Roberto Risaliti Modificazione di Neutralità ed Epochè Fenomenologica nel Primo Libro delle Ideen...

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" ROBERTO RISAliTI MODIFICAZIONE DI NEUTRALITÀ ED «EPOCHÈ» FENOMENOLOGICA NEL PRIMO LIBRO DELLE «IDEEN» DI HUSSERL Estratto da: Annali del Dipartimento di Filosofia dell'Università di Firenze Nuova serie- 1996-1997 fu --:------Edizioni fll.nwmitam di.fdttuEoonomia fl:>i'rilio -------

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Il mio primo lavoro, scritto tra il 1993 ed il 1996. Un tentativo di trovare una connessione tra la teoria husserliana dell'epochè e quella, molto meno nota, della modificazione di neutralità. Originariamente apparso negli Annali del Dipartimento di Filosofia dell'Università di Firenze 1996-97.

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ROBERTO RISAliTI

MODIFICAZIONE DI NEUTRALITÀ ED «EPOCHÈ» FENOMENOLOGICA NEL PRIMO LIBRO DELLE «IDEEN»

DI HUSSERL

Estratto da: Annali del Dipartimento di Filosofia

dell'Università di Firenze Nuova serie- 1996-1997

fu --:------Edizioni fll.nwmitam di.fdttuEoonomia fl:>i'rilio -------

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Roberto Risaliti

MODIFICAZIONE DI NEUTRALITÀ ED «EPOCHÈ» FENOMENOLOGICA NEL PRIMO LIBRO DELLE «IDEEN» DI HUSSERL

Oggetto di studio di questo lavoro sono alcuni aspetti dei pensiero di Husserl come esso è sviluppato nel primo libro delle Ideen 1

. Due delle

1 E. HUSSERL, Ideen zu einer reinen Pbanomenologie und pbanomenologiscben Pbi­losopbie, Erstes Buch, neu herausgegeben von Karl Schuhmann, Den Haag, Martinus Nijhoff, 1976. È da quest'opera che sono tratte tutte le citazioni, a meno che non sia espli­citamente indicato altrimenti. In nota viene sempre presentata la traduzione italiana tratta da: E. HussERL, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, Libro primo, a cura di Enrico Filippini, Torino, Einaudi, 1965. Eventuali variazioni nella traduzio­ne, operate da noi, sono sempre segnalate con parentesi quadre. Dobbiamo inoltre segna­lare che in molti punti la versione italiana del primo libro delle Ideen non traduce il testo tedesco originale. Ricordiamo che, vivente Husserl, il primo libro delle Ideen ha avuto tre edizioni, nel 1913 entro il primo volume dello <<]ahrbuch fi.ir Philosophie und phano­menologische Forschung», nel 1922 e nel 1928, sostanzialmente identiche, e che la tradu­zione italiana è condotta invece su un'edizione delle Ideen uscita nel 1950 a cura di Walter Biemel. Tale redazione del testo presenta varie modifiche ed aggiunte operate dallo stesso Husserl sugli esemplari in suo possesso del proprio lavoro. Se è vero che si tratta di note e correzioni scritte da Husserl stesso - e quindi del massimo interesse per lo studioso - è però anche vero che non pare filologicamente corretto sostituire al testo originale un testo che il filosofo non ha mai dato alle stampe. Coerentemente con questa veduta il curatore della più recente edizione critica delle Ideen, quella in due tomi del 1976, ristampa il testo originale del 1913, cui anche noi ci rifacciamo. Le varianti del testo originale soppresse nel­l'edizione del 1950 sono state comunque tradotte in italiano da E. Filippini, e si trovano al­l'interno dell'<<apparato critico al testo••, alle pagine 943-957 dell'edizione italiana. Noi, poi­ché ci rifacciamo al testo del 1913, qualora l'edizione italiana del primo libro riporti la va­riante del 1950, sostituiamo a questa la traduzione del testo originale riportata nel già ricor­dato apparato critico, evitando di appesantire le citazioni con richiami alle pagine dell'ap-

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novità essenziali rispetto alla grande opera precedente, le Ricerche logi­che 2, sono la messa in luce della soggettività trascendentale e la connessa teoria dell' epochè fenomenologica (o fenomenologico-trascendentale, o semplicemente trascendentale). Esse, insieme, danno un nuovo senso alla fenomenologia, trasformandola in fenomenologia trascendentale.

Dell' epochè, o messa in parentesi, o neutralìzzazìone, o riduzione, Husserl sì occupa a più riprese nel corso delle Ideen 3. In effetti, la messa in parentesi trascendentale è esposta per la prima volta nel primo capito-

parato stesso, dei quali il lettore può facilmente fare a meno se solo ha sott'occhio il testo italiano. Per quanto riguarda le modifiche e le aggiunte al testo fatte da Husserl, preferiamo riportare solo ciò che ci pare rilevante per gli scopi del nostro lavoro e dunque per gli argo­menti di cui esso specificamente tratta. Annotazioni e inserti sono tutti pubblicati nel secon­do tomo dell'edizione del 1976 del primo libro delle Jdeen; in molti casi di essi non c'è la traduzione italiana, né nell'edizione italiana del primo libro, né nell'apparato critico. Quan­do il testo originale da noi citato è tradotto, riportiamo la versione del traduttore italiano, in caso diverso la traduzione è nostra. Dobbiamo notare infine che gli esemplari stampati su cui Husserl ha lavorato sono quattro (come è esplicitamente asserito nell'avvertenza del cu­ratore a p. 477 della già citata edizione del 1976), indicati con A, B, C, D, i primi tre del 1913 e l'ultimo del 1922, e non tre come viene erroneamente sostenuto nell'apparato critico dell'edizione italiana. Per la precisione, l'esemplare A è I'«Handexemplar. per eccellenza, essendo stato annotato dal 1913 al 1929, e si tratta di un estratto del primo volume del già citato <<]ahrbuch fi.ir Philosophie und phanomenologische Forschung. del 1913; l'esemplare B è la prima parte del primo volume dello stesso Jahrbuch; l'esemplare C è ancora la prima parte del primo volume dello Jahrbuch, ma in brossura (più che altro usato per notare gli errori di stampa); l'esemplare D è infine una copia dell'edizione del 1922, e, a quanto pare, è stato annotato tutto nell'autunno del 1929. L'errore del curatore italiano (che parla di due esemplari del 1913 e di uno del 1922) è probabilmente la conseguenza di quello del curato­re dell'edizione tedesca del 1950, Walter Biemel, il quale nella sua Vorbemerkung parla di tre esemplari delle Jdeen custoditi nell'archivio Husserl.

2 E. HUSSERL, Logische Untersuchungen, Halle a. d. Saale, Max Niemeyer, 1900-1901. Ora neii',,Husserliana. in due volumi distinti: E. HussERL, Logische Untersuchungen, Erster Band, herausgegeben von Elmar Holenstein, Den Haag, Martinus Nijhoff, 1975, contenente i Prolegomena zur reinen Logik; Logische Untersuchungen, Zweiter Band, herausgegeben von Ursula Panzer, Den Haag, Martinus Nijhoff, 1984, da cui citiamo, contenente le sei Untersuchungen zur Phiinomenologie und Theorie der Erkenntnis, traduzione italiana a cura di Giovanni Piana, Ricerche logiche, Milano, Il Saggiatore, 1968.

:l È bene chiarire subito che, nel presente lavoro, non ci occupiamo di quel tipo parti­colare di riduzione che Husserl chiama eidetica. In effetti, essa consiste in un cambiamento del modo di sguardo diretto agli oggetti, il quale, invece di apprenderli come datità di fatto, li coglie nei loro caratteri essenziali e, così facendo, li ,,neutralizza,, in quanto fattualità, fa­cendo emergere quello che in loro vi è non di individuale, ma di universale. Riconosciamo che sarebbe assai interessante studiare i rapporti della visione delle essenze con le altre teo­rie della «riduzione. (modificazione di neutralità ed epochè fenomenologica). Una simile arwlisi, però, non rientra nei limiti del tipo di lavoro che intendiamo svolgere qui: nelle pagine che seguono, perciò, consideriamo la teoria della visione delle essenze come pre­supposta, senza trattarla né problematizzarla.

Modificazione di neutralità ed «efJochè. ferwmenolop,ica U5

lo della seconda sezione, ma la teoria generale della neutralìzzazìone si trova solo successivamente, nel quarto capitolo della terza sezione, dal § 109 al § 117. È in questa serie dì densi paragrafi che sì trova, secondo noi, la giustificazione teoretica della possibilità del mutamento dell'atteg­giamento naturale in atteggiamento fenomenologico, operato 4 da Husserl nei paragrafi 31 e 32 tramite l'epochè fenomenologica 5• Lo scopo del pre­sente lavoro è dì tentare un'interpretazione dì quella teoria generale della modificazione dì neutralità che abbiamo sopra ricordato, che ne mostri il rapporto che la lega all'epochè fenomenologica.

l. LA MODIFICAZIONE DI NEUTRALITÀ

La trattazione della modificazione dì neutralità è svolta da Husserl nel capitolo intitolato Zur Problematik der noetisch-noematischen Strukturen (Per la problematica delle strutture noetico-noematiche), un punto del­l'opera assai inoltrato. È stata già colta la regione della coscienza pura e sì sono cominciate a chiarire le sue complesse strutture. Tra le altre cose, Husserl ha nettamente distinto i dati fenomenologici che appaiono al­l'analisi come appartenenti al momento noetìco del complessivo atto in­tenzionale, cioè all'atto propriamente detto, da quei dati che sono propri

4 L'impiego della parola <<OperatO>>, in questo contesto, potrebbe sorprendere: parrebbe che il passaggio da un «atteggiamento• all'altro non sia <<Operato• dall'autore, ma «ritratto., in un certo senso, ,,dall'esterno•. Ma noi siamo convinti che, nel suo scritto, Husserl non si limiti a suggerire astrattamente due possibili modi di rapportarsi con la realtà, ma presentifichi un'esperienza vissuta effettivamente compiuta, cercando di renderne partecipe il lettore. Quando Husserl descrive per sommi capi il vivere atteggiato naturalmente, si cala nuovamente, anche se solo in modo provvisorio, in quel modo di essere che, prima di dive­nire fenomenologo, ha pure condiviso, anzi ha senz'altro vissuto. Riproduce un proprio percorso vitale e di pensiero, al fine di rendere il lettore a sua volta in grado di compiere il rovesciamento esistenziale rappresentato dall'epochè. Nella questione della portata esisten­ziale, vitale, dell'epochè non possiamo addentrarci qui: tutto ciò è trattato nell'ultima parte del nostro scritto.

5 Quest'ultima è, in effetti, ripresa e <<ampliata• nel corso dell'intero quarto capitolo della seconda sezione; di questi presunti <<ampliamenti>>, però, non ci occupiamo, riservan­doci di trattarne in un lavoro futuro. Non ci sfugge la problematicità dell'idea di un amplia­mento dell'epochè, proprio in rapporto all'interpretazione da noi tentata. Tuttavia, ricondur­re le varie «messe in parentesi• all'epochè trascendentale richiede un lungo e meticoloso lavoro d'analisi del testo che, per essere svolto in maniera adeguata, necessita di una tratta­zione a parte.

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di ciò che appare nell'atto, del correlato oggettuale nel senso più ampio. I caratteri dell'oggettualità apparente sono in generale caratteri dell'essere di qualcosa, mentre i caratteri degli atti in cui qualcosa è posto come in qualche modo «essente>> sono i caratteri della credenza in qualcosa, dove <<Credenza,, si deve intendere come un espressione indicante un genere di cognizione originario (di cui la <<Credenza, nel senso ordinario è un deri­vato), capace di trasformarsi secondo tutti gli specifici sensi in cui un'oggettualità è consaputa, data alla coscienza. Secondo Husserl, ogni possibile situazione epfstemica è da concepirsi come una «modificazione>> della certezza della credenza (o, come forse sarebbe meglio dire, della credenza certa), nel senso che tutti i modi in cui qualcosa è presente, è dato alla coscienza, sono il risultato di operazioni, di vario genere, com­piute dalla coscienza sui suoi contenuti intenzionali primitivi: modifica­zioni dell'apprensione diretta, immediata, di qualcosa 6• I vari modi in cui la coscienza intende le oggettualità a lei date non si trovano sullo stesso piano: non sono alternativi l'uno all'altro come delle specie parallele di un medesimo genere. I vari tipi di <<Credenza,, sono, invece, fondati l'uno sull'altro secondo vari tipi di stratificazione intenzionale, ma in modo da fare tutti capo al semplice, non modificato, prendere immediatamente per certo, chiamato da Husserl <<Credenza originaria» (Urdoxa) 7. Con questi presupposti vengono trattate alcune fondamentali <<modificazioni>>, certe

6 «In der jetzigen Reihe spielt offenbar die GlaubensgewiBheit die Rolle der unmo­difizierten, oder, wie wir hier zu sagen hatten, der "unmodalisierten" Urform der Glauben­sweise>>, § 104, p. 240. «Nella serie attuale la certezza della credenza f!orse meglio: la creden­za certa] ha manifestamente il ruolo della forma originaria non-modificata o, come do­vremmo dire qui, "non-modalizzata ", della credenza,, p. 234.

7 «GlaubensgewiBheit ist Glaube schlechthin, in pragnantem Sinne. Sie hat nach unseren Analysen in der Tat eine hochst merkwurdige Sonderstellung in der Mannig­faltigkeit von Akten, die alle unter dem Titel Glaube- oder "Urteil", wie vielfach aber in sehr unpassender Weise gesagt wird - begriffen werden. Es bedarf eines eig~nen Aus­drucks, der dieser Sonderstellung Rechnung tragt und jede Erinnerung an die ubliche Gleichstellung der GewiBheit und der anderen Glaubensmodi ausloscht. Wir fUhren den Terminus Urglaube oder Urdoxa ein, womit sich die von uns herausgestellte intentionale Ruckhezogenheit aller "Glaubensmodalitaten" angemessen auspragt», § 104, p. 241. <<La cer­tezza della credenza f!orse meglio: credenza certa] è credenza ut sic, in senso pregnante. Nel fatto, secondo le nostre analisi essa ha una posizione notevolissimamente isolata nella molteplicità di atti che vengono tutti compresi sotto il titolo "credenza" - o "giudizio" come si dice spesso, ma molto inadeguatamente -. Occorre un'espressione speciale, che renda conto di questa posizione isolata e annulli ogni ricordo della comune equiparazione della certezza e degli altri modi di credenza. Noi introduciamo il termine di credenza originaria o doxa originaria, col quale si esprime convenientemente l'intenzionale riferimento regres­sivo, da noi messo in rilievo, di tutte le "modalità di credenza"•, p. 2.~'i.

. Mud!ficazùllll' di 11<'11/mlila ed •<1)()d1<'• j(•numenulup,ica l:\7

in modo sommario, certe altre diffusamente. Qui intendiamo rivolgerei immediatamente alla modificazione di neutralità, introdotta così nel § 109:

lJnter den auf die Glaubenssphare zu beziehenden Modifikationen haben wir noch eine hochst wichtige zu bezeichnen, die eine vollig isolierte Stellung einnimmt, also keineswegs mit den oben besprochenen in eine Reihe gestellt werden darf. Die eigentlimliche Art, wie sie sich zu den Glaubenssetzungen verhalt, und der Umstand, daB sie erst bei tieferer Untersuchung sich in ihrer Eigenti.imlichkeit herausstellt- als eine gar nicht speziell zur Glaubenssphare gehorige, vielmehr als eine hochst bedeutsame allgemeine BewufStseinsmo­difikation - rechtfertigt es, wenn wir ihr an dieser Stelle eine ausfi.ihrliche Betrachtung widmen. 8

Già al principio del paragrafo, Husserl preannuncia che si tratta di una modificazione che investe la coscienza come tale, nella sua interezza, comprese le sfere del sentimento e della volontà, non solo quelle della credenza o della conoscenza. Limitandosi dunque per semplicità alla sola sfera dossica, tenta di determinare nel modo seguente la natura di questa modificazione:

Es handelt sich uns jetzt um eine Modifikation, die jede doxische Modalitat, auf die sie bezogen wird, in gewisser Weise vollig aufhebt, vollig entkraftet -aber in total anderem Sinne wie die Negation, die zudem, wie wir sahen, im Negat ihre positive Leistung hat, ein Nichtsein, das selbst wieder Sein ist. Sie durchstreicht nicht, sie <<leistet>> nichts, sie ist das bewuBtseinsmaBige Gegen­sti.ick alles Leistens: dessen Neutralisierung. Sie liegt beschlossen in jedem sich-des-Leistens-enthalten, es-auBer-Aktion-setzen, es-<<einklammern», <<da­hingestellt-sein-lassen» und nun <<dahingestellt»-haben, sich-in-das-Leisten­<<hineindenken», bzw.das Geleistete <<bloB denken,, ohne <<mitzutun». 9

H § 109, p. 247 .• Tra le modificazioni relative alla sfera della credenza dobbiamo indi­carne ancora una molto importante, che occupa un posto del tutto isolato e non può quindi essere collocata nella serie di quelle sopra discusse. La particolare maniera con cui si riferi­sce alle posizioni di credenza e la circostanza che soltanto ad un'indagine assai approfondi­ta si rivela nella sua particolarità - come una modificazione di coscienza non specificamen­te appartenente alla sfera della credenza, ma piuttosto come una modificazione generale al­tamente significativa - giustificano il fatto che le dedichiamo qui una considerazione esau­riente•, p. 240.

9 § 109, pp. 247-248 .• si tratta ora di una modificazione che in certa guisa annulla e svigorisce radicalmente ogni modalità dossica a cui venga riferita - ma in un senso total­mente diverso dalla negazione che, come vedemmo, nell'elemento negato ha il suo prodot­to positivo, un non-essere che è esso stesso essere. Essa non cancella, non "produce" nulla, è il contrapposto coscienziale di ogni produrre f!orse meglio: Essa non cancella, non "fa" nulla, è la controparte coscienziale di ogni operare]: la sua neutraltzzaztone. Essa è inclusa

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La prima determinazione di questa modificazione sui generis è dun­que negativa: non è negazione. La negazione infatti, per Husserl, pone qualcosa: il non-essere dell'oggetto negato. Secondo Husserl, in altre pa­role, anche la negazione modifica il contenuto dossico primitivo, ne è una stratificazione intenzionale che pone in esso un certo carattere, anche se di tipo affatto peculiare: quello della «rimozione>>, della <<Cancellatura>> 10 o, come anche si potrebbe dire, del non-essere. Ma «neutralizzare>> un certo contenuto, un certo dato, non vuoi dire negar/o. Nell'argomentare questa distinzione emerge la prima determinazione positiva della neutralizza­zione: <<Sie ist das bewu13tseinsma13ige Gegenstlick alles LeistenS>> (<<è la controparte coscienziale di ogni operare>> 11

). Ogni tipo di posizione co­scienziale, ogni possibile modificazione dell' Urdoxa, possono essere neu­tralizzati, hanno la loro controparte neutralizzata. Il negare stesso, dun­que, può essere neutralizzato, come il percepire, il sognare, il giudicare, etc. La neutralizzazione si distingue da tutte le altre possibili modificazioni perché, diversamente da esse, non pone nessun contenuto, di nessun tipo; non ha, in assoluto, carattere posizionale. L'elenco di espressioni quali <<mettere-fuori-azione>>, «mettere-in-parentesi>>, e le altre viste prima, che dovrebbero indicare quale sia il tipo di operazione in cui consiste questa singolare modificazione della Urdoxa, è però difettoso. Il motivo lo spiega immediatamente Husserl stesso:

Denn alle zur vorlaufigen Andeutung soeben zusammengestellten Aus-

in ogni trattenersi dal produrre f!orse meglio: dall'operare), metterlo-fuori-azione, metterlo­in-parentesi, "!asciarlo-indiscusso" e quindi averlo-come-"indiscusso", "entrare-col-pensie­ro-nella-produzione", od anche "pensare semplicemente" il prodotto f!orse meglio: "entrare­col-pensiero"-nell'esecuzione, od anche "mero pensare" l'eseguito) senza "prender parte al suo compimento",,, pp. 240-241.

10 «Wir konnen im negierenden BewuBtsein leben, mit anderen Worten, die Negation "vollziehen": der Blick des Ich ist dann gerichtet auf das, was Durchstreichung erfahrt. Wir klinnen den Blick aber auch als erfassenden auf das Durchstrichene als solches, auf das mit dem Strich Versehene richten: dann steht dieses als ein neues "Objekt" da, und zwar da im scbltchten doxischen Urmodus "seiend",, p. 244. «Noi possiamo vivere nella coscienza ne­gatrice, in altre parole, "compiere" la negazione: in tal caso lo sguardo dell'io è diretto a ciò che subisce la cancellazione. Ma possiamo anche dirigere lo sguardo al cancellato come tale, a ciò che è provvisto della cancellatura f!orse meglio: a ciò che è provvisto del segno di cancellazione]: e in questo caso abbiamo un nuovo "oggetto", "esistente" nel genuino modo dossico [più esattamente: e in tal caso questo cancellato è lì come un nuovo oggetto, e lì, precisamente, nel semplice modo dossico originario che ba nome "essente"],, p. 237.

11 Modifichiamo la traduzione da «produrre» a «Operare, perché qui il verbo deisten. ha il senso dell'inglese «to perform .. , indica un fare che, una volta terminato, non lascia neces­sariamente qualcosa di prodotto.

Mudiflc{rziulle di llt'ttlmlltà ed •l'/H!Cht;• ji•llumenuloRicu l j()

driicke enthalten im Sinne Oberschtissiges. Oberall ist ein willktirliches Tun mithezeichnet, wahrend es darauf gar nicht ankommen soli. Wir scheiden es a Iso aus. Das Resultat dieses Tuns hat jedenfalls einen eigenttimlichen Gehalt, der sich unter Absehung davon, daiS er ihm <<entstammt>> (was nattirlich auch cin plùnomenologisches Datum ware), an sich betrachtet werden kann, wie L'l' denn auch ohne solche Willktir im Erlebniszusammenhange moglich ist und vorkommt. Schalten wir so aus dem Dahingestellt-sein-lassen alles Wil­kntliche aus, verstehen wir es aber auch nicht im Sinn eines Zweifelhaften oder Hypothetischen, so verbleibt ein gewisses ,,Dahingestellt»-haben, oder besser noch, ein ,,Dastehend»-haben von etwas, das nicht «Wirklich>> als dastehend bewuiSt ist. Der Setzungscharakter ist kraftlos geworden. 12

La cntlCa cui Husserl sottopone le proposte terminologiche appena fatte ha carattere duplice: ciò che bisogna togliere dal senso di quelle lo­cuzioni sono la volontarietà e l' ipoteticità.

