Banco. Nel tentativo di trovare fondi per il salvataggio dei conti, strinse rapporti con Flavio Car-boni, un finanziere sardo legato ad ambienti politici e malavitosi romani come la Banda della Magliana. Ro-sone, direttore generale del Banco, fu vittima di un attentato da parte di Danilo Abbruciati, un boss della ban-da della Magliana, a causa delle per-plessità espresse circa alcuni finanzia-menti concessi dal Banco a Carboni senza la presenza delle dovute garan-zie. Il 9 giugno 1982 Calvi si allontanò da Milano, giungendo a Roma in ae-reo, dove incontrò Flavio Carboni, col quale organizzerà la fuga verso l’este-ro. L’11 giugno il banchiere si diresse a Venezia, per poi raggiungere Trieste, e successivamente la Jugoslavia. Dal paese slavo proseguirà poi per Kla-genfurt. Il 14 giugno Calvi incontrò Carboni al confine con la Svizzera, per poi partire il 15 giugno verso Lon-dra, dall’aeroporto di Innsbruck. Il 16 giugno Carboni partì da Amsterdam per raggiungere Calvi a Londra. Il 18 giugno Roberto Calvi, venne trovato impiccato da un impiegato postale, sotto il Ponte dei Frati Neri sul Tamigi in circostanze molto sospette, con dei mattoni nelle tasche e 15.000 dollari addosso.La sua segretaria Graziella Corrocher si “suicida” il 17 Giugno (giorno prima del ritrovamento del corpo di Calvi).Partecipa all’ultima riunione del consi-glio di amministrazione del Banco Am-brosiano. Finita la riunione si affaccia dalla finestra del 4° piano del Banco e si “suicida” buttandosi di sotto. Con lei scompaiono i libri contabili della P2 che descrivevano dettagliatamente i rapporti tra Calvi e lo IOR di Marcin-kus...che non furono più ritrovati.

Corpo di Roberto Calvi “suicidatosi” impiccandosi sotto un ponte sul tamigi a Londra

appurò il transito nelle casse dello IOR di 108 miliardi di lire in certifica-ti del Tesoro destinati a quello che fu conosciuto come scandalo Eni-mont. In quell’occasione, in via del tutto eccezionale, lo IOR decise di rispondere ad una rogatoria richiesta dal pm Antonio Di Pietro che lavora-va allora nel pool di Mani pulite ed indagava sul caso. Tuttavia i magi-strati hanno poi denunciato che la banca vaticana aveva falsificato i documenti, nascondendo i conti di Giulio Andreotti e non trasmettendo la documentazione su molte altre posizioni. Successivamente, per far tornare i conti, ulteriore documenta-zione inviata venne ritenuta falsa. Da allora, questo risulta esser stato l’uni-co caso in cui lo IOR abbia risposto a rogatorie internazionali. Secondo il giornalista Peter Gomez, lo IOR risulta essere l’unica banca del mondo ad aver trasmesso informazioni false alla magistratura italiana. Alti prelati e di-rigenti dello IOR, tra cui il presidente Angelo Caloia, non poterono essere processati - e tanto meno arrestati - a causa dell’articolo 11 dei Patti Late-ranensi che recita: «Gli enti centrali della Chiesa Cattolica sono esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano».

OPERAZIONE SOFIA

Il giornalista Gianluigi Nuzzi nel suo libro sostiene che lo IOR fosse impe-gnato nella fondazione di un partito di centro destinato a sostituire la De-mocrazia Cristiana, crollata in seguito a Tangentopoli.

CASO FIORANI - BPI

Il 10 luglio 2007 uno dei “furbetti del quartierino”, Giampiero Fiorani, rivelò ai magistrati milanesi la presenza, nel-la BSI svizzera, di tre conti della Santa Sede da «due o tre miliardi di euro» e di aver versato in nero nelle casse dell’APSA (la Banca centrale vatica-na) oltre 15 milioni di euro.

