Rosaroli-scienza Dell Scherma

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L A S C I E N Z A D E L L A S C H E R M A ESPOSTA DAI DUE AMICI R O S A R O L L S C O R ZA , CAPIT. DEI ZAPPATORI ITAL. AGG. ALLO STATO MAGG. DEL GENIO , E G R I S E T T I P I E T R O , C A P I T A N O D I A R T I G L I E R I A I T A L I A N A. Romane memento Hae tibi erunt artes. VIRG. MILANO 1803. An II NELLA STAMPERIA DEL GIORNALE ITALICO

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L A S C I E N Z AD E L L A S C H E R M A

ESPOSTA DAI DUE AMICI

R O S A R O L L S C O R ZA ,

CAPIT. DEI ZAPPATORI ITAL. AGG. ALLO STATOMAGG. DEL GENIO ,

E

G R I S E T T I P I E T R O ,C A P I T A N O D I A R T I G L I E R I A I T A L I A N

A.

Romane memento Hae tibi erunt artes.

VIRG.

MILANO 1803. An II

NELLA STAMPERIA DEL GIORNALEITALICO

Descrizione
Questo e-book contiene la trascrizione del testo e la riproduzione anastatica delle immagini del trattato La scienza della Scherma (1803), di Giuseppe Rosaroll Scorza e Pietro Grisetti. Quest'opera è uno dei testi di riferimento per l'esame di Magistro di Scherma Storica (programma: scherma moderna) presso l'Accademia Nazionale di Scherma. L'e-book è comunque rivolto anche a tutti coloro che sono interessati in qualche maniera alla Scherma Storica, ricordando che la sperimentazione pratica delle tecniche descritte può portare a conseguenze letali, se eseguita senza competenza e senza misure di sicurezza adeguate. Buona lettura ATTENZIONE: questo e-book è gratuito e liberamente distribuibile, ma è proibita qualunque sua alterazione di forma e/o contenuti
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La presente edizione è messa sotto la sal-vaguardia delle leggi, dichiarando di reclamarecontro ogni contraffattore, e spacciatore di edi-zione contraffatta, l’esecuzione della legge de’19fiorile anno IX, riguardante le produzionid’ingegno.

I DUE AUTORI

Si sono consegnati alla Biblioteca Nazio- naledue esemplari segnati colle rispettive firme dientrambi gli Autori, come lo saranno tutte lecopie di questa edizione.

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AL CITTADINOGIUSEPPE ERRANTE.

Il desiderio di giovare all’Italiacol supplire alla mancanza di un trat-tato di Scherma, esposto con un siste-ma, e fondato su di generali principj,ci ha determinati a pubblicare collestampe questa nostra qualunque siesifatica, e qual pegno di rispetto, ed a-micizia a Voi la presentiamo. Il vostronome pur troppo noto all’Europa pelgrado sublime, a cui si elevò il vostrogenio nelle difficilissime arti, Pittura,e Scherma, merita questo contrassegnodi stima, ben dovuto ad un sommoschermidore. Il vostro buon cuore, nondi minor pregio de’vostri talenti, nonisdegnerà di accettarlo con compiacen-za uguale alla premura, che avete sem-pre dimostrata nel proteggere, pro-muovere, ed illustrare questa scienza.Amateci, e credeteci.

VOSTRI SINCERI AMICI ROSAROLL

Sottoscritti GRISETTI

Milano li 30 luglio 1803 An. II

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IL MINISTRO DELLA GUERRA

ROSAROLL de’ Zappatori, eA’ Capitani GRISETTI d’ Artiglieria

Coi più vivi sentimenti di compiacenza, edi soddisfazione ho ricevuto parto di vostre dot-te fatiche il libro intitolato la Scienza dellaScherma. I principj di quest’arte difficile, che as-sai m’interessa e per elezione, e per dovere so-no in esso trattati con molta erudizione, conpurezza di stile, e con quella precisione ch’èpropria di uomini approfonditi nel maneggiodi un arma che è in uso da secoli, ma pochis-simo conosciuta, e trattata in questa parte d’Italia da che le vicende de’ tempi, e la politi-ca de’ governi, che n’ebbero alternativamenteil possesso ne assopirono colla mollezza de’ costu-mi il nativo ardor guerriero. Piacemi che or si ridoni per mezzo vostro

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all’antico splendore quest’arte trascurata, viep-più si raffini sollevandosi mercè l’applicazio-ne felicemente introdottavi della meccanica, edelle matematiche sino a gareggiar colle scien-ze. Mi è poi caro che ciò segua in un tempo,in cui mi è dato di rendere utili le vostre fa-tiche a i diversi corpi dell’Armata italiana,cui sarà ben grato di non aver da ora innanzia mendicare da talenti stranieri le teorie sulmaneggio di un’arma finor nulla più che pra-ticamente adoperata. L’acquisto che io conto di fare di centoesemplari dell’opera vostra serve a testificarviil mio verace aggradimento. Ne solleciteretequindi la trasmissione a questo Ministero, col-l’indicazione del relativo importo, che vi saràindilatamente corrisposto. Aggradite frattanto i saluti che con distin-ta considerazione vi porgo.

Il Ministro della Guerra Sott. TRIVULZI

Il Capo della II. Divisione, Sott. BONFANTI.

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P R E F A Z I O N E

ALLA

GIOVENTU’ ITALIANA.

Est locus, Hesperiam Graii cognomime dicunt;Terra antiqua, POTENS ARMIS, atque ubere glebae;OEnotri coluere viri: nunc fama minores,Italian dixisse, ducis de nomine, gentem.Haec genus acre virum ; Decios, magnosque Camillos,Scipiadas duros bello, et te maxime Caesar.Extulit.

VIRG.

Dacchè le passioni aprirono il varco all’ingiuriaEd alla rapina, ed insegnarono all’uomo di so-stituire il linguaggio dell’arme dove tacea quel-lo della ragione, l’eterno ed immutabile dirittodella propria difesa impegnò l’offeso innocente amunirsi pure la destra d’un ferro, onde respin-gere colla forza la forza. Fu allora, che l’uomoonesto considerò la guerra, come un mezzo leci-to per sostenere la propria ragione, e reso neces-sario dall’altrui violenza, conobbe la necessitàd’applicarvi, ne fece una scienza, e la studiò.

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II

Stabilite le società, gli uomini portarono in essanon solo i privati interessi, ma ben anche le pro-prie passioni, e le società corrotte al pari degliindividui, che le componevano, imitando le vio-lenze dell’uomo privato introdussero la fatale di-stinzione di società, o nazione amica, e nemica;resero necessarie le armate, e le guerre; e cosiil diritto della difesa passato dall’individuo nelcorpo morale, consacrò una scienza, che inaffiòla terra del sangue de’ mortali. Questa scienza ebbe al pari d’ogni altra lasua infanzia, e la sua virilità; e come nelle scienzefisiche vi vollero de’ Galatei, de’ Cartesj per pro-durre dei Newton, non altrimenti nella guerra do-vettero precedere le orde Egizie, le Persiane, leAssirie per produrre le falangi Macedoni, learmate Greche, e finalmente le legioni di Roma.Era appunto riservato ne’ fasti eterni all’Italia ildare l’ultima mano a quest’arte. Le nazioni dell’Asia, che le diedero la culla,dice l’autore della Filosofia della Storia, si ser-virono della guerra, come di un rimedio violento,per dir così, varrebbesi un cattivo medico pertutte le specie di malattia, ed in tutti i corpi :la politica de’ Greci la riguardò come utile allaprosperità, e poi alla gloria dello stato; la poli-tica de’ Romani la riputò come necessaria alla sus-sistenza della nazione. Questi dai Greci non so-lo, ma da tutte le altre nazioni raccolsero quan-to avevano ritrovato di migliore nella professione

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dell’armi, e fu per essi la guerra una meditazio-ne, come un esercizio di pace. Ai ritrovamentialtrui aggiunsero i proprj anche più belli, supe-rarono tutti i loro maestri, e li ricompensaronopoi tutti col soggiogarli. Lo studio, ch’essi fecero di questa scienza,cui la sicurezza, la gloria e il trionfo della pro-sperità nazionale avevano resa loro tanto amabile epreziosa, fe’ loro conoscere due grandi verità,che al dir di Vegezio, e di Polibio furono comeil fondamento della Romana Potenza. I.° Che il valore d’una legione in massa nonè, che il risultato degli individui. 2.° Che la spada spagnuola era l’arma la piùacconcia alla difesa e alla offesa (I). L’esperien-za li convinse della importanza di questi princi-pj, e li fecero base della loro politica militare. Di qui venne la primizia, che sovra ognialtro diedero all’esercizio del palo, ed aquello della gladiatura rudiaria (al quale nome fuposcia sostituito quello della scherma ) (2), nei qua-li s’addestrava l’individuo militare al miglioraremaneggio della spada spagnuola. Per non esporrenegli esercizi la vita dell’allievo, forse perché erariservato ai loro nipoti l’invenzione del fiorettocol bottone (3), ergevasi conficcato nel terreno unpalo all’altezza d’un uomo, e questo fatto segnoai colpi, dovea il Romano apprendere l’arte diferite, e di proteggere sotto l’armi il suo corpo inmodo che non lasciasse varco all’ offesa. In qua

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IV

exercitatione, dice Vegezio, servabatur illa cautela,ut ita tiro ad inferendum vulnus insurgeret, ne quaex parte ipse pateret ad plagam. Di quest’esercizio, sul quale ampiamente di-scorre il lodato autore nel lib. I al cap. II, nefanno menzione Seneca nell’Epistola XVIII., Spar-ziano nella vita dell’Imperatore Adriano:equita-vit ambulavitque plurimun armisque et pilo se sem-per exercuit. Sopisco in quella di Aureliano: nul-lum praetermisit diem quamivis festum, quamvis va-cantem, quo non se pilo exerceret, ed altri. Lagladiatura rudiaria era una perfetta scuola di scher-ma, ed in essa facevansi degli assalti, che nondifferivano dai veri, che nell’esito. Davasi dap-prima in mano agli allievi un libro elementare de-le azioni da eseguirsi sì per l’offesa, che per ladifesa, cui erano obbligati i maestri di schermaa comporre, (V.Sveton. Jul. 26. e Varr. de L.L. 7.)e poscia una spada di legno simile alle rudes de’gladiatori, colla quale dovevano rendersi famiglia-re l’esecuzione delle azioni medesime. Fecero pertanto i Romani della Scherma il lo-ro studio principale, e ne trassero tutti quei van-taggi, che lo studio e la meditazione danno maisempre a’ coltivatori sopra gl’ignoranti, o me-no riflessivi. L’esercizio però del palo, e della rudiaria nonera l’unico in cui formavasi il soldato romano.Vegezio c’insegna, che a questo aggiungevasiquello delle marce, ut assiduo exercitio ambulare

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celeriter, et aequaliter discant, quello del corso,del salto, del nuoto, dell’armatura, e quellodella cavalleria, che chiamavasi salitio. Questi esercizi non erano di un’ora propj,o di un’età, ma di tutti i tempi, di tutte le età, e ditutto il giorno. Nunquam pausam exercitii fa-ciunt, cosi lo Storico della guerra giudaica. Fati-cavano le truppe nella scuola dell’armi dal mat-tino alla sera, e tanto i giovani, quanto i vetera-ni dovevano apprendere in pace l’arte difende-re la patria in guerra; non accordando l’età avan-zata altro privilegio al veterano fuori di quellod’un tempo più breve nell’esercizio stesso: junio-res, et novi milites mane et post meridiem ad ommegenus exercentur armorum, veteres autem et eruditisemel die exercebantur. Ma qui dobbiamo avvertire, che quantunquel’età avanzata ad esentar bastasse dalle fatichedell’esercizio, l’esempio però dei comandanti, ede’ generali potea rendere vana l’indulgenza del-la Legge; e qual Romano benché vecchio avreb-be osato di starsi colle mani alla cintola vedendoil gran Pompeo all’età di 12. lustri spargere tut-tavia fra i giovani de’ propj sudori l’arena delcampo militare? Questo esempio potea bastare asostenere in quei tempi l’antico valore, e disci-plina, e salvar la Repubblica, se il lusso, l’ava-rizia, le guerre civili, il Triumvirato, e l’univer-sale corruzione de’ cittadini non avessero già de-cretata la rovina del Campidoglio: Pompea, così

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Plutarco nella di lui vita, in bello civili jam senem,et duo de sexaginta annos natum peditem, atqueequitem se inter suos assidue exercuisse. A questo continuo esercizio nell’arme nonpermetteva il rigore della militare disciplina, cheinterruzione portasse la pioggia, o la neve, poi-chè avevano i Consoli sin da’ primi anni della Re-pubblica fatti espressamente costruire de’ portici,monumento non meno della romana magnificen-za, che dell’amor del travaglio, e della fatica (4).Alla scuola militare presiedeva qualche antico cen-turione, o soldato veterano, cui la pubblica opi-nione fondata sulle imprese, e sul merito accor-data avesse l’eccellenza nel maneggio dell’armi; equesto ne’ tempi di Roma libera (5); giacchè ne’tempi meno felici gl’imperatori contaminarono laprimitiva purità anche di questa istituzione, edavendo eretto in impiego privativo, e di lucrol’istruire la romana gioventù nell’armi, venne es-sa quasi sempre ad essere dappoi una facoltà pri-vilegiata, come abbiamo da Plinio, d’un qualchegreculo. << Ai nostri giorni, die’egli nel panegi-<< rico a Trajano, non istudiamo più il maneggio<< dell’armi per disporci a farne uso in guerra, e<< per acquistare forza, ma solo per farne pom-<< pa, e quasi per delizia o sollazzo. Ora più non<< presiede alle nostre scuole militari qualche ve-<< terano, che l’onore abbia ottenuto della coro-<< na civica, o murale, ma qualche greculo n’è<< il maestro (6). Gli stessi generali non avevano a

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vile la particolare istruzione delle truppe al lorocomando affidate, anzi erano essi comunemente imigliori maestri. Essendo questi assai più facil-mente d’ogni altro alla portata per conoscere liavvantaggi e i difetti della tattica de’ nemici e delloro maneggio di spada, poteano soli insegnarealle proprie legioni que’movimenti, e quelle azio-ni, che le più utili fossero, e le più decisive.Osiamo anzi dire, essere stato quest’uso il carat-tere distintivo dei più grandi generali di Roma.Per tutti valga il gran Cesare, il più grande ca-pitano, che mai sia comparso sulla superficie del-la terra. I suoi commentarj non sono tanto unlibro di politica e di tattica; ma pur anche discherma; Egli non azzardava mai una battagliasenza prima avere conosciuto il suo nemico, esenza prima aver suggerito alle sue legioni qual-che azione di spada, o d’altra’arma , che tendes-se a cavar profitto da’ difetti, che nel nemico aves-se scoperti. Così leggiamo nella storia della guer-ra affricana d’Aulo Irzio al § 7I., che avendoCesare a fronte nuovi nemici, li studiò con esat-tezza, e quindi diè nuove lezioni di schermaa’ suoi, lezioni che furono il risultato delle sueriflessioni, ed il primo motivo della sua vittoria.<< Cesare per addestrare contro una sì fatta razza<< di nemici le proprie truppe, non la faceva da<< generale, che ammaestrasse un esercito vetera-<< no, il quale riportato avesse molte segnalate<< vittorie; ma come un maestro di scherma, che

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<< insegnasse a qualche spadaccino principiante e<< novello: onde mostrava loro, come doveano<< mettersi in guardia per ribattere i colpi dell’<< inimico, e come dovessero dargli l’assalto; e<< in quanto piccolo spazio luogo convenisse lo-<< ro fermarsi, e resistere, come ora dovessero<< farsi avanti, ora ritirarsi, ora minacciare d’as-<< salirlo. Né altro fu il motivo della vittoria riportatada questo invitto capitano in Farsaglia, dove nongli sarebbe riuscito di fugare la più scelta ca-valleria di Pompeo, e mettere così in rotta tut-to l’esercito, se non avesse suggerito a’ suoi ve-terani una riflessione di scherma, indicando lorocome doveano dirigere le offese a’ nemici dicen-do: miles faciem feri : insegnamento troppo me-morabile per le conseguenze che produsse, comeancora per le riflessioni, che somministra ad unintelligente schermitore, e che a suo luogo, nelseguito di questo trattato v’indicheremo. Qualora noi volgiamo il pensiere ai fasti dellaRomana grandezza, ebbri di maraviglia corriamorischio o di dubitare della buona fede degli sto-rici, o di attribuire al caso e alla fortuna, o allaignoranza de’ suoi nemici la maggior parte degliavvenimenti, che portarono Roma all’Impero dell’Universo; noi siamo frequentemente tentati di fi-gurarci molti dei popoli, coi quali ebbero a farei Romani come imbelli, e quasi sopiti, e che illoro giogo tranquillamente attendessero, di carat-

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terizzare tutti i popoli d’Italia, come vili ed in-dolenti, i Galli come arrendevolissimi, Pirro co-me un nemico debole, i Cartaginesi come esaustisempre e cordiali: Ma se noi entreremo col pen-siere nel campo di Marte, vedremo tostocome la politica del Senato sapea in quell’arenafra i militari esercizj preparare ai Vedenti, ai Fa-lisci un flagello nei Fabj, in Decio quello dei La-tini, nei Valere quello dei Sanniti, e Tarantini.Colà formavansi gli Scipioni, al cui valore doveacrollare da’ fondamenti Cartagine; e Sallustio , ePlutarco ci attestano, che fra i vortici della pol-vere del campo marziale andavansi intrecciandogli allori, che doveano cingere un dì le onoratetempie di Pompeo. Non altrimenti ne giudico ilmentovato Storico della guerra giudaica, che ap-punto i trionfi della nazione conquistatrice dellasua Patria non da altro deriva, che dalla frequenzadella scuola dell’arme. Il caso che d’un tal te-stimonio fece il giudizioso critico Lipsio ne’ com-menti a Polibio non ci permette di tralasciarlo. Quod si quis alium Romanorum ordinem in mili-tia inspexerit, vodebit hoc grande imperium eos haberevirtulis meritum, non fortunae beneficium. Non eniminitium illis armorum ipsum bellum est, nec solum cumusus, aut necessitas est, bellum movent, in pace feriati:sed tanquam congeniti armis, unuquam pausam exer-citii faciunt, nec expectant occasiones; meditationes au-tem illis, sive exercitia nihil a vero usu fortitudinis,et audaciae abeunt, sed quisque quotidie miles omni

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alacritate, tanquam a bello exercetur. Quo fit ut facil-lime, et poene sine laboris sensu poenas tolerent. Ne-que enim vel confusio eos a consueto ordine amovet,et dissipat, vel metus reddit attonitos, vel labor fatiga-tos. Sequitur vero victoria semper eos, cum in hos pu-gent, qui non pariter confirmati. Nec sane erraverit, quidixerit exercitia eorum pugnas sine sanguine, pugnasexercitia cum sanguine esse. Per maggiormente convincerci della cura delSenato nel rendere familiare ai cittadini l’uso dellearme, e l’esercizio della scherma, possiamo an-che dare un’occhiata ai divertimenti pubblici, cheloro procurava. Quelli del Circo, e dell’arena gladiatoriafanno fede, che la politica de’ romani voleva de’cittadini armigeri, e schermitori: Non permet-tendo l’idea d’onore, da quel popolo sì savia-mente attaccata alla professione militare, che ladifesa della Patria fosse affidata a persone schia-ve, e vili, seppe il Senato trarre da queste stes-se il massimo dei profitti per l’interesse pubblicocoll’insegnare loro la scherma (7), e quindi farlepubblicamente combattere, rimettendo la loro vi-ta alla decisione delle loro spade. Era questo, a proprio dire, come uno spec-chio, che la Repubblica presentava alla Gioventù,ove apprendere potesse l’arte, ed il valore. Da-vasi principio al divertimento col recare in mezzodue specie d’arme: le prime erano bastoni (8),o spade di legno; e le seconde erano arme effet-

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tive, spade, pugnali, ec. Erano le prime chiama-te rudes, od arma fusoria, o exercitoria, colle qua-li cominciatasi a giocare quasi di scherma, e sca-ramucciare. Questo era il preludio della battagliachiamato appunto ventilare, preludere: In questiprimi assalti non usavasi molto di velocità, affin-chè gli spettatori potessero bene discernere leazioni, ed apprendere le proprietà. Le secondedicevansi arma secretoria quasi date per decreto,o sentenza del pretore, o di colui, alle di cuispese s’esibiva lo spettacolo; con queste combat-tevano nudi i gladiatori, e dicevasi questa pugnadimicare ad certum, o versis armis pugnare. In que-sti non più finti assalti potevano gli spettatori im-parare l’uso e la pratica delle azioni, che aveva-no osservate al primo entrare dei gladiatori nell’arena. Noi per ora non trovando del nostro istitutodi moralizzare sul merito d’un tal divertimentoci contentiamo d’asserire, ch’era tutto degnod’un popolo, a cui la spada dovea porre in ma-no le redini dell’Universo (9). Così colla scherma, e cogli altri militari eser-cizj il nome Romano echeggiò ne’ trionfi dall’unoall’altro polo: ma Roma infastidita dalle sue primeistituzioni, diventa nemica della dura povertà, edella fatica, fatta amica dell’ozio, del lusso, d’ognipiacere smodato, rallentò i suoi militari esercizj,e Roma trovò ne’ suoi vizi assassini: i nomi di

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Libertà, d’Eguaglianza, d’amor di Patria, diven-nero nomi barbari ed odiosi, e l’esercizio mili-tare si considerò finalmente un lavoro proprio so-lo degli schiavi, o dei mercenarj, quasi fossero isoli, a cui confidare la difesa della Patria, el’onore della Nazione; e quanto fu lungo il pe-riodo della grandezza di Roma, altrettanto, e piùancora fu quello dell’avvilimento, suo, e di tuttal’Italia. L’invenzione finalmente delle arme da fuocovenne ad accrescere l’avversione dell’Italiano aipenosi esercizj di spada. Costui, che amava dileggere nel catalogo de’ suoi avi i Fabj, i Camil-li, i Metalli, gli Scipioni, i Cesari senza più ama-re i loro sudori, la loro instancabile energia, edattività, ed i loro esercizj, abbracciò con entu-siasmo un’invenzione, che sembrava metterglinelle mani un’arma potente ad offendere senzatroppo esporre la propria vita. Quest’arma fe’tosto credere a presso che tutte la nazioni d’Eu-ropa inutile l’antica spada, il cui maneggio permancanza di sapere, e di coraggio, era ormai di-menticato; sarebbe anzi forse caduta la schermain un totale oblio, se talvolta in Italia, nelleSpagne, ed in Francia nati non fossero dei Ge-nj, che tentarono di richiamarla all’antica ripu-tazione. Ma per tanto ottenere, troppi erano gliostacoli da superare, troppi i pregiudizj dasmascherare.

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Egli è vero che da qualche secolo si videroriaperte, in Italia specialmente, delle scuole discherma, ma i maestri non erano più i centurio-ni, o i veterani delle legioni di Roma: che anzierano quasi sempre uomini e poco abili nella stes-sa professione, che volevano insegnare, e di pes-sima morale condotta. Il poco profitto che ne ri-traevano in fatto d’arme gli scolari, e la corru-zione del costume, in cui perfezionavansi, per-suase universalmente, che la scherma e un’artefosse di poco conto per se, ed assai pericolosa nel-le conseguenze. Soleano i Maestri di scherma in-culcarne lo studio all’allievo come un mezzo perfomentare le private risse, e sostenere (10) i duel-li, in cui la gioventù trasportata dalla presenzio-ne del suo valore per motivi ordinariamente insi-gnificanti, ingiusta diventava, ingiuriosa e prepo-tente. Queste scuole furono pur troppo frequen-tate. Vedete la bellissima prefazione del sig. Ro-bertson alla vita di Carlo V., e vi sarà facile ilcomprendere, quant’esse contribuirono alla bar-barie degli scorsi secoli in Italia. Assai male pertanto si avvisavano coloro, chela scherma nel novero dell’arti meccaniche descri-vendo la vollero privare dell’onorevole nome discienza. Poteva forse sembrarlo, allorché era unprivilegiato retaggio di pochi ed ignoranti mae-stri, che non valeano tanto per trattarla secondoi suoi veri principj: ma scienza essendo quella,che somministra principj generali, onde dimo-

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strare all’evidenza tutto ciò, che si propone inteoria, e provare coerente a questa ciò che siprescrive nella pratica, sembra che qualora lascherma si tratti a questo modo, come veramen-te si dee, non le si possa negare l’onore di es-sere una scienza : se questa nostra operetta possaesserne una prova, non è nostra parte farnegiudizio. Coloro poi, che la scherma trascurano, comedi niun’utile privato, e di poca utilità pubblica,si credono di ben ragionare, che tratta la maniadel duello, che non è propria, che d’uom feroce,e di ragione non pura, in null’altro pensano chegiovi all’uom privato la scherma: è vero dicono,che nascere può talvolta un incontro, in cui l’uomoprivato possa lecitamente fare uso della sua spada,ma il prudente, ed onesto mortale, sempre saggionel conoscere i limiti del vero onore, lo sa preveni-re, ed evitare. Riguardo a tale loro divisamento noisiamo pure d’accordo, e noi non saremo mai perinculcare lo studio del maneggio della spada qualefomite delle private risse, e puntigli, e cosi farsiuna male intesa ragione in un piato, in cui abbiasitutto il torto, e tutto il dovere di riconoscerlo. Macome se a bevitore smoderato vediamo recar dannigravissimi il vino, ed anche affrettargli l’ultimogiorno, non conchiudiamo perciò che a tuttidebbasi indistintamente proibire l’uso del vino, edestirpar le viti; non altrimenti dobbiamo bandiredalle nostre società la scherma, perché ne

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abbiano taluni o con danno proprio, e d’altrui fattoabuso scellerato. A gente pertanto di simile tempera possiamoricordare i secoli avventurati di Roma libera, emostrar nella condotta degli avi la condanna diquella de’ nipoti. I cittadini romani, i quali siccome abbiamosuperiormente osservato, consumarono le interegiornate ad apprendere l’uso delle spada, eranoanch’essi soggetti ad incontri spiacevoli, ed alleprivate contese; ma tuttavia non ricorrevano ferocial ferro, che cingevano, per duellare, e cosi porrea repentaglio quella vita, che a sostegno dovevasiconservare della Repubblica; per lo che dietrogli storici più accreditati non erriamo nel dire,che a’ tempi di Roma libera la privata contesa to-gliela minor numero di Cittadini, che non a’ dinostri, quantunque allora si portasse da ognicittadino al fianco pendente quel ferro, che sìmaestrevolmente sapevasi usare; e speciosa abbiaamato meglio di seguire il lusinghiero invito del-le mode straniere, disarmandosi il fianco dellaspada, e sostituendo invece nella destra una ele-gante canna, che dall’indiche selve trasportata, a’nostri per caro prezzo si vende dagli oltramon-tani commercianti, e tutto di nuovi ornamenticorredata. Questa sola circostanza basta a per-suaderci di quanto siano distanti dalle età menofrivole de’ Metelli, e de’ Camilli.

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Non è però, che i Romani non avessero unmezzo altrettanto, e più ancora magnanimo e gene-roso del duello per decidere le loro private conte-se in fatto d’onore; onde apparisse chi più valo-roso fosse, e più eroe fra’ litiganti.Più virtuoside’ loro posteri non impugnavano il brando controil proprio offensore, in cui rispettavano il caratteredi cittadino, ma volgevano l’odio, e la spada con-tro il nemico comune: si slanciavano co’ loro com-petitori contro i nemici della Repubblica, ed il cam-po di battaglia era per essi ciò, che per noi è l’are-na del duello. Aprite i volumi delle Storie Roma-ne, e ne sarete convinti. Premurosi noi di ram-mentare al nostro secolo gl’impareggiabili costu-mi de’ maggiori, riferiremo al proposito quantoleggessi nel 5.° lib. Al §. 44. della Guerra Fran-cese di Cesare: << Si trovavano in quella legione due bravis-<< simi capitani, i quali erano vicini a conseguire i<< primi gradi, uno chiamato Tito Pulfione, l’al-<< tro Lucio Vareno: questi due avevano sempre<< delle contese fra loro intorno alla precedenza,<< ed ogni anno litigavano con sommo odio del<< posto. Ora uno di loro, che fu Pulsione, men-<< tre si combatteva generosissimamente avanti le<< tende: di che hai tu paura, disse, o Vareno?<< o quale occasione aspetti tu per far prova del<< tuo valore? Questo, questo è quel giorno, che<< ha da decidere le nostre contese: ciò detto,<< salta fuor de’ ripari, gettandosi laddove esso

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<< vede, che la folla de’ nemici è più grande. Va-<< reno allora non si stette già dentro le trincee,<< ma temendo di non essere riputato da tutti vi-<< le e codardo, lo segue, e si pianta pochi passi<< lontano da lui. Pulsione scagliò un dardo con-<< tro i nemici, e passò a banda a banda un sol-<< dato, che fra quella moltitudine veniva innan-<< zi correndo. I nemici coprono cogli scudi quel<< soldato ferito a morte, e gli scagliano contro<< de’ dardi, senza dargli agio di ritirarsi; così<< vengono a trapassargli con un colpo lo scudo,<< e lo stile gli si pianta nel cingolo della spada:<< per questo accidente gl’ intricò il fodero di ma-<< niera, che volendo metter mano alla spada,<< penò molto a tirarla fuori, ed in questo frattem-<< po fu attorniato per ogni parte dalle soldatesche<< nemiche. Il suo competitore Vareno corse to-<< sto in suo ajuto, e vedendolo in tal labirinto,<< procurò di soccorrerlo. Allora tutti i soldati<< lasciando Pulfione, si rivolsero contro Vareno,<< credendo che la ferita, onde Pulfione era offe-<< so nella cintura, fosse passata nel fianco, e gli<< avesse data la morte. Ma Vereno con la spada<< alla mano se la prende con tutti, e si pone a<< combattere a corpo a corpo con loro, ed aven-<< done ucciso uno, fa a poco a poco rinculare<< gli altri: inoltrandosi però con troppo ardo-<< re, venne respinto in un luogo assai disavvan-<< taggioso, e lì cadde in terra. Pulsione allora<< vedutolo in mezzo a’ nemici, va in difesa,

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<< ed ambedue, dopo aver fatta una sanguinosa<< strage di molti, con somma loro gloria, torna-<< no sani, e salvi dentro a ripari. Questo tratto di eroismo italiano ci conducea due riflessioni: 1. Che furono più politici i ma-gistrati di Roma antica, che della moderna: que-sti con bolle, ed anatemi vollero togliere l’usobarbaro de’ duelli, a cui si corre per una falsaidea di onore, e nulla ottennero : quelli più soa-vemente, e senza urtare l’opinione volgare condivieti, indirizzarono a vantaggio pubblico l’istes-so pregiudizio de’ cittadini, e tutto ottennero col-la massima felicità. Nella classe degli anatemi diRoma, e di Trento possiamo inserire anche gliordini de’ principi secolari: tutti corsero la stes-sa via, e l’error volgare di tutti egualmente sirise, e non si ebbe altro vantaggio, che quello direndere più industriosi i combattimenti nella sceltadel luogo, e di costringere poscia alla fuga uncittadino, che ne avea già tolto un altro alla Pa-tria colla spada (11). 2. Che la scienza della scher-ma non è una cagione necessaria dei duelli, chequesti sono l’effetto di un pregiudizio, e che lavera disfida è quella di emularsi l’un l’altro nelservire, e difendere la sua Patria. Il Tasso, di cui dubitiamo se il primo ono-re rispondesse nella scienza poetica, o nel vero spi-rito nazionale, e che certamente più amava divedere la sua Nazione perita nel maneggio dellearmi, che nel far versi, non omise anche esso

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di far fronte al cattivo argomento di coloro, chela scherma hanno a vile per cagione de’ duelli. Seguì anch’egli le pedate di Cesare, e co-me questi ne’ suoi commentarj, così il Tasso nelsuo poema al canto XI. presentò a’ suoi concit-tadini in Argante, e Solimano una disfida non in-feriore a quella di Pulsione, e Vareno. Contra-stavano quelli similmente chi più valesse nelle ar-mi, ed allorché davasi l’assalto a Gerusalemme,e già era aperta la breccia, il feroce Argante

…….. grida intantoA Soliman che si vedeva accanto:

63 Soliman, ecco il loco, ed ecco l’ora Che del nostro valor giudice fia. Che cessi? O di che temi? Or costà fora Cerchi il pregio sovran chi più l’ desia. Così gli disse, e l’ uno, e l’ altro allora Precipitosamente a prova uscìa L’ un da furor, l’altro da onor rapito, E stimolato dal feroce invito. Ma se l’abuso de’ duelli non somministra unragionevole motivo, onde eliminare la schermadagli esercizj dell’onesto cittadino, v’hanno puredelle positive ragioni per sostenercela. Quanti in-contri spiacevoli, quanti amari, e satirici detti cirisparmierebbero i male intenzionati, se alla fa-ma della nostra onestà quella aggiungessimo delvalore, e maestria nelle armi? In quante occa-sioni non si troverebbe meglio l’ onesta del pri-

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vato cittadino, se invece dell’elegante canna nel-la destra avesse al suo lato la spada? Il di luifianco armato sarebbe assai volte più eloquentede’ codici di Puffendorf, e di Wattel nel per-suadere a’ meno onesti il rispetto, ch’ egli è indiritto di esigere da loro. Aggiungiamo ancora, che l’esercizio della scher-ma non poco contribuirebbe a ridonare all’Ita-liano quell’antica forza di muscoli, della cui per-dita udiamo tutto di farsi lamento, e che al dirdi Plutarco era un carattere distintivo de’ nostrimaggiori, che in questo non la cedevano a’ forti,che formava la costituzione di Licurgo. La ginnastica medica degli Antichi ce ne som-ministra una gran prova. Secondo Platone uncerto Herodico, un po’ anteriore ad Ippocrate fuil primo, che introdusse la ginnastica nella me-dicina, ed suoi successori convinti per espe-rienza della sua utilità, si applicarono daddovveroa promuoverla, e perfezionarla. Fino a tanto chegli uomini furono sobrj, e laboriosi non ebberobisogno di essa, Ma quando l’ozio, e la lussuriali ebbero ridotti alla trista felicità di ricorrerea’ medici, questi che niuna cosa avevan trovatocontribuir tanto al ristoro, ed alla preservazionedella sanità quanto gli esercizj proporzionati allevarie complessioni, età e sessi, non mancarono dimetterli sulla pratica della ginnastica. Ippocrate nel suo libro de regimine ne ha datidegli esempj , dove tratta dell’esercizio in generale,

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e degli effetti particolari, che sono da ciascunoesercizio prodotti. Noi non pretendiamo di asse-rire, che la scherma in specie, come è a’ dì no-stri, sia stata un oggetto delle cure di Herodico;ma egli è sicurissimo, che dall’esercizio di que-sta ricavar possiamo tutte quelle utilità, che Ip-porcate deriva dalla ginnastica in generale. Met-tete a supportare egual peso col suo pugno unpratico schermitore, ed uno zerbino gentiluomo,e ne vedrete una prova; guardate il braccio de-stro degli schermitori italiani, e ne avrete un’altra. << La decadenza dell’impero romano>> dicel’Enciclopedia Inglese << involse nella sua rovina<< le arti stesse, e fra le altre la ginnastica, e la<< medicina, l’ultima delle quali mal avventurata-<< mente abbandonò allora il titolo, e la ragione,<< che aveva sulla prima, ed ha trascurato di mal<< riassumerla in appresso.>> In fatti chi non vede, che alla mancanza de-gli esercizj dobbiamo in gran parte la debolezzadella nostra costituzione, per cui inetta ormai sirendette la massima parte del popolo d’Italia allefatiche della guerra? Galeno stesso encomiatorenon ultimo della ginnastica medica (12) già da’suoi tempi vedeva nel popolo di Roma mancarel’antica robustezza de’ corpi, perché mancaval’antico esercizio: e che non direbbe egli a’ dinostri se tornasse una volta a contemplare l’Ita-liano delle Alpi a Taranto? L’occhio di Galenoleggerebbe nel colore de’ nostri volti, e nella esi-

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lità delle nostre braccia la mollezza, la leggerez-za, e l’ozio, di cui facciamo l’universale nostraoccupazione. Oggidì in Italia il braccio di unVirginio non si trova quasi più, che sul quadrodi Errante. Nell’atto pertanto che noi ci profes-siamo riconoscenti a que’ primi genj della medi-cina per aver colle loro salutevoli insinuazionicooperato alle mire degli antichi governi nel pro-muovere la ginnastica, crediamo di acquisire undiritto alla riconoscenza de’ nostri medici d’Italia,mentre tentiamo di richiamare gl’Italiani agli stes-si esercizj. La provvida Natura che fu sì larga de’ suoidoni all’abitatore delle spiagge d’Italia, che lopareggiò all’Albionese ne’talenti, nel genio, enella capacità della meditazione, al Germano nel-la fortezza di corpo, al Franco nella destrezza, enella vivacità, che un suolo gli concesse feracesovra ogni altro in Europa, che di mari intorno,e di alpi presso che insormontabili per facile di-fesa il cinse, che in un clima il collocò tempe-rato e salubre, che un’anima in fine, ed uncuor generoso gli diede, questa povera Naturaquanto mai non dev’ ella altamente rattristarsi, al-lorchè lo guarda in lunghissimo ozio sepolto, sieccelsi doni vilmente trascurare, e contento diaver figurato una volta sul teatro del mondo, far-si un miserando spettacolo alle genti (13) ? << In<< Italia non manca >> al dir di Machiavelli << non<< manca materia da introdurvi ogni forma: qui

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<< è virtù grande nelle membra, quando non la<< mancasse ne’ capi: specchiatevi ne’ duelli, e ne’<< congressi de’ pochi quanto sieno gl’Italiani su-<< periori colle forze, colla destrezza, e coll’in-<< gegno.>> Perché adunque non vorremo noi diqueste forze, di questa destrezza, ed ingegno fa-re uso lodevole, ond’essere valenti in quella scien-za, che tanto contribuì alle glorie de’ nostri avi?Perché vorremo noi tuttodì fare consumo del no-stro coraggio in duelli, il di cui motivo, comu-nemente insignificante ci disonora non meno, chela poc’arte, con cui si fanno? Ma a maggiore danno del valore italiano èben anche in non pochi invalso il pregiudizio,che nelle armate de’ nostri tempi non giovi l’ave-re esperti schermitori a motivo delle armi da fuo-co, le quali decidono delle battaglie senza chepossa il valore dell’ individuo campeggiare da vi-cino colla spada. Agli autori di siffatta opposi-zione noi ricorderemo, che gli Antichi avevanoanch’essi le armi da getto, e forse di non mino-re efficacia (14) delle nostre da fuoco, e ciò nonostante riponevano la massima loro fiducia nellaspada (15), ed ordinariamente sdegnando di com-battere da lontano colle prime, via le gettavanoquasi armi meno decisive, se non inutili, cari-cando risolutamente il nemico colla spada allamano: et ejectis jaculis, striato gladio adho-riuntur hostem, cosi si legge in quasi tutte lebattaglie guadagnate da’ Romani. Ma poi a che

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giova affastellare ragioni, ove parlano i fatti? Lemigliori truppe del mondo hanno già decisa laquestione. Queste coll’imitare gli Antichi nel ri-correre all’arma bianca hanno dimostrato quantopreponderi un decisivo coraggio, fornito di talearma infallibile sul tardo valore di un nemico,che tutto confida nelle poco sicure armi da fuo-co. Gli esempj sono troppo numerosi, troppo vi-cini, troppo noti, perché o lunga od inutile im-presa non sia qui il farne menzione. Che cosa dunque non avremmo noi a spe-rare da un’armata composta di bravi schermitoriitaliani? Ma che diciamo noi composta? Che nonotterrebbesi, se ben solo la decima parte de’ no-stri legionarj fossero valenti schermitori? Pienesono le antiche storie, piene le moderne di vitto-rie ottenute pel valore di pochi, od anche di unsolo, che a fondo conoscesse il maneggio dellaspada. Quante volte Roma stessa ebbe a ricono-scere la sua salvezza dalla maestria nelle armi diuno, o di pochi suoi concittadini? Chi di noinon rammenta la vittoria, che alla Potenza Roma-na sino da’ suoi primi tempi procurò il valore diun Orazio, che della sorte decise degli Albani?Chi non conosce la difesa, che fe’ la spada diCoclite al ponte Sublicio, che sola valse a soste-nere l’impeto dell’armata di Porsenna, e strap-pargli così di mano la palma del trionfo? Le rivedel Po ricordano ancora all’Italia il coraggio diMarco Marcello, che con pochi cavalieri assaltan-

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do il re de’Galli, l’uccise, e colla sua morte lospavento portò, e lo scompiglio nelle numerosetruppe, che da quello guidavansi. Chi mai avreb-be messo in salvo l’onore dell’Esercizio Romanopresso Verruggine, se la perizia nell’arme di Q.Catullo, e di Gajo Sempronio non faceva quelforte diversivo alle orde dei Volsci, ond’ebberoprima a vedere la notte, che la vittoria? Di qualsoccorso non fu alla Patria la sola famiglia de’Fabj nella guerra de’ Vedenti? Come avrebbero letruppe del Lazio scacciato Annibale da’ ripari, edagli alloggiamenti all’assedio di Capua, se laspada non le precedeva di Valerio Flacco, e quel-la del centurione Pedanio? A Scipione il maggiore non arrecarono tantagloria tutti i suoi trionfi, quanta ne acquistò coll’avere, essendo ancor giovanetto, difeso in sul Ti-cino colla spada il padre. Degno di eterna memoria è certamente il co-raggio, che dimostrò il veterano Crostino in Far-saglia, che scagliandosi il primo in mezzo de’Pompeiani, insegnò a’ suoi soldati di fare lo stes-so, onde Cesare ebbe a dichiararsi tenuto in quelgiorno alla bravura di questo valoroso centurionedella decima legione, benché rimasto estinto sulcampo. Di Marco Manlio Torquato fu pure eroical’impresa, e di non minore soccorso all’armata :<< la seconda riputazione << così il segretario Fio-<< rentino << che presso il Popolo Romano acqui-

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<< stò M. Manlio fu per avere combattuto con quel<< Francese, e morto gli trasse quella collana<< d’oro, che gli diede il nome di Torquato, il<< quale fatto, come dice Tito Livio tanti ea di-<< micatio ad universi belli eventummovendi fuit, ut<< gallorum exercitus relictis trepide castris, in Ti<< burtem agrum mox in Campaniam transierit > > Disc. Cap. 34. Leggiamo pure che talvolta i Romani ebberoa fare con truppe, che non mancavano di scher-mitori valenti, e coraggiosi soldati, i quali pre-cedendo ferocemente i compagni, avevano in usoallorché a fronte stavano de’ nemici, di sfidaretra essi a singolare tenzone colui, che il più va-loroso si fosse nel maneggio delle armi, e cosigettare la vergogna, e la confusione nelle legionidi Roma, qualora non avessero queste chi op-porre di ugual coraggio e valore. Non altrimenti Antistio Turpione uscì di spa-da armato, e di scudo dal campo di Pompeo, esfidando audacemente chi più bravo tra’ Cesarianisi reputasse, somma sarebbe stata la vergogna diquesti, se tra essi non si fosse trovato chi poter-gli opporre. Laddove quale riputazione non acqui-starono essendosi il loro centurione Q. PompeoNegro subito presentato al combattimento, che fuammirato con tale sorpresa da entrambi gli eser-citi, che sembravano, al dir di Cesare, attenderela decisione di questo duello, come quella ditutta la guerra?

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Ma perché vorremmo noi dimenticare, fra leglorie assorti dell’Italia, il valore degli stranieri?La virtù degli Spagnuoli ci si presenta agli occhidella mente, e noi le tributiamo di buon’animoi nostri omaggi. Consalvo di Cordova, onor gran-dissimo della sua nazione (16), la memoria delledi cui gesta sarà eterna, specialmente in Italia,ci fe’ chiaramente vedere quale superiorità possaavere su i nemici un esercito, in cui bravi ritrovin-si, e generosi schermitori. Le due disfide seguite nel 1502 in Pugliameritano di essere rammentate come prove de-gne del coraggio delle truppe comandate da sìbravo capitano, non meno che del valore di quel-le, che gli stavano a fronte. La prima di questefu sotto le mura di Trani tar undici cavalieri Spa-gnuoli, ed altrettanti Francesi, l’esito del qualefatto fu a questi contrario, essendo di essi rima-sti in vita quattro in confronto di sei, che soprav-vissero dalla parte degli Spagnuoli, facendo lanotte cessare il progresso del combattimento. Laseconda seguì pochi giorni dopo dell’anzidettofatto, vicino a Barletta, ed i combattenti furonotredici Francesi, ed altrettanti Italiani, i quali ri-portarono il vanto della giornata, avendo impri-gionati i loro avversarj. La storia ci ha conservati i nomi di tutti que-sti bravi combattenti dell’uno, e dell’altro par-tito di ambedue i duelli; nomi ben degni di es-sere ricordati alla posterità per servire di un esem-

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pio di zelo nel sostenere il decoro Nazionale. Lamemoria poi degli accennati fatti ci dimostra chia-ramente quanto prevalga la destrezza, e l’arte nelmaneggiare la spada sul coraggio, benché so-mo, di tali ajuti sprovveduto. Quali svantaggiose conseguenze abbia prodot-to negli affari de’ Francesi l’esito infelice di que-sti duelli si potrà dalla storia medesima rilevare, econchiuderne, che se la loro armata, come nonmancava di quel risoluto coraggio, ch’è naturalea questa Nazione, avesse avuti ancora degli esper-ti schermitori, forse non avrebbe soggiaciuto alledisgrazie, che le seguirono. (Ved. Parrini TeatroPolitico de’ Viceré di Nap. Lib.° I., e l’Ist. diNap. del Summonte al 3.° Vol. ) Quale conto facciasi de’ prodi schermitori inun’armata in simili rincontri può rilevarsi da quan-to ci narra Tasso essere avvenuto nell’armata de’Crocesegnati, quando accettata da Goffredo la di-sfida dell’orgoglioso Argante, si rivolsero gli oc-chi di tutti in Tancredi, come il solo, nella dicui spada riporre potessero la più sicura speranza. Alcun però dal pio Goffredo elettoCome il migliore, ancor non è fra molti,Ben si vedean con desìoso affettoTutti gli occhi in Tancredi esser rivolti,E dichiarato in fra i miglior perfettoDal favor manifesto era dei volti.E s’udia non oscuro anche il bisbiglio,E l’approvava il capitan col ciglio.

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Quale elogio per Tancredi potè essere piùeloquente di que’ taciti sguardi de’suoi? Sembrache non debba esservi giovane italiano, che nutrain seno amor di Patria, e desio di gloria, cheda questi esempj non abbia a sentire in sé stessouna nobile invidia, e non brami di pareggiarlinelle occasioni. Ma, o Gioventù Italiana, a tantonon si perviene senza fatica: Chi non gela, non suda, e non si estolle Dalle vie del piacer, là non perviene. La scherma non fu l’esercizio di un’ora, odi un giorno, come abbiam detto, per gli avinostri; ma fu l’esercizio di tutte le età, di tuttii tempi. Ite nunc fortes, ubi celsa magni ducit ex-empli via. Boet. Immaginiamoci lo stato, in cui troverebbesiun capo di armata nel caso di una simile disfida,se non avesse a compromettersi della particolareperizia di alcuno de’ suoi nel maneggio della spa-da. Egli è facile il trovare in un’armata chi,non curando la propria vita, con un coraggio stra-ordinario bensì, ma che non va assai discostodalla mania, o dalla stupidità, corre volentieria farne il sacrificio: ma ciò non è né onore di ar-mata, né di Nazione: distinguiamo la coraggiosavirtù dalla semplice bravura; l’unione di amen-due è quella, che costituisce gli eroi. L’utile intanto, e l’ onor privato, la prospe-rità, e la gloria della Nazione, l’esempio de’ no-stri maggiori , tutto concorre ad invitarci alla

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scuola dell’arme. D’altronde l’abuso de’ duelliè accidentale, le nostre arme da fuoco, come leantiche da getto, sono meno efficaci e decisive;la necessità dunque della scherma è evidentissima. Ma le scuole di scherma a’ nostri giorni sonoesse migliori di quelle de’ secoli barbari? Abbiamoal presente migliori maestri? Possiamo assoluta-mente rispondere di si: le scuole sono migliori,i maestri generalmente più illuminati, e più mo-rali; ma non tutti però: v’hanno ancora di quelli,che amano di farne un mistero, v’hanno di quelliche la sanno poco essi stessi, e v’hanno finalmen-te di quelli, che vendendo la loro scienza a denaricontanti, non la vendono mai per intiero. Nel Periodo di tempo, in cui viviamo, in cui inomi di libertà, e di amor di Patria non sonopiù per l’Italia freddi nomi di storia, ma nomiefficaci, e nomi di Nazione, in questo periodo piùche in ogni altro dee ogni cittadino l’omaggio de’suoi talenti, e delle sue meditazioni alla Patria. Noi ben lontani dall’erigerci in profeti de’giorniavvenire, crediamo di poter francamente asserire,che l’onore della Nostra Nazione, e la di lei pros-perità sarà in ragione degli sforzi, che noi faremoper acquistare il vero valore, e la vera virtù, ondeprofittare del gran dono, che ci ha fatto il Numedel secolo. Tali sforzi debbono consistere nella più pos-sibile approssimazione della nostra educazione aquella degli avi. Essi sono per noi tanti maestri,

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che co’ loro esempi continuamente c’invitano al-la loro imitazione. Questi principj furono quelli , che già ci chia-marono sin dalla infanzia alla scuola delle armi.Gli stessi ora ci spingono a far parte a’ nostriconcittadini di que’ pochi frutti, che sapemmo ri-cavare da’ lunghi esercizi, e dalle lunghe medita-zioni sulla scherma. Già da più mesi eransi da noimesse in iscritto delle semplici riflessioni persemplice nostra istruzione, senza che avessimo di-segno di pubblicarlo; ma le insinuazioni di unode’ nostri Socj di Accademia il Direttore dellaMarina Italiana Paolucci, giovane istruitissimo inquesta scienza unite a quelle del nostro amicoScalfati, ex-Ufficiale della Marina Napoletana, ilquale della medesima conosce bene la teoria, e l’in-coraggiamento di un altro nostro amico il DottorPrina, uomo che alla somma erudizione aggiungeun trasposto ben giusto per tutto ciò, che può con-tribuire a rendere la gioventù utile alla Patria, cihanno spronati alla pubblicazione colle stampe. Lapremura di compiacere amici, che hanno tutto ildiritto alla nostra stima, ed il desiderio di essereutili alla Patria ci hanno determinati immantinente. Oggetto de’ primi nostri riflessi furono i va-rj sistemi di scherma, e la prima conseguenza,che ne potemmo dedurre fu di dare immediata-mente l’eccellenza al medoto italiano sopra di tuttigli altri; nel corso di questo trattato ci verrà fre-quente occasione di persuadere i nostri lettori,

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che la nostra scelta non fu senza ragioni. In pro-posito di varie azioni di scherma vi faremo vederequanto gl’Italiani conobbero la gran massimalogica di passare dalle cognizioni pratiche al siste-ma, a differenza di altre nazioni, che stabilisconoprima il sistema, e da questo poi passano a darprecetti, che in pratica sono pericolosi. Non è me-raviglia che in fatto di scherma noi siamo più esat-ti degli stranieri: l’Italia trattava già la spada quan-do gli altri popoli ancora non erano risvegliati,ma dormivano il sonno dell’ignoranza. Il primo pensiero, che ci venne in mente,allorché ci siamo determinati alla pubblicazione,fu di non mai scordarci, che avevamo per le ma-ni una scienza. Ci siamo di buon’ora persuasi, chetrattandosi la scherma come tale, diverrebbe ellaun soggetto di occupazione per le persone scientifi-che, le quali col mezzo de’generali principj indicati,sarebbero nel caso non solo di giudicare della qua-lità delle azioni, che si trovano in uso, ma bensìdi pervenire alla migliorazione delle medesime, edanche all’invenzione di nuove, e così portar que-sta scienza a più eminente grado di perfezione. Noi abbiamo diviso questo trattato in tre par-ti; la stessa natura sembrava, che nella sua sem-plicità ci additasse una tale divisione. Conoscerel’arma ch’è lo strumento della scherma, il darealcune idee sulla linea direttrice, sul piano delleoffese, ed alcune altre elementari cognizioni sa-ranno come un preludio della prima parte, in cui

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faremo anche conoscere il miglior metodo d’im-brandire la spada. Una descrizione di tutte le prin-cipali azioni della scherma, senza aver per ora ri-guardato se alle offese, o alla difesa sieno esse di-rette, formerà il soggetto dell’intera prima parte:distingueremo bensì delle azioni stesse i caratteriessenziali, distribuendole in varie classi, per faci-litarne l’intelligenza. Conosciute, per dir così, in astratto le varieazioni, passeremo alla seconda parte, in cui vi ac-cenneremo l’uso delle medesime; quali dobbiatein un caso scegliere sì per l’offesa, che per la di-fesa, quali in un altro: quando far delle finte,quando ritirarvi, o avanzarvi, quando passaredalle azioni di spada alle prese, ed a ciascuna diqueste quale dobbiate opporre delle controprese. Aquesta seconda parte aggiungeremo delle riflessio-ni sull’assalto, precedute da brevi osservazionisulla fisonomia, raccolte in un capitolo, nel di cuiprincipio ci riserbiamo di dimostrarvi l’importanzadelle medesime. L’ultima parte non sarà che una raccolta dimatematiche dimostrazioni delle principali teorie,che nel corso dell’opera avremo enunciate, appli-cando alle stesse la meccanica. Intorno a ciò ab-biamo più volte consultato il Professore di Ma-tematica Giovanni Grattognini. L’interesse, che ilmedesimo ha dimostrato per la migliorazione diquesta scienza nell’assistere agli esperimenti cheda noi facevansi concernenti la meccanica, onde

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fissare delle esatte teorie, fu tale, che il primo no-stro dovere è quello di una perpetua riconoscenza. Così noi ci lusinghiamo di aver facilitati i mez-zi di apprendere il miglior maneggio della spadaa chi vorrà seriamente applicarvisi; talchè portia-mo opinioni, che con questa direzione due amici,forniti delle elementari cognizioni di matematica,possano esercitarsi insieme sino a divenire scher-mitori valenti. Sarà però della massima necessità,per trarne tanto profitto, di non avanzarsi nel-la lettura di questo trattato senz’avere nelle maniil fioretto, e di non leggerlo a salti, poiché altra-mente facendo, incontreranno i lettori per intende-re quella stessa difficoltà, che noi abbiamo prova-to nell’esprimere delle cose di una pratica assaicomplicata. Le prime nozioni, e le prime azionisufficientemente semplici apriranno la via alle piùcomposte, e spiegato una volta un termine tecnico,non vogliamo recar noja al lettore diligente colreplicarne ogni tratto la spiegazione per comododi chi legge superficialmente, e senz’ordine. Viabbiamo annesse delle figure, che faciliterannol’intelligenza delle principali posizioni del corpo,che si prescrivono, e di quelle che in certeparticolari azioni bisogna prendere. Abbiamo finalmente stimato di confermare trat-to tratto alcune teorie coll’autorità del Tasso. Peri-tissimo in questa scienza, che in alcuni incontrigli procurò la vittoria, potè essere anche esattissi-mo descrittore di varie azioni di scherma ne’ duel-

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li, e nelle battaglie del suo poema. Qui è dovepossiamo ad ogni diritto riconoscere la superioritàdel Tasso sopra Omero, Virgilio, Ariosto, ed al-tri. Fra tante pugne singolari, che da’ mentovatipoeti ci vennero descritte, in nessuna si conserva-no, o si notano le leggi della scherma; i loro duel-li non sono comunemente, che l’unione di pochegenerali vaghe nozioni, e sembrano sempre iloro combattenti tanti eroi pastori, che si batto-no senza conoscere l’arte, e le risorse della scher-ma. All’Epico italiano, al Tasso era riservataquesta gloria. Le tenzoni di Tancredi ed Argan-te, di Tancredi e Clorinda, di Rinaldo e Ger-nando, e di Tancredi e Rambaldo, di Raimondoed Argante, ed in fine le minime mosse d’armidi qualunque de’suoi guerrieri sono con tanta esat-tezza e regolarità circostanziatamene descritte, chesono altrettante lezioni di scherma italiana. Noi leabbiamo a suo luogo tanto più volentieri inserite,perché piacevole ed utile istruzione da que’ver-si potendosi ricavare, meno nojosa riesca a’ lettoriuna materia talvolta per sé troppo sterile. La facile riuscita di questo trattato nell’ottene-re in pratica il fine, che ci siamo proposti sarà ilcompenso più lusinghevole per le nostre fatiche,ed anche uno sprone per dare poscia l’ultimamano ad un altro trattato di scherma di spada epugnale, di sciabola, e di altre armi bianche. Ci reputeremo poi sommamente felici se laGioventù Italiana venga dal nostro esempio inco-

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raggita ad occuparsi di una scienza tanto utilea lei stessa, ed alla Patria, che dee riguardarsicome il solo mezzo, onde . . . . . . . . .Rinnovi il prisco onor degli avi O mostri almen, ch’a la virtù latina O nulla manca, o sol la disciplina:e se altri impegnar si volesse a rettificare ciocchèforse da noi venne con minor felicità trattato,o ad aggiungervi delle nuove scoperte.

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A N N O T A Z I O N I .

(I) Vegezio non parla che in generale della cu-ra de’ Romani di migliorare le loro armi, osservan-do gli avvantaggi di quelle dei nemici; ma da Poli-bio sappiamo, che appena essi conobbero la spadaspagnuola, che tosto lasciarono la propria, ed aquella s’appresero. Leggete il frammento di questostorico greco conservatoci da Suida alla parola_______ dell’autorità di questo frammento con-tentassi il Montesquieu nella nota (r) al cap. 2, del-la grandezza, e decadenza, ec Noi amiamo megliodi rimettere i nostri lettori al lib. 38. di Tit. Liv.Cap. 21. ed al lib. 31. cap. 34. A questi passi ap-poggiato il Niewport disse: velitum arma erantprimo gladius hispanicus, ec. Vedete anche Genia-les dies Alexandri ab Alexandro lib. 6, cap. 22.verso il fine. (2) Non v’ha dubbio, che la nostra schermasia propriamente la gladiatura rudiaria dei Roma-ni. Le azioni erano precisamente le stesse; egli èperò necessario di essere attenti a non confonderela rudiaria dei cittadini con quella dei gladiatori,non già per rapporto alle azioni, ma bensì alle per-sone, che vi esercitavano. Notiamo ancora a mag-giore chiarezza, che il nome di gladiatura rudiariaveniva pure dato dai Romani a quelle prime azionidi preparativo che facevano i gladiatori appena en-trati nell’anfiteatro colle spade di legno, di cui par-

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leremo in appresso: queste azioni possono parago-narsi a quelle, che fanno prima di cominciare l’as-salto i nostri schermitori, e che chiamansi da noistoccate all’aria, le quali servono per isciogliere lamacchina, e principalmente il braccio destro, ondeessere più agili, e veloci nel combattimento. Ar-gante dovendo pugnare con Tancredi al nuovogiorno, si alza pria che l’aurora fosse apparsasull’orizzonte, indi s’esercita da sé stesso per-cotendo con l’armi l’aria, come si legge al cantosettimo st. 53. Nuda ha la spada, e la solleva, e scuote, Gridando, e l’aria, e l’ombre invan percote. (3) Chi saprebbe mai assegnare l’epoca dell’in-venzione del fioretto col bottone? Da varj luoghidell’Opera del Muratori Script. rer. ital. si potrebbeforse arguire, che sia stato trovato in Italia circail secolo 9. Noi però francamente confessiamo lanostra ignoranza su tal punto. Non saremo peròmai del parere di quelli, che prendono l’armi detterudes degli antichi gladiatori per fioretti. (4) Parlando noi qui estesamente della gran cu-ra che i Romani mettevano nell’esercitarsi al ma-neggio delle armi, e principalmente della spada,non intendiamo dire ch’essi fossero i soli, che ciòpraticassero. Potremmo qui farvi osservare un si-mile costume presso quasi tutti gli altri antichi po-poli; ma per evitare una troppo lunga ed inutile

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narrazione ci contenteremo di darvene un’ esempioin quei popoli, la cui storia ci è quasi del tuttoincognita. Gli antichi abitanti delle Isole Britanniche, ibravi Calcedoni facevano del maneggio della spa-da una delle loro prime occupazioni. Fra le pochecose, che la loro storia ci fa sapere non ha l’ultimoluogo la rinomata loro accademia di Ulster, luogodedicato all’esercizio dell’armi; ciocchè dimostra,ch’essi a somiglianza de’Romani avevano de’ luo-ghi a ciò destinati, come si rileva da’versi del poe-ta di questa nazione a noi noto: Nella sala de’muri ei dai primi anni L’arte del brando apprese. Cesarotti trad. di Ossian C. 2. p. 56. Un effetto di questa guerriera istituzione era ilvalore di questi popoli nei combattimenti; di cui al-le volte gli stessi Romani fecero sotto gl’Imperato-ri delle triste prove, onde il precitato poeta ebbeluogo di far dire ad uno de’ suoi eroi . . . . . . . . . . e vinti Fuggian dalle nostre armi i re del Mondo. Ossiam C. 6. p. 160. (5) Publio Rutilio Console, e collega di C. Man-lio aveva in uso d’invitare all a sua casa i mae-stri de’gladiatori, coi quali esercitatasi nell’usodell’armi, onde meglio accoppiare artem virtuti, utilla impetu huius fortior, haec illius scientia cau-tior esset: Fu appunto di questo esperto probo con-sol e l’ordinare, che i maestri di scherma per li

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cittadini fossero i soli soldati veterani: simili di-sposizioni non si danno, che da simili magistrati. (6) Postquam vero studium armorum a mani-bus ad oculos, ad voluptatem a labore transla-tum est, postquam exercitationibus nostris non ve-teranorum aliquis, cui decus muralis, aut civica,sed Graeculos magister assistit. Gio. Maria Ca-taneo dotto letterato Novarese che fiorì sulla finedel Secolo XV, e di cui abbiamo un eruditissimocommentario perpetuo alle epistole di Plinio, ed alpanegirico detto a Trajano, che dedicò al principee maresciallo Gio. Giacomo Trivulzio, in propositodel Graeculus magister ha usato tali espressioniche non possiamo tacere alla Italiana Gioventù, alcui profitto indirizzammo i nostri studj. Armorum instructor Graeculus; nec aliudquicquam Graecis servitutem ac mollitiem attul-lisse putant Romani, quam Gjmnasia, et palae-stram, quibus languescunt adolescentium animi,ut penitus effaeminentur. Hinc puerorum amores gigni, hinc somno,et deambulationibus juvenum corpora corrumpi,hinc saltationibus, et motu composito, et certo,et delicato cibi genere debilitari, quibus de cau-sis ab armis se delapsos esse non intellexerunt,autore Plutarcho. Haec igitur, si quilis effugerestudet, in pulverem prodire, et sub Dio mane-re oporter. Greci enim, reference Curio, pro-fessionem honestrarum artium malis cor-ruptores; in quos Plinius senior acerrime invehi-

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tur, genitores omnium vitiorum, et omnium cor-ruptores appellans ; menimi legisse apud quem-dam Graecum Latinos appellasse Graecos igno-miniae causa; quanto magis Graeculos; ut apudJuvelanem , Graeculus esuriens. Paneg. Traj. dct.Cum doct. Joan. Mar. Cattanei Comment. Ge-nevae MDCLXXI. Pag. 25. 26. (7) Si credette da taluni, che a puro diverti-mento del popolo si desse in Roma lo spettacolode’ gladiatori, ma Roma libera non fu mai cosi fri-vola. Montesquieu nel cap. 2. delle sue considera-zioni sulla grandezza, e decadenza dell’ImperoRomano: ils s’accoutumerent, dice, à voir le sang etles blessures dans les spectacles des gladiateurs,qu’ils prirent des Etrusques. Consultate i frammentidi Niccolò di Damasco lib.X. preso da Ateneo lib.4.ove troverete che avanti di mandare la gioventù ro-mana all’armata si usava presentarle lo spettacolode’combattenti gladiatorj. Tito Livio lib.41. ci at-testa, che ad imitazione dei Romani, Perseo re diMacedonia introdusse fra’suoi questi spettacoli,on-de animarli alla scuola, ed allo studio dell’armi.Nessuna meraviglia pertanto, che dalla gladiaturaRoma, n’abbia fatto un’arte ed una scuola.In essav’erano i suoi maestri chiamati lanistae, del qualenumero era il famoso Spartaco, e coll’esercizio,dice Plinio s’addestravano i gladiatori novizj. (8) Vedete sopra le note (2), e (3). (9) Ben lontani dal commendare sì fatti diver-timenti, quantunque utili, non possiamo che com-

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piangere la miserabile umanità,le di cui grida veni-vano soffocate dalla Politica Nazionale. Invano isaggi di Roma ( e specialmente Cicerone ) riclama-rono i diritti di quella; le orecchie d’un Popoloconquistatore non sono le più disposte ad udirli.L’Imperatore Onorio finalmente abolì i gladiatoridietro le rimostranze di Prudenzio, e la loro aboli-zione non fù che il trionfo della nuova morale delvangelo. (I0) Una volta per sempre. Non intendiamoqui di parlare che dei duelli privati fatti per frivo-le cagioni, che non attaccano l’onore di chi li fa. (II) Quasi tutti i principi d’Italia, i re diFrancia, gl’imperatori di Germania, il re di Prus-sia hanno assoggettati alla pena capitale, o ad al-tre poco meno gravi gli autori, ed i padrini de’duelli. Nessuno ha preso di mira il pregiudizio, chen’era cagione: che anzi in molti regni e repub-bliche s’intima a’ militari la pena di morte, se man-dano od accettano il cartello di disfida, e poi sidegrada colui, che ricusa di accettarlo, come vile ecodardo. Quest’ultima misura è un alimento dellostesso pregiudizio d’onore, che produce i duelli, ecosì questi si moltiplicano, e si perpetuano. Vedeteal proposito nella raccolta di opuscoli di Rollin laDissertazione su’ duelli, e le loro cause. (I2) Si accusa Galeno di aver ignorata la veraorigine della ginnastica, perché dice, che non co-minciò ella a vedersi, che a’tempi di Platone: men-tre appare da diversi luoghi di Omero e particolar-

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mente dal lib. 23. dell’Iliade, ove descrive i giuo-chi celebrati ne’funerali di Patroclo, che essa nonera ignota al tempo della Guerra Trojana. Da’ver-si di Omero, che sono il più antico monumento,che ci resti della ginnastica greca, raccogliamo,che si avevano sin da quell’epoca i corsi de’carri,i pugni, la lotta, il corso a piedi, i gladiatori, ilgittare del disco, il tirar dell’arco, e lo scagliaredel giavellotto, pare che sin d’allora la ginnasticain generale poco mancasse dalla sua perfezione.Ma come mai poteva ignorarsi tutto ciò da un Ga-leano? Se i suoi accusatori avessero osservato,cheGaleno non parla, che della ginnastica medica,avrebbero trovato nella di lui asserzione non unerrore, ma una massima esattezza storica. Non si èmai cauto abbastanza quando si tratta di criticarequesti genj. (I3) Questo non dee intendersi, che in rappor-to alla nostra scienza, e forza militare: la storiadella letteratura italiana continuata dal suo princi-pio sino a’ di nostri, presenta sempre epoche lumi-novissime, se si eccettuano pochi e brevi periodi,che furono però comuni a tutte le nazioni di Euro-pa. La sola nostra storia militare ha tuttavia dellegrandi lacune, ed è pur quella, che dee andare pa-rallela colla storia della prosperità, e della glorianazionale. L’armamento ordinato nella Repubblica Italia-na dal Corpo Legislativo, la scuola militare di Mo-dena, i nuovi interessi dell’Italia ci fanno sperarede’periodi migliori.