Per quanto riguarda l'elemento volontario, vale a dire il deliberato e cosciente sospendere-il-giudizio su qualcosa, esso è certamente possibile. Può darsi che, a volte, in particolari circostanze, la neutralizzazione possa avere anche questo carattere; ciò che importa, però, è che esso non è ne­cessario. Infatti, anche quando un contenuto di coscienza viene neutraliz­zato volontariamente, lo studio del contenuto così modificato è, di fatto, indipendente da quell'atto di volizione: la volizione stessa, piuttosto, si fonda su un atto neutralizzante, altrimenti non potrebbe essere riferita ad un contenuto neutralmente modificato. Oltre a ciò, suggerisce Husserl, la modificazione di neutralità ha un posto nel vivere della coscienza ben più ampio di quello occupato dagli atti di volontaria modificazione, di voler-

12 § 109, p. 248. «Poiché tutti i termini testè radunati per una indicazione provvisoria hanno nel loro senso qualcosa di eccedente. In essi è sempre sottointeso un fare arbitrario (forse meglio: volontario), mentre questo è fuori questione. Eliminiamolo dunque. Il risulta­to di questo fare ha in ogni caso un contenuto particolare che, prescindendo dal fatto che "deriva" da quel fare (il che naturalmente sarebbe pure un dato fenomenologico), può es­sere considerato in se stesso, come è possibile ed accade nella connessione degli Erlebnisse anche senza quell'arbitrio f!orse meglio: anche senza quella volontarietàl. Se dunque elimi­niamo ogni elemento volitivo dal lasciare-indiscusso, ma non intendiamo quest'ultimo nel senso di qualcosa di dubbio o di ipotetico, rimane un certo avere-indiscusso, o meglio an­cora un aver-presente qualcosa che non è "realmente" consaputo come presente. Il caratte­re posizionale è diventato impotente f!orse meglio: privo di forza)., p. 241. Compare qui per la prima volta nel corso della nostra trattazione il termine tedesco «ErlebniS•• (al plurale, «Erlebnisse.); esso non ci pare esprimere sostanzialmente nulla di più o di diverso da ciò che è espresso dall'italiano .vissuto• (o .esperienza vissuta.). Il traduttore italiano ha inve­ce preferito non tradurre il termine, facendo sì che il contesto ne illustri di fatto il significa­to italiano. Per non appesantire il testo italiano lasciamo anche noi il termine tedesco.

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neutralizzare: la neutralizzazione avviene soprattutto spontaneamente. Quando al mettere-in-parentesi si tolga l'elemento volitivo, ciò che si

ottiene potrebbe sembrare essere una sorta di modificazione ipotizzante: neutralizzare sarebbe una forma di dubbio, ma ciò è radicalmente esclu­so. Husserl non si sofferma ad argomentare come mai non si possano identificare dubbio e neutralizzazione perché l'argomentazione sarebbe sostanzialmente la stessa con cui ha mostrato di non poter assimilare la neutralizzazione alla negazione. La neutralizzazione si applica alla modifi­cazione di dubbio come alla negazione e a qualsiasi altro modo in cui la Urdoxa venga modificata. Il dubitare non può identificarsi col neutralizza­re, in quanto il dubitare stesso è passibile di essere tenuto in sospeso, messo fra parentesi.

Si sono così tolte dal concetto di messa-in-parentesi, o neutralizzazio­ne, o messa-fuori-azione, quelle due determinazioni che, secondo Hus­serl, abitualmente, nel linguaggio naturale, vengono pensate come parte di quel concetto. Rimane ora soltanto «ein "Dastehend"-haben von etwas, das nicht "wirklich" als dastehend bewu/St ist>> («un aver-presente qualco­sa che non è "realmente" consaputo come presente»). Per spiegare questo difficile concetto, Husserl si esprime con le seguenti parole:

das Seiend schlechthin, das Moglich-, Wahrscheinlich-, Fraglich-seiend, eben­so das Nicht-seiend und jedes der sonstigen Negate und Affirmate - ist bewuBtseinsmaBig da, aber nicht in der Weise des <<Wirklich», sondern als <<bloB Gedachtes», als ,,bJoBer Gedanke». 13

Il modo d'essere di ciò che è messo fra le parentesi della neutra­lizzazione è caratterizzato come <<mero pensiero» e contrapposto alla <<ef­fettiva realtà» ( Wirklichkeit). L'analisi ha dunque portato al concetto di mero pensiero come senso del concetto di neutralizzazione. A proposito del termine usato, Husserl specifica nel paragrafo immediatamente suc­cessivo a quello che introduce il concetto di neutralizzazione, che la pa­rola <<pensare»,

als es bald auf die ausgezeichnete Sphare des explizierenden, begreifenden

13 § 109, p. 248 .• quello che è puramente e semplicemente esistente (forse meglio: es­

sente] o possibile o verisimile o discutibile, come pure il non-esistente, in qualsiasi nega­zione o affermazione (forse meglio: il non-essente ed ogni ulteriore negato ed affermato], sono coscienzialmente presenti, ma non nella maniera del "reale", bensì come "mero pen­sato", come "mero pensiero"., p. 241.

Mr)(l!fiun/unr• tli IWIIImliltì t'tl•t'f}()chi'» .Ji•nrJIII<'IIulo~ica l ·i l

und ausdrlickenden Denkens bezogen ist, auf das logische Denken in einem spezifischen Sino, und bald auf das Positionale als solches, 14

ì.· ambigua, ha almeno questi due significati fondamentali. Evidentemente un contenuto di coscienza neutralizzato non è <<pensato» nel senso che viene esplicato, determinato concettualmente o discorsivamente: il pen­siero logico è una normale attività della coscienza, estremamente com­plessa ma pur sempre articolata sulla base di credenze originarie. Non può essere esso a costituire la neutralizzazione, la quale ha la peculiarità di riferirsi, inibendola, a qualsiasi tipo di modalità dossica, compresi na­turalmente la Urdoxa e il pensiero logico, discorsivo. Inevitabilmente, sia­mo portati a dare a <<pensiero» il senso di pura posizionalità in generale: inteso in questo modo, <<pensare» è un termine per indicare, generica­mente, l'essere presente alla coscienza, qualsiasi sia poi la modalità di questo essere presente. Percepire, ricordare, dubitare, giudicare, etc., sono tutti, in questo senso amplissimo, atti di pensiero. Facciamo presen­te che, nella teoria husserliana, l'avere posizionalità è una caratteristica non solo della credenza originaria (la quale pone l'essere semplicemente, senza ulteriori caratteri), ma di ogni atto intenzionale 15• Per intendere correttamente questo pensiero di Husserl, cioè che la coscienza nella molteplicità dei propri atti <<pone» comunque in essi <<qualcosa», è neces­sario chiarire, almeno nell'essenziale, i rapporti esistenti fra la credenza certa, gli atti dossici che su questa sono fondati, gli atti intenzionali in generale e i correlati degli atti in generale.

In primo luogo ricordiamo che Husserl sostiene, a proposito del carat­tere della credenza percettiva certa, che <<ihr entspricht als noematisches Korrelat am erscheinenden "Objekt" der Seinscharakter, der des "wirk­lich", (§ 103, p. 239), (<<ad essi corrisponde come correlato noematico nel-

14 § 110, p. 250, .in quanto essa ora viene riferita alla sfera eminente del pensare espli­cativo, comprensivo ed espressivo, al pensare logico in senso (forse meglio: in un senso] specifico, ora invece è riferita all'elemento posizionale come tale., pp. 242-243.

1' .Machen wir uns zunachst klar, daB Gefallensakte (ob "vollzogen" oder nicht),

ehenso Gemi.its- und Willensakte jeder Art eben "Akte", "intentionale Erlebnisse" sind, und da8 dazu jeweils die "intentio", die "Stellungnahme" gehòrt; oder anders ausgesdri.ickt: es sind in einem weitesten, a ber wesentlich einheitlichen Sinne "Setzungen", nur eben nicht doxische,,, pp. 268-269 .• Rendiamoci chiaro anzitutto che gli atti di piacere (compiuti o no), come pure gli atti di sentimento e di volontà d'ogni specie sono appunto "atti", "Erlebntsse intenzionali", e che vi appartiene la "intentio", la "presa di posizione"; o detto altrimenti: sono "posizioni" in un senso amplissimo, ma essenzialmente unitario, soltanto non dossi­che•, p. 260.

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!"'oggetto" apparente il carattere dell'essere, del "reale" [più esattamente: ad essa corrisponde come correlato noematico nell'"oggetto" che appare il carattere d'essere, quello di "reale"],,, p. 232). La semplice credenza, o do­xa originaria, oltre a mettere in relazione la coscienza con un oggetto (in senso amplissimo), coglie sempre l'oggettualità da essa intesa come non­modificata in alcun modo: la intende con il carattere primitivo della <<real­tà>>, ossia come semplicemente essente, reale. Inoltre, come la credenza originaria di un qualcosa pone quel qualcosa come essente, reale nel sen­so di <<Semplicemente presente alla coscienza>>, le modificazioni della cre­denza certa intendono i propri oggetti intenzionali come modalizzati o modificati, in modo correlativo a come sono modalizzati o modificati gli atti stessi che colgono quegli oggetti. Come vedremo, ciò si estende anche al di là della sfera degli atti dossici: ogni atto intenzionale si fonda, in ulti­ma analisi, su una doxa originaria e ne conserva la caratteristica di porre, in qualche modo, l'essere dell'oggetto da esso inteso. Limitandoci ora, per semplicità, alla sfera dossica, possiamo dire che, secondo Husserl, per fare un esempio, dubitare di qualcosa pone nell'oggetto correlato all'atto dubi­tativo (l'oggetto inteso come oggetto dubitato) il carattere di <<è-dubbio-se­sia>>. In generale, allo stesso modo si comportano tutti gli atti dossici e i loro correlati 16

. Più precisamente, bisogna dire che ogni modificazione, ogni intenzionalità portatrice di nuovi caratteri (dossici o meno), può co­stituirsi solo fondandosi sul carattere originario, primitivo, con cui l'ogget­to si dà nel suo puro e semplice esserci alla coscienza: il carattere che Husserl ha denominato dell'essere (Seinscharakter) 17 . Se, come abbiamo

16 <<Die Weise des "gewissen" Glaubens kann ubergehen in diejenige bloBer Anmutung oder Vermutung oder der Frage und des Zweifels; und jenachdem hat nun das Erscheinende [ ... ] die Seinsmodalitiiten des "moglich", des "wahrscheinlich", des ''fraglich", des "zweifelhaft" angenommen,, § 103, .p. 239. ,,n modo della credenza "certa" può passare in quello della semplice pretensione o supposizione, o della domanda o del dubbio; e correlativamente ciò-che-appare [. .. ] assume le modalità di essere del "possibile', del "ve­risimile', del "discutibile', del "dubbioso" (forse meglio: che ha nome "possibile", "verisi­mile" ... etc.],, p. 233.

17 <<der Seinscharakter schlechthin (das noematische "gewiB" oder "wirklich" seiend) fungiert als die Urform aller Seinsmodalitiiten. In der Tat haben alle aus ihr entquellenden Seinscharaktere, die spezifisch so zu nennenden Seinsmodalitaten, in ihrem eigenen Sinne Ruckbeziehung auf die Urform. Das "moglich" besagt in sich selbst so vie!, wie "moglich seiend", das "wahrscheinlich", "zweifelhaft", "fraglich" so vie! wie "wahrscheinlich seiend", "zweifelhaft und fraglich seiend",, § 104, p. 240. <<il carattere dell'essere funge semplice­mente (sia il noematico "certo" o "reale") come forma originaria di tutte le modalità dell'es­sere [più esattamente: il semplice carattere dell'essere (il noematico essente "certo" o "rea­le") funge come forma originaria di tutte le modalità dell'essere]. Nel fatto tutti i caratteri

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visto, il noematico <<gewifs» (<<Certo>•), o <<Wirklich,, («reale>>), è l'esatto cor­rispettivo ontico dell' Urdoxa, la noetica credenza originaria, ne consegue ('hl' le modificazioni dell'essere sono modificazioni del carattere «realtà>>, analogamente a come i modi del credere sono modificazioni della creden­za originaria. È lecito pertanto ritenere che l'espressione <<modificazioni d'essere•• abbia lo stesso significato di <<modificazioni del carattere "realtà",,

<<Pensare>>, inteso in quel senso generalissimo da noi chiarito, significa sempre un <<porre>>, in qualche modo, !'«essere>>; l'essere originario è <<re­alt:'t», e le sue modificazioni sono <<modificazioni di realtà>>; dunque, quel­la particolare modificazione della credenza che inibisce, nella credenza stl'ssa, la sua posizionalità in generale, separa la credenza dalla funzione di connotare sempre il suo creduto con uno specifico carattere di realtà. ,,Neutralizzare>> una qualsivoglia credenza significa scindere la credenza stl'ssa (e naturalmente il suo correlato intenzionale, il suo noema) da qualsiasi rapporto con il carattere «realtà>>. Un contenuto di coscienza nl'utralizzato non è né reale né non-reale, né probabilmente- o possibil­mente- o dubbiamente-reale: ogni relazione con la realtà è sospesa. Per questo Husserl afferma che ,,das neutrale BewufStsein spielt in keiner llinsicht fi.ir sein BewufStes die Rolle eines "Glaubens">> (§ 109, p. 249), (,<[a coscienza neutrale nei riguardi del suo consaputo non ha sotto nes­sun aspetto la funzione di una "credenza">>, p. 242). Limitandoci ancora alla sfera dossica, possiamo dire che, una volta sciolto il legame che uni­sce la posizionalità con i caratteri di realtà in generale, gli atti dossici neu­tralizzati - pur conservando ognuno la propria peculiarità d'atto ed il suo proprio contenuto - non sono più validi come tramite per entrare in rap­porto con qualcosa di esterno all'atto coscienziale e al suo puro correlato intenzionale. Simili atti non possono più essere considerati «CredenZe>> in senso proprio. È questo ciò che intende Husserl quando qualifica i correlati degli atti neutralizzati come meramente pensati.

Per illustrare il concetto di modificazione di neutralità, che potrebbe sembrare oscuro o artificioso, Husserl ricorre ad un esempio, per un du­plice scopo: mostrare come la neutralizzazione sia un dato presente in una comunissima esperienza quotidiana, la percezione di un'immagine in

dell'essere che scaturiscono d< essa, cioè le modalità dell'essere che meritano specifica­mente questa denominazione, si riconducono nel loro proprio senso alla forma originaria. Il "possibile" significa in se stesso tanto quanto "possibilmente esistente (forse meglio: essen­te]"; il "verisimile", il "discutibile", il "dubbio" significano lo stesso che "verisimilmentc esi­stente [essente]", "discutibilmente e dubbiamente esistente [essente]"•, p. 234.

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cui viene rappresentato figurativamente qualcosa, e determinare concet­tualmente in cosa consista la neutralizzazione della semplice percezione. L'importanza di conseguire entrambi gli scopi è manifesta: mostrare con­cretamente la presenza della modificazione di neutralità in un atto comu­ne fugherebbe definitivamente la possibile obiezione che si tratti di un artificio filosofico. Determinare con esattezza in cosa consista la neutraliz­zazione della percezione normale è, dal canto suo, di grande importanza, poiché la percezione normale appartiene a quelle modalità dossiche che pongono l'essere, quelle genuinamente tetiche, che costituiscono il punto di riferimento di ogni altra attività coscienziale. Avere un chiaro concetto di cosa sia la neutralizzazione di una specie di certezza percettiva, rende più facilmente comprensibile il senso della neutralizzazione in ogni ango­lo della vita di coscienza. Data l'importanza dell'esempio, citeremo - e analizzeremo - l'intero passo:

Wir konnen uns zum Beispiel davon i.iberzeugen, daJS die Neutralitéitsmo­difikation der normalen, in unmodifizierter GewiJSheit setzenden Wahrneh­mung das neutrale Bildobjektbewufttsein ist, das wir im normalen Betrachten einer perzeptiv dargestellten abbildlichen Welt als Komponente finden. Versuchen wir uns das klarzumachen: Es sei etwa der Di.irersche Kupferstich <<Ritter, Tod und TeufeJ,, betrachtet.

Wir unterscheiden hier fi.irs Erste die normale Wahrnehmung, deren Korrelat das Ding ·Kupferstichblatt» ist, dieses Blatt in der Mappe.

Fi.irs Zweite das perzeptive BewuJStsein, in dem uns in den schwarzen Linien farblose Figi.irchen <<Ritter auf dem Pferde,,, <<Tod,, und <<TeufeJ,, erschei­nen. Diesen sind wir in der asthetischen Betrachtung nicht als Objekten zugewendet; zugewendet sind wir den «im Bilde» dargestellten, genauer, den «abgebildeten» Realitaten, dem Ritter aus Fleisch und Blut usw.

Das die Abbildung vermittelnde und ermoglichende BewuJStsein von dem <<Bilde,, (den kleinen grauen Figi.irchen, in denen sich vermoge der fundierten Noesen ein anderes durch Àhnlichkeit <<abbildlich darstellt,) ist nun ein Bei­spiel fi.ir die Neutralitiitsmodifikation der Wahrnehmung. Dieses abbildende Bildobjekt steht weder als seiend, noch als nichtseiend, noch in irgendeiner sonstigen Setzungsmodalitiit vor uns; oder vielmehr, es ist bewuJSt als sei end, aber als gleichsam-seiend in der Neutralitatsmodifikation des Seins.

Ebenso aber auch das Abgebildete, wenn wir uns rein éisthetisch verhalten und dasselbe wieder als <<bloJSes Bild, nehmen, ohne ihm den Stempel des Seins oder Nichtseins, Moglich- oder Vermutlichseins u.dgl. zu erteilen. Das besagt aber, wie ersichtlich, keine Privation, sondern eine Modifikation, eben die der Neutralisierung. 18

IH § 111, pp. 251-252. •Possiamo ad esempio persuaderei che la modificazione di neu-

M()(lifiutzfr,,w tli llt'ttlmlilll !'d •t'j}(Jc/)(' .. ji•llolll!'llolo~ica l·l'i ~~--·--·-- ---

Nel fenomeno della percezione di un'immagine Husserl distingue tre liwlli di rapporto percettivo. Il primo livello è costituito dalla mera datità <'ni/Jirica dell'oggetto: in questo caso, il foglio stampato da un'incisione. l·:sso ha forma e dimensioni ben definite, ed è ricoperto di linee e mac­t'hiv scure sullo sfondo bianco, se si vuole esattamente descrivibili; in l >l'l'W: è un oggetto reale, dotato di proprietà reali. È indiscutibile che l'opera di Di.irer sia anche questo: una porzione infinitesima, quasi insi­gnifkante, della totalità del mondo. Ad un secondo livello è però possibi­le rivolgere la considerazione a ciò che nel foglio è rappresentato. È que­sl< > il modo usuale di rapportarsi ad un'immagine. Difficilmente - e quan­do accade è di solito per scopi molto particolari - rivolgiamo l'attenzione alle parti reali di una rappresentazione (ad esempio, in un dipinto, ai pig­menti, alla loro disposizione, quantità, etc.) e non a ciò che nell'immagine si annuncia. La percezione, cioè, oltrepassa il mero dato fisico, la sempli­ce materialità, nel nostro caso, del foglio, in modo tale che la coscienza coglie nella complessa molteplicità delle linee, delle macchie e dei con­trasti del chiaroscuro, la rappresentazione di certe entità come un cavallo, un cavaliere, etc. L'attenzione è rivolta alle entità stesse; Husserl dice che nella percezione esteticamente mirata ,,zugewendet sind wir den "im /Jilde" dargestellten, genauer, den "abgebildeten" RealWiten, dem Ritter

tmlità della percezione normale, ponente in certezza non modificata, è la coscienza neu~ tmle dell'immagine-oggetto [più esattamente: oggetto-immagine] che troviamo come com~ ponente nella considerazione normale di un mondo figurato percettivamente rappresenta­to. Cerchiamo di renderei chiaro ciò che si è detto: consideriamo l'incisione in rame di Dùrer "Il cavaliere, la morte e il diavolo". Distinguiamo per prima cosa la percezione nor­male il cui correlato è la cosa "foglio inciso a rame' !più esattamente: ''foglio stampato da un 'incisione'), questo foglio nella cartella. In secondo luogo la coscienza percettiva, in cui d appaiono nelle linee nere le figurine senza colore "cavaliere sul cavallo", "morte" e "dia­volo". Nella considerazione estetica, noi ci rivolgiamo a queste non come a oggetti; noi sia­mo rivolti (forse meglio: Non a queste, nella considerazione estetica, noi ci rivolgiamo come a oggetti, bensì] alle realtà rappresentate "nella figura", meglio, alle realtà "raffigurate', al cavaliere di carne e sangue, etc. La coscienza della "figura" che rende possibile la raffigura­zione (cioè la coscienza delle piccole figure grigie, in cui grazie alle noesi si rappresenta figuratamente un'altra cosa) è un esempio di modificazione di neutralità della percezione. Questo oggetto-immagine che raffigura qua/cos'altro non sta dinanzi a noi né come esisten­te (forse meglio: essente] né come non esistente [non essente] né in qualunque altra modalità di posizione; o piuttosto, è consaputo come esistente -[essente], ma come esistente-per-così­dire [per-così-dire essente] nella modificazione di neutralità dell'essere. Lo stesso vale an~ che per ciò che è raffigurato, se noi ci manteniamo in un atteggiamento puramente estetico e lo prendiamo come "mera immagine", senza imprimergli il marchio dell'essere o del non essere, del possibile o del supponibile, ecc. Ma ciò non significa, come è evidente, alcuna privazione, ma una modificazione, quella appunto della neutralizzazione., pp. 244-245.

