Rosetta Zan Riferimento 5. Come intervenire · Rosetta Zan Materiale di studio 1. Introduzione 2....
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Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica: strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
Rosetta Zan
Materiale di studio
1. Introduzione
2. La diagnosi di atteggiamento
negativo nella pratica didattica
3. L' atteggiamento verso la matematica
nelle testimonianze degli allievi
6. Conclusioni
4. L'atteggiamento verso la matematica:
dalle testimonianze autobiografiche
a un modello teorico
5. Come intervenireRiferimento
a materiali PQM5.2 Sulla competenza
percepita
3.1 La visione della
matematica
3.2 La competenza
percepita
5.1 Sulla visione della
matematica
Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
Tematica: Il rapporto con la matematica che gli allievi costruiscono nel corso dell'esperienza
scolastica in genere si deteriora col passare del tempo, e spesso è caratterizzato da bruschi
peggioramenti nei momenti di passaggio da un livello di scuola al successivo. In particolare la
scuola secondaria di primo grado rappresenta un punto di snodo cruciale ed estremamente
delicato, compressa com'è fra l'esperienza della scuola primaria e la proiezione verso la scelta della
secondaria superiore. È proprio in questo snodo che per lo più si consolida un atteggiamento
negativo verso la matematica, che può degenerare in un rifiuto totale della disciplina, ma che
anche nei casi meno estremi ha conseguenze importanti sui comportamenti dell'allievo: uno scarso
coinvolgimento nelle attività proposte, un approccio allo studio della matematica non adeguato alle
caratteristiche della disciplina, la rinuncia a mettersi in gioco o addirittura a pensare. Questi
comportamenti sono spesso associati a emozioni negative, che si esasperano nei momenti in cui
l'allievo viene - o si sente - valutato: ansia, panico, rabbia, frustrazione.
L'insegnante percepisce questi problemi, ma non sa in genere come affrontarli: avverte infatti (o
addirittura sperimenta) l'inadeguatezza di interventi locali, che sembrano poter funzionare quando
si tratta di intervenire su conoscenze e abilità specifiche, ma che appaiono inefficaci su fenomeni
quali il rifiuto di confrontarsi con la matematica. Accade allora che la diagnosi di 'atteggiamento
negativo' diventi per l'insegnante una dichiarazione di resa, la constatazione dell'impossibilità di
agire con le strategie usuali, invece che una diagnosi su cui basare azioni didattiche mirate.
Finalità e obiettivi formativi: Questo materiale di studio intende fornire all'insegnante strumenti
teorici e didattici per far sì che la diagnosi di 'atteggiamento negativo' sia il risultato di un
consapevole processo di osservazione dei comportamenti dell'allievo, in grado di suggerire direzioni
per intervenire.
Il materiale è organizzato in due parti: nella prima, più teorica, si approfondisce il concetto
di atteggiamento a partire dai risultati di una ricerca condotta con più di 1600 allievi di
diversi ordini di scuola attraverso il tema autobiografico 'Io e la matematica', e vengono
presentati alcuni 'profili' di atteggiamento negativo, tipici delle storie di disagio e di
difficoltà; la seconda parte è dedicata alla proposta di strategie didattiche per la
prevenzione e l'intervento.
Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
1. Introduzione
In un precedente contributo dedicato all'errore in matematica1 abbiamo sottolineato l'importanza di
interpretare i comportamenti dell'allievo, in particolare gli errori che commette, per poter
pianificare azioni didattiche mirate. Nello stesso articolo abbiamo dedicato un paragrafo
all'atteggiamento verso la matematica, osservando che alla base di alcuni comportamenti perdenti
dell'allievo (quali la rinuncia a rispondere o il rispondere a caso) c'è spesso la percezione
dell'incontrollabilità della matematica, che può avere radici diverse: una particolare visione della
matematica (per cui la matematica appare di per sé incontrollabile), o un senso di inadeguatezza,
cioè la convinzione di non potercela fare.
Con questo materiale di studio intendiamo approfondire il tema dell'atteggiamento verso la
matematica, per fornire all'insegnante strumenti teorici e didattici in modo che la diagnosi di
atteggiamento negativo sia il risultato di un consapevole processo di osservazione e interpretazione
dei comportamenti dell'allievo, in grado di suggerire direzioni per sviluppare azioni didattiche
mirate.
Il materiale è organizzato in due parti: nella prima, più teorica, si approfondisce il concetto di
atteggiamento a partire dai risultati di una ricerca condotta con più di 1600 allievi di diversi ordini
di scuola attraverso il tema autobiografico 'Io e la matematica', e vengono presentati alcuni profili
di atteggiamento negativo, tipici delle storie di disagio e di difficoltà; la seconda parte è dedicata
alla proposta di strategie didattiche per la prevenzione e l'intervento.
2. La diagnosi di atteggiamento negativo nella pratica didattica
Non c'è dubbio che i casi in cui l'intervento tradizionale di recupero (basato sulla ripetizione degli
argomenti considerati essenziali per rispondere correttamente) mostra maggiormente i propri
limiti, sono quelli in cui la mancata produzione di risposte corrette è dovuta a un'apparente
sospensione di ragionamento. E' quello che succede quando l'allievo risponde a caso, o cerca di
indovinare la risposta che l'insegnante si aspetta: in questi casi l'allievo è il primo a non essere
convinto della risposta che ha dato, e quindi tale risposta (che peraltro può anche essere corretta)
non fornisce all'insegnante indicazioni per un'azione didattica mirata.
Questa rinuncia a mettersi in gioco o addirittura a pensare è spesso associata a un'apparente
assenza di motivazione e ad uno scarso coinvolgimento nelle attività proposte, o viceversa a un
forte coinvolgimento, ma in tal caso esclusivamente emotivo e associato a emozioni negative quali
paura, ansia, panico, rabbia, frustrazione (che si esasperano nei momenti in cui l'allievo viene - o si
sente - valutato): ed è in genere in tali casi che l'insegnante fa riferimento a un atteggiamento
negativo verso la matematica.
Ma tale diagnosi invece che essere la prima tappa di un percorso mirato di recupero rappresenta
piuttosto la dichiarazione di resa dell'insegnante, la constatazione del fallimento delle azioni
didattiche fino a quel momento messe in atto e della propria impotenza ad intervenire.
In effetti l'idea di atteggiamento che ispira in genere la diagnosi di atteggiamento negativo non è
abbastanza dettagliata e operativa per suggerire direzioni di intervento. E' quanto è emerso da uno
studio condotto all'interno di un progetto nazionale sull'atteggiamento2 che indagava su come gli
insegnanti effettuano e utilizzano tale diagnosi (Polo e Zan, 2006), attraverso un questionario
appositamente costruito (Fig. 1).
Le domande principali erano le seguenti:
1 L'errore in matematica: alcune riflessioni. Materiale di studio PQM (R. Zan). 2 Progetto triennale FIRB: L‟atteggiamento negativo verso la matematica: analisi di un fenomeno allarmante per la cultura del terzo millennio (coordinatore nazionale R. Zan).
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strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
1. Le capita di attribuire le difficoltà in matematica di uno studente al suo atteggiamento nei
confronti della disciplina?
2. Se sì, è una diagnosi che fa frequentemente o solo in pochi casi?
3. Cosa intende per atteggiamento negativo nei confronti della matematica?
4. Da cosa deduce che uno studente ha un atteggiamento negativo nei confronti della
matematica?
5. Ritiene sia possibile modificare l’atteggiamento di uno studente alla fine della scuola superiore?
6. Se sì, come? Se no, perché?
7. Lei si è mai posto esplicitamente l’obiettivo di modificare l’atteggiamento di un suo studente, o
di una classe intera?
8. Se sì, come ha cercato di raggiungerlo? Con quali risultati?
Fig. 1: Alcune domande dal questionario per insegnanti
Dopo un primo studio pilota il questionario è stato somministrato a 146 insegnanti di vari ordini
scolastici: 29 della primaria, 50 della secondaria di primo grado, 67 di scuola secondaria di secondo
grado.
Le risposte alle prime domande mettono in evidenza che la diagnosi di atteggiamento negativo per
spiegare le difficoltà di uno studente è frequente. In particolare la risposta alla prima domanda
registra un 94% di risposte affermative nella scuola secondaria di secondo grado, contro un 83%
nella scuola primaria e un 81% nella secondaria di secondo grado.
Dalle risposte alle domande aperte emergono aspetti ricorrenti nella caratterizzazione
dell’atteggiamento negativo, quali:
-scarsa autostima, scarso senso di auto-efficacia nel contesto della matematica;
-scarso interesse, poca curiosità, assenza di motivazione;
-visione della matematica come disciplina poco creativa, schematica.
Emerge anche che l'insegnante attribuisce le cause dell’atteggiamento negativo a caratteristiche e
comportamenti dell’allievo che percepisce come incontrollabili, e quindi percepisce come
incontrollabile anche la possibilità di intervenire per cambiare la situazione.
In definitiva c'è da parte dell'insegnante la consapevolezza che alcuni comportamenti degli allievi
non si possono spiegare facendo ricorso solo alle loro carenze a livello di conoscenze: in alcuni casi
il problema è più profondo, globale, trasversale. Ed è questa percezione che porta a una diagnosi di
atteggiamento negativo. Il problema didattico è rendere operativa questa diagnosi, cioè far sì che
suggerisca interventi mirati, invece che chiudere alla possibilità di recupero, limitandosi a sancire il
fallimento delle azioni didattiche fin qui attivate. Ma ancora prima è necessario renderla più
precisa, per farne il risultato di un'osservazione attenta e consapevole dell'allievo, invece che di
una generica percezione di fallimento e impotenza.
