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IPERTESTO 1 IPERTESTO B Arte e propaganda tra rivoluzione e stalinismo F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010 Avanguardia e rivoluzione Nel decennio 1910-1917, numerosi artisti russi aderirono o diedero vita a varie forme di avanguardia, che in comune avevano in primo luogo il rifiuto del realismo figurativo (in pittura) e delle forme metriche tradizionali (in poesia). Al di là delle molteplici differen- ze e divergenze, essi rifiutavano il passato ed erano ansiosi di ricostruire tutto da capo: non solo l’arte, ma anche le strutture sociali, i valori morali e le gerarchie consolidate. Pertanto, subito dopo la vittoria della rivoluzione, vari poeti e pittori si misero immediatamente a disposizione del governo, a cominciare da Vladimir Majakovskij, capo riconosciuto del futurismo russo, e furono collocati a guida delle istituzioni culturali più importanti, sia a livello centrale che in periferia. Ben presto, però, emersero i primi contrasti fra gli artisti più politicizzati e quelli che, pur guardando con simpatia al nuovo governo, volevano sviluppare in modo autono- mo il proprio lavoro artistico. Si pensi, ad esempio, a Marc Chagall, che aveva respin- to il realismo riempiendo le sue tele di animali colorati e di figure leggere, che si libravano nell’aria, oppure a Vassilij Kandinskij, con la sua arte astratta e geometrica. Nel giro di pochi anni, entrambi furono destituiti dai ruoli prestigiosi che erano stati loro affida- ti, rispettivamente a Vitebsk (città natale di Chagall) e a Mosca. Il problema stava nel fatto che, nella nascente Russia sovietica, governo e artisti più intransigenti erano con- vinti che l’arte dovesse essere rigidamente subordinata alle necessità politiche e ideo- logiche del partito-Stato, cioè trasformarsi in un efficace strumento di educazione del- le masse e costruzione del consenso intorno alla rivoluzione e ai suoi obiettivi. Nei primi anni dopo la conquista del potere, i mezzi più usati furono il treno e il mani- festo. I due oggetti erano strettamente connessi, visto che i cosiddetti treni d’agitazione erano vistosamente decorati ed erano dei veri poster in movimento. Tramite la ferrovia, i Arte e propaganda tra rivoluzione e stalinismo Uno dei cosiddetti treni di agitazione di cui si servivano i bolscevichi per propagandare in tutto il Paese i messaggi della rivoluzione d’ottobre. Treni e manifesti CULTURA, CIVILTÀ E RELIGIOSITÀ

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Avanguardia e rivoluzioneNel decennio 1910-1917, numerosi artisti russi aderirono o diedero vita a varie forme diavanguardia, che in comune avevano in primo luogo il rifiuto del realismo figurativo (inpittura) e delle forme metriche tradizionali (in poesia). Al di là delle molteplici differen-ze e divergenze, essi rifiutavano il passato ed erano ansiosi di ricostruire tutto da capo: nonsolo l’arte, ma anche le strutture sociali, i valori morali e le gerarchie consolidate. Pertanto,subito dopo la vittoria della rivoluzione, vari poeti e pittori si misero immediatamente adisposizione del governo, a cominciare da Vladimir Majakovskij, capo riconosciuto delfuturismo russo, e furono collocati a guida delle istituzioni culturali più importanti, siaa livello centrale che in periferia.Ben presto, però, emersero i primi contrasti fra gli artisti più politicizzati e quelli che,pur guardando con simpatia al nuovo governo, volevano sviluppare in modo autono-mo il proprio lavoro artistico. Si pensi, ad esempio, a Marc Chagall, che aveva respin-to il realismo riempiendo le sue tele di animali colorati e di figure leggere, che si libravanonell’aria, oppure a Vassilij Kandinskij, con la sua arte astratta e geometrica. Nel giro dipochi anni, entrambi furono destituiti dai ruoli prestigiosi che erano stati loro affida-ti, rispettivamente a Vitebsk (città natale di Chagall) e a Mosca. Il problema stava nelfatto che, nella nascente Russia sovietica, governo e artisti più intransigenti erano con-vinti che l’arte dovesse essere rigidamente subordinata alle necessità politiche e ideo-logiche del partito-Stato, cioè trasformarsi in un efficace strumento di educazione del-le masse e costruzione del consenso intorno alla rivoluzione e ai suoi obiettivi.Nei primi anni dopo la conquista del potere, i mezzi più usati furono il treno e il mani-festo. I due oggetti erano strettamente connessi, visto che i cosiddetti treni d’agitazioneerano vistosamente decorati ed erano dei veri poster in movimento. Tramite la ferrovia, i

Arte e propaganda trarivoluzione e stalinismo

Uno dei cosiddetti trenidi agitazionedi cui si servivanoi bolscevichi perpropagandare in tuttoil Paese i messaggi dellarivoluzione d’ottobre.

➔Treni e manifesti

CULTURA,CIVILTÀ

E RELIGIOSITÀ

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bolscevichi cercavano di raggiungere gli angoli più sperduti del Paese, di far arrivare ovun-que il messaggio del nuovo governo e di presentarsi come portatori di progresso e di mo-dernizzazione.Gli artisti futuristi erano convinti che le masse fossero perfettamente in grado di comprendereil linguaggio e gli strumenti espressivi dell’avanguardia. l’esempio più famoso di questotipo di arte – a un tempo sperimentale, politicamente schierata e comprensibile nel suomessaggio di fondo – fu Batti il bianco con il cuneo rosso!, un manifesto di propaganda ela-borato da el lissitzky nel 1919, al tempo della guerra civile. Al centro dell’immagine, unenorme triangolo rosso penetrava in un cerchio bianco, a segnalare che gli eserciti comunistiavrebbero sconfitto quelli controrivoluzionari.Non sempre, tuttavia, il messaggio era altrettanto facile da cogliere; si pensi, ad esempio, almonumento dedicato alla Terza Internazionale, dello scultore Vladimir Tatlin: progettatonel 1919-1920, consisteva solo in un’ampia struttura a forma di spirale, che si innalzava ver-so l’alto. Ben presto, si cominciò a criticare queste opere, definendole spaventapasseri futu-risti, e si smise di sostenerle finanziariamente. Intuendo l’inizio imminente di un nuovo cor-

DOCUMENT IIl poema Lenin, di Vladimir MajakovskijMajakovskij compose il lungo poema Lenin nel 1924. Il poeta fece un notevole sforzo per coniugare

innovazione stilistica e capacità di essere compreso dalle masse. L’accusa che sempre più spesso leautorità sovietiche muovevano agli artisti d’avanguardia era di essere privi di legami con il proletaria-to e quindi, in un’ultima analisi, di fare poesia o pittura solo per se stessi. Sempre più isolato e deluso,Majakovskij infine si suicidò il 14 aprile 1930. Per ragioni di spazio, del poema riportiamo solo pochibrevi frammenti, a titolo esemplificativo.

