LaGalleriaBorghesenascedal«vizio»diuncardinaledelSeicento I · 2006-05-05 · SPETTACOLARE Villa...

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1527 U n suo avo, il cardinale Pie- tro Aldobrandini, riva- leggiava con Scipione Borghese per conquistare la pal- ma di più grande collezionista del- la Roma del Seicento («erano acerrimi nemici, poi le loro due stirpi finirono per fondersi»); la sua famiglia, di antica nobiltà, ha alle spalle una nutrita tradizione di collezionismo, lui stesso è un grande estimatore d’arte («spe- cialmente antica, in particolare neoclassica»). Se siamo in cerca di moderni Scipione Borghese, abituati a maneggiare da vicino tesori d’arte straordinari, il princi- pe Camillo Aldobrandini fa al ca- so nostro: la Villa di Frascati, dove risie- de, custodisce tra le sue stanze secoli d’arte e di storia. «In realtà — ci tiene a precisare — il ve- ro collezionista di famiglia è mio fratel- lo Francesco, spe- cialmente sul ver- sante contempora- neo. Il suo nome si lega anche a una mo- stra, Vitalità del ne- gativo, che ha fatto storia nella Roma degli anni Sessanta. Io e gli altri miei fratelli collezioniamo opere d’arte, ma su scala più ridotta». Vero è che per il principe il col- lezionismo è una questione di fa- miglia. Nel tempo, le vicende de- gli Aldobrandini si sono intreccia- te a quelle dei Borghese, di cui so- no un ramo secondario: le due fa- miglie si sono fuse a fine Ottocen- to. Gli Aldobrandini, fedeli al- l’esempio del cardinale Pietro, so- no sempre stati mecenati e acqui- renti. Un esempio illustre del loro operato sono le Quattro stagioni: due a firma di Pietro Bernini, due del figlio Gian Lorenzo, il «ma- go» della Roma barocca: «Furo- no commissionate dagli Strozzi — spiega il principe Camillo —, poi fu Francesco Borghese Aldo- brandini ad acquistarle ai primi dell’Ottocento». Gli Strozzi ap- partenevano alla nobiltà fiorenti- na ma come tutte le grandi fami- glie avevano una sede anche a Ro- ma, la loro era a Palazzo Besso in piazza Argentina: «Tutti a quei tempi avevano "casa" a Roma, in città c’erano decine di ville che og- gi non esistono più, rase al suolo durante la ristrutturazione um- bertina». Ma splendide erano an- che le ville fuori porta, come la Villa Aldobrandini a Frascati, scrigno di gioielli come la camera cinese: «Nel Settecento chiunque doveva avere una sala arredata in stile cinese (e spesso si faceva con- fusione tra Cina e Giappone). Ne esistono in tutta Italia, dai palaz- zi sabaudi in Piemonte alla Favo- rita di Palermo. Molte sono anda- te distrutte alla fine dell’Ottocen- to: a quei tempi non si aveva il sen- so della conservazione e quando si affermava una nuova moda non si esitava a fare piazza pulita di quella precedente». Custodire il patrimonio eredi- tato e costruito nel corso degli an- ni è forse il lavoro più duro per un collezionista: «Il più duro e il più oneroso — spiega il principe — anche se ciò che è veramente diffi- cile è conservare i contenitori di queste collezioni», cioè i palazzi, le ville, i parchi. Come la palazzi- na di Villa Borghese dove Scipio- ne riceveva i suoi ospiti abbaglian- doli con le meraviglie della sua collezione. Anche Villa Aldo- brandini è stata a lungo aperta al pubblico, fino agli anni Settanta, «poi la paura dei furti ha costret- to i collezionisti di oggi a trasfor- marsi in cerberi», dice a malincuo- re il principe, che però non si tira indietro quando i suoi tesori ven- gono chiesti in prestito per impor- tanti mostre o istituzioni come «Italia nostra» che gli chiedono di aprire le porte del- la sua dimora. Certo, il gusto del collezionismo come occasione mondana oggi non è più lo stesso che era nel Seicento, e non solo per paura dei ladri: «Oggi si ac- quistano opere d’ar- te più che altro per trarne una soddisfa- zione privata, per avere la possibilità