Alcuni suggerimenti espliciti su cosa intendere per 'atteggiamento' sono presenti nelle Indicazioni
nazionali per il curricolo per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo d'istruzione del 2007:
Di estrema importanza è lo sviluppo di un atteggiamento corretto verso la matematica,
inteso anche come una adeguata visione della disciplina, non ridotta a un insieme di regole
da memorizzare e applicare, ma riconosciuta e apprezzata come contesto per affrontare e
porsi problemi significativi e per esplorare e percepire affascinanti relazioni e strutture che si
ritrovano e ricorrono in natura e nelle creazioni dell’uomo.
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Il riferimento all'atteggiamento compare anche nei Traguardi per lo sviluppo delle competenze al
termine della scuola primaria:
L’alunno sviluppa un atteggiamento positivo rispetto alla matematica, anche grazie a
molte esperienze in contesti significativi, che gli hanno fatto intuire come gli strumenti
matematici che ha imparato siano utili per operare nella realtà.
e al termine della scuola secondaria di primo grado:
L’alunno ha rafforzato un atteggiamento positivo rispetto alla matematica e, attraverso
esperienze in contesti significativi, ha capito come gli strumenti matematici appresi siano
utili in molte situazioni per operare nella realtà.
L'idea di atteggiamento che emerge sia dalla pratica didattica che nelle indicazioni per il curricolo
appare quindi articolata, non ridotta ai soli aspetti emozionali, in particolare al semplice 'la
matematica mi piace / non mi piace'. D'altra parte anche la ricerca in educazione matematica ha
messo in evidenza che se gli aspetti emozionali sono in grado di spiegare alcuni fenomeni, sono
però insufficienti per suggerire interventi significativi. In particolare tali aspetti ci permettono di
capire le scelte cosiddette di 'evitamento', che portano uno studente a evitare di confrontarsi con la
matematica, ad esempio scegliendo una scuola superiore o addirittura un percorso universitario in
base all'assenza, o comunque al ruolo subordinato, della matematica. Ma un'idea di atteggiamento
verso la matematica che riduca l'atteggiamento negativo al semplice 'la matematica non mi piace'
appare troppo semplicistica per suggerire strategie di intervento, e più in generale per descrivere la
complessità del rapporto di un allievo con la matematica. In effetti gli studi che indagano sulla
correlazione fra il rendimento e l’atteggiamento positivo nei confronti della materia (inteso
semplicemente come 'la matematica mi piace') hanno dato risultati spesso contraddittori, e
comunque difficilmente interpretabili: ad esempio nei confronti internazionali gli studenti dei paesi
che hanno risultati migliori in matematica non sono necessariamente quelli cui la matematica piace
di più.
Nel prossimo paragrafo approfondiamo quindi il concetto di atteggiamento (negativo) verso la
matematica, proponendone una caratterizzazione che tenga conto della complessità del processo di
insegnamento e apprendimento della disciplina, e che possa dirigere i processi di osservazione,
interpretazione e intervento dell'insegnante.
3. L' atteggiamento verso la matematica nelle testimonianze degli allievi
Come abbiamo visto il concetto di atteggiamento è strettamente legato al rapporto con la
matematica che l'allievo costruisce. Per avere indicazioni didattiche sulla prevenzione e il recupero
è importante allora capire quali sono i fattori che entrano in gioco nella costruzione di tale
rapporto, e quali possono essere le cause del suo deterioramento.
In una ricerca iniziata molti anni fa e tuttora in corso (Di Martino e Zan, 2005, 2010) ci siamo posti
proprio l’obiettivo di indagare sul rapporto che gli allievi hanno con la matematica in prospettiva
evolutiva, con attenzione cioè a come tale rapporto evolve nel corso dell’esperienza scolastica.
Abbiamo utilizzato come strumento di indagine il tema autobiografico, nella seguente
formulazione:
'Io e la matematica: il mio rapporto con la matematica (dalle elementari ad oggi).'
A oggi abbiamo raccolto più di 1600 temi, così distribuiti3:
- 874 di scuola primaria
- 370 di scuola secondaria di primo grado
- 420 di scuola secondaria di secondo grado.
3 Le modalità di svolgimento del tema prevedevano che l’insegnante di matematica non fosse presente (in genere il tema era assegnato dall’insegnante di italiano o da un docente estraneo alla classe in ore di supplenza), e che il tema stesso fosse anonimo (a meno che l’allievo non decidesse altrimenti).
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Attraverso il tema autobiografico si chiede all'allievo di raccontare la propria storia con la
matematica, nella convinzione che gli allievi tenderanno ad esplicitare gli eventi e le osservazioni
relativi al passato che 'qui e ora' ritengono più importanti, ma soprattutto tenderanno a cucirli
introducendo nessi percepiti come causali, non in senso logico ma narrativo4.
Siamo ben consapevoli del fatto che le testimonianze così raccolte non costituiscono
necessariamente un resoconto fedele dell’esperienza scolastica con la disciplina, ma questo non è
un limite, dato che non siamo interessati a ricostruire un’improbabile versione oggettiva dei fatti
che hanno caratterizzato tale esperienza, bensì a comprendere come l'allievo la interpreta.
Dai racconti degli allievi emerge con forza l'importanza che rivestono le emozioni nella
descrizione del rapporto con la matematica. Molti temi iniziano o si concludono proprio con
l'espressione: La matematica mi piace / non mi piace, e il riferimento alle emozioni negative può
arrivare fino al rifiuto totale della disciplina, accompagnato da emozioni forti quali paura, ansia,
panico, rabbia, frustrazione, odio.
È la materia più difficile tra quelle che per ora sto studiando, forse perché la spiegazione che
ci viene fatta non è abbastanza, ma credo che anche se fosse spiegata meglio io non la
capirei ugualmente perché la odio, è come il mio peggior nemico e anche se cerco di
cambiare giudizio rimarrà ugualmente odiosa. [3SP.465]
Con la matematica non ho un rapporto bellissimo, ma, questo non significa che io non la
studi è che proprio quando sento il nome, anche a vedere la prof., ho una paura tremenda,
e mi dimentico tutto. Forse, l‟unica paura che ho è la prof e non la matematica, il perché non
l‟ho mai capito. [3SP.38]
Ma la lettura dei temi porta ad individuare altri due motivi centrali che appaiono legati al motivo
ricorrente 'mi piace / non mi piace', in genere attraverso le motivazioni che l'allievo porta (la
matematica mi piace / non piace perché…'), e precisamente:
- la visione della matematica, sintetizzata dall'espressione 'la matematica è...';
- la percezione di successo in matematica, sintetizzata dall'espressione 'la matematica mi riesce /
non mi riesce'.
3.1 La visione della matematica
Dai temi emerge con chiarezza il legame fra le emozioni associate alla matematica e la visione
della disciplina, legame marcato da espressioni del tipo: 'La matematica mi piace / non mi piace
perché è…'.
Nelle storie che raccontano un cattivo rapporto con la matematica questa visione appare per lo più
epistemologicamente distorta, cioè ben lontana da quella condivisa dai matematici: la matematica
è vista spesso come insieme di regole da memorizzare e applicare a esercizi ripetitivi. Proprio
quella visione che le Indicazioni nazionali raccomandano di evitare, e che in educazione
matematica è chiamata visione strumentale (Skemp,1976):
Alle medie la matematica iniziò ad essere un po‟ più confusa, specialmente x la geometria
che con tutte le formule del perimetro, Area, circonferenza. diametro ecc., imparate
a memoria rendevano solo la vita più complicata. Forse ci sono troppi teoremi e troppe cose
x dei ragazzi delle medie che secondo me impararle a memoria è impossibile difatti ogni
volta che c‟era un compito in classe tutti avevano scritto o sul libro o sulla mano le formuline
del trapezio-parallelepipedo ecc. [3SS.31]
4 Bruner (2003, p. 16) descrive così la differenza fra la causalità tipica del pensiero logico e quella tipica del pensiero narrativo: 'La struttura di un‟argomentazione logica ben costruita è radicalmente diversa da quella di un racconto efficacemente impostato. […] Il termine «allora» riveste funzioni molto diverse nell‟enunciato logico “se X, allora Y” e nel testo narrativo “il re morì e allora morì anche la regina”. Nel primo caso esso allude a una ricerca delle condizioni universali di verità, nel secondo a probabili rapporti particolari fra due eventi: un dolore mortale, il suicidio o un delitto.' 5 In questo come nei successivi stralci la sigla indica la classe, il livello scolare (Primaria, Secondaria Inferiore, Secondaria
Superiore) e il numero seriale. I temi sono riportati nella forma originale.
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Io la matematica non è che non la capisco è che faccio confusione, perché è così piena di
regole e di teoremi che mi sembra quasi impossibile ricordarseli tutti uno per uno.
