Roma-Milano: la buona prova Percentuali a Cinque Stelle ...scondere un fallimento. C’è un vizio...

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G li ultimi sondaggi elettorali vedono in testa il Movimento 5 Stelle con oltre il 30 per cento delle intenzioni di voto. Segue il Partito Democratico con il 25 per cento. Forza Italia e Lega sono dati al 12 per cento. Gli altri partiti, Fratelli d’Italia e gli scissionisti del Pd, sem- brano poter arrivare al 5 per cento. Un pano- rama di tipo weimeriano - com’è stato detto - che, a guardare il livello di decomposizione del bipolarismo, non promette niente di buono. Per effetto delle decisioni della Corte costitu- zionale è immaginabile un intervento legisla- tivo di armonizzazione dei sistemi di voto delle due Camere, ma niente di più. La stabilizza- zione del prossimo Parlamento è legata unica- mente alla conquista del 40 per cento da parte del movimento di Grillo o delle altre coalizioni. Infatti, voteremo nel 2018 con il proporzio- nale, considerato che l’evoluzione tripolare del sistema è di ostacolo all’introduzione di varia- bili di tipo maggioritario. È altamente proba- bile che i grillini saranno chiamati a governare l’Italia, con tutte le incognite che questo evento comporta, a causa delle ambiguità che quel movimento ancora nasconde. Direttore aRTURO DiaCOnaLE Martedì 28 Marzo 2017 Fondato nel 1847 - anno XXii n. 60 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale QUOTIDIAnO LIbeRALe PeR Le GARAnzIe, Le RIFORme eD I DIRITTI UmAnI delle Libertà PENNISI A PAGINA 7 Giovani e giovanissimi all’Opera CULTURA Pd, primarie a rischio partecipazione PRIMO PIANO Dove porta la politica dell’insulto PILLITTeRI a pagina 3 ESTERI Emmanuel Macron, vincitore annunciato ma debole GRAnDI a pagina 5 T anto di cappello al ministro dell’Interno, Marco Minniti, per l’eccellente prova di te- nuta dell’ordine pubblico nella non facile gior- nata di sabato scorso. Il nostro Paese è stato per 24 ore sotto i riflettori dei media interna- zionali per lo svolgersi in contemporanea di due storici eventi: le celebrazioni dei sessan- t’anni dalla firma del Trattato di Roma per la costituzione della Comunità Economica Euro- pea e la visita del Papa a Milano. Potevano essere due momenti critici per la sicurezza. Black bloc e sospetti terroristi isla- mici hanno fatto salire alle stelle l’allarme at- tentati e violenze. Grazie a dio la giornata è trascorsa senza che si concludesse con una do- lorosa conta delle vittime e dei danni. Merito delle forze dell’ordine e merito, bisogna am- metterlo, di un’accorta strategia di prevenzione e controllo del territorio organizzata dal mini- stero dell’Interno. L’applicazione di una leale etica cavalleresca alla lotta politica richiede- rebbe il coraggio di riconoscere il merito del- l’avversario, di cui nulla si condivide sul fronte delle idee, quando questi fa le cose giuste. Dire che fa tutto schifo, a prescindere dai dati... Continua a pagina 2 Roma-Milano: la buona prova del ministro Marco Minniti Continua a pagina 2 Percentuali a Cinque Stelle e gli errori degli altri di ARTURO DIACOnALe La frantumazione del Partito Democratico È probabile che la decisione di En- rico Letta di sostenere la candi- datura del ministro della Giustizia Andrea Orlando alla segreteria del Partito Democratico non sia in grado di fermare il ritorno alla guida del partito di Matteo Renzi. Letta ha credito ma non ha truppe. Come ha ampiamente dimostrato la brutale defenestrazione da Palazzo Chigi su- bita tre anni fa ad opera dello stesso Renzi. Ma la sua scelta lascia pen- sare che la battaglia in atto per la leadership del Pd sia destinata ad as- sumere la stessa caratteristica avuta nello scorso anno dallo scontro sul referendum per la riforma costitu- zionale. Quella della lotta di tutti contro uno. Che magari non riuscirà ad impedire all’“uno” di riprendersi il partito e di fare piazza pulita... Continua a pagina 2 I renziani inneggiano alla vittoria del loro leader in alcune fabbriche-simbolo come Mirafiori, ma gli antirenziani sostengono che si tratta di vittorie dimezzate dalla scarsa affluenza dei votanti sintomo di grave disaffezione della base di GUIDO GUIDI di CRISTOFARO SOLA

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Gli ultimi sondaggi elettorali vedono in testail Movimento 5 Stelle con oltre il 30 per

cento delle intenzioni di voto. Segue il PartitoDemocratico con il 25 per cento. Forza Italia eLega sono dati al 12 per cento. Gli altri partiti,Fratelli d’Italia e gli scissionisti del Pd, sem-brano poter arrivare al 5 per cento. Un pano-rama di tipo weimeriano - com’è stato detto -che, a guardare il livello di decomposizione delbipolarismo, non promette niente di buono.Per effetto delle decisioni della Corte costitu-zionale è immaginabile un intervento legisla-tivo di armonizzazione dei sistemi di voto delledue Camere, ma niente di più. La stabilizza-zione del prossimo Parlamento è legata unica-mente alla conquista del 40 per cento da partedel movimento di Grillo o delle altre coalizioni.Infatti, voteremo nel 2018 con il proporzio-nale, considerato che l’evoluzione tripolare del

sistema è di ostacolo all’introduzione di varia-bili di tipo maggioritario. È altamente proba-bile che i grillini saranno chiamati a governarel’Italia, con tutte le incognite che questo eventocomporta, a causa delle ambiguità che quelmovimento ancora nasconde.

Direttore aRTURO DiaCOnaLE Martedì 28 Marzo 2017Fondato nel 1847 - anno XXii n. 60 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale QUOTIDIAnO LIbeRALe PeR Le GARAnzIe, Le RIFORme eD I DIRITTI UmAnI

delle Libertà

PENNISI A PAGINA 7

Giovani e giovanissimi

all’Opera

CULTURA

Pd, primarie a rischio partecipazione

PRIMO PIANO

Dove porta

la politica dell’insulto

PILLITTeRI

a pagina 3

ESTERI

Emmanuel Macron,

vincitore annunciato

ma debole

GRAnDI

a pagina 5

Tanto di cappello al ministro dell’Interno,Marco Minniti, per l’eccellente prova di te-

nuta dell’ordine pubblico nella non facile gior-nata di sabato scorso. Il nostro Paese è statoper 24 ore sotto i riflettori dei media interna-zionali per lo svolgersi in contemporanea didue storici eventi: le celebrazioni dei sessan-t’anni dalla firma del Trattato di Roma per lacostituzione della Comunità Economica Euro-pea e la visita del Papa a Milano.

