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Rivivere e comunicare il passato Il contributo della rievocazione dell’evo antico al marketing museale e territoriale

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Soprintendenza per i beni librari e documentari

Rivivere e comunicare il passato. Il contributo della rievocazione dell’evo antico al marketing museale e territorialeA cura di Fiamma Lenzi e Simona Parisini© 2014

Progetto graficoMonica Chili

Stampato nel mese di Febbraio 2014dal Centro Stampa Regione Emilia-Romagna (Bologna)

In copertina© Foto di Camillo Balossini, Chiara Caliò

IBCVia Galliera, 21 40121 BolognaTel. 0039 051 527 6600Fax 0039 051 23259www.ibc.regione.emilia-romagna.it

ISBN 9788897281207

Pubblicazione realizzata dall’Istituto Beni Culturali nell’ambito dell’iniziativa comunitaria

PArSJAd – Parco Archeologico dell’Alto Adriatico / Arheološki parki severnega Jadrana

Progetto strategico finanziato nell’ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali.

Sofinanciran v okviru Programa čezmejnega sodelovanja Slovenija-Italija 2007-2013 iz sredstev Evropskega sklada za regionalni razvoj in nacionalnih sredstev.

Ministero dell’Economia e delle Finanze

REPUBLIKA SLOVENIJAMINISTRSTVO ZA GOSPODARSKIRAZVOJ IN TEHNOLOGIJO

PartnersRegione del Veneto - Unità complessa Progetti Strategici e Politiche Comunitarie, Lead partner IBC - Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna Comune di Bagnara di Romagna (RA) Comune di Russi (RA) Comune di Voghiera (FE) Regione Friuli Venezia Giulia - Centro Regionale di Catalogazione e Restauro dei Beni Culturali Narodni Muzej Slovenije - Ljubljana (Museo Nazionale Sloveno) Univerza na Primorskem, Znanstveno-raziskovalno središče (Università del Litorale, Centro di Ricerche Scientifiche) Zavod za varstvo kulturne dediščine Slovenije - Ljubljana (Istituto per la tutela del patrimonio culturale della Slovenia)

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http://parsjad.regione.veneto.it

I contenuti di questa pubblicazione sono responsabilità degli autori e non riflettono in alcun modo le opinioni delle autorità del Programma di Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia.

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Rivivere e comunicare

il passato Il contributo della rievocazione

dell’evo antico al marketing museale e territoriale

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Presentazione 3Fiamma Lenzi

Re-enactment, living history: rapporti con l’archeologia sperimentale e i Musei Archeologici all’Aperto 7Lara Comis Roman reenacting: esperienze italiane nella rievocazione della Romanità 17Erika Berto

“Antiqva Italia”. Progetto per un organismo di coordinamento degli enti e delle associazioni che operano nel campo della rievocazione storica dell’antichità 20Corrado Re

Il Museo Archeologico di Bologna rievoca: l’esempio di “Archeopolis 2011” 25Paola Giovetti, Federica Guidi

“Gli Etruschi rivivono a Marzabotto”: esperienze didattiche e festival storico di “KAINUA” 41Paola Desantis, Rita Filippini, Corrado Re

“L’alba degli Etruschi”. Un’esperienza di museum theatre a Castelfranco Emilia 65Diana Neri, Luca Cesari, Corrado Re

“Terra di Storia”: dalla rievocazione storica alla didattica 71Silvia Cipriano

Quando il presente incontra il passato attraverso la rievocazione: il “Festival del Mondo Antico” a Rimini 81Angela Fontemaggi, Orietta Piolanti

Diciasette anni di ricostruzioni romane a Villadose (RO) tra archeologia sperimentale e divulgazione 93Enrico Maragno

Indice

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“VIsiTA al MUSEO”. Esperienza di rievocazione all’interno delle sale del Museo Archeologico Nazionale di Sarsina 105Monica Miari, Maria Teresa Pellicioni, Monica Ballantini

Prove di rievocazione in un villaggio dell’età del Bronzo 118Ilaria Pulini, Cristiana Zanasi

Rievocare per scoprire: archeologia sperimentale e didattica sensoriale 127Annachiara Penzo

“È di scena la storia: ricostruzione storica dell’antichità, rievocazione e patrimonio culturale” 139Corrado Re, Lara Comis

“Fuochi preistorici”, a Travo tornano gli antichi” 153Gian Battista Fiorani, Claudia Minuta, Maria Maffi, Andrea Moretti

La Fondazione Aquileia per la diffusione della conoscenza 167Gianluca Baronchelli

“Opitergivm Rievocazione storica” - Oderzo rievoca le proprie radici 170Angelica Giabardo

La villa marittima di San Simone/Simonov zaliv (Slovenia) 175Ivana Pintarič, Tina Kompare

“Brixellum Romanorum”. Attività del Gruppo Archeologico Brescellese “Marco Salvio Othone” 183Marino Agosti, Laura Zilocchi

L’associazione culturale “Legio XIII Gemina” 186Denis Pasini, Marco Baiocchi

L’Associazione Culturale “Terra Taurina” e il gruppo di rievocazione storica “Touta Taurini” 190Riccardo Graziano

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PresentazioneFiamma Lenzi IBC - Servizio Musei e Beni Culturali

Valorizzazione del passato, recupero della memoria storica, miglioramento dei servizi che i musei, le strut-ture educative o le diverse forme di turismo didattico e culturale devono essere in grado di offrire nel campo della fruizione del patrimonio e delle sue interconnes-sioni storiche e territoriali non possono oggi più pre-scindere da un’attenta considerazione delle attese del pubblico, per far sì che ne conseguano risposte ade-guate. Risposte che richiedono di essere sorrette da un solido impalcato di conoscenze tecnico-scientifi-che, senza peraltro escludere l’accoglimento di quegli aspetti spettacolari e d’intrattenimento educativo che rappresentano una delle forme più “moderne” di comu-nicazione e trasmissione di contenuti culturali.Dunque, storia vivente, archeo-rievocazione e, più in generale, qualsiasi attività che faccia capo a questo filone sono ormai ritenute “moltiplicatori d’interesse” e “mediatori” fra i più efficaci quando si vogliano proporre una rivisitazione temporale immersiva o la rinascita di antiche quotidianità o, ancora, la riappropriazione delle tradizioni storico-culturali ascrivibili a un periodo, op-pure a un’area geografica determinati. Esse agiscono inoltre da fortissimo stimolo per le co-munità locali a riscoprire il proprio retaggio culturale e a trasfonderlo nel presente, a capire e “far capire” che il passato è meritevole di essere salvaguardato non solo in quanto tale, ma perché rappresenta un importante elemento di riconoscimento e di autorappresentazione,

La pubblicazione che presentiamo costituisce il punto di arrivo di un percorso di ricerca-azione intrapreso dall’Istituto Beni Culturali a partire dal 2011 scegliendo come focus la rievocazione storica dell’evo antico in-tesa quale strumento attivo di comunicazione del pa-trimonio museale e di promozione dell’eredità culturale del territorio.In qualsiasi modo li si vogliano definire, accentuandone maggiormente l’aspetto ludico-spettacolare oppure lo spiccato carattere didattico-educativo, historical ree-nactement, living history, archeologia ricostruttiva stanno infatti entrando stabilmente a far parte delle strategie comunicazionali utilizzate nel marketing muse-ale e territoriale per accrescere l’attrattività delle istitu-zioni che conservano patrimonio, valorizzare risorse e vocazioni possedute dalle comunità locali, impostare e qualificare i servizi che fanno leva su tali peculiarità. Sempre più spesso, attività educative e laboratoriali or-ganizzate dai musei, siti open air, parchi tematici, inizia-tive espositive, manifestazioni del tempo libero, messa in valore di luoghi d’interesse storico-turistico si associano a eventi di rievocazione che resuscitano modi e stili di vita dell’antichità, episodi salienti di una storia remota o solo “dell’altro ieri”, filologiche o meno fedeli ricostru-zioni di vestimenta e attrezzature in uso nelle varie epo-che storiche, offrendosi come un corollario conoscitivo assai apprezzato dal pubblico e particolarmente idoneo a stimolarne curiosità e desiderio di apprendimento.

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ma soprattutto una formidabile leva di rivalutazione territoriale, un grande potenziale sociale e produttivo, moltiplicatore di benefici e ricadute economiche diretti e indiretti.Da qui ha preso le mosse l’Istituto Beni Culturali che, nell’ambito del proprio impegno volto alla salvaguardia dell’eredità culturale regionale e alla ricollocazione delle testimonianze in una più dinamica visione del passato, grazie alla quale sia più agevole a chiunque ricostruire identità culturali complesse e ristabilirne le connessioni spazio-temporali, ha ritenuto strategica l’inclusione di questi temi nel progetto di cooperazione regionale transfrontaliera “PArSJAd - Parco Archeologico dell’Alto Adriatico”. Ciò non sarebbe stato possibile se l’IBC non avesse trovato spunti di riflessione e stimoli operativi, possibi-lità di dialogo con il mondo della Rievocazione e occa-sione di avvicinarne i protagonisti e le esperienze, ne-gli incontri di “Antiqva Italia”. Organizzati (2010 e 2011) dall’associazione “ArcheoStorica” e dal progetto “De Bello Italico”, con la partecipazione appunto dell’Istituto Beni Culturali e del Comune di S. Lazzaro di Savena, sono stati dedicati all’analisi dello “stato dell’arte” della rievocazione e ai suoi rapporti con la divulgazione e la didattica e con l’archeologia sperimentale e la ricerca. Il fil rouge fra quegli appuntamenti e quanto abbiamo realizzato in seguito motiva la pubblicazione nel volume odierno di una parte degli interventi allora presentati alla discussione.Tornando al progetto “PArSJAd”, l’iniziativa comunitaria è nata dalla volontà condivisa di promuovere, sostenere, rendere più accessibile, in un’ottica globale e attraverso azioni comuni, il patrimonio archeologico nell’area co-stiera e nell’entroterra adriatico fra l’Emilia-Romagna e l’Istria slovena: un arco territoriale storicamente carat-

terizzato da un’intensa comunicazione commerciale e culturale, e da sempre snodo cruciale per le relazioni economiche e sociali tra Occidente e Oriente. Tale ruolo ha determinato il sedimentarsi di un substrato storico che ha segnato fisicamente e culturalmente la fascia alto adriatica, rendendosi perfettamente riconoscibile in un’importante serie di insediamenti distribuiti lungo tutta questa vasta zona, ma che non è mai stato og-getto di un’analisi congiunta, tale da inserire le evidenze storiche e archeologiche in un tessuto unitario e con-sentire una conoscenza più approfondita del territorio e un suo godimento più mirato e razionale.Nell’attuazione del progetto si è prevista l’elaborazione di metodologie, sussidi e materiali basati tanto su forme consolidate di comunicazione, quanto su innovativi, “non tradizionali”, modi di presentare e reinterpretare il passato, come appunto la rievocazione storica e l’ar-cheologia ricostruttiva, nella certezza che il loro ap-porto avrebbe potuto dare un efficace contributo al mi-glioramento complessivo dell’offerta culturale in ambito storico e archeologico, alla formazione degli operatori, alla qualificazione di quelli già attivi e all’individuazione di professionalità “alternative”.Il percorso messo a punto dall’Istituto si è perciò in-centrato su una serie di interventi formativi che - per la prima volta in Italia - hanno messo sotto la lente d’in-grandimento e trattato da diverse angolature (semanti-che, organizzative, gestionali) la relazione intercorrente fra reenactement, archeologia ricostruttiva e valorizza-zione del patrimonio, cercando di stimolare una rifles-sione complessiva intorno alle attività che fanno capo a questo dominio d’azione culturale.La prima proposta, realizzata in collaborazione con le associazioni “La Parma”, “ArcheoStorica” e “De Bello Italico”, si è concretata in una serie di incontri formativi

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(tre seminari, due laboratori, un project work) concepiti come un’azione di networking. Miravano a sviluppare negli operatori del settore esperienze e sensibilità co-muni in vista della costituzione di un sistema strutturato di collegamenti atti favorire il dialogo, la comunicazione, lo scambio di know-how, l’incentivazione di sinergie fra quanti si occupano o sono interessati a occuparsi del tema della rivisitazione storica come mezzo di sviluppo territoriale e di promozione socio-economica. Fra i ri-sultati attesi e veicolabili attraverso questa rete di re-lazioni, c’erano l’accrescimento della visibilità dei mu-sei e parchi presenti nell’area di progetto, l’emersione di vocazioni turistico-culturali dei contesti territoriali di riferimento, la riqualificazione degli eventi esistenti, la valorizzazione di potenzialità ancora non pienamente espresse, l’individuazione di nuovi e più diversificati scenari crono-culturali per l’azione rievocativa, sino ad oggi eccessivamente concentrata soprattutto su vari aspetti della Romanità e sulla spettacolarizzazione rico-struttiva di momenti/episodi di vita militare. Per una descrizione delle modalità di svolgimento e delle metodologie applicate, unitamente a un bilancio degli esiti conseguiti, si rinvia ad altra parte di questo stesso volume. Qui si vuole solo rimarcarne l’adozione di un criterio di partecipazione allargata e l’orienta-mento a favorire l’incontro ravvicinato fra esponenti del mondo della Rievocazione, operatori culturali in genere e rappresentanti delle istituzioni pubbliche nei settori della cultura, del turismo, della scuola, dei musei, come presupposto essenziale per favorire la capitalizzazione vicendevole di competenze e punti di vista.La consapevolezza che questi temi sono divenuti di stringente attualità e pertanto si rendevano ormai im-procrastinabili occasioni di confronto pubblico e di bi-lancio in vista di un definitivo consolidamento scientifico

e metodologico e del raggiungimento di una maturità operativa e organizzativa, ha indotto l’Istituto a promuo-vere un successivo incontro, con la formula del wor-kshop formativo, di cui il presente volume raccoglie i contributi.È chiaro infatti che, pur con ancora notevoli problemi di natura metodologica e disciplinare, queste attività sono, o saranno nel prossimo futuro, sempre più larga-mente impiegate non solo per “arricchire” e diversificare l’offerta culturale, ma anche per sostenere – con stru-menti alla portata di tutte le categorie di utenti – i difficili processi di analisi e re-interpretazione del passato, as-secondando quello spontaneo interesse che il grande pubblico nutre nei riguardi dell’antichità e dell’eredità culturale, pur tuttavia attentamente filtrati attraverso una trasmissione di contenuti corretta e scientificamente validata.Coordinato da “ArcheoStorica”, e aperto a tutti gli operatori potenzialmente interessati – dai responsabili museali agli educatori, dagli addetti del comparto del turismo culturale alle associazioni e gruppi di rievoca-zione storica, dagli operatori della comunicazione agli studenti e specializzandi in archeologia – il workshop ha puntato sull’illustrazione di una serie di case-history, relative all’applicazione di questo modello ricostruttivo del passato, come apertura di un canale informativo per agevolare un’analisi comparata sulle metodologie, le procedure e i criteri di tali iniziative, lo studio tipo-logico dei target cui si rivolgono e la replicabilità delle esperienze in altri contesti, la diffusione verso una pla-tea vasta di utenti/fruitori/operatori di best practices nell’ambito delle diverse forme collaborative. La presentazione di alcune fra le attività rievocative più consolidate, nelle quali l’integrazione – e l’interazione – fra operatori culturali e rievocatori ha raggiunto un li-

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vello organizzativo-contenutistico molto alto e scienti-ficamente “sorvegliato”, rappresenta per tutti noi non solo un’opportunità di trasferimento esperienziale e di stimolo a costruire una cultura della qualità in un set-tore emergente della comunicazione culturale, ma an-che – questo è il nostro auspicio – uno dei modi utili a “portare a sistema” un grande patrimonio di cono-

scenze, cominciando a impostare modelli operativi e metodi di lavoro condivisi, imparando a radiografare i pubblici, cogliendone le esigenze e corrispondendo alle loro aspettative, rafforzando ulteriormente e dando sta-bilità e continuità alla cooperazione fra i musei, i parchi culturali, il territorio, le amministrazioni che lo governano e il mondo della Rievocazione.

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Archeologia Sperimentale

L’etichetta “archeologia sperimentale” si trova applicata a una numerosa serie di attività. Durante le indagini svolte sulla metodologia utilizzata nel nord Italia nell’am-bito dell’Archeologia Sperimentale (Comis 2003), sono state individuate le principali tipologie che ricadevano nell’uso pratico del termine. Tra esse si annoveravano:• Replichedirepertiarcheologici.• Re-enactment o Living history• Attivitàesperienzialiodimostrazionipratichedi

tecnologie antiche• Simulazionediprocedureproduttive• Attivitàdidattiche• EventispettacolariCome mai una tale eterogeneità di attività ricade sotto un termine così apparentemente specifico? Nel caso delle repliche di manufatti, il frutto della ricerca archeo-logica viene utilizzato “in pratica” per rendere più tangi-bile e fruibile un determinato reperto. Nel re-enactment o nella living history, le repliche (che comprendono an-che l’abbigliamento) vengono utilizzate in “pratica” e “dal vero” in attività che possono anche avere ricadute divulgative. Nelle attività esperienziali o nelle dimostra-zioni pratiche, un processo produttivo di cui si sono accertate le modalità nell’ambito della ricerca archeo-logica viene utilizzato per coinvolgere ed educare atti-vamente il pubblico. Anche in alcune attività didattiche si ripercorrono gesti recuperati dal passato, ed infine,

Il re-enactment e la living history sono attività piutto-sto ben avviate nel panorama europeo. Ne beneficiano soprattutto i siti archeologici, i musei archeologici ma in particolar modo i musei archeologici all’aperto. I rap-porti tra queste forme di divulgazione e l’archeologia sperimentale sono stati oggetto di dibattito in ambito accademico sin dalla presa di posizione di Reynolds (1999). Anche nell’archeologia sperimentale si è spesso verificata una pesante sovrapposizione di finalità nell’u-tilizzo del termine, che si è tentato negli ultimi anni di chiarire per una delimitazione della disciplina nell’ambito della ricerca e soprattutto in relazione alla divulgazione del patrimonio (Comis 2010). È doveroso pertanto chia-rire l’assioma principale di questo articolo che identifica la rievocazione storica come risorsa per la divulgazione del patrimonio archeologico, e per questo ad esso in-dissolubilmente connessa. Di questa connessione con il patrimonio verranno poste in luce le prospettive nell’ambito della ricerca.Si tratterà pertanto dell’archeologia sperimentale dal punto di vista delle definizioni e delle applicazioni del termine, si affronterà la tematica dei Musei Archeologici all’Aperto come serbatoi privilegiati di divulgazione e ri-cerca attiva e si passerà infine a definire l’utilizzo della rievocazione in senso lato all’interno dei contesti trac-ciati.

Re-enactment, living history: rapporti con l’archeologia sperimentale e i Musei Archeologici all’Aperto*Lara Comis MA Experimental Archaeology; Exarc member

* Questo testo rispecchia in gran parte, con i necessari aggiornamenti, l’intervento presentato in occasione del primo incontro di “Antiqva Italia” (S. Lazzaro di Savena, 2010).

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negli eventi spettacolari, anche se il pubblico non viene attivamente coinvolto, la fruizione è su aspetti che co-munque riguardano il passato.Per determinare le ragioni di una tale sovrapposizione di significati, appare utile diversificare inizialmente gli ambiti dell’applicazione del termine “archeologia speri-mentale”. Se si osservano da questa prospettiva le tipo-logie sopra descritte, appare chiaro che il termine viene indistintamente utilizzato in tre ambiti: quello della di-dattica e della divulgazione, quello del turismo e quello della ricerca. Nonostante questa distinzione di ambiti applicativi, è palese che tutte le attività di cui sopra traggono le proprie fonti dai frutti della ricerca in ambito archeologico.Come si situa quindi l’“archeologia sperimentale” nell’ambito primario, cioè quello della ricerca? Come si accennava sopra, il dibattito accademico su que-sto tema vanta anni di esistenza, e una lunga serie di contributi scientifici sono stati prodotti per la determi-nazione dell’ambito di applicazione della disciplina. Non è questa la sede per affrontare una problematica così articolata e si rimanda il lettore interessato alla biblio-grafia di riferimento (si veda per esempio Outram 2008 e relativa bibliografia). Preme qui principalmente sottolineare che una delle fondamentali cause di incomprensione dell’archeologia sperimentale come metodo di ricerca viene ad identifi-carsi con la sottovalutazione del termine “sperimentale” e da tutto ciò che esso sottende1. L’esperimento non

è un’attività casuale: la filosofia della scienza non si è fermata a Galileo, ma ha sviluppato ulteriormente il con-cetto di sperimentazione. Anche in questo caso non ri-sulta utile entrare nel dettaglio, ma occorre sottolineare che attualmente la sperimentazione in archeologia si attua secondo il metodo della falsificazione teorizzato da Popper. Il filosofo, nella sua rivoluzione scientifica2, ha determinato che ogni teoria, per essere scientifica, deve essere falsificabile: non possono esistere teorie “vere” ma solo “valide”. Le interpretazioni archeologiche vengono pertanto messe alla prova tramite una spe-rimentazione che valuta le possibilità di confutazione, non di affermazione delle stesse3.In linea di massima, e per semplificare, il fine dell’e-sperimento in generale, e in questo caso specifico in archeologia, è quello di acquisire conoscenza tramite un processo dinamico di interrogazione (l’esperimento). Tutte le attività di Archeologia Sperimentale propria-mente detta si occupano di indagare i processi che danno luogo ad una serie di caratteristiche della fonte archeologica (dalle modificazioni postdeposizionali, alla tecnologia di produzione, all’utilizzo dei manufatti ed alle considerazioni derivate sul contesto di riferimento). Ecco perché risulta molto difficoltoso scattare un’im-magine dell’Archeologia Sperimentale: perché si tratta di un processo dinamico. Inoltre, il fine dell’Archeologia Sperimentale è quella di affinare gli strumenti di inter-pretazione del dato archeologico, non quello di costru-ire repliche di oggetti del passato. In questa prospet-

1 Non si dimenticano per questo le gravi incomprensioni che offuscano il termine “archeologia” nel contesto culturale e mediatico italiano che hanno le proprie radici nell’assenza di riconoscimento e di ricezione da parte del mondo accademico della rivoluzione metodologica avvenuta con la New Archaeology e del successivo dibattito teoretico. Il tema meriterebbe una trattazione a parte.

2 Popper, 1959.3 «…the elimination of non-knowledge » (Ingersoll and Macdonald

1977, p. xvi).

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panna realizzata su un’interpretazione del dato archeo-logico è una ipotesi tangibile, e come tale, può cadere oppure no5. Ma questa coscienza sembra sia rimasta unicamente a livello di ricerca specializzata e non viene mai esplicitato durante la divulgazione. Dal punto di vi-sta scientifico, quindi, un simbolo di qualità di una rico-struzione, potrebbe identificarsi nell’apporre un punto interrogativo ben visibile al pubblico6. Tutte le considerazioni sopra riportate, e gli ambiti spesso molto agguerriti di discussione, hanno portato ad una frattura tangibile tra l’ambito della ricerca da un lato e quello della divulgazione e del turismo dall’altro, con grave detrimento per tutti i soggetti coinvolti. È a questo proposito che i Musei Archeologici all’Aperto costituiscono un luogo cruciale per la risoluzione della frattura. Infatti la maggior parte delle attività che in essi hanno luogo ricadono negli ambiti della divulgazione e del turismo, benché si continui ad utilizzare in modo improprio il termine “archeologia sperimentale”. La frat-tura rischia di creare uno iato tra la divulgazione e turi-smo da una parte e la ricerca dall’altra, anche perché quest’ultima reclama, a ragione, l’esclusività dell’utilizzo del termine per salvaguardare il metodo e il conse-guente contributo scientifico.Ma non scoraggiamoci: i termini della frattura non sono così netti, e gli ambiti in realtà sono sovrapposti e co-esistenti, presentando la potenzialità di una risoluzione positiva (Comis 2010).

tiva, le repliche di reperti archeologici sono solo i mezzi dell’Archeologia Sperimentale, mai il fine. Questo con-cetto incontra grandissima resistenza in tutti gli ambiti di applicazione, ove spesso anche gli istituti di ricerca che utilizzano metodi antichi per effettuare repliche fina-lizzate alla divulgazione credono di trovare una creden-ziale nell’utilizzo del termine “archeologia sperimentale”, benché, a meno che i risultati dei processi non vengano condivisi con la comunità scientifica per avere un’effet-tiva ricaduta sulla ricerca archeologica, si tratti in realtà di “storia della tecnologia in pratica”.Un altro fattore di svalutazione del metodo sperimen-tale in archeologia è la falsa credenza che tutto ciò che è “archeologia sperimentale” debba essere svolto in modo “filologico”. Anche se le fasi di valutazione delle variabili possono avvenire (a seconda dell’ambito in-dagato) secondo i crismi di “filologicità”4, la parte più significativa dell’esperimento (quella che effettivamente restituisce dati sulla falsificazione delle ipotesi), può svolgersi tranquillamente in laboratorio utilizzando ma-teriali diversi rispetto agli originali. Questo avviene per-ché l’esperimento deve riuscire a valutare i rapporti tra le variabili sotto indagine. Se non fosse così, bisogne-rebbe inventare di nuovo mille volte l’acqua calda. Le interpretazioni del dato archeologico che vengono ricostruite tridimensionalmente non sono quindi un’af-fermazione sul passato, ma rappresentano al contra-rio una domanda. Nell’esempio ormai ben conosciuto nella letteratura specializzata, la ricostruzione di una ca-

4 Si utilizza questo termine nell’accezione comunemente usata negli ambiti descritti, pur essendo pienamente consapevoli che l’utilizzo di tale termine è improprio per il dato unicamente materiale.

5 Reynolds aveva tentato di creare un termine apposito per indicare questi “modelli interpretativi tridimensionali”, ovvero “construct” (Reynolds 1999, p. 159)

6 Un aspetto decisamente sottovalutato dell’Archeologia Sperimentale è quello del coinvolgimento del pubblico nell’interrogazione attiva del passato. A Lejre (DK) il visitatore può interagire direttamente negli esperimenti portati avanti da ricercatori selezionati e può quindi attivamente partecipare, e con piena consapevolezza, alla ricerca attiva ed in ultima analisi alla creazione del proprio universo di interpretazione.

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Fig. 1 Le Musée des Temps Barbares, Marles (FR). Museo Archeologico all’Aperto con esposizione di reperti archeologici originali (foto: cortesia di R. P. Pardekooper).

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Musei Archeologici all’Aperto

Per descrivere in pratica cosa sono i Musei Archeolo-gici all’Aperto si riporta parte di un testo dedicato all’ar-gomento: «I contesti di vita esplorati tramite scavo archeologico molto spesso restituiscono dati e non monumenti: lo scavo archeologico, per sua definizione, è una distru-zione ordinata del sito (Harris 1983, p. 108). In molti casi, inoltre, le aree soggette ad indagine archeologica non consentono di poter conservare in situ i reperti a causa delle finalità oggettive degli interventi di scavo nel contesto architettonico, urbanistico ed edilizio. Esi-stono molte opere nelle quali le strutture archeologiche rinvenute in occasione di interventi edilizi hanno trovato spazio grazie a modifiche progettuali. Ma sia le strutture che gli eventuali reperti vengono comunque ancora in-quadrati nel contatto diretto con i fruitori dell’edificio o dello spazio pubblico. Mancano alla visibilità ed alla vi-vibilità dell’antico proprio tutte quelle informazioni che provengono dai dati di scavo. Sono infatti i dati di scavo a costituire il vero contributo all’archeologia ed alla sto-ria di un luogo, benché si tratti di un patrimonio intangi-bile. La volontà di renderlo fruibile non solo agli studiosi del settore, ma anche ad un pubblico più ampio, ha tro-vato una soluzione nella ricerca applicata alla ricostru-zione tridimensionale dei siti sottoposti ad analisi stra-tigrafica e spesso non musealizzabili in senso stretto. In altri termini, mentre l’esposizione museale classica

presenta direttamente al pubblico i resti delle antiche civiltà ed illustra visivamente o con l’ausilio di altri media il contesto di rinvenimento (fig. 1), il museo archeologico all’aperto rappresenta fisicamente il contesto di rinveni-mento secondo interpretazioni ricostruttive appropriate e si serve di repliche di manufatti originali, dimostra-zioni di tecnologia antica e, soprattutto nell’Europa del Nord, di living history e re-enactment per coinvolgere il pubblico nell’attualità del passato (fig. 2). Tramite que-sti mezzi, i musei archeologici all’aperto rappresentano l’ultima frontiera della divulgazione del patrimonio ar-cheologico. Nel museo archeologico inteso nel senso classico del termine, con vetrine ed esposizioni di og-getti del passato, il fruitore si trova a rivestire una posi-zione passiva, mentre il Museo Archeologico all’Aperto mira ad ottenere un coinvolgimento attivo del visitatore tramite l’interazione esperienziale con le interpretazioni tridimensionali del passato» (Comis 2009).Risulta inoltre utile citare la definizione del Museo Ar-cheologico all’Aperto elaborata ed adottata dal 2008 dal Network internazionale EXARC7:«Un Museo Archeologico all’Aperto è un’istituzione no-profit permanente con ricostruzioni architettoniche tri-dimensionali all’aperto basate principalmente su fonti archeologiche. Contiene collezioni di risorse di cultura immateriale e fornisce un’interpretazione di come le persone vivevano ed agivano nel passato; questo viene realizzato tramite valide procedure scientifiche con fini di educazione, studio e divertimento dei suoi visitatori8».

7 EXARC è un network internazionale affiliato ad ICOM che rappresenta i musei archeologici all’aperto, l’archeologia sperimentale, la tecnologia antica e la live interpretation: http://exarc.net/.

8 La traduzione è stata mantenuta il più letterale possibile, si rimanda tuttavia al sito di EXARC che contiene ulteriori informazioni in merito.

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La nascita di questa nuova tipologia museale ha com-portato un riconoscimento da parte dell’ICOM9, ma esisteva già da lungo tempo, sin dall’inizio del XX se-colo. Sulla scorta dello sviluppo della New Archaeology, alcuni centri ancora attivi oggi hanno visto le proprie origini come puri centri di ricerca sperimentale (Butser, UK; Lejre, DK). Anche in questo caso non verranno ap-profonditi gli aspetti specifici di queste realtà: basterà mettere in evidenza che lo strumento privilegiato di co-municazione con il pubblico (soprattutto nel nord Eu-ropa) viene identificato nella cosiddetta “live interpreta-tion”10. Se consideriamo la particolare tipologia di questo mu-seo, caratterizzata in primis dall’esistenza di strutture architettoniche, ci troviamo in presenza di una “casa” ideale per il rievocatore: un luogo fisico ove si possono svolgere tutte le attività connesse con la rievocazione11. Il rievocatore diviene quindi potenzialmente una risorsa per i musei archeologici all’aperto che può migliorare considerevolmente la qualità e la connotazione fisica del luogo e incentivare la divulgazione attiva con i vi-sitatori. Non dobbiamo infatti dimenticare che i Musei Archeologici all’Aperto rivestono grande importanza culturale e turistica: sono vere e proprie isole del tempo che emergono dal paesaggio contemporaneo, renden-dolo unico ed inimitabile così come uniche ed inimitabili sono le culture che l’hanno creato e trasformato.

Per integrare la rievocazione come risorsa nei Musei Archeologici all’Aperto

Come sopra riportato, si è volutamente utilizzato il ter-mine “live interpretation” per connotare le attività com-prese all’interno del Museo Archeologico all’Aperto. La scelta è stata determinata in base al fatto che la forma di divulgazione chiamata “live interpretation”, utilizzata anche in altri ambiti prettamente storici o museali con grande efficacia, ha la sua caratteristica principale nell’utilizzo di tecniche specifiche, tra le quali primeg-giano le tecniche teatrali12. Il primo impulso per creare una professionalità adeguata nel contesto dei Musei Ar-cheologici all’Aperto per il rievocatore è data dalla con-sapevolezza, e dalla conseguente responsabilità, del contatto con il pubblico. Un’adeguata formazione sulle tecniche di comunicazione è quindi fondamentale13.È inoltre necessario per un operatore di live interpre-tation conoscere il modo con il quale vengono acqui-site le informazioni che si divulgano e che ciò che si sta divulgando non è “VERO”, ma solo “VALIDO”14, so-prattutto per quanto concerne la divulgazione in ambito archeologico. Al di là della comunicazione con il pubblico, esiste un ulteriore e notevole potenziale per il rievocatore. Infatti, se affiancato ad un ricercatore, il rievocatore può parte-cipare attivamente nella sperimentazione archeologica in quelli che vengono chiamati “esperimenti di prima

9 International Council of Museums: http://www.icom-italia.org/.10 Questo termine molto ampio comprende tutte le tecniche di

interpretazione “dal vivo” con finalità divulgative e di conseguenza anche la rievocazione storica. Si veda IMTAL Europe (International Museum Theatre Alliance) per alcune definizioni di tecniche divulgative: http://www.imtal-europe.net.

11 Sono moltissimi in Italia i gruppi di rievocazione che da alcuni anni tentano di costruirsi un proprio spazio stabile ove portare avanti le proprie attività.

12 Si veda Biddulph 2006.13 E dovrebbe esserlo anche per tutti coloro che svolgono compiti di

divulgazione all’interno di strutture culturali.14 Si veda a tale proposito il dibattito su “EuroREA” 7/2010 pp. 59-61.

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Fig. 2Le Musée des Temps Barbares, Marles (FR). L’uso degli oggetti esposti in vetrina viene dimostrato da un rievocatore (foto: cortesia di R. P. Pardekooper).