CASO ANEMONE – GRANDI OPERE

Nell’inchiesta sulle “Grandi Ope-re” del 2010 sugli appalti del G8 a La Maddalena (nota anche come “Caso Anemone”), è stato accertato

che Angelo Balducci (ex presiden-te del Consiglio superiore dei lavori pubblici, arrestato per corruzione) avesse un conto presso lo IOR, dove - secondo i pubblici ministeri - avreb-be trasferito buona parte delle sue rendite. Nel 2006, interrogato dall’al-lora PM di Potenza Henry John Wo-odcock, aveva ammesso lui stesso l’esistenza di tale conto, usato per ripagare un debito da 380.000 euro contratto da monsignor Franco Ca-maldo, prelato d’onore e cerimonie-re del Papa, intermediario nell’ac-quisto di una villa dove avrebbe dovuto avere sede un nuova loggia massonica. Balducci aveva un con-to allo IOR in quanto “gentiluomo di Sua Santità” nonché “consultore” e “supervisore” del patrimonio della Propaganda Fide, la quale ha af-fittato decine di abitazioni a molti dei 412 personaggi inclusi nelle liste dell’imprenditore Diego Anemone.

I magistrati sospettano ulteriori col-legamenti con lo IOR a seguito di sequestri di documentazione con-tabile, in particolare a Angelo Zam-polini, intermediario della “cricca” di Anemone e Balducci nell’acquisto di un appartamento a Roma per l’ex ministro Claudio Scajola. Gli inqui-renti ritengono altresì che parte del denaro accumulato da alcuni degli indagati con le tangenti pagate da Anemone e da altri imprenditori si trovi depositato presso IOR.

L’Unità di informazioni finanziarie della Banca d’Italia ha appurato che tra i beneficiari dei bonifici tran-sitati su di un conto dello IOR presso la banca Intesa San Paolo c’è don Evaldo Biasini, economo della Con-gregazione dei Missionari del Pre-ziosissimo Sangue, coinvolto nell’in-chiesta e, secondo i pm perugini, custode dei fondi neri di Diego Ane-mone. I documenti dei magistrati di Perugia e la contabilità sequestrata a Don Evaldo Biasini svelano come i soldi tenuti da Don Bancomat per conto di Diego Anemone transitas-sero per i conti IOR della Congrega-zione del Preziosissimo Sangue.

OPERAZIONI DI RICICLAGGIO

per conto della MAFIA

Nel maggio 2010 la procura di Roma ha aperto un’indagine sui rapporti sospetti tra lo IOR e altre dieci banche, fra cui Unicredit, In-tesa San Paolo, Banca del Fucino. Le quotidiane operazioni da milioni di euro fra questi istituti e lo IOR sot-to forma di miriadi di assegni dagli estremi non chiari avevano destato già nel 2009 i sospetti dell’Unità di in-formazione finanziaria della Banca d’Italia. È stato accertato dai ma-gistrati che lo IOR utilizzava in modo cumulativo un conto aperto presso la filiale 204 della Banca di Roma in via della Conciliazione a Roma, ver-sandovi assegni da parte dei propri clienti senza dare alcuna comunica-zione in merito, violando così le nor-me antiriciclaggio (legge 173/1991 e D.Lgs 231/2007). Attraverso tale conto sarebbero transitati circa 180 milioni di euro tra il 2006 e il 2008, per poi interrompere le operazioni con l’integrazione della Banca di Roma nel gruppo Unicredit. I PM sospetta-no che le transazioni attraverso conti “schermati” intestati allo IOR celino in realtà operazioni per conto di so-cietà o singoli individui con residenza fiscale in Italia, volte all’occultamen-to di reati vari, dall’evasione fiscale alla truffa. La Guardia di Finanza ha inoltre accertato casi di beneficiari fittizi fra quelli comunicati agli inqui-renti. La magistratura italiana non ha però competenza ad indagare sullo IOR senza una rogatoria internazio-nale, a causa della sua natura for-malmente estera.

Il 20 settembre 2010 vengono se-questrati dalla procura di Roma (su segnalazione della Banca d’Italia) 23 milioni di euro depositati su un conto del Credito Artigiano Spa in-testato allo IOR, per operazioni ban-carie effettuate in violazione della normativa antiriciclaggio. Le ope-razioni incriminate sono trasferimenti ordinati dallo IOR di 20 milioni da un conto presso il Credito Valtellinese alla JP Morgan di Francoforte e di 3 milioni alla Banca del Fucino. Resta-no indagati il presidente dello IOR, Ettore Gotti Tedeschi, e il direttore generale Paolo Cipriani.