Scriverò un giorno Quando iotante cose traggo le somme

e tante, di ciò che ho vissutoma non è tempo e frugo nei giorni

di amorose il momento più nitido,chiacchiere. sempre ricordo

La mia lo stesso minuto:forza poetica il venticinque,

squillante l’inizio. […]tutta la dono a te, «A tutti!

classe all’attacco. A tutti!Proletario A tutti i reietti,

è parola goffa e angusta Ai frontiper quelli di sangue ubriachi,

ai quali agli schiaviil comunismo è trappola. di ogni genere,

Per noi ai poverial contrario dai ricchi conculcati:

è una possente musica, Il potere ai Sovieti!che può Ai contadini la terra!

svegliare i morti Ai popoli la pace!per combattere. Il pane agli affamati! […]

Sia pace alle capanne,ed ai palazzi guerra,

guerra,guerra!»

V. MAjAKoVSKIj, Vita, poetica, opere scelte, Il Sole 24 ore, Milano 2008,pp. 423, 507, 513-517, trad. it. A.M. RIPellINo

�Dal punto di vista stilistico, quale effetto ha ottenuto il poeta, per mezzo della sua rivoluzione graficad’avanguardia?

�Lo sperimentalismo stilistico e linguistico, in questo caso, non è portato all’eccesso. Per qualemotivo, a vostro giudizio, il poeta si è posto dei limiti?

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➔Astrattismo

Lo scrittore russoVladimir Majakovski.

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so, fin dal 1922, un gruppo di pittori tradizionalisti si fece avanti con un programma al-ternativo preciso: «Dobbiamo proporre con la nostra pittura fatti reali e non costruzioni astrat-te che screditano la nostra rivoluzione agli occhi della classe operaia». l’ultima mostra d’ar-te sperimentale si tenne nel 1923; da quel momento, accusata sempre più spesso di esserepiccolo-borghese, e privata del sostegno economico statale, l’avanguardia russa iniziò rapidamentea declinare e infine si spense. Al suo posto, trionfò di nuovo la tradizione realista, ritenutapiù idonea a trasmettere la propaganda del partito.

Culto di Lenin e mito di StalinSubito dopo la morte, avvenuta il 21 gennaio 1924, lenin fu oggetto di un vero e proprioculto, consapevolmente contrapposto alla religione ortodossa, che soprattutto nelle campagneera ancora molto viva, malgrado gli sforzi compiuti dal regime per estirpare la fede tradi-zionale. Il corpo del capo bolscevico fu imbalsamato ed esposto alla contemplazionedei cittadini sovietici, come se fosse la reliquia di un santo. In un secondo tempo, vennecostruito nella Piazza Rossa, davanti al Cremino, unmausoleo a forma di cubo, nel quale la salma mum-mificata fu collocata, e che fu per vari decenni metadi pellegrinaggio da parte di singoli e di comitive.Di lenin, poi, si celebravano l’aspetto fisico (la fron-te alta, simbolo di intelligenza), la modestia e la so-brietà di vita, e soprattutto le incomparabili doti uma-ne e morali, tralasciando ovviamente la disponibi-lità all’assassinio su grande scala e la furia da cui erapervaso, quando si scagliava contro i propri avver-sari o contro chi, semplicemente, aveva opinioni di-verse dalle sue. lo slogan di maggior successo fu quel-lo che insisteva su un punto centrale: Lenin, in realtà,non era morto, perché il suo spirito viveva ancorae la sua opera veniva proseguita dai nuovi dirigen-ti del partito e dello Stato.Questa insistenza sull’immortalità di lenin fu am-piamente sfruttata, a partire dalla fine degli anniVenti, da Stalin. Nella mitologia che ben prestocomparve intorno alla figura del potente successoredi lenin, si amava ricordare che egli avrebbecompiuto un vero giuramento al cospetto del lea-der rivoluzionario: proseguire l’opera del fondatore,là dove lui era stato costretto a interromperla. Sta-lin, insomma, cercò sempre di presentare la sua po-litica non come una propria originale creazione, ben-sì come la fedele prosecuzione della linea leninista.Tuttavia, nel corso degli anni Trenta, il numero deiritratti e delle statue di Lenin diminuì, a tutto van-taggio di quelli in cui Stalin appariva da solo o in-sieme al leader bolscevico. Al contrario, tutti queicompagni e collaboratori di lenin che erano caduti in disgrazia, o addirittura erano sta-ti processati e uccisi, scomparvero dalle fotografie e dalle ricostruzioni ufficiali della ri-voluzione. Trockij, in particolare, grazie alla tecnica del fotomontaggio, fu cancellato dal-le immagini che lo ritraevano vicino a lenin nell’ottobre 1917. A livello ideologico, l’o-perazione trovò infine il proprio compimento nel 1938, allorché fu pubblicato l’ufficia-le volume Storia del Partito Comunista dell’Unione Sovietica: un breve corso, scritto da Sta-lin in persona. Come ha scritto l’intellettuale dissidente polacco leszek Kolakowski, «le-nin è sempre presentato all’avanguardia della storia e Stalin immediatamente dietro di lui.Pochi individui di secondo o terzo piano, che furono così fortunati da morire prima del-

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Manifestopropagandisticoin cui Lenin indicala via da seguire aStalin. Quest’ultimocercò sempre diaccreditarsi comeil naturalecontinuatore del“padre” dellarivoluzione d’ottobre.

➔Un nuovo realismo

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le grandi purghe, sono menzionati brevemente in punti appropriati della storia. Quan-to ai leaders che veramente aiutarono lenin a creare il partito, ad attuare la Rivoluzionee a fondare lo stato sovietico, o non se ne parla affatto, oppure sono presentati come de-gli infidi traditori e sabotatori che si infiltrarono nel partito e vi condussero tutta una car-riera di sabotaggi e di cospirazioni. Al contrario Stalin fu fin dal principio un leader in-fallibile, il miglior allievo di lenin, il suo aiutante più fedele e il suo più intimo amico».In molte occasioni, i cittadini sovietici compresero da soli quanto occorreva fare. Sono nu-merose, infatti, le testimonianze di fotografie o di altre immagini alterate da persone comuni,che cancellavano o coprivano con macchie di inchiostro figure diventate scomode e peri-colose. In certi casi, può essere stata la paura, a indurre simili comportamenti; altre volte,invece, essi sono l’evidente segno di un’interiorizzazione del messaggio propagandato.