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generazione”, ovvero quelli nei quali vengono valutate le variabili connesse all’indagine (Outram 2008). Questa potenzialità, cruciale per il mantenimento della dinamica di interrogazione del passato, incontra molti ostacoli a causa di due fattori fondamentali:

1. la sperimentazione non è tra le finalità reali di un Mu-seo Archeologico all’Aperto né dei rievocatori;

2. l’eventuale sperimentazione effettuata non viene divulgata alla comunità scientifica ma al contrario viene tesaurizzata secondo logiche di “mercato”15 che non tengono in giusto conto il valore scientifico, culturale e sociale;

Per quanto concerne la sperimentazione, l’ostacolo è determinato a monte da una notevole difficoltà di ap-proccio alle fonti archeologiche ed alla frattura con il mondo accademico che ha come conseguenza un dif-ficile rapporto con gli enti preposti alla tutela dei Beni Archeologici (aspetto prettamente tipico del nostro pa-ese). Su questa premessa, inoltre, a valle, si tende a prediligere l’afflusso turistico (o il conseguente ritorno economico immediato) senza considerare le poten-zialità culturali e sociali insite nelle dinamiche della ri-evocazione, né tantomeno l’indotto che iniziative simili hanno sul territorio interessato. Il secondo fattore si verifica poiché non si è valutata appieno la struttura della risorsa attualmente frammentata, e che potrebbe invece avere un impulso di rinnovamento proprio nel ruolo della ricerca. L’attuale svalutazione della ricerca

comporta una situazione paradossale: i risultati delle ricerche sperimentali sono spesso utilizzati dai rievoca-tori; in alcuni casi i rievocatori svolgono inconsciamente dei veri e propri esperimenti, che tuttavia non vengono supportati da un adeguata divulgazione o peggio, ven-gono considerati e divulgati come risolutivi di un pro-blema interpretativo e messi in vendita.Il problema è pertanto dotato di notevole complessità poiché riguarda un’area di sovrapposizione tra molte istituzioni e molti gruppi di individui di diversa compe-tenza. Tra essi esistono delle relazioni già consolidate che non danno però origine a circoli virtuosi (Comis 2010 p. 11 fig. 3). La conseguenza dal punto di vista educativo per il pubblico e per la comunità, oggetto e fruitore contemporaneamente di tutte le attività di cui sopra, è desolante. In assenza delle caratteristiche che possano sviluppare appieno le potenzialità della rievocazione, essa rive-ste esclusivamente carattere ludico e non può essere utilizzata per valorizzare, ma solo (e non è comunque poco16 ) per “animare”. Concluderei questo articolo con la considerazione che il fine dell’Archeologia Sperimentale, della live interpre-tation e dei Musei Archeologici all’Aperto non è quella di creare una macchina del tempo. Se esistesse la mac-china del tempo probabilmente dovremmo buttare al macero migliaia di tonnellate di studi di antichistica e di-battiti centenari, cosa che arrecherebbe molto disturbo a non poche persone. Per fortuna la macchina del tempo non esiste, ed è possibile continuare ad avere

15 Si utilizza volutamente questo termine in accezione dispregiativa per sottolineare la carenza di un’adeguata politica di marketing culturale.

16 Le potenzialità di autorappresentazione sociale e identificazione culturale della rievocazione sono ben note e a volte consapevolmente utilizzate dai rievocatori stessi, ma non adeguatamente riconosciute dagli enti.

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all’Aperto una notevole risorsa dinamica di rinnova-mento continuo tramite la prosecuzione della ricerca scientifica.Come potrebbe attuarsi il circolo virtuoso sopra deline-ato? Sarebbe necessario integrare la rievocazione con le risorse di cultura immateriale (o intangibile) che carat-terizza i Musei Archeologici all’Aperto, fornire gli stru-menti per una collaborazione fruttuosa tra ricercatori e rievocatori e creare un network di buone pratiche che possano consolidarsi tra i soggetti e gli enti preposti alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio archeolo-gico. Il progetto “Antiqva Italia” è il primo passo in que-sta direzione. Si è cercato di creare una piattaforma di comunicazione e scambio tra enti e associazioni per la condivisione di buone pratiche e di fornire una struttura alla grande risorsa rappresentata dalla Rievocazione dell’Evo Antico in Italia. Il secondo passo mosso in questa direzione (che per essere considerata dinamica potrebbe essere assimilata ad una danza) è il progetto “È di scena la storia”, organizzato in collaborazione con diversi enti sotto la direzione dell’IBC dove è stato pos-sibile effettuare un vero e proprio corso di formazione destinato a operatori museali, rievocatori e personale di enti territoriali o di tutela del patrimonio, portandoli ad interagire direttamente sui temi trattati.Ci si augura che anche l’aspetto della ricerca, per molti versi il più tralasciato dagli enti di competenza, venga presto preso in considerazione perché possa dare il ritmo ad una danza che ne ha necessità per mantenersi in vita.

un dialogo costruttivo con le testimonianze del passato con reciproco rispetto. Piuttosto, sarebbe più utile per l’archeologia in generale e indirettamente agli ambiti so-pra descritti, realizzare progetti mediatici per scuotere le coscienze, per esempio Indiana Jones che invece di andare a caccia di tesori dorati compila un matrix17.

Conclusioni e prospettive

L’Archeologia Sperimentale, al di là degli usi impropri del termine, è un metodo di ricerca che ha come fina-lità il miglioramento delle interpretazioni archeologiche e l’acquisizione di conoscenza in ambito archeologico. È un metodo dinamico di interrogazione del passato, che parte dall’Archeologia e torna all’Archeologia. Questo metodo ha ricadute divulgative di grande impatto che spesso danno luogo a ricostruzioni tridimensionali, ma che tuttavia non ne costituiscono le finalità. I Musei Archeologici all’aperto, come luoghi privilegiati ove esistono ricostruzioni ipotetiche tridimensionali e che quindi sono strettamente connessi all’Archeologia Sperimentale, sono dei veri e propri serbatoi fisici di cultura dell’antico “dal vivo”. È nei Musei Archeologici all’Aperto che la living history e il re-enactment possono “trovare casa” come strumento di mediazione culturale a livello professionale sotto forma di live interpretation, presupponendo cioè un’adeguata formazione sulle tecniche di comunicazione. A livello potenziale, inoltre, l’Archeologia Sperimentale in collaborazione con la ri-evocazione potrebbe costituire nei Musei Archeologici

17 Se non si conosce il significato della parola matrix in ambito archeologico, si veda Harris 1983. Il progetto (sarcastico) mediatico non è uno scherzo. È stato proposto nel giugno 2013 ad ArcheoUnict

per la realizzazione, dopo la memorabile relazione di Manacorda a conclusione del V Convegno dei Giovani Archeologi a Catania (maggio 2013).

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Bibliografia

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L. Comis 2010, Experimental archaeology. Methodology and new perspectives in Archaeological Open Air Museums, in “EuroREA”, 6/2010, pp. 9-12.

E.C. Harris 1983, Principi di stratigrafia archeologica, Roma, La Nuova Italia Scientifica.

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Le ricostruzioni storiche dell’epoca romana, sia in Italia che all’estero, sono un settore in evoluzione e nel con-testo culturale rappresentano una risposta alla ricerca di percorsi alternativi per la comunicazione. Devono ve-nire lette nei loro corretti ambiti per evitare errori durante la divulgazione, per mostrare le loro indubbie potenzia-lità, affrancandole da quella dimensione di mero folklore nelle quali talvolta vengono ingiustamente relegate. La riproposizione di spaccati di vita quotidiana del pas-sato, sia civile (come un mercato, un villaggio) che mili-tare (un accampamento) è definita living history, mentre con il termine re-enactment si identifica la realizzazione di un particolare episodio, proposto in forma di rap-presentazione teatrale a cielo aperto, in cui si mesco-lano spettacolo e veridicità storica. Il termine italiano “rievocazione storica” si differenzia dagli altri modi di rappresentare il passato in quanto risulta più aderente al territorio, orientato a costituire un patrimonio per la comunità. La diatriba tra la schiera dei rievocatori e quella degli studiosi di professione, è sempre stata palese, co-munque ridimensionata negli ultimi anni, per giungere ad una collaborazione. Inizialmente i re-enactors pre-sentavano limiti all’incontro con il mondo accademico: insufficienti metodi di ricerca scientifica, mancanza di documentazione storica, bibliografia tematica, mentre,

dall’altro, storici ed archeologi non comprendevano la portata metodologica delle attività artigianali connesse alla rievocazione, cioè della sperimentazione pratica, essenziale invece per la verifica delle conoscenze ac-quisite, derivanti dai dati emersi dalle ricerche o dallo studio delle fonti e dei reperti archeologici.L’archeologia sperimentale è un campo di studi finaliz-zato alla verifica di ipotesi archeologiche mediante il ri-corso ad esperimenti replicativi, avvalendosi del metodo scientifico. Questa disciplina permette di giungere ad una migliore comprensione di alcuni aspetti del mondo del passato, nonché di verificare o scartare congetture ed ipotesi espresse in precedenza sulla semplice base di dati archeologici, tendendo ad affrontare aspetti par-ticolari dell’Antichità e non i grandi eventi storici. Rie-vocare il passato comporta ricreare oggetti d’uso, ve-stiario, arredamento, comportamenti e modi della vita (politica, militare, religiosa); per cui occorre attingere ad una serie di fonti, con l’intento di ricostruire il più fedel-mente o, meglio, verosimilmente possibile, tutto ciò che si vuole mettere in scena. La diretta osservazione della realtà dinamica della cul-tura non materiale, cioè delle strategie comportamen-tali dell’uomo, in situazioni attuali contestualizzate al passato, all’interno delle rievocazioni dei gruppi storici, consente di avere a disposizione un vero e proprio la-

Roman reenacting: esperienze italiane nella rievocazione della Romanità*Erika Berto Dr. Archeologia, autrice de “Il Ritorno dei Romani”

* Questo testo rispecchia l’intervento presentato in occasione del primo incontro di “Antiqva Italia” (S. Lazzaro di Savena, 2010).

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siti archeologici romani, gruppi archeologici locali e re-gionali costituiti da tempo, presenza di gruppi avversari barbari, conformazioni geomorfologica del territorio che permette re-enactments e sperimentazioni belliche.La storia romana comprende un arco temporale molto esteso, complesso e di difficile gestione ed interpreta-zione ricostruttiva; gran parte delle rievocazioni italiane assume come riferimento il periodo imperiale, dei primi due secoli: ciò rappresenta un errore nella rievocazione militare, retaggio del riflesso dei Paesi precursori della rievocazione. Sono comunque presenti gruppi di rie-vocazione repubblicana, monarchica, tardo imperiale nonché ricostruzione di pretoriani. Si privilegia soprat-tutto la vita militare a causa del prestigio che hanno as-sunto le legioni nell’immaginario collettivo, quale poten-tissimo strumento di conquista, di presidio territoriale, di integrazione con i popoli sottomessi e di manteni-mento della pace armata.

Il fenomeno della rievocazione storica nasce nel Nord Europa (Inghilterra, Francia, Germania) già negli anni ’70, nonostante la Classicità vi sia arrivata indiretta-mente e sia stata recepita in modo diverso rispetto all’I-talia. La fortuna della rievocazione è legata al mondo accademico, che si interessa da subito a tale attività, dispensando preziosi consigli in cambio di sperimenta-zioni pratiche funzionali alla ricerca storica.Le differenze più palesi rispetto all’Italia riguardano: la formazione di nuclei, con presenza di donne e bam-bini, nell’ottica di un progetto di accoglimento di intere famiglie, ottenendo un ritratto vivente della vita civile; i re-enactors anziani rappresentano figure quali consoli, senatori, imperatori; la rievocazione militare è dinamica, con dimostrazioni basate sui cambiamenti dell’equi-paggiamento del legionario; è molto diffusa la ricostru-

boratorio di antropologia culturale, dove portare avanti studi etnoarcheologici. In ogni caso, i risultati ottenuti rimangono sempre e comunque delle ipotesi.Il fenomeno della spettacolarizzazione di episodi ri-salenti ad epoche passate, trae le sue origini storiche proprio durante l’Impero Romano, quando i cosiddetti spectacula era costituiti da numerosi generi (tra cui i ludi gladiatori, le naumachie, …); la folla non sembrava mai stanca della violenza e della crudeltà degli spet-tacoli: Sant’Agostino nelle sue confessioni (età tardo imperiale) definirà questo comportamento «inumana voluttà» e la locuzione di Giovenale «panem et circen-ses» rende l’idea dell’arena come una sorta di liturgia popolare finalizzata a risolvere i contrasti dell’anima me-diante l’identificazione con il sacrificato, divenendo poi un sistema di controllo.

In Italia è attiva circa una trentina di gruppi storici, di entità numerica differente, che si occupano esclusiva-mente di rievocazione romana, civile o militare, con nu-merose varianti di elaborazione progettuale della loro attività. Le principali rievocazioni localizzate nel Nord Italia e nel Lazio (ovviamente a Roma), con presenze puntiformi sulla riviera adriatica nelle Marche, in To-scana, in Sardegna ed in Campania. Si evidenzia una carenza del fenomeno nel Sud, dove invece sarebbe auspicabile che amministratori e gruppi archeologici sfruttassero le risorse storiche, in quanto gran parte delle cittadine hanno origine greca o romana. La pre-senza di porzioni di territorio dove i gruppi storici romani sono limitati è plausibile con la preponderanza nella cul-tura locale di un altro periodo storico di identificazione (Medioevo e Rinascimento).Al Nord la maggioranza dei gruppi ha sede nella Pia-nura padana. Molteplici sono le ragioni: abbondanza di

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zione delle ultime legioni del tardo impero; si privilegia la ricostruzione degli ausiliari, come pure dei cavalieri; c’è uno stretto legame con il museo; sono presenti mani-festazioni a carattere nazionale che riuniscono i gruppi storici.

In Italia, a causa della mancanza di dialogo tra i gruppi storici e di forme di rivalità, manca un avvenimento na-zionale con lo scopo di valorizzazione il patrimonio ar-cheologico e favorire la collaborazione e lo scambio di opinioni tra associazioni. Un’idea di progetto a struttura di raduno, temporaneo e ben integrato nell’ambiente di realizzazione, con indicazioni per i potenziali fruitori per identificare facilmente l’esatta cronologia di riferimento, divisione in centri di interesse, in un percorso logico, dove divertimento e scientificità dovranno accompa-gnare re-enactors e pubblico.

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documentaristiche e cinematografiche. Alcune possie-dono anche un’elevata capacità di dialogo con le istitu-zioni di tutela, valorizzazione e di ricerca.Con una tale dotazione di prerogative, non mancano loro i requisiti per realizzare eventi di portata sia nazio-nale che internazionale. Naturalmente, talune possibilità risultano ancora inespresse, così pure la distribuzione geografica delle attività e delle forme di associazioni-smo non appare omogenea, con margini di migliora-mento per il Centro e soprattutto il Sud d’Italia. L’attivazione di tutte le energie e le potenzialità rac-chiuse nella risorsa costituita dagli operatori di rievoca-zione storica è il fine principale del progetto qui presen-tato, tra le cui ricadute più immediate vanno senz’altro annoverate l’attuabilità di eventi di portata nazionale ed europea, la creazione di condizioni per un’interazione costante e consolidata con i processi di promozione del territorio, l’assunzione di un ruolo attivo nelle nuove forme di turismo, l’enfatizzazione dell’apporto culturale e della capacità di mediazione tra pubblico e patrimo-nio.L’espressione e l’incremento delle potenzialità descritte possono essere sostenuti da una serie di azioni inter-connesse, a cominciare dalla creazione di un network di comunicazione permanente, per rendere efficaci, ad uno stesso tempo, il dialogo con l’interno – ovvero tra i diversi gruppi o singoli operatori, con lo scopo di

Il progetto “Antiqva Italia” affronta l’ipotesi di una forma di aggregazione atta a favorire il collegamento fra gli operatori, gli enti, i gruppi di rievocazione e le associa-zioni che operano nel campo della ricostruzione storica dell’antichità, allo scopo di riunire le forze in vista della realizzazione di attività di alto profilo qualitativo e di en-tità superiore alle possibilità dei singoli gruppi o loro raggruppamenti. L’obiettivo ultimo è quello di garantire realizzabilità a progetti altrimenti impossibili, stimolare una collaborazione in grado di portare in luce “buone prassi”, incentivare la crescita quali-quantitativa di co-loro che sono impegnati in questo dominio d’azione.Una seppure sommaria analisi dello “stato dell’arte” attuale pone immediatamente in evidenza le potenzia-lità esistenti: al presente assommano ad oltre una set-tantina le associazioni attive in Italia, alle quali si può calcolare corrisponda almeno un migliaio di rievocatori, secondo una stima di certo non errata per eccesso. A fronte di gruppi poco numerosi, infatti, non sono infre-quenti realtà associative che contano decine e decine di associati. Numerose associazioni rivelano alti livelli qualitativi, testimoniati dall’assidua frequentazione di eventi internazionali, dalla collaborazione con i più im-portanti media e dalla partecipazione a realizzazioni

“Antiqva Italia”. Progetto per un organismo di coordinamento degli enti e delle associazioni che operano nel campo della rievocazione storica dell’antichità*Corrado Re Dottore di ricerca in Antropologia

* Questo testo rispecchia l’intervento presentato in occasione del primo incontro di “Antiqva Italia” (S. Lazzaro di Savena, 2010).

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proposte che vanno nel senso indicato finora. Devono intendersi come esempi di attività che il coordinamento potrebbe svolgere per gli associati, come persegui-mento di alcuni degli scopi ipotizzati per il coordina-mento stesso.Il primo è relativo a un evento in grado di coniugare le potenzialità della rievocazione (o ricostruzione storica) con le procedure della sperimentazione e con la divul-gazione.

“Antiqua experimenta”

Si configura come un progetto, innovativo a scala nazionale, di archeologia sperimentale sugli eserciti dell’antichità. L’evento è dedicato alle tecniche di com-battimento e tattiche del passato (dall’età del Ferro al III  secolo d.C.) e prevede la partecipazione di tutti i gruppi italiani che si occupano di ricostruzione storica, archeologia sperimentale o rievocazione, attinenti al periodo in questione. Parte dell’iniziativa è rivolta anche al pubblico. Un comitato scientifico appositamente costituito e lo staff dell’organizzazione si occupano della redazione del protocollo di comportamento (vincolante per i par-tecipanti), del programma del progetto e della condu-zione delle attività.

ObiettiviFra gli obiettivi primari v’è quello di sottoporre al va-glio della sperimentazione le conoscenze attualmente disponibili sulle tattiche adottate dagli eserciti presenti nella penisola italiana e aree limitrofe nel periodo ap-prossimativamente compreso tra il III sec. a.C. ed il I  sec. d.C. In questa prospettiva, il fattore maggior-mente limitante è la disponibilità di un numero minimo

ottimizzare l’impiego delle energie, finalizzare sforzi e ricerche, produrre sinergie, condividere esperienze e prassi acquisite – e la comunicazione verso l’esterno, indispensabile se si vuole rendere riconoscibile la rie-vocazione della storia antica agli interlocutori a diverso livello: dalla committenza agli enti istituzionali con i quali è opportuno interagire.Un ulteriore fondamentale passaggio, necessario a dare piena espressione e valorizzazione alla rievoca-zione storica dell’antichità, è ideare e realizzare pro-getti comuni a più realtà, in collaborazione e sinergia. È questo un modo, anche se non l’unico, attraverso il quale diviene possibile creare occasioni di condivisione di esperienze e d’individuazione di percorsi di qualità. Condividere l’esperienza (nel senso di mettere a dispo-sizione di altri la propria esperienza acquisita) consente di non disperdere quanto di valido ottenuto dagli sforzi di un gruppo o da un singolo e di renderlo fruibile da parte di tutti gli interessati al medesimo periodo o ar-gomento per tesaurizzarlo e trasformarlo in patrimonio collettivo. Individuare percorsi qualitativi significa far fruttare le esperienze condivise inserendole in un pro-getto di miglioramento. Non si tratta di fissare dei “pa-rametri di qualità”, ma dei tragitti che mettano i membri della rete relazionale nella condizione di ottimizzare l’u-tilizzo delle energie a disposizione per raggiungere gli obiettivi prefissati.La realizzazione di questi passaggi richiede verosimil-mente la costituzione di un coordinamento operativo che possa occuparsi in via continuativa di fare comu-nicazione e promozione, esprimere una capacità pro-gettuale di tipo professionale ed esplorare le modalità di finanziamento.Per calare i concetti espressi in una realtà quantomeno progettuale, a titolo esemplificativo si riportano alcune

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“Ricostruire l’evo antico: arte e ricerca”. Articolato in tre moduli, è volto ad approfondire in particolare due aspetti della ricostruzione storica: i rapporti con l’arche-ologia sperimentale e i progetti di ricerca, da un lato, e la spettacolarizzazione della ricostruzione di combatti-menti dal’altro.Per il primo tema si ipotizza una suddivisione in due moduli, dei quali l’uno, interattivo e comprendente la re-alizzazione di un project work su un’attività di sperimen-tazione archeologica, viene dedicato all’inquadramento teorico dell’attività sperimentale e riguarda la fase di impostazione della ricerca, i protocolli sperimentali, i rapporti con le istituzioni, con analisi di esperienze si-gnificative e panoramica sulle attività europee consimili. L’altro modulo si traduce in un percorso teorico-pratico sulla ricerca nel combattimento individuale nell’antichità e la ritualità bellica e si sviluppa in quattro laboratori pra-tici, a loro volta articolati in tre sezioni relative alle tec-niche di combattimento antiche, combattimenti rituali e ritualità del combattimento; alle arti e tecniche marziali a confronto (con interventi di approfondimento curati da esperti di specifiche tecniche); alle danze armate nelle culture mediterranee e indoeuropee, dalla Protostoria al Rinascimento.Il terzo e ultimo modulo è finalizzato all’apprendimento di tecniche professionali concernenti la sicurezza del combattimento simulato e la sua spettacolarizzazione.

A conclusione di questa breve introduzione sull’idea di un coordinamento tra operatori della ricostruzione sto-rica dell’evo antico, per conferire ulteriore carattere di concretezza alla proposta si ritene utile l’esame della possibile forma giuridica di tale coordinamento. A no-stro avviso, la più indicata attualmente sembra essere l’APS - Associazione di Promozione Sociale, di cui si

sufficiente a tradurre in pratica l’unità tattica di base, che normalmente nessun gruppo autonomo di speri-mentatori riesce a metter in campo.Non meno rilevante è l’obiettivo di creare un momento di confronto delle varie esperienze, tale da permettere un arricchimento del bagaglio sperimentale comples-sivo e, auspicabilmente, da identificare un iter comune di sperimentazione secondo un progetto organico e durevole, orientato a risultati scientificamente significa-tivi.

Iniziative correlateSono previste anche iniziative di promozione cultu-rale, destinate al pubblico, allo scopo di promuovere la conoscenza del tema trattato, il patrimonio storico-archeo logico e il territorio:

• Spaziperl’archeologiasperimentalenonmilitaredelperiodo con attività didattiche

• Ricostruzionidiscenedivitaciviledelperiodo(atti-vità artigianali, domestiche, rituali ecc.)

• Rassegna cortometraggi: presentazione deimate-riali documentari realizzati dai gruppi o realizzati con la collaborazione e la partecipazione dei gruppi spe-rimentali presenti

• Rassegnacinematograficaatema• Visiteguidateperstudenti

La formazione

L’attività di formazione ha un ruolo cardinale in ogni percorso di sviluppo delle potenzialità, pertanto, ai progetti formativi “di base” illustrati altrove in questo stesso volume, si collegano azioni di approfondimento, più specifiche, come il corso che abbiamo denominato

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zioni di promozione sociale riconosciuti dalla Regione: l’attuazione dei principi della pace, del pluralismo delle culture e della solidarietà fra i popoli; lo sviluppo della personalità umana in tutte le sue espressioni e la rimo-zione degli ostacoli che impediscono l’attuazione dei principi di libertà, di uguaglianza, di pari dignità sociale e di pari opportunità, per favorire l’esercizio del diritto alla salute, alla tutela sociale, all’istruzione, alla cultura, alla formazione nonché alla valorizzazione delle attitu-dini e delle capacità professionali; la tutela e valoriz-zazione del patrimonio storico, artistico, ambientale e naturale nonché delle tradizioni locali; la ricerca e pro-mozione culturale, etica e spirituale; la diffusione della pratica sportiva tesa al miglioramento degli stili di vita, della condizione fisica e psichica nonché delle relazioni sociali; lo sviluppo del turismo sociale e la promozione turistica di interesse locale.Relativamente alle prestazioni degli associati, le APS possono assumere, in caso di particolare necessità, lavoratori dipendenti o prestatori d’opera anche ricor-rendo ai propri soci. Tale possibilità è subordinata al sussistere di una prevalenza di lavoro prestato a titolo volontario e gratuito dagli associati.In materia di imposta sugli intrattenimenti, le quote as-sociative ed i contributi erogati alle APS non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell’imposta. Per quanto attiene poi le erogazioni liberali, si segnala che le donazioni effettuate a beneficio di associazioni di promozione sociale sono fiscalmente agevolate.In occasione di particolari eventi o manifestazioni e di durata limitata il sindaco può concedere alle APS au-torizzazioni temporanee alla somministrazione di ali-menti e bevande (in deroga a quanto previsto dall’art. 3 comma 4 della L. 287/91), a condizione – naturalmente – che vengano rispettate le disposizioni igienico-sanita-

fornisce una sintetica descrizione, rimandando ad altra sede ulteriori approfondimenti.

Che cosa è un’associazione di promozione sociale?

Le associazioni di promozione sociale rappresentano specifiche forme associative, ricomprese tra gli enti senza finalità lucrative e costituite ai sensi della Legge 383 del 7/12/2000, che perseguono finalità d’utilità/pro-mozione sociale svolgendo attività rivolte a favore degli associati e/o di terzi. Oltre al provvedimento succitato, la normativa di riferimento include la Legge Regionale n. 34/2002. Le APS fanno dunque parte del macro in-sieme degli enti no profit, che non perseguono finalità lucrative: ogni forma di stabile organizzazione collettiva attraverso la quale vengono perseguiti scopi extra-indi-viduali di natura extra-economica.Il Codice Civile distingue tra forme riconosciute e non riconosciute, con una differenza che si sostanzia nel possesso o meno della personalità giuridica. A quest’ul-tima si collegano alcune prerogative: l’autonomia pa-trimoniale perfetta, per la quale il patrimonio dell’asso-ciazione si presenta distinto ed autonomo rispetto agli associati e amministratori, e la limitazione della respon-sabilità degli amministratori per le obbligazioni assunte in nome e per conto dell’associazione.Ai sensi dell’art. 2 della legge nazionale sono da consi-derarsi associazioni di promozione sociale le associa-zioni riconosciute e non, i movimenti, i gruppi e loro co-ordinamenti o federazioni, costituiti per svolgere, senza finalità di lucro, attività di utilità sociale a favore di asso-ciati e/o di terzi.La legge regionale 34/2002, inoltre, elenca in modo sin-tetico campi di attuazione della finalità delle associa-

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Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, indipendentemente dalla destinazione urbanistica.Per concludere, si ricorda infine che le associazioni che operano per la realizzazione o che partecipano a ma-nifestazioni di particolare interesse storico, artistico e culturale, legate agli usi ed alle tradizioni delle comunità locali, possono accedere al regime fiscale agevolato.

rie e l’addetto alla somministrazione sia in possesso del requisito professionale. L’ente pubblico, inoltre, per tali manifestazioni può concedere in uso non oneroso beni mobili ed immobili.La sede delle APS e i locali nei quali si svolgono le re-lative attività sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta

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Nel settembre 2011 si è svolta la prima edizione di “Ar-cheopolis, festa dell’Archeologia”, una manifestazione che ha come obiettivo la divulgazione di temi legati alla storia antica e alla ricerca archeologica, con particolare riferimento al patrimonio del Museo Civico Archeolo-gico di Bologna e al territorio.L’occasione è nata dalla volontà di celebrare i 2200 anni dalla fondazione della colonia romana di Bononia e contemporaneamente i 130 anni dall’apertura del Mu-seo Civico Archeologico il 25 settembre 1881. L’inizia-tiva ha visto inoltre la compartecipazione di ArteLibro, festival del Libro d’Arte, alla sua ottava edizione, dedi-cata al tema Archeologia/archeologie.Per tre giorni, dal 23 al 25 settembre, Bologna è dunque diventata la città dell’archeologia: 18 mostre, 3 spetta-coli, 3 convegni, 13 conferenze, 16 laboratori didattici, 7 visite guidate e un grande accampamento romano in Piazza Maggiore hanno visto protagonisti la storia an-tica della città e migliaia di persone.I numeri della manifestazione sono stati alti e incorag-gianti per la pianificazione di eventi futuri: quasi 8000 persone hanno visitato il Museo Archeologico tra il ve-nerdì mattina e la domenica pomeriggio e oltre 35.000 le persone che si sono recate nell’arco di due giorni (sa-bato e domenica) al campo romano allestito in Piazza Maggiore, realizzato in collaborazione con i rievocatori del gruppo I legio Italica di Villadose.Il Museo Archeologico non era nuovo né alla collabora-

zione con i gruppi di rievocazione e ricostruzione sto-rica né ad una particolare attenzione verso l’archeologia sperimentale.Già in molte occasioni, infatti, il Museo ha dimostrato una particolare sensibilità verso la ricostruzione del passato attraverso schemi non del tutto convenzionali.Un esempio, la rassegna “Assaggiare l’Antico” realiz-zata nel 2008 in collaborazione con il cuoco Claudio Cavallotti: una serie di incontri sull’alimentazione degli antichi, dagli Egizi all’età romana, seguiti da vere e pro-prie degustazioni che, partendo da una profonda co-noscenza delle fonti antiche relative all’alimentazione, hanno deliziato i palati di archeologi e visitatori con piatti prelibati (fig. 1).Un analogo interesse verso l’archeologia sperimentale da parte del Museo si è concretizzato nel 2011 nella collaborazione con Vincenzo Pastorelli, artigiano del ferro, da tempo collaboratore del Museo Fantini di Mon-terenzio, che ha messo a disposizione del pubblico la sua esperienza e i suoi manufatti in un incontro legato alla realizzazione e all’uso delle armi lateniane. Per quanto riguarda nello specifico il rapporto con la rie-vocazione storica, nel maggio 2010, in occasione dell’i-naugurazione della nuova Collezione romana, il Museo aveva contattato i rievocatori di Villadose per avere, accanto alle nuove vetrine, le sale popolate di “antichi romani”. Fin da allora ci era chiaro che non andavamo cercando dei semplici “figuranti”, dei “manichini viventi”,

Il Museo Archeologico di Bologna rievoca: l’esempio di “Archeopolis 2011”Paola Giovetti, Federica Guidi Museo Civico Archeologico di Bologna

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ma personale qualificato in grado di confrontarsi con le domande dei visitatori, pronti a dare spiegazioni detta-gliate del loro abbigliamento e degli oggetti che porta-vano addosso (figg. 2- 3).

Fig. 1“Assaggiare l’Antico” al Museo Civico Archeologico, 2008.

È infatti importante che gli istituti culturali per primi ri-conoscano ai rievocatori e alle associazioni culturali di archeologia sperimentale una dignità che va ben oltre quella di semplici figuranti. Occorre, insomma,

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dalle Soprintendenze, dalle Università, dai Musei e dalla comunità scientifica, è altresì vero che una corretta col-laborazione tra Musei e associazioni di ricostruzione e rievocazione storica vada a reciproco vantaggio.

avere ben chiaro che un rievocatore e un “centurione” in scarpe da tennis che staziona davanti agli archi del Colosseo sono due cose completamente differenti. Se nei confronti di questi ultimi sono giuste le posizioni di forte e distaccato rigore assunte, anche di recente,

Fig. 2Inaugurazione della Collezione Romana, 2010.

Fig. 3 A colloquio con un “legionario”, durante l’Inaugurazione della Collezione Romana, 2010.

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loricata rinvenuta nel 1513 nell’area dell’antico teatro cit-tadino e oggi conservata al Museo Archeologico che, proprio nel 2011, è stata sottoposta ad un intervento di restauro in occasione del prestito concesso per la mostra “Nerone”, tenutasi a Roma dal 12 aprile 2011 al 15 gennaio 2012.Il caso ha voluto che il gruppo di rievocazione cui ci siamo rivolti si ispirasse proprio nel nome, I Legio Italica, ad una legione nata per volontà dell’imperatore Nerone, con l’intento di farne una specie di corpo scelto.Nella realtà odierna tale Associazione di rievocazione ha grande esperienza a livello nazionale e internazio-nale, con collaborazioni in paesi europei, come ad esempio la Germania, dove la rievocazione storica è sperimentata da molto tempo.Fin da subito l’Associazione si è dimostrata felice di aderire alla nostra idea di ricreare in Piazza Maggiore un accampamento romano e per molti mesi abbiamo la-vorato insieme, dando vita ad un progetto comune che ha potuto avvalersi da un lato delle necessarie compe-tenze storico scientifiche del Museo e dall’altro dell’e-sperienza e del grande entusiasmo dei rievocatori.Quello di “Archeopolis” è sicuramente un esempio vir-tuoso – non certo isolato, ma ancora abbastanza raro in Italia – di collaborazione tra una realtà museale di consolidata tradizione e un gruppo di rievocazione e ricostruzione storica, sulla scia di quanto accade da anni in molti musei di Europa: basti ricordare le colossali manifestazioni organizzate dal Museo e Parco archeo-logico di Kalkriese in Germania per celebrare il bimille-nario della battaglia di Teutoburgo. Un Museo di tradizione ottocentesca, ma con una grande sensibilità e vocazione verso il presente e il fu-turo, quale è il nostro si è quindi inserito in uno spazio che allo stato attuale delle cose vede ancora troppo ra-

La comunità scientifica e museale può ottenere dalla rievocazione e dalla ricostruzione storica non solo una maggiore presa sul pubblico, ma anche avere più chiare certe dinamiche empiriche e sperimentali che possono sfuggire quando gli oggetti archeologici giacciono nelle vetrine, decontestualizzati dal loro uso quotidiano.D’altro canto le associazioni di rievocazione, avvalen-dosi della consulenza scientifica degli archeologi e degli storici, possono evitare di incappare in errori e miglio-rare le loro conoscenze, poiché va tenuto presente che la maggior parte dei rievocatori è composta non da professionisti, ma da appassionati.Per “Archeopolis 2011” avevamo necessità di un gruppo che rappresentasse un esercito del I sec d.C. e che si adattasse alle esigenze di una manifestazione con scopi didattici, ma anche evocativi e divertenti e che, tra l’altro, doveva tenere desta l’attenzione su tutto l’evento “Archeopolis” per due interi giorni, da mattina a sera. A questo si aggiungeva la difficoltà di creare un evento sì all’aperto, ma nel cuore della città, in pieno centro sto-rico e non in uno spazio verde e decentrato; è evidente che l’impatto con i cittadini assumeva, nel nostro caso, grande rilevanza.Dal punto di vista scientifico, il rischio maggiore era quello di realizzare uno spettacolo non sufficientemente supportato dalle fonti antiche: infatti, non si menzionano battaglie specifiche in contesto urbano per la “conqui-sta” di Bologna gallica, né vi sono dati sulla presenza di un accampamento in città quando la colonia fu dedotta nel 189 a.C.Pertanto abbiamo scelto di non presentare un ipotetico scontro tra popoli alle origini di Bononia, ma di allestire un accampamento “ideale” della metà del I secolo d.C., proprio quando la città è oggetto delle attenzioni del futuro imperatore Nerone: lo testimonia anche la statua

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legionario, per “fotografare” la legione anche nel suo aspetto in tempo di pace. (fig. 4)L’accampamento, che ospitava 30-35 legionari, era composto da una tenda praetoria, da una tenda dei principia e da otto tende destinate alle attività didatti-che e dimostrative: il ruolo degli ufficiali; le insegne della legione; la medicina; la topografia, l’orientamento e l’a-stronomia; armi, armature e tecniche di combattimento; il bagaglio del legionario; la musica; la lavorazione del ferro, del legno, del cuoio, la creazione dell’equipaggia-mento; la cucina; le macchine da guerra e da assedio (figg. 5-9).

ramente i grandi musei agire in prima persona nell’orga-nizzazione di queste manifestazioni.L’esempio di “Archeopolis” si può quindi configurare come un valido banco di prova per la costruzione di una stretta e prolungata collaborazione tra un grande mu-seo archeologico (che – non dimentichiamolo – fa parte di una assai più complessa macchina comunale) e le associazioni di reenacting e archeologia sperimentale. È forse scontato dirlo, ma più grande è il museo e più è inserito all’interno di una struttura organizzativa com-plessa e articolata, maggiori sono i problemi da affron-tare, soprattutto per quanto riguarda la gestione delle risorse economiche nell’ambito del sistema dei Musei Civici di Bologna, oltre che in me-rito alla complessa organizzazione e programmazione di una grande città quale è Bologna. A ciò si ag-giunga che Piazza Maggiore non si presentava certamente come una piazza facile.Stabilito il rapporto e le reciproche competenze dei rievocatori e dello staff del museo, si è delineata in-sieme, punto per punto, l’organiz-zazione dell’accampamento, che per i motivi sopra citati doveva configurarsi come un grande la-boratorio didattico a cielo aperto: ogni tenda doveva avere una sua attività specifica, per illustrare al pubblico non solo le attività belli-che ma anche la vita quotidiana del

Fig. 4L’allestimento del campo legionario in Piazza Maggiore.