Nel frattempo sono venute alla luce anche altre due operazioni sospette, ovvero un prelievo in con-tanti da 600.000 euro, effettuato nell’ottobre 2009 dallo IOR per fina-lità non precisate su un conto Inte-sa San Paolo, e assegni per 300.000 euro incassati nel novembre dello stesso anno su un conto Unicredit. Dall’analisi degli inquirenti è risultato fittizio il nome del negoziante fornito dallo IOR, mentre la cifra proveniva in realtà da una banca di San Mari-no. Alcuni dei conti di transito presso le banche italiane utilizzati dallo IOR

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della Santa Sede”. Il riferimento del quotidiano francese è a diversi documenti confidenziali trasmessi dallo scorso gennaio alla stampa italiana e rivelanti lotte di potere interne e corruzione.

Gotti Tedeschi era stato chiama-to alla guida dello IOR nel 2009, e tra i suoi compiti c’,era quello di portare la banca al rispetto degli standard europei. Un compito che, leggendo la nota vaticana, non sembra essere stato completato.

Dulcis in fundo si è alzato anche un lembo di lenzuolo che collega lo IOR con la Mafia nel suo ruolo di riciclaggio del denaro “sporco” mafioso.

Il 28 Ottobre del 2010 il giornale La Repubblica pubblica una sto-ria che, per quanto interpelli la responsabilità penale dei singoli, conferma l’intuizione di “sistema” dell’inchiesta per riciclaggio che la procura di Roma stava condu-cendo sui rapporti tra IOR e istitu-ti di credito italiani e sulla natura delle loro operazioni. Un’inchiesta in cui questa vicenda catanese aveva trovato una prima generica “discovery” e che ha messo a ru-more le stanze vaticane e il torrio-ne di Niccolò V, dove hanno i loro uffici il presidente dello IOR, Ettore Gotti Tedeschi, e il suo direttore generale Paolo Cipriani, indagati a Roma per «omessa osservanza delle norme antiriciclaggio» (reato per il quale sono stati sequestrati 23 milioni di euro su un conto della Banca Vaticana presso il Credito Artigiano).

Ma torniamo a Catania... e al 2006, quando i protagonisti di que-sta storia - un sacerdote, suo pa-dre e lo zio - entrano nel cono di attenzione prima dell’UIF (Unità di intelligence finanziaria) di Banki-talia, quindi della procura distret-tuale Antimafia che ne raccoglie una segnalazione di operazione sospetta, e infine della Guardia di Finanza, delegata all’indagine.

I tre hanno un nome e una storia. Vincenzo Bonaccorsi, 59 anni, è uomo del “clan” siracusano dei “Nardo”. Nel luglio del 2000 è stato condan-nato per associazione mafiosa e, due anni dopo, con la conferma definitiva della sentenza, viene sottoposto a mi-sure di prevenzione che dovrebbero annullarne la capacità patrimoniale. Dovrebbero. Perché Vincenzo ha un fratello, Antonino, con cui condivide proprietà fondiarie e interessi. Ma, so-prattutto, ha un nipote: “padre” Ora-zio, 35 anni, che di Antonino è il figlio e studia a Roma all’Università Gregoria-na. Ebbene, nel 2006 Vincenzo e An-tonino combinano una truffa ai danni della Regione Sicilia. Un finanziamen-to di 600 mila euro, grattati dai Fondi strutturali europei, per la realizzazione di «un allevamento di trote» e di «una pesca sportiva» che, naturalmente, non hanno visto neppure la posa di un mattone.

Il 3 gennaio 2006, una prima tranche di quel finanziamento, 300mila euro, viene accreditata dalla Regione sul conto 1511 della filiale di Catania del-la Banca Popolare di Novara, intesta-to ad Antonino Bonaccorsi. Quindici giorni dopo, da quel conto, 250mila euro vengono bonificati alla filiale nu-mero 15 della Bnl di Roma, dove “pa-dre Orazio” ha un conto personale, il 12138. Nella causale del bonifico, si legge «beneficenza».

Bankitalia non deve credere troppo alle opere di bene di Antonino. Se-gnala l’ operazione come sospetta alla procura e per “padre” Orazio co-minciano i guai. Il sacerdote trasforma infatti una parte di quei 250 mila euro di “carità cristiana” in un assegno Bnl girato a sé stesso di 245 mila euro (ri-tagliando per sé, e Dio solo sa perché, visto che si parla di “beneficenza”, un obolo di 5 mila). Quindi, con quell’as-segno in mano entra nell’allora “Ban-ca di Roma”, dove lo IOR ha uno dei suoi conti («il 2838150») e su cui ha la delega ad operare. E lo versa, riba-dendone la causale: “beneficenza”. Il gioco è fatto.