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aus Fleisch und Blut USW>> («noi siamo rivolti alle realtà rappresentate "nella figurd', meglio, alle realtà "raffigurate', al cavaliere di carne e san­gue, etc.»). Al cavaliere di carne e sangue, alla personificazione della morte, al cavallo, la coscienza è interessata: nella contemplazione del­l'opera d'arte figurativa, ciò che propriamente è di mira nello sguardo del­la coscienza sono le cose che nell'immagine vengono rappresentate. Ab­biamo chiamato quello appena descritto un <<Secondo» livello di percezio­ne, ma, se vogliamo rendere più calzante la metafora dei livelli, dovrem­mo piuttosto caratterizzarlo come terzo e ultimo. Al primo livello lo sguardo si ferma alla semplice bidimensionalità: coglie la superficie del foglio come disposizione di macchie scure su sfondo bianco. Nel secondo caso di percezione che abbiamo descritto, invece, la coscienza <<sfonda>> la bidimensionalità dell'incisione e si rivolge a quelle entità a cui l'imma­gine allude. L'idea di Husserl è che solo attraverso la mediazione di un <<oggetto-immagine» (Bildobjekt) la coscienza è in grado di presentificarsi entità che, realmente, non ci sono. Si tratta, a nostro parere, di un'entità distinta sia dalla mera materialità delle macchie sul foglio, sia da ciò che nel foglio viene visto come rappresentato, comunque la coscienza inten­da questo <<rappresentato»: che, nella contemplazione estetica del quadro, la coscienza veda il cavaliere, la morte e il diavolo grandi come monta­gne, o che li veda come li possiamo vedere «normalmente», o ancora che li veda esattamente della grandezza che hanno nell'immagine che li raffi­gura, cioè proprio nelle dimensioni che hanno nel foglio, magari anche in bianco e nero, in ogni caso tutte queste entità raffigurate non sono l'og­getto-immagine di cui parla Husserl. Per quanto l'oggetto-immagine sia un oggetto portatore di una prima intenzionalità, esso non è ancora una realtà rappresentata dallo spettatore immerso nel proprio vissuto esteti­co. È un oggetto che è immagine di ... qualcosa: un'entità intermedia fra la mera materialità del foglio e. le cose che la coscienza vede come reali <<neh> foglio. Tale entità ha la funzione di connettere queste due sorta di realtà: le linee e le macchie sul foglio, realmente date, e le entità raffigu­rate. Queste ultime si presentano così alla coscienza solo attraverso una intenzionalità mediata: non sono direttamente presenti, e se sono coglibi­li, ciò avviene solo con la mediazione di una seconda intenzionalità che le presentifica attraverso il riferimento ad oggetti effettivamente dati (gli oggetti-immagine). La possibilità di aver presenti cose di qualsiasi tipo, che pure non sono realmente date, è dunque data dalla percezione della raffigurazione di quelle entità, la percezione (<<perzeptives BewuBtsein»), cioè, <<in dem uns in den schwarzen Linien farblose Figilrchen "Ritter auf

Mut{(/i< 1/Z lui/t' di 111 'ti/ militi l'd .. l'jlucbc-. ji•llo/1/c'/llllo~-:iut 1·17

dt·rn Pkrde", "'l'od" und "Teufel" erscheinen» (<<Ìn cui ci appaiono nelle li­lll'l' rwre le figurine senza colore "cavaliere sul cavallo", "morte" e "diavo­lo", J 1''. La coscienza della figura, il livello percettivo «medio», ha qualco­sa in comune - pur non identificandocisi assolutamente - con la perce­:~.i' llll' del foglio <<macchiatO>>, il foglio come mera datità empirica. La co­scienza si rivolge in entrambi i casi alle macchie ed alle linee, ma con una differenza essenziale: nel caso della coscienza della figura, le linee non sono <<lllere» linee disposte così-e-così, ma formano, davanti allo sguardo dl'lla coscienza, una figura; esse costituiscono un'immagine, cioè intendo­no qualcosa che esse, pur sommate tutte insieme, materialmente non sono. Dall'analisi, allora, sembrerebbe emergere che secondo e terzo li­Vl'llo di percezione coincidano, ma non è così. Nella normale percezione l'Sil'lica, la coscienza ha di mira la cosa che l'immagine rappresenta, e

1'1 Ci sembra illuminante, riguardo a questo difficile punto, il seguente brano, tratto dal

paragrafo dell'opera in cui Husserl rifiuta la concezione per cui l'oggetto intenzionale di un ;Ilio di percezione reale sarebbe un oggetto "mentale», «immanente», distinto da un presun­'" oggello «reale,, «trascendente». Secondo questa concezione, l'oggetto immanente do­vrt'hlll' consistere in una copia, o immagine, dell'oggetto, ma l'idea viene così confutata: .. 1 las Ahbild als reellen Sti.ick in der psychologisch-realen Wahrnehmung ware wieder ein lkaks - ein Rea! es, das ftir ein anderes als Bi! d fungierte. Das konnte es a ber nur vermoge ('irws AilhildungsbewuBtseins, in welchem erst einmal etwas erschiene - womit wir eine <'I'Sil' lntentionalitat hatten - und dieses wieder bewuBtseinsmaBig als "Bildobjekt" flir ein andl'res fungierte - wozu eine zweite, in der ersten fundierte Intentionalitat notwendig w:irl'», § 90, p. 208. «La copia come parte reale nella percezione psicologico-reale sarebbe di IHH >v o un reale, un reale che fungerebbe come immagine per un altro reale. Questo potreb­lll' avvenire solo grazie ad una coscienza riproduttiva (fot:l'e meglio: figurativa], in cui dappri­ma apparisse qualcosa - con il che avremmo una prima intenzionalità - e questo qualcosa servisse alla coscienza da "oggetto-immagine" per un altro qualcosa, per il che sarebbe ne­<'l'ssaria una seconda intenzionalità, fondata sulla prima •• , p. 205. Husserl conclude l'argo­mento sostenendo che, se così fosse, si andrebbe incontro ad un regresso all'infinito. In merito alla distinzione tra immagine ed entità raffigurata si consideri anche il seguente bra­no, tratto da quella sezione della Quinta Ricerca in cui Husserl discute della molteplicità di siHnificati che assume l'espressione «rappresentazione» (Vot:l'tellung): «Naher besehen, heifM a ber auch das Bi/d als physisches Ding Vorstellung des Abgebildeten, wie z.B. in den Worten d tese Photographie stellt die Peterskirche vor. Vorstellung heiBt dann weiter auch das hierbei <:rscheinende Bildobjekt (im Unterschied vom Bildsujet, vom abgebildeten Objekt): das hier in den photographischen Farben erscheinende Ding ist nicht die photographierte Kirche (Jlildsujct), sondern stellt sie nur vor», E. HussERL, Logische Untet:l'uchungen, V Untersu­dumg, § 44, p. 523 (op. cit.). «Ma ad essere più precisi, anche l'immagine come cosa fisica si dice rappresentazione di ciò che viene raffigurato, come quando si dice, ad esempio, che questa fotografia rappresenta la chiesa di S. Pietro. Inoltre, si dice rappresentazione l'oggetto dell'immagine (che va distinto dal soggetto dell'immagine, l'oggetto raffigurato): la cosa che appare qui nei colori della fotografia non è la chiesa fotografata (i] soggetto dell'immagine), ma soltanto la rappresenta•, E. HussERl., Ricerche logiche, Quinta Ricerca, p. 288 (op. cit.).

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non l'immagine stessa come tale con la sua intrinseca intenzionalità. Il correlato dell'atto percettivo che <<anima>>, rende <<Vive>> le morte linee, le semplici macchie nere su sfondo bianco, è, dice Husserl, il <<Bildobjekt>>, l'immagine-di-qualcosa considerata puramente in quanto tale; mentre il correlato della normale percezione estetica dell'opera- cioè l'usuale per­cezione in cui qualcosa piace o non piace- è la cosa rappresentata, l'og­getto che la coscienza, tramite l'immagine, intende. Per poter rivolgersi, ad esempio, al cavallo, la coscienza deve avere in qualche modo come consaputa l'immagine-cavallo, proprio come è nelle sue linee, nelle sue ombreggiature, etc., ma, nello stesso tempo non può realmente crederla in quanto immagine, altrimenti scomparirebbe proprio ciò che alla co­scienza interessa nella sua percezione estetica: il cavallo rappresentato. L'oggetto-immagine è presente come essente per la coscienza e, insieme, non è genuinamente creduto essente; è dunque consaputo come neutra­lizzato. La situazione, nel caso specifico, è resa più complessa dal fatto che la coscienza del Bildobjekt, oltre ad essere neutralizzata, è anche fuori dal raggio dell'attenzione dell'io: l'io non è esplicitamente rivolto all'im­magine. Husserl, infatti, osserva a proposito delle figure, che <<Diesen sind wir in der asthetischen Betrachtung nicht als Objekten zugewendet>> (<<Non a queste, nella considerazione estetica, noi ci rivolgiamo come a oggetti>>) 20

• Husserl afferma esplicitamente che, quando ci si rivolge al raffigurato (è preso di mira esso, evidentemente, una volta distolti dall'im­magine, dal fictum), la figura, di cui si rimarca ancora lo status di neutra­lità, non è nel campo di attualità della coscienza. L'oggetto-immagine neutralizzato può dunque essere tematicamente consaputo o meno: quando l'attenzione è rivolta al raffigurato, l'oggetto-immagine è sia neu­tralizzato, sia fuori dall'attenzione. Non si deve però pensare che que­st'associazione sia necessaria: un contenuto neutralizzato può essere l'au­tentico correlato di una mirata attività noetica tanto quanto uno non-neu­tralizzato. Si tenga presente, in proposito, l'ultimo pezzo del brano in cui Husserl analizza l'incisione di Dtirer: nell'atteggiamento chiamato <<pura­mente esteticO>>, la coscienza oltre a neutralizzare l'oggetto-immagine (e

2° Come viene precisato successivamente: <<Durch Abwendung des ge1St1gen Blickes vom Fiktum geht die attentionale Aktualitat der neutralisierten Setzung in Potentialitat iiber: das Bild erscheint noch, ist a ber nicht "beachtet", es ist nicht - im Modus des "gleichsam" -erfaBt••, § 113, p. 256. <<Col distogliersi dello sguardo spirituale dal fictum, l'attualità attenzionale della posizione neutralizzata diventa potenzialità: l'immagine appare ancora, ma non è "osservata", non è afferrata (nel modo del "per così dire"),, p. 248.

Àtotl!flonlonl' di !WIIImlllti 1'd •11WChl'• ji•!tnml'llnln~ica l-i')

oltre ~~. per così dire, «dimenticarlo>>, non porci mente, non considerarlo in modo esplicito) neutralizza anche il contenuto coscienziale a cui con­s;q)l'volmente si rivolge, il raffigurato. Esso, quando viene neutralizzato, divl'nla una mera immagine (<<bloBes Bild>>) di raffigurato.

Ci sembra notevole rilevare che Husserl, in campo figurativo, sembra distin~uere due estetiche: una «normale>> e una pura. L'atteggiamento l'Stl'til'o normale consiste nel rivolgere l'attenzione all'oggetto rappresen­tato nella figura in modo genuino, <<CredendO>> in esso, e compiendo un wro atto di fruizione estetica, un non-neutralizzato atto di piacere avente mille oggetto il rappresentato proprio come genuinamente creduto. Il tut­to avviene - è bene ricordarlo - sullo sfondo della neutralizzazione di quell'oggetto-immagine, il quale è pur sempre la figura in cui il rappre­sl'ntato appare. Esso, pur essendo sia neutralizzato, sia fuori dall'attenzio­ne, i.· l'unico tramite, in questa situazione, con cui la coscienza può avere rotnl' consaputo il raffigurato. Nel caso che la coscienza non intenda più rome neutralizzato l'oggetto-immagine, ma ne ponga il non-essere, ossia si convinca di avere davanti a sé soltanto un foglio macchiato, scompare allo stesso modo anche il raffigurato. L'atteggiamento estetico puro si fon­da, invece, su una doppia neutralizzazione: quella dell'oggetto-immagine l' quella del raffigurato. Quest'ultimo non è genuinamente posto, creduto, l' l'attenzione della coscienza si rivolge ad esso soltanto per quanto di l'SSO le è effettivamente dato nella sua <<immagine>>. Sembrerebbe l'atteg­giamento del critico d'arte o di chi comunque ha una competenza che gli permette di potere in certo modo <<raggelare>> il suo trasporto spontaneo nella contemplazione della raffigurazione e rivolgersi ad essa nelle sue qualità e caratteristiche relative al suo essere un'immagine di qualcosa, fatta proprio così e così. Essendo l'oggetto della fruizione puramente estetica neutralizzato, è legittimo ora chiedersi se l'atto puramente esteti­co sia neutralizzato o meno: non l'atto il cui correlato è la percezione neutralizzata del raffigurato, ma quell'operazione intenzionale successiva in cui il raffigurato (già posto neutralmente) è oggetto di piacere estetico. Esprimendosi esplicitamente a proposito del piacere estetico, Husserl scrive soltanto questo: <<Beispielsweise ist etwa ein asthetisches Gefallen fundiert in einem NeutralitatsbewuBtsein perzeptiven oder reproduktiven Gehaltes>> (§ 116, p. 266) (<<Ad es. un piacere estetico è fondato in una coscienza neutrale di un contenuto percettivo [più esattamente. di conte­nuto percettivo] o riproduttiVO>>, p. 258). Ricordiamo che anche il normale atto estetico è possibile attraverso la mediazione di un contenuto neutra­lizzato: quello dell'oggetto-immagine. Ma il nucleo dell'atto stesso, il suo

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autentico correlato, è un genuino contenuto posizionale, la percezione del raffigurato, resa possibile dalla neutralizzazione dell'oggetto-immagi­ne. Non lascia però adito a dubbi la seguente asserzione, compiuta da Husserl discutendo il problema degli atti complessi, gli atti, cioè, che con­tengono in sé una tesi dossica, e su di essa compiono varie operazioni: <<]e nachdem die betreffende Aktintention nicht-neutralisierte oder neutra­lisierte ist, ist es auch die in ihr beschlossene doxische These - die hier als Urthese gedacht war>> (§ 115, p. 264), (,,secondo che l'intenzione di atto è posizionale oppure neutrale, lo è o non lo è anche la tesi dossica inclusa in essa, che qui era pensata come tesi originaria>>, p. 256). Ciò si­gnifica che un atto neutralizzato ha, come nucleo dossico a cui si rivol­ge, una tesi neutralizzata, e che un atto genuinamente posizionale ha, co­me tesi dossica su cui è direttamente costituito, una tesi dossica vera e propria, non neutralizzata. Naturalmente è vero anche l'inverso: a partire da una credenza neutralizzata non può costituirsi che un atto complesso anch'esso neutralizzato, come da un'autentica posizione dossica non pos­sono che stratificarsi altri atti effettivamente compiuti, e non raggiunti con il mero pensiero 21 •

Come avevamo preannunciato, tutti gli atti coscienziali si stratificano sulla base delle credenze originarie, e ciò in modo tale da dividere i vis­suti di coscienza in due specie essenziali, alternative l'una all'altra:

so geartet ist Bewufltsein iiberhaupt, da!S es von einem doppelten Typus ist: Urbild und Schatten, positionales Bewu!Stsein und neutra/es. Das eine cha­rakterisiert dadurch, daB seine doxische Potentialitat auf wirklich setzende doxische Akte fiihrt, das andere dadurch, da!S es nur Schattenbilder solcher Akte, nur Neutralitatsmodifikationen von solchen aus sich hervorgehen la!St; m.a.W. daB es in seinem noematischen Bestand gar nichts doxisch Fa!Sbares enthalt, oder was wieder gleichwertig ist, da!S es kein <<WirklicheS>> Noema, sondern nur ein Gegenbild eines solchen enthalt. 22

21 Si confronti anche il seguente passo: <<Was jene doxische Umwandlung des jeweiligen

urspriinglichen Erlebnisses aus sich hergibt, ob Entfaltungen ihrer noematischen Bestande in wirklicbe doxische Ursetzungen, oder ob ausschlieBlich in urdoxische Neutralitiiten, das ist durch das Wesen des betreffenden intentionalen Erlebnisses absolut fest vorbestimmt», § 114, p. 261. <<Quello poi che la trasformazione dossica dell' Erlebnis originario produce, se cioè essa sviluppi i suoi stati noematici in reali posizioni dossiche originarie oppure soltan­to in neutralità dossiche originarie, ciò è assolutamente predeterminato dalla essenza del rispettivo Erlebnis intenzionale,, p. 253. •

22 § 114, p. 261. <<Una coscienza in generale è costituita in modo da essere di duplice tipo: immagine originaria (forse meglio: prototipo] ed ombra, coscienza posizionate e neutra­le. L'una si caratterizza in quanto la sua potenzialità dossica conduce ad atti dossici realmen-

Motl(!ic(/z/ol/1' di lll'lltmlilll t'd •t1}()Cbt>, }Ì'IIrJ/1/t'llolotJ,ica 1')1

l.a sostanza di ciò che Husserl sostiene in questi paragrafi è che Il' < 1perazioni effettuate dalla coscienza sulle proprie posizioni originarie -c ,,wrazioni che trasformano le posizioni semplici in atti dossici più com­pll'ssi - dipendono funzionalmente, quanto al <<tipO>> (genuina posizione, Il H 1dilkazione di neutralità), dal vissuto su cui si stratificano. Non è possi­bile, ad esempio, neutralizzare un certo contenuto proposizionale, e poi :llll'rmarlo o negarlo. Se lo affermo o lo nego in modo genuinamente dossico, quel contenuto, ipso facto, non è neutralizzato. Notiamo che que­sla legge sulla permanenza del carattere posizionale (o, viceversa, neutra­Il') nella trasformazione dei vissuti, non si limita ai soli vissuti di tipo dossico. Husserl afferma all'inizio del §114 che qualsiasi oggettualità, di qualsiasi specie, può essere posta come semplicemente essente 25 . Allo

lt' ponenti; l'altra in quanto può dar luogo soltanto ad immagini umbratili di tali atti, soltanto alli' loro modificazioni di neutralità: con altre parole, si caratterizza in quanto non contiene cwl suo stato noematico proprio niente di dossicamente afferrabile, ossia, che è pure equi­valt·ntt·, in quanto non contiene alcun noema "reale", ma soltanto una controfigura di que­sto ... In questo caso, c'è un allegato ad un <<Handexemplar •• in cui Husserl, ritenendo di non !'ssersi spiegato con sufficiente chiarezza, riespone il concetto in questi termini: «]edes lkwul~tseinserlebnis iiberhaupt ist, gemaB seinem doppelten Typus als "Urbild" und "Srhatten", als positionales oder neutrales BewuBtsein auch binsicbtlicb seiner doxiscben l'ulelltialitiU doppelt geartet: Ist es vom positionalen Typus, so fiihrt die Entfaltung seiner doxischen Potentialitat auf lauter wirkliche doxische Akte auf positionale; ist es vom neutra-1m Typus, auf lauter neutrale. Im letzteren Falle enthalt es m.a.W. in seinem noematischen lkslande gar nichts doxisch FaBbares, oder was gleichwertig ist, es enthalt keinerlei "wirklich" Noematisches, sondern nur "Gegenbilder" von Noemen, (p. 612). <<Ogni Erlehnis di coscienza, conformemente al suo duplice tipo di "immagine originaria" (forse meRlio: "prototipo"] e di "ombra", di coscienza posiziona/e oppure neutrale, viene valutato in un tlupliw modo (forse meglio: è di due specie] anche quanto alla sua potenzialità dossica; se è dt'l tipo posizionale, il dispiegamento della sua potenzialità dossica porta a veri e propri ifJitì esattamente: a nient'altro che a reali] atti dossici, posizionali; se è del tipo neutrale por­ta ad atti neutrali. In quest'ultimo caso, esso non contiene, in altre parole, nella sua compa­)(ine noematica alcunché di dossicamente afferrabile, oppure, ed è all'incirca lo stesso, non contiene niente di "realmente" noematico, contiene bensì soltanto "controfigure" di nocmi•.

l! .. oas ist selbstverstandlich unter allen Umstanden moglich; denn zum Wesen jedes lwrsivo nostro] intentionalen Erlebnisses gehort die Moglichkeit, auf seine Noesen sowie auf scine Noemen, auf die noematisch konstituierten Gegenstandlichkeiten und deren Pra­dikate "hinzusehen" - sie in der Weise der Urdoxa setzend zu erfassen., § 114, p. 258. •Questo è naturalmente sempre possibile poiché nell'essenza di ogni [corsivo nostro] Hr/ehnis intenzionale c'è la possibilità di "guardare" alle sue noesi come ai suoi noemi, alle oggettività noematicamente costituite e ai loro predicati, e [più esattamente: cioè] di affer­rarli ponendoli nel modo della Urdoxa,,, pp. 250-251. Husserl, in un allegato, ha sostituito la prima proposizione con la seguente: «Nun libertragt sich offenbar, was wir an den do­xlscben Erlebnissen und insbesondere auch an den doxischen Modalisierungen festgestcllt haben, auf alle intentionalen Erlebnisse lihcrhaupt• (p. 611), «Ora, evidentemente, tutto dò che abbiamo constatato negli Erlehnlsse dosski, e specialmente nelle modalità dossiche, si

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1';2 Roberto Nlslllili

stesso modo, le proprietà e le relazioni modificative che si sono ritrovate nei vissuti di tipo dossico, si trasferiscono ad ogni tipo di vissuto, perché tutto ciò che è in qualche modo dato in un vissuto, sia nell'atto che nel correlato dell'atto, può essere posto come <<essente>>, e quindi creduto nel senso della credenza originaria 24

. Questo comporta che dato, ad esem­pio, l'atto in cui qualcosa è voluto, è possibile, per essenza, trasformare quest'atto in uno in cui il volere e il voluto stessi sono consaputi dalla co­scienza come oggetti: in altre parole, la coscienza può sempre ricavare dal <<Volere X>>, questo stesso <<Volere X» come un oggetto dossicamente afferrabile, o ancora, nelle parole di Husserl stesso:

]edes cogito ist in sich selbst entweder eine doxische Ursetzung oder nicht. Aber vermoge einer, abermals dem generellen Grundwesen des BewufStseins uberhaupt zugehorigen Gesetzlichkeit, kann jedes cogito in eine doxische Ursetzung ubergefiihrt werden. 25

Possiamo concludere che la duplicità essenziale della coscienza, la quale, rispetto ad un qualsiasi contenuto, o lo pone dossicamente o lo neutralizza, si trasmette ad ogni sfera della coscienza stessa, fino a perva­derla in ogni sua parte o strato.

Ritornando al problema della natura degli atti di fruizione estetica, ri­teniamo lecito congetturare che l'atto estetico puro sia un atto neutraliz­zato; se è così, i giudizi estetici puri si articolano in atti neutralizzati, men­tre nell'atteggiamento estetico, per così dire, di tutti i giorni, gli atti di apprensione di oggettualità raffigurate e di apprezzamento o godimento della visione di tali entità, sono atti compiuti in modo vero e proprio. Da come ci siamo espressi, però, potrebbe sembrare che ci sia una sorta di

traspone anche a tutti gli Erlebnisse intenzionali,,, p. 250, dove il medesimo pensiero si fa ancora più chiaro.

24 ,<]edes Hinzutreten neuer noetischer Charaktere, bzw. jede Modifikation alter,

konstituiert nicht nur neue noematische Charaktere, sondern es konstituieren sich damit eo ipso flir das BewuBtsein neue Seinsobjekte; den noematischen Charakteren· entsprechen pradikable Charaktere an dem Sinnesobjekt, als wirkliche und nicht bloB noematisch modifizierte Pradikabilien,, § 105, p. 243. «Ogni sopraggiungere di nuovi caratteri noetici, ovvero ogni modificazione di quelli vecchi, non soltanto dà luogo a nuovi caratteri noematici, ma si costituiscono eo ipso in conseguenza di ciò nuovi oggetti di essere per la coscienza; ai caratteri noematici corrispondono caratteri predicabili nell'oggetto di senso, come predicabili reali e non soltanto noematicamente modificati», p. 236.

25 § 114, p. 260. «Ogni cogito è in se stesso una posizione dossica originaria o non lo è.

Ma grazie ad una legge (for.se meglio: legalità] inerente all'essenza generale della coscienza, ogni cogito può venir trasposto in una posizione dossica originaria», p. 252.

Mud(/t<'ll~iullt' di llt'llll'llliltl t•tl .. t'f!uc'ht• .. .fÌ'IIU/111'1/tJ/oglcfl l';_~ ,- ,_ --- , _______ , ------~---" ------------~ ___ ,_,_

o/tematiua tra i due atteggiamenti, quando quello estetico puro parrebbe pillttosto un approfondimento del normale atteggiamento estetico. Nor­rnalmente, grazie alla neutralizzazione dell'immagine - neutralizzazione cile rimane sullo sfondo attenzionale della coscienza e non è quindi at­tnolmente presente - la coscienza si rivolge in modo genuino a oggetti raffigurati, oggetti che appaiono in un'immagine, e che, propriamente, 1/1!/1 ci sono, ma che solo grazie alla neutralizzazione dell'immagine in cui ;rppaiono sono dati. Nell'atteggiamento estetico puro la coscienza rinun­n·rehhe a questa specie di autoinganno e rimuoverebbe la posizione del­l't'ssere, oltre che dall'oggetto-immagine, anche dal raffigurato.