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(I4) Non ostante che gli Antichi fossero rico-perti di armi difensive, non sempre queste furonosufficienti a difenderli dalle armi da lancio, che al-lora erano in uso. Si sa però dall’esperienza, checon facilità può costruirsi una corazza, o uno scu-do che resista alla palla del fucile. (I5) La gloria de’popoli, che hanno sopra tuttigli altri estese le loro conquiste sembra, che si deb-ba riguardare come una conseguenza della loroespertezza nel maneggiare la spada.In conferma diciò rifletterete che << Ciro, secondo Senofonte, fu<< il primo che relativamente all’Asia conobbe<< l’eccellenza delle armi da ferir da presso, e con<< tale istituzione in Timbraja raccolse copiosis-<< simo frutto delle sue fatiche, e la fondazione di<< un vasto impero, che ne fu la ricompensa; ma i<< suoi successori non profittaron lungo tempo<< dell’esempio onde può dirsi che i soli Greci, e<< Romani sieno stati negli ottimi usi costanti,e<< massime questi ultimi, in guisa ammaestrati<< sempre più dalla esperienza, che la forza del<< combattere nelle armi da ferir da presso consi-<< steva, le riserbarono per loro, lasciando volen-<< tieri alle altre nazioni il pregio di esser brave<< nell’arco, nella frombola, ed altre di tal sorte,<< delle quali, forse per far conoscere la poca sti-<< ma non si armavano se non pochissimi giovani<< dell’ordine più basso; e nel decorso del tempo<< elessero piuttosto avvalersi de’ Baleari, de’ <<Numidi, e de’ Cretesi, che far maneggiare << arme simili da un Romano. Sicuri del va-

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<<lore del loro braccio non vollero commettere al-<<l’aria la cura di ferite. Ma dopo il corso di molti<<secoli le armi da trarre tra gli Barbari multipli-<<cate s’insinuaron finalmente nella Milizia Ro-<<mana, contrassegno evidentissimo della sua de-<<cadenza. L’invenzion della polvere aggiunse a<<tali armi stima maggiore… Cosi la guerra<<mutò sembiante, e ripigliò quasi l’antica forma<<degl’imbelli Asiatici da Ciro corretta. Così le<<armi di ferire da lungi, che servivano soltanto<<di preludio, e segno della battaglia formarono<<tutto il combattere. L’arte mutò principj, e quan-<<do prima spiegava la sua forza maggiore nell’-<<avvicinarsi più all’inimico, la fece poi consiste-<<re nell’allontanarsene. Ecco dunque come le ar-<<mi da ferir da presso cederono a quelle da trar-<<re, contro l’esempio, l’esperienza, e la ragione.<<Se l’autorità dell’esempio, in tutte le cose di<<gran peso, conserva in questa alcun valore, di-<<mostrerà in questa egualmente che le armi da<<ferir da presso sono state dagli Antichi le sole<<pregiate, e riputate di uomini bellicosi. Archilo-<<co parlando di que’di Negroponte dice: eglino<< non conoscono né le frombole, né gli archi; ma<<tosto che Marte dà il segno della battaglia, si<<battono le spade, e fanno terribili imprese, poi-<<chè questa è la sola maniera di combattere, che<<hanno appresa i bravi abitatori dell’Eubea, ec.<< La conquista dell’Asia procurata ad Alessandro<<dalle armi da ferir da presso, e l’Imperio del<<Mondo a’ Romani; le grandi e sorprendenti

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XLVI<<imprese di costoro, e de’Greci avrebbero ga-<<rantirle per non cedere ad altre in luogo, sin<<che queste altre non avessero date di sé simili, e<<maggiori prove.>> Così nelle riflessioni criti-che sull’arte della Guerra al cap. 3. si esprime ildotto, e sagace Palmieri. Questo valentuomo, chefu uno de’ più celebri tra’Napolitani, che si sonoapplicati allo studio della milizia, dimostra nel ci-tato libro la preferenza che alla spada si dee soprale armi da trarre, e ripete l’abbandono tanto diqueste, che delle armi difensive dalla mancanza delcoraggio, e dallo aborrimento per la fatica, che lamollezza ha ispirato all’uomo; talchè il prelodatoautore in proposito del disuso di queste ultimedice: << la principalissima cagione che ha fatto<<lasciar le armi di difesa è stato, per mio avviso,<<l’odio, e l’avversione alla fatica>> ed altrove:<<la fatica dunque apparve più orrida, e più ter-<<ribile della morte>>. Il precitato capitolo è troppointeressante per chi volesse istruirsi su di questosoggetto; ma la sua lunghezza ci ha impedito ditrascriverne dappiù. (I6) Non siamo noi i primi fra gl’Italiani nell’ammirare i talenti militari di Consalvo. Lo StoricoItaliano l’immortale Denina nelle vicende della let-teratura lib. 3. cap. 22. si esprime cosi:<<le Ordi-<<nanze Spagnuole per tutto quel secolo (XVI) fu-<<rono riguardate come le migliori milizie di Eu-<<ropa. Benché in Italia vi fossero stati condottie-<<ri valorosi ed accorti, niuno però uguagliato ave-<<va in quest’arte quel Consalvo, che ebbe dagl’<<Italiani stessi il sopranome di Gran Capitano.>>

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PARTE PRIMA

DEFINIZIONE DELLA SCHERMA

La Scherma, se non vogliamo di-scostarci dallo stretto significato, cheottenne nella nostra lingua, non altraidea ci presenta, che quella di un’ ar-te, che insegna a difendersi, o a ren-dere vani i colpi di un avversario: mapreso come termine tecnico della scien-za, che noi trattiamo, viene a ricevereun più esteso significato; e compren-dendo non solo l’idea della difesa, mabenanche quella dell’offesa, ed amen-due coll’uso della Spada, sembra chepossa meritevolmente definirsi: << La<< scienza di servirsi della Spada, per<< difendersi dall’avversario, ed offen-<< derlo >>. Tale è pure la definizione,che ci viene data dagli Autori della En-ciclopedia, e sembraci sufficientementeesatta, benché in essa non si esprimail numero de’ combattenti, o schermi-tori. Poiché quantunque sia comune-mente invalso l’uso di chiamare col no-me di Scherma il combattimento di duepersone, non è però questo dell’essenzadella Scherma, insegnando essa egual-mente allo schermitore la difesa da un

I

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2solo avversario, come da due, o più; esimilmente ad offendere un maggiornumero. Avendo noi pertanto determinatodi dare un compito trattato della Scher-ma, in cui tenteremo di conservarequell’ordine, che più proprio, e natu-rale ci sembra; crediamo opportuno ildar principio alla descrizione dell’ar-ma, che deve impugnare lo schermi-tore, cioè della Spada, indicandone lesue parti, e successivamente le pro-pietà, che ne costituiscono il pregio.

CAPITOLO PRIMO .

DELLA SPADA.

§. I. Definizio- La Spada è un arma diritta di Accia-ne della Spa- jo, somigliante ad un’asta, che ferisceda. di punta, e rare volte di taglio.§ 2. Sue parti Ella è formata da due parti princi-principali. pali denominate Lama, e Guardia, le

quali poi suddividonsi in altre minori.§. 3. Definizio- La Lama è tutto quel tratto di fer-ne della La- ro, che serve a ferire, ed a parare ima. colpi, che ci vengono tirati dal nostro avversario.§. 4. Figura del- La figura delle Lame è varia, sic-la Lama. come è stato vario l’ingegno degli Ar-

tisti, che le hanno fabbricate. Ordina-riamente però hanno la figura quasi

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3piramidale, tranne quelle, che, fattaastrazione della piccola grossezza, chehanno più nel mezzo, che nelle loroparti laterali, sembrano piane. Noi non siamo per decidere qualedi queste due classi più convenga alloschermitore, poiché mentre una con-viene ad un uomo, può ad altro di-sconvenire. Quando si saranno esaminate tuttele loro proprietà, ci sembra, che inquesto genere, la volontà di ciascunosia il più giudizioso parere. Siccome abbiamo diviso in dueclassi le lame, così esse distinguonsi inquelle di filo, e di mezzo filo. Quelle difilo sono cosi denominate, perché so-no a due tagli, e si comprendono nellaclasse delle prossimamente piane, men-tre quelle di mezzo filo, che si com-prendono nella classe delle quasi pira-midali, non hanno un vero taglio, quan-tunque i loro angoli possano essere mi-cidiali. La lunghezza poi della lama è in- §. 5. Lunghez-

determinata, e non si può esattamente za della Lama.

stabilire. Questo dipende da che tuttele cose si presentano agli occhi degliuomini, sotto vario aspetto, e che nellaloro contemplazione, i nostri pregiudizjci sono quasi sempre di guida. Talunisono intimamente persuasi, che la lamacorta sia di sommo vantaggio, sembran-

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4do loro di agire con somma celerità dipugno, mentre altri, indotti da ragioniplausibili, riconoscono nella lama lun-ga una grande superiorità. Non fa d’uopo di dimostrazione per convincer-sene, poiché ognuno si avvede, checolla lama lunga, si colpisce amaggior distanza, e s’impedisce alnemico di avvicinarsi. I Natoletani,ed i Siciliani, riconoscendo questeproprietà in tutta la loro estensione,cingono spada di quattro palmi dilama, che poi denominano di misura,perché di queste propriamente fannouso ne’loro duelli. (a). Si suole comu-nemente nel resto d’Italia portare del-le spade di tre palmi, e mezzo, o quat-tro meno un terzo di lama; e convie-ne tenere per certo, che se fosse piùcorta, sarebbe svantaggiosa, per chi sene dovrebbe servire.

§. 6. Larghezza La loro larghezza è pure varia.della Lama quelle di filo sono però generalmente

(a) L’autorità degli Schermitori della anzidet-te due regioni d’Italia, che si sono sempre di-stinti, o si distinguono tuttavia in questa scienzadagli altri Italiani, potendosi con fondamento dire,che sono i soli, che abbiano conservato l’anticovalore italiano nel maneggiare la Spada: una taleautorità solamente ci sembra sufficiente a farcideterminare in favore della Spada lunga. Ma quinon ci è permesso di estenderci nel dimostrarne ivantaggi, ciacchè faremo più a proposito in altroluogo.

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5nel loro forte (b) del diametro di die-ci linee, e quelle di mezzo filo di circaun mezzo pollice. Sembra che quelladi filo, occupando maggiore spazio,serva ad allontanare più la punta ne-mica di quella di mezzo filo, mentreperò questa dee avere, nelle parate,maggiore efficacia di quella. La tempra dell’acciajo debb’essere §. 7. Della tem-

finissima, e non cruda. La lama dee pra delle lame.

essere elastica in modo, che dopo diessere stata piegata, debba riprenderela di lei forma primiera. La proprietà,che principalmente debbono avere lelame si è quella, che quando urtanoinsieme colla massima forza, debbonoresistere scambievolmente agli urti ri-cevuti, o agli impulsi comunicati. Ilsaper distinguere le diverse qualità del-le lame, ci sembra una conoscenzaindispensabile per chiunque cinge spa-da, affinché possa riporre sulla di luiarma una intera fiducia, e sicurezza,e non soggiacere a degli accidenti, cheesporrebbero a grandi rischi gli uomi-ni i più valorosi. Non tralasceremo perciò di sugge-rirvi tutte quelle regole, che la praticain questo genere ci somministra, perfacilitarvi una tal conoscenza.

(b) Vedi il significato di questa voce al §. I0.

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6§. 8. De’ più La prima caratteristica, che deecelebri Fon prevenirvi della bontà di una lama èditori di La- l’esser ella di un fonderia Spagnuola,me. mentre questa Nazione ha portato l’ar

te di fabbricar le lame a quella perfe-zione, a cui le altre Nazioni Europeenon hanno potuto finora giungere.Maper darvi un’indizio più certo, ondepervenire alla cognizione suddetta, cipiace farvi sapere i nomi degli au-tori più celebri di questa Nazione, lelame de’quali sono maggiormente ri-cercate, per esser le migliori. Noidunque ve li noteremo qui nello stes-so modo, che sono impressi nelle la-me stesse, e sono: Thomas Ajala, Se-bastiano Hernantez, le tre campane(c), Francesco Ruitz, Sebastiano Er-nandez, Pietro del Monte, la Lupad’Oro, la Lupa di Ferro, Sahagun Sa-hagun, Sahagun del Viejo, Crocefissod’Alemagnà, Ludovico Ernandez, leCrivellese, Cayno, le di cui Lamesono marcate solamente nel ricasso.

§. 9. Diverse Le proprietà per altro, che in ge-

proprietà, che nerale debbono avere le Lame, per

costituiscono essere perfette, sono le seguenti: Pri-

la perfezione mo.La finezza della loro tempra.Que-delle Lame. sta si rileva dal colore della Lama,

( c ) Questa specie di Lame vien più comunementedetta de’ Cristi. La denominazione però, colla qualenoi l’indichiamo sembra più propria, esprimendo lamarca, con cui esse sono segnate nel ricasso, che sonoappunto tre Campane.

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7che debb’essere vivace, e non piombi-no, e dal suono, e vibrazione, chedalla stessa si produce, qualora sospen-dendola per la spica ad un filo, si per-cuote in varie parti con un ferro qua-lunque. Secondo. La difficoltà, ches’incontra se si vuol limare, non at-taccandovi, che a stento la più fina li-ma. Terzo. L’aver la forza d’intaccarequalunque ferro, che con la stessa sipercuote, e sia pure l’incudine, senza,che nel taglio della Lama si faccia ve-run dente. Quarto. Il piegarsi la La-ma, quando se ne appoggia l a puntaal muro (ciocchè dicesi terziarie) for-mando una piccola curva nell’ultimopunto della sua graduazione (d) senzache nel restare della Lama si ravvisialcuna curvità. Se la Lama sarà unpoco più dolce, il vertice della curvadebb’essere nel debole, di modo, chese si tirasse una corda dalla punta, inun punto corrispondente, questo puntodee, al più essere il centro della La-ma. Si avverta però, che dal centro alricasso non dee la Lama piegarsi af-fatto, altrimenti, ella non sarà di al-cun pregio. Quinto. L’avere il ricas-so; poiché qualunque Lama, che nonne ha, non sarà giammai Spagnuola,

(d) Vedi la giustificazione di questa voce al §. I0.

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8e molto meno di buon autore. Oltredi che la mancanza di una parte tantoessenziale rende affatto inutile la Spa-da. E soprattutto ne’rincontri, in cui sene ha maggior bisogno. Sesto. Per ul-timo la Lama dee avere una incavatu-ra (e) corta, e profonda, e le letterech’esprimono il nome dell’autore, deb-bono esservi bene impresse, altrimentila Lama sarà falsa, cioè non di quell’autore, di cui porta il nome. Poichéspesso accade, che de’fabbricatori diniun valore mettono alle loro Lame ilnome di qualche autore de’più cele-bri, per accreditarle.

§. I0. Gradua- Non si può schermire bene, sezione della La- pria non si conosca esattamente la gra-ma. dazione della Lama. E siccome dalla

graduazione stessa dipende la più granparte delle azioni della scherma, cosil’acquistarne una chiara, e distinta ideaè tanto necessario per calcolarne inteoria l’efficacia, quanto per ricavarnein pratica i più vantaggiosi effetti. Per concepire dunque una ideadella graduazione della Lama, dividetequesta in due parti eguali, ed il puntodi tale divisione si applicherà centro.Se suddividerete in quattro egualmente

(e) Dagli Schermitori Napoletani questaviene indicata col nome di Scannellatura.

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9una di queste parti, andando dal cen-tro alla punta, i tre punti, che succes-sivamente incontrerete si chiameranno:meno debole, debole, doppio debole,essendo zero il grado, che si confon-de colla punta per la difesa, ed il mas-simo per l’offesa. Facendo poi la me-desima operazione sull’altra parte dellalama, cioè dividendola in quattro partieguali, partendo dal centro, ed andandoverso il principio, i tre punti, che in-contransi, si denomineranno : menoforte, forte, e doppio forte. Questi di-versi punti chiamansi gradi, e comin-ciansi a contare dal doppio forte inmodo, che questo stesso corrispondeal numero I, il forte al 2, il menoforte al 3, il centro al 4, il meno de-bole al 5, il debole al 6, il doppiodebole al 7, e la punta all’ 8. Queste parti avranno in seguito la §. II. Si accen-

loro applicazione; né qui possiamo de- na l’uso della

scrivere l’uso, perché sarebbe lo stes- graduazione.

so, che fare una petizione di principio. Sia però intanto a vostra cogni-zione, che le lame trovandosi a con-tatto, se voi avete il vostro doppio for-te sul punto del centro dell’inimico,la forza vostra sarà tanto maggiore diquella dell’medesimo, per quanto i suoigradi saranno maggiori de’vostri; cioèse al vostro doppio forte il grado è I,ed al suo centro i gradi sono 4, la

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I0vostra forza sarà quattro volte maggio-re di quella del nemico.

§. I2. Della Spica della Lama si dice la coda

Spica. della medesima, ed è quel pezzo diferro, che passa per la impugnatura,(f) e pomo (g) a somiglianza della co-da del Coltello, che passa pe’l suomanico. Ordinariamente ella è della lun-grezza di sei pollici. La sua figura,essendo piramidale quadrangolare, im-pedisce all’ impugnatura di smuoversi,ed i suoi angoli la tengono stabilmenteincardinata. La di lei tempra debb’es-sere quasi la stessa, che quella dellalama.

§. I3. Del Ri Il Ricasso, cosi detto dagli scher-casso mitori, fin da’ passati secoli, è quella

parte di ferro intercetta tra lama, ela spica. La sua tempra dee essere lastessa, che quella della lama. Gli Spa-gnuoli, per quello, che noi sappiamo,furono i primi, che si avvidero, chenella guardia, vi doveva essere un pun-to fortissimo, su di cui applicare laforza, e potenza, che l’uomo necessa-riamente impiega nello schermire. Osserviamo continuamente, chemolte volte, nel contrasto, che i fio-

(f) Vedi il significato di questa voce al §. I9.(g) Questo vocabolo viene spiegato al §. 20.

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IIretti (h) fanno in uno assalto, si rom-pono nel luogo del ricasso, o nellaimpugnatura , perché lo schermitoreimpiegando molta forza su questo pun-to, la cui tenacità è di poca restisen-za, conviene che ceda, e si spezzi. Esaminate tutte queste cose, ognu-no sarà persuaso di non adoperare Spa-da, che non abbia questo tratto di fer-ro fortissimo, che si denomina ricasso,dipendendo sovente da quest’attenzio-ne la sua sicurezza. La sua figura è parallelepipedaperò sarebbe bene che, i nvece degliangoli, vi fossero altrettanti lati, dive-nendo così un Ottaedro; poiché allorail ricasso non cagionerebbe più del do-lore alle dita, queste resisterebberomaggiormente alla fatica, e la forzaimpiegata produrrebbe maggior effetto.

(h) Vengono con questo nome indicate da-gli schermitori quelle Spade, di cui essi si ser-vono nelle Lezioni, e nelle Accademie per eser-citarsi. Queste rassomigliano quasi in tutto allevere Spade, ne differiscono soltanto per non es-sere acuminate nella loro punta, la quale anzi siguernisce di un bottone di ferro, che ricopertodi pelle, assicura lo schermitore del danno, chepotrebbe, senza di questa precauzione, riceverne.Le lame di questi non hanno tagli, né alla loroguardia si suole mettere l’Elsa.

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12§. I4. Della La Guardia della Spada è unaguardia della unione di varie parti, che agiscono nel-Spada , e sue lo stesso tempo, messe in moto dalloparti. schermitore, per difendere il proprio

corpo. Da alcuni impropriamente vie-ne chiamata impugnatura, assegnandoal tutto il nome di una parte. Questocorpo, o sistema di corpi, comunquevogliasi dire, è composto di sei parti,ossia, in sei parti si divide. La lorodenominazione è la seguente: la Coc-cia, gli Archetti di unione, la Vettetrasversale, l’Impugnatura, ossia Ma-nica , il Pomo , e l’Elsa.

§. I5 Della La Coccia è un segmento di su-Coccia, e del perfidie sferica, su di cui si avvolge,Rivettino. all’intorno della sua sezione, una zona

conica, la quale forma al di fuori,verso la convessità, un vano concavo-convesso, dagli schermitori questa zo-na viene appellata Rivettino. Il di luiuso si è quello di arrestare, o disviaredal nostro corpo la lama nemica, chiu-dere tutto il corpo sotto di esso, edassicurare la mano da tutti i colpi ovolontariamente, o involontariamentedrizzati alla stessa; poiché senza l’osta-colo del rivettino, la punta nemicafacilmente, strisciando sulla convessitàdella nostra coccia, verremmo ad es-ssere feriti o nella mano, o nel braccio. Nel mezzo di detta coccia vi pas-sa l’esterno del ricasso, e la lama,

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I3Propriamente detta, ha la sua origineda questo punto. La convessità suddetta essendo §. I6. Uso della

poi rivolta verso la punta, forma al Coccia .

nostro corpo un piccolo scudo, di cuispiegheremo in progresso i vantaggi.L’epoca della di lei invenzione non sipotrebbe giustamente fissare; ma con-vien presumere, che sia stata adottata,e presa in grande considerazione aitempi, in cui si posero in disuso learmi difensive, e particolarmente loscudo. Gli Archetti di unione sono così §. I7. Degli Ar-

detti, perché servono ad unire la coc- chetti di unio-

cia alle vette trasversale. Avendo fatto ne.

passare, per lo buco della coccia lalama, essi debbono essere nello stessopiano, e direzione di questa, e se lalama è di filo, gli archetti corrispon-dono precisamente a’ suoi due tagli.Sortendo da due opposti punti dellacirconferenza della coccia, incontranola vette trasversale, a cui si congiun-gono. La di loro altezza è determinatadal ricasso. L’archetto, che corrispon-de al vero taglio della Spada, chiama-si di dentro, e l’opposto di fuori. Que-sti sono atti anche a parare i colpi ditaglio, e ad allontanare la punta nemi-ca ne’ fili di Spada. (Vedi il Cap.5). La Vette trasversale è parallela §. I8. Della vet-

alla coccia, ed è forata nel centro della te trasversale .

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I4sua larghezza, e lunghezza. Unisce gliarchetti, e pe’l suo buco passa laspica della lama, che ivi resta incardi-nata, affinché non succeda alcuna ro-tazione delle vette, e coccia intornoa se stessa. La sua lunghezza è pro-porzionale alla grandezza della coccia.

§. I9. Della L’ Impugnatura, ossia manica ha Impugnatura. una figura, che si accosta moltissimo

al cilindro. La materia, che s’impiegaper farla, può essere qualunque, par-lando di legni, e metalli. In generaleperò si fa legno, e si ricopre, perornamento di un filo di argento, o dioro, o di altri fili metallici, detti Fi-ligrana, che hanno il colore di questidue. E’ forata in tutta la sua lunghez-za, e vi passa la spica della lama,come si è detto. Poggia sul mezzo del-la vette trasversale, avendo alle suebasi due cerchi di una sottile laminet-ta, che tengono fissi gli estremi delfilo accennato, ed aderenti le parti dellegno, allorché si sforza l’impugnatu-ra, per farvi centrare la spica. Final-mente la lunghezza di questa impugna-tura suol’essere prossimamente tre pol-lici, e tre linee.

§. 20. Del Il Pomo occupa il residuo della Pomo. spica, di lunghezza di un pollice, e

mezzo. Il di lui peso è determinato daquello, che si richiede per equilibrarela Spada; poiché un piccolo peso, alla

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I5estremità della spica, fa le stesse fun-zioni, per generare l’ equilibrio, cheun più grande vicino alla coccia. Con-giunge la sua base circolare con quelladella manica; e sarebbe ottimo, che ilsuo buco fosse quadrato, per impedirela minima rotazione. Si rassoda allasua estremità, ribattendo quel piccoloavanzo di spica, o facendovi una vite. L’ Elsa è quell’arco, che partendo §. 2I. Dell’El-

dal punto d’incontro delle vette tra- sa.

sversale con l’archetto di dentro, va aterminare un poco più sotto del centrodel pomo, in cui centra per un buco,ov’ella viene fissata, o unita solidamen-te con una vite. Il suo uso è quello diparare le dita da’colpi di taglio, e daifili di Spada, e serve a tenere maggior-mente stabile il pomo. Tutte le dianzi descritte parti deb- §. 22 Dell’ E-

bono essere di un certo determinato quilibrio della

peso, proporzionale al peso della la- Spada.

ma per generare nella Spada il ne-cessario equilibrio, onde poterla ma-neggiare facilmente, e con celerità.L’equilibrio dunque della Spada, ossiaquel punto, ove giace il di lei centrodi gravità, debb’essere sulla lama stes-sa, distante dalla coccia per lo spaziodi quattro dita. Se questo punto fossepiù vicino, o più distante dalla coc-cia, ne avrebbe che il peso, accre-scendovi dalla parte della guardia, ed

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16accumulandosi nella mano, questa sa-rebbe più tarda a’movimenti; o purepreponderando verso la punta, ne im-pedirebbe la direzione, ed il liberomaneggio della Spada.

CAPITOLO II.

NOZIONI PRELIMINARI.

§. 23 Introdu- A vendovi nell’antecedente capitolozione, in cui data una giusta idea delle proprietà del-si dà la defini- la spada, crediamo necessario di pas-zione dell’ a- sare a descrivervi le varie maniere, inzione, e se ne cui ella dee adoperarsi.fanno le di- Or qualunque mossa, che dallostinzioni. schermitore si fa o colla sola spada,

o col corpo e la spada insieme, tantoper difendersi, che per offendere, vienenella Scherma indicata col nome ge-nerico di azione. Da ciò è facile il comprendere,che le azioni, considerate per rapportoa’di loro effetti, o sono di offesa, qua-lora non hanno altr’oggetto, che il fe-rire; o sono di difesa, quando cioè ten-dono solamente a questa. Vi sono an-che delle azioni di chiamata, o d’in-vito, così dette, perché colle medesimes’invita il nemico a dirigervi le offesein un dato modo; e finalmente hanvidelle azioni, che diconsi d’indagine,

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17poiché si adoperano per esplorare, inun certo modo, la volontà dell’avver-sario. Dalla diversa maniera, in cui sifanno le azioni nascono varie altreclassi delle medesime, che da noi di-stintamente si spiegheranno. Prima pe-rò di passare a descriverle, bisognadarvi delle idee, che sono come i prin-cipj generali, su di cui si regola l’ese-cuzione di ogni azione qualunque, eche possono riguardarsi come le basifondamentali della presente scienza.Quindi ci sembrano cosa utile l’es-porli tutti riuniti nel presente Capito-lo, chiamandoli Nozioni Preliminaridella Scherma. Posto lo schermitore a fronte dell’ §. 24. Della Di-

avversario co’piedi formanti a’talloni rettrice.

un angolo retto, cioè colla punta deldiritto verso l’avversario, e col piedesinistro perpendicolare alla linea, incui si trova il piede diritto, immagina-te una linea retta, che passi pe’duetalloni, e la punta del vostro piede, di-ritto, e per lo stesso piede, e tallonidell’avversario (similmente atteggiato),ed avrete l’idea di questa linea, cheda noi si chiama Direttrice. Ella vienecosì denominata, perché sulla medesi-ma si dirigono tutte le azioni, chefar si possono o da voi, o da quelloche vi sta a fronte, ed è il fondamen-

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18to, e cardine principale della Scienzadella Scherma. E da osservarsi, chesiccome questa linea si prolunga; ogniqualvolta uno dei due avversarj va per-dendo terreno, così da taluni è statariguardata come infinita; denominazio-ne impropria sì perché gli uomini nonhanno distinta idea dell’infinito. Comeanche perchè nella pratica gli ostacoli,che incontriamo, determinano i di leilimiti.

§. 25. Della Essendo in perfetta guardia (i) in-Misura. nanzi al vostro avversario, e per con-

sequenza in azione, quella porzionedella linea direttrice, che tra voi, elui sifrappone, e che dovete percorrere perferirlo, si chiama Misura. Si dirà giusta misura se, avendotirata una stoccata, (k) la vostra puntaè entrata due pollici, e mezzo, o trenel fianco destro, e propriamente trale coste, che coprono le vene internedel cuore dell’avversario (l). Se poi

(i) Vedi il §. 65.(k) Il significato di questa voce si veda al §. 72.(l) La lunghezza, che qui si prescrive alla

stoccata è sufficiente a produrre l’effetto, che sene richiede. Si sa che il cuore, nella sua massimalarghezza, non dista dalle coste destre, che perdue pollici in circa: sicchè si comprende, che ilmedesimo dee certamente restar ferito da una

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19stando a giusta misura, tirate entrambinello stesso tempo, allora si dirà, chesiete in doppia misura, perché il vo-stro avversario si è avvicinato a voi perquanto è stato lo spazio, che voi avetepercorso per offenderlo, o sia vi tro-vate a lui vicino il doppio di quello,che si richiedeva per colpirlo. In finesi sarà fuori misura, quando si dovràcamminare un passo, per entrare inmisura; e si dirà esser distante due,tre, o quattro misure, secondo che sie-te costretto di avanzare due, tre, oquattro passi, o sieno piedi di colui,che agisce, per avvicinarvi al nemico,in modo da poterlo colpire. Or siccome le misure sono limita- §. 26. Varie

te dal punto del corpo nemico, che misure secon-

volete bersagliare, così esse possono do la diversa

essere di diversa distanza, secondo i direzione dei

diversi punti del suo corpo, che pren- colpi .

derete per bersaglio, e che vi prefig-gerete di mutilarlo, o di estinguerlo.In fatti, stando egli col braccio ferito-re disteso in guardia, se in vece di fe-rirlo nel cuore, voi cercate di ferirglila mano, allora è chiaro, che mentre

stoccata, che nelle coste stesse si profonda pertre pollici: Caccia la spada a Berlinghier nel seno Per mezzo il cor, dove la vita alberga. Tasso C. 9. St. 68.

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20siete fuori misura per tirargli al petto,vi trovate però a giusta misura, pertirargli alla mano, o al polso, essendoquesti una o due misure più avanti, everso di voi del suo petto. Lo stessosarebbe, se vorreste tirargli al braccio,o alla spalla.

§. 27. Avverti- Si avverta però, che in generale,mento. a rigore della buona scuola di Scer-

ma, la misura si dee contar sempredal petto dell’avversario. Una scuola,che dese una regola diversa da que-sta, sarebbe più atta a formare deglisciabolatori, che degli schermitori va-lenti.

S. 28. Altro Qui non abbiamo parlato, che a-avvertimento. strattamente della misura, poiché per

farlo più concretamente, vi abbisogna-no delle nozioni, che converrà esporrenel Cap. 3., parlando della guardia.

§. 29 Del Pia- Se dalla direttrice si elevi un pia-no delle offe- no, che sia perpendicolare a quello,se . in cui la medesima giace, in modo che

questa linea rappresenti la loro comunesezione, il primo di questi piani verràda noi chiamato Piano delle offese.

§. 30. Della li- Linea di offesa propriamente si di-nea di offesa. rà quella, che giacendo nel piano delle

offese, s’intende passare per tre pun-ti, cioè pe’l gomito, pe’l disotto dellacoccia, e per la punta della vostra spa-da, e congiungere un punto del vostropetto con quello, in cui essa retta in-

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21contra il petto del nemico. Ella potràbensì concepirsi come una corda, sot-tesa all’arco quasi impercettibile, de-scritto dal braccio colla spada, allo-chè si è tirata una stoccata. Questa sarà sempre parallela alladirettrice. E poiché sì è detta linea dioffesa da che la punta della spada sie-gue la sua direzione nel ferire il nemi-co, e queste direzioni variano, secondoi diversi punti, ne’ quali si ferisce ilcorpo del medesimo, quindi nasceran-no quasi infinite linee, che oltre l’anzi-detta, si diranno anche linee di offesa,e che (astrazione fatta da una rigorosaesattezza) saranno tutte parallele alladirettrice, ed indispensabilmente deb-bono giacere nel piano delle offese. Bisogna però qui avvertire, che vi §. 31. Avverti-

sono delle azioni, colle quali si ferisce mento.

il nemico, uscendo dal piano delle of-fese, come più estesamente dovremoesporre, parlando dell’Intagliata, dellapassata sotto in tempo, e della quartabassa. Dinotiamo col nome di Linea di §. 32. Della li-

difesa quella, che si concepisce tirata nea di difesa.

dal forte della spada di chi si difende,e che incontra il debole della spadanemica. Dalla linea di offesa nasce l’idea §. 33. Del di

del di dentro, e del di fuori. Essendo dentro , e del

voi rivolto in faccia dell’avversario, si di fuori.

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22dirà di fuori per rapporto a voi, la par-te che è alla diritta della linea di of-fesa, e quindi verso le vostre spalle.Per contrario si dirà di dentro quellaparte, che è alla sinistra della linea dioffesa, o verso il vostro petto. Cosìavendovi il nemico, per esempio, vi-brato un colpo, ed essendo la vostraspada rimasta alla diritta della linea dioffesa (intendendo sempre per rapportoa voi) direte di essere stato colpito aldi dentro; che se la vostra spada fosserimasta alla sinistra della stessa linea,il colpo sarà venuto al di fuori. Nellostesso modo direte di appoggiare il vo-stro pugno all’infuori, o al di dentroa misura, che lo porterete o verso levostre spalle, o verso il petto.

§. 34. Dell’a- L’accostarsi all’avversario, guada-vanzare gnando un certo spazio limitato sulla

direttrice dicesi Avanzare.§. 35. Del rom - Quel movimento, che si fa, retro- pere cedendo sulla direttrice dicesi Rompere. §. 36. Del pas- Ciascun passo, che si fa per ac- so. costarsi, o per allontanarsi dal nemi-

co, è un piede. Dunque il passo diScherma equivale ad un piede delloschermitore, che agisce.

§. 37. Del tem- Il tempo è un essere indefinibile, po. considerato astrattamente; ma preso

per rapporto alla Scherma, è quel mo-mento favorevole, che si dee scegliere,per agire sul nemico,quando egli è mo-

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23mentaneamente astratto, né attende inquel punto il nostro colpo. Parlando delle azioni di tempo (alCap. 8.) considereremo le di lui pro-prietà, e ne faremo l’applicazione. Quel momento di tempo, che voi §. 38. Del con-

impiegate, per rendere inutile l’azione tro-tempo.

di tempo, che l’avversario si è lusin-gato prendere sopra di voi, è ciò cheaddimandasi contro-tempo. Avendo la spada al fianco, per §. 39. Del mo-

isguainarla, dovete, tenendo colla ma- do d’impu-

no sinistra il forte del fodero, impu- gnare la spa-

gnarla, ossia imbandirla colla diritta. da.

La posizione del pugno in questa mos-sa corrisponderà alla prima posizione(m), ed è questo propriamente il mo-tivo, per cui si diede il nome di primaalla suddetta posizione. Quando la la-ma è fuori sino al centro, il pugno sivolta di seconda, ed appena ch’ella siatutta denudata, dirigendo la punta ver-so il nemico, volgerete il pugno di ter-za in quarta. La spada poi s’imbrandirà nella §. 40. Descri-

seguente maniera. Le due dita indice, zione.

e medio si faranno entrare tra le vettetrasversale, e la parte concava dellacoccia. Esse abbracceranno, dalla par-te dell’archetto di dentro il ricasso in

(m) Vedi il §. 59.

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24modo, ch’egli ne sia stretto dal ditomedio nella seconda giuntura, e nellaprima verso l’unghia dell’indice il qua-le colla parte esterna della sua secondagiuntura, tocca il concavo della coccia,per dare maggior forza alla stoccata. Ilpollice poi distendendosi sul lungo delricasso dalla parte dell’archetto di fuo-ri, e facendo riazione all’indice, ed almedio, che, come si è detto, lo strin-gono dalla parte opposta, cospira amantenere salda la spada in mano.L’estremo del pollice, col taglio dell’unghia, tocca il concavo della cocciadalla parte opposta a quella, ov’ella ètoccata dall’indice, e tende a raddop-piare la direzione, e forza della stoc-cata. La manica resta ferma fra le duerimanenti dita, che la stringono, al pa-ri della pianta della mano, nel mezzo dicui ella ne dee giacere in modo, checonsiderando la mano, come un paral-lelogrammo, la manica dee segnarnela diagonale, restando il pomo intera-mente fuori della mano, e propriamen-te venendo a cadere alla metà dellalarghezza del polso. La parte della vette trasversale,che è verso l’archetto di fuori resteràin quello spazio della pianta della ma-no, ch’è fra il pollice, e l’indice, esarà da queste dita tenuta stretta. Larimanente porzione della vette trasver-

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25sale, ch’è quella verso l’elsa, al di sot-to poggia sulla metà del dito medio,ed è dalla prima giuntura del suddettodito ben tenuta. Dalla parte di soprapoi, verso il pomo, vi corrispondela parte esterna della seconda giunturadel dito annulare. La descritta maniera d’impugnare §. 41. Vantaggi

la spada è comune per tutto il maneg- di questa ma-

gio della Scherma, ed è la più vantag- niera d’impu-

giosa. Poiché nello stesso tempo, che gnare la Spa-

unisce solidamente la spada alla mano, da.

ella rende ancora facilissime le finte,ben guardato il corpo, ed ottimamentedirige la punta. Noteremo qui di passaggio, che so-lamente in certe azioni bisogna disco-stare il pomo dalla posizione, che gliabbiamo ora dato, facendolo cadereinteramente fuori del polso in modo,che l’estremo della manica, contiguoal pomo, serva di punto di appoggioalla spada sull’estremo inferiore dellagiuntura del polso alla mano. L’uso diciò s’intenderà meglio, quando parle-remo degli sforzi di spada. Vi sono alcuni, che nello schermi- §. 42. Avverti-

re, fanno alle volte uscire le dita dal mento.

ricasso, ed impugnano la spada da so-pra la vette trasversale, tenendola contutte le dita nella maniera, e col piccolodito sul pomo. Ciò fanno per ave-re la spada tre o quattro dita più lun-

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26ga della nemica; ma è un pes-simo costume, ed una perniciosa spe-culazione, perché se il nemico prendeloro uno sforzo, (n) farà loro sicura-mente saltar di mano la spada collamassima facilità, e perderanno cosi tut-to il vantaggio della spada italiana, edelle sue vette collaterali.

§. 43. Altro av- Siccome gl’ingegnosi antichi italia- vestimento. ni conobbero da più secoli, che la spa-

da di tutti gli altri popoli (eccettuato-ne sempre lo Spagnuolo, cui debbesitutto il rispetto in materia di Scherma)rappresentante una sola vette, poco, onulla reisteva agli sforzi, per cui fa-cilmente saltava fuori dalle mani, sistudiarono di combinare la loro spada,in modo, che impugnandola, esprimes-se nella mano tre vetti in vece di una.In questo modo, sempre che lo sforzodell’avversario tenda a fare uscire dimano la suddetta prima vette, avvalo-rata ella dalle due collaterali, che for-mano le due parti della vette traversa-le sul ricasso, opporrà una sufficienteforza all’impulso nemico, ed assicureràla spada in mano.

(n) Prendere uno sforzo è frase usata dagli scher-mitori, per indicare l’atto, per cui il nemico ur-ta violentemente colla spada nella vostra.

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27 Per convincersi di ciò, basta riflet- §. 44. Distin-

tere, che la spada senza ricasso è zione delle tre

realmente una sola vette; ma quando vetti, che for-

poi è montata nel modo poc’anzi da mano la guar-

noi descritto, colla vette trasversale, ne dia nella ma-

rappresenta due altre collaterali che av- no .

valorano la principale. Questa è forma-ta da tutta la lama colla manica, dovetutti impugnano la spada, come s’im-pugnerebbe un bastone, col quale sivolesse percuotere di punta. La partedella vette trasversale poi, ch’è versol’archetto di fuori, forma una delle duevetti collaterali angolari colla manica,e col ricasso, e la rimanente porzionedella vette trasversale, verso l’elsa, for-ma la seconda vette collaterale, o an-golare col ricasso, e colla manica. Per maggiormente chiarirvi di que- §. 45. Spiega-

sta verità, facendo astrazione, ad ar- zione dell’an-

bitrio, di due delle tre enunciatevi vet- tecedente.

ti, impegnatevi di tenere la spada conuna sola: per esempio fingendo, chesia solo la maggiore, voi la sosterretecon le due ultime dita, che insiemecolla pianta della mano la tengonope’l manico. Se fate astrazione dallasuddetta, e dalla collaterale dell’elsa,voi la terrete ferma nella collateraledell’archetto di fuori, coll’indice, e colpollice, e propriamente nella unione diqueste due dita alla mano, rappresen-tando in quel punto la potenza, men-

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28tre il di fuori della prima giuntura dell’indice, verso l’unghia, poggiando sullacoccia, fa da fulcro. Se in fine fate a-strazione da questa, e dalla maggiore,voi potrete sostenere la spada colla so-la vette collaterale dell’elsa, la qualesarà tenuta dal dito medio, che fa dapotenza, ed il fuori della carpe centraledell’indice, poggiando sulla parte con-cava della coccia, fa da punto di ap-poggio.

§. 46 Si con- Da ciò segue, che qualora uno chiude, che la sforzo agisce, per fare uscire la spada prescritta ma- di mano, verso la direzione di uno dei niera d’ impu- tagli della lama, quest’azione ritrova gnare la spa- subito la forza, o sia potenza, applica- da sia la più ta in una delle vetti collaterali, che fa- perfetta delle cendo gli riazione, rende inutile lo sfor- altre , che si zo, mantenendo ferma la spada nella usano. mano. Questa è dunque la cagione, per

cui gl’Italiani hanno fortissima la spa-da in mano; cagione, che nascendodalla meccanica, si dee più alla forzadel di loro ingegno, che a quella delloro braccio, come altri crede. E’ cosaveramente da recar meraviglia, chementre gl’Italiani, e gli Spagnoli hannoritenuta la spada ricassata de’loro mag-giori, riconoscendone i vantaggi, glialtri Popoli Europei sono stati costantinel ritenere, in questo punto, le anti-che usanze, quantunque la continua e-sperienza le dimostrasse discordi affat-

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29to dalla meccanica: e mentre si vedecontinuamente e ne’duelli, e nelle ac-cademie, saltar loro di mano la spada,o il fioretto al minimo sforzo, facendocosì, con poco loro onore, cessare l’as-salto, essi non pertanto non sembranoconvinti della preferenza, che merita laspada italiana sopra le altre. La costruzione, natura della no- §. 47. Che la stra spada rende forte, nerboruta, e più medesima for-

grande della mano sinistra, la mano, tifica il braccio

come ancora il braccio diritto. Vi ac- dello scher-

certerete di ciò, guardando con atten- mitore .

zione questa mano in uno schermitoreitaliano. Infatti nel di fuori della se-conda giuntura del suo dito indice, enel di sotto del dito medio, dovretesubito scorgere de’gran calli. Dappiùil braccio, e la mano diritta de’nostrischermitori è molto più grande del si-nistro; e ciò a differenza di tutti gli al-tri uomini esercitati nelle ginnastiche.A questo proposito, ci piace risovve-nirvi di ciò, che avrete più volte sen-tito dire dagli oltramontani, cioè: voialtri schermitori italiani avete il brac-cio di ferro (o).

(o) Nel rinomatissimo quadro della Virgi-nia del nostro Errante si osserva nel braccio fe-ritore del di lei padre la vera concorrenza degliumori, e l’esercitata nervosità di un centurio-ne romano.

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30§. 48. Del guan- Se in un continuato esercizio di as- to. salto si volesse tenere la spada colla

mano ignuda, sarebbe lo stesso di met-tere ad una strana prova il metallo,di cui la guardia è composta colla car-ne, di cui è formata la mano. Gli an-tichi schermitori perciò, non meno chei moderni, hanno sempre costumato divestire la mano di un guanto per te-nere con più facilità, e senza dolorela spada. Gli antichi non usavano que-sta precauzione solo affine di evitare ildolore, che la spada poteva cagionarealla mano, ma bensì per una difesa. Poiché non avendo essi cocciaalle loro spalle, la muscolatura dellaloro mano restava esposta a tutti i col-pi del nemico, e quindi sarebbe stataloro inutile la Scherma. Per ciò dun-que essi usavano de’guanti di dante, iquali nella parte esterna, per garanziadella mano, erano coperti di una squa-ma di acciajo, simile a quella de’pe-sci, colla quale potevano bene aprire,

à valenti uomini, trà quali Mario Pagano soleadire: se il solo braccio di questo quadro si esponealla vista del buon senso, ascolterete gridare: que-sto è il braccio o di Virginio, o di Bruto. Errantesupremo schermitore, come immortale pittore,avendo dato al suo Virginio il braccio, che gliconveniva, non andò esente dalla critica di alcunimateriali pseudo-pittori.

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31e serrare le dita, e la mano, e guar-darsi nel tempo stesso dagli accidenti,che avrebbero potuto lor farla perdere. Ci sembra qui a proposito di es- §. 49. Osserva-

primervi la meraviglia, e dispiacere in zione .

noi cagionati dal vedere, che i nostriodierni guerrieri (forse non per altraragione, che quella d’imitar l’uso deiBarbari) non hanno coccie alle lorosciable, né tampoco vogliono metterein uso il guanto de’nostri maggiori. Non ostante, che le nostre spade §. 50. Si pre-

sieno fornite di coccia, noi vi diciamo scrive l’uso

di fare uso nell’imbrandirle di un guan- del guanto.

to di quelli, che comunemente si usa-no, per conservare la vostra mano. L’esperienza, ch’è maestra della §. 51. Dell’ uso

vita, dimostrò agli uomini, che nel con- di ligare la

tinuo faticare colla spada alla mano spada alla ma-

sia in battaglia, sia in duello, sia in no.

accademia, si possono dare molte com-binazioni, per cui la spada può usciredi mano, o che per lo meno, si dicenecessariamente tenere con minor for-za di quella, che si richiede per un af-fare d’armi. Quindi e gli antichi, ed imoderni sempre hanno costumato diligare quest’arma alla mano. Il solo costume, che perennemen-te è stato in uso nelle armate, comelo è anche à dì nostri, in tutte le trup-pe delle nazioni Europee, ed Asiati-che, di avere cioè le loro spade, squa-

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32droni, o sciable, ornate di un fiocco,per legare queste armi alla mano, di-mostra bastantemente la necessità diparlarvi del modo, che da noi si stimapiù vantaggioso, per fare la suddettaligatura.

§. 52. Come Tutte le moderne truppe hanno i usano le trup- loro fiocchi o di oro, o d’argento, o pe moderne di filo; ad imitazione di quella piccola di ligare la catena di acciajo, di cui servivansi gli spada . antichi (p). La maniera onde i primi

servonsi del fiocco dipende interamen-te dal volere de’Comandanti, onde noicrediamo inutile di parlarvene.

§. 53. Diversi I nostri schermitori usano il faz- usi , che han- zoletto, che ordinariamente da tutti si no in questo porta in tasca, per ligare la spada. gli schermi- Altri si servono di alcune fasce, espres- tori . samente fatte a quest’uso, ed altri in

fine di alcune cimose di panno. Noiqui non faremo,che darvi de’ principjgenerali per ben ligare la spada, e poivi parleremo di una utilissima ligatura,da noi ricavata da’detti principj, laquale avvalorerà quasi del doppio lavostra forza in azione; ed in fine diun laccio di seta da ligare la spada,stando a cavallo, per poterla ad essoabbandonare, volendo adoperare la

(p) Alfin lasciò la spada alla catenaPendente, . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Tasso St. 17. C. 19.

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33destra per tirare la pistola, ed ancheaffinché, combattendo a cavallo, o apiedi, possiate passare la spada allamano sinistra, nel caso che l’avversariovi abbia avvinto il polso destro. Il primo principio si è, che la le- §. 54. Principj,

gatura dee lasciar libera tutta la mu- su quali si

scolatura della mano, affinché stringen- fonda un nuo-

dola, non ne impedisca il moto, e non vo metodo di

la faccia intorpidire. ligare la Spa-

Il secondo, che siccome le carpe da.

della unione delle dita alla mano sonofacilmente scoperte, ed in particolarequelle dell’indice, e del medio le qua-li, per poco che si abbia la mano gran-de, restano scoperte dalla periferia del-la coccia della spada, così bisogna, chela ligatura le copra per difenderle. Il terzo è quello di non dover li-gare, o coprire il pomo della spadain modo, che con questo non si possaagire, e ferire l’avversario, come inappresso si avrà luogo di dire. Il principio poi meccanico, che deeguidarci nel formare la legatura, chesiamo per descrivere nasce appuntodalla costruzione della impugnaturadella nostra spada. Ed essendosi detto,che la medesima è formata di tre vet-ti, le quali cospirano a fortificare laspada nella mano contro gli urti, cheella può ricevere per varie direzioni,

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34ci siamo perciò ingegnati di combinarela legatura in modo che contribuisca afortificare maggiormente le anzidettetre vetti.

§. 55. Descri- Stabiliti per veri i quattro anzidet- zione dell’ an- ti principj, venivano a descrivere la le- zidetta legatu- gatura, di cui noi facciamo uso. Sup- ra . porremo, che per farla si usi il fazzo-

letto, che da ogni uomo si porta intasca. Vi parleremo dunque del metododi ligare con questo la spada, a pre-gerenza della fascia, cimossa, o laccio,che non sempre potreste con voi ave-re. Prendete il fazzoletto per li due an-goli opposti, e tenendolo quasi che di-steso, velocemente girandolo, lo avvol-gerete pe’l lungo, di modo che attor-tigliato egli non rappresenterà, che ladiagonale del quadrato, che rappresen-tava, essendo spiegato. Ciò fatto, la-scerete libero l’angolo, che avevatenella sinistra, tenendo il fazzoletto col-la destra per l’angolo opposto cogli e-stremi del pollice, e del medio. Indicolla sinistra l’avvolgerete per due vol-te, al di fuori delle dita, intorno all’in-dice, ed al medio, e propriamente sullegiunture, che debbono entrare nel ri-casso della spada. In seguito lo faretepassare fra’l medio, e l’annulare, pe’ldi dentro del quale, e dell’auricolare,resterà pendolo alla mano. Impugne-rete quindi la spada nel modo detto

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35(al §. 40.), e volgerete da fuori lamano, e verso sopra, il fazzoletto,talchè copra le giunture delle dita allamano, meno quella del pollice, ed in-contrando l’archetto di fuori, ivi lo fa-rete passare, ed avendolo fortementestretto, anderete a coprire l’unione delpollice alla mano. Quindi lo avvolge-rete da dentro in fuori intorno al polsoper due volte, fortemente stringendoinsieme il manico, ed il polso, avver-tendo sempre di restare libero il pomo.Finalmente ripassando il fazzoletto aldi sopra della mano, l’anderete a li-gare forte a quella porzione di vettetrasversale, ch’è compresa tra’l ditomedio, e l’archetto di dentro, avvol-gendolo ivi per due, o tre volte. Dalla descrizione fattavi di questa §. 56. Usi , e

legatura potrete facilmente da voi stessi vantaggi , che

accorgervi, ch’ella è fondata interamen- da questa le-

te su di que’principj generali, che da gatura si ri-

noi se ne sono fissati per norma. Quin- traggono .

di comprenderete, come questa nonimpedisce il giuoco della muscolatura,guardando la mano da’ colpi del nemi-co, e come immedesima, per così di-re, la spada alla mano. È che ciò siavero, si potrà da voi avvertire, se aven-do la spada ligata nel prescritto modo,aprirete interamente la mano, poichéla sola legatura basterà per impedirealla spada di uscirne. Dippiù possiamo

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36assicurarvi di esserci accaduto, anchein presenza di amici, che nel forte diun assalto si sia rotto qualche fiorettonella spica, o nel luogo del ricasso, eche con istupore di tutti, la lama nonsia caduta per terra, perché ligata inmano, nel modo di sopra indicato. Fi-nalmente nel giocare di Sforzi la sud-detta legatura è di un vantaggio indici-bile, mentre accrescendo la forza delvostro pugno, farà sì che il medesimonon si abbandoni, allorché urtando ilferro nemico, non l’incontrate, e po-trete immediatamente risolvervi per fa-re qualunque azione, secondo la vostrafantasia vi suggerisce.

§. 57. Descri- L’ultimo de’modi, con cui abbia- zione di un mo accennato ( al §. 53.) di potersi li- laccio per li- gare la spada alla mano, si è appunto gare la Spada. un laccio, la cui descrizione qui vi

faremo. Vi provvederete di un laccio di se-ta della larghezza di circa otto palmi,di una spessezza proporzionata al pesodella vostra spada, e di figura perfet-tamente cilindrica, e ne ligherete unestremo al pomo della spada.Indi pren-dendolo colle dita pollice, ed indicedella mano sinistra, alla distanza di ot-to dita dal pomo suddetto, metteretel’indice destro di seconda posizione dasotto il laccio, e propriamente quasi al-la metà della porzione dello stesso lac-

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37ciò, che rimane fra la mano sinistra,ed il pomo, e stringendo ad esso ditoil pollice della stessa mano, lo gireretedi quarta posizione, avvolgendo il lac-cio intorno ad entrambe queste dita. Ciò fatto colla mano sinistra, nel-la quale già tenete il laccio, lo avan-zerete verso il pomo, facendolo passa-re fra le punte delle dita pollice, edindice della destra, e subito ritirandoloindietro nella posizione, in cui era unmomento prima, come se voleste di-stenderlo, lo farete ripassare tra le pun-te delle dita anzidette, colle quali strin-gerete il raddoppio del laccio, che traloro si è venuto a formare. Tirando inseguito la mano destra verso fuori, fa-rete scappare la prima piegatura dellaccio, che avevate già fatta intornoalle dita pollice, ed indice, e vi avve-derete di avere, con questo artifizio,formata una maglia, o nodo che dirsi voglia, a cui, operando nello stessomodo, ne aggiungerete delle altre si-mili, fino a che avrete ammagliate qua-si sette parti del laccio, riducendo loalla lunghezza de’fiocchi, che comune-mente portano i militari alle spade, edalle sciable. Restandovi dunque ancoraun palmo di laccio da avvolgersi, ces-serete di annodarlo a maglie, e pren-dendone il rimanente, lo piegherete al-la metà, dove ligherete la prossima e-

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38stremità del laccio stesso con un modoscorritojo. Da ciò ne isulterà una granmaglia, la quale si stringe, ed allerga,facendo scorrere l’estremo ligato allaccio, secondo il bisogno. S’introducela destra in questa maglia, stringendoquesta intorno al polso destro, e slar-gando un poco l’ultima delle maglie,che formano quasi come una catena, visi farà passare il dito auricolare,affin-chè il laccio non si smagli, ed infines’impugna la spada nel modo prescritto( al §. 40. ) .

S. 58. Uso , e Avendo la spada in mano, fornita vantaggi di dell’anzidetto laccio, benché venga el- questo laccio. la ad esservi solamente assicurata, co-

me dal fiocco comune, pure se ne han-no dappiù molti vantaggi. Poiché colo-ro, che maneggiano la spada stando acavallo, volendo fare uso della destraper maneggiare la pistola, potranno ab-bandonare la spada in potere del lac-cio suddetto, per cui resterà sospesaal dito auricolare. Così anche nelloschermire, se l’avversario vi facesseuno sforzo da farvi saltare la spada dimano, ella sarà impedita dal laccio dicadere a terra; che anzi sarà facilissi-mo il ripigliarla. Il vantaggio più nota-bile però, che si ricava da questo mo-do di ligare la spada si è quello, che seil nemico vi guadagnasse il bracciodestro, potrete (come si dirà in appres-

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39so) passare velocemente la spada nellamano sinistra, sol che si faccia scap-pare la maglia, nella quale si era insi-nuato il dito auricolare, come già si èdetto. Nel passaggio poi, che fa la spa-da da una mano ad un’altra, si ha tut-to lo spazio di dirigerne la punta alpetto del nemico, mentre velocissima-mente smagliandosi il laccio, ritornaalla sua effettiva lunghezza, la qualebasta per lasciare le braccia libere dapoter agire, secondo richieggono gliistantanei bisogni della Scherma. Da quanto ci è esposto si rileva,che questo laccio è preferibile al fio-co comune, mentre uguagliandone tuttigli altri vantaggi, lo supera per quellodi poter passare la spada da una ma-no in un’altra. Finalmente si usa di fare questolaccio di seta, perché questa avendomeno stropicciamento della lana, e delfilo, potrà più facilmente sciogliersi, oligarsi a maglia. Le posizioni del pugno si possono §. 59. Delle po-

distinguere in principali, e collaterali, sizioni del pu-

o sieno medie, perché queste giacciono gno .

nel mezzo di due principali qualunque. Le principali sono quattro. Aven-do impugnata la spada, se l’elsa èrivolta verso il cielo, dicesi questaprima posizione del pugno; se volgetel’elsa all’infuori, ossia alla vostra di-

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40ritta, appellasi di seconda; s’ella ri-guarda la terra, il pugno è di terza; ese poi è alla sinistra, o verso il vostropetto, sarà di quarta. Le collaterali, o sieno medie sonoanche quattro, e prendono il nomedelle due principali, da cui ciascuna diesse debb’essere equidistante, Così laposizione media tra la prima e la se-conda si chiamerà di prima in secon-da, e così successivamente si diranno:di seconda in terza, di terza in quar-ta, e di prima in quarta.

§. 60. Le stes- Ma siccome alle volte si trovano se spiegate al- delle spade, che non hanno elsa, e trimenti . questo difetto incontrasi sempre ne’fio-

retti, strumenti necessarj per appren-dere in pratica la Scherma, cosi alloraper conoscere le posizioni del pugno,bisognerà osservare quando la palmadella vostra mano, che ha impugnatala spada guarda al di fuori, e questasarà la prima posizione, quando è ri-volta esattamente a terra, sarà di se-conda; verso il di dentro sarà di terza,e se poi è verso il cielo, sarà di quar-ta. Le stesse particolarità si osserveran-no, avuto riguardo al vero taglio dellaspada, ch’è quello, con cui si può na-turalmente tirare un fendente colla ma-no di terza, o ch’è dalla stessa parte, esulla stessa direzione dell’elsa.

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41

CAPITOLO III

DELLA GUARDIA .

Esposti nel precedente capitolo i pri- §. 61. Introdu-

mi elementi della Scherma, passiamo zione .

a farne l’applicazione alle azioni, co-minciando dal farla sulla guardia, laquale benché non possa chiamarsi un’azione, pure si è una posizione impor-tantissima, la cui perfezione contributi-sce non poco a quella delle azioni. Eper procedere con ordine, parleremoprima di altre posizioni, dalle qualisi passa a quella della guardia. Bisogna in primo luogo, stando §. 62. Della po-

ben diritto con tutto il corpo perpen- sizione del

dicolare alla direttrice, che il vostro corpo prima

petto sia volto verso quella direzione, di mettersi in

dove sono volte le spalle dell’avversa- guardia .

rio, ed opporre il vostro lato destro alsuo (q). I vostri piedi, toccandosi neitalloni, debbono formare un angolo ret-to (r) di modo, che un lato di dettoangolo, rappresentato dal vostro piede

(q) Qualora l’avversario è diritto, come sem-pre lo supporremo; che s’egli fosse mancino, op-porrete il vostro lato destro al sinistro del mede-simo .

(p) come si è descritto parlando della diret-trice al §. 24.

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42destro, sia sulla direttrice, ed il sin-stro perpendicolare alla medesima. Inquesta posizione dovete distendere incroce le vostre braccia, formando unalinea retta parallela alla direttrice, edavendo già impugnata la vostra spada,girare il pugno di terza in quarta posi-zione, dirigendo la punta verso il pettodell’avversario, e quindi passare a fareil saluto.

§. 63. Del sa- E’ un costume inveterato, anzi si luto, che si reputa un atto di urbanità, e di edu- dee fare , pri- cazione il salutare prima di porsi in ma di metter- guardia coloro, che sono presenti tan- si in guardia . to in duello, quanto in accademia. Noi

dunque ci facciamo, un dovere di de-scrivervi in che modo, dagli schermi-tori italiani, ciò si suole praticare. Nell’accademia avendo imbandita,e ben legata la spada in mano, essen-dovi posto sulla direttrice a sei misuredi distanza dall’avversario, e standonella posizione del corpo, qui sopra de-scritta, alzerete la punta della vostraspada col braccio ben disteso, e subi-to dopo declinandola saluterete primail vostro competitore, affinché sappia,che vi apprestate a schermire. Indifacendo un quarto di giro verso la vo-stra spalla diritta, uscirete per un pas-so dalla direttrice, verso quella dire-zione, movendo il piè dritto prima delsinistro, e cosi saluterete tutti colo-

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43ro, che si trovano al vostro fuori.Ritornando poi sulla direttrice nellastessa posizione, in cui eravate prima,farete il saluto a tutti gli astanti, chesono al vostro di dentro. Dopo di ciò,saluterete di nuovo il vostro avversario,e finalmente vi recherete in guardia;e da questo momento in poi dovete agi-re sul nemico, e difendervi da’suoi col-pi. In duello si fa lo stesso saluto quidescritto. Vi si permette però un’altraazione, la quale si fa prima d’imbran-dire la spada. Dovete dunque allorachiamare a voi lo sguardo dell’avver-sario, e de’padrini, se mai ve ne so-no, e mostrando loro il petto ignudo,assicurargli che voi non siete garantitoda sotto del vostro corpetto né da dan-te, né da maglia di ferro, che possanodifendervi dalla punta della spada ne-mica. Questa vostra maniera di agire,farà si, che il vostro competitore, aven-done avuto da voi l’esempio debbanecessariamente imitarvi, facendo lostesso, e così ambedue sarete sicuri,che non vi cova il tradimento. Vi sono alcuni schermitori, che §. 64. Avverti-

fanno un lunghissimo cerimoniale per mento .

saluto, ed in seguito tirano tra lorodelle botte di cavazione, che i medesi-mi appellano: tirare al muro. Ma lanostra Scherma di accademia non rap-presenta, che un effettivo duello, nè

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44si studia da noi far ciò, che che non sipotrebbe fare in azione di spada nu-da; per conseguenza siamo ristrettisi-mi nel fare il saluto nel modo dianzidescritto.

§. 65. Defini- Noi intendiamo per guardia quella zione della attitudine vantaggiosa del nostro corpo, guardia . garantito dalla nostra spada, da dove

possiamo difenderci, ed offendere, eche vieta all’assalitore il ferire, se pri-ma egli non allontani il nostro ferrodalla linea di offesa, aprendosi così unvarco sicuro.

§. 66. Descri- Bene intesa la posizione dianzi de- zione della scritta, ( §. 62. ) voi dovete stare fer- stessa . mo col piede sinistro, e portare il pie-

de destro in avanti sulla direttrice perlo spazio di due piedi di modo, chela distanza del tallone destro dal sini-stro sia di due piedi. Il corpo, seguen-do il suo moto naturale, si dee porta-re in avanti sempre perpendicolare alsuolo, ed il suo centro di gravità deegiacere tra le due ossa dette femori; ese poi da esso si abbassi una perpen-dicolare, caderà sulla direttrice divi-dendo per metà lo spazio intercetto trai vostri talloni. In questa situazione se-derete in guardia, (s) ossia abbasserete

(s) Sedere in guardia nel linguaggio di Schermasignifica abbassarsi, piegando le ginocchia,essendo nella posizione della guardia.

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45il vostro corpo, sempre osservando leregole della perpendicolare, e per con-sequenza, piegherete le ginocchia, lequali faranno fare angolo alle coscecolle gambe, ossia il femore dovrà fa-re angolo con la tibia. Le cosce, pie-gate in questa guisa, saranno come duebalestre cariche. Nello stesso tempoporterete il braccio sinistro parallelo alpetto, di maniera che formi nel gomi-to un angolo retto; la mano sinistradee essere distante dalla spalla destraper quanto il gomito sinistro dista dallaspalla stessa, talchè se s’immagina ti-rata una linea retta dalla mano sinistraalla spalla destra, il braccio sinistroformerà quasi un parallelogrammo. Ilbraccio destro disteso verso il nemicorappresenta la linea di offesa colla spa-da, la punta della quale dee essere di-retta all’occhio del nemico, parlandodi spada nuda, ed al centro del pettonelle accademie; il gomito del dettobraccio dee essere volto alla terra, epropriamente sulla direttrice. La testadee star dritta, e conviene girarla versola vostra parte destra, affinché l’occhiosinistro possa scoprire per una tesa dispazio al di dentro dell’avversario. Tut-te le parti del vostro corpo debbonoessere scevre di forza, snelle, e pie-

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46ghevoli, acciò i movimenti riescano ve-loci (t). Nella tavola 2., figura 2. si vedeper davanti lo schermitore seduto per-fettamente in guardia. La stessa posi-zione si osserva per di dietro nella ta-vola I., figura I..

§. 67. Vantaggi Questa, che vi abbiamo descritto della guardia è fra le guardie la migliore, (u) perchè che si è de- scritta .

(t) E di corpo Tancredi agile, e sciolto,E di man velocissimo, e di piede.

Tas. Can. 19. St. 11.(u) Che se alle volte si vede un valente scher-mitore recarsi in guardia con principj diversi daquelli, che si sono qui esposti, bisogna credere,ch’egli lo faccia espressamente per mostrarsi po-co cauto al nemico, ed incoraggirlo a tirargli, op-pure affinché il medesimo, credendolo menoesperto di quello, che in effetti egli è, diminuiscala di lui vigilanza. Ciò volle il gran Tasso espri-merci allorché parlando de’ due gran Maestri inguerra, dice: . . . . Ciascuno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Si reca in atti varj in guardie nove.

Tas. Can. 6. St. 42. Sogliono anche gli schermitori più esperticambiare le posizioni della loro guardia a tenoredelle azioni, che principalmente vogliono dirigerecontro il nemico.Il nostro primo maestro diScherma, il citato sommo poeta ci dimostra chia-ramente come ciò avvenga, allorchè descritta laguardia, in cui schermiva Tancredi con questiversi: Girar Tancredi inclino, e in se raccolto Per avventarsi e, sottentrar si vede. Can. 19. St. I2

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47il corpo riposando in equilibrio, senzacaricarsi più su di una coscia, che sudi un’altra, né più avanti, né più indietro, ne avviene che lo schermitorenon si stanca come suole accadere nellealtre guardie, in cui il corpo non è per-pendicolare alla direttrice. Nella guar-dia, che vi abbiamo prescritta, voi benvi avvedrete, come abbiamo osservato,che il petto, e tutto il vostro corpo, tro-vasi sotto la difesa della coccia, e dellapunta della propria spada; e che se l’av-versario fosse trasportato da un paz-zo furore di volervi tirare, senza primadisviare la vostra punta, resterà feritocon tanta velocità quanta è stata quel-la con cui si è mosso per tirare ilcolpo. Abbiamo parimenti osservato(al §.16.), che la coccia quantunque diconvessità più piccola del nostro pet-to, serve a disviare la punta nemica.La ragione di ciò si è che stando noiin guardia col braccio disteso, due con-seguentemente la spada avversa passaretangente alla coccia, e disviarsi in ra-

Ci fa vedere Argante in una posizione total-mente opposta in questi altri:

Ma disteso, ed eretto il fiero ArganteDimostra arte simile, atto diverso.