Il Paese più felice del mondoMan mano che la rivoluzione dall’alto staliniana trasformava l’economia e la società so-vietica, la propaganda di regime fu mobilitata per celebrare i successi del regime e nascondernei drammi. la collettivizzazione delle campagne fu accompagnata non solo da una mar-tellante campagna ostile nei confronti dei kulaki, ma anche da un’invasione di manifestiche raffiguravano contadini gioiosi e festanti, che esortavano a entrare nei kolchoz. Al cen-tro della scena, troviamo spesso un trattore, simbolo di quella modernizzazione e di quel-la efficienza che, invece, mancava clamorosamente alle fattorie collettive. Un altro frequentesimbolo della modernizzazione nelle campagne era una giovane figura femminile, che cam-peggiava al centro dell’immagine e che recava sul capo un fazzoletto rosso. Dettaglio im-portante, mentre nel costume contadino tipico della tradizione russa il fazzoletto era al-lacciato sotto al mento, il collo della giovane comunista che faceva propaganda per il kol-choz era libero, in quanto il copricapo era allacciato sulla nuca, secondo una modalità deltutto inedita, simbolo – appunto – della nuova esistenza che (secondo le affermazioni delregime) sarebbe di lì a poco iniziata per la classe contadina.la propaganda sovietica celebrò apertamente anche il canale del Mar Bianco-Mar Baltico.Il ruolo di regista dell’operazione fu assegnato a Maksim Gor´kij, che nell’estate del 1933guidò un gruppo di scrittori a visitare il canale. Insieme, questi intellettuali stesero poiun libro (intitolato Kanal imeni Stalina – Il canale Stalin) che narrava in tono epico la co-struzione dell’opera. Difficoltà e carenze tecniche non vennero taciute, ma l’accento fu

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➔Manifestiper le campagne

Lo scrittore sovieticoDemjan Bednyj

(al centro dell’immaginementre sorride) in visita

al canale che collegavail Mar Bianco al Mar

Baltico. Insieme ad altriintellettuali, Bednyjcontribuirà poi allastesura di un libro

celebrativo dell’opera.

Riferimentostoriografico

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posto sul fatto che migliaia di cittadini sovietici erano riusciti a superare tutti i problemie a completare l’impresa in tempi record. Mentre non si parlava, ovviamente, dei morti,non fu nascosto neppure il contributo del lavoro forzato: anzi, i detenuti vennero pre-sentati come dei penitenti, che grazie al duro lavoro finalmente avevano compreso i loroerrori politici e guardato al canale come ad un’eccezionale occasione di riscatto personale.Dopo queste prove generali, a partire dal 1934, a pittori e a scrittori (definiti da Stalin«ingegneri di anime») fu imposto un canone estetico ben preciso, che ricevette il nomedi realismo socialista. Romanzi, manifesti e quadri dovevano esprimere ottimismo e pre-sentare l’URSS come il «Paese più felice del mondo», all’interno del quale ciascun lavo-ratore offre con gioia ed entusiasmo il suo contributo all’edificazione del socialismo. Pa-rallelamente all’azione degli artisti, la stampa diede molto risalto a quei lavoratori che siimpegnavano con ritmi da assalto nel proprio settore. la prima figura celebrata fu quel-la del minatore Aleksej Stachanov, che il 31 agosto 1935 riuscì a estrarre 102 tonnel-late di carbone (il 10% dell’intera produzione giornaliera della miniera) in un turno di6 ore. Stachanov fu imitato da molti altri, ma non sempre per desiderio di emulazione oentusiasmo per la causa. Questi eccezionali lavoratori, infatti, ricevevano ricompense estre-mamente gratificanti, in termini sia di salario e di generi di consumo, sia di successo e diprestigio, a livello nazionale e internazionale.Negli anni Trenta, la trasformazione urbanistica di Mosca divenne uno dei veicoli più elo-quenti della propaganda staliniana. Nel 1931, venne abbattuta l’imponente cattedrale diCristo Salvatore, completata nel 1883, dopo un lavoro durato 45 anni; questo simbolo,a un tempo, dello zarismo e della Chiesa ortodossa, secondo i progetti di Stalin avrebbedovuto essere sostituito da un Palazzo dei Soviet di dimensioni ciclopiche: la sua mole,infatti, avrebbe dovuto essere sei volte quella dell’empire State Building e portare sullapropria cima una statua di lenin alta 100 metri e pesante 6000 tonnellate. Compresa lastatua, il palazzo avrebbe dovuto raggiungere un’altezza di 415 metri.Questo tempio della nuova religione politica non fu mai eretto, in quanto il terrenoprescelto dimostrò subito di non essere in grado di reggere un edificio di tali dimen-sioni. I progetti di Stalin, allora, si indirizzarono verso la metropolitana della capi-tale, impresa che rese un effettivo servizio a una città in piena espansione, ma rivestìanche una straordinaria funzione ideologica, dal momento che le stazioni più importantierano riccamente decorate di affreschi o mosaici che celebravano la rivoluzione, isuoi capi e i suoi trionfi.

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Per esaltarel’industrializzazioneforzata, la macchinapropagandisticasovietica diede ampiorisalto alle figure degli“eroi del lavoro”.Tra questi vasicuramente ricordatoAleksej Stachanov(al centro della foto)che in un giorno riuscìa estrarre una quantitàdi carbone 14 voltesuperiore alla media.Ancora oggi il terminestacanovistasta a indicare unapersona che lavoramoltissimo e coneccessivo zelo.

➔Un rigido canoneestetico

➔Mosca

Riferimentostoriografico

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Un celebre fotogramma del film La corazzata Potëmkin: i cosacchi dello zarsparano sulla folla che si trovava sulla scalinata di Odessa. Come si puòintuire dall’immagine, anche la madre del bimbo sulla carrozzinanon è riuscita a sopravvivere al massacro e per il piccolo inizia unatragica corsa lungo la scalinata.

Manifesto russo deglianni Venti del

Novecento chepubblicizza il film

La corazzata Potëmkin.

Cinema e potere in URSS

l’intera industria cinematografica russa (25 case produttrici, concentrate per il 90 per cen-to a Mosca) fu nazionalizzata nel 1919, cosicché l’unico committente di film divenne loStato, o meglio il Commissariato del popolo per la cultura, che controllava anche la lette-ratura e le arti. lenin stesso dichiarò che il cinema era, da un punto di vista comunista,«la più importante delle arti»: e questo era ancora più vero, dal momento che solo unaminima parte dei russi, negli anni Venti, sapeva leggere e scrivere. Portato nei più sper-duti villaggi dal treno di propaganda, il cinema fu presentato come il simbolo della mo-dernità, che finalmente arrivava anche in Russia, grazie al nuovo governo proletario.la vicenda del cinema sovietico ricalca in larga misura quella delle arti figurative e dellaletteratura. Negli anni Venti, anche in questo ambito la propaganda e la celebrazione delnuovo regime furono affidate ad artisti d’avanguardia, cioè a registi che sperimentarononuove tecniche espressive, prima tra tutte quella del montaggio, cioè l’associazione di im-magini e inquadrature girate separatamente, unite poi le une altre, al momento della rea-lizzazione finale del film. Quest’ultimo non era più un insieme continuo di scene, al pun-to che a volte poteva anche assumere un andamento decisamente frammentario: nel suoeffetto finale, tuttavia, questa tecnica riusciva a suscitare nello spettatore impressioni vi-sive ed emozioni che, a quell’epoca, nessun film prodotto in europa o in America riuscivaa comunicare.Nel 1924, si avvicinò al vivacissimo mondo dei cineasti sovietici Sergej Ejzenštejn (1898-1948), figlio di un architetto ebreo, celebre soprattutto per gli straordinari palazzi in sti-le liberty che aveva realizzato a Riga, in lettonia. Nella fase iniziale della sua produzio-ne, le sue più famose realizzazioni furono La corazzata Potëmkin (1925) e Ottobre (1927).Il primo film narrava un episodio della rivoluzione del 1905, iniziato con l’ammutina-mento verificatosi nel porto di odessa di un equipaggio di marinai, trattati in modo al-tezzoso e disumano dai loro aristocratici ufficiali; il secondo ricostruiva l’assalto al Palaz-zo d’Inverno, nel decimo anniversario della presa del potere da parte dei bolscevichi. Perentrambi i film, ejzenštejn fece ampio ricorso sia ad attori non professionisti, presi dal-la strada in virtù delle loro caratteristiche fisiche, sia alla tecnica del montaggio. Nella sce-