Potevano essere due momenti critici per lasicurezza. Black bloc e sospetti terroristi isla-mici hanno fatto salire alle stelle l’allarme at-tentati e violenze. Grazie a dio la giornata ètrascorsa senza che si concludesse con una do-lorosa conta delle vittime e dei danni. Meritodelle forze dell’ordine e merito, bisogna am-metterlo, di un’accorta strategia di prevenzionee controllo del territorio organizzata dal mini-

stero dell’Interno. L’applicazione di una lealeetica cavalleresca alla lotta politica richiede-rebbe il coraggio di riconoscere il merito del-l’avversario, di cui nulla si condivide sul frontedelle idee, quando questi fa le cose giuste. Direche fa tutto schifo, a prescindere dai dati...

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Roma-Milano: la buona prova del ministro Marco Minniti

Continua a pagina 2

Percentuali a Cinque Stelle e gli errori degli altri

di ARTURO DIACOnALe

La frantumazione del Partito Democratico

Èprobabile che la decisione di En-rico Letta di sostenere la candi-

datura del ministro della GiustiziaAndrea Orlando alla segreteria delPartito Democratico non sia ingrado di fermare il ritorno alla guidadel partito di Matteo Renzi. Letta hacredito ma non ha truppe. Come haampiamente dimostrato la brutaledefenestrazione da Palazzo Chigi su-bita tre anni fa ad opera dello stessoRenzi. Ma la sua scelta lascia pen-sare che la battaglia in atto per laleadership del Pd sia destinata ad as-sumere la stessa caratteristica avutanello scorso anno dallo scontro sulreferendum per la riforma costitu-zionale. Quella della lotta di tutticontro uno. Che magari non riusciràad impedire all’“uno” di riprendersiil partito e di fare piazza pulita...

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I renziani inneggiano alla vittoria del loro leader in alcune fabbriche-simbolocome Mirafiori, ma gli antirenziani sostengono che si tratta di vittorie dimezzatedalla scarsa affluenza dei votanti sintomo di grave disaffezione della base

di GUIDO GUIDIdi CRISTOFARO SOLA

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Chissà perché e per quale miste-riosa fatalità l’Europa, dalla mi-

tologia all’attualità politica, èdestinata a circondarsi di tranelli.Non si contano, infatti, le bugie chedicono per intimorirci e spingerci acredere in questa Europa come fossel’unica possibile. Del resto, la primadelle falsità è quella di voler convin-cere la gente a identificare il sensodell’Europa con l’Unione europea econ l’Euro. L’Europa, storicamente,geograficamente e culturalmente nonnasce con l’Ue e meno che mai conl’Euro. Nella mitologia greca “Eu-ropa” era una ninfa così bella da af-fascinare Giove al punto da volerlafar sua a ogni costo, tanto è vero cheil capo dell’Olimpo per riuscirci do-vette ricorrere a un tranello. Giove,infatti, si tramutò in un meravigliosogiovane torello e con la scusa di por-tarla a spasso la convinse a salire ingroppa, riuscendo così a rapirla persempre. È riconosciuto universal-mente, inoltre, che il concetto di Eu-ropa, almeno in senso geopolitico, sipossa in qualche modo ricondurre aCarlo Magno e al Sacro Romano Im-pero.

Tralasciando ora per brevità tuttii passaggi storici che ci hanno por-tato ai giorni nostri, è chiaro dunqueche l’Europa non sia affatto figlia nédi Maastricht né dell’Euro, tanto-meno della Banca centrale europea.L’Ue dei Trattati è, al contrario, ilparto di un’operazione politico-eco-nomica pensata, studiata e voluta da

alcuni, Germania e Francia in testa,per trarne vantaggi in termini di do-minio finanziario e potere contrat-tuale.

Insomma, per farla breve l’Europache viviamo è lontana anni luce daquella del “Manifesto di Ventotene”di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi eUrsula Hirshmann, da quella di Be-nedetto Croce, di Luigi Einaudi, maanche di Winston Churchill, RobertSchuman e Jean Monnet. Quell’Eu-ropa, infatti, non solo nasceva in

contesti completamente diversi, mapresupponeva, secondo il metodofunzionale adottato, tempi e passaggimisurati per tappe e soprattutto si ri-volgeva al vantaggio dei popoli, percostruire un futuro di pace e benes-sere condiviso. Non era insommal’Europa dello spread, dei rating, delcalibro delle mele e delle quote latte,quella del sogno originario, ma unconsesso focalizzato sulle istanze deicittadini a partire dal lavoro, dallasolidarietà e dalla libertà.

Oggi, al contrario, que-ste istanze nel pensiero Uevengono stigmatizzate ederubricate a populismobecero e pericoloso e il pa-radosso e l’ipocrisia sonotali da considerarle un ri-schio anziché fondamen-tale fonte di democrazia.Insomma, il popolo nonconta, è piuttosto rozzo, siesprime con la pancia enon con la testa, segue leemozioni e non la ragionee tutti quelli che cercano dioffrirgli rappresentanzasono una minaccia alla de-mocrazia. Siamo al para-dosso, alla contraddizionein termini, alla bugia e allafalsificazione della realtà,tanto è vero che la fratturafra Ue e cittadini, fra poli-tica ed elettori, ammini-

strazione e amministrati è semprepiù grande. Del resto, il vento con-trario a questa Europa e a questiTrattati cresce progressivamente pro-prio perché la gente sempre più sirende conto degli imbrogli e dei viziall’origine della moneta unica e delsuo impianto. Nessuno, infatti, saspiegare come mai a quindici annidall’inizio dell’Euro e dei suoi vin-coli, solo la Germania si sia fattad’oro mentre gli altri, compresi iPaesi che non hanno il debito ita-

liano, sono peggiorati. Come se nonbastasse, la crisi economica e l’esplo-sione del fenomeno migratoriohanno fatto il resto, mettendo in luceinequivocabilmente gli egoismi, gliopportunismi e i vantaggi su misuraalla base di quest’Europa. Le diversevelocità, i gruppi di testa e di coda,concordati il venticinque marzo aRoma, sono dunque solo l’ultimoescamotage, l’ultimo tranello per na-scondere un fallimento.

C’è un vizio d’origine, un’ipocri-sia iniziale, perché non può essereuna moneta e un mucchio di obbli-ghi a unire un continente segnato dadiversità storiche, economiche, poli-tiche e sociali. Insomma, si sono fattiun’Europa per loro, tagliata su mi-sura per le esigenze e le necessità deiforti, delle lobby, dei gruppi di po-tere, perciò hanno imposto la perditadi sovranità e autonomia. Ecco per-ché i popoli protestano e rivendicanoil diritto di scegliersi il futuro; l’Euroè in discussione e le divisioni aumen-tano.