Can. 19. St. 12.Differenza, che appunto nasceva dal diverso

gioco di Scherma, che ciascuno di questi guer-rieri si aveva proposto di fare.

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48gione della maggiore, o minore tensio-ne del braccio stesso. L’esperienza, essendo la guida piùcerta, che in tutte le cose ha insegnatoagli uomini il sentiero della verità, hadimostrato anche agli schermitori lanecessità di tenere per sistema il brac-cio destro disteso in avanti. Convienvalutare gli effetti che produce una taleposizione del braccio, per esserne viemaggiormente convinti. Primo. Para icolpi due piedi distante dal petto. Se-condo. La vostra punta è vicinissimaal nemico. Terzo. Gli spazj che dovetepercorrere sono piccoli, e per conse-guenza anche i tempi sono nello stessorapporto. In oltre chi tentasse ferirvialla mano, non potrebbe riuscirvi, sen-za fare un grande angolo; ed in questocaso, dirigendo per poco la vostra pun-ta, resterà da se stesso offeso, comeabbiamo poco fa indicato.

§. 68. Delle va- La ristrettezza, che ci siamo pre- rie guardie. fissa non ci permette di spiegarvi le

varie guardie, che sono state, e sonotuttora in pregio fra gli schermitori diItalia, oltre di che poco inutile vi ap-porterebbe. Vi accenneremo soltantoalcuni sistemi varj, che si sono di-stinti, e si distinguono al giorno d’og-gi in questo mestiere. Il Sig. Damiano Mincli gentiluomopalermitano, primo dilettante della Si-

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49cilia, ingegnosissimo, e sagace indaga-tore di questa scienza, si reca in guar-dia cogli stessi anzidetti principj, incli-nando però il corpo in avanti sulla di-rettrice, e facendo con questa un an-golo minore del retto. Questa sua po-sizione nasce dalla ferma persuasione,che ha di dover percorrere minore spa-zio per ferire, ed impiegarvi minor tem-po, di pararsi ritirando la vita (x), edi levare la misura al nemico di unpiede, e mezzo, senza muovere i piedi. Le antiche scuole di Scherma pre- §. 69. Osserva-

tendevano, che si dovesse stare seduto zioni su di al-

in guardia sulla coscia sinistra, il gi- cune guardie.

nocchio della quale doveva corrispon-dere a perpendicolo colla pianta delpiede sinistro, e col gomito del brac-cio stesso, cioè questi tre punti dove-vano essere sulla stessa perpendicolaree perciò il loro corpo gravitava in die-tro; e quindi questa guardia crea l’op-posta di quella del Sig. Minali. MaAlessio di Trano, che fra i maestri delprossimo passato secolo ha ottenuto inNapoli il primato, addiceva delle buo-ne ragioni per provare gli utili, che daquesta guardia si ritraevano, principal-mente per tirare di spada, e pugnale;scherma usitatissima in quel tempo in

(x) Di questa parata si parla nel §. 187.

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50Ispana, ed in sommo pregio anche inItalia tanto nelle accademie, quanto neiduelli. Per produrre la loro stoccatal’effetto (su di che il De Trano avevafondato le proprie ragioni) doveva per-correre uno spazio maggiore di quello,che noi percorriamo per avere un im-pulso maggiore; e si doveva tutto ciòcalcolare in un tempo, in cui molti in-dividi più assassini, che onorati scher-mitori, portavano de’ corpetti doppj didante, o delle camice di ferro a ma-glia, sotto il loro abito, per garantire lapropria vita, ed uccidere impune-mente. Finalmente in quell’attitudine,avvolgendo il cappotto al braccio sini-stro, serviva per schermire di spada,e scudo: onde il prelodato maestro,scorgendo tante proprietà in questaguardia, la scelse, come quella, che piùconveniva a’suoi tempi.

§. 70. Si con- Il maneggio della spada, e pugna- chiude, che la le, ricavato dalla guardia del De Trano, descritta guar- si può anche ottenere dalla guardia, che dia combina i abbiamo stabilita per sistema (come vi vantaggi di dimostreremo allorché, in un altro vo- molte altre. lume, ragioneremo della spada, e pu-

gnale). Tutti gli avvantaggi, che il Sig.Mincli trova nella sua guardia si pos-sono parimenti avere dall’anzidetta.Sembra che l’utile, che dalla sua guar-dia si ritrae più teoretico, che pratico;poiché quando si è colto il tempo sul

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51nemico, o che il medesimo, essendoscomposto, ci dà il campo di tirargli,pare che un momento di tempo inde-finibile non sia quello, che ci facciaritardare, o accelerare la nostra stoc-cata; e perciò è adottabile quella guar-dia, che giace in equilibrio, e da cuisi ricavano senza fatica, ed istantanea-mente tutte le guardie immaginabili.

CAPITOLO IV.

DELLA BOTTA DIRITTA, E DELLE AZIONI DI SFORZO.

Cominciamo in questo capitolo a de- §. 71. Introdu-

scrivere le azioni, avendo ne’due pre- zione.

cedenti spiegato quanto era necessario,per darvi idea dei principj, su di cuisi fonda la teoria, che dee costante-mente regolarle. Abbiamo di già detto ( §. 23.) chele azioni dal diverso modo, in cui sifanno sono distinte in varie classi. Noicominceremo qui a parlare delle piùsemplici, cioè di quelle, con cui o sìferisce direttamente il nemico, o cer-cando prima di deviare la punta dellasua spada dalla linea di offesa. Compostosi in perfetta guardia, §. 72. Descri-

convien prolungare, o percorrere la li- zione della

nea di offesa, onde colpire il petto stessa.

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52dell’avversario, e questo è ciò, chechiamasi tirare una stoccata. Siccomepoi questo è un movimento semplice,senz’alcuna complicazione, così vienchiamato botta diritta, denominazione,che noi adotteremo, per essere stabi-lita dall’uso.

§. 73. Descri- Tirando questa botta diritta con- zione della viene, che la mano, ed il piede diritto stessa. siano i primi a muoversi ed il resto

della macchina, sviluppando rapida-mente le sue molle, si porti avanti, edia una forte impulsione al pugno inquella direzione, in cui si è vibrati ilcolpo. Le articolazioni del braccio de-stro debbono essere libere, senza peròch’egli sia curvo. Nel tempo che si tiraquesta botta dritta, operandosi imovimenti nel braccio, i muscoli dellealtre parti obbediscono parimenti allavolontà, ed agiscono portando il corpoin avanti. Ma questo movimento sem-bra che sia principalmente operato daimuscoli estensori delle cosce, che nelleloro contrazioni separano queste dueestremità l’una dall’altra. Il Catino, edil Tronco si trovano da questo movi-mento di estensione dell’estremità, tra-sportati in avanti, dovendo il Troncoessere inclinato per un piede verso que-sta parte. Il piede diritto elevandosipercorre rasente la terra un certo spazioche è tra lui e’l nemico, e va a cade-

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53re sulla direttrice, dovendo per princi-pio generale, essere la gamba destraperpendicolare, o sia a piombo allaterra. Il pugno destro debb’ esser diquarta posizione; e la testa, ed il cor-po hanno da essere raccolti sotto lacoccia. Il braccio sinistro si dee sten-dere in dietro, parallelo alla direttrice,e formante col braccio destro, e spadauna linea retta (y). Le ossa del lato si-nistro del nostro corpo debbono essereben ferme nelle loro articolazioni. Tut-ta l’estremità inferiore sinistra dee dun-que essere distesa. La diritta al con-trario piegata in tutte le articolazioni,eccettuatone il braccio. Tutte questetensioni, e flessioni de’membri del no-stro corpo, debbono esser prodotte ad

(y) Alcuni maestri fanno sbracciare la stoccataportando la mano sinistra molto fuori delle spalledi modo, che si vede la mano, e porzione delbraccio al di fuori della linea di offesa. Essi cre-dono non ciò di fare maggiormente profilare lavita, e coprire il petto il petto sotto la coccia, edare maggiore velocità al corpo, dando alla si-nistra maggiore spazio a percorrere. Ma essendoquesta mano come il timone della spada, per lagran connessione, e dipendenza, che hanno fra diloro le nostre braccia, ne avviene che la punta didetta spada va a dirigersi verso il di fuori dell’avversario, lo che produce de’grandi svantaggiper colui, che tira così la stoccata, meno chequando l’avversario in quarta (vedi §. 143.) nellostesso tempo.

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54un tempo stesso velocemente in unistante piccolissimo. La nostra puntapercorrendo quello spazio, che si è in-dicato, dee descrivere un arco piccolis-simo, e quasichè impercettibile. Nonostante che questa sia una delle azionipiù semplici, ella è anche molto diffi-cile. Conviene mettervi perciò tutta laattenzione, e procurare di esercitarvisiincessantemente; poiché il fine tuttoriducesi ad una botta diritta ben tira-ta; mentre poi la Scherma vi dee ap-prendere una si prodigiosa quantità dicombinazioni, per cui possiate ingan-nare un sagace nemico, ed inviluppar-lo in un labirinto d’idee. Da ciò, che si è detto si rileva, cheavendo sbracciata la stoccata colle re-gole additate sopra, il tallone dirittosi trova distante dal sinistro il doppiodi quello, che ne distava stando inguardia, cioè per quattro piedi. Se aquesti aggiungerete un piede, ch’èquello che occupa il vostro piede des-stro, ed un altro piede di spazio, in-tercetto tra la punta del medesimo, e laperpendicolare, che dalla coccia si ab-bassa sulla direttrice, si avrà l’ampiez-za della stoccata di sei piedi, più tuttala lunghezza della lama ( z ).

(z) Siccome sì è detto ( al §. 25. ) che la mi-

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55 Nella tavola I.a la figura 2.a rap-presenta lo schermitore, che ha sbrac-ciata una botta diritta secondo tutte leregole, che si sono pocanzi prescritte,veduto per d’avanti. Si potrà vederela sessa mossa, riguardata per il di die-tro nella figura I.a della tavola 5.a. La stoccata sbracciata (aa) con tut- §. 74. Della

te le regole accennate è invariabile, ed botta diritta

in qualunque maniera si voglia tirare, tirata col pie-

è sempre la stessa. Se si voglia aver de indietro .

presente la misura, che abbiamo par-ticolarmente definita (al §. 25.), si scor-gerà, che due schermitori essendo agiusta misura l’uno dell’altro, tirandoentrambi nello stesso tempo entrerannoin doppia misura, e vicendevolmenteperderanno gli avvantaggi della Scher-ma, cioè quelli di colpire da lontanopiù che sia possibile, onde non assog-gettarsi talvolta a’pericoli, che ne ver-rebbero dal troppo avvicinarsi. E ne-cessario l’evitare di così accostarsi; eperciò allorché vi avvederete, che uninesperto, o furioso tra l’armi, e talo-ra anche un buono schermitore si slan-

sura è la stessa, che la lunghezza della stoccata,così si avverte, che la lunghezza della giusta mi-sura sarà di sei piedi, più la lunghezza della lama. (aa) Preveniamo i Lettori, che questo vocabolo,come termine tecnico di Scherma, significa l’azio-ne del tirare.

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56cia sopra di voi, dovrete tirargli la bot-ta diritta, restando col piede diritto im-mobile, e slanciando due piedi indie-tro sulla direttrice il piede sinistro. Lealtre parti del corpo eserciteranno lestesse funzioni, che abbiamo detto didover’esercitare nel tirare la botta dirit-ta, slanciando il piede diritto verso loavversario.

§. 75. Dell’ at- L’ ordine è essenziale ogni qual tacco di spada. volta si hanno da insegnare i principj

di una scienza, od arte qualunque, enoi lo conserveremo costantemente.Maquivi mancheremmo alla parola data,se volessimo tener dietro all’ordine daaltri osservato, nella disposizione diquesti stessi precetti di Scherma. Fan-no essi succedere al discorso della bot-ta diritta le teorie della così detta cava-zione. Quest’ordine può osservarsi nellapratica lezione del maestro, il qualefacendo le veci dell’avversario, fa im-mediatamente seguire la cavazione allabotta diritta; ma come immaginarla inteoria, se prima non si dà un’idea dellefunzioni, che fa la spada dell’avversa-rio per obbligare a fare piuttosto la ca-vazione,che un’altra qualunque azione?

§. 76. Segue. Noi crediamo perciò di dovere an-ticipare alcune piccole nozioni dell’at-tacco di spada. Stabiliremo una voltaper sempre, che parlando, o descriven-

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57do le azioni di Scherma, supporremo idue combattenti situati perfettamente inguardia, attitudine, che bisogna riguar-dare come il principio di qualunqueazione. Attaccare, in ischerma, significaporre la propria spada a contatto diquella del nemico, facendo con questaun angolo qualunque. Se l’ avversarioattacca il vostro ferro nel debole, e colsuo faccia un angolo alzando la punta,in ragione ch’egli fa un angolo mag-giore colla linea di offesa, scopre mag-giormente il suo petto, ed allora havviluogo la cavazione, ed anche le finte(bb): se poi l’ attacco è fatto colla suaspada quasi parallela alla vostra, e chel’angolo da lui fatto è minore di unaltro qualunque, talchè si accosti qua-si alla linea retta, o si confonda collalinea di offesa, in questo caso si pos-sono da voi eseguire molte azioni dispecie diversa dalle prime . Attaccata nel debole la vostra spa- §. 77. Descri-

da dall’ avversario, ed alzando egli la zione della ca-

sua punta, voi stando ben composto vazione .

col braccio destro disteso e con cor-po immobile, avendo il pugno di terzain quarta, abbasserete la vostra puntacon istantaneo, e quasichè invisibile

(bb) Vedi questa voce al Cap. 7.

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58movimento, la circolerete sotto la coc-cia dell’avversario, e gli tirerete unabotta diritta secondo le regole già de-scritte; e quest’azione è quella, chechiamasi cavazione.

§. 78. Varj av- Avvertite, che i movimenti si deb- vertimenti sul- bono fare nel semplice pugno, e non la stessa . già per mezzo della rotazione dell’o-

mero. Se la vostra spada è stata attac-cata da dentro, voi tirerete al nemicoal suo di fuori, e viceversa. Se poil’avversario attaccando la vostra spa-da tenta di deprimerla, ossia di ab-bassarla verso la terra, voi farete unacavazione, e gli tirerete una botta di-ritta sopra la sua spada, dov’era re-stato scoperto; e se egli alzasse collasua spada la vostra verso il cielo, ri-manendo con ciò interamente scopertoal di sotto del suo ferro, voi gli tire-rete la medesima botta di cavazionesotto l’armi. Un altro avvertimentodobbiamo darvi, e si è che cavando, os-sia circolando la vostra spada sotto lacoccia del nemico, e vibrando il col-po debb’essere uno stesso istante, im-piegando tanto in ciò fare, quanto neimpieghereste nel tirare la sola bottadiritta.

§. 79. Della ca- La cavazione distinguesi in due vazione stabi- sorti cioè stabile , ed in tempo. Que- le , ed in tem- sta distinzione nasce dalla vostra vo- po. lontà e non apporta verun cangiamen-

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59to, o alterazione nella maniera di ese-guirla. Poiché se voi eseguirete la de-scritta cavazione dopo seguito l’attac-co, si chiamerà cavazione stabile; mase voi, prevedendo l’attacco, o sia nelmomento, che il ferro nemico viene perincontrare il vostro, gli farete una ca-vazione, questa si dirà cavazione intempo . L’uso della prima di questeazioni è esteso contro coloro, che at-taccano il vostro ferro, e che hannol’abitudine di restare in questa posi-zione senza prevedere le offese, che nepossono nascere. La seconda di taliazioni si pone in esecuzione sempre ocontro l’attacco, o conto tutti gli sfor-zi, o urti che l’avversario tenta di faresopra la vostra spada. Osservare però conviene, che la §. 80. Osser-

cavazione in tempo si fa sempre per vazione sulla

evitare l’urto, che l’avversario tenta di cavazione in

fare sulla vostra spada, per scomporvi tempo .

dalla perfetta guardia, e perciò in que-sto caso la vostra velocità debb’esseretanto maggiore di quella del nemico,per quanto questi movendosi di spon-tanea volontà, vi assale ne’ momenti,che le vostre potenze sono quasi comeassopite, ed astratte. Ma siccome il mo-to dell’avversario è progressivo, e cheun corpo in moto non trovando alcun’ostacolo, che lo ponga in quiete, deeabbandonarsi a se stesso, così quan-

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60do egli viene ad urtare il vostro ferro,e non lo trova, il suo ferro e bracciosi troveranno fuori dalla linea di offe-sa, ed egli allora dovrà necessariamen-te essere scoperto in qualche parte,dando a voi l’agio d’ivi tirargli unacavazione in tempo.

§. 81. Delle pa- Moltissime sono le parate, di cui rate semplici . si fa uso nello schermire; ma siccome

finora non abbiamo parlato, che di al-cune azioni elementari, così non pos-siamo qui ragionare in generale dellemedesime. Ci limiteremo alla descri-zione delle parate semplici, come quel-le, da cui nascono tutte le altre. Esse distinguonsi in tre, le qualiappellansi: di picco, media, e stabile,ossia di tasto, come volgarmente chia-masi dagli schermitori. Analizzeremole proprietà di ciascuna separatamente,indicando quale più convenga in gene-rale ad ogni schermitore.

§. 82. Della pa- La parata di picco ha la proprietà rata di picco. di urtare velocemente, e con forza la

spada nemica. Perciò se l’avversariovi avesse fatta, per esempio, una cava-zione, voi parerete il di lui colpo, cioèurterete in un istante colla massimavelocità il punto centrale del deboledel ferro nemico col punto centrale delproprio forte, e tosto succeduto l’urto,non più curando la di lui spada, chedee per necessità essersi allontanata dal

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61vostro petto, rimetterete il pugno nellalinea di offesa. Avvertasi, che parandoin dentro si dee tenere il pugno diterza in quarta, e parando in fuori, diseconda in terza posizione. E’ massima fondamentale inischerma ma, che levando la punta dal-la linea di offesa, fa d’uopo sostituirviil pugno, ossia la coccia della spada eviceversa. Accade nelle parate, che perurtare con forza la spada nemica, ilpugno si devia per poco dalla linea dioffesa. Dunque allora conviene sosti-tuirvi la punta, affinché se il nemico,vedendovi scoperto per poco il petto,volesse tirarvi, venga trattenuto dallapunta, che forma scudo al vostro pet-to. Questo principio è della massimaimportanza; poiché parando convienefare angolo, e non si può fare angolo,senza dare un adito al vostro petto.Dunque non vi ha, che la punta so-stenuta nella linea di offesa, che possagarantirvi da’colpi improvvisi del ne-mico. Nasce la risposta dalla parata di §. 83. Della

picco. Allorché dunque il nemico vi risposta.

ha tirato, per esempio, una botta di-ritta, e voi bene in ordine avete para-to di picco, di modo che per avereribattuta la sua spada, lo spazio, chevoi dovete percorrere per offenderlo èminore del suo di difesa: seguito l’ur-

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62to, gli dovete vibrare una botta dirit-ta, che in questo caso prende il nomedi risposta.

§. 84. Della pa- La parata stabile differisce da rata stabile, quella di picco in quanto che essa è pri- ossia di tasto . va di velocità. Ella si oppone al colpo

vibrato dall’avversario, senza comuni-care alcun moto alla sua spada; uniscea contatto il proprio forte col deboledella spada nemica, formando col pu-gno un angolo fuori della linea di of-fesa, e sostiene in virtù della propriamassa la spada ostile, deviandola se-condo la direzione, in cui era statadiretta la stoccata. Ogni qual volta si para stabile,sarebbe inevitabile l’esser ferito, se siarrestasse sulla parata, come in ap-presso avremo luogo di osservare.

§. 85. Della pa- Si da il nome di media a quella rata media. parata, che occupa uno stato di mez-

zo tra quella di picco, e la stabile,partecipando della prima, ed avvici-dandosi quasi all’altra. L’urto che siimprime con questa parata alla spadanemica è tale, che non è capace di di-staccarla niente affatto dalla linea dioffesa. Difficilmente viene ammessa dagliItaliani, come contraria alle leggi dellameccanica della nostra Scherma. E’ ir-

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63reparabile l’appuntata (cc), che si puòfare semprechè uno para in questamaniera. L’utilità di ciascuna delle anzidet- §. 86. Avverti-

te parate verrà da noi diffusamente esa- mento.

minata allorché dovremo parlare delleparate in generale, e ne daremo l’ap-plicazione, distinguendo il momento diservirsi piuttosto di una di esse, chedi un’altra. Intanto passeremo alle ap-puntate, che nascono dalle parate me-dia, e stabile. Sotto qualunque azione, a cui l’av- §. 87. Dell’ap-

versarlo oppone una delle papate an- puntata diritta.

ridette si possono fare le appuntate.Perciò si osserva, ch’esse non dipendo-no assolutamente dalla nostra volon-tà, ma dalla parata dell’avversario ven-gono prodotte. Se nel tirare una bottadiritta, l’avversario si è difeso con unaparata media di modo, che il di luiurto non avendo tatto che poca, o ve-runa impressione sul vostro pugno, edessendo per conseguenza lo spazio vo-stro di offesa molto minore del suo,cioè la vostra punta più vicina al suopetto, che la sua al vostro, ne nasce,che quando egli si muove per rispon-dervi, voi senza ritirarvi in guardia, marestando nella posizione della stoccata,

(cc) Vedi il §. 87

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64alzerete per quattro dita il piede de-stro, e lo batterete sulla terra, diri-gento velocemente la vostra punta nel-la stessa direzione della parata, e pro-priamente sul petto del nemico. Unatale azione dicesi appuntata dritta, per-chè si appunta nella stessa direzionedella stoccata.

§. 88 Dell’ ap- Se poi l’ avversario avesse parato puntata di ca- stabile la vostra stoccata, voi restando vazione. nella stessa posizione, gli farete una

cavazione colle stesse regole dianzi ( §.77.) descritte, e verrà questa chiamataappuntata di cavazione.

S. 89. Della bat- L’ appuntata non è che una stoc- tuta del piede cata secondaria, e l’azione del piede nell’ appunta- non si può chiamare battuta del piede ta . nel senso di quelle, che alcuni scher-

mitori fanno azioni false, ma sicostituisce necessaria per dare un im-pulso, e forza alla stoccata secondaria,senza di che il colpo non avrebbe némassa, né velocità; e perciò pochissimoeffetto verrebbe a produrre.

§. 90. Riflessio- La dimostrazione di queste stoc- ni sulle ap- cate secondarie appoggiata sulla Mec- puntate . canica, qualora vogliesi considerare lo

spazio, elemento principale da calco-larsi nella Scherma. Quegli, che tirauna stoccata non v’ha dubbio, che do-vrebbe ferire l’avverasrio, se questinon vi facesse colla parata opposizio-ne, e parandola della maniera sopra in-

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65dicata, la punta è ancora vicinissima aldi lui petto. Il paratore stando in guar-dia, ha certamente la punta della di luispada due piedi distante dal petto dicolui, che gli ha tirato la stoccata. Sedunque la parata è stata media, voivedete quanto prima dovrà essere col-pito colui, che ha due piedi a percor-rere da quello, che non ha che pochedita di spazio per ferire. Oltre di chela coccia di colui, che ha colpito es-sendo sulla linea di offesa, anche nel-le accademie, la stoccata dell’altro an-derebbe a vuoto, per la proprietà, cheha la coccia di far divergere la puntanemica. Non accade così nella paratadi picco, mentre l’effetto di questa ètale, che urtando con grandissima ve-locità, e forza la spada nemica, l’al-lontana di uno spazio maggiore, e per-ciò si rende quasi impossibile l’appun-tare, allorché soprattutto alla efficaceparata è succeduta una veloce risposta. Siccome abbiamo indicato ( al §. §. 91. Del rad-

87.) che sulle parate tanto media, che doppio.

stabile, con cui l’avversario si sarà di-feso da un vostro colpo, voi doveterispondergli colle appuntate o diritta,o di cavazione, cosi vi diciamo, cheparando il medesimo di misura, o rom-pendo indietro, voi dovete colpirlo colraddoppio, il quale in sostanza si può

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66benissimo riguardare come un’appun-tata diritta. Avendo il nemico rotta la misura,parandosi così la vostra stoccata, sevoi, retsndo sbracciato, come nelle ap-puntate, avvicinerete tanto il vostropiede sinistro al diritto, per quanto spa-zio della direttrice ha percorso l’avver-sario retrocedendo, e gli replicheretela vostra stoccata, questa si dirà rad-doppio. Sicche tra questo e le appun-tate non vi è altra differenza, che que-ste si fanno a piede fermo, e quellocoll’avanzare sulla direttrice. In quest’azione si ha la stessa si-curezza, che nelle appuntate, nelle qua-li si ha sempre l’avvantaggio sul nemi-co, che lo spazio, che voi avete a per-correre per ferirlo, è minore di quello,per cui egli dee difendersi, e moltominore di quello, che dovrebbe trascor-rere per offendervi.

§. 92. Della toc- Supponendosi, che l’ inimico sia cata di spada. ben coperto in guardia, bisogna per

aprirvi il sentiero ad offenderlo, chebattiate momentaneamente col puntocentrale del forte della propria spadanemica, senza muovere né il braccio,né alcuna parte del corpo. In seguito di quest’urto, che ha do-vuto rimuovere la spada nemica dallalinea di offesa, il petto dell’avversario

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67ha dovuto necessariamente restare sco-perto, e quindi voi farete all’urto an-zidetto succedere istantaneamente unabotta dritta. L’uso di quest’azione è frequentis- §. 93. Avverti-

simo contro di coloro, che stanno col menti nel met-

braccio ben disteso, e che hanno sem- terla in prati-

pre la punta della loro spada rivolta al ca.

petto dell’assalitore (dd). Bisogna peròessere ben cauti quando si fa una taleazione, e non impiegarvi tutta la vostraforza, poiché se il vostro avversariofosse uomo sagace, e bene istruito, vipotrebbe fare una cavazione in tempo(ee) nell’istante stesso, che voi andateper urtare la di lui spada. Se poi dopo aver toccato il ferro §. 94. Della toc-

dell’avversario, colle regole di già det- cata falsa.

te, non gli tirate; ma restando fermo,lo attendete quando egli viene a co-prire o a riurtare la vostra spada, egli vibrate una botta di cavazione, que-st’azione si chiamerà toccata falsa. Lamedesima si fa per conoscere il pro-prio nemico, o per invitarlo a tirare. Se dopo aver fatta la toccata l’av-versarlo si para stabile, converrà op-porgli la cavazione in tempo, se poi

(dd) E con la spada sua la spada truova Nemica, e’n disviarla usa ogni prova. Tasso Con. 19. St. 11.

(ee) Vedi il §. 79.

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68egli rimane immobile, ripiglierete velo-cissimamente un’altra toccata che intermine tecnico si dice far due picchidi spada, o anche gli potrete fare unafinta diritta (ff), per vie maggiormenteingannarlo, osservando però di farglicredere, che la finta sia una vera stoc-cata.

§. 95. Avverti- Avvertasi che tutto ciò, che si è mento . detto di quest’azione si può applicare

a tutte le altre. Questo è un’ingannoindispensabile, poiché fatta un’azionequalunque, in vece di terminarla collabotta dritta, la trattenete cercando diindagare ciò, che vuol fare l’avversa-rio: s’egli para, gli opporrete la cava-zione in tempo, s’egli rimane immobi-le, riprenderete la stessa azione, o glifate le finte (gg).

§. 96. Osserva- Presso che in tutte le nostre scuo- zioni generali le di Scherma si è introdotto l’uso, che sulla battuta nel toccare, intrecciare, sforzare, nel del piede . guadagno di terreno, nelle finte, ed an-

cora nelle parate di picco battono for-temente il piede destro sul suolo, usan-do gli schermitori di dire le suddetteazioni fatte colla mossa del piede. Tut-to ciò, che non è applicabile alla pra-tica vera delle armi, si dee sbandire

(ff) Vedi il §. 135. (gg) Vedi il Cap. 7.

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69come inutile e pernicioso. In fatti chinon si avvede, che il rumore del piedeindica colpo finale, e che il nemicoschermitore bada agli occhi, ed allaspada, e non già a queste finte battutedi piede? Questo continuo battere cirende pesanti, ci stanca, e ci aggravaconseguentemente di forza. Un fatto diarmi non succede in una sala, ove lepareti echeggiano a questo rumore; mail campo è traslocato nella campagna,ove incontransi talora de’sassi, che nonci permettono di battere il piede, e spes-so ancora de’terreni molli, per cui siprova difficoltà a ritirarlo; perciò siperderebbero de’momenti preziosi, chela fortuna ci presenta per agire sul ne-mico. Sulle selci poi, per poco chesieno bagnate, ci farebbe sdrucciolare;nelle accademie apporta noja agli spet-tatori, e suole finalmente essere a dan-no di quelli, che hanno contratta que-st’abitudine, mentre richiama l’atten-zione dell’avversario, destandolo dallaastrazione, in cui cade talvolta, stancodalla lunga riflessione. Se queste ragio-ni sembrano giuste, avremo il piaceredi non avere errato nel dimostrare, chenon si debbono adottare alcuni usi per-niciosi. Approviamo però la battuta del

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70piede per appuntare (hh) per dare for-za alla stoccata, e compensare il difettodi velocità coll’eccesso della massa,dando all’appuntata medesima unamassa, che equivale quasi al peso del-l’intero nostro corpo, per produrre l’ef-fetto ricercato.Che se vogliasi esamina-re pe’l retto suo senso, l’appuntata nonha battuta del piede, ma essendo unastoccata secondaria, conviene, per pro-durla, alzare il piede, e poscia traspor-tarlo di nuovo sulla direttrice un pocopiù verso l’avversario.

§. 97. Dello Lo sforzo di spada ha nel primo sforzo di spa- istante la stessa prerogativa della toc- da. cata, ma in seguito è diverso, mentre

si urta la spada dell’inimico in più pun-ti gradatamente, incominciando coldoppio forte della vostra spada controil doppio debole del suo ferro, e stri-sciando col vostro il ferro nemico, fin-chè il vostro forte sia a contatto col de-bole del medesimo, urtando così, e di-sviando la spada nemica in quella dire-zione, che vi aggrada, e tirando la stoc-cata nel momento, che l’avversario èscoperto. Lo sforzo si fa quando lespade sono staccate, o quando anchesono a contatto fra loro: quest’azione

(hh) Ciocchè si è accennato nel §. 89., ci èsembrato a proposito di ripeterlo qui con mag-giore specificazione.

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71si fa parimenti se il nemico sia tuttocoperto; e se lo sforzo è stato fatto dasotto in sopra, allora converrà tiraresotto l’armi (ii), e viceversa. Se poiurtate la spada nemica al di fuori, bi-sognerà tirargli dalla stessa parte, eviceversa. Sembra che lo sforzo il piùsicuro contro tutte la cavazioni in tem-po sia quello, che si fa quando le spa-de sono a contatto, poiché l’avversa-rio essendo assorto ed occupato damolte idee, che produce questa posi-zione, non può fissare tutta la di luiattenzione sulla cavazione in tempo,ma fa d’uopo, ch’essa sia ripartita sudi tutte le altre azioni, che gli si pos-sono fare. Quando le spade di due combat- §. 98. Dell’in-

tenti sono a contatto, e che fanno tra di trecciata di

loro un angolo minore di qualunque al- spada.

tro, si eseguisce l’intrecciata di spada. Questa non è altro, che una cava-zione fatta in regola, colla sempliceinvisibile mossa del pugno, e con unoistantaneo sforzo, che urta, e disvia laspada dell’avversario nella direzione,dove si rinveniva la propria, primad’intrecciare. E da osservare, che due spade essendo a contatto, ossia attaccate, una

(ii) Vedi il §. 123. , e 128.

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72debba essere sottomessa all’altra. Inquesto caso, la spada sottomessa èquella, che dee fare l’intrecciata, poi-chè rimanendo in quella posizione didepressione, va soggetta a moltissimeazioni, di cui ora non possiamo ragio-nare. Un sagace schermitore non presen-ta giammai la sua spada dinanzi al ne-mico, senza averne prima indagato ilperché: perciò questi attaccherà con lapropria spada quella dell’avversario, elo inviterà a fargli un’intrecciata, perpoi ingannarlo con una cavazione intempo. Quando si tenta di schernirecon quest’azione l’avversario, bisognaper guadagnare spazio, attaccare di ter-za in quarta, col debole della vostraspada, la sua nel forte, ed allorchéegli si muove per intrecciare, circolarestrettamente intorno alla sua coccia ilvostro ferro, e tirargli una cavazionein tempo,in un istante quasichè indi-visibile.

§. 99. Del gua- Il guadagno di terreno è uno sfor- dagno di ter- zo spiralmente fatto sulla spada contra- reno . ria, ossia quasi circolare, urtandola col-

la stessa graduazione dello sforzo inquasi tutte le quattro direzioni, cioè indentro, in giù, o verso la terra, in fuori,e quasi in su del piano delle offese,ossia in alto verso il cielo. E poichési fa vette nel pugno dell’avversario su

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73di tutte quattro le posizioni principali,ed essendo il suddetto uno sforzo qua-druplo momentaneo, facilmente gli fauscire la spada di mano, o almeno glidisordina il braccio in maniera, chedifficilmente potrà pararsi la bottadritta, che gli vibrerete, (terminandolo sforzo circolare) o col pugno di se-conda, se il guadagno di terreno l’ave-te preso da dentro la spada nemica, ur-tandola verso il di fuori, o di quarta, sedal di fuori l’avete urtata al di dentro. Per l’intelligenza facile del seguen- §. 100. Preven-

te paragrafo, è necessario richiamare zione per lo

alla vostra mente la diversità, che pas- § seguente.

sa tra l’essere le spade a contatto, el’urtarsi. E’ vero che non si urtano sen-za toccarsi; ma l’essere a contatto èpropriamente l’atto di unire le spadesenza velocità. Il guadagno di terreno si puo’ fare §. 101. Rifles-

indifferentemente o colle spade attac- sione sul gua-

cate, o distaccate; benché quando non dagno di ter-

sono a contatto, quest’azione riesce con reno.

più velocità, e l’urto è ancora più for-te. Per ben’eseguire quest’azione, l’av-versario dee avere piuttosto la puntadella di lui spada un poco elevata, chebassa. Quello, che agisce per fare ilguadagno di terreno, dee tenere pari-menti la punta della di lui spada unpoco elevata, facendo un piccolo ango-lo colla linea di offesa, perché que-

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74sta attitudine somministra una maggiorforza.

§. 102. Avver- Allorché quest’azione si fa da den- timento sullo tro, si dee tenere il pugno di terza in stesso . quarta, e se poi si fa di fuori, la sua

posizione è di seconda in prima. Se-guito l’urto in dentro, si tirerà di se-conda, perché la spada nemica saràrestata al di fuori di voi, e se poi l’ur-to è stato fatto al di fuori, il vostropugno trovandosi necessariamente diquarta, ed essendo la spada nemicadalla parte del vostro petto, tirerete lastoccata di quarta.

§. 103. Altro Per quanto sieno belle le surrife- avvertimento . rite azioni, quando riesce di ben’ese-

guirle, non vanno però esenti da mol-fissimi pericoli, e questi accadono oallora che l’avversario fugge colla dilui spada l’incontro della vostra, pertirare una cavazione in tempo, o anchequando la vostra forza non è capace divincere quella del medesimo. Nellaprima supposizione, se la vostra forzanon è ben’economizzata, non trovandola spada nemica, percorrerete tantospazio, che costituirete lo spazio di of-fesa del nemico minore del vostro didifesa. Nella seconda ipotesi, non a-vendo impressa né forza né velocitàbastante per deviare il ferro nemico diun certo spazio, che costituisce il vo-stro di offesa minore del suo di difesa,

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75non vi potrete più schermire dalle ap-puntate. Non si dee però credere, chea fronte di questi pericoli, la Schermanon somministri degli altri espedienti,per evitarli, ed offendere in seguito.Più innanzi vedremo quanto ella sia va-sta, e qual campo abbia di difese. Si dice seconda pesola, o sia alta §. 104. Dell’a-

l’azione, che fa lo schermitore allor- zione di se-

chè, tenendo la spada di seconda, in conda pesola;

vece di fare angolo in fuori, come nel ossia alta.

guadagno di terreno, e nella fiancona-ta, sostiene il pugno, e la coccia allivello della fronte, e fa angolo in den-tro nell’unione della coccia alla mano.Questa seconda pesola non solo si so-stituisce alla stoccata di quarta, mabensì l’è contraria, talchè ogni qualvolta due schermitori tirano entrambinello stesso momento uno di quarta, el’altro di seconda pesola, resterà senzadubbio ferito quello, che aveva tiratodi quarta. Conviene osservare, che seuno schermitore volesse tirare di quar-ta, facendo angolo per difendersi dallastoccata dell’avversario, tirata nellastessa maniera, non potrebbe fare ango-lo , o conservare la punta della di luispada sulla linea di offesa, poiché elladovrebbe disviarsi al di dentro del ne-mico; ma tirando di seconda pesola, sipuò fare angolo, e mantenere semprenon solo la punta , ma tutta la lama

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76nel piano delle offese. Questa posizio-ne di pugno si dice dagli schermitoridi seconda pesola, che corrisponde nel-la lingua italiana alla seconda alta.L’uso di un’azione così importante sivedrà nel seguito di questo trattato.

CAPITOLO V.

DELLE AZIONI DI FILO.

§. 105. Intro- Abbiamo fatto precedere a questo ca- duzione. pitolo tutti gli sforzi, che accadono nel-

la Scherma, e perché questi sono piùnaturali agli uomini, e per dare lorodella forza, e fermezza di pugno, estabilità nelle stoccata. Passeremo adescrivere ora tutto ciò, che appartienea’ fili di spada combinandoli posciacon delle altre azioni; parte (per quelloche a noi sembra) più bella, e sicura diquesta scienza, per trattare le armi conquella profonda, ed intima persuasionedel vostro valore, che costituisce l’uo-mo grande, e pressoché invulnerabi-le (kk).

(kk) Crediamo che possa ragionevolmente cosìchiamarsi un uomo, il quale giunge a quel gradodi perfezione in questa scienza, che in una pu-gna particolare non può essere offeso. Omero fa

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77 Abbiamo altrove detto, che tuttele differenti azioni, che si possono fa-re o per incalzare l’avversario, o perdifendersi, nascono dalla maniera, concui il nemico vi presenta la di lui spada.E siccome la scherma è infinita nel-le sue risorse, così in qualunque guisaa voi si opponga dal nemico la spada,sceglierete fra le tante azioni quella,ch’è più adatta per combatterlo. Direte di fare un filo di spada al- §. 106. Del filo

lorchè, avendo il vostro avversario la di spada.

punta della spada per poco elevata,voi velocissimamente unendo il vo-stro forte al suo debole, ed appoggian-do insensibilmente il pugno sulla spa-da nemica, fate sdrucciolare, o striscia-re il vostro taglio, lungo quello dellamedesima, finchè il vostro forte siagiunto al di lei debole, e così avendopresa bene la graduazione, consumatel’azione colla botta diritta. Il filo dee essere continuato, e fat-to leggermente, cosicché il nemico ven-ga colpito quasi prima di sentire il fi-schio, o strofinio delle spade. Non so-lo si può fare quest’azione quando la

invulnerabile il suo Achille per opra di Teti: e sichiamerà vero valore quello, che non dalla fidu-cia nel proprio braccio, ma dalla protezione diuna Divinità in noi vien generato?

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78spada nemica è un poco elevata, maancora quando è quasi orizzontale, edanche s’ella sia a contatto colla vostra,o no. Se essendo a contatto, la vostraspada è sottomessa, farete una cava-zione senza tirare, e indi prenderete ilfilo; se poi nom è sottomessa, nonhavvi alcun bisogno fare la cavazio-ne, quando però non fosse per fingere.

§. 107. Del filo Quando si trova la vostra spada sottomesso. attaccata, e sottomessa a quella dello

avversario di modo, che il vostro dop-pio forte sia a contatto col suo doppiodebole, allora in vece di fare la cava-zione, e prendere il filo, converrà gi-rare il vostro pugno di quarta posizio-ne, e tirargli il filo di spada in dentro,o in fuori, con questa sola variazionedal filo ordinario, cioè strisciando lavostra spada da sotto la spada nemica,e compiendo la stoccata sotto la stes-sa. Il ferro nemico passando sopra delvostro, anderà colla punta a percuote-re a vuoto a da fuori, o da dentro delvostro petto, secondo la direzione di disviamento, che gli avete data coll’ap-poggiare del vostro pugno. Quest’azio-ne non è tanto estesa, allorché trattasidi agire sul nemico, quanto per difen-dersi dal medesimo. Ordinariamente sene fa uso sul contrasto de’fili, e quan-do ancora il nemico par stabile senzatirare.

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79 La fianconata distinguesi in tre §. 108. Della

specie, cioè di seconda in linea, di se- fianconata.

conda esterna, e di quarta. Esaminere-mo le proprietà di ciascuna separata-mente affinché ognuno possa conosce-re ampiamente i loro pregi. Abbassata la punta della spada ne- §. 109. Della

mica o poco, o molto verso la terra, fianconata di

voi girando il pugno di seconda, ab- seconda in li-

basserete parimenti la vostra punta, e nea.

gli prenderete il filo di seconda in fuo-ri, facendo un piccolo angolo col pu-gno al di fuori, per rapporto a voi,affinché la spada nemica si allontanidal vostro corpo. Quando poi il vostroforte è giunto nel debole della spadanemica, tirerete la botta diritta, colpugno di seconda, sotto la di lui spa-da, avvertendo però di alzare il pugno,onde tutta la vostra testa sia ben coper-ta sotto la coccia. Quest’azione si chia-merà fianconata di seconda in linea. Ci sembra che questa, tra le fian- §. 110. Avverti-

conate sia la più bella, la più sicura, menti su di

e che si possa impiegare sovente con quest’azione.

successo. L’attenzione che dee aversisoprattutto in quest’azione è di alzareil pugno nel tirare, per varie ragioni,che ora vi dimostreremo. Primo. Senell’istante, che voi tirate, l’avversariovi vibrasse una cavazione in tempo, eche voi aveste scoperto il petto, peravere il pugno un poco basso, vi sa-

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80rebbe tutta la probabilità di esser voicolpito. Ma se, avendo voi il pugno al-to, egli tentasse di fare la cavazione intempo, non potrebbe riuscirvi, senzadescrivere un grande arco, impiegareun tempo maggiore del vostro, e nonincontrare il vostro corpo, che avetechiuso sotto l’armi. Secondo. Può ac-cadere, che l’avversario cadendo di vi-ta (come sogliono spesso fare gli Spa-gnuoli) vi levasse la misura, ed indi vitirasse un colpo di taglio alla testa. Ciònon può aver’effetto, se nell’eseguirela fianconata, il vostro pugno si trovaun poco più sopra del livello della vo-stra fronte. Dunque abbiasi per massi-ma generale, e costante, che nel tira-re la fianconata, deesi elevare il pu-gno, fare un piccolo angolo per allon-tanare al di fuori la spada nemica, enon più curarla.

§. 111. Della Nasce la fianconata di seconda e- fianconata di sterna ordinariamente dall’attaccco di seconda ester- spada in fuori di seconda in terza, na quantunque si possa anche fare di de-

terminata volontà; ma però a questa se-conda maniera si possono più facil-mente opporre delle difese. Essendo l’avversario in perfetta po-sizione, voi attaccherete da fuori di se-conda col vostro forte da di lui spadanel debole, facendo un angolo al difuori, e dirigendo sempre la vostra

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81punta sul di lui petto starete ad osserva-re, se in quella posizione vi sembrasseper un momento astratto, ed allora glitirerete di seconda sul filo continuato,finchè la vostra punta incontra il di luipetto. Viene quest’azione denominatadi seconda esterna, perché esternamen-te, o al di fuori dell’avversario si di-rigono le offese. Produce questa dellebellissime combinazioni, passando suc-cessivamente, senza perdita di tempo,da questa alla fianconata in linea, datal’ipotesi, che l’avversario cavasse intempo. Intanto però se nell’attaccareseconda la spada nemica, non la tro-vaste, basta per difendervi, ed offende-re, fare un angolo in dentro di secondastessa, disviando in questa maniera laspada nemica e rendendo nulla la ca-vazione in tempo. Nella stessa posizione, che il ne- §. 112. Della

mico esibiva per la fianconata esterna, fianconata di

si può benissimo fare la fiancata di quarta.

quarta; anzi questa è la più perfettadelle altre. Dicesi fianconata di quartaperché nel farla il pugno è di quartaposizione, all’opposto delle altre due,che sono sempre tirate di seconda. Ellaconsiste nell’attaccare da dentro col vo-stro forte il debole della spada nemica,facendo angolo, per disviarla dal vo-stro petto. In questa situazione, appog-giando maggiormente il pugno sulla

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82spada nemica, senza però né urtarla,né prenderla troppo, gli prenderete ilfilo angolarmente, dirigendo la vostrapunta sulla linea di offesa, e lo colpì-rete sotto l’armi. Osserverete, che do-po che l’avversario è stato colpito, lavostra spada giacerà al di fuori dellasua, e la sua per conseguenza tra’l pet-to, e la spada vostra.

§. 113. Avverti- Quivi importantissimi avvertimenti menti sulla sono necessarj, e siccome vi abbiamo stessa . dimostrato la grande sicurezza della

fianconata di seconda in linea, cosìdobbiamo ancora farvi conoscere i pe-ricoli, a cui andrebbero soggetti coloro,che si aggiungessero a porre in praticala presente azione, senza averne fattoprima un lungo esercizio. Poiché quan-tunque essa sia bella, quando è fatta damano maestra, tuttavia pericolosadiviene per quello, che non ha contrat-to seco lei molta familiarità coll’uso.Primo. Si avvertirà dunque, che il filodee essere continuato, senza troppogravitare sulla spada nemica, mentre sestaccaste per un istante quasi infinite-simo la vostra spada, essendo quelladell’avversario prossima al vostro pet-to, potreste essere colpito da una bot-ta dritta sotto l’arma. Secondo. Nell’at-taccare bisogna fare angolo, dovendoallora l’avversario descrivere un gran-de spazio, per farvi una cavazione sta-

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83bile. Terzo. Supponendo, che per im-perizia, o per tanti altri accidenti, checoncorrono sovente a far vacillare ilnostro braccio, non aveste colpito conquest’azione l’avversario, ed egli nonsi fosse tosto risoluto ad opporvi unadifesa, porterete il pugno sulla linea dioffesa velocissimamente, cedendo ilvostro corpo sulla parte sinistra, perfar passare al di fuori vostro la di luispada, e vi ricomporrete in guardia. Allorché l’avversario è in perfetta §. 114. Dell’

guardia, col braccio disteso, o no, pur- ancora.

chè la di lui spada non sia angolare,attaccherete col vostro forte il di luidebole da fuori, gli farete un filo, egirerete il pugno di quarta, descrivendoal di sopra della spada nemica un mez-zo cerchio, per farla passare al di den-tro, ossia dalla parte del vostro petto,facendo col vostro pugno un piccoloangolo, e tenendo parimenti la puntadella vostra spada sulla linea di offesa.Giunta che sia la spada nemica al vo-stro di dentro, continuerete il vostro fi-lo velocissimamente, e colpirete il ne-mico sotto l’arma della stessa parte. L’azione descritta chiamasi ancora, §. 115. Spieg-

e conviene credere, che questo nome gazione, e ri-

le sia stato dato per la figura, che rap- flessioni sull’

presentano le due spade terminata l’a- antecedente.

zione. Ella è composta da due fili, unode’ quali si fa al di fuori, e l’altro è

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84un filo sottomesso al di dentro, ed èpropriamente quello, che termina l’a-zione. Se stando fuori misura, avreteintenzione di fare quest’azione, permeglio riuscirvi, attaccherete da sottocol vostro debole il ferro nemico nellostesso punto, e camminando gli fareteun filo sottomesso, finchè il vostro for-te sia giunto nel debole dell’avversario,e poscia gli tirerete l’ancora, colle re-gole qui sopra insegnate. Dobbiamoprevenirvi, che quest’azione si fa me-glio come parata, che come azione diprima intenzione (ll), poiché anchequelli schermitori, che tengono la pun-ta della loro spada molto elevata, nel ti-rare debbono percorrere prossimamen-te una linea retta, ed in questo caso, piùagevolmente si fa l’ancora. L’autore ditale azione (mm) la chiamava parata diancora, perché questo valentuomo nelmestiere della Scherma comprendevabenissimo,ch’ella si poteva sempre fare

(ll) Con questo nome si dinota qualunqueazione, con cui si va a caricare il nemico. (mm) Si dee l’invenzione di quest’azione al fucelebre maestro di Scherma Alessio di Trano, danoi altrove (ù. 69.) nominato, né vi è stata altrascuola, in cui questa si sia conosciuta. Il Sig.Francesco Scorza, tuttora vivente in Napoli, fu ilsolo di tutti gli allievi di questo maestro, chel’avesse uguagliato nell’eseguirla, e noi l’abbia-mo da lui appresa

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85per parata, ma non sempre di primaintenzione. Nelle parate avremo agiodi parlarne. Siccome tutte le azioni sono du- §. 116. Del

plicate, se alcune se n’eccettuano, ossia mulinello.

per meglio farci intendere, ogni azio-ne, che si fa da dentro, si può nellastessa maniera eseguire al di fuori,cosi il mulinello parimenti impiegasida ambe le parti. Sarebbe stata inutile,questa prevenzione, se l’azione del no-stro pugno fosse stata in tutti e due icasi la stessa, ed inalterabile, ma poi-chè l’ordine dell’esecuzione è diverso,credemmo importantissimo il farveloosservare. Quando avete attaccato da fuori §. 117. Del

col vostro doppio forte il doppio debo- mulinello di

le della spada dell’avversario, fate che quarta.

la vostra circoli spiralmente due voltesulla sua, senza distaccarla, e senzaforza di projezione, tenendo il pugnodi quarta. Nel descrivere questi dueconi, scenderete lievemente sul filo,finchè il vostro forte sia giunto nel suodebole, e tirando in questo istante diancora, o di filo in dentro, lo colpire-te sotto l’arma. Se poi l’attacco è stato al di den- §. 118. Del

tro, combinando il vostro doppio forte mulinello di

al doppio debole dell’avversario, quan- seconda.

do col pugno di seconda, avrete com-pita la circolazione, farete angolo in

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86fuori, e tirerete di fianconata di se-conda in linea. Il detto movimento spi-rale è ciò che dicesi mulinello di quar-ta, o in dentro, o di seconda, o difuori. Si richiede essenzialmente, cheil filo sia sempre continuato, come intutte le azioni di questo genere, per leragioni altrove addotte. Sarebbe meto-do plausibile quello di entrare in dop-pia misura facendo il mulinello; ma digrande cautela, e somma prudenza fad’uopo, mentre conviene assicurarsiprima della graduazione sul filo, edessere molto esperto, perché un accortonemico non v’inganni.

S. 119. Osser- Tutte le azioni di filo sono sicure, vazione sul perché tengono sempre avvinto il ferro mulinello. nemico; ma in specie poi il molinello,

quando da mano esperta vien pratica-to. Contro gli assalitori notturni è daporsi in uso frequentemente. Incontratala spada nemica, prendasi un molinel-lo valorosamente, e come un baleno,vibrisi la stoccata, che agevole cosanon fia lo schermirsene.

§. 120. Del fi- Allorché il nemico tiene la punta lo di seconda della sua spada un poco bassa, e quan- pesola ossia do ancora è parallela, ossia nella linea alta . di offesa, voi gli potrete prendere in

dentro il filo di seconda pesola. Per fa-re questo filo, bisogna girare il pugnodi seconda, facendo uscire il pomo del-la spada al di fuori del polso, e poscia

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87col vostro forte attaccare da dentro ildebole del nemico. In questa posizio-ne striscerete il taglio falso della vostraspada sul vero taglio (oo) del nemico,facendo angolo in dentro, come abbia-mo osservato nella seconda pesola.Giunto poi il vostro nel suo menodebole, gli tirerete la botta diritta sottola di lui spalla, senza giammai staccarela vostra dal filo. S’impiega sempre quest’azione con §. 121. Utilità di

successo, qualora l’inimico tiri una quest’azione.

stoccata di quarta. E se fosse un furio-so che entrasse in doppia misura, bastasolamente volgere il pugno di secondapesola, che obbligherà la di lui spadaa passare tangente la vostra coccia,facendo il filo, poiché il nemico reste-rà ferito, senza che gli vibriate il colpo.

(oo) Si chiama vero taglio della spada quel-lo, che corrisponde alla parte dell’elsa. Il falsotaglio poi è l’opposto, ossia quello, ch’è dallaparte dell’archetto di fuori, e che dagli scher-mitori napoletani si denomina Contra-taglio.

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88

CAPITOLO VI.

DEL CARTOCCIO.

§. 122. Intro- Descritto il metodo di eseguire la più duzione. gran parte delle operazioni, che costi-

tuiscono, e formano questa scienza, oraprogrediremo ad accennarvene alcunealtre, le quali esigono dal nostro corponuove funzioni, ben diverse da quel-le, che per le anzi descritte azioni sirichiedono.

§. 123. Del Scoperto il vostro avversario nel cartoccio pro- fianco destro, voi porrete la vostra priamente det- spada a contatto colla sua all’infuori, e to. s’egli rimane nella sua posizione, voi

abbassando il vostro corpo, alzereteil pugno, girandolo di prima posizio-ne, e lo colpirete sotto l’arme nella si-tuazione, ove il braccio si congiungealla spada destra. La stoccata dee tirarsi di primacon la coscia sinistra ben distesa, e conla gamba destra perpendicolare alla di-rettrice; però il piede destro dovrà es-sere obliquo alla medesima, e voltocolla punta in dentro, affine di esserepiù stabile nella presente stoccata. La testa dovrà essere interamentecoperta dal braccio destro, dovendo laguancia destra porsi a contatto col didentro della spalla stessa, e la tempia

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89stessa a contatto col braccio. Il vostrocorpo essendo passato sotto la linea dioffesa (tanto del nemico, quanto vo-stra) dee disporsi in guisa, che il pet-to sia rivolto verso la coscia destra, lamammella destra dee trovarsi distantedalla coscia medesima meno di un pie-de, e calando dalla stessa una perpen-dipolare alla coscia, dee incontrarlamezzo piede, ad un dipresso al di sopradel ginocchio. La schiena, ed il sederedebbono essere rivolti affatto in dietrola direttrice, il braccio sinistro dee e-seguire un movimento ben diverso daquello, che faceva nella stoccata, do-vendo seguire il corpo in avanti, edessere curvo nel gomito, portante lamano avanti la faccia, quasi scudo, tredita al di sotto del gomito destro inmodo, che dalla stessa mano sinistracalando una perpendicolare, incontri ilginocchio, e la gamba destra, e final-mente la direttrice. Per lo spazio accen-nato tra la mano sinistra , ed il gomitodestro dee passare la linea visuale, perla quale si guarda il petto dell’avversa-rio. Nella tavola seconda la prima figu-ra rappresenta lo schermitore, che hatirato un cartoccio, veduta dalla partedelle spalle. La descritta operazione appellasi §. 124. Osserva-

cartoccio, la cui esecuzione debb’es- zioni sul cartoc-

sere momentanea, e con grandissima cio.

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90celerità. La stoccata del cartoccio èpiù lunga, e più forte, ossia di mag-giore effetto di qualunque altra. Ella èpiù lunga, perché essendo la vitainclinata sulla direttrice, questa inclina-zione spinge il colpo più in avanti pertutto lo spazio del di lei abbassamen-to. L’effetto di questa stoccata è il piùgrande, che si possa ottenere, mentresi può senza errore considerare quasitutto il crpo sovrapposto alla stoccatavibrata. Da questa considerazione utilis-sime conseguenze ne potrebbero ritrar-re gli speculatori, ed indagatori di fi-nissime teorie, applicabili a questascienza si per indagare la loro forza,che per calcolare la resistenza, che lorosi può opporre, e conoscere fino a quallimite venga concesso alle loro poten-ze di superarla.

§. 125. Della Conviene richiamare qui alla vo- fianconata di stra memoria ciò, che abbiamo spiega- seconda in li- to sulla fianconata, e sui fili, le loro nea a cartoc- proprietà, e la destrezza, aglilità, e cio. leggerezza, che vi si richiedono. Per

fare la fianconata a cartoccio, dovetefare al vostro avversario un lieve filoda dentro senza tirare, e vi starete unpiccolissimo istante ad osservarlo, fa-cendogli credere di essere alieno dall’agire su di lui. Poscia converrà velo-cissimamente prendergli il filo di fian-

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91conata, ma in vece di tirare di secon-da, tirereste di prima, alzando di tantoil pugno, quanto conviene per ben co-prirvi, e gli tirerete un cartoccio collestesse regole poco fa insegnatevi. Il cartoccio di fianconata non dif- §. 126. Osserva-

ferisce dal cartoccio semplice, che nei zione sull’an-

primi movimenti, essendo l’azione fi- tecedente.

nale in entrambi la stessa. Ognuno sache il cartoccio si può tirare al di fuo-ri, e siccome questa idea è in noi sem-pre viva, non ci permette di volgere inostri pensieri, onde investigare se esi-stono altre vie, che guidano a questoscopo. Per tanto, per ingannare l’av-versario maggiormente, si potrà farequesta operazione, ancorché la di luispada presenti un angolo, e la puntas’innalzi al di sopra della linea si of-fesa; ma devesi però osservare, chequesto innalzamento non dee esseremolto grande. In questo stato di cose,l’avversario non può giammai pensare,che essendo la di lui spada posta in si-tuazione contraria a quella della fianco-nata, gli si possa prendere la fianco-nata stessa, e molto meno il cartoccio.Ma se consideriamo gli attributi dellagraduazione, questa teoria ci sommini-stra la dimostrazione, che poste duespade in contatto, il forte sopra il de-bole, quello fa obbedire questo all’in-tera sua volontà; risultato che si os-

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92serva in questa operazione, come intutte le altre, che cadono in questocaso.

§. 127. Com- Se nel tirare in fuori all’avversario inazione del un filo di spada, egli alzasse il suo pu- cartoccio col gno per pararlo, conseguentemente filo in fuori. questo movimento l’obbligherebbe a

scoprirsi al di sotto della sua spada. Al-lora voi girando il pugno di prima, glivibrerete la stoccata di filo al cartoc-cio, così denominata dalla combinazio-ne di queste due azioni, delle quali laprima non serve che ad aprire, e facili-tare alla seconda la via dell’offesa; perottenere più facilmente l’effetto deside-rato, conviene da prima drizzare il filodi spada all’occhio destro del nemico,e far credere di volere ivi tirare, ondecon questo inganno medesimo sia invi-tato ad alzare il pugno per pararsi.

§. 128. Com- Per combinare alla precedente binazione del- operazione gli sforzi, ed i guadagni di lo stesso cogli terreno, conviene ricordarsi di quanto sforzi. sugli stessi si è da noi detto (al §. 97.).

Se avendo fatto lo sforzo da sotto insopra alla spada nemica, al di fuori del-la stessa, l’avversario rimanesse sco-perto, gli tirerete il cartoccio, chiama-to comunemente sforzo a cartoccio,osservandovi le stesse regole, cheabbiamo date pe’l filo a cartoccio.

§. 129. Car- Nella stessa guisa, se fate la den- toccio col gua- tro un guadagno di terreno coll’urtare

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93al di dentro, ed in alto la spada del dagno di ter-

nemico, finchè rimanendo egli scoper- reno.

to al di sotto, offra nel fianco un aditoalla vostra punta, potete parimente ti-rare il cartoccio, che allora si appellaguadagno di terreno a cartoccio. Il cartoccio volante è una botta di- §. 130. Del

ritta tirando sbracciando la mano sini- cartoccio vo-

stra indietro, e con tutte le altre regole, lante .

da noi descritte (al §. 73) ; ne differisceperò per doversi in essa tenere il pugnodi prima ; perciò è diverso daglialtri cartocci , i quali richiedono unabbassamento del corpo sotto della li-nea di offesa. Quando il nemico haattaccato da fuori il vostro ferro, ed èin perfetta posizione, o anche tiene lapunta elevata, girerete il pugno di pri-ma, e gli tirerete sotto l’armi, e nelluogo stesso, che si è indicato pe’l car-toccio di filo. Nasce sovente il cartoccio volanteda una finta fatta all’occhio del nemicoda fuori, per obbligarlo, per mezzodella sua parata, a restar scoperto aldi sotto, e nel momento ch’egli va adincontrare il vostro ferro, dovete velo-cissimamente volgere la spada sotto lasua, e compiere l’azione suddetta. Noisupponiamo che il nome di volantevenga a questo cartoccio attribuito perla velocità, con cui si dee fare, a diffe-renza degli altri, che quantunque ve-

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94loci, però non possono giammai ugua-gliarlo, per la ragione, che nelle altreazioni questo genere, si dee muove-re tutto il corpo, e perciò il movi-mento sembra meno celere.

§. 131. Del Tutte le azioni prescritte, trattone cartoccio in il cartoccio di fianconata, erano bensì dentro . note agli schermitori, ma sembrava,

che non fosse più permesso di aggiun-gerne delle nuove. Il Sig. FrancescoScorza, che nel fiore della sua ètà, fraquelli, che trattavano le armi sul Sebe-to si distingueva, inventò un cartoccio,che corrispose alle di lui brame, met-tendolo in pratica vantaggiosamentecontro i primi schermitori, ed era que-st’azione tanto terribile, ed irreparabile,per quanto da essi s’ignorava quella viadi ferire. Ella è semplicissima, come ri-leverete dalla dscrizione, che ora nefaremo.

§. 132. De- Essendo il vostro avversario colla scrizione del spada distesa, o no verso di voi, pur- cartoccio in chè la di lei punta non s’inclini verso dentro . la terra, l’attaccherete col vostro dop-

pio debole nel suo doppio forte al didentro, o anche riuscirà meglio, se por-rete la vostra spada parallela alla sua,unendo il vostro doppio debole alla dilui coccia, sempre in dentro. In que-sta situazione il nemico è ben lontanodal pensare al cartoccio, e per mag-giormente confermarlo in questa opi-

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95nione, farete sembianza di volerlo col-pire in dentro. Posto ciò, declinandola vostra punta per poco, come se vo-leste fare una cavazione, alzerete il vo-stro pugno, volgendo di prima, e loappoggerete lievemente in dentro a voi,per garantire la vostra faccia dal ferrodel nemico, e quindi tirerete il cartoc-cio, denominato in dentro. La posizione del corpo dee essere §. 133. Osserva-

la stessa, in cui vi trovate dopo tirato zioni sullo stesso.

il cartoccio, e che si è da noi indica-ta (al §. 123.). Allorché volete fare que-st’azione, dovete abbassarvi per toglie-re con più facilità, e prestezza il corpodalla linea di offesa, ed evitare il ri-schio di essere colpito, dovendo nellaScherma giammai fare le azioni per az-zardo, ma bensì farle allorchè si è si-curo, ed intimamente persuaso, chel’avversario non possa nel tempo, chevoi l’eseguite, colpirvi. Se mai accdes-se di trovarvi a fronte di un nemi-co, che avesse la di lui spada piutto-sto bassa, l’obbligherete a darvi cam-po di tirargli la suddetta azione, driz-dandogli una finta all’occhio mel modostesso, che abbiamo indicato pe’l car-toccio volante.

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CAPITOLO VII.

DELLE FINTE SEMPLICI.

§. 134. Intro- Dopo di aver parlato ne’precedenti ca- duzione. pitoli di quell’azioni, con cui si cerca

di ferire il nemico o sforzando la di luispada, per allontanarla dalla linea dioffesa, o introducendo la vostra puntaal suo petto, dopo di aver superata laresistenza della di lui spada, per mezzodella graduazione, ci sembra opporti-no di parlare delle finte prima di ra-gionare delle azioni di tempo, essendoindotti a ciò dal riflettere, che varieazioni di tempo nascono propriamentedalle finte, ossia queste danno adito aquelle di campeggiare.

§. 135. Della Non si dee dimenticare, che in finta diritta. tutte le azioni abbiamo supposto i com-

battenti in perfetta guardia, poiché setaluno di essi non volesse esservi persistema, non avrebbe nella Schermaniuno de’molti vantaggi di questa posi-zione, da noi descritti (al §. 67.). Quan-do l’avversario fa angolo colla sua spa-da, e si scopre un poco il petto, con-verrà fargli una finta diritta. Finta nonsignifica, che fingere, o far sembianza;perciò voi, inclinando lievemente lavostra vita in avanti, e distendendomaggiormente il braccio destro, o mi-

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97naccerete il nemico, o fingerete di tirar-gli una botta diritta. E siccome è natura-le in noi la difesa, così egli anderà a pa-rarsi, tentando di allontanare la vostraspada colla sua propria. In questo mo-mento voi eviterete la di lui parata, ca-verete, e gli tirerete dalla parte opposta. Quest’azione sembra una cavazio- §. 136. Osserva-

ne in tempo, e di fatti lo è, se voglia- zioni sull’ante-

mo essere attaccati agli effetti; ma i cedente.

motivi, che debbono spingere all’azio-ne suddetta, sono diversi da quelli,per cui facciamo la cavazione in tem-po. Poiché la cavazione in tempo èquella, che voi fate per difesa allorchévenite provocato, o assalito, ed all’op-posto la finta diritta è fatta offesa,e per ingannare l’avversario, essendoprima vostra intenzione il minacciare, ela sua in seguito il parare, o difendersi. L’attitudine, che rappresenta la §. 137. Della finta

spada ostile per la cavazione è la stessa, di cavazione.

che per la finta di cavazione semplice,o doppia. Nella cavazione avendo cir-colata la vostra spada, e compito quasi-chè un semicerchio, tiravate l’interastoccata; ma nella finta semplice di ca-vazione dovete cavare, e fingere di ti-rare, e quando l’avversario vi opponela difesa, dovete ricavare, e tirare lasolita stoccata da quella parte, dove ilvostro ferro era a contatto con quellodell’avversario, prima di muoversi.

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98§. 138. Della Viene in seguito la doppia finta di doppia finta cavazione, e non havvi distinzione tra di cavazione. questa, e la semplice, se non che nella

doppia bisogna fare due finte successi-vamente. Il metodo di eseguirla è lostesso del sopraccennato (§. Prec.), col-la variazione però, che dove fate laprima finta, ivi dovete tirare la stoc-cata. Per esempio, se la vostra spadaè stata attaccata da dentro, e che laposizione sia tale, che voi non po-tete fare altre azioni, che delle finte,converrà fare la finta in fuori, che saràla prima, cavare e fare la seconda fin-ta in dentro, e finalmente circolando lavostra punta di nuovo sotto la spadadell’avversario, gli vibrerete la stocca-ta in fuori. Da qui si deduce una mas-sima generale, ed invariabile: che ognivolta, che fansi delle doppie finte, sidee terminare l’azione da quella par-te da cui è stata fatta la prima finta.La dianzi descritta denominasi ancorafinta ritornata, ma non è una tal de-dominazione generalmente adottata da-gli schermitori.