[2SS.20]
La visione della disciplina a volte emerge da una vera e propria descrizione esplicita (spesso
introdotta dall'espressione: 'la matematica è…'), ma più spesso si può inferire dalle convinzioni che
l'allievo ha riguardo al successo in matematica (le cosiddette teorie del successo), e dai fattori cui
attribuisce la causa del proprio fallimento (le cosiddette attribuzioni di fallimento). Una visione
strumentale è ad esempio associata in genere a teorie del successo e attribuzioni di fallimento che
enfatizzano il ruolo della memoria:
La geometria non mi è mai piaciuta e come temevo anche questa è diventata più difficile di
prima e brutta, bisogna ricordarsi tutti i tipi di angoli, i nomi e le posizioni delle rette, i
nomi dei segmenti e come si fa a farli e gli angoli vengono chiamati con lettere greche che si
chiamano ma soprattutto si scrivono in modo stranissimo. [1SP.114]
Oltre ad essere difficile e molto stancante ti confonde le idee perché devi studiare molte
cose: regole; formule; tabelline e imparare a memoria dei passaggi. [3SP.6]
Per prima cosa voglio dire che la materia in questione non è affatto una materia semplice,
infatti bisogna memorizzare e saper applicare numerosissime regole e passaggi. [2SS.89]
La visione strumentale è contrapposta alla visione relazionale, secondo la quale la matematica è
caratterizzata da relazioni ed anche l’applicazione di formule prevede la comprensione del perché
tali regole funzionano. La visione relazionale è associata a teorie del successo che enfatizzano il
ruolo del ragionamento, piuttosto che quello della memoria:
Questa importante materia è a pari merito con l‟italiano perché amo ragionare, amo
risolvere i problemi (non solo quelli di scuola). (…) Soprattutto la geometria mi affascina, le
rette infinite, i punti senza dimensioni...so tutto su di essa. [1SP.64]
Mi piace la matematica perché sono un tipo che usa la logica. La matematica sembra
complicata, ma secondo me è molto semplice perché c‟è un unica soluzione e tanti modi per
arrivarci, semplici o complessi, mentre in altre materie, tipo grammatica, una parola può
avere due significati, come principi e bisogna ricordare tutto a memoria, mentre in
matematica, ragionandoci, si può arrivare al risultato senza aver studiato niente.
[1SP.111]
La matematica è una materia che la capisci e la apprezzi, o non la capisci e quindi la odi. (…)
Come materia non è pesante e poi da studiare è solo qualche regola e formula e poi è tutto
un ragionamento nel quale devi collegare tutto ciò che sai per arrivare ad un risultato
preciso. [3SP.67]
A modi diversi di vedere la matematica corrispondono anche modi diversi di interpretare la parola
capire. In una visione relazionale significa comprendere perché le cose funzionano in un certo
modo, mentre in una visione strumentale significa semplicemente sapere che le cose funzionano in
tal modo:
Non basta studiarla, come può bastare a storia o italiano, ma bisogna anche capirla. Le
nozioni di matematica non devono essere imparate meccanicamente, cioè, degli argomenti
devi conoscere il perché. Non si può procedere nello studio della matematica
memorizzando gli argomenti. [4S.9]
Alle medie con il professor M. era la stessa cosa andavo male nonostante lui spiegasse bene,
ero io che non riuscivo a capire il meccanismo. Quando mi chiamava alla lavagna non
riuscivo a svolgere quelle maledette espressioni che faceva fare, io non capisco a cosa
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servono. (…) Ora sono in seconda e con la professoressa ho frequentato il corso di recupero
e ho partecipato alle lezioni ed un po’ ho capito però dopo mi dimentico il meccanismo.
[2SS.53]
Questa differenza può generare difficoltà di comunicazione fra un insegnante con visione
relazionale e un allievo con visione strumentale: quando l'insegnante chiede 'Hai capito?', intende
dire 'Hai capito perché si fa così?', ma l'allievo che risponde 'Ho capito!'' intende in genere dire che
ha capito come si fa.
Un aspetto interessante che emerge dai temi è che la visione relazionale della matematica si
accompagna in genere a emozioni positive.
I pochi temi in cui una visione relazionale appare invece associata a emozioni negative mettono in
evidenza che tali emozioni sono in realtà legate a una percezione di scarsa competenza da parte
dell'allievo:
Dopo dodici anni di scuola, ho instaurato un mio spirito critico verso le materie che ho
dovuto affrontare. Più o meno nelle materie dove è necessario studiare direttamente senza
eccessivi sforzi come possono essere quelle mnemoniche, non ho mai avuto eccessivi
problemi, mentre nelle materie dove oltre che lo studio, bisogna capire la radice del
problema o dello studio stesso, ho sempre avuto bisogno di un tempo maggiore per il
ragionamento e la comprensione. La materia che rispecchia maggiormente queste
caratteristiche è la matematica con la quale ho sempre avuto un rapporto in cui si sono
alternate luci e ombre. [4S.2]
Una visione strumentale della matematica ne mortifica il valore formativo. L'utilità della
matematica come disciplina scolastica viene allora identificata con la sua immediata
spendibilità. Tale identificazione trova soddisfazione nei primissimi anni del percorso scolastico,
quando il bambino coglie in pieno la potenza dell'imparare a contare nella sua vita quotidiana, ma
si rivela presto un boomerang: già alla fine della scuola primaria la matematica viene descritta
come una materia completamente dissociata dalla realtà, in cui l'allievo non riesce a vedere un
senso.
PER ME LA MATEMATICA È UNA INFINITÀ DI NUMERI, SI CONTA FINO A MILIARDI DI
NUMERI. LA MIA FAMIGLIA È COMPOSTA DA 4 PERSONE E SE AGGIUNGO LA ZIA E LE DUE
NONNE DIVENTIAMO 7 PERSONE. IO HO IMPARATO A CONTARE FINO A 100. [1P.29]
La matematica non mi piace perché devi fare i conti e i Problemi. La matematica è noiosa
non serve perché tanto non è utile per chi sa già contare. La mia maestra quando ci
cade un quaderno e si fa un po‟ di rumore ci dà la punizione. [3P.26]
Le espressioni, nella vita, a cosa servono, la complicano e niente più un‟altra cosa inutile
della matematica sono i problemi perché probabilmente da adulto non li avrò mai. [1SP.30]
La “Matematica”…una parola tanto complessa quanto i suoi calcoli, i radicali, le espressioni e
soprattutto le rette, che per me sono solo delle righe e senza senso, e poi non capisco a
parte i calcoli semplici, come le somme, le divisioni e le moltiplicazioni, le altre
cose a che servono nella vita, se uno non decide di fare l‟insegnante o l‟ingegnere?
[4SS.14]
In una visione strumentale sfugge completamente il senso della razionalità e del linguaggio tipici
della matematica, che vengono vissuti quindi come un'inutile costrizione:
Ad essere sinceri, se io dovessi scegliere la mia materia scolastica preferita non sceglierei
certo la matematica! Per me è troppo complessa ed ha un linguaggio troppo “a simboli”.
[3SP.18]
Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
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In sostanza io non la capisco più, viviamo in due mondi diversi e non c‟è possibilità di
incontro. Magari dovrei ricominciare dalle tabelline ma mi sembra un po‟ tardi così faccio il
possibile ed aspiro al 6 anche se prima o poi ci picchierò contro e sarò costretto a capire
quell’assurdo linguaggio fatto di strani segnetti spiegati da frasi e dimostrazioni
complicatissime, mah speriamo bene io spero di cavarmela. [5SS.11]
Arrivo alle superiori con l‟insufficienza a matematica ma convinto di poter sfoggiare il mio
genio con i numeri. Primo argomento: la logica. Se A è vero e B è vero ma C è falso allora
è tutto falso se sono due vere e una falsa ma quella falsa è la prima allora è tutto vero; ma
perché non dicono tutti la verità e ci si risparmia un capitolo del libro? No, la
matematica non è un opinione, si deve fare tutto. Voto quattro. [2SS.110]
Quando la razionalità e il linguaggio tipici della matematica sono percepiti invece come strumento
potente di organizzazione della realtà, la matematica come disciplina scolastica recupera senso per
l'allievo, che ne avverte il valore formativo:
La matematica mi piace perché la vedo la materia più logica: le materie letterarie, come
italiano, tendono ad espandere il discorso ed andare a complicare la vita, mentre le materie
scientifiche sono l‟esatto contrario: dove è possibile si deve semplificare e prima si fa e
meglio è. La matematica è una disciplina che serve moltissimo a sviluppare la
capacità mentale. (…) Certe persone, che io stimo, hanno proprio la matematica nel
sangue, sanno tutto su questa materia e risolvono calcoli impensabili in un attimo. A me un
uomo che è capace a fare queste cose mi da l‟idea che riesce a semplificarsi tutto nella vita
proprio come fa con i numeri. [3SS.9]
Dai temi che raccontano un cattivo rapporto con la matematica emerge infine una visione della
matematica che non lascia spazio alla creatività, alla scoperta, al contributo personale; una
disciplina che chiede all'allievo di adeguarsi a norme già scritte, da applicare a situazioni ripetitive.
Da piccola, alle elementari, consideravo abbastanza noiosa questa materia che non
lasciava spazio per la fantasia, per l’iniziativa personale, ma obbligava a seguire
rigide, immutabili regole.
Non mi piaceva mettermi “nei panni” del commerciante, trovarmi alle prese con i suoi
“problemi”.
Preferivo di gran lunga l‟Italiano, che mi dava modo di esprimere i miei pensieri,
improvvisare storie, leggere poesie ... Oppure, studiando la storia e la geografia, sognare
popoli antichi, immaginare paesaggi lontani ... [2SS.136]
Posso constatare che forse questo mio allontanamento dalla materia in questione (la
matematica), sia dovuto al fatto che gli insegnanti che avevo alle scuole Elementari, e
soprattutto alle scuole medie, non erano in grado di spiegare con sufficiente metodo, non
dico impegno per carità, ma l’alunno era costretto a imparare e basta e dopo a
ripeterlo a pappagallo; quegli insegnanti non riuscivano forse a farci avere un contatto
diverso con quella disciplina, come quello che ho avuto in questa scuola con la matematica.
[3SS.8]
L'analisi dei temi evidenzia nella scuola secondaria di primo grado un momento
particolarmente critico per la visione della matematica: questo emerge sia dalle
testimonianze degli allievi di quel livello di scuola, sia dai ricordi degli studenti della scuola
superiore, che nel ripercorrere la propria storia con la matematica in genere raccontano con
particolari dettagli i momenti di passaggio.