Quel denaro, ora che è nelle casse

nei recenti scandali legati al riciclag-gio sono attivi dai tempi del Banco Ambrosiano.

A seguito di questi eventi, il Papa ha comunicato il 30 dicembre 2010 che verrà finalmente data applicazione alla convenzione monetaria firmata con l’Unione europea il 17 dicembre 2009, attraverso l’adozione di leggi antiriciclaggio che entreranno in vi-gore il 1º aprile 2011.

Tuttavia “l’emanazione di tale nor-mativa”, come successivamente rappresentato in una comunicazione della Banca d’Italia, “di per sé, non modifica il regime applicabile allo IOR quale banca insediata in uno stato extracomunitario a regime an-tiriciclaggio non equivalente”.

Nel Marzo 2012 la procura di Roma ha avviato una rogatoria internazio-nale per conoscere i movimenti di denaro del conto corrente dello IOR presso la Jp Morgan di Francoforte (http://www.atlasweb.it/2012/05/25/vaticano-licenziato-il-presidente-dello-ior-stampa-europea-impieto-sa-579.html).

Con un freddo e implacabile comu-nicato diffuso dai media vaticani, al direttore dell’Istituto per le opere di religione, lo IOR, è stato dato il ben servito dal Consiglio di sovrintenden-za dello stesso istituto.

“Nella sede di riunione ordinaria di questo Consiglio di Sovrintendenza dell’Istituto per le Opere di Religione, il 24 Maggio 2012, alle ore 14, questo Consiglio ha adottato una mozione di sfiducia del Presidente Ettore Gotti Tedeschi e ha raccomandato la ces-sazione del suo mandato quale Presi-dente e membro del Consiglio” dice la nota.

“I membri del Consiglio – prosegue – sono rattristati per gli avvenimenti che hanno condotto al voto di sfidu-cia, ma considerano che quest’azio-ne sia importante per mantenere la vitalità dell’Istituto. Il Consiglio adesso guarda avanti, al processo di ricerca di un nuovo ed eccellente Presiden-te, che aiuterà l’Istituto a ripristinare efficaci ed ampie relazioni fra l’Istitu-to e la comunità finanziaria, basate sul mutuo rispetto di standard banca-ri internazionalmente accettati”.

A ricamare sugli ultimi sviluppi della travagliata vita della banca vatica-na sono stati molti media europei. Nel suo sito internet, la Bbc ha ricordato che Gotti Tedeschi nel 2010 era fini-to in un’inchiesta della magistratura italiana sul riciclaggio di denaro e ha anche ricordato lo scandalo del Ban-co Ambrosiano, circondato da morti ancora misteriose e da perdite milio-narie.

Poco tenero anche Le Monde, se-condo cui il licenziamento di Gotti Tedeschi avviene in “un clima avve-lenato in seno all’amministrazione

Antonio Bonaccorsi - Olio su Tela eseguito da Paolo Leonardi

dello IOR, non ha più né un padre, né un figlio. «Tutto può essere confuso», per dirla con le parole del procura-tore di Catania Vincenzo D’ Agata. E Antonino può tornare in scena. La Finanza accerta infatti che, grazie ai codici di “home banking” del con-to Ior che ha avuto dal figlio Orazio, tra febbraio e ottobre 2006, dei 245 mila euro arrivati, Antonino ne fa ri-partire 225 (la differenza di 20 mila che rimane sul conto è forse davve-ro l’ unica “opera di beneficenza” in questa storia) con «nove bonifici» telematici verso il suo conto della fi-liale di Catania della banca Popo-lare di Novara, casella di partenza di questo di giro dell’oca. Qualche tempo dopo Vincenzo, il mafioso, passa allo sportello e preleva quel denaro in contanti. È la sua «stecca» nella truffa. Non sa che il Diavolo, questa volta, ci ha messo la coda.

