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roman e il suo cucciolo 2011/2012 prosa

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roman e il suo cucciolo

2011/2012 prosa

Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, 2011A cura dell’Area Comunicazione

L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti di riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte.

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Martedì 6, mercoledì 7 dicembre 2011, ore 20.30 Teatro Municipale Valli

Alessandro Gassman

ROMAN E IL SUO CUCCIOLO

“Cuba and His Teddy Bear” di Reinaldo Povodtraduzione e adattamento di Edoardo Erbacon Manrico Gammarota, Sergio Meogrossie con Giovanni Anzaldo, Matteo Taranto, Natalia Lungu, Andrea Paolottiregia Alessandro Gassmanscene Gianluca Amodio costumi Helga H.Williams musiche originali Pivio&Aldo De Scalzi light design Marco Palmieri videografia Marco Schiavoni

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Sono già passati cinque anni dal mio debutto nella regia con “La forza dell’abitudine” di Thomas Bernhard, cui hanno seguito due stagioni ricche di successi e riconoscimenti con “La parola ai giurati” di Reginald Rose. E ancora una volta la mia scelta è caduta su un testo contemporaneo che negli anni ‘80 ottenne un grande successo a New York e che ebbe come protagonista Robert De Niro. Si tratta di “Cuba & His Teddy Bear” di Reinaldo Povod, un testo che mi ha coinvolto fin dalla prima lettura per l’umanità dei suoi personaggi, per uno stile di scrittura taglien-te, crudo, profondo, che mai indulge al sentimentalismo. Con Edoardo Erba, traduttore e adattatore del testo, abbiamo deci-so di ambientare la vicenda in una periferia urbana del nostro paese, all’interno di una comunità romena, dove confluiscono personaggi di altra radice etnica. Operazione che non tradisce il testo originale americano che fa appunto coesistere personaggi di diverse razze, culture, religioni. È un dramma familiare e al tempo stesso sociale, un attualissimo sguardo sul presente che è anche un preciso richiamo a uno dei fenomeni che negli ultimi tempi più ci coinvolgono: la presenza degli immigrati nella no-stra vita, presenza che ha trasformato la fisionomia delle nostre città ed ha intaccato il tessuto delle nostre relazioni. Uno sguar-do neutrale, non ideologico, fuori dagli schemi del razzismo o della solidarietà di maniera. La prorompente forza drammatica dell’opera si basa sul rapporto irrisolto fra un padre semianal-fabeta, spacciatore di droga, nevrotico, che alterna momenti di dolcezza a esplosioni di rabbia e un figlio adolescente apparen-temente schiacciato dall’autorità paterna, che vuole emanciparsi attraverso lo studio ma che nasconde al padre le sue illusorie prospettive di vita e la progressiva dipendenza dall’eroina. Un maldestro socio in affari del padre, un intellettuale tossicodipen-dente, un altro spacciatore e la sua giovane prostituta sono gli altri personaggi che ruotano intorno alla drammatica vicenda umana di un uomo disposto a tutto pur di far soldi per garantire al figlio un futuro diverso dal suo e di un ragazzo consapevole del fatto che il padre potrà, a suo modo, amarlo ma non riuscirà mai a capirlo. Un rapporto toccante, crudo, a tratti sconvolgente, che troverà compimento solo attraverso un fatale, catartico epilogo. È però anche una storia di disperazione e degrado che, attra-verso il drammatico destino di un’umanità condannata all’emar-ginazione, rimanda a problematiche sociali di grande attualità.

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Una delle sfide più difficili del terzo millennio sarà quella di im-parare a vivere in una società unita nella pluralità, ponendo come base quanto ci è comune: la nostra umanità.