E' soprattutto nella secondaria di primo grado che si costruisce una visione della matematica come
disciplina piena di regole da ricordare e quindi da applicare, come disciplina distante dalla realtà,
ripetitiva e poco creativa:
Il mio rapporto con la matematica è molto peggiorato perché bisogna ricordarci le
regole e come si svolgono gli esercizi. (…) La differenza che c‟è tra le scuole elementari e
Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
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adesso è tanta non so se dico così perché le maestre si potevano chiamarle per nome e
invece ora professoresse o professore. [2SP.8]
Secondo me in prima e seconda media non mi piaceva la matematica e non andavo
benissimo anche perché alle elementari non studi le regole a memoria mentre alle
medie cominci a studiare a memoria. [3SP.2]
Il mio rapporto con la matematica non è sempre stato infelice. Alla scuola elementare era
una delle poche materie che mi appassionasse, forse perché i problemi da risolvere erano
spesso molto pratici e lo scopo era chiaro. Non saprei dare una data precisa ma alla
scuola media inferiore sono iniziate le prime difficoltà, è cominciato un vero e proprio
“calvario” di sofferenze e delusioni. Le spiegazioni rimanevano solo numeri e formule sulla
lavagna che imparavo in modo meccanico ma quando si trattava di procedere ragionando
secondo una logica precisa mi perdevo e rinunciavo a capire, perché il fine di imparare
certe stramberie mi restava ignoto. Nella mia mente i contenuti restavano astratti e non
vi trovavo niente che potesse servirmi nella vita quotidiana, tanto che ritenevo inutile
imparare a memoria un sacco di concetti e basta, non mi sentivo arricchita studiando la
matematica e non cresceva in me la voglia di imparare per conoscere e approfondire una
materia così complessa e vasta. [5SS.22]
Come abbiamo osservato la visione della matematica nei temi emerge soprattutto dalle teorie del
successo. L'idea di successo in matematica che l'allievo costruisce nel corso dell'esperienza
scolastica è fortemente influenzata dal processo di valutazione, sia nelle sue forme esplicite (le
verifiche scritte, le interrogazioni), che nei messaggi impliciti passati dall'insegnante.
E' attraverso il processo di valutazione che l'allievo arriva a costruire le sue convinzioni sul ruolo
dell'errore in matematica, e sui tempi del fare matematica.
In particolare la valutazione ridotta alla richiesta di risposte corrette da dare in tempi brevi ha
come conseguenza importante che errore e tempo vengono visti come nemici, e non come risorse.
E' la valutazione l'origine della paura di sbagliare, che poi col tempo si generalizza a tutti i
momenti della matematica:
Quando iniziamo la lezione di matematica, e sappiamo di dover fare una verifica, mi
verrebbe da sparire e mi viene anche il mal di pancia e questo accade anche alle mie
amiche. [5P.100]
Quando devo fare un compito sono molto agitato per paura di sbagliarlo o per
prendere un brutto voto. (…). Alle elementari, la matematica mi piaceva di più perché si
facevano più giochi matematici, mentre oggi ci sono molte più verifiche. Tutto ciò è perché
ora siamo più grandi, siamo più bravi e siamo più intelligenti. [1SP.44]
e i vincoli di tempo rigidi della valutazione passano l'idea che la matematica si debba fare
velocemente, così contraddicendo nei fatti il messaggio 'In matematica bisogna riflettere!', che si
riduce a uno slogan privo di significato:
In seconda media ho cambiato l‟insegnante di matematica e da quel giorno ho iniziato ad
odiare la materia in modo viscerale. La professoressa ci dava quaranta minuti per fare un
compito ed io che sono un po’ lenta non riuscivo a finire tutti gli esercizi che erano
numerosi e difficili. Lei a chi non finiva tutto il compito, anche se su 10 esercizi ne aveva
fatti otto bene e due non riusciva a finirli dava automaticamente l‟insufficiente. Come se non
bastasse a chi prendeva l‟insufficiente diceva che era stupido e che non sarebbe mai riuscito
ad andare bene in quella materia. A causa di questo odio la matematica e mi sono convinta
che non mi riuscirà mai. [3SS.44]
Quando c‟è una verifica i miei compagni finiscono sempre prima di me e li vedo, uno a
uno, arrivare alla cattedra, ed io magari ho sempre un po’ a finire. Quando sono in
questa situazione mi viene quasi da piangere. Però mi sto accorgendo che piano piano anche
Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
io sto migliorando. Rimane il fatto che la matematica non mi piace, infatti per me è come un
muro grigio che non si può oltrepassare. [5P.74]
Più in generale la valutazione ridotta a risposte corrette da dare in tempi brevi mal si concilia con
un approccio relazionale alla matematica. D'altra parte attraverso la valutazione si passano agli
allievi messaggi cruciali su quello che veramente è importante in matematica, a prescindere dalle
dichiarazioni esplicite sull'importanza di ragionare:
Ora me la cavicchio, ma non perché riesco a ragionare sulle formule, ma perché le
applico e basta. Sono sicura che se dovessi fare un compito con dei “perché” sulle formule,
non sarei in grado nemmeno di scrivere una parola. Andando avanti per la mia strada, le
equazioni di primo grado, quelle di secondo grado e i radicali nel campo del turismo non
servono, ma queste cose le facciamo per imparare a ragionare giusto…? Ma se io le faccio
perché so le regole ma non le capisco, a cosa mi servono? Ci sono persone che passano la
loro vita a studiare la matematica, ma io mi chiedo come facciano. Se potessi, la matematica
sarebbe una materia che smetterei di studiare, visto che la odio. Penso che questo
“sentimento” dipenda dal fatto che il mio studio è stato sempre di tipo mnemonico,
meccanico senza la preoccupazione di capire veramente l‟esercizio che dovevo svolgere.
Colpa mia o degli insegnanti? [2SS.51]
3.2 La competenza percepita
Oltre alla visione della matematica l'altro motivo centrale che appare legato al motivo ricorrente
'mi piace / non mi piace' è la competenza percepita in matematica, sintetizzata dall'espressione 'la
matematica mi riesce / non mi riesce'.
In particolare la percezione di scarsa competenza che emerge da molti stralci è un motivo
ricorrente, insieme a una visione strumentale della matematica, nel motivare un rapporto negativo
con la matematica.
In alcuni temi addirittura l'espressione 'la matematica non mi piace' è usata quasi come sinonimo
dell'espressione 'la matematica non mi riesce':
Per me la matematica a volte è un po’ difficile altre di meno, perché le divisioni a tre cifre
sono un po‟ noiose e quasi sempre mi ci perdo dentro e non capisco più cosa bisogna fare.
Invece per le prove di verifica sui problemi, su le prove di logica mi piacciono di più e anche
le espressioni. [5P. 26]
Sin dalle elementari, mi ricordo quando la maestra ci faceva fare le numerazioni per 2, 3, 6,
9 fino a 800, 900 … le odiavo. Poi ho cambiato Scuola ed ho iniziato ad odiarla ancora di più
per le espressioni. Per non parlare delle medie ho cambiato 4 insegnanti in 3 anni di scuola e
quindi se prima non ci capivo niente adesso ci capisco proprio zero. [1SS.3]
La percezione di scarsa competenza, costruita attraverso esperienze fallimentari ripetute, diventa
con il tempo sempre più stabile, e porta alla rinuncia a investire risorse, che a sua volta porta
inesorabilmente al fallimento rafforzando la convinzione di non essere in grado di fare matematica.
Per me la matematica è come una palla al piede e solo che io sono la palla e sono pressato
da questa materia che per me è impegnativa. Non è che i miei dubbi sono due o tre ma se
mi danno mezzo problema lo risolvo per ¼ e anche nelle espressioni per me sono difficili.
Forse sono io che non capisco nulla e forse è questa la ragione, oppure è proprio difficile
la materia, non lo so cos‟è quando lo scoprirò sarà sempre troppo tardi. [1SP.107]
Spesso se non sempre mi sentivo frustrato, provavo invidia per i miei compagni soprattutto
tra i maschi, quando con disinvoltura riuscivano a svolgere i compiti in classe. Io li guardavo
e pensavo come fosse possibile che avessero già terminato il compito, mentre io fossi solo al
primo esercizio che non riuscivo neppure a concludere. Li guardavo e vedendo che ero
l‟ultimo o quasi a dover consegnare il compito mi agitavo e allora sì che la mente mi
sembrava più vuota che mai, con lo sguardo cercavo aiuti, non tanto per avere suggerimenti
Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
su come andassero svolti gli esercizi, perché non avrei capito ugualmente, ma per ottenere
un sostegno morale che in quel momento mi mancava più di ogni altra cosa. La maestra non
mi aiutava particolarmente rispetto agli altri, mi lasciava solo con il mio foglio bianco, non ho
mai capito perché si comportasse così. A distanza di anni penso che io mi sarei comportato
diversamente fossi stata in lei, forse sarei intervenuto adottando metodi particolari e non
avrei lasciato che le cose facessero il suo normale percorso. Con il passare degli anni infatti
la mia incapacità rispetto agli altri era maggiormente pronunciata e non sono più riuscito a
recuperarla. Forse la maestra si comportava così con me per non farmi sentire inferiore, ma
il fatto è che il mio scoraggiamento per la matematica, mi portava ad averlo anche nei
confronti di altre materie; mi reputavo inferiore qualunque cosa facessi. Alle scuole medie ho
perso del tutto la speranza di recuperare, le insufficienze fioccavano ed io ormai deluso non
studiavo neppure più, pensavo che la situazione non cambiasse più di tanto, anzi ciò
mi convinceva sempre più di essere stupido, invece non studiando potevo almeno
illudermi che forse non arrivavo a buoni risultati per una mancanza di applicazione. [5SS.23]
A volte il fallimento viene attribuito a fattori completamente incontrollabili, quali il non essere
portati. E' un'attribuzione che spesso viene rinforzata dal contesto famigliare o addirittura
scolastico (magari con contrapposizioni assurde fra l'andar bene in italiano e l'andar bene in
matematica).