§. 139. Della La doppia finta diritta è simile alla doppia finta doppia di cavazione, colla diversità pe- diritta. rò, che la prima di queste finge nella

prima mossa di pugno di tirare una bot-ta diritta al nemico, e l’altra, nella stes-sa mossa, minaccia di tirargli una stoc-cata di cavazione. Se dopo aver fatta la

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99finta diritta, ne fate un’altra dalla parteopposta alla prima, ed in seguito tira-te la stoccata finale dalla parte, dove a-vevate accennata la prima finta, si chia-merà questa doppia finta diritta. (pp) Noi dobbiamo pertanto qui farvi §. 140. Avverti-

fare alcune riflessioni, che ci sembrano mento.

ugualmente importanti, che la conser-vazione della propria esistenza. Quando l’occasione vi è favorevoleper sorprendere colle finte il vostro av-versario, procurate di aver sempre l’at-tezione di alzare il vostro pugno, edabbassare per poco la vostra punta, on-de con quello coprire tutta la testa, econ questa velocissimamente eseguirele finte, ed impedire all’avversario ditirarvi sotto l’arma. La dimostrazionedi questo principio nasce da che, se ilmedesimo vi vibrasse una stoccata nell’istante, che voi lo provocate con lefinte, non potrebbe in verun modo col-

(pp) Non si possono certamente meglio espri-mere le finte di quello che fa l’impareggiabileTasso nel suo Canto 6.° St. 42.

Or qui ferir accenna, e poscia altrove,Dove non minacciò ferir si vede;

Si comprende che il Tasso intendeva qui di par-lare di finte semplici, perché se avesse voluto di-re delle doppie, non si verificherebbe quel dovenon minacciò, mentre già si sarebbe colla primafinta minacciata la direzione, in dove ferir si vede.

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100pirvi, anzi la sua spada passerebbe aldi sopra della vostra testa, ed egli re-sterebbe esposto ad un gran numero dioffese. Viceversa poi se le vostre fintefossero eseguite, avendo il vostro pu-gno al livello della spalla, allora restan-do la vostra testa tutta scoperta, havviil pericolo, quasichè irreparabile, diessere colpito o negli occhi, o nelletempie.

§. 141. Altro Non è mai soverchio ripetere gli avvertimento, avvertimenti, quando si tratta di garan- confermato tirsi da evidenti pericoli. Abbiate per- con esempj. ciò sempre presente, che qualora fate

le finte, dovete sedervi, o curvarvimaggiormente in guardia, ed alzare ilpugno un pollice al di sopra della vo-stra testa, per cosi difendervi, colla vo-stra coccia, dal colpo della uscita intempo (qq), che un sagace, o disperatoavversario può farvi nelle vostre finte. Tutti gli schermitori di accademia,e non di battaglia non pensano, che aguardarsi il petto; poiché essendo sta-bilito per convenzione tra gli schermi-tori di non tirar stoccate al volto, essisono sicuri, che il loro competitore nonpuò tirar loro nella gola, e molto menonella direzione degli occhi, e delle tem-pie. Ma come gli uomini agiscono qua-

(qq) Vedi il §. 157.

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101si sempre per abitudine così ne avviene,che anche colla nuda spada, non co-prono che il semplice petto, poco onulla curandosi della testa. Di scher-mitori di tal natura era il nerbo della ca-valleria pompeiana nella memorabilegiornata di Farsaglia in Tessaglia. Que-sti erano tutti giovani cavalieri romani,i quali fino allora non si erano battutiche co’fioretti, ed essendo tironi scher-mitori, non aveano ancora acquistata lavera scienza di maneggiare le armi. Ce-sare, il profondo Cesare, conoscendoil debole de’nemici, indicò alle sue piùveterane coorti, che aveva di riservaper opporle alla più nemica cavalleria,una linea di offesa, che riuscì loro tut-ta nuova, per ferire i cavalieri contra-rj, dicendo: miles faciem fere. Così avendo egli insegnato a’suoisoldati di ferire i nemici in un punto,dove questi non erano avvezzi a difen-dersi, ottenne per questa particolare ri-flessione di Scherma la vittoria in quelgiorno, che gli assicurò l’impero delMondo. Da ciò rileverete ancora quanto ri-schiano que’ barbari schermitori, chefanno le finte fin col proprio petto sco-perto, e che quantunque colpiti nelpetto in accademia dalla vostra uscitain tempo, hanno l’imprudenza, e scioc-ca temerità di dirvi: parate, signore, le

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102finte; quasi volessero insegnarvi laScherma, ch’è in uso al di là del . . . . . . . . .bel paese Che Appenin parte, e’l Mar circonda, e l’Alpi.

CAPITOLO VIII .

DELLE AZIONI DI TEMPO.

§. 142. Del Il tempo è un essere indefinibile, con- tempo appli- siderato astrattamente, ma preso se- cato alle azio- condo il significato, che gli diamo nella ni . Scherma, è quel momento favorevo-

le, che si dee scegliere per agire sul ne-mico, quando egli è momentaneamenteastratto, né attende in quel punto il no-stro colpo (rr). Ma siccome in dati tem-pi si debbono eseguire date azioni diScherma, così osserveremo che untempo si richiede per tirare la stoccata,due se ne richiedono per la finta sem-plice, e tre per la doppia, o sia ritor-nata. Dal che si conchiude, che le a-zioni tirate da fuori misura, per sem-plici ch’esse sieno, richiedono duetempi. In fatti stando fuori misura, pertirare la stoccata, voi impiegherete ilprimo tempo per camminare il passo,

(rr) Per maggior chiarezza si è stimato di ri-petere in questo luogo la definizione deltempo di già espressa al §. 37.

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103per cui siete fuori misura, ed il secon-do tempo isbracciare la botta di-ritta. Per darvene un esempio, sup-poniamo che uno de’due combattenticorra veloce a fare al di lui avversariola finta doppia, egli non potrà eseguir-la, senza impiegare tre tempi. Ora se movendosi entrambi, men-tre uno fa le finte, l’altro vibrasse unabotta diritta, certamente questi, che nonha impiegato, che un tempo, dovrà col-pire l’altro, che doveva impiegarne tre. Passeremo ora a ragionare delle a-zioni di tempo, contemplando per este-so le proprietà del tempo, guidati sem-pre dal raziocinio, e dalla esperienza. Se avendo attaccato al di fuori il §.143. Della in-

ferro del vostro avversario, egli vi fa- quartata.

cesse una cavazione per colpirvi indentro, nello stesso tempo, ch’egli vitira la stoccata, voi glie ne tirerete un’altra col pugno di quarta posizione, edescrivendo col piede sinistro un’ar-co di cerchio al di fuori della direttri-ce di circa quarantacinque gradi, con-servando sulla direttrice medesima ilpiede destro col pugno, e la coccia del-la vostra spada, quest’azione si diràinquartata. Egli è evidente, che così l’avver-sario non solo non potrà offendervi; mabensì dovrà restare necessariamente colpito, poiché in virtù di questo movi-

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104mento, voi vi siete sottratto alle offe-se, che tentava il medesimo di farvi.La vostra spada essendo restata sulladirettrice forma col vostro braccio de-stro un angolo ottuso, il quale ha im-pedito alla spada nemica di volgersiverso la direzione, che ha presa il vo-stro corpo, per ucire dalla di lui lineadi offesa. E siccome egli non vi ha in-contrato su di detta linea, ha necessa-riamente terminato il suo colpo a vuo-to. Voi al contrario avendo tirato nellostesso tempo sulla di lui linea di offe-sa, la vostra punta per conseguenza hadovuto incontrare il di lui petto. Lafigura seconda della tavola terza rap-presenta lo schermitore che ha tiratauna botta diritta inquartando, secondole anzidette regole.

§. 144. Osser- Osservate, che nella inquartata il vazione. piede destro dee avanzarsi sulla diret-

trice, come nella botta diritta, e che,nello stesso istante, il sinistro dee eser-citare le sopra indicate funzioni.

§. 145. Della L’intagliata è l’inversa della in- intagliata. quartata, come lo sono tutte le azioni,

in cui evitando la stoccata nemica, si offende all’infuori l’avversario, calan-dosi sotto l’armi. Perciò se avendo at-taccata da dentro la spada nemica,l’avversario (o nel momento del vostroattacco, o poco dopo) vi facesse unacavazione, conviene non curare la di

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105lui spada, e tirargli nello stesso tem-po una botta diritta, osservando be-ne le di lei regole, colla variazione pe-rò di non istendere la stoccata col pie-de destro sulla direttrice, ma di por-tarlo al di dentro della medesima lineaalla distanza di circa due piedi. Il pu-gno dee ritrovarsi di quarta, quantun-que si potrebbe ancora tirare di secon-da. In questa maniera voi schiverete ilcolpo ostile, non rimanendo nel pianodelle offese, che il piede sinistro, ilquale dovrà essere stabile sulla diret-trice, drizzando la punta vostra conve-nevolmente verso il lato destro, ondeottenere lo scopo, che vi avevate pre-fiso. La posizione, in cui si dee trova-re lo schermitore, dopo fatta l’azionequi descritta, si può vedere nella se-conda figura della tavola quarta. Sonovi due casi, in cui si debbe §. 146. Della pas-

eseguire la passata sotto il tempo, cioè sata sotto in

contro la cavazione stabile, o in tem- tempo

po, o contro la semplice botta diritta,che vi può essere vibrata dall’avversa-rio. In ciascuna di queste azioni le re-gole sono le stesse. Noi tralasceremodi descriverle contro la cavazione, e ciappiglieremo ad indicarle contro lasemplice stoccata, poiché la prima èper se facilissima ad eseguire. Trovandovi ambedue in perfetta §. 147. Descri-

guardia, voi inviterete il nemico ad of- zione della stessa.

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106fendervi, scoprendo il vostro petto al difuori, con abbassare il pugno, e la pun-ta della vostra spada, e piegandovimaggiormente verso la terra, per facili-tare il movimento richiesto da questaoperazione. Allorché vi viene minac-ciato il petto da una stoccata, dovretevelocissimamante lanciarvi sotto il col-po del nemico, portando il piede destrocome nella intagliata, e calando inavanti con tutto il corpo, distendendo ilbraccio sinistro, e poggiando le ditadella mano sinistra aperte sulla terra,per sostenere tutto il corpo. Le costeinferiori del lato destro debbono com-baciare colla coscia stessa, e la testadee toccarsi, o unirsi colla spalla dellastessa parte. Il pugno dee essere di se-conda posizione, osservando che conquesta mossa, vi siete portato tutto aldi dentro della linea di offesa, non re-stando sulla stessa, che la punta dellaspada, che incontra il nemico, ed ilpiede sinistro sulla direttrice. La testa,la coccia della spada, e la punta giac-ciono nella stessa visuale. La dimo-strazione, su di cui è fondata la sicu-rezza, con la quale si colpisce il nemi-co per mezzo di quest’azione è la stes-sa, che per l’intagliata. Osservate la fi-gura seconda della tavola quinta, e lastessa vi dimostrerà con tutta esattezzala posizione dello schermitore, che ha

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107eseguito la passata sotto in tempo. Questa scienza non è ben possedu- §. 148. Avverti-

ta, s’ella non viene accompagnata da mento.

un certo necessario artificio, che conduce piuttosto ad una, che ad un’al-tra determinata volontà accinto a farel’antecedente azione, non bisogna farlopenetrare; ma allontanare da questopensiere l’avversario, ed aspettere at-tentamente quell’atomo di tempo in cuiegli si muove a ferirvi, per indi, comeun baleno, tirargli nello stesso istante. Si chiama cartoccio in tempo quel- §. 149. Del car-

lo che si fa contro la cavazione in tem- toccio in tempo.

po, quando si urta la spada da dentro.Perciò secondo che l’avversario vi hapresentata la sua spada per chiamarvi, oinvitarvi ad agire sopra di lui, per esem-pio con una toccata di spada, voi lo se-conderete nelle di lui intenzioni e sic-come in qualunque azione si può scher-mirsi colla cavazione in tempo, cosi senell’istante, che voi urtate la di lui spa-da; egli vi tira una cavazione in tempoal di fuori, voi gli vibrerete nell’atomostesso, il cartoccio denominato in tem-po, appunto perché nel momento stes-so, che vi viene tirata l’anzidetta cava-zione, voi per mezzo di questo, evitateil colpo dell’avversario, offendendoloin seguito. Nello stesso modo se l’avversario §. 150. Avverti-

venisse a toccare, o ad urtare la vo- mento.

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108stra spada, che si trova al di dentrodella sua, e voi nello stesso tempo,sottraendola dalla linea di offesa, gligirerete il cartoccio nel modo anzi-detto, si dirà pure che l’avrete colpitocon un cartoccio in tempo. Si potràquindi asserire in generale, che tutte leazioni, le quali combinate col cartoc-cio si fanno da fuori, si possono egual-mente fare al di dentro. Abbiamo qui premesse queste idee,per farvi con facilità comprendere l’a-zione, che or ora vi descriveremo, co-me quella che si allontana dagli stabi-li, e fermi principj in riguardo alla si-tuazione, donde vien tirata, come inappresso osserveremo.

§. 151. Della Invitandovi l’ avversario, come quarta bassa. nell’ antecedente azione, per farvi una

cavazione in tempo, invece di scher-mirvi col cartoccio, converrà con moltaaccortezza abbassare il pugno, circola-re la vostra spada sotto la sua, facendopassare il di lui ferro sopra il vostrobraccio destro, gettandovi tutto al difuori, come nella inquartata, e così,involando il vostro corpo dalla linea dioffesa, si troverà aver’egli la vostrapunta sul di lui petto. In sostanza la quarta bassa (poi-chè questo nome si dà all’azione sud-detta) è una inquartata, ma eseguita daparte tutta opposta. Colui che tira una

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109cavazione al vostro di fuori, attendeil cartoccio, e dirige per conseguenzain qella parte la sua punta, ciocchè co-stituisce maggior certezza nel colpirlo. Portentosissima ella è dunque la §. 152. Riflessio-

quarta bassa, eseguita però con mae- ni sulla stessa.

stria, ed artifizio, poiché se la velocitàdel braccio non fosse da quella delcorpo secondata nella sua operazione,non havvi alcun campo di schermirsi,o rimettersi, e perciò irreparabile nesarebbe l’offesa diretta da quello chevi sta a fronte. Procureremo nulla di meno di dar- §. 153. Avverti-

vi alcune piccole idee atte a produrre menti per

un qualche successo, qualora vi si pre- ben’eseguirla.

senti la favorevole occasione di esegui-re la quarta bassa: Primo. Badate di es-sere fuori misura di un mezzo piede, af-fine di non essere colpito dalla cava-zione del nemico. Secondo. Quando ur-tate la di lui spada, non vi abbando-in avanti colla vita. Terzo. Se do-pi aver tentato di urtare il ferro nemi-co, non lo incontrate, ritirate la vitaindietro nel circolare la vostra spada,quantunque se ben baderete alla misu-ra, non ve ne sarà bisogno alcuno.Dopo aver osservato queste cose vi lan-Cerete sull’inquartata, tirando la stoc-cata, come altrove si è detto (§. 143.).In questa guisa l’avversario non puòoffendervi, e voi potrete colpirlo, es-

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110sendo egli entrato in misura per mezzodella di lui stoccata.

§. 154. Della La controcavazione nasce della in- controcavazio- trecciata di spada; però se voi avete ne . idea di fare la controcavazione all’av-

versario, conviene che questi sia uno diquegli schermitori, che liberano sem-pre la punta, o per meglio dire, chenon si lasciano mai trovare, o urtareil loro ferro. Quest’azione è contrariaalla cavazione, ovvero serve per ischer-mirsi della medesima. Quando dunque le due spade sononella posizione della intrecciata, e voisiete colla vostra sottomesso a quelladell’avversario, gli farete una intreccia-ta, e s’egli vi facesse una cavazione intempo, voi gli farete un’altra cavazio-ne, contraria alla sua, ed indi vibreretela stoccata da quella parte, in cui avetefatta l’intrecciata, e quest’azione de-nominasi controcavazione.

§. 155. Spiega- Supponiamo per ipotesi, che l’av- zione sull’an- versario abbia attaccato al di fuori la tecedente. vostra spada; voi dunque dovrete far-

gli l’intrecciata al di dentro. Posto ciòse nell’istante, che voi urtate il ferro,egli vi facesse una cavazione, dovrebbenecessariamente colpirvi al di fuori.Allora mosso il vostro pugno dall’im-pulso, che gli avete comunicato, perdare un urto, si troverà al vostro didentro, e perciò dovrete circolare la vo-

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111stra spada al di sotto di quella del nemi-co, e tirargli la stoccata finale in dentro.Se poi l’intrecciata sarà fatta al di fuori,nella stessa parte dovrete tirargli. Siccome ordinariamente finita la §. 156. Avverti-

controcavazione, tutti e due i combat- mento.

tenti tirano la stoccata, talchè potreb-bero essere entrambi feriti, se le lorococce, invece di essere sulla linea dioffesa, fossero portate per poco all’in-fuori della medesima, così per evitaresiffatto pericolo, quello schermitore,che fa l’intrecciata, e non trovando laspada nemica nell’urtarla, fa la contro-cavazione terminandola in dentro, deedeviare per un piccolo angolo dalla di-rettrice, ossia inquartare, secondo leregole, che abbiamo di sopra esposte(al S. 143.). Uscita in tempo significa cogliere §. 157. Dell’

il tempo sul nemico, quando egli si a- uscita in tem-

vanza sopra di voi per farvi qualche po.

azione: ma propriamente viene cosìchiamata quell’azione, che serve ad ar-restare il nemico nel tempo, ch’egli fale finte. Supposto dunque che l’avver-sario tenti d’incalzarvi, o di minacciar-vi colle finte a piede fermo, o cammi-nando, voi dovrete all’istante vibrargliuna botta diritta, che in questo casoprende il nome di ucita in tempo, perle ragioni qui sopra indicate.

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§. 158. Osser- Sopra di quest’azione contraria alle vazioni sull’ finte è stabilita la dimostrazione di tut- antecedente . te quelle regole, ed avvertimenti, che

abbiamo creduto come un dovere indi-spensabile di suggerirvi (§. 140, e141). Che un inimico, il quale vi fa lefinte col pugno al di sotto del livellodella spalla, debba essere colpito dallavostra uscita in tempo è certissimo, edeccovene la ragione. Considerati i tem-pi, e la velocità uguali tra due scher-mitori, ed osservando che un tempo sirichiede per una finta, due per due,e tre per compiere l’azione della stoc-cata, ne viene per conseguenza, chese nel primo tempo delle finte, ossianella prima delle tre finte, che vi fal’avversario, voi gli tirate una stocca-ta, dovete infallibilmente colpirlo duetempi prima, ch’egli vibri il suo colpo.Questa proposizione è giusta, e chiun-que è iniziato nei principi della Mecca-nica comprenderà questa teoria, chenoi abbiamo semplicemente accennata,ma che è applicabile a tutta la Scher-ma di cui anzi ella è il fondamento.

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113

CAPITOLO IX .

DEL CONTROTEMPO .

Consideriato ciò, che noi intendiamo §. 159, Intro-

per tempo, ed accennate alcune appli- duzione.

cazioni del medesimo, crediamo op-portuno di volgere le nostre idee allaconsiderazione del controtempo. Se vogliasi ben riflettere alla defi- §. 160. Osser-

Nizione del controtempo da noi data vazione.

(al §. 38.), sarà facile il comprenderecome sia egli applicabile generalmentea tutte le azioni della Scherma; talchèse si volessero descrivere particolar-mente tutti i controtempi, sarebbe lostesso che intraprendere un’operaquanto difficile ad eseguirsi, altrettan-to inutile: vi preveniamo solamente,che l’applicare i medesimi alle azionicon successo dipende dalla destrezza,e sagacità dello schermitore. Per addurvi poi qualche esempio §. 161. Esem-

le azioni fatte col controtempo, vi di- pio dell’ap-

remo, che se voi fate una finta di cava- plicazione del

zione all’avversario, supponendo che controtempo.

essa venga fatta in dentro, è chiaro chela vostra spada debba essere stata atta-cata in fuori (§. 137.), e perciò dopola finta in dentro, allontanate dallastessa parte la vostra punta dalla lineadi offesa, per poco spazio, affinché

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114l’avversario creda, che voi gli vogliatetirare la stoccata all’infuori, ed ivi vadaa parare; in questo tempo dunque, incui l’avversario si discosta colla di luispada dalla linea di offesa, voi gli tire-rete una stoccata in dentro, dove ave-vate indicata la finta. Un simil colpo, ostoccata si appella colpo, o stoccata dicontrotempo; oppure analizzando me-glio l’azione, voi avrete colpito l’av-versario dopo una finta, ed uncontrotempo.

§. 162. Appli- Annoverasi ancora ne’controtempi cazione alla la toccata falsa, che si potrebbe deno- toccata falsa . minare toccata di controtempo, per la

ragione, ch’essa non è ne stoccata fina-le, né finta. Se bene si osserva ciò, chetende a produrre quest’azione, si scor-gerà ch’ella si fa per conoscere il pro-prio nemico, o per invitarlo a tirare. Inogni modo colui, che fa la toccata èprevenuto di ciò, che il di lui avversa-rio gli può opporre, per ingannarlo po-scia col controtempo.

§. 163. Del Per bene eseguire l’azione, che ap- copertino di pellasi copertino di spada si richiede spada . che l’avversario sia col braccio disteso

in avanti ( ss ), facente colla di lui

(ss) Si può fare il copertino quando anche il bra-cio dell’avversario fosse curvoe la sua spada in li-nea retta, come pure se la spada stessa facesse unangolo qualunque colla linea di offesa: in quest’ultimo caso si vede rare volte mettere in praticarichiedendosi perciò una straordinaria destrezza.

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115spada una linea retta. Stando egli dun-que in guardia nella descritta posizio-ne, bisogna coprire da dentro la spadadel nemico, volgendo il pugno di se-conda, però senza toccarla, e indi gra-duando in questa maniera il braccio,ossia percorrendo un certo spazio, peravvicinarsi più che sia possibile al dilui petto, girare il pugno, e tirargli unastoccata di quarta: in questo caso ilcopertino si dirà fatto in dentro. Se poilo fate da fuori, conviene coprire laspada di quarta, distendendo bene ilbraccio, e poscia tirare. Dal che siconchiude, che il copertino è un con-trotempo per alienare il nemico, e far-gli credere, che non si agisce sopra dilui, ma che si vuole toccare la di luispada per assicurarsene.

CAPITOLO X.

DELLE FINTE COMBINATE CON ALTRE AZIONI .

Quando si ha a combattere con un §. 164. Intro-

nemico valente, non riesce tanto facile duzione.

il sottometterlo con delle semplici azio-ni, ma conviene ricorrere alle finte. Setrattasi di due schermitori eguali in for-za, ed in sapere, la sorte della pugnanon potrà giammai decidersi. Ma que-

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116sta è una ipotesi preso che impossibile,e vi sarà sempre tra due chi saprà me-glio combinare le proprie idee in modoche mettendole in pratica con azioninon previste dall’altro, possa superarlo.

§. 165. Della Tutte le azioni possono comporsi combinazione colle finte, e ciò si fa allorquando è delle finte con spenta in noi la speranza di ottenere il altre azioni in fine, che ci proponiamo con una sem- generale. plice azione, per esempio, con una

toccata di spada. se l’avversario dun-que sarà buon paratore, converrà, dopola toccata, far sembianza di colpirlo inquella direzione, in cui è stata fatta latoccata stessa, e nell’istante ch’egli pa-ra, cavare la spada, e vibrargli la bottadiritta da quella parte, o nella stessadirezione, dove avevate accennata laprima finta. Or la prima di queste denominasitoccata colla finta, perché s’intendeindicata una sola finta, e la secondadicesi toccata colla doppia finta. Le stesse regole, che convengonoalle finte, appartengono ancora alle in-trecciate, agli sforzi, ed a’guadagni diterreno.

§. 166. Delle Le finte sui fili nascono d’ordina- finte di filo. rio dalle parate, che fanno quegli

schermitori, che stanno perfettamentein guardia, allorché vien loro tirato un

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117filo di spada. Egli è corto, che se voiprendete un filo all’avversario, ed ilmedesimo non vi si opponga con qual-che parata, voi dovete consumare l’a-zione del filo, e non fare la finta. Mase appena che abbiate preso il filo, l’av-versario disvia la vostra spada dal suopetto, non conviene terminare la stoc-cata da quella parte, ma bensì cavere-te, e tirerete dalla parte opposta: quest’azione dirassi finta di filo. Che se poinon fa la cavazione, che per fare la se-conda finta, e tirare da quella parte,in cui si trovava la spada nell’istantedel filo, una tale azione chiamasi dop-pia finta di filo. Se lo schermitore fosse uno di §. 167. Osser-

quelli, che stando in guardia, è scoper- vazione.

to tanto in dentro, che in fuori, la no-stra volontà non è più soggetta alla sua;ma è libera, e può esercitare indipen-dentemente tutte le di lei determina-zioni. La finta della fianconata si fa o §. 168. Della quando l’avversario para, o quando an- finta di fian-

cora non va alla parata (tt). Per lo più conata.

(tt) Sembra che noi cadiamo qui in contradi-zione con noi stessi, avendo detto al §. 166. chenon si possono far finte, se l’avversario non va aparare. Ma la posizione in cui dee trovarsi la spa-da del nemico, per prendergli la fianconata di se-conda, è tale, che non lo copre interamente, ondesi potrà benissimo fare la finta di tale azione, sen-za che l’avversario pari.

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118si sorprende l’avversario, che non haneppure il tempo di pensare alla para-ta stessa. La finta suddetta si fa nellastessa maniera, che per tirare la fian-conata; ma quando si è alla metà delfilo (s’ella è di seconda in linea) si deegirare il pugno di quarta, e tirareda dentro, come nella botta diritta; ese fosse di quarta, conviene distaccarela spada, e tirare pure da dentro, senzamutare affatto la posizione del pugno.

§. 169. Avver- Nascono le finte sempre dalle pa- timento gene- rate, poiché se, per esempio, si fa rale . una finta diritta, e l’avversario non

si muova dalla sua posizione per pa-rare, in questo caso conviene mutarela finta nella stoccata finale, essendocontrario a tutte le leggi della Schermail fare delle finte, ove non si troval’opposizione delle parate.

§. 170. Del Riassumendo dunque il nostro ar- filo a cartoccio- gomento, vi diremo, che se avendo colla finta. fatto il filo al di fuori, volgete il pu-

gno di prima, facendo sembianza ditirare il cartoccio, ed indi girate dinuovo il pugno di quarta, e tirate lastoccata al di sopra della spada nemi-ca, questa operazione denominasi filoa cartoccio colla finta.

§. 171. Del Se in vece poi di tirare al di so- filo a cartoc- pra della spada nemica, non fate che cio colla dop- minacciare, o fingere, e volgendo di pia finta . nuovo il pugno di prima, tirate il car-

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119toccio, questo appellasi filo a cartoc-cio colla doppia finta. Lo sforzo a cartoccio richiede, §. 172. Avver-

per combinarsi colle finte, le stesse timento.

regole del filo a cartoccio, come pureil guadagno di terreno a cartoccio, ela controcavazione a cartoccio. Si può facilmente osservare, chesopra di ogni azione le finte sono am-missibili, eccettuatene l’inquartata,l’intagliata, e la passata sotto in tem-po, e si potrebbe aggiungervi ancorala quarta bassa. La ragione n’è chiara,poiché queste quattro azioni sono tuttestoccate finali, e che di rado si met-tono in pratica, senza che l’effettocorrisponda all’idea, che lo schermi-tore si ha prefissa nell’adoperarle.

CAPITOLO XI.

DELLE PARATE IN GENERE.

Indipendentemente dalle parate, che §. 173. Intro-

abbiamo individuato al numero di tre duzione.

(al §. 81.) ve ne sono ancora alcunealtre, le quali non sono, che le azionisemplici impiegate per difesa. Questeazioni che ora riguarderemo sottol’aspetto di parate, per la maggiorparte dipendono dalla parata stabile,ed alcune altre poi ne sono affatto in-

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120dipendenti. In questa ultima classe visi possono annoverare l’inquartata, ilcartoccio in tempo, la passata sotto intempo, ed anche la quarta bassa; inquella poi le tre fianconate, il filo, laparata di ancora, e quella di molinel-lo. Tutti gli sforzi, come la parata disforzo a cartoccio, di guadagno di ter-reno, e d’intrecciata dipendono dallaparata di picco o di sforzo.

§. 174. Parate Per farci da prima dalle quattro indipendenti parate, che si fanno senza ricorrere alla dalla stabile. stabile, l’inquartata si fa ogni qual vol-

ta, che parando da fuori, non s’incon-tra la spada nemica, e le altre tre al-lorchè similmente non s’incontrra pa-rando da dentro.

§. 175. Avver- Non faccia meraviglia se tutte timento sulle quelle azioni, che noi esponiamo per parate in ge- parate sieno le stesse, che quelle che nerale . abbiamo dichiarate come azioni sem-

plici. Qualunque azione, che serve atogliere al nemico il mezzo di colpireè una parata. Dunque sempre un’azione viene impiegata per difesa, noila considereremo nella classe delle pa-rate: è perciò non sarà fuori di propo-sito, che voi qui richiamate alla me-moria le già datevi teorie delle azionisemplici, addestrandovi a farne uso inluogo delle parate, bastando a noi perora di esaminare l’utilità di ciascunaparata semplice per comporla colle a-

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121zioni, distinguendo il momento, in cuisi debbono impiegare, onde ritrarle ilmaggiore vantaggio, di cui possono es-sere suscettibili. Non vi ha dubbio che la parata di §. 176. Pro-

picco sia tra le semplici la più bella, prietà della

quando però viene esercitata in un pun- parata di pic-

to tale, che l’avversario o non l’atten-de, o scemo di forze, viene da que-sta disordinato. Questa parata, eser-citando la sua azione per mezzo diuna data velocità, e non incontrandola spada nemica, dovrà percorrere uncerto spazio, che obbligherà il bracciodi colui, che la pone in pratica ad ab-bandonarsi, ed a scoprire il di lui pet-to alle offese dell’avversario. Questaverità dimostra, che se uno schermito-re volesse parare di picco sulle finte,correrebbe il rischio di essere facilmen-te colpito. Convinti da questa ragione,stabiliremo di parare sempre di piccosulla stoccata finale, ed anche allorchél’avversario fa una cavazione, senza ti-rare la botta diritta. Ciò, che qui ab-biamo detto della parata di picco sipuò con tanta maggiore ragione dire diquella di sforzo, per quanto questa su-pera di gran lunga in efficacia la prima. Combinata la parata stabile co’fili §. 177. Uso

di spada, si può fare ogni qual volta della parata

l’avversario fa sopra di voi qualunque stabile.

azione. Fa d’uopo però ben possedere

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122l’arte di momentaneamente rispondere,senza giammai staccare la propria spa-da dalla nemica. Le finte non altrimentidebbono essere parate in questa ma-niera. Si dee sempre avvertire di nonfermarsi sulla parata medesima, poichégrave pericolo, e quasi inevitabile nenascerebbe di essere colpito dall’ap-puntata di cavazione.

§. 178. Osser- Escluderemo la parata media, fatta vazione sulla per sistema, affatto straniera, come ab- parata media. biamo osservato, nella Scherma d’Ita-

lia. Se accade talora, che veggasi que-sta da taluni adoperata, si dee conchiu-dere, che colui, che l’esercita è unoschermitore, che tenta d’ingannarel’avversario, il quale si è lasciatoesplorare il disegno o pensiere, che hadi fare l’appuntata. In questo caso,dopo aver fatta la parata media, e chel’avversario si muove per appuntare,conviene prendergli una parata di piccoo meglio ancora, di sforzo, che quasiimpossibile gli riuscirà di pararla. Que-sto è lo stesso caso de’due picchi dispada ( §. 94.), e non varia, che perl’intenzione.

§. 179. Parate Comprendonsi nella parata stabile di fianconata. tutte le azioni, che si compongono co’

fili, e dai fili hanno la loro origine.Le fianconate si fanno nella stessa gui-sa; ma conviene avere la cautela di pa-rare stabile, e con fermezza di pugno,

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123non lasciando però il piu piccolo in-tervallo fra la parata, e l’offesa. Nel momento stesso, in cui il ne- §. 180. Della

mico vi tira una stoccata, dovrete pa- parata di filo.

rarvi stabile, incontrando il suo debolecol vostro forte, ed appoggiando unpoco il pugno sulla spada, e verso ladirezione, in cui ha tirato, fare scivo-lare il proprio taglio lungo il taglio ne-mico, fino a che la vostra punta incon-tri il di lui petto. Questa parata, e ris-sposta è ciò che addimandasi paratadi filo, la quale si può fare da fuori,e da dentro, secondo la direzione delcolpo avverso. Che se poi gli rispon-derete sotto l’arma, si dirà parata difilo sottomesso. Eccoci ora alla tanto bella ed uti- §. 181. Della

lissima parata di ancora, della quale parata d’an-

vi abbiamo dato altrove (§. 114.) una cora.

piccola idea. In qualunque azione, che il nemi-co tenta di fare da fuori, voi essendoperfettamente in guardia, colla puntadella vostra spada un poco elevata, lacircolerete da fuori, facendo come unsemicerchio (senza però muovere ilbraccio, ma esercitando, come in tuttele altre azioni, il solo movimento delpugno), e quando la punta della vo-stra spada è giunta alla linea delpetto dell’ avversario, tirerete diquarta sul filo, appoggiando un

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124poco in dentro il pugno, ed inquar-tando similmente il piede sinistro perpoche dita.

§. 182. Della La parata di controcavazione è la parata di con- stessa, che la controcavazione, eccet- trocavazione. tuatene, che finita la parata di contro-

cavazione, si para stabile, e si scendedi filo, o si risponde di sforzo. Postociò, se avendo voi attaccato l’avversa-rio al di dentro, egli vi fa una cava-zione al di fuori, ed allora voi, in ve-ce di parare al di fuori, circolate laspada vostra al di sotto della nemica,e parate in dentro, questa parata chia-merassi parata di controcavazione.Onde più brevemente, ella consiste inciò, che in vece di parare nella direzio-ne, in cui l’avversario ha tirato, si rica-va, e poi si para disviando dal vostrocorpo la spada nemica da quella partestessa, in cui si trovava prima di tirare.

§. 183. Della La parata di molinello è l’azione parata di mo- stessa semplice impiegata per difesa. linello. Questa si rassomiglia a quella di con-

trocavazione, pe’l movimento che si e-segue dal nostro pugno: varia però inquesto, che il mulinello si fa anche nelcaso, che il nemico non faccia alcunacavazione, e che il nostro ferro nel ri-volgersi intorno a quello del nemico,dee sempre essere a contatto col me-desimo. In tutti e due questi casi con-

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125viene cedere la vita verso la coscia si-nistra, ossia ritirarla indietro, osser-vando di tenerla curva nel ritirarsi. Sequeste due parate sono state stabilmen-te eseguite in dentro, si tirerà di fian-conata o di seconda, o di quarta, e sein fuori, colla parata d’ancora. Le parate di sforzo a cartoccio, e §. 184. Delle

di guadagno di terreno si fanno nella parate di car-

stessa guisa, che si è indicato nella toccio, di gua-

semplici azioni. Quella d’intrecciata si dagno di ter-

fa quando non si para nella stessa dire- reno, e d’in-

zione della stoccata, ma si fa una ca- trecciata.

vazione, e poi si urta la spada nemi-ca per la parte opposta. La parata di picco ordinariamente §. 185. Della

viene usata o in dentro, o in fuori; ma parata di pic-

per parare il cartoccio, converrà volge- co contro del

re il pugno di seconda in terza, abbas- cartoccio.

sare la punta, della propria spada, ur-tare all’infuori quella del nemico, e po-scia rispondere o di seconda, o diquarta, come sembrerà più utile, o co-me crederete di tirare più sicuro, eveloce. Per parare il cartoccio, che vi tira §. 186. Parata

l’avversario, ancorché fosse colla finta, contro il car-

basta che nel tempo stesso della di lui toccio, anche

azione, alziate la punta della vostra colla finta.

spada, abbassando la mano dritta collaguardia della spada fuori della vostracoscia diritta, in seconda posizione di

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126pugno, girando il vostro corpo un pocoverso dentro, osia presentando la par-te sinistra del petto al nemico, seden-dovi sulla guardia. La spada nemica sitroverà da fuori, e sempre legata (uu)dal forte della vostra talchè, l’avversa-rio non potrà tirarvi più nè sopra, nésotto di cartoccio. Fatto questo, gli ri-sponderete velocissimamente di ancorainquartando, o di fianconata di secondain linea intagliando. Quest’azione èdell’anzidetto Signor Francesco Scorzaed è facile l’avvedersi, ch’essa è sicura,bella, e preferibile a quella di picco,che non ha luogo sempre sulle finte.

§. 187. Della Richiamasi alla memoria ciò, che parata di vita. abbiamo spiegato nel capitolo terzo

della guardia riguardo alla vita, che deeessere sempre perpendicolare alla di-rettrice. Da questa situazione nasconotutte le parate di vita, così comune-mente appellate da quelli, che profes-sano questa scienza. Questa parata sifa cedendo il corpo sulla coscia sini-stra, osservando che il centro di motodee eseguirsi al centro del Tronco, af-finchè togliendo all’avversario la lineadel petto, non gli si esponga quella del

(uu) Cioè col vostro forte a contatto del debo-le della spada nemica in modo, che questa essen-do sottomessa alla vostra, l’avversario non possaallontanarla, senza esser seguita dalla vostraspada.

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127ventre, o del fianco. Colui che ha laperfetta conoscenza della misura puòimpiegare questa parata con facilità,ed avvantaggio. E’ facile il concepireche cedendo la vita, si allunga lo spa-zio, che dee scorrere l’avversario perferire, ossia gli si toglie la misura perlo spazio di un piede. Appena eseguitaquesta parata, conviene velocissima-mente rispondere con quell’azione, chel’esercizio ha renduta in voi più natu-rale delle altre, o con un’altra qualcun-que, siccome scorgerete il vostro av-versario o ignaro o debole per opporvidelle nuove difese. Se si riflette a’pregi di questa pa- §. 188. Van-

rata, ella è una delle bellissime; poiché taggi della

il nemico difficilmente s’induce a cre- stessa.

dere, che voi possiate parare in que-sto modo, allorché non vede la minimamossa di piede, come suole nella pa-rata di misura, in cui dovete ritirarviper lo spazio di un piede, andando unpasso in dietro. Ancorché il vostro av-versario abbia una perfetta conoscenzadi questa parata, pure la sua mente di-visa, tra tante idee, e riscaldata dallavolontà di colpire, lo rende talora lon-tano da questo pensiero, e quando an-che vi pensasse, non avrebbe altroscampo, che quello di ritirarsi velocis-simamente in guardia, e procurare didifendersi.

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128 §. 189. Parata Essendo la parata di picco univer- contro il guada- sale per le azioni finali, s’intende che gno di ter- anche contro il guadagno di terreno reno. è applicabile. Ma un’ altra eccellente

parata vi descriveremo, che non è a co-gnizione di alcuno, tranne l’inventore,e pochi amici, a cui egli l’ha insegnata. Se per esempio un valoroso com-petitore vi pigliasse un guadagno diterreno per filo di spada, che fa caderela punta della vostra spada verso la ter-ra da non aver modo, e tempo di pararevoi farete maggiormente calare verso ilsuolo la vostra punta, e curvandovi dipiù nella guardia, alzerete la mano, ecoccia della vostra spada, finchè il po-mo si avvicini alla vostra bocca, ed inseguito avvicinerete il piede sinistro aldestro, come se fosse dritto in piedi,appoggiando la vostra spada verso fuo-ri, o dentro, secondo che vi è statadiretta la stoccata.

§. 190. Avver- Da questa parata si passa ad im- timento sull’ prigionare l’avversario, o a disarmarlo; antecedente. ma questo non è il luogo di parlarne.

Sappiate però, che se questa parata saràfatta velocissimamente in fuori, sipotrebbe tirare di fianconata di secon-da in linea, ma vi si richiede moltaarte, e velocità; essendo in dentro peròdifficilmente si può tirare. Che se re-state sulla parata, il nemico vi potreb-be tirare un cartoccio, nel quale caso

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129dovendo egli descrivere un grande ar-co nello stesso tempo, che si accingea tirarvi, tirerete voi pure di secondafacendo angolo in fuori. Sopra tuttoquesta parata è bellissima per disar-mare il nemico, come si è detto, ed ilSig. Scorza, che n’è stato l’inventore,avendola posta più, e più volte in pra-tica, gli è sempre riuscita felicemente. Queste sono tutte le parate, delle §. 191. Descri-

quali in generale da noi si costuma far zione di una

uso; ma correndo gli uomini dietro parata ch’è

alle novità, ed in generale apprezzan- poco in uso

do più le cose mediocri altrui, che nella nostra

le buone del di nostro paese, hanno Scherma.

alcuni italiani introdotto nella Scher-ma una certa parata, a cui vien datoil nome di parata di prima. Ve nefaremo una succinta descrizione. Supponete, che vi venga tiratauna botta di cavazione in dentro. In-vece di pararla, come abbiamo fino-ra detto, dovete alzare il pugno finoalla vostra fronte, girarlo di prima, ab-bassare la vostra punta, e stringere laspada vicino al vostro petto, col driz-zarvi un poco in piedi. Fatta questaoperazione, staccherete il ferro, e ri-sponderete di prima. Questa è quellaparata, che chiamasi di prima. Riflet-tendo agli spazj, facilmente concepi-rete, che quando staccate il vostro fer-ro per rispondere, vi si potrà appun-

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130tare inquartando, ed allorché paratestabilmente a questa foggia, l’avversa-rio potrà volgere il pugno di seconda,tirandovi la fianconata esterna; o purecavando da sopra la vostra spada, farviil cartoccio.

§. 192. Della Quantunque sia quasi fuori del parata colla propostoci il parlare della parata colla mano. mano sinistra (xx), per esser questa

una teoria, che nasce tutta dalla scien-za del maneggio che in un altro trattatoabbiamo promesso di darvi, pur nulladi meno vi esporremo ora delle regolegenerali, onde e non vi sieno nuovetali nozioni, e vi riescano utilissime incerti tali rincontri improvvisi, ne’qualinon siete più in caso di pararvi collaspada. Sembra che sia proprio della na-tura dell’uomo di offendere il suo av-versario colla destra, e di difendersidalle di lui offese colla sinistra. In fattipria dell’invenzione della polvere, edella perdita del vero valore, gli anti-chi guerrieri, valorosi al pari che sa-gaci, studiavano la maniera di difen-

(xx) Come si è prevenuto nella nota (q), noisupponiamo sempre gli schermitori diritti. Chese si trattasse di un mancino, egli parerà colladestra, osservando le stesse regole, che in questo§. si esporranno.

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131dersi colla sinistra, armandola colloscudo, col pugnale, o coll’avvolgervi ilmanto (yy), ed offendere il nemico col-la destra impugnando il brando o l’asta. Dall’antica costumanza dunque di §. 193. Rifles-

armare la sinistra per difendersi, rica- sioni sulla

verete due conseguenze, la prima che stessa.

noi schermendo tanto per offendere,che per difenderci colla sola destra, ab-biamo superati gli antichi nella destrez-za, e raffinamento della Scherma, e laseconda, ch’è vituperevolissima la con-dotta di que’ maestri, giammai italiani,che apprendano a’ loro allievi di parareper principio ciò praticare solamenteper una estrema risorsa. Questi non ri-flettono alla impossibilità di salvare laloro sinistra inerme da’colpi di rove-scio, che il nemico può adoperare a suoarbitrio, in preferenza di que’ di punta.

(yy) Che in alcune occasioni solessero i Roma-mani usare questa difesa, si rileva dal §. LXXVde’ Commentarj di Cesare della prima guerraIspana contro Afranio, e Petrejo luogo tenenti diPompeo. Poiché ivi si legge che alcuni soldatiCesariani, essendosi portati nel campo Pompeanodisarmati de’ loro scudi, e vedendosi, contro labuona fede, assaliti, non ebbero altra risorsa, chequella di avvolgere il loro manto al braccio sini-stro, servendosene come scudo, e di aprirsi collaspada alla mano il passo tra nemici, per ritor-nare al di loro campo, come fecero. Molti altriesempj in conferma di ciò potremmo addurvi,che per brevità tralasciamo.

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132 A tanto più grave pericolo è la vi-ta de’ suddetti paratori di mano, persistema, esposta, quanto maggiore èl’arte dell’avversario, che loro resiste.In fatti se costui sa il maneggio dellaspada col pugnale, gli sarà facilissimocavare intorno alla mano sinistra, econseguentemente ferire con sicurezza:oppure se trattenendo per momento in-definibile la stoccata, la mano sinistradi colui, che ne usa per parare, s’av-vicinerà al petto prima della punta del-la sua spada, allora ben comprenderete,che la sua mano gli sarà inchiodata alpetto dalla nemica stoccata, restandol’una, e l’altro trafitti dal colpo mede-simo (zz).

§. 194. Regole Vituperevolissimi sono dunque co- per eseguire van- loro, che insegnano per sistema a pa- taggiosamente l’an- rare colla mano inerme. Ma poiché sidetta parata . la parata colla mano, fatta a tempo

(zz) Non bisogna però immaginarsi, che unbuon giocatore di spada, e pugnale non sia anco-ra valentissimo colla spada, e la sinistra, facentele funzioni del pugnale. In fatti unico, e semprememorabile gran paratore di mano si fu in Na-poli Il Generale di artiglieria Massa, schermitoreperspicace, ardito, e profondo, il quale davasoggezione a’ primi schermitori di Napoli, e dell’Italia per conseguenza. Questo esempio nonv’invogli a parare colla mano, poiché non ci sem-bra troppo facile, che tutti possano uguagliare ilvalore di questo valentuomo nell’eseguire unaparata così pericolosa.

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133da un esperto schermitore ne’casi e-stremi, suol’essere anche utilissima,come si è accennato poco fa, noi vene daremo perciò le seguenti regole. La prima si è il principio, su dicui poggia tutta l’arte di questa parata,cioè di dovere adoperare la difesa col-la mano, e l’offesa colla spada tuttovelocemente nel tempo stesso. Peresempio, se l’avversario vi tira unabotta diritta, voi nel momento che col-la sinistra disviata in dentro la puntanemica, dovete vibrargli ancora la vo-stra stoccata, con un movimento pocodiverso da quello della botta diritta,mentre dovete sbracciarvi, come inquella, ma con questo solo divario,che pria di sbracciare la sinistra,dovete calarla velocemente, per da-vanti il petto, come se si volesse ta-gliare, colla mano di terza posizione,la coscia a quattro dita al di sotto delfemore. Così ben vi avvedrete,che do-po aver nel doppio debole incontratala spada nemica, sbracciando la stoc-cata disvierete velocemente la spadastessa al di dentro, e nel tempo me-desimo risponderete all’avversario. Il suddetto è il metodo di pararecolla mano tutti i colpi, che il nemicotira in dentro. Quando poi vi tira il cartoccio, o §. 195. Sieguo-

sotto l’arma, allora girando la vostra no le regole.

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134vita ne’ femori verso fuori, col presen-tare il vostro petto rimpetto al nemico,come quando avete a tirare il cartoc-cio, e sedendovi un poco più sullaguardia, dovete nel momento stessocolla pianta della mano sinistra in terzaposizione, e cogli estremi delle dita ingiù, disviare verso fuori la punta ne-mica, incontrandone la spada nel de-bole, e tirare la stoccata di seconda, odi quarta, come più vi aggrada.

§. 196. Sie- Se poi l’avversario vi ha tirato all’ guono. in fuori, allora declinando verso terra

il vostro braccio destro, e girando unpochettino la vita verso dentro, doveteda sopra l’anzidetto braccio, colla ma-no sinistra in terza posizione, e pro-priamente col taglio delle dita pollice,ed indice, incontrare il taglio dellaspada avversa, e disviatene la puntaverso le vostre spalle, tirare ancor voila botta diritta.

§. 197. Sie- Dagli immutabili principj della guono. Meccanica, conchiuderete essere molto

più facile il pararsi colla mano, te-nendola situata, come nella guardiaall’Italiana, che alla moda delle altrenazioni, perché nella nostra la manodee percorrere minore spazio. Cosìancora per la stessa ragione è moltopiù facile pararvi colla sinistra le stoc-cate, che vi si tirano in dentro, chequella in fuori.

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135 Si dee avvertire, che in tutte leparate di mano dee tenersi la pianta,colle dita ben distese, affinché il tagliodella spada nemica abbia nella mano,la minor presa, o stropicciamento pos-sibile. Noi vi abbiamo qui descritte solo §. 198. Av-

le parate da’ colpi a ferri staccati, e vertimento .

non a ferri uniti, o da’ fili, perché ciriserbiamo parlarne nella Schermadella spada, e pugnale, e perché, a ma-no inerme, le stimiamo pericolosis-sime, e di quasi niun’ utile. Tanto piùche ogni esperto schermitore ne’colpi,che gli vengono tirati per mezzo de’fi-li, non impiega altra difesa, che quelladella graduazione stessa.

CAPITOLO XII DELLA MANIERA DI SCHERMIRE COL MANCINO TANTO PER UN UOMO DIRITTO, CHE PE’L MANCINO STESSO.

Sebbene dalla più remota antichità, gli §. 199. Intro-

uomini di loro natura hanno sempre a- duzione.

doperato la spada colla diritta, pure percerti accidenti, alcuni di essi hanno do-vuto servirsi della mano sinistra. Cosìavvenne al rinnomato Gajo della fami-glia de’ Muzj, che spontaneamente, tra-sportato dalla rabbia di aver fallito il

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136colpo da lui vibrato contro Porsenna, s’abbruciò la destra, ed in seguitoapprese a schermire colla sinistra. E daosservarsi a tale proposito, che inRoma infante era così inusitato ilmaneggiare la spada colla sinistra, chesolo dopo l’eroica azione accennata,venne dato a Muzio il soprannome diScevola, vocabolo tratto dal greco(σκεβολα), cioè sinistro, o mancino.

§. 200. Siegue. Si osserva intanto presso tutt’ i po-poli dell’antichità, e soprattutto pressogli Ebrei, guerrieri nel tempo loro fa-mosi, che non ostante ch’ essi maneg-giassero l’arma offensiva colla destra,erano pure in gran riputazione tra diloro i mancini-mandritti, come lo fuGioab, generale del Re David, che sidistingueva nella provincia delle armitanto colla dritta, che colla mano si-nistra. E siccome poi ancora al giornodi oggi, benché di raro, pure si trovachi gioca di spada colla sinistra, ed èmancino affatto, così per vostramaggior cautela, ed affinché non vigiunga nuova la posizione, in cui ilmancino dee schermire, diversa inte-ramente dall’ordinaria, stimiamo ne-cessario il parlarvene, dandovi degliavvertimenti sulla maniera di difen-dervi dal medesimo.

§. 201. Regole La prima attenzione, che si deeavere contro di questo irregolare avver-

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137sario, si è di tirargli i colpi in dentrocol pugno di seconda posizione, restan-dovi così la di lui spada al di fuori,al contrario del dritto, al quale tiratedi quarta, perché la sua spada vi rima-ne da dentro. Tutti que’ colpi poi, che tirate infuori al diritto di seconda, perché la dilui spada , che vi resta al di fuori, tro-vando l’opposizione della vostra coc-cia, non vi può offendere, al mancinoper la stessa ragione, dirigendogli infuori il colpo, bisogna che tiriate in-versamente, cioè col pugno di quartaposizione, per assicurarvi così della dilui spada, che nell’atto, che voi gli tir-rate la stoccata, vi resta da dentro. Stabilirete dunque per sistema digioco contro il mancino, che tirandogliin fuori, dovete avere il pugno di quar-ta, per garantirvi dalla sua spada, chevi resta da dentro, e tirandogli in den-tro volgerete il pugno di seconda perassicurarvi del suo ferro, che vi rima-ne da fuori. In quanto poi a’ fili di spada, glieli §. 202. Regole

tirerete nella medesima maniera, colla per fargli i

quale li tirate al diritto, conservando la fili di spada.

stessa graduazione di tasto, e di appog-giata di pugno, come si descrisse par-lando de’ fili. Riguardo alla fianconata, le farete §. 203. Regole

nella stessa maniera , che al dritto, col- per la fianco-

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138 nata e pe’l la sola variazione, che tirandogli la cartoccio. fianconata esterna, lo colpirete in fuori,

dove al diritto colpireste in dentro, efacendo la fianconata di quarta, che aquesto colpireste in fuori, al mancinola tirerete in dentro. Il cartoccio siccome da voi si ti-rava al diritto da fuori, al mancino lotirerete in dentro, senz’altra diversità.

§. 204. Regole Quanto poi al diritto nello sforzo per lo sforzo a cartoccio, sforzate il ferro da fuori a cartoccio, e verso dentro tirando gli fuori, operan- per li guada- do al contrario col mancino, gli sforze- gni di terre- rete il ferro da dentro verso fuori, e gli no. tirerete dentro. Nel guadagno di terre-

no di seconda, se al diritto urtate laspada da fuori verso dentro, e gli tiratefuori di seconda, al mancino tirateda dentro, spingendogli la spada versofuori. Nella stessa maniera, il guada-gno di terreno di quarta, che al dirittolo prendevate da dentro verso fuori, ti-randogli di quarta in dentro, al manci-no, urtandogli il ferro da fuori versodentro, dirigete il colpo da fuori. In somma tutte le azioni, che siprendono contro del mancino debbonoesser fatte inversamente da quelle, chesi sono descritte per lo dritto.

§. 205. Come Dietro questi principj, e colla vo- difendersi dal- stra riflessione, apprenderete facilmen- cavazione in te a schermire contro il mancino. tempo che il Noi conchiuderemo col dirvi, che

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139qualunque sia la ragione, per la quale mancino oppone andate a sforzare da dentro verso fuori agli sforzi.

il ferro del mancino, e non lo trovate,dovete inquartarvi col pugno di quartanella stessa guisa che tirereste l’inquar-tata al diritto, colla variazione, chequesto vien colpito in dentro, e quelloin fuori. Per qualunque ragione poi andatea sforzare da fuori verso dentro la spa-da dell’avversario mancino, e non l’in-contrate sulla linea di offesa, essendosiquesto schermitore con una cavazionein tempo, dovete volgere il pugno diprima posizione, e girargli il cartocciocome al diritto con questa sola differen-za, che colpirete il mancino da dentro. In quanto all’uscita in tempo, che §. 206. Rego-

farete contro le sue finte, gli si farà le per le a-

nello stesso modo che al diritto. Lo zioni in tem-

stesso s’intende dire delle appuntate po.

sieno diritte, sieno di cavazione. Ed infine qualunque azione di tempo, o dicontrotempo si fa nello stesso modo,che si farebbe al diritto. Bisogna quindi conchiudere essere §. 207. Van-

falsissimo quello, che comunemente i taggi del drit-

giovani, ed inesperti schermitori credo- to sul manci-

no, cioè che il mancino abbia de’ van- no, e di que-

taggi sopra del diritto. Che anzi non sto su di quel-

avendone alcuno, ha soltanto il pericolo lo.

evidente di lasciarvi la vita alla minimapuntura, che gli fa la spada nemica,

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140mentre dirigendosi la maggior partedelle stoccate in fuori allo schermitorediritto, le stesse dovranno colpire indentro il mancino, ossia sulla parte si-nistra del suo petto, e per l’aderenzadel cuore a questa parte , tali colpi do-vranno essere necessariamente mortali,e quindi un mancino sarà sempre espo-sto a maggior pericolo del diritto, alquale per contrario si dirigono, come siè detto, le stoccate verso il di fuori, eperciò allontanandosi il bersaglio dalcuore, le ferite, ch’egli riceve sono piùdi rado mortali. Il solo vantaggio però, che ha ilmancino sopra del tirone schermitoredritto è quello, che giocando egli coldiritto, ha acquisito la pratica alle di luiazioni, laddove il diritto difficilmentecombinandosi di schermire col manci-no, gli giungono nuove le di lui posi-zioni di spada, e non di rado rimaneconfuso.

§. 208. Rego- Dovendo il mancino tirare al dirit- le pe’l man- to in dentro, bisogna che lo faccia col cino contro il pugno di seconda posizione, atteso che diritto. la spada nemica si rinviene al di fuori

del medesimo; e viceversa tirando dafuori, dee girare il pugno di quarta,per deviare la spada nemica, che sitrova al di dentro. Si conchiude dun-que, che tutte quelle stesse regole, lequali si sono prescritte al diritto contro

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141del mancino, le ripetiamo a questo con-tro di quello, senza la minima varia-zione. Non veniamo pertanto a rinno-varne la descrizione, per non allonta-narci dalla brevità, che ci siamo propo-sti. Due diritti, che si battono insieme, §. 209. Rego-

essendo disposti di maniera, che il pet- le per due

to dell’uno sia volto dove sono rivolte schermitori

le spalle dell’altro, ed opponendo lato mancini en-

destro, a lato destro, nella stessa ma- trambi.

niera dovranno essere situati in guardiadue mancini, opponendo il lato sini-stro al lato sinistro. Debbono perciò, sempre che sitirano in dentro, avere il pugno di quar-ta, perché la spada contraria si ritrovada dentro, e tirando dea fuori, avere ilpugno di seconda, per garantirsi dallaspada nemica, che resta similmente dafuori, ed essendo questa la proprietàdella Scherma di due diritti, si conchiu-de, che due mancini debbono fra loroschermire, come farebbero tra di lorodue diritti, senza variazione alcuna.

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142

CAPITOLO XIII

DE’ MOMENTI CHE SI DISTINGUONO NELLE AZIONI.

§. 210. Intro- Scorgesi generalmente, che tutte le a- duzione . zioni, se poche se n’eccettuano, hanno

due piccoli istanti nella loro pratica, oesecuzione. Questa speculazione è laguida, o la face, per rintracciare nellateoria della Scherma alcune proprietà;raffinamento essenziale, che stabilisceun principio costante fondato sul tem-po, e sulla velocità, per agevolare lamaniera di apprendere questa scienza;per persuadere coloro, che avesseroqualche dubbio sulle asserzioni, cheabbiamo sparse in varj luoghi; e final-mente per dimostrare, che la via, checonduce alla possibile perfezione èsparsa di dumi, e spine, e che sola-mente col tempo, lo studio, e la faticasi può giungere a spianarla.

§. 211 Azio- Tutte le azioni, che hanno due ni, che hanno momenti in misura, ne hanno due egu- due momenti . almente fuori misura di un piede: per

esempio tutti gli sforzi richiedono duemomenti, uno per isforzare, l’altro pertirare; così parimenti la finta drittasemplice, e di cavazione, ed anche i filidi spada. In generale il primo momentoè quello, che dà il nome all’azione, ed

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143il secondo è quello della botta diritta.Alcuno potrà dire, che sembra, che sidee consumare più tempo nel fare un’azione camminando, che un’altra a pie-de fermo. Ma se si considera, che stan-do in misura, si dee impiegare un datotempo, si dovrà consumare lo stessotempo da fuori misura, per la ragione,che nell’istante stesso, che si urta ilferro, si cammina un passo, e che que-sto spazio è percorso nello stesso tem-po sì dal piede, che dalla mano. Quin-di tanto tempo si impiega per fare unatoccata di spada stando fuori misura diun passo, quanto per farla in misura. Tutte quelle azioni, che hanno un §. 212. Azioni,

sol momento in misura, ne hanno due di un sol mo-

fuori misura, perché si richiede un mo- mento.

mento per entrare in misura, avanzan-do un passo, ed un altro per tirare,come sarebbe la botta diritta. Quelle poi, che hanno tre momenti §. 213. Azioni, in misura, come sarebbero le finte dop- che si distin-

pie, hanno egualmente tre momenti fuo- guono in tre

ri misura. In fine le azioni sì in misu- momenti.

ra, che fuori misura hanno eguali mo-menti, eccettuatene quelle, che in mi-sura hanno un solo momento. L’ applicazione de’ momenti verrà §. 214. S’in-

estesamente nelle contrarie impiegata; dica l’appli-

principalmente gli schermitori di tempo cazione di

potranno ricavarne delle idee generali, questa teoria.

e se vogliamo richiamare le finte, ve-

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144.dremo che la semplice richiedendo duemomenti, lo schermitore si potrà pre-figgere di colpire l’avversario collauscita in tempo al primo, o al secondomomento della di lui finta. Suppostoche lo schermitore esca in tempo allaprima finta, o tiri il cartoccio, o l’in-quartata, seconda è stata la direzionedella finta stessa, lo avrà colpito nelprimo momento, se invece lo colpiscesulla seconda finta, lo avrà colpito nelsecondo. Questo è l’uso, che s’intendedi fare dell’antecedente teoria.

§. 215. Con- Abbiamo brevemente esposte tutte chiusione del- le diverse specie di azioni, che si co- la prima par- noscono in questa scienza. Che se par- te. rà forse a taluno, ch’ella sia più am-

pia, e che un maggior numero necomprenda, converrà che costui osservidi non prendere per ulteriori azioni diScherma quelle, che non sono, se nonsemplici nuove combinazioni di quellemedesime, che da noi sinora si sonoindicate.

Fine della prima parte

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145

PARTE SECONDA

CAPITOLO PRIMO

DELLE CONTRARIE

Esposte nella prima parte tutte le a- §. 216. Intro-

zioni, che operansi nella Scherma, ci duzione.

resta ora a farne l’applicazione, cioè asomministrare le regole, dietro le qualipossiate determinarvi nello schermirealla scelta di un’azione, piuttosto, chedi un’altra. E siccome è necessario di appren-dere prima in tutta la sua estensionequella parte della Scherma, che riguar-do la propria difesa dà colpi dell av-versario, avanti che si passi ad essereattivo coll’ offendere, così quivi dare-mo principio dalle contrarie . Sotto questo nome comprendesi §. 217. Defini-

qualunque azione, che fate per difen- zione delle

dervi da qualunque altra che dall’av- contrarie.

versario vi venga tirata. Così, per e-sempio, s’egli vi fa le finte, e voi vidifendete con un’uscita in tempo,quest’ azione in tal caso addimandasicontraria. Noteremo però da principio, che §. 218. Avver-

avanti d’innoltrarci nell’applicazione di timento.

ogni singolare azione, e pria di entrare

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146nel dettaglio delle regole particolari,che debbono guidarvi nel fare le con-trarie a qualunque azione di Scherma,noi crediamo cosa opportuna il det-tarvi alcuni generali assiomi, che tut-ta in grande abbraccino la teoria delladifesa, e dell’offesa, i quali se saran-no in voi ben impressi, vi servirannodi scorta, e lume alla maggiore intel-ligenza di quanto saremo per det-tagliarvi ne’ capitoli seguenti.

§. 219. Prin- Primo.Allorché il nemico vi tira cipj generali, in dentro, nello stesso tempo dovete secondo i qua- tirargli inquartando. li bisogna fare Secondo. Se fate una toccata, le contrarie. o una intrecciata da fuori, e l’avver-

sario si schermisce con una cavazionein tempo, bisogna che gli tiriate pari-mente inquartando. Terzo. Ogni qual volta vi è tiratauna stoccata da fuori, dovete tirare ilcartoccio nello stesso tempo. Quarto. Se l’avversario vi presen-ta la sua spada, perché andiate a far-gli la toccata, o l’intrecciata, e nellavostra azione vi facesse una cavazionein tempo, dovete similmente tirargliil cartoccio nello stesso momento del-la sua stoccata. Quinto. Sempre che l’avversariovi assale colle finte, o con qualunquealtr’azione, scoprendo il di lui petto,

conviene tirare una botta diritta. Che

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147se l’avversario avesse il petto intera-mente coperto, potrete drizzare la vo-stra linea di offesa alla sua testa. Av-vertite però, che sarebbe contro leconvenzioni il fare questo in accade-mia, in cui non è permesso tirareveruna stoccata al capo. Dunque conchiuderemo, che pa-rando da fuori, o facendo altre azio-ni, e non incontrando la spada ne-mica, si dovrà inquartate, e facendol’azione da dentro senza incontrare ilferro nemico, dovrete tirare il cartoc-cio, oppure non volendo replicarsempre la stessa contraria, farete lapassata sotto in tempo, o l’intagliata,o anche la quarta bassa. Ogni qualvolta il nemici è scoperto, avendofuori della linea di offesa la sua coc-cia, e punta, si dovrà tosto tirargli,a meno che egli non presentasse adarte il petto inerme, per poi attirarvinell’agguato, se vi lasciaste da questafalsa attitudine sedurre. Nascono generalmente le contra- §. 220. Dall’

rie dall’attacco da fuori, e da dentro, attacco di spa-

mentre questi sono i due principali da nascono le

attacchi di spada. Non sarà dunque contrarie.

fuor di proposito, che noi partiamoda questi stessi par farne succederetutte le contrarie. Supponiamo adun-que, che fatto l’attacco, l’avversariodia principio alle offese col tirarvi una

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148cavazione, e quindi una botta diritta.Quale sarà la contraria, che gli do-vrete opporre? Eccovi quello, che vidiremo (al § 222.)

§. 221. Osser- Giovi intanto l’osservare, che vazione sull’ quanto siamo per esporvi sulle con- effetto delle trarie vi condurrà insensibilmente all’ contrarie. ultimo fine della Scherma, cioè all’

offesa dell’avversario; poiché non so-lo la teoria delle contrarie vi dischiu-derà i mezzi di difendervi, o pararvi,ma vi aprirà pure la via all’assalto, edall’offesa: e per meglio spiegarci, vidiremo, che la contraria comincia dalrendere vano il colpo nemico, e ter-mina con una stoccata qualunque.

§. 222. Con- Figuriamo dunque , che voi an- trarie da farsi diate ad agire sul vostro competitore, nel tempo, attaccando da fuori la di lui spada per che l’avversa- la fianconata di seconda esterna. In rio tira una questa posizione voi lo tenete obbliga- botta diritta. to alla vostra volontà, di modo che è

facile il concepire, ch’ egli no potràoffendervi, che da dentro, per mezzodi una cavazione. Se mai egli siostinasse nel resistere al vostro controla vostra fianconata, che velocissima-mente gli dovete tirare. Diamo però l’ipotesi, per ritor-rnare al nostro proposito, ch’egli vitiri una cavazione o stabile, o in tem-po, cioè o dopo l’attacco, o nel tempo

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149dell’attacco, questa cavazione è lostesso, che una botta diritta, essendo iltempo, che vi s’impiega, eguale a quel-lo della stoccata. Ora quante idee noningombrano la vostra mente, per isce-gliere fra le tante contrarie, che si pos-sono opporre a questa stoccata, qualevi convenga usare contro del vostroavversario? Questo è un punto diffici-lissimo, che più avanti tenteremo disviluppare per ora, ragionando sem-plicemente delle contrarie. Avendovi dunque il nemico tirata lacavazione in dentro, essendo la vostraposizione quella della perfetta guar-dia, potrete impiegare tutte quelle azio-ni, che fareste di prima intenzione, a-doperando piuttosto l’una che l’altra, anorma della conoscenza, che avete delnemico. Perciò essendo di tre generi lecontrarie, che avete ad opporgli, cioèdi sforzi, di tasto (cioè quelle, che na-scono dalla parata stabile ), e di disvia-mento di corpo, con cui l’offendere peruna linea di offesa diversa dalla sua,così vi eleggerete quelle, che più viconvengono, per abbattere il nemico. Nella data ipotesi adunque, nel §. 223. Parata

momento, che il nemico colla cavazio- di picco con-

ne vi minaccia il petto di una stoccata, tro la botta di-

potrete parare di picco, e corrisponde ritta.

