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Roberto Esposito, Communitas. Origine e destino della comunità. HANDOUT Introduzione, La Paura 1. «I soggetti della comunità sono uniti da un ‘dovere’ nel senso in cui si dice ‘ti devo qualcosa’ ma non ‘mi devi qualcosa’ (R.Esposito, Communitas, Introduzione, xiii) ». 2. «Gli individui moderni divengono davvero tali – e cioè perfettamente individui, individui ‘assoluti’, circondati da un confine che al tempo li isola e li protegge – solo se preventivamente liberati dal ‘debito’ che li vincola l’un l’altro. Se esenti, esonerati, dispensati da quel contatto che minaccia la loro identità esponendoli al possibile conflitto con il loro vicino. Al contagio della relazione.[…] Colui che prima e con maggiore radicalità di altri ha portato questa logica alle sue estreme conseguenze teoriche è stato Hobbes (R.Esposito, Communitas, Introduzione, xxi) ». 3. «L’immune non è semplicemente diverso dal ‘comune’, ma il suo opposto – ciò che lo svuota fino all’estinzione completa non solo dei suoi effetti, ma del suo medesimo presupposto (R.Esposito, Communitas, Introduzione, xx) ». 4. «Quando un uomo trasferisce il proprio diritto sulla base della considerazione di un reciproco beneficio, questa non è una libera donazione, ma una donazione mutua; ed è chiamata c o n t r a t t o (Hobbes, Elements of Law and Politics, Cap. XV, Il diritto di natura e il contratto) ». 5. «Lo stato moderno non solo non elimina la paura da cui originariamente si genera, ma si fonda precisamente su di essa fino a farne il motore e la garanzia del proprio funzionamento (R.Esposito, Communitas, La paura, p.9) ». 6. «Superare continuamente quelli davanti è felicità. E abbandonare la pista è morire […] gli uomini sono soliti correre in folla allo spettacolo della morte e del pericolo degli altri (Hobbes, Elements of Law and Politics) ».

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Roberto Esposito, Communitas. Origine e destino della comunità. HANDOUT Introduzione, La Paura 1. «I soggetti della comunità sono uniti da un ‘dovere’ nel senso in cui si dice ‘ti devo qualcosa’ ma non ‘mi devi qualcosa’ (R.Esposito, Communitas, Introduzione, xiii) ». 2. «Gli individui moderni divengono davvero tali – e cioè perfettamente individui, individui ‘assoluti’, circondati da un confine che al tempo li isola e li protegge – solo se preventivamente liberati dal ‘debito’ che li vincola l’un l’altro. Se esenti, esonerati, dispensati da quel contatto che minaccia la loro identità esponendoli al possibile conflitto con il loro vicino. Al contagio della relazione.[…] Colui che prima e con maggiore radicalità di altri ha portato questa logica alle sue estreme conseguenze teoriche è stato Hobbes (R.Esposito, Communitas, Introduzione, xxi) ». 3. «L’immune non è semplicemente diverso dal ‘comune’, ma il suo opposto – ciò che lo svuota fino all’estinzione completa non solo dei suoi effetti, ma del suo medesimo presupposto (R.Esposito, Communitas, Introduzione, xx) ». 4. «Quando un uomo trasferisce il proprio diritto sulla base della considerazione di un reciproco beneficio, questa non è una libera donazione, ma una donazione mutua; ed è chiamata c o n t r a t t o (Hobbes, Elements of Law and Politics, Cap. XV, Il diritto di natura e il contratto) ». 5. «Lo stato moderno non solo non elimina la paura da cui originariamente si genera, ma si fonda precisamente su di essa fino a farne il motore e la garanzia del proprio funzionamento (R.Esposito, Communitas, La paura, p.9) ». 6. «Superare continuamente quelli davanti è felicità. E abbandonare la pista è morire […] gli uomini sono soliti correre in folla allo spettacolo della morte e del pericolo degli altri (Hobbes, Elements of Law and Politics) ».

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La Colpa, Rousseau 1. «Se la “colpa” non è mai stata commessa da alcuno; se non è altro che il criterio trascendentale della negatività della storia e anzi della storia in quanto negatività: ebbene ciò significa che essa non è risarcibile attraverso nessun sacrificio. E non lo è per la ragione semplicissima che il sacrificio non fa che ripetere – e dunque moltiplicare all'ennesima potenza – la colpa che dovrebbe riparare (Communitas. Origine e destino della comunità, p.30)».