Ciò che ci preme, al di là dei problemi estetici che, prescindendo dalla loro marginalità per gli scopi del presente lavoro, hanno, almeno nelle !deen, scarsissimi riscontri testuali 26 , è vedere come Husserl determini la rnodificazione di neutralità nel caso dell'oggetto-immagine e in quello del r;llligurato. Husserl infatti asserisce che la modificazione di neutralità della normale percezione è la neutralizzazione dell'oggetto-immagine. Quello che, a nostro avviso, Husserl intende, è questo: la percezione di un'opera figurativa è una percezione tra le tante possibili; essa ha la caratteristica di

2'' Si tengano però presenti anche i seguenti passi del secondo libro delle Ideen: «Wir

ki'lnnen ein Bild "genieBend" betrachten. Dann leben wir im Vollzug des asthetischen < òl·fallen~. in der Gefallenseinstellung, die eben eine "genieBende" ist. Wir konnen da nn d;l~ Bild mit den Augen des Kunstkritikers oder Kunsthistorikers als "schon" beurteilen. l >an n lehen wir im Vollzuge der theoretischen, der Urteilseinstellung und nicht mehr in der Wl'l'll'nden, gefallenden Einstellung. [ ... ] In der aktiven Hingegebenheit des asthetischen "( ìefallend-damit-beschaftigt-seins", der als Akt verstandenen asthetischen Freude ist, sagten wir, das Objekt Objekt des GenieBens. Andererseits im asthetischen Beurteilen, Ahschatzen ist es nicht mehr in bloB genieBender Hingabe Objekt, sondern Objekt im l>csonderen doxothetischen Sinne: das Angeschaute ist im eigenschaftlichen (So-sein konstituierenden) Charakter der asthetischen Erfreulichkeit gegeben», E. HUSSERL, !deen ZII

einer reinen Phiinomenologie und phiinomenologischen Philosophie, Zweites Buch, he­rau~gegeben von Marly Biemel, Den Haag, Martinus Nijhoff, 1952, § 4, pp. 8-9. «Noi possia­mo osservare un quadro "godendolo". In questo caso viviamo nella realizzazione del piace­re estetico, nell'atteggiamento del piacere, che è appunto un atteggiamento "degustativo". Poi possiamo giudicare "bello" il quadro con gli occhi del critico o dello storico dell'arte. Allora viviamo in un atteggiamento teoretico, nell'atteggiamento del giudizio e non più nel­l'atteggiamento valutativo, degustaçivo. [ ... ] Nell'attiva dedizione all'estetico (for.se meRlio: propria dell'estetico] "occuparsi con piacere di qualche cosa", al [propria del] piacere este­tico inteso come atto, l'oggetto, abbiamo detto, è oggetto di un godimento. D'altra parte, nel giudizio estetico, nella valutazione estetica, l'oggetto non è più oggetto di una dedizio­ne meramente degustativa, bensì oggetto in un particolare senso dossotetico: l'intuìto si dà col carattere qualitativo (costitutivo del suo essere-così) della gradevolezza estetica .. , E. lltiSSERL, Idee per una fenomeno/oRia pura e per una filosofia fenomenoloRica, Libro secon­do, a cura di Enrico Filippini, Torino, Einaudi, l%';, pp. 407-408.

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avere in sé come componente essenziale un atto percettivo neutralizzato, quello in cui viene· messo in parentesi l'oggetto-immagine. In linea di principio, dunque, l'oggetto-immagine è afferrabile anche in un atto ge­nuinamente dossico, data la perfetta simmetria di posizionalità e neutralità dei contenuti coscienziali. L'esempio dell'incisione di Diirer serve proprio a mostrare come la coscienza neutrale sia un dato, sia pure sfuggente o di fatto sfuggito agli studiosi, della comune percezione estetica. L'idea di Husserl è che, come nella percezione estetica l'oggetto-immagine è scol­legato da ogni rapporto con la realtà, consaputo ma allo stesso tempo non seriamente creduto né effettivamente utilizzato, lo stesso vale per ogni al­tro tipo di percezione neutralizzata; l'esempio ha lo scopo di mostrare la

· neutralizzazione di un tipo di percezione normale, neutralizzazione che la coscienza compie spontaneamente e irriflessivamente. In questo modo, per figurarsi in cosa consista in generale la neutralizzazione del percepire, è sufficiente attribuire a qualsivoglia percezione quei caratteri che, nel­l'analisi della percezione dell'incisione, si sono trovati come propri della coscienza neutrale dell'oggetto-immagine. Dobbiamo però notare una singolarità nell'analisi husserliana: per quanto riguarda l'oggetto-immagi­ne, la neutralizzazione viene caratterizzata nel modo solito, già da noi di­scusso, di scollegamento da qualsiasi posizione di realtà, subito da Hus­serl precisato, nel presente caso, come pseudo-essere, cioè come posizio­ne dell'esistenza e allo stesso tempo non effettivi considerazione ed uso quanto a questo modo di posizione da parte della coscienza. Il fatto che, in questo caso, il contenuto che la coscienza neutralizza è del tipo <<imma­gine di ... >>non pare avere particolare rilievo. Come abbiamo visto, ciò che è neutralizzato è «immagine>> anche a prescindere dall'atto neutralizzante. Ma il discorso cambia quando Husserl considera la possibilità di neutraliz­zare, oltre che la figura, anche il raffigurato: Husserl afferma che, nel ca­so di quest'ultimo, la neutralizzazione consiste nel renderlo una mera im­magine. Neutralizzare qualcosa avrebbe allora la caratteristica di conside­rarlo non come un «autenticO>> qualcosa, ma come la semplice· immagine di quel qualcosa. Tale interpretazione della neutralizzazione parrebbe es­sere confermata anche dal seguente passo, in cui Husserl cerca di deter­minare in cosa consista la distinzione tra posizionalità e neutralità in gene­rale:

Es ist in der Tat, wie wir es vorausgesagt hatten, ein universeller Bewufl­tseins-unterschied, der aber aus gutem Grunde in unserem analytischen Gange angeknupft erscheint an den in der engen Sphare des doxischen cogito speziell aufgewiesenen Unterschied zwischen positionalem (d.i.

1\lr~tll/iulzir!lll' di 11<'11/m/ilri ecl •<'f}()Ch<~• ./Ì'IICI!nl'f/CIIugica l'i'i

aktuellem, wirklichem) Glauben und seinem neutralen Gegenstlick (dem hlof~en <<Sich denken>>). 27

Nc.:utralizzare viene caratterizzato come «immaginare>> (la particella .. sidl•• c.:sclude che si possa intendere <<denken>> nel senso di <<pensare»), doi:, pare di capire, come farsi un'immagine mentale di un qualcosa che, sl' non fosse neutralizzato, sarebbe dato direttamente, in carne ed ossa. Ancora più esplicito sembra essere il brano seguente:

Zugewendet dem <<Bilde» (nicht dem Abgebildeten), erfassen wir als Ge­genstand kein Wirkliches, sondern eben ein Bild, ein Fiktum. Die <<Erfassung» l!at die Aktualitat der Zuwendung, aber sie ist nicht <<Wirkliche» Erfassung, sondern bloBe Erfassung in der Modifikation des «gleichsam,,, die Setzung ist nicht aktuelle Setzung, sondern im <<gleichsam» modifizierte. 28

<)ui Husserl sembra sostenere addirittura che percepire una cosa solo ('OilH.' «immagine>> di qualcosa vuoi dire, significa, scollegarla dalla realtà, ('onsaperla per-così-dire, quindi neutralizzarla. Il problema è che conce­pire in questo modo la neutralizzazione, la messa in parentesi, ha conse­guenze pericolose per la fenomenologia: il neutralizzare è il nucleo di quel fondamentale atto coscienziale che è l'epochè fenomenologica, lo strumento con cui, messo tra parentesi l'intero mondo, si dischiude il ctmpo di studi della fenomenologia, la regione della coscienza pura. Nei paragrafi dedicati all'esposizione dell'epochè, Husserl osserva a più ripre­se che l' epochè sul mondo non lo annulla, non lo svaluta, non lo nega in alcun modo, mentre è evidente che se neutralizzare il mondo significa tenerlo come mera immagine, questo atto di neutralizzazione cambia il mondo nella sua essenza. Husserl stesso osserva che tra percepire qual­cosa direttamente, e percepire un'immagine di quel qualcosa, la differen­za è essenziale: nel primo caso la cosa stessa è presente alla coscienza,

27 § 114, p. 262. ,,Essa è nel fatto, come abbiamo già detto, una distinzione universale di coscienza, che peraltro per una buona ragione nel nostro cammino analitico appare con­nessa con la distinzione specialmente rilevata nella sfera ristretta del cogito dossico tra cre­denza posizionale (cioè attuale, reale) e il suo contrapposto [forse meglio: la sua contropar­te[ neutrale (il mero "immaginarsi")•, p. 254.

lH § 113, p. 256 .• Rivolti all"'immagine" (non al raffigurato) non afferriamo dell'oggetto ipltt esattamente: come oggetto[ niente di reale, ma soltanto un'immagine, un jtctum. (."'apprensione" ha l'attualità del rivolgersi, ma non è apprensione "reale", bensì mera ap­prensione nella modificazione del "per ,·osì dire"; la posizione non è posizione reale, ma modificata nel "pt•r così dire"•, p. 24H.

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nel secondo, soltanto un rappresentante della cosa è effettivamente dato, mentre quest'ultima·, pur essendo l'oggetto dell'intenzione, è coglibile so­lo mediatamente, attraverso una ,<fondazione>> (una nuova stratificazione intenzionale) 29 . Il mondo neutralizzato non sarebbe più se stesso, ma una rappresentazione immaginativa del mondo, quindi qualcosa di completa­mente diverso dal mondo stesso. Ci troviamo, così, naturalmente sospinti ad affrontare la natura dell 'epochè fenomenologica, se vogliamo dare una risposta a questi problemi: «neutralizzare» significa qualcosa come <<ren­dere immagine>>, o <<Considerare come immagine>>? L'epochè, a sua volta, può essere intesa così? In ogni caso, che rapporto c'è tra essa e la modifi­cazione di neutralità?

2. L'EPOCHÈ FENOMENOLOGICA

Il problema che ci siamo posti è quello dell'apparente interpretazione data da Husserl stesso del senso del concetto di neutralizzazione: questa consisterebbe in un atto con cui la coscienza dà ai propri contenuti il ca­rattere di immagine. Cercheremo di scoprire se così possa essere, analiz­zando in primo luogo l' epochè fenomenologica, in quanto forma di neutralizzazione. In un secondo momento utilizzeremo i risultati raggiunti per chiarire i rapporti tra l' epochè e la neutralizzazione precedentemente descritta, al fine di chiarire entrambi i concetti.

Così Husserl, dopo una descrizione sommaria dell'atteggiamento na­turale e della correlativa posizione ingenua del mondo, introduce quel­l'atto che più oltre definirà epochè fenomenologica:

Es ist nicht eine Umwandlung der Thesis in die Antithesis, der Position in die Negation; es ist auch nicht eine Umwandlung in Vermutung, Anmutung,

29 «Zwischen Wahrnehmung einerseits und bildlich-symbolischer oder signitiv-symbo­liscber Vorstellung andererseits ist ein uniiberbriickbarer Wesensunterschied. Bei diesen Vorstellungsarten schauen wir etwas an im BewuBtsein, daB es ein anderes abbilde oder signitiv andeute; das eine im Anschauungsfeld habend, sind wir nicht darauf, sondern durch das Medium eines fundierten Auffassens auf das andere, das Abdgebildete, Be­zeichnete gerichtet», § 43, p. 90. ,,Tra la percezione da una parte e la rappresentazione sim­bolico-immaginativa o simbolico-signitiva dall'altra, c'è una differenza insormontabile. In questi modi di rappresentazione noi vediamo nella coscienza qualcosa che raffigura o ac- · cenna mediante un segno a qualcos'altro: noi non siamo diretti a ciò che abbiamo nella coscienza, ma, grazie alla mediazione di una apprensione fondata, ci dirigiamo all'"altro", a quello cui alludono l'immagine o il segno., p. 93.

/\lodi/lcaz lo l/l' di 111'111 mi/là l'ti • 1'/)()Cbl'• ji•nu/111'1/0io~ica l'i7

in llnentschiedenheit, in einen Zweifel (in welchem Sinne des Wortes immer): dergleichen gehort ja auch nicht in das Reich unserer freien Willklir. /::,· ist llielmehr etwas ganz Eigenes. Die Tbesis, die wir vollzogen ba ben, uehen tl'ir nicht preis, wir iindern nichts an unserer Oberzeugung, di e in si eh selhst hll'iht, wie sie ist, solange wir nicht neue Urtilsmotive einflihren: was wir l'hen nicht tun. Und doch erfahrt sie eine Modifikation - wahrend sie in sich verhleiht, was sie ist setzen wir sie gleichsam "aujSer Aktion•, wir «Scbalten sie au.v., wir «klammern sie eit1>>. 30

Si tratta evidentemente di una forma di quella generale modificazione di coscienza che, nella parte dell'opera dedicata allo studio delle princi­pali strutture coscienziali, Husserl denomina modificazione di neutralità. L'avvertimento di non confondere questo particolare atto con quello del nl'gare o del dubitare, l'assicurazione del permanere inalterato sia del \'ontenuto che del carattere dell'atto anche all'interno di questa sospen­sione del giudizio, infine le stesse espressioni come ,,mettere in parentesi» ( .l'illklammern»), o «fuori azione>> («aujSer AktiOrl>>) la credenza, che so­no alla lettera le stesse con cui Husserl cerca di esplicare il concetto di nH ,tfificazione di neutralità, paiono costituire ragioni sufficienti per cata­logare l' epochè come una delle tante possibili neutralizzazioni messe in < lpera dalla coscienza. Ma la cosa non è così semplice; dobbiamo notare questi due importanti fatti: il primo è che nei paragrafi 31 e 32, in cui è introdotta l'epochè, Husserl, per spiegare in cosa questa consista, non usa mai la parola Neutralisierung che, nella trattazione della modificazione di neutralità, è l'apposito termine tecnico scelto per designare quella modifi­cazione presentata nel § 109, <<Die Neutralitatsmodifikation>>, né usa altri lermini etimologicamente apparentati. Nei paragrafi dedicati all' epochè, llusserl usa invece il verbo <<ausschalten>> per indicare quell'atto modifica­livo che opera «eine gewisse Aujhebung der TbesiS>> («una certa interru­zione della tesi», § 31, p. 63). Il verbo ausschalten ha in effetti il significa­to di <<disinserire>>, <<Scollegare>>, <<disinnestare>> qualcosa dal normale con-

w § 31, p. 63. «Non si tratta di una trasformazione della tesi nell'antitesi, della posizione nella negazione; e nemmeno si tratta di trasformare la tesi in supposizione, in indecisione, in dubbio (preso in qualunque senso); simili cose non dipendono dal nostro libero arbitrio. Si tratta di qualcosa di assolutamente caratteristico [forse meglio: peculiare]. Noi non rinun­ziamo alla tesi che abbiamo posta, non modifichiamo la nostra convinzione, che rimane quella che è fintanto che non introduciamo nuovi elementi di giudizio: cosa che appunto non facciamo. E tuttavia si verifica una modificazione in quanto, mentre la tesi permane in sé quella che è, noi per così dire la mettiamo "jiwri azione', la "neutralizziamo" !più esqt­tamente: la "sospendiamo"], la mettiamo "ltlfJareutesl"•, p. 64.

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testo in cui funziona, un senso sostanzialmente analogo a quello in cui abbiamo visto consistere la neutralizzazione 31 . Non possiamo però fare a meno di constatare la discrepanza terminologica. Essa forse, da sola, po­trebbe essere liquidata nella sua problematicità, considerandola un mero vezzo di Husserl, oppure, supponendo una certa distanza temporale nella stesura delle due parti delle Ideen, ci si potrebbe convincere che Husserl ha semplicemente trovato un termine che gli sembra esprimere meglio il concetto che vuole trattare. Ma c'è un secondo fatto che ci spinge a non considerare aproblematica questa distinzione terminologica: nel paragra­fo che introduce il concetto di modificazione di neutralità, per spiegare quale sia il modo di essere di ciò che si trova tra le parentesi della neutralizzazione, Husserl compie la seguente affermazione:

Alles hat die modifizierende <<Klammer», derjenigen nahe verwandt [corsi­vo nostro], von der wir fruher soviel gesprochen haben, und die fUr die Wegbereitung zur Phanomenologie so wichtig ist. 32

Affinità, forte somiglianza, parentela stretta, è la relazione che vige fra la normale neutralizzazione e l' epochè: non la m era appartenenza di una specie, fra le tante, ad un genere, ancora meno l'identità. Per meglio dire, l' epochè è in effetti un tipo di neutralizzazione, ma l'oggetto di questa neutralizzazione e il contesto in cui essa si compie fanno sì che l'elevazio­ne della messa in parentesi al livello trascendentale la rendano un atto assolutamente peculiare. Per giustificare questa affermazione e ampliarne e completarne il senso, è necessario compiere un'analisi dettagliata del testo in cui è introdotta l' epochè.

31 Il traduttore italiano, facendosi meno scrupoli, traduce «Wie "scbalten sie aus", con «la neutralizziamo»: ciò non è sostanzialmente sbagliato, ma, come cercheremo di mostra­re, l'epochè non è immediatamente identificabile con la normale neutralizzazione. Ci sem­bra pertanto più corretto conservare in qualche modo la differenziazione terminologi­ca tra «neutralisieren, e «ausschalten, e, correlativamente, tra «Neutralisierung, e «Ausschal­tung».

32 § 109, p. 248. «Tutto si trova nelle "parentesi" modificatrici assai affini a quelle che sono tanto importanti [alla lettera: Tutto ha la "parentesi" modificante parente prossima [corsivo nostro] di quella di cui a suo tempo abbiamo tanto parlato ed è così importante] per aprire la strada verso la fenomenologia •• , p. 241. Husserl, nell'estratto rilegato del 1913 delle Ideen, accanto a <<derjenigen nahe verwandt •• (<<parente prossima di quella»), scrive <<nein» (p. 510): ciò, a nostro parere, non perché abbia avuto ripensamenti e creda di potere imme~ diatamente identificare la Neutralitiitsmodifikation con l'epochè, ma perché, anzi, vuole sottolineare il più possibile l'assoluta unicità della riduzione trascendentale anche rispetto a quegli atti che ne sono, per così dire, delle singolarizzazioni empiriche.

Mud(!icazlull<' di 11<'111 m/ itri <'il • <'floch<i. ./Ì'II0/111'1/Ulop,ica l')<)

Il usserl, dopo aver illustrato il modo di vivere e di esperire propri dvll'alleJ..:Riamento naturale nelle sue linee essenziali, più per rendere !Jlll'st'ultimo intuitivamente presente al lettore che per farne un'analisi si­.-.tvlllatica 15, passa a considerare la natura dell'atto che fa mutare radical­illt'nte l'atteggiamento da naturale a fenomenologico. Per trattare del­l'ef)()chè, Husserl chiarisce prima in cosa consista la <<tesi>> dell'atteggia­lllt'nto naturale, ossia l'indiscusso convincimento, la spontanea, non-me­ditata, non-riflessa posizione grazie a cui per la coscienza c'è, da sempre, l'Sil'S<> presumibilmente all'infinito, comprendente il proprio e gli altri .. io .. , e per tutti quanti valido, il mondo naturale, il mondo di tutti i giorni:

Die Generalthesis, vermoge deren die reale Umwelt bestandig nicht blofS i'1herhaupt auffassungsma/Sig bewu/St, sondern als daseiende <<Wirklichkeit>• hewufSt ist, bestehet natiirlich nicht in einem eigenen Akte, in einem arti­kulierten Urteil uber Existenz. Si e ist ja etwas wahrend der ganzen D auer der 1-:instellung, d.i. wahrend des naturlichen wachen Dahinlebens dauernd Be­stehendes. 34

11 Come dimostra il seguente brano, presente nel paragrafo dove si spiega in cosa con­,j,l;t la tesi dell'atteggiamento naturale: <<Wir stellen uns jetzt aber nicht die Aufgabe, die t<'Ìill' Beschreibung fortzusetzen und sie zu einer systematisch umfassenden, die Weiten und Tiefen ausschOpfenden Charakteristik der Vorfindlichkeiten der natiirlichen Einstellung 1 und gar aller mit ihr einstimmig zu verflechtenden Einstellungen) zu steigern. Eine so !che Aufgabe kann und muB - als wissenschaftliche - fixiert werden, und sie ist eine auge­rordl'ntlich wichtige, obschon bisher kaum gesehene. Hier ist sie nicht die unsere. Fi.ir uns, dil' wir der Eingangspforte der Phanomenologie zustreben, ist nach dieser Richtung hin alks Nòtige schon geleistet, wir bedi.irfen nur einiger ganz allgemeiner Charaktere der naliirlichen Einstellung, die in unseren Beschreibungen bereits und mit hinreichender Klar­bl'il.~/illle hervorgetreten sind .. , § 30, pp. 60-61. <<Non ci prefiggiamo ora il còmpito di conti­nuare la descrizione sino ad una caratterizzazione che abbracci sistematicamente ed esauri­sca in ampiezza e profondità quanto è reperibile nell'atteggiamento naturale (nonché in qttl'lli che con esso concordemente si intrecciano). Un simile còmpito può e deve essere fissato scientificamente e, quantunque finora appena intravvisto, è di grande importanza. Ma qui non ce ne occupiamo. Poiché miriamo a trovare la porta di ingresso della i'l'nomenologia, abbiamo già fatto in quel senso quanto era necessario; per il momento in­l'atti ci occorrono soltanto alcuni caratteri del tutto generali dell'atteggiamento naturale, che sono già emersi, e con sufficienti gradi di chiarezza, dalle nostre descrizioni•, pp. 61-62.

·11 § 31, p. 62. <<La tesi generale, per cui il mondo circostante reale è consaputo non solo wncettualmente (forse meglio: entro una concezione globale], ma come "realtà" esistente, non è costituita evidentemente da un solo atto specifico, quale sarebbe un giudizio esplicito sofJra la esistenza del mondo (forse meglio: da un giudizio articolato sull'esistenza del mon­do!. Anzi, essa è qualcosa che dura stabilmente per tutta la durata dell'atteggiamento, ossia per tutta la nostra vita naturale allo stato di veglia», pp. 62-63. Nella prima copia del '13, llusserl aggiunge ad <<artikulierten UrteiJ,, <<Giudizio articolato .. , anche l'aggettivo «pra­dikativen,, <<predicativo» (p. 4H4), confermando la natura vitale, esistenziale, della tesi natu­rale in contrapposizione ad una mera struttura t'nunciativa.

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La <<tesi>> per cui il mondo è presente all'io non ha il carattere di una esplicita posizione concettuale. Chi vive nell'atteggiamento naturale non compie un atto di posizione di questo ente: il mondo; quest'ultimo è lì per lui (come per tutti) sempre, in linea di principio accessibile: è suffi­ciente essere svegli e <<in sé>>. Husserl precisa in questo modo come la molteplicità del mondo sia presente alla coscienza, visto che non ha il carattere dell'attuale, esplicita posizione: il mondo e gli oggetti ad esso appartenenti sono vorhanden, alla mano, disponibili, nel senso che ci sono semplicemente, sono senz'altro presenti 35 . Ciò non è da intendere nel senso che l'io naturale, pre-fenomenologico, comprenda il suo rap­porto col mondo con questa determinazione concettuale; all'opposto -come Husserl rimarca - una simile auto-comprensione concettuale è sì in linea di principio sempre possibile, ma in un secondo momento; nel mo­mento in cui l'io renda a sé esplicito quel vivere spontaneo, ingenuo. Per essere più precisi: nel vivere naturale, le cose (e gli altri io) <<ci>> sono, sono presenti per la coscienza, senza che questa <<presenza,, sia posta con un atto esplicito di posizione; a tutto ciò che viene ingenuamente pre­posto (cioè posto irriflessivamente) inerisce però in linea di principio la

35 «Das jeweils Warhrgenommene, klar oder dunkel Vergegenwartigte, kurz alles aus der natiirlichen Welt erfahrungsmaBig und vor jedem Denken BewuBte, tragt in seiner Gesamteinheit und nach allen artikulierten Abgehobenheiten den Charakter "da", "vorhan­den"; ein Charakter, auf den sich wesensmaBig griinden laBt ein ausdriickliches (pradi­katives) mit ihm einiges Existenzurteil. Sprechen wir dasselbe aus, so wissen wir doch, daB wir in ihm nur zum Thema gemacht und pradikativ gefaBt haben, was unthematisch, ungedacht, unpradiziert schon im urspriinglichen Erfahren irgendwie lag, bzw. im Erfahrenen lag als Charakter des "Vorhanden"•, § 31, p. 62. <<Quanto noi di volta in volta percepiamo e chiaramente od oscuramente ci rappresentiamo del mondo naturale, in breve quanto ne sappiamo sperimentalmente prima di ogni pensare, presenta nella sua totalità, e in ogni parte articolata che se ne tragga fuori, il carattere di essere "qui", "alla mano": un carattere, su cui essenzialmente è possibile fondare un esplicito (predicativo) giudizio d'esi­stenza tutt'uno con esso. Esprimendo questo giudizio, siamo però consapevoli in esso di aver tematizzato e afferrato predicativamente quello che, appunto come.carattere di "alla mano", si trovava già, non tematicamente né cogitativamente né predicativamente, nel­l'esperire originale o nell'aver esperito., p. 63. La traduzione non è scorretta, ma crediamo sia più aderente al testo la seguente: <<Ciò che di volta in volta è consaputo come preso per vero, fatto presente chiaramente od oscuramente, in breve tutto ciò che del mondo naturale <è consaputo> empiricamente e prima di ogni pensare, porta nella sua interezza e secondo ogni parte articolata, il carattere di "presente" [o: di "disponibile"]; un carattere su cui per essenza si lascia fondare un giudizio esistenziale formale (predicativo) concorde con esso <carattere>. Esprimendo questo <giudizio>, sappiamo così certamente di avere in esso reso tematico e afferrato predicativamente ciò che come non-tematico, non-pensato, non­predicato, già nell'esperire originario si trovava in un modo qualsiasi, cioè si trovava nel­l'esperire come carattere di "presente" •.