Alessandro Gassman

La traduzione e l’adattamento

Perchè i romeni. “Cuba and His Teddy Bear” è un testo univer-sale, in cui il tema della migrazione fa da sfondo al dramma che si consuma fra padre e figlio. Il nocciolo è l’impossibilità di co-municare, la drammatica mancanza di parole di un padre che per farsi capire ha bisogno di un gesto estremo e fatale. Ma il lin-guaggio con cui Povod ci guida a questo nocciolo è iperrealistico: le battute sono scritte in slang ispano-americano e rimandano con sconcertante immediatezza alla situazione degli immigrati cubani nel sud-est degli Stati Uniti. Tanto più il contesto è noto nei suoi risvolti sociali e culturali, quanto più il testo diventa go-dibile. Per lo spettatore italiano quel contesto sarebbe risultato lontano nel tempo e nello spazio. In una traduzione letterale, le battute e le situazioni avrebbero ricondotto non a una realtà so-ciale, ma alla suggestione cinematografica di film come Scarfa-ce. Un adattamento dunque si imponeva. Si trattava di trovare un contesto che somigliasse a quello dei cubani che arrivavano in massa nel sud degli Stati Uniti dopo il crollo di Batista, por-tando con sé la loro cultura cattolica contaminata da riti magici e credenze esoteriche. La migrazione romena in Italia ha alcu-ne caratteristiche simili: è numericamente importante, e viene dopo il crollo di un regime, anche se non immediatamente dopo. Eppoi c’è la specificità dei rom, distinti anche in patria dai ro-meni, ma che provengono dallo stesso paese ed entrano con lo stesso flusso migratorio, portando con sé la loro particolarissi-ma cultura. Combinando questi due elementi la trasposizione diventava possibile. È chiaro però che per ottenere un risultato convincente bisognava avere la libertà di riscrivere, rispettando lo spirito ma andando quanto più possibile lontani dalla lettera. Così anche il titolo è cambiato, e Cuba, che nell’originale non

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è il nome dell’isola ma del protagonista, è diventato Roman. Un uomo che parla un italiano speciale, sbaglia articoli, pre-posizioni, semplifica la coniugazione dei verbi e tuttavia è agile nell’uso della lingua, e la ricchezza di vocaboli non gli manca. Roman, come Cuba, è uno spacciatore di cocaina, attività questa per niente praticata dalla frangia delinquenziale degli immigra-ti romeni. Ma qui sta la sua particolarità: Roman entra in Ita-lia vent’anni prima degli altri, insieme alla madre, un’operaia in fuga dal regime. Cresce sulla strada, in periferia, e sono gli italiani a corromperlo e trascinarlo in basso. Così come il figlio di Cuba odia la sua origine latino americana, il figlio di Roman, nato in Italia da madre italiana, rifiuta le origini del padre per-ché si vergogna della povertà dei nuovi immigrati romeni. Ed è su questo rifiuto che si sviluppa il dramma. In un momento in cui un’Italia schizofrenica, che chiede immigrati per i lavori più umili ma contemporaneamente tende ad escluderli dal contesto civile, è attraversata da un’ondata di xenofobia, questa trasposi-zione avrebbe potuto rinforzare un’immagine negativa del po-polo romeno. Abbiamo affrontato il rischio convinti invece del contrario: tale è la grandezza e l’umanità dei personaggi, tale è l’intensità del dramma e la commozione che suscita, che “Ro-man e il suo cucciolo” diventerà strumento perché due popoli affini si conoscano meglio e si sentano più uniti.

Edoardo Erba

Ringrazio Daniel Butnaru che mi ha aiutato a trovare la lingua giusta per il protagoni-

sta e Gabriella Morandi che ha condotto la ricerca sugli usi e i costumi dei rom.

Le musiche

Ancora una collaborazione con Alessandro Gassman (e con Edoardo Erba, che ha adattato il testo originale)… e ogni vol-ta approdiamo grazie alle sue suggestioni ad un mondo sonoro diverso: eravamo partiti dalle vette del K2, passando per un cir-co sgangherato, continuando attraverso gli anni del dopoguerra noir americano per tornare ora a casa e nell’Europa dell’est. E in