2. «Non solo, dunque, la “civiltà” non cancella questo stato di cose, ma è essa stessa a produrlo attraverso gli slittamenti successivi della dialettica sacrificale: dagli istinti alle istituzioni, dalla paura alla soggezione, dalla servitù imposta a quella volontaria (Communitas. Origine e destino della comunità, p.31)». 3. «È la pointe del ragionamento di Rousseau. Né l'origine cruenta hobbesiana né tutte quelle pacifiche, immaginate dai filosofi sono la vera Origine per il fatto stesso che le danno un nome, un titolo, una definizione positiva. Da questo punto di vista, che tale denominazione sia di pace o di guerra, di accordo o di contrasto, cambia poco: in ogni caso si parte dagli uomini e non dall'Uomo, dal fatto e non dal diritto, dalla storia e non dalla logica. Perché ciò non accada bisogna restare al puro negativo: stato di natura è null'altro che non-società, non-Stato, non-storia. [...] L'innocenza in quanto tale non è tematizzabile che a partire dall'angolo di visuale aperto della sua perdita: dalla colpa che la perverte e la deforma (Communitas. Origine e destino della comunità, p.34)». 4. «Ma non può evitare, essa, stessa di cadere in un'altra forma di aporia: quella di cercare l'unica modalità di comunità 'positiva' proprio in quello stato, precedente e alternativo alla società, che vede gli uomini naturalmente isolati gli uni dagli altri. La comunità è resa paradossalmente possibile solo dalla mancanza di relazione tra i suoi membri (Communitas. Origine e destino della comunità, p.35)».

5. «L'opera di Rousseau costituisce la prima rivendicazione della comunità come la nostra medesima verità nonostante, e dentro, la contraddizione che la sottrae a se stessa. Per quanto impossibile, la comunità ci è necessaria, è il nostro munus, nel senso preciso che ne portiamo fino in fondo la responsabilità (Communitas. Origine e destino della comunità, p.39)».

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La legge: Kant 1. «E' la legge – non la volontà – all'origine della comunità, tanto che si potrebbe arrivare a dire che la comunità fa tutt'uno con la legge: della comunità, nel doppio senso del genitivo. [...] La legge è l'ordine delle cose nel senso che è il nexus, il logos, la Urform, che le tiene insieme».

(Communitas. Origine e destino della comunità, p.57) 2. «Tale duplicazione differenziale serve a Kant per rendere compatibile il principio della naturalità del male con quello della assoluta libertà. Essi sono compossibili perchè sono cooriginari. E' vero che il male, essendo innato, sta prima dell'atto che lo pone in essere. Però tale preesistenza va interpretata secondo un criterio razionale ma non anche temporale. Per non entrare in contraddizione col principio di libertà [...] è necessario pensare anche il principio del male, anzichè come un impulso naturale determinante, come una massima, in questo caso cattiva, che il libero arbitrio dà a se stesso».

(Communitas. Origine e destino della comunità, p.60) 3. «Non conta che l'uomo abbia adottato una buona intenzione e che perserveri in essa per tutta la vita, perchè ciò non toglie che egli abbia cominciato col male e questo è un debito che non potrà estinguere mai».

(I. Kant, La religione nei limiti della semplice ragione)

4. «Questo è l'oggetto stesso della legge della comunità: esso – questo Niente-in-comune – non può essere annientato [...]. Ma non può essere neanche realizzato [...], perchè l'unico modo di realizzare la mancanza è quello di mantenerla tale. La Cosa è inseparabile dal Niente. Questo dice la Legge – della comunità: che il limite non può essere cancellato, ma nemmeno varcato».

(Communitas. Origine e destino della comunità, p.72)

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L'estasi: Heidegger 1. «Ma [...] bisogna guardarsi dall'assolutizzare, o entificare, sia pure in maniera trascendentale, la stessa legge. Ciò significa che, pur precedendo il soggetto, la legge etica è a sua volta preceduta da qualcos'altro: da un'altra legge che è precisamente un fuori-la-legge nella misura in cui appunto la pone in essere. E' questo che Heidegger intende quando scrive che l' “etica originaria” è sempre ontologia».

(Communitas. Origine e destino della comunità, p.86)

2. «Ora anche in Heidegger la comunità non è realizzabile di fatto [...]. Ma non perchè sia un bersaglio irraggiungibile: bensì semplicemente perchè già 'si dà' prima ancora che possiamo porcene l'obiettivo. Ciò vuol dire che essa non è destinazione, e neanche, precisamente, presupposto – l'archeologia cade insieme alla teleologia».