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p()ssihilitù di essere posto in un successivo giudizio che esplicitamente ne p!lnga l'esistenza. Questo secondo passo, anche se sempre possibile al­l'interno dell'atteggiamento naturale, non ne costituisce affatto la norma, cltv l.· piuttosto quella di dare per scontata l'esistenza delle cose in modo ;l problematico. Ad un terzo momento appartiene la riflessione che collega il primo col secondo momento posizionale, riconoscendone la concor­danza e il legame di esplicitazione predicativa che unisce il secondo al primo. Questa riflessione chiarificatrice del rapporto tra i due tipi di po­sizionalità (irriflessa ed esplicita) non è ancora una riflessione fenome­ll!llogica (anche se ne può esistere un corrispettivo fenomenologico), poiché può semplicemente essere tenuta sul piano delle riflessioni natu­rali. Ciò che importa è che, nel particolare tentativo di cambiamento del­l'atteggiamento conoscitivo che Husserl sta operando, <<mit der potentiel­kn und nicht ausdrucklichen Thesis konnen wir nun genau so verfahren wit· mit der ausdrucklichen Urteilsthesis>> (§ 31, p. 62), (,,Qra, noi possia­lll!l procedere verso iforse meglio: con] questa tesi potenziale e non t·spressa esattamente come verso [con] quella giudicativamente esplicita>>, p. (J5). L'interesse di Husserl è, evidentemente, quello di dirigere l'epochè anche, e specialmente, sulle posizioni non esplicite, quelle posizioni po­ll'nziali in cui irriflessivamente la coscienza senz'altro vive. Possiamo dire che la tesi dell'atteggiamento naturale che si vuole rovesciare, consiste nel! 'intera molteplicità di posizioni attuali e potenziali in cui l'io naturale vive; a questa molteplicità intende rivolgersi Husserl, a ciò che concreta­lllente costituisce l'atteggiamento naturale, non ad un'idea o ad un con­t"t'tto astratto, ma all'esperienza naturale di ogni <<iO» nella sua vivente evidenza. Per mettere fuori questione tutto ciò che, implicitamente o esplicitamente, è posto nel vivere naturale, Husserl ricorre ad un espe­diente: utilizzare - vedremo fino a che punto - il celebre dubbio univer­sale cartesiano; in effetti vuole compiere un'operazione che, sia pure affi­ne a quella della messa in dubbio, è tuttavia di tipo affatto peculiare, e a questo riguardo nota che, se non altro, lo scopo del tentativo di dubbio è diverso 56 . Ma la differenza sostanziale tra i due procedimenti sta nel fatto

l(• <<Ein solches allzeit m6gliches Verfahren ist z.B. der allgemeine Zweifelsversuch, den /)escartes zu ganz anderem Zwecke, in Absicht auf die Herausstellung einer absolut zweifellosen Seinssphare durchzuflihren unternahm., § 31, p. 62. <<Un simile sempre possi­bile procedimento è, ad es., il tentativo di dubbio universale che Descartes intraprese per uno scopo del tutto diverso dal noRtro, cio~ in vista della fissazione di una sfera dell'essere assolutamente esente da dubbio., p. 63.

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che Descartes tenta effettivamente di mettere in dubbio tutto quanto è anche solo lontanamente dubitabile, mentre Husserl si limita a ricollegarsi a tale «Zweifelsversuch>> (<<tentativo di dubbiO>>). L'oggetto del tentatiyo di dubbio è, naturalmente, la tesi naturale, l'intera molteplicità di ciò che viene posto nell'atteggiamento naturale. L'idea di Husserl è quella di tro­vare un fondamento nell'atto di tentare di dubitare, una sorta di «nucleO>> centrale che si limiti a mettere fuori gioco tale tesi senza negarla o co­munque alterarla; uno strato nucleare immanente all'atto stesso di tentati­vo di dubbio, ma non del tutto coincidente con esso. Un tentativo di dub­bio come quello cartesiano differirebbe da questo suo sostrato minimale proprio nel carattere di <<negazione>> della tesi, di <<posizione del non-esse­re,, del contenuto della tesi, presente in quel tentativo. Husserl, conse­guentemente, sostiene di servirsi del tentativo di dubbio cartesiano come di un mezzo per cogliere qualcosa che, considerato autonomamente, non è un atto di tipo dubitativo 37. Il concetto di tentativo di dubbio viene così illustrato, implicitamente distinguendolo dal dubitare vero e proprio: <<Al­les und jedes, wir mogen noch so fest davon uberzeugt, ja seiner in ada­quater Evidenz versichert sein, konnen wir zu bezweifeln versuchen>> (§ 31, p. 62), (<<noi possiamo tentare di dubitare di tutto e di ogni cosa, anche se ne siamo fermamente certi in base ad una evidenza pienamente adeguata>>, p. 63). Per rendere l'idea della distinzione che ha in mente Husserl, facciamo il seguente esempio: se ho davanti a me, in perfetta evidenza, una superficie di un dato colore, posso tentare di dubitare che quella superficie sia proprio di quel colore, quasi chiedendo a me stesso: <<ma è proprio vero? È proprio di quel colore?>>, salvo convincermi imme­diatamente che la superficie è di quel colore. L'estensione di ciò che è soggetto al tentativo di dubbio è infinita, nel senso che esso può letteral­mente applicarsi ad ogni dato, mentre ciò che è effettivamente dubitato, nella nostra esperienza concreta, è soltanto una parte limitata di quest'ul­tima. Proseguendo nel nostro esempio, non è nelle mie possibilità dubi-

37 «Wir kni.ipfen hier an, betonen aber sogleich, daB der universelle Zweifelsversuch uns nur als methodischer Behelf dienen sol!, um gewisse Punkte herauszuheben, di e durch ihn, als in seinem Wesen beschlossen, evident zutage zu fordern sind .. , § 31, p. 62. «Ci rifac­ciamo di qui, lo dichiariamo subito, in quanto il tentativo di dubbio universale ci serve sol­tanto come appoggio metodico per rilevare grazie ad esso certi punti che sono impliciti nella sua essenza stessa [più esattamente: Ci ricolleghiamo a questo, ma al tempo stesso sottoli­neiamo che il tentativo di dubbio universale ci deve servire solo come ausilio metodico per tirare fuori certi punti, i quali, attraverso esso, come racchiusi nella sua essenza, sono da portare ad evidenza]••, p. 63.

l (d !lfudiflraziuiU' di llc'/1/rallltì c·d •t'{Wt hc··· .fi'IIU/1/t'IIIJ/op,ica . -·· __ __.:..:_ __________ _

/ore davvero, porre effettivamente in dubbio e mantenere la cosa in modo d11hitativo, o addirittura decidere che la cosa non sta cos~ nel caso della superficie colorata, dato che essa è data alla coscienza nel modo dell',,evi­dt'nza percettiva>>. Naturalmente se distolgo lo sguardo dalla superficie e non la osservo presentemente, posso dubitare se essa abbia ancora il co­l( >re che aveva in precedenza, ma si tratta evidentemente di un nuovo :tito coscienziale, diverso dal precedente. La seguente è la prima determi­nazione dell',,essenza,, di un simile tentativo di dubbio:

Wer zu zweifeln versucht, versucht irgendein .. sein", pradikativ expliziert ein <<Das ist!», <<Es verhalt sich so!» u. dg!. zu bezweifeln. Auf die Seinsart kommt es dabei nicht an. Wer z.B. zweifelt, ob ein Gegenstand, dessen Sein er nicht bezweifelt, so und so beschaffen ist, bezweifelt eben das So­

hescha.ffen-sein. 38

Si chiarisce qui che il tentativo di dubbio correlato alla pura posizione (d l'Ile cose, degli uomini, etc.) non ha la natura di un normale dubbio empirico: quasi mai, all'interno dell'atteggiamento naturale, si dubita del­l' essere di qualcosa, soprattutto se questo qualcosa lo si ha davanti in una percezione di incontestabile evidenza. Accade piuttosto che si dubiti se un certo qualcosa- preliminarmente e, come ha fatto notare Husserl, im­fJ/icitamente posto essente -sia in un certo modo e non in un altro, abbia Ct'rte proprietà e non ne abbia altre, e così via. Diversamente, il tentativo di dubbio descritto da Husserl si applica, in primo luogo, alla certezza fJercettiva in cui qualcosa è dato e non al suo essere-così o in un altro modo; è la posizionalità originaria stessa come tale che viene messa in questione, dato che, come sappiamo, porre qualcosa nel modo della cre­denza certa (cioè dato come percettivamente certo) equivale a porne l'es­sere, a porlo come semplicemente essente. Husserl continua:

Das ubertragt sich offenbar vom Bezweifeln auf den Versuch zu bezwei­feln. Es ist ferner klar, daiS wir nicht ein Sein bezweifeln und in demselben BewuiStsein (in der Einheitsform des Zugleich) dem Substrat dieses Seins die

.lH § 31, p. 62. ,,chi tenta di dubitare, cerca di revocare in dubbio ogni "essere", ogni (!ime meglio: Chi tenta di dubitare, tenta di dubitare di ogni "essere", di ogni] espressione predicativa del tipo "questo è!", "questo si comporta così!" [più esattamente: "le cose stanno rosì!"l e simili. La modalità di essere non ha qui importanza. Ad es., chi dubita che un og­getto, del cui essere non dubita, sia wstltulto così e così, costui pone in dubbio soltanto l' essere-così-costituito•, p. 63.

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Thesis erteilen, es also im Charakter des <<Vorhanden•• bewuBt haben kon­nen. 39

Il carattere fondamentale del tentativo di dubbio è la cessazione della naturale, inconsapevole posizione per cui ciò che è posto dall'atto stesso è inteso come presente, <<alla mano». In altre parole, la condizione minimale sia per tentare di dubitare, sia per dubitare effettivamente, del­l' essere di qualcosa, è scollegarlo dalla posizionalità, dal carattere dell'es­sere dato in modo inesplicito, ma anche, a maggior ragione, in modo ri­flessivamente compiuto. Ciò, come nota Husserl quasi immediatamente, ha come presupposto necessario <<eine gewisse Aujhebung der Thesis» (<<Una certa interruzione della tesi»). Questo è il dato minimale, apparte­nente all'essenza di ogni tentativo di dubbio, che interessa Husserl, l'<<Aufhebung» (interruzione), della normale tesi posizionale. A Husserl preme di distinguere questo momento nucleare del tentativo di dubbio dal tentativo stesso; non vuole che la sua epochè sia interpretata come autentico tentativo di dubbio sulla effettiva esistenza del mondo come viene vissuto nell'atteggiamento naturale, o addirittura che sia intesa come una qualche forma di negazione dell'esistenza del mondo 40• Se è chiaro che il dubbio cartesiano, il quale, ricordiamo, costituisce un tenta­tivo di negazione universale - il cosiddetto dubbio iperbolico- che pone

39 § 31, pp. 62-63. «Esso [il mettere in dubbio !"'essere"] si trasferisce manifestamente dalla messa in dubbio al tentativo di mettere in dubbio. È chiaro inoltre che non possiamo dubitare di un essere e simultaneamente nello stesso atto di coscienza (nell'unità di forma della simultaneità) [forse meglio: nella forma unificante del "contemporaneamente"] attribu­ire la tesi esistenziale al substrato di questo essere, cioè averlo presente col carattere di "alla mano"», p. 63 [la prima proposizione di questo periodo è stata, nella traduzione, salta­ta; la sua versione italiana è quindi nostra].

40 <dm Zweifelsversucb, der sich an eine Thesis, und wie wir voraussetzen, an eine gewisse und durchgehaltene anschlieBt, vollzieht sich die "Ausschaltung" in und mit einer Modifikation der Antithesis, namlich mit der "Ansetzung' des Nicbtseins, die also die Mitunterlage des Zweifelsversuches bildet. Bei Descartes pravaliert diese so ·sehr, daB man sagen kann, sein universeller Zweifelsversuch sei eigentlich ein Versuch universeller Negation. Davon sehen wir hier ab, uns interessiert nicht jede analytische Komponente des Zweifelsversuchs, daher auch nicht seine exakte und vollzureichende Analyse», § 31, pp. 63-64. «Nel tentativo di dubbio, che è connesso con una tesi e, come noi presupponiamo, con una tesi certa e duratura, la neutralizzazione consiste in [più esattamente: la "sospen­sione" si compie in e con] una modificazione dell'antitesi, e precisamente nell'introduzione [più esattamente: con !'"apposizione'] del non-essere, che forma quindi la base correlativa . al tentativo di dubbio. In Descartes ciò prevale al punto che il suo tentativo di dubbio uni­versale può dirsi propriamente un tentativo di negazione universale. Noi prescindiamo da questo; non ci interessa ogni analitica componente di quel tentativo di dubbio c quindi nemmeno la sua analisi esatta ed esauriente •• , p. 64.

11/udifìr.·uziotu• di llt'ltlmlihlt•tl•t'fltl< 111'· ji'lllllllt'IIO/o~ica !(l'i

il llutl-essere di tutto ciò che è minimamente dubitabile, è estraneo alla vi­sione husserliana (ed è esplicitamente rifiutato), pare invece diventare problematico distinguere tra lo <<Scollegamento» e il semplice, genuino tL·ntativo di messa in dubbio, ossia l'apertura alla possibilità del non-esse­n·. La sospensione della tesi, la sua <<Ausschaltung», è pur sempre com­piuta attraverso una <<Ansetzung», una <<apposizione», del non-essere (sebbene la messa fra virgolette del termine sembri suggerirne un uso pe­ndiare), e lo stesso Husserl sostiene che non si può nello stesso atto di pensiero dubitare ed essere certi del medesimo contenuto: sono modi di posizione confliggenti. L' epochè, dal canto suo, consiste in <<eine gewisse l lrteilsenthaltung, die sich mit der unerschiUterten und ev. unerschiit­terlichen, weil evidenten Uberzeugung von der Wahrheit vertragt» (§ 31, p. M), (<<Una certa sospensione di giudizio, che è compatibile con l'indiscus­sa, o magari indiscutibile e evidente, convinzione della verità», p. 65). Cile nel dubbio cartesiano la posizione del non-essere possa prevalere, suggerisce che una simile <<posizione>> sia passibile di gradi, o di modalità, o di entrambe le cose. In altre parole, un dato contenuto tematico potreb­be essere posto come certamente non-essente, come probabilmente non­essente (essendo il grado di probabilità a sua volta variabile) e in ogni modo simile; oppure il non-essere potrebbe riferirsi non all'interezza del­la tesi, ma ad una o più sue parti. Noi crediamo, però, che non sia tra queste strade quella imboccata da Husserl per costituire la sua epochè j(•nomenologica. La modificazione della tesi che mette quest'ultima <<fra parentesi» è infatti così descritta:

Diese Umwertung ist Sache unserer vollkommenen Freiheit und steht ge­genuber allen der Thesis zu koordinierenden und in der Einheit des <<Zu­gleich» mit ihr unvertraglichen Denkstellungnahmen, wie iiberhaupt alleo Stellungnahmen im eigentlichen Wortsinne. 41

Il fenomeno della messa in parentesi del mondo naturale non è assimilabile a nessun modo di effettiva posizione del non-essere di ciò che è posto, cosa che, come si è visto, è il fondamento di ogni tentativo di dubbio propriamente eletto. Attraverso la giustapposizione di non-esse-

41 § 31, p. 63. <<Questa trasvalutazione è cosa di nostra piena libertà, e si contrappone a tutte le prese di posizione concettuali che vanno coordinate alla tesi e sono con questa in­compatibili <nell'unità del "contemporaneamente"> [integrazione nostra], come in genere (fime me,~lio: in assoluto) a tutte le prc.~c di posizione nel genuino significato della parola., p. 64.

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re ed essere del contenuto della tesi, la posizionalità stessa, in qual­sivoglia sua modalità, viene messa fuori questione, e risulta inibita nella propria validità. La modificazione che Husserl illustra in questo paragra­fo è tale da contrapporsi ad ogni autentica posizione della coscienza, compresa quindi la negazione, ossia la posizione del non-essere. Piut­tosto, ciò di cui viene posto il non-essere nel caso dell' epochè, è la posizionalità come tale. Il dubbio cartesiano consiste nel tentare di por­re come nullo, come genuino non-essere, ogni contenuto di coscienza anche lontanamente dubitabile; un'altra forma di dubbio universale sa­rebbe, ad esempio, quella di porre la possibilità del non-essere del mon­do naturale. La posizione husserliana, si contrappone a queste come a ogni altra forma di <<dubbiO>> universale, in quanto esse tutte cercano, in vario modo, di rovesciare o comunque modificare la tesi naturale in una qualche forma di antitesi della tesi stessa; per Husserl si tratta invece di conservare la tesi per come essa è, ma al contempo di renderla assoluta­mente inattiva, inoperante, scollegata dall'effettivo contesto vitale della coscienza. Ciò è reso possibile dall'atto che toglie il carattere posiziona­le dalla tesi naturale - il mondo dato ingenuamente <<alla manO>> - senza però sostituir/o con un altro modo di posizione, come avverrebbe in un qualsiasi dubbio in senso proprio. Tale atto lascia la tesi inerte, inu­tilizzata, fuori dal rapporto con le concrete operazioni della coscienza: è questo il risultato dell'<<apposizione>> del non-essere prospettata da Husserl.

Il significato dell' epochè è quello dello scollegamento di ciò che viene messo tra le parentesi fenomenologiche dall'effettivo vivere coscienziale, nel senso della privazione del suo carattere posizionale; privazione da intendersi non come negazione ma come sospensione della funzione po­sizionale stessa in assolutò. È una determinazione essenzialmente identi­ca a quella con cui avevamo precedentemente interpretato la modifica­zione di neutralità in generale. Ci chiediamo ora se esista la possibilità di intendere la coscienza in cui si attua l' epochè come una ·modificazione immaginativa, come avevamo visto darsi il caso per quanto riguarda la neutralizzazione in generale, di intendere cioè la sospensione della posi­zionalità della tesi come un mero immaginare ciò che è nella tesi posto. Il testo husserliano non lascia adito a dubbi:

Naturlich darf man dieses BewufStsein nicht einfach identifizieren mit dem des <<Sich bloiS denkens,,, etwa daiS Nixen einen Reigentanz aufftihren; wobei ja keine Ausschaltung einer lebendigen und lebendig verbleibenden ùber-

l(l7 Mocl!flcazlolle eli ll<'lllmllltl 1•tl, 1'/JU< ht•· ji•lfo/1/t'llolof.!,iC.:a ------~---------------------

zeu~un~ statthat: obschon andererseits die nahe Verwandtschaft des einen uno anderen BewuiStseins zuta~e liegt. Erst recht handelt es sich nicht um das Sichdenken im sinne des «Annehmens» oder Voraussetzens, welches in der liblichen aquivoken Rede gleichfalls mit den Worten zum Ausdruck kommen kann: <<lch denke mir (ich mache die Annahme), es sei so und SO>>. 42

Il periodo finale del brano chiarisce che !'<<immaginare>> in cui Husserl nega consistere l' epochè, non è quella diffusissima posizione coscienziale che possiamo chiamare <<Supposizione>> o <<assunzione», che consiste nel porre un certo contenuto in modo provvisorio, al fine di ricavarne possi­bili implicazioni: ciò è assolutamente fuori questione. Ma questa precisa­zione sembra essere stata fatta per evitare un semplice fraintendimento terminologico. Ben più importante è il periodo precedente, dove l'autore mette in guardia dal pericolo di una confusione concettuale. Mettere tra parentesi l'intero mondo, interrompere nella sua validità la tesi naturale non può consistere nel mero immaginare il mondo, cioè nell'averlo come dato nel modo di un'immagine, in senso amplissimo. Ciò contrasterebbe con uno degli assunti di base dell' epochè: quello per cui la tesi rimane, pur sospesa, ciò che essa è ed è sempre stata. Identificare l' epochè con l'immaginare consisterebbe, al contrario, nel porre il non-essere del mon­do naturale, per sostituire ad esso nella coscienza, un 'immagine fantasti­ca di mondo; esattamente come in qualsiasi momento possiamo, rinchiu-

42 § 31, p. 64 .• Naturalmente non si può senz'altro identificare questa coscienza con quella dell'"immaginare" fjorse meglio: del "mero immaginare"), come quando ad es. imma­giniamo che delle naiadi conducano una danza; dove non ha luogo nessuna neutra­lizzazione, di una convinzione viva e che permane viva: sebbene sia d'altra parte evidente la stretta parentela dell'una e dell'altra coscienza. Non si tratta infatti, in questo caso fjorse meglio: Più che mai, non si tratta) dell'immaginare nel senso di assumere o supporre, come accade ambiguamente nel discorso comune, ad es. in questa espressione: "io immagino (faccio la supposizione) che la cosa stia così e così",, p. 65. Sulla copia del 1922, Husserl sostituisce a <<iebendigen und lebendig verbleibenden», <<Viva e che permane viva,, .uns geltenden» (p. 485), <<Valida per noi>., locuzione che mantiene ed accentua il carattere di <<permanenza,, di mantenimento di valore della convinzione. Inoltre, nel primo esemplare del 1913, il periodo continua con una interessante osservazione, la cui fine è andata, pur­troppo, distrutta: <<Wlirden wir als Skeptiker ernstlich zweifeln, ob die Welt sei oder nicht sei, so wurden wir es mit der Annahme, sie sei, oder mit der, sie sei nicht probieren (Wir brauchen das Sein nun nicht auszuschalten, da ... ), (pp. 484-485), ,,se, in quanto scettici, dubitassimo seriamente dell'esistenza o dell'inesistenza del mondo, potremmo provare con l'ipotesi che "esista" oppure con l'ipotesi che "non esista" (non abbiamo alcun bisogno di neutralizzare l'essere, poiché ... )». La supposizione che il mondo sia o quella che non sia, sono entrambe modi di posizione, e proprio perché tali non revocano /'.essere., ossia, in questo contesto, la posizionalità in generale. Così Husserl vuole differenziare in linea di principio la propria filosofia da ogni scetticismo.