Occorre ripartire da zero, da unaconfederazione di Stati sovrani masolidali, autonomi ma fratelli, liberima vicini, diversi ma collegati daprincipi condivisi e non da una va-luta. Solo così sarà l’Europa di tutti,altruista e generosa, forte e demo-cratica, unita ma distinta. Altrimentiresterà un inganno, un’illusione, ungioco pericoloso ed effimero.

di ELIDE ROSSI e ALFREDO MOSCA

volmente ignara della recente storia politica eu-ropea, che vede emarginata la sinistra-sinistrain tutti i Paesi. Il vuoto d’idee del partito diForza Italia, e le sue palesi contraddizioni trachi si dice amico della Lega e chi immagina unfuturo di autonomia nel solco del Ppe, deter-mina immobilismo e confusione. E poi, l’inge-nua, gratuita legittimazione del partito diGrillo da parte di alcuni rappresentanti di quelpartito, in occasione delle ultime elezioni co-munali, pur di far dispetto a Renzi, è segno diassoluta insipienza.

Infine, la vittoria della non-coalizione del“No” al referendum del 4 dicembre scorso, havisto, com’era prevedibile, un solo vero vincitore:Beppe Grillo. Pare proprio difficile ribaltare ipronostici elettorali. Il Movimento 5 Stelle, salvosorprese, sarà il primo partito della XVIII Legi-slatura. È immaginabile che non guadagnerà ilpremio di maggioranza, legato alla conquista del40 per cento, ma il presidente della Repubblica,Sergio Mattarella, dovrà comunque incaricare illeader indicato da Grillo per formare il nuovoGoverno. Le alleanze preelettorali, finora sde-gnosamente respinte, saranno a quel punto benaccette per spirito di patria. Anzi saranno pro-poste dallo stesso Grillo. Qui nasce il dilemma.Aventino o collaborazione? In entrambi i casiGrillo avrà comunque vinto, perché su di lui ri-cadrà la responsabilità di prendere in mano i de-stini dell’Italia o passare alla storia come ilduplicatore di Weimar.

GUIDO GUIDI

2 L’OPINIONE delle Libertà martedì 28 marzo 2017Politica

destra, il nostro oggi sarebbe un Paese migliore. Minniti ha messo a frutto gli anni di fre-

quentazione, ai massimi livelli, degli apparatidi sicurezza dello Stato per fare le scelte piùappropriate di tutela dell’ordine pubblico. Nehanno beneficiato i cittadini romani e milanesipreoccupati di subire le conseguenze di atti cri-minali incontrollati. In particolare nella Capi-tale, negozianti e piccoli imprenditori hannotirato un sospiro di sollievo per lo scampatopericolo. I violenti sono stati identificati e resiinoffensivi prima che provassero a dare il me-glio di loro a suon di molotov, di vetrine man-date in frantumi e di automobili incendiate.

Ma la buona prova del ministro Minnitideve interrogare il centrodestra. Non sfuggela differenza qualitativa dell’azione di go-verno dell’attuale titolare dell’Interno ri-spetto al suo predecessore. Quando, inpassato, abbiamo criticato la gestione del Vi-minale guidato da Angelino Alfano non èstato per preconcetti risentimenti verso il piùingrato degli ex-collaboratori di Silvio Ber-lusconi. L’inadeguatezza a svolgere il deli-cato incarico assegnatogli dagli accordipresi con la formazione della “grosse koali-tion” nel 2013 era palmare. Non solo la suamacchina dell’accoglienza degli immigrati èstata un clamoroso flop ma, in specifichecircostanze note all’opinione pubblica, il mi-nistero da lui diretto ha rimediato figure adir poco barbine. Il centrodestra ha avutobuon gioco a prendere le distanze dall’ex di-rigente dopo la sua uscita da Forza Italia el’avvicinamento all’area politica del PartitoDemocratico. Tuttavia, a voler essere intel-lettualmente onesti non dovremmo permet-tere che il problema venga rimosso con unascrollata di spalle perché esso rilancia l’an-nosa questione della selezione della classe di-rigente del centrodestra.

Alfano è cresciuto all’ombra di Berlusconi,ma cosa ha imparato negli anni di permanenzanel cuore della politica che conta? Minniti, in-vece, allevato alla scuola del vecchio Pci cheprestava un’attenzione maniacale alla forma-zione dei quadri dirigenti, si è scelto un campod’interesse e su quello ha lavorato per acqui-sire competenze. Ciò vorrà pur insegnare qual-cosa? Soprattutto oggi che il vento della Storiasoffia a favore di un ritorno del centrodestraalla guida del Paese. Di quali uomini e donnesi comporrà il team da sottoporre al giudiziodegli elettori? Selezionare le persone giuste epiù qualificate conta quanto se non più deiprogrammi di governo da realizzare. Come di-ceva qualcuno: le idee camminano sulle gambe

segue dalla prima

...di tutti i suoi avversari vecchi e nuovi. Ma chenel tempo, anche in caso di nuova vittoria ren-ziana, produrrà inevitabilmente delle conse-guenze all’interno non solo del Pd ma anchedella sinistra italiana e dell’intero panorama po-litico italiano.

Il tutti contro uno, come ha dimostrato la vi-cenda del referendum, non si può concluderecon un qualche compromesso. Tanto meno conla ricomposizione dell’unità del partito comeavviene nelle primarie dei democratici e dei re-pubblicani americani quando l’esito della bat-taglia per la leadership comporta l’automaticaapplicazione del principio del “tutti per uno”.

Il tutti contro uno, infatti, si conclude o conla resa a discrezione dei pendenti o con l’uscitadal partito di chi non accetta di consegnare lapropria sopravvivenza politica nelle mani delvincitore. Chi cita le primarie vinte da Pier LuigiBersani e perse da Matteo Renzi per sottolinearecome un pericolo del genere sia da escludere,non mette in conto che da allora ad oggi si è ve-rificato un tale incrudelimento nella dialetticainterna del Pd e nei rapporti personali tra i suoidirigenti da rendere impossibile un finale paci-fico della lunga e tormentata fase congressualedel principale partito della sinistra italiana.

Se dovesse vincere Renzi, il richiamo degliscissionisti e della prospettiva di un nuovoUlivo potrebbe diventare irresistibile per glisconfitti. Se poi a vincere fosse Orlando (Mi-chele Emiliano non è in alcun modo in partita),per Renzi diventerebbe impossibile restare inun organismo politico che lo avrebbe di fattoespulso per incompatibilità non solo politicama anche antropologica.

Le forze politiche concorrenti del Pd fareb-bero bene a prepararsi a fronteggiare uno sce-nario del genere. Che non è quello dellavittoria di uno o dell’altro contendente, maquello della frantumazione del principale par-tito della sinistra.