Alla luce dei miei scarsi risultati mi chiedo perché, perché non farmela avere indigesta questa
matematica, dare una ragione ai tre e ai quattro. Su di me è stato commesso un errore
genetico, hanno incrociato le attitudini, non lo so cosa è successo ai miei cromosomi,
qualcuno ha sbagliato e io sono la sua vittima, io ci provo con la matematica, ma ottengo
poco o niente. Se fosse colpa di qualcuno e soprattutto conoscessi quel qualcuno la soluzione
sarebbe già risolta ma a quanto pare non è colpa di nessuno, l‟ho detto è un errore genetico,
e allora uno spera nella scienza, nei progressi che farà e chissà che a ottant‟anni mi tornino
le equazioni… [5SS.15]
Dalle testimonianze degli allievi emerge con forza l'influenza di comportamenti poco
incoraggianti dell'insegnante sia sulla convinzione di non poter riuscire che sulla motivazione; il
rifiuto per la materia che ne deriva a volte è così precoce, da pregiudicare l'esperienza futura:
Per me la matematica è solo una perdita di tempo perché una volta imparati i numeri si può
anche smettere, invece no, si continua e le lezioni incominciano a torturarti piano piano ed è
una sensazione bruttissima quando scrivo e non capisco, e mi sembra di scendere all‟inferno:
il sudore scende dalla testa ai piedi, divento tutto rosso e mi sembra di esplodere. Le lezioni
sono un supplizio e mi sembra che la maestra rida su di me e mi dica: Non lo sai fare!
Bene! Bene!... Ed io avrei voglia di strappare il quaderno ma prevedo sempre quello che mi
accadrebbe: la maestra urlerebbe: Piniii... Che cosa è questa schifezza! Ma il peggio è che
dopo la sgridata ho tutti i capelli ritti e mi vergogno davanti a tutte le altre maestre. [3P.28]
La maestra si stufò di dovermi seguire un po‟ di tempo in più rispetto agli altri e
incominciò a dirmi che io non ero fatto, portato per questa materia dandomi
dell‟ignorante e dell‟incapace e di essere un vero “asino” la mia reazione “ovviamente” fu
quella di un bambino alle prime prese con la maggior parte delle cose soprattutto per la
scuola e così io mi chiusi completamente con la materia e con la maestra che in tutte le sue
ore continuava a dirmi e considerarmi un arretrato irrecuperabile in materia sempre più
scarso facendomi perdere alcune delle basi della materia. [4SS.20]
4. L'atteggiamento verso la matematica: dalle testimonianze autobiografiche a un modello teorico
L'analisi dei temi che qui abbiamo solo accennato suggerisce una caratterizzazione di
atteggiamento verso la matematica strettamente legata all'esperienza degli allievi, così come essi
stessi la raccontano.
Si individuano infatti tre motivi centrali nel rapporto con la matematica, e precisamente:
Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
- la disposizione emozionale verso la matematica, sintetizzata dall'espressione 'la matematica
mi piace / non mi piace';
- la visione della matematica, sintetizzata dall'espressione 'la matematica è...'.
- la competenza percepita in matematica, sintetizzata dall'espressione 'la matematica mi riesce /
non mi riesce'.
L'aspetto di gran lunga più significativo dal punto di vista didattico, e che la lettura dei temi mette
in evidenza, è il legame profondo fra questi tre motivi.
Il legame più frequente è quello che è associato alla parola 'perché'; a partire dal motivo ricorrente
'mi piace / non mi piace', la motivazione ('mi piace / non mi piace perché...') porta ad uno degli
altri due motivi: la visione della matematica o la percezione del successo. La visione della
matematica inoltre è legata anche alla percezione di successo ('mi riesce / non mi riesce'): ad
esempio una visione strumentale, enfatizzando il ruolo delle regole e quindi della memoria, porta in
modo naturale alla percezione di non poter controllare la disciplina.
E' quindi a questi tre motivi centrali, che come abbiamo visto interagiscono profondamente, che
faremo riferimento per descrivere l'atteggiamento verso la matematica (Fig. 2).
DISPOSIZIONE
EMOZIONALE
COMPETENZA
PERCEPITA
VISIONE DELLA
MATEMATICA
Fig. 2: Modello per l'atteggiamento verso la matematica
La multidimensionalità dell'atteggiamento, in particolare il riferimento alla visione della
matematica, è in linea con l'uso del costrutto presente nelle Indicazioni nazionali, e organizza e
precisa le varie accezioni con cui esso è usato dagli insegnanti nella pratica didattica:
l'individuazione delle dimensioni rende più operativa la diagnosi di atteggiamento negativo, sia per
quanto riguarda l'osservazione che per l'intervento successivo, al tempo stesso rispettando la
complessità che emerge dalle testimonianze degli allievi. Tale complessità mostra come sia
riduttivo dal punto di vista didattico ridurre alla sola componente emozionale la diagnosi di
atteggiamento negativo: ci porterebbe a definire 'positivo' l'atteggiamento di un allievo che vede la
matematica come una disciplina fatta di regole da memorizzare e da applicare rigidamente, solo
perché la materia gli piace.
La presenza delle tre dimensioni suggerisce piuttosto di considerare differenti profili di
atteggiamenti negativi, a seconda della componente cui l'aggettivo 'negativo' fa riferimento. Nel
caso della visione della matematica, si intende per 'negativa' una visione distorta,
epistemologicamente scorretta; nel caso della competenza percepita, si intende per 'negativa' una
scarsa competenza percepita ('non sono capace', 'non ce la posso fare', 'sono negato'). Nello studio
che abbiamo condotto con i temi autobiografici questi profili sono tipici delle storie di difficoltà (Di
Martino e Zan, 2010).
5. Come intervenire
Nella pratica didattica una generica diagnosi di atteggiamento negativo nasce in genere in presenza
di difficoltà che non sono circoscritte a un singolo argomento, ma sembrano invece coinvolgere
l'intera esperienza con la matematica dell'allievo: la rinuncia a pensare e a mettersi in gioco (che
può degenerare in rinuncia a rispondere o nel dare risposte a caso), la scarsa partecipazione alle
attività proposte, la mancanza di motivazione ecc. Il primo passo in direzione di un intervento sarà
quello di affinare la diagnosi formulata a partire da tale osservazione preliminare andando ad
indagare sulla visione della matematica che ha l'allievo e sulla sua competenza percepita, oltre che
sulle emozioni associate alla disciplina. Questo tipo di indagine richiederà strumenti di osservazione
Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
in grado di rilevare e monitorare le convinzioni degli allievi nel contesto della matematica (Zan,
2007)6.
Una diagnosi di atteggiamento negativo articolata in base all'osservazione delle tre dimensioni
(visione della matematica, abilità percepita, disposizione emozionale) suggerisce interventi diretti a
modificare quella (o quelle) delle tre dimensioni che risulta essere negativa. Dalla ricerca sui temi
autobiografici è emerso che una disposizione emozionale negativa è sempre associata anche ad
una visione della matematica distorta o a una scarsa competenza percepita, e quindi l'intervento
didattico finalizzato a rimuovere un atteggiamento negativo non potrà in genere limitarsi agli
aspetti emozionali, in particolare avere come unico obiettivo quello di far piacere di più la
matematica7. Nel caso di un basso gradimento o addirittura di rifiuto associato a una visione
distorta l'intervento didattico dovrà cercare di scardinare tale visione a favore di una visione
epistemologicamente corretta. Nel caso di un basso gradimento associato a una percezione di
scarsa competenza l'intervento dovrà invece essere finalizzato a ricostruire nell'allievo la
convinzione di potercela fare.
Vediamo allora quali possono essere gli interventi adeguati per queste due tipologie di
atteggiamento negativo - visione distorta della matematica e scarsa competenza percepita - che
peraltro possono essere presenti nello stesso allievo, alimentandosi a vicenda: ad esempio
abbiamo osservato come una visione della matematica che la riduce a regole da memorizzare
enfatizzi il ruolo della memoria contribuendo alla percezione di non poter controllare la disciplina.
5.1 Come intervenire sulla visione della matematica
Come è emerso anche dall'indagine che abbiamo riportato, una visione distorta della matematica in
genere è caratterizzata da convinzioni sulla disciplina quali:
- la matematica è fatta da regole da memorizzare e applicare a situazioni ripetitive;
- la matematica è dissociata dalla realtà, i suoi problemi sono artificiosi e non si possono affrontare
con il linguaggio e la razionalità che invece permettono di risolvere i problemi reali tipici della vita
quotidiana;
- la matematica è una disciplina conclusa, morta, in cui tutto è già stato trovato e stabilito, che non
lascia spazio al contributo individuale; una disciplina normativa, che non permette all'allievo di
scoprire e meno che mai di inventare (come invece succede in altre discipline), ma gli può solo
chiedere di riprodurre ciò che è già conosciuto.
Come abbiamo visto dall'indagine sui temi, la visione della matematica che ha un allievo in genere
emerge dalle sue teorie del successo, cioè dalle sue convinzioni su cosa vuol dire andar bene in
matematica e cosa è necessario fare per andar bene.
Una visione distorta quale quella delineata sopra si riconosce da teorie del successo quali:
- per andar bene in matematica bisogna avere molta memoria;
- la risoluzione di un problema richiede l'applicazione di formule illustrate (recentemente) in classe;
- in caso di difficoltà, è inutile (quindi) perseverare nella ricerca di una soluzione: se sai le regole il
problema o l'esercizio lo risolvi; in caso contrario non puoi risolverlo, a prescindere dalla quantità di
tempo che hai a disposizione e dall'impegno che investi;
- per aver successo in matematica quel che importa sono le risposte corrette, a prescindere dai
processi che hanno portato a tali risposte.