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Fig. 5L’accampamento dall’alto.

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Fig. 6La tenda dei principia.

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Fig. 7Musica e strumenti musicali.

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Fig. 8L’opera del sutor.

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Fig. 9Dipingere lo scudo.

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quotidiani di addestramento, ad orari precisi, uno al mattino e l’altro al pomeriggio, per permettere al pub-blico di vedere e quasi toccare con mano la grande capacità organizzativa della legione romana. Anche in questo caso i rievocatori non si sono certo risparmiati e hanno dato vita ad addestramenti minacciosi quanto coinvolgenti, con tanto di simulazione di combattimenti e creazione di differenti schemi tattici (figg. 10-12).

L’attività didattica davanti alle tende è stata a disposi-zione del pubblico per due giorni interi e ciò ha indub-biamente comportato un notevole impegno per tutti i rievocatori, che hanno generosamente soddisfatto per ore ed ore le domande del foltissimo pubblico presente nel campo.Oltre all’attività didattica, per fornire un momento di grande spettacolarità, abbiamo ideato due momenti

Fig. 10L’addestramento.

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Fig. 11Vista dall’alto della “legione” in assalto.

Fig. 12Il pubblico dei più giovani durante l’addestramento.

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Le scelte di comunicazione dell’intera manifestazione “Archeopolis” sono state oggetto di particolare atten-zione e di soluzioni innovative per un museo storico quale il nostro, che desiderava affiancare ai canali e alle forme tradizionali di promozione delle proprie iniziative e nel contatto con il proprio pubblico, nuovi linguaggi. Oltre ai più consueti canali di informazione, quali de-pliant, programmi, informative alla stampa di settore e ai quotidiani, si è scelto di sperimentare, a partire dal logo (una Gorgone irreverente) (fig. 13) e dalla scelta dei colori dell’immagine coordinata decisamente poco classici (il verde acido e il fucsia), altre forme di comu-nicazione come il guerrilla marketing. Si tratta di una promozione non convenzionale e a basso costo, otte-

Fig. 13Il logo di “Archeopolis”.

Fig. 14Guerrilla marketing per le vie di Bologna.

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nuta attraverso l’utilizzo creativo di mezzi e strumenti che fanno leva sull’immaginario e sui mec-canismi psicologici degli utenti finali. In collaborazione con Stu-dio Talpa, a cui avevamo affidato la creazione della grafica coordi-nata di “Archeopolis”, abbiamo realizzato una serie di “annunci” con funzione di teaser, con i quali abbiamo tappezzato la città nei giorni immediatamente a ridosso dell’evento (figg. 14-16). L’impatto di tali avvisi è stato forte, tanto da sollevare l’attenzione allarmata dei quotidiani e della Polizia Munici-pale e ha sicuramente contribuito ad attirare il pubblico all’accam-pamento in Piazza Maggiore.

Fig. 15Un esempio di “annuncio”: “AFFITTASI INSULA”.

Fig. 16Un esempio di “annuncio”: “ZTL - Zona a Traffico Legionario”.

Fig. 17I pannelli del campo.

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Grande attenzione è stata posta per la comunicazione dell’evento principale di Archeopolis, cioè l’accampa-mento romano in piazza, sia nell’aspetto grafico – con grandi pannelli colorati all’ingresso e un pieghevole de-dicato – che nel linguaggio; ad esempio le Frequenter Petitae Quaestiones attorno alla vita del legionario, sulla falsa riga delle più note FAQ (figg. 17-18).

Altro elemento di innovazione è stata la scelta di realiz-zare un sito web appositamente dedicato ad “Archeo-polis”, collegato anche ai social network, consenten-doci così di avere un feedback immediato con il nostro pubblico, in particolar modo con i più giovani.

Fig. 18Le Frequenter Petitae Quaestiones sul pieghevole dell’accampamento.

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museo, non solo durante i giorni della manifestazione ma anche nei mesi successivi. Segno questo che la cultura archeologica può raggiungere un vasto pub-blico e che formule analoghe di trasmissione di questa affascinante quanto complessa disciplina sono sicura-mente una strada da percorrere anche in futuro.“Archeopolis 2014”, dedicata agli Etruschi, ci dirà se ab-biamo seminato bene.

La sperimentazione ha riguardato anche l’aspetto del merchandising, con la realizzazione di pin, magliette e shopper con il logo di “Archeopolis”, che, luce sulla base dei risultati di vendita, ha incontrato un grande fa-vore da parte del pubblico (fig. 19).Alla luce dei dati dei visitatori e dei numerosi commenti del pubblico, Archeopolis nel suo complesso, e in par-ticolar modo l’esperienza della rievocazione, è stata un valido mezzo per traghettare la gente verso il nostro

Fig. 19Alcuni esempi del merchandising prodotto in occasione di “Archeopolis”, nella vetrina di Bologna Welcome in piazza Maggiore.

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Problematiche della didattica nei Musei e nelle aree archeologiche

La città etrusca di Marzabotto appare luogo ideale per far rivivere e comunicare il passato. Tale potenzialità è dovuta sia all’eccezionale conservazione dell’intero im-pianto urbano, che consente di evocare al meglio per-corsi, distanze, luoghi di riferimento, dalle case di abita-zione, all’Acropoli, alle sue necropoli, sia alla presenza al suo interno del relativo Museo, che permette un’im-mediata contestualizzazione dei reperti rinvenuti nelle varie zone della città.Considerato che la rievocazione storica è per sua stessa natura un modo diverso di fare didattica, in que-sto ultimo decennio la direzione del Museo ha puntato ad introdurre e a favorire, in modo via via più diffuso e coinvolgente, queste forme di sperimentazione, af-finchè potessero contribuire a fare di museo ed area archeologica un luogo vivo, dove i visitatori sentissero attrazione ad entrare, restare e ritornare.Molti i presupposti teorici alla base di questo progetto che si possono qui solo brevemente riassumere. In primis la constatazione che seppure Museo e parco archeologico sono due realtà apparentemente simili per identità delle componenti (in entrambi i casi testi-

monianze archeologiche mobili o immobili) nascono bensì da concezioni assai differenti. Nel museo infatti gli oggetti sono raccolti e contenuti con uno scopo che è prima di ogni altro conservativo, mentre la funzione co-municativa, quella che nel moderno dibattito è al centro dell’attenzione, è venuta solo in un secondo tempo. Il parco archeologico ha invece una intrinseca vocazione didattica ed evocativa. In esso la funzione di mostrare prevale anche quando è evidente che l’esposizione a cielo aperto dei monumenti aumenta di molto i rischi connessi alla salvaguardia degli stessi. Quanto più è alto il rischio del degrado, per combattere il quale sarà necessario grande impegno tecnico ed economico, tanto più è indispensabile che dall’esposizione dei resti, comunque fragili e bisognosi di manutenzioni continue, si ricavi conoscenza, comprensione e partecipazione da parte di una fascia di visitatori sempre più estesa. Sebbene il sito archeologico e, a maggior ragione, il parco, presentino aspetti e problematiche di didattica e comunicazione assai particolari, è pur vero che val-gono per essi e per l’analisi delle caratteristiche dei loro visitatori, reali e potenziali, strategie di analisi sostan-zialmente analoghe a quelle del museo, anche in con-siderazione di come i resti monumentali trovino il loro migliore completamento e spiegazione nella presenza

“Gli Etruschi rivivono a Marzabotto”:esperienze didattiche e festival storico di “KAINUA” Paola Desantis Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-RomagnaRita Filippini Istituto Comprensivo di MarzabottoCorrado Re Dottore di ricerca in Antropologia

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avvicinarsi in modo volontario e consapevole, a corolla-rio e supporto di una cultura già ben formata. L’approccio emotivo cerca invece di utilizzare emozioni, ricordi personali, sensi, intuito, associazioni di idee, per tentare di superare di un balzo gli anni luce di dati, in-formazioni, riflessioni e processi culturali che separano la massa dei visitatori dalla comprensione di significati e interazioni proposte dal “sistema degli oggetti”. L’emo-zione è certo un valore ma non è di per sé un codice che ci permetta di riflettere e non si può sperare di tro-vare in essa la panacea di ogni lacuna ma solo l’attiva-tore privilegiato di un processo critico, senza il quale l’apprendimento e l’introspezione non hanno la possibi-lità di procedere. È faticoso, talvolta disperante, tentare di colmare questo divario, ma mettere in atto ogni stra-tegia per riuscirvi appare imperativo categorico del vi-vere civile, per trascinare un pubblico sempre maggiore al museo, approfittando dell’occasione per catturarlo, affascinarlo e sedurlo, proponendo valori quali identità storica, ermeneutica delle immagini, narrazione di una storia condivisa.Il motore di questa complessa operazione è la consape-volezza di come il patrimonio culturale fornisca al citta-dino identità culturale e senso della storia, che sono alla base dell’irrinunciabile senso di appartenenza. In que-sta ottica il museo ha dunque ricevuto dalla comunità il mandato di rendere accessibili, fisicamente e cultural-mente, le sue opere (che a tale scopo ha conservato, documentato e studiato). Il sistema degli oggetti che informa di sé un allestimento museale non può da solo spiegare sé stesso, proprio perché la massima parte di tali oggetti non sono certo nati in funzione della loro esposizione. È la necessaria “deportazione” di queste cose in un museo che ne provoca la decontestualizza-zione e la conseguente cosiddetta “sottrazione di fatti-

in loco di un antiquarium-museo che raccoglie e offre alla vista del pubblico i reperti mobili provenienti dallo stesso sito.Delle tre funzioni storiche del museo, individuate nella conservazione delle opere che costituiscono il patrimo-nio di quel museo, nella catalogazione e conoscenza delle stesse e nella loro valorizzazione e fruizione, quest’ultima funzione, di carattere prettamente comu-nicativo, è oggi diventata imperativo categorico. Senza perdere di vista i primi due fondamentali aspetti citati, che garantiscono rispettivamente il miglior manteni-mento dell’essenza materiale delle singole opere e ne dettagliano la loro identità, nella comunicazione sembra risiedere la specifica natura del nuovo museo, contrap-posto al museo come tempio della cultura per pochi, dove era prevalente il solo aspetto conservativo.Conservare la materialità delle cose è certo imprescin-dibile, ma è almeno altrettanto prioritaria la necessità di comunicarne i significati, vale a dire lavorare nell’ottica di conservare la capacità di comprendere il significato delle cose contenute nei musei, capacità che va colti-vata come bene prezioso per non rischiare di perdere per strada i valori che hanno dato senso alla nostra ci-viltà.Sorge a questo punto, prioritaria, una domanda: come facilitare la comunicazione dei significati sottesi ad ogni percorso museale? Ci sono essenzialmente due scuole di pensiero come due sono essenzialmente i tipi di ap-prendimento, l’apprendimento cognitivo e l’apprendi-mento emotivo.L’approccio cognitivo, quello legato all’assimilazione logica e certo il più elitario, teme il sopravvento delle emozioni e privilegia l’approccio intellettuale al museo con un precostituito bagaglio di informazioni. Prevale in questo approccio la funzione ostensoria del museo, cui

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aha!” che avviene quando, grazie ad un concetto o ad un oggetto esposto nel museo, mettiamo a fuoco in un solo momento una serie di nozioni confuse che già possedevamo. È un’indimenticabile illuminazione, che immediatamente riordina in una serie coerente e signifi-cativa una zona nebbiosa della nostra conoscenza.È evidente a questo punto che il massimo successo di un’esposizione, dal punto di vista della comprensione e della memorizzazione dei contenuti, sarà dato proprio dalla capacità dell’ordinatore di esercitare sul pubblico attraverso il percorso scelto una operazione maieutica. Riportando gli oggetti il più possibile vicino alla sfera non solo cognitiva ma soprattutto emotiva dei singoli, il processo innescato non si svolgerà pertanto solo sul piano della conoscenza, ma si sposterà su quello ben più intimo e personalizzato del vero e proprio “ricono-scimento”, tramite un poderoso alleato quale la memo-ria, intesa nella sua accezione più universalistica di me-moria umana.Su questa falsariga va letto il crescente consenso che si sta creando attorno ad esposizioni che, offrendo una chiave di lettura dell’antico in termini di vissuto quoti-diano, consentano ad ogni tipo di pubblico, seppure con livelli di diversificata profondità, di avvicinarsi con sufficiente soddisfazione ai contenuti conoscitivi propo-sti, attraverso adeguate strategie emotive. Se dunque la presenza di taluni manufatti può evocare ricordi e sentimenti è lo strato di emozioni che sovrapponiamo agli oggetti a trasformare questi ultimi in oggetti ricchi di significato.Dal passato sono giunti fino a noi resti sporadici sia ma-teriali, come manufatti e testi letterari, che immateriali, quali idee e atteggiamenti, ed è proprio questo modo di pensare e di agire dei nostri antichi progenitori che ha improntato di sé quanto di materiale si è conservato

cità”. Didascalie, ambientazioni, ricostruzioni, giocati su tutto quanto può contribuire a ricreare il contesto ori-ginario da cui tali oggetti provengono, è la ricetta per rendere parlante quello specifico sistema degli oggetti e stimolare il desiderio di approfondirne la conoscenza. Certamente la contestualizzazione è molto facilitata nel caso in cui il museo sia collocato all’interno dell’area ar-cheologica, come nel caso di Marzabotto. L’ottimizzazione del processo comunicativo è senza dubbio lo scopo primario che si prefigge un allesti-mento museale, da considerarsi veramente riuscito solo se alla comprensione si associerà anche il ricordo dei suoi significati, con il conseguente allargamento della conoscenza per coloro che di quella esperienza si sono fatti partecipi. La capacità di innescare memoria si pone dunque come obiettivo da perseguire, impie-gando a questo scopo un articolato sistema di strategie di apprendimento. Recenti studi tendono a dimostrare come ciascun individuo non abbia un patrimonio pecu-liare solo per quanto riguarda doti o talenti, ma anche per quanto riguarda stili di apprendimento preferiti: dal linguistico al musicale, al logico-matematico, spaziale, corporeo-cinestetico, interpersonale e intrapersonale. Ai diversi pubblici possano dunque corrispondere schemi di apprendimento diversi, ai quali l’allestitore dovrebbe il più possibile avvicinarsi, costruendo un ventaglio di opportunità espositive che, tenendo ben presente la si-nestesia, non trascuri nessuna delle possibili categorie di apprendimento le cui componenti fondamentali sono l’apporto cognitivo, legato all’assimilazione intellettuale di una informazione e l’apporto emotivo che fa leva su ricordi, sentimenti ed esperienze passate.Spesso nel corso di una visita al museo l’integrazione a lungo termine prende forma in un moto di soddisfa-zione, designato con l’incisiva definizione di “fenomeno

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bilità di applicazioni pratiche. Se la conoscenza legata alla parola scritta è imprescindibile da una forma strut-turata di pensiero, va però osservato che nessuno degli oggetti esposti nei musei è stato fatto per essere visto all’interno di essi e che pertanto questa sua “sottrazione di fatticità” vale a dire vera e proprio “deportazione” dal contesto di provenienza, che potrebbe in qualche modo contribuire a spiegarlo, rende indispensabile una mediazione supplementare. Il museo, situato all’interno di un parco archeologico sana almeno in parte questa carenza e svolge egre-giamente due primarie funzioni: da una parte quella di offrire alla vista con le indispensabili cautele conserva-tive tutti quei reperti che non è possibile mantenere nel contesto di provenienza, dall’altra ordinare tutto questo materiale in un percorso espositivo che diventi approc-cio di lettura coerente e funzionale alla comprensione del sito.D’altro canto solo il parco archeologico consente un approccio veramente diretto alla realtà materiale di un settore del mondo antico nella sua dimensione origi-nale: passeggiare nello spazio definito dai resti monu-mentali originali, dunque in scala 1:1, conferirà senza dubbio alla visita un’efficacia non raggiungibile neppure attraverso le più evolute sperimentazioni espositive.Ecco che allora il filo conduttore scelto per organizzare il progetto comunicativo del museo, diventa linea guida fondamentale per la comprensione dell’area arche-ologica e delle singole emergenze che caratterizzano il suo percorso. Gli oggetti delle vetrine, criticamente selezionati ed accompagnati da adeguate spiegazioni, saranno i punti di riferimento di un sistema esplicativo di rimandi area archeologica-museo, allo scopo sia di vivi-ficare le rovine con tutto il portato di significati correlato alla funzione degli oggetti, sia di rendere meno drastica

sino a noi. Pertanto la tutela e la conservazione non possono riguardare solo la materialità degli oggetti o dei manufatti in genere ma, perché essi mantengano almeno in parte il loro valore in termini di significato, bi-sogna puntare a perpetuarne anche la comprensione a livello ideologico.Di fronte ad un manufatto antico diversi possono es-sere i modi della conoscenza, che dipendono stretta-mente dal punto di vista dell’osservatore o dalle diverse scale di interesse nei confronti dell’oggetto: si può dun-que andare dalla conoscenza visiva pura e semplice al tentativo di inserirlo entro un insieme di dati noti per aumentare il grado di conoscenza complessivo sia di quell’oggetto che del sistema stesso.Per quanto riguarda nello specifico un parco archeo-logico, l’aspettativa primaria di un visitatore generico è di ricevere informazioni chiare e semplici, ben rappor-tabili all’esperienza comune. Non va mai dimenticato che tutto quanto attiene all’antichità è assai difficilmente attingibile in modo diretto dai non specialisti anche quando dotati di buona cultura media.Se ciò vale per gli oggetti antichi della cultura materiale, comunque assai di frequente inseribili o almeno avvi-cinabili a quelli della coeva vita quotidiana, assai meno diffusa è la capacità di ricomporre mentalmente l’idea di un edificio, sia esso più o meno complesso, da lacerti di alzati e spezzoni di fondazioni. Ciò richiede un eserci-zio all’astrazione che certo non appartiene al vissuto del visitatore medio di un’area archeologica, che pertanto va aiutato, con adeguate spiegazioni e supporti didat-tici, a risalire da una parte al tutto. Fra le tante definizioni di museo ci può essere anche quella di indicarlo come il luogo in cui avviene l’incontro fra osservatore e oggetto. È dato di fatto che la comu-nicazione attraverso gli oggetti possieda infinite possi-

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essere fuorviante l’illusione di ricreare una reale con-tinuità ideologica fra questi e quegli antichi spettacoli cui sottendevano, perfino nei casi di commedie e farse, aspetti religiosi e cultuali tanto lontani dall’approccio allo spettacolo che caratterizza il mondo moderno.Fatta salva questa riserva, nonché le esigenze conser-vative del monumento, tale tendenza sembra comun-que da incoraggiare, sia perché crea l’occasione per catturare l’attenzione del grosso pubblico sulle tema-tiche dell’antico e sulla sua possibile interazione con le esigenze moderne, sia perché rende possibile un ap-proccio autentico e funzionale in scala reale al monu-mento, non più visto dall’esterno ma vissuto dall’interno.

Paola Desantis

la “deportazione” dei manufatti dal loro contesto di pro-venienza.La proficua interazione fra i monumenti dell’area ar-cheologica e gli oggetti mobili conservati nel museo può essere aiutato dalla stessa architettura dell’edifi-cio museale che, aprendosi il più possibile sull’area ar-cheologica, faciliti rimandi e suggestioni necessarie a ricomporre una visione il più possibile unitaria del sito archeologico. Uno dei modi più coinvolgenti e diretti per animare e conservare la frequentazione d’uso di un sito arche-ologico è la rifunzionalizzazione o comunque l’utilizzo di strutture antiche per ambientazione di spettacoli ed eventi culturali di vario tipo. E si parla non solo di teatri o anfiteatri antichi, dove l’operazione è legittimata dalla identità d’uso, ma anche di casi in cui le rovine di più di-sparata natura sono utilizzate come fondali unicamente per la carica di suggestione che da loro si trasmette alla rappresentazione. La presa che questa formula appare avere sul pubblico non può comun-que far dimenticare quanto possa

Fig. 1La città etrusca di Marzabotto: veduta aerea da nord.

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tivo, non causò danni sostanziali alle fondazioni dei muri che infatti si conservano senza soluzione di continuità.La scoperta sistematica dei resti della città si sostanziò solo con i lavori per la realizzazione del parco, voluti dal 1830 in poi dai nuovi proprietari del pianoro, i Conti Aria. La prestigiosa famiglia assunse su di sé l’onere delle ri-cerche in un’epoca nella quale ancora questi compiti non erano competenza dello Stato ma erano lasciati nelle mani e nelle disponibilità di privati più o meno illu-minati. L’Acropoli e le due necropoli furono portate alla luce con le tecniche di scavo dell’epoca e forse, come è legittimo sospettare, avendo anche di mira nella si-

Esperienze didattiche al museo di Marzabotto

Si è già avuto modo di accennare all’unicità del sito ar-cheologico di Marzabotto che, caso fino ad oggi unico in ambito etrusco, consente di avere per intero la per-cezione dell’estensione di una città etrusca e della di-slocazione delle sue diverse aree funzionali. La vicenda del sito, che dall’epoca dell’abbandono della città (IV secolo a.C.) non ebbe più fasi di urbanizzazione, con il solo episodio di una piccola fattoria romana, lo pre-servò dalla parcellizzazione e sebbene la coltivazione del pianoro rimosse i resti emergenti al di sotto dell’ara-

Fig. 2 La necropoli settentrionale ai margini del laghetto artificiale di Villa Aria.

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dalle giovani generazioni locali, che nell’antica storia del loro territorio devono trovare forte identità e consapevo-lezza di un loro cosi importante passato. La scelta è ca-duta per vari motivi sui ragazzi delle prima media e nel 2003 è stata stilata la convenzione di regolamentazione di questo accordo fra Soprintendenza Archeologica, Istituto Comprensivo e Comune di Marzabotto battez-zata “I giovani etruschi di Marzabotto adottano il loro Museo” (cfr. R. Filippini infra) e articolata nelle classi-che tappe di lezioni introduttive agli insegnanti, incontri con i ragazzi e quindi nella realizzazione da parte delle classi di un “prodotto” originale e specifico, frutto della esperienza culturale vissuta. Si è subito voluto evitare di propinare ai ragazzi “pillole” di carattere generale sugli Etruschi ma si è preferito puntare sui risvolti “generativi” che può avere un’esperienza dai confini ben circoscritti ma che, proprio per questo, induca all’approfondimento e all’appropriazione di concetti e modalità di apprendi-mento. L’obiettivo che da subito ci siamo dati con gli in-segnanti non è stato tanto quello che i ragazzi imparas-sero molte nozioni sugli Etruschi, bensì che facessero uno sforzo metodologicamente assai più difficile, ma di ben altra soddisfazione: vale a dire osservare il mondo da un altro punto di vista ed acquisire con ciò maggiori capacità e senso critico. Nel corso di un decennio una cinquantina di ragazzi ogni anno si sono concentrati durante gli anni scolastici sui temi del mondo etrusco, vestendo i panni ora degli atleti, ora degli dei, ora della gente comune, che viveva sul pianoro impegnata nelle varie attività. Se volevamo ottenere che la città etrusca entrasse nel cuore dei bambini e, per il loro tramite, in quello dei loro genitori, ci sentiamo di dire che lo scopo è stato raggiunto e i primi veri rievocatori dell’antica Kainua sono stati pro-prio i bambini della scuola locale che, sotto la sapiente

stemazione dei resti trovati, un effetto scenografico che potrebbe avere comportato lo spostamento di alcune tombe e certamente la modifica del pendio orientale dell’Acropoli. Lungo il percorso del parco, nel quale i cedri del Libano furono introdotti sulla scia di un dif-fuso gusto per il giardino romantico all’inglese, furono collocati monumenti che riecheggiavano il gusto etru-sco, come i due grandi cippi variamente configurati o la riproduzione di una sorgente etrusca dell’Acropoli. A margine della necropoli nord (fig. 2) fu scavato un la-ghetto su cui si affacciavano le tombe e al centro di esso fu collocato un enorme ammasso di pietre, a si-mulare una roccia attraversata da un tunnel percorribile in barca.Questi elementi, che ancora oggi caratterizzano il parco e sostanziano accanto all’itinerario archeologico anche quello storico-artistico e naturalistico, nonchè esplici-tano il gusto antiquario, tipico dell’800, di concepire le rovine, si prestano a numerosissime chiavi di lettura.A fronte di una cosi importante e significativa testimo-nianza, disponibile alle chiavi di lettura interdisciplinari più diverse, si è voluto impostare un rapporto stabile con la scuola locale che mantenesse come costante la possibilità per tutti i ragazzi di avere per una volta nel loro curriculum scolastico l’occasione di incentrare il piano dell’offerta formativa su problematiche inerenti questa importantissima testimonianza archeologica del loro territorio, nell’intento, condiviso, di avvicinare le gio-vani generazioni della valle del Reno alle testimonianze del loro più antico passato, illustrato dai resti della città etrusca che occupano ancora il pianoro di Misano e dagli oggetti esposti nel museo, che raccontano tempi e modi della vita di quegli antichi Etruschi. Nel suo piano di comunicazione il museo ha dunque pri-vilegiato innanzi tutto quella parte del suo pubblico fatta

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nell’antichità e in particolare alla mostra realizzata dal museo per quell’anno “Donne devote e Dee: l’abbiglia-mento reale e simbolico delle donne etrusche di Mar-zabotto”. Il coinvolgimento sempre crescente delle fa-miglie degli alunni ha visto il concorso dei parenti per la realizzazione dei costumi etruschi dei ragazzi, che alla fine dell’anno scolastico sono stati i protagonisti di una vera e propria drammatizzazione nell’area archeo-logica. Su sceneggiatura scritta dagli insegnanti con la consulenza della direzione del museo i ragazzi, vestiti tutti all’etrusca, hanno dato vita ad una vera e propria sfilata di moda etrusca, presentando le caratteristiche dei diversi abiti, da quelli da lavoro a quelli di rango. Il tema ha consentito anche di affrontare le diversità cul-turali nell’abbigliamento oggi in uso al di fuori del con-testo europeo. Infatti sono sfilati nei costumi nazionali, all’insegna della grande apertura degli Etruschi alle di-verse culture, anche ragazzi tunisini, marocchini, indiani e cinesi. L’esperienza è stata vissuta dai ragazzi con il vero e proprio orgoglio delle loro antiche radici e con l’emozione di sapere che, dopo 2500 anni, era quella la prima volta che quelle fogge di abiti ricorrenti nelle figurine votive di Marzabotto tornavano a percorrere il suolo della città.Nel 2005 è stata la volta dei cibi antichi e quindi sulla scia della mostra “A tavola con gli Etruschi di Marza-botto” il tema delle risorse alimentari, della preparazione dei cibi, dei valori rituali di cibo e bevande, con partico-lare riguardo al vino e alla sfera di culto di Dioniso, ha sostanziato una drammatizzazione in varie scene, veri e propri quadretti di vita agreste, bucolica e artigiana, mentre nella rappresentazione del banchetto si compo-nevano tutti i segni del lusso e del prestigio della classe aristocratica, impegnata a celebrare sé stessa in veste di banchettante sia in vita che nell’aldilà. L’esperienza

regia dei loro insegnanti, hanno vivificato la città con le loro rappresentazioni in costume, ricavandone un’e-sperienza di tipo diretto, personale e creativo, che ha tutte le caratteristiche per riuscire veramente formativa. Si è partiti con un’esperienza didattica che prendeva le mosse dal tema ministeriale “Lo sport nell’antichità” e dalla specifica mostra curata dalla direzione del mu-seo “Lo sport e il gioco nella vita e nel rituale funerario di Marzabotto”. Certo, l’esperienza ha insegnato molto ai ragazzi ma assieme allo sforzo di mettere in atto gli esercizi ginnici alla maniera degli antichi, da quelli più abituali come la corsa fino all’uso degli halteres per il salto in lungo o la difficoltà di simulare le acrobazie dei desultores c’è stata da parte loro la precisa percezione delle diversità sostanziale fra le odierne pratiche dello sport e quelle degli antichi, radicalmente sostanziate di religiosità. Inoltre i ragazzi sono entrati nelle problemati-che della città antica con il preciso obiettivo di “scovare” tutti gli indizi (elementi della città e oggetti conservati nel museo) utili a comprendere l’atteggiamento degli Etru-schi di Marzabotto nei confronti dello sport. L’intento di partire dalla microstoria più vicina ai ragazzi, e soprat-tutto parlante tramite testimonianze materiali analizzabili da vicino nella loro oggettività, ha senza dubbio otte-nuto l’atteso risultato di consentire un’avvicinamento alla grande storia, quella dei libri di testo, che da questa esperienza è stata vivificata e ha tratto spiegazione.Il progetto si è concluso con un saggio ginnico nel quale i ragazzi si sono esibiti nelle diverse discipline (corsa, salto in lungo, lancio del disco, lancio del giavellotto, acrobazie sulla cavallina alla maniera dei desultores), accompagnati da un gruppo di auleti che, diretti dall’in-segnante di musica, eseguiva musiche di ricostruzione etrusca.Il progetto del 2004 è stato ispirato al tema della moda

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da cippi e statuette votive in bronzo, fra le quali una spicca per eccezionalità di dimensioni e qualità tecnica: l’effige di una donna di rango o di una dea?L’attività di laboratorio condotta a scuola ha consentito la ricerca iconografica e la realizzazione di costumi ed attributi delle singole divinità, nonché l’ideazione di una sceneggiatura che fosse pretesto per presentare le di-verse divinità del pantheon etrusco nonché esplicitare le principali tematiche della religione etrusca. A questo riguardo va sottolineata la riuscita partico-larmente efficace di spiegare con la drammatizza-zione uno degli aspetti di maggiore interesse scienti-fico della città di Marzabotto, vale a dire la possibilità,

disponendo di un impianto urbano pressoché completo, di indagare le applicazioni della “etrusca disciplina” in merito alla fondazione delle città. Se infatti uno dei temi più complessi della religiosità etrusca è la divisione dello spazio celeste e la proiezione del co-siddetto templum celeste sulla sfera terrena, con regole e segni che sono alla base dei riti di fondazione delle città, la drammatizzazione di questa cerimonia, (fig.  3) cui i ragazzi hanno dato vita proprio sul suolo dell’antica città, ha reso comprensibile con sem-plicità ad attori e pubblico concetti al-trimenti difficilmente attingibili a quanti non dotati di specifica preparazione.

si è arricchita della ricerca su cibi e ricette antiche che ha portato a realizzare uno specifico menù preparato dalle cuoche della scuola, anche loro incredibilmente immedesimate nell’esperienza didattica, e consumato con soddisfazione da tutti i ragazzi dell’istituto nonché, alla fine dello spettacolo, da tutto il pubblico della rap-presentazione. L’esperienza del 2006 si è incentrata sulla religione etru-sca anche in considerazione delle più recenti scoperte archeologiche a Marzabotto, che hanno portato in luce due nuovi luoghi di culto: il grande tempio dedicato a Tinia (lo Zeus etrusco) e un’area sacra immediatamente extra-urbana presso il santuario fontile, caratterizzata

Fig. 3 Progetto didattico “I giovani Etruschi di Marzabotto adottano il loro museo”: i riti di fondazione.

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Fig. 4 Gli dei etruschi sull’altare D dell’acropoli.

Fig. 5 Copertine dei CD curati dal Gruppo Archeologico Bolognese con i video delle diverse rappresentazioni realizzate dai ragazzi nell’ambito del progetto didattico.