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150questa parata alla toccata di spada,che si fa di prima intenzione. Potreteparare anche di intrecciata standofermo col pugno, e facendo unacavazione, battendo poscia il ferronemico verso quella parte, in cui sitrovava prima che cavaste.

§. 224. Due Se vi accorgerete, che l’avversa- picchi di spa- rio avesse l’idea di appuntare, per da contro la meglio assicurarvi, è bene di fare per botta diritta . parata due picchi di spada, cioè parare

prima di picco, e poscia nel momentostesso , che tenta di rimettersi dal pri-mo, fargliene un altro con più forza,e di ottenere l’effetto, che si desidera,poiché trasfondendo una doppia forzain due vicinissimi istanti, il nemicodee disordinarsi, ed essere fuori dellostato di appuntare, quando ancheavesse una forza molto maggiore dellacomune degli uomini.

§. 225. Il gua- Il guadagno di terreno di seconda, dagno di ter- cedendo la vita nella parata, e quindi reno contro la rispondendo di seconda stessa è effi- botta diritta. cacissimo, e fatto in tempo, scompo-

ne qualunque braccio, purché si cono-sca bene la graduazione: che però bi-sogna urtare spiralmente col doppioforte vostro il doppio debole nemico,finché sia compita l’azione, come nel-la sua descrizione abbiamo spiegato.

§. 226. Avver- E’ necessario il farvi qui avvertiti, timento. che il vostro avversario (a meno che

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151non sia assai astuto, e profondo scher-mitore, ossia buono allievo da un one-sto, e sagace maestro formato) standoalle massime, o principj generali, checomunemente apprendonsi nelle ac-cademie, dalle vostre replicate parate dipicco, di sforzo, o di cartoccio conchiu-derà, che il vostro sistema sia quellodella sola forza, poiché questa special-mente si esige nella dette azioni. Allo-ra sarà tempo di profittare di questasua congettura, passando a fargli delleazioni di filo, ove tutto è agilità e ve-locità senza fragore, e così tutte le ideedell’avversario saranno rovesciate, econverrà, ch’egli ricorra a delle nuovedifese, come in appresso dimostreremo. Riprendendo le contrarie, vi dire- §. 227. Le fian-

mo che invece di tutte quelle di sfor- conate contro

zo, voi potete parare di fianconata di la botta diritta.

seconda in linea, unendo velocissima-mente, senza alcun urto, il vostro forteal di lui debole, ed in seguito scenden-do sul filo di fianconata. Ha quivi pu-re luogo la fianconata di quarta, sem-pre avuto riguardo alla graduazione,cioè badando sempre, che il vostro dop-pio forte sia contro il doppio deboledell’avversario, per riscuoteregli effet-ti che da tali operazioni si attendono. Si può parare di fianconata a cart-toccio. Questa maniera di pararsi è van-taggiosissima, mentre al primo mo-

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152mento il nemico suppone, che la vo-stra intenzione sia quella della fianco-nata, e poscia rimane al secondo mo-mento sorpreso da un’azione, ch’eglinon aveva potuto prevedere.

§. 228. L’in- Volti tutt’i pensieri dell’avversa- quartata con- rio sugli sforzi, e sui fili, vi si renderà tro la stessa. agevole il colpirlo colla inquartata.

Dovete perciò in quel tempo, ch’eglifa la cavazione, tirare velocissima-mente inquartando, sostenendo il pu-gno sulla linea di offesa, e facendo lavostra spada col braccio un angoloottuso, il di cui vertice impedisca allaspada nemica di uscire dalla linea dioffesa, e seguire il vostro corpo, cheavete dalla stessa linea deviato.

§. 229. Altre Né qui hanno limite le contrarie, contrarie di fi- ma per mezzo della controcavazione lo, e di con- su i fili, si possono estendere quanto trocavazione. più piace. Per esempio per prendere

la parata di ancora, convien ricavarela vostra spada al di fuori di quelladell’avversario, ed unendo il vostrodoppio forte al suo debole, o doppiodebole tirare quest’azione, come si èinsegnato. Non sarà inutile il ripetervi, cheparando di controcavazione, bisognacedere il corpo in dietro. Colla contro-vazione si può fare per contraria ilmolinello di ancora o parare di guada-gno di terreno di quarta o di sforzo a

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153cartoccio. Per mezzo della controcava-zione, in vece dell’ancora, si può nellastessa maniera parare di filo; però puòaccadere alle volte, che tirando il filo dispada il nemico alzi il di lui pugno,per cui vieta di consumare l’azione delfilo: allora si dovrà tirare il cartoccio,che noi abbiamo chiamato filo a car-toccio. Impiegando per difesa la paratadi fianconata di seconda esterna, nelprendere il filo si dee entrare in doppiamisura, affinché volendo il nemico op-porvi delle nuove contrarie, non possaniun modo riuscirvi. Queste sono tutte quelle semplici a-zioni che si possono impiegare alterna-tivamente, per deludere ala vigilanza, esagacità dello schermitore quando que-sti ha terminata in dentro la sua stocca-ta. Tutte queste contrarie sono nate dal-l’attacco di spada al di fuori di seconda,supposto sempre che l’avversario abbiatirato la cavazione o nel momento dell’attacco, o dopo che le spade erano acontatto. Supponiamo ora, che facendo voi §. 230. Con-

l’attacco di spada inversamente, cioè trarie nascentida dentro, l’avversario faccia una ca- dall’attacco di

vazione come nell’antecedente. spada da den-

Questa ipotesi ci conduce gradata- tro.

mente a sviluppare la teoria de’ due at-tacchi di spada principali ed in seguito

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154a discendere all’esame delle altrecombinazioni, che in appresso nasco-no da detti attacchi. Avendo unita col doppio forte, osemplice forte la vostra spada nel de-bole, o doppio debole del nemico, se-condo esige la posizione della fianco-nata di quarta, tenterete di scoprire idisegni dell’avversario, il che non saràdifficile, se vi abituerete a fissare ivostri occhi ne’ suoi, e potendo cosìrilevare in esso un momento di astra-zione; questo sarà il più proprio, anziil solo per sicuramente colpirlo difianconata. Ma secondo l’ipotesi, cheabbiamo avanzata, il nemico è vigi-lante, e perciò tenta di colpirvi conuna cavazione in tempo, o stabile.Ti-rando perciò la di lui cavazione infuori osservasi che se voi voleste in-quartare, lungi dal fuggire la di luipunta, andereste ad incontrarla, e adessere senza dubbio colpito; e perciòsarebbe contrario a’principj da noistabiliti. Dunque si dovrà tirare nellostesso istante della di lui cavazione ilcartoccio in tempo; e quelli schermi-tori, che non sono a bastanza sicuri (oper ritardo di tempo, o per mancanzadi velocità) di eseguire bene questacontraria, potranno fare lo sforzo acartoccio, allontanando più che siapossibile la spada nemica dalla linea

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155di offesa e subito seguito l’urto, vibran-do il cartoccio. Delle contrarie di sviamento del §. 231. Contra-

corpo, le quali non esigono, che si ri- rie di disvia-

muova il ferro nemico dalla linea di of- mento di cor-

fesa, quelle che si fanno al di fuori sono po.

molto più varie, e moltiplici di quelle,che si eseguiscono in dentro. Osservisiche il nemico tirando in dentro, vieneparimenti colpito in dentro dalla vostrainquartata, e se da fuori dirige le sueoffese, dalla stessa parte sarà colpito. Facilmente si comprende, che nonvi ha delle azioni di disviamento di cor-po, che la sola inquartata da opporre alcolpo avverso tirato in dentro. Ma a

quello che viene da fuori, oltre il car-toccio in tempo, si può rispondere collapassata sotto in tempo, colla intagliatae colla quarta bassa, le quali insiemecol cartoccio, si debbono sempre alter-nare tra loro da uno schermitore uni-versale, o profondo. Se parando di filo, il nemico ten- §. 232. In qual tasse di schermirsi alzando il pugno, e caso si dee fa-

vietando di consumare l’azione imman- re il filo a car-

tinenti, conviene tirare il cartoccio, che toccio per

si è denominato filo a cartoccio. contraria.

Indipendentemente dall’avversa-rio si può fare per parata il filo a car-toccio. Si dee perciò eseguire, metterea contatto il vostro forte col debole delnemico, alzando per poco il pugno,

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156e girandolo di prima in secondaposizione, col girare parimenti il cor-po ne’ femori, e facendo che il petto sivolga per poco verso il nemico,scendere sul filo, e con sommavelocità tirare il cartoccio. Questimovimenti debbono essere operatitutti nello stesso momento.

§. 233. Come La parata d’ancora, che nell’at- si adopera la tacco da fuori richiedeva la previa parata d’an- controcavazione, nell’attacco da den- cora, ed il tro è più spedita, poiché non si dee, mulinello . che tirare l’ancora, come si è indicato

altrove (§114). Il molinello, che farete da questaparte, da fuori terminato coll’ancora, ela parata di fianconata di secondaesterna dee avere le stesse proprietà,che abbiamo in altro luogo (§ 116 eseg.) spigate.

§. 234. Avver- Abbiasi sempre per massima co- timenti . stante, che ogni qual volta si fanno

azioni sia per parata, sia di primaintenzione, si dee cercare di sogget-tare il ferro nemico nel debole permezzo del vostro forte, e conservaresempre i vantaggi della graduazione. La parata di picco, ed i due pic-chi di spada, allorché l’avversario tirada fuori, si fanno col pugno diseconda in terza, e tirando da dentro,si faranno col pugno di terza in quar-ta. Il guadagno di terreno di quarta,

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157e lo sforzo a cartoccio sono pure tuttecontrarie alla cavazione tirata in fuori,come la parata di guadagno di terrenodi seconda, e il filo a cartoccio tira-to da dentro sono contrarie alla ca-vazione stessa tirata in dentro. Se poi s i vogliono individuare §. 235. Con-

tutte le altre contrarie, che debbono far- trarie fatte

si quando avete attaccato la spada ne- colla contro-

mica al di fuori, e che da voi si op- cavazione.

pongono ricavando nel momento dellacavazione, che il nemico vi ha tiratoin dentro, ossia dopo la vostra contro-cavazione, annoverare si dee ne’fili lafianconata di seconda esterna, il filo dispada in fuori, l’ancora, ed il molinel-lo d’ancora. Per gli sforzi, se cavandoil nemico in dentro, v’intreccia, voiricavando nel distacco del suo ferro,vi pararete d’intrecciata o di guada-gno di terreno di quarta. Delle paratedi disviamento di corpo potrete impie-gare l’intagliata controcavando nellacavazione che l’avversario vi ha tiratoin dentro. Allorché poi la spada dell’avver-sario fosse attaccata al di dentro le co-trarie, che voi potrete porgli ricavandonella sua cavazione in fuori, sarannotra’fili la fianconata di seconda in linea,la fianconata di quarta, la fianconata acartoccio, ed il filo da dentro; che se ilnemico v’intreccia cavando in fuori voi

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158cavando potrete opporgli l’intrecciata,o il guadagno di terreno di seconda; efinalmente alla cavazione, che il me-desimo vi fa in fuori, voi contro-cavando farete la quarta bassa comecontraria di disviamento di corpo.

§. 236. Avver- Sinora ci siamo occupati delle timento sul contrarie da opporsi alla cavazione, conservare la che faceva l’avversario per tirarvi la misura . botta diritta, e che nascevano dall’at-

tacco dentro, e da quello da fuori. Mase il medesimo dopo la cavazione,non si fosse determinato a tirare lastoccata, le contrarie sono ancora lestesse, colla sola differenza, che s’eglinon tira la stoccata, viene colpito agiusta misura, e se poi la tira, saràcolpito a doppia misura. Sarà dunquedi sommo vantaggio, allorché si scor-ge, che l’avversario ha deciso di tirareun colpo, e che noi possiamo opporgliuna contraria di tempo, vibrare lastoccata col piede sinistro in dietro,per conservare così la misura, ed esse-re nello stato di difendersi, suppostoche il colpo diretto all’avversario fos-se stato a vuoto.

§. 237. Pre- Abbiamo fatto succedere all’at- venzione. tacco che fate da dentro, o da fuori la

cavazione dell’avversario, ed abbiamotralasciate le azioni, che il medesimopoteva farvi nel detto attacco, senzaricorrere alla cavazione. Questa omis-

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159sione ci era necessaria, come abbiamodetto, per ispiegarvi le contrarie, e pernon confondervi la mente con variesupposizioni. Sappiate dunque, che se avendo §. 238. Con-

attaccata la spada del nemico al di fuo- trarie de’fili.

ri, vi tratteneste un poco, egli ripren-dendo la graduazione, che gli avevateguadagnata per mezzo dell’attacco, vipotrebbe fare un filo di spada al difuori, alla quale azione farete per con-traria la parata di ancora, e tutte quel-e, che diconsi contrarie del filo. Seavete fatto l’attacco in dentro, l’avver-sario riprendendo la graduazione, vol-gendo il pugno di seconda, e scen-dendo angolarmente sul filo, potrebbefacilmente colpirvi in dentro; ma voi aquest’azione opporrete per contrarial’ancora, o la seconda pesola. Uno schermitore, che sta in guardia §. 239. Avver-

tutto coperto, e che ad arte invita il ne- timento.

mico a tirargli una botta diritta, se que-sta gli vien tirata, vi opporrà per con-traria qualunque azione, come più glisembra convenevole, stante che la suastessa posizione non lo determina es-senzialmente ad una più che ad un’altra. Stabiliti i due attacchi principali, §. 240. Regola

e considerate le contrarie, a cui questi generale per

danno luogo, crediamo a proposito di le contrarie da

passare ad esaminare i momenti della opporre al ne-

loro esecuzione, e quelli delle contrarie nemico nel pri-

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160 mo momento di ciascun’azione particolare.Per darvi della sua a- una regola generale circa le contrarie zione. da opporsi all’avversario nel primo

momento della sua azione, vi diremo,che siccome tutte le azioni del nemicotendono o agli sforzi, o a’fili, o allefinte, così agli sforzi, ed a’fili si deb-bono opporre le cavazioni in tempo,edalle finte le uscite in tempo, quandoperò il nemico le faccia scoperto. Chese l’uscita in tempo venisse impeditadalle finte graduate, e fatte col pugno,e la coccia elevata, si dovrà schermirsio colla inquartata, o col cartoccio intempo, secondo che la finta è stataaccennata o in fuori, o in dentro.

§. 241. Con- Per maggiore sicurezza, e per i- trarie al pri- sfuggire in accademia ogni occasione mo momento d’incontri (aaa), quando il nemico ten- degli sforzi. ta di disviarvi il ferro da fuori verso

dentro per mezzo di un’azione qua-lunque, voi gli opporrete al primo mo-mento, ossia nel tempo ch’egli simuova per urtare la vostra spada, unacavazione in tempo inquartando collabotta diritta; e se l’urto che voleva

(aaa) Incontro dicesi in accademia allorché glischermitori si colpiscono ambedue ad un tempo:questo però è più di supposizione che di fatto,mentre uno dee necessariamente colpire primadell’altro; ma essendo questo un divario insen-sibile, nelle accademie non se ne tiene conto.

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161dare alla vostra spada tendeva a sfor-zarla da dentro verso fuori eviteretel’incontro del di lui ferro, cavando intempo, e tirandogli nell’istante stessodi cartoccio, o di passata sotto in tem-po, o d’intagliata. Il vostro corpo permezzo di queste contrarie, eviterà sem-pre la punta del nemico, e la vostra in-contrerà il di lui petto a doppia misura,se avrete avanzato il piede destro inavanti sulla direttrice, e se in vece avre-te tirato portando il piede sinistro indie-tro, lo colpirete a giusta misura. L’uscita in tempo è una contraria §. 242. Con-

efficacissima alle finte del nemico, ma trarie da op-

essa non si può eseguire, se colui, che porsi alle fin-

fa le finte non ci assale col petto sco- te.

perto, in accademia, o anche colla fac-cia scoperta in duello. Se il nemico fa-cendo la prima finta, è colpito dallauscita in tempo, si dirà di essere pre-so al primo momento; se alla seconda,o alla terza finta, si dirà al secondo,o al terzo momento. La verità di questaproposizione è evidentissima, sup-ponendo lo spazio vostro di offesa e-guale a quello del nemico, come anchela stessa velocità in ambedue: non dob-biamo, che calcolare il tempo. Se men-tre uno fa la finta, l’altro vibra unastoccata partendosi entrambi nello stes-so istante, dovranno impiegare lo stessotempo. Ma si potrà da taluno rispondere

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162che lo spazio descritto da quello, chefa la finta è minore di quello, che deepercorrere colui, che tira la stoccata.Ma in questo caso la velocità è mino-re in quello che fa la finta, che nel-l’altro che tira la stoccata, per avergliquesto comunicato un impulso mag-giore; dunque l’un elemento compen-sando l’altro, fa si che questi spazjsono descritti nel medesiimo tempo,ciò, che prova la nostra proposizione.

§. 243. Appli- La medesima dimostrazione si cazione dell’ può adottare parlando degl’incontri. antecedente Quando gli spazj sono inadeguati, ti- agl’ incontri. rando entrambi nel medesimo tempo,

e colla stessa velocità, ne avviene cheuno debba essere colpito prima dell’altro. Questo però accade co’fioretti,ma se colui, che ha minore spazio apercorrere tirasse la di lui stoccataessendo ben chiuso sotto la coccia, ecol pugno nella linea di offesa, laspada nemica passerebbe tangente lacoccia, ed anziché colpire, dovrebbedisviarsi dal di lui petto.

§. 244. Avver- Richiedendosi somma precauzio- timenti sulle ne nell’opporre le contrarie alle finte, contrarie, che noi faremo su di ciò alcune altre rif- si fanno alle flessioni che ci sembrano di molta im- finte . portanza. Se nell’assalire che fa il ne-

mico colle finte, non si potesse farel’uscita in tempo, converrà di pararein dentro, se la finta è stata fatta da

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163dentro, e non trovando la spada, girarevelocissimamente il cartoccio in tem-po, a colpirlo per una linea parallelaalla sua di offesa. Se nel parare incon-triamo la di lui spada, bisogna in al-lora o tirare la fianconata di quarta, oquella di seconda, o il molinello di se-conda, o in fine il guadagno di terrenodi seconda, cedendo la vita per poco,e poi rispondere tosto che si è incon-trata la spada. Se accorrendo alla difesa in fuori,non si trova la spada nemica, con-viene tirare inquartando, e se nella pa-rata s’incontra la spada stessa, si puòtirare di ancora, di filo, di fianconatadi seconda esterna, di mulinello d’an-cora, e di guadagno di terreno di quar-ta. Queste parate si fanno sempreche siete sorpreso dalle finte dell’av-versario. Quando poi voi l’invitate alle §. 245. Siegue.

finte, per esempio, in fuori, alloranel primo momento della sua azionepotete tirare il cartoccio, lo sforzo acartoccio, l’intagliata, la passata sottoin tempo; ed al secondo (se la fintaè doppia) l’inquartata, e varie altrecontrarie, che ognuno potrà da se stes-so applicarvi. Premesse alcune idee riguardo a’ §. 246. Con-

momenti, di cui sono composte le azio- trarie da farsi

ni, incominceremo ad esporre le con- nel primo mo-

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164 mento di cia- trarie del primo momento di ciascuna scun’ azione. azione, per poi parlare di quelle del

secondo. In generale la cavazione in tempoè contraria di tutte le azioni al primomomento, e perciò non è necessario diqui farne una dettagliata applicazione,potendo ciascuno ciò eseguire facil-lmente da se s tesso. Tuttavia per ren-dervi più esperti nel praticare questacontraria, vi accenneremo come deb-basi essa fare, allorché l’avversariovuole urtare la vostra spada. Voi dun-que per evitare quest’urto, e colpire ilnemico nel primo momento, caveretein tempo, e gli tirerete dalla parteopposta, o in quella direzione, da cuiegli si è mosso per darvi l’urto. Facilmente egli da quella parteresterà scoperto, poiché non potendotrasfondere il di lui moto sulla vostraspada, è forza che si abbandoni colpugno, e lasci un libero varco alleoffese, e perciò la vostra spada nontroverà alcuno ostacolo nel ferire.

§. 247. Con- Passato il primo momento dell’a- trarie da farsi zione dell’avversario, senza che voi nel secondo gli abbiate opposto alcuna difesa, il momento dell’ secondo momento della sua azione è azione del ne- la botta diritta. Le contrarie dunque, mico. che dovrete fargli (se la toccata è stata

fatta da dentro) si riducono alle stesse,che per la cavazione, che abbiamo

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165fatta nascere dall’attacco di seconda; ese la toccata è stata da fuori, le contra-rie sono le medesime, che si sono oppo-ste alla cavazione nell’attacco di quarta. Quando vi vien fatta una intrec-ciata, tanto da dentro, che da fuori,farete (dopo fatta intrecciata) le stes-se contrarie, che facevate ne’due attac-chi di spada, allorché vi veniva tiratala cavazione, applicando all’intrecciatada dentro le contrarie dell’attacco indentro e le contrarie per quello da fuoriall’intrecciata da fuori. Siccome ogni azione, dopo il pri-mo momento, si riduce alla botta di-ritta, così alla medesima potrete op-porre per contrarie tutte le azioni diScherma a vostra elezione. Intese quali sono le contrarie,che si oppongono tanto al primo, che alsecondo momento di ciascun’azione ingenerale, stimiamo inutile nel descri-vere particolarmente le contrarie dellevarie azioni, di distinguere quelle, chesi oppongono sì al primo, che al secon-do momento di ciascheduna. Fissatadunque la distinzione anzidetta, lasce-remo alla perspicacia del lettore il far-ne l’applicazione delle contrarie a’ri-spettivi momenti delle azioni. Incalzandovi l’avversario col filo §. 248. Con-

di spada, voi all’istante potrete ripren- trarie al filo di

dere su di esso la graduazione, e tirargli spada.

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166lo stesso filo. Se il filo stesso vi ètirato da fuori, immediatamente ladifesa più semplice, che vi si presentaè al certo la fianconata di secondaesterna, e la parata d’ancora, le qualidue contrarie si possono fare ancheco’rispettivi molinelli. Se facendoqueste stesse contrarie, o gli anzidettidue molinelli, l’avversario tentasse dielidere la vostra parata o alzando ilpugno, o opponendovi la stessa paratad’ancora, in questo caso farà d’uopocircolare la vostra spada da sopra ilbraccio nemico, e tirare il cartocciosemplice, o il cartoccio volante. Indipendentemente da questacircostanza, voi potrete rispondereall’avversario col cartoccio. Per farciò, dovrete alzare il pugno quando viviene tirato il filo, scorrendo sotto ilfilo stesso colla vostra spada, d inseguito tirare il cartoccio. Se il filo sarà fatto dentro, vi op-porrete o l’inquartata, o la fianconatadi quarta, o quella di seconda, o final-mente anche il cartoccio di fianconata. Da ambe le parti poi, cioè o indentro, o in fuori potete parare di sfor-zo sul filo del nemico, e se sarà presabene la graduazione nella parata eglisi scomporrà in maniera, ch’essendo ildi lui spazio di difesa maggiore delvostro di offesa, gli sarà difficile lo

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167schermirsi. Se velocissimo avrete il pu-gno a far la cavazione, sarà pure unaparata molto efficace quella d’intrec-ciata. Le contrarie alla inquartata sono §. 249. Con-

la parata di picco, o di due picchi, il trarie all’in-

guadagno di terreno di seconda, le pa- quartata.

rate di fianconata di seconda, e di quar-ta, e la seconda pesola: ricavando leparate di filo da fuori, d’ancora, diguadagno di terreno di quarta, e d’in-trecciata. Perché queste contrarie abbia-no il loro pieno effetto, è necessario,che quando l’avversario ha attaccato aldi fuori la vostra spada, per farvi l’in-quartata, facciate una semplice cava-zione, ossia facciate cenno di tirargliuna botta diritta, onde ingannarlo, eposcia invece di terminare la stoccata,passare alle contrarie descritte. Bisogna qui avvertire che siccome §. 250. Avver-

si richiede sagacità nell’opporre delle timento sule

contrarie a qualunque azione, che in stesse.

giusto tempo il nemico vi ha tirato, co-sì tanto maggiore esser dee l’attenzio-ne, che dee aversi nell’opporre le con-trarie stesse alla inquartata in tempo,che l’inimico vi ha fatto, mentre conquesta si è portato tutto in fuori delpiano delle offese. Oppongonsi al cartoccio molte §. 251. Con-

contrarie, che in sostanza sono le stes- trarie al car-

se, che noi abbiamo ammesso contro le toccio.

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168altre azioni. Quindi a vostro arbitrio,e con pari effetto poterete impiegareper contrarie di tale azione il cartocciostesso, l’ancora cedendo la vita, e con-trocavando, la fianconata di quarta,l’intrecciata, il guadagno di terreno diseconda, il filo di seconda pesola, laparata di picco, e la fianconata diseconda.

§. 252. Con- Alla passata sotto in tempo si trarie alla pas- possono fare per contrarie il guadagno sata sotto in di terreno di seconda, o di quarta, e la tempo. fianconata di seconda, o di quarta.§. 253. Con- Accade di rado di vedere adope- trarie alla in- rata l’intagliata, poiché conviene pos- taglita . sederla con perfezione pria di eseguir-

la, per non esporsi per mancanza dialcune precauzioni, ad essere colpito. Le contrarie per difendersenesono quasi le stesse, che per locartoccio; ma fra tutte la più spedita, esicura è la fianconata di seconda.

§. 254. Con- Ora vi accenneremo le contrarie, trarie alla pa- che dovete adoperare allorché il nemi- rata di con- co si è parato da una qualunque azio- trocavazione. ne, che gli avete fatta colla controca-

vazione. Vi sono alcuni schermitori, cheper sistema parano di controcavazioneo coll’arrestarsi sulla parata stabile, ocol distaccare il ferro, e senza urtarlotirare la risposta. Non ci daremo la pena di dimo-

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169strare gl’inconvenienti di tale sistema;ma indicando semplicemente le contra-rie da opporvisi, crediamo di adempie-re al nostro dovere. In generale la con-traria alla controcavazione è la contro-cavazione stessa. Vengono a proposito qui le appun-tate, e veramente questa azioni secon-darie hanno stabilito il di loro imperosul sistema delle parate stabili, o dellemedie per debellare coloro, che conqueste si familiarizzano. Consumata un’azione qualunque,ed avendo il nemico parato stabile sem-plicemente, o per mezzo della contro-cavazione, si dovrà ora fargli un’ap-puntata di cavazione, ora appuntatacolla finta, ed ora distaccando il ferro,fargli un contro-tempo, ed appuntareallorché corre dall’opposta parte perparare o la supposta appuntata, o ladi lei finta. A coloro poi, che parano in guisa, §. 255. Con-

che la loro parata non devia, che per trarie alla pa-

poco la vostra spada dalla linea di of- rata media.

fesa, bisogna rispondere coll’appuntatadiritta inquartando. Un’altra contraria alla controcava- §. 226. Altra

zione vi accenneremo, che quanto è contraria alla

bella, e vantaggiosa, altrettanto è diffi- parata di con-

cile ad eseguirsi, ed in cui non si può trocavazione.

ben riuscire senza rendersela famigliarecon lunghi, attenti, e replicati esercizj,

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170richiedendo essa una somma velocità,e leggiadria di azione. A questa contraria non doveteperò ricorrere, senza prima assicurarviche il nemico voglia parare di contro-cavazione. Per accertarvi di questo,cominciate a tirare una stoccata, es’egli para di controcavazione, alloraritiratevi in guardia, e con la massimavelocità vibrate una botta diritta, e neltempo stesso controcavate di modo,che avendo alzato il vostro piede de-stro per la botta diritta, abbiate fattaanche la controcavazione prima dimettere il piede a terra. Il colpo vostro sarà quasi sicuro,giacché avendo controcavato collaspada vostra già vicina al petto nemi-co, il vostro spazio di offesa è divenu-to minore dello spazio di difesa dell’avversario, e perciò egli non può esse-re più in tempo di parare la stoccatavibratagli.

§. 257. Avver- Dal fin qui detto rileverete facil- timento. mente, che il sistema di parare di

controcavazione, cioè l’ostinarsi inquesta parata vi condurrebbe a rischifatali. Non vogliamo però che crediateche la stessa venga da noi totalmentesbandita, che anzi l’ammettiamo incerti casi, come avrete osservatoaltrove: ma detestiamo la monotonia,ed i sistemi nell’adoperare le azioni

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171della Scherma. Questa parata no si do-vrà fare , che quando viene continuatacon una qualunque delle azioni di filo,o anche di sforzo. La Scherma è vastis-sima, e nelle di lei combinazioni infini-ta; perché dunque soggettarla a certi li-miti, che la degradano? Questa è la di-sgrazia, a cui soggiacciono tutte le scie-nze, in cui gli uomini si contentano del-la mediocrità. Il genio in tutte le arti,anziché por meta alle ricerche, si slan-cia, vola, e gli ostacoli stessi sono al-tettanti stimoli, che lo guidano allainvenzione. Abbiate per principio poi, che cia- §. 258. Ogni

scuna azione, nel momento che si fa, azione può op-

può avere per contraria l’azione stessa, porsi come

e questa è una regola generale, che am- contraria alla

mette poche eccezioni. Colla conoscen- stessa, che fa

za del tempo, e della graduazione, per l’avversario.

riprendere la forza, che il nemico conarte vi aveva tolta, giungerete ad avereun ascendente sul medesimo nell’istan-te stesso, che vi credeva sottomesso. Senel momento, che vi tira la botta diritta,voi volete schermirvi, e colpirlo collastessa azione, bisognerà, che nell’ato-mo, ch’egli agisce sopra di voi, tiriatela stessa botta diritta inquaratando. Sevi accorgerete, ch’egli vuol tirare il car-toccio, lo dovete prevenire col cartocciostesso, che facilmente colpirete, o alme-no sarete parato, se l’avversario ha

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172tirato nel tempo stesso. Contro le fian-conate havvi la fianconata di seconda.Se vi si vibra una cavazione, voi viopporrete un’altra cavazione; e cosìfinalmente farete per le altre.

§. 259. Avver- Ognuno si avvede, che tutte que- timento. ste contrarie si possono moltiplicare

colle finte, supposto che il nemico pa-rasse, ed in questo caso le combina-zioni si estenderebbero di molto edarebbero grand’adito alla riflessione.

§. 260. Distin- Se la pratica potesse sempre se zione di varj guire al teoria in tutte le speculazioni, ordini di con- avremmo il campo di estenderci nel trarie. vasto regno delle contrarie. Per non

moltiplicare i nomi, il che suonerebbemale all’orecchio, e recherebbe pena achi dovesse pronunziarli, si potrebbe-ro le contrarie distinguere in classi, oordini, o in gradi, come più sembre-rebbe a proposito. La semplice contra-ria si chiamerebbe di primo grado, lacontraria-di-contraria di secondo gra-do, la contraria di contraria-di-contra-ria di terzo grado, e così successiva-mente. Due mediocri schermitori van-no talvolta col loro gioco sino allecontrarie di terzo grado. Qual fastidio,e noja non recherebbe, analizzando leloro operazioni, il ripetere tante voltela voce contraria? Ci sembra che invia di discorso, questo metodo d’indi-care le contrarie sia facilissimo tanto

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173per chi dee insegnare, quanto per chiapprende.Non ostante che sia difficilis-simo nella pratica di continuare la com-binazione delle contrarie a quel punto,che in teoria facilmente s’immagina,pure vi sono degli schermitori capaci dispingerla sino a quelle di sesto grado.Noi però non oltrepasseremo il secon-do, ossia esporremo solamente le con-trarie-di-contrarie, poiché supponiamo,che intese queste, qualunque schermito-re sarà nel caso di comprendere comebisogna eseguire le altre.

CAPITOLO II DELLE CONTRARIE-DI-CONTRARIE.

Appellarsi contraria - di - contraria §. 261. Defi-

quell’azione, che da noi s’impiega per nizione delle

rendere nulla la contraria, che il nemico contrarie-di-

ha opposto per difesa di qualunque contrarie.

semplice azione, con cui abbiamo cer-cato di offenderlo. Per meglio intender questa de-finizione, immaginate di avere tiratouna botta diritta all’avversari, e chequesti si sia difeso parando di picco.Ognuno comprende, che la parata sud-detta è una contraria della botta dirit-ta: ma se voi replicherete alla sua pa-rata e risposta con una fianconata diquarta, questa prenderà in tal caso ilnome di contraria-di-contraria . §. 262. Osser-

Facilmente si comprende, che le vazione

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174stesse semplici azioni sono quelle, checombinate in varj modi, divengonocontrarie-di-contrarie. Queste combi-nazioni poi crescono, o diminuisconoin ragione del sapere, ed ingegno de’due combattenti. Nella pratica peròqueste hanno un limite, anche fra gliuomini i più valenti, e più esercitati inquesta scienza. Le cagioni che con-corrono a porre termine a’ combatti-mento, con simile maestria eseguiti,sono molte. La stanchezza obbliga so-vente due valorosi a riposarsi, per rin-novare la gagliardia, e poscia ripren-dere la zuffa; (bbb) una svista fa

(bbb) Questa non è che una conseguenza dellanostra fisica costituzione. L’esercizio solamentepuò abilitare un uomo a resistere ad un tal motoviolento per più lungo tempo di un altro; manon può esentarlo dal risentire gli effetti dellastanchezza. Quindi il nostro schermitore Poetanon isdegnò di mostrarci in questo stato, in varjrincontri i suoi più valorosi eroi:

Tornando al ferro, e l’uno, e l’altro il tingeCon molte piaghe, e stanco, ed anelante;E questi, e quegli al fin pur si ritira,E dopo lungo fatigar respira.

Tasso Can. 12. St. 57.L’un l’altro guarda, e del suo corpo esangueSu’l pomo della spada appoggia il peso.

Can. 12. St.20Già nelle sceme forze il furor langue.Sì come face in deboli alimenti:Tancredi, che il vedea col braccio esangueGirar i colpi ad ora ad or più lenti,Dal magnanimo cor deposta l’ira,Placido gli ragiona, e’l piè ritira.

Can. 19. St.20

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175perdere la vittoria, ed in fine o il vacil-lare del braccio, o la mancanza di risor-se sono tutte cagioni, che soglionoimpedire il proseguimento di unapugna. Osservasi però che contro di co- §. 263. Altra

lui, che non è provetto nella Scherma, osservazione.

non havvi bisogno alcuno di spingeretanto oltre le combinazione; ma bastasolamente un’azione di prima inten-zione per superarlo. Si può conoscere dunque, se benesi esamina la vastità delle idee, che laScherma fornisce, e delle prerogative,ch’ella richiede, che non è punto inpratica un’arte materiale, e facile adapprendersi, come si crede da talunidi poco talento, che pretendono d’in-segnarla, e che intanto la degradano,e l’avviliscono. Quindi pertanto dovete risov- §. 264. Con-

venirvi delle azioni, che vi abbiamo trarie-di-con-

suggerito di opporre al nemico allor- trarie da op-

ché abbiamo supposto, che vi tirasse porre alle

una botta diritta colla cavazione dopo semplici con-

l’attacco; azioni, le quali abbiamo trarie, che il

chiamate contrarie. Ora per continuare nemico fa con-

il metodo stesso, e per non obbligarci tro la botta di-

a ripetizioni, supporremo, che voi ab- ritta colla ca-

biate tirata la botta diritta colla cava- vazione.

zione, e che l’avversario vi abbia ri-sposto col fare quelle stesse contrarie,che abbiamo accennato di doversi da

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176voi fare e v’indicheremo le azioni, chevoi dovete in seconda replica esegui-re, onde eluder le contrarie stesse op-postevi dal nemico, cioè la contrarie-di-contrarie. Partiremo dunque dal principio,che avendo l’avversario attaccato lavostra spada da dentro, voi gli abbiatetirato una cavazione da fuori, e che aquesta cavazioni abbia egli oppostoalcuna delle contrarie indicate, eprimieramente la parata di picco. Aquesta voi opporrete dal canto vostrola stessa parata di picco, il guadagnodi terreno, lo sforzo a cartoccio, lequali noi chiamammo parate di sforzo.Parando poi l’avversario stesso stabil-mente, scenderete di fianconata di se-conda esterna, di ancora, di filo a car-toccio. Se poi il medesimo colla suaparata di picco non avesse deviato ilvostro ferro e pugno, che per pocodalla linea di offesa, potrete farel’intagliata, ola passata sotto in tempo. Che se prima di opporre le dettecontrarie-di-contrarie, voi cavate laspada, e volete parare in dentro, potre-te parare d’intrecciata, di guadagno diterreno sia colle spade a contatto, siadistaccate, come più vi aggrada; evolendo quivi pure parare stabilmente,tirerete la fianconata, il molinello difianconata, o la fianconata di quarta.

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177 Se l’avversario vi avesse attacca-to da fuori, voi cavando, dovreste perconseguenza tirargli in dentro, e perciòalla di lui parata di picco opporreteper contrarie-di-contrarie tutte le azioniqui sopra descritte, eccettuandone l’in-tagliata, ed anche la passata sotto intempo; e se la parata di picco dell’av-versari non fosse energica, appuntereteinquartando. Sarebbe lo stesso che ripeter tut- §. 265. Avver-

te le azioni, che abbiamo noverate per mento gene-

contrarie, come avrete poc’anzi osser- rale .

vato, se si volesse descrivere tutte lecontrarie-di-contrarie. Ognuno può dase stesso ritrovarle, persuadendosi chein fine rintuzzando il nemico, anchenella quarta, o quinta intenzione, ledifese si riducono alle semplici contra-rie, scelte secondo il nemico che si ha acombattere, e proporzionate alle forzedeboli, o vigorose, di cui il vostro cor-po è dotato. Per esempio, se il nemicodopo molte combinazioni, vi tirasseuna fianconata; richiamate tutte le con-trarie alla fianconata; se il cartoccio,le contrarie al cartoccio: ed infine sele combinazioni andassero, data l’ipo-tesi, all’infinito, voi ad una data azionedovreste opporre delle contrarie, comese questa stessa vi fosse tirata di primaintenzione. Ci contenteremo però di fissare la

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178nostr’attenzione sopra di alcune sola-mente, cioè sopra di quelle, che noncadono così subito sotto a’vostri sensi.

§. 266. Con- Partendo dal principio generale , trarie-di-con- che tutte le azioni si convertono in di- trarie da op- fese, incontrerete pochissimi ostacoli, porsi a diver- i quali, per poco che la vostra riflessio se azioni, con ne si concentri, facilmente sormonte- cui l’avversa- rete. rio si para . Le difese per l’inquartata, e l’in-

tagliata sono quelle, che abbiamo det-tagliato nelle contrarie. Se nella passa-ta sotto in tempo il nemico non vi pa-rasse con forza, potrete appuntare, ese vi scompigliasse, converrà velocis-simamente ritirarvi, rompendo la mi-sura, e parando a guadagno di terrenodi quarta. Parimenti se vi fa una paratamedia di cartoccio, appunterete; se pa-ra di picco, e tira, potrete parare disforzo a cartoccio; se la parata, chefate per rimettervi in guardia dopo diavere tirato il cartoccio è spirale, ossiaavete parato spiralmente sulla spadanemica, tirerete di quarta, e se poi nelparare non trovaste la spada stessa,indicandovi ciò, che il medesimo viha tirato colla finta, dovrete alloratirare velocemente inquaratando.

§. 267. Le stesse Avendo il nemico opposto per per la fianco- contraria alla vostra inquartata la fian- nata di se- conata di seconda, bisognerà che nello conda in linea. stesso tempo, riprendendo la gradua-

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179zione, e rimettendo il piede sinistro sul-la direttrice, tirate la fianconata stessa,facendo però angolo in fuori, per po-tere più sicuramente colpire. Essendosi detto che la contraria diqualunque azione è l’azione stessa, neviene che se alla vostra fianconata diseconda opponesse il nemico parimentila stessa fianconata, voi dovete ritirareil pugno, facendo sembiante di ritirarviin guardia, e volgendolo di quarta, ti-rerete di filo sotto messo. Quest’azioneimpiegasi generalmente quando le spa-de contrastano sul filo. Supposto che l’avversario avesse §. 268. Le

parato stabile un’azione qualunque per stesse sulla

attendervi all’appuntata, se vi ha pa- parata stabile.

rato fuori, fingerete di ritirarvi per ri-prendere la graduazione, e gli tireretela parata di ancora, se vi ha paratostabile in dentro, vi ritirerete per poco,volgendo il pugno di seconda, e facen-do angolo in fuori gli tirerete sul filoangolarmente. Questa offesa si denomi-na dagli schermitori incassata di secon-da . Potrete ancora ritirandovi maggior-mente, se il nemico si fosse accorto,tirare la fianconata, o il cartoccio difianconata di seconda in linea. Se ad una vostra qualunque azione §. 269. Le

il nemico rispondesse con varie finte, stesse sulle

abbiamo detto, che se non trovate da finte .

fuori nella parata il di lui ferro, con-

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180viene inquartate, e se non l’incontrateda dentro, vibrate il cartoccio. Ma ac-cade alle volte, che non essendo velo-ce all’inqurtare, vi sono alcuni scher-mitori, che tirano sotto l’armi di se-conda, e che facilmente colpiscono. Perciò se il nemico fa una fintafuori, e voi non trovate la di lui spa-da, volgerete il pugno di seconda indentro, e tirate velocemente una fian-conata di seconda in linea , ch’è la piùbella difesa contro coloro, che tiranosotto le armi.

§. 270. Con- Sarebbe far torto a’nostri lettori chiusione del se ci accingessimo a descrivere delle presente ca- contrarie di terzo, o di quarto grado, pitolo. mentre stabiliti i principj generali, ci

renderemmo nojosi nel ripetere lestesse cose. Se mai si avverasse chenon avessimo noi presentate tutte lecombinazioni delle contrarie, saràperché certe piccole cose non ci siamocurati di esporle, lasciando anche aglistudiosi di quest’arte il mezzo diritrovare da se ciò, che noi nonabbiamo che accennato. Da tutto ciò èfacile il rilevare, che a numero infinitopossono condursi le combinazionidelle contrarie-di-contrarie.

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181

CAPITOLO III

DEL COLPO DI POMO, DELLA BALESTRATA, E DELLA CIRCOLATA.

Siccome molte volte pe’l coraggio, e §. 271. Intro-

risolutezza di due schermitori, o per duzione.

lo valore di uno di essi può avvenire,che si trovino entrambi a doppia misu-ra, e talmente fra di loro vicini, che piùnon possano, per mancanza si spazio,vicendevolmente offendersi colla puntadella spada, così in tal caso converràricorrere ad altro mezzo, con cui so-stenere il diritto della propria difesa. Nelle situazioni sopra descritte bi-sognerebbe ritirarsi in dietro, o svilup-parsi dal nemico per rimettersi in guar-dia, ed i misura, onde potere agiredi punta: ma questo moto retrogradoè pericolosissimo, poiché non è pos-sibile di eseguirlo senza scomporsi, esenza dar campo al nemico, che sitrova in posizione vantaggiosa, di tira-re una stoccata, dalla quale è diffici-gissimo il pararsi, né si può esercitarela minima azione offensiva. Per evitare dunque tutti questi §. 272. S’indica pericoli evidentissimi, facendo prova come, e quan-

di destrezza, e valore ne’casi accenna- do si dee prati-

ti, vi dovete far forte sul vostro po- care l’azione

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182del colpo di mo, (ccc) col quale velocemente per-pomo. cuoterete di seconda posizione la tem-

pia destra, o sinistra del nemico, ter-minando così vittoriosamente una ten-zone, che aveva tutta l’apparenza distrascinarvi ad un fine tragico (ddd).Ma come l’avversario istruito neglistessi principj può a vicenda adopera-re il pomo, e prevenire collo stessocolpo,così voi, che correte il primo adoffendere, dovete nello stesso tempocolla vostra mano sinistra fare unoscudo innanzi alla faccia, e difenderele linee degli occhi, e delle tempie delcolpo del pomo dell’avversario.

(ccc). . . . . . . . . e più ristretta Si fa la pugna, e spada oprar non giova; Dansi co’ pomi infelloniti, e crudi.

Tas. Can. 12. St. 56. (ddd) Sarebbe inutile di volere dimostrare cheil colpo di pomo dato nelle tempie, o nella frontepossa dar morte ad un uomo. Se secolo fosseuno di quelli, in cui le genti d’armi coprivano leparti anzidette con l’elmo, ed altre armature, vipotrebbero insorgere delle difficoltà su di questeasserzioni. Benché la cosa sia per se evidente,pure vogliamo meglio assicurarvene. A questoeffetto abbiamo parecchie volte date dellepercosse col pomo di una spada qualunquecontro delle tavole di legno, e vi abbiamo fattotali impressioni, che le cavità, che risultavanodalle dette percosse erano della profondità dicirca quattro linee. Non v’ha dubbiodunque che se nel legno vi si fa simileimpressione,l’uomo possa resistere a talepercossa, e non rimanga estinto, o almeno fuoristato di combattere.

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183 Lo stringersi a doppia misura suo-le accadere, quando lo schermitore,senza fa r finte (eee), o contro tempi, otirate delle mezze stoccate d’indagine,viene immediatamente alle azioni diprima intenzione, slanciandosi veloce-mente sull’avversario col massimo fu-rore, onde terminare col coraggio, ecolla violenza in una sol’azione la zuffa. L’avventarsi, e caricare così dis-peratamente l’avversario è proprio dichi combatte, non già seguendo i pre-cetti della Scherma, ma bensì un’irasmoderata, che in uno colla tranquil-lità dell’animo, gli toglie tutt’i vantag-gi, che l’arte stessa somministra (fff):essendo però vero, che possiamo talo-ra essere trasportati a tal furore da unira giusta, ed onorevole, se per esem-pio, questa in noi fosse sorta da gene-roso motivo, come dal vedere ingiusta-mente offeso l’onor nostro, minac-ciata la sicurezza della nostra patria,nel qual caso si verificherebbero innoi quegli accenti di Tasso.Chi è che meta a giust’ira prescriva?Chi contro i colpi, o la dovuta offesa,Mentre arde la tenzon misura, e pesa? Can. 5. St. 57.

(eee) Non dando i colpi finti, or pieni, or scarsi:Toglie …………il furor l’uso dell’arte. Tas. Can. 12. St. 55.(fff) La pugna ha manco d’arte, ed è più orrenda. Tas. Can. 19. St. 19.

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184Perciò è utile cosa l’essere ancheistruito di ciò, che dobbiamo praticarein si fatte circostanze, e come possia-mo servirci del pomo della spada (chedee riputarsi la terza offesa dopo lapunta, ed il taglio) (ggg) allorché ilfurore della pugna, avendoci fatto en-trare in doppia misura, più non cipermette l’uso della punta.

§. 273. L’uso L’uso de’colpi di pomo è stato dell’ antece- sempre di sommo pregio presso gli dente azione schermitori italiani, e si può rilevarlo non è recen- da’versi del Tasso, che abbiamo rap- te nella Scher- portati: dansi co’ pomi, mentre il me- ma. desimo essendo stato un invitto scher-

mitore, formato nella scuola di Napo-li, non avrebbe certamente parlato delcolpo di pomo, se non fosse statopraticato in Italia, né l’avrebbe fattousare da Tancredi, uno dè primi Eroidel suo gran poema. Nella scuola del nostro Maestro

(ggg) Però il vero schermitore cerca di colpiresempre di punta, e pressochè giammai di tagli.Non è difficile di comprenderne la ragione.Essendo la punta l’offesa principale della spada,il valente schermitore è sicuro di mortalmenteferire con questa l’avversario, di non scoprirgliil suo petto, e di tenerlo più distante di quelloche se volesse offenderlo con un fendente;perciò non pensa a servirsi del taglio sempre chesta in giusta misura: ma in doppia misura,essendo difficile di adoperarlo, dee rivolgersi alpomo, e riporre in esso la di lui salvezza.

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185il Sig. Tommaso Bosco, che fu uno de’primi Professori di Napoli, facevasiuno studio profondissimo sulla manieradi adoperare il pomo col massimo ef-fetto possibile. Né qui vi sia chi osa tacciare di §. 274. Si giu-

viltà l’uomo di spada, che atterra il stifica l’uso

nemico co’ colpi di pomo; giacché pos- stesso .

siamo a buon diritto supporre questopatto tra gli schermitori, espresso, otacito, di difendersi, ed offendere, contutti que’ mezzi, che l’arte, ed il pro-prio corpo somministrano, purché siserbi quell’ordine, che la natura stessadella Scherma prescrive. Così dopoaver agito di punta, e di taglio, se citroviamo a tal punto ridotti da non po-ter più proseguire la nostra difesa conqueste azioni, il diritto della propriaconservazione, ed il patto supposto ciautorizzano a valerci del colpo del po-mo, a cui niun volgare pregiudizio cipuò costringere a rinunziare: tanto piùciò si verificherebbe se noi, dopo averannodato il nemico nella presa, in mo-do da impedirgli le controprese, e dopodi avergli intimata la resa, egli più fe-roce, che generoso ricusasse di arren-dersi, nel qual caso saremmo costrettidi ricorrere al colpo di pomo, onde ot-tenere quel termine, che la nostra stes-sa generosità avrebbe amato meglio dievitare.

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186 §. 275. Della Trovandosi in doppia misura, Balestrata. nella posizione, da cui abbiamo detto,

(nel § 271) che si passa a far l’azionedel pomo, e non volendo adoperaretale azione contro del nemico, poteteassicurarvi dagli inconvenienti, che daquesta posizione possono nascere, permezzo di un'altra azione di Schermadetta di balestrata. Questa consiste nello slanciaredisteso per terra l’avversario in modotale, ch’egli non possa riaversi cosìfacilmente dall’impressione, e scorag-giamento scagionatogli dalla caduta, edal vedere, che la di lui vita dipendedalla sola vostra generosità.

§. 276. De- Alcuni schermitori valenti, ritro- scrizione del- vandosi molto dentro misura, caricano la stessa. il di loro corpo sulla gamba sinistra, e

ritirando il petto, la testa, ed il bracciodestro indietro, tentano in ogni mododi tirare la stoccata tanto se il di lorocompetitore è stabile dentro misura,quanto se tenta di rimettersi in guar-dia; in quest’ultimo caso però puòessere plausibile l’azione anzidetta.Ma siccome abbiamo accennato le ra-gioni, per cui dobbiamo schivare di ri-tirarci, per li molti pericoli, a cui sipuò così perciò mentre che il nemicosi reca in quella posizione col corpotutto in dietro sul lato sinistro, per ti-rarvi la stoccata, passerete velocemen-

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187te all’ordinario col piede sinistro inavanti, e fuori al destro del nemico, ecol ginocchio sinistro farete forza nelsuo diritto, urtandolo verso il dentrodella direttrice. Poscia colla mano sini-stra ben chiusa, e steso il braccio me-desimo, urterete il nemico fra’l collo,ed il mento, spingendolo verso le spal-le, cioè verso fuori della direttrice: inquesto modo dovrà egli perdere, perforte che sia, l’equilibrio e caderà diste-so sul suolo, battendo sul terreno priala testa, e poi tutto il resto del corpo. Dalla descritta azione ben vi avve- §. 277. Ri-

drete,che voi date due urti all’avversa- flessioni, ed

rio per opposte direzioni cospiranti am- avvertimenti

bedue a farlo cadere. E che ciò sia vero sull’ antere-

potrete accertarvene osservando, che dente .

mentre col vostro cubito sinistro glispingete maggiormente tutto il suo cor-po sulla gamba sinistra, dove già si eracaricato in modo, che rinvenivasi inequilibrio labile, voi urtandogli la gam-ba diritta verso dentro, e questa perconseguenza alzandosi, gli farete per-dere il centro di gravità, che preponde-rando verso le spalle, obbligherà il cor-po a precipitarsi in terra. Quello che sopra ogni altro richie-desi nell’esecuzione di tale azione si èl’impiegarvi la stessa velocità, ed ilfarlo quasi nello stesso tempo, cheimpiegate per fare una toccata di spa-

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188da da fuori misura: e siccome nellatoccata di spada sono due tempi, ilprimo per urtare il ferro, ed avanzareil passo, ed il secondo per tirare,così nella balestrata nel primo tras-porterete il lato sinistro in avanti, enel secondo momento darete veloce-mente la spinta, e collo stesso moto,e celerità ritirerete indietro il lato sini-stro, e vi porrete in guardia. La perfezione di quest’azione ri-chiede tale agilità, che lo schermitoredee trovarsi in guardia, pria che il ne-mico sia totalmente disteso a terra. Abbattuto l’avversario, e postocosì da voi fuori dello stato di com-battere, gli è forza di riconoscere lasua vita dalla generosità di colui, cheseppe, congiungendo la destrezza alvalore, risparmiare il sangue ad unsuo simile, e conservare un individuoalla società.

§. 278. Della Nello stesso caso, che si è sup- circolata. posto nelle due antecedenti azioni, in

vece delle stesse, potrete abbatterel’audacia del vostro avversario, ado-perandone un’altra, a cui noi diamo ilnome di circolata. Essendovi dunque stretto col ne-mico a doppia misura, e cozzando levostre spade coccia a coccia (essendole spade stesse attaccate o in dentro, oin fuori) voi girerete velocemente

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189verso le vostre spalle come se volesteinquartare, e facendo centro di giro ilpiede diritto, ed intervallo il sinistro,descriverete un semicerchio, venendoa situare il piede sinistro a contattodel diritto del nemico al di dentro: inquesto modo vi troverete colle vostrespalle rivolte a quella parte, dove pri-ma riguardava il vostro petto. Nel farequesto giro, porterete il braccio sini-stro disteso in alto talmente, che ilsuo gomito sia a livello della vostratesta, e tenendo col braccio diritto laspada di seconda posizione, compitoil giro suddetto, ne metterete la puntaal centro del petto, dell’avversario.La spada del medesimo col suo brac-cio diritto si troverà dietro le vostrespalle, in situazione tale, che si potreb-be fare anche la presa di avviticchiata,di cui si parlerà nel seguente capitolo. In qualunque caso si venga a dop-pia misura, l’effetto di quest’azione èirreparabile, mentre se l’avversario re-sta fermo, è chiaro che debba esserecolpito, e se cerca di saltare in dietro,voi lo ferirete colla stessa sicurezzatirandogli la stoccata col piede sinistroin avanti; tanto più, che la sua spadarestando, come si è detto, da fuoridel vostro braccio sinistro, non puòin alcun modo offendervi. Volendosi opporre all’azione qui §. 279. Con-

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190 traria da op- sopra descritta una contraria, si potrà porre all’an- fare nel modo seguente. zidetta azione. Nel momento stesso che il nemi-

co viene a farvi la circolata voigirando sul piede diritto verso lespalle, farete la circolata stessa. Inquesto modo vi ritroverete col nemicorivolti a parti opposte, e col vostrolato sinistro sarete a contatto col suobraccio sinistro, il quale resterà strettotra lo stesso vostro lato, e quellodell’avversario. Nel far questo giro ilvostro braccio sinistro essendopassato al di sopra del suo capo, glistringerà la gola nella piegatura delgomito. Nel secondo momento di taleazione voi girerete sul piede sinistro, emetterete il diritto dietro a quellodell’avversario, stringendo il vostropetto alle sue spalle e portando alto ilvostro pugno diritto, darete il colpo dipomo nella tempia diritta del nemico.Che se non vorrete adoperare tal colpopotrete nel primo momento di questaazione fargli la balestrata inquartandocol piede diritto.

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191

CAPITOLO IV.

DELLE PRESE DI SPADA.

Presso gli Antichi non era giammai la §. 280. Intro-

Scherma dalla lotta disgiunta, che anzi zione, in

necessariissima a sapersi riputavasi la cui si defi-

lotta stessa, come quella che facilitava sce la presa di

o ad annodare il nemico, o a scioglier- spada.

si dal medesimo allorché due combat-tenti erano così vicini, che lo spazioangusto vietava loro di adoperare laspada. Queste due azioni descrivonsicol nome di prese, e di controprese , esono state più celebri, quanto più di co-raggio, d’ingegno, di destrezza, e di ri-soluzione vi necessita per ben riuscirvi. Per presa di spada s’intende dagliSchermitori l’impossessarsi della spadadel nemico prendendola colla mano si-nistra nella coccia, o nella guardia, ar-restando le sue operazioni col farlo pri-gioniere. Era assai in costume presso i no-stri maggiori la presa della spada, nonmeno di quello, che lo sia di presentefra noi. Basta discendere col pensieronell’arena gladiatoria della immortaleRoma, dove accorreva spettatrice laromana gioventù, per avvezzarsi al san-gue, e formarsi un cuor militare, e vivedremo i gladiatori alle prese.

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192 Allorché veniva fatto ad uno diessi di vincere la spada al suo avver-sario, gli puntava la sua alla gola, oal petto, e repente volgeva lo sguardoall’intorno dell’anfiteatro: se il popo-lo, strette le quattro dita della destra,stringeva anche il pollice, egli genero-so risparmiava la vita al nemico; mase il popolo medesimo alzava il polli-ce, all’istante lo trafiggeva. Dal qualerito conchiuderemo, che gli Antichicredevano, che la presa fosse un’azio-ne finale, come quella che toglie all’avversaro tutti i mezzi di difesa, e locostringe o a darsi per vinto, o a la-sciare la vita. Per questa stessa ragio-ne alcuni scrittori di Scherma da qual-che secolo in quà chiamano la presaazione della conclusione, dando finecon questa a’ loro trattati, come se ilvalore, e l’ingegno umano non si po-tesse elevare al di là della presa. Essis’ingannano: la Scherma non lasciamai senza rifugj il suo allievo, e ben-ché preso dall’avversario, ella v’inse-gna a sprigionare il vostro braccio e lavostra spada, e dippiù ad assalire, edabbattere quel nemico, che già crede-va di avere in sua balia la vostra esi-stenza: ella in somma vi apprendel’arte di rispondere alle prese collecontro-prese, e vi abilita a ripeterecon felicità di successo quelle parole,

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193che in Tasso udiamo dalle labbra diOttone:No……………fra noi non s’usaCosì tosto depor l’arme, e l’ardire. Cant. 6. St.33. Le prese che si possono fare sono §. 281. Distin-

varie, dipendendo la loro diversità dal- zione delle

la maniera, colla quale la vostra mano prese.

sinistra afferra la coccia, il polso, e ilbraccio destro del nemico. Nascono le prese dalle parate sta-bili, stringendosi, ed avvetendosi sulnemico; e dall’attitudine, ch’egli pre-senta ha luogo piuttosto una presa, cheun’altra, prendendo la loro denomina-zione dalle funzioni della mano sini-stra, o del braccio stesso. Trovandosi le vostre spade unite §. 282. Della

centro a centro, bisogna che voi vi presa di avvi-

avanziate sul nemico strisciando la vo- tichiata.

stra lama sulla sua, affinché le cocciedi entrambi vengono ad urtarsi insie-me, onde assicurarvi, ch’egli non possapiù adoperare la sua spada. Allora pas-serete velocemente il vostro piede sini-stro dietro il suo destro, trattandosi diaccademia, e se fosse in duello, o com-battimento, passando in avanti il vostropiede sinistro ne poggerete il tallonesul piede destro dell’avversario, e colginocchio sinistro percuoterete il destrodel medesimo. Se il nemico ha alzato ilsuo pugno per sostenere il vostro urto,

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194voi col braccio sinistro (avendonestretto bene il pugno per trasmetterglila massima forza) circolerete da den-tro sotto il braccio dentro dell’avver-sario, deviandolo in fuori, e circolan-do finché questo giunga ad essere frale ossa del cubito, ed omero del vostrobraccio; giunto ch’ ei sia in questa po-sizione, stringerete al petto il vostrostesso braccio facendo un angolo acu-to, ed annoderete in questa maniera ilpolso del braccio nemico, facendo for-za da dentro in fuori coll’osso del cu-bito. L’effetto di questa presa sarà ta-le, che dovrà esserne abbattuto l’uomopiù vigoroso; che se egli volesse osti-narsi nel cercare di sprigionarsi, unimpulso che comunicherete col vostrobraccio da dentro in fuori, potrà senzaesagerazione, spezzargli il braccio. Avvinto in questa maniera l’av-versario, converrà nel tempo stesso,ritirando il braccio destro per guada-gnare spazio, dirigere la punta dellavostra spada al d lui petto, o alla gola,imponendogli la resa. Questa si addomanda presa diavviticchiata per la ragione, che il vo-stro braccio sinistro avviticchia il de-stro dell’avversario perfettamente. Latavola sesta vi rappresenta la posizio-ne di due schermitori, de’ quali uno hafatto la presa di avviticchiata all’altro.

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195 Dopo fatto il passaggio del piede, §. 283. Della

e braccio sinistro in avanti, come presa di slo-

nell’antecedente descritta presa, po- gata.

tete ancora colla mano sinistra di pri-ma posizione afferrare da dentro ilpolso, e pomo nemico, ad all’istantevolgere il vostro pugno di quartaposizione, torcerete in fuori il braccionemico. Sarà tale il dolore, che glicagionerà quest’azione per lo svolgi-mento de’ muscoli, che lo priverà in-teramente di forza, e siccome il brac-cio nemico corre il rischio di slogarsinella spalla, così appellasi questa pre-sa di slogata . Se in vece delle due antecedenti §. 284. Della prese, essendo nella stessa posizione presa di terza

dianzi supposta, vorrete un’altra presa alta.

eseguire, passato il lato sinistro inavanti, converrà afferrare colla manosinistra tra il pomo, ed il polso ilbraccio feritore dell’avversario dallaparte di sotto urtandolo in alto, ondeda questo impulso vada a caricarsi indietro, e perdendo l’equilibrio dellaguardia, si scemi di forza. Come per-tanto la mano sinistra prende il brac-cio nemico di terza, e lo s olleva inalto in modo, che il pomo della suaspada sia un piede in circa al di so-pra della sua testa, così l’anzidetta sidice presa di terza alta . Potrete os-

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196servare la tavola settima, e la stessavi rappresenterà la posizione, in cuisi trovano due schermitori dopo diaver’eseguita la descritta presa.

§. 285. Della Quando poi le spade si trovano presa di se- nella linea della spalla, ossia a livello conda alta, o di questa, unite coccia a coccia, e in linea . nella posizione richiesta per la presa,

si può alternando fare ora la presa diterza alta, ora la seguente, per con-fondere maggiormente l’avversario,trattandosi di un’accademia, e permostrare, come si è più volte notato,che la Scherma non è limitata in pic-colo cerchio d’idee. Se dunque le spade si troverannonella solita posizione, conviene affer-rare il polso destro del braccio nemi-co colla mano sinistra di seconda, edurtarlo da dentro verso la di lui spallasinistra, e da tale azione ne verrà,che s’egli non sarà uomo dotato disomma forza, per non abbandonarsi,e tentare di resistere all’urto, che glicomunicate, dovrà piegarsi il di luibraccio nel gomito, e la coccia dovràbattere violentemente contra il di luipetto; che se il medesimo resista aquest’urto senza piegare il braccio,dovrà però abbandonarsi necessaria-mente, e piegare talmente in dentro,che resterà tutto scoperto da fuori,

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197ove voi potrete presentargli la puntadella vostra spada. Dalla posizione di seconda dellavostra mano sinistra ne viene il nomedi seconda, che si dà a questa presa,a cui si aggiunge quella di alta, o inlinea, secondo che urtando la manonemica la conserva nella linea di of-fesa, oppure l’alzate alquanto sopradella medesima. Nella stessa posizione delle due §. 286. Della sopra descritte prese, cioè dell’avvitic- presa di spi-

chiata, e d terza alta, cozzando le cocce rale.

delle due spade di prima in seconda,ch’è quanto dire da fuori, voi gireretevelocemente il vostro pugno destro diquarta, circolando spiralmente la vo-stra spada sulla nemica, cioè comince-rete il moto circolare spirale dal dop-pio forte, e col volgere il vostro pugnodi seconda in terza, continuerete il mo-to circolare col forte della vostra spa-da cominciando ad abbassare la spada,nemica verso la direttrice, e termineretefinalmente il giro col volgere il pugnodi terza in quarta, per cui la puntanemica si troverà vicinissima a terra.Se la vostra spada fosse da dentro, edi quarta posizione, in allora farete laspirale di seconda, ed afferrerete simil-mente la mano destra nemica, che sa-rà di terza. Questa presa si dice pre-sa di spirale, perché la vostra spada

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198fa come una spirale intorno a quelladell’avversario.

§. 287. Della Allorché le due cocce s’incontra- presa di se- no all’altezza della metà del vostro conda bassa. corpo, o anche più basso, come suole

avvenire nelle prese, che nasconodalle fianconate, o dalla parata stabile,in cui lo schermitore deprime il ferroostile serrando la misura, convienefare la presa detta di seconda bassa.Fa d’uopo in questo caso afferrare(passando al solito il lato sinistro inavanti) col vostro braccio disteso diseconda posizione la mano, e spadanemica, deprimendola vie più indentro verso la direttrice, e poscia,come in tutte le prese, drizzare lapunta delle propria spada in quellaparte, che abbiamo altrove indicato, eritirare in dietro il braccio destro diseconda in terza posizione, per nonessere sottoposto alla contropresa, oripresa dell’avversario, il quale vipotrebbe annodare nel tempo, che voicredevate di averlo abbattuto. Peridearvi più facilmente le posizioni dientrambi gli schermitori in questapresa, potrete vedere la tavola ottava.

§. 288. Avver Stabiliscasi dunque che le prese timenti gene- o si fanno di necessità, allorché ritro- rali sulle pre- vandosi a doppia misura non conviene se. di ritirarsi, per non avventurare la pro-

pria vita, o senza essere astretto da ne-

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199cessità (ggg), o in fine per generosità diun cuore elevato, che ripone tutto il suostudio e piacere nell’acquistarsi famapresso i suoi concittadini, anteponen-do la resa alla morte dell’avversario.

(ggg) Tancredi essendo stato ferito, e schernitocon motti di derisione da Argante, non limita lasua vendetta a solamente ferirlo, ma passa a disar-marlo, poiché gli sembra, che l’azione della pre-sa sia di gran lunga superiore a qualunque altra. Fra lo sdegno, Tancredi, e la vergogna, Si rode, e lascia i soli riguardi; E in cotal guisa la vendetta agogna, E’ l drizza a l’elmo, ov’apre il passo a’ guardi. Ribatte Argante il colpo, e risoluto Tancredi a mezza spada è già venuto.