➔Avanguardia

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na più famosa della Corazzata Potëmkin, si alternano le inquadrature dei soldati che scen-dono una scalinata per reprimere la rivolta popolare, con i primi piani dei volti terroriz-zati di coloro che, nel giro di pochi istanti, saranno travolti dai soldati stessi. In Ottobre,invece, le immagini in cui i cosacchi disperdono con la violenza le manifestazioni bolscevichedel luglio 1917 sono intercalate da altre in cui si vede un cavallo bianco precipitare daun ponte: simbolo del potere militare e della dittatura bonapartista, l’animale stava a in-dicare l’imminente disfatta di Kerenskij, Kornilov e di tutti i generali bianchi che avreb-bero tentato di opporsi alla volontà bolscevica di conquistare il potere.Nel 1928, alla prima conferenza del partito sul cinema, ejzenštejn e gli altri registi d’avan-guardia furono accusati di formalismo, cioè di preoccuparsi più della forma estetica del pro-dotto cinematografico, che del suo contenuto politico. Inoltre – come agli artisti – ancheai registi si contestò di fare opere incomprensibili per le masse. Al posto di film capa-ci di coinvolgere solo pochi spettatori qualificati, si impose ai registi di realizza-re un cinema intelligibile per milioni. Gli anni Trenta, pertanto, videro l’URSSinvasa da moltissime pellicole d’intrattenimento, in cui banali storie d’a-more si realizzavano sullo sfondo di un’Unione Sovietica in cui l’in-dustrializzazione e la collettivizzazione delle campagne permette-vano a ogni individuo di vivere felice e di trovare appagamen-to a ogni sua aspirazione. In pratica, era l’equivalente cine-matografico del realismo socialista. la commedia più fa-mosa (Volga, Volga) fu realizzata nel 1938: pare che sia statoil film più apprezzato da Stalin, e che egli lo abbia visto cen-tinaia di volte. Al centro di queste opere vi era un eroe o un’e-roina in cui ciascun cittadino sovietico poteva identificarsi,o meglio, che doveva essere preso come esempio e come mo-dello, perché stachanovista, lavoratore d’assalto o instancabi-le difensore di Stalin e delle sue realizzazioni.emarginato e pesantemente criticato, ejzenštejn tentò diadeguarsi al nuovo corso cinematografico sovietico realizzandonel 1936-1937 un film intitolato Prato di Bezin, destinato acelebrare la figura di Pavilk Morozov, un bambino-martire che,secondo la versione ufficiale, aveva denunciato il proprio padre per-ché si era opposto alla liquidazione dei kulaki e alla collettivizzazio-ne delle campagne, ne aveva provocato l’arresto e quindi era stato ucci-so dai suoi parenti. la sceneggiatura del Prato di Bezin fu preparata da ejzenštejn in-sieme a Isaak Babel´; tuttavia, il film fu accusato di «scarsa coscienza bolscevica» e ad-dirittura di essere «oggettivamente nocivo» in varie singole scene: per spezzare la resi-stenza dei kulaki, ad esempio, i comunisti demolivano la chiesa di un villaggio, evocandol’idea che la collettivizzazione non aveva avuto nulla di gioioso e spontaneo, bensì erastata un’imposizione dall’alto.

Il leader infallibileTutti i negativi del Prato di Bezin furono bruciati; ejzenštejn e Babel´, tuttavia, grazie auna tempestiva autocritica non subirono conseguenze. Il regista, anzi, nel 1938 ricevet-te il prestigioso incarico di girare il dramma storico Aleksandr Nevskij, dedicato alla figuradel principe russo che nel 1242 aveva sconfitto i cavalieri teutonici, i quali avevano ten-tato di invadere la Russia. Fu il primo film sonoro di ejzenštejn, che per la colonna so-nora si giovò del contributo di Sergej Prokof´ev (1891-1953); fu commissionato da Sta-lin perché, sulla scena internazionale, la Germania si faceva sempre più arrogante e peri-colosa. Il dittatore apprezzò moltissimo il prodotto finito, che trova il suo momento cul-minante in una spettacolare scena di battaglia che si svolge su un lago interamente gela-to: sconfitti dai russi, i cavalieri tedeschi invasori sono annientati e ingoiati dalle ac-que che si aprono sotto di loro. Tuttavia, poco tempo dopo la realizzazione del film, Sta-lin decise di stipulare con la Germania un patto di non aggressione (23 agosto 1939), co-sicché Aleksandr Nevskij fu ritirato dalla circolazione.

➔Accusedi formalismo

➔Film didattici

Sergei Ejzenstejn.

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Alla fine degli anni Trenta, il mito di Sta-lin era giunto al culmine del successo. Il rea-lismo socialista riuscì a convincere milionidi sovietici che vivevano davvero nel Pae-se più felice del mondo. Tutto quello chemancava al momento attuale, seguendo ilcammino tracciato da Stalin sarebbe statopresto raggiunto in un prossimo futuro; di-sfunzioni e carenze del sistema, al contra-rio, erano facilmente attribuite ai suoi su-bordinati, mentre era opinione condivisa cheil Capo, se fosse stato informato, sarebbetempestivamente intervenuto in favore deilavoratori o di chi invocava fiduciosamen-te il suo aiuto. Negli anni 1938-1939, stan-do alle testimonianze dei detenuti più cri-tici nei confronti del sistema staliniano, solo