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bene evidenziano nella pratica tutte le tappe dell’avvi-cinamento didattico ad un problema, rendendo bene evidente come didattica non sia e non debba essere banalizzazione dei concetti. Al contrario la didattica, e forse quella dell’archeologia anche più di quella di al-tre discipline, va affrontata circoscrivendo al massimo il tema di indagine per poter poi, nell’approfondimento, indurre alla riflessione critica e all’approccio cosiddetto “generativo” nei confronti di quanto proposto all’atten-zione.Detto questo va da sé che anche nella didattica non ci sono e non ci possono essere schemi precostituiti e ogni esperienza serve per quanto di metodo e tipo di approccio è possibile sintetizzarne. In ciò sta la parte migliore, quella creativa della didattica che, come per ogni altra cosa che voglia essere unica e irripetibile, ri-sponde alla regola di associare le cose in modo non precostituito.E in questo impegno di rompere gli schemi usuali per creare senso di sorpresa e indurre quindi ad approcci alla materia più coinvolgenti ed interattivi, la materia del parco archeologico si presta in modo straordinario pro-prio per l’eccezionale gamma di temi e interazione fra gli stessi che può suggerire. La proficua osmosi fra i monumenti dell’area archeologica e gli oggetti mobili conservati nel museo può essere aiutata dalla stessa architettura dell’edificio museale (fig. 6) che si è dotato in questi anni, grazie ad un finanziamento dell’Unione Eu-ropea e soprattutto della Fondazione Cassa di Rispar-mio in Bologna, di una nuova ala, costruita proprio per enfatizzare questo rapporto interno-esterno. Il corpo aggiunto infatti presenta ampie vetrate che “sfondano” le pareti e utilizza l’alzato per sorreggere un’ampia ter-razza panoramica sull’area archeologica, vero e proprio “balcone sulla storia”, che facilita rimandi e suggestioni

Dal 2006 i temi scelti per la rappresentazione rievo-cativa si sono ispirati al tema delle “Archeologite bo-lognesi” e dunque sono state interpretate dai ragazzi sull’antico pianoro vicende legate agli dei (“Appunta-mento con gli dei. Gli Inferi”) (fig. 4), allo sport (“Colpiti da un insolito futuro nell’assolata piana di Kainua”), alla vita quotidiana (“In cucina con gli Etruschi: pane, amore e… archeologia”), ma anche alle problematiche degli antichi commerci.Consuetudine e ormai consolidata tradizione è che ogni anno la rappresentazione si concluda, con la “merenda all’etrusca” realizzata dalle cuoche del comune di Mar-zabotto, che aiuta a costruire un momento di incontro della comunità che si riappropria così del proprio pas-sato e del proprio museo. Va infatti sottolineato come al seguito dei ragazzi siano entrati al museo, spesso per la prima volta, i genitori che, a loro volta, coinvolti in un’esperienza emotiva di tipo personale, come creatori dei costumi etruschi destinati ai loro ragazzi (chitoni, te-benne, calcei repandi) non ci hanno più lasciato.Oggi possiamo dire che ogni ragazzo di Marzabotto fra i dieci e i vent’anni, ha avuto un’esperienza diretta e cre-ativa del suo passato etrusco e non gli mancheranno neppure gli strumenti per riviverla in quanto, fin dai primi anni, si è aggiunto alla drammatizzazione l’esperimento di una documentazione maggiormente sistematica di quanto realizzato (fig. 5), grazie alla collaborazione del Gruppo Archeologico Bolognese, che da anni segue da vicino le vicende della realtà archeologica di Mar-zabotto ed è coinvolto, sulla base di una specifica con-venzione con la Soprintendenza, in tutte le attività di valorizzazione del museo. Il prodotto di questo coinvolgimento è rappresentato da filmati con audio che, in alcuni casi, contemplano anche le fasi di laboratorio e di presentazione dell’evento che

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Fig. 6a-b-c-d La nuova ala del Museo realizzata con fondi dell’Unione Europea (Progetto Museums) e della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna.

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archeologica di Marzabotto, e in particolare la sua ne-cropoli orientale ospita, sulla base di una specifica con-venzione fra Museo, Comune di Marzabotto e Provincia di Bologna rappresentazioni teatrali incentrate sul tea-tro classico che, con ogni evidenza, traggono ulteriore suggestione dalla loro particolare ambientazione e, nel contempo, contribuiscono a vivificare con voci, perso-naggi e temi trattati i monumenti in pietra della necropoli certo la cornice più prestigiosa e carica di suggestioni dell’intero territorio.Tutte le sperimentazioni portate avanti per evocare la presenza degli antenati etruschi sull’antico pianoro e quindi corredare di figure animate i resti lapidei della città, prima proposte a livello grafico (fig. 7), anche solo con l’ambientazione dei personaggi più significativi fra quelli rappresentati nei reperti del museo, sullo sfondo

atte a ricomporre una visione il più possibile unitaria del sito archeologico, nonché ad apprezzare l’eccezionale veduta dei calanchi posti quasi ad anfiteatro rispetto al pianoro su cui insiste l’antica città. È allo studio il pro-getto di totem multimediale che, sistemato sulla balco-nata, consentirà una visita virtuale della città nella quale sarà possibile, soffermando l’attenzione sui singoli resti, richiamare le ricostruzioni virtuali degli edifici, delle vie, nonché visioni panoramiche e di insieme. Sulla balco-nata si apre anche l’aula didattica-multimediale, nella quale potrà proseguire ed approfondirsi il discorso vir-tuale.Se l’esperienza didattica dei ragazzi di Marzabotto sta contribuendo a creare coscienza e conoscenza dell’an-tico passato e dei suoi resti certo che non va dimenti-cato che dal 1997, senza soluzione di continuità, l’area

Fig. 7 I desultores di Marzabotto ambientati nella necropoli orientale (foto Robert Marnika).

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Si può certo dire che l’itinerario tracciato in questi ultimi anni dalla strategia comunicativa del Museo e da tutti gli Enti, Istituzioni e Associazioni che ad esso hanno fatto riferimento, è stato ottimo substrato per la nascita del Festival di rievocazione etrusca che trova a Marzabotto particolari possibilità di sviluppo sia per la presenza della realtà oggettiva dell’antica città e del suo museo sia per la disponibilità, al di fuori dell’area archeologica, di un bellissimo parco urbano particolarmente adatto ad ospitare tutte quelle attività di rievocazione che pos-sono coinvolgere al meglio un più vasto pubblico alla maniera dei parchi di ricostruzione e interattivi, ampia-

dei resti della città (fig. 8), o per il tramite di personaggi delle rappresentazioni teatrali (fig. 9), o dei giovani etru-schi di Marzabotto che fanno rivivere momenti di vita dell’antica città, hanno ricevuto una significativa svolta con l’avvento del Gruppo di rievocazione del Popolo di Kainua (Methlum Kainual) che, nato e sviluppato in que-sti ultimi anni, nell’ambito del Festival di Kainua, (cfr. C. Re infra) è ormai divenuto presenza costante in tutte le iniziative didattico-culturali sull’antico pianoro, accom-pagnando a latere le visite guidate al museo e alla città o comunque collaborando variamente alle diverse ini-ziative.

Fig. 8La signora di Marzabotto ambientata nella necropoli orientale (foto Roberto Macrì - SBAER).

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avere i limiti imposti dalle primarie esigenze di tutela e conservazione dei contesti e con la possibilità di poter aggiornare con maggiore libertà percorsi e ricostruzioni sulla scia dei risultati delle nuove scoperte archeologi-che condotte nel sito originale o comunque nell’ambito del particolare periodo cronologico cui il parco si ispira.Nella possibilità di tenere legate e strettamente dipen-denti area archeologica reale e parco di ricostruzione, nel quale lo stretto controllo scientifico garantirebbe da fuorvianti “disneyficazioni”, va sicuramente visto l’itine-rario di lavoro più promettente, per illustrare al pubblico in modo didattico ed esauriente di quale intero i resti dell’area archeologica siano parte, presentando la ri-costruzione al vero di uno spaccato di vita della città etrusca, animata, attraverso l’interpretazione dei rievo-catori, dai personaggi, dagli oggetti e dalle attività de-ducibili dai dati di scavo, per una sempre più adeguata

mente sperimentati in primis nei paesi anglosassoni nonché in Germania e Francia e che cominciano ad avere anche in Italia una certa diffusione con iniziative spesso di grande livello.Si tratta di aree ben distinte dal sito archeologico auten-tico, nelle quali si è puntato a realizzare ricostruzioni filo-logiche in scala reale di settori di impianti insediativi con case, completi di arredi e animate da drammatizzazioni di attività della vita quotidiana o di eventi particolari, quali battaglie, gare, feste, nei quali il visitatore può vi-vere l’esperienza di interagire con l’antico, partecipando alle diverse attività. In questo tipo di parchi, che in Inghilterra hanno l’in-cisiva denominazione di “reenactment archaeological areas” dove reenactment è traducibile alla lettera con ri-rappresentazione, la sperimentazione didattica può giocare tutte le sue carte con il grande vantaggio di non

Fig. 9Una scena da i Cavalieri di Aristofane, rappresentata dalla compagnia Teatro Perché con la regia di Marco Marchesini, rappresentata nella necropoli orientale di Marzabotto nel 2009 (foto Maurizio Molinari).

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“I giovani etruschi di Marzabotto adottano il loro museo”

Da ormai dieci anni l’antica Kainua rivive a Marzabotto grazie ai ragazzi della Scuola Secondaria di primo grado. Il motore di questa iniziativa è il progetto “I gio-vani etruschi di Marzabotto adottano il loro Museo”, nato da un’idea di Paola Desantis, direttrice del Museo, che ne ha sempre curato la consulenza scientifica. Il progetto è stato accolto con molto favore dalla Scuola, nella prospettiva di una didattica proiettata verso l’e-sterno, ma profondamente radicata nel contesto locale.I Giovani Etruschi, così, si sono collocati nell’ambito di un progetto già esistente, intitolato “Il nostro territorio come laboratorio di ricerca” e volto a valorizzare il patri-monio ambientale in tutti i suoi aspetti.Fin da subito, dunque, è stato chiaro che il primo obiet-tivo da perseguire era che i ragazzi si rendessero con-sapevoli dell’importanza del patrimonio archeologico del loro paese. Fin da subito, però, ci si è resi conto della complessità del lavoro. Infatti, una serie di sondaggi svolti in maniera abbastanza sistematica, benché informale, aveva di-mostrato che una percentuale piuttosto alta dei ragazzi e dei loro familiari non era mai entrata nell’area archeo-logica o non era informata delle iniziative promosse dal Museo. Ciò non deve stupire, se si pensa che l’entità della tragedia storica e umana del recente passato di Marzabotto è, comprensibilmente, così totalizzante da oscurare, o comunque relegare in secondo piano, qual-siasi altra circostanza legata a quei luoghi.D’altra parte proprio la memoria di quella immane trage-dia, con le sue numerose commemorazioni, ha indotto nel paese una certa disposizione a mobilitare le energie

tutela e corretta comunicazione dei parchi archeolo-gici e, più in generale, del paesaggio storicizzato dalle opere dell’uomo. Questo è lo stato delle cose e certo molto rimane an-cora da fare. Appare comunque ben chiaro che se con-servare la materialità delle cose è certo imprescindibile è almeno altrettanto prioritaria la necessità di comuni-carne i significati, vale a dire lavorare nell’ottica di con-servare la capacità di comprendere il significato delle cose contenute nei musei, disciplina che va coltivata come bene prezioso per non rischiare di perdere per strada i valori che hanno dato senso alla nostra civiltà e in questa impresa le attività di rievocazione possono risultare particolarmente preziose.

Paola Desantis

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Figg. 10-13Istituto Comprensivo di Marzabotto. Laboratorio delle Meraviglie. Fasi di realizzazione di un kantharos.

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guida della dott.ssa Desantis, quindi vengono organiz-zate alcune visite agli scavi e al Museo da parte degli alunni.A seguito di queste attività propedeutiche, ha inizio il lavoro in classe di approfondimento su argomenti di storia e cultura etrusca.Infine si lavora alla preparazione dell’evento conclu-sivo: una recita a tema da tenersi nell’area archeolo-gica verso il termine dell’anno scolastico, nell’ambito di una manifestazione a cui partecipa anche il Comune di Marzabotto.Quest’ultima è una fase importantissima del progetto, quella in cui i genitori, gli amici e i parenti, nelle vesti di spettatori, vengono condotti dai ragazzi a ripercorrere il loro stesso cammino e a familiarizzare con il patrimonio culturale del luogo in cui vivono. Si realizza così un altro obiettivo primario, cioè attrarre la comunità verso il Museo, investendo i ragazzi della

verso un obiettivo comune e questo si è rivelato uno dei punti di forza nella realizzazione pratica del lavoro.I destinatari e gli “attori” del progetto sono stati indivi-duati negli alunni delle classi prime della Scuola Secon-daria di I grado, perché ritenuti esponenti della fascia di età più idonea a fruire e a rendersi protagonista delle attività previste. Curiosità ed entusiasmo in questa fase della vita sono ancora spontanei e non mediati dalle ritrosie tipiche dell’adolescenza, mentre gli interessi a questa età si fanno più maturi e consapevoli, tanto che certi incon-tri possono segnare per sempre: esattamente questo è successo ad alcuni Giovani Etruschi il cui successivo percorso di studi si è orientato verso il mondo antico.Le fasi operative attraverso le quali viene realizzata l’at-tività seguono un iter che si è consolidato nel tempo. Una volta scelto l’argomento da approfondire, viene predisposta la formazione degli insegnanti, sotto la

Fig. 14Maschera di Tuchulca.

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Fig. 15Scena dalla rappresentazione “Vestivamo all’Etrusca”.

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Da questo punto di vista sono state colte le opportunità offerte dalle proposte del Ministero dei Beni Culturali ri-guardo alle mostre sull’antichità, che si sono tenute in diversi Musei italiani, compreso quello di Marzabotto, pur percorrendo, quando se ne ravvisava la necessità, vie autonome.Dallo sport alla religione, dal cibo alla struttura della città antica, i temi toccati sono stati molteplici, e intanto, di anno in anno, si sono accorciate le distanze tra gli antichi e gli attuali abitanti di Marzabotto, i quali si sono riappropriati persino dei nomi dei loro antenati, mentre i ragazzi, con la loro fantasia, hanno colmato i vuoti la-sciati dal tempo. Così, dopo qualche incursione nella antica onomastica, hanno ripreso vita i vari Popluna, Tansina o Laris Krai-kalu, il greco, che tanto affascina i Giovani Etruschi per-ché ai loro occhi evoca mondi lontani, viaggi e avventure.E intanto, mentre nonne e mamme si sono affaccen-date a confezionare tuniche, tebenne e calcei repandi, il progetto ha raggiunto il decimo anno di vita, ed è tempo di bilanci. I risultati si possono riassumere in alcuni numeri signi-ficativi: al ritmo di una cinquantina di alunni ogni anno, sono ormai 500 i ragazzi di Marzabotto che hanno ri-vestito panni etruschi e ognuno di loro ha condiviso l’e-sperienza con genitori, fratelli, nonni e amici. Tutto ciò in una comunità che conta meno di settemila abitanti.Bilancio positivo, dunque, e dimostrazione pratica che la scuola media ha una forte capacità di penetrazione nel contesto sociale e può veicolare contenuti culturali anche partendo da piccole cose. Basta crederci, e a Marzabotto ci abbiamo creduto in molti.

Rita Filippini

funzione di trait d’union e di portavoce tanto nelle fami-glie, quanto nell’intero paese, di ciò che hanno cono-sciuto attraverso la scuola.Naturalmente, radicandosi nella scuola dell’obbligo, il progetto è stato esteso alla totalità degli alunni delle classi coinvolte, comportando un lavoro complesso, tanto complesso, quanto gratificante per i risultati rag-giunti. Ma molto di ciò che è stato fatto sarebbe rimasto solo sulla carta senza il lavoro del cuore pulsante della Scuola Media di Marzabotto: il “Laboratorio delle me-raviglie”, organizzato da un gruppo di educatori e dagli insegnanti di sostegno.Qui vengono accolti tutti quei ragazzi che hanno biso-gno di fare per imparare, quelli che scontano situazioni difficili e non riescono proprio a reggere il peso di tante ore seduti in un banco, o, semplicemente, quelli che hanno talenti non sempre spendibili nelle ore di lezione tradizionale. All’occorrenza, il laboratorio si apre a tutte le classi che preparano attività significative, e le sue porte si sono spalancate, appunto, per i Giovani Etruschi.Da questa fucina di idee e creatività, attraverso il rici-claggio di ogni sorta di materiale, e rigorosamente a costo zero, hanno preso corpo gli oggetti di scena più svariati: un kantharos, una vera da pozzo, l’elmo della dea Menerva, le maschere degli dei infernali, per citare solo qualche elemento di una lunga lista che continua-mente si arricchisce.Quanto ai contenuti specifici che sono stati affrontati, la selezione è avvenuta con lo scopo che i ragazzi impa-rassero a riflettere sul loro presente, attraverso il dialogo con il passato, e dunque attraverso la scelta di oppor-tuni temi di approfondimento.

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questo legame è indispensabile per la definizione dell’i-dentità dell’evento, offre la possibilità di elevare il livello qualitativo, ne fornisce lo spessore culturale.Viceversa l’evento si riferirebbe ad un generico “tempo passato” che non trova collocazione geografica, e, tal-volta, anche cronologicamente impreciso.I fattori identitari dell’evento sono determinanti per ga-rantire il successo dell’evento stesso, ma soprattutto per la durabilità dell’evento, cioè permettono una pro-gettazione su medio/lungo termine, per mirare ad effetti a lungo termine e sopratutto lunga durata sul territorio.Per quanto riguarda l’apporto che il Festival può dare alla valorizzazione del patrimonio, ricordiamo sempli-cemente che l’ambito dei rievocatori, appassionati o studiosi di storia, rappresentano uno dei più importanti bacini di fruitori. Ricordiamo anche che tra pubblico della rievocazione e fruitori del museo, ci sono altri importanti punti di con-tatto: l’attività rievocativa contempla sempre un aspetto didattico, rivolto proprio ai più giovani. In questo aspetto si può constatare una precisa convergenza di interessi che non risulta però di certo in una sovrapposizione o, peggio, competizione: i ruoli sono assolutamente com-plementari ed anzi devono essere in sinergia, poten-ziandosi a vicenda.Infine è senz’altro utile tenere presente che la comunità locale dovrebbe costituire la principale risorsa per il mu-seo/patrimonio: ne dovrebbe costituire il primo fruitore, almeno per importanza, ma anche il primo sostenitore. Il legame tra comunità e territorio passa senz’altro attra-verso la consapevolizzazione di una precisa identità, in cui la storia, anche antica, è un tassello fondante. Sia l’ente museale che l’evento storico divulgativo, la “rie-vocazione”, sono operatori attivi e determinati in questo percorso. Uno dei ruoli che la rievocazione può, e deve,

Festival storico. “Kainua - Gli Etruschi rivivono a Marzabotto”

Il festival storico “Kainua - Gli Etruschi rivivono a Mar-zabotto” è un evento fortemente caratterizzato dalle attività di rievocazione e ricostruzione storica, ma con valenze culturali e divulgative non secondarie.Si tratta di una manifestazione che può essere utiliz-zata come esempio per analizzare i rapporti tra rievo-cazione/promozione del territorio e rievocazione/valo-rizzazione del patrimonio.La manifestazione nasce da un progetto di promozione turistica locale, quindi non nasce con l’obiettivo prima-rio di comunicare e valorizzare il patrimonio.Tuttavia la promozione del territorio non può essere sle-gata dal patrimonio, in quanto parte del territorio stesso. Uno dei temi fondamentali della promozione (anche economica) del territorio è senz’altro la creazione di un’immagine del territorio, un’immagine che ha inevita-bilmente anche una componente storica. La promozione territoriale richiede la definizione di un’immagine precisa e riconoscibile del territorio stesso, sulla quale basare la comunicazione. Tale im-magine deve essere basata su temi forti, chiaramente individuabili ed il più possibile esclusivi, almeno entro certi limiti, del territorio stesso. La creazione dell’imma-gine del territorio è finalizzata a renderlo un prodotto identificabile e promuovibile.L’evento in questione ha avuto, nelle sue edizioni, la possibilità, ed anche il compito, di concorrere a costru-ire questa immagine. Il riferimento al contesto storico archeologico è stato quindi fondamentale.Tuttavia il rapporto col patrimonio è anche importante per un reciproco feedback: l’evento rievocativo stesso ha una forte necessità del legame col contesto. Infatti

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L’ente organizzatore, individuando un tema forte per l’i-dentità del territorio nel patrimonio unico della città etru-sca, ha iniziato il percorso di progettazione del festival con una collaborazione qualificata nell’ambito storico archeologico, ricercando una consulenza professio-nale che potesse fare da ponte tra l’ambito divulgativo-ricrea tivo, il festival, e l’ambito culturale, il patrimonio archeologico. Già la scelta del nome e del marchio del festival ha co-

svolgere per esplicitare in pieno le proprie prerogative, è proprio il rafforzamento dell’identità della comunità, tramite la divulgazione di aspetti fondanti della storia del territorio e tramite un’azione sinergica di “esplorazione cognitiva” del patrimonio storico ed archeologico.Il percorso del festival storico “Kainua - Gli Etruschi rivi-vono a Marzabotto” si è collocato precisamente in que-sta direzione, nonostante abbia finora potuto muovere soltanto i primi passi.

Fig. 16La rappresentazione di un rito aruspicino all’interno del festival rievocativo.

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stituito una forte dichiarazione d’identità e d’intenti, evi-denziando il rapporto con la città e la civiltà etrusca, stabilendo un legame con la comunità attuale: la cita-zione di Marzabotto, volutamente accostata a Kainua, cioè la città antica e la città attuale che si ricongiungono. Non dimenticando nemmeno di citare la storia di que-sto legame tra le due “anime gemelle” della comunità: la cimasa degli sposi è da considerare a buon diritto un simbolo iconico per Marzabotto, essendone uno dei re-perti archeologici più noti, tanto da essere adottato nel simbolo della Pro Loco, simbolo al tempo stesso anche del ruolo che la famiglia Aria (tuttora proprietaria legit-tima della cimasa originale) ha svolto nella ricostruzione dell’identità della comunità locale. La stessa immagine è quindi entrata anche nel marchio del festival, con il preciso obiettivo di rimarcare il legami della comunità col proprio passato.Il festival ha avuto fin dall’inizio l’obiettivo di caratteriz-zarsi il più specificamente possibile sulla storia del ter-

Fig. 18Anche il percorso parallelo, di supporto all’associazionismo locale, ha mirato a sottolineare sempre il legame con il patrimonio storico-archeologico e l’identità della comunità: nell’immagine l’insegna militare adottata, in cui viene richiamato l’antico nome della città associato all’aquila, probabilmente l’animale simbolo di Tinia, divinità protettrice della città stessa.

Fig. 17Il marchio del festival. Sottolinea i legami tra la comunità e la propria storia.

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Tale percorso è da considerare un obiettivo correlato al percorso principale, da ritenere imprescindibile per il perseguimento degli obiettivi citati e per il radicamento nella comunità. Si auspica ovviamente che non si interrompa questo percorso costruttivo, ma che anzi si prosegua nella pra-tica di una collaborazione che faccia sì che il patrimonio archeologico sia integrato nel territorio come risorsa e non come onere o, semplicemente, come patrimonio non produttivo.Allo stato attuale (primavera 2012) difficoltà organizza-tive e avvicendamenti nell’organizzazione hanno impo-sto una pausa al festival, ma, fortunatamente non nella collaborazione tra il volontariato, dedito alla divulga-zione ed alla ricostruzione storica, ed il Museo Nazio-nale Etrusco. Tra le attività svolte in forma volontaria per la promo-zione del patrimonio archeologico, nell’ambito del programma di “Archeologite” è stata realizzata (estate 2012) una iniziativa piuttosto innovativa, che ha l’ambi-zione di esplorare tecniche di comunicazione moderne, in particolare l’applicazione di tecniche teatrali al mu-seo; in un evento di animazione notturna del Museo, in cui i volontari di ArcheoStorica hanno cercato di far rivivere alcuni dei personaggi chiave dell’antica Kainua.

Corrado Re

ritorio, ricercando contemporaneamente la sinergia col Museo Nazionale Etrusco. Nella prima edizione si è trattato della concertazione di due percorsi paralleli di eventi, al Museo e nel parco urbano sede del festival storico rievocativo. La proget-tazione dei due percorsi paralleli, organizzando gli orari e la congruenza delle tematiche, ha portato di fatto ad una unica programmazione, promossa secondo canali sia propri sia comuni, con l’obiettivo di creare una si-nergia a beneficio di entrambi i promotori e, ovviamente enfatizzando l’effetto finale sul territorio. L’edizione successiva ha compiuto un ulteriore passo verso una collaborazione più stretta, compiendo effetti-vamente e praticamente il passaggio ad una program-mazione solidale, mantenendo ovviamente le caratteri-stiche specifiche, in cui la “rievocazione” è stata parte integrante dell’attività del museo e, viceversa, l’attività del museo è stata parte integrante del programma del festival. Un percorso parallelo ha seguito il nascere ed il radi-carsi di un associazionismo locale fortemente conno-tato e legato al tema in modo quasi inscindibile, un’as-sociazione di rievocatori nata sul posto con obiettivi specifici.

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l’assistenza di archeotecnici esperti in archeologia spe-rimentale sono state affrontate diverse tematiche: dalla cottura dei cibi all’accensione del fuoco, dalla manipo-lazione dell’argilla alla fusione del bronzo.Fin dai primi anni di operatività del museo sono state inoltre organizzate attività ludico-divulgative, come la “Caccia al tesoro sulla centuriazione” in cui le classi di quinta elementare si sfidavano in un percorso a tempo che includeva una competizione di orientering sul tratto di centuriazione romana interno al parco di Villa Sorra, combinata a domande tematiche sulla rete viaria di epoca romana. All’interno del panorama di attività si possono enu-merare anche diverse pubblicazioni illustrate dedicate all’infanzia che, prendendo spunto dalle avventure del personaggio dell’Archeotalpa, rendono comprensibili la pratica dello scavo archeologico e di attività del pas-sato, come i riti funebri di diverse antiche civiltà o la pro-duzione e lo scambio di vasellame in epoca etrusca. Questo ventaglio di soluzioni, adottate già da tempo nel Nord Europa, in particolare nei paesi scandinavi e nel mondo anglosassone, era ed è tuttora ancora poco messo in pratica nei musei italiani, soprattutto all’interno delle grandi istituzioni che, a causa dell’ampiezza del loro patrimonio archeologico, rivolgono massimamente il loro impegno più verso la conservazione e le pubbli-

Fin dall’epoca della costituzione, avvenuta nel 1999, il Museo Civico Archeologico di Castelfranco Emilia si è contraddistinto per l’impronta divulgativa assicurata alle proprie iniziative. Partendo dalla constatazione di essere un museo con una vocazione territoriale, privo delle collezioni centenarie che possono vantare altre istituzioni simili, in particolare Modena e Bologna, si è caratterizzato per una ricca produzione di mostre tem-poranee e pubblicazioni anche rivolte all’utenza non specializzata, in particolare ai bambini delle scuole pri-marie. Gli interventi realizzati comprendono lezioni frontali in classe tenute da archeologi esperti con lo scopo di aumentare la conoscenza della storia antica e dell’ar-cheologia nel rispetto dei programmi scolastici e con approfondimenti dedicati al territorio castelfranchese. In molti casi alle lezioni è stata spesso associata la visita al locale museo o ad altri nelle vicinanze. Tra le attività era inserito lo svolgimento di lezioni pra-tiche all’interno dell’aula di archeologia didattica, nel corso delle quali i bambini hanno potuto sperimentare la pratica dello scavo stratigrafico all’interno di un’ap-posita vasca, il disegno e il restauro di riproduzioni ar-cheologiche realizzate ad hoc. Fra i momenti divulgativi di maggiore impegno si ricordano alcune manifesta-zioni (in particolare “Musei da Gustare” organizzata in collaborazione con la Provincia di Modena) in cui con

“L’alba degli Etruschi”. Un’esperienza di museum theatre a Castelfranco Emilia Diana Neri, Luca Cesari Museo Civico “A.C. Simonini” - Castelfranco EmiliaCorrado Re Dottore di ricerca in Antropologia

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percorso di simulazione e di gioco in cui i bambini erano chiamati a svolgere in prima persona alcune attività che contraddistinguevano la vita quotidiana in epoca etru-sca. Partendo dall’analisi di alcuni materiali archeologici e con l’ausilio di illustrazioni a grande scala (fig. 1) il per-corso della mostra introduceva alle tematiche della pro-duzione dei manufatti in bronzo, della tessitura, dell’ali-mentazione antica e della cerimonia funebre, intervallato da diverse stazioni che proponevano la partecipazione dei bambini a semplici giochi di squadra a tempo e giochi di ruolo (nel caso della sepoltura dell’urna e del corredo funebre), coinvolgendoli in prima persona alla soluzione di semplici quesiti e attività ludiche.Per fare solo un esempio, una volta illustrati gli oggetti di corredo delle tombe maschili e femminili ai bambini divisi in due squadre si chiedeva di posizionare corret-tamente e nel più breve tempo possibile alcune ripro-duzioni calamitate su due figure a grandezza naturale (fig. 2).Considerata la natura della mostra, ricca di spunti visivi e incentrata sull’attività svolta in prima persona dai visi-tatori, è sembrato naturale tentare un approccio diretto e fortemente coinvolgente anche per il giorno dell’inau-gurazione. L’evento, svolto nel portico antistante al museo, ha avuto un duplice scopo: affievolire il senso di cesura tra l’interno e l’esterno della struttura, introducendo un ele-mento di novità anche nello spazio normalmente adi-bito alle attività quotidiane e al passaggio, ma suscitare anche un interesse attraverso un forte impatto visivo per le tematiche che erano trattate approfonditamente all’interno del percorso espositivo, creando aspettativa e coinvolgimento fin dall’approccio iniziale.Per questo motivo è stata scelta un’attività di dramma-

cazioni specialistiche che non verso la valorizzazione e la divulgazione.In quest’ottica si inserisce l’esposizione intitolata “Scuola e Museo: i bambini e l’archeologia” con cui il Museo Civico Archeologico di Castelfranco Emilia ha voluto rendere partecipi le classi e gli insegnanti delle scuole primarie del territorio (e non solo), attraverso un

Il cinerario biconico

Il contenitore che accomuna tutte le sepolture villanoviane è il cinerario biconico (così chiamato dalla sua forma che ricorda due coni sovrapposti). La particolarità di questo contenitore è di avere una sola ansa (ovvero la “maniglia” che serve a trasportarlo). In qualche caso si utilizzava un normale vaso a due anse, una delle quali veniva spezzata, ma molto più spesso il biconico era prodotto dal

vasaio già con un solo manico. Questa caratteristica sottolinea il suo utilizzo a

scopo funebre, infatti alcuni oggetti, prima di essere deposti nelle tombe erano

“defunzionalizzati”, ovvero modificati per impedirne il normale utilizzo. Ad esempio, le armi

deposte nelle tombe etrusche e celtiche spesso venivano piegate o spezzate per simboleggiare un loro cambio di stato da oggetti per i “vivi” a oggetti dedicati ai “morti”. Dopo lo spegnimento del rogo, le ossa del defunto erano raccolte in una pratica chiamata ossilegio e poste all’interno dell’urna, a volte insieme ad alcuni oggetti personali, come le fibule o gli spilloni che erano serviti per fissare i capi di abbigliamento o il sudario sul corpo. Oltre al fatto di essere deposti all’interno e non all’esterno del cinerario, questi reperti si riconoscono perché hanno subito l’azione diretta del fuoco che li ha deformati. Il biconico veniva in seguito chiuso con una scodella (chiamata “scodella coperchio” per la sua funzione, anch’essa con un’ansa sola) e rivestito da tessuto, come se fosse il “nuovo corpo” del defunto. La deposizione all’interno del pozzetto poteva essere accompagnata da altri oggetti di corredo e offerte varie e, una volta richiuso il tumulo e ricoperto di terra, la posizione della tomba poteva essere indicata da un segnacolo: di solito un sasso di fiume di forma allungata infisso nel terreno.Molti dei cinerari che si vedono nei musei sono rotti o incompleti, perché nel corso dei millenni l’uomo ha continuato a vivere negli stessi luoghi, dimenticando completamente dove fossero collocati questi antichi cimiteri. I lavori agricoli, la costruzione di strade e case hanno inciso profondamente il terreno distruggendo in parte le tombe che gli archeologi hanno in segito recuperato, restaurato e studiato. Pozzetto con rivestimento in

ciottoli e segnacolo

Cinerario biconico

Ansa spezzata

Fig. 1

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L’evento, presentato in occasione dell’inaugurazione dell’esposizione didattica: “Scuola e Museo: i bambini e l’archeologia”, ha coniugato living history, museum the-atre, archeologia ricostruttiva e altro in un unico evento, seppure breve e di limitate dimensioni e risorse. Come si è giunti a scegliere, ideare e realizzare questo evento? L’analisi del percorso seguito potrebbe partire dalla seguente domanda: se la mission di un museo è an-che e soprattutto l’educazione (culturale, artistica ecc.), quale strada scegliere per educare in modo efficace e responsabile? Cioè creare la possibilità di un percorso individuale all’approccio con la cultura? Offrendo l’op-portunità (e gli strumenti indispensabili) di sviluppare un’esperienza personale e personalizzata che metta in contatto con un tema culturale, si ottiene senz’altro un risultato incisivo e duraturo, proprio perché personale e individuale. Particolarmente nel caso di un pubblico pre-valentemente costituito da scolari della scuola primaria, è stato ritenuto utile il metodo costruttivista, in cui l’at-tenzione è focalizzata su chi apprende e non sull’argo-mento, e su un percorso di apprendimento informale, in cui il processo di acquisizione delle conoscenze possa essere condotto da chi apprende, secondo le proprie “mappe logiche”, i propri interessi e curiosità.Si è cercato quindi un metodo adatto a offrire degli sti-moli, soprattutto per l’immaginazione, atto a suscitare delle domande che ottenessero poi le proprie risposte nelle successive o contestuali attività didattiche/divul-gative più abituali, all’interno dell’attività museale ordi-naria. L’opzione più efficace è stata ritenuta quella offerta dal teatro, poiché il teatro educativo non tenta di trasmet-tere un sapere, ma di portare l’esperienza personale a diventare strumento di formazione e comunicazione.

tizzazione da parte di operatori professionisti, che in-cludesse abiti, utensili e attività tipiche dell’archeologia sperimentale e potesse svolgere una funzione attrattiva e spettacolare nei confronti della materia trattata.