Al Vaticano sono stati richiesti do-cumenti bancari e atti confiden-ziali che pescano direttamente nel passato più torbido della “banca di Dio”, quello degli scandali Sindona e Calvi, del crack del Banco Am-brosiano, dei miliardi di dubbia pro-venienza nascosti al fisco e spediti all’estero sotto la direzione di mon-signor Paul Marcinkus, presidente dello IOR dal 1971 al 1989, morto nel 2006. Ma nonostante i passi avan-ti nella trasparenza finanziaria fatti dalla Santa Sede, le rogatorie, cioè le richieste di collaborazione giudi-ziaria per eseguire atti processuali fuori dal territorio nazionale di com-petenza (tra Italia e Stato Vaticano,

in questo caso), rimbalzano da un ufficio all’altro tra le mura dello stato della Chiesa, senza risposta.

Un silenzio lungo ormai dieci anni che ha spinto il magistrato romano Luca Tescaroli, titolare dell’inchiesta su Calvi, a scrivere lo scorso 16 di-cembre al neoministro della Giustizia Paola Severino perché si attivi ufficial-mente nei confronti del governo del-la Chiesa e “solleciti l’evasione delle rogatorie”. Una “rogna diplomatica” per il governo italiano, stretto tra due necessità: mantenere i buoni rappor-ti stabiliti con il Vaticano ma anche mandare segnali concreti di contra-sto al riciclaggio e all’evasione fisca-le.

Che Cosa Nostra abbia nascosto una parte dei suoi capitali nello IOR e nel Banco Ambrosiano è una realtà giudiziaria assodata dalla Corte d’As-sise d’Appello di Roma, nella senten-za del 7 maggio 2010 di assoluzione con formula piena per Giuseppe “Pippo” Calò, Ernesto Diotallevi e Fla-vio Carboni, imputati per l’omicidio di Calvi. Scrive nell’occasione la Corte: “Cosa Nostra impiegava il Banco Am-brosiano e lo IOR come tramite per massicce operazioni di riciclaggio. Il fatto nuovo emerso è che avveniva-no quanto meno anche ad opera di Vito Ciancimino (ex sindaco mafioso di Palermo, morto nel 2002, ndr) ol-tre che di Giuseppe Calò”. Lo stesso Massimo Ciancimino, figlio di Vito, ha più volte raccontato di operazio-ni bancarie sospette e rapporti del padre con alti prelati dello IOR. Ecco quindi perché le tre rogatorie “mai

evase” assumono un ulteriore e nuo-vo interesse investigativo.

Con la prima, datata 28 novembre 2002, la procura chiedeva al Vati-cano di “verificare i flussi finanziari intercorsi nel periodo 1976-1982” tra lo IOR e una serie di banche italiane ed estere, come il Banco di Sicilia, la Sicilcassa di Palermo, il Banco Am-brosiano (sedi italiane ed estere), la Banca svizzera del Gottardo e la rete di società ad esse collegate in Perù, Argentina, Bahamas, Nicaragua, Lussemburgo e Venezuela. Non solo, si chiede di accertare se “nell’ana-grafe clienti dello IOR ci siano i nomi di persone coinvolte nelle indagini”, di individuare “quali fossero le socie-tà riconducibili allo IOR nel periodo 1975-1982”, “quali quelle interessate al rastrellamento di azioni del Ban-co Ambrosiano” e quali fossero “le operazioni riconducibili alla società Inecclesia (una finanziaria venezue-lana, ndr)”. In pratica, la Santa Sede dovrebbe accettare di aprire un cas-setto tenuto sigillato per trent’anni. E svelare la ragnatela di attività e di fi-nanziamenti dell’Istituto per le Opere di Religione, nascoste per anni dietro lo status di “soggetto autonomo in uno stato extracomunitario”, opaco al fisco e al di fuori delle normative in-ternazionali in materia bancaria.

Nella seconda rogatoria, del 23 gen-naio 2004, il magistrato italiano chie-deva di visionare i “telex riguardanti operazioni effettuate da Calvi sull’e-stero sfruttando le strutture materiali della Città del Vaticano”. Nell’ultima, la più recente, datata 20 novembre 2008, punta ad accertare se e quan-do le due lettere scritte a macchina da Calvi pochi giorni prima di morire e dirette a papa Giovanni Paolo II e al cardinale Pietro Palazzini, all’epo-ca prefetto della Santa Congregazio-ne delle cause dei Santi, siano state ricevute dai destinatari. Lettere dal contenuto contraddittorio e per al-cuni non autentico, nelle quali Calvi, spaventato e disperato, sentendosi “braccato” racconta nei dettagli al-cune operazioni finanziare “imbaraz-zanti” condotte sotto copertura per conto di alti prelati.