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dendoci, per così dire, in noi stessi, sostituire alla nostra attuale esperien­za percettiva, una qualsiasi fantasia, addirittura anche una che abbia come oggetto proprio ciò che fino all'istante precedente era effettivamen­te dato nella genuina percezione. Che le cose stiano come si è detto è inoltre confermato da quella proposizione che spiega perché non si pos­sano identificare la messa in parentesi fenomenologica con !'<<immagi­nare>>, quella dove Husserl afferma che nel caso dell'immaginare non ha luogo nessuna sospensione (Ausschaltung) di una credenza presente nel­l'effettiva vita di coscienza. Nella <<Ausschaltung>> che Husserl sta illustran­do, la tesi posta tra parentesi è qualcosa di presente come vitale (come dato concreto, effettivo, dell'esperienza) e rimane in vita anche quando si effettui la messa in parentesi; Husserl afferma che la convinzione che viene <<Sospesa>> (nel senso peculiare dato a questo termine) è una <<le­bendige und lebendig verbleibende ùberzeugung>> («convinzione viva e che permane viva [corsivo nostro],,). È manifesta l'intenzione di distingue­re tra l'avere nella coscienza un contenuto consaputo come immaginato, e l'averlo- dato in un qualsiasi modo di posizione- tra le parentesi feno­menologiche. L'<<immaginare>>, non mette <<fra parentesi>>, o <<fuori azione>>; piuttosto: le parentesi fenomenologiche si applicano a ciò che la coscien­za intende come immagine, come ai contenuti ricordati, percepiti, aspet­tati, e così via, dato che l' epochè mette tra parentesi tutto quanto è posto in qualsiasi modo, nell'atteggiamento naturale. Abbiamo però tralasciato un'affermazione che Husserl fa per inciso senza spiegarla o riprenderla nel corso dei paragrafi sull'epochè: quella che afferma la <<nahe Ver­wandtschaft>> (<<Stretta affinità>>) dei due atti coscienziali, l'immaginare e il fare epochè fenomenologica. Per spiegare che cosa Husserl intenda, dob­biamo tornare al§ 111; è in questo paragrafo che Husserl mostra ciò che accomuna, ma anche ciò che distingue in modo decisivo, il <<mero imma­ginare>> in quanto neutralizzazione di un particolare modo di posizione della coscienza, da quella generale modificazione di neutralità di cui l'epochè è sicuramente un tipo (anche se la relazione tra i due atti è anco­ra da chiarire esattamente). L'immaginare, il farsi un'immagine mentale di qualcosa, il fantasticare qualcosa, è in effetti la modificazione di neutrali­tà del ricordo inteso in senso generalissimo; nelle parole di Husserl: <<ist das Phantasieren tiberhaupt di e Neutralitéitsmodifikation der "setzenden" Vergegenwiirtigung, also der Erinnerung im denkbar weitesten Sinne>> (§ 111, p. 250), (<<il fantasticare è la modificazione di neutralità della ripre­sentazione 'Ponente", dunque del ricordo nel senso più vasto che si pos­sa pensare>>, p. 243). Quando vengono portati all'attenzione della co-

.1/odifluniolll' di 1/C'IIImliltl c•d .. c'fH1Ciw" ji•nomeno/op,ica 169

scienza una serie di contenuti che non sono attualmente percettivamente prt'senti, ma sono consaputi come ri-presentati, ossia dati non nell'origi­nale (come sarebbe in una vivente percezione, sia poi più o meno evi­tknte) ma come intenzionalmente riferiti a ciò che, una volta, è stato pur dato nell'originale, si hanno ricordi in senso amplissimo 43

. La facoltà di ll!escolare in modo arbitrario i contenuti ripresentati, tenendoli poi come neutralizzati è, in effetti, la fantasia, o, come Husserl alle volte la chiama, il mero immaginare, come emerge chiaramente dal periodo iniziale del § l Il 4\ dove oltre ad ammettere implicitamente la sinonimia di un senso dell'espressione <<mero immaginare>> con <<fantasia>>, Husserl rinnova l'av­Vl'rtimento del § 31 di non scambiare il <<mero immaginare>> nel senso di .. tenere come neutralizzatO>>, <<entrare solo col pensierO>>, <<Consapere qualcosa togliendogli la posizionalità>>, col <<mero immaginare>> come co­nnmemente viene inteso, cioè nel senso di farsi un'immagine mentale, avere una fantasia, fantasticare. Neutralizzando un ricordo in senso stretto (una d presentazione non arbitrariamente collegata o scollegata da altre), il risultato è la cancellazione della sua specifica modalità di posizione, cioè della posizione dell'essere-stato; quando questa operazione viene applicata a delle d presentazioni arbitrarie, tali contenuti, privi come sono

4·l Come è teorizzato nel seguente periodo: «Die Vergegenwartigung weist zurilck auf Wahrnehmung in ihrem eigenen phanomenologischen Wesen: z.B. das Sich-erinnern an Vergangenes impliziert, wie wir schon fruher bemerkt haben, das "Wahrgenommenhaben"; also in gewisser Weise ist die "entsprechende" Wahrnehmung (Wahrnehmung von dem­selben Sinneskern) in der Erinnerung bewuBt, aber doch nicht wirklich in ihr enthalten. Die Erinnerung ist eben in ihrem eigenen Wesen "Modifikation von" Wahrnehmung. Korrelativ Hibt sich das als vergangen Charakterisierte in sich selbst als "gegenwartig gewesen", also als eine Modifikation des "gegenwartig", welches als Unmodifiziertes eben das "originar", das "leibhaftig gegenwartig" der Wahrnehmung ist., § 99, pp. 233-234. «La ripresentazione rimanda alla percezione nella sua propria essenza fenomenologica: ad es. il ricordarsi del passato implica, come abbiamo precedentemente osservato, !"'aver percepito"; dunque la percezione "corrispondente" (percezione del medesimo nocciolo di senso) è in certo modo consaputa nel ricordo, ma tuttavia non è effettivamente contenuta in esso. Il ricordo è ap­punto nella sua essenza "modificazione di" percezione. Correlativamente, anche ciò che è caratterizzato come passato si offre come ·ciò che è stato presente•, dunque come una mo­dificazione del "presente", il quale, in quanto è il non-modificato, è appunto !'"originale", il "presente in carne ed ossa" della percezione••, pp. 227-228.

44 •• Aber noch eine gefahrliche Àquivokation des Ausdruckes "sich-bloB-denken" kommt in Frage, bzw. einer sehr naheliegenden Verwechslung ist zu wehren, namlich der zwischen Neutralitiitsmodifikation und Phantasie., § 111, p. 250. «Ma entra in gioco ancora un peri­coloso equivoco dell'espressione "mero immaginarsi", ossia bisogna guardarsi da una assai facile confusione, che consiste nello scambiare la modificazione di neutralità e la fanta-

sia., p. 243.

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del carattere posizionale inerente al ricordo, sono delle mere configura­zioni di fantasia, delle mere immagini. Si può bene comprendere ora come la fantasticheria, l'appena vista neutralizzazione di contenuti ri­presentati, non comporti alcuna sospensione di ciò che per la coscienza è posto come effettivamente valido (posto in una autentica modalità dossica). Visto che <<Scheiden sich Vergegenwartigungen uberhaupt indie zwei Gruppen: Erinnerungen jeder Art und in ihre Neutralitatsmodifi­kationen>> (§ 111, p. 250), (<<le ripresentazioni si dividono nei due gruppi: dei ricordi di ogni specie e delle loro modificazioni di neutralità>, p. 243), possiamo ragionevolmente pensare che, tra le altre, ci sia una spe­cie di ricordo (il ricordo propriamente detto) che, neutralizzato, metta fra parentesi la validità di un'esperienza passata, di un vissuto passato, e che ci sia un'altra specie di «ricordO>>, la ripresentazione di contenuti arbitra­riamente messi assieme, la cui neutralizzazione non investe il campo di ciò che è posto dalla coscienza in una forma di autentica validità, dato che fin dal principio tali <<ricordi>> sono sintesi operate dall'io con conte­nuti ripresentati che non rispecchiano alcun effettivo vissuto, nel senso di davvero vissuto (un dolore provato, un'abitudine acquisita, una presa di coscienza di un valore, etc.). È vero che la posizionalità non vale sia per le neutralizzazioni dei ricordi veri e propri, sia per le ripresentazioni arbi­trarie, ma in un senso diverso: mentre nel caso degli autentici ricordi la neutralizzazione mette fra parentesi qualcosa che per la coscienza, prima di questa modificazione, aveva una validità, un ruolo vitale nella compa­gine della coscienza stessa, nel caso delle ripresentazioni arbitrarie la neutralizzazione pone fra parentesi la mera possibilità della datità di enti­tà di ogni tipo. Le <<naiadi che danzano>> del § 31 sono una delle infinite immagini che la mente può costituirsi con il suo patrimonio di vissuti. La parentela di questo «mero immaginare>> con l' epochè sta dunque nel fatto che in entrambi gli atti di coscienza è operata una neutralizzazione; sol­tanto che nel caso del <<mero immaginare>> l'operazione di neutralizza­zione è riferita esclusivamente ad un insieme di qualsivoglia contenuti ripresentati dalla coscienza con un suo arbitrio, mentre l' epochè mette tra parentesi in primo luogo le posizioni con cui qualcosa è immediatamente creduto in modo certo come essente, particolarmente le posizioni esisten­ziali inesplicite in cui quotidianamente si vive, trasferendosi poi a tutto ciò che è in qualsiasi modo posto. La confusione può sorgere perché è sempre possibile, per la coscienza, ripresentare a se stessa questi semplici vissuti posizionali - proprio come sono stati vissuti - e neutralizzare tali ripresentazioni di vissuti. In questo modo si ha il mero immaginare, il

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nwro.fantasticare ogni vissuto. Si tratta di un'operazione affine, ma essen­~ialmente diversa, sia dall'epochè, sia dalla modificazione di neutralità in generale. È, come si è visto, un tipo di modificazione di neutralità riferita :1 contenuti ripresentati, che trasforma questi ultimi in mere immagini e il .. percepire>> che li offre in un mero immaginare 45 . È naturalmente sempre possibile ripresentare a se stessi un qualsiasi contenuto e poi neutralizzar­l<>, ma evidentemente non è la stessa cosa che neutralizzare un contenuto mme esso si dà originariamente, senza la mediazione di ricordi di qual­siasi tipo o grado.

Possiamo ora tornare alla domanda sulla natura dell'epochè, se cioè essa possa essere interpretata come una riduzione al <<mero immaginare>> dò che è posto nell'atteggiamento naturale, rispondendo con sicurezza negativamente: proprio per il suo carattere, chiaramente espresso da Hus­serl, di interruzione di convinzioni viventi, colte nella loro effettiva vali­dità per la coscienza, è escluso che l'epochè ripresenti vissuti (cosa che, come abbiamo visto, è essenziale per l'immaginare). Inoltre, poiché que­sto risultato è stato raggiunto basandosi sul terreno generalissimo della modificazione di neutralità, esso è valido per il <<neutralizzare>> in genera­le, operato dalla coscienza: che esso sia volontario o involontario, co­sciente o incosciente, riferito ad un dato particolare o all'intero mondo,

45 Come leggiamo ancora nel § 111: .so oft wir irgendwelche Gegenstande vergegen­wartigt haben - nehmen wir gleich an, es sei eine bloiSe Phantasiewelt, und wir seien ihr aufmerksam zugewendet - dann gilt es als zum Wesen des phantasierenden BewuiStseins gehéirig, daiS nicht nur diese Welt, sondern auch zugleich das sie "gebende" Wahrnehmen phantasiert ist. Ihr sind wir zugewendet, dem "Wahrnehmen in der Phantasie" (d. i. der Neu­tralitatsmodifikation der Erinnerung) aber nur dann, wenn wir, wie fri.iher besprochen wor­den, "in der Phantasie reflektieren". Es ist aber von fundamentaler Bedeutung, diese idea­liter jederzeit méigliche Modifikation, die jedes Erlebnis, auch das Phantasierende selbst, in die genau entsprechende blofle Pbantasie oder was dasselbe, in die neutralisierte Erinne­rung i.iberfi.ihren wi.irde, nicht zu verwechseln mit derjenigen Neutralitatsmodifikation, die wir jedem "setzenden" Erlebnis gegeni.iberstellen konnen •• , § 111, p. 251. <<Ogni qualvolta abbiamo ripresentato degli oggetti qualsiasi - e ammettiamo pure che si tratti di un mero mondo di fantasia, a cui siamo attentamente rivolti - dall'essenza della coscienza fantasti­cante discende che non solo questo mondo, ma anche il percepire "che lo offre" è fantasti­cato. A quel mondo, al "percepire nella fantasia" (ossia alla modificazione di neutralità del ricordo) noi ci troviamo rivolti solo quando, come dicemmo precedentemente "riflettiamo nella fantasia" [più esattamente: A quel mondo siamo rivolti senz'altro, ma al "percepire nella fantasia" (cioè nella modificazione di neutralità del ricordo), soltanto allorquando, come abbiamo detto prima, "riflettiamo nella fantasia"]. Ma è di fondamentale importanza non confondere questa modificazione, idealmente sempre possibile, che trasporterebbe ogni Erlebnis, anche quello fantasticato [più esattamente: fantasticante], nella esattamente corrispondente mera fantasia, o che è lo stesso, nel ricordo neutralizzato, con quella modi­ficazione di neutralità che possiamo contrapporre ad ogni Erlebnls "ponente"•, p. 244 .

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etc., non cambia il fatto che esso si distingue in linea di principio dal mero immaginare, in quanto il secondo è un caso particolare del primo, sia pure riferibile idealmente a qualsiasi vissuto. Ciò non è affatto scon­fermato dal passo in cui Husserl determina in cosa consista la modifica­zione immaginativa propriamente detta 46, poiché quando ci siamo posti il problema se fosse possibile interpretare la neutraliùazione come un <<im­maginare», quest'ultimo era senz'altro inteso come un guardare qualcosa non come un originale se-stesso ma come una semplice immagine raffi­gurante quel qualcosa: era concepito come un'operazione mentale tesa a trasformare il carattere delle noesi (e quindi, in parallelo, dei relativi noe­mi), non a tramutare empiricamente gli oggetti costituiti nelle noesi stes­se, da cose vere e proprie in ra.ffigurazioni di cose. Nel passo dove viene descritta la modificazione immaginativa, Husserl ha invece in mente di caratterizzare proprio l'immagine data fattualmente alla percezione, op­pure data come ricordata, fantasticata, etc. in ogni caso nel senso di una vera, concreta raffigurazione, come possono essere un quadro o un dise­gno. In altre parole, Husserl ha qui di mira il fenomeno di riconoscere come immagine qualcosa di già dato come immagine, non quello di co­stituire un'immagine o di trasformare qualcosa in immagine di qual­cos'altro.

Rimane ora da determinare il rapporto fra modificazione di neutralità ed epochè fenomenologica: ciò richiede l'analisi di almeno alcuni fonda­mentali caratteri di ciò che è dall' epochè scoperto, la regione della co­scienza pura, trascendentale.

Sappiamo che l'epochè sospende la validità d'essere del mondo così com'è abitualmente inteso dalla coscienza, ma non abbiamo ancora tema­tizzato cosa invece venga da essa portato alla luce. Husserllo anticipa per la prima volta all'inizio del § 33: si tratta del campo dei vissuti di coscien-

46 «Andererseits gehort die verbildlicbende Modifikation einer anderen Modifikations­

reihe an [ba appena presentato la modificazione "memorativa"]. Sie vergegenwartigt "in" einem "Bilde". Das Bild kann aber ein originar Erscheinendes sein, z.B. das "gemalte" Bild (nicht etwa das Ding Gemalde, dasjenige, von dem es z.B. heiBt, daB es an der Wand hangt), welches wir perzeptiv erfassen. Das Bild kann aber auch ein reproduktiv Erscheinendes sein, wie wenn wir in der Erinnerung oder freien Phantasie Bildvorstel­lungen haben,., § 99, p. 234. <<D'altra parte la modificazione immaginativa appartiene ad un'altra serie di modificazioni. Essa ripresenta "in" una "immagine". L'immagine può essere qualcosa che appare originariamente, ad es. l'immagine dipinta (non già la cosa quadro, quella di cui si dice che pende dalla parete), che afferriamo percettivamente. Peraltro, l'im­magine può essere anche qualcosa che appare riproduttivamente, come quando abbiamo delle rappresentazioni di immagini nel ricordo o nella libera fantasia•, p. 22H.

lllodijlcazione di llt'/1/l'tlliltl t•d •t'/"" ht•- .Ji'II0/1/t'I/Olo~ic.:a 17.1

za, delle <<esperienze,, nel senso più ampio 47 . Anche quando tutto ciò che L' posto nell'atteggiamento naturale viene messo tra le parentesi fenome­nologiche, la pura coscienza (con i suoi puri correlati e il puro polo-io) rimane come datità insopprimibile: non si tratta dell'«anima» psicologica, ma dell'intera regione d'essere, non tematizzata in alcuna attività teoretica data nell'atteggiamento naturale, della coscienza trascendentale. È la re­gione d'essere assoluta in senso proprio, in quanto per essenza svincolata da ogni altra e, come verrà teorizzato nel corso dell'opera, tale che ogni sfera d'essere si <<Costituisce>> in essa attraverso dei complessi sistemi di intenzionalità. Questa «nuova» regione d'essere, pur venendo scoperta nell'atteggiamento naturale, a partire dalla soggettività psicologica, da quell'io empirico che, sulla base delle proprie posizioni d'essere, giudica, valuta, neutralizza (e quindi fantastica, immagina), agisce, si rapporta in ogni modo con le cose e con le altre soggettività, non si identifica però con quest'io 48• L'io e i suoi atti di pensiero (in senso amplissimo) fanno

47 <<Wir gehen zunachst direkt aufweisend vor und, da das aufzuweisende Sein nicht anderes ist, als was wir aus wesentlichen Griinden als "reine Erlebnisse", "reines BewuBt­sein" mit seinen reinen "BewuBtseinskorrelaten" und andererseits seinem "reinen !ch" be­zeichnen werden, von dem Ich, von dem BewuBtsein, den Erlebnissen aus, die uns in der nati.irlichen Einstellung gegeben sind», § 33, p. 67. «Procediamo innanzitutto in modo diret­tamente ostensivo e, poiché l'essere da ostendere non è nient'altro che ciò che viene indica­to per ragioni essenziali come "puri vissuti", "pura coscienza" con i suoi puri "correlati di coscienza" e dall'altra parte con il suo "io puro", a partire dall'io, dalla coscienza, dai vissuti, che ci sono dati nell'atteggiamento naturale.", qui la traduzione, un po' troppo libera, è sta­ta modificata da noi. Per completezza riportiamo anche la traduzione di Alliney: «Facendo tuttavia una anticipazione, osserviamo che l'essere da noi ricercato non è altro se non ciò che per motivi essenziali può venir indicato come "puri Erlebnisse', "pura coscienza" con i suoi "puri correlati" e d'altra parte il suo "puro io", e quindi cominciamo con il considerare l'io, la coscienza, l'Erlebnis quali ci sono dati nell'atteggiamento naturale [ ... ]», p. 69. Nella copia del 1922 Husserl conclude il discorso aggiungendo: .und aus ihr in Reinheit zu schopfen•• (p. 486), <<e quali ad essa vanno attinti nella loro purezza». Inoltre sostituisce a ,,wesentlichen Griinden»: <dn einem besonderen Sinne» (p. 486), «in un senso particolare»; il senso è, naturalmente, quello fenomenologico. Notiamo, inoltre, che nelle edizioni delle Ideen successive alla prima, la prima proposizione del brano citato viene modificata così: «Wir gehen [. .. ] und betrachten»; <<Procediamo [. . .] e facciamo considerazioni•, cfr. le osser­vazioni al testo critico a p. 475 del primo tomo delle Ideen, edizione del 1976.

48 <<lch bin - ich, der wirkliche Mensch, ein reales Objekt wie andere in der natiirlichen Welt. !eh vollziehe cogitationes, "BèwuBtseinsakte" in weiterem und engerem Sinne, und diese Akte sind, als zu diesem menschlichen Subjekte gehorig, Vorkommnisse derselben nati.irlichen Wirklichkeit», § 33, p. 67. «IO, l'uomo reale, sono un oggetto reale, come gli altri del mondo naturale. Compio delle cogitationes, "atti di coscienza" in senso stretto e lato, e questi atti, in quanto appartengono a questo soggetto umano, sono accadimenti della me­desima realtà naturale», p. 69. Nel primo esemplare del 1913, Husserl precisa, subito dopo «!Ch•: .(das psychologische Ich). (p. 486).

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parte integrante di quel mondo naturale che viene messo fra parentesi dall'epochè. La sfera trascendentale dell'essere emerge con chiarezza quando si applichi l' epochè in modo conseguente, ossia togliendo ogni contrassegno di «realtà» a tutto ciò che in qualche modo si dà alla co­scienza; quando cioè anche i vissuti, come realtà psicologiche con i loro eventuali correlati reali, mondani, vengono messi fra parentesi.

Il secondo capitolo della seconda sezione ha lo scopo di mostrare, attraverso un'analisi della vita coscienziale nelle sue linee generali, in che modo si arrivi a scoprire, oltre la coscienza psicologica, la soggettività tra­scendentale. Lo scopo cui Husserl tende è mostrare la sostanziale distin­zione fra la coscienza pura e tutto ciò che in qualche modo è realtà per la coscienza pura, e la fondatività della prima regione d'essere (quella trascendentale) rispetto alla seconda, ossia in definitiva rispetto adogni al­tra. Il metodo usato è quello di presentare la coscienza in generale, nei suoi caratteri essenziali, così com'è nella vita naturale, mostrando come sia possibile purificarla, togliendole tutto ciò che non le èrealmente o in­tenzionalmente immanente. La sua intrinseca intenzionalità, il costitutivo riferirsi a qualcosa della coscienza, è il punto di appoggio che Husserl usa per passare dalla soggettività psicologica a quella trascendentale. È investigando la natura del vissuto intenzionale in senso assoluto che si trova che l'attività coscienziale conserva la sua struttura e una sua com­pletezza anche a prescindere dal suo rivelare un qualsiasi tipo di realtà <<esterna». Non solo: emerge con chiarezza che il <<Vissuto,,, l'<<Erlebnis» intenzionale, gode di una serie di proprietà opposte a quelle che caratte­rizzano gli oggetti appartenenti alle varie sfere <<reali,, mondane in senso amplissimo. Le realtà empiriche <<appaiono» in sistemi di fenomeni, e sono in linea di principio sempre ulteriormente determinabili, mentre i vissuti hanno carattere assoluto, sono ciò che sonoe niente altro, in modo perfettamente determinato; la «realtà, è, almeno in linea di principio, dubitabile (ciò che si crede di percepire può rivelarsi illusione, etc.), mentre dell'essere della coscienza, assoluta e necessaria, non è· pensabile la messa in dubbio. Per comprendere come ciò sia possibile, ci dobbiamo riferire a quei paragrafi in cui Husserl opera la fondamentale distinzione teorica tra le esperienze e ciò che nelle esperienze appare come esperito. A tal fine, Husserl usa l'esempio della percezione di una cosa <<fisica» (come si suole dire), ma ciò ha naturalmente il valore di una esemplarità eidetica: quello che si riscontra come proprietà del vissuto percettivo si trasmette, fatte salve le specifiche differenze, ad ogni tipo di vissuto. L'analisi del fenomeno percettivo mostra che l'unità dell'oggetto casale si

Motl{flcazioll!' dilll'll/rttllltl t•tf.•t11ot /1(', .fi•noii/!'!WioRica 17')

distingue in linea essenziale dalla molteplicità di per-cezioni in cui esso a p pare come identico. Il variare del flusso delle esperienze ad esso corri­spondenti non è, però, casuale, ma determinato in modo sistematico 49

. In altre parole, tutto ciò che viene riscontrato come appartenente alla cosa esperìta (qualità <<primarie», <<Secondarie», etc.) ha un suo corrispettivo nelle serie di adombramenti delle esperienze. Queste ultime sono a loro volta strutturate nella duplicità noetico-noematica: sono articolate in atti e correlati intenzionali di questi. La corrispondenza tra cosa e esperienza in cui la cosa appare, non comporta, però, che ci sia tra esse uniformità ontologica; il fatto che immancabilmente la coscienza, in base ad un siste­ma concordante di vissuti ed alla propria attività noetica, costituisca (in un senso non volitivo, ma naturale, spontaneo) oggettualità perfettamen­te corrispondenti a tali sistemi esperienziali, non può non mettere in luce che la datità delle oggettualità costituite non è originaria ma, per così dire, di secondo grado, indiretta. Husserl nota, a proposito del rapporto della singola percezione di cosa, con l'avvicendarsi delle percezioni in cui questa stessa cosa (l'esempio usato è quello di una tavola) appare, che la percezione è così caratterizzata:

Wiederkehrend ist sie unter keinen Umstanden individuell dieselbe. Nur der Tisch ist derselbe, als identischer bewuiSt im synthetischen BewuiStsein, das die neue Wahrnehmung mit der Erinnerung verkni.ipft. 50

È soltanto nella sintesi unificante della coscienza che l'unità della cosa,

49 .. ]n Wesensnotwendigkeit geh6rt zu einem "allseitigen ", kontinuierlicb einbeitlicb sicb in sicb selbst bestiitigenden ErfahrungsbewujStsein vom se/ben Ding ein vielfiiltiges System von kontinuierlicben Erscbeinungs- und Abscbattungsmannigfaltigkeiten, in denen alle in die Wabrnebmung mit dem Cbarakter der leibbaften Selbstgegebenbeit fallenden gegen­stiindlicben Momente sicb in Bestimmten Kontinuitaten abscbatten •• , § 41, p. 85 . • Per neces­sità essenziale, ad una esperienza, "onnilaterale" e confermantesi unitariamente e conti­nuativamente in se stessa, della medesima cosa appartiene un sistema di molteplici appari­zioni ed adombramenti, in cui, tutti i momenti oggettivi, che si trovano nella percezione con il carattere della datità in carne ed ossa, si adombrano in continuità determinate Ila tradu­zione reca "determinante", ma si tratta evidentemente di un refuso]., p. 88. Nella prima co­pia del 1913 Husserl conclude il discorso con •• darstellen bzw. abschatten. (p. 493), .si rap­presentano o si adombrano •. Nell'esemplare del 1922 aggiunge subito dopo a •in denen., .in cui., la proposizione .wenn sie aktuell gelten. (p. 493), .quando valgono attualmente•, e dopo «gegenstandlichen Momente. (.momenti oggettivi•), «im BewuBtsein der Identitat• (p. 493), .nella coscienza dell'identità •.