Diana Neri, Luca Cesari

Fig. 2

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Alcune di queste tecniche hanno un approccio preva-lentemente percettivo, altre prevalentemente emozio-nale, ma tutte fondamentalmente lasciano la razionaliz-zazione alla fase successiva, dando modo di realizzare uno sviluppo personale e consapevolizzato dell’appren-dimento.La realizzazione dell’evento ha visto quindi la creazione di un tableau vivant, (dedicato alla ricostruzione di un ipotetico interno di una dimora principesca del periodo villanoviano-orientalizzante padano), nel cui ambito si svolgevano anche attività di archeologia esperienziale o ricostruttiva, usualmente utilizzate nella didattica (fig. 3).

L’ideazione dell’evento è stata quindi interpretata attin-gendo a diverse tecniche ed esperienze: Il tableau vivant, che offre diversi stimoli soprattutto per-cettivi, ma da solo non è coinvolgente della sfera emo-tiva. Utilizza le tecniche della living history.Lo storytelling, che offre ottimi strumenti per il coinvol-gimento emotivo, ma non è agevolmente applicabile al tema prescelto (la cultura villanoviana-orientalizzante padana) con gli obiettivi proposti.Il museum theatre, adatto ad entrambi gli scopi, ma di applicazione piuttosto complessa in relazione alle ri-sorse a disposizione.

Fig. 3

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ha vestito i panni di un angelo/demone dell’oltretomba etrusco, volutamente affine ma allo stesso tempo estra-neo al tableau: l’aspetto si richiama infatti all’iconografia etrusca successiva non direttamente correlata al conte-sto ricostruito (fig. 4).Naturalmente è importantissimo il giusto equilibrio tra rigore scientifico e comunicazione emozionale, così il tableau vivant come i brevi interventi teatrali degli inter-preti, hanno beneficiato di una competente conoscenza del patrimonio (fig. 5).

Per un reale coinvolgimento emotivo del pubblico at-traverso la narrazione di una storia, si è ricorsi a brevi interventi teatrali, attingendo a varie forme teatrali quali il teatro di narrazione, il teatro d’improvvisazione ed il teatro tradizionale.Normalmente nel teatro di narrazione non si interpreta un personaggio, tuttavia nel contesto specifico è stata ravvisata la necessità di evidenziare il ruolo del narratore/mediatore comunicativo, presentando un personaggio che dichiarasse la propria estraneità sia al contesto del tableau vivant sia al pubblico. La narratrice dell’evento

Fig. 4

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che il teatro possa svolgere nel futuro più prossimo un ruolo più incisivo nella comunicazione museale, che ne è anche valorizzazione.L’esperienza de “L’alba degli Etruschi” ha fatto sì che l’Associazione ArcheoStorica sia stata invitata a realiz-zare un workshop nell’ambito del convegno “Museum interpretation and public engagement: challenges and opportunities”, Höllviken (SE), svoltosi nel settembre 2012. Il convegno è stato realizzato da EXARC (organiz-zazione che rappresenta i musei archeologici all’aperto e l’archeologia sperimentale all’ICOM), congiuntamente con IMTAL (International Museum Theatre Alliance).

Corrado Re

Infatti “L’alba degli Etruschi” è un evento realizzato gra-zie ad un lavoro interdisciplinare basato su competenze complementari: un gruppo di lavoro composto da sto-rici ed archeologi professionisti, rievocatori e attori, ha permesso di superare fin dall’inizio il “dilemma” del mu-seum theatre: attori formati dagli operatori museali sui contenuti, o operatori formati nelle tecniche teatrali? En-trambe le opzioni hanno infatti i loro punti deboli.Le tecniche teatrali applicate alla comunicazione mu-seale sono ancora di limitata diffusione in Italia, soprat-tutto in relazione al patrimonio archeologico, mentre le esperienze europee e internazionali vantano ormai una lunga tradizione.I risultati di questa esperienza sono tali da auspicare

Fig. 5

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Premessa

Presento in questa sede la manifestazione “Terra di Storia” che si è tenuta a Borgoricco sotto forma di ri-evocazione storica dal 2001 al 2009, con cadenza an-nuale nel terzo fine settimana del mese di maggio. Per motivi riconducibili alla limitatezza delle risorse econo-miche disponibili, nel successivo triennio 2010-2012 la manifestazione è stata comunque effettuata, ma non più come rievocazione storica, bensì nella forma di edi-zione didattica1.Preciso che dirigo il Museo della Centuriazione Romana dalla fine del 2009, anche se lavoro nella realtà del Mu-seo dagli anni ’90 e ho contribuito agli allestimenti della prima piccola esposizione e del museo attuale. Non ho condotto quindi personalmente ciò che presento di se-guito2.

La realtà archeologica di Borgoricco e il Museo della Centuriazione Romana

Il territorio che si trova a nord-est di Padova è caratte-rizzato dalle suddivisione agraria operata in età romana, tuttora chiaramente riconoscibile nel disegno ortogo-nale di vie e fossati attuali (fig. 1). Quest’opera di centu-riazione3, realizzata nel I sec. a.C. con moduli regolari di 20 x 20 actus, comprende un’area di 190 km quadrati circa, che attualmente afferisce a 13 diversi comuni, 10 nella provincia di Padova e 3 in quella di Venezia.All’interno di questa realtà territoriale si trova il Museo della Centuriazione Romana4, nato nel 1979 come pic-colo antiquarium per esporre i reperti raccolti nei campi dagli appassionati locali, e reso fruibile al pubblico solo nel 1999 con una modesta esposizione ospitata in due salette della sede municipale di Borgoricco (fig. 2).

“Terra di Storia”: dalla rievocazione storica alla didatticaSilvia Cipriano Museo della Centuriazione Romana - Borgoricco

1 Le diverse edizioni di “Terra di Storia” che si sono succedute negli anni hanno beneficiato di contributi economici da parte della Regione Veneto, sempre molto attenta a questo tipo di promozione culturale; alcuni contributi sono poi stati erogati anche dalla Provincia di Padova e dalla Banca di Credito Cooperativo dell’Alta Padovana.

2 La persona che si è occupata dell’organizzazione e della gestione delle manifestazioni nelle sue diverse edizioni è Vanna Agostini,

responsabile del Servizio Cultura del Comune di Borgoricco, mentre il progetto scientifico e il coordinamento sono stati curati dall’Associazione Culturale Arc.A.Dia.

3 Sulla centuriazione si veda il recentissimo volume Antico e sempre nuovo. L’agro centuriato a nord-est di Padova dalle origini all’età contemporanea, a cura di C. Mengotti e S. Bortolami, Verona 2012.

4 Si veda il sito web www.museodellacenturiazioneromana.it.

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Fig. 1Ortofoto dell’agro centuriato a nord-est di Padova.

Fig. 2 Borgoricco (PD). L’esposizione museale allestita nelle salette del Municipio (1999-2008).

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Fig. 3Borgoricco (PD). Il Centro Civico di Aldo Rossi che ospita la nuova esposizione del Museo della Centuriazione Romana.

Dal 2009 il museo si è trasferito all’interno del Centro Civico progettato da Aldo Rossi con un nuovo allesti-mento (fig. 3); si tratta di quattro sale, in cui vengono affrontati i temi della centuriazione, dell’agricoltura e dell’allevamento, della casa e delle attività economiche e commerciali. L’esposizione dei materiali rinvenuti nel territorio centuriato, che quindi testimoniano la vita quo-tidiana romana in ambito rurale, è corredata da pannelli colorati dal contenuto molto immediato ed è arricchita da ricostruzioni didattiche; ogni sala è dotata di schede mobili contenenti le traduzioni in lingua inglese di tutti i pannelli. La proposta alle scuole di ogni ordine e grado

è molto ricca, con l’offerta di visite guidate associate a laboratori di diverso tipo e a lezioni frontali in classe, modulate in base alle richieste degli insegnanti e sulle necessità specifiche degli alunni. Il Museo propone dal 2010 un ricco calendario annuale di eventi ed attività, diretti a bambini e adulti, a famiglie, al pubblico specia-lista e non, potendo contare anche sugli ampi spazi del Centro Civico, in cui sono inserite quattro grandi sale utilizzate per le mostre temporanee e per tutte le atti-vità didattiche e non, e sul teatro “Aldo Rossi”, che può ospitare fino a 300 persone.

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Fig. 4Borgoricco (PD). La ricostruzione della cucina.

gevano all’interno della villa rustica, come la macinatura dei cereali, la tessitura, la produzione ceramica, l’ara-tura e la semina; era previsto poi un approfondimento sull’attività agrimensoria e sull’utilizzo della groma (fig. 5). L’evento era poi allietato da spettacoli di danza e musica antica. Già dalla prima edizione è stato notevole il coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni locali (fig. 6). Alla base della manifestazione c’è stato un attento stu-dio delle fonti archeologiche e letterarie relative alla te-matica in oggetto; in secondo luogo è stato effettuato il contatto e il coinvolgimento di gruppi che operavano in ambiti centuriali simili a quello di Borgoricco5; è stata inoltre attivata la collaborazione con un gruppo di ri-

La manifestazione “Terra di Storia” (2001-2009)

La manifestazione “Terra di Storia” dunque si inseriva in una realtà museale piuttosto modesta, priva di una sede specificamente destinata ad essa, dove però si svolgevano visite guidate alle scolaresche e attività di laboratori didattici con l’obiettivo di far conoscere ad un vasto pubblico la realtà centuriale e la raccolta di mate-riali archeologici.Nel 2001 si è tenuta la prima edizione della manifesta-zione, dedicata alla vita quotidiana nell’ambito rurale ro-mano e strutturata con visite guidate, laboratori didattici per le scolaresche e ricostruzioni degli ambienti, come ad esempio la cucina (fig. 4), e delle attività che si svol-

5 In particolare si trattava del Gruppo Archeologico Villadose e dell’Associazione Terre Centuriate Cesenati.

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Fig. 5Borgoricco (PD). La sperimentazione della groma.

Fig. 6Borgoricco (PD). Cittadini animano la manifestazione “Terra di Storia”.

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cerca sulla musica e la danza nell’antichità6, che ha partecipato attivamente alla serie di eventi della mani-festazione. Sono state infine coinvolte le scuole del ter-ritorio, che hanno collaborato in maniera fattiva all’al-lestimento dell’orto, alle scenografie e alle ricostruzioni degli ambienti, alla cura degli aspetti alimentari e alla realizzazione del banchetto romano, alla ricostruzione di oggetti, come anfore e lucerne, alla realizzazione di vestiti, all’esemplificazione dell’uso della groma7.L’iniziativa si è articolata in ricostruzione di ambienti aperte a tutti ed esemplificazioni di archeologia speri-mentale relative alla produzione della ceramica, alla la-vorazione dei metalli, alla macinatura dei cereali e alla coltivazione dell’orto, oltre a visite guidate al museo e un convegno. Evento di punta è stata la rievocazione della cerimonia di assegnazione delle terre ai coloni, e le due giornate sono state arricchite da spettacoli di danze e musiche antiche e da un banchetto romano.A partire dall’edizione del 2003 sono state introdotte

nella manifestazione le figure dei rievocatori8, ripropo-nendo il corteo storico (fig. 7) con famiglia imperiale, pretoriani, legionari, centurioni, vestali, ancelle (fig. 8), lo spettacolo dei gladiatori, con giochi e combattimenti (fig. 9), tornei equestri e corse con le bighe (fig. 10), oltre all’accampamento romano (fig. 11), al villaggio celtico e al villaggio dei Veneti antichi. Sulla base di un evento già esistente è stata dunque realizzata una manifestazione più complessa e articolata, grazie alla disponibilità di spazi e risorse umane ed economiche del Comune, con l’obiettivo di far conoscere al vasto pubblico la re-altà di Borgoricco, obiettivo pienamente raggiunto. Per il pubblico si prospettavano diverse possibilità di parte-cipazione all’interno della festa: dall’assistere alle rievo-cazioni, all’applicarsi all’archeologia sperimentale (me-talli, ceramica, pane), al provare nuove acconciature alla maniera romana, così come gli accessori e l’abbiglia-mento, alla degustazione di cibo preparato secondo le ricette della cucina romana, alle visite guidate al Museo.

6 Si tratta del gruppo Ludi Scaenici di Falerii Novi.7 Sono stati coinvolti Istituti Agrari, Licei Artistici, Istituti Alberghieri,

Istituti d’Arte, Istituti Professionali, Istituti per Geometri.8 Questi i gruppi di rievocazione storica che hanno collaborato: Gruppo

Archeologico Villadose, Gruppo di rievocazione storica Taurini -

Torino, Gruppo di rievocazione storica Cenomani, Familia Gladiatoria Pannonica, Gruppo Veneti Antichi Kleves - Padova, Ars Dimicandi, Popolo di Brig, Lingoni, Gruppo Storico Aurighi - Carinzia, Gruppo storico romano - Roma, Scuola gladiatori - Roma, Gruppo Equestre La Staffa - Roma, Venetia Victrix, Legio I Italica Villadose.

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Fig. 7Borgoricco (PD). I legionari.

Fig. 8Borgoricco (PD). Le ancelle.

Fig. 9Borgoricco (PD). Un combattimento.

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Fig. 10Borgoricco (PD). La corsa delle bighe.

Fig. 11Borgoricco (PD). L’accampamento romano.

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accezioni non è più stata riproposta e questo ha ovvia-mente stravolto gli intenti che stavano alla base dell’e-vento. La partecipazione del pubblico è andata via via diminuendo, fino ad indurre Museo e Servizio Cultura, in accordo con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Borgoricco, a non riproporre più “Terra di storia” nel 2013, ma piuttosto a organizzare un calendario di ap-puntamenti distribuiti nell’arco di tutto l’anno e non più concentrati in un unico fine settimana, con attività di di-verso tipo per vivere il museo.

“Terra di storia”: l’edizione didattica (2010-2012)

Purtroppo a partire dal 2010 non è stato più possibile investire risorse importanti su questa manifestazione, all’interno del bilancio del Comune, sempre più ridotto; “Terra di Storia” è stata dunque proposta negli ultimi tre anni in edizione didattica, con un’ampia scelta di labo-ratori didattici riservati alle scolaresche (fig. 12), con altre attività per i visitatori adulti e bambini e con spettacoli serali (fig. 13)9. La rievocazione storica nelle sue diverse

Fig. 12 Borgoricco (PD). Laboratorio didattico con le scolaresche.

9 Sono state coinvolte le Associazioni Arc.A.Dia., HerediA, Il Barco, Avis (sezione Borgoricco) e gli Amici della Biblioteca di Borgoricco, il Gruppo Spartum di Campodarsego, la Compagnia delle Smirne di

Mirano, l’Associazione Mondo Novo, il Centro Teatro Veneto di Figura - Ars Metallica, Ithaca le Terracotte di G. e P. Stella.

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Fig. 13Borgoricco (PD). Spettacolo nelle sale del Museo.

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La fortunata rassegna “Antico/Presente”, ideata e cu-rata da Marcello Di Bella, direttore della Biblioteca Ci-vica Gambalunga, è stata avviata nel 1999 come ciclo di incontri che animavano le serate estive nella sugge-stiva cornice dell’anfiteatro romano. Dal 2005 ha as-sunto le forme e il titolo di “Festival del Mondo Antico”, una kermesse di 4 giorni consecutivi che veniva a se-gnare l’inizio dell’estate. Il palinsesto della nuova rasse-gna accoglieva lezioni magistrali, convegni, presenta-zioni di libri…. insieme a iniziative mirate ad avvicinare il grande pubblico alla dialettica tra passato e presente attraverso strategie comunicative coinvolgenti.Il programma si arricchiva dell’apporto dei Musei Co-munali di Rimini con la loro lunga esperienza di media-tori culturali in particolare nel campo della didattica e della divulgazione scientifica, aprendo ad attività labo-ratoriali, quadri rievocativi del passato, visite guidate. Proposte volte a favorire un approccio interattivo, in linea con le attese del pubblico contemporaneo che preferisce formare il proprio bagaglio culturale con la partecipazione diretta.Le attività laboratoriali, indirizzate prevalentemente a bambini e ragazzi, hanno assunto negli anni una dimen-sione sempre più ampia fino a caratterizzare una sorta di Festival nel Festival, il “Piccolo Mondo Antico Festi-val”, per arrivare, nel 2011, a occupare l’intera edizione dedicata, nella formula de “I laboratori”, prioritariamente ai ragazzi, custodi del patrimonio culturale. Con un tuffo

nell’antichità, i giovani si sono cimentati in diverse forme di arte e artigianato, si sono sfidati nei giochi dei loro antenati, divertiti alle console o ai tavoli con giochi ispi-rati al mondo classico, hanno seguito visite guidate ani-mate e plurisensoriali lasciandosi affascinare da narra-zioni, suoni, danze… Vestiti i panni dell’uomo primitivo o dell’antico romano, i bambini hanno vissuto in prima persona “una giornata nella preistoria” e “una giornata nell’antica Ariminum” partecipando alle tante attività che insieme restituivano la vita quotidiana di un villaggio neolitico o della città di 2000 anni fa: così, intorno a una capanna di frasche, costruivano armi e utensili con pietre scheggiate, plasmavano i primi contenitori in ar-gilla, confezionavano gioielli originali con conchiglie e al-tri elementi naturali, intrecciavano vimini, cucivano pelli, tingevano fibre e tessuti con bacche e frutti di bosco; mentre la Rimini romana riviveva in piccoli quadretti fra laboratori artigianali di lucerne, di maschere teatrali e di mosaico o in simulazioni di banchetti o ancora in vivaci giochi di strada.Il Festival è stata l’occasione per avvicinare i ragazzi al mondo antico anche attraverso la musicalità dei suoni: sia quelli prodotti dalla natura che dominava l’ambiente primitivo (il fruscio delle foglie, un battere di sassi, me-lodie di semplici flauti in osso, legno o canna, il suono della risacca racchiuso nelle conchiglie), sia quelli degli strumenti che allietavano banchetti e feste nelle ricche domus (nacchere, triangoli, tamburelli, cetre e ancora

Quando il presente incontra il passato attraverso la rievocazione: il “Festival del Mondo Antico” a RiminiAngela Fontemaggi, Orietta Piolanti Musei Comunali di Rimini

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mensa centrale e il vasellame che imita le antiche forme ceramiche. Seguendo il copione di un classico ban-chetto di età imperiale, dopo aver distribuito i ruoli e indossate le vesti ora di dominus, ora di ospite, ora di servo, ora di giocolieri e ballerine, prende il via la si-mulazione della cena con la scelta e la descrizione dei piatti di portata secondo le ricette di Apicio. Una sorta di rappresentazione teatrale in cui trovano spazio anche cibi, odori e sapori della cucina romana: spezie, for-maggi, olive, salsicce, frutta secca e di stagione… tutto rigorosamente noto e apprezzato dal mondo romano. E

flauti riconoscibili nei particolari di alcuni mosaici di Ari-minum). Con un salto in un’epoca a noi più vicina come quella delle signorie rinascimentali, siamo entrati nell’am-bientazione particolarmente suggestiva della Cappella degli angeli musicanti all’interno del Tempio Malate-stiano, un’illustrazione d’eccezione ove riconoscere gli strumenti più in voga alla corte per poi ascoltarne il suono attraverso le riproduzioni ispirate agli originali.Un momento prossimo alla rievocazione storica è il banchetto ove i ragazzi sono protagonisti dell’evento proposto in un ambiente arredato con i tipici triclini, la

Fig. 1“Festival del Mondo Antico” 2007. Il torneo del gioco dei latrunculi.

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Ponte di Tiberio o lo spazio dell’antico foro, gli attori che interpretavano via via Cesare, Augusto e Adriano, da-vano voce all’antico attraverso letture di fonti classiche. La visita tradizionale incontrava il linguaggio teatrale cui erano affidati i testi scelti, la gestualità e la mimica dei personaggi, in una narrazione capace di accrescere curiosità e coinvolgimento. Grande attrattiva era esercitata dai processi che apri-vano la rubrica del Festival intitolata “ricostruzioni”. Ambientati prima nell’Anfiteatro romano e poi nella più ampia piazza Cavour che consentiva una maggiore ac-coglienza, erano vere e proprie simulazioni di processi romani, con tanto di rappresentazione scenica e di confronto processuale fra testimoni, accusatori e difen-sori. Lo spettatore veniva per così dire catapultato in una situazione di 2000 anni fa, cui partecipava “tifando” per l’uno o l’altro dei soggetti coinvolti. Così nel 2007 con “Il sasso in bocca”, messa in scena di un processo penale romano, ideato dalle cattedre di

accompagnato dai liba, le caratteristiche pagnottelle di farina e ricotta insaporite da una foglia di alloro, appo-sitamente sfornate da un laboratorio di pasticceria. Una proposta, quella del banchetto, nata nel 2001 all’interno di un percorso di educazione alla cultura del cibo intito-lato “Ad mensam”.Anche gli adulti sono stati coinvolti: in esperienze arti-stiche quali la pittura ad affresco o la pittura medievale e nel laboratorio di Michela Pasini sulla tintura naturale “Rubia Tinctorum”. Un’occasione per provare i procedi-menti con i quali gli antichi tingevano tessuti o filati impie-gando colori di origine naturale quale la porpora dei Fe-nici o la robbia dei Romani o il blu di guado dei Britanni.Il “Festival del Mondo Antico” ha messo in scena rie-vocazioni del passato dapprima attraverso suggestive ambientazioni lungo visite guidate nella città, con l’emo-zione di imbattersi nei personaggi che hanno scritto la storia di Ariminum. Sullo sfondo dei grandi monumenti della Rimini antica, quali l’Arco di Augusto, l’Anfiteatro, il

Fig.2“Festival del Mondo Antico” 2011. La simulazione di un banchetto romano.

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della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Urbino e con la regia di Claudia Delucca. Roma, 46 a.C. Il ca-valiere Sebazio è stato accusato dell’avvelenamento del socio Quinto Flacco, maturato in un clima di violenze le-gato allo smaltimento dei rifiuti nella Suburra, il quartiere popolare di Roma.È un delitto di Res Nostra, l’organizzazione criminale che vuole mettere le mani sulla raccolta dei rifiuti, cui Flacco non accettava di versare tangenti? O Sebazio è innocente e non affiliato all’organizzazione come si proclama, e Flacco è morto di un colpo apoplettico? Il medico Graziano, presente alla dubbia morte di Flacco, denuncia Sebazio al pretore Aulo Irzio. La testimo-nianza, estorta sotto tortura, del servo Dama, che ha servito il mulsum - miscela di vino e miele - conside-rato arma del delitto, è ambigua. Graziano non recede dall’accusa: a noi posteri è affidata la sentenza.

Fondamenti del diritto europeo (Giuseppe Giliberti) e di Argomentazione giuridica e retorica forense (Gianluca Sposito) della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Urbino, per la regia di Claudia Delucca. Al centro un caso di omicidio in cui si trovava implicata una orga-nizzazione chiamata in gergo Res Nostra, con diretto riferimento ad uno dei fenomeni più inquietanti della re-altà attuale: Fulvio Ispano, proprietario di vigneti lungo la via Salaria viene trovato assassinato davanti alla so-glia della sua fattoria con il corpo crivellato da colpi di gladio e, in bocca, un sasso inserito a forza. L’evento ha compreso la rappresentazione teatrale dell’omicidio e il collegamento con la trasmissione radiofonica “Tutti i colori del giallo”, condotta da Luca Crovi su Radio Rai Due in diretta da Rimini.E così nel 2008 con “L’odore della morte”, altra simu-lazione di un processo penale romano, sempre a cura

Fig. 3“Festival del Mondo Antico” 2009. Un attore, nei panni di Augusto, declama brani antichi, durante una visita alla città romana.

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dell’Anfiteatro romano di Rimini, grazie alla partecipa-zione di Ars Dimicandi di Curno (Bergamo), si realizzò un incontro sulla gladiatura rivolto agli studenti riminesi, ambientato nella palestra della scuola media “Alfredo Panzini” che, in due appuntamenti, accolse circa 800 spettatori. L’obiettivo era quello di avvicinare i ragazzi al mondo dei gladiatori attraverso la visione dal vivo di armi rico-struite filologicamente e il loro utilizzo in simulazioni di combattimenti “corpo a corpo”. Brevi, ma concitate e realistiche esercitazioni, si alternavano a momenti espli-cativi fra osservazioni e curiosità sull’uso e sul rapporto forma-efficacia dell’arma, nonché sulla gestualità e sui movimenti dei combattenti.Un’occasione per illustrare quello che è un fenomeno così importante per la Romanità e al tempo stesso così

Due squadre di studenti, analizzato il caso giudiziario, hanno scritto le orazioni di accusa e difesa, poi decla-mate da attori. Un ruolo preciso è affidato alla giuria composta da persone del pubblico con il compito di decidere se absolvere o condamnare l’imputato di un caso che sembra ambientato in una “Gomorra” del I secolo a.C.A presiedere la corte è Antonio Ingroia, Sostituto Pro-curatore della Repubblica presso il Tribunale di Pa-lermo. La ricostruzione storica sposata all’archeologia spe-rimentale entra nel Festival attraverso l’esperienza di-dattica dei Musei che per le loro iniziative già avevano coinvolto associazioni impegnate nella divulgazione scientifica. Si ricorda che nel 1999, all’interno di un progetto culturale per la conoscenza e la valorizzazione

Fig. 4“Festival del Mondo Antico” 2007. Grande partecipazione di pubblico al processo “Il sasso in bocca”.

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di grande successo, gentilmente concesse dalla ditta Roncati di Cornaredo (Mi), i manifesti e la proiezione di alcune fra le pellicole che sono entrate nella storia della cinematografia.Il binomio ricostruzione storica-conoscenze scientifiche è alle base anche delle proposte confluite nelle più re-centi edizioni del Festival.Particolarmente fortunato l’incontro, nel 2007, con l’As-sociazione Legio XXX Ulpia Traiana Victrix di Roma, coinvolta nell’allestimento di un accampamento romano ambientato nel parco che ha sullo sfondo il monumen-tale Ponte di Tiberio, un luogo che rievoca con forza la Rimini antica e dall’altro anima il cuore della città mo-derna.L’Associazione, legata nella sua attività a più branche della ricerca e in particolare alla tecnologia dell’appa-

lontano dal nostro vivere sociale, sfatando tanti luoghi comuni. L’esperienza acquisiva maggior valore per il suo inse-rimento in un progetto che vedeva i Musei e il Liceo Classico “Giulio Cesare” di Rimini lavorare al rilievo dei resti dell’Anfiteatro, a un depliant e a pannelli esplica-tivi, e infine alla realizzazione di una mostra (Alla sco-perta dell’Anfiteatro romano. Un luogo di spettacolo fra archeologia e storia) con relativo catalogo, per la valo-rizzazione di quella che è l’arena meglio conservata in regione.L’efficacia dei gesti acclamati nell’anfiteatro è stata an-che al centro di uno spazio che si è voluto dedicare alla fortuna del genere gladiatorio nel cinema. Il fascino de-cretato al peplum dal mondo della celluloide è tornato a vivere nella mostra attraverso le armi prodotte per film

Fig. 5“Festival del Mondo Antico” 2008. In scena il processo “L’odore della morte”.

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Da qui l’idea di creare un evento in cui proprio Alberto Angela e Giovanni Brizzi potessero illustrare, all’interno della riproposizione di un accampamento, la vita quo-tidiana dei legionari fra l’allestimento del campo, le ve-stizioni con le uniformi ed equipaggiamento, le eserci-tazioni…

rato bellico ricostruito con sistemi artigianali, poteva vantare la consulenza di uno dei più accreditati studiosi di arte militare antica a livello internazionale, il professor Giovanni Brizzi, docente di Storia romana all’Università di Bologna, e la partecipazione a trasmissioni televisive quali “Ulisse” e “Superquark” a fianco di Alberto Angela.

Fig. 6“Festival del Mondo Antico” 2007. Legionari della Legio XXX Ulpia Traiana Victrix.

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Sullo sfondo dei colori, delle insegne, del luccichio delle armi, dei suoni e dell’imponente fisicità dei soldati, i due studiosi, nella loro conversazione, facevano emergere le qualità dei combattenti, le virtù, lo spirito di gruppo, la resistenza fisica messa alla prova da armamenti e ba-gagli pesanti, la fedeltà allo Stato degli antichi legionari. Valori su cui Roma fondò la sua grandezza. Soltanto avendo di fronte un legionario in carne e ossa nell’ar-matura riprodotta fin nei minimi particolari, ci si può ren-dere conto di quanta fatica costassero l’addestramento e il combattimento, ma anche di come la forma delle armi (dal gladius, all’elmo, allo scudo) corrispondesse a una precisa tecnica di combattimento. Così il gladius, corto e appuntito, favoriva lo scontro ravvicinato e l’af-fondo con colpi che non trapassavano il nemico; men-tre lo scudo, simile a una porta dietro cui nascondersi,

La visita all’accampamento attirava un folto pubblico curioso della vita dei legionari nei diversi momenti della giornata tra addestramenti e marce alternati al riposo e ai pasti, consumati con cibi quanto più coerenti con l’epoca (le zuppe e la tipica porchetta). Il momento più significativo in cui ricostruzione sto-rica, scienza e divulgazione si sono naturalmente fuse è stato l’incontro con Angela e Brizzi che, fornendo letture complementari, hanno esplorato la figura del soldato protagonista delle conquiste dei primi secoli dell’Impero. Un evento rivelatosi come una nuova occasione per porre l’archeologia sperimentale e la ricostruzione al servizio della storia, che si nutre e si arricchisce di piccoli dettagli: ad esempio osservare che le calza-ture (caligae) suolate con borchie di metallo scivolano sulle strade lastricate, essendo adatte a terreni battuti quali le strade ex-traurbane. Una curiosità dimostrata in diretta dalle difficoltà incontrate nell’in-cedere durante la sfilata che i legionari hanno compiuto dall’Arco d’Au-gusto al Ponte di Tiberio, in omaggio alla città.

Fig. 7“Festival del Mondo Antico” 2008. Giovanni Brizzi illustra l’oplita.

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A ospitare i soldati greci, impegnati in esercitazioni e si-mulazioni di combattimento, è stata l’arena dell’Anfitea-tro. Con la consueta disponibilità a raccontare i risultati raggiunti nel loro sperimentare modelli militari antichi, “gli opliti” del 2000 – non semplici figuranti ma cultori appassionati, competenti soprattutto nel campo tec-nico e funzionale di armi e armature – si sono offerti al pubblico che incessantemente, dall’alba al tramonto, li ha avvicinati per carpire segreti e soddisfare curiosità. Anche in questa edizione la ricostruzione si è messa al servizio dell’analisi storica nell’incontro “L’esercito greco: mentalità ed evoluzione” condotto da Giovanni Brizzi. Sul palco del Teatro degli Atti si muovevano in perfetto ordine, nel segno dell’antica disciplina, i nuovi opliti, armati di schinieri, elmo, corazza e della caratteri-stica lancia, mentre dalle parole di Brizzi si delineavano le caratteristiche dell’oplita, che, secondo Erodoto, rive-lava le sue migliori qualità nel restare entro le fila dello schieramento.Nella storia del Festival diverse sono state le occasioni in cui la ricostruzione storica e l’archeologia sperimen-tale hanno contribuito a ricreare spicchi di vita e a ri-proporre antiche tradizioni. Ad iniziare da quella della marineria antica proposta nel 2009 nella rassegna “De rebus nauticis. Gli antichi e la navigazione”, che com-prendeva iniziative tra archeologia, storia ed etnografia realizzate in collaborazione con l’Istituto Italiano di Ar-cheologia e Etnologia Navale e con il Museo della Mari-neria di Cesenatico.Anche in questo caso all’incontro con lo studioso, Ste-fano Medas, doveva seguire l’esperienza dell’uscita in mare su imbarcazioni storiche. Purtroppo le contrarie condizioni atmosferiche hanno impedito la navigazione e fatto optare per una lezione sull’arte marinaresca, a bordo della barche ormeggiate in porto. Un’esperienza

aveva assunto la forma di tegola per consentire di af-frontare, uniti, la battaglia, secondo schemi e geometrie segnalati dal suono dei corni e dagli stendardi.Per due giorni Rimini ha seguito con appassionato inte-resse i ritmi della vita nell’accampamento, ove riecheg-giavano le grida, i suoni e i passi dei legionari, seguiti con ammirato stupore da piccoli e grandi. Una sorta di teatro vivente che ha contribuito a far emergere il Fe-stival fuori dai luoghi tradizionali della cultura rendendo partecipi dell’evento oltre 1000 persone.L’esperienza, dall’esito indubbiamente positivo, è stata riproposta nel 2008 quando, sempre con la Legio XXX Ulpia Traiana Victrix insieme all’Associazione di ricostru-zione storica e archeologia sperimentale Nike e Tha-natos, è stato possibile conoscere da vicino la figura dell’oplita ed entrare in contatto con le forme più tipiche dell’artigianato romano.

Fig. 8“Festival del Mondo Antico” 2011. L’esibizione di gladiatori dell’Ars Dimicandi.

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realtà artigianale del settore. In questo modo una voca-zione florida nel territorio si è incontrata con la moda dei tempi più lontani attraverso la maestria di un artigiano che traduce la sua esperienza in una scuola di forma-zione professionale. L’edizione 2011 del Festival, nel già citato format de “I laboratori” per i più giovani, è tornata a guardare all’e-vento realizzato nel 1999 per proporre un nuovo appun-tamento con la gladiatura.Due le iniziative condotte dall’Associazione Ars Dimi-candi che, riferendosi alle fonti storiche e iconografi-che, nonché all’archeologia sperimentale, ha illustrato la storia della gladiatura, le categorie che distinguevano gli eroi dell’arena, le armi e gli armamenti. Ma anche il

nuova per il Festival, nella scia di una tradizione di ri-cerca sulla marineria e la navigazione antica lungo la costa romagnola che fa capo ai Musei della Marineria di Cattolica e Cesenatico. La ricostruzione storica si legava alla vita quotidiana degli antichi nell’edizione 2010 con un breve, interes-sante ciclo di incontri curati da Maria Grazia Maioli e realizzati grazie alla collaborazione del CERCAL (Cen-tro Ricerca e Scuola internazionale Calzaturiera di San Mauro Pascoli). Fra lezioni e attività laboratoriali si cu-riosava sull’abbigliamento in età classica e tardo an-tica. Insieme alle vesti erano protagoniste le calzature la cui realizzazione, fedele alle indicazioni attinte dalla studiosa dall’iconografia dell’epoca, ha coinvolto una

Fig. 9La Legio Trigesima Gemina-Gruppo riminese di rievocazione storica romana in un addestramento nell’Anfiteatro romano di Rimini (2012).