Le domande della procura roma-na fino ad oggi non hanno avuto risposta. Una mancanza di collabo-razione che potrebbe congelare la procedura avviata dal Vaticano per entrare nella “white list” degli stati “fi-nanziariamente virtuosi”, cominciata nel 2009 con la firma della conven-zione monetaria con l’Ue e che avrà a metà del 2012 un passaggio decisi-vo con la presentazione al Consiglio d’Europa del rapporto finale di un gruppo di esperti su come lo stato della Chiesa si è adeguato al sistema di antiriciclaggio vigente nell’Unione.

Con questo obiettivo il 30 dicembre del 2010, infatti, Papa Benedetto XVI ha promulgato la legge n.127, in vigo-re dall’aprile di quest’anno, che col-

ULTIMISSIME SUGLI SCANDALI DELLO IOR

Il 24 maggio del 2012 il presidente dello IOR “Gotti Tedeschi” è stato licenziato dal consiglio direttivo dell’istituto. La causa “ufficiale” è la poca TRASPARENZA con cui aveva condotto i suoi 2 anni di presidenza dello IOR. Dopo il primo momento di sbigottimento, in cui la notizia ha fatto il giro del mondo, lo stesso Gotti Tedeschi ha stupito (e continua a farlo) i “media” per la portata delle sue “dichiarazioni”. Sembra di assistere ad un Deja-vù, a storie che pensavamo ormai dimenticate e perse nella notte delle P2, degli omicidi/suicidi di Calvi e la sua segretaria. Qui di seguito si riportano i link ad “alcuni” articoli di questi ultimi giorni, ma se si vuole approfondire il web è una fonte inesauribile di informazioni (cliccare sui titoli in co-lore rosso). Lo stesso Tedeschi ha, qualche giorno fa, temuto per la sua stessa vita, paragonando il suo caso a quello di Calvi, e rifacendo le stesse cose che fece l’al-lora presidente del Banco Ambrosiano. Ha scritto una lettera al Papa prendendo le distanze da certe “scelte” e dando nomi e cognomi di personaggi eccellenti, ma ha rincarato la dose, scrivendo un suo “memoriale” ed affidandolo alla ma-gistratura, temendo per la sua stessa incolumità fisica, con la dicitura “se morirò almeno saprete perchè”. Ma cosa ci può essere di così compromettente nei conti segreti della Banca del Vaticano ? Dalle prime indiscrezioni: riciclaggio di denaro della Mafia, finanziamenti per operazioni illecite alle stesse “Forze Armate”, corru-zione di politici, faccendieri, passaggio di denaro di provenienza illecita su conti correnti di preti e suore, presenza di conti correnti “cifrati” per impedirne l’identi-ficazione del proprietario, promesse del Papa di eliminarli, mai eseguite, il ruolo svolto dallo IOR nel “buco” da 1,5 miliardi di euro dell’ospedale San Raffaele..ecc

Insomma....le “SOLITE COSE”... scene e fotogrammi di un film dal copione già visto.

Alle dichiarazioni di Gotti Tedeschi vanno aggiunte le “fughe di documenti” dei vari “CORVI” che stanno imperversando nei quotidiani di tutto il mondo.

Espresso 30/maggio 2012 - Il MATTINO 5/giugno 2012 -Il Fatto & Diritto 7/giugno 2012 - Corriere della sera 9/giugno 2012 - Il Fatto Quotidiano 12/giugno 2012 - LA STAMPA 13/giugno 2012

88 R u n a B i a n c a - G i u g n o - 2 0 1 2

pisce il riciclaggio del denaro spor-co e il finanziamento del terrorismo. All’articolo 41 si legge che la neona-ta Autorità di informazione finanzia-ria pontificia “scambia informazioni in materia di operazioni sospette e collabora con le autorità degli Stati esteri che perseguono le medesime finalità di prevenzione e contrasto del riciclaggio”. Per ora, a quanto pare, solo a parole.

CONCLUSIONE

Dopo tutti questi dati occorre tirare alcune somme e rivedere certe cer-tezze.

- 1- La chiesa fondata da Cristo ha avuto la sua massima forza 100/150 anni dopo la sua morte ( fase di espansione).

2 - Questa espansione fu notata dai capi dell’impero romano che la vide-ro come una minaccia al loro stesso ordinamento giuridico che vedeva nell’Imperatore l’unico Dio da adora-re e ne decretarono la sua elimina-zione.