di godere ogni gior- no di capolavori straordinari. Esistono ancora grandi collezioni e grandi colle- zionisti, ma è cambiato il modo di intendere la questione». Resta un po’ di nostalgia per lo sfarzo e il gusto del ricevere dei grandi si- gnori barocchi, eppure non è tut- to oro quel che luccica: «I cardina- li come Scipione — conclude il principe Aldobrandini — amava- no fare sfoggio di ricchezza e di cultura ma soprattutto avevano qualcosa da farsi perdonare. Pro- teggevano le arti e, così facendo, dimostravano di fare buon uso dei tanti soldi che avevano a di- sposizione». G. Zi. LE SCELTE IL BUSTO E LA STATUA Antichità classiche accanto ad autori del suo tempo. Un altro impulso alla fine del ’700 con Marcantonio IV Il sacco Il 6 maggio l’esercito di Carlo V conquista Roma. I lanzichenecchi mettono fine alle ambizioni di grandezza di Giulio II e Leone X che legarono il potere della Chiesa alla ricostruzione monumentale della città. Il sogno papale si conclude invece con la fuga degli artisti: da Parmigianino a Giulio Romano, da Rosso Fiorentino a Michelangelo LA S TORIA I l sogno di un uomo del Seicento, tanto amante della vita e dell’arte da voler erige- re alla sua passione un monumento, a me- tà strada tra una camera delle meraviglie e un giardino delle delizie. La storia della Galleria Borghese comincia da qui: siamo nei primi anni del secolo barocco quando Scipione Borghese, figlio di una delle famiglie più illustri di Roma, cardinale, nipote di un papa e grande estimatore delle arti decide di regalare alla sua straordina- ria collezione di opere antiche e moderne una cornice degna del suo valore. «Conosciamo molto bene Scipione — spiega Claudio Strinati, storico dell’arte e soprinten- dente del Polo museale romano — perché le fon- ti del tempo ce ne parlano diffusamente. È a lui che dobbiamo il primo nucleo della collezione che ammiriamo oggi e con lui ci troviamo di fronte a un tipico caso di nepotismo. Suo zio, papa Paolo V, lo aveva destinato all’attività poli- tica e diplomatica ma lui preferì sempre i piaceri della vita mondana e l’arte: una passione che in pochi anni lo portò a mettere insieme una colle- zione ricchissima». Un personaggio eccezionale ma anche un uomo del suo tempo: «Scipione — continua Strinati — non è il primo né l’unico collezionista nella Roma di quegli anni: segue una linea di tendenza allora molto radicata. Già nell’ultimo ventennio del Cinquecento l’interes- se per le arti aveva avuto un’impennata, special- mente a Roma, dove il gusto per il collezioni- smo si era fatto strada già nel secolo precedente. Erano soprattutto gli uomini di Chiesa a racco- gliere e comprare vestigia dell’antichità: statue, busti, monete, lapidi. In seguito si diffuse il gu- sto per la collezione "integrata", cioè mista di pittura e scultura. Com’era quella di Scipione, ricca di opere dell’antichità classica ma anche di arte moderna, soprattutto di artisti suoi contem- poranei». Per assecondare al meglio la sua pas- sione il cardinale aveva assunto una doppia fun- zione di acquirente e mecenate che in pochi anni lo portò a diventare il più importante collezioni- sta del suo tempo: «Sceglieva gli artisti più quo- tati e aveva fiuto nel riconoscere il talento, come nel caso di Bernini che prese sotto la sua ala ap- pena ventenne e trasformò nel grande artista che sappiamo, commissionandogli opere come l’Apollo e Dafne, ancora oggi conservate nella Galleria». Un fiuto, quello di Scipione, che non si limitava alle belle arti: «A quei tempi avere una collezione era un fatto di mondanità, ti da- va l’occasione di invitare viaggiatori illustri e grandi personalità. Portava prestigio ma era an- che un efficace strumento politico. Anche oggi i grandi collezionisti sono sempre in contatto con le persone che contano. Così era allora: tutti do- vevano andare a