ARTURO DIACONALE

...di realtà, soltanto perché a farlo è il nemico po-litico, è stupido. Se la sinistra avesse usato ugualemetro di giudizio ai tempi dei governi di centro-

degli uomini, ma se quelle gambe sono sbilen-che anche le migliori intenzioni diventano bolledi sapone.

CRISTOFARO SOLA

...La migrazione di milioni di elettori daglischieramenti tradizionali verso il “limbo” delgrillismo ha molte ragioni. Alcune di questesono collegate agli effetti indotti dalla globa-lizzazione. Alle cause esterne si sommano,però, a precise responsabilità interne, attribui-bili ai partiti di destra e di sinistra, che benavrebbero potuto scongiurare. Destra e sinistrainfatti hanno fatto di tutto per delegittimarsi avicenda, fino ad arrivare alla delegittimazionedi se stessi, soprattutto attraverso le lotte inte-stine, come attesta la recente scissione del Par-tito Democratico. Il “Partito della Nazione”non era una bufala. Avrebbe potuto assolverela funzione di arginare l’incognita grillina ma,la presunzione renziana da un lato e la ranco-rosa reazione berlusconiana per l’applicazionedella Legge Severino dall’altro, hanno fattonaufragare tutto.

Beppe Grillo è un buon interprete degliumori degli elettori. L’offerta politica deve es-sere netta, magari rozza, ma percepibile, comesono le semplici parole d’ordine del grillismo:onestà, costi della politica, obbedienza. In que-sto senso, gli atti di “autoritarismo”, con leespulsioni nei confronti di chi dissente (Parma,Genova), non sono stati valutati negativamentedal corpo elettorale, perché sono interpretaticome doveri di responsabilità nei confronti delcapo. L’avversione sanguigna nei confronti deipartiti tradizionali ha raggiunto livelli altissimi.La voglia di cambiamento pare inarrestabile.“Se ne devono andare» e basta, dice la gente.La benevole comprensione nei confronti delledisavventure giudiziarie del sindaco di Roma,Virginia Raggi, lo dimostra. Non hanno spo-stato di una virgola le intenzioni di voto. Perquesto, l’invito a non inseguire la demagogiaM5S sul tema dell’onestà, pare quanto mai ve-rosimile. C’è intransigenza assoluta per “glialtri”, comprensione invece per il grillismo.

Al diffuso stato d’animo di rigetto nei con-fronti del vecchio, si sommano gli errori ma-dornali commessi tanto a sinistra quanto adestra, in piena consapevolezza. A sinistra lafuribonda lotta intestina, condotta da Mas-simo D’Alema contro Matteo Renzi, è colpe-

La frantumazione del Partito Democratico

Percentuali a Cinque Stelle e gli errori degli altri

Roma-Milano: la buona prova del ministro Marco Minniti

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Non è la nostra Europa, è quella loro

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Dove volete che porti una politica innome del “vaffa”, se non al vuoto

politico? Che sarà pure riempito dalloscagliare reciproco di improperi all’av-versario ma, “in fin de la fera” (direbbeil Porta), il danno più vero tocca pro-prio agli insultatori e, in fondo in fondo(è sempre il Porta), a noi tutti.

Sono rimasto a dir poco basito dallareazione dei grillini - e di alcune donnedel Partito Democratico e non solo - altermine “chiattona” rivolto brusca-mente dal presidente Vincenzo De Lucaa una consigliera, o qualcosa del ge-nere, grillina. Apriti cielo! De Luca s’èbeccato una reprimenda da liscio ebusso in nome e per conto di quel po-litically correct che, spesso e volentieri,serve a insultare a sua volta l’avversa-rio, ma capovolgendo la situazione esfruttando la cosiddetta parolaccia inun’offesa; nel caso-delitto di De Luca,antifemminista, contro la donna perantonomasia cui il termine alla napole-tana “grassa” o “cicciona”, ovverosia“chiattona”, diventa un’ingiuria alsesso debole. Ma non facciamo ridere ipolli più di quanto lo stiano facendo inon pochi in politica da anni e, se ci sifa un minimo (non un massimo) di at-tenzione, ci accorgiamo che il fomitedell’insultismo, sia personale che ergaomnes, è stato brevettato proprio daquel Beppe Grillo che, non appena glitoccano una (ma anche uno) dei suoi,s’inalbera, replica sdegnato, s’impancaa distributore di buona educazione, disavoir-faire. Lui, capite?

Perciò mi ha impressionato favore-volmente un fondo dell’elefantino, aliasGiuliano Ferrara su “Il Foglio”, non

tanto o non soltanto quando trasformala pittoresca terminologia alla De Lucanel suo opposto, ovverosia in una con-siderazione colorita e niente più. Voi di-rete: ma Giuliano fa parte dellacategoria cosiddetta dei ciccioni. Èvero. Ma la sua sorridente saggisticasollecitata dalla reazione grillina pos-siede sia la grazia del sorriso, sia (so-prattutto) un’introduzione che, quellasì, va ben oltre la questione. Perché?Perché invita il lettore, fin da subito, aragionare non sulla querelle in sé, come

ci si sarebbe aspettati, ma su ben altro;sul quadro non entusiasmante della po-litica o non politica populista, sulla suagestione, e dunque sugli errori vistosi ei limiti non meno preoccupanti di per-sonaggi come Donald Trump, MarineLe Pen, Matteo Salvini e, indiretta-mente, Beppe Grillo. Dopo, e nonprima, arriva la componente umori-stica riferita ai “chiattoni” in genere,ma l’avvertimento ai naviganti in aper-tura è una sorta di pro memoria ancheagli osservatori, spesso benevoli sul po-

pulismo imperante, a proposito del dif-ficile contesto politico più o meno in-ternazionale, laddove un “Trump stacuocendo da solo nel fuoco vivo dellasua ricerca di gloria televisiva, e con luisono a bollire i pavidi repubblicaniamericani”. E poi c’è una Le Pen “chesi è dovuta rifugiare a Mosca per avereuna photo opportunity, ché alla TrumpTower gli inservienti le hanno soltantoservito un penoso caffè. E infine ecco ilnostro “Salvini che, travestito da turistagli viene bene, ha scroccato una fotina

da uno che non sapeva nemmeno chiera il capo della Lega”. E Grillo, e i gril-lini? Ce n’è anche per loro, ma più in-direttamente, più nel contestosorridente e per via del pretesto dellaloro inalberatura antidelucana, ricor-dando ai pentastellati che “fortuna, in-telligenza, talento, non stanno nelpunto vita ma nel giro di testa”. Tiè!Toccati!