pochissimi dei comunisti arrestati, processati e condannati ai lavori forzati nel GUlag as-sunsero atteggiamenti ostili al regime. In genere, approvavano la repressione generalizzata,ritenevano che Stalin e le autorità fossero nel giusto e che solo nel loro caso specifico aves-sero commesso un clamoroso errore.Consapevole dei malumori e delle perplessità che, comunque, avrebbero potuto suscita-re le periodiche purghe, condotte contro esponenti del partito, dell’apparato economi-co e persino dell’esercito, Stalin decise di assegnare ad ejzenštejn il compito di realizza-re un film su Ivan IV, lo zar che – nel xVI secolo – per rafforzare la forza e la potenza del-l’impero russo non aveva esitato a uccidere moltissimi nobili, al punto da ricevere l’ap-pellativo di Terribile. Secondo le intenzioni di Stalin, il film avrebbe dovuto spiegare airussi che Ivan era stato crudele per necessità, per la sicurezza dello Stato e dell’impero. Ilregista, invece, trasformò lo zar in una figura tragica, che verso la fine dei suoi giorni erasempre più tormentata dai rimorsi per i crimini commessi, al punto da inginocchiarsi sot-to un affresco del giudizio universale e chiedere perdono, mentre un monaco leggeva l’in-terminabile lista delle persone giustiziate dietro suo ordine.Profondamente deluso, Stalin proibì l’uscita del film, che sarebbe stato proiettato nellesale sovietiche solo nel 1958, dieci anni dopo la morte del regista. l’ultimo film di ejzenštejn,dunque, non riuscì nell’intento che si era proposto di scalfire l’immagine trionfante di Sta-lin, che nel 1940 era al vertice della popolarità e del successo. Nel giugno 1941, tuttavia,il mito della infallibilità del Capo rischiò di dissolversi di colpo, al momento dell’inva-sione nazista. l’offensiva tedesca colse i sovietici completamente alla sprovvista e riuscì apenetrare per centinaia di chilometri all’interno del Paese. Per circa due settimane, Sta-lin rimase silenzioso. Solamente il giorno 3 luglio, per radio, lanciò un accorato appelloai cittadini dell’URSS e, soprattutto, al popolo russo. Nei dodici minuti in cui parlò convoce monotona e lenta, il dittatore lasciò trapelare un respiro pesante e affaticato, sicchéebbe bisogno di bere più volte.Insieme al trauma dell’invasione (che lasciava ipotizzare un clamoroso errore di valuta-zione), quella voce che non riusciva a nascondere angoscia e preoccupazione per la gra-vità del momento costituì il punto più basso del mito di Stalin. Solo nel 1943, dopo lavittoria russa di Stalingrado, la sua figura riprenderà tutto il proprio smalto, e anzi potràpersino presentarsi come geniale e vittorioso stratega. Tuttavia, gli studiosi che hanno esa-minato la propaganda sovietica hanno notato un significativo cambiamento; fino alla guer-ra, Stalin appare sempre vestito sobriamente, con una semplice giacca militare. Dopola vittoria, ostenterà cappotti con mostrine, cappelli ricchi di fregi, giubbe cariche di de-corazioni e addirittura una giacca bianca da gran maresciallo. Dopo la momentaneacaduta di tono dell’estate 1941, sentì il bisogno di arricchire la sua immagine di nuovielementi, che in passato – quando pure era padrone incontrastato dell’URSS – non avevaritenuto necessari, per puntellare il suo prestigio e la sua autorità.

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Un fotogramma delfilm Alexander Nevskij,girato da Ejzenštejn nel

1938.

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➔Film su Ivanil Terribile

Riferimentostoriografico

pag. 133

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DOCUMENT ILa mentalità dei militanti comunistiin URSS negli anni Trenta

Margarete Buber Neumann era una comunista tedesca. Riparò in Unione Sovietica per sfuggi-re al nazismo, ma fu arrestata e spedita nel campo di lavoro di Karaganda, nel Kazakistan siberia-no. Le sue memorie vennero pubblicate a Stoccolma nel 1948. Il passo che riportiamo descrive lamentalità dei comunisti sovietici (in questo caso un gruppo di donne, imprigionate insieme all’au-trice) coinvolti nelle purghe staliniane degli anni Trenta. La Buber Neumann rimase colpita, soprattutto,dal fatto che pochissime delle sue compagne di sventura assumevano un atteggiamento apertamentecritico e polemico nei confronti del partito e della dittatura di Stalin. La propaganda di regime, evi-dentemente, aveva funzionato alla perfezione e convinto persino le vittime di vivere nel «Paese piùfelice del mondo».

A poco a poco feci conoscenza con le mie compagne di cella russe. Certo, erano delleben strane detenute politiche. A parte Tasso, durante la mia carcerazione alla Butirka [uncarcere di Mosca, n.d.r.] non udii mai una russa pronunciare una sola parola di critica neiconfronti del regime sovietico. Avrei potuto capirle se avessero taciuto per timore delle de-lazioni, ma si coalizzavano addirittura in cricche che gareggiavano nel proclamare devo-zione e fedeltà al Partito. Loro portavoce era Katja Semjonova. [...] Le chiesi per quale mo-tivo era stata arrestata. «Sono vittima di una congiura trockista. Ma questi criminali me lapagheranno. Sentiranno ancora parlare di me!», si scaldò. «Allora anche tu sei innocentecome tutte noi?», continuai. Replicò eccitata: «Come puoi dire una cosa simile! Conoscosolo il mio caso e quello di alcune amiche. [...]». «Ma Katia, non credi che anche le altredetenute di questa cella siano innocenti quanto te? Molte ti hanno già parlato delle ac-cuse mosse contro di loro. Non hai avuto l’impressione che siano state condannate in-giustamente?» Con un’espressione fanatica sibilò: «Non ne arrestano abbastanza! Dob-biamo proteggerci dai traditori! Che importa se anche un paio di innocenti cadono nellarete? Non si fa una frittata senza rompere le uova!».

Katja non aveva imparato nulla dalla sua esperienza. Era certa di non aver commessoalcun reato e comunque non era disposta a credere all’innocenza delle altre recluse. Avevasubito un torto ma il responsabile non era il regime, no, erano i traditori trockisti. Pur nonessendo membro del Partito era una fervente comunista. Considerava gli arresti in massadi persone innocenti come un male inevitabile che bisognava mettere in conto per il rag-giungimento del grande obiet-tivo finale. A quell’epoca, l’in-sensibilità per le sofferenzealtrui e l’incapacità di cogliere leconnessioni reali costituivanoun tratto caratteristico di moltecomuniste arrestate. Talvoltaquesto atteggiamento mi op-presse con maggior acutezzadell’esistenza miserabile con-dotta in prigione.

M. BUBeR NeUMANN, Prigionieradi Stalin e Hitler, il Mulino,

Bologna 1994, pp. 32-34,trad. it. M. MARGARA

�Spiega il significatodel proverbio «Nonsi fa una frittatasenza rompere leuova!».

�Per quale motivol’autrice affermache le suecompagne diprigionia erano delledetenute politiche«ben strane»?

�Quale tratto tipicodella mentalitàcomunista deltempo emergechiaro, secondol’autrice, dal mododi ragionare dellesue compagne dicella?