3 - Questa eliminazione (persecuzio-ne) è stata praticata con metodo e determinazione riuscendo dopo oltre 100 anni, sotto il regno di Dioclezia-no a raggiungere il suo obiettivo. In quell’occasione furono coniate me-daglie ed incise su colonne comme-morative la frase NOMINE CHRISTIA-NO DELETO.

4 – A quasi 100 anni di distanza da questi fatti, emerge la figura di Co-stantino, che dopo 18 anni di lotte e di omicidi parentali, riesce a riunire in se stesso le cariche sia politiche che spirituali divendendo imperatore ro-mano. A Costantino che ha tanto fatto per arrivare a quella posizio-ne diede fastidio che nel SUO impero si adorassero tanti Dei al di fuori di lui.

Fonda quindi una religione che chiama “Cattolica” ( universale) che avesse LUI come Dio da adorare...e per questo costruì chiese e ordinò sa-cerdoti che gli celebrassero inni ed onori.

5 – Alla morte di Costantino tutte le chiese ed i suoi sacerdoti, si trovarono senza un “uomo- Dio” da ado-rare e senza sostegni economici. Per la parte finanziaria fecero un falso testamento dichiarando che quan-do Costantino era ancora in vita gli avrebbe donato metà dell’im-pero romano ( quello di occidente ). Per la parte “religiosa” si inventarono una nuova religione che avesse in un’altro “uomo-Dio” il suo culto. Per aumentarne i fedeli u t i l i z -zarono come riferimento sia la parte “esteriore” dei culti pagani esistenti ( nelle vesti, nei corpicapi, nei riti) ma anche quella delle date di celebra-zione (esempio il 25 dicembre). In questo modo molte persone con scarsa cultura poteva confondere i riti e i celebranti.

6 – Vennero effettuate dai “padri

fondatori” un’attenta selezione di tutti i documenti esistenti rife-rentesi alla figura di Cristo selezio-nando solo quelli che ne dessero una versione divina, relegando gli altri come “apocrifi”.

7 – Nei secoli nessun testo ci è ar-rivato nella sua edizione originale, ma è stato ricopiato più e più volte, dagli esponenti della chiesa Cattolica. In questa fase vi son sta-ti ampi rimaneggiamenti: eli-minazioni di passi ritenuti “scomodi” o aggiunte di altri per esigenze contingenti all’epoca in cui son sta-te fatte (es: chi è senza peccato....).

8 – In oltre 1700 anni tutti coloro che “osavano” esprimere “perplessità” o peggio “critiche” venivano eli-minati fisicamente in vari modi. ( cro-ciate, “santa inquisizione”, scomuni-che, persecuzioni, roghi, ecc).

9 – Nei secoli nella chiesa Cattoli-ca son convissuti due aspetti: quello spirituale e missionario di aiu-to agli indifesi e di propaganda del-la fede, e quello dove forti interessi economici hanno indotto ad accettare illeciti compromessi col potere o con organizzazioni malavi-tose o “deviate”.

10 – Negli ultimi 60 anni il “mezzo” con cui il Vaticano ha tessuto trame ed accordi con il peggio della società italiana ed internazionale è l’istituto dello IOR.

Pur essendo un’organizzazione “privata”, è costituita da un consi-glio composto da cardinali che ri-feriscono poi direttamente al Papa. Chi ha quindi ipotizzato che certi “loschi traffici” fossero solo frutto di iniziative “personali” di alcu-ni membri corrotti dal potere, deve anche giustificare come si possano perpetrare certe “manovre” (pub-blicizzate con scandali nei m e -dia di tutto il mondo) per decenni, senza che i “vertici” non ne fossero a conoscenza o avvallassero certe scelte moralmente discutibili.

Alla fine di questa lunga e sicura-mente carente trattazione, mi è ve-nuto un dubbio.

Lo stesso dubbio che spesso si in-contra quando una persona è ma-lata di una malattia grave ed incu-rabile ed i suoi parenti si pongono la legittima domanda se è il caso di NON far sapere la verità al malato e fargli vivere felici gli ultimi giorni della sua vita, o se piuttosto non sarebbe meglio non ingannarlo e dirgli TUTTA la verità.

Se dovessi scegliere, io sceglierei di SAPERE.

Penso che oggi si debba essere sufficientemente forti da preferire una verità scomoda ad una menzo-gna pietosa.