50 § 41, p. 84 .• In nessun caso essa è ritornata come individualmente la medesima. Sol­tanto la tavola è la medesima, in quanto consaputa come identica nella coscienza sintetica, che riannoda la nuova percezione con il ricordo., p. 87.

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ossia la cosa come cosa reale, presuntivamente trascendente, si dà. Il suo darsi, il suo essere un oggetto reale per la coscienza, è dunque frutto di un'operazione. Che quest'ultima sia inconsapevole, spontanea, forse addi­rittura necessaria, non modifica la disparità antologica che divide in modo evidente datità originarie, non riportabili a niente altro (le esperienze), da entità che sono, se non altro, conoscibili, soltanto attraverso delle opera­zioni di sintesi compiute dalla coscienza sulla base di quelle datità origina­rie. Non possiamo addentrarci qui nei problemi inerenti a questi rapporti; è sufficiente notare che, in base a tali considerazioni, Husserl teorizza la descrivibilità delle percezioni stesse in quanto si riferiscono alle cose, allu­dono ad esse, senza contenerle affatto nel modo in cui qualcosa contiene qualcos'altro come un suo pezzo, o parte realmente costitutiva 51 . Le per­cezioni hanno così la loro determinatezza: le possiamo cogliere nella loro peculiare distinzione dal percepito come oggetto reale, anche se, per de­scriverle, non possiamo che riferirei al percepito, almeno come presunto. Più esattamente, possiamo dire che per cogliere adeguatamente delle per­cezioni, è necessario riferirei al loro percepito come volta per volta viene inteso nei suoi modi di datità e nelle sue sempre mutevoli caratteristiche descrittive; in altre parole, in quanto correlato intenzionale. Secondo Bus­seri, le percezioni sono, per loro essenza, percezioni di qualcosa (e tale <<qualcosa>> è sempre qualcosa di determinato). Nonostante l'intrinseco ri­mando intenzionale alla cosa, sono le percezioni ciò su cui la coscienza fonda il darsi unitario del percepito, in virtù della propria attività sintetica: esse sono, in questa loro determinatezza, più originarie della cosa perce­pita, che risulta essere, rispetto ai vissuti intenzionali, trascendente, come Husserl sostiene esplicitamente 52

. Le cose, a cui ordinariamente la co-

51 «Wir sehen nun zugleich, was zum reellen Bestande der konkreten intentionalen

Erlebnisse, die da Dingwahrnehmungen heiBen, wirklich und zweifellos geh6rt. Wiihrend das Ding die intentionale Einheit ist, das identisch-einheitlich BewuBte im kontinuierlich geregelten AbfluB der ineinander iibergehenden WahrnehmungsmannigfaltigkeiJen, haben diese selbst immerfort ihren bestimmten deskriptiven Bestand, der wesensmiiftig zugeordnet ist jener Einheit», § 41, p. 85. <<Ora possiamo vedere che cosa appartenga veramente alla consistenza reale delle <concrete> !integrazione nostra] esperienze intenzionali che dicia­mo percezioni [più esattamente: percezioni di cosa ]. Mentre la cosa è l'unità intenzionale, ossia ciò che è consaputo come unitario ed identico nel continuo flusso delle percezioni che passano l'una nell'altra, queste molteplicità percettive hanno pure una loro determina­ta consistenza descrittiva subordinata essenzialmente a quell'unità,, p. 88. 52

Si veda, ad esempio, l'inizio del § 42: ·Aus den durchgefiihrten Ùber!egungen ergab sich die Transzendenz des Dinges gegeniiber seiner Wahrnehmung und in weiterer Folge gegeniiber jedem auf dasselbe beziiglichen BewuBtsein iiberhaupt; nicht bloB in dem

Mod!flun iollf' di 111 'Ili l'ti/l/ti t•tl .. , 'l"" h t • .. ji '1111//ll'llolop,icu 177

scienza si rivolge, sono per principio trascendenti, date sempre in modo presuntivo da percezioni o da altri tipi di adombramenti: il loro essere è, così, relativo. I vissuti intenzionali, invece, accessibili alla coscienza attra­verso un atto di riflessione su ciò che lei stessa, almeno in parte, è, le sono letteralmente immanenti, come è facile vedere data la definizione di atto diretto immanentemente 53. L'oggetto di un atto di riflessione su un vissuto è, per l'appunto, un vissuto, ossia una effettiva componente, un vero e proprio pezzo, di quella corrente di esperienze in cui si compie l'atto di riflessione: la coscienza 54 . Mentre le <<COSe>> (in senso generalissi­mo) sono date necessariamente in <~dombramenth•, <<apparizioni>>, i vissuti sono sempre dati immediatamente per ciò che essi sono, senza la media­zione di un sistema di vissuti <<in cui>> apparire. In altre parole: nel perce­pire (continuando l'esempio) una tavola, la cosa stessa, nella sua spa-

Sinne, daB das Ding faktisch als reelles Bestandstiick des BewuBtseins nicht zu finden ist, vielmehr ist die ganze Sachlage eine eidetisch einsichtige: in scblecbtbin unbedingter Allgemeinheit, bzw. Notwendigkeit kann ein Ding in keiner moglichen Wahrnehmung, in keinem moglichen BewuBtsein iiberhaupt, als ree! immanentes gegeben sein», § 42, pp. 86-87. <<Dalle meditazioni precedenti risulta chiara la trascendenza della cosa dell'esperienza sensoriale rispetto alla percezione, anzi rispetto a qualunque forma di coscienza relativa ad essa, e non soltanto nel senso che la cosa non è reperibile di fatto come elemento realmen­te costitutivo della coscienza. La situazione ha piuttosto carattere eidetico. Diremo dunque che, in maniera [forse meglio: L'intera situazione, piuttosto, è una situazione eideticamente intuitiva: in maniera] incondizionatamente universale e necessaria, una cosa non può esse­re data come realmente immanente in nessuna possibile percezione o altra modalità di co­scienza in generale •• , p. 90.

53 .unter immanent gerichteten Akten, allgemeiner gefaBt, unter immanent bezogenen intentionalen Erlebnissen verstehen wir solche, zu deren Wesen es gehort, daB ihre inten­tionalen Gegenstiinde, wenn sie iiberhaupt existieren, zu demselben Erlebnisstrom gehoren wie sie selbst••, § 38, p. 78. <<Per atti diretti immanentemente, più in generale, per Erlebnisse intenzionali con riferimento immanente, intendiamo quelli i cui oggetti intenzionali, qualo­ra esistano, appartengono alla medesima corrente di coscienza a cui appartengono gli atti stessi», p. 81.

54 Per concludere la questione della disparità ontologica fra i vissuti e ciò che nei vissuti viene inteso, possiamo aggiungere il seguente brano: <<Ein grundwesentlicher Unterschied tritt also hervor zwischen Sein als Erlebnis und Sein als Ding. Prinzipiell gehort es zum regionalen Wesen Erlebnis (speziell zur regionalen Besonderung cogitatio), daB es in immanenter Wahrnehmung wahrnehmbar ist, zum Wesen eines Raumdinglichen aber, daB es das nicht ist», § 42, p. 87 .• si stabilisce così una diversità fondamentale tra l'essere come Erlebnis e l'essere come cosa. All'essenza regionale "Erlebnis" (e singolarmente alla partico­larità regionale "cogitatio"), appartiene, per principio, di essere percepibile in una perce­zione immanente, all'essenza di una cosa spaziale di non esserlo», p. 90. Nel primo esem­plare del 1913 viene ribadito, subito prima della parentesi, ,,subjektivitiit iiberhaupt und subjektives Erleben» (p. 493), <<all'essenza "soggettivo" in generale ed Erleben soggettivo [forse meglio: alla soggettività in assoluto e al vivere soggettivo] •.

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zialità, permanenza temporale, etc., in ogni vissuto in cui appare, appare sempre da un lato, sotto alcune (e non altre) condizioni di chiarezza od oscurità, e così via. Al contrario, i vissuti stessi, che possiamo designare con espressioni del tipo <<il vissuto di vedere la tavola da questo lato, da tale distanza, in queste circostanze, etc.», non appaiono essi stessi <<da un lato», o <<più o meno chiaramente>>: il loro essere non è intenzionale. È certo possibile avere un vissuto in cui qualcosa è dato in modo indistinto, ma il vissuto stesso in cui qualcosa è dato come indistinto, è assolutamen­te evidente: la coscienza che compia riflessione su di sé non può che rico­noscerlo come un suo vissuto dato compiutamente come è in se stesso. Alla regione dei vissuti appartiene un carattere di assolutezza, mentre ciò non vale per nessuna cosa che nei vissuti è consaputa 55 . Inoltre, Husserl

11 Si vedano, ad esempio, questi passi: .,Das Erlebnis stellt sich, sagten wir, nicht dar. Darin liegt, die Erlebniswahrnehmung ist schlichtes Erschauen von etwas, das in der Wahrnehmung als "Absolutes" gegeben (bzw. zu geben) ist und nicht als Identiches von Erscheinungsweisen durch Abschattung,, § 44, p. 92. <<Dicemmo che un Erlebnis non viene rappresentato attraverso adombramenti [le ultime due parole non sono nel testo originale]. Ne consegue che la percezione di un Erlebnis è schietta visione di qualcosa dato (e che può darsi) nella percezione come "assoluto", e non come identico in una serie di adom­bramenti iforse meglio: non come l'identico di modi di apparizione tramite adombramen­to!,, § 44, p. 95, •• wahrend es zum Wesen der Gegebenheit durch Erscheinungen gehort, dal~ keine die Sache als "Absolutes" gibt, statt in einseitiger Darstellung, gehort es zum Wesen der immanenten Gegebenheit, eben ein Absolutes zu geben, das sich gar nicht in Seiten darstellen und abschatten kann. Es ist ja auch evident, daB die abschattenden Empfindungsinhalte selbst, die zum Erlebnis der Dingwahrnehmung ree! gehòren, zwar als Abschattungen fiir anderes fungieren, aber nicht selbst wieder durch Abschattung gegeben sind,,, § 44, p. 93, .. mentre all'essenza del "darsi per apparizioni" conviene che nessuna ap­parizione possa dare la cosa come un assoluto, ma bensì in rappresentazioni unilaterali, conviene invece al "darsi immanente" di offrire un assoluto che non si rappresenta e adom­bra in aspetti vari. È poi evidente che i contenuti adombrati, inerenti realmente alla perce­zione spaziale, hanno sì la funzione di adombramenti in rapporto alla cosa da percepire, ma non sono dati a loro volta per mezzo di altri adombramenti>•, p. 96. Per quanto riguarda il primo passo, notiamo che nella copia del '22 Husserl aggiunge, dopo •• etwas, das,, «in seiner Gegenwart, in jedem Punkte seines Jetzt» (p. 494), "nella sua presenza, in ogni punto del suo "adesso",, dove ciò che ci interessa è la sottolineatura del darsi non relativo, ma nella propria stessa ••presenza,, del vissuto. Inoltre nel primo esemplare Husserl inserisce, prima di «Abschattung, l'aggettivo <<einseitige» (p. 494), •• unilaterale,, ribadendo la natura costitutivamente incompleta dei singoli «adombramenti» e quindi la necessaria non­assolutezza delle realtà che negli adombramenti si manifestano. Il medesimo «Abschattung, nell'esemplare del '22 viene invece sostituito da •• durch gegenwartige Empfindungsdaten als absch .attende> [integrazione del curatore], (p. 494), •• attraverso attuali dati di sensazio­ne in quanto adombranti [trad. nostra] •. Qui Husserl specifica di cosa sono <fatti• gli adombramenti. L'idea, che rimane implicita, sullo sfondo, è quella di distinguere il vissuto intenzionale non solo della cosa adombrata, ma anche, in un altro modo, dai dati sensibili che lo compongono materialmente. Per quanto riguarda il secondo brano, osserviamo che

llfutf(/l< tl;;ful/1' tfj 111'1/ll'llfllt/l'tf .. t'/IUI /le'• ./Ì'IIUII/I'IIflfri,~/Cll ----------· .. ______ -------------- 171)

mntrappone ai vissuti le realtà date in essi, anche per l'accidentalità di queste ultime. L'accidentalit~ì di tutto ciò che viene dato nell'esperienza t.~ di tipo epistemico e consiste nella essenziale mancanza (sia pure ideale) di definitività nella posizione di realtà di ciò che è oggetto per la coscien­za: ogni oggetto può sì, per principio, essere colto in modi sempre nuovi e più determinati ma, viceversa, può anche essere riconosciuto come fitti­zio, illusorio o nullo (non essente) 56. Il flusso dei vissuti è, come ideale caso-limite, tale che ad ogni cosa che in esso appare in un dato momento

' nella copia del '22 Husserl opera su di esso significative aggiunte, tra le quali: dopo .. gi!Jt,, .. und somit undurchstreichbar, vorbehaltloS>> (p. 495), ••e così ineliminabile, senza riserve ltrad. nostra],; dopo •• kann,, •• und so als absolut, selbst undurchstreichbar .erscheint. [inte­wazione del curatore]. (p. 495), «e così, come assoluto, si mostra ineliminabile [trad. Wl­

stra] •. Entrambe le aggiunte manifestano l'intenzione di sottolineare quell'aspetto di riò che è assoluto, per cui quest'ultimo non è «eliminabile», ossia, di fatto, non trascendentalmentc riducibile. Esattamente alla fine del periodo, Husserl aggiunge: •• und daB, wahrend das Sein cles Wahrnehmungsdings als Schein durchstreichbar ist, sie selbst in ihrem absolut Sein unfraglich sind, (p. 495); <<inoltre che, mentre l'essere della cosa percepita [la trad. it. ha "il non-essere", ma è evidentemente un refuso] può essere cancellato, eliminato in quanto ap­parenza, essi sono del tutto indiscutibili nel loro essere assoluto». Il concetto espresso da questo passo è, come è facile vedere, esattamente lo stesso dei due precedenti. Anche la prima copia del 1913 reca svariate annotazioni, quasi tutte però non interessano ciò che stiamo trattando; unica osservazione notevole: tra <<nicht, e "in" Husserl inserisce "prasump­tiv" (p. 495), "in modo presuntivo" (il periodo suonerebbe: << ... che non si rappresenta in modo presuntivo, e adombra ... ». Si sottolinea ancora una volta la mera presuntività degli enti reali, in contrapposizione all'assolutezza e incondizionatezza dei vissuti.

'6

•• Demgegeniiber gehòrt es, wie wir wissen, zum Wesen der Dingwelt, daB keine noch so vollkommene Wahrnehmung in ihrem Bereiche ein Absolutes gibt, und damit hangt wesentlich zusammen, daB jede noch so weitreichende Erfahrung die Mòglichkeit offen laBt, daB das Gegebene, trotz cles bestandigen Bewu!Stseins von seiner leibhaftigen Selbstgegenwart, nicht existiert. Wesensgesetzlich gilt: Dingliche Existenz ist nie eine dure h die Gegebenheit als notwendig geforderte, sondern in gewisser Art immer zujdllige. Das meint: Immer kann es sein, daB der weitere Verlauf der Erfahrung das schon mit erfbrungs­mdjSigem Recht Gesetze preiszugeben nòtigt», § 46, p. 97. <<Al contrario .dei vissuti., inerisce all'essenza del mondo spaziale, come sappiamo, che nessuna percezione, per quanto com­piuta nel suo ambito, possa dare qualcosa di assoluto, cosicché anche l'esperienza più comprensiva lascia sussistere la possibilità che il dato, nonostante la salda coscienza della sua presenza in carne ed ossa, non esista. Resta dunque stabilito per legge essenziale che l'esistenza spaziale non si presenta mai per datità come necessaria, ma sempre in certo modo come accidentale. Ossia: può sempre accadere che il successivo corso dell'esperien­za necessiti l'abbandono di ciò che precedentemente era stato posto sul legittimo fonda­mento dell'esperienza stessa», p. 101. Nella prima copia del '13, Husserl annota a «ist nie•, ••ist in einstimmig verlaufener und noch gegenwartig einstimmig fortstròmender Erfahrung nie» (p. 495), cioè <<in un'esperienza che ha proceduto concordemente e che ancora attual­mente continua a procedere nella concordanza •. Qui si sottolinea che il «duhhio» sull'esi-· stenza spaziale è tale non tanto (e non soltanto) per i casi empiricamente dubhi, ma soprat­tutto proprio per l'evidenza adeguata con cui le cose vengono comunemente a datità.

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!HO No/11'1'/o Nl.\111/11

come certamente dato, essente, può essere successivamente revocata la posizione di esistenza. Possono insorgere esperienze tali da porre il non­essere di ciò di cui si era posto in modo pur fondato, tramite una serie di evidenze concordanti, l'essere. La certezza assoluta di ciò che viene dato nell'esperienza non solo non è garantita, ma è anzi da escludere trascendentalmente: poiché, in linea del tutto generale, l'essere di una <<COSa>> è dato sempre e solo in sistemi di adombramenti, e poiché gli og­getti adombrati non sono mai tali da non poteme porre - si tratti pure di una possibilità remotissima - il non-essere, l'intero mondo che l'esperien­za offre è, per principio, sottoposto alla possibilità del dubbio. Ciò, però, non vale per la sfera dei vissuti: essi, in quanto componenti reali della coscienza, sono insopprimibili 57 . Dubitare- in qualsiasi senso del termine - di un vissuto, considerato non come rivelatore di <<realtà», ma come puro momento del vivere coscienziale, è assurdo. Il tentativo di dubitare di una esperienza presente, intesa come pura esperienza, vanifica se stes­so nel mentre si cerca di attuarlo: in questo senso, i vissuti sono, dal punto di vista epistemico, necessari.

Assolutezza e necessità del vissuto, lo rendono <<posto» in un senso in cui nessuna <<realtà» per la coscienza potrebbe mai essere posta. Delle <<COSe» (generalissimamente parlando) sono pensabili modi sempre diver­si di posizione, dei vissuti è pensabile una sola <<posizione»: quella per

17 .so ist denn in jeder Weise klar, daB alles, was in der Dingwelt fiir mich da ist, prinzipiell nur priisumptive Wirklichkeit ist; daB hingegen Ich selbst, fiir den sie da ist (unter AusschluB dessen, was "von mir" der Dingwelt zurechnet), bzw. daB meine Erle­bnisaktualitat absolute Wirklichkeit ist, durch eine unbedingte, schlechthin unaujhebliche Setzung [corsivo nostro] gegeben •• , § 46, p. 98 .• È dunque chiaro che quanto mi è presente nel mondo spaziale [forse meglio: nel mondo delle cose] ha soltanto una realtà presuntiva; che al contrario io stesso, per cui c'è il mondo (escluso ciò che <<di me• rientra nel mondo spaziale), e il mio attuale Erlebnis sono realtà assoluta, data essenzialmente in una posizio­ne insopprimibile [corsivo nostro],, p. 101. Nella copia del '22 Husserl aggiunge a ,,Qing­welt•, «in der Realitatenwelt iiberhaupt» (p. 496), <<nel mondo della realtà in generale [più esattamente: nel mondo delle realtà cosali in assoluto],, confermando la contrapposizione tra la regione trascendentale ed ogni sfera •reale, (non solo quella <<Spaziale .. , o meglio .cosale.). Inoltre viene ampliata la proposizione fra parentesi in questo modo: <<Unter AusschluB ali der Realitatsauffassungen, richtigen und falschen Meinungen, in denen ich im natiirlichen Leben mir den Sinn Mensch in der realen Welt zuspreche. (p. 496), .escluse tutte le apprensioni della realtà, le opinioni vere o errate, attraverso le quali io, nella vita naturale, mi attribuisco il senso di uomo nel mondo reale». Viene ribadito che l'io che rima­ne per necessità fuori dall' epochè è un io depurato da tutte le determinazioni empiriche, comprese quelle scientifiche (o presunte tali). Non solo l'io trascendentale non è un mero ente fisico, ma non è neppure uno biologico, psicologico-empirico, né .umano. in un qual­siasi senso che, all'interno dell'atteggiamento naturale, viene dato a questo termine.