Marcia orgogliosa di un gruppodi donne staliniste. Fotografia

degli anni Trentadel Novecento.

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Riferimenti storiograficiLa costruzione del Belomorkanal

tra propaganda e realtàArcipelago Gulag, di Alexandr Solzenicyn (pubblicato a Parigi nel 1973), fu un pionieristico tentati-

vo di riunire in forma narrativa le prime testimonianze relative ai campi sovietici. Nelle pagine di in cuidescrive la costruzione del canale Mar Bianco-Mar Baltico, l’autore imita volutamente il tono retoricocon cui essa fu celebrata dalla propaganda di regime. Nel contempo, svela la drammatica realtà di quel-la grandiosa opera di ingegneria, costruita praticamente a mani nude, dal duro lavoro dei prigionieri.

Intanto, senza posa, risuona nelle orecchie: «IL CANALE VIENE COSTRUITO PER INIZIATIVA E SU OR-DINE DEL COMPAGNO STALIN». La radio nelle baracche, sul cantiere, presso un ruscello, nell’isbadella Carelia, dall’autocarro, la radio che non dorme né di giorno né di notte (immaginatevelo!),quelle innumerevoli bocche nere, maschere funeree prive di occhi (bella immagine!) urlano in-cessantemente quello che pensano del canale i cekisti dell’intero paese, quello che ha dettoil partito. Pensalo anche tu, pensalo anche tu. «Natura domata, libertà acquistata!». Evviva l’e-mulazione e il lavoro d’urto! Emulazione fra le brigate! Emulazione fra le falangi (250-300 uo-mini)! Emulazione fra collettivi di lavoro! Emulazione fra le chiuse! Infine, emulazione anche frala scorta armata e i detenuti! (La scorta s’impegna a custodirvi meglio?) [...]

All’inizio del 1933, nuovo ordine di Jagoda: dividere tutta l’amministrazione in statimaggiori di settori di combattimento. Mandare il 50% della forza nei cantieri (ma le pale ba-stano?). Lavorare in tre turni (è quasi la notte polare). Dar da mangiare direttamente sul po-sto di lavoro (cibo freddo)! Processare per la tufta [far solo finta di lavorare, per non spre-care preziose energie, n.d.r.].

Nel gennaio è l’ASSALTO DELLO SPARTIACQUE. Tutte le falangi con le cucine e le attrezzaturesono trasferite in un unico luogo. Le tende non bastano, si dorme sulla neve, poco importa,CE LA FACCIAMO! Il canale si costruisce su iniziativa...

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La costruzione delCanale del Mar Bianco

da parte dei condannatiai lavori forzati nei

lager sovietici.

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Da Mosca giunge l’ordine n. 1: «Annunziare l’assalto ininterrotto fino alla fine della costru-zione!». Quando finisce la giornata lavorativa mandano nel cantiere le dattilografe, le lavandaie,le impiegate. In febbraio si proibiscono le visite in tutto il BelBaltLag [Lager Mar Bianco-Mar Bal-tico, n.d.r.], non si sa se per una minaccia di tifo petecchiale o per premere sui detenuti.

In aprile è un assalto ininterrotto di 48 ore – urrah! TRENTAMILA UOMINI NON DORMONO!E per il 1o maggio 1933 il commissario del popolo Jagoda può riferire all’amato Maestro

che il canale è stato fatto entro il termine indicato. [...]Per quanto tetre paressero le Solovki, i suoi abitanti, mandati a terminare la pena (e forse

la vita) sul mar Bianco sentirono solo allora che la cosa diventava seria, solo allora si sco-prì che cosa fosse un autentico lager quale lo conoscemmo a poco a poco tutti noi. Invecedel silenzio delle Solovki, un incessante turpiloquio, il selvaggio rumore di liti, misto all’agi-tazione educativa. Perfino nelle baracche del lager di Medvezegorsk presso l’amministra-zione del BelBaltLag si dormiva sui pancacci a castello (già inventati), non quattro a quat-tro ma in otto: due su ogni tavola, i piedi dell’uno verso la testa dell’altro. Invece degli edificidi pietra del monastero vi erano baracche provvisorie dove tirava vento, oppure tende,quando non si dormiva semplicemente sulla neve. [...] D.P. Vitkovskij, che era stato alle So-lovki e aveva lavorato sul canale come capomastro salvando la vita a molti con la tuchta,ossia registrando volumi di lavoro inesistenti, descrive così una serata:

«Alla fine della giornata lavorativa sul cantiere rimangono dei cadaveri. La neve ricopre leloro facce. Qualcuno si è rannicchiato sotto una carriola capovolta, ha nascosto le mani in ta-sca ed è morto così. Là sono congelati in due, appoggiati uno alla schiena dell’altro. Sono gio-vani contadini, i migliori lavoratori che si possano immaginare. Li spediscono sul canale a de-cine di migliaia alla volta, e cercano di far sì che nessuno capiti nel medesimo lager con il padre:vengono separati. Viene loro subito assegnato un quantitativo di ghiaia e massi che non si po-trebbe estrarre neppure d’estate. Nessuno può insegnare loro, avvertirli, essi spendono perintero le proprie forze da gente di campagna, si indeboliscono rapidamente e così muoionoassiderati, abbracciati a due a due. Di notte parte una slitta per raccattarli. I carrettieri buttanoi corpi sulle slitte con un tonfo, legno contro legno. D’estate si trovano le ossa dei cadaverinon raccolti per tempo, capitano insieme alla ghiaia nella betoniera. Così sono finiti nel cal-cestruzzo dell’ultima chiusa presso la città di Belomorsk e là si conserveranno per sempre».

A. SolzeNICyN, Arcipelago Gulag 1918-1956. Saggio di inchiesta narrativa, Mondadori, Milano 1995,pp. 97-103, trad. it. M. olSùFIeVA 11

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�Spiega le seguentiespressioni:«La radio che nondorme né di giornoné di notte» e«Pensalo anche tu,pensalo anche tu».

�Che significato hail termine «assalto»nella propagandasovietica?

�Descrivisinteticamentele differenzeesistenti trapropagandae realtà, nellacostruzione delcanale.

L’impostazione del realismo socialistaCon l’avvento di Stalin al potere, l’emarginazione degli artisti d’avanguardia divenne condanna sen-

za appello. A partire dal 1934, fu imposto a tutti i pittori e gli scrittori di attenersi a un unico canone,molto legato alla tradizione e denominato «realismo socialista».