Ma non ci illuderemmo tanto, giac-ché la politica del “vaffanculo”, altempo stesso la più premiata dai son-daggi e la meno criticata da non pochimass media, ha per così dire dato untono in peggio proprio al vuoto dellapolitica; ha cioè contraddistinto con lastrategia dell’insulto a gogo i colpi dimaglio antisistema, cioè antidemocra-zia, che persino Matteo Renzi ha indi-rettamente contribuito ad arricchire dipagine, sia pure di stampo populista,compresa l’ultima sua esternazione sul-l’Europa di oggi (peraltro riunita so-lennemente a Roma e non a vuoto, efiguriamoci se ai bordi di una palude),considerata una realtà, un complessodi nazioni, insomma un continente nel“pantano”. Testualmente. Come se luinon c’entrasse niente con questa Eu-ropa che, come sappiamo fin dalla na-scita, è composta da persone, uomini,donne, impiegati, politici, governanti emanager non spediti a Bruxelles dal de-stino cinico e baro. Peraltro, nemmenoil pantano, qualora ci fosse, è piovutodal cielo. A parte quello della politica.Anzi, della non-politica.

3l’oPinione delle libertàPrimo Piano

di Paolo Pillitteri

martedì 28 marzo 2017

Dove porta la politica dell’insulto

Giovanni Giolitti 1842-1928. Lostatista della Nuova Italia è un

dvd realizzato nell’ambito del pro-getto “Il Piemonte per l’Italia: Cavour,Giolitti, Einaudi”, promosso dallaFondazione Camillo Cavour (San-tena), dalla Fondazione Luigi Einaudi(Roma) e dal Centro europeo Gio-vanni Giolitti (Dronero-Cavour). Vi siripercorre, attraverso quasi un’ora, lavita dello statista piemontese, con in-terventi di numerosi storici e ammini-stratori. Da ammirare anche i tantiscorci del vecchio Piemonte, delle col-line e delle montagne che furono per-corse dallo stesso Giolitti, oltre chedelle case in cui visse o soggiornò. Lacura del dvd è dello storico Aldo Ales-sandro Mola, al quale abbiamo ri-volto alcune domande.

Giolitti era un uomo schivo. Perchéfarne il soggetto di un dvd?

Giolitti, in effetti, non compare inalcun filmato della sua epoca. Anchele sue fotografie sono rare. Pubblicò leMemorie della mia vita (arbitraria-mente attribuite a Olindo Malagodi)nel suo ottantesimo compleanno, il 27ottobre 1922, vigilia di una data fa-mosa. Dalla storiografia e dalla pub-blicistica spesso Giolitti è menzionatoa sproposito, perché rimane poco emal conosciuto. La biografia che nescrisse Nino Valeri è del 1971. Forseun racconto per immagini raggiungeun pubblico vasto e può invogliare acapire meglio l’uomo e il suo tempo.

Perché “statista della Nuova Ita-lia”?

La genialità di Cavour è indiscutibile.Ma nessuno sa come avrebbe governatoil regno d’Italia, proclamato pochi mesiprima che morisse, il 6 giugno 1861. Ei-naudi, altro gigante, resse il Paese dopola catastrofe della seconda guerra mon-diale. Con Umberto I e soprattutto conVittorio Emanuele III, Giolitti fu capo digoverno quando l’Italia raggiunse il ver-tice della sua storia di Stato unitario in-dipendente, accolto alla pari nel noverodelle grandi potenze.

Quali furono i punti di forza diGiolitti?

La perfetta conoscenza della mac-china dello Stato (amministrazionecentrale e periferica) e della legifera-zione (norme chiare, di immediatafruizione), una visione organica dellascala dei compiti: politica estera, di-fesa, finanze, giustizia, istruzione.

Ma fu un dittatore, come scrisseDenis Mack Smith?

No. Anzi, come Cavour, Giolittifece del Parlamento, soprattutto dellaCamera, elettiva, il pilastro della mo-narchia rappresentativa, sul modelloinglese molto più che su quello fran-cese, impastato di bonapartismo, gia-cobinismo e clericalismo. Tra il 1848 eil 1913 i collegi uninominali furono ilvivaio dell’immensa classe dirigentepolitica che costruì la Nuova Italia.Nei suoi cinque governi, tra il 1892 eil 1921 Giolitti si valse di dozzine diministri delle regioni più diverse. Tra isuoi fedelissimi molti furono i meri-dionali. Tra tutti ricordo il napoletanoPietro Rosano. Investito da una cam-pagna diffamatoria questi si sparò perevitare che di rimbalzo essa colpisseGiolitti. Una condotta da antico ro-mano. Aggiungerei il siciliano Anto-nino Paternò Castello, marchese diSan Giuliano, e il calabrese AntonioCefaly.

Quale fu il suo vero rapporto conCasa Savoia?

Giolitti era profondamente monar-chico. Mai cortigiano. I re per lui in-carnavano l’idea di Italia, che arrivavadai secoli andati. Casa Savoia avevacompiuto il miracolo dell’unificazionedopo secoli di dominazione straniera:un tasto sul quale batté sempre nei di-scorsi parlamentari ed extraparla-mentari e nella corrispondenzaprivata. La monarchia era garante del-l’unità, della libertà e dell’uguaglianzadei cittadini dinanzi alle leggi, conqui-sta fondamentale dopo secoli di do-minio straniero e in costanza delclericalismo.

Di Giolitti si dice che era troppoprosaico e che non seppe cogliere le

novità poetiche e artistiche del Nove-cento.

Carducci, di cui fu ammiratore, sindal 1876 scrisse che l’Italia poteva farea meno di poeti per mezzo secolo eche aveva bisogno di studi statistici, dicultura economica. Quando nel 1914inaugurò un ospedale per l’infanzia,Giolitti disse che con due generazioni

“bene allevate e bene educate” gli ita-liani sarebbero divenuti un Paese noninferiore a quelli che avevano tanti piùsecoli di storia unitaria.

Perché fu contrario all’interventodell’Italia nella Grande Guerra?

Capì, quasi unico tra i politici ita-liani, che sarebbe stata lunga, logo-rante e che l’Italia ne sarebbe uscita

comunque logora e indebitata. Nel-l’agosto 1917 propose il trasferimentodel potere di dichiarare guerra dallaCorona al Parlamento. Lo ribadì nelprogramma elettorale del 1919 e lopropose alle Camere quando tornòper la quinta volta presidente del Con-siglio, ma la riforma dello Statuto nonvenne mai discussa: un errore cata-strofico del Parlamento, di cui nel giu-gno 1940 profittò Mussolini.

Il dvd rileva la contrapposizione diGiolitti al fascismo, ma Gaetano Sal-vemini, che già lo aveva denominato“ministro della malavita”, disse che fuil Giovanni Battista del fascismo.