!Hl Mod(fìunlolll' dilll'llll'll!lltll'tl -•'/"" "''" .Ji·noii/1'1/Ulo~ica ----~---------------------

cui la coscienza, riflellendo su di sé, si trova come presente a se stessa, L'

riconosce i propri vissuti e la corrente in cui trapassano l'uno nell'altro come una regione autonoma e primitiva (nel senso che tutto quanto è realtà si costituisce per essa, cioè in sistemi di vissuti): la regione della coscienza trascendentale. Effettuare l' epochè fenomenologica significa to­gliere la posizionalità (di qualunque tipo essa sia) a ciò che appare all'in­terno della coscienza, per fare emergere un tipo di <<posizionalità» insop­primibile da parte della coscienza: il suo stesso vivere, specialmente (ma non solo) nella sua peculiarità ~i vivere intenzionale. Quell'atto (l'epochè) che a prima vista sembra bloccare ogni attività della coscienza, in realtà libera quest'ultima nella sua purezza, rivelandola come luogo originario di costituzione di ogni realtà, sia pure in modi che sono tutti da chiarire. Applicare I'epochè vuoi dire abbandonare l'ingenuità dell'atteggiamento naturale e porsi nell'atteggiamento fenomenologico, ossia rovesciare il consueto, anche se magari mai auto-esplicitato, modo di intendere la real­tà in generale (comprese la propria coscienza e quelle altrui). Il terzo ca­pitolo della seconda sezione, Die Region des reinen Bewujstseins (La re­gione della coscienza pura), ha principalmente lo scopo di chiarire ed approfondire il concetto che, effettuando l' epochè, <<SO kehrt si c h der gemeine Sinn der Seinsrede um. Das Sein, das ftir uns das Erste ist, ist an sich das Zweite, d.h. es ist, was es ist, nur in "Beziehung" zum ErsteTh> (§ 50, p. 106), (<<Così si rovescia la concezione comune dell'essere. L'essere che per noi è il primo, è in sé il secondo, ossia è quello che è solo "in rapporto" al primo», p. 109). La regione d'essere scoperta con I'epochè è quella originaria; ciò comporta una drastica presa di posizione nei ri­guardi di quella che, nell'atteggiamento naturale, è considerata «realtà»:

Realitat, sowohl Realitat des einzeln genommenen Dinges als auch Realitiit der ganzen Welt, entbehrt wesensmaBig (in unserem strengen Sinne) der Selbstandigkeit. Es ist nicht in sich etwas Absolutes und bindet sich sekundiir an anderes, sondern es ist in Absolutem Sinne, gar nichts, es hat gar kein <<absolutes Wesen», es hat die Wesenheit von etwas, das prinzipiell nur In­tentionales, nur BewuBtes, nur bewuBtseinsmaBig Vorstelliges, Erscheinen­des ist. 58

58 § 50, p. 106. <<La realtà, tanto quella delle cose singolarmente prese, quanto quella del mondo intero, manca essenzialmente (nel nostro senso rigoroso) di autosufficienza. Essa non è in se stessa qualcosa di assoluto e, in secondo luogo, si collega ad altro [forse megl{o: qualcosa di assoluto che si lega secondariamente con altro]; no, essa non è nulla in senso assoluto, non ha alcuna <<essenza assoluta•, ma ha l'essenzialità di qualcosa che per princi-

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lH2 No/lc•r/o Nl.\tlll/i

Nella <<realtà» è naturalmente compresa anche la soggettività psicolo­gica, l'io come, per esempio, individuo umano: non la soggettività em­pirica, ma quella trascendentale è la regione d'essere in cui ogni possibile sfera d'essere trascendente viene a costituirsi 59. Non è- come crede l'uo­mo ingenuo, atteggiato naturalmente - che in primo luogo vi sia il mondo naturale e che lui stesso, come soggetto psicofisico, essere umano, ne sia poi una infinitesima parte. L'esercizio dell'epochè mette in luce che è la soggettività trascendentale il fondamento di ogni possibile naturalità e, in generale, di ogni realtà 60. Si tratta di un mutamento radicale che consiste, per colui che compie l' epochè, il fenomenologo, nello smettere di vivere semplicemente le proprie esperienze e, piuttosto, attraverso la riflessione, nell'apprendere a cogliere consapevolmente le esperienze purificate tra-

pio è soltanto intenzionale, soltanto consaputo, solo ,coscienzialmente. [integrazione no­stra] rappresentato, apparente .. , p. 109. Nell'esemplare del '22 Husserl cambia la fine del paragrafo, continuando così dopo "nur BewuJSteS••: «als in dem reinen !eh motivierte Ak­tualitiit und Potentialitiit ist, bzw. Vorstellbares, in moglichen Erscheinungen zu Verwir­klichendes, (p. 499), «in quanto attualità e potenzialità motivate nell'io puro oppure (for.se meglio: vale a dire] rappresentabile, realizzabile in apparizioni possibili ... Viene così confer­mata la natura relativa, non assoluta, delle «cose .. , sottolineando il riferimento all'«io .. che «motiva .. i sistemi di adombramenti, ossia dà loro il senso che permette di «leggerei• la re­altà cosale, la realtà ordinariamente conosciuta.

59 «Also wird es klar, daJS trotz aller in ihrem Sinne sicherlich wohlbegriindeten Rede von einem realen Sein des menschlichen !cb urtd seiner BewuJStseinserlebnisse in der Welt und von allem, was irgend dazu gehort in Hinsicht auf "psychophysische" Zusammenhiinge - daJS trotz alledem BewuJStsein, in "Reinheit" betrachtet, als ein fiir sich geschlossener Seinszusammenhang zu gelten hat, als ein Zusammenhang absoluten Seins, in den nichts hineindringen und aus dem nichts entschli.ipfen kann .. , § 49, p. 105. <<Viene quindi in chiaro che, nonostante tutti i discorsi, nel loro senso senza dubbio fondati, intorno ad un essere reale dell'io umano e dei suoi Erlebnisse nel mondo e a tutto ciò che rientra nei suoi rap­porti "psicofisici", la coscienza, considerata nella sua "purezza", è un complesso chiuso in se stesso, un nucleo di assoluto essere, in cui niente può penetrare e da cui niente può sfuggi­re., p. 108.

60 <<}etzt leuchtet es ein, daJS in der Tat gegenuber der natilrlichen theoretischen Einstellung, deren Korrelat die Welt ist, eine neue Einstellung moglich sein muJS, welche trotz der Ausschaltung dieser psychophysischen Allnatur etwas ubrig behiilt - das ganze Feld des absoluten BewuJStseins•, § 50, p. 106. <<Si comprende ora come effettivamente, di fronte all'atteggiamento teoretico naturale, il cui correlato è il mondo, debba essere possibi­le un nuovo atteggiamento, che, nonostante l'esclusione dell'intera sfera della natura psico­fisica, ci conserva qualcosa di rimanente- l'intero campo della coscienza assoluta .. , p. 109. Nell'esemplare del '22 Husserl aggiunge prima di «nattirlichen .. , <<erfahrenden und, (p. 499), che il traduttore italiano rende con .sperimentale., alludendo probabilmente ad un atteg­giamento scientifico mirato. A nostro parere, invece, ciò a cui Husserl vuole alludere è il modo per cui in generale l'esperienza è compiuta, semplicemente vissuta (e non proble­matizzata, indagata). Forzando un po' la lingua italiana tradurremmo pertanto con «espe­riente., come contrapposto a .teorettzzante..

Modijicaz/onc• dille'lllrtlllltl t•tf .. t•f1111 h,• .. ji•ntJIIII'IWiogica IH5

scendentalmente 111. Questa sfera d'essere assoluta, raggiunta attraverso la

messa in parentesi sistematica dell'intero blocco di credenze, e in genera­le di atti, in cui la coscienza naturalmente atteggiata semplicemente vive, non è affatto alternativa rispetto alle sfere d'essere scoperte e raggiunte nella vita <<ingenua>>, non-fenomenologica. L'alternativa si dà piuttosto fra due modi di comprendere ciò che viene dato nell'esperienza: uno, inRe­nuo, si limita ad assumere il dato, a conoscerlo e ad operare con od in vista di esso nelle modalità del dato stesso, ossia sempre secondo catego­rie naturali in senso amplissim~ (non quindi necessariamente naturali­stiche); l'altro, critico 62 , problematizza i rapporti fra la coscienza e ciò che

61 Husserl descrive così la situazione che si viene a creare con questo rovesciamento: «Anstatt die zum naturkonstituierenden BewuJStsein gehorigen Akte mit ihren transzen­denten Thesen in naiver Weise zu vollziehen und uns durch die in ihnen liegenden Moti­vationen zu immer neuen transzendenten Thesen bestimmen zu lassen - setzen wir al! diese Thesen "auJSer Aktion", wir machen sie nicht mit; unseren erfassenden und thcore­tisch forschenden Blick richten wir auf das reine Bewufitsein in seinem absoluten Eigensein Also das ist es, was als das gesuchte "phiinomenologische Residuum" ubrig bleibt, ilhrig, trotzdem wir die ganze Welt mit allen Dingen, Lebewesen, Menschen, uns selbst inbegrif­fen, "ausgeschaltet" haben .. , §50, pp. 106-107. «<nvece di compiere in modo ingenuo gli atti costitutivi della natura con le loro tesi trascendenti, e di passare, attraverso le motivazioni in essi immanenti, a sempre nuove tesi trascendenti, mettiamo "fuori azione" tutte queste tesi, non assecondiamole e dirigiamo piuttosto il nostro sguardo afferrante e teoreticamente indagativo sulla coscienza pura nel suo essere assoluto. Questo è ciò che ci rimane come "residuo fenomenologico", e rimane, sebbene abbiamo neutralizzato (for.se meglio: messo in sospeso] il mondo intero, con tutte le cose, gli esseri viventi e gli uomini, compresi noi stes­si>., pp. 109-110. Nell'esemplare del '22 Husserl continua così il discorso dopo <<Akte•: «die wirklichen oder in vorgezeichneter Potentialitiit moglichen und zu verwirklichenden• (p. 499), <<gli atti reali o, secondo una prefigurata potenzialità, possibili e da realizzare,. met­tendo in rilievo così quel fondamentale carattere dell'epochè per cui essa investe, oltre agli atti attualmente compiuti, anche quelli che restano sullo sfondo, sono meramente potenzia­li ma che comunque ineriscono essenzialmente alla tesi dell'atteggiamento naturale. Lo stes­so concetto è ribadito poco sotto; ancora nella copia del '22, Husserl prosegue «Setzen wir ali diese Thesen .. annotando: <<die aktuellen und im voraus die potentiellen. (p. 499), .quel­le attuali e, prima, quelle potenziali •.

62 Come emerge chiaramente dal brano seguente, Husserl concepisce la fenomenologia come l'attività teoretica critica in senso proprio, contrapposta a tutte le altre attività scienti­fiche (dogmatiche): <<Es hat guten Grund, hier des erkenntnistheoretischen Gegensatzes zwischen Dogmatismus und Kritizismus zu gedenken, und alle der Reduktion verfallenden Wissenschaften als dogmatische zu bezeichnen. Denn aus wesentlichen Quellen ist ein­zusehen, daJS die einbezogenen Wissenschaften wirklich gerade diejenigen und alle die­jenigen sind, welche der ''Kritik" bedurfen, und zwar einer Kritik, die sie selbst prinzipiell nicht zu leisten vermogen, und daJS andererseits die Wissenschaft, welche die einzigartige Funktion hat, fur alle anderen und zugleich filr sich selbst die Kritik zu leisten, keiné andere als die Phiinomenologie ist•, § 62, pp. 132-133 .• C'è motivo infatti di pensare alla contrapposizione gnoseologica tra dogmatismo c criticismo, e di definire come dogmatiche

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IHij Nolwrlu N/.111/1/i

le è dato, e scopre il vivere, l'esperire in senso ampio, come regione del­l'essere in cui ogni altra appare e riceve il suo senso. Ciò che è dato al­l'uomo naturale appare ancora al fenomenologo: la differenza tra i due è che quest'ultimo tenta di divenire cosciente di come, secondo quali con­dizioni, le cose possono apparire a lui, fondandosi sulla regione d'essere assoluta e indubitabile della coscienza trascendentale, ossia della propria soggettività, depurata nel modo che abbiamo tentato di chiarire 63 . La re­gione della coscienza trascendentale, così colta attraverso l'epochè, non è però in nessun modo creata o costruita da questa: essa anzi è prima in senso antologico rispetto a ciò che è posto dalla coscienza abitualmente nell'atteggiamento naturale. Il vivere, e specialmente il vivere intenziona­le è, ed è sempre stato, ciò che la coscienza a tutti gli effetti è; anche quando si immerge nella natura, o meglio in generale nel mondo che le esperienze intenzionali le offrono, essa è in se stessa coscienza pura, sol­tanto non autocosciente della propria assolutezza ed incondizionatezza 64 .

tutte le scienze che soggiacciono alla Vorse meglio: che cadono nella] riduzione. Risulta in­fatti da basi essenziali che tali scienze sono quelle che hanno bisogno della "critica" e pre­cisamente di una critica che esse stesse non sono in grado di compiere, mentre la scienza, cui spetta la funzione di esercitare la critica sopra le altre, nonché sopra se stessa, non può essere che la fenomenologia•, p. 134.

r..l «<n der phanomelogischen Einstellung unterbinden wir in prinzipieller Allgemeinheit de n Vollzug aller solcher kogitativen Thesen, d. h. die vollzogenen "klammern wir ein", fiir die neuen Forschungen "machen wir diese Thesen nicht mit"; statt in ihnen zu leben, sie zu vollziehen, vollziehen wir auf sie gerichtete Akte der Reflexion, und wir erfassen sie selbst als das absolute Sein, das sie sind. Wir leben jetzt durchaus in solchen Akten zweiter Stufe, deren Gegebenes das unendliche Feld absoluter Erlebnisse ist - das Grundfeld der l'banomenologie,,, §50, p. 107. ,,Ora, nell'atteggiamento fenomenologico, noi impediamo in universalità di principio il compiersi di tutte queste tesi cogitative, ossia mettiamo in paren­tesi quelle già compiute, mentre non ce ne serviamo nelle nuove ricerche; invece di vivere in esse e di compierle, compiamo piuttosto gli atti della riflessione diretti sopra di esse e afferriamo questi atti come quell'essere assoluto che veramente sono. Ora noi viviamo com­pletamente in questi atti di secondo grado, il cui dato è l'infinito campo delle esperienze assolute, la sfera della fenomenologia., p. 110. Nella copia del '22 Husserl tenta di precis~re meglio il discorso che finisce con <<das sie sind. aggiungendo quanto segue: <<Und mit allem, was in ihnen und von ihrem Eigensein unabtrennbar Vermeintes als solches, z.B. Erfa­hrenes als solches, ist. (p. 499). La traduzione italiana suona: <<C con tutto ciò che, in esse, è inteso intenzionalmente, oppure esperito, inseparabile dal loro proprio essere•, ma ci sembra francamente troppo libera. Proponiamo perciò la seguente <<C con tutto ciò che è in essi, ed è in essi come qualcosa di inteso inseparabilmente dal loro proprio essere, per es. come qualcosa di esperito •. Qui è palese la volontà di suggerire che ciò che appartiene in­tenzionalmente ai vissuti come un loro costitutivo è per essi altrettanto originario dei loro costituenti reali (dati iletici).

64 Ciò viene così esplicitamente teorizzato: .zur Seinsart des Erlebnisses gehort es, daB sich auf jedes wirkliche, als origlnllre Gegenwart lebendige Erlebnis ganz unmittelbar ein

IH'i Mod(/lurzlollt' di l/t 'Il/ l'ti l liri t ·d .. t 1/()Ch(i, j(•nomelw!op,ica ~----~-----------------------------------

L'epochè è lo strumento di una nuova consapevolezza che investe l'io che compie la messa in parentesi fenomenologica: colui che compie l'au­to-riflessione fenomenologica scopre il flusso dei vissuti come autentica, originaria, essenza di sé e come fondamento della realtà, di contro a tutto quanto può avere compreso di sé e del mondo nella sua esistenza natura­le, nella quale egli riguarda se medesimo come uno dei tanti enti apparte­nenti al mondo naturale, che in quel modo di comprensione della realtà gli appare come unica sfera d'essere (sia pure in sé molteplicemente dif­ferenziata) 65 . Viene operato un vero~ proprio rovesciamento ontol ogico nel rapporto fra coscienza (come regione trascendentale) e ogni sorta di «realtà per>> la coscienza. Husserl si spinge addirittura a sostenere la per­sistenza della corrente dei vissuti anche nell'eventualità, remotissima, di

Blick erschauender Wahrnehmung richten kann. Das geschiet in Form der "Reflexion", die das merkwiirdig Eigene hat, daB das in ihr wahrnehmungsmaBig Erfa!Ste sich prinzipiell charakterisiert als etwas, das nicht nur ist und innerhalb des wahrnehmenden Blickes dauert, sondern schon war, ehe dieser Blick sich ihm zuwendete. "Alle Erlebnisse sind bewu!St", das sagt also speziell hinsichtlich der intentionalen Erlebnisse, si e sind nicht nur Bewu!Stsein von etwas und als das nicht nur vorhanden, wenn sie selbst Objekte eines reflektierenden Bewu!Stseins sind, sondern sie sind schon unreflektiert als "Hintergrund" da und somit prinzipiell wahrnehmungsbereit in einem zunachst analogen Sinne, wie unbea­chtete Dinge in unserem au!Seren Blickfelde•, § 45, p. 95. ,,Al modo di essere dell'Erlebnis appartiene questo: che ad ogni Erlebnis reale e vivente come originario presente può diri­gersi immediatamente uno sguardo di percezione veggente. Ciò avviene nella forma della riflessione, che ha questa importante caratteristica: che quanto viene in essa percettiva­mente afferrato si presenta come qualcosa che non soltanto è e perdura nello sguardo percipiente, ma sussisteva già prima di venir percepito. "Tutti gli Erlebnisse sono consaputi" (e questo sia detto specialmente nei riguardi degli Erlebnisse intenzionali); essi come co­scienza di qualcosa non sussistono Vorse meglio: "Tutti gli Erlebnisse sono consaputi": que­sto vuoi dire, specialmente, nei riguardi degli Erlebnisse intenzionali, che essi non sono soltanto coscienza di qualcosa, e, in quanto tali, non sono presenti] soltanto se sono essi stessi oggetto di una coscienza riflettente, ma sussistono Vorse meglio: sono lì] già irriflessi, come "sfondo", e quindi sono pronti alla percezione in un senso analogo, inizialmente, a quello in cui Io sono le cose inosservate <nel nostro campo visivo esterno> [integrazione nostra]., pp. 97-98.

65 Husserl stesso osserva, sul significato delle proprie considerazioni filosofiche: <<Radikale Betrachtungen, derart wie wir sie durchgefilhrt haben, sind also notwendig, um zur Erkenntnis durchzudringen, da!S es so etwas wie das Feld reinen Bewu!Stseins iiberhaupt gibt, ja geben kann, das nicht Bestandstilck der Natur ist; und es so wenig ist, daB Natur nur als eine in ihm durch immanente Zusammenhange motivierte intentionale Einheit moglich ist•, § 51, pp. 107-108. ,,considerazioni radicali, sul tipo di quelle già com­piute, sono dunque necessarie a riconoscere che c'è il campo della coscienza pura, e che essa non è un frammento della natura: che anzi lo è tanto poco che, piuttosto, la natura è possibile solo come unità intenzionale, motivata da nessi immanenti alla coscienza pura., p. 111. Nella copia del '22 Husserl precisa, quasi tautologkamcnll', d!l' tale campo della coscienza pura è <<transzendentaJ, (p. 499).

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1H6 Roher/u Nlsllllli

una distruzione dell'intero mondo «Casale>> 66. Nell'ipotesi-limite di una vera e propria cancellazione di ciò che con l' epochè è invece scollegato dalla posizione di realtà, la coscienza continuerebbe ad essere coscienza - anche se non più coscienza attuale di quel mondo casale di cui è sem­pre stata coscienza. Sarebbe, ad esempio, una coscienza di soli ricordi o fantasticherie, e non più di percezioni, ma pur sempre una coscienza, nella sua interezza ed assolutezza. Vivere sino in fondo tali riflessioni, a nostro parere, non può non avere come conseguenza un profondo muta­mento esistenziale nel fenomenologo. Egli realizza, attraverso l'esercizio dell'epochè, di essere in se stesso un mondo, anzi: il mondo, dato che, a questo stadio della riflessione, non è neppure data la nozione di una molteplicità di mondi, nel senso di una pluralità di coscienze trascenden­tali. Husserl non usa il concetto di «mondO>> per esemplificare la natura della coscienza pura, ma nelle Ideen troviamo brani come il seguente, già in parte citato,

Also wird es klar [ ... ] da!S trotz alledem Bewu!Stsein, in "Reinheit" betra­chtet, als ein jilr sich geschlossener Seinszusammenhang zu gelten hat, als ein Zusammenhang absoluten Seins, in den nichts hineindringen und aus dem nichts entsch!Upfen kann; der kein raumlich-zeitliches Drau!Sen hat und in keinem raumlichtzeilichen Zusammenhange darinnen sein kann, 67

che, unitamente a quanto già notato, ci paiono rendere giustificato chia­mare «mondO>> la regione della coscienza pura. Esercitando l' epochè, il modo di considerare se stessi, il rapporto fra sé e il mondo materiale, fra sé e quelli che sono sempre stati considerati, nell'atteggiamento naturale,

1'6 «Nehmen wir nun die Ergebnisse hinzu, die wir am Schlusse des letzten Kapitels gewonnen haben [il capitolo BewujStsein und naturliche Wirklicbkeit, Coscienza e realtà llaturale], denken wir also an die im Wesen jeder dinglichen Transzendenz liegende M6-glichkeit des Nichtseins: dann leuchtet es ein, daft das Sein des Bewufttseif!S, jedes Erlehnisstromes i.iberhaupt, durch eine Vernichtung der Dingwelt zwar notwendig modi­.fiziert, aber in seiner eigenen Existenz nicbt berilhrt wiirde,,, § 49, p. 104. «Se prendiamo Ì>ra i risultati raggiunti alla fine del capitolo precedente, se pensiamo cioè alla possibilità del non essere, giacente nell'essenza di ogni trascendenza fisica, ci appare evidentissimo che l'essere della coscienza, di ogni corrente di Erlebnisse in generale, verrebbe sì modifica­lo necessariamente da un annientamento del mondo delle cose, ma non ne sarebbe toccato nella sua propria esistenza,, p. 107.

67 § 49, p. 105. ·<Viene quindi in chiaro che l ... ] la coscienza, considerata nella sua «pu­rezza., è un complesso chiuso in se stesso, un nudeo di assoluto essere, in cui niente può penetrare e da cui niente può sfugl(ifl'i c rhc non ha alcun "fuori" spazio-temporale né può inserirsi in alcuna connessione spazlo-tcmporall··, p. 10H.

Mud(jicaziulll' di llt'lllmllltl t•tl •t'/"" ht• .. .fi'IIUIII<'Iwlu~ica IH7 -....... -----------

gli <<altri>>, subiscono un mutamento radicale: la comprensione di tutto ci<'> deve ripartire dalle basi assolute e indubitabili della coscienza trascen­dentale. L'epochè, in quanto condizione di possibilità del passaggio dal modo di essere naturale, cioè dall'esperire il mondo in modo ingenuo, all'atteggiamento fenomenologico, dunque allo scoprire il flusso coscien­ziale come assoluta, originaria sfera d'essere, è un atto assolutamente unico. È vero che la sua possibilità di principio risiede in una delle fonne di modificazione dei contenuti che sono propri alla coscienza, la modifi­cazione di neutralità, ma non è~ di quest'ultima, soltanto uno dei tanti esempi (come può essere la neutralizzazione di un oggetto-immagine). Togliere la posizionalità è una forma di atto che, Husserl ci tiene a mo­strarlo con l'esempio della contemplazione del quadro, fa parte delle atti­vità comuni della coscienza. Ma quest'atto, una volta innalzato alla di­mensione trascendentale, non è più un atto «normale>> della coscienza, non può essere pacificamente assimilato ad altri tipi di modificazioni di neutralità: diventa lo strumento per il radicale rivolgimento conoscitivo c, in generale, esistenziale, che è il passaggio all'atteggiamento fenomenolo­gico. È per questo che Husserl non si sente di usare lo stesso termine per designare la normale neutralizzazione e l' epochè, nonostante la <<Stretta parentela>> dei due atti: mentre la prima è, sia pure in modo inconsapevo­le, presente anche in una coscienza che non abbia effettuato il <<Salto>> fenomenologico, la seconda è lo strumento attraverso cui si effettua que­sto atto di risveglio, la svolta grazie a cui la coscienza può fare chiarezza su di sé e sui suoi rapporti col mondo.