casa di Scipione». E la sua non era certo una casa qualunque: Villa Borghese, una distesa di verde interrotta qua e là da esedre, fontane, tempietti e, fiore all’occhiello, la palaz- zina che a tutt’oggi ospita la collezione. «Scipio- ne fece costruire la villa per farne un luogo di benessere e d’incontro. All’ingresso aveva fatto mettere un’iscrizione in latino che oggi non esi- ste più, in cui si raccomandava di lasciar fuori le contese e i dolori della vita quotidiana per varca- re la soglia di un mondo di pace. Lui e i suoi contemporanei prendevano a modello le ville ro- mane che conoscevano attraverso i testi classici. Plinio il Giovane ad esempio, all’epoca autore di culto: nelle sue lettere si trovano descrizioni delle dimore patrizie che Villa Borghese voleva emulare». Alla morte del cardinale, nel 1633, la collezio- ne gode di una fama straordinaria. Gli eredi rac- colgono il testimone, preservandola e arricchen- dola. Alla fine del Settecento vive un’altra tappa fondamentale della storia quando Marcantonio IV Borghese fa ristrutturare la palazzina dando- le l’aspetto che conosciamo oggi. Ma la storia non è sempre facile, neanche per le grandi fami- glie papaline: «Ai primi dell’Ottocento i Borghe- se sono in declino e Napoleone costringe il prin- cipe Camillo — suo cognato — a cedergli diversi pezzi della collezione, soprattutto statue antiche destinate a costituire una sezione del Louvre. Si tratta di opere che non saranno mai recuperate, Camillo però riesce a limitare i danni acquisen- do qualche pezzo in più. E fa ritrarre sua moglie Paolina, sorella di Bonaparte, da Antonio Cano- va, lo scultore all’epoca più in voga. Ne nasce un capolavoro moderno che oggi è forse il pezzo più amato dai visitatori della Galleria». Da allora in poi il declino della famiglia è inar- restabile. All’inizio del secolo i Borghese avvia- no le trattative per vendere la collezione e la villa allo Stato italiano, che le acquista nel 1901. La villa viene affidata al Comune di Roma, lo Stato tiene per sé la palazzina e la collezione, che viene arricchita e riorganizzata nel rispetto della collo- cazione antica. Tra i tanti direttori che da allora ad oggi si susseguiti, Strinati ricorda Paola Del- la Pergola, autrice di uno storico catalogo: «È a lei che dobbiamo la creazione della moderna Galleria Borghese», dice. Da allora sono luci e ombre: per circa dieci anni la Galleria resta chiu- sa a causa di un temuto crollo («anche se — pre- cisa il soprintendente — non lo fu mai del tutto: il piano terreno è rimasto fruibile e molte opere sono state trasferite in altre sedi»). Fino al 1997, quando, dopo un restauro accuratissimo, la Gal- leria Borghese riapre. E il sogno di Scipione tor- na a vivere. Giulia Ziino La Galleria Borghese nasce dal «vizio» di un cardinale del Seicento Tutti a casa di Scipione, il collezionista SPETTACOLARE Villa Aldobrandini a Frascati «Si è perso il gusto del salotto Ora l’arte è un piacere privato» In alto il Cardinale Scipione Borghese (1579-1633), il più importante collezionista della sua epoca, che acquistò molti capolavori classici e moderni. A sinistra, il ritratto marmoreo di Paolina Borghese voluto dal marito Camillo e realizzato dal Canova (1757-1822) Il principe Aldobrandini, erede di una grande famiglia di mecenati Scoprite la Guida 2006 I piaceri dell'energia: sarà davvero illuminante per programmare i vostri prossimi weekend. I primi 25.000 lettori che invieranno il modulo di richiesta on line riceveranno la preziosa guida: un'ampia selezione di sentieri escursionistici, aree protette e itinerari culturali vicini alle centrali elettriche. Dare energia a un Paese significa anche questo. www.enel.it/ipiaceridellenergia2006 ENEL VI GUIDA A UN’ITALIA INEDITA. in collaborazione con 7 Corriere Eventi C ORRIERE DELLA S ERA U M ARTEDÌ 9 M AGGIO 2006