Nell’agosto 1934 il realismo socialista venne formulato in modo definitivo in un discorsotenuto da Andrej Zdanov al Congresso generale degli scrittori sovietici. Zdanov, un fun-zionario il cui nome fu implicato in tutte le grandi epurazioni di personaggi della cultura so-vietica negli anni Trenta e Quaranta, lo impose come una conseguenza delle sagge indi-cazioni di Stalin: «Il compagno Stalin ha definito i nostri scrittori ingegneri dell’animoumano. Cosa vuol dire? Che obblighi implica? Prima di tutto vuol dire che dovete cono-scere la vita per poterla rappresentare fedelmente nella produzione artistica, per rappre-sentarla non accademicamente, come una cosa morta, non semplicemente come un fattooggettivo, ma interpretando la realizzazione nel suo sviluppo rivoluzionario. La fedeltà ela concretezza storica della rappresentazione artistica devono conciliarsi nel contempo colcompito di plasmare ideologicamente e istruire il popolo a operare nello spirito del socia-lismo. Questo metodo è ciò che noi chiamiamo realismo socialista nella letteratura arti-stica e nella critica letteraria». Cosa singolare, Zdanov, benché si rivolgesse a un pubblicodi scrittori, si servì più volte dei termini rappresentare e rappresentazione, nonostante que-sto termine sembri meno applicabile alla letteratura che alle arti visive. Ma è improbabileche si sia trattato di una svista.

In questo periodo decisivo la politica culturale in Germania si occupò soprattutto dellearti visive, mentre in URSS si occupò soprattutto di letteratura. […] Nella prima fase ebberoparticolare importanza i metodi di condizionamento delle masse e, sotto questo aspetto, lapittura, il disegno e la scultura presentavano alcuni vantaggi sulla letteratura. Nel 1918 Le-nin partì da questo presupposto, facendo del suo piano di propaganda scultoreo-monu-mentale il perno della politica culturale sovietica. Negli anni Trenta, però, le arti visive eranogià state adattate, sotto molti aspetti, a servire le esigenze del regime: gran parte degli ar-tisti sovietici avevano già adottato quale loro credo una fedele rappresentazione della realtà

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sovietica molto prima del realismo socialista.Ora era necessario allineare anche la lette-ratura. Non deve quindi sorprendere se ilmetodo universale della cultura sovieticavenne proclamato a un’assemblea di scrit-tori anziché di pittori o architetti. Il primoCongresso generale degli scrittori sovietici,tenutosi a Mosca dal 17 al 31 agosto 1934,venne messo in scena secondo principi chesarebbero diventati vincolanti per tutti i con-gressi e i convegni successivi. Proprio inquesto congresso furono elaborati per laprima volta i concetti fondamentali del rea-lismo socialista. Merita quindi un esame unpo’ più approfondito.

Il compito principale del congresso fu diincensare il capo. Ogni delibera, ogni can-didatura dei futuri dirigenti del mondo lette-rario, ogni ordine del giorno fu approvato al-l’unanimità; nessuno dei seicento delegativotò contro, o si astenne, su qualcosa pertutta la durata del congresso. I principi delrealismo socialista, destinati, secondo glioratori principali, ad apportare mutamentiradicali nella cultura sovietica – e forse an-che mondiale – erano fuori discussione.Tutto era già stato predisposto e ratificato,e gli ingegneri dell’animo umano non dove-vano fare altro che alzare la mano e orien-tare i propri interventi secondo le sagge di-rettive di Stalin, Zdanov e Gor´kij. […] Il

congresso celebrò il culto di Stalin in un modo che non aveva precedenti. Tutti gli oratori prin-cipali gli attribuirono il ruolo di timoniere di tutti i settori della vita sovietica, ivi comprese l’artee la letteratura. In apertura venne indirizzato a Stalin un saluto che, a nome di tutti i conve-nuti, esprimeva l’essenza reale dell’estetica totalitaria: «La parola è la nostra arma. Noi met-tiamo quest’arma a disposizione dell’arsenale della lotta della classe lavoratrice. Vogliamoprodurre un’arte che educhi i costruttori del socialismo e instilli nel cuore delle masse cer-tezza e fiducia, che le renda felici e ne faccia i veri eredi della cultura mondiale». Il messag-gio terminava con le parole: «Evviva la classe operaia che ti ha generato, e il partito che tiha istruito per la felicità dei lavoratori di tutto il mondo». I sentimenti di lealtà arrivarono alpunto di attribuire alla classe operaia e al partito solo il merito di aver generato e istruito ilcompagno Stalin.

Anche la letteratura sovietica aveva bisogno di un capo, e il partito propose Gor´kij. Qu-st’ultimo […] inaugurò il congresso e poi, dopo Zdanov, fece un intervento lungo e magnilo-quente, parlando di sé e del congresso come di un tutt’uno in grado di giudicare l’umanitàda una posizione di verità assoluta: «Siamo i giudici di un mondo destinato a scomparire,siamo i difensori del vero umanesimo, l’umanesimo del proletariato rivoluzionario, l’umane-simo della forza chiamato dalla storia a liberare tutto il mondo dei lavoratori». Gor´kij e Zda-nov, indossando le vesti dei giudici, pronunciarono sulla cultura contemporanea la stessa dra-stica sentenza pronunciata da Hitler e Rosenberg. Zdanov definì degenerata e decadente lasituazione della letteratura borghese, riferendosi al modernismo nel suo complesso. Gor´kijsi scagliò contro i modernisti russi, suoi vecchi nemici di prima della rivoluzione: «Il pensierorusso del periodo tra il 1907 e il 1917 fu uno dei più irresponsabili e oscuri, saturo della co-siddetta libertà creativa. Questa libertà si esprimeva nella diffusione delle idee più conserva-trici della borghesia occidentale… Nel complesso il decennio 1907-1917 merita in tutto e pertutto di essere definito il più vergognoso e spregevole di tutta la storia dell’intelligencija [de-gli intellettuali, n.d.r.] russa». Con quest’ultima frase, che doveva costituire l’elemento di rife-rimento per ogni successiva valutazione della storia sovietica, Gor´kij bollava d’infamia quelloche di fatto era stato il periodo argenteo della poesia russa, la prima esplosione creativa del-l’avanguardia nelle arti figurative e – soprattutto – lo spirito di libertà, di rinnovamento ed esplo-razione che permeò questo decennio più di ogni altro periodo nella storia della Russia.

I. GoloMSToCK, Arte totalitaria nell’URSS di Stalin, nella Germania di Hitler, nell’Italia di Mussolinie nella Cina di Mao, leonardo, Milano 1990, pp. 105-108, trad. it. A. GIoRGeTTA

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Stephan Carpov, URSS,amicizia di popoli,

1924. Il quadro è unottimo esempio di

realismo socialista: ilsoggetto raffigurato

simboleggia l’unionedelle varie etnie delle

Repubbliche socialistesovietiche.

�Spiega l’espressione«ingegneri dell’animoumano» e qualecompito era chiamatoa svolgere, sopra tuttigli altri, lo scrittoresovietico.

�Che cosamaggiormentecolpisce nelcomportamento degliscrittori sovieticiriuniti a congresso,nel 1934?

�Che giudizio davaGor´kij sul futurismoe sugli altri movimentid’avanguardia?