Passa veloce allor col piè sinistro, E con la manca al diritto braccio il prende: E con la destra intanto il lato destro, Di punte mortalissime gli offende. ……………………… ……………………… Freme il Circasso, e si contorce, e scote; Ms il braccio prigionier ritrar non puote. Can. 19. St. 15 , e 16. Il Circasso benché più robusto de guerrierolatino, non poté non soggiacere all’arte di questo.Pare che questa presa debba essere quella di slo-gata, almeno tutte le apparenze la caratterizzanoper tale. Le surriferite ottave sono così belle, chenon dubitiamo punto, che i nostri lettori non cisappian grado di averle qui trascritte; poiché lestesse non solo ci descrivono azioni di Scherma,ma ben anche il carattere, di cui dee investire loschermitore nell’eseguirle.

E però principio di Scherma di nontentare alcuna delle prese descritte, seno quando le spade sono a contatto, ed

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200in situazione tale , che il nemico nonpuò schermirsi con una cavazione, o conun’altra qualunque azione. Se le spadesono a contatto al centro, conver-rà strisciare sul filo, ed avventarsiall’avversario. Se avete parato stabil-mente, si dovranno osservare le stesseregole. In ogni presa il lato sinistro sidee trasportare velocissimamente inavanti, e nello stesso momento, chesuccede l’urto delle cocce. La presa èsempre eseguita dalla mano sinistra. Nelpassaggio dell’anzidetto lato, il piededestro dee giacere immobile, e su diquesto, come centro, si dee fare colsinistro un mezzo cerchio. La mano deeprocurare di prendere sempre la spadanemica, e non lasciare il tempo alnemico di passarla dalla destra allasinistra, come potrebbe facilmente ac-cadere, qualora egli non avesse la spadalegata. Appena fatta la presa, la puntadella vostra spada dee volgersi al di luipetto, e la posizione del corpo è la stessache per la guardia, colla variazione, cheil lato sinistro è volto all’avversario, edil braccio destro è curvo indietro collamano di seconda in terza posizione,vietando lo spazio angusto di tenerlodisteso, come le regole ordinarie ri-chieggono.

201

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CAPITOLO V

DELLE CONTROPRESE DI SPADA.

Avendo accennato nell’antecedente §. 289. Intro-

capitolo, che la Scherma fornisce de’ duzione.

mezzi, onde non solo difendervi dal ne-mico, che vi ha guadagnato la spadacon una delle surriferite prese, ma ben-sì di avvincerlo similmente, perciò cifacciamo un dovere di esporvi in que-sto capitolo come ciò si possa ottenereper mezzo delle contro-prese . Coll’ anzidetto nome di contro- §. 290. Defini-

prese s’indicano le azioni, con cui po- zione, e di-

tete non solamente svilupparvi dalla stinzione delle

presa che l’avversario tenta di farvi, ma controprese.

bensì sorprenderlo nella sua azione, edimpadronirvi del suo ferro. Esse sonodiverse, secondo la diversa maniera, incui l’avversario viene a farvi le prese dispada, e noi la anderemo esponendo nelseguente capitolo, assegnando a ciascu-na presa la sua contraria, o contropresa. Allorché il nemico vi ha fatta la §. 291. Con-

presa di seconda bassa, voi, girando di tropresa alla

terza il pugno, alzerete la punta della presa di se-

vostra spada, come per ferire di taglio conda bassa.

nelle tempie del nemico, tenendo il vo-stro doppio forte attaccato al forte dellasua spada. Così facendo, poiché il vo-stro pugno si trova di terza, e quellodel nemico di seconda, la punta della

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202sua spada divergono molto al vostrodi fuori, non potrà offendervi, perchése il medesimo vuol cavare da sotto, ilsuo braccio sinistro glie lo impedisce,e volendo fare la cavazione da sopra,lo trattiene l’intera lunghezza dellaspada.Fatto ciò, essendo ancora impri-gionata la vostra destra da quella delnemico, passerete la spada nella vo-stra mano sinistra, usando tutta la dili-genza per non cedere niente del tasto,o contatto del ferro, e fattovi così dinuovo padrone della vostra spada, conun moto veloce appoggiando tutto ilvostro corpo sulla pianta del piede si-nistro, e fatto uno sforzo notabile perisprigionare il braccio, porterete velo-cemente il piede destro indietro prese-ntando il lato sinistro al nemico. Av-vertirete intanto di abbassare la puntadel ferro nemico colla vostra spada,che tenete colla mano sinistra, e cheresterà sopra della nemica, senza peròdistaccarla da questa, e ne presentere-te la punta al petto dell’avversario, ilquale si troverà nel termine di questavostr’azione, colla sua spada sotto delvostro ferro e colla punta fuori delladirezione del vostro petto (hhh).

(hhh) La difesa più breve , che si possa op-porre a questa contropresa è la parata diancora inquartando.

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203 La contropresa descritta, come ve-deste, può usarvi qualora non si abbiala spada legata in mano, poiché in que-sto caso si dee praticare in altra ma-niera. Avendosi dunque il nemico fatta §. 292. Altra

presa di seconda bassa, e presentandovi contro-presa

la sua punta al petto, alzerete veloce- alla presa di

mente il vostro pugno diritto al livello seconda bas-

de’suoi occhi, girandolo di seconda in sa, nel caso

terza. Così vi sarete già parato avendo che la spada

incontrato la sua lama nel centro. Da sia legata al-

questa, strisciando velocemente col vo- la mano.

stro doppio forte sul ferro nemico, an-derete ad urtare sulla sua coccia. Indicolla stessa velocità girandovi sullapianta del piede diritto verso il pettodel nemico, collocherete il vostro piedesinistro ad un piede, mezzo di distanzadalla direttrice, corrispondente a quelpunto, in cui essa direttrice incontra laperpendicolare abbassatagli dal centrodi gravità del nemico. In ciò fare por-terete il vostro braccio sinistro distesoin avanti, e prenderete colla vostra ma-no sinistra di seconda posizione il pol-so diritto del nemico in uno col suo po-mo, che si trovano di terza posizione.Nel momento stesso inquarterete, gi-randovi verso le spalle sulla pianta delpiede sinistro, situando il diritto sullaperpendicolare alla direttrice, in cuitrovasi il piede diritto del nemico, e

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204e conservando tanto di distanza tral’uno, e l’altro de’vostri piedi, quantose ne richiede per l’apertura dellaguardia, in cui sederete. Avendo giàsprigionato coll’inquartata il vostrobraccio diritto dalla mano sinistra delnemico, punterete la vostra spada alladi lui gola, per di sopra del suo brac-cio diritto, imponendogli la resa (iii).

§. 293. Altra Si può anche opporre alla presa contropresa di seconda bassa, nella stessa suppo- nello stesso sizione, che abbiate la vostra spada caso dell’an- legata alla mano, la seguente contro- tecedente. presa.

Nel momento, che l’avversarioviene a presentarvi la sua punta al pet-to, potrete pararne colla mano sinistrail colpo, e portare la sua spada indentro, disviandola così dal vostropetto stesso, e passando anche voi ilpiede sinistro avanti al dritto del ne-mico, vi stringerete petto a petto, sen-za lasciargli campo di adoperare lasua spada. Nel medesimo istante,avendo voi portato il vostro baracciosinistro in alto, dovete situare ilvostro gomito fra’l suo collo, ed ilmento dalla parte della sua spallasinistra, ed inquartando il piede

(iii) Il nemico si potrebbe difendere da questacontropresa, facendovi la contropresa-di-con-tropresa, detta balestrata di inquartata in dietro.

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205diritto, dovete dargli il colpo di bale-strata, il quale facendolo uscire d’e-quilibrio, lo farà cadere colle spalle aterra, e sarà costretto in questa manie-ra a lasciarvi in libertà il braccio de-stro, e la spada, che vi aveva presa. Le due anzidette controprese sono §. 294. Avver-

universalmente applicabili a qualunque timento.

delle sei prese vi abbia fatto l’avversa-rio. Le seguenti poi hanno una più par-ticolare applicazione. Quando l’avversario vi abbia fatta §. 295. Con-

la presa di seconda in linea, di secon- tropresa di

da bassa, di terza alta, o di spirale, balestrata

allora potrete impiegarvi una contraria d’inquartata.

tanto energica, per quanto ella è tuttanuova, ed inusitata. Nel momento, ch’egli vi ha presa la spada, o il braccio,voi girerete indietro velocemente sulvostro tallone diritto, e terminerete ilgiro col portare il vostro piede sinistrodietro il diritto del nemico, e la vostraspalla sinistra dietro la diritta sua colbraccio sinistro disteso in alto, e collastessa mano ben stretta, dovete coz-zando spalle, a spalle col nemico dadietro, passarla al di sopra della suatesta, ed urtarlo collo stesso bracciosinistro fra il mento, ed il collo. Nel primo momento di questo girovoi fate vette nella mano sinistra delnemico talché, per forte ch’egli sia, videe abbandonare il braccio colla spa-

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206da, che vi aveva preso, ed avete paratoil colpo, che vi aveva tirato disviandola punta col suo stesso braccio sini-stro, il quale per lo primo momentodel vostro giro si è trovato fra il vostrobraccio destro, e la sua spada. Che sesi voglia supporre, che la descritta pa-rata non accadesse naturalissima, sa-reste per un’altra ragione del pari dife-so, cioè per l’inquartata dell’intero se-micerchio, col quale vi siete totalmen-te portato dietro le spalle nemiche dimaniera, che non solo non vi può piùferire, ma non sa dove vi siate, perchénon vi vede del tutto. Nel secondo momento poi aven-dolo già preso pe’l collo, dovete bale-strarlo colle spalle in terra, cioè nell’atto, che lo balestrate nella gola, dove-te urtarlo col ginocchio sinistro nellasua coscia sinistra, affinché mentre glispingete la gamba sinistra in dentro, egli urtate il capo in fuori, si trovi fuoridi equilibrio sul piede diritto in modoche dovrà piombare in terra, come nelcolpo della balestrata. Voi intanto do-vete, spingendolo, girarvi verso lespalle con somma velocità, e rimetter-vi in guardia.

§. 296. Av- Questa contropresa, fra quante vertimento . ne può l’ingegno umano dalla macchi-

na dell’uomo ricavare, è non solo lapiù bella, ma bensì la più sicura, ed

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207energica contro tutte le prese. Ella pe-rò nulla vale contro la presa di avvitic-chiata, perché volendola fare, sarebbeimpossibile liberare il vostro bracciodestro, il quale correrebbe rischio dispezzarsi, o per lo meno di slogarsifra’l cubito, e l’omero del braccio ne-mico, che lo tiene avviticchiato. Ora però v’indicheremo due con- §. 297. Con-

troprese da opporre all’avviticchiata. tro-prese alla

La prima si è che quando il nemico presa di avvi-

ha preso il vostro polso, e la spada, ticchiata, detta

allora velocemente parandovi i dentro in dentro.

dalla sua punta colla mano sinistra,dovete anche voi girare sulla puntadel piede diritto, e portare il piedesinistro in avanti, basandolo sul piedediritto dell’avversario, di modo che ilvostro braccio destro annodato si pie-gherà nel gomito, né dandovi alcunaambascia, vi troverete petto a pet-to combaciato col vostro avversario.Nello stesso momento dovete col brac-cio sinistro annodare il suo destro,e nell’ atto stesso dovete inquartare sulpiede sinistro , cioè girando sulla pun-ta del piede sinistro, portare il vostropiede destro col corpo verso le vostrespalle. Con questo giro il vostro polsodestro, che si trovava insieme collaspada legato dal braccio sinistro delnemico, facendo vette nel medesimo,ne resterà sprigionato. Il nemico, al

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208contrario si troverà annodato nellastessa situazione, in cui eravate voiprima.

§. 298. Contro- Se l’avversario vi avesse fatta la presa di bale- presa di avviticchiata, credendo di a- strata bassa, vervi già imprigionato, per esservi im- contraria alla padronito del vostro polso, e della presa di avvi- spada, voi impiegherete contro la sua ticchiata. possa, ed alterigia, la contropresa di

balestrata bassa, che quanto più all’impensata gli giunge, tanto più deescomporlo, ed abbatterlo. Nel momento ch’egli vi ha presala spada, e dirige la punta della suaverso il vostro petto, voi repente se-dendovi sulla guardia, sino a tanto,che il vostro capo sia a livello delpetto nemico, e parandovi colla manosinistra, portando in dentro, ed inalto del vostro petto il suo ferro, do-vete velocemente girare sulla piantadel vostro piede diritto, e portare ilsinistro al di dentro del nemico, unpiede distante dal punto, dove il suocentro di gravità incontra la direttrice.Allora, curvato come siete, quasi ave-ste (essendo mancino) da tirare uncartoccio, dovete nello stesso momen-to premendo col mento sul suo petto,colla mano sinistra in terza posizione,prendere forte la polpa della gambasinistra dell’avversario. Indi rialzan-dovi velocissimamente, dovete in-

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209quartarvi girandovi indietro sulla piantadel piede sinistro, e tenendo forte e cir-colando a voi la gamba sinistra dell’avversario, tenterete di spingerlo interra; lo che voi otterrete più faci-lmente, se nel tempo stesso l’urteretenel fianco colla vostra coccia, la qualetrovandosi stretta dal di lui braccio si-nistro, poggia sulle di lui coste; edun altro urto gli aggiungerete col vo-stro ginocchio sinistro sul suo destro.Il vostro competitore, ancorché fosseMilone romano, dovrà percuotere ilSuolo col suo capo, mentre perde tuttol’equilibrio; ed è impossibile a chiun-que di sostenersi in tale situazione.Egli cadendo, dee per la natura dellasua caduta restando in libertà insiemecolla spada, dirigerete la punta di que-sta verso di lui. Avendovi il nemico fatta la presa §. 299. Con-

di terza alta, nell’atto ch’egli vi pre- tro-presa alla

senta la punta al petto, voi velocissima- presa di terza

mente volgendo il pugno di seconda, alta.

ed abbassando la punta, dovete ferirlonella coscia sinistra al di sopra dellagiuntura del ginocchio. Girando così ilvostro pugno, avete dovuto incontrarenecessariamente col vostro forte il cen-tro della spada nemica, e nel dirigere lavostra punta, come si è detto, verrà adisviarsi al vostro di fuori la punta del

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210nemico. Con questo la sua spada nonpotrà in modo alcuno offendervi, poi-ché la sua punta è già fuori del pianodelle offese, e volendo cavarvi di so-pra, sarà impedito dal suo braccio si-nistro, e di sotto da tutta la lunghezzadella vostra spada; quindi girandovivelocemente sulla pianta del piedediritto verso il di dentro del nemico inmodo, che il vostro piede sinistro sitrovi ad un piede e mezzo di distanzadalla direttrice corrispondente a quelpunto, in cui la medesima incontra laperpendicolare abbassatagli dal centrodi gravità, e colla sinistra facendo lapresa di seconda bassa, inquarteretegirando sulla pianta del piede sinistroverso le vostre spalle, e descrivendocol piede diritto un quadrante. Collavelocità di questo giro, sprigioneretesicuramente il vostro braccio dirittocolla spada dal nemico, e metteretesubito la vostra punta al suo petto.

§. 300. Con- Venendo l’avversario a farvi la tropresa alla presa di slogata, voi per opporgli una presa di slo- contropresa, parerete colla mano sini- gata. stra il colpo, che il medesimo veniva a

dirigere al vostro petto, disviando lapuntata della sua spada al vostro didentro, e girerete velocemente sullapianta del piede diritto, facendogli inseguito la stessa contropresa, che si èdescritta per la seconda bassa (al § 293).

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211 Alla presa di seconda alta potrete §. 301. Con-

opporre la stessa contropresa, che si è tropresa alla

descritta per la presa di seconda bassa presa di se-

nel caso, che presentandovi il nemico conda alta.

la sua punta al petto, la sua spada sitrovi al di sopra della vostra. Se alcontrario tenendo il vostro pugno alto,l’avversario sia costretto a presentarvila punta della spada. Facendola passareal di sotto della vostra, dovrete in que-sto caso fare la stessa contropresa, che(nel § 299) abbiamo detto di doversiopporre alla presa di terza alta. Contro la presa di spirale o che §. 302. Con-

sia eseguita col pugno di prima, o di tropresa alla

terza posizione, potrete, adoperare la presa di spi-

contropresa di balestrata d’inquartata. rale.

Avendo parlato nel capitolo quar- §. 303. Con-

to di questa parte della balestrata, non tropresa alla

abbiamo stimato d’ivi descriverne la balestrata.

contraria, avendo per oggetto di espor-vi allora solamente le azioni, con cuisi può arrestare l’audacia di nemi-co, che si stringe a doppia misura. Madopo avervi qui suggerito le azioni daopporre a ciascuna delle prese da noidescritte, crediamo a proposito d’inse-gnarvi la contropresa, che dovete fareall’avversario nell’atto, che cerca diabbattervi colla balestrata stessa. Per eseguire dunque quest’azionebisogna distinguere due casi, che na-

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212scono dalla diversa posizione delbraccio sinistro del nemico nel venirea fare la balestrata. Il primo di questi èquando l’avversario nel venire a pren-dere tale azione passa il suo bracciosinistro al di sotto della vostra spada,ed il secondo è se il braccio sinistronemico viene a passare al di sopradella vostra spada. Nel primo degli accennati casi, a-vendo il nemico passato il piede sini-stro in avanti, mentre viene ad urtarvida dentro col braccio nella gola, voicol braccio sinistro circolando da sot-to, e per fuori, e poi sopra il suo brac-cio sinistro, ritornando al di dentro,stringerete il suo polso sinistro sotto ilvostro braccio, come nell’avviticchia-ta. Nello stesso momento, girando indietro inquarterete col piede sinistro,facendo centro sul diritto, e gli dareteil colpo di pomo nella tempia sinistra.Potrete facilmente comprendere, checoll’inquartata trascinando il bracciodel nemico in dietro, facilmente puòaccadere di slogarglielo: voi poi u-scendo dal piano delle offese, vi met-terete interamente al sicuro dalla suaspada. Nel secondo caso eseguirete ilgiro inquartando, come abbiamo oradetto; ma trovandosi la vostra spadasottoposta al braccio sinistro del ne-

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213mico, non potrete dargli il colpo dipomo. Voi dunque dopo di aver in quarta-tato, l’urterete nel dorso, e propriamen-te tra le due scapole, prima col vostrogomito, e poi col taglio della vostracoccia, e dell’elsa, e nella sua gamba,e ginocchio sinistro col vostro ginoc-chio destro. In questo modo nel tempo stesso,che tirate in dietro il nemico, per mez-zo del suo braccio sinistro, che aveteavviticchiato, l’urtate in avanti collaspinta anzidetta, talché egli facilmentecaderà boccone a terra. Col presente capitolo siamo giunti §. 304. Con-

al termine di tutte le principali azioni chiusione di

della Scherma tanto di semplice spada, questo capito-

che di spada e di lotta insieme, dalle lo.

quali, queste erano in gran riputazione

(lll) Abbiamo più volte detto, che le azioni dilotta presso gli antichi erano molto in uso; quindiil Tasso ci descrive tali azioni colla stessa esattez-za, che le azioni di spada semplicemente: che anziin tutti i più famosi duelli del suo poema fa sempreseguire le azioni di lotta a quelle di spada.Così in quello tra Tancredi, e Clorinda: Tre volte il cavalier la donna stringe Colle robuste braccia, ed altrettante Da què nodi tenaci ella si scinge. Can. 12. St. 57. Anche nelle St. 17, e 18. del C.19 vi silegge la lotta che fece Tancredi con Argante: Tai fur gli avvolgimenti, e tai le scosse.Ch’ambi in un tempo il suol presser col fianco ec. Colle seguenti ottave.

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214presso gli antichi (lll). Avendovi de-scritte le contrarie-di-contrarie, cre-diamo di di avervi ammaestrati nelmiglior sistema, a cui ci è sembratodi potersi ridurre la scienza dellaScherma, insegnandovi di rinveniresempre nuove risorse contro qualcun-que azione, con cui il vostro nemicotenta di colpirvi. Coll’estendere nellapratica i principj, e le teorie da noiesposte, potreste giungere a schermirenon solo con azioni di terza, o quartaintenzione, ma spingere anche la lorocomplicazione ad un numero maggio-re. Tutto ciò, che sinora abbiamoesposto si può riguardare come ilcorpo e la parte fisica della Scherma:uno schermitore, che al di là di questanon si eleva, non potrà giammaiuscire dalla classe de’mediocri. Ciò,che costituisce lo schermitore sublimee che può dirsi l’anima della Scherma,è la parte morale della stessa, di cuibrevemente vi daremo un saggio nelseguente capitolo, dimostrandovi co-me la pratica delle teorie da noi espo-ste debba essere accompagnata dallaconoscenza del carattere del vostrocompetitore, e dandovi le regole, ondefare uso dell’espressione del voltotanto per rilevare il temperamentodell’avversario, quanto per celarvi ilvostro.

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215

CAPITOLO VI

OSSERVAZIONI SULLA FISIONOMIA, SU’ VARJTEMPERAMENTI DEGLI UOMINI,E DELL’USO CHE SI DEE FARNE NELLA SCHERMA.

Se potessimo persuaderci, che gl’I- §. 305. Intro-

taliani, al cui vantaggio in dirizziamo duzione, in

queste nostre osservazioni, avesse- cui si dimo-

ro giurato nelle parole degli Autori stra l’utilità di

della famosa Enciclopedia Francese, ciò, che in

avremmo a temere, che il solo questo capito-

titolo di questo capitolo possa aliena- lo si espone.

re l’animo de’nostri lettori, quasi vo-lessimo innalzare un edificio sull’onda,o sul vento, e meritarci volessimo iltitolo di dittatori di un’arte vana, efantastica (mmm). Tale appunto vieneappellata da’ sullodati autori all’artico-lo Physionomie quest’arte, in propositodella quale il più moderato, e nonmeno Enciclopedista Inglese Cham-

(mmm) Diodati però in una lunga nota, che fanell’Enciclopedia all’articolo Physionomie dimo-stra colla esperienza, che lo studio della medesimanon è da disprezzarsi. Noi trascriveremo qui alcu-ne linee dell’anzidetta nota: mais la France devro-it connoitre les lettres philosophiques sur la physio-nomie, qui ont … deux fois imprimees a la Haye,et dont firent un si grand eloge les journaux etran-geres et sur tout la bibliotheque raisonnèe.

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216bers aveva il coraggio di dire, che siscorgea in essa qualche cosa di reale,e fondato, e che forse vi si contenevauna filosofia molto più pura di quella,che alcuni pensavano; ed osava soggi-ungere, che di tutte le arti fantastichedegli Antichi, disusate presso i Mo-derni, non v’è alcuna, che abbia tantofondamento nella natura, quantoquesta. La scienza della fisionomia èquella che c’insegna a conoscere l’umore, il temperamento, o la disposi-zione di una persona colla sempliceosservazione delle linee della sua fac-cia, e de’caratteri de’suoi membri, odelle sue fattezze. Ci sembra, che qualunque lettore,che non sia quest’oggi per la primavolta entrato in società a conversarecogli uomini, non proverà dietro leproprie esperienze alcuna fatica a rav-visare la verità delle asserzioni diChambers; poiché non gli sarà sicura-mente mancata occasione di sentirsidalla natura stessa invitato ad osserva-re nella faccia degli uomini alcunemodificazioni o di abito, o di acciden-te, in cui leggere i loro interni movi-menti dell’animo, e così poi trarneprofitto, per regolare la propria con-dotta nel conversarvi. Ben lontani dal mendicare l’at-

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217tenzione de’nostri lettori a questo capi-tolo con un lungo catalogo degli autori,che hanno illustrata questa materia, cicontenteremo per ora del solo Aristoti-le, la di cui soda scienza, libertà di pen-sare, e profunda meditazione formeran-no mai sempre l’onore della filosofia,e che non ebbe a malgrado di traman-dare a’ posteri un trattato della risono-mia. In fatti non poteva a meno il dottofilosofo della Grecia di osservare quell’apparente corrispondenza, che passa tral’animo, e’ il volto nostro, e le modifi-cazioni che le fattezze, ed i delineame-nti della faccia ricevono da’ moti, edalle affezioni dell’animo, e le utilitàche ne possono a noi ridondare nell’u-mano commercio da queste stesse os-servazioni, che non solo ci possonoservire di mezzo termine pe’l confron-to dell’espressioni della lingua col cuo-re, ma benanche a farci conoscere i di-versi temperamenti degli uomini, concui siamo necessitati di conversare. La provvida Natura non fu con-tenta di averci somministrato una lin-gua per comunicare agli altri i nostripensieri, ed un orecchio per compren-dere gli altrui, ci volle somministareun altro linguaggio, che talvolta ancheci compensa della perdita, che pos-siamo aver fatto dell’orecchio, se sordi,o della lingua, se muti. Questo è ap-

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218punto il linguaggio della fisionomia. Ilmovimento, il contegno, l’occhio stes-so talvolta sono più eloquenti dellalingua. Questo linguaggio potrebbechiamarsi la lingua universale: ella ènota al dotto, ed all’ignorante, e fre-quentemente odonsi ripetere nel popo-lo quelle celebri parole di Cesare: nontemo il panciuto, ma il magro, il pal-lido. Per Cesare erano sinonimi il lin-guaggio della fisionomia, e quellodelle passioni. Nel decorso di questo capitolo civerrà opportunità frequente di udirequesto linguaggio dalle labbra dell’immortale Torquato, che appunto do-vendo descrivere nel suo poema fre-quenti duelli, di cui tutta conosceval’arte, non potè non entrare in dettaglidi questa scienza, ed in ciò la fece dagran maestro; perché se vi haprofessione, in cui sia necessario lostudio della fisionomia, ella è certoquella della Scherma. Quale vantag-gio non dovrà avere sul suo avversariouno schermitore, se rilevando in essoun temperamento collerico, e furioso,saprà sconcertarlo con un combattereflemmatico, e riflessivo, e se flemma-tico, avvilirlo con l’attività, e con unappostato furore? Quale superiorità sesia fornito di una pratica arte di rile-vargli i pensieri del contegno, e dagli

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219occhi, e di leggergli quasi scritte infronte le azioni, che medita di esegui-re, o la stanchezza da cui è preso, o ilfurore da cui viene agitato, o la viltà,che lo assale? I precetti stessi, che siamo perdarvi, vi faranno l’elogio di questascienza. Amando però noi di darveneuna idea, se non totalmente estesa ne’suoi rapporti, almeno sufficientementeesatta ne’ suoi principj, crediamo nece-ssario di dare cominciamento da alcu-ne teorie su’ diversi temperamenti, esu’ segni esteriori, onde distinguerli, equindi passeremo alla parte più propriadella fisionomia, cioè al linguaggio del-la fronte, delle guancie, e degli occhi. Distinguonsi generalmente quattro §. 306. Distin-

specie di temperamenti negli uomini, zione de’di-

secondo che i fisici c’insegnano che versi tempe-

quattro sono i diversi umori, da cui la ramenti degli

complessione dell’uomo è formata. E uomini.

siccome questi sono il sangue, la col-lera, la flemma, o la melanconia, cosìi temperamenti degli uomini sarannosanguigno, collerico, flemmatico, e me-lanconico, a misura che saranno for-niti di uno de’ suddetti umori più chedegli altri. Dalla diversa mescolanza diquesti umori però nascono moltissimivarj temperamenti, che s’indicherannocol nome degli umori, di cui nello stes-so tempo maggiormente abbondano.

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220Così un uomo di un temperamento ab-bondante di sangue, e flemma si diràflemmatico-sanguigno , un altro per lastessa ragione si dirà collerico-flem-matico, e così degli altri. Dietro una tale divisione passere-mo qui ad indicarvi i segni, che molticelebri scrittori ci hanno tramandati,come il risultato di una lunga espe-rienza, per riconoscere dall’esternodegli uomini i diversi loro tempera-menti.

§. 307. Del L’uomo sanguigno suol’essere temperamen- pingue, di pelo biondo, nel viso di co- to sanguigno lore bianco, suole avere gli occhi pia-

cevoli, in essi molto bianco e le palpe-bre alquanto rosse, ed abbondi in su-dore, per poco che si agiti, talché gli sivede fumar la testa, ed il corpo, anchenel più rigido inverno. Allorché l’uo-mo sanguigno si adira gli si tinge il vi-so di rosso, e per quanto facilmente siadira, tanto più presto si rimette incalma, e diviene per la sua naturalepiacevolezza d’animo dispiaciuto diessersi adirato col suo simile. L’uomo di questo temperamentoè sincero, ed incapace di doppiezza; ègeneroso, agile, e capace di gran pro-gressi nel mestiere delle armi.

§. 308. Del L’uomo collerico è ordinariamen- temperamen- te di color cedrigno nel suo viso, che to collerico. suol’essere lungo si ravvisa molta vi-

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221vacità, come pure ne’ suoi occhi. Egliha la testa alta e le labbra colorite; èmagro di complessione, nerboruto dimembri ben formato, e spesso suoleessere calvo. Nell’adirarsi i suoi motisono di una celerità incomprensibile,benché il suo sdegno presto svanisca.Egli facilmente balbutisce nell’adirar-si (nnn), e qualche volta naturalmenteancora. Il suo carattere è molto pro-penso alla superbia, ed all’ira: è va-loroso naturalmente, agile, ed instan-cabile nella ginnastica, talchè sembraormato espressamente per maneggiarele armi. Il flemmatico suol’essere di colore §. 309. Del

bianco, di viso rotondo, e largo colla temperamen-

bocca grande, le labbra bianche, ed to flemmati-

abbondante in saliva. Egli è quasi stu- co .

pido senz’alcun brio, neppure ne’ suoiocchi, e rare volte è calvo, se non siaper la vecchiezza. Suole incominciaread impinguarsi dalla fanciullezza, ed èperciò di tardo moto, e di poco brio;è difficilissimo all’ira, tutto che ne ab-bia bastante motivo, quindi non è

(nnn) Tasso fa verificare ciò ne’ primi motidi sdegno di Argante, in cui egli ha voluto espri-merci il vero carattere del collerico, quando dicedello stesso: Morde le labbra, e di furor si strugge. Risponder vuol, ma’l suono esce confuso Siccome strido di animal, che rugge. Cant. 6. St. 38

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222questo un temperamento adatto pe’lmestiere delle armi.

§. 310. Del Si suol distinguere l’uomo di temperamen- temperamento melanconico dal suo to melanconi- colore, che ch’è olivastro. Una spa- co. ventevole tristezza è dipinta nel suo

sembiante, e ne’suoi occhi, il di cuibianco si approssima al color di piom-bo, e che sono mantenuti bassi da lar-ghe palpebre, che li ricoprono quas’-interamente. Le sue labbra sono aride,e livide, e la sua complessione magra:il suo corpo è mal disposto, e senzabrio, avendo per lo più la testa incli-nata, e facendo nel camminare lunghipassi. L’uomo di questo temperamen-to suole essere pronto a temere, anchesenza ragione, e quindi difficilissimoa perdonare, e tanto più capace di tra-dimento, quando non è suscettibile divero valore; nelle inimicizie è impla-cabile, e suole conservare talora lastessa costanza nell’amicizia.

§. 311. Del Dall’unione delle qualità del san- collerico-san- guigno, e del collerico nasce il carat- guigno. tere dell’uomo collerico- sanguigno; e

per riconoscerlo basta ravvisare in luicombinati i segni, che abbiamo indi-cati per ciascun di questi due tempera-menti. Quindi un uomo di questacomplessione sarà sdegnoso, ardito,pronto, deciso, generoso, ottimo permaneggiar le armi, ed in conseguenza

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223per la Scherma. Havvi però un’altra specie di col- §. 312. Della

lera, che alterandosi fa divenire l’uomo collera, di

superbo a segno da rendersi incapace di cui nasce la

freno. Alcuni danno per indizi certi di superbia .

superbia il portarsi da un uomo la testaelevata, gli occhi sdegnosi, ed accesi, efinalmente si conferma dall’auutorità dimolti, che il parlare aspro, ed il mo-strarsi poco ufficioso sieno i primi se-gni da riconoscere u superbo (ooo).Questo vizio per altro suole esserecompagno della codardia, e della viltà,come si verifica in certi uomini, i qua-li essendo forniti di un carattere piut-tosto comico, credono, colle affettatemodificazioni del di loro viso, e coll’ampolloso parlare, imporne a quelli delvalor vero: ma di costoro si verificasempre, che: Impeto fanno nelle battaglie prime, Ma di leggier poi langue, e si reprime. Tas. Can. I St. 62 La complessione dell’uomo colle- §. 313. Del

rico-flemmatico sarà similmente indi- collerico-flem-

cata dalla combinazione de’ segni ap- matico .

partenenti agli umori, di cui è compo-sta. Un uomo dotato della medesima,avrà un viso allegro, e piacevole, il par-

(ooo) Picciol segno d’onore gli fece Argante In guisa pur d’uom grande, e non curante. Tas. Can. II St. 63

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224lare modesto, e circospetto, il porta-mento grave, e composto.Si dee nota-re però, che gli uomini di questo ca-rattere per quanto sono difficili ad an-dare in collera, altrettanto difficilmen-te la depongono.

§. 314. Del Il temperamento flemmatico-me- flemmatico- laconico si ravviserà da’segni indi- melanconico, canti questi due umori, qualora questi e flemmatico- si combinano nello stesso soggetto. sanguigno . Quindi l’uomo di questa complessione

sarà codardo, ed incapace di trattar learmi: solamente sarà buono per faremolto travaglio materiale, e grossola-no. Gli uomini di temperamento flem-matico-sanguigno saranno buoni pe’lmestiere delle armi.

§. 315. Avver- Di tutti gli accennati tempera- timento. menti però l’esperienza dimostra che

quello del collerico-sanguigno è lapiù vantaggiosa disposizione, che sipossa da un uomo avere per riuscirenel maneggio delle armi.

§. 316. Si con- Degli espostivi diversi tempera- chiude la ne- menti degli uomini tirerete delle con- cessità di co- seguenze vantaggiose relativamente al nascere gli maneggio della spada, e potrete colla anzidetti tem- sagace, e profonda osservazione co- peramenti. gliere degli utili tempi sul vostro av-

versario, di qualunque temperamentoegli sia. Conchiuderemo dunque cheoltre la necessità di conoscere di qualetemperamento sia fornito chi si batte

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225con voi, sia bensì piucché necessariosaper decidere in qual maniera si deb-ba da voi attaccare, in ragione del di-verso suo temperamento. Ma siccome è del propostoci darvi §. 317. Prin-

sempre delle idee generali, onde voi cipj generali

possiate servirvene al caso, modifican- per valersi

dole secondo il bisogno, così vi diciamo nella pratica

in generale, che nelle azioni qualunque dell’anzidetta

di Scherma bisogna, che voi abbiate per conoscenza .

regola di opporvi sempre all’umore, dicui il temperamento dell’avversario èfornito. Quindi se il medesimo fosse uncollerico non sarà bene caricarlo confurore, e con colpi di prima intenzione.Ciò in vece di avvilirlo, raddoppierebbeil suo valore; la rabbia lo renderebbesvelto di mente, con suggerirgli le con-trarie all’uopo, e sollecito di braccio,per vibrare i colpi, che nascono dallasua abituale risolutezza, con una velo-cità incomprensibile. Combattendo per-ciò entrambi con pari collera, e furore,dareste più luogo alla decisione dellaVolubil Dea, che a quella dello studia-to valore. Volendo dunque assalire un colle-rico non sarà bene tirargli di prima in-tenzione, mentre facendo egli lo stessoa voi, l’incontro di due forze così acce-lerate, ed indeterminate sconcerterà si-curamente le azioni da voi premeditate,esponendovi dippiù a degli improvvisi

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226pericoli. Contro di lui dunque, egual-mente che contro il sanguigno bisognafar sempre azioni di seconda intenzio-ne, ed investendosi del carattere diflemmatico, presentargli la spada sen-za muoversi, affinché il medesimospinto dal proprio temperamento, etrasportato dall’ira, venga in avantiprecipitosamente a prendervi un’azio-ne di prima intenzione, e cada inav-vedutamente nella contraria, che gliavrete premeditata. Tasso, gran cono-scitore del cuore umano, dal quale ab-biamo ricavato la maggior parte diqueste osservazioni, ci dimostra, con-fermando ciò, che qui asseriamo, co-me Tancredi si opponga alla furia delcollerico Argante, del quale dice: E portato dall’impeto, e dall’ira . . . . . . . . . . . . . . . E tornata per ferire, ed è di punta Piagato, ov’è la spalla al braccio giunta.

Can. 6 St. 44.§. 318. Avver- All’agire però flemmaticamente timento . contra il sanguigno, ed il collerico bi-

sogna guardarsi di aggiungere alcunamaniera insultante, poiché il tempera-mento di questi essendo generoso, sevenisse ad essere soverchiamente aiz-zato, il di loro valore si raddoppiereb-be per gl’impulsi violenti del cuore, epotrebbero farvi convinti che la virtùstimolata è più feroce.

§. 319. Altro Siccome però è ottimo di tenersi

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227sull’aspettativa nel combattere con un avvertimento .

avversario collerico, o sanguigno, cosìsarebbe irragionevole di far lo stessocon un flemmatico, poiché questi stan-do sulla difesa, non oserà giammaivenire alla carica, qualunque incentivoda voi ne riceva. Se dunque voi face-ste lo stesso, non si potrebbe ottenereil fini dell’offendere e la zuffa sarebbeflemmatica, ed indecisa. All’avversarioflemmatico perciò dovete opporre sem-pre azioni di prima intenzione, ed a-vere per sistema i caricarlo, badando,secondo l’arte prescrive, alle contrarie,ch’egli può opporvi, affinché rioppo-nendogli voi delle contrarie-di-contra-rie, possiate invilupparlo nella suaflemma, e costringendolo ad agire in-versamente dal suo temperamento, ot-tenere lo scopo di vincerlo. Cesare, che ben conserva la na- §. 320. Esem-

tura non solo degli uomini singoli, ma pio in confer-

quella bensì delle Nazioni quando com- ma dell’ante-

batteva co’ Galli, esortava i suoi soldati cedente .

ad attenderli a piè fermo, ricordandoloro, che i nemici erano più di uomininel principio delle imprese, ma menoassai delle donne nel proseguimento.Le truppe romane però presentavanoagli occhi di questo gran capitano unben diverso carattere, per cui dovevadiversamente istruire le sue coorti, chedovevano combatterle. Così allorquan-

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228do nelle pianure di Farsaglia si dispo-neva alla famosa giornata contro le le-gioni latine di Pompeo, vedendo, chequeste flemmaticamente a piè fermol’attendevano, ordinò al suo esercitodi caricarle audacemente. Non con-chiuderete con Cesare, che col nemicoflemmatico bisogna agire da collerico,e contro il collerico da flemmatico? Essendo regolarmente l’uomomelanconico di minor valore del san-guigno, e del collerico sanguigno, bi-sogna combatterlo nel modo stesso,che si è detto del flemmatico, cioèsempre caricandolo, poiché questi dif-ficilmente verrà il primo ad attaccarvi.

§. 321. Si con- Quindi si rileva, che oltre tutti i chiude quali vantaggi che i sanguigni, ed i colleri- temperamenti ci hanno sopra i flemmatici, ed i me- sieno i più lanconici, vi è quello, che questi non vantaggiosi azzardano di attaccare i primi, danno pe’l maneggio loro l’agio di restare fuori di misura delle armi . per risposare l’intelletto, ed il corpo,

senza niente rischiare, e poi caricarliquando loro aggrada, e sorprenderlistanchi del restare aspettando inguardia. Che se a’sanguigni, o a’collerici non riescano i colpi da lorotirati, saltando indietro possono conogni comodo riposare, trovandosi,come si è detto, a fronte di nemici,che non osano di attaccarli con azionidi prima intenzione.

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229 Secondo i principj, che si sono §. 322. Delle quì sopra da noi brevemente esposti, diverse modi-

si può acquisire la conoscenza de’ ficazioni del

temperamenti degli uomini delle loro volto .

esterne apparenze. Ma siccome laScherma ha per uno de’principali pre-cetti quello di schernir l’arte con l’a-rte, e che nella nostra faccia, e negliocchi il nemico cerca d’indagare i no-stri pensieri, così bisogna sapervi av-valere de’varj cambiamenti del viso,con cui ora potrete mostrarvi corag-gioso, ora timido, ora rabbioso, ed im-petuoso, ed ora tranquillo, secondo vifarà di bisogno, per adescare l’avver-sario ad agire secondo i vostri desi-derj. Prima di tutto dovete fissare atten- §. 323. Prima

tamente i vostri occhi in quelli del vo- regola.

stro competitore, senza volgere giam-mai altrove i vostri sguardi. Così fa-cendo lo scoprirete tutto insieme col-la sua spada, e gli leggerete l’animonel volto. Abbiate per certo, che so-no in grand’errore quegli schermitori,che fissano i loro occhi sulla spadadel nemico, poiché costoro si avvedo-no dell’idea dell’avversario nella suaesecuzione, e non già nel punto,ch’egli la concepisce nel suo animo.Ma negli occhi si conosce il primomomento del pensiere dello schermito-re, e nella mossa poi della di lui spa-

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230da il secondo momento, ch’è primodella sua esecuzione: sicché colui, cheosserva il nemico negli occhi sarà pre-venuto di ciò, ch’egli vuol fare, edavrà perciò un momento da rifletterealla contraria, che potrà opporre.

§. 324. Avver- Si dee però avvertire, che stando timento. a doppia misura, sarà pure necessario

di dividere l’attenzione dirigendo glisguardi non solo agli occhi del nemi-co, ma bensì alla coccia della sua spa-da. Poiché serrandovi troppo col me-desimo, potrebbe accadere di non av-vedervi, che i piedi, o la mano partonode’momenti prima di quello, che a voisembra di aver letto negli occhi delmedesimo.

§. 325. Disgres- Forse potrà taluno dirci, che la re- sione per ri- gola, che noi diamo qui non avrà luo- spondere ad go qualora si schermisce colle ma- una difficoltà, schere, impedendo queste di scorgere che può op- così minutamente i moti degli occhi porsi . dell’avversario. Noi rispondiamo, che

la scuola di Scherma italiana non am-mette le maschere in accademia, per-ché nel duello non se ne può far uso, el’accostumarvisi nella medesima re-cherebbe danno nel duello stesso,mentre l’esser privo di questa difesapotrebbe o portare lo schermitore adun soverchio ardimento, micidiale a sestesso, o ispirargli un soverchio timo-re che gli toglierebbe il sapere della

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231Scherma. Che se si volesse opporci l’autorità degli antichi guerrieri, che fa-cevano uso delle visiere, noi vi ricorde-remo, che queste non dovevano coprirei loro occhi di modo, che non si potes-sero scorger ne’medesimi i movimentidell’animo. Crediamo bastante a con-vincervi di ciò l’autorità del Tasso, ilquale ben ci dimostra quali fossero glisguardi di Tancredi, quantunque com-battesse colla visiera; sguardi da cuiben si conosceva il suo pensiere di vo-ler caricare di prima intenzione il ne-mico. Così in varj luoghi egli dice diquesto guerriero:Gli move incontro il Principe feroceCon occhi torvi, e con terribil voce: C.7. St. 37.Il perfido Pagan già non sostieneLa vista pure di sì feroce aspetto. St.43Infiamma d’ira il Principe le gole,E negli occhi di fuoco arde, e sfavilla,E fuor della visiera escono ardentiGli sguardi, e insieme lo stridorde’denti. St.42 Bisogna per principio fondamen- §. 326. Se-

tale di Scherma mostrarvi al nemico di- conda regola .

verso da quello che voi siete in realtà, ee fargli credere tutt’altro da quello, cheveramente pensate di fare. Se per esem-pio, voi sarete stracco e debole, mododa non poter più resistere alla fatica

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232dell’assalto, invece di darlo a divedereal vostro avversario, ciocché lo rende-rebbe audace, dovete ostentar vigore,raccogliendo gli ultimi avanzi dellavostra forza, come c’insegna Tasso:Come face rinforza anzi l’estremoLe fiamme, e luminosa esce la vita,Tal riempiendo ei d’ira il sangue scemo,Rinvigorì la galiardia smarrita.

Cant. 19. St.22§. 327. Ma- Dovete perciò nel caso anzidetto niera di met- stringervi colla massima esattezza sot- tere in prati- to la guardia, ed invitare anche colla ca la regola voce il nemico a caricarvi guardando- anzidetta . lo con fierezza. Gli farete con ciò cre-

dere, che voi lo attendete a piè fermocolla massima robustezza, per mortal-mente arrestarlo con qualche portento-sa contraria, nell’azione, ch’egli po-trebbe venir a farvi. Un tal timore fasì, ch’egli non venga a caricarvi, e do-vendo essere se non del tutto stracco,almeno faticato alquanto, nel vedervi,perciò che si è detto, in tutta la vostraforza, dovrà maggiormente infievolir-si, e perdere la speranza di superarvi;onde in vece di assalirvi, naturalmenteromperà indietro, lasciando involonta-riamente a voi il tempo da respirare.Allora voi potrete con franchezzala vostra spada in terra, fingendo discoprirvi il petto per invitarlo a tirare,e potrete riposare con tal ripiegoanche il vostro braccio, corbellando

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233l’avversario. Al contrario quando volete invita- §. 328. Esem-

rlo a caricarvi, essendo voi in vigore, pio primo .

bisogna che vi dimo striate debole, af-fannato, e qualche volta anche treman-te, accompagnando col volto la finzionedel timore, esprimendo negli occhi lospavento, con aprirne, e serrarne le pal-pebre ad ogni minima mossa, o vocedel nemico, benché stia fuori misura,col rompere in dietro senza ragione, ecol tremor del braccio, e delle gambe.Se l’avversario da queste apparenze,lusingandosi di avervi già superato,viene a tirarvi qualche colpo, non cre-dendovi capace di opporgli alcuna con-traria, allora dovete fulminarlo conquella che avevate già premeditata, chesarà tanto più efficace, quanto riusciràinaspettata. Se poi il nemico vedendovi inti- §. 329. Esem-

morito, ne godesse, e nel momento del pio secondo.

suo giubilo si astraesse, quasi indecisosull’intenzione, che dee farvi, voi inquel momento favorevole per voi, co-me un baleno improvviso, dovete pren-dergli un’azione più opportuna al caso,ed assaltarlo velocemente con replicaticolpi, finché la sua velocità nel difen-dersi non equivalendo alla vostra nell’offenderlo, possiate colpirlo con sicu-rezza, verificando ciò, che dice Tassodi Rambaldo:

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234Ma veloce allo schermo ei no è tanto,Che più l’altro non sia pronto alle offese.

Can. 7. St. 40.§. 330. Rifles- La sorpresa del nemico in questo sione. dovrà essere tanto maggiore, quanto

dovete avere l’avvertenza di cambiarenello stesso tempo il vostro volto, cioèda impaurito, qual si mostrava, farloatroce, gli occhi da spaventati vivacis-simi, il corpo da tremante nerboruto, efermo, ed accompagnare l’operazionedel braccio, e del corpo con un gridosonoro, ed imponente, per maggior-mente atterrirlo, e sorprenderlo (ppp).

§. 331. Esem- Nel caso che vi riesca di avve- pio terzo. dervi nello stesso punto, che l’avver-

sario viene a presentarvi la sua spada,della contraria, ch’egli premedita difarvi all’azione, per cui vi ha invitato,voi dovevate fargli credere di nonaver ciò compreso, e di prenderglifelicemente l’azione, in cui egli vi

(ppp) Che l’aggiugnere il grido all’azione diaun certo spavento al nemico non si può metterein dubbio. Si sa dalla storia, che i Romani, asomiglianza di molti altri antichi popoliguerrieri, avevano quest’uso per un punto didisciplina, e che sesse volte col, rinnovare il lorogrido decisero delle battaglie, che sino a quelpunto non promettevano, che un esito infeliceper loro. Sembra che da ciò possa ripetersi l’usodi praticar lo stesso ne’ duelli. Tasso perciò inquelli, che ci descrive, ce lo fa vedere praticatoda’ più valorosi nelle azioni di maggiordecisione. Così di Argante nel massimo suotrasporto dice:

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235aspetta. Fingerete perciò di eseguirlacol massimo impegno, e trasporto dicollera, guardando ancora verso quellaparte, dov’egli suppone, che gli dovre-te tirare, e facendo effettivamente l’azione, dovete tirargli mezza stoccata:attenderete però in questo istante la suacontraria non solo per schermirvene,ma bensì per offenderlo colla contra-ria-di-contraria, che avevate già pen-sata di opporgli. Volendo colpire quasi con sicurez- §. 332. Esem-

za un’azione semplice di prima inten- pio quarto .

zione al nemico, dovete fingervi tran-quillissimo nel volto, e nello stessotempo, facendo sembiante di adattareil vostro corpo per tirargli un colpo di-verso da quello, che in realtà voletefare, dirigerete lo sguardo a quella par-te del suo petto, in cui volete farglicredere, che andate a colpirlo. Allorché

Con la voce la spada insieme estolle C.6. St. 44e di Tancredi contro Rambaldo:A le percosse le minacce alterareAccompagnando…………………….. C. 7. St. 39. Dall’antichità di questo costume si dee crede-re essere derivato tra gli schermitori napoletanil’uso di dare delle voci o nel prendere sul nemi-co una azione di prima intenzione, o nel rispon-dere, o finalmente per invitarlo a tirare. Noi cre-diamo dunque, che non sieno perciò biasimavo-li, qualora non oltrepassino i limiti della mode-razione.

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236poi vi sarete assicurato, ch’egli vi hacreduto, dovrete velocemente dirigereil colpo in quella parte, dove avevatepremeditato di ferirlo. Per esempio sevoi volete di prima intenzione tirareall’avversario una botta diritta inquar-tando, dovete fargli credere l’opposto,e coll’abbassarvi sulla guardia,sedendovi maggiormente sulle gambe,e curvando un poco la testa, ed il pettoin dentro, guardargli sotto l’armiverso fuori del suo petto, come se glivoleste tirare un cartoccio; vedendoche l’avversario vi ha creduto, e che siprepara o a parare il cartoccio, erispondere, o farvi un’altra contraria,dovete repente tirargli la da voipremeditata stoccata d’inquartata.

§. 333. Rifles- Riflettendo sull’addotto esempio, sione. facilmente rileverete, che lo stesso

mezzo per riuscire a ferire il nemico sidee applicare a qualunque azione diprima intenzione.

§. 334. Diluci- Chiunque è bene addestrato a leg- dazione degli gere negli occhi dell’avversario i di lui antecedenti. pensieri comprenderà ciò, che qui as-

seriamo, cioè che molte volte, quantu-tunque il medesimo v’invita a pren-dergli un’azione di prima intenzione,voi ad onta della sua aspettativa, po-tete cogliere, osservandogli negli oc-chi, de’momenti di alienazione, per ti-rargli con felice riuscita. L’esperienza

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237ci dimostra, che stando in semplice mi-sura in aspettativa, l’uomo non può du-rare in continua attenzione, essendoquesto uno stato violento tanto pe’l suofisico, quanto per lo spirito; non potràquindi evitare di essere in qualche ato-mo di tempo meno attento del solito. Echiaro perciò, che se voi questi mo-menti propizi saprete distinguere; mo-menti la di cui cognizione più con unalunga pratica, che coll’astratta medita-zione della teoria si acquisisce, e sapre-te profittarne per tirare al vostro avver-sario, sarete sicuro di colpirlo, ad ontadella sua aspettativa. Per convincervi di ciò nella prati- §. 335. Con-

ca, osservate quando esercitandovi con ferma dell’an-

qualche veloce schermitore, gli parate tecedente con

per istudio le botte di cavazione; ve- esempi .

drete che se costui vi tirerà tali colpi,mettendo qualche intervallo di tempotra l’uno, e l’altro, voi avrete stancala riflessione in modo, che nell’atten-dere la sua cavazione, facilmente viastrarrete, quantunque siate prevenutoper parare. Possiamo assicurarvi, che il prelo-dato Erranti possiede sì bene l’arte del-la conoscenza dell’occhio, che accop-piata questa alla velocità indicibile del-la sua stoccata, rendendo irreparabile lasua botta di cavazione, costerna colui,che vuol parare, e gli stanca l’atten-

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238zione in modo, che negli occhi delsuddetto paratore no solo Erranti, matutti i circostanti ancora conosconochiaramente gli anzidetti momenti diastrazione.

§. 336. Atten- Da ciò rilevate dunque la neces- zione, che si sità di avvezzarvi nello schermire a dee impiega- concentrare tutta la vostr’attenzione re per acqui- alle azioni, che state facendo; azioni, stare l’anzi- che richiedono tanto maggiore rifles- detta finezza sione, quanto dalle stesse dipende l’o- di occhio. nore vostro, e la vita, e di non agire se

non in que’ momenti, in cui il nemicosi trova involontariamente astratto.Persuadetevi in somma, che quando avoi naturale, ed abituale la descrittavifinezza d’occhio sarà divenuta, allorasolamente potrete chiamarvi schermi-tori di somma intelligenza.

§. 337. Rifles- Non ostante però, che la predetta sione. conoscenza sia essenzialmente neces-

saria per formare lo schermitore per-fetto, pure dalla più gran parte de’ma-estri si vede trascurata a segno, chebisognerebbe dire, che la medesima oassolutamente da essi s’ignora, o chemancano ad uno de’loro più essenzialidoveri nel non istruirne i loro allievi.Se questi dunque non acquistano laperfezione nella Scherma, sembra chenon si debba ciò ripettere dalla man-canza de’di lei principj, ma bensìdalla inespertezza di chi l’insegna.

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239 L’essere la Scherma una scienza §. 338. Avver-

seriissima, importa che anche nell’ac- tenza nell’a-

cademia, seri dee lo schermitore di- dattare il volto

mostrarsi. Non può essere perciò se nell’azione del-

non riprensibile la sciocchezza di colo- lo schermitore.

ro, che o ridono schermendo, o per lomeno mettono tutto il loro studio amostrarsi geniali, e piacevoli nel volto.Per quanto convenga una tale modifi-cazione di viso in chi balla, altrettantodisdice allo schermitore. Bisogna chel’uomo s’investa del carattere dell’a-zio ne che sta facendo: e se voi ridere-ste di un pittore, che delineasse con vi-so di amorino un guerriero, il quale col-la spada alla mano avesse a difenderel’onor suo, la sua vita, o la sua patria,di voi similmente si riderebbero gli a-stanti di buon senso, allorché scher-mendo in vece di ostentare virilità, ederoismo nel volto, vi mostraste langui-di, ed effeminati. Pirro re d’Epiro avendo superatii Romani in una battaglia, in cui questifurono sorpresi dalla vista de’ suoielefanti, e dalle sue nuove evoluzioni,e vedendo gli estinti nemici, che gia-cevano supini mostravano le ferite rice-vute ne’loro petti ……………quasi d’onor vestigj degni Di non brutte ferite impressi segni, Tas. Cap. 1 St. 53.non potè fare a meno di ammirare laferocia, che ne’ volti di que’ cadaveri

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240si vedeva espressa, e di concepire dal-la stessa un’alta idea del valore de’-Romani, e della potenza di Roma; tal-ché alla presenza delle sue vittorioseschiere non ebbe ritegno di dire, ches’egli avesse comandato a simili trup-pe sarebbe divenuto padrone del mon-do intero. Il solo aspetto dunque de’-soldati romani estinti vinse l’opinionedi quel nemico, che li aveva superaticolle armi alla mano. Un tal’ esempiovi convincerà, che non a caso, o perbizzarria noi abbiamo dato l’antece-dente avvertimento, che anzi facen-dovene comprendere l’importanza,siamo sicuri che v’indurrà a nontrascurarlo nella pratica.

§. 339. Con- Se attentamente avrete letto que- chiusione di sto capitolo, vi sarete persuasi della questo capito- necessità, che vi era di esporvi quanto

lo. in esso si contiene. Ma se taluno nonne fosse appieno convinto, riguardan-do come affatto estranee alla Schermale astratte teorie quivi esposte, noi nonfaremo che appellarcene alla sua ri-flessione. S’egli vorrà fare uso diquesta nell’esercitarsi indefessamentenella pratica di questa scienza,servendosi così dello stesso mezzo,per cui noi abbiamo riconosciuta l’a-nzidetta necessità, non potrà che uni-formarsi alla nostra opinione: siamoanzi persuasi ch’egli troverà, che qui

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241si è detto quanto appena era necessa-rio su di una materia che a parlarne conprofondità, richiede degli estesi trattati. Noi pertanto ci siamo limitati adarvi un breve saggio di questa parte,che può riguardarsi come la metafisicadella Scherma, affinché sviluppando davoi stessi i principj da noi esposti, pos-siate farne l’applicazione alla pratica;credendo opportunamente di passaresare nel seguente capitolo a suggerirvide’ precetti necessariissimi per ben di-rigere le azioni di Scherma nell’assalto.

CAPITOLO VII.

RIFLESSIONI SULL’ ASSALTO.

Quello, che i latini chiamavano simu- §. 340. Defi-

lacrum pugnae, e che in fatto di esegui- nizione dello

vasi da’gladiatori colle armi dette lu- assalto .

soria vel exercitoria, viene da noichiamato assalto. Allorché dunque dueschermitori in accademia avrannoco’ fioretti imitato un duello, dirassiche hanno fatto un assalto. Non conviene però confonderlocolla posta in guardia, nome, col qualesignifichiamo quella serie di azioni, chedue schermitori fanno senza intenzio-ne, o senza prendere riposo. Laonde

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242l’assalto sarà il composto, e la posta inguardia il componente, dovendo l’as-salto di accademia essere composto dipiù poste in guardia, benché poi nelduello rare volte suol’essere di più diuna.

§. 341. Diffe- Possiamo considerare l’assalto renza tra la come la pratica delle lezioni di Scher- lezione, e l’as- ma, appunto come lo è la battaglia salto. delle studiate manovre, che più batta-

glioni di agguerrite truppe hanno fattesu’campi d’istruzione, supponendo ilnemico in varie posizioni. E siccomenella lezione, che si prende o per mez-zo di un maestro, o di un libro si sup-pone sempre una qualche posizione dispada, o che si ascolti la voce delprimo, o si legga nell’altro la spiega-zione di qualche azione di Scherma,che si dee fare contro la data posizio-ne di spada, così nell’assalto la pro-pria fantasia dee suggerirvi l’azioneda opporre al nemico, a tenore dellaposizione della sua spada, e nel tempoa proposito. Si può da ciò comprendere qualdifferenza passi tra colui, che ben’ese-guisce la lezione col maestro, e quelloche fa l’assalto con un competitore adarbitrio. Il primo avvezzo ad un certomeccanismo monotono, agisce mate-realmente in forza della voce dell’istruttore, ed il secondo in virtù delle

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243idee, che vengono dal di lui ingegnosuggerite, e della sua risoluzione. Quindi non è da meravigliarsi sesi vede che alcuni giovani materiali,benché sieno capaci di ben’ eseguireuna lezione, seguendo la voce del mae-stro, sono poi totalmente inetti nell’as-salto, dove non già questa, ma il pro-prio genio dee suggerir loro le azioni.Laddove altri di fervido ingegno, e dianimo audaci, mentre non si adattano aperfettamente far le azioni, che gli ven-gono prescritte nella lezione, sono at-tissimi a bene assaltare, per la fecon-dità nell’ideare le azioni, e la prontez-za nell’eseguirle. Dal fin qui esposto comprenderete, §. 342. Pre-

che non basta l’avere ad una ad una venzione .

appese le azioni di Scherma, e le con-trarie per essere schermitore, ma chedovete esercitarvi ancora negli assalti.Per ben’eseguir questi dee l’allievodi Scherma fare nuove riflessioni, il dicui difetto non gli permetterebbe dicondurre a termine la cominciata istru-zione. Non dunque seguendo il nostrometodo, dopo di avervi dati que’lumi,che più opportuni ci sembrarono perfarvi conoscere le singole azioni, dallequali può costituirsi l’assalto, aggiunge-remo quelli, che possono il più contri-buire a ben dirigere l’assalto stesso.

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244§. 343. Si av- Ogni qual volta in assalto fate di verte di riti- prima intenzione un’azione sul nemi- rarsi dopo a- co, dovete essere preparato alle con- ver fatta la trarie, ch’egli può opporre alla vostr’ contraria-di- azione, per indi essere nel caso di di- contraria. fendervi con una contraria-di-contra-

ria. Che se il nemico parasse anchequesta, sarà prudenza il saltare indie-tro fuori misura, affine di riposare lavostra mente in uno col corpo, e nonazzardare alla sorte la decisione dellapugna (qqq). In questo momentaneoriposo, penserete all’azione, con cuipotrete caricare il nemico, ricordando-vi sempre di tutte le contrarie, ch’eglivi può opporre, e poi nel punto,ch’egli meno vi attende, riprenderetevelocemente l’assalto.

§. 344. Rego- Sempre che poi chiamate, o invi- la contro l’av- tate l’avversario ad una data azione versario in- per opporgli qualche contraria già da deciso nel ti- voi meditata, se vi accorgerete ch’egli rare. sia indeciso nel secondare il vostro di-

segno, ma che però, a cagione del vo-stro invito, non pensi che voi possiateoffenderlo di prima intenzione, dovre-te in quel punto assaltarlo con sommavivacità.

(qqq) Né poi ciò fatto in ritirarsi tarda; Ma si raccoglie, e si restringe in guardia. Tasso C. 6. St. 43.

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245 Supposto che l’inimico v’invitasse §. 345. Che

a fargli un’azione, voi non dovete bisogna fare

giammai secondarlo, meno che quando tutt’altra azio-

fosse per fare una finta, onde cada ne da quello, a

egli stesso in quel laccio, che voleva cui il nemico

tendervi. Fuori di questo caso dunque, vi attende .

lungi dal fare l’azione, per cui egli viaveva invitato, eseguirete un’altra trale molte, che la ricchezza della nostraScherma ci somministra, per opporrealla data sua posizione di spada. Così se l’avversario fosse in guar-dia col pugno basso, e colla punta altadi modo, che già comprendete ch’eglivi attende alle finte, voi deluderete lasua aspettativa, facendogli un filo dispada; e se per contrario vi accorgerete,ch’egli v’invita ad un’azione di filo,gli prenderete un guadagno di terreno.Egli è certo, che qualunque schermito-re sarà in questo modo ingannato, e lasorpresa, che dovrà cagionargli la di-verità delle azioni, lo porrà in un to-tale disordine. Accorgendovi che il vostro avver- §. 346. Rego-

sario sia più forte nel fare le parate, la contro l’av-

che nel tirare, conviene impiegare tutto versario buon

il vostro sapere per adescarlo a titare, paratore, a

onde ritrarre vantaggio da’suoi minimi mediocre ti-

difetti. Dovrete quindi dirigere il vostro ratore .

assalto in guisa, che l’avversario debbatirarvi, affinché cadendo nel suo debole,vi sia facile il colpirlo per mezzo delle

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246contrarie, che vi sembreranno più aproposito.

§. 347. Con- Al contrario se conoscerete, che tro l’avversa- il nemico sia meno abile nelle parate, rio, che tira che nel tirare, e che tira volentieri, po- volentieri, ed nendo nel caricare le sue speranze, voi è debole nel pure sarete sollecito a caricarlo, per parare. costringerlo a fare le parate, in cui è

debole. Per ciò fare sceglierete quelmomento, in cui egli prende riposo, ecercherete di tirargli con delle azioni,che richieggono diverse parate di se-guito, come le finte doppie unite aduna qualunque azione o di sforzo, o difilo, poiché se queste parate sarannoben’eseguite, il nemico potrà difficil-mente difendersi, non essendo buonparatore, come si è supposto.

§. 348. Con- Se l’avversario che avete a fronte tro l’avversa- nel combattere, oltre alla forza del rio forte di braccio, abbia ancora una esatta cono- braccio, e di scienza della graduazione della spada, graduazione, eviterete sempre di far contrato di fer- o debole nel ro, e di perdere inutilmente la vostra uno, e nell’ forza. Schermirete perciò con agilità, altro. liberando sempre la punta allorché

l’avversario vi vuole urtare la spada,ed impiegherete alternativamente del-le azioni di tempo, e di filo. Essendo al contrario il vostrocompetitore di debole braccio, e pococonoscitore della graduazione, il vo-stro assalto dovrà versare sugli sforzi,

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247per mezzo de’quali imprimendo forzabastante sulla di lui spada, lo spaziovostro di offesa diverra minore del suodi difesa, e quindi voi lo colpirete diprima intenzione, senza studio dicomnazioni. Se avvenisse che colui, che com- §. 349. Con-

batte contro di voi non facesse uso tro l’avversa-

di spada ricassata cogli archetti, cioè rio, che fa

all’italiana, o alla spagnuola, gli gio- uso di spada

cherete di sforzi, di guadagno di terre- senza ricasso,

no, e di picchi. Egli è certo, a norma di ed archetti,

quello, che abbiamo detto parlando del- ancorché l’ab-

la spada (§. 43., e seg.), ch’egli non po- bia legata alla

trà resistere a’vostri impulsi, e se fosse mano .

tanto forte di braccio, che la spadanon gli uscisse di mano, si scoprirebbenulla di meno il di lui petto, dandocosì un adito sicuro alle vostre offese.Con simile nemico voi dovrete semprefare delle azioni generose, e qualora visiate prefisso di fargli cadere la spadadi mano, se lo sforzo è stato fattograduatamente, otterrete l’intento: mase ciò non ostante, la spada non glicade, dovrà sempre uscire da qualchedito, per cui al minimo sforzo, che re-plicherete (come si disse pe’due picchidi spada) dovrà cadere per terra. Se l’avversario vi facesse una cavazione intempo all’istante de’vostri sforzi (lo chenon è tanto facile, s’egli tiene la puntaalta) tirerete velocissimamente o il

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248cartoccio, o l’inquartata, secondo chela direzione della cavazione è stata oin fuori, o in dentro. E se si suppone che il medesimoabbia la spada legata alla mano, ciòtornerà pure in suo svantaggio, perchéallora non cadendogli la spada in terracosì facilmente potrete ferirlo conmaggiore sicurezza, perché la spadape’vostri, sforzi non resterà in poteredella sua mano, ma bensì della legatu-ra, la quale non ha forza di resisterealle parate non essendo fatta nel modoche noi abbiamo insegnato (§.54., e seg.)

§. 350. Con- Può accadere che dobbiate tro l’avversa- schermire con qualcheduno, che tira rio che col petto tutto scoperto, nel quale caso schermisce voi lungi dall’invitarlo, vi presenterete scoperto in tutto coperto in guardia, e profittando guardia. di questo suo difetto, gli vibrerete del-

le botte diritte, poscia delle finte dirit-te semplici, e doppie, ed anche diquello di cavazione combinate co’filidi spada. In fine lo studio vostro dovràessere diretto a procurare, che lo spa-zio suo di difesa divenga maggiore delvostro di offesa, e così si decida la pu-gna a vostro vantaggio.