(Communitas. Origine e destino della comunità, p.87)

3. «L'altro non può essere avvicinato, assorbito, incorporato dall'uno – o viceversa – perchè è già con l'uno visto che non c'è l'uno senza l'altro. In questo senso non può neanche dirsi un 'noi' che non sia sempre un 'noi-altri'. Questo significa per Heidegger partire non dal 'me' o dal 'non me', ma dal cum: che noi siamo insieme agli altri non come punti che ad un certo momento si aggregano, e neanche nel modo di un insieme suddiviso, ma in quello di essere da sempre gli-uni-con-gli-altri e gli-uni-degli-altri».

(Communitas. Origine e destino della comunità, p.92)

4. «La risposta di Heidegger è che l'unico modo non invasivo, o sostitutivo, nei confronti dell'altro, di farlo [“aiutare” gli altri] è quello di decidere di “lasciarlo essere” nella sua alterità da se stesso – e cioè nella sua autentica inautenticità, o improprietà più propria. [...] Ciò vuol dire che non c'è un modo positivo, affermativo, 'politico' – o 'etico' – di rapportarsi agli altri che non sia quello di co-aprirli, co-aprendosi, alla comune responsabilità per la propria [...] cura».

(Communitas. Origine e destino della comunità, p.97-96)

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L'Esperienza, Bataille 1. «La comunità non è proprio ciò che destituisce di senso la filosofia come disciplina eccedendone ogni capacità 'comprensiva'? Su questo punto – e nonostante la scarsa conoscenza di Heidegger – Bataille non s'inganna: la distanza tra una qualsiasi disciplina filosofica e il non savoir sta esattamente nel fatto che mentre la prima tende inevitabilmente ad escludere la comunità, o al contrario a ridurla a una sua parte, il secondo coincide in tutto e per tutto con essa [...]. Esso [il non savoir] non è produzione, o attribuzione, di senso: ma la sua esposizione a ciò che lo contesta e lo nega. Mentre il sapere tende a ricucire qualsiasi strappo, il non-sapere consiste nel tenere aperta l'apertura che già siamo».

(Communitas. Origine e destino della comunità, pp. 122, 123)

2. «Ma all'alterità dell'oggetto si aggiunge – e compenetra in un crescendo di passione comuniale – quella dell'altro soggetto. Non c'è soggetto senza un altro, dal momento che “se non comunica più, un essere isolato intristisce deperisce e sente (oscuramente) che da solo, non esiste”. Il passo delinea con sufficiente aderenza i contorni della concezione batagliana della comunità».

(Communitas. Origine e destino della comunità, p.124)

3. «Se in questo il cum è lo stampo originario che definisce fin dall'inizio la nostra condizione, per Bataille costituisce la zona-limite di cui non si può fare esperienza senza perdersi. Perciò in esso non si può 'stare' che per quei brevi istanti – il riso, il sesso, il sangue – in cui la nostra esistenza tocca insieme il suo apice e il suo precipizio».

(Communitas. Origine e destino della comunità, p.126)

4. «Perché ci sia comunità, non è sufficiente che l'io si perda nell'altro. Se bastasse questa sola 'alterazione', il risultato sarebbe un raddoppiamento dell'altro prodotto dall'assorbimento dell'io. Mentre invece occorre che la fuoriuscita dell'io si determini contemporaneamente anche nell'altro mediante un contagio metonimico che si comunica a tutti i membri della comunità e alla comunità nel suo insieme».

(Communitas. Origine e destino della comunità, p.127)

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5. «Se Hobbes è stato fin dall'inizio indicato come il più conseguente sostenitore di un'immunizzazione volta a garantire la sopravvivenza individuale; se a questo fine – in nome della paura della morte – egli non ha esitato a teorizzare la distruzione non solo di ogni comunità esistente non coincidente con lo Stato, ma dell'idea stessa di comunità umana; ebbene Bataille ne costituisce il più drastico oppositore: contro l'ossessione di una conservatio vitae spinta al punto di sacrificare ogni altro bene al proprio conseguimento, egli riconosce il culmine della vita in un eccesso che la conduce continuamente a ridosso della linea della morte. [...] Contro la rinuncia preventiva a qualsiasi contatto con l'altro che possa minacciare la compattezza dell'individuo, cerca la comunità in un contagio provocato dalla rottura dei confini individuali dalla infezione reciproca delle ferite».

(Communitas. Origine e destino della comunità, pp. 128, 129)