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ToIl discorso di Stalin del 3 luglio 1941

L’invasione tedesca dell’URSS iniziò il 22 giugno 1941. Per quasi due settimane, Stalin restò in si-lenzio totale. Forse, era convinto che l’offensiva nazista avrebbe travolto l’Armata rossa e sarebbe ar-rivata fino a Mosca. Il leader che si fece udire il 3 luglio era un uomo provato e insolitamente affatica-to. Forse, in quell’occasione, Stalin superò la soglia che nessun leader carismatico, neppure il più de-mocratico e aperto alle masse, può superare, pena la perdita di fiducia in lui e trasformazione in sog-getto debole. Di qui il suo sforzo, nel corso della guerra e dopo la vittoria, di assumere atteggiamentipiù solenni e marziali, di quelli tenuti in precedenza.

Fu la radio a portare in tutto (o quasi tutto) il paese le parole accorate e insolitamenteinformali del compagno Stalin il 3 luglio 1941. Radio Mosca era diffusa su un ampio terri-torio, ma molte zone periferiche erano ancora servite da stazioni locali. Fuori delle grandicittà il possesso di apparecchi pro capite era basso, ma l’ascolto collettivo in posti di lavoroe circoli ricreativi era consueto. Nei primi giorni di guerra fu ordinato che tutti gli apparecchiprivati venissero consegnati alle autorità; l’unica modalità di ascolto restava la rete di ra-diodiffusione via cavo, collegata ad altoparlanti sistemati nelle strade e apparecchi ripro-duttori nelle case. Anche per questo il testo del discorso, pronunciato dopo due enigmatichee misteriose settimane di silenzio da parte del leader in seguito all’invasione tedesca del 22

giugno, fu diffuso anche a mezzo stampa, proprio perché più capillarmente po-tesse raggiungere angoli e zone sperdute del paese. La guerra segnò unasvolta importante nel mezzo di comunicazione radiofonico: regole, tempie abitudini censorie, dopo una prima frenata all’efficienza del serviziod’informazione stesso, dovettero essere riviste e adattate allo stato diemergenza. […]

Il paese fu colto impreparato dalla furia espansionistica tedesca: «Ci po-trà essere chi si chiede: come è potuto succedere che il Governo Sovie-tico abbia concluso un patto di non aggressione con gente tanto fedifragae tirannica come Hitler e Ribbentrop? Non è che l’Unione Sovietica ha com-messo un errore?». Dovette retoricamente domandare Stalin alla nazione dai

microfoni di Radio Mosca un paio di settimanedopo l’invasione. La sua risposta, altrettantoretorica, non poté che essere: «Certamenteno!». Ma assieme al tono, al lessico e al re-gistro utilizzato nel breve discorso, anche di-chiarazioni come questa sarebbero passatealla storia per la loro anomalia. […]

Affrontata la situazione internazionale,Stalin sarebbe passato al punto più emoti-vamente coinvolgente: l’appello al popolo perchiedere solidarietà e abnegazione totali. Ma

per capirne la portata e l’impatto su chi loascoltava è necessario tornare all’at-tacco del suo discorso: a quel «Fra-telli e sorelle!» messo quasi di sfug-gita tra i più consueti e scontatiappellativi: «Compagni! Cittadini!Combattenti del nostro esercito edella nostra flotta!». E poi, contono familiare e domestico, purrestando ben conscio della pro-pria posizione e dell’effetto cheun tale atteggiamento avrebbesuscitato, il tocco finale nell’a-pertura: «Sono io che mi ri-volgo a voi, amici miei!».

Pronunciò parole inusitate:«Amici miei! Fratelli e sorelle!»,rimandando a una situazione dirapporto non politico ma fami-liare, non però della scontatagrande famiglia da cartolina di Sta-linland. Questa volta c’è da credere

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Il leader sovietico Stalin fotografato durante un suo discorso.

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che gli accenti intimi e amichevoli mirassero altrove. «Fratelli e sorelle», con lessico e tonoche, nonostante gli anni passati, tutti avrebbero riconosciuto essere quelli della vecchiachiesa ortodossa, della tradizione russa contadina. «Fratelli e sorelle», ostentando una vici-nanza, una confidenza che lasciava trapelare imbarazzo, insicurezza e paura, esplicitate dallepause per bere, nonostante la brevità dell’intervento. Tutto tra le righe, difficile da cogliereper quanto inatteso e improbabile. Pressoché inaccettabile da parte degli ascoltatori, del po-polo, ma reale e inedito. Così evocato, negli anni tra il 1955 e il 1959 (in piena destalinizza-zione), da Konstantin Simonov nel romanzo I vivi e i morti:

«L’altoparlante era appeso nel corridoio, accanto al tavolino dell’infermiere di turno. Loaccesero al massimo volume e spalancarono le porte delle corsie. Stalin parlava con vocemonotona e lenta, con un forte accento georgiano. Una volta, durante il discorso, si potésentire il rumore di un bicchiere da cui beveva acqua. La voce di Stalin era bassa di tono edi volume; sarebbe potuto sembrare perfettamente calmo se non fosse stato per quel suorespiro pesante e affaticato e per quell’acqua che si era messo a bere durante il discorso.Ma, per quanto fosse agitato, l’intonazione del suo discorso restava uniforme, la voce sordarisuonava senza alti e bassi, né punti esclamativi».

Jurij Lotman noterà che nel periodo bellico e anche dopo la guerra, nonostante la vit-toria, ma proprio a causa di queste insicurezze e timori, Stalin muterà anche il proprio ab-bigliamento. Passerà dalla sobrietà della casacca militare di chi sta a guardare gli altri, si-curo del proprio potere e della propria forza, alla necessità del culto della personalità,sostenuta dalla solennità di una divisa, necessaria a chi si sente osservato e cerca modi emaniere per sostenere una posizione che si è, seppure lievemente, incrinata. Significativea questo proposito sono le fotografie che lo ritraggono sulla prima pagina della “Pravda”,in occasione dei festeggiamenti di novembre, nei diversi anni di guerra. Nel 1942, ormai ci-tato come commissario del popolo per la difesa, indossa ancora la classica giacca che loaveva contraddistinto da sempre. Nel 1943 appare con cappotto, cappello e mostrine. Nel1944 sul petto si affollano medaglie e decorazioni. Nel 1945 è in divisa solenne bianca dagran maresciallo.

G.P. PIReTTo, Il radioso avvenire. Mitologie culturali sovietiche, einaudi, Torino 2001, pp. 175-178

�Quale domanda sulle scelte strategiche del governo sovietico sorgeva spontanea, alla lucedell’invasione del giugno 1941? Perché il prestigio di Stalin e del gruppo dirigente sovietico nepoteva uscire compromesso?

�A quale lessico e a quali tradizioni fece appello Stalin, nel rivolgersi al popolo sovietico nel suodiscorso radiofonico?

�Quale immagine di sé lasciò trasparire Stalin, nel luglio 1941? Come poi cercò di porvi rimedio?

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