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U n suo avo, il cardinale Pie-tro Aldobrandini, riva-leggiava con Scipione

Borghese per conquistare la pal-ma di più grande collezionista del-la Roma del Seicento («eranoacerrimi nemici, poi le loro duestirpi finirono per fondersi»); lasua famiglia, di antica nobiltà, haalle spalle una nutrita tradizionedi collezionismo, lui stesso è ungrande estimatore d’arte («spe-cialmente antica, in particolareneoclassica»). Se siamo in cercadi moderni Scipione Borghese,abituati a maneggiare da vicinotesori d’arte straordinari, il princi-pe Camillo Aldobrandini fa al ca-so nostro: la Villa diFrascati, dove risie-de, custodisce tra lesue stanze secolid’arte e di storia.«In realtà — ci tienea precisare — il ve-ro collezionista difamiglia è mio fratel-lo Francesco, spe-cialmente sul ver-sante contempora-neo. Il suo nome silegaanche a una mo-stra, Vitalità del ne-gativo, che ha fattostoria nella Romadegli anni Sessanta. Io e gli altrimiei fratelli collezioniamo opered’arte, ma su scala più ridotta».

Vero è che per il principe il col-lezionismo è una questione di fa-miglia. Nel tempo, le vicende de-gli Aldobrandini si sono intreccia-te a quelle dei Borghese, di cui so-no un ramo secondario: le due fa-miglie si sono fuse a fine Ottocen-to. Gli Aldobrandini, fedeli al-l’esempio del cardinale Pietro, so-no sempre stati mecenati e acqui-renti. Un esempio illustre del lorooperato sono le Quattro stagioni:due a firma di Pietro Bernini, duedel figlio Gian Lorenzo, il «ma-go» della Roma barocca: «Furo-

no commissionate dagli Strozzi— spiega il principe Camillo —,poi fu Francesco Borghese Aldo-brandini ad acquistarle ai primidell’Ottocento». Gli Strozzi ap-partenevano alla nobiltà fiorenti-na ma come tutte le grandi fami-glie avevano una sede anche a Ro-ma, la loro era a Palazzo Besso inpiazza Argentina: «Tutti a queitempi avevano "casa" a Roma, incittà c’erano decine di ville che og-gi non esistono più, rase al suolodurante la ristrutturazione um-bertina». Ma splendide erano an-che le ville fuori porta, come laVilla Aldobrandini a Frascati,scrigno di gioielli come la camera

cinese: «Nel Settecento chiunquedoveva avere una sala arredata instile cinese (e spesso si faceva con-fusione tra Cina e Giappone). Neesistono in tutta Italia, dai palaz-zi sabaudi in Piemonte alla Favo-rita di Palermo. Molte sono anda-te distrutte alla fine dell’Ottocen-to: a quei tempi non si aveva il sen-so della conservazione e quandosi affermava una nuova modanon si esitava a fare piazza pulitadi quella precedente».

Custodire il patrimonio eredi-tato e costruito nel corso degli an-ni è forse il lavoro più duro per uncollezionista: «Il più duro e il piùoneroso — spiega il principe —

anche se ciò che è veramente diffi-cile è conservare i contenitori diqueste collezioni», cioè i palazzi,le ville, i parchi. Come la palazzi-na di Villa Borghese dove Scipio-ne riceveva i suoi ospiti abbaglian-doli con le meraviglie della suacollezione. Anche Villa Aldo-brandini è stata a lungo aperta alpubblico, fino agli anni Settanta,«poi la paura dei furti ha costret-to i collezionisti di oggi a trasfor-marsi in cerberi», dice a malincuo-re il principe, che però non si tiraindietro quando i suoi tesori ven-gono chiesti in prestito per impor-tanti mostre o istituzioni come«Italia nostra» che gli chiedono

di aprire le porte del-la sua dimora.