Occorre distinguere nettamente ilgoverno di coalizione nazionale pre-sieduto da Mussolini dal 31 ottobredel 1922 e le sue trasformazioni dopoil 3 gennaio del 1925. La prima fasefu improntata a liberismo; dal 1925iniziò il regime, che si consolidò neidue anni seguenti (le “leggi fascistis-sime”), in specie con la riforma elet-torale che nel 1928 conferì al GranConsiglio del Fascismo la compila-zione dei componenti della Camera.Giolitti, che nel 1924 aveva capita-nato una lista coerentemente liberalenel nome di Cavour, Azeglio e Sella,votò contro. Morì ottantaseienne il 17luglio di quell’anno: poco prima delConcordato Stato-Chiesa dell’11 feb-braio del 1929, avversato in Senato daBenedetto Croce, già ministro del-l’Istruzione nel suo V governo.

Quale attività svolge il Centro Gio-litti?

Da vent’anni organizza convegni ene pubblica gli Atti. Tra le sue operericordo i tre volumi in cinque tomiGiolitti al governo, in Parlamento, nelCarteggio: circa 5mila pagine raccoltein collaborazione con Aldo G. Ricci equasi tutte di inediti. L’obiettivo è do-cumentare, come anche fa il dvd: nes-suna concessione a leggende efantasie: fatti, concretezza, senso dellamisura. L’ultimo tomo ebbe la prefa-zione di Francesco Cossiga, presidentedel Comitato d’Onore delle Opere delCentro.

Giolitti, lo statista della Nuova Italia in un dvd di Marco Bertoncini

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Aquindici anni di distanza dalgiorno della resa della Lira, e a

poche ore dall’anniversario dei ses-sant’anni dei Trattati di Roma, è le-cito chiedersi: cui prodest?

Quesito a risposta immediata: allaGermania dell’Euromarco; ovvero laNazione che ha messo a segno la piùeclatante rivincita dopo due guerremondiali perdute (e iniziate per colpasolo sua!). Poiché è noto che del “Se(dubitativo) son piene le fosse”, al-lora conviene fare ricorso a uno stru-mento meno opinabile: quello delleproiezioni statistiche ed economiche.Semplificandole attraverso un ragio-namento prettamente politico, chefunziona più o meno come segue.Prima del funerale della Lira l’eco-nomia italiana viaggiava a ritmi de-centi, creando un discretovalore aggiunto, testimoniatodalla costante crescita del Pilnazionale. Tutto questo graziealle svalutazioni competitive eal fatto che le imprese mani-fatturiere non delocalizza-vano, malgrado che il costodel lavoro fosse un po’ più ele-vato qui da noi rispetto aglialtri concorrenti. Indovinatedi chi eravamo lo spaurac-chio? Ma di Berlino, natural-mente. All’epoca avevamo unvolume di depositi bancari perrisparmio delle famiglie bensuperiori a quelli della mediaeuropea.

Quindi, bisognava in asso-luto abbattere quella nostraconcorrenza (certo un po’sleale, dettata dall’istinto disopravvivenza, che ci caratte-rizzava negativamente perl’elevato tasso di evasione fi-scale e per le produzioni in“nero”), falcidiando attra-

verso il raddoppio dei prezzi al con-sumo il potere di acquisto delle fa-miglie italiane, per depredarle dialmeno il 50 per cento dei loro ri-sparmi, imprimendo per di piùun’impennata irreversibile al costounitario del lavoro. Le mosse per di-struggere l’economia italiana furonosostanzialmente due: il cambio sui-cida Lira/Euro e l’introduzione deipaletti di Maastricht sui vincoli di bi-lancio, per cui oltre alla politica mo-netaria anche tutto il resto della spesapubblica transitava sotto il controllodi Bruxelles e dei grandi gruppi fi-nanziari che speculano sul debito so-vrano. Il mancato mantenimento del

regime del doppio prezzo o, ancorameglio, quello della doppia circola-zione per un periodo congruo ditempo (cinque anni almeno) tra Liraed Euro, ha fatto sì che in pochissimotempo non solo i prezzi dell’agroali-mentare salissero alle stelle, ma chegli italiani si indebitassero nel nuovoEuro (quindi: al doppio di quanto sa-rebbe loro occorso in lire fino al2001!) per l’acquisto di immobili.

Incredibilmente, come ho giàavuto modo di far notare più volte,l’Istat non registrò “mai” il raddop-pio letterale dei prezzi di venditadelle case a soli pochi mesi dall’in-troduzione dell’Euro! Invece, tutti i

salari a importo fisso restarono rigo-rosamente fermi, convertiti fino alcentesimo in Euro, mentre l’impen-nata di tutti i parametri del nuovo in-debitamento delle famiglie facevanosì che quanto era stato risparmiatoper l’acquisto di una casa fosse lette-ralmente falcidiato della metà delsuo valore! Sommando a questo pro-filo suicida anche l’assurdo arricchi-mento di chi, avendo acquistato oinvestito in immobili residenzialiprima del 2002, si era trovato il lorovalore raddoppiato senza assoluta-mente rischiare nulla! Un’ingiustiziasociale che grida vendetta e dellaquale, oggi, scontiamo tutti i perversi

effetti. Chi, dal 2002, padre, nonno,zio o parente, ha dovuto comprareuna casa ai propri giovani congiuntisi è trovato o con il patrimonio di-mezzato o con un debito raddop-piato rispetto ai prezzi in lire del2001. Quindi, fatti beni i conti, agliinvestimenti delle famiglie per altriacquisti, studi e mantenimento deifigli sono venute a mancare dal 2002a oggi molte centinaia di miliardi dieuro!

Ma non è finita qui. La progres-siva introduzione di vincoli semprepiù stringenti sulla solvibilità banca-ria e sulle condizioni di prestito aiprivati ha provocato una moria terri-ficante di piccole-medie imprese e diquelle a conduzione familiare. Mo-rale della favola: se avessimo conser-vato la Lira, avremmo continuatomolto probabilmente a crescere e a

mantenere quantomeno i no-stri margini di produttività,incamerando solo un po’ piùdi inflazione proprio a causadell’Euro.

Ora, accettato il punto divista di chi dice che con la mo-neta unica l’Italia abbia rispar-miato in questi anni 700miliardi di interessi sul nostrodebito pubblico, mi chiedo: sene fossimo rimasti fuori, fattiquattro conti, quanto di questacifra avremmo potuto com-pensare se avessimo mante-nuto i nostri tassi (che davanocosì tanto fastidio ai tedeschi!)di crescita industriale e produt-tiva, con il relativo sostegno deipregressi livelli occupazionali?A mio avviso ne avremmo gua-dagnato di molto. Soprattuttomantenendoci le mani liberein materia di bilancio, vistoche chi è salvato ha prefe-rito Keynes all’Austerity! VediObama/Trump!