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quipaggiamento del legionario, la disciplina formativa, tecniche e movimenti di schiera, le attività inerenti la vita quotidiana dell’accampamento. L’intento è quello di mettere in scena la “storia viva” affrontando problema-tiche anche apparentemente semplici e banali, come accendere un fuoco, allacciarsi un abito o indossare un’armatura, oppure cucinare un pasto su un fuoco da campo. Vivere nella storia avendo l’opportunità di poterla per così dire toccare con mano attraverso i materiali, le tec-niche, i colori, i suoni e persino gli odori che la rievo-cazione restituisce, rappresenta certamente un’espe-rienza che non si dimentica. Talvolta, per i più giovani, segna l’inizio di una passione se non di un percorso di studio. Punto di forza delle rievocazioni sono state per noi la preparazione, la conoscenza, la professionalità, l’abilità (anche didattica) di chi la pratica, ma soprattutto il riferi-mento a studiosi, storici e archeologi, indispensabili nel suffragare e contestualizzare l’esperienza. Una sinergia capace di restituire a tutto tondo la dimensione di uno spaccato del nostro passato fra fonti storiche, curiosità e interrogativi che lasciano aperti studi e ricerche. Qual-che difficoltà? Certamente l’impegno che richiede l’or-ganizzazione degli eventi animati da gruppi numerosi: sono infatti da mettere in previsione risorse per rico-noscere almeno il tempo libero messo a disposizione dai rievocatori, i viaggi e le trasferte di materiali spesso molto ingombranti, gli allestimenti, i pasti così come la predisposizione degli spazi destinati ad accogliere le manifestazioni. Difficoltà che, di fronte a risorse sem-pre più ridotte, rischiano di divenire veri e proposti osta-coli nella programmazione di manifestazioni che hanno senz’altro il merito di favorire il confronto con il passato riflettendo sul presente e sulla continuità di scelte e so-

significato dei gesti e i rituali degli spettacoli. Ad aggiun-gere fascino e interesse al racconto erano “gladiatori” che offrivano al pubblico i risultati di lunghi anni di ri-cerca e di sperimentazione su quello che fu lo spetta-colo più caro al mondo romano. La presentazione di armature caratteristiche di alcune categorie, quali i sanniti e i galli, che riproponevano nomi di etnie sconfitte da Roma, evidenziava come già nell’arena si attuasse una forma di rievocazione storica ove i gladiatori simulavano lo scontro fra i romani e i nemici vinti.Tante le curiosità come quella dell’elmo del contra retia-rius, liscio e privo di sporgenze, per evitare l’impigliarsi della rete e per attenuare l’impatto del tridente sul capo. O ancora, nel caso dell’armamento del mirmillone, il rapporto fra la forma della spada, lunga e spuntata, e la forma dello scudo, alto e stretto per consentire ampie traiettorie nel brandire l’arma. Particolari da cui si de-duce una tecnica di combattimento che evitava il corpo a corpo ravvicinato.Se le Associazioni coinvolte nel Festival vantano un lungo e accreditato curriculum, si deve anche con-statare la nuova formazione di gruppi entusiasti nell’intraprendere, seppur a piccoli passi, la via della rievocazione. Ne è un esempio la Legio Trigesima Ge-mina-Gruppo riminese di rievocazione storica romana che, proprio in occasione dell’ultima edizione del Fe-stival, ha ambientato nell’Anfiteatro romano una Schola militaris per introdurre alle tecniche di addestramento e combattimento, invitando chi volesse a vestire per un’ora i panni del legionario. Una collaborazione che ha aperto la strada per nuove e più articolate proposte, oltre il Festival. Come quelle che hanno attraversato l’e-state 2012 nello scenario dell’Anfiteatro romano, dove il gruppo illustra, in incontri serali settimanali, l’uso dell’e-

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stati infatti oggetto di una ricostruzione, in scala pros-sima all’originale, all’interno della Sezione archeologica del Museo della Città.Chi si appresta a visitare le sale dove è esposto il cor-redo di 150 strumenti e una selezione dei più signifi-cativi materiali rinvenuti nello scavo, respira l’atmosfera della Domus del chirurgo entrando nello spazio deco-rato e arredato sulla base della documentazione ar-

luzioni, agevolando altresì il dialogo fra generazioni che, davanti alla storia che si fa realtà, sembrano persino toccarsi in una dimensione fuori dal tempo.Accanto alla rievocazione storica trova spazio la rico-struzione di ambienti quale quello della taberna medica della Domus del Chirurgo di piazza Ferrari. Lo studio e la stanza per il day hospital dove esercitava Eutyches, il medico chirurgo attivo ad Ariminum nel III secolo, sono

Fig. 10Rimini, Museo della Città. Ricostruzione della taberna medica (il cubiculum per il ricovero dei pazienti).

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Inaugurata nell’ambito del “Festival del Mondo Antico” 2006, la ricostruzione offre spunti preziosi in occasione di visite guidate, interviste “impossibili” al chirurgo… ma fa anche da sfondo a filmati dedicati all’attività medica per raccontare uno spaccato di vita nella Rimini impe-riale.

Le foto che corredano questo testo provengono dall’Archivio fotografico dei Musei Comunali di Rimini.

cheologica. Al fascino di un’area di scavo così vasta e ricca di testimonianze, si aggiunge dunque l’emozione di trovarsi all’interno delle stanze così come dovevano presentarsi ai pazienti del celebre medico.Ragazzi e adulti apprezzano la suggestiva ambienta-zione che da un lato completa e offre una dimensione più reale dello scavo, dall’altro contestualizza gli oggetti esposti nelle sale attigue.

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Premessa: la scoperta della centuriazione e la ricerca archeologica sul campo

Nel 1984 alcuni valenti studiosi locali sono riusciti ad individuare dopo un attento studio delle fotografie aeree una vasta centuriazione romana situata vicino all’im-portante città romana di Hatria. La scoperta di Enrico Zerbinati, Raffaele Peretto e Camillo Corrain è stata poi confermata da altri studiosi e quella che era con-siderata un’area di nessun interesse archeologico, ha cominciato a destare attenzione negli archeologi. La centuriazione era impostata su un decumano visibile nelle fotografie aeree da Buso (frazione di Rovigo), fino a Monsole in provincia di Venezia. Si stima che l’esten-sione della centuriazione fosse intorno ai 200 kmq. Sia la larghezza del decumano massimo 29,7 m (100 piedi) che il lato delle centurie (27 actus) sono insoliti. Così nel 1988 quando è nato il Gruppo Archeologico di Villadose la sua prima attività è stata quella di percor-rere le campagne del comune polesano e con grande sorpresa si sono trovate numerose tracce degli antichi coloni romani che avevano vissuto nella centuriazione tra il I sec. a.C e il III d.C. La ricerca avveniva cammi-nando sui campi liberi dai raccolti con gruppi di 4-5 ricercatori che seguivano tragitti paralleli distanziati di circa 20 metri l’uno dall’altro. Quando uno dei ricerca-tori individuava materiale archeologico affiorante in su-perficie, tutti i ricercatori si portavano sul sito per una

fase di ricerca ad alta intensità con raccolta di materiale ceramico e manufatti vari. Il sito veniva descritto con un’apposita scheda e cartografato sulla Carta tecnica regionale al 10.000 (fig. 1). Con i reperti raccolti in soli due anni fu allestito nel 1990 un piccolo museo dedicato alla centuriazione. All’interno del museo i ricercatori si trasformavano in guide tra-smettendo ai visitatori oltre alla descrizione dei reperti, anche la testimonianza della fase di ricerca sul campo.La ricerca di superficie metodica permise di esplorare in quattro anni, dal 1988 al ’92, tutti i 32 kmq del terri-torio comunale di Villadose con l’individuazione di 108 siti archeologici riferibili alle abitazioni e ai sepolcreti dei coloni romani. Nei tre anni successivi, la ricerca di su-perficie nell’area centuriata si allargava ai comuni di San Martino, Ceregnano e Rovigo arrivando a coprire un’e-stensione di 94 kmq e individuando complessivamente 350 siti archeologici, tutti di età romana. Nel 1992 è stato organizzato presso il Municipio di Villa-dose un convegno di studio dedicato alla centuriazione dell’agro adriese nel corso del quale sono stati pre-sentati numerosi studi sui materiali raccolti durante la ricerca del Gruppo Archeologico, le schede e la carto-grafia dei siti archeologici e approfondimenti topografici con lo studio delle tracce visibili dall’alto. Nel 1993 sono stati pubblicati gli atti in un volume dal titolo La centu-riazione dell’agro di Adria, che riuniva anche le schede didattiche per la visita del museo (fig. 2).

Diciasette anni di ricostruzioni romane a Villadose (RO) tra archeologia sperimentale e divulgazioneEnrico Maragno Gruppo Archeologico Villadose

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Fig 1Ricercatori del GAV ripresi durante la Ricerca Archeologica di superficie nella centuriazione.

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La divulgazione

Ora il problema era di rendere consapevole la popola-zione dei resti che emergevano nei dintorni di Villadose con lo scopo di favorirne la tutela e per questo sono state proposte delle manifestazioni di divulgazione e di ricostruzione storica, sempre con una notevole conno-tazione didattica.Nel 1993 il Gruppo Archeologico di Villadose organizzò la rievocazione di un convivium con i cibi della Roma antica presso la cinquecentesca corte Casalini di Cam-bio di Villadose. La manifestazione ebbe un grande successo di pubblico e avvicinò per la prima volta i soci del GAV al problema di studiare e riproporre forme di vita dell’antichità classica.Da allora nel Gruppo si è sviluppata una sezione inte-ressata a tali tematiche ed è quindi nata l’idea di or-ganizzare a partire dal 1996 la “Rievocazione del mer-cato della centuriazione romana”. L’obiettivo iniziale era di creare una manifestazione per divulgare alla popo-lazione i sorprendenti risultati ottenuti dal GAV con la ricerca di superficie. Si era allora appena concluso un survey durato sette anni, su un’area di 9400 ettari di centuriazione nei comuni compresi tra Adria e Rovigo con l’individuazione di 350 siti archeologici. Si volevano proporre al pubblico alcuni aspetti della vita degli anti-chi coloni della centuriazione per portare la gente alla consapevolezza del patrimonio archeologico emerso dal territorio, processo fondamentale per arrivare ad una sua tutela. La consapevolezza delle proprie radici romane, ha avvicinato molta gente allo spirito della ma-nifestazione che si è così consolidata anno dopo anno.All’interno del Gruppo Archeologico si sono formati tre gruppi che hanno approfondito temi diversi della vita degli antichi:

Il 1° ottobre del 1994 è stato organizzato un secondo convegno dal titolo: La ricerca archeologica di superfi-cie in area padana, con lo scopo di migliorare la meto-dologia con cui avveniva il survey.Dopo sette anni di ricerche avevamo la consapevolezza degli importanti risultati conseguiti, la divulgazione scientifica era avvenuta adeguatamente con i due con-vegni e con la pubblicazione degli atti che erano stati distribuiti alle più importanti biblioteche italiane ed eu-ropee.Villadose, paese del Medio Polesine di 5000 abitanti, scopriva così che le sue radici affondavano nell’età ro-mana quando tutto il territorio comunale era occupato dai numerosi insediamenti dei coloni.

Fig. 2Copertina del libro La centuriazione dell’agro di Adria, edito nel 1993, è attualmente esaurito.

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Ai riti prende parte una ventina di persone che realiz-zano i costumi e gli arredi necessari a presentarli al pubblico (fig. 3).

Gruppo di ricerca danze anticheNel 1997, grazie all’interessamento di un socio del GAV, è nato il gruppo di danze antiche. Quest’ultimo, sulla base di musiche ricostruite, suonate usando gli stru-menti riprodotti con tecniche di archeologia sperimen-tale, è riuscito a proporre una serie di danze, sia sacre che per allietare, particolarmente suggestive. Il gruppo è sempre presente alle Rievocazioni storiche del Gruppo Archeologico di Villadose, proponendo danze orientaleggianti e tendenzialmente marziali; la loro preparazione mostra oltre che una buona risposta

Gruppo di antropologia sociale dell’antichitàAl fine di favorire la ricostruzione di riti civili e religiosi in uso presso gli antichi Romani, il Gruppo Archeologico di Villadose ha creato una sezione di antropologia sociale dell’antichità. Dopo un attento studio delle fonti antiche e di saggi di storici e l’osservazione di pezzi archeolo-gici la sezione è riuscita a ricostruire una serie di riti che elenchiamo: il matrimonio secondo la descrizione di Catullo (1997, 1999); la cerimonia di assegnazione delle terre ai legionari (1998, 2000, 2005); i riti in onore di Ce-rere (2001); i compitalia, riti in onore dei lares compita-les (2002); processo a Cilone: ricostruzione di un pro-cesso civile (2003); i riti propiziatori alla semina (2005); saltationes nuptiales, festa di nozze (2001); Roma amor bellum, ispirata alla storia di Zenobia, regina siriana che osò sfidare i Ro-mani (2002); rito in onore di Giove (2004); rito della semina (2010); rito degli Argei (2011, 2013); rito di fon-dazione della città (2012).

Fig. 3Il Gruppo di Antropologia sociale dell’antichità durante il rito di fondazione della città.

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motoria, una notevole capacità mimica e un’evidente eleganza. Le allieve di Tersicore sanno alternare rapide evoluzioni da menadi bacchiche a modulate azioni da severe sacerdotesse; esse danzano sulle musiche dei gruppi di sperimentazione musicale “Synaulia” e “Ludi Scaenici”, che con le loro armonie, composte dopo at-tenti studi e con strumenti di foggia antica, sanno rie-vocare lo spirito e la forza pagana del mondo romano. Fonte preziosa di ispirazione per la ricostruzione degli abiti è stata una menade danzante riprodotta su una lamina di rame trovata nella centuriazione durante le ri-cerche di superficie ed ora esposta al Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo (fig. 4). Il gruppo partecipa a numerosi eventi di ricostruzione storica in Italia e in vari stati eu-ropei fra cui citiamo la “Rievocazione di Sepomaia Viva” a Umago in Croazia, le “Giornate Romane di Aalen” in Germania, la sfilata per l’anniversario della fondazione di Roma a Roma (fig. 5).

Legio I ItalicaÈ stata fondata nel 1996 da Enrico Maragno, su un’idea di Sandro Mara-gno, socio del GAV, per ricordare la legione reclutata dall’imperatore Ne-rone nel 79 d.C. È composta da circa trenta appassionati di storia romana che inten dono presentare al grande

Fig. 4Menade danzante su laminetta di rame, rinvenuta nella centuriazione a Beverare, conservata al Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo.

Fig. 5Danzatrici del gruppo danze antiche di Villadose.

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I contatti con gli altri gruppi di ricostruzione storica

Il contatto avuto nel tempo con gruppi particolarmente preparati nell’archeologia sperimentale come il gruppo di musiche antiche “Synaulia”, i legionari olandesi della “Legio X Gemina”, i gladiatori della “Familia Sullana” hanno permesso al Gruppo di Villadose di migliorare le sue performances e il suo equipaggiamento, tanto da ottenere l’invito al raduno europeo dei gruppi romani di Aalen che si tiene ogni due anni presso il Limesmu-seum della città tedesca.Successivamente abbiamo aperto scambi col Museo Archeologico di Sremska Mitrovica in Serbia (antica Sir-mium), con l’Archeopark della Villa Romana di Malagne in Belgio, col gruppo “Thaleia” di Tarragona in Catalo-gna, con la “Familia Gladiatoria Pannonica” in Ungheria, col “Corpus Equitum Legionis” in Belgio.La nuova sensibilità nata, il desiderio di migliorare le tecniche sperimentali e la volontà di avvicinare altre

pubblico i modi con cui i legionari romani si vestivano, combattevano e vivevano nel loro accampamento. Con l’aiuto di alcuni valenti fabbri locali, siamo riusciti a ripro-durre buona parte dell’equipaggiamento e a presentarci in pubblico nel corso di marce molto ammirate. In se-guito, grazie alla collaborazione con l’istituto di arche-ologia sperimentale “Ars Dimicandi” guidato da Dario Battaglia, sono state approfondite le tecniche e le tatti-che di combattimento dei legionari romani che vengono riproposte nel corso di spettacolari esibizioni.Nel corso degli anni l’attrezzatura è stata migliorata e si sono arruolati altri appassionati provenienti da varie città del Nord Italia e dalla Slovenia. La legione durante le sue attività didattiche allestisce un accam pamento di 6-7 tende dotato di tutto l’equipaggiamento per il combattimento e la vita quotidiana. I ragazzi dormono in tenda e mangiano il pulsum, il tipico mine strone dei legionari romani. Vengono organizzate spiegazioni di-dattiche al pubblico ed esibizioni di marcia e di com-battimento. I legionari della I Italica partecipano da diciasette anni al mercato della centuriazione romana di Villadose e sono inoltre stati chiamati per esibizioni in Germania (rievo-cazione della battaglia di Teotoburgo), in Ungheria e a numerosi festival celtici in Italia. Si sono esibiti inoltre in occasione dell’inaugurazione di importanti musei come il Museo di Santa Giulia a Brescia, la sezione romana del Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo e al museo ar-cheologico nazionale di Altino. Dopo una prima fase all’interno del GAV, a seguito dei numerosi impegni si è costituita come associazione culturale e si è resa indipendente (fig. 6).

Fig. 6Legionari della Legio I Italica di Villadose in addestramento.

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zione storica di età romana nata in Italia abbiamo of-ferto un modello per altre realtà che volevano partire: abbiamo infatti ospitato ripetutamente il direttore del Museo Storico di Tarragona in procinto di partire con “Tarraco Viva”, la direttrice del Museo di Umago che ha poi organizzato “Sepomaia Viva” in Croazia, il direttore del Museo della Centuriazione di Borgoricco che ha poi dato vita a “Terra di Storia” nel reticolo romano a nord di Padova.Siamo stati inoltre coinvolti in numerose manifestazioni per l’inaugurazione di Musei e valorizzazione di siti ar-cheologici tra cui ricordo “Brixia romana” nel 2003 in occasione della apertura del Museo di Santa Giulia, dove abbiamo partecipato con più di cento reenactors. (fig. 7).

persone alle tematiche dell’archeologia sperimentale, ci ha spinti ad organizzare nel 1999 il “I convegno di archeologia sperimentale”. La partecipazione degli stu-diosi e degli esperti è stata spontanea ed entusiastica e le relazioni presentate sono state estremamente in-teressanti e molto pratiche. È stato per noi un obbligo, visto l’interesse dei contenuti emersi, e le richieste del pubblico, procedere alla pubblicazione degli Atti, anche grazie alla disponibilità dei relatori, tutti pronti nell’inviare i loro interventi. Oggi siamo giunti alla XII edizione del nostro Convegno che ha coagulato a Villadose l’atten-zione dei Gruppi di archeologia sperimentale interessati all’età romana e di vari gruppi di reenactment e di rico-struzione storica.Il nostro piccolo contributo allo sviluppo dell’archeolo-gia sperimentale, che ricordiamo, ha notevoli potenzia-lità didattiche, può costituire un serbatoio cui attingere per lo studio della storia nelle scuole di qualsiasi ordine. Inoltre può dare spunti a operatori museali preparati per interventi didattici e divulgativi mirati ad avvicinare il grande pubblico ai temi della storia e dell’archeologia. I risultati conseguiti a Villadose ne sono un esempio e una conferma. La rievocazione della centuriazione ro-mana che ogni anno coagula nella cittadina polesana migliaia di appassionati di storia romana ha finito per consolidare anche negli abitanti meno scolarizzati la consapevolezza delle radici antiche del territorio legate alla centuriazione. Il nostro piccolo museo viene visitato ogni anno da migliaia di cittadini e ogni anno un pub-blico maggiore viene attratto dalle ricostruzioni dell’ar-cheologia sperimentale e si cimenta nello studio della storia e dell’archeologia romana. Si tratta di un modo originale di fare cultura e di ricostruire l’identità culturale di una popolazione.Essendo la nostra la prima manifestazione di ricostru-

Fig. 7Ricostruzione del matrimonio secondo la descrizione di Catullo, con il gruppo di antropologia sociale e il gruppo danze antiche presso il chiostro del Museo di Santa Giulia a Brescia in occasione della manifestazione “Brixia Romana” (giugno 2003).

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La struttura del mercato della centuriazione romana

Dal 1996, per la prima volta in Italia, Villadose presenta una ricostru zione di scene di vita e un recupero di tra-dizioni culturali dell’età romana. Lo scopo è essenzial-mente didattico, ossia dare la possi bilità ai cittadini di capire come erano insediati e come vivevano gli antichi coloni romani che avevano costruito le loro fattorie nel

territorio centuriato. In occasione dell’evento il centro di Villadose, cittadina di 5000 abitanti situata nel Pole-sine fra Rovigo e Adria, si trasforma in un vicus di età romana imperiale (l’ambientazione è nel I secolo d.C.) all’interno del quale i visitatori possono assistere ad at-tività domestiche, a spettacoli, a esercitazioni dei legio-nari, assaggiare i cibi dei romani, ma anche visitare il piccolo museo della centuriazione e assistere al conve-gno di archeologia sperimentale sulla vita degli antichi. Al momento di scrivere il presente articolo, si è da poco conclusa la XVIII edizione che a partire dal 2013 è stata spostata dall’ultimo fine settimana di agosto al primo di giugno, al fine di poter coinvolgere maggiormente gli studenti e le scuole, essendo in questo periodo le atti-vità scolastiche ancora in corso.La manifestazione viene pubblicizzata anche con l’e-dizione di un giornale dal titolo “ACTA” in cui vengono riportate notizie sulle ricerche archeologiche in corso, sui contenuti del convegno e sulle ricostruzioni storiche previste nel programma (fig. 8).Lo schema su cui si è basata la manifestazione è il se-guente.

Mercato degli artigianiÈ stato selezionato un gruppo di artigiani che presen-tavano sia i loro prodotti finiti, sia alcune fasi della la-vorazione, presso la bancarella assegnata. Sono state privilegiate produzioni e ricostruzioni di prodotti antichi come la ceramica, la riproduzione di oggetti e attrezza-ture civili e militari, ma anche prodotti della terra.

ConvegnoL’annuale convegno di archeologia sperimentale “Alla riscoperta della vita degli antichi”, ha portato a Villadose numerosi studiosi che si sono impegnati nello studio

Fig. 8 Copertina del giornale ACTA, utilizzato per pubblicizzare i contenuti della rievocazione romana di Villadose.

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Rito sacro o civileOgni anno veniva ricostruito un rito messo in atto dal Gruppo di Antropologia Sociale in collaborazione col Gruppo Danze Antiche. Il rito veniva presentato al ter-mine del corteo con tutti i personaggi in costume.

Laboratori didattici per bambiniNumerosi operatori coinvolgevano i bambini in attività connesse con l’antichità come i giochi o attività artigia-nali (ceramica, mosaico, ecc.) (fig. 9).

della vita degli antichi romani e in esperienze di didat-tica e di divulgazione ed hanno permesso di gettare le basi teoriche per migliorare la qualità delle ricostruzioni storiche presentate a Villadose anno dopo anno.

Visite del Museo della CenturiazioneIl grande afflusso di pubblico permetteva di avere molti visitatori presso il Museo, dove i soci del GAV organiz-zavano visite guidate.

Teatro anticoCi siamo affidati al laboratorio teatrale di un liceo di Adria che ogni anno ha riproposto rappresentazioni di celebri autori greci. Gli autori più rappresentati sono stati Aristofane ed Euripide seguiti da Sofocle. Ha par-tecipato inoltre a numerose edizioni il gruppo teatrale di Ostiglia “Hic sunt histriones” che fra l’altro ha presen-tato un emozionante brano tratto dall’Odissea (il ritorno di Ulisse ad Itaca), oltre che una ricostruzione del teatro di strada romano e delle farse atellane.

Ludi della centuriazioneCon la collaborazione degli atleti di alcune squadre di rugby suddivisi in quattro squadre /azzurri, rossi, verdi e bianchi) venivano organizzate gare di corsa, di lotta e di harpastum (gioco della palla simile al rugby).

Battaglia e accampamenti Veniva allestito un accampamento con numerose tende, aperto al pubblico in certi orari. I legionari for-nivano notizie sulla vita quotidiana dei soldati e sull’e-quipaggiamento. Venivano poi organizzate dimostra-zioni di combattimento e vere e proprie battaglie come quella di Tape e dei Campi Raudii.

Fig. 9 Pagina di ACTA con gli eventi più importanti della rievocazione del mercato della Centuriazione di Villadose (settembre 2010).

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sempre più difficile trovare finanziamenti. È risultato inoltre problematico mantenere il coinvolgimento della popolazione. Anche mantenere la filologicità delle rico-struzioni diventa più difficile in momenti di ristrettezze economiche.In più la mancanza di programmi di valorizzazione sto-rica e turistica del territorio portati avanti dall’ammini-strazione non ha fornito le sinergie necessarie al decollo della manifestazione.

Progetto per un museo diffuso della centuriazione romana a Villadose

A questo proposito il gruppo ha cercato di promuovere un progetto i cui obiettivi erano: divulgare sia a livello scientifico che generale le conoscenze sulla centuria-

zione esistente a Villadose e sulle cen-turiazioni in generale; far conoscere lo stile di vita degli antichi coloni nell’am-bito centuriale sia dal punto di vista privato, che civile, religioso e militare, favorire una azione di tutela del terri-torio e della sua storia, favorire l’inte-razione con realtà analoghe a livello europeo, favorire ricadute turistiche ed economiche sulla comunica locale.Il progetto intende valorizzare riqualifi-candola la Mostra esistente, rinforzare le azioni divulgative tramite la rievoca-zione storica del Mercato della Cen-

I punti critici

La ricerca archeologica continuava, la popolazione era coinvolta, offrivamo un modello ad altre realtà, però non si sono aggiunti stimoli turistici ed economici.Dopo 10 anni la manifestazione ha iniziato un lento de-clino legato al fatto che l’Amministrazione comunale, che in parte finanziava la manifestazione, ha deciso di non investire risorse per un salto di qualità. È risultato pertanto difficile mantenere gli scambi internazionali con Musei e Gruppi stranieri e italiani, invitare i Gruppi di ricostruzione storica migliori in Europa, coinvolgere testimonial di valore per poter apparire nei media e po-ter così completare il lavoro divulgativo, investire in ar-redi e ricostruzioni per migliorare l’impatto sul visitatore.Inoltre l’avvento della crisi economica dal 2008 ha reso

Fig. 10Il palazzo Patella sede del Municipio e del Museo della Centuriazione di Villadose.

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“Quaderni di Archeologia del Polesine on line”

Affinché tutto il lavoro di ricerca e di divulgazione sia fruibile da parte dei cittadini, degli studiosi e degli ap-passionati, sono stati creati i “Quaderni di Archeologia del Polesine on line”, collegati al dominio www.centu-riazione.it dove si trova anche il sito internet del GAV. Nel sito sono disponibili più di 100 articoli presentati du-rante i convegni organizzati a Villadose e i risultati delle ricerche effettuate sul territorio (fig. 11).

9 giugno 2013

Bibliografia

A. Grigato, E. Maragno, Ricerca archeologica di superficie su un’area campione di 90 kmq dell’agro centuriato di Adria, in La ricerca archeologica di superficie in area padana, Stanghella 1996.

E. Maragno (a cura di), La centurazione dell’agro di Adria, Stanghella, 1993.

E. Maragno (a cura di), Atti del I Convegno di archeologia sperimentale (Villadose 28 agosto 1999), in “Quaderni di Archeologia del Polesine”, I, Stanghella, 2000, pag. 307-387.

E. Maragno (a cura di), Atti del III Convegno di archeologia sperimentale (Villadose 1 settembre 2001), in “Quaderni di Archeologia del Polesine”, II, Stanghella, 2002, pag. 149-214.

E. Maragno, Progetto per un museo diffuso della centuriazione a Villadose, in “Quaderni di Archeologia del Polesine on line”, Villadose, 2011, www.centuriazione.it/quaderni.

E. Maragno, G. Zanin, Villadose romana, Stanghella, 2005.

R. Peretto, E. Zerbinati, Aspetti del popolamento in età romana tra Bassa padovana e Polesine. Gli interventi dell’uomo sul territorio, in “Quaderni del Gruppo Bassa Padovana”, 1984.

turiazione Romana e i convegni di Archeologia Speri-mentale, costruire una sezione museale multimediale all’interno della Villa Municipale di Cà Patella e un mu-seo diffuso all’aperto.Il Museo diffuso prevede allestimenti nella piazza anti-stante la Villa Municipale dedicati ad agricoltura, edilizia e misurazioni del tempo e dello spazio, un percorso ci-clabile nelle campagne centuriate, arricchito da oppor-tuna segnaletica e ricostruzioni (fig. 10).La giunta comunale nel 2012 ha approvato il progetto del museo diffuso, ma non ha stanziato fondi per la sua realizzazione.

Fig. 11Pagina di presentazione dei “Quaderni di Archeologia del Polesine on line” disponibili gratuitamente all’indirizzo http://www.centuriazione.it/quaderni.asp.

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Comunicare il passato

Il Museo di Sarsina (FC) è uno dei più importanti musei archeologici dell’Italia settentrionale per la ricchezza e la varietà delle sue collezioni. Le testimonianze di età romana ivi raccolte sono di provenienza quasi esclu-sivamente locale: i resti architettonici consentono di ricostruire l’assetto dell’antica città e della sua monu-mentale necropoli; la statuaria illustra i numerosi culti ivi praticati, legati al mondo greco, alla tradizione italico-romana, fino al mondo orientale; i mosaici pavimentali, le porzioni di intonaco dipinto, il vasellame e gli stru-menti restituiscono spaccati della vita quotidiana e degli ambienti domestici in cui essa si svolgeva. Ma è il patrimonio epigrafico sarsinate che, per la molteplicità dei dati e delle informazioni che fornisce, consente di dare un nome e un volto ai protagonisti di allora, di conoscerne l’età e i mestieri, di intuirne senti-menti e desideri2.

L’esperienza di narrazione e ricostruzione storica di seguito presentata rappresenta, quindi, un naturale sviluppo del percorso espositivo del Museo che, attra-verso la suggestione creata da presenze umane evoca-tive, diventa narrante e vivo. Fondamentale poi che protagonista di questa espe-rienza sia stata la comunità locale che in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica ha ideato e rea-lizzato l’evento, coinvolgendo nella rappresentazione i giovani e le loro famiglie.

Monica Miari

La Storia

“VIsiTA al MUSEO” è il risultato di un’idea maturata nel corso del tempo, nell’ambito dell’ormai decennale ap-puntamento con la Festa Romana, che si svolge a Sar-sina ogni anno il secondo sabato del mese di Luglio,

“VIsiTA al MUSEO”. Esperienza di rievocazione all’interno delle sale del Museo Archeologico Nazionale di Sarsina1

Monica Miari Maria Teresa Pellicioni Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia RomagnaMonica Ballantini Gruppo Mary Poppins

1 Promosso da Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, Museo Archeologico Nazionale Sarsinate in collaborazione con il gruppo teatrale“Mary Poppins”, con i ragazzi di “Outsider Group” di Sarsina, con l’Associazione culturale “Di Arte in Arte” e con l’associazione PRO-LOCO di Sarsina.

2 “Sarsina: parole di pietra Le epigrafi del Museo Archeologico Nazionale”, a cura di C. Guarnieri, Cesena 2010.

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Per costruire la trama della narrazione si è pensato così ad una figura narrante, “Storia”, impersonificata da una ragazza vestita di bianco, col capo velato e con un gomitolo di lana rossa in mano, che si rapportava alla “Guida” che normalmente conduce il pubblico alla scoperta del museo. La Guida4 a sua volta diveniva il tramite fra i visitatori, la Storia ed i personaggi, rievocati come in una sorta di Spoon River.5

I principali protagonisti sono stati una trentina di ra-gazzi del “Gruppo Mary Poppins” e “Outsider’s Group Sarsina” che hanno dato quindi volto e voce ad alcuni antichi abitanti di Sarsina romana, riproponendo anche immagini di statuaria sacra e scene di vita quotidiana: Cetrania Severina, sacerdotessa della diva Marciana; Marcana Vera, devota moglie di Lisimaco; Verginio Peto, prima soldato e poi magistrato sarsinate; Rufo ed i suoi famigliari, le Divinità olimpiche e quelle orientali, Cesio Sabino. Per rappresentare invece gli aspetti legati alla vita quotidiana nelle sale del piano superiore sono state impersonificate dame ed ancelle in atto di agghin-darsi i capelli, banchettanti sul triclinio e a conclusione leggiadre fanciulle danzanti. Alla rievocazione non po-teva mancare Plauto, certamente il più noto dei cittadini romani, nato a Sarsina nel 254 a.C. Da lui l’invito a par-tecipare alla serata in piazza dove, oltre ai cibi e brindisi

precedendo l’avvio della rassegna teatrale nota ormai da tempo come Plautus Festival. Organizzata dalla Pro Loco e con la collaborazione del Comune, per un’intera giornata la città rivive le atmo-sfere della Sarsina Romana, con scenografie e spac-cati di vita quotidiana, gente in costume e cibi a tema preparati nei ristoranti del paese, allestiti lungo le strade del centro storico o serviti in Piazza nello stand gastro-nomico della Pro Loco.3

Nel luglio 2011, prendendo spunto dalla sfilata dei per-sonaggi in costume sempre prevista nelle precedenti edizioni, il Museo Archeologico Nazionale ha propo-sto una visita guidata molto particolare. Con l’intento di muoversi nell’ambito della rievocazione scientifica, è nata l’idea di far sfilare nelle vie e nella piazza del paese personaggi realmente esistiti, identificati per nome e professione, grazie al consistente patrimonio epigrafico restituitoci dai numerosi monumenti e lapidi sepolcrali, provenienti dalla necropoli romana rinvenuta in località Pian di Bezzo ed esposti all’interno delle sale al pian-terreno del Museo. Prima però di sfilare essi dovevano presentarsi ed offrirsi quindi come testimoni in grado di consentire il fluire della narrazione storica: e ciò era possibile solamente dentro il Museo, depositario dei dati anagrafici, incisi sulla pietra.