In definitiva le teorie del successo associate a una visione distorta della matematica enfatizzano il
ruolo della memoria, privilegiano i prodotti (risposte corrette) rispetto ai processi (ragionamenti
6 Il tema autobiografico può essere utile per conoscere la storia dei nostri allievi. Si possono poi utilizzare frasi da completare, ad esempio: 'Secondo me la matematica a scuola si insegna perché....' oppure 'La matematica mi piacerebbe di più (di meno) se…', 'L'insegnante mi piacerebbe di più (di meno) se...'. Le domande aperte possono essere utilizzate per avere informazioni sulla visione della matematica (o di un particolare argomento) che l'allievo sta costruendo, ad esempio domande del tipo: 'Cosa ti è piaciuto di più? Cosa di meno? Perché? Cosa ti è risultato più facile? Cosa più difficile? Perché?', da porre ad esempio alla fine di un argomento. Se l’insegnante è convinto che la visione della matematica che l'allievo sta costruendo sia importante, queste domande diventeranno un’abitudine come quella di verificare costantemente il grado di acquisizione di conoscenze e abilità su uno specifico argomento. 7 Tra l'altro spesso si tende a pensare che aumentare il gradimento della matematica significhi ridurne la complessità, col
rischio di banalizzare le richieste e di favorire una visione strumentale.
Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
sensati), considerano quindi l'errore un indicatore di fallimento, e vedono nel tempo un vincolo
invece che una risorsa.
Per superare una visione distorta della matematica è necessario quindi mettere in crisi
queste convinzioni, attraverso attività mirate. La scelta di tali attività non dipende in questo caso
dai contenuti matematici in gioco, ma dalla loro efficacia nel creare conflitti con la visione della
matematica che ha l'allievo, cioè nel mettere in crisi le teorie del successo associate a tale visione.
Per far questo sarà necessario quindi privilegiare attività:
- che non si riducano alla richiesta di applicare formule;
- che permettano una varietà di approcci, di strategie e possibilmente di soluzioni;
- che forzino l'allievo a spostare l'attenzione dai prodotti a processi;
- che riescano a restituire 'senso' all'esperienza con la matematica, collegando l'uso delle
conoscenze, delle abilità matematiche, ma anche del linguaggio e della razionalità tipici della
matematica, a degli scopi chiari e condivisibili;
- che permettano all'allievo di 'scoprire' i concetti, le proprietà, i problemi che motivano da un lato
l'introduzione di definizioni, dall'altro la necessità di argomentazioni a sostegno delle proprietà
trovate;
- che valorizzino il ruolo dell'errore e del tempo nel fare matematica;
- in definitiva che siano adeguatamente complesse ma al tempo stesso permettano di comprendere
la consegna e di esplorare per cercare una soluzione.
Oltre agli aspetti matematici messi in gioco, la metodologia assume un ruolo fondamentale.
Strategie didattiche come il lavoro collaborativo (in gruppi eterogenei, se l'obiettivo è convincere gli
allievi che esistono diversi approcci e diverse strategie per affrontare un problema), la discussione
collettiva, la richiesta di 'verbalizzazione', cioè di descrivere i processi di pensiero attivati, hanno un
ruolo cruciale per forzare al confronto delle idee e quindi permettere la scoperta che ci possono
essere idee legittime diverse fra loro, per collegare l'uso di un linguaggio rigoroso a scopi
condivisibili (ad esempio quello di comunicare con i compagni).
Le caratteristiche della tipologia delle attività e della metodologia che abbiamo delineato forniscono
un ritratto della didattica laboratoriale, cioè una didattica che attraverso il laboratorio estende
all'apprendimento della matematica il modello di apprendistato la cui efficacia è riconosciuta in altri
contesti.
Il laboratorio di matematica viene così descritto nella Premessa a MATEMATICA 2003 (documento
alla cui stesura hanno collaborato l'Unione Matematica Italiana ed il Ministero dell'Istruzione,
dell'Università e della Ricerca):
Il laboratorio di matematica [...] si presenta come una serie di indicazioni metodologiche
trasversali, basate certamente sull'uso di strumenti, tecnologici e non, ma principalmente
finalizzate alla costruzione di significati matematici. [...]
Il laboratorio di matematica non è un luogo fisico diverso dalla classe, è piuttosto un insieme
strutturato di attività volte alla costruzione di significati degli oggetti matematici. Il
laboratorio, quindi, coinvolge persone (studenti e insegnanti), strutture (aule, strumenti,
organizzazione degli spazi e dei tempi), idee (progetti, piani di attività didattiche,
sperimentazioni).
L'ambiente del laboratorio è in qualche modo assimilabile a quello della bottega
rinascimentale, nella quale gli apprendisti imparavano facendo e vedendo fare, comunicando
fra loro e con gli esperti [MATEMATICA 2003, p. 23]
Perché si possa parlare davvero di laboratorio, osserva Giorgio Bolondi8, è necessario però fissare
alcune caratteristiche che il lavoro di laboratorio deve avere, altrimenti c'è il rischio che
'laboratorio' diventi semplicemente una parola magica che sembra promettere generici
cambiamenti ma cui non corrisponde un modello di lavoro in grado di dare indicazioni
all'insegnante. Bolondi sottolinea quindi l'importanza dei seguenti punti, che discute nel dettaglio:
8 Dalla valutazione all'intervento didattico e formativo. Materiale di studio PQM (G. Bolondi).
Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
1) In un laboratorio ci sono delle cose da comprendere: dati, fatti, situazioni da osservare,
studiare, riprodurre, sistemare.
2) Di conseguenza, in un laboratorio si parte dal problema, non dalla sua soluzione.
3) Non è possibile sapere a priori di cosa avremo bisogno per comprendere la nostra situazione.
4) In un laboratorio ben fatto, il lavoro non è mai individuale.
5) Nella lavoro di laboratorio non si riesce a tracciare una linea di demarcazione netta tra teoria e
pratica.
6) In laboratorio non si lavora a casaccio: tutto ciò che si fa ha un suo senso, anche gli errori, e
contribuisce a costruire il significato dell’insieme di conoscenze al cui interno si opera.
7) Per risolvere i problemi posti dalle situazioni concrete di laboratorio, l’intuizione si unisce al
rigore, la fantasia al metodo, l’inventiva al mestiere.
Ed è proprio questo tipo di lavoro, cioè una didattica di tipo laboratoriale, che fa da sfondo
metodologico alle attività PQM, a prescindere dai contenuti che trattano.
Tali attività sono quindi tutte utilizzabili oltre che per gli specifici obiettivi dichiarati, che fanno
riferimento ai contenuti matematici, anche per promuovere una visione 'epistemologicamente
corretta' della matematica, e per prevenire quindi o superare un atteggiamento negativo legato a
una visione distorta della disciplina.
Dato che in questo caso l'obiettivo dell'insegnante è diverso da quello indicato nelle singole
Attività, l'insegnante può stralciare da tali attività i segmenti che ritiene particolarmente adatti per
sradicare certe convinzioni sulla disciplina, enfatizzandone gli aspetti che ritiene più significativi.
Inoltre può modulare i tempi in modo diverso da quello proposto, adattandoli ai particolari obiettivi
che si pone.
Così per mettere in crisi la convinzione che in matematica c'è un unico approccio, un unico
procedimento, un'unica risposta corretta, sono particolarmente utili all'interno delle Attività PQM i
problemi che prevedono vari approcci, varie strategie risolutive, e varie soluzioni.
Solo a titolo di esempio citiamo i giochi proposti nell'attività La calcolatrice (B. Piochi, F. Brunelli, S.
Cotoneschi), che tra l'altro propongono un lavoro su conoscenze di base, quali sono quelle
aritmetiche. Anche se abbiamo insistito sul fatto che un intervento sull'atteggiamento non è legato
a contenuti specifici, va sottolineato che alla radice di una visione distorta della matematica c'è
spesso una conoscenza inadeguata proprio delle 'basi' della matematica. L’aritmetica infatti viene
presentata in genere come un insieme di fatti e di procedure, privilegiando cioè un approccio
strumentale ad uno relazionale. In particolare non si esplicitano i processi sottostanti certe
procedure e certe regole, e non si sottolinea che tali processi possono essere profondamente
diversi, motivando invece tutto genericamente e nello stesso modo. Non si esplicita che ci sono diversi perché: il perché 52
54 = 56 è diverso dal perché 50 = 1 e ancora diverso dal perché 4 + 2
3 = 10, mentre (4+2) 3 = 18. I vari tipi di perchè (definizioni, convenzioni, teoremi…) vengono
appiattiti in un'unica parola: regole!
Questo approccio favorisce una visione strumentale proprio delle basi della matematica, che
continuano ad essere viste come prodotti, quasi magici, e non come processi9.
Tra l'altro l'aritmetica, richiedendo pochi prerequisiti, ha un'enorme potenzialità di incuriosire e
divertire con problemi significativi gli studenti apparentemente meno attratti dalla matematica e
magari più fantasiosi.