§. 351. Con- Se il nemico all’uso che ha di ti- tro l’avversa- rare sempre scoperto aggiungesse rio scoperto, quello di avere sempre la spada in ed in conti- continuo moto, voi starete ben coperto nuo moto. in guardia, presentando al di lui petto

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249la punta della vostra spada, e guardan-dovi da qualche fortiva stoccata, ch’e-gli potrebbe tirarvi. L’attenzione chedovete avere contro simile schermitoresarà quella di badare s’egli facesse qual-che movimento largo, senza economiadi spazio, nel quale caso gli tirerete intempo velocissimamente, non badandopiù alla sua spada, che non ha né coc-cia, né punta sulla linea di offesa, equesto per ragioni già date. Ciò che qui prescriviamo ci vieneda Tasso precisamente descritto nelduello tra Tancredi, ed Argante, il cuiracconto non è che una continuata le-zione della più perfetta Scherma:Quanto egli può va col gran braccio innante,E cerca il ferro no, ma il corpo avverso.Quel tenta aditi nuovi in ogni istante,Questi gli ha il ferro al volto ognor converso,Minaccia, e intento a proibirgli stassiFurtive entrate, e subiti trapassi. C. 19. St. 12. La mente dell’uomo va soggetta §. 352. Rime-

facilmente all’astrazione, seguito ine- dio contro l’a-

vitabile delle occupazioni. Abbiamo strazione nello

osservato che nella Scherma, la mano assaltare .

debb’esser dalla riflessione diretta, per-ciò se assaltando vi trovaste o astratti,o confusi, salterete due o tre passi in-dietro allontanandovi dal nemico, onderiavervi dalla confusione, ed avere tut-to il comodo di pensare alle azioni di

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250Scherma, che conviene di fare controdel medesimo. Questa precauzione ètanto necessaria, quanto sono cattivele conseguenze, a cui vanno soggettiquegli schermitori, che la trascurano.

§. 353. Con- Contro un furibondo avversario, tro un avver- che vi carica conviene parare i di lui sario, che fu- colpi rompendo indietro, per tenerlo ribondo viene sempre o fuori misura, o a giusta mi- a caricarvi. sura; poiché cosi lo spazio della diret-

trice, che percorrerete renderà quellodi offesa del nemico maggiore delvostro di difesa.Tancredi . . . . .attende . . . . . . . .Che de’ gran colpi la tempesta passi,Or v’ oppon le difese, ed or lontanoSe’ n va co’ veloci passi.

Tas. Can. 6. St. 47.Quell doppia il colpo orribile, ed al ventoLe forze, e l’ira inutilmente ha sparte,Perché Tancredi alla percossa intento,Se ne sottrae, e si lanciò in disparte.

Tas. Can. 6. St. 47. L’uomo però non può sostenereun moto violento per lungo tempo;onde quando voi vi accorgerete, ch’e-gli è faticato, avendo inutilmente con-sumata la sua forza, ed è incapace dicontinuare nel suo furore, lo dovreteassaltare con audacia eguale allasua, in un punto, ch’egli si trovascemo di forza, affine di abbatterlocon sicurezza. Conchiuderete da ciò che si è det-

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251to quanto sia erronea l’opinione di co-loro, che reputano un difetto il pararsirompendo la misura, come se ciò fos-se un segno di timore. La continua pra-tica delle migliori scuole d’Italia, l’au-torità del nostro maestro Tasso, e fi-nalmente il raziocinio, e l’esperienzastessa debbono indurci a credere cheuna tale difesa sia non solo utile, unanecessaria, nascendo ella dalla mec-canica, e propriamente dalla conoscen-za degli spazj. D’altronde ci è accadutodi vedere smentita una tale opinionedagli stessi suoi fattori, che molte voltenon hanno saputo sostenerla in prati-ca, allorché essendo caricati da qual-che valente schermitore o in accade-mia, o in duello, hanno rotta talmen-te la misura, che sembravano piuttostodi fuggire, che difendersi. Sempre che nell’assalto vi siete §. 354. Ri-

contrastato coll’avversario la vittoria prendere l’as-

per mezzo di azioni violente, e compli- salto nel mo-

cate, è naturale il rallentare la veemen- mento del re-

za del combattimento, per così prendere spiro dell’av-

riposo quantunque in guardia e nella versario .

posizione di difesa. Nel momento stes-so che il vostro competitore respira ap-pena, conviene riprendere gli ultimiavanzi della vostra forza, e lanciarvivalorosamente su di esso con azioni diprima intenzione, onde rimanendo con-fuso da questo improvviso assalto, ed

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252essendo già abbattuto di forze, possadifficilmente opporre delle contrarie. Se studierete in pratica i suddettimovimenti di assalto, vi avvedrete,che questi sono i veri momenti dariportare la vittoria.

§. 355. Come Egli è lodevolissimo l’assaltare si dee assalta- colla massima regolarità, e fermezza re contro il ti- di pugno contro un ottimo schermito- rone schermi- re, ma contro di uno non bene adde- tore. strato nel mestiere delle armi è me-

glio non presentargli mai una fissa po-sizione di spada. Converrà perciò te-nerla sempre in moto facendo dellecontinue finte di cavazione, o de’con-trotempi, fintanto che vi avvedrete checadendo egli in qualche momento diastrazione, possiate con sicurezza col-pirlo. Questo sarà un mezzo tanto piùcerto di agire, quanto è sicuro che untale avversario anderà sempre a para-re, e non trovando alcuna stabile po-sizione di spada, come soleva presen-tarcela il maestro nella lezione, non sisaprà risolvere vedendo la vostra spa-da in continuo moto.

§. 356. Con- Vi sono degli schermitori, che tro l’avversa- prima di fare una qualunque azione di rio, che colle prima intenzione, si vanno preparando sue mosse in- situandosi nella posizione, da cui cre- dica l’azione, dono di prendere più comodamente che vuol fare. l’azione che premeditano, e di cui voi

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253potrete facilmente accorgervi da’loromovimenti. Allorché pertanto costorosi accingono ad eseguire l’azione sud-detta li assalterete velocemente, rove-sciando tutte le loro idee, e così lisorprenderete in guisa, che giungendoloro inaspettati i vostri colpi, non a-vranno campo da pensare alle contra-rie da opporvi. Si dee riguardare come un assio- §. 357. Non

ma di Scherma il non dare più volte ostinarsi a da-

una stessa posizione di spada all’avver- re una stessa

sario, e di non caricarlo sempre colla posizione di

stessa azione; poiché il medesimo sco- spada all’av-

prendo così i vostri disegni, non verrà versario .

mai a secondarvi: l’ostinazione restrin-ge le vostre idee alla sola contraria, chel’avversario vi può fare, e vi aliena datutte le altre teorie, che la Scherma visuggerisce. Per evitare i pericoli, a cuitale pertinacia vi esporrebbe, dovetesovente cambiare posizione di spada,onde il nemico, a cui farete nasceredelle nuove idee continuamente, nonpossa comprendere il vostro sistema dischermire, e quindi formare un op-posto per superarvi. La stessa regola dovete osservare §. 358. Della

se in vece di stare sulla difensiva, necessità di

incalzerete il nemico con azioni di pri- cambiare le

ma intenzione. Avendo na volta col- azioni nell’

pito, in accademia, il vostro compe- assalto.

titore con una data azione, non vi o-

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354stinerete nel replicarla, ma glie ne fa-rete un’altra qualunque, a meno chela prima non glie la voleste fare perfinta.

§. 359. Ecce- Avendo però tutte le regole le lo- zione dell’an- ro eccezioni, conviene osservare, che tecedente. se alle volte assaltando in accademia,

il vostro competitore fosse di ottusoingegno, e mendico di risorse, nonsarà malfatto di colpirlo più volte conla stessa azione, si dee conchiudere,ch’egli è appena uno de’mediocri inquesta scienza, e quindi non dovretegloriarvi di averlo battuto.

§. 360. Che Sarebbe del tutto estraneo alle re- non bisogna gole di Scherma il dar principio ad un principar l’as- assalto colle finte, senz’aver prima salto colle fin- tentato di colpire l’avversario con te, senza far qualche semplice azione. Voi dunque semplici azio- aprirete l’assalto con tirate di prima ni. intenzione, e se il nemico vi opponga

delle contrarie, o delle parate, repli-cando voi la stess’azione colle fintesemplici e doppie, vi sarà facile dideludere la di lui attenzione.

§. 361. Quan- Essendo le azioni Scherma visi- to sia utile la bili a chiunque, e rappresentando un modestia in chi bello assalto la maestria dello scher- schermisce . mitore, benché momentaneamente, co-

me nella pittura un bel quadro ci favenire in cognizione del genio, edell’invenzione di chi lo dipinse, con-viene stare al giudizio del pubblico

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255che lo vede né mai parlare delle proprieazioni fatte in esso, per belle ch’essesieno. L’assemblea de’colti spettatori èquella, che giudica della regolarità del-le azioni, né giova giammai darsi alcunvanto, poiché se superate il vostroavversario, ognuno lo vede, ed è facilescorgere sui volti de’circostanti la con-ferma della verità. Se il vostro valoreuguaglia quello del vostro competitore,gli spettatori saranno indecisi, e dure-ranno fatica ne’loro cuori a deferirel’onore della vittoria, come appunto celi descrive il Tasso in proposito dellasingolare tenzone di Argante conTancredi:

Questo popolo, e quello incerto prendeDa si nuovo spettacolo, ed atroce,E fra tema, e speranza il fin n’attende,Mirando or ciò, che giova, or ciò, che noce;E non si vede pur, né pur, s’intendePicciol cenno fra tanti, o bassa voce;Ma se ne sta ciascun tacito, e immoto,Se non in quanto ha il cor tremante in moto.

Can. 6. St. 49. Eccovi le ragioni, per cui questotratto di amor proprio dee sbandirsidalle accademie, ove suole apportaredelle triste conseguenze. L’uomo beneeducato dee rispettare, ed onorare an-che il vinto. Questo modo di procederecivile vi offrirà un campo vastissimo,onde esercitarvi ad assaltare più volte,

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254e chi avrà tirato con voi non avrà ve-runa difficoltà di riprovarvisi. In un combattimento di nuda spa-da è inutile il parlare, perché l’esitodel medesimo è il più eloquente orato-re per fare l’elogio o di chi vinse, o dichi fu vinto valorosamente. La mode-stia dunque dee essere la vostra com-pagna indivisibile, come quella, cheoltre la stima, vi cattiverà anche l’a-micizia di chi è da voi vinto.Il por-re riflesso a ciò è tanto più essenziale,quanto più di ogni altra scienza quelladella Scherma interessar suole l’amorproprio di un uomo di onore. Se avre-te fatta vostra questa virtù, sarete an-che fatta vostra questa virtù, sarete an-che cauti nel far conoscere fin dove siestenda il vostro valore, dal che netrarrete in certe occasioni de’vantagginotabili, come se occorrerà di dimo-strarvi in appresso.

§. 362. Non bi- Avvertite pure di non fare fre- sogna fare fre- quenti assalti con delle persone, se quenti assalti, pria non avete in loro conosciuta una che con ami- buona indole, onesta educazione, ed ci veri, e spe- ottima morale, o se prima non ve li rimentati. avete avvinti co’sacri vincoli dell’

amicizia. Senza queste previe cogni-zioni non dovete ammettere alcunapersona, onde non spargere i vostrisudori nell’istruire degli uomini, checo’giornalieri esercizi ed osservazio-

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255ni arrivando ad uguagliarvi, potrebberodivenirvi un giorno ingrati, ed esserecapaci colla stessa spada di provocarvi,o almeno volgerete i vostri ammaestra-menti ad attendere alla tranquillità, edalla vita degli uomini dabbene. Qualunque abile schermitore non §. 263. L’in-

dee giammai rifiutare di fare assalto con vito ad assal-

un altro quando viene inviato perché tare di una

quegli che l’invita non sia di pochis- persona inco-

sima reputazione nelle armi. Sia mae- gnita non si

stro o dilettante che vi fa questo invito, rifiuta, ma non

voi lo accetterete assaltando in publico, si accetta più

onde veggasi da ognuno il risultato del di due volte .

vostro assalto. Se lo stesso schermitorevi rinnova l’invito per la seconda volta(se non avete altre ragioni in contrario)lo compiacerete, essendo un costume,passato quasi in legge di Scherma, di ti-rare due volte collo stesso schermitore,poiché si pretende che nel primo assal-to non conoscendosi scambievolmente,non si può combattere con una certamaestria, che si può ottenere nella se-conda giornata, quando vicendevol-mente entrambi hanno avuto campo diconoscere il rispettivo gioco. Quando uno schermitore batte l’al-tro per due volte di seguito, non si at-tribuisce più ad alcuna circostanza, masi conosce la differenza di valore, chepassa tra loro. Dopo di questa secondapugna il vincitore, non dee più scher-

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256mire colla medesima persona, per lestesse ragioni, che abbiamo espostene’due paragrafi.

§. 364. Dell’ La presunzione senza studio, e la opinione, che millanteria senza fatti sono caratteri- si dee avere stiche del codardo, e dell’inetto. L’uo- del proprio mo valente sente nel silenzio del suo valore. cuore il valore acquistato collo studio,

e senza imitare l’ostentazione dell’ignorante, schermisce valorosamente,sicuro che una data azione un dato ef-fetto dee produrre, e che ad una datacontraria che l’avversario gli opponenel tempo, infine risorse egli può riop-porre. Da questa riflessione nasce l’opinione del proprio sapere, e la sicu-rezza di essere perniciosissimo al ne-mico. Guidati da questo raziocinio do-vrete fare assalto con ognuno indiffe-rentemente, collo stesso sangue fred-do, come se nella vostra mente creastel’assalto. Questo valore studiato, equesta scioltezza nel combattere è ciò,che virus da’nostri maggiori si appel-lava. Questa sola costituisce ladifferenza che passa tra gli uomini, equesta suol’essere la cagione principa-le del loro coraggio. Noi non siamogiammai tanto arditi come quando sia-mo persuasi di avere collo studio, ecoll’esercizio acquistati que’lumi, chesono necessari a ben condurre ad ef-fetto l’azione intrapresa.

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257 Se voi dunque parerete a buon di- §. 365. Non

ritto persuadervi di essere valenti nella bisogna farsi

scherma, non dovete rallentare il vo- prevenire dal-

stro coraggio qualora abbiate a scer- la riputazione

mire con alcuno, che vi venisse sup- dell’ avversa-

posto per uomo gagliardo, ed invitto rio, qualunque

nelle armi: se vi darete in preda al ella sia .

timore, l’arte, e la velocità sparirannodalle vostre azioni, diventerete rifles-sivi oltre il bisogno, e questa stessaperplessità può essere un buono argo-mento per credere, che qualora vin-cete non si debba ciò attribuire al vo-stro valore, ma all’ignoranza dell’av-versario. Se poi vi avvenisse di misurarvicon altri a voi inferiore in sapere, do-vete evitare un altro scoglio, cioè didisprezzarlo. L’idea del disprezzo vifarà alieno dallo studio, dalla riflessio-ne, e dalla energia, né sarà difficile ilvedere l’avversario meno esperto divoi coglierete talvolta de’tempi, o de’momenti felici, e punirvi così del vo-stro disprezzo. Dovete dunque coll’istesso impe-gno tirare si col prode, che col debole;col primo per avvalersi del bello, che lavostr’arte vi detta per abbattere la sua,rendere vana la di lui attenzione, e ro-vesciare tutte le premeditazioni, e com-inazioni che aveva formate, o cerca-va di formare, e col secondo per vin-

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258certo colla semplicità delle azioni, nelpiù breve tempo che sia possibile. Conchiudasi in fine, che il nomedi un qualunque vostro competitorecelebrato dalla fama delle armi, non sidee recar timore, anzi dovete seco luipugnare con piacere, colla lusinghierasperanza di vincerlo, o di uguagliarlo,onde avendo presenti i principj di que-sta scienza, vibrare i colpi con mae-stria, e risoluzione.

§. 366. Della Quantunque descrivendo le pro- diversa lun- prietà delle lame abbiamo accennato il grezza delle vantaggio della spada lunga sulla cor- spade. ta, pure stimiamo a proposito di farvi

alcune altre osservazioni. Dalla ine-guaglianza delle spade, che usano duecombattenti possono derivare de’mali,che non si evitano se non quando glischermitori stessi sanno regolare ilsistema del di loro assalto a normadella spada, che maneggiano.

§. 367. Modi Due sono i mezzi, onde conoscere di conoscere l’ineguaglianza delle spade all’istante, la lunghezza che entrate in azione. Il primo è quello della spada del parallelismo delle lame, il secondo nemico in è quello del contatto centrale delle confronto del- medesime. la vostra. Per fare uso del primo dovrete,

subito che avrete messo mano allaspada, avanzarvi vicino all’avversarioin modo che tenendo nella perfettaguardia il vostro braccio ben disteso

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259possiate avvicinare il di dentro (rrr)della vostra coccia, tenendo il pugno diterza in quarta, alla punta della spadanemica. Dirigerete poi la vostra puntanel corrispondente punto della coccianemica, e le lame resteranno parallelefra loro. In questa posizione ben sicomprende come col semplice sguardopotrete misurare le due spade; e sic-come vedrete che le punte delle mede-sime toccano reciprocamente le cocce,o che la punta del nemico oltrepassila coccia vostra, o che in fine allastessa non arrivi, ne conchiuderete oche le due spade sono eguali, o chela nemica è più lunga della vostra, oche n’è più corta. Che anzi potretefissare la quantità di questa differenzadal punto della vostra spada, a cuivedrete corrispondere l’estremo dell’altra spada. Così, per esempio, se la puntadella spada avversa oltrepassa la vo-stra coccia, l’eccesso della lunghezzadella spada medesima sopra la vostrasarà indicato da quel punto del vostromanico, a cui corrisponde la puntanemica. Che se al contrario la puntadella spada nemica non arriva alla vo-

(rrr) Si avverta che si prescrive di avvicinare lespade precisamente in questo modo, poiché così lavostra mano resterà sicura da qualunque pericolo.

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260stra coccia, la quantità del suo difettosarà denotata da quel punto della vo-stra lama, a cui vedrete corrisponderela punta nemica; come dal doppio for-te, o forte, o qualunque altro punto. Il secondo mezzo da fare il para-gone della lunghezza della spada è ilseguente. Attaccherete col centro del-la propria spada quella del nemiconello stesso punto: in questo modo po-trete scorgere se la metà della vostraspada è uguale, minore, o maggioredella metà della lama nemica, secondoche la sua punta corrisponde al al li-vello della vostra coccia, o non arrivaa questo punto, o l’oltrepassa. Se la vostra spada è uguale aquella del nemico, il vostro assaltodebbe essere diretto secondo l’egualiregole di Scherma, e l’egual misura(sss).

§. 368. Come Se la spada del nemico fosse più si dee scher- lunga della vostra, questi avrà il van- mire con un taggio di colpirvi a maggior misura, avversario, senz’alcun rischio di essere offeso. Il che ha la spa- vostro sistema di Scherma dovrà esse-

(sss) Dobbiamo qui avvertire che la misura sidistingue in assoluta, e relativa. L’assoluta è lastessa, che si è definita al §. 25. La relativa na-sce dal confronto del vostro spazio di offesa conquello del nemico. Se dunque, in parità di altrecircostanze, combattere coll’avversario con spa-de uguali, si dirà che siete ad uguale misura:perché sbracciando la stoccata, tanto spazio do-

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261re quello di entrare in misura, per ria- da eguale alla

vere coll’arte ciò, che la combinazione vostra, o più

vi ha tolto. Perciò dovrete parare i di lui lunga della

colpi stabilmente avanzando in misura stessa.

per tanto spazio, per quanto la vostralama è più corta della sua. Fatto que-sto, la di lui spada resterà da fuori, oda dentro, secondo la direzione, in cuigli avete parato il colpo, né vi potràpiù ferire, e voi sarete nello stato dicolpirlo, se dopo la parata velocemen-te gli risponderete in modo ch’egli nonabbia il tempo di ritirarsi, e riprenderei vantaggi, che aveva di prima. In tut-te le azioni poi, che camminado glitirerete di prima intenzione, dovretenon più conservare la solita distanza diguardia tra un piede, e l’altro; ma fa-cendo il passo, sarà necessario di ac-coppiare il piede sinistro al diritto pertanto spazio, per quanto la spada nemi-ca è più lunga della vostra. Facendoquesto movimento sederete bene sullaguardia, piegando di molto le ginocchiae poscia tirando la stoccata vi troveretegiusta misura. Con questo artifizio in

vete percorrere per colpirlo, quanto il medesimodee trascorrerne per ferirvi. Laddove essendo lavostra spada più lunga dell’altra, e potendo voiferire l’avversario da maggiore distanza, voi sare-te a maggior misura; e se la vostra spada sarà piùcorta, dovendo esser più vicino per arrivare collavostra punto al petto nemico, la vostra misurasarà minore della sua.

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262ogni azione. Con questo artifizio inogni azione aumenterete la vostralama di tanto, per quanto la nemica lasupera in lunghezza, e vi procurerete ivantaggi dell’uguale misura.

§. 369. Come Se accadesse che la vostra spada si dee scher- fosse più lunga di quella del nemico, mire coll’av- e che questi impiegasse tutte le regole, versario, che che qui sopra abbiamo date, voi dove- ha la spada te procurare di tenerlo sempre distante più corta del- liberando la punta allorché tenta di en- la vostra. trare in misura per mezzo della parata,

affine di essere sempre nello stato dicolpirlo. Quando l’avversario viene acaricarvi per mezzo di una qualunqueazione, dovrete opporgli la contrariasbracciando col piede sinistro indie-tro, onde aver sempre il campo di te-nere la vostra punta dinanzi al di luipetto, e di tenere lontano il nemico, onel continuo pericolo di essere da voicolpito. Se schermendo è necessariodi tenere il piede sinistro immobile al-lorchè si vibra una stoccata, lo è tantomaggiormente in questo caso per con-servare i vantaggi della misura, etalvolta si dee rompere indietroparando i di lui colpi per varie ragioniantecedentemente esposte.

§. 370. Come Quando per una combinazione il si dee agire nemico, che ha la spada più corta del- con un avver- la vostra, è entrato talmente in misura, sario, che si che non possiate più ritirarvi senza

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263correre rischio di essere colpito, biso- stringe in mi-

gna che vi stringiate del pari vicino al sura, avendo

medesimo, e ricorriate al colpo di pomo la spada cor-

o alla balestrata, o alla circolata, o fi- ta.

mente alle prese. Finora non abbiamo parlato (ne’§. §. 371. Van-

antec.) che della utilità della spada lun- taggi della

ga. Osserveremo di più che l’abile spada lunga.

schermitore colpisse da distante collastessa, e che obbligando il nemico, cheusa spada più corta, a parar sempre,ha tutta la probabilità di non esseregiammai da lui colpito. Riflettendodunque a questa proprietà si può dire,che tra due schermitori uguali per valo-re, per le disposizioni, e per la destrez-za, ma forniti di armi ineguali, dovràragionevolmente succumbere quegli,che ha la spada più corta. Malgrado tutte le dimostrazioni, §. 372. Con-

che si possono dare, non mancano però tro coloro,

molti di ergersi in difensori della spa- che credono

da corta, tentando per mezzo di ragio- la spada cor-

ni insufficienti, di attribuirle de’gran ta più vantag-

vantaggi sopra la lunga. Ciò non può giosa della

nascere che dalla poco conoscenza, ch’ lunga.

essi hanno del maneggio della spadalunga, per cui si richiede uno schermi-tore, che conosca la misura perfetta-mente, ed abbia somma destrezza nelliberare profittevolmente la punta. Permaggiormente convincervi che la solaragione, che decide molti schermitori a

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264preferire la spada corta alla lunga, siala facilità, con cui ella può maneggia-rsi, osservate quanto riesca facile adun uomo (che ignori anche l’esistenzadi questa scienza) di tirare con un col-tello un colpo di punta. Fate al con-trario che la lama sia il doppio, o iltriplo, e vedrete qual difficoltà incon-trerà l’uomo stesso nel fare uso di talearma per colpire di punta. Lo stesso accade colla spada, e neresterete convinti colla esperienza,mentre vedrete che il giocatore di spa-da lunga schermisce ugualmente collacorta, ma colui, che con questa si av-vezza a schermirsi si troverà in imba-razzo, né saprà muoversi avendo laspada lunga, poiché sarà per lui diffi-cilissimo il dirigere bene la punta, e diparare.

§. 373. Distin- Avendo altrove distinte le lame, zione della per riguardo alla loro larghezza, in spada secon- due classi, cioè in lame di filo, e di do la loro lar- mezzo filo, conviene qui fare di pas- grezza. saggio un breve esame sulla loro utili-

tà individuale, senza dilungarci su diun oggetto, che dipende dall’arbitriodi ciascheduno schermitore.

§. 374. Pro- La spada di mezzo filo a cagione prietà della dei suoi quattro angoli ha l’avvantag- spada di mez- gio di sempre urtare il ferro con ener- zo filo. gia nelle parate, e siccome ella è leg-

giera, è anche ottima per liberare in

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265punta, e fare le cavazioni, e le fintecon velocità, essendo la di lei puntaquasi invisibile. La spada di filo, essendo larga §. 375. Le

debb’esser necessariamente più pesante stesse della

di quella mezzo filo: ha solamente due spada di filo.

tagli, ed è più difficile a maneggiarsi.Nelle parate fa di mestieri essere beneaccorto a parare sempre con uno de’suoi due tagli, mentre non girando benee velocemente il pugno, ossia parandocol piatto della lama, non si avrà alcunapresa sul ferro nemico, e la parata saràdi niuno effetto. Però volendo spingerele speculazioni nella teoria, sembra chenelle parate stabili la spada larga incon-tri facilmente, e faccia divergere la spa-da nemica molto più che quella di mez-zo filo. Le cavazioni con questa spadasono pochissimo più larghe di quelle,che si possono fare colla spada di mez-zo filo, ma però a cagione della di leilarghezza, non illude l’occhio come laspada sottile. Non essendo lo schermitore ne’suoi esercizi accademici avvezzo a ma-neggiare la spada di filo perché i fioret-ti sono quadrangolari, non potrà adope-rarla colla stessa destrezza della spadasottile. La spada larga però ha l’avvan-taggio di offendere mortalmente di ta-glio, ed è molto più difficile a romper-si di quello che lo sia la spada sottile.

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266§. 376. Della La spada pesante per quanto è spada greve. cattiva per le finte, altrettanto è

buona per fare i fili, e stare ben guar-dato sotto la coccia, mentre se percuo-tete con una spada leggiera una piùpesante, l’ineguaglianza delle loromasse farà si, che non vi sarà agevoleallontanare la spada greve dalla lineadi offesa.

§. 377. Con- Se si volessero dettagliare minu- chiusione. tamente tutte le circostanze della

Scherma, farebbe duopo di molto e-stenderci, e siccome queste non hannolimite, caderebbe in errore quegli, chetentasse di determinare la loro esclu-sione. I pochi avvertimenti, che vi ab-biamo dati ci sembrano sufficienti perbene assaltare, ossia per fare uso dellaspada con maestria. Conchiuderemointanto le nostre riflessioni col dirviche uno schermitore dee rendere cosìnaturale alla mano, ed alla mente tuttociò, che abbiamo detto, che nel prati-carlo agisca come per abitudine. Chivorrà dunque divenire forte assaltante,o schermitore dovrà faticare incessan-temente, onde far piegare il suo corpoalla sua volontà, ed acquistare velocitàed arte, affinché la mano operi semprecon ugual maestria, anche in que’mo-menti, ne’quali l’uomo agitato dallepassioni e della gloria, dell’onore, eperfino della conservazione della

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267propria esistenza, non è in istato di fareuso di tutta la sua riflessione.

CAPITOLO OTTAVO

DELLE ACCADEMIE.

Siccome in tutte le altre scienze so- §. 378. Defi-

gliono gli amatori delle medesime dare nizione, e di-

de’pubblici saggi del di loro talento stinzione del-

nelle accademie, così nella Scherma le accademie.

l’uso delle medesime è il più efficacemezzo ond’esercitarsi. Queste accade-mie sono adunanzedi esperti schermi-tori, e studiosi dilettanti, che si unisco-no in un luogo spazioso, ed opportunoal maneggio delle armi, ed ivi assaltan-do fra loro rappresentano de’duelli.Taliadunanze si tengono o per invito di uno,o più professori di spada, o di uno o piùdilettanti. Qualora uno o più maestridanno questo istruttivo spettacolo è giu-sto, che ricavino degli straordinarj fruttidelle loro onorate fatiche. Quindi essihanno dritto di ritrarne delle convene-voli risorse, e di esserne generosamentericompensati da’dilettanti allorché fan-no girare il petto (ttt) prima dell’ante-

(ttt) Si chiama petto una specie di cuscinetto dipelle, o di tela ripieno di materie cedevoli, di cui ilmaestro suol coprire il proprio petto, per ricever-vi senza incomodo i colpi di chi prende lezione. Sicostuma poi nelle accademie di portare in giroquesto petto affinché ciascuno in esso ponga queltanto, di cui vuol fare un dono al maestro.

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268penultima posta in guardia; affinchédal modo, in cui saranno riconosciutipossano giudicare dell’aggradimentodegli spettatori. Quando poi de’dilettanti hanno aloro piacimento un’accademia, nonsolo gl’invitati non debbono soggiace-re a dispendio alcuno, ma debbono es-sere trattati con civiltà, e secondo lostato di chi invita, ed il costume delpaese, in cui sono. Non mancheràintanto chi fa l’accademia di benregalare que’maestri, che nella stessaavranno assaltato, essendo ben giustoche dall’esercizio, di una professionetanto utile, e necessaria abbiamo unadecente sussistenza.

§. 379. L’or- Se in ogni pubblica assemblea un dine è neces- certo ordine è necessario, egli lo è sario nelle ac- tanto più nelle accademie di Scherma, cademie. come quelle, che non per semplice

spettacolo, ma bensì per istruzionesono istituite. Non sarà perciò fuori diproposito l’esporvi qui alcune regole,che un uso inveterato ha fatto divenirecome le leggi i tali accademie.

§. 380. Rego- Se l’accademia si dà da un pro- le principali, fessore, allorché debbonsi in quella che sono in principiare gli assalti, egli invita tut- uso nelle ac- ti con pulite maniere a far luogo, ed cademie. a prestare attenzione a ciò che si è

per fare. Indi prendendo la smarra

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269(uuu), o un fioretto, lo presenterà aldilettante più anziano, e che gode fragli astanti maggiore riputazione di sa-pere nella Scherma, pregandolo di pre-siedere all’accademia. Il maestro è indovere di onorare i dilettanti a questomodo, dimostrando la sua venerazionepe’l migliore di essi, il quale dovrà rin-graziarlo di una tale distinzione. Questo dilettante, che da quel pun- §. 381. Dove-

to dee riguardarsi come il presidente ri del presi-

della unione, dovrà invitare le coppie, dente dell’ac-

che debbono entrare in piazza ad assal- accademia.

tare. In ciò egli avrà l’avvertenza di co-minciare da’più deboli, e poi passare a’più forti schermitori, altrimenti se que-sti fossero i primi a schermire facendode’valenti assalti, gli altri meno espertiverrebbero a scomparire. In questo mo-do dunque si evita un tale inconvenien-te, avvezzandosi l’occhio degli spetta-tori naturalmente a passare dal poco almolto, regola che in tutti gli esercizjbisogna sempre osservare, e principal-mente in quelli di ginnastica. Nel caso che due assaltanti si fos-sero con troppa vivacità azzuffati, estretti in doppia misura, lo che potreb-

(uuu) La smarra è un fioretto più grave deglialtri, con cui si suole far eseguire la lezione alpetto del maestro.

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270be recare danno ad alcuno di essi, ilpresidente dovrà, frapponendo inmezzo a’loro fioretti il suo, far cessarequella posta in guardia, e poi dopo unbreve riposo invitarli a proseguirel’assalto. Volendo poi far terminareun assalto, per dar luogo agli altrischermitori di esercitarsi, dovrà il pre-sidente dire a’due che sono in piazza:compiacetevi di far questa ed un’altra. Da ciò essi comprenderanno,che restano loro a fare solo due altreposte in guardia, e prima di comin-ciarle ripeteranno il saluto, cheavranno già fatto al principio del diloro assalto, come da di noi si disse( §. 63. ) Sarà un dovere del presidente didecidere qualunque questione diScherma insorga nell’accademia;quindi egli dovrà essere istruitissimo,per dare su di tali questioni il suo di-mostrativo giudizio.

§. 382. Dell’ Gli assalti che si fanno nell’acca- utilità delle demia debbono rappresentare altret- accademie. tanti duelli, eseguiti colle più esatte

regole, e coll’arte più profonda. Sa-ranno essi perciò di grande istruzionetanto per quelli, che l’eseguiscono,che per coloro che ne sono spettatori. Questi dal vedere la chiarezza edistinzione delle azioni, e la precisio-ne de’tempi, in cui sono eseguite,

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271vengono a risvegliare nel di loro animole idee sopite, ed in seguito se ne avva-le ranno nell’assaltare o per praticareciò che di lodevole hanno osservato,o per guardarsi da’difetti, che forsein alcuno avranno rilevati. Coloro poiche assaltano cercheranno di far bril-lare il loro valore colla regolarità nell’eseguire le azioni, e colla finezza diocchio nel conoscere i tempi di ado-perarle. Essendo l’emulazione la più effi-cace molla per ispingere l’uomo a piùgrandi progressi nelle scienze, non sipotrà negare l’utilità nelle accademie,come quelle, che a fomentare l’emu-lazione stessa sono unicamente dirette.Quali stimoli non saranno pe’giovania fargli giornalmente esercitare nellaScherma l’aspettativa di dimostrare inuna accademia il loro valore, e la spe-ranza di riportare, a preferenza deglialtri, in compenso delle loro fatiche labuona opinione del publico, che all’uomo è tanto cara, a cui anzi eglispesso tutto sacrifica? I professori non saranno menoanimati, o costretti a coltivare questascienza, e cercheranno o d’inventarenuove azioni, o di addestrarsi mag-giormente in quelle, che sono già co-gnite, per mettersi così nello stato diconservare, a fronte tanto de’loro col-

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272leghi, che de’bravi dilettanti, quellariputazione, che con lungo, e seriotravaglio si hanno acquistata. La persuasione dell’utilità delleaccademie sembra, che abbia dettatoquel decreto del Ministro della Guerradella nostra Repubblica (xxx), in cuitra’molti savj regolamenti, che si pre-scrivono per istabilire una scuolamilitare di Scherma, havvi quello didoversi in ogni anno tenere dagli al-lievi della medesima un’accademia adinvito del Ministro della Guerra, ilquale a nome del Governo deedistribuire una spada, ed una sciabla aquelli due soggetti, che rispettiva-mente si saranno distinti nel maneggiodi ciascuna di queste due armi. Si potrà maggiormente compren-dere la saviezza di tale stabilimento,se si riflette, che le accademie, in cuila nostra gioventù esercita il suo co-raggio, la sua destrezza, ed infin l’in-telletto, sono a’nostri giorni quelloch’erano un tempo i campi di Marte; eche quindi a buon diritto possiamo noisperare di raccogliere dalle nostre ac-cademie di Scherma quegli stessifrutti, che da’travagli del campo

(xxx) Num. 82. Art. II. nel Regolamento perla Scuola Militare di Scherma, in data de’29.Fiorile anno X.

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273Marzio titrasse l’antica Roma, cioè lasua gloria, la sua grandezza. Ma queste adunanze tanto utili siuniscono sovente? Sono esse frequen-tate da’nostri giovani? Il fatto rispondeper noi, e noi taciamo volentieri ciò,che non potremmo dire, che con dispia-cere: ricorderemo solamente alla nostragioventù, che da queste, la Patria atten-de de’cittadini esperti nel mestiere dellearmi, lasciando in suo arbitrio il decide-re se sia in dovere di secondarne i voti.

Fine della Seconda Parte.

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274

PARTE TERZA APPLICAZIONI DI ALCUNE TEORIE SI

MECCANICHE, CHE GEOMETRICHE

ALLA SCHERMA.

INTRODUZIONE.

§. 383. Quanto abbiamo sin qui esposto nonriguarda che il modo di contenersinelle diverse azioni di Scherma; né al-cun cenno si fece per anco delle ragio-ni, per cui si debba piuttosto in unache in un’altra maniera agire nelle va-rie circostanze. Riflettendo però che se una nudaindicazione di quanto convenga ope-rare basta per soddisfare il desideriodi alcuni uomini, molti altri all’incon-tro ve n’ha che non sanno appagarsi,se pure non scorgano il perché debba-no in un modo anziché in un altrocontenersi, noi ci proveremo, perquanto il soggetto che trattiamo, e lecognizioni nostre il permettono, dicontentare anche questi.

§. 384. A tale effetto ci giovi richiama-re allo spirito che la buona riuscita

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275delle varie azioni della Scherma nonpuò dipendere che dalla opportunacombinazione delle forze che s’impie-gano, dai tempi che si consumano, da-gli spazj che si percorrono, o dalle ve-locità dei moti che si eseguiscono, dalledirezioni dei medesimi, e dagli urti de’corpi che vengono ad incontrarsi; e seciò è vero ci sembra di poter dire in so-stanza, chela Scherma considerata teo-ricamente non possa altro essere se nonuna parte di Matematica Applicata, unramo di pura Meccanica. A trattarla però con qualche preci- §. 385.

sione sotto un tal punto di vista benaltre forze vi vorrebbero che le nostre;una infinità di esperienze sarebbero pu-re necessarie da premettersi, e ben an-che ci persuadiamo che non potrebbefarsi senza della più fine, della più su-blime analisi. Noi non vogliamo, né possiamo ac- §. 386.

cingerci a tanta impresa e ci contentere-mo solo di appoggiare con qualche ap-prossimazione ai principj della Geome-tria, e Meccanica, gl’insegnamenti giàsparsi sopra, e solo richiediamo che illettore abbia qualche superficiale idea,una leggiera tintura delle dottrine mec-caniche onde persuadersi della ragione-volezza degli insegnamenti medesimi.

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276

CAPITOLO PRIMO. RIFLESSIONI SULLA GUARDIA.

§. 387. La Scherma italiana a differenza diquella di ogni altra nazione (yyy), nonsi contenta che lo schermitore abbiariguardo soltanto alla velocità ed altempo, in cui le azioni deonsi esegui-re, ma vuole ancora che si consideri lospazio da percorrersi nelle azioni me-desime, come uno de’principali ele-menti della Scherma stessa. Da quiciascuno potrà facilmente compren-dere la maggiore perfezione di essasovra ogni altra, ed uno de’motivi, percui i nostri antichi, egualmente che imoderni perfetti schermitori italianisuperino nell’eccellenza di quest’artetutte le altre nazioni. E noi ci indur-remmo a credere, che se gli scher-mitori oltramontani riflettessero perpoco allo spazio, che devono percor-rere per ferire, essi procurerebbero alcerto di volgere la punta della lorospada più vicina al petto dell’avversario quando sono atteggiatiin guardia, né descriverebberodelle grandi curve nel tirare leloro stoccate; con che gli sareb-

(yyy) Sembra che gli Spagnoli debbano es-sere esclusi dagli altri popoli; e questo per le ra-gioni già altrove esposte.

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277be per conseguenza più facile di ottene-re una maggiore fermezza, e direzionenelle loro medesime stoccate. Dietro l’idea dello spazio da per- §. 388.

corrersi in un dato tempo, si sono gui-dati gli antichi schermitori d’Italia: al-trettanto dobbiamo noi pure seguire.Così ci giovi il considerare che unospazio minore verrà percorso in minortempo, data sempre la stessa velocità;dal che si deduce che un maggior van-taggio nella Scherma si avrà sempre,ogni qual volta si avranno minori spazja percorrere di quelli dell’avversario,dati i tempi uguali. Colla face di queste riflessioni han- §. 389.

no i sopradetti antichi italiani insegnatoche per stare bene in guardia, si dovevadistendere il braccio destro lungo la li-nea d’offesa, e formare colla spadapressoché una linea retta; ma non sa-rebbe ciò stato sufficiente per garantireil corpo dello schermitore dalle stoc-cate dell’inimico; poiché, qualunquefosse il braccio disteso, pure tanto aldi dentro, quanto al di fuori vi pote-va essere introdotta una stoccata. Allaspada si pose perciò una coccia, perevitare siffatti pericoli, e questa cocciaservì poscia a perfezionare la guardia. E’ evidente per se stesso che il pri- §. 390.

mo principio di una soda, e ragionataScherma, cui deonsi volgere le prime

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278idee di chi l’apprende, debba essere laguardia. Quantunque le guardie sienovarie (zzz), pure quella che lo scher-mitore deve adottare generalmente inun assalto, si è quella che abbiamo de-scritta (§. 66.), mentre essa garantiscelo schermitore coll’ajuto della ciccia,e vieta all’inimico il ferire se pria que-sti non fa precedere qualche azione difilo, o di sforzo.

§. 391. Sarebbe un annojare il lettore sequi volessimo ripetere tutti gli avvan-taggi di detta guardia; ma come dallacoccia essi derivano, volgeremo le no-stre riflessioni all’esame della medesi-ma, prevenendo dianzi il lettore che leapplicazioni, che ne faremo serviran-no semplicemente a dimostrare, chequando lo schermitore è in perfettaguardia non può essere ferito dall’av-versario per mezzo d’una semplicestoccata, data sempre l’ipotesi che loschermitore abbia il braccio distesosulla linea d’offesa, come abbiamo giàdetto.

§. 392. Sieno due schermitori, che deno- Tav. X. F. I. mineremo colle lettere A e B entrambi

in perfetta guardia. Se lo schermitoreA vibra una stoccata da dentro in fuorio da fuori in dentro allo schermitoreB di modo che la detta stoccata passi

(zzz) Vedete il §. 68; e la nota (u) al §. 67.

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279tangenzialmente alla coccia di B senzasviare la spada del medesimo dalla li-nea d’offesa, B non potrà giammai ri-manere ferito dall’anzidetta stoccata. La coccia serve di scudo, e difen-de il corpo dell’assalto per un’esten-sione, ch’è più sufficiente a garantirloda ogni pericolo, semprechè la cocciastessa abbia una sufficiente grandez-za. Vediamo per tanto quanto sia l’e-stensione che la coccia può garantireverso il petto dell’assalito. Dicasi a il diametro rr’ della coc-cia di B; dinoti m la distanza Ic,I il punto d’incontro delle due spade,n la distanza Cc della coccia dal pettodello schermitore B, e finalmentex il raggio della parte difesa dalla coc-cia stessa sulla linea BD verso il petto. Ciò posto la spada di A che passape’l punto I, e che tocca la coccia diB può considerarsi come un lato di uncono, avente per base l’estensione ga-rantita verso il petto di B, ed il verti-ce in I; onde la Geometria ci sommi-nistra l’analogia

m : m+n : : a : x

Suppongasi per esempio il diametro

della coccia . . . a = pol. 3 _

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280la distanza . . . m= pol. 6così . . . . . . n = pol. 24,sostituendo questi dati si avrà

x = 7 (6 + 24) = 8 3 226 4

pollici. In tal supposto sarà dunque lapunta della spada di A lontana dalcentro dell’estensione garantita versoil petto di B per pollici 8 _, ed il dia-metro della parte stessa garantita dipollici 17 _.

§. 393. Suppongasi inoltre che l’estensio-ne del fianco destro dello schermitoreB esposto ai colpi dell’avversario,presa orizzontalmente e rappresentatadalla linea DD’, sia di 8 pollici, e di 4per conseguenza la distanza del centrodallo estremo D del fianco; siccome lapunta si trovava lontana dal dettocentro di pollici 8 _, così la puntastessa sarà lontana dall’estremo D delfianco di 4 _ pollici.

§. 394. Quando dunque i supposti datifossero quelli, che hanno realmenteluogo in pratica, la sola coccia vale agarantire lo schermitore assalito daogni colpo dell’avversario, vibrato dadentro in fuori, o da fuori in dentro;ma come altrimenti può essere vibrata

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281una stoccata, così conviene pureesaminare ogni una delle altre circo-stanze, onde vedere il modo di garan-tirsi a norma delle medesime. Osserviamo pertanto che lo scher- §. 395.

mitore A potrebbe, tirando soltanto indentro, vibrare una stoccata allo scher-mitore B comportare (T. X. F. 2) unpoco all’infuori il pugno, e facendo chela lama della propria spada, si conser-vasse parallela a quella di B, e passasseradente alla di lei coccia (aaaa). In talcaso ciascun punto della spada di Anon essendo discosto dalla linea d’offe-sa, se non che pe’l raggio della cocciadi B, così la parte difesa di B dalla pro-pria coccia non è che dell’estensionedella coccia stessa, cioè un cerchio a-vente 7/4 di pollici per raggio, se taleè quello della sua coccia, e resterebbecon ciò esposto ad essere ferito dal col-po di A in un punto distante dal centroper lo spazio di 7/4 di pollice. Per una stoccata dunque, vibrata in §.396.

siffatto modo, la coccia dell’ordinariagrandezza non può solo servire allaguardia dello schermitore assalito.

(aaaa) Quantunque nella detta Fig. 2. le lamedelle due spade non toccano le cocce, pure con-viene immaginare ch’esse sieno a contatto con lecocce stesse.

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282Ciascuno però di leggieri comprende-rà che una coccia, la cui grandezza u-guagliasse l’estensione della partedello schermitore assalito, la qualeimporta sia difesa, basterebbe a tener-lo guardato, quand’anche la cocciadell’assalitore non fosse men grande.Ma cocce di tanta estensione non ècostume di praticarle; né pure esse so-no di assoluta necessità alla difesa pergarantirsi dal colpo scoccato nell’ in-dicato modo; anzi può pure aversi unavvantaggio dal tenerle della ordinariagrandezza, potendosi con un picciolomovimento della mano far sì che lapropria coccia equivalga ad una piùgrande, senza punto ingrandite quelladell’avversario, cioè senza dare all’avversario un simile avvantaggio. Infatti se lo schermitore B (Tav. X. Fig.3.) assalito nell’indicato modo dalloschermitore A, appoggia, ossia piegaper poco il proprio pugno all’indietro,lasciando la punta della propria spada,o almeno quel punto incontrato dallacoccia nemica sulla linea d’offesa, èevidente che porterà la lama della spa-da nemica in una linea, che sarà diver-gente da A verso B colla linea d’offe-sa, e quindi, allorchè la divergenza siasufficiente, la punta della spada di Apasserà al di dentro della BP del pettodi B, che importa sia difesa.

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283 Nasce qui la curiosità, od opportu- §. 397.

nità di vedere di quanto importi che siatraslocato il pugno, ossia la coccia delloschermitore B assalito nell’indicatomodo, affinché la punta della spada del-lo assalitore A passi in dietro al puntoP, punto esterno del petto di B. SiffattaIndagine è della massima semplicità,tanto più se si rinunzia all’estrema esat-tezza, affatto superflua in questo caso.Sia la grandezza B P, di cui importache la punta della spada nemica si tro-vi lontana dal centro B del petto delloschermitore assalito == b; la distanza Icdel punto di contatto della coccia di Acolla spada di B == m, la distanza Ccdel centro c della coccia di B dal puntoC del petto di B, preso nella direzionemedesima di Ic, == n; ed infine la di-stanza cn, a cui importa trasportare colpugno il centro della coccia di B lon-tano dalla linea d’offesa facciasi ==x. Idue triangoli simili ICB, Icn ci danno m + n : m : : CB : x, da cuix == m * CB ; ma CB == PB =PC, m + ne PC uguaglia prossimamente il raggio

della coccia, che già si fece == 1 a; 2onde CB == b - 1 a prossimamente, e 2quindi

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284 m (b – 1 a) x ==_____ 2 ____ m + n

Sia per esempio b – 4 pollici

1 a == == 7 pollici2 4

n == 24 pollici

ed m == 12 pollici

Con tali dati si avrà

12 (4 – 7) x == ______4_== 3 di pollici

36 4

Se ritenendo tutti i rimanenti valori si facesse b = 6 pollici, si troverebbe

12 (6 – 7) x == ______4_ == 17 == 1 1 36 12 2pollici un poco meno.

§. 398. Di qui comprendesi di quanto po-co importi trasportare il pugno, ossiadi appoggiare il pugno al di dentro,onde essere sicuri in guardia anchecontro l’indicate astuzie, sovente po-ste in pratica dal sagace, e fino scher-

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285mitore. E su queste viste appunto ci sia-mo appoggiati nello stabilire i nostriprincipj nella prima parte. Rammentatevi che abbiamo altrove §. 399.

detto (§. 67.) che allorquando l’avver-sario porta all’infuori e coccia, e puntadalla linea d’offesa, conviene vibrargliuna stoccata, ossia anche volgere sem-plicemente il pugno di seconda, affinech’egli stesso vada a ferirsi. Ma sic-come non sempre si suole avere pron-tezza di mano, come pure l’occhio vi-gilante, onde tirare la stoccata nel giu-sto tempo colla dovuta velocità, così viabbiamo fatto vedere che anche tiran-do, è facilissimo il difendersi, e posciatosto rispondere, se opportuno puòsembrare. Abbiamo omesso il caso, che loschermitore tentasse di tirare al di fuo-ri nella stessa maniera, poiché il di luibraccio dovendo passare per la linead’offesa, non si potrebbe sottrarre dalpericolo di essere ferito al detto braccio. Altre cose analoghe vi rimarrebbe- §. 400.

ro tuttora a dirsi, ma giudicando che ilgià detto possa bastare per norma diquanto potremmo ancora esporre, cirenderemo più brevi tacendole.

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286

CAPITOLO SECONDO

DELLA SPADA CONSIDERATACOME LEVA NELL’ATTACCO,ED ANCHE NEL FILO D I S P A D A.

§. 401. Qualunque meccanico facilmentecomprende che la spada può conside-rarsi come una leva, allorquando unoschermitore appoggia la sua spadacontro quella del suo avversario, equesti gli oppone una resistenza; azio-ne che già denominiamo attacco dispada. Consideriamo pertanto una taleazione. In questa evidentemente nonesiste modo di veruna sorte, o dee pre-scindersi da ogni moto, allorché neesistesse taluno. Le velocità dunquenon possono essere in tale circostanzache virtuali; e quindi non dee trattarsiche di equilibrio di leva.

§. 402. La teoria della leva ci sommini-stra la grandezza di resistenza che puòequilibrarsi con data forza, o vicever-sa quale forza si richieda per equili-brare una data resistenza, allorché siconoscono le distanze dei punti d’ap-plicazione di queste due potenze dalpunto d’appoggio.

§. 403. Conviene dunque, prima d’ognialtra cosa, sapere fissare tali distanze,e per fare questo giova pure sapere

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287dove abbiasi a considerare il punto d’appoggio; ciò che può presentarequalche dubbio e difficoltà. Affine di sviluppare siffatto nodo §. 404.

prendiamo per resistenza la forza ches’incontra nel punto di contatto delledue spade. Una tale resistenza è soste-nuta dallo sforzo che si fa colla mano,che impugna la spada stessa. A contattodunque della mano devono trovarsi epunto d’appoggio, e punto d’applica-zione della potenza. Ci sembra pure ra-giovevole di supporre che l’uno debbaconsiderarsi là, dove il dito indice toccail ricasso a contatto della coccia, o pocomeno; e l’altro al luogo dove le dita an-anulare, e mignolo s’appoggiano allamanica. Supporremo il primo nella in- Tav. X. F. 4.

tersezione stessa della coccia coll’assedella spada, ossia al polo della coccia; esia tal punto indicato con B; e così sup-porremo che il secondo tra l’uno, e l’al-tro de’due indicati diti trovisi prossima-mente alla metà della grandezza dellamanica, e questo lo indicheremo con A.Una maggiore precisione porterebbe aben maggiori difficoltà, che noi giudi-chiamo opportuno di evitare, e per cuiprescinderemo pure dal peso della spa-da medesima. Resta ora a vedersi qualedei due punti A, e B debba prendersiper punto d’appoggio su di che può pu-re cadere qualche dubbio; potrebbe cre-

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288dersi che il punto d’appoggio esistessein B, e potrebbe giudicarsi che cades-se in A, giacchè nulla sembra che sipresenti per manifestarlo. Ecco peròcome può decidersi la cosa.

§. 405. Sia sostenuta la spada dallo scher- Tav. X. Fig. 4. mitore nel modo stesso che la sostiene

allorché si trova in guardia. Portisi undato peso Q al punto N della spada,oltre al quale lo schermitore non è piùcapace di sostenerlo; portisi altro pesoQ’, che supponiamo minore di Q, alpunto M della spada stessa, oltre a cuilo schermitore non può egualmentepiù sostenerlo. Dicasi x la distanza diN dal punto d’appoggio, e potrà esse-re o x==NB, oppure x== NA; dicasi i-noltre a la parte NM della spada, e bla distanza de’due punti A, B; chiami-si in fine F la forza esercitata dalloschermitore in B se l’appoggio è in A,oppure quella esercitata in A se l’ap-poggio è in B. Ciò posto sarà sempreespresso da F×b il momento della for-za esercitata dallo schermitore, qua-lunque de’due punti A, o B sia il pun-to d’appoggio; e da Q×x il momentodel peso Q posto in N, e da Q’× (a+x)il momento di Q’ posto in M, e sicco-me si ha F×b==Q’×x,come ancheF×b==Q’×(a+x), sarà pure Q×x==Q’×(a+x); da cui x==Q’× a . La grandezza Q – Q’

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289di x non dipende dunque che da’due pe-si Q e Q’, e dalla lunghezza MN del se-gmento della spada intercetto tra’punti,in cui furono sostenuti i due pesi stessi.

Se risulterà dunque Q’ × a == NB, sarà Q - Q’B il punto d’appoggio; se all’incontro

risulterà Q’× a ==NA, il punto d’appog- Q – Q’gio sarà in A. La cosa non si riduce oramai che §. 406.

ad esperimenti, e questi possono a suf-ficienza istruirci dove tal punto real-mente esista, semprechè sieno essi conqualche riguardo eseguiti. A tale effet-to noi abbiamo replicate più volte lenostre esperienze, e le femmo replica-re anche da altri giovani esercitati nellaScherma, la cui forza ci parve poterlagiudicare la stessa in ognuno. Ciascu-no di essi poteva sostenere un peso dilibbre 14 posto alla distanza di 4 pol-lici dalla coccia, ciò per la durata di15 secondi a un dipresso. In una delle nostre esperienze pren- §. 407.

demmo il peso di 14 libbre, che si so-steneva alla distanza di 4 pollici dallacoccia, come già si è detto, onde si feceQ ==14 libbre; indi l’altro peso di 7 lib-bre che si sosteneva alla distanza di 11pollici dalla coccia medesima; onde si

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290pose Q’=7 libbre; ed x=7 pollici.Quindi l’espressione Q’× a risulta = Q – Q’7 × 7 = 7. Ora NB = 4 pollici; dunque14-7

non è Q’ × a = NB, e perciò il punto Q – Q’d’appoggio non è in B. Al contrario il punto A essendoprossimamente lontano di 3 pollici daB, dà prossimamente NA = 7; quindiQ’× a = NA.Q – Q’

Dunque il punto d’appoggio esi-ste realmente in A.

§. 408. Per non dilungarci in superflueprolissità, giudichiamo di non accen-nare alcun’altra delle fatte esperienze,e solo ci contentiamo di dire che datutte si ebbe però a un dipresso lostesso risultato.

§. 409. La spada dee considerarsi dunquecome una leva di terzo genere aventeil punto d’appoggio in A, la potenzaesercitata in B, e la resistenza al puntodi contatto delle due spade.

§. 410. Determinata ora la specie di leva, acui la spada si riferisce, e determina-to che il punto d’appoggio esiste in Alontano 3 pollici dalla coccia, potràtosto determinarsi la forza che si sup-

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291pone esercitata dallo schermitore in B,allorché esso la eserciti per intero. Difatti l’equazione F×b = Q×x ci dà F

= Q × x, ossia F = Q × NA . Attenen- b bdoci allo sperimento precedente si ha

F = 14 lib.× 7 pol. = 32 libbre e 2 (cccc) 3 pol. 3 Ritenuti tali dati, sarà facile pre- §. 411.

sentemente il trovare cosa possa loschermitore su ciascuno punto della suaspada; e quindi l’esaminare pure quantovalga in ognuno della sua l’avversario.

(cccc) Borelli nella sua opera de Motu Ani-malium , Propositio XXII., appoggiato alla teoriadella leva, fa il calcolo per mezzo de’muscoli dellaforza dell’uomo che si considera esistere nel brac-cio e la fa ascendere a 28 libbre poste all’estre-mità delle dita. Il sig. Fergola, Professore di Ma-tematica in Napoli, il quale alle più sublimi co-gnizioni di questa scienza, accoppia una tropposcrupolosa modestia nel nascondere il suo nome,nel pubblicare le sue produzioni, nella opera suaintitolata: Prelezioni sui principj matematici dellafilosofia naturale del Newton dice in una nota del§. 28 della statica, parlando di leve: >> Basta indicarvi, che la maggior parte delle>> ossa del nostro corpo, destinate ad agevolare>> certe funzioni della nostra vita, non son che le->> ve di III. Genere, ove fan da potenza i muscoli>> attaccati alle medesime ossa d’accanto ai loro>> centri di moto. Ed un Anatomico, cui non in->> cresca spiar la compage di tai solidi colla luce>> della Statica, potrà conoscere per iscienza qual

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292 Tav. X. Fig. 5. Suppongasi divisa la spada in otto

parti eguali (come a’§. 10, e 11), e siaciascuna di esse della lunghezza di 4pollici; sieno a, b, c, d, e, f, g, i puntidi divisione. Ritenuto che F rappre-senti la forza esercitata dallo schermi-tore in B, a il braccio di leva BA, edetta R la resistenza che lo schermito-re medesimo è capace di sostenere inun punto qualunque della sua spada, dla distanza di tal punto dal punto d’ap-poggio A, si avrà evidentemente

F × b = B × d, da cui R = F × b dSostituendo ora successivamente lequantità numeriche si trova che

>> meccanismo è in noi, e qual magistero vi si>> rileva del Mastro Eterno. Un mio compatrio->> ta Gio. Alfonso Borelli si è distinto su questo>> argomento nell’incomp. Opera de Motu Ani->> valium: ed io seguendo le sue vestigia vi rap->> porterò per esempio questo solo Teorema, ed>> è che la forza del Muscolo Bicipite e del Bra->> chico quando tutto il braccio di un giovane ro->> busto sia orizzontalmente disteso ascende, a>> 560 libbre; imperciocchè il peso, che questo>> giovine può in tal sito sostenere colle sue dita,>> è di libbre 28, (computandovi il movimento>> del peso dell’antibraccio): e la sua distanza,>> o la perpendicolare calata dal centro di moto sulla>> direzione di questa Potenza è la vigesima>> parte della lunghezza dell’antibraccio, e della>> mano, come si ha dall’Anotomia. Dunque sa->> rà la divisata forza muscolare a 28 libbre, co->> me 20 ad 1 : ed essa forza uguale a 20 . 28>> libbre = 560 libbre.

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2931.° Al doppio forte cioè 2 al punto a . R = 32 3 × 3 = 14 libbre 7

2.° Al forte, cioè 2 10 al punto b . R = 32 3 ×3 = 8 11 libbre 11

3.° Al meno forte, 2 8 cioè in c . R = 32 3 × 3 = 6 15 libbre 15

4.° Al centro cioè 2 3 in d . . R = 32 3 × 3 = 5 19 libbre 19

5.° Al meno debo- 2 6 le cioè in e . R = 32 3 × 3 = 4 23 libbre 23

6.° Al debole cioè 2 17 in f . . . R = 32 3 × 3 = 3 27 libbre 27

7.° Al doppio debo- 2 5 le, cioè all’ulti- R = 32 3 × 3 = 3 32 mo grado in g 31

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294la possanza dunque dello schermitore,che esercitata in B equivale ad un 2peso di libbre 32 3, esercitata ne’suc-cessivi punti a, b, c, d, e, f, g, non 10 8equivale che a libbre 14, 8 11, 6 15, 3 6 17 55 19, 4 23, 3 27, 3 31, vale a dire,

Tav. X. Fig. 5. crescendo le braccia di leva aA, bA,cA, dA, eA, fA, gA, in progressionearitmetica, decrescono i gradi di pos-sanza in progressione armonica, se-condo i numeri indicati esprimenti lib-bre. E ciò si voleva trovare per primo.

§. 412. Passiamo ora alla seconda ricer-ca, vale a dire all’indagine della forzadell’avversario.

Tav. X. Fig. 6. Rappresenti F’ la forza che l’av-versario esercita nel punto B’, R’ laresistenza ch’egli è capace di sostene-re in un punto qualunque della suaspadab’ il braccio di leva B’A’ della forzastessa F’, riferito al punto d’appoggioA’, d’ la distanza del punto dove vin-ce esercitata la resistenza R’ dallostesso punto A’, e si avrà come sopraF’ × b’. Ora lo schermitore vada con d’un dato punto si sua spada a rintrac-ciare quel punto della spada del suo

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295avversario, dove trova equilibrata lasua resistenza, oppure porti tal puntodella spada propria su d’un punto fissodella spada dell’avversario che troviegualmente equilibrio delle due opposteresistenze onde abbiasi nell’uno, o nell’altro caso R = R’, e si avrà in allora

F × b = F’× b’ ; da cui si deduce d d’

F’ = F × d × d’, e sarà con ciò scoperta b’ d

la forza F’ che l’avversario esercita inB’; e di qui il confronto tra F, ed F’.Quando fosse b’ = b si avrebbe

F’ = F × d’. Determinata così la gran- d

dezza di F’, dall’equazione R’= F’× b’ d’

si avrà sempre il valore di R’ per qua-dunque altro punto della spada ini-mica. Supponiamo per un esempioche lo schermitore si trovi equilibra-to col suo avversario stando poggia-to, o sia avendo attaccato col suomeno forte il centro della spada inimi-

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296ca, e supponiamo che b’= b; e che ledue spade sieno di eguale lunghezza;

sostituendo nell’equazione F’= F × d’ dle quantità numeriche si avrà 2F’= 32 3 × 19 = 41 e17 libbre, e tale

15 45

sarà la forza che l’avversario esercitain B’. Di qui sarebbe subito dedotto ilvalore di R’ pe’diversi punti della spa-da inimica, che per brevità tralascia-mo determinare.

§. 413 L’ipotesi di b’= b, seguita nell’e-sempio precedente sarà da noi costan-temente ritenuta; onde l’equazione

F’ = F ×d’ sarà pure quella che inten- d

diamo trattare. Essa ci dà intanto l’a-nalogia F : F’ : : d : d’, ciò che c’inse-gna essere le forse di due schermitoriesercitate ai punti delle rispettive coc-ce proporzionali ai bracci di leve, cioèalle distanze dei punti d’appoggio dalpunto d’incontro delle due spade doveessi si fanno equilibrio. L’analogia stessa ci può servirealla soluzione di altre domande: se peresempio conoscendo le forze F, ed F’

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297importasse di sapere dove lo schermito-re potrà trovare equilibrio sulla spadadell’avversario poggiandosi egli con undato punto della propria spada, o vi-ceversa con qual punto della propriaspada dovrebbe poggiarsi su d’un datopunto di quella dell’avversario, ondeaverne equilibrio, si troverebbe perprimo

d’ = F’× d , e per secondo d = F × d’ . F F’

Stando ai dati del precedente esem-pio, e supponendosi che lo schermito-re voglia attaccare, o poggiarsi sullaspada inimica col suo doppio forte, siavrà 17 d’= 41 45 = pollici 8 181 32 2 210 3= pollici 8 6 prossimamente 7Così volendosi equilibrio poggiandosilo schermitore sul forte dell’avversario,dovrà aversi

2d= 32 3 × 11= a poll. 8 637 = 8 2 poll. 41 17 931 3 45prossimamente.

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298 Anche col semplice tastare il pun-to oppotuno della spada inimica, nelmodo stesso indicato per determinarela forza dell’avversario, si poteva ve-nire a capo di quanto si è qui determi-nato col calcolo.

§. 414. Le esposte dottrine servono difondamento alla condotta che loschermitore dee tenere nell’attacco dispada, come è facile il dedurlo. Aqueste noi pure ci siamo appoggiatinel dare gli insegnamenti già espostinelle due parti pratiche. Noi abbiamogià detto che lo schermitore dee at-taccare col forte, o doppio forte dellaspada del suo avversario. Ciò facendoè evidente che l’avversario stesso sitroverà sottomesso al volere delloschermitore, e ciò tanto nell’ipotesiche i due schermitori sieno egualmen-te robusti ne’loro bracci, quanto nell’altra che l’avversario fosse anche al-quanto più forte; né forse mai sitroverà un avversario di tanta possache non sia sottomesso allo scher-mitore, il quale si trova avere oppostoil suo forte, o doppio forte al deboledel suo avversario. Infatti la propor-zione F : F’: : d : d’, ossia l’equazione

2F’ = F × d’ = 32 3 × 27 mostra d 7

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299che la forza dell’avversario esercitatanel punto B’, per essere capace di resi-stere soltanto alla forza dello schermi-tore, che esercitata parimenti in B equi-

vale al peso di libb. 32 2, dovrebbe e- 3equivalere a libbre 126, opponendoquegli il debole di sua spada al doppioforte della spada di questo. Ora non sa-rebbe egli cosa strana, o prodigio di tro-vare un avversario di tanta possa? Supponendo poi i due schermitori §. 415.

egualmente forti, e che la loro possanzaesercitata in B equivalga ad F per cia-scuno, esercitata per l’uno nel doppio

forte equivalere 3 × F, ed esercitata per 7l’altro nel debole equivale a

3 × F, come si deduce dalle dottrine27

statiche pel trasporto di forze che pro-dur debbono lo stesso effetto, oppuredalle equazioni F × 3 = R × 7, ed F × 3= R’× 27, in cui R, ed R’ rappresentanole resistenze, che possono equilibrarsidall’uno nel doppio forte, dall’altro neldebole dalla potenza F esercitata da en-

trambi in B. Onde sottratto 3×F da 3×F,

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300il residuo 20 × F mostra di quanto l’ 63avversario sarà più debole dello scher-mitore in tale attacco, e potrà questoeseguire qualche azione, e passare aferirlo, se egli non sa o non può evita-re in tempo l’attacco stesso.

§. 416. Se la buona condotta dello scher-mitore viene appoggiata alle espostedottrine come abbiamo veduto, nonmeno quella che riguarda l’esecuzionedei fili di spada dipende dalle medesi-me. Quando lo schermitore nell’ese-guire qualche filo di spada abbia l’ac-cortezza di portare la propria spada acontatto di quella del suo avversarioin punti tali, che in quello della pro-pria spada sia lo schermitore capace diuna resistenza, maggiore della resi-stenza, che può opporgli l’avversarioin quello della sua spada, è chiaro cheegli avrà l’avversario stesso a se sotto-messo. Se vi rammentate quanto ab-biamo (ai §§. 267, e 268) detto di do-ver far finta di ritirarsi in guardia, eposcia tirare o d’incassata, o di filosottomesso, voi ben vedete che quelmovimento è necessario per porre unpunto di vostra spada a contatto diuno della spada nemica, in cui voi fo-ste nel vostro più forte di quello fossecapace di resistervi il vostro compe-titore, onde, dopo aver superato l’e-

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301quilibrio, potervi muovere colla diffe-renza di forze, ed avere quindi campoda ferire.

CAPITOLO TERZO. DEL PICCO, E DELLO SFORZO DI SPADA.

Dopo aver resa ragione del modo di §. 417.

tenersi in guardia, e dopo ancora ave-re fatto cenno di quelle teorie, su cuiregolar si debbono l’attacco, ed i filidi spada, conveniente egli è che ven-gasi ormai alla disamina delle altre,alle quali sono appoggiati gl’insegna-menti riguardanti sì il picco che lo sfor-zo di spada. Quanto faci le ci fu l’ana-lizzare geometricamente le circostanze,e gli accidenti della guardia, e meccani-camente quelli che spettano all’attacco,ed ai fili di spada, altrettanto difficileci sembra dover riuscire un esattosviluppo di ciò che costituisce il me-tematico fondamento delle azioni stes-se, che denominate vengono coi voca-boli picco e sforzo di spada. Se in talesviluppo però non ci è possibile di atte-nerci a tutto il rigore matematico, pro-cureremo nulla meno di avvicinarvicicon tale approssimazione, onde le con-seguenze che ne dedurremo sieno di piùche sufficiente esattezza riguardo allapratica.

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302§. 418. Considerando l’azione detta picco

di spada, ciascun vede ch’essa consi-ste nell’urto di un corpo contro di unaltro; che il fine di tale azione si è diallontanare la spada nemica dalla li-nea d’offesa, onde aver campo di vi-brare una stoccata. I corpi che si urta-no, le lame delle spade, sono corpi d’acciaro temperato, e perciò poco me-no di perfettamente elastici. Noi lisupporteremo per facilità, come dotatidi una elasticità perfetta. I corpi stessisono attaccati alle mani, da cui sonosostenuti, ma riuscirebbe troppo diffi-cile ogni considerazione sugli acci-denti dell’urto, se si considerasserocosì obbligati; e come nei primi istan-ti, in cui succede l’urto per niente ilmoto può essere alterato dall’essereeglino così obbligati, li supporremopure come perfettamente liberi, alme-no nel momento dell’urto medesimo.

§. 419. Per massa del corpo che urta esi-stente in un dato punto della spadapuò plausibilmente supporsi quellacompetente al peso già determinatoche lo schermitore è capace di soste-nere nel punto stesso, quando però loschermitore medesimo eserciti, bat-tendo sulla spada nemica, tutta quellaforza che dee esercitare per sostenerequel medesimo determinato peso.Considerando pure per massa urtata

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303quella che l’avversario è capace di reg-gere nel punto urtato della sua spada,probabilmente si passerà quasi sempreal di là della vera grandezza di quella,che realmente sarebbe uopo considerar-si esistere in tal punto; mentre difficil-mente lo schermitore che sta in guardiapuò esercitare costantemente, nel tenereferma la propria spada, tutta quella for-za che eserciterebbe sostenendo il pesoche può reggere in quel punto, in cuiviene urtato; ma come una tale conside-razione ridonda tutta in isvantaggio dell’effetto dell’urto, ossia a vantaggio dell’avversario, vogliamo anche concedergliun tale avvantaggio, e considerare chenel luogo urtato esista appunto tutta lamassa che può sostenere. Rapporto poi alle velocità, è evi- §. 420.

dente che la massa urtata non ne ha al-cuna prima dell’urto; e di quale debbaconsiderarsi dotata la massa urtante pro-cureremo dedurlo dalle riflessioni se-guenti. Allorché uno schermitore eserci-ta la sua forza sostenendo un dato pesosu d’un dato punto della sua spada, eglievidentemente distrugge colla sua forzal’azione della gravità esercitata sullamassa del corpo sostenuto e competen-te al tempo medesimo in che si sostiene.Dunque l’effetto, che la gravità stessaprodurrebbe in quel dato tempo su diuna tal massa, sarà la misura dell’azio-

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304ne della gravità distrutta dallo scher-mitore, che regge sulla sua spada ildato peso; e quindi sarà la misuradell’azione stessa esercitata dalloschermitore. Se all’opposto lo scher-mitore invece di sostenere sulla suaspada un peso, esercitata la stessa for-za per battere colla sua spada quelladell’avversario, in tal caso la sua azio-ne, che non è diretta a distruggerequella della gravità, né questa a di-struggere quella, andrà a cadere accu-mulata in quel punto della spada ne-mica che viene urtato; e la grandezzadi tale azione sarà appunto misuratada quella che eserciterebbe la gravitàper la durata del tempo, che lo scher-mitore impiega per battere la spadanemica. Rendiamo ciò chiaro con unesempio. Sia lo schermitore capace disostenere nel forte della sua spada unpeso di 9 libbre; sostenendo per1 di minuto secondo distrugge l’azio-4ne della gravità per un egual tempo. Inquesto caso la gravità avrebbe traspor-tato il corpo, qualora non fosse stato

sostenuto, per lo spazio di 11 1 polli- 4ci, ed avrebbe comunicato al corpo

medesimo una velocità uguale a

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3057,5 piedi, come è facile dedursi dalle 1”note formole, che la Meccanica ci som-ministra pe’l moto de’gravi liberamente

cadenti vale a dire gt =v, gs = 1 v 2, gt 2 2= 2 s; dove g rappresenta la gravità, il

cui valore uguaglia 30,1 piedi, ossia, 1”2

sprezzando la decima di piede, uguaglia

30 piedi;t il tempo della sua azione; v la1”2

velocità ch’essa gravità comunica collasua azione ai corpi nel tempo t; ed infi-ne s lo spazio descritto nel tempo mede-simo. Lo schermitore adunque opponen-

dosi per 1 di minuto secondo alla azione 4della gravità, ha impedito al corpo di 9libbre di percorrere lo spazio di 11 pol-lici e 1, per cui l’avrebbe trasportato la 4gravità stessa, e di acquistare una velo-

cità = 7,5 piedi, che pure la gravità gli 1’’gli avrebbe comunicata. Così lo scher-mitore medesimo, quando, inveced’impiegare la sua forza per la

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306durata di 1 di un minuto secondo in 4opposizione della gravità, la impie-gasse nel modo stesso senza opporvi-si, l’effetto ch’egli potrebbe produrresarebbe pure di trasportare col fortedella sua spada la massa del peso di 9

libbre per lo spazio di 11 1 pollici, e 4di comunicare alla stessa velocità di

7,5 piedi, o l’equivalente. 1’’

§. 421. La forza dunque, di cui unoschermitore è capace su d’un datopunto della sua spada, può equipararsia quella, che la gravità può esercitaresulla massa competente al peso, che loschermitore stesso può sostenere suquel punto medesimo della propriaspada. Ciò avrebbesi ben anche potutodedurre da quest’altro riflesso. Lo schermitore sostiene su di undato punto di sua spada un peso P;dunque la forza dello schermitore inquel punto equivale al peso P; ma di-mandata M la massa di P, e g la gra-vità terrestre, si ha P = g M; dunque laforza dello schermitore uguaglia puregM; e siccome questa forza, ch’è l’as-soluta dello schermitore, si suppone

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307esercitata sulla stessa massa M, così laforza acceleratrice dello schermitore me-desimo, che può esercitare sull’unità dimassa sarà =g, cioè a quella della gravi-tà. Egli è poi chiaro che lo schermitorepuò dirigere tal sua forza per quel versoche più gli piace. Se la forza dunque dello schermito- §. 422.

re ad un dato punto di sua spadaequivale a quella della gravità, lavelocità ch’egli può dare alla massa,che si suppone assistere nel punto me-desimo, dovrà essere eguale a quellastessa, che dare le potrebbe la gravitàmedesima. Da ciò vediamo che facilmente può §. 423.

determinarsi la velocità, di cui dee con-siderarsi fornita la massa urtante, qua-lora si conosca il tempo che lo scher-mitore impiega per dare il colpo. Ladeterminazione di un tal tempo ci rie-scì alquanto difficile; e quello stessoche da replicatissimi esperimenti ciparve dover prescegliergli non è forseil preciso. Prendemmo a quest’effetto diversi §. 424.

pendoli semplici, uno della lunghezzadi pollici 36 2, e che batte per conse- 3guenza i minuti secondi; un altro della

lunghezza di pollici 9 1, il quale batte 6

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308i semisecondi; un terzo della lunghez-za di pollici 4 ed 1 linea circa, per ter-zi di secondo; ed un quarto dellalunghezza di pollici 2 1 per i quarti di 4secondo; e di questi ci servimmo a de-terminare i tempi delle diverse azionine’nostri esperimenti. Le oscillazioni dell’ultimo cisembrarono molto isocrone col tempo,che lo schermitore impiega per batteresulla spada con un colpo di picco.Egli può essere un po’maggiore delpreciso; ma non ci essendo possibilemediante il pendolo il determinarneuno che si potesse giudicare per l’as-solutamente vero, ci giova assumerequesto a preferenza d’ogni altro. Conpiù precisione s’avrebbe potuto dedur-lo dallo spazio, che un punto dellaspada percorre; e l’avremmo fatto, senon si fosse riflettuto che poteano al-lora presentarsi altre difficoltà, il cuiscioglimento avrebbe richiesto unosviluppo alquanto lungo e complicato.

§. 425. In conseguenza di quanto abbiamoqui detto porremo per principio 1. che in un dato punto della spada, impu-gnata con tutta la forza dallo schermi-tore, esista quella massa che competeal peso che lo schermitore medesimoè capace d’ivi sostenere; 2.che la for-

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309za dello schermitore considerata in queldato luogo uguali in grandezza quelladella gravità; e 3 finalmente ch’egli im-pieghi 1 di minuto secondo per dare un 4colpo di picco. Da questi dati incominciamo frat- §. 426.

tanto a scorgere, che qualunque sia lagrandezza della massa urtante, la suavelocità nell’atto dell’urto dee esserecostantemente la stessa per ogni caso;sempre essendo essa quella che viene

generata in 1 di minuto secondo da 4una forza, la cui energia uguaglia lagravità; sicchè determinata per un casosarà essa determinata per tutti. Per attenerci poi alla massima sem- §. 427.

plicità possibile, daremo l’ipotesi, che i due schermitori avversarj sieno egual-mente forti, e che la forza di ciascuno

valga a sostenere libbre 32 2 al punto B 3di sua coccia come si è detto (al §. 411)onde i pesi da considerarsi ne’diversipunti di ciascuna spada sieno quelligià segnati nella tavola dello stesso §.Ciò premesso dicasi M la massa urtan-te, V la sua velocità prima dell’urto;così rappresenti m la massa urtata,la cui velocità avanti l’urto è zero;

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310indichisi pure con U la velocità di Mseguito l’urto, e con u quella di m pa-rimenti dopo l’urto; ed avremo leequazioni

(A) U = (M – m) V, ed M + m

u = a M V (B), che la M + m

Dinamica ci somministra per la detr-minazione degli accidenti, che seguo-no nell’urto de’corpi elastici. Questeequazioni unitamente alle già superi-

ormente indicate gt = v,gs = 1 v2, gt2 = 22s spettanti al moto variato, e prodotteda una forza acceleratrice, la cui gran-dezza uguaglia la gravità, ci serviran-no a quanto ci occorre di determinaretanto nel picco che nello sforzo dispada.

§. 428. Uno schermitore batte il picco colforte di sua spada il debole di quelladel suo avversario; trattasi di determi-nare gli accidenti del moto che in taleazione seguir devono. Sostituendo nell’equazione gt = v

in luogo di g il suo valore 30 piedi, e 1’’2

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311fatto t = 1 . 1’’, si troverà v = 30 piedi 4 1’’2

x = 1 .1’’ = 7,5 piedi. La velocità dun- 4 1’’que del forte della spada urtante nell’at-

to dell’urto uguaglia 7,5 piedi, e come 1’’questa si è denominata V, così si ha

V = 7,5 piedi. 1’’ La massa competente al forte della

spada urtante è proporzionale a 8 10 11’ossia a 98; dunque M = 98. Quella 11 11competente al debole della spada ur-

tata è proporzionale a 3 17, ossia a 27

98; dunque m = 98. Sostituiti questi27 27

valori nelle equazioni (A), e (B),

98 – 98 7,5si avrà U = 11 27 1’’ 98 + 98

11 27

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312

3 = 60 = 3 + 19 ; ed u = 19 × 1’’ 1’’

98 7,5 252 . 11 . 1’’ = 405 = 10 + 38 98 + 98 38 × 1’’ 1’’11 27

Vediamo ora quanto tempodebbano consumare i due schermitoriavversarj per rimettersi nella linead’offesa. In questo ci servirà pure l’e-

quazione gt = v, ossia t = v. Sostituen- g

do primieramente il valore di U, e di

g, si avrà t = 60 : 30 = 60 × 19 × 1’’ 1’’2 19 × 1’’

1’’2 = 2 × 1’’; cioè il tempo, che30 19

deve impiegare lo schermitore attivoper distruggere la velocità, di cui re-sta fornito il forte di sua spada dopo

l’urto, sarà 2 × 1’’; giacchè tanto se 19ne richiede per distruggere un datogrado di velocità, quanto per generar-

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313lo. Sostituendo poi il valore di u, equello di g nuovamente, si avrà

t = 405 : 30 = 405 × 1’’2

38 × 1’’ 1’’ 38 × 1’’ 30

= 27 × 1’’ ; cioè il tempo che è 76costretto di consumare lo schermitoreavversario per distruggere la velocitàdel debole di sua spada acquistata nell’urto, sarà espresso da 27 × 1’’. Ma al 76momento che ciascuno schermitore hadistrutta ogni velocità di sua spada nonsi trova però sulla linea d’offesa, si tro-va soltanto in libertà di potervisi incam-minare, e per giungervi vi vorrà almenoaltrettanto di tempo per ciascuno, o piùancora quando volessero giungervi spo-gli di ogni velocità. Il tempo necessarioda impiegarsi nuovamente, quando vi sivolesse giungere in questo secondo mo-do sarebbe per ciascuno il doppio diquello, che è uopo consumare per tra-scorrere la metà dello spazio, pe’l qua-le il rispettivo punto di spada si trovalontano dalla stessa linea d’offesa. De-termineremo or ora un tale spazio. In-tanto si vede che il minimo tempo, nelquale lo schermitore attivo può ritor-nare sulla linea d’offesa si è 4 × 1”. 19

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314cioè poco più di 1 × 1”; ed il minimo 5nel quale vi può ritornare lo schermi-

tore avversario si è 54 × 1”, vale a 76

dire poco meno di 2 × 1” (dddd). 3

§. 429. Gli spazj per cui i due schermitorisono costretti d’allontanarsi dalla li-nea d’offesa i punti urtati delle lorospade, intanto che stanno a distrugge-re le velocità de’punti medesimi, si

possono dedurre dall’equazione gs = 1 2v2. Sostituiamo pertanto i valori di g;

(dddd) Il tempo che lo schermitore attivo do-vrebbe impiegare per ritornare sulla linea di of-fesa per una direzione perpendicolare alla stessaè tutto impiegato nel percorrere utilmente unaparte dello spazio, che s’interpone fra’duecombattenti, e che conviene scorrere per tirareuna stoccata. Sappiamo per mezzo di alcune

esperienze, che lo schermitore impiega 1 ×××× 1” 3per tirare la stoccata stessa; dunque se dopol’utro (sia questo stato fatto per mezzo di unatoccata di spada, sia per mezzo di una parata dipicco) la risposta succede velocemente al picco,è evidente, che lo schermitore avversario dovràrimanere ferito.

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315

e di U, ed avremo s = v2 = 60 2g 19 × 1”

× 60 : 2 . 30 = 60 = 2 pollici 19 × 1” 1”2 361

prossimamente. Così sostituendo pureil valore di g e di quello di u, si avrà

s = v2 = 405 × 405 : 2 . 30 = 2g 38 × 1” 38 × 1” 1”2

10935 = 1 piede ed 11 pollici poco 5776

meno di (eeee). Se ora si volesse il tempo dallospazio, o inversamente lo spazio daltempo, a ciò ci servirebbe la terza e-equazione gt2 = 2s; ma basti così. Vogliansi presentemente determi- §. 430.

nare gli accidenti del moto che seguirdevono nell’azione di picco, supponen-

(eeee) Si vede che il punto urtato della spadanemica si allontana dalla linea di offesa per 23pollici, sicchè lo spazio, che percorre la spadanemica è maggiore di quello, che dee trascorrerela punta dello schermitore per ferire il di lui av-versario, poiché lo schermitore stesso appena, cheha impresso l’urto, e che la spada di questo sidiscosta dalla linea di offesa muove contempora-neamente la sua per ferire.

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316do che lo schermitore batta col centrodella sua spada il centro di quella delsuo avversario. In questo caso le mas-se M ed m sono dunque uguali; ondele equazioni (A), e (B) riluconsi ad U= 0, ed u = V. Ora V è sempre espres-

sa da 7,5 , come (ai § §. 420, 428) 1”

abbiamo indicato; dunque u = 7,5. La 1”

spada urtante rimarrà dunque in que-sta circostanza spoglia di ogni veloci-tà sulla linea d’offesa, e la spada urta-ta se ne dovrà allontanare fornita al

suo centro di una velocità u = 7,5 ; lo 1”schermitore che la impugna dovrà

consumare 1× 1”di tempo per distrug- 4gere tale velocità, ed altrettanto alme-no per ritornare sulla linea d’offesa,

cioè in tutto 1 minuto secondo. Lo 2spazio poi, per cui lo schermitore av-versario sarà costretto di lasciare sco-stare il centro di sua spada dallalinea d’offesa, verrà espresso da

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317

s = v2 = 7,5 × 7,5 = 375 = 2g 1” 1” 400 2 . 30 1”2

15 di piede (ffff).16

Determinando per ultimo gli acci- §. 431.

denti del moto, che seguir devono dalpicco di spada, battendo lo schermitoreattivo col bedole di sua spada sul fortedi quella dello schermitore avversario.

La velocità V è sempre 7,5 ; la 1”massa M è in questo caso proporzio-

nale a 3 17 = 98 ; la m proporzionale27 27

(ffff) Il punto centrale della spada nemicanon allontanandosi dalla linea d’offesa, che per

lo spazio di pollici 11 1, ne avviene che tutti i 4punti della spada descrivendo degli sapzj propor-zionali alle loro rispettive distanze dalla coccia,ossia essendo gli archi proporzionali a’raggi, ipunti vicini alla coccia si scosteranno di poco dal-la linea di offesa; quindi non sempre si potrà spe-rare per mezzo di questo picco di ferire il nemi-co, e perciò conviene evitare di praticarlo.

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318

ad 8 10 = 98. Dunque si avrà U =11 11

(98 - 98) 7,5 27 11 1” = - 60 = 98 + 98 19 × 1”

27 11

-(3 + 3 ) 98 7,5 19 ; ed u = 2 . 27 × 1” = 1” 98 + 98

27 11

165 = 4 13 38 × 1” 33 1” . La velocità

dunque del debole della spada delloschermitore attivo è di eguale gran-dezza che quella che ne aveva il fortenel primo esempio; ma in questo casoperò ella è negativa (gggg), mentre al-lora era positiva; quella poi delloschermitore avversario non è presen-

(gggg) Ecco le ragioni, per cui non si deegiammai col debole urtare la spada nemica. 1.La forza è impiegata inutilmente. 2. Essendo ildebole vicino al forte, l’inimico vi può sorpren-dere con diverse azioni, delle quali vi sarà diffi-cile il pararvi. Le appuntate hanno luogo preci-samente in questo caso, ed il presente esempiopuò, rapporto all’urto, servire alla dimostrazio-ne di queste azioni secondarie.

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319temente che 2 circa di quella, che esso 3ne aveva nello steso primo esempio. Inconseguenza il tempo, cui sarà costrettoimpiegare il primo per rimettersi sulla

linea d’offesa sarà ancora di 1 × 1” cir- 5ca; ma quello che dovrà consumare loschermitore avversario per giungere almedesimo intento sarà molto minore.Difatti sostituendo il valore di u, e dig nell’equazione gt = v, si avrà t = u g

= 165 : 30 = 11 × 1” = 1 × 1” 38 × 1” 1”2 76 7

circa; quindi il tempo per ritornaresulla linea d’offesa sarà un poco meno

di 2 × 1”. Gli allontanamenti poi dei 7detti punti delle spade dalla linea di

offesa sarebbero pe’l primo s = v2

2g

= 60 × 60 : 2 . 30 = 60 = 1 19 × 19 × 1”2 1”2 361 6

prossimamente come nel primo esem-

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320

pio; e pe’l secondo s = v2 = 2g

165 × 165 : 2 . 30 = 1815 = a me-38 × 38 × 1”2 1”2 5776no di 4 pollici.

§. 432. I risultati, che si sono trovati ne’tre proposti esempi sembrano eccede-re alcun poco ciò che dà la pratica.Questo provenir dee necessariamentedallo essersi preso forse maggior deldovere il tempo, che lo schermitoreimpiega nel battere la spada col colpodi picco. Se invece di prendere per un

tal tempo la durata di 1 di minuto se- 4condo, si fosse preso esempio 1 di se- 6condo, i risultati sarebbero riuscitiminori; ma però tutti analogamente; eperciò i già determinati, quantunquenon fossero esatti, possono servirci al-le conclusioni, che tirar ne dobbiamosimilmente che se fossero i veri.

§. 433. Ciò per altro che dee considerarsirapporto all’essere, o non essere irisultati trovati conformi a quelli, chehanno realmente luogo in pratica, si èche noi abbiamo supposto la perfezio-ne assoluta negli schermitori, ciò chenon ha, ne’può aver luogo: lo scher-

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321mitore è uomo, né può avere maggioreperfezione di quella, ch’è compatibilecoll’uomo stesso. Quanto più sarà essoperfetto nella sua arte, tanto più i risul-tati pratici si uniformeranno coi teore-tici, ossia con quelli della natura; quan-to meno lo sarà, tanto più si scoste-ranno quelli da questi. Se per esempiouno schermitore perito dà un colpo dipicco sulla spada di un’inesperto scher-mitore, questi in vece di tornar tostosulla linea d’offesa, si lascia portare lapropria spada col proprio braccio là do-ve alcuno schermitore esperto non giun-ge mai; se un inesperto batte di picco laspada di un perito, tutt’altro succede diquello suole succedere allorché entram-bi sono abili schermitori. I risultati pra-tici dipendono dunque dall’esattezzadell’esecuzione; se questa non ha luogo,il risultato non sarà mai quello che deveessere. Altra causa che concorre a ren-dere varj i risultati pratici si è il più omeno di flessibilità delle spade: pren-dansi da prima due spade, o fiorettiquanto meno si può flessibili, indi duealtri della massima flessibilità; battasiprima con quelle o quelli, e poi conquesti lo stesso colpo di picco, e sitroveranno risultati ben diversi. Ammessa dunque per ipotesi la §. 434.

perfezione delle azioni, vediamo dagliaddetti esempi, che se uno schermitore

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322batte di picco col forte di sua spada ildebole di quella del suo avversario,egli ha tutto il tempo per passare a fe-rirlo. Non così facilmente avrà campodi farlo, se col centro batte il centro;ed impossibilitato si trova ad eseguir-lo, se col debole della propria spadabatte il forte della spada nemica. Que-sto è appunto quanto abbiamo incul-cato nella prima parte pratica.

§. 435. Dopo avere trattato dell’azione discherma conosciuta sotto il nome dipicco di spada, l’ordine vuole chevengasi a ragionarle dell’altra chenomasi sforzo. Quest’azione analizza-ta con tutto il rigore matematico, sipresenta di natura alquanto diversa daquella del picco; e quindi su diversiprincipj sembra vogliano essere ap-poggiati gli accidenti che l’accompa-gnano, e la determinazione de’mede-simi. Un siffatto rigore però ci porte-rebbe ad un penoso travaglio, chestancar dovrebbe senza dubbio lamaggior parte de’nostri lettori, senzacondurci poi a risultati molto diversida quelli, che dedurre si possono in unmodo affatto semplice, ed appoggiatosu d’una considerazione niente diffici-le a percepirsi, né ripugnante ad am-mettersi. Noi ci appiglieremo a que-sta, e lasceremo che altri più pazienti,ed abili di noi s’attengano a tutto il

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323rigore possibile. Se bene si riflette sul fenomeno §. 436.

della comunicazione del moto, egli èfacile lo scorgere ch’essa non si compi-sce in un istante indivisibile, e ciò tantopiù se i corpi urtatisi sono elastici. Di-fatti il tempo, in cui si tende l’elaterionon può essere l’identico con quello, incui l’elaterio stesso si rallenta; il primodee necessariamente scorrere prima delsecondo, e ciò è evidente. Sicchè perquanto piccolo sia il tempo della totalecomunicazione del moto, esso non puòessere in verun modo istantaneo, ma fi-nito. Comunque finito però sia il dettotempo della comunicazione del moto,non si fa alcun caso della sua durata, etacitamente quasi si suppone che essasucceda in un solo istante. L’effetto èlo stesso, comunque istantaneo, o finitosia il tempo in cui succede. Rifletteremo inoltre che se invece §. 437.

di supporre una forza acceleratrice ap-plicata continuatamene ad incalzare uncorpo per la durata di certo tempo, sisuppone all’incontro, che il corpo stes-so venga istantaneamente incalzato daun niso, che uguagli in grandezza lasomma di tutti i nisi esercitati succes-vivamente per la durata di quel tempo,il corpo dovrà trovarsi nella stessa cir-costanza nell’uno, e nell’altro caso,tosto che la forza avrà cessato di eser-

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324citare la sua azione.

§. 438. Eccoci da ciò alla considerazione;che ci faciliterà estremamente la ricer-ca degli accidenti del moto, che suc-ceder devono nell’azione dello sforzodi spada. Considereremo dunque, chela comunicazione del moto in questaazione si compisca nell’ultimo istante,in cui la potenza cessa di esercitare lasua azione, supponendo la forza stessatutta accumulata in quell’istante, e lavelocità essere quella, che è dovuta al-la durata dell’esercizio della potenzaacceleratrice. Con ciò l’azione dellosforzo di spada si riduce ad essere i-dentica con quella del picco; e quindiil metodo usato per la determinazionedegli accidenti del moto provenientidal picco, ci servirà non meno a deter-minare quelli, che nascono dallo sfor-zo.

§. 439. Sebbene da quanto abbiamo dettoci si renda permesso di riguardare l’a-zione dello sforzo come un’azione dipicco, conviene però riflettere ad unacircostanza, che alterare ne può i ri-sultati, ed è questa: la mano che im-pugna la spada nello sforzo è bensìvero che tende a premere colla spadastessa quella dell’avversario, ma nonsi ardirebbe asserire ch’essa premasempre perpendicolarmente contro diquesta. Mentre la mano scorre in

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325avanti radendo colla propria spada quel-la dell’avversario o fassi un consumo diforza, o la forza impiegata è diretta inaltra linea che nella perpendicolare allaspada inimica. Ad avere pertanto ungiusto risultato di questa azione conver-rebbe fare una risoluzione di forze, ecalcolare quindi quella soltanto che im-piegata viene utilmente. Per ciò esegui-re sarebbe però mestieri conoscere l’an-golo d’inclinazione della forza stessacolla spada nimica; ma un tale angolosembra assai difficile che si posa deter-minare con qualche precisione. Se dunque non possiamo accertarcidella precisa grandezza di tale angolo,né perciò di quella della forza impiega-ta utilmente, e per conseguenza neppu-re della assoluta esattezza de’risultati,per cui è forza che ci contentiamo dellasola approssimazione, questa ci gioveràrintracciarla evitando almeno quella fa-tica, che riescir dee pressoché inutile.Supponendo pertanto che la forza eser-citi la sua azione nella direzione per-pedicolare alla spada nimica, si trove-rebbero risultati alcun poco maggioridel dovere. Ma non potrebbonsi i me-desimi diminuire dopo essersi rintrac-ciati? Oppure non potrebbonsi essi de-su mere da una forza minore, onde ri-sultassero di già diminuiti? I risultatisaranno evidentemente minori, allorchè

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326si desumeranno da una velocità mino-re, e questa sarà minore, secondo cheper essa si prenderà quella, che vieneaccumulata in minor tempo. Eccodunque come si possono in un modoaffatto semplice dedurre con approssi-mazione i risultati; vogliamo dire, ciòpuò ottenersi riducendo lo sforzo adun preciso picco, col solo modificareil tempo, che lo schermitore consumanello esercitare lo sforzo medesimo;ovvero col diminuire alcun poco i ri-sultati, se il tempo non viene per nien-te diminuito, o non lo viene quantobasta.

§. 440. Dalle nostre esperienze ci parveche il tempo, che si consuma nell’azione dello sforzo possa essere alcunpoco maggiore di 1 di minuto secon- 3do, perciò se si stabilisce 1 × 1” per la 3durata di tal tempo, potremo con ciòavere già una qualche correzione ne’risultati; se questi poi sembrasseroancora poco maggiori di ciò che dà lapratica, si potranno diminuire nuova-mente col riguardargli soltanto comeproporzionali ai veri risultati, e noncome i risultati precisi, che rintraccia-re si volevano.

§. 441. Dietro dunque le fatte supposizio-ni passeremo alla soluzione di tre que-

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327siti rapporto allo sforzo di spada, chesono gli angoli ai tre già proposti rela-tivamente al picco. Avvertiamo prima però che inten- §. 442.

deremo farsi lo sforzo col forte dellaspada, allorchè il forte stesso riusciràil punto di mezzo della parte della spa-da strisciata su quella dell’avversario; ecosì intenderemo del pari che lo sforzosi faccia contro il debole della spadanemica, allorquando il debole sia ilpunto di mezzo della parte strisciatadella spada nemica. Altrettanto intenda-si per gli altri punti. Uno schermitore esercita uno sfor- §. 443.

zo col forte di sua spada sul debole diquella del suo avversario. Cercansi gliaccidenti del moto proveniente daquesta azione.

Se il tempo di tale azione è 1 × 1”, 3e noi vogliamo primieramente la velo-cità, che lo schermitore può accumularein siffatto tempo, l’equazione gt = vci mostra che tale velocità sarà v =

30 × 1 × 1” = 10 . Denominando 1” 3 1”

questa con V, avremo V = 10. 1”Sostituendo questo valore di V, e quelli

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328di M, ed m, che competono al caso,nelle formule (A) e (B), avremo indi

(8 16 – 3 17) . 10U = 11 27 1” 8 10 + 3 17

11 27

(98 – 98) 10= 11 27 1” = 80 , ed 98 + 98 19 × 1”

11 27

2 × 98 10u = 11 1” = 270 . Sosti- 98 + 98 19 × 1”

11 27

tendo nuovamente il valore di U inluogo di v nell’equazione gt = v, de-

durremo t = 80 × 1”2 = 8 × 1”; 19 × 1” 30 19e così sostituendovi quello di u, trove-

remo t = 270 × 1”2 = 9 × 1”. 19 × 1” 30 19

Di qui si scorge che lo schermitoreattivo può ritrovarsi sulla linea d’offe-

sa dopo 16 × 1”, cioè in poco più di 57

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3291 × 12 (hhhh); e lo schermitore av-4versario non vi può ritornare che do-

po 18 × 1”, cioè quasi dopo un se- 19condo intero. Sostituendo infine nella

equazione gs = 1 v2, prima il va- 2lore di U, avremo s = v2 = 80 2g 19 × 1”

x 80 × 1”2 = 2430 = 3 piedi, e 19 × 1” 60 722

4 pollici circa (iiii). Ciò mostra che loschermitore attivo non s’allontana dallalinea d’offesa, dopo lo sforzo, se non

di pollici 3 1 circa; mentre lo scher- 2mitore avversario se ne dee allontanaredi circa 3 piedi, e 4 pollici.

(hhhh) Le circostanze sono simili a quelle;che abbiamo accennate nella nota (dddd). Si vedeche lo sforzo è più efficace del picco, e quindicollo stesso si ha maggiore probabilità di colpire. (iiii) Lo spazio che trascorre la spada nemicaper mezzo dello sforzo è quasi doppio di quelloche percorre il picco ( V. la nota (ffff) ). Tutte leparate di sforzo sono per conseguenza più efficacidi quelle di picco, poiché l’allontanamento dellaspada urtata è di gran lunga maggiore.

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330

§. 444. Si fa uno sforzo di spada col cen-tro contro il centro. Quali saranno gliaccidenti del moto? Supponendo sempre eseguita l’a-

zione di sforzo in 1 × 1”, la velocità 3

V sarà pur sempre = 10. Le formole 1”

(A) e (B), per essere M = m, si ridu-cono ad U = 0, ed u = V. Dunque laspada dello schermitore attivo rimaneimmobile dopo l’azione dello sforzo;e quella al contrario dello schermitoreavversario è costretta a muoversi colla

velocità 10. Il tempo poi, per cui que- 1”sta dee allontanarsi, dopo lo sforzo,

dalla linea d’offesa si è 1 × 1”, e due 3terzi di secondo dee impiegare per ri-tornarvi. Lo spazio finalmente, per cuis’allontana dalla linea d’offesa; dopolo sforzo, si trova dall’equazione

s = v2 espressa da s = 100 × 2g 1”2

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331

1”2 = 5 = 1 piede ed 8 pollici (kkkk).60 3

Supponendo per ultimo che si po- §. 445.

tesse eseguire uno sforzo di spada coldebole contro il forte, si dimandanoquali dovrebbero essere gli accidentidel moto anche per questo caso. Sostituiti nelle equazioni (A) e (B)il valore di V, che è sempre = 10, quel- 1”

lo di M, che ora uguaglia 98, e quello 27

di m = 98, si avrà U =

(98 – 98) ×10= 27 11 1” = - 80 , ed 98 + 98 19 × 1”

27 11

(kkkk) Quantunque la spada nemica si allon-tani di 20 pollici dalla linea di offesa, talchè sipossa vibrare una stoccata utilmente, pure con-viene evitare di fare lo sforzo al centro, poichési può facilmente oltrepassare questo punto, escorrere sul meno forte, o sul forte, e quindi nonsolo essere inabilitato a ferire, ma perdere ancorai vantaggi della graduazione.

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332

- (4 + 4) 2 × 98 × 10 19 (*) , ed u = 27 1” 1” 98 + 98

27 11 5 + 15= 110 = 19 ; onde le velocità 19 × 1” 1”

de’due schermitori dopo lo sforzo sa-rebbero poco differenti in grandezza,ma dirette in versi contrarj. Sostituitopoi nell’equazione s = v2 in luogo 2g

di v, prima il valore di U, si avrà

s = - 80 × -80 × 1”2 = 19 × 1” 19 × 1” 60

320 = 3 5 pollici circa, ed indi361 × 3 9

quello di u, troveremo s = 10019 × 1”

× 110 = 1”2 = 1210 = 19 × 1” 60 361 × 6

pollici 6 2 circa. Sostituiti finalmentenell’equazione gt2 = 2s, prima il va-

(*) Vedi la nota (gggg)

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333lore di s proveniente da U, si avrà t =

= 1 × 1” circa, indi quello di s prove- 7veniente da u, ne verrà t =

= 1 × 1” circa. Quindi per ritornare 5sulla linea d’offesa, farà di mestieriallo schermitore attivo di circa 2 × 1”; 7

ed allo schermitore avversario di 2 × 1”. 5 Dai tre rapportati esempi ciascuno §. 446.

comprende quanto sia vantaggioso fareuno sforzo di spada col forte della pro-pria contro il debole della inimica; cheeseguito anche col centro contro il cen-tro si ha pure sufficiente avvantaggio,onde aver il campo di ferire l’avversario;ma che in fine riuscirebbe vano, quan-do si volesse eseguire lo sforzo col de-bole della propria spada contro il fortedi quella dell’avversario.

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334 Ciò basti in prova di quanto ab-biamo insinuato nella pratica.

CAPITOLO QUARTO OSSERVAZIONI SULLA MISURA, E DELLO SCHERMIRE DI TEMPO.

§. 447. La conoscenza della misura ossia l’a-bilità di sapere valutare tanto lo spa-zio interposto tra la punta della pro-pria spada e’l petto dell’avversario,quanto quello che separa la punta del-la spada di lui dal petto proprio, si è(come abbiamo detto) figlia solamentedell’abito; essa non può ottenersi checol replicato esercizio, per mezzo dicui l’occhio nostro viene ad acquistarela facoltà di misurare siffatti spazj conun semplice sguardo. Questa cono-scienza di misura (abbiamo pur detto)essere uno de’principali requisiti, cheformar devono il corredo di unoschermitore, perché possa chiamarsivalente. Ed in fatti privo della cono-scenza della misura, potrebbe ac-cadere ch’egli facesse delle azioniintempestive, e vuote d’effetto; econ ciò sarebbe più esposto astancarsi. Come potrebbe, privo dital conoscenza, riposare tranquil-lamente, e con sicurezza sotto laguardia? Come apprenderebbe

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335l’arte di pararsi dai colpi dell’avversa-rio colla sola parata di vita, senza es-sere costretto di pararsi di misura, o diricorrere ad una importuna difesa collapropria spada? Ma vediamo di conoide-rare la cosa più intimamente, e di addi-tarvi ciò che crediamo possa contribuirealla più esatta cognizione dello schermi-tore, relativamente ai vantaggi, ch’egline può cavare da una tale conoscenza. Egli è evidente primieramente che §. 448.

quanto maggiore o minore sarà lo spa-zio, che dovrà percorrere colla propriaspada uno schermitore per giungere conessa al petto dell’avversario, più o menogrande sarà pure il tempo ch’egli dovràimpiegare per farlo; e sarebbe tal tempoproporzionale allo spazio stesso, quan-do egli si movesse con velocità unifor-me, oppure proporzionale alla radicedello spazio, se la velocità con cui simuove fosse uniformemente accelera-ta. Difficile è il decidere se la velocità,con cui lo schermitore vibra la stoccatasia piuttosto dell’una che dell’altra spe-cie; ma v’ha luogo a credere che possaessere uniforme, o poco meno che uni-forme nella maggior parte delle circo-stanze. Se dalla grandezza del tempoimpiegato in quest’azione per un datospazio si determinasse il tempo dell’azione stessa per altro spazio maggioreo minore del dato, seguendo l’ipotesi

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336della velocità uniforme, quando do-vesse aver luogo l’altra della velocitàuniformemente accelerata, il tempotrovato e proporzionale allo spazionon sarebbe il vero consumato inquella azione, ma sarebbe alcun pocomaggiore o minore secondo che mag-giore o minore del dato sarà lo spazio,a cui il trovato tempo compete, e con-verrebbe diminuirlo qualche poco nelprimo caso, ed aumentarlo nel secon-do per avere il vero.

§. 449. Per la maggior semplicità noi ciatterremo all’ipotesi, che la velocitàdella spada nell’indicata azione siauniforme. Sia uno schermitore atteg-giato in guardia per fare assalto, ed inosservazione contro il suo avversario,come del pari questo si sta contro dilui. Dimandiamo S lo spazio, che devepercorrere la spada dello schermitoreper giungere al petto dell’avversario,T il tempo necessario onde percorrereun tale spazio, V la velocità suppostauniforme, con cui lo spazio stessovien percorso; e cosi rappresentasicon s, t, v le quantità analoghe, cheriferisconsi allo schermitore avver-sario, e si avranno per le dottrine mec-caniche le equazioni S = VT, s = vt,ovvero l’analogia

S : s : : VT : vt

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337Questa si riduce ad S : s : : T : t, quan-doV = v; cioè in caso che le punte dellespade nemiche non possano muoversiche con velocità uguali, i tempi T, e tnecessarj a percorrere gli spazj S, eds saranno proporzionali agli spazj me-desimi. Ciò mostra quello che de’dueschermitori, che avrà minore spazio apercorrere, sarà il primo a ferire, seentrambi vibrano la loro stoccata nellostesso istante (llll). L’essere il primoa ferire poco interesserebbe uno scher-mitore, quando egli stesso dovesse ri-manere ferito in seguito; ciò che im-porta si è il ferire, senza esporsi a ri-manere ferito. Un tale avvantaggio puòpure aversi dalla sola diversità deglispazj. Di rado avviene che tra dueschermitori, che assaltano gli spazjS ed s, di cui parliamo, sieno eguali;ma ciò non basta per ferire senzaesporsi ad esserlo a vicenda. Convie-ne inoltre che la differenza de’ medesi-mi sia d’una certa grandezza. Quandopoi questa grandezza sia sufficiente,e lo schermitore tira la sua stoccata bencoperto sotto la propria coccia, la spada

(llll) Questo principio serve di fondamento atutta la Scherma, e se vogliansi analizzare tuttele operazioni della medesima, sarà facile lo scor-gere ch’egli costantemente ha luogo nella pratica,come nella teoria.

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338dell’avversario restando indietro, nonpotrà che passare col suo debole rade-dente la coccia stessa dello schermito-re, e quindi per le ragioni altroveesposte, la punta della stessa spadanemica verrà portata fuori della linead’offesa, e non potrà in verum modoferire.

§. 450. Illustriamo tutto ciò con un esem-pio, che spesso si vuole vedere in pra-tica.Sia lo schermitore bene atteggiatoin guardia col suo braccio disteso sul-la linea d’offesa; stia all’opposto l’av-versario in guardia col braccio curvonel gomito e rivolto verso terra, e lapunta della di lui spada rivolta in alto,onde la lama faccia colla linea d’offe-sa un non insensibile angolo. In taliposizioni abbiasi S = 24 pollici, ed s= 36 pollici; pongasi che T uguagli 1 3di minuto secondo; e sieno V, e vuguali. L’analogia S:s::T:t diventa perla sostituzione de’valori numerici

24:36::1×1”:t; onde t = 36 × 1 × 1” = 3 24 31× 1”. Dunque se lo schermitore atti-2vo può giungere a ferire in 1 × 1”, per

3l’avversario vi si richiede 1 × 1”, cioè 2

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3391 × 1” di più che il primo; onde allor-2chè lo schermitore giunge a ferire, l’av-versario deve percorrere ancora 12 pol-lici, e si troverà per conseguenza colsuo meno forte alla coccia dello scher-mitore attivo, allorché questi ha la pun-ta della sua spada al petto di quello.Quindi tirando lo schermitore ben chiu-so sotto la coccia, passerà a ferire senzaesporsi a verum pericolo. L’avvantaggio di uno schermitore §. 451

sopra il suo avversario dipende dal solorapporto degli spazj, allorché egli puòmuovere la propria spada colla stessavelocità, con cui può muovere la sual’avversario medesimo. Così dipendedal solo rapporto delle velocità allor-quando sono uguali gli spazj, che en-trambi devono percorrere; giacchè intal caso l’analogia S:s::V T:vt dà VT=vt, ossia T:t::v:V. Giova l’osservare pe-rò che l’avvantaggio dipendente da’so-li spazj sta per lo schermitore, se egli neha un minore a percorrere; e l’avvan-taggio dipendente dalle sole velocità loha solo quando può muoversi con velo-cità maggiore; ciò che è evidente perse. Non addiciamo alcun esempio aquesto proposito, giacche lo reputiamosuperfluo. Generalmente l’avvantaggio consi- §. 452

ste nel poter eseguire l’azione, senza

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340che all’avversario rimanga tempo dieseguirla egualmente; e quindi si de-sume dalla piccolezza del tempo ch’egli deve impiegare per eseguirla, inconfronto di quello, che dee impiegar-ne l’avversario per eseguirla del pari.Quando dunque non sieno uguali nédegli spazj, né le velocità, e che perconseguenza debba starsi all’analogiaS : s : : V T : v t, ossia T : t : : S : s lo V vschermitore avrà vantaggio sul suoavversario, ogni volta che risulti S < s; V ve viceversa lo avrà l’avversario

quando sia S > s . V v

§. 453. Egli è poi evidente che non v’èavvantaggio né per l’uno, né per l’al-tro in caso che risultasse S = s, ossia V vT = t, e se in tale circostanza unovolesse vibrare una stoccata, senzagarantirsi altrimenti, è cosa visibilech’egli si andrebbe ad uccidere da sestesso contro spada nemica. Ciò ap-prenda a non arrischiare stoccatecotanto imprudenti, e se per accidentevi avvenisse di tirare in similicircostanze, non dovete mancare diricorrere al cartoccio, all’inquartata,

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341all’intagliata ec. per sottrarvi dalla linead’offesa dell’avversario; con che potre-te ben anche ferirlo, senza esporvi adesserlo a vicenda. Il deviare il propriocorpo per una delle tre direzioni dallalinea d’offesa sarà sempre necessarionelle surriferite circostanze, e potrà pu-re servire di correzione a’ passi che po-trebbero riescire molto pericolosi senzaun tale deviamento. Abbiamo di già os-servato che non basta allo schermitoreavere un picciolo avvantaggio sovra ilsuo avversario rapporto allo spazio, oalle velocità, o generalmente rapporto

ad S, ma che conviene averne un suffi- Vciente, onde poter vibrare la stoccata,senza esporsi a riceverla a vicenda,senza di che il passo è imprudente, epericoloso. Ora egli è assai difficilel’incontrarsi in circostanze tali, chemanifestino essere assolutamente suf-ficiente l’avvantaggio che lo scher-mitore ha sovra il suo avversario.Aggiungasi a ciò che se lo schermito-re non è perfetto, e tiri per poco sco-perto, si espone anche per questa partea sommi pericoli, o si lascerebbe cosìpiù alla sorte che all’arte guidare, senon ricorresse al prudente riparo delcommendato deviamento del propriocorpo dalla linea d’offesa.

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342

CAPITOLO QUINTO

DELLA PARATA STABILE.

§. 454. Sebbene vi sia grande difficoltà nelloschermire di tempo con maestria, nésempre riesca di vibrare una stoccataproporzionata al dato spazio, e nelgiusto tempo, senza giammai incon-trare la spada nemica, perché tali van-taggi non si conoscono, che con unlungo studio pratico, necessario a ren-dere lo schermitore perfetto, ciò nonostante molte volte accade di tirarsiuna stoccata secondo gli anzidettiprincipj, e se non da entrambi glischermitori, almeno da uno di essi.Date che sia il vostro avversario que-gli che passa a vibrare la stoccata operché gl’indicati vantaggi stiano perlui, o perché ne sia invitato da altrecircostanze. Voi potrete garantirvicolla parata stabile; e questa non deveessere regolata a norma di quanto l’ar-te vi prescrive. Questo fu già indicatonella prima parte pratica, ed ora ve-dremo di renderlo sensibile ed eviden-te, mediante l’analisi degli accidenti,che in tale azione occorrono.

§. 455. Supporremo come nel Cap.IV, chela velocità della spada, allorquando si

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343tira una stoccata, sia uniforme; e che lavelocità di chi para sia pure uniforme,giacchè il moto che si fa nella paratastabile non è per niente analogo a quel-lo del picco. La velocità dunque uni-forme con cui l’avversario muove lasua spada tirando la stoccata, diviso peltempo ch’egli impiegherà a percorrerlo;e quella con cui muove la sua lo scher-mitore che para, sarà espressa egual-mente dallo spazio diviso pe’l tempoche vi competono; onde se v, s, t indi-cheranno la velocità, lo spazio, e l’tem-po spettanti all’avversario, e V, S, T lequantità analoghe per lo schermitore, siavrà la velocità dell’avversario espressa

da v = s, e quella dello schermitore da t

V = S. Queste velocità devono inten- T

dersi affettare le masse competenti aipunti, che vengono ad incontrarsi dalledue spade nemiche. Così in questi pun-ti esistono due quantità di moto, o dueforze motrici, di cui si sa determi-nare la grandezza; e denominando mla massa esistente nel punto in que-stione della spada dell’avversario, edM quella esistente nel punto nominatodella spada dello schermitore, saranno

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344m×s, ed M×S le espressioni delle dette t Tdue forze; la prima quella che com-pete all’avversario, la seconda quellache compete allo schermitore. Rilflet-tasi ora che la prima è diretta nella li-nea d’offesa, e che la seconda è direttaperpendicolarmente a questa linea, os-sia nella linea di difesa, onde dall’in-contro di queste due forze ne dee na-scere una risultante, e che dee perconseguenza dirigersi per la diagonaledel parallelogrammo costruito sulledirezioni, e grandezze delle forze me-desime, e fare quindi un angolo collalinea d’offesa, e portare parimenti lapunta della spada dell’avversario fuoridella linea medesima. Considereremol’effetto in questa azione provenientedal solo primo momento d’incontro; eciò per evitare un calcolo troppo com-plicato, ed altronde superfluo per ri-sultati, bastandoci una sufficiente ap-prossimazione. Veniamo agli esempj. Si cerca di quanto debba devia-re la spada nemica dalla linead’offesa, allorché essendo in motoper la stoccata viene incontrata nelsuo centro dal centro della spadadello schermitore che para, sup-

posto che sia s = 24 pollici , t = 1 3

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345di secondo, S = 4 pollici, T = 1 × 1”, 5ed essendo m = M = 5 1 = 31.

6 6 In questo caso delle masse uguali,le quantità di moto sono proporzionalialle velocità. La velocità dell’avversa-

rio si è v = 24 = 72 ; quella dello 1 × 1” 1” 3schermitore V = 4 = 20 . 1 × 1” 1” 5 Allorchè è spirato 1 × 1” l’avversa-

5rio ha di già percorso 14 2 pollici, e

5non ve ne rimangono che 9 3 per giu-

5gnere al petto dello schermitore, i quali

si percorreranno in 2 × 1” dallo scher-15

mitore non si possono percorrere che

8 = 2 2 pollici; perciò la spada ne-3 3

mica non si allontanerà dalla linea di

offesa che di 2 2 pollici, e quindi lo 3

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346schermitore dovrà rimanere ferito intale parata. Di qui si vede, che se isupposti dati sono quelli che hannoluogo in pratica, come sembra che losieno effettivamente, la parata di cen-tro contro centro è superflua e vana.

§. 456. Ritengansi gli stessi dati rapportoalle velocità, ma suppongasi che sipari col forte contro il centro, ecerchisi pure di quanto la spadanemica debba deviare dalla linead’offesa.Posto m = 5 1 = 31, come sopra,

6 6supponiamo poi M = 9. La forza dello

schermitore sarà = 9 × 20 ; e quella 1”

dell’avversario sarà 31 × 72 = 31×12 . 6 1” 1”

Spirato il 1 × 1”, in cui lo schermitore 5giunge a parare, non rimangono, che

2 × 1” per consumare il 1 × 1”, in15 3cui s’intende compirsi l’azione della

stoccata; in questi 2 di tempo l’avver- 15sario ha campo di giungere al pettodello schermitore, e lo schermitore nel

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347tempo stesso devierà dalla linea d’of-fesa la spada nemica impiegando per-pendicolarmente alla stessa linea d’of-fesa, ossia lungo la linea di difesa

una forza espressa da 9 × 20 contro 1”

altra forza espressa da 31 × 12 , e di- 1”retta nella linea d’offesa. Ora i lati delparallelogrammo delle forze devono es-sere proporzionali alle forze stesse; per-ciò prendendo per lato corrispondente

alla forza 31 × 12 i 9 3 = 48 pollici, 1” 5 5

che rimangono a percorrersi dalla spa-da dell’avversario, si avrà per lato cor-

rispondente alla forza 9 × 20 la quarta 1”proporzionale dopo le tre quantità

31 × 12 , 9 × 20 , 48 pollici. Così stan- 1” 1” 5

do 31 × 12 : 9 × 20 : : 48 : x = 1” 1” 5

48 × 9 × 20 = 144 = 4 2 prossima- 5 × 12 × 31 31 3

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348mente, la quantità 4 2 pollici espri- 3merà il lato corrispondente alla forza

9 × 20 ; e di tanto si allontanerà dalla 1”linea d’offesa la punta della spada ne-mica, quando la parata stabile sia ese-guita secondo i supposti dati, e colforte della propria spada contro il cen-tro della spada nemica.

§. 457. Cercasi parimenti di quanto dovràallontanarsi dalla linea d’offesa laspada nemica parando col forte controil debole, e ritenendo tutti gli altridati. Sia M = 9, ed m = 3 2 = 11 3 3La forza, con cui si eseguisce la parata

Sarà espressa da 9 × 20 , come sopra, 1”la forza che va ad incontrarsi nellaspada nemica, e diretta nella linea di

offesa lo sarà da 11 × 72 = 11 × 24 . 3 × 1” 1”

Spirato il tempo 1 × 1” non riman- 5

gono che 9 3 pollici all’avversario per 5

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349giungere al petto dello schermitore;

presi quindi questi 9 3, cioè 48 pollici5 5

per il lato del parallelogrammo corri-spondente alla forza dell’avversario,troveremo il lato corrispondente allaforza dello schermitore dalla propor-

zione 11×24: 9 × 20 :: 48 : 48 × 9 × 20 1” 1” 5 5 ×11× 24

= 72 = 6 6 . E così 6 6 pollici in- 11 11 11

dicherà il deviamento della spada ne-mica dalla linea d’offesa al momento

che spira il 1 × 1” . 3 Vogliasi ancora determinare l’al- §. 458

lontanamento dalla linea d’offesa, acui dovrà passare la spada nemica perla parata stabile eseguita col doppioforte contro il debole, supponendo ave-re sempre luogo gli altri dati. Se si fa qui M = 14, ed m = 3

2 = 11 , la forza con cui si ese-3 3guisce la parata sarà = 14 × 20 ; 1”e la forza, che nella parata va ad

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350

incontrarsi uguaglierà 11 × 72 = 3 1”11 × 24 . Onde dall’analogia 1”

11 × 24 : 14 × 20 : : 48 : 14 × 20 ×48 1” 1” 5 5 × 11 × 24

= 10 2 si raccoglie che l’allontana- 11

cercato si è di pollici 10 2 . 11

§. 459. Vogliasi presentemente parare colforte della propria spada contro unopportuno punto della spada nemica,ond’essa s’allontani dalla linea d’offe-sa per la distanza di 5 pollici. Si cercaquesto opportuno punto. In questo caso si ha incognita lamassa m, tutto il rimanente essendocognito. La forza dello schermitore

che para sarà espressa da 9 × 20, quel- 1”

la dell’avversario nel punto, che deeincontrarsi di sua spada sarà pure rap-presentata da m × 72; il lato del paral- 1”

lelogrammo spettante a questa forza

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351

verrà sempre espresso da 48 pollici, che 5rimangono a percorrersi spirato il 1×1”; 5ed il lato corrispondente alla forza

9 × 20 saranno i 5 pollici, di cui si 1”vuole allontanare la spada nemica.

Quindi si avrà l’analogia m× 72 : 9×20 1” 1”

: : 48 : 5 ; e di qui m = 24 = 4 4. 5 5 5

Ora la massa 4 4 compete ad un punto 5

tra il centro e’l meno debole, che purepotrebbesi determinare precisamenteper ciò che si è detto parlando dell’at-tacco. Questo è quanto si cercava. Si vuole per ultimo parare contro §. 460.

il debole della spada nemica, e si vuolech’essa s’allontani pure dalla linea dioffesa per 5 pollici. Cercasi con qualpunto della propria spada debba loschermitore fare la sua parata. La quantità incognita sarà qui M;la forza dello schermitore sarà però

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351

espressa da M × 20; quella spettante 1”

all’avversario lo sarà da 11 × 72 = 3 × 1”

11 × 24; i due lati del parallelogram- 1”mo saranno espressi, da 5 il corrispon-

dente alla forza M × 20, e da 48 quel- 1” 5

lo, che si riferisce alla forza 11 × 24 :: 1”

onde l’analogia sarà M × 20 : 11 × 24 1” 1”: : 5 : 48, e di qui si dedurrà M = 55 = 5 8

6 7. Questa massa esiste vicino al 8

men forte verso però il forte. Dunquecon questo punto dee pararsi contro ildebole della spada nemica, se si vuoleallontanarla per 5 pollici dalla linea dioffesa.

§. 461. Dai recati esempj può ciascun dileggieri dedurre con quali punti, econtro quali altri debba farsi la parata

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353stabile per garantirsi dalla stoccata chegli viene vibrata dall’avversario. Ma ilgarantirsi dalla stoccata nemica non èl’unico oggetto, per cui lo schermitoredeve ricorrere alla parata stabile; altrove n’è più interessante, cioè di sotto-mettere l’avversario al proprio valore,passando dalla parata all’azione dell’at-tacco, e quindi a quelle del filo, comesarebbe alla fianconata di quarta, o diseconda, o altre, le quali tutte richieg-gono che la parata stabile le preceda.Arrivati all’attacco poi si avrà il con-fronto delle forze, della propria, e diquella dell’avversario dalla proporzio-ne F : F’ : : d : d’ come al §. 414. Se dunque l’azione della parata S. 462.

stabile è molto interessante, come lo èdi fatto quando sia ben eseguita, con-verrà abituarsi ad eseguirla appunto almeglio possibile: perciò converrà pro-curare di parar sempre col forte o dop-pio forte della vostra spada controil debole o doppio debole della spa-da nemica, come si prescrisse ne’ pra-tici insegnamenti, e se avete il brac-cio steso vi converrà ritirarlo alcunpoco verso il vostro petto quando vo-lete parare, e ciò per incontrare il de-bole; e se lo avete curvo, lo sten-derete nella parata verso l’inimico do-po che avrete incontrato egualmente il

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354debole, affinché vi sia un minimo in-tervallo possibile tra la parata, e l’of-fesa.

CAPITOLO SESTO, ED ULTIMO.

DELLA POSSANZA DELLA STOCCATA .

§. 463. Prima di finire il presente trattatogiudichiamo non essere inutile l’esa-minare quanto sia la possanza di unastoccata ben vibrata; e ciò disingan-no di chi credesse poter eludere l’a-zione medesima col munirsi di qual-cuna delle solite giubbe, che credonsiimpenetrabili a qualunque stoccata.

§. 464. Noi supporremo che la forza delloschermitore non sia maggiore di quel-la che vale a sostenere un peso di 33libre col suo pugno, ma tenendo ilbraccio disteso orizzontalmente; sup-porremo inoltre che quando vibra lastoccata percorra col pugno uno spa-

zio di 24 pollici, ossia 2 piedi in 1 di 3

di minuto secondo, ciocchè è il più or-dinario. Onde la forza della sua manoverrà espressa da33 × 2 = 198 = 1 × 198 , 1 × 1” 1” 1” 3

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355cioè ella è uguale a quella che com-pete ad una libbra di peso che si muo-ve percorrendo 198 piedi per ogni mi-nuto secondo, ossia a quello che com-pete ad una palla di un oncia di peso,la quale si muove percorrendo 12 vol-te 198 piedi per secondo, vale a dire2376 piedi per secondo. Questa forzadunque equivale in intensità a più didue o tre volte quella, con cui è cac-ciata una palla di un’oncia dal fucilecaricato di buona carica. Veri è che lamodificazione della massa sulla veloci-tà può alterare a qualche riguardo l’ef-fetto d’una stessa forza; ma l’intensitàperò della forza medesima non vienepunto alterata per tale modificazione.La forza del pugno viene evidente-mente comunicata alla punta della spa-da, e la punta stessa anderebbe contutta quella forza ad incontrare il cor-po che vi si presenta contro, se laspada fosse perfettamente rigida. Dataanche alla spada medesima una certaflessibilità, la forza con cui la punta an-drà ad incontrare il corpo postovi in-nanzi, sarà sempre di una non ordi-naria grandezza. Riflettasi inoltre chela spada rappresenta un vero cuneo, eperciò quand’essa va per ispezzare uncorpo, la forza che la muove sarà ca-pace di equilibrare una resistenza, chesarà tanto maggiore della forza mede-

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356sima, quant’è l’altezza del cuneo mag-giore della sua testa, ossia quant’è lalunghezza della spada maggiore dellalarghezza della lama considerata allacoccia. Perciò quando la sua lunghez-za uguagliasse 50 volte la larghezzapresso la coccia, e la lama fosse in-flessibile, chiamando R la resistenzacapace di equilibrare la stoccata, si

avrebbe la proporzione 1 : 50 : : 2376 1”

1 onc.:R. Onde R = 118800 × 1 onc. 1”

Se la resistenza dunque non saràdi questa grandezza che in vero deesembrare alquanto prodigiosa, la stoc-cata avrà necessariamente il suo effet-to. Se anche si desse la flessibilità al-la spada, e tale che valesse a ridurrel’effetto della stoccata alla metà o adun terzo soltanto, potrà nulla di menouna forza ordinaria renderne vana l’a-zione? Non si richiederà sempre a taleuopo una forza di una grandezza, chefa meraviglia e sorpresa? Da quantoabbiamo qui esposto ciascuno può fa-cilmente raccogliere quanto sarebbeimprudente l’affidarsi a qualche riparoe lusingarsi ch’esso solo valer debba asalvare lo schermitore da una stoccata,senza cercare di evitarla altrimenti.

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357Può pure vedersi quanto importi che ifioretti, i quali adopransi nelle scuoledi scherma, sieno molto pieghevoli, af-finchè i loro colpi non possano recaregran male; poiché un fioretto alquantorigido, come sarebbe la smarra, potreb-be portar pure, malgrado il bottone unpregiudizio di molta conseguenza a chi ne ricevesse una ben vibrata stoccata,a segno anche di fargli recare per sinola morte; e quantunque i maestri discherma abbiano per riparo del pettoquella specie di cuscino detto pure pet-to, nondimeno si sono veduti alcuni diessi dover soccombere, ed essere vitti-ma della troppa violenza, e minore mi-sura combinate insieme, con cui i loroscolari tiravano le stoccate.

FINE.

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I N D I C E D E’ C A P I T O L I .

PARTE PRIMA

Definizione della Scherma . . . . . . . . . . . . . .pag. I.CAPITOLO I . Della Spada . . . . . . . . . . . . . “ 2.CAPIT. II . Nozioni preliminari . . . . . . . “ I6.CAPIT. III .Della Guardia . . . . . . . . . . . “ 4I.CAPIT. IV . Della botta diritta, e delle azioni di sforzo. . . . . . . . . . “ 5I.CAPIT. V . Delle azioni di filo . . . . . . . . “ 76.CAPIT. VI . Del cartoccio. . . . . . . . . . . . . “ 88.CAPIT. VII . Delle finte semplici. . . . . . . . “ 96.CAPIT. VIII .Delle azioni di tempo . . . . . . “ I02.CAPIT. IX . Del contro-tempo. . . . . . . . . . “ II3 .CAPIT. X . Delle finte combinate con alcune azioni . . . . . . . . . . . . . “ II5.CAPIT. XI .Delle parate in generale. . . . . “ II9.

col mancino, tanto per un uomo diritto, che pel mancino stesso . . . . . . . . . . “ I35.CAPIT. XIII . De’ momenti che si distin- guono nelle azioni . . . . . . . “ I42.

PARTE SECONDA

CAPITOLO I . Delle contrarie . . . . . . . . . . . pag. I45.CAPIT. II . Delle contrarie-di-contrarie. “ I73.CAPIT. III . Del colpo di pomo, della balestra, e della circolata . . “ I8I.CAPIT. IV . Delle prese di spada . . . . . . . “ I9I.CAPIT. V . Delle controprese di spada . “ 20I.

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CAPIT. VI. Osservazioni sulla fisionomia su’ varj temperamenti degli uomini, e dell’ uso che si dee farne nella Scherma . . . . . . . “ 215.CAPIT. VII . Riflessioni sull’assalto . . . . . “ 24I.CAPIT. VIII. Delle Accademie . . . . . . . . . . “ 267.

PARTE TERZA.

Applicazioni di alcune teorie sì mecca-niche, che geometriche alla Scherma.

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 274.CAPITOLO I . Riflessioni sulla guardia . . . . . . . “ 276.CAPIT. II . Della spada considerata come leva nell’ attacco, ed anche nel filo di spada. . . . . . . . . . . . . “ 286.CAPIT. III . Del picco, e dello sforzo di spada . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 30I.CAPIT. IV . Osservazioni sulla misura, e dello schermire di tempo . . . . . “ 334.CAPIT. V . Della parata stabile . . . . . . . . . . . “ 342.CAPIT. VI . ED ULTIMO. Della Possanza della stoccata . . . . . . . . . . . . . . . “ 354.

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pagine linee errori correzioni ed aggiunte

III I4Spagnola. . . . . . . . . SpagnuolaXXXV 23La facile . . . . . . . . . La felice

XXXVII 8Antorità . . . . . . . . . . AutoritàXIII I0Una voltra . . . . . . . . Una volta

XLVI I0tanto di queste . . . . tanto di quella

6 2ISahagun del Viejo . Sahagun el ViejoI3 I7bucco . . . . . . . . . . . bucoI4 29di lungezza . . . . . . della lunghezza27 post.44delle tre vetti, che delle tre vetti, che

formano . . . . . . forma28 3Iritenene . . . . . . . . ritenere33 27impugnatura . . . . guardia35 I2restare . . . . . . . . . lasciare36 I6secondo . . . . . . . . secondo che53 N.(y) I5in quarta . . . . . . . . inquarta73 I2te dal . . . . . . . . . . . se dal73 I3Per l'intelligenza fa- Per facilitare l'intel-

cile . . . . . . . . . . ligenza74 6Seguito l'urto in den- Seguito l'urto da den-

tro . . . . . . . . . . . . tro in fuori74 9Se poi l'urto è stato Se poi l'urto è stato

fatto al di fuori . . fatto dal di fuori al di dentro

75 29poiché alla . . . . . . . poiché ella77 9qualla . . . . . . . . . . . quella77 I6insensibilmante . . insensibilmente92 32Da dentro un guada- Da dentro in fuori un

gno di terreno. . . guadagno di terreno96 28e minaccerete . . . . minaccerete

I03 4il Mar . . . . . . . . . . . e'l MarI04 3La vostra spada es- La vostra spada es-

sendo restata sulla sendo restata nel direttrice, forma col piano delle offese, vostro braccio de- forma col vostro stro un angolo ot- braccio un angolo tuso . . . . . . . . . . . ottuso alla coccia

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I05 24dirittta . . . . . . . dirittaII7 I2Non fa la cavazione Non fate la cavazione

pagine linee errori correzioni ed aggiunte

I26 I0 o di fianconata di se- o di fianconata di se-

conda in linea . . . . conda esterna

I29 I6 italiani introdotti . . . . Italiani introdotto

I30 I7 imprevisti . . . . . . . . . . improvvisi

I3I I4 apprendano . . . . . . . apprendono

I44 33 che quella . . . . . . . . che quelle

I58 8 §. 234. . . . . . . . . . . . . §. 236.

I59 22 tutto coperto . . . . . . tutto scoperto

I60 I5 è stata accennata in è stata accennata, o

fuori, o in dentro . . . . dentro, o in fuori

I63 2 a colpirlo . . . . . . . . . . e colpirlo

I70 4 assicurarsi . . . . . . . . assicurarvi

I72 26 ginoco . . . . . . . . . . . . giuoco

I73 3I ( si aggiunga) . . . . . . §. 262. Osservazioni

I88 22 ( al §. 276. in fine ag- Vedi la Tav. IX delle

giunga) . . . . . . . . . . . figure

I94 33 ( §. 282. In fine si ag- Vedi la Fig. I. della

giunga) . . . . . . . . . . . Tav. VI.

233 I corbellando . . . . . . . avendo ingannato con

tale astuzia

247 I0 all'italiana, o alla spa- all'italiana, o alla spa-

guola . . . . . . . . . . guola, o alla svedese

262 6 §. 368 . . . . . . . . . . . . §. 369

263 33 che decide . . . . . . . che detrmina

267 II essaltando . . . . . . . assaltando

279 9 la coccia stesa . . . . la coccia stessa

283 7 punto esterno . . . . . punto estremo

287 26 dificoltà . . . . . . . . . . difficoltà

291 N (cccc)

I2 del §. 28 . . . . . . . . . . del §. 82

295 I0 F' = F x d x d' . . . . . . . F' = F x b x d'

b' x d b' x d

302 II dottati . . . . . . . . . . . . dotati

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