Certo, il gustodel collezionismocome occasionemondana oggi nonè più lo stesso cheera nel Seicento, enon solo per pauradei ladri: «Oggi si ac-quistano opere d’ar-te più che altro pertrarne una soddisfa-zione privata, peravere la possibilitàdi godere ogni gior-no di capolavori

straordinari. Esistono ancoragrandi collezioni e grandi colle-zionisti, ma è cambiato il modo diintendere la questione». Resta unpo’ di nostalgia per lo sfarzo e ilgusto del ricevere dei grandi si-gnori barocchi, eppure non è tut-to oro quel che luccica: «I cardina-li come Scipione — conclude ilprincipe Aldobrandini — amava-no fare sfoggio di ricchezza e dicultura ma soprattutto avevanoqualcosa da farsi perdonare. Pro-teggevano le arti e, così facendo,dimostravano di fare buon usodei tanti soldi che avevano a di-sposizione».

G. Zi.

LE SCELTE

IL BUSTOE LA STATUA

Antichità classiche accanto ad autoridel suo tempo. Un altro impulso allafine del ’700 con Marcantonio IV

Il sacco

Il 6 maggio l’esercito di CarloV conquista Roma.

I lanzichenecchi mettono finealle ambizioni di grandezza

di Giulio II e Leone Xche legarono il potere della

Chiesa alla ricostruzionemonumentale della città.

Il sogno papale si concludeinvece con la fuga degliartisti: da Parmigianino

a Giulio Romano, da RossoFiorentino a Michelangelo

LA STORIA

I l sogno di un uomo del Seicento, tantoamante della vita e dell’arte da voler erige-re alla sua passione un monumento, a me-tà strada tra una camera delle meraviglie e

un giardino delle delizie. La storia della GalleriaBorghese comincia da qui: siamo nei primi annidel secolo barocco quando Scipione Borghese,figlio di una delle famiglie più illustri di Roma,cardinale, nipote di un papa e grande estimatoredelle arti decide di regalare alla sua straordina-ria collezione di opere antiche e moderne unacornice degna del suo valore.

«Conosciamo molto bene Scipione — spiegaClaudio Strinati, storico dell’arte e soprinten-dente del Polo museale romano — perché le fon-ti del tempo ce ne parlano diffusamente. È a luiche dobbiamo il primo nucleo della collezioneche ammiriamo oggi e con lui ci troviamo difronte a un tipico caso di nepotismo. Suo zio,papa Paolo V, lo aveva destinato all’attività poli-tica e diplomatica ma lui preferì sempre i piaceridella vita mondana e l’arte: una passione che inpochi anni lo portò a mettere insieme una colle-zione ricchissima». Un personaggio eccezionalema anche un uomo del suo tempo: «Scipione —continua Strinati — non è il primo né l’unicocollezionista nella Roma di quegli anni: segueuna linea di tendenza allora molto radicata. Giànell’ultimo ventennio del Cinquecento l’interes-se per le arti aveva avuto un’impennata, special-mente a Roma, dove il gusto per il collezioni-smo si era fatto strada già nel secolo precedente.Erano soprattutto gli uomini di Chiesa a racco-gliere e comprare vestigia dell’antichità: statue,busti, monete, lapidi. In seguito si diffuse il gu-sto per la collezione "integrata", cioè mista dipittura e scultura. Com’era quella di Scipione,ricca di opere dell’antichità classica ma anche diarte moderna, soprattutto di artisti suoi contem-poranei». Per assecondare al meglio la sua pas-sione il cardinale aveva assunto una doppia fun-zione di acquirente e mecenate che in pochi annilo portò a diventare il più importante collezioni-sta del suo tempo: «Sceglieva gli artisti più quo-tati e aveva fiuto nel riconoscere il talento, comenel caso di Bernini che prese sotto la sua ala ap-

pena ventenne e trasformò nel grande artistache sappiamo, commissionandogli opere comel’Apollo e Dafne, ancora oggi conservate nellaGalleria». Un fiuto, quello di Scipione, che nonsi limitava alle belle arti: «A quei tempi avereuna collezione era un fatto di mondanità, ti da-va l’occasione di invitare viaggiatori illustri egrandi personalità. Portava prestigio ma era an-che un efficace strumento politico. Anche oggi igrandi collezionisti sono sempre in contatto conle persone che contano. Così era allora: tutti do-vevano andare a casa di Scipione». E la sua nonera certo una casa qualunque: Villa Borghese,una distesa di verde interrotta qua e là da esedre,fontane, tempietti e, fiore all’occhiello, la palaz-zina che a tutt’oggi ospita la collezione. «Scipio-