Le attività che prevedono vari approcci, varie strategie risolutive, varie soluzioni, sono
particolarmente utili anche per mettere in crisi la convinzione che la matematica non dà
spazio alla creatività e al contributo personale: ad esempio fra le attività proposte in Scale e
mappe (S. Pozio), 'Architetto per un giorno' richiede di prendere decisioni su come arredare un
9 Un esempio tipico è quello della cosiddetta 'regola dei segni'. La regola (che si usa ‘recitare’ così: più per più = più; più per
meno = meno; meno per più = meno; meno per meno = più) è patrimonio di ogni adulto che abbia frequentato le scuole medie. Ma per molti (e fra questi ci sono anche insegnanti di matematica che non hanno avuto una formazione specifica di tipo disciplinare) è una formula quasi magica. Qualcuno l’accetta senza porsi problemi. Ma l’allievo che si chiede "Perché?" va incontro a frustrazioni: l’argomentazione che a scuola spesso viene presentata è del tipo ‘due negazioni affermano’ oppure ‘se mi giro due volte è come se non mi fossi girato’. Non si tratta di argomentazioni, ma di strategie per memorizzare, come quelle per ricordare la successione delle Alpi (Ma Con Gran Pena Le ReCa Giù…): non si può quindi chiedere ad un allievo di comprendere grazie a questa argomentazione.
Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
appartamento, a partire dalla pianta dello stesso e da una serie di mobili di cui sono date le
dimensioni.
Problemi che nella consegna esplicitamente richiedono di descrivere processi ('come puoi fare
per…?') piuttosto che prodotti ('quanti sono …?', 'qual è?') sono utili invece per scardinare la
convinzione che in matematica ci possono essere risposte corrette a prescindere dalla
consistenza dei processi di pensiero che le ispirano.
Di questo tipo sono le attività di costruzione proposte in Riga e compasso: strumenti dei Geometri
(R. Garuti): ad esempio il problema di 'stabilire a priori come disegnare il cerchio massimo in un
foglio A4' non solo prevede la possibilità di adottare diverse strategie (tentativi, misure, piegature
della carta), ma è anche formulato in modo tale da impedire risposte non sostenute da
ragionamenti.
Per quanto riguarda la convinzione che la matematica è dissociata dalla realtà, sono
moltissimi gli esempi che si possono stralciare dalle attività PQM. Per certi versi c'è un'area di
contenuti privilegiata, che è 'Misure, dati e previsioni', ma sono indicate in generale anche le
attività che richiedono all'allievo di prendere decisioni: un esempio - oltre alla già citata 'Architetto
per un giorno' - è l'attività 'A caccia di prezzi' proposta in Ordinamento dei numeri e retta numerica
(G. Mayer), in cui l'allievo a partire dall'analisi di volantini pubblicitari deve decidere dove conviene
andare a fare la spesa. Utili sono anche quelle attività in cui le caratteristiche del linguaggio e della
razionalità tipiche della matematica sono collegate a degli scopi condivisibili10, in particolare sono
finalizzate alla comprensione di fenomeni reali. Un esempio sono le attività proposte in Illusioni
ottiche (B. Piochi), dove la richiesta di smascherare il trucco e svelare l'illusione rende cruciali le
intuizioni, le conoscenze, gli strumenti tipici del disegno geometrico per riconoscere e dimostrare
che l'affidarsi unicamente alla percezione visiva può portare a conclusioni errate.
Una visione distorta della matematica si combatte infatti anche con attività che valorizzano i
processi tipici del fare matematica: porsi problemi, esplorare, scoprire, congetturare, argomentare.
Ad esempio le attività proposte in Altezze, mediane, bisettrici e assi: che cosa hanno di speciale?
(S. Pozio) intendono portare l'allievo alla scoperta delle proprietà significative di tali oggetti,
attraverso esplorazioni condotte anche con l'uso di software come Geogebra. E' tale scoperta che
da un lato motiva l'introduzione di definizioni (ad esempio: il baricentro), dall'altro introduce
all'importanza dell'argomentazione per sostenere una congettura.
L'uso della tecnologia, che arricchisce molte delle Attività PQM, ha anche delle potenzialità
importanti rispetto all'approccio all'errore: nel rapporto diretto allievo - macchina l'errore impedisce
all'allievo di raggiungere l'obiettivo che si era posto. Non ha più quindi il ruolo di indicatore di
fallimento (con conseguenze negative sulla valutazione e sulla paura di sbagliare che ne deriva),
ma più semplicemente di comportamento da scoprire, analizzare e modificare, per raggiungere lo
scopo prefissato.
5.2 Come intervenire sulla percezione di scarsa competenza
Si potrebbe obiettare che per superare una percezione di scarsa competenza è necessario (e
sufficiente) rendere l'allievo più competente, e quindi l'intervento dell'insegnante dovrebbe e
potrebbe limitarsi a colmare le lacune individuate. La realtà è molto più complessa. In particolare il
nostro obiettivo non è convincere l'allievo che la sua preparazione è adeguata, ma convincerlo che
è in grado di affrontare la matematica, e quindi aiutarlo a superare un blocco che lo porta a
rinunciare a priori a investire risorse. Il superamento di tale blocco sarà poi un punto di partenza
per un eventuale percorso finalizzato al recupero delle conoscenze.
La didattica laboratoriale è una strategia potentissima anche per ricostruire negli allievi
la convinzione di potercela fare, cioè per cercare di sradicare un atteggiamento negativo
associato a una percezione di scarsa competenza.
Dal punto di vista metodologico i tempi più distesi, l'attenzione sul compito più che sulla
prestazione, il lavoro collaborativo, sono tutti elementi che favoriscono un contesto di
10 Sull'importanza di collegare le caratteristiche del linguaggio (matematico) al suo uso per scopi condivisi suggerisco il testo di
Pier Luigi Ferrari (2005): Matematica e linguaggio. Quadro teorico e idee per la didattica.
Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
apprendimento sereno e quindi il coinvolgimento dell'allievo che si sente inadeguato. Il lavoro a
gruppi in questo caso può essere a gruppi omogenei, o addirittura a coppie, per forzare
inizialmente gli allievi a partecipare e ad assumersi la responsabilità di quello che dicono e fanno.
Dal punto di vista delle attività appaiono particolarmente indicate quelle che richiedono pochi
prerequisiti, in modo da non bloccare a priori l'investimento di risorse di chi è convinto di non avere
una preparazione adeguata. L'indicazione dei prerequisiti che accompagna le schede PQM è quindi
un elemento da tener presente per la scelta delle attività da proporre. Anche sotto questo aspetto
l'area 'Misure, dati e previsioni' ha molte potenzialità - si veda ad esempio Dai dati alle tabelle,
prime rappresentazioni (G. Mayer, S. Pozio) - visto che in genere non richiede prerequisiti specifici.
Dal punto di vista dei contenuti, anche in questo caso - seppure per motivi diversi - ha un ruolo
particolare l'aritmetica, perché l'allievo che si sente inadeguato spesso ha la percezione di
non avere le basi necessarie, e generalizza questa percezione a un globale senso di
inadeguatezza in matematica (con la complicità spesso degli adulti, che drammatizzano il ruolo
delle carenze di base presentandole come immodificabili):
Le persone „portate‟ hanno una base su cui appoggiarsi.
Le persone „negate‟ hanno una base che però è pericolosa può cadere da un momento
all‟altro. [1SS.51]
Tra l'altro a volte gli allievi che si sentono incapaci di far matematica hanno avuto - avrebbero - un
primo approccio alla disciplina (e quindi all'aritmetica) di tipo relazionale, approccio frustrato però
da un insegnamento strumentale. Ritornando all'esempio della regola dei segni, se l'insegnante
fornisce 'spiegazioni' tipo quelle che abbiamo descritto in precedenza („due negazioni affermano‟
oppure „se mi giro due volte è come se non mi fossi girato‟) gli allievi più fiduciosi nelle proprie
capacità probabilmente cercheranno altrove una risposta, o comunque riusciranno a prescindere da
una motivazione che non li convince; invece l'allievo insicuro si convincerà ancora di più di non
essere in grado di capire.
Più in generale questo mette in discussione l'opportunità della scelta di calare le richieste -
riducendo l'attività matematica alla memorizzazione di alcune regole e all'esecuzione di esercizi
ripetitivi - per 'aiutare' gli allievi in difficoltà. E' un aiuto apparente, efficace solo nell'immediato,
locale e a breve respiro, e in questo modo a mio parere si perdono tanti studenti che in definitiva
hanno verso la matematica un atteggiamento più positivo (perché più attento e più critico) di quelli
che si adattano a qualsiasi regola del gioco purché dettata dall’insegnante:
Penso che il mio rapporto con la matematica sia stato sempre 'buio e tenebroso'; non ho mai
avuto la padronanza nella materia e fin dai primi tempi delle elementari mi sentivo incerto;
anche se una cosa la sapevo mi sorgevano un sacco di dubbi.
Ecco, io non so il 'perché' della matematica, perché quello schema, quel procedimento e non
un altro; perché, come dice il mio babbo: 'Nell‟aritmetica non si inventa'; io a volte invento e
sbaglio; vorrei proprio sapere i motivi, le cause, perché così mi sembrano tutte regole
astratte e appiccicate qui e là. [1SP.102]
A me la matematica personalmente non piace troppi calcoli, troppe regole, poi si dice “che la
matematica non è un‟opinione” ma chi l‟ha confermato che due più due fa quattro? Questo
per me è un mistero chi l’ha detto che è così? [3SP.51]
L‟unica cosa che non mi piace della matematica è che ci sono operazioni o numeri che non
riesco a capire tipo: 0,3 periodico. E‟ un numero infinito, allora come si fa a dividerlo e
magari ad avere un risultato finito o ad ottenerlo da numeri finiti? Questo mi fa incavolare
perché io le cose le voglio capire, arrivarci con la mia testa, ma a volte, esempio qui,
non ci riesco. [2SS.14]
Per superare una percezione di scarsa competenza è importante anche recuperare il ruolo positivo
dell'errore e del tempo, come abbiamo già sottolineato a proposito della visione distorta della
matematica, questa volta per convincere l'allievo a investire risorse senza paura di sbagliare, e
senza arrendersi alle prime difficoltà.
Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
E' necessario allora che le attività proposte non siano del tipo 'tutto o niente', ma invece valorizzino
i risultati parziali: questo presuppone innanzitutto che la consegna sia comprensibile, e che sia
possibile esplorare per cercare una soluzione (a prescindere dal fatto che poi il problema venga
risolto). Le attività devono essere tali da far provare all'allievo l'esperienza che nel tempo si fanno i
progressi, che non è vero che tutto si gioca in pochi minuti, cioè che un problema o lo capisci
subito o non lo capisci più. Un'attività che nella sua versione originaria ha tutte queste
caratteristiche è la già citata 'Architetto per un giorno', ma sono molte le proposte PQM che
possono essere utilizzate, modificando eventualmente la consegna. In generale anche in questo
caso il fatto di utilizzare i materiali con obiettivi diversi rispetto a quelli per cui sono stati elaborati
può comportare un loro adattamento, come la modifica dei tempi indicati.
In definitiva i materiali PQM hanno enormi potenzialità nel recuperare un atteggiamento positivo
verso la matematica. Non stupiscono allora le testimonianze di molti insegnanti che commentando
le attività PQM svolte in classe sottolineano il maggior coinvolgimento degli allievi: nella didattica
laboratoriale che le caratterizza infatti entra in gioco una nuova visione della matematica, e
insieme a questa la possibilità di ricostruire la convinzione di potercela fare.
6. Conclusioni
Con questo materiale di studio abbiamo inteso fornire strumenti per osservare e interpretare alcuni
comportamenti degli allievi in matematica, in modo da poter intervenire con azioni didattiche
mirate. Si tratta dei comportamenti che per lo più portano a una generica diagnosi di
'atteggiamento negativo' verso la matematica: scarsa partecipazione alle attività proposte, rinuncia
a rispondere, risposte date a caso.
Perché questa diagnosi possa fornire indicazioni all'insegnante per l'osservazione e l'intervento, e
non rappresenti piuttosto una dichiarazione di resa a seguito di interventi senza esito, è necessario
precisarla e renderla operativa. La caratterizzazione di 'atteggiamento' che abbiamo proposto
nasce da uno studio condotto analizzando più di 1600 temi autobiografici di allievi dei vari livelli
scolari, e tiene quindi conto della realtà degli allievi e della complessità del loro rapporto con la
matematica.
Le testimonianze raccolte mettono in evidenza che il rapporto con la matematica è descritto
facendo riferimento a tre dimensioni: la componente emozionale, la visione della matematica, la
competenza percepita. In particolare le storie di difficoltà, e comunque caratterizzate da un
rapporto negativo, sono accomunate da una visione distorta della disciplina o da una scarsa
competenza percepita (e spesso da entrambe), che ostacolano l'investimento di risorse adeguate.
Questi risultati suggeriscono una caratterizzazione di atteggiamento che tenga conto di tutte e
tre le dimensioni coinvolte, e porta a individuare diversi profili di atteggiamento negativo, a
seconda della dimensione che si presenta come negativa.
Tale caratterizzazione fornisce all'insegnante suggerimenti per arrivare a formulare una diagnosi di
atteggiamento negativo, e a partire da quella mettere in atto interventi mirati. Nell'ultima parte di
questo materiale ci siamo soffermati sulla direzione di questi interventi, sottolineando le
potenzialità della didattica laboratoriale sia per superare una visione distorta della
matematica, che per ricostruire la percezione di competenza nell'allievo. Ne discende
quindi che, oltre che per lavorare sugli obiettivi dichiarati, tutte le attività PQM possono essere
utilizzate anche per scardinare o prevenire un atteggiamento negativo verso la matematica, a
prescindere dai contenuti matematici in gioco. Naturalmente dato che l'obiettivo che si pone
l'insegnante in questo caso è diverso da quello che ha ispirato i materiali stessi, l'insegnante dovrà
in modo autonomo adattare i tempi, le consegne e in generale l' organizzazione indicati,
eventualmente selezionando dal percorso le parti che ritiene adeguate.
Le indicazioni per il recupero e per la prevenzione portano naturalmente a riconoscere certe
responsabilità dell'insegnamento nella costruzione di un atteggiamento negativo,
responsabilità che peraltro sono emerse da molte delle testimonianze riportate.
Una visione distorta della matematica è favorita da un insegnamento che privilegia i prodotti ai
processi, le risposte corrette ai ragionamenti sensati. Un esempio a livello di secondaria di primo
grado è la richiesta di memorizzare le formule inverse delle aree senza sottolineare il processo che
Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
permette in generale di passare da una formula all'inversa - in qualche senso unificando tali
formule - magari con la motivazione che tale processo è troppo difficile da capire.
Una scarsa competenza percepita è spesso il frutto di ripetute esperienze fallimentari o vissute
come tali, ed è quindi influenzata dal modo di intendere il successo. Ma l'idea di successo in
matematica in contesto scolastico è in gran parte determinata dall'insegnante, attraverso i mille
messaggi impliciti e espliciti in cui si articola il processo di insegnamento: se il successo è
identificato con l'attivazione di pensieri significativi, con il riconoscimento di (piccoli) progressi
scanditi in tempi lunghi, sarà possibile costruire una percezione di competenza anche per chi non si
sente in grado di produrre risposte corrette in tempi brevi.
Quindi le modalità di valutazione hanno conseguenze importanti sia sull'abilità percepita degli
studenti, sia sulla loro visione della disciplina: un processo di valutazione concentrato in tempi
rigidi e ridotti (le verifiche) favorisce la paura di sbagliare e una visione della matematica in cui
errore e tempo sono nemici da combattere, e non risorse.
La valutazione appare un nodo cruciale anche per la pratica dell' insegnante. Quello che spesso
succede è che la valutazione condiziona le sue scelte didattiche, invece che adattarsi a tali scelte.
La qualità della didattica viene allora compromessa da un processo di valutazione che si riduce alla
richiesta di risposte corrette da dare in tempi brevi, e che mal si concilia con l'eventuale sforzo
dell'insegnante di promuovere una visione della matematica di tipo relazionale: le attività da
proporre in una verifica scritta non potranno essere complesse (come sono in genere le attività
significative), perché devono mettere in gioco solo le conoscenze apprese di recente in classe
nell'ora di matematica e non possono permettersi tempi lunghi o interazioni fra gli allievi o fra un
allievo e la realtà esterna. D'altra parte è attraverso il processo di valutazione che passiamo
all'allievo i messaggi più potenti su cosa è importante in matematica e cosa invece non lo è. La
pratica didattica poi è così condizionata dal processo di valutazione che tali scelte pervadono
l'intera attività con la matematica.
La prevenzione di un atteggiamento negativo passa quindi anche per modalità di valutazione
coerenti con un'idea di successo in matematica che sia al tempo stesso epistemologicamente
fondata e incoraggiante (che in particolare quindi valorizzi la creatività e il problem solving, e
riconosca il ruolo dell'errore e del tempo): del resto l'insegnante ha a disposizione tempi lunghi e
una varietà di contesti per osservare e valutare i propri allievi.
In conclusione per poter incidere in modo efficace e stabile sull'atteggiamento dei nostri allievi, è
necessario che la 'filosofia' che sta alla base delle attività PQM entri nella didattica di tutti i giorni, a
prescindere dai contenuti proposti, e non rappresenti invece una parentesi isolata in una pratica
che non viene mai messa in discussione. E' necessario quindi che si realizzi un cambiamento anche
nel nostro atteggiamento di insegnanti: nella nostra visione della matematica, nella nostra idea di
successo, e nella nostra percezione di competenza, necessaria per investire nel cambiamento.
Riferimenti
Bruner J. (2003). La mente a più dimensioni. Bari: Laterza.
Di Martino P., Zan R. (2005). Raccontare il contare: l'incontro scontro con la matematica nei
resoconti degli allievi. In Gisfredi P. (a cura di) Itinerari tra storie e cambiamento. Momenti e
processi formativi. Bologna: CLUEB, 105-124.
Di Martino P., Zan R.: 2010, ‘Me and maths’: Toward a definition of attitude grounded on students’
narratives, Journal of Mathematics Teacher Education, vol.13, n.1, 27-48.
Ferrari P.L. (2005). Matematica e linguaggio. Quadro teorico e idee per la didattica. Bologna:
Pitagora Editrice.
Polo M., Zan R.: 2006, In M. Bosch (Ed.), Proceedings of the Fourth Congress of the European
Research in Mathematics Education [CD ROM], Barcelona: FundEmi.
Rosetta Zan L'atteggiamento negativo nei confronti della matematica:
strategie didattiche per la prevenzione e il recupero.
Skemp R. (1976). Relational understanding and instrumental understanding. Mathematics
Teaching, 77, 20-26.
Zan R. (2007). Difficoltà in matematica: osservare, interpretare, intervenire. Milano: Springer.
Materiali PQM citati:
Bolondi G. Dalla valutazione all'intervento didattico e formativo. Materiale di studio.
Garuti R. Riga e compasso: strumenti dei Geometri. Percorso didattico.
Mayer G. Ordinamento dei numeri e retta numerica. Percorso didattico.
Mayer G., Pozio S. Dai dati alle tabelle, prime rappresentazioni. Percorso didattico.
Piochi B., Brunelli F., Cotoneschi S. La calcolatrice. Percorso didattico.
Piochi B. Illusioni ottiche. Percorso didattico.
Pozio S. Altezze, mediane, bisettrici e assi: che cosa hanno di speciale? Percorso didattico.
Pozio S. Scale e mappe. Percorso didattico.
Zan R. L‟errore in matematica: alcune riflessioni. Materiale di studio