3 La Festa, nata su iniziativa della Pro Loco di Sarsina per offrire prima di tutto alla cittadinanza, oltre che ai turisti, la possibilità di una giornata all’insegna della rievocazione, attraverso il coinvolgimento della popolazione, invitata ad indossare in quel giorno costumi alla romana, ha sostanzialmente uno sfondo folcloristico. Attualmente è in fieri il progetto di un’elaborazione più consona al potenziale di rievocazione storica che l’evento può assumere in una cittadina come Sarsina, centro collinare della vallata del Savio, intriso di romanità (Storia di Sarsina I L’età antica a cura di Angela Donati.

Cesena 2008). La localizzazione dei rinvenimenti effettuati nel corso dei secoli può consentire, mediante la riproposizione di scenografie e di drammatizzazione nei singoli punti della città, una coerente ambientazione e ricostruzione degli aspetti di vita quotidiana.

4 Tamara Bosi e Stefania Perini dell’Associazione Culturale Sarsinate “Di Arte in Arte”

5 Il numero dei monumenti ”narranti” è stata misurata sulla durata prevista per l’intera rappresentazione, calcolata in circa 30 minuti.

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Plauto” fu infatti istituito nel 1890, dall’archeologo for-livese Antonio Santarelli, che ordinò all’interno delle attuali prime due sale una ricca collezione di iscrizioni romane raccolte, a partire dal Seicento, dagli studiosi e cultori di storia locale, primo fra questi l’erudito cano-nico sarsinate Filippo Antonini. In seguito confluirono re-golarmente nel Museo tutti i resti archeologici rinvenuti in città ed i numerosi materiali scoperti nella necropoli romana di Pian di Bezzo, indagata regolarmente negli anni ’30 ed ’80 del secolo scorso. Considerata l’ecce-zionalità e lo stato di conservazione dei suoi imponenti monumenti funerari, fu necessario, per collocarli in Mu-seo, aumentare gli spazi espositivi, occupando pro-gressivamente tutti gli ambienti del pianterreno.Acquisito dallo Stato nel 1957 e assunto il nome di “Mu-seo Archeologico Sarsinate”, fu ulteriormente ampliato con l’occupazione progressiva anche del piano supe-riore. L’ultimo ampliamento degli anni ‘90 ha consen-tito di ricomporre integralmente i principali monumenti funerari, in precedenza smembrati, e di proporre un nuovo allestimento delle collezioni. Attualmente il percorso espositivo al pianterreno offre uno spaccato sociale dell’antica Sassina, attraverso i nomi di uomini e donne – liberi o schiavi affrancati – di sacerdozi e corporazioni, che compaiono nelle iscrizioni di are, stele e mausolei, fra i quali spiccano quelli ricom-posti di Publius Verginius Paetus e quello di Rufus.Seguono i materiali rinvenuti in area urbana legati ai culti, alla vita civile e all’architettura pubblica; di ecce-zionale interesse è il grande mosaico pavimentale po-licromo detto del “Trionfo di Dioniso” proveniente da una domus romana ed il gruppo statuario raffigurante divinità frigie ed egizie, tra le quali emerge per bellezza la statua di Attis.Ai piani superiori sono esposti, in un rinnovato allesti-

di romana memoria, giovani attori si sono affacciati dai balconi recitando brani tratti dalle sue commedie.Conclusa la drammatizzazione in Museo tutti i perso-naggi sono usciti e hanno dato l’avvio al tradizionale corteo unendosi a quanti hanno scelto di indossare abiti romani, radunatisi nel piazzale antistante il Museo.Al di là dello specifico contesto in cui si è inserita la rappresentazione, ne è emerso uno spettacolo di rievo-cazione in grado di sussistere anche autonomamente all’interno del Museo, come proposta di una visita gui-data certamente particolare ed oltremodo suggestiva, strumento di conoscenza e di divulgazione immediata della storia antica. Il Museo è così diventato, e potrà continuare ad essere, un teatro dove le sale coi loro monumenti affiancati dai personaggi in essi citati, de-clamanti o muti, possono rappresentare di volta in volta suggestivi cambi di scena per gli atti di una commedia dove è possibile “recitare a soggetto”, proponendo ogni volta nuovi racconti.

A questo punto, prima di proporre il testo narrativo, per comprendere appieno lo sviluppo della rappresenta-zione è necessario illustrare, seppure in maniera molto sintetica, il museo nella sua genesi e nei suoi contenuti.Il Museo Archeologico Nazionale Sarsinate è indub-biamente uno dei più importanti musei archeologici dell’Italia settentrionale per la ricchezza e la varietà dei reperti ivi contenuti. Il percorso all’interno del Museo consente una lettura completa della storia di Sarsina, dalla sua fondazione (IV-III sec. a.C.) fino al III sec. d.C. Nella sua veste attuale, è frutto del riallestimento at-tuato negli anni ’90 del secolo scorso, dopo diversifi-cate fasi di ampliamento, succedutesi nel corso di un secolo dalla sua fondazione.Il primo nucleo espositivo, ovvero il “Museo M.A.

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STORIA (rivolta a tutti): Tranquilli…. Entrate senza timoreGUIDA (sempre rivolta ai visitatori) Ci siete tutti? Entrate pure… (alla Storia) Mi faccia capire, ma… Lei… chi è?STORIA: Io sono la StoriaGUIDA (ironica): Sì certo, ed io sono …STORIA (insistendo e riconquistando la parola): Sì la Storia, quella che aleggia sempre ed ovunque, senza inizio e senza fine, senza tempo ma che vive e si nutre del tempo e di tutto ciò che ha visto, che gli è stato raccontato, che può leggere nei documenti scritti, nelle pietre immortali. Né io né loro (rivolta ai monumenti sepolcrali e quindi ai personaggi in essi citati), gli antichi Sarsinati, vissuti a Sarsina e dintorni 2000 anni or sono, potevamo man-care proprio oggi…Questo è il mio filo conduttore: tendetelo e vedrete come si annulla il tempo se mi seguirete (srotola il capo del gomitolo lasciando cadere il filo rosso fino a terra) (fig. 1).

La Storia si dirige poi nell’angolo della Sala I dove è stata posizionata una foto sagomata, alta circa un me-tro e resa invisibile da un telo bianco. Scopre la foto (di Santarelli) raccogliendo lo sguardo dei presenti: correva l’anno 1890 l’illustrissimo prof. Santarelli, direttore del Museo Civico di Forlì, dopo paziente e laborioso studio, ha raccolto e ordinato in queste due sale tutto il patri-monio archeologico venuto in luce nel tempo.Prosegue il racconto una voce maschile fuori campo.

mento, i reperti attribuibili alle fasi preromane ed al po-polamento della vallata, alcuni corredi tombali, tipologie di pavimenti musivi e di materiali edilizi vari. Infine nella sala E, ricca di suppellettili di uso comune, è stata re-centemente riproposta la ricostruzione di una sala tricli-nare, attraverso i resti di un pregevole pavimento mu-sivo (cosiddetto di Ercole ebbro) porzioni di intonaco, numeroso vasellame ed un servizio da gioco apparte-nute a una delle domus rinvenute in via Finamore, nel cuore dell’antica Sassina romana.

Il testo narrativo

È quindi su questo “palcoscenico” che ha preso vita la rappresentazione “VIsiTa in Museo”6 e per meglio fare intendere l’esperienza a quanti si occupano di rievoca-zione, se ne ripropone il canovaccio:

La Guida raccoglie i visitatori all’interno della prima sala come si fa di solito durante una normale visita guidata. Mentre sta per iniziare la spiegazione esce dalla se-conda sala, non visibile prima dal gruppo, la Storia (ra-gazza vestita di bianco col volto coperto e con in mano un gomitolo di lana rossa)

GUIDA (con tono sbalordito, il gruppo è dietro): Ma …che cosa sta succedendo !!! (rivolta ai visitatori) fermi un attimo…un attimo di pazienza per favore, devo capire (rivolta alla Storia) chi è lei? che ci fa qua? … (di sotto-fondo una musica vaga e suggestiva)

6 Testo narrativo: Maria Teresa Pellicioni. Regia e musiche: Monica Ballantini. Costumi, accessori, acconciature e trucco: Simona Ostri, Monica

Crementieri.

Fonico: Giuseppe Giannini. Luci: Maurizio Para. Foto, riprese e grafica: Stefano Giannini, Lillo Laversa, Rossana

Gabusi.

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manizzata ed ha contribuito insieme alle altre Genti italiche a dare vita alla nostra Nazione. L’area di Pian di Bezzo, da cui proviene la maggior parte di questi importantissimi monumenti. funebri, emersi dalle arature, è stata tenuta sempre sott’occhio poi-chè rivelatrice della presenza di un’area sepolcrale che ben si configurava come possibile necropoli della città romana.STORIA: e sono proprio le silenziose città dei morti che oggi ci riportano alla vita…(sottofondo di musica funebre)Cetrania Severina (esce da dietro il suo monumento):Sono Cetrania Severina, sacerdotessa della diva Marciana. Vissi a Sarsina nel

II sec. d.C., insieme a mio marito Titio Bebio Gemellino, anch’egli sacerdote Augustale che ha posto ed ha fatto incidere sulla mia ara, qui a lato, il mio testamento; in esso ho avuto a cuore le associazioni di lavoratori che si occupano dei servizi pubblici e civili perché ad esse la città deve molto; parlo dei dendrofori che si occupano dell’approvvigionamento del legname, dei fabbri per il servizio di carpenteria e i centonari che con un grosso panno di lana chiamato centona spengono gli incendi.Queste dunque le mie volontà (recitazione del testa-mento scolpito sul lato del suo monumento) (fig. 2).La Storia conduce poi verso il cippo sepolcrale di Mar-cana Vera (sala II), stesa a terra nel giaciglio funebre, coperta da un tulle verde e cosparsa di petali di fiori.Parlerà Lisimaco (il marito):

SANTARELLI (invisibile): Oggi 2 agosto 1890 a impe-ritura memoria del glorioso passato della vetustissima città di Sarsina, si inaugura questo piccolo ma impor-tante Museo Civico; esso rende onore alla memoria e all’impegno del vostro grande concittadino, Mons. Fi-lippo Antonini, che con pazienza e costanza raccolse fin dal 1600 tutto il materiale qui esposto. GUIDA: Certo che con questi personaggi fare la guida oggi diventa un’impresa!… Senza questi personaggi però e senza la loro passione, senza la loro attenzione alle pietre che vedete forse gli antichi Sassinates si sarebbero dispersi, disseminando le tracce di questa antica popolazione umbra, che alle soglie del III secolo a.C. è venuta in contatto coi Romani, si è federata con loro e poi già nel primo secolo a.C. si è pienamente ro-

Fig. 1La Storia.

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La Guida parlerà allora di Cesellio Diopane e di Elvia Arbuscula attraverso l’illustrazione dei loro monumenti.STORIA: ora seguitemi. (il gruppo entra nella sala III): il mio filo vi condurrà dentro la necropoli di Pian di Bezzo. Quella zona fu indagata con regolari campagne di scavo, a partire dagli anni ’30 del secolo scorso, pro-prio là dove i rinvenimenti del 1600 avevano indicato il punto.Poi si avvicina all’immagine di Nino Finamore, realizzata come quella del Santarelli e coperta.

per

ricordare in eterno la tua memoria a te Marcana, moglie santissima, offro questo monumento…La Storia recita il carme sepolcrale, in esametri latini, scolpito sul fronte del monumento e subito dopo Lisi-maco lo recita in italiano (fig. 3).

La Storia si ferma all’inizio della sala III si rivolge alla guida:STORIA: Prima di procedere, presenta se vuoi ai tuoi visitatori qualche loro concittadino…. Sei la mia voce

Fig. 2Cetrania Severina.

Fig. 3Marcana Vera e il marito Lisimaco.

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agosto 1990. Mentre festeggiamo i cento anni di que-sto Museo possiamo sentirci veramente onorati perché portiamo a compimento il nostro progetto. Grazie all’im-pegno profuso ancora una volta dall’Amministrazione Comunale e dal nostro Ministero per i Beni Culturali, il nostro Museo, nonostante sia frutto di successivi ac-corpamenti, può ritenersi oggi pienamente compiuto e con i suoi imponenti e singolari monumenti ricomposti.Storia (rivolta alla Guida) Non esitare… Racconta! I vari Direttori sono usciti ed hanno concluso il loro lavoro. Io invece rimango qui accanto, sempre presente, nel pas-sato e nel futuro…e ti ascolto. Narra però tu di Verginio Peto…Guida: parlare di Peto dici? (Virginio Peto, ragazzo ve-stito da soldato romano esce da dietro il suo monu-mento e si posiziona davanti) Verginio Peto fu milite prima e poi magistrato locale; le sue cariche sono vi-sibili sul suo monumento – come ci indica lo scudo ed il fascio littorio – e che probabilmente fece erigere per sé e per i suoi famigliari. Fu cremato e le sue ceneri furono raccolte in un’urna e questa a sua volta fu sigil-lata dentro a quei grossi blocchi d’arenaria che vedete qui accanto. Il monumento doveva essere la sua dimora eterna e doveva rimanere lungo la strada. Oggi è qui invece, preservato dal degrado. (rivolta alla Storia) E la Storia lo ha reso immortale (fig. 4).

Storia: son sempre chiamata in causa, sempre il mio filo attraversa il tempo, tutto il tempo e tutti i tempi. Venite allora, seguitemi (e si dirige verso la sala V) ma quando entrate nella nuova sala guardate avanti e tralasciate di soffermare lo sguardo sulla parete: il grande mo-saico appartiene alla città, ne parleremo dopo; per ora stiamo ancora percorrendo la strada della necropoli. (il gruppo entra nella sala V e vede sullo sfondo il grande

Vi presenterò il prof. Nino Finamore (scopre l’immagine). Salve professore! Chi meglio di lei può afferrare il filo e condurci nei passi del tempo…N. FINAMORE (stessa voce maschile fuori campo): Venni a Sarsina per conto della Soprintendenza Arche-ologica, per eseguire i rilievi e i disegni degli scavi e dei monumenti della Necropoli di Pian di Bezzo. Là i no-stri monumenti giacevano sommersi da uno strato di terreno a seguito di un’alluvione risalente all’inizio del III secolo. Certo, erano crollati sotto il banco alluvionale, ma la terra stessa li ha custoditi e ce li ha restituiti. Oggi 1940 l’Amministrazione ci concede le nuove sale; gra-zie all’interessamento di Salvatore Aurigemma questo luogo perde il carattere di piccola raccolta locale. Que-ste pietre parlanti trovano ora spazio in un museo che si è ampliato, anche se i monumenti sono di grandi di-mensioni e dobbiamo tenerli smembrati. Il Mausoleo di Obulacco l’abbiamo sistemato nel giardino all’ingresso del paese, ma Rufo è troppo alto. Dobbiamo mettere la base nel cortile, separata dal resto. E lo stesso mo-numento di Peto l’abbiamo diviso sulle due pareti della sala VII. Per ora, di tutti, ne ho tracciato il tipo e ne ho studiato la ricomposizione. Se mai un giorno si riuscirà ad ampliare questo Museo, abbiamo già il modello rico-struttivo pronto.(la guida indica le immagini nel pannello didascalico ap-peso alla parete)

STORIA (passa nella sala IV dove, prima del monu-mento di Peto, c’è l’immagine di J. Ortalli coperta come le precedenti. Mentre la scopre): Dopo gli scavi degli anni ’30 Jacopo Ortalli ha condotto negli anni ’80 altre esplorazioni e dopo la costruzione della nuova ala del museo ha curato questo nuovo percorso museale.ORTALLI (stessa voce maschile fuori campo) Oggi è il 2

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lato, quasi personificassero le virtù. Ma rompi il silenzio e dì qualcosa del mausoleo che già da solo parla nella sua maestà.La Guida illustra brevemente il grande mausoleo a cu-spide piramidale, databile agli inizi del I sec d.C.

Mausoleo di Rufo (h. m 13,50) ricomposto, ai piedi del quale stanno quattro figuranti, due uomini togati e due donne col capo velato, a riproporre le statue che stanno nell’edicola del monumento) (fig. 5).Storia: poche le parole, tanto lo stupore!!!Guida: allora anch’io è meglio che taccia!? Storia: le pietre parlano per mezzo tuo poiché in que-sto caso (indicando il Mausoleo di Rufo) la memoria è ingrata, essendo rimasto leggibile con chiarezza sul monumento un solo nome, quello di Rufo. Chi dei due uomini togati sia stato non lo sappiamo. E le due donne che li affiancano, nobili e venerabili, hanno il capo ve-

Fig. 4Virginio Peto.

Fig. 5 Il monumento di Rufo con i figuranti.

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recuperate occasionalmente nei secoli scorsi, deconte-stualizzate e prive delle statue bronzee di cui però sono rimaste le impronte. La Guida intanto offre spiegazioni sulle divinità e poi introduce l’amicizia di Cesio Sabino e Marziale, rap-presentati anche in questo caso da due giovani seduti davanti alle basi (fig. 6).Seguono alcune battute e la recita del carme di Mar-ziale.Sulle basi quindi sono salite le figure delle divinità (Giove, Minerva, Speranza, Salute, Dei Pubblici) (fig. 7):

STORIA: ed ora il sacro si mescola al profano! ...divi-nità olimpiche e maestose divinità orientali ci rendono partecipi del mistero e della tolleranza che forse poi è venuta meno sino a frantumarne il ricordo. La terra co-

pre, nasconde... ma poi svela... (la Storia si allon-tana e va nella sala VII).

Storia: ora volgiamo le spalle e poi entriamo in città, nella Sarsina romana che subito si svela attraverso la magia di questo pavimento (indica il grande pavimento musivo del cosidetto Trionfo di Dioniso, mentre in sotto-fondo si accende una musica di festa). Quanti ospiti si sono seduti sui triclini ed hanno banchettato a suon di musica mentre ammiravano la leggiadria delle fanciulle danzatrici.La Guida parla del grande mosaico policromo rinvenuto in area urbana, appartenente ad una domus, abbando-nata per un incendio agli inizi del III sec. d.C.

La Storia poi si incammina riportando il gruppo verso la sala IV (mentre la musica si affievolisce e cambia con altra musica sacrale) e sosta davanti alle basi delle di-vinità olimpiche del cosidetto donario di Cesio Sabino,

Fig. 6 Cesio Sabino e il poeta Marziale.

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Al termine la Guida si ferma sulla soglia della sala VI dove presenta il gruppo statuario delle divinità orientali frigie ed egizie, rinvenute negli anni ’20 sempre in area urbana ed in stato di frantumazione avvenuta in antico, mentre dalla sala VII entrano silenziosamente i figuranti che le rappresentano e che vanno a collocarsi a lato delle statue (fig. 8).

GUIDA (non vedendo la Storia) Storia dove sei?STORIA (dalla sala VII): seguendo il filo sono giunta or-mai fuori città! sono vicina alle mura… (Tutti scorrono nella sala VII) …fatte costruire da Cesellio durante la sua magistratura per onorare la città. Incaricò il capo-mastro, l’Architectus, di erigerne mille piedi, fino a rag-giungere la torre di accesso, quella su cui poggia quella costruzione che i Sarsinati amano pensare come casa di Plauto. (esce Plauto dalla sala d’ingresso) PLAUTO Son qua, chi mi chiama? Non è davvero quella la mia casa natale, ma certo a Sarsina son nato

Fig. 7 Le divinità olimpiche.

Fig. 8 Le divinità orientali.

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nel 254 a.C. anche se poi me ne andai a cercar fortuna a Roma… è là rimasi. Son qui, fra gli illustri sarsinati, il più famoso… Non per vantarmi ma le mie commedie sono sopravvissute e ancor oggi si recitano a teatro. Stasera stessa ne sentirete l’eco in piazza dove tutti noi ci ritroveremo per mangiare e brindare alla romana me-moria…(fig. 9).

I visitatori salgono poi al secondo piano, seguendo la Guida, mentre la Storia rimane al pianterreno per poi ripartire col gruppo successivo. Al piano superiore la Guida procederà da sola illu-strando le sale come in una normale visita guidata. Nella sala B, a lato di una tomba alla capuccina femmi-nile siede una matrona che si fa pettinare da un’ancella (fig. 10).

Dopo aver attraversato le sale C e D il gruppo rag-giunge la sala E, dove all’interno del vano ricostruito per rendere l’idea della sala triclinare, sul triclinio siedono due convitati, serviti da due donne (fig. 11).Dopo la spiegazione della Guida che illustra il conte-sto di rinvenimento del mosaico attorno al quale si è ricostruito l’ambiente, giovani ragazze al suono di musi-che di festa danzando concludono la rappresentazione (fig. 12).

Maria Teresa Pellicioni

Fig. 9 Plauto.

Fig. 10 Matrona ed ancella.

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Vivificare il museo: la rappresentazione

Non credo ci sia un modo migliore per presentare l’iniziativa realizzata a Sarsina nel Museo Archeologico Na-zionale che raccontarne l’esordio.Se gli effetti sono stati sotto gli occhi di tutti, l’idea è cresciuta quasi in sor-dina, senza grandi pretese, ma con serietà e soprattutto, per quanto rea-lizzata da “non addetti ai lavori”, nel rispetto della ricostruzione storica.Gli “attori”, in questa esperienza, sono

sostanzialmente tre: da una parte il Museo Archeolo-gico Nazionale di Sarsina, e quindi la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, nella per-sona di Maria Teresa Pellicioni; dall’altra i cittadini sar-sinati, rappresentati dal laboratorio teatrale “Gruppo Mary Poppins”, con i ragazzi dell’OUTSIDER GROUP di Sarsina, coordinati dalla scrivente; e poi le guide Ta-mara Bosi e Stefania Perini, dell’Associazione Culturale Sarsinate “Di Arte in Arte”, che hanno generosamente prestato il loro ruolo alla rappresentazione della “VIsiTA al MUSEO”.La proposta è venuta da Maria Teresa Pellicioni che, da tempo, nutriva il desiderio di “vivificare” il Museo della sua città natale: lungi dall’essere visto come luogo di morti, desiderava esprimere il fatto che un museo possa parlare e raccontare tanto della vita dei sarsinati di allora quanto sulla storia dei sarsinati di oggi. Il canovaccio da Lei curato si prefiggeva di far toccare

Fig. 11 La sala tricliniare.

Fig. 12 Le danzatrici.

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con il rispetto dovuto al luogo dove in genere non era consentito un reale coinvolgimento, ma che in questo modo è divenuto via via meno distante e più vivo.Lo sforzo è stato quello di vedere quel luogo fisico, tra-dizionalmente foriero di una sorta di sacralità, come un palcoscenico già provvisto di scenografia e di storie e da cui è scaturita una continua e crescente ricerca di suggestioni. Musiche e costumi, voci e oggetti, la scelta delle ampli-ficazioni e degli effetti luce (concordati di volta in volta, per non recar danni ai reperti, con i responsabili del Museo) sono stati tutti vagliati per un unico risultato: tra-scinare prima gli attori e poi i visitatori, come con una macchina del tempo, in un’epoca che, per quanto lon-tana, risultasse tangibile quanto credibile.Nonostante il budget limitato, grazie agli approfondi-menti e alla collaborazione dello staff scientifico, si è ot-tenuto di rimanere quanto più possibile fedeli alla realtà storica. Il coinvolgimento dei giovani ha reso l’archeologia, non sempre ritenuta dai ragazzi propriamente appassio-nante, una scienza conoscibile e perfino emozionante e spettacolare.Certamente l’iniziativa è cresciuta con quella tensione, sempre costante, che spinge a contribuire alla valoriz-zazione del territorio, sia sul piano turistico che cultu-rale.Lasciamo ora alle istituzioni locali il compito di racco-gliere e sostenere questa come altre simili iniziative, strutturando anche proposte, concrete e innovative, di alto valore socio-culturale, per la promozione del terri-torio.

Monica Ballantini

con mano il Museo, raccontando la storia della sua nascita – per volontà di grandi studiosi e personalità che l’hanno voluto e fatto crescere – e contempora-neamente facendo rivivere i personaggi che là sono “rievocati”, nelle pietre e negli oggetti esposti, dando sembianze e voce ad alcuni degli antichi Sassinates dei monumenti sepolcrali scoperti nella necropoli di Pian di Bezzo.Per realizzare la sua idea ha quindi deciso di incontrare l’esperienza teatrale del Gruppo Mary Poppins. Alle spalle del Gruppo un’esperienza di teatro sui ge-neris: oltre dieci anni di attività di teatro, soprattutto musicale, a Sarsina. Il Gruppo Mary Poppins, per sua vocazione, considerato che nei piccoli centri non vi sono adeguate opportunità di aggregazione fra i gio-vani, vuole offrire alle generazioni in crescita occasioni creative di condivisione. Ciascuno è chiamato a mettere in campo forze e ca-pacità: e le passioni personali degli adulti fanno lievi-tare i talenti dei più giovani, in una circolazione che fa scaturire progetti capaci di riunire gruppi di ragazzi “in-traprendenti” e gruppi di adulti “volenterosi” attorno a cose positive, formative, di alto valore sociale, culturale, artistico.Questi, dunque, sono gli attori, per raccontare “le sto-rie” dentro e con “la Storia”. “La Storia” è per l’appunto la voce narrante, il mezzo e non il fine, strumento di conoscenza de “le storie”.Il modus operandi della drammatizzazione è partito da un’analisi dei personaggi e delle loro vicende con l’obiettivo di raccontare il più possibile con un’attenta, seppur semplificata, ricostruzione. L’approccio iniziale, durante la realizzazione e le prove svoltesi all’interno del Museo, ha dettato sempre com-portamenti molto composti e contenuti negli operatori,

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Il Parco di Montale si inserisce in quel filone di propo-ste museali cosiddette open-air, nelle quali si utilizzano ricostruzioni di ambienti e attività del passato per tra-smettere con un approccio fortemente evocativo aspetti della storia di un territorio. Questa modalità di presen-tazione si presta particolarmente a valorizzare e pro-muovere la conoscenza di quei siti che, essendo stati costruiti con materiali deperibili, non hanno lasciato sul terreno resti di tipo monumentale in grado di veicolare un forte messaggio culturale presso il grande pubblico. Nel museo open-air di Montale viene proposta la rico-struzione di un settore di una terramara, nome con cui sono noti i villaggi circondati da argine e fossato che durante l’età del Bronzo, fra il XVII e la metà del XII se-colo a.C., occupavano capillarmente la Pianura padana centrale. Costruiti interamente con un’architettura che utilizzava terra, legno e fibre vegetali, questi antichi abi-tati hanno lasciato sul terreno tracce scarsamente visi-bili che solo l’occhio esperto dell’archeologo è in grado di leggere e interpretare. La ricostruzione proposta a Montale si basa su un so-lido presupposto scientifico: l’esistenza di una terramara ancora parzialmente conservata, dove gli scavi condotti dal Museo Archeologico Etnologico di Modena hanno portato in luce tracce della fortificazione del villaggio, resti di abitazioni e di oggetti della vita quotidiana di una comunità dell’età del Bronzo. L’analisi e l’interpretazione dei dati archeologici hanno

consentito di progettare le ricostruzioni del museo all’a-perto che ora affianca il sito della terramara e di pro-porre quindi una modalità di visita in cui la compren-sione dello scavo è facilitata e mediata dall’evidenza delle ricostruzioni.Il metodo filologico che è alla base dell’intero progetto è stato favorito da tre fattori: la quantità e qualità di dati e materiali recuperati; la continuità di azioni fra scavo e ricostruzione, visto che l’una è stata immediatamente successiva all’altra; la continuità delle figure professio-nali, poiché molti degli archeologi che hanno eseguito lo scavo hanno proseguito il loro lavoro affiancando personale esperto nelle ricostruzioni. Parte di questi archeologi hanno poi ulteriormente proseguito il loro rapporto con il Parco diventando gli addetti alle visite guidate per pubblico e scuole nonché, in alcuni casi, gli esperti delle antiche tecniche che vengono presentate al pubblico. Questa continuità ha avuto una fondamen-tale ricaduta in termini di qualità dell’offerta culturale del parco, favorendo un forte senso di appartenenza degli “operatori” che il pubblico percepisce come valore ag-giunto.Il metodo filologico adottato nella realizzazione del parco ovviamente si riflette sul tipo di comunicazione che il parco rivolge al pubblico e alle scuole, invitati a seguire passo passo le fasi del lavoro che ha condotto gli archeologi dallo scavo alla ricostruzione intesa come punto di arrivo di un percorso di ricerca. È evidente

Prove di rievocazione in un villaggio dell’età del BronzoIlaria Pulini, Cristiana Zanasi Parco archeologico e Museo all’aperto della Terramara di Montale

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punto di vista della comunicazione, sconta una poten-zialità evocativa in parte compromessa dalla sua collo-cazione in un contesto urbano privo di appeal turistico ambientale.Questo è uno degli aspetti che ci ha tenuti a lungo in

dunque che l’aspetto educativo, inteso come educa-zione al bene culturale, ha affiancato, per non dire so-pravanzato, la dimensione emotivo-evocativa. D’altra parte la stessa scelta di realizzare il museo all’a-perto accanto all’area archeologica, se è vincente dal

Fig. 1Parco archeologico e Museo all’aperto della Terramara di Montale: le due case ricostruite.

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scena potessero servire per fare conoscere aspetti di quel patrimonio intangibile fatto di attività quotidiane, abitudini e credenze che era alla base della vita di una comunità.D’altra parte lo scenario del reenactment in Italia si collocava tradizionalmente fuori dai musei e aveva as-sunto quasi esclusivamente una dimensione popolare, ad esempio nelle parate storiche dei borghi medievali, o caratteristiche folkloristico-commerciali (i centurioni del Colosseo) oppure era utilizzato come strumento di propaganda politica in senso identitario, come nel caso di alcune rievocazioni celtiche. Solo negli ultimi anni stanno prendendo piede rievocazioni con aspirazioni più scientifiche legate al mondo romano o medievale per le quali è possibile fare riferimento non solo ai ri-trovamenti archeologici ma anche ad abbondanti fonti scritte.

stand-by rispetto ad una modalità di dialogo con il pub-blico connaturata agli open air museums: il reenacte-ment o rievocazione in costume. Questi musei, forti in Nord Europa di una tradizione che si è consolidata nel tempo, a partire dalle prime esperienze maturate in Germania e nel mondo scandinavo e anglosassone, rappresentano il setting ideale per la cosiddetta living history, una modalità che “mette in scena il passato” coinvolgendo direttamente il visitatore.In Italia tuttavia già sul tema delle ricostruzioni di am-bienti una decina di anni fa si avvertiva ancora una certa diffidenza sia da parte del mondo accademico che da parte del pubblico, diffidenza che, nel caso di Montale, fu ben presto superata a fronte del valore della ricerca scientifica e dell’offerta culturale. La scarsa consuetudine italiana a questa modalità è dovuta sicuramente alla minor necessità di ricreare ambientazioni laddove interi contesti sono perfettamente fruibili. Nel nostro Paese i concetti di patrimonio e di autenticità sono storica-mente ancorati alle testimo-nianze tangibili (siti archeo-logici, monumenti, reperti, opere) e fino a poco tempo fa risultava arduo far pas-sare l’idea che ricostruzioni, ambientazioni e messe in

Fig. 2Parco archeologico e Museo all’aperto della Terramara di Montale: l’interno di un’abitazione.

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Abbiamo accolto questo suggerimento e da quel mo-mento abbiamo osservato con particolare attenzione le modalità di interazione con il pubblico che venivano attuate nei musei dei nostri partner individuandone di volta in volta punti di forza e di debolezza e chiedendoci come declinarle nel Parco di Montale.Un’ulteriore sollecitazione nella direzione della rievoca-zione in costume è scaturita dall’interesse di un perso-naggio che ha fatto della valorizzazione delle eccellenze turistiche la propria carta di identità: si tratta di Siusy Blady, che intendeva realizzare nel territorio modenese un progetto di valorizzazione di percorsi slow da ef-fettuare a piedi o in bicicletta. In questa occasione la difficoltà di coniugare metodo filologico e spettacolarità è risultata in tutta la sua evidenza: da una parte una troupe consolidata che voleva sfruttare appieno l’op-portunità di disporre di un “set preistorico” e di “attori” capaci di accendere il fuoco, modellare la ceramica e fondere il bronzo, dall’altra l’intero staff proteso a difen-dere l’immagine rigorosa che il Parco si era creato in anni di attività. Il compromesso raggiunto ha consentito alla nota “Tu-rista per caso” di realizzare un prodotto spendibile e divertente, ricco di simpatici back stage e duetti fra operatori e conduttrice, a noi di salvaguardare la nostra integrità scientifica dichiarando apertamente, nel fil-mato girato, che ci prestavamo, per l’occasione, ad una sorta di gioco che però non faceva parte della nostra modalità di comunicazione con il pubblico. Superata, anche se in modo un po’ forzato, la nostra diffidenza sulla rievocazione in costume, maturata or-mai un’ampia esperienza sul panorama europeo, ab-biamo avviato una ricerca mirata sull’abbigliamento dell’età del Bronzo, avvalendoci anche di confronti con siti archeologici coevi che grazie a particolari circo-

Per il Parco di Montale, che aveva costruito sul metodo filologico la propria identità, affrontare la rievocazione, e pertanto un tema complesso come quello dell’abbiglia-mento, in un ambito, quello dell’età del Bronzo, quasi privo di testimonianze tangibili, equivaleva ad un salto nel vuoto.Uno stimolo ad accostarci a questo approccio è stato sicuramente la partecipazione a progetti europei che ci hanno fatto entrare in contatto diretto con svariate re-altà di open air museums che praticano abitualmente la modalità del reenactment come parte integrante della loro proposta culturale. Per i nostri partner europei la dimensione rievocativa attiva è così insita nel concetto di museo all’aperto che il loro giudizio sul Parco di Mon-tale era inappellabile: il Parco, pur nella sua eccellenza di open air museum che affiancava scavo e ricostru-zione, era assimilabile ad un museo tradizionale dove la guida mediava fra pubblico e ricostruzioni impedendo, di fatto, quella “full immersion” nelle atmosfere del pas-sato che è alla base di un’esperienza evocativa.