4 L’oPinionE delle Libertà Politica - Economia martedì 28 marzo 2017

L’Euro: salvavita o veleno?di Maurizio Bonanni

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Icapi di Hamas hanno riscoperto ilcosiddetto uovo di Colombo: do-

minare le agenzie Onu che si occu-pano di rifugiati palestinesi, comel’Unrwa, attraverso i propri capi, chequalcuno al palazzo di vetro riesce afar assumere persino in posizioniapicali. È questo, ad esempio, il casodi Muhammad Abu Nasr, che si pre-senta sul suo profilo Facebook comeinsegnante dell’Unrwa. E che haanche postato la foto di un “balilla”palestinese con arma collo, sovrap-posta alla bandiera palestinese e af-fiancata dal simbolo di Hamas.Come a dire: noi siamo noi e non cinascondiamo.

E chi è questo Abu Nasr, nome dibattaglia che in arabo vuol dire“padre della vittoria”? Un palesti-nese di Gaza che risulta impiegatoad alto livello nell’Unrwa, l’agenziaOnu per i profughi palestinesi. Ri-sulta anche, stando a quanto ripor-tato dal Meir Amit Intelligence andTerrorism Information Center, chesia stato eletto nell’ufficio politico diHamas. Più precisamente è uno dei15 membri del direttorio dell’orga-nizzazione terrorista islamista pale-stinese. Ed è stato cooptato loscorso 13 febbraio. Il suo vero nomeè Muhammad al-Jamassi, è un inge-gnere ed è un dipendente di primolivello dell’Unrwa. Sin dal 2007, al-Jamassi ha ricoperto diverse posi-zioni all’interno di Hamas. Anche neldipartimento pubbliche relazioni e inenti di beneficenza affiliati. Al-Ja-massi attualmente presiede anche ilConsiglio del Dipartimento di inge-gneria dell’Unrwa, a Gaza, e super-visiona tutti i progetti infrastrutturalidell’agenzia Onu nella zona.

Insomma, Hamas decide attra-verso l’Unrwa, cioè l’Onu, qualiopere pubbliche si possono fare a

Gaza. E a vantaggio di chi. Una si-tuazione paradossale che ormai vaavanti da anni nell’indifferenzadell’Unione europea, che pure conti-nua a coprire di soldi i capi diHamas a Gaza. Ma anche un dato difatto che il neo insediato presidenteamericano Donald Trump dovràprendere di petto al più presto se

vorrà mantenere fede ai propri pro-clami preelettorali in materia di ter-rorismo islamico e dintorni.

Per di più, secondo il quotidiano“Times of Israel”, dopo le votazioniinterne (segrete) dello scorso 13 feb-braio, anche un altro membro dellostaff dell’Unrwa risulterebbe eletto auna posizione di vertice dentro

Hamas. Si tratta di Suhail al-Hindi,un insegnante che è a capo del sin-dacato dei dipendenti dell’agenzia aGaza. La sua posizione era stata se-gnalata all’Unrwa dal coordinatoredelle attività governative israelianenei territori e dal ministero degliesteri israeliano. L’Unrwa però, inquesto singolo caso, dopo avere sde-

gnosamente smentito Israele è statasbugiardata. E costretta a sospenderecautelativamente il proprio dipen-dente. Ma che oramai questa agen-zia per i profughi palestinesi Onu siaun ente dannoso più che inutile, chevive solo per passare lauti stipendi aipropri dipendenti, è sotto gli occhi ditutti. E non solo in Israele.

5l’oPinione delle libertàmartedì 28 marzo 2017

Hamas condiziona l’Unrwa e l’Onu di rocco schiAvone

Esteri

Emmanuel Macron o Marine LePen? A meno di un mese dalle

elezioni presidenziali francesi, con ilprimo turno fissato al 23 aprile e ilballottaggio al 7 maggio, la sfida fi-nale pare essere un affare a due, trala leader del Front National (Fn) el’uomo della finanza internazionale.François Fillon, il candidato dei Re-pubblicani, sembra ormai fuorigioco, così come i rappresentantidelle varie formazioni della sinistra.Al ballottaggio, dunque, sarebberoesclusi proprio i candidati di quelliche erano i due maggiori partiti diFrancia, i socialisti e i repubblicanieredi (solo di facciata) di un gollismoche in realtà era tutt’altra cosa.

I sondaggi indicano un testa-a-testa tra Le Pen e Macron al primoturno, con il netto successo del-l’uomo ex Rothschild al ballottaggio.Ma se anche i pronostici venisseroconfermati, per Macron non si pro-spettano tempi facili. Perché a giu-gno i francesi saranno chiamatinuovamente alle urne, per le elezionilegislative. E se il Fn reggerà l’urto diuna sconfitta alle presidenziali, allepolitiche farà il pieno di voti e diseggi. Mentre “l’uomo dei Ro-thschild” avrà maggiori difficoltàproprio perché espressione della fi-nanza e privo di un partito organiz-zato. Le legislative potrebberopremiare anche i repubblicani a pre-scindere da Fillon. E, a quel punto, la“destra presentabile” potrebbe final-mente mettere da parte la pregiudi-ziale anti-Fn per decidere di fare unavera opposizione al nuovo presi-dente. È vero che la Francia è una re-pubblica presidenziale, ma unParlamento non in linea con Macronavrebbe comunque la possibilità di

ostacolare la politica dell’Eliseo.Non solo sul fronte interno, ma

anche su quello internazionale. LePen e Fillon avevano in comune lasimpatia per Vladimir Putin e la Rus-sia. Macron è molto più freddo neiconfronti di Mosca. Punterà a ripri-stinare l’asse con Berlino, a prescin-dere da chi vincerà le elezioni inGermania. D’altronde, Parigi avràsempre più bisogno di un sostegnotedesco anche in sede di Unione eu-ropea. Perché i bilanci francesi non

sono per nulla in regola ed occorreche l’Europa continui a chiudere gliocchi. Così come ha fatto sino adora, per evitare che eventuali san-zioni si trasformassero in un assistper Marine Le Pen. D’altronde il tifoper Macron da parte delle istituzionieuropee è smaccato. In Francia sonointervenuti i giudici per bloccare lacorsa di Fillon, a Bruxelles è interve-nuto il voto dell’assemblea per to-gliere l’immunità alla Le Pen,colpevole di aver mostrato ai fran-

cesi le immagini girate dai tagliagoledell’Isis. Incapaci di fronteggiare iterroristi, attaccano chi mostra i cri-mini dell’Isis.

D’altronde anche la finanza,francese ed internazionale, è schie-rata con Macron. Con le banche chehanno negato a Marine Le Pen i fi-nanziamenti per la campagna elet-torale mentre l’associazione degliindustriali ha già chiarito che saràcontro il Fn, accusato di esseretroppo “socialista”. Ma se è chiaro

il ruolo che Macron vuole svolgerein Europa – contro i populisti, con-tro i sovranisti, perfettamente alli-neato a banchieri ed euroburocrati– è ancor più chiara la ricetta che hain mente per la Francia. Massiccedosi di liberismo, precarietà asso-luta per i lavoratori. E nessun inter-vento per frenare l’immigrazione.Perché quello che Marx definivacome “esercito industriale di ri-serva” è indispensabile per abbat-tere i salari e ridurre i diritti deilavoratori francesi.

Una corsa al ribasso che po-trebbe avere conseguenze dramma-tiche in tutta Europa. La Franciaaumenterebbe la competitività neiconfronti degli altri Paesi, obbligan-doli ad adeguarsi e ad inseguire Pa-rigi sul fronte dei tagli salariali edelle condizioni di lavoro. Ma unacorsa a perdere, perché si ridurrebbedrasticamente il mercato interno diogni Paese in seguito all’aumentodella povertà generale. La Grecia èil simbolo del fallimento di questepolitiche. Questo, però, non inte-ressa alla grande finanza ed algrande capitale che controlla gli or-gani di informazione che sosten-gono Macron. L’instabilità politicache si prospetta nell’Esagono dopole legislative rischia, però, di osta-colare i piani del probabile futuropresidente e dei suoi sostenitori.Anche perché i francesi hanno piùvolte dimostrato di essere capaci digrandi mobilitazioni di piazza.Molto dipenderà dall’atteggiamentodei repubblicani, a seconda se sce-glieranno l’opposizione ferma o seprevarrà ancora una volta la pre-giudiziale anti Le Pen.

(*) Think tank di geopolitica “Il Nodo di Gordio”

Macron, vincitore annunciato ma deboledi AlessAndro GrAndi (*)

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Di norma le Fondazioni liricheprogrammano da 3-4 (Firenze)

a 9-10 (“La Scala” di Milano, ilTeatro dell’Opera di Roma, “La Fe-nice” di Venezia, il Teatro Lirico diCagliari) turni di abbonamento ealtrettante repliche per ciascunospettacolo. Ma su “quel ramo delramo di Como” c’è un piccolo Tea-tro sociale che sbanca tutti, almenoper un’opera l’anno.

Per questa stagione sono pro-grammate ben 140 repliche in Italiae altre sono in via di definizione inaltri Paesi europei (l’Aslico – L’asso-ciazione lirica concertistica italianaha base a Como presso il Teatro so-ciale e da anni collabora con reti diteatri francesi e tedeschi nell’ambitodi un programma per educare lenuove generazioni al teatro in mu-sica). Il percorso dell’edizione di que-st’anno conduce gli studenti allascoperta de “Il Barbiere di Siviglia”di Gioachino Rossini attraverso atti-vità scolastiche divertenti per impa-

rare a cantare alcune arie ecostruire piccoli oggetti discena con cui giocare dalproprio posto in platea ediventare “coprotagonisti”di un vero e proprio spet-tacolo di opera lirica.

Il primo progetto,“Opera Domani”, che tut-tora fa parte della piatta-forma “Opera Education”,è nato 21 anni fa dall’ideadi creare una proposta mu-sicale per i ragazzi che po-tesse educare le nuovegenerazioni all’enorme ericco patrimonio rappre-sentato dalla musica lirica.Allora non esisteva nulla disimile in Italia e l’obiettivoè stato fin da subito quellodi interessare il pubblico dibambini e di ragazzi utiliz-

zando gli strumenti ade-guati alla loro età e pro-ponendo un percorsoscolastico che fosse di-vertente e al tempostesso interessante e cheli facesse sentire prota-gonisti, coinvolgendoliin prima persona nelprocesso di apprendi-mento. Ma c’è dell’altro.

Parallelamente a ciò,l’idea di Opera Domanicomportava anche ilcoinvolgimento di gio-

vani artisti (cantanti, registi, attori,scenografi, musicisti, organizzatori)chiamati alla produzione di opere li-riche “adattate” a un pubblico di ra-gazzi. Una vera sfida! Il progetto èstato da subito quella di educare ibambini all’opera vera per creareveri spettatori di domani: i ragazzisono coinvolti in uno spettacolo “dagrandi” per diventare “grandi spet-tatori” (o attori, cantanti, registi,musicisti, organizzatori, critici!). Alprimo progetto si sono aggiuntenegli anni proposte per tutte le fasced’età: Opera Kids, rivolto ai bambinidelle scuole materne, Opera it, pen-sato per i liceali, Orchestra in gioco,il progetto dedicato alla musica sin-fonica, Opera Baby per i neonati finoa 36 mesi e, l’ultimo, Opera meno 9,per le mamme in attesa. Ognuno deiprogetti dedica percorso e produ-zione teatrale a un autore, esploran-dolo e adattandolo al pubblico diriferimento. Opera Education è lapiattaforma per i giovani che rac-chiude tutte le possibilità di educa-zione alla musica lirica e sinfonica.

Non c’è distinzione di pubblico,Opera Education e tutti i suoi pro-getti vengono seguiti sia dai ragazziche provengono dai centri delle cittàsia dalle periferie che da piccoli paesipiù difficili da raggiungere. Dopo il

successo di Opera Domani, che si ri-volgeva principalmente a bambini discuola elementare e media, l’Aslicoha ora esteso le proposte a tutte lefasce d’età comprese tra gli 0 e i 18anni. Per gli asili nido la musica del“Barbiere” intreccia momenti di dol-cezza a momenti di allegria, riflet-tendo nei suoni emozioni già benriconoscibili in questa fascia di età.Uno spettacolo per i bambini dagli 0ai 36 mesi fatto di piccoli suoni, disillabe e musica che riesce a raccon-tare una storia di amore e di amiciziacon delicata sensibilità. Un vecchiobrontolone, un amore ostacolato. Poic’è Figaro, “Il Barbiere di Siviglia”,che aiuta gli innamorati a coronareil loro sogno di amore, vincere lapaura del vecchio brontolone e go-dersi il lieto fine. Una rappresenta-zione molto chiara e fedele nella suasemplicità all’opera. Tra baffi, par-rucche, spazzole, pettini e lettered’amore si svolge questa storia origi-nale, che stimola tante suggestioninel coloratissimo contesto di Siviglia.

A Roma arriverà tra un paiodi settimane al Teatro Olimpiconell’ambito della stagione del-l’Accademia Filarmonica Romana.Il calendario completo su: http://ope-radomani.org/il-barbiere-di-sivi-glia/calendario-recite/.

7L’OpiniOne delle Libertà

di Giuseppe pennisi

martedì 28 marzo 2017 Cultura

Giovani e giovanissimi all’Opera

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