rrose sélavy

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magazine 10 maggio 2010 Rrose Sélavy PAOLO BRASCA PIERO PICCIONI

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magazine10maggio2010

Rrose Sélavy

PAOLOBRASCA

PIEROPICCIONI

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Voce registrata:Ieste parti. Mi sento meglio. Finalmente qualche relé ha fatto scattare il soccorso automatico. Tasto allarme e t

Voce registrata:Vi preghiamo di non fare nulla. Rimanete calmi e tranquilli, la vostra richiesta di aiuto è stata inviata al centro assistenza. Nell’attesa, se gradite un po’ di musica classica premete contemporaneamente i pulsanti allarme e 2, musica rock pulsanti allarme e 3, musica jazz pulsanti allarme e 4. Per il menu completo delle informazioni, pulsanti allarme e 5. Buona giornata. E su col morale.

È finita l’epoca del parlarsi guardandosi negli occhi. Voci registrate, bit al posto di globuli rossi e bianchi. E tutto questo gran premere tasti continuamente! Qualcuno, non ricordo chi – in epoca pretelefonino –, ha scritto un piacevole racconto su due segreterie telefoniche che comunicano, si fa per dire, tra loro. Telefona lui, lei non c’è, parte la voce della segreteria e dopo il bip lui lascia un messaggio. Lei torna a casa, vede la lucina lampeggiante, ascolta, chiama, dall’altra parte scatta la segreteria e dopo il bip lei lascia un messaggio: una risposta e un paio di domande. Il giorno dopo, lui ascolta la registrazione, chiama, ma lei è fuori, voce e altro messaggio. I differenti ritmi delle loro giornate non li fanno incontrare e allora si telefonano, ma per un motivo e l’altro non si “trovano”. Quindi, dialoghi registrati. Avanti così, per settimane, mesi, con messaggi più o meno lunghi dopo il segnale acustico. L’uomo e la donna, con il tempo, diventano solo “prestatori di voce”, come dei doppiatori. I sentimenti stanno dentro le segreterie telefoniche, sono loro a diventare soggetti sensibili, emotivi, sono loro a scambiarsi parole d’amore, nostalgie, dubbi, voglie, arrabbiature, tenerezze. Se non mi tirarono fuori da ‘sto coso comincio a parlare con la pulsantiera, e non è che sia proprio il mio ideale di pulsantiera, la tipa! Mah! Sentiamo cosa passa il convento.

Preme due pulsanti contemporaneamente.

Pulsanti allarme e 5, per il menu completo.

Voce registrata::Menu principale per l’utente in difficoltà. Se conoscete già la procedura per la scelta dello stile musicale e volete passare ad altre note... (risatina compiaciuta), premere pulsanti allarme e 5+1.

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Fotografie di Paolo Brasca

Il percorso ironico, amaro e visionario di un correttore di bozze attraverso sei luoghi bui, dai quali voler uscire: il ventre materno, un ascensore, una galleria, un ospedale, se stesso, la società nel black out. Dopo la nascita (che è un desiderio di fuga) troviamo il personaggio bloccato dentro un ascensore. Qui dialoga con una voce registrata e con un soccorritore. Poi il personaggio, fermo dentro una galleria, viene coinvolto in un incidente stradale. In ospedale non lo ingessano (aspetti surreali dei metodi di cura attraverso la forza di volontà). Il personaggio si “chiude in se stesso”, ma scopre il vuoto che ha dentro e l’impossibilità di fare a meno degli altri. Infine c’è il black out. La società è al collasso. Qualcuno vuole però “ricominciare” producendo di nuovo il fuoco (la luce) con lo sfregamento di un bastoncino. Ma non il personaggio, che invece vuole “spegnersi”. È una socie-tà senza più memoria, e quindi senza speranze, simbolicamente rappresentata da un dvd, trovato dal perso-naggio, che non possiamo più far funzionare. Nota dell’autore

È la grande lezione del ‘900: Pirandello, Jonesco, Beckett intaccano la coerenza del teatro borghese, dilatano i tempi, scarnificano scene e dialoghi, prosciugano i temi della sua Storia: la famiglia, il focolare domestico, la coppia, il lavoro, l’onore... Resta la solitudine dell’individuo, un “signor tal dei tali”, di professione correttore di bozze: il moderno homo sapiens ci fa balenare il sospetto che la nostra sia una vita da doppiatori, da prestatori di voce, in cui non ci tocca altro che qualche giochetto di parole o qualche correzione a margine di un testo scritto da altri. Chi siano poi questi altri, dove siano andati a finire, non si sa e forse non importa. Ne avvertiamo la presenza nell’aria, tutta piena di “onde radio”: come una postmoderna Provvidenza che, a piacere, possiamo immaginare sollecita o minacciosa o addirittura indifferente – una superstizione collettiva, l’attesa di Qualcuno che di colpo rimetterà a posto le cose. Insomma, quanto più il mondo è organizzato dalle televisioni e dai computer, tanto più il Caso è padrone assoluto della nostra vita. Siamo informatissimi sui rischi di qualsiasi cosa, ma quando saliamo su un aereo o quando ci colleghiamo alle borse telematiche non ci resta che sperare nella dea Fortuna: e se dall’altra parte dello schermo non ci fosse che un altro schermo e poi un altro, e così all’infinito? Chi è responsabile di qualcosa nel regno dei manuali delle istruzioni e dei contratti?I personaggi di Buio in sala sembrano dei pazzi superstiziosi, ma il mondo intorno a loro è altrettanto folle e si muove in preda a leggi inafferrabili. Sono prigionieri, ma più che vivere il proprio dramma lo commentano. Non si può fuggire da una vita di “eventi”: si premono pulsanti, si ripetono notizie come voci prive di senso, magari convinti che si tratti di una scelta. Troppo semplice, troppo complicato: meglio bastoncino... Bisognerebbe tornare a creare qualcosa, come i nostri antenati che sfregando due pietre attizzavano il fuoco… della civiltà, bisognerebbe fermarsi un po’, ritrovare gesti che ci appartengono. Bisognerebbe soprattutto rischiare qualche incontro con gente in carne ed ossa, sbagliando con le nostre mani e pensando con la nostra testa. Piero Feliciotti