Fig. 3Pfahlbaumuseum Unteruhldingen (Germania). Fondato nel 1922 si caratterizza subito per la dimensione rievocativa.

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dalla tessitura alla lavorazione del legno, del corno o della pietra, ma con un abbigliamento “d’epoca”. Il confronto con le rievocazioni che avvenivano in altri parchi europei avevano tuttavia evidenziato alcune mo-dalità irrisolte, delle quali erano consapevoli anche i no-stri partner, e che costituiscono tuttora un argomento di dialogo molto acceso: in che lingua parlare? come porsi nei confronti del visitatore? come superare il gap temporale?A partire da questi interrogativi abbiamo adottato una soluzione “a misura del Parco” e più coerente con la sua tradizione filologica scegliendo di non far parlare i rievocatori, ma di affidare alla guida la spiegazione delle

stanze di conservazione hanno restituito quasi intatti abiti e accessori, per intraprendere con le modalità a noi più congeniali il reenactment. Il passo successivo è stato quello di realizzare una serie di costumi abbinati con ornamenti, attrezzi da lavoro o armi e progettare una giornata dedicata all’animazione del villaggio con figure impegnate nelle attività quoti-diane. Ma chi avrebbe indossato i vestiti? Gli stessi operatori del Parco, che avrebbero presentato al pubblico le at-tività tradizionalmente proposte durante la visita: dalla modellazione della ceramica alla fusione del bronzo,

Fig. 4Pfahlbaumuseum Unteruhldingen (Germania). Un’intera famiglia ha vissuto in una delle case ricostruite.

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ventata strutturale nell’ambito dell’offerta culturale del Parco. È infatti realisticamente necessario valutare an-che la sostenibilità di un’operazione che, sì, favorisce la dimensione evocativa ma richiede un notevole lavoro organizzativo e soprattutto un cospicuo investimento economico nell’impegnare contemporaneamente un numero di persone decisamente superiore a quello che il Parco richiede nelle giornate di apertura “tradizionali”. Nei musei europei spesso la rievocazione è affidata alla partecipazione di volontari, a volte intere famiglie, sulla base di un rapporto con il museo basato sulla reciproca fiducia: da una parte il reenactor, animato da passione, che mette al servizio della mission del museo le proprie competenze, dall’altra il museo che lo ospita e nel con-

attività che stavano svolgendo, interpretando le singole rievocazioni come una sorta di “quadri viventi”. Questa scelta è stata determinata anche dalla sensi-bilità nei confronti dei nostri operatori che avrebbero dovuto cimentarsi con una dimensione attoriale che, anche se limitata, non era affatto scontata per chi fino a quel momento si era occupato di scavare, fare ricerca, proporre dimostrazioni di antiche tecniche o comunque dialogare con il pubblico da operatore archeologo e non da “artigiano delle terramare”.Il gradimento del pubblico, confermato da una grande partecipazione, ha rappresentato una conferma dell’ef-ficacia della proposta e ci ha indotto a ripetere l’espe-rimento anche se questa modalità non è ancora di-

Fig. 5Matrica Muzeum di Szazhalombatta (Ungheria). Dimostrazione di duello in costume magiaro.

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fra rievocatori e studiosi e gli stereotipi conseguenti, gli uni portatori dell’esperienza pratica, gli altri della dimen-sione teorica, si stanno stemperando ed è auspicabile che realtà come i parchi archeologici e musei all’aperto siano i principali beneficiari di nuove prospettive.

tempo garantisce al pubblico una living history di ampio respiro nella cornice delle ricostruzioni.In Italia non c’è questa tradizione anche se si moltipli-cano i gruppi di rievocatori che si propongono a musei e parchi archeologi con sempre maggiori competenze e più solide basi scientifiche. Le reciproche diffidenze

Fig. 6Lofotr Viking Museum (Norvegia). Arrivo della nave vichinga sulle coste delle Isole Lofoten.

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A. Pelillo (a cura di), Guida ai Musei archeologici all’aperto in Europa, realizzata dal Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena nell’ambito del progetto Europeo liveARCH, Carpi 2009.

3500 anni fa nella grande pianura, DVD (riedizione da VHS), prodotto da Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena e realizzato da Giochi Metropolitani, Divisione Audiovisivi, Studio Sign, Roma 1997.

Figg. 7-8Syusy Blady al Parco di Montale.

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Figg. 9-11Reenactment al Parco di Montale.

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Il contesto

Il Museo Archeologico “Luigi Fantini” di Monterenzio ben si presta a numerose riflessioni circa le attività di sperimentazione, historical reenactement e living histo ry, oggetto di questo volume.Anzitutto la realtà gestionale della struttura costituisce un unicum nel panorama museale italiano: a partire dal suo anno inaugurale, nel 2000, l’edificio di proprietà comunale è stato dato in gestione continuativa, tramite apposita Convenzione, al Dipartimento di Storia Culture e Civiltà dell’Università degli Studi di Bologna (prima Dipartimento di Archeologia). Perciò il Museo di Mon-terenzio non ha solo la più consueta funzione di conte-nitore che conserva ed espone reperti archeologici del territorio, ma è anche a tutti gli effetti una sede univer-sitaria di didattica, sperimentazione e ricerca. Ricerca scientifica, in relazione allo sviluppo delle culture e de-gli insediamenti nell’Appennino emiliano dalla Preistoria all’età medievale, in relazione alle calate di Celti transal-pini nel primo quarto del IV sec. a.C., e in relazione agli scambi interculturali intercorsi tra questi Galli e i popoli italici già presenti sul territorio (Etruschi, Umbri, Liguri...).

Didattica universitaria di musealizzazione, restauro di reperti, catalogazione e classificazione dei materiali; e ancora sede di sperimentazione sulle strategie di net-work museale, sulla produzione di materiali multimediali con tematiche archeologiche, e sulle antiche tecniche edilizie e tecnologie produttive. I reperti ospitati al Museo provengono tutti dal territorio della Valle dell’Idice e l’apparato espositivo delle sale è incentrato in particolare sui materiali rinvenuti nei due siti celto-italici di Monte Bibele e Monterenzio Vecchio, risalenti ai secoli IV e III a.C. Gli scavi, iniziati negli anni ’60, sono stati diretti dalla fine degli anni ’70 in poi dal Dipartimento stesso, che si è trovato così ad assol-vere la funzione di gestore di un bene sin dal momento della sua scoperta, dal prelevamento dal terreno e da un primo stoccaggio temporaneo, al suo successivo restauro o intervento conservativo, classificazione e catalogazione, esposizione o immagazzinamento. Un iter procedurale completo, che ha consentito un mo-nitoraggio costante dei reperti da parte di uno stesso referente e uno snellimento delle pratiche burocratiche, a totale beneficio della valorizzazione e conservazione dei beni archeologici stessi.Questo approccio sperimentale, evidente già dalle in-novazioni gestionali introdotte al Museo di Monterenzio, si riflette nell’adozione di tecniche di archeologia rico-struttiva e in strette forme di collaborazione intraprese con i rievocatori storici, percorsi che hanno avuto i loro

Rievocare per scoprire: archeologia sperimentale e didattica sensorialeAnnachiara Penzo1 Museo Civico Archeologico “L. Fantini” - Monterenzio

1 La stesura di questo articolo è stata possibile grazie al Prof. Antonio Gottarelli e alla preziosa collaborazione della collega Dott.ssa Lisa Guerra, di Vincenzo Pastorelli (“Hephestus”), di Christian Ferluga (gruppo di rievocazione storica “Galli Boii”), e di Andrea Moretti (“moroeventi.com”).

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lizzo successive e di conservazione, la messa in sicu-rezza e un sistema di videosorveglianza attivo. Grazie ai cofinanziamenti ottenuti mediante la L.R. 18/2000 si è arrivati alla realizzazione di una casa etrusco-celtica che riproducesse accanto all’edificio museale una strut-tura architettonica a grandezza reale (fig. 2). La rico-struzione ha seguito fedelmente la documentazione di scavo di una delle abitazioni di IV-III sec. a.C. di Monte Bibele meglio conservata, la Casa 14. Gli esecutori dei lavori sono stati quegli stessi archeologi che avevano già operato durante gli scavi dell’abitato di Pianella di Monte Savino, e che dunque vantavano la migliore competenza possibile, acquisita direttamente in situ. Così la costruzione della casa è stata portata avanti dai ricercatori e collaboratori dell’Università afferenti a Te.m.p.l.a. (Centro di Ricerca per le Tecnologie Multi-mediali Applicate all’Archeologia). Il presupposto da cui si è partiti è stato quello di creare una struttura esterna

esordi a immediato ridosso dell’inaugurazione della nuova sede espositiva.

Archeologia sperimentale

Nel 2005 la ricerca scientifica portata avanti dall’Uni-versità a Monterenzio ha compiuto i primi passi verso l’archeologia sperimentale, tramite la realizzazione di una fornace per la cottura delle ceramiche (fig. 1). L’e-sito positivo delle tecniche di costruzione nella realiz-zazione della struttura verticale, a piano forato per la separazione della camera di cottura dalla camera di combustione, ha portato ad un utilizzo immediato della fornace, posta nell’area esterna adiacente al Museo, per finalità didattiche. Purtroppo ad atti vandalici e alla mancanza di risorse per la messa in sicurezza e la manutenzione dell’opera, unitamente alla mancanza di personale strutturato adeguatamente formato al suo funzionamento, è conseguita la sua semi distruzione e la completa demolizione nel 2013. Questo primo esperimento, sep-pure di breve durata, è stato comunque apprezzato sia dagli addetti ai lavori sia dall’utenza, ed ha portato ad affrontare i successivi progetti di archeologia speri-mentale con maggiore consapevolezza e capacità di pianificazione degli interventi. Nel 2006 si è pensato di realizzare una nuova struttura, prevedendone anche gli interventi manutentivi, le modalità di uti-

Fig. 1La fornace sperimentale in fase di costruzione (realizzazione di R. Deriu, “Gesti Ritrovati”).

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Historical reenactement e living history

Negli anni successivi alla sua inaugurazione nella nuova sede, il Museo di Monterenzio ha visto un progressivo incremento di visitatori anche grazie a un calendario eventi sempre più ricco di attività culturali. Le ricostru-zioni della fornace verticale e della casa etrusco-celtica secondo tecniche di archeologia sperimentale hanno dato i loro maggiori riscontri positivi con le prime feste celtiche organizzate dal Comune dal 2005 in poi. Ini-zialmente si è trattato di un weekend all’anno in cui si svolgevano danze, spettacoli e banchetti che rievocas-sero il più filologicamente possibile la cultura dei Celti, e più nello specifico di quei Galli Boii che anticamente occupavano quest’area appenninica. Da qui sono nate strette collaborazioni con i gruppi di rievocazione sto-

rica, non senza difficoltà iniziali, legate soprattutto alla scarsa con-sapevolezza scientifica della realtà culturale celtica da parte di alcuni autodidatti, alla diffusione di molte informazioni travisate dal web, all’esigenza di revisione delle fonti primarie e di rivisitazione e riparti-zione di elementi culturali allogeni, spesso erroneamente confusi con il mondo gallico (come ad esem-

al Museo che costituisse un’attrattiva per il pubblico e che desse maggior visibilità all’edificio stesso, finalità del tutto raggiunta, al punto tale che la casa etrusco-celtica, seppure non accessibile al suo interno per chi non visita le sale espositive, è diventata un importante punto di aggregazione per la comunità (monterenziese e non solo). Come si vedrà nella disamina degli eventi realizzati in occasioni di historical reenactement, que-sta casa ha assunto valenza fondamentale anche per la fruizione del patrimonio archeologico del territorio, essendo di immediata comprensione nonché di forte impatto sui visitatori.

Fig. 2La casa etrusco-celtica costruita nel 2006 accanto al Museo (direzione dei lavori del Prof. A. Gottarelli, “Te.m.p.l.a - UNIBO”).

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tiva del visitatore, l’apporto della rievocazione coinvolge tutta la sua sensorialità, compresi olfatto, tatto e gusto, perdurando conseguentemente con maggiore intensità nella memoria. È il naturale rapporto di causa ed effetto dato dall’emozione della riscoperta storica, dalla curio-sità destata dalla sperimentazione archeologica, dal coinvolgimento totale se non addirittura dall’immedesi-mazione del pubblico stesso in un passato resuscitato.Il percorso di interazione tra archeologia e rievocazione storica è sfociato in numerosi eventi, organizzati tra il 2010 e il 2013 a Monterenzio, in cui la living history è diventata un vero e proprio trait d’union tra il fruitore del bene culturale e il bene in sé. Si è iniziato con un “ape-ritivo celtico” organizzato all’interno delle sale museali in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio (figg. 3-4). Sulla base dei resti paleobotanici e archeo-

zoologici documentati nell’abitato di Pianella di Monte Savino, si è proposto ai visitatori un aperitivo tematico, in cui non solo potere degustare alimenti o bevande, ma avere a disposizione archeologi che fornissero indi-cazioni filologiche circa le usanze alimentari dell’epoca,

pio i vichinghi o il pantheon nordico degli Asi). Tuttavia le prime difficoltà di impatto nell’interazione tra mondo accademico e historical reenactement sono state su-perate in breve tempo. Archeologi e rievocatori hanno unito le proprie conoscenze con il fine comune di cre-are percorsi per la valorizzazione dei beni culturali della Valle dell’Idice, questo anche grazie alla risposta del pubblico stesso: incuriosito e attirato dal fascino della rievocazione, ha dato consapevolezza a una risorsa in-comparabile, utile non solo ai fini gestionali del Bene, ma anche a strategie di marketing culturale. La forma-zione scientifica dei collaboratori dell’Università si è av-valsa della capacità di trasposizioni concrete del pas-sato proprie della rievocazione storica; teoria e pratica hanno così costituito una vera sorta di “baratto” scienti-fico. Punto focale è stato restituire il passato al presente

in maniera filologica, in funzione del fruitore del bene, ovvero del pubblico, e di lasciare in lui una traccia du-revole. Infatti, al contrario delle più classiche visite alle sale espositive (in autonomia o guidate), che si rivelano piuttosto labili ed effimere nella memoria visiva e udi-

Fig. 3 “Aperitivo celtico. Un'esperienza plurisensoriale”, 25 settembre 2010 (a cura di G.B. Fiorani, “Toutai Argantia”): frutti freschi e frutta secca.

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un tema, quello dell’alimentazione, che nell’esperienza decennale del Museo mostra di essere sempre uno dei più graditi al pubblico, poiché associa l’ambito culturale al momento ludico-gastronomico.Del tutto differente è stato, invece, il coinvolgimento dei visitatori dato da altre tematiche volutamente sele-zionate in direzione di target precisi. Ad esempio, nel 2012, in occasione della Settimana della Cultura, l’in-tento organizzativo è stato quello di creare un evento che coinvolgesse una fascia di età poco rappresentata al Museo di Monterenzio, ossia quella dei ragazzi delle scuole superiori. Con la collaborazione dell’Istituto di Istruzione Superiore “Mattei” di S. Lazzaro di Savena, il Museo ha ospitato una mostra temporanea il cui tema principe erano la cosmesi e la cura del corpo, dal ta-tuaggio al make-up, dall’antichità ai giorni nostri. In occasione della giornata inaugurale della mostra, ci si è avvalsi dell’historical reenactement (figg. 5-6). Tra gli studenti coinvolti, alcuni si prestavano ad essere cice-roni delle proprie creazioni, altri narravano ai visitatori antiche storie di vita quotidiana, e altri ancora si im-provvisavano make up artists realizzando trucchi ispirati all’antichità. Ad essi si affiancavano i rievocatori storici che presentavano un percorso filologico di cosmesi e cura del corpo tra IV e III sec. a.C., basato essen-zialmente sui reperti rinvenuti nelle necropoli di Monte Tamburino a Monte Bibele e di Monterenzio Vecchio. Al reenactement si sono unite in questo caso anche la sperimentazione e la reinterpretazione: rievocatori di guerrieri celtici si sono sottoposti a frizioni e detersione della pelle mediante sabbie, oli profumati e riproduzioni di antichi strigili in ferro o bronzo secondo la tradizione derivata dal mondo atletico greco. Rievocatrici di donne etrusche e celtiche hanno adornato le proprie vesti di perle di pasta vitrea e fibule decorate, e si sono accon-

oltre a repliche di antichi strumenti per cimentarsi in at-tività quali, ad esempio, la macinazione del grano. Un percorso tra gusto, tatto, udito, olfatto e vista: l’utilizzo di tavoli lignei fatti a mano, di recipienti in vimini o ter-racotta che richiamassero fogge vascolari antiche, e l’inserimento di mense da banchetto tra le vetrine espo-sitive hanno costituito un impatto visivo tale da dare vita ai reperti esposti nelle vetrine adiacenti. L’esperienza è stata tanto positiva da essere replicata in più occasioni. Di conseguenza, non solo è incremen-tato l’afflusso dei visitatori al Museo in queste speciali ricorrenze, ma si è anche riscontrato un ampliamento notevole del target di utenza, che è stata fortemente eterogenea per età, sesso, formazione e provenienza. Un vero e proprio coinvolgimento a 360 gradi, legato ad

Fig. 4 “Aperitivo celtico. Un'esperienza plurisensoriale”: la macinazione del grano, le produzioni casearie, la salagione della carne, prodotti locali e di importazione.

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Fig. 5“Trucchi e magia: l'arte di dipingere il corpo”, 15 aprile 2012. Riproduzione e reinterpretazione di un antico kit per la cosmesi (a cura di R. Vargiu, “Galli Boii”).

Fig. 6 “Trucchi e magia: l'arte di dipingere il corpo”. Cosmesi e ornamenti femminili in contesto celto-italico e dimostrazione di detersione della pelle per mezzo di uno strigile (a cura di R. Vargiu, F. Nipoti, M. Garuti e M. Taruffi, “Galli Boii”).

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varie scene di vita quotidiana, dalla preparazione di cibi e bevande, alla tessitura, alla concia delle pelli, a eserci-tazioni di combattimento (fig. 7). La casa etrusco-celtica è stata così oltremodo valorizzata. Il contenitore, già in sé valore aggiunto annesso all’edificio museale, è di-ventato attrattivo anche per il suo contenuto. In queste occasioni, la più classica gita fuori porta ha unito ad un programma enogastronomico e culturale momenti ludici di interazione con i visitatori. Ma gli eventi nei quali la rievocazione dimostra tutto il suo appeal e la capacità di attirare masse di appas-sionati, al punto tale da rendere quasi pericolosamente marginale il Bene culturale stesso, sono senza dubbio le feste celtiche, che fanno della living history il proprio fulcro. Il “Festival della Cultura Celtica” di Monteren-

ciate e truccate rimirandosi in repliche moderne di an-tichi specchi di produzione tirrenica. In questo caso i visitatori sono stati in parte spettatori passivi di scene dimostrative, e in parte attivi protagonisti di simulazioni di detersione e trucchi anche sui propri corpi. Il coinvol-gimento di un Istituto Superiore, e la tematica trattata, hanno portato alla partecipazione alla giornata anche di quella fascia di utenza di ragazzi tra i 14 e i 18 anni, piuttosto desueta al Museo di Monterenzio, così come nella maggior parte dei musei archeologici della provin-cia di Bologna.Eventi similari sono stati realizzati in collaborazione con il gruppo di rievocazione dei “Galli Boii” anche in oc-casione delle “ArcheoloGite bolognesi”, promosse dal Settore Cultura della Provincia di Bologna, tra il 2010 e il 2013. In questo caso, l’historical re-enactement è dive-nuto il tramite con cui dare vita alle realiz-zazioni di archeolo-gia sperimentale. La casa etrusco-celtica costruita accanto al Museo è stata abitata per un’intera giornata dai Galli Boii, che si sono dedicati alle più

Fig. 7“Case di donne e guerrieri: trecce, intrecci e graticci”, “ArcheoloGite bolognesi”, 17 giugno 2012. La casa etrusco-celtica arredata e abitata dai “Galli Boii”.

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ludica tutto intorno all’edificio museale e l’occupazione attuale ad opera della rievocazione di quegli stessi ter-ritori invasi in passato dai Celti transalpini. Dal 2005 in poi la festa, comunale e organizzata da associazioni di

cittadini volontari, ha sempre potuto garan-tire una qualità scientifica e una validità filo-logica approvata e supervisionata dai ricer-catori universitari. Al reenactement si lascia sopratutto la libertà interpretativa e la fiction nei momenti degli spettacoli: grandi batta-glie e scontri tra popoli nemici sono paralleli ai più vari episodi, dalla compravendita di schiavi a rituali funebri. La veridicità sto-rica è tutelata nella realizzazione fedele di

zio, denominato “I fuochi di Taranis”, è l’evento a cadenza annuale che ri-chiama la maggiore affluenza di turisti nel territorio, attirati e incuriositi dall’i-dea che il passato sia proposto, una tantum, come mero elemento ludico (figg. 8-9-10). Il compito di storici e ar-cheologi diventa quello di promuovere e valorizzare i beni culturali e le ricer-che scientifiche, senza le quali gli eventi di rievocazione non avrebbero modo e motivo di esistere. Ed è proprio questo che differenzia la festa celtica di Monterenzio da tante altre presenti in Italia: lo svolgimento di ogni attività

Fig. 8“VIII Festival della cultura celtica. I fuochi di Taranis”, giugno-luglio 2012: il Direttore artistico della Festa (A. Moretti, “moroeventi.com”) prepara gli spettacoli insieme ai gruppi di rievocazione.

Fig. 9 “VIII Festival della cultura celtica. I fuochi di Taranis”: uno degli spettacoli dei gruppi di rievocazione.

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tendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna (fig. 11). La disamina scientifica di alcuni particolari delle parures da combattimento, quale ad esempio il sistema di sospensione del fodero della spada alla cintura, ha trovato supporto non solo in immagini videoproiettate, ma anche in dimostrazioni effettuate dal vivo. L’audito-rio, inconsapevole della tipologia di presentazione cui avrebbe preso parte, ha potuto partecipare attivamente alla conferenza, con continue interazioni con relatori e rievocatori; il tono di colloquio informale che si è creato ha trasformato la conferenza in un dialogo, generando

costumi e armamenti, ma unita a spettacolarizzazioni e creazioni folcloristiche necessarie per un maggior impatto sul pubblico. Più attenzione nell’attinenza alle fonti archeologiche è prestata nella realizzazione dei percorsi didattici che attraversano gli accampamenti dei rievocatori e dei menù tematici proposti negli stand gastronomici. Durante le feste celtiche, occasioni speciali hanno di-mostrato l’ulteriore valore dell’historical reenactement. È il caso della collaborazione di un gruppo di guerrieri ad una “conferenza animata” relativa all’armamento celtico tenuta, durante la festa del 2012, dalla Soprin-

Fig. 10 “VIII Festival della cultura celtica. I fuochi di Taranis”: accampamenti storici, riproduzioni di sepolture a cremazione, combattimenti.

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La sua capacità manuale, i suoi studi e la sua continua sperimentazione sono state messe a gentile disposi-zione degli archeologi del Museo di Monterenzio, che hanno supportato le fasi di sviluppo degli oggetti for-nendo le proprie consulenze scientifiche e ogni minimo dettaglio inerente i reperti presi a modello del percorso. Ne sono nate molteplici repliche di armi, di oggetti da toilette, di suppellettili da banchetto e di elementi votivi.

un più attento e compartecipato coinvolgimento degli astanti.

Archeologia ricostruttiva

Un esempio virtuoso, davvero definibile come “extra-ordinario” è nato al Museo di Monterenzio dalla sinergia tra archeologi e rievocatori nel campo dell’archeologia ricostruttiva. Non solo una sperimentazione, non una mera riproduzione dal carattere rievocativo, ma una vera e propria duplicazione e ricostruzione di alcuni re-perti di IV e III sec. a.C., fedeli agli originali per materiali, dimensioni, peso, elementi decorativi. Nel 2007, an-cora una volta grazie ai cofinanziamenti legati alla L.R. 18/2000, è nato un progetto di “percorso tattile” com-plementare alle vetrine espositive già presenti nelle sale del Museo. (figg. 12-13-14). Il fortunatissimo incontro con Vincenzo Pastorelli, vero e proprio cultore della metallur-gia antica, accurato filologo e preciso esecutore di tec-niche di lavorazione, ne ha permesso la realizzazione.

Fig. 12 “Toccare per vedere. Toccare per conoscere”, 25 aprile 2010: inaugurazione del percorso tattile per non vedenti e ipovedenti.

Fig. 11 “VIII Festival della cultura celtica. I fuochi di Taranis”: conferenza animata (a cura della Dott.ssa A. Bondini, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna).

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Il percorso tattile, pensato inizialmente per non vedenti e ipovedenti, e corredato da un apparato didascalico in caratteri Braille curato dall’Istituto F. Cavazza di Bo-logna, è stato inaugurato nel 2010. La sua valenza è stata chiara sin dalla fase inaugurale del progetto e va ben oltre il target settoriale cui si era pensato in una prima fase di pianificazione. Difatti il percorso tattile non solo rende fruibile il patrimonio archeologico della Valle dell’Idice a un’utenza disagiata, ma porta anche a un’in-discutibile valorizzazione di questi Beni, richiamando la curiosità di ogni tipologia di visitatore, stimolato, anche in questo caso, dalla partecipazione sensoriale. Difficile resistere alla tentazione di impugnare una spada celtica ed estrarla dal suo fodero di ferro o di specchiarsi sul bronzo alla maniera degli Etruschi.

Fig. 13 “Toccare per vedere. Toccare per conoscere”: repliche di armi celtiche di ferro (realizzazione a cura di V. Pastorelli, “Hephestus”).

Fig. 14 “Toccare per vedere. Toccare per conoscere”: repliche di oggetti da toilette, uno specchio e uno strigile di bronzo (realizzazione a cura di V. Pastorelli, “Hephestus”).

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di grandi affluenze di visitatori. Ancora, la rievocazione crea potenziali indotti per il Museo difficilmente replica-bili con altre tipologie di eventi. Infine, si è potuto riscon-trare un arricchimento reciproco di studiosi e rievoca-tori, dato da quella sorta di “baratto” tra teoria e pratica di cui si è già fatto cenno; ma a questo corrisponde anche una limitazione delle reciproche libertà di azione: una restrittiva selezione tematica da parte di storici e archeologi, una minore inventiva ed ecletticità nel ree-nactement.Nel caso di Monterenzio poi, gli anni di collaborazione con i gruppi di rievocazione hanno portato non solo a un costante aumento di turismo sia al Museo Archeolo-gico “L. Fantini” sia su tutto il territorio locale, ma anche a un maggior coinvolgimento delle attività produttive e di stakeholders pubblici o privati nella realizzazione di progetti ed eventi promossi dal Museo stesso. La finalità rimane consapevolmente il comune obiet-tivo di incrementare la fruibilità del patrimonio culturale, ampliando il target di utenti coinvolti, migliorando le ca-pacità comunicative nei confronti del proprio pubblico, trasformando il visitatore da utente passivo ad attore coinvolto in prima persona nelle attività museali. Su queste basi si può a ragione affermare che l’histo-rical reenactement, la living history e molte manifesta-zioni ad esse connesse, dall’archeologia sperimentale a quella ricostruttiva, se veicolate da consulenze e supervisioni scientifiche, ben vanno nella direzione di quella valorizzazione del patrimonio culturale espressa dall’art. 6 del Codice dei Beni Culturali, nonché dai principi di valorizzazione e pubblica fruizione del bene stesso.

Conclusioni

Il mondo della rievocazione storica in Italia è anzitutto un mondo di volontariato, costituito da persone appas-sionate che inseriscono questa attività tra i loro hob-bies. All’estero, la realtà è differente e vari gruppi di ri-evocazione hanno fatto della loro iniziale passione un vero e proprio mestiere. Se la situazione italiana porta da un lato al vantaggio per le istituzioni museali e per gli studiosi di avvalersi di collaborazioni per lo più gratuite, per di più in un momento in cui la valorizzazione dei Beni Culturali non occupa certo le prime posizioni di investimento di risorse economiche nel nostro paese, dall’altro porta ad escludere una costante ed asso-luta professionalità in questo settore. La mancanza di tempo e risorse, e la collateralità di queste attività ri-spetto ad altre occupazioni cui i rievocatori si devono dedicare, sono elemento di valutazione imprescindibile nel loro percorso di preparazione e di ampliamento di conoscenze scientifiche. Anzi, se relazionato ai risultati che molti di loro raggiungono, lo sforzo è più che meri-tevole, e la correttezza filologica talora sin anche troppo alta.Questi sono fattori che ci si è trovati a valutare a fondo nel momento in cui ci si è avvalsi, a Monterenzio, delle collaborazioni volontarie con l’historical reenactement, che costituisce anzitutto una fondamentale risorsa per le finalità di un marketing, quello culturale, che sempre più spesso necessita di un abbattimento pressoché totale dei costi di gestione. La presenza dei gruppi di rievocazione può persino contribuire a colmare, tramite questa sorta di “volontariato culturale”, le carenze di personale nei Musei, particolarmente sentite nei casi

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Nell’ambito del progetto transfrontaliero “PArSJAd - Parco Archeologico dell’Alto Adriatico”, durante la pri-mavera 2011, sono state affrontate e sistematizzate le peculiarità della rievocazione dell’evo antico in un progetto formativo, denominato “È di scena la storia. Ricostruzione storica dell’antichità, rievocazione e pa-trimonio culturale”, avente come obiettivo un’introdu-zione generale alla rievocazione storica e l’effettuazione di una formazione teorico-pratica sul tema, in rapporto con il patrimonio storico-archeologico, il territorio e la società.Il progetto si indirizzava a tutte le parti potenzialmente coinvolte: coloro che materialmente realizzano o par-tecipano alle attività di rievocazione, ma anche chi si rapporta ad essa utilizzandola come strumento di co-municazione o promozione. Si rivolgeva, quindi, tanto alle associazioni attive nel campo della rievocazione storica o a singoli rievocatori, quanto – e soprattutto – ai soggetti che ne sono co-interpreti e, in qualche modo, committenti o beneficiari: gli organismi di tutela e di va-lorizzazione del patrimonio culturale, le comunità locali, gli enti di promozione del territorio. L’attività formativa si accorda, infatti, pienamente con l’obiettivo di imple-mentare un percorso di comunicazione tra le diverse parti, allo stato attuale generalmente non abbastanza efficace ed efficiente in Italia.

Il numero di adesioni al corso, superiore alla quota massima prevista, così come la tipologia dei parteci-panti, hanno evidenziato quanto sia sentita l’esigenza di un approccio razionale e professionale all’argomento. A fronte di 20 posti disponibili, si sono avute 45 candida-ture. Per favorire le richieste pervenute e una rotazione che tenesse conto dell’interesse dei candidati a sin-goli temi trattati nei diversi incontri, sono stati ammessi alla frequenza di ciascun appuntamento 22/23 parte-cipanti. La media delle frequenze al corso assomma pertanto a 36 partecipanti, fra i quali 12 liberi profes-sionisti attivi nel campo della didattica, delle attività educative, della gestione museale (operatori individuali, soci di cooperative, membri di associazioni), 11 funzio-nari e collaboratori di enti pubblici (Comuni/Servizi alla persona, Province, Soprintendenze archeologiche, Enti di ricerca), 4 rappresentanti del mondo della Rievoca-zione, 1 addetto alla promozione territoriale (Pro Loco), 6 responsabili/operatori di musei e parchi, 3 altre pro-fessioni (consulenti, imprenditori, giornalisti).La struttura corsuale adottata – a carattere compo-sito allo scopo di integrare al meglio l’approccio teo-rico con lo sviluppo pratico, entro i limiti affrontabili in un progetto comunque propedeutico e rivolto a una ti-pologia di utenti a elevata variabilità – era costituita da una serie di lezioni frontali, intercalate a spazi di libera

“È di scena la storia: ricostruzione storica dell’antichità, rievocazione e patrimonio culturale”Corrado Re Dottore di ricerca in AntropologiaLara Comis MA Experimental Archaeology; EXARC member

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cazione dell’attività stessa. Un punto nodale consisteva infatti nel tentativo di dare un significato alla “Rievoca-zione Storica”, o meglio di esplorare ed esaminare i vari aspetti che può assumere o le diverse attività che con-corrono a questa definizione. In mancanza, infatti, di un interesse accademico specifico (dovuto probabilmente in parte alla poliedricità del tema e all’intreccio con una varietà di discipline, tale da renderlo certamente di dif-ficile approccio generale) e di organismi di coordina-mento unanimemente riconosciuti, la terminologia che afferisce alla rievocazione storica trova ancora un uso ampiamente soggettivo e variabile. Si parla, infatti, a volte quasi indifferentemente, di “rievocazione” o di “ri-costruzione storica”, di “re-enactment” o “living history”, solo per citare i casi principali.Questa parte di analisi, indispensabile per un approccio metodologicamente condiviso, ha perseguito l’obiettivo di rendere maggiormente consapevoli i soggetti che operano nel settore della molteplicità di aspetti presenti o possibili, consapevolezza essenziale per individuare e perseguire chiaramente obiettivi concreti nell’approc-cio alla materia. Al contempo è stata dichiaramente esclusa ogni velleità di stabilire in quella sede definizioni terminologiche “universali” sull’argomento.L’approfondimento conoscitivo sulle connessioni tra ri-evocazione, attività spettacolari di intrattenimento, pa-trimonio storico culturale e territorio ha consentito di concretizzare l’immagine della tipologia di rievocazione storica oggetto della trattazione.Un’ulteriore circoscrizione del campo di interesse dell’attività formativa alla rievocazione storica dell’evo antico ha richiesto poi di concentrare maggiormente l’attenzione sulle specificità relative. Specificità sostan-zialmente coincidenti, in estrema sintesi, con quelle derivanti dalla stretta relazione con il patrimonio arche-

discussione, di carattere introduttivo e teorico per for-nire gli strumenti utili a un approccio individuale e per-sonalizzato; da due laboratori di approfondimento su temi specifici; da un project work, orientato a testare l’effettiva acquisizione delle nozioni, e