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effetti lo spunto iniziale per il nostro apporto musicale a questa nuova avventura è stata l’etnia di riferimento di “Roman e il suo cucciolo”; per le nostre composizioni abbiamo voluto attingere alla notevole tradizione musicale balcanica, sia in termini stru-mentali (il cymbalon, il rabab, il violone, il duduk, solo per fare alcuni esempi) sia in termini vocali, potendo contare sulla colla-borazione di alcuni artisti rumeni e bulgari che da tempo si sono innestati nel nostro tessuto urbano (fortunatamente per loro senza le tensioni sociali affrontate nella pièce dai loro compa-trioti). Ne è risultato un lavoro decisamente “urticante” essendo soprattutto interessati ad esprimere il contrasto tra la difficol-tà dei protagonisti a mantenere una propria identità culturale, contrapposta al desiderio di raggiungere una nuova appartenen-za sociale. Vale la pena a questo proposito citare il testo della canzone portante dello spettacolo, ispirato ad un brano popolare romeno che dice, traducendo più o meno letteralmente: “ … Che Dio punisca / chi ama ed abbandona. / Che strisci come un serpente / con il passo dello scarafaggio / come il fischio del vento / come la polvere della terra …” Buona visione e buon ascolto.

Pivio&Aldo de Scalzi

L’autore

Cresciuto nel quartiere Lower East Side di Manhattan, Reinaldo Povod, figlio di una portoricana e di un cubano di origine russa, dà inizio alla sua carriera di drammaturgo nel 1977, a diciassette anni, quando il suo primo testo teatrale Cries and Shouts debut-ta al Nuyorican Poets Café, importante punto di aggregazione per i poeti new-yorchesi. Esperienza che porta Povod all’attenzione di Joseph Papp direttore artistico del Public Theater e produt-tore nel 1986 del suo secondo testo, Cuba and His Teddy Bear, che debutta

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a Broadway con un cast d’eccezione: Robert De Niro nella parte di Cuba, Ralph Macchio in quella di Cucciolo mentre Burt Young è Geco. Con un solo annuncio pubblicitario sulle pagine del New York Times, in tre ore i botteghini del New York City’s Public Theater dichiarano il sold out per le sette settimane di program-mazione. La richiesta di biglietti è tale che, per la prima volta nella storia del Public Theater, in alcune sere lo spettacolo è ri-preso e trasmesso in diretta in una sala adiacente a quella dove si svolge la rappresentazione. Questo successo esplosivo mette Povod sotto una pressione eccessiva che lo condizionerà nelle produzioni future. Nel 1987 scrive, infatti, quella che diventerà la sua ultima opera La Puta Vida - Trilogy. La raccolta di corti teatrali comprende Nijinsky Choked His Chicken, Poppa Dio! e South of Tomorrow ed è pubblicata nel 2009 da Samuel French Trade. Nello stesso anno vince il Whiting Writers’ Award, pre-mio assegnato a dieci scrittori emergenti nella narrativa, saggi-stica, poesia e prosa. Reinaldo Povod muore a Brooklyn nel 1994 a soli 34 anni. Tutta la sua drammaturgia ruota attorno ad un unico tema, autobiografico forse: la rivalsa dei “miserabili” e la speranza di nuove possibilità. Nel 2009 Cuba and His Teddy Bear riceve un riconoscimento dalla Urban Theater Company and People’s Theater of Chicago, progetto che si occupa di pro-muovere e preservare l’eredità dei drammaturghi che hanno mostrato particolare attenzione nella sensibilizzazione dei temi sociali e politici.

GRUPPO BPER

Vanna Belfiore, Deanna Ferretti Veroni, Primo Montanari, Corrado Spaggiari, Gianni Toschi, Vando Veroni

Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono realizzate con il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori

Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Bluezone Piscine, Franco Boni, Gemma Siria Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti, Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana Boni, Mirella Gualerzi, Insieme per il Teatro, Umbra Manghi, Paola Scaltriti, Corrado Tirelli, Gigliola Zecchi Balsamo

Annalisa Pellini

Francesca Azzali, Nicola Azzali, Gianni Borghi, Andrea Capelli, Classic Hotel, Francesca Codeluppi, Andrea Corradini, Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso, Alessandro Gherpelli, Alice Gherpelli, Marica Gherpelli, Silvia Grandi, Hotel Saint Lorenz, Claudio Iemmi, Luigi Lanzi, Franca Manenti Valli, Graziano Mazza, Ramona Perrone, Francesca Procaccia, Teresa Salvino, Viviana Sassi, Paola Torelli Azzali, Alberto Vaccari

Stampa: Grafiche San Benedetto, Castrocielo (FR)