ne fece costruire la villa per farne un luogo dibenessere e d’incontro. All’ingresso aveva fattomettere un’iscrizione in latino che oggi non esi-ste più, in cui si raccomandava di lasciar fuori lecontese e i dolori della vita quotidiana per varca-re la soglia di un mondo di pace. Lui e i suoicontemporanei prendevano a modello le ville ro-

mane che conoscevano attraverso i testi classici.Plinio il Giovane ad esempio, all’epoca autoredi culto: nelle sue lettere si trovano descrizionidelle dimore patrizie che Villa Borghese volevaemulare».

Alla morte del cardinale, nel 1633, la collezio-ne gode di una fama straordinaria. Gli eredi rac-colgono il testimone, preservandola e arricchen-dola. Alla fine del Settecento vive un’altra tappafondamentale della storia quando MarcantonioIV Borghese fa ristrutturare la palazzina dando-le l’aspetto che conosciamo oggi. Ma la storianon è sempre facile, neanche per le grandi fami-glie papaline: «Ai primi dell’Ottocento i Borghe-se sono in declino e Napoleone costringe il prin-cipe Camillo — suo cognato — a cedergli diversipezzi della collezione, soprattutto statue antichedestinate a costituire una sezione del Louvre. Sitratta di opere che non saranno mai recuperate,Camillo però riesce a limitare i danni acquisen-do qualche pezzo in più. E fa ritrarre sua mogliePaolina, sorella di Bonaparte, da Antonio Cano-va, lo scultore all’epoca più in voga. Ne nasce uncapolavoro moderno che oggi è forse il pezzopiù amato dai visitatori della Galleria».

Da allora in poi il declino della famiglia è inar-restabile. All’inizio del secolo i Borghese avvia-no le trattative per vendere la collezione e la villaallo Stato italiano, che le acquista nel 1901. Lavilla viene affidata al Comune di Roma, lo Statotiene per sé la palazzina e la collezione, che vienearricchita e riorganizzata nel rispetto della collo-cazione antica. Tra i tanti direttori che da alloraad oggi si susseguiti, Strinati ricorda Paola Del-la Pergola, autrice di uno storico catalogo: «È alei che dobbiamo la creazione della modernaGalleria Borghese», dice. Da allora sono luci eombre: per circa dieci anni la Galleria resta chiu-sa a causa di un temuto crollo («anche se — pre-cisa il soprintendente — non lo fu mai del tutto:il piano terreno è rimasto fruibile e molte operesono state trasferite in altre sedi»). Fino al 1997,quando, dopo un restauro accuratissimo, la Gal-leria Borghese riapre. E il sogno di Scipione tor-na a vivere.

Giulia Ziino

La Galleria Borghese nasce dal «vizio» di un cardinale del SeicentoTutti a casa di Scipione, il collezionista

SPETTACOLARE Villa Aldobrandini a Frascati

«Si è perso il gusto del salottoOra l’arte è un piacere privato»

In alto il CardinaleScipione Borghese(1579-1633), il piùimportantecollezionista dellasua epoca, cheacquistò molticapolavori classici emoderni. A sinistra,il ritratto marmoreodi Paolina Borghesevoluto dal maritoCamillo e realizzatodal Canova(1757-1822)

Il principe Aldobrandini, erede di una grande famiglia di mecenati

Scoprite la Guida 2006 I piaceri dell'energia: sarà davvero illuminante per programmare i vostri prossimi

weekend. I primi 25.000 lettori che invieranno il modulo di richiesta on line

riceveranno la preziosa guida: un'ampia selezione di sentieri escursionistici,

aree protette e itinerari culturali vicini alle centrali elettriche. Dare energia

a un Paese significa anche questo.www.enel.it/ipiaceridellenergia2006

ENEL VI GUIDA A UN’ITALIA INEDITA.

in collaborazione con

7Corriere EventiCORRIERE DELLA SERA U M ARTEDÌ 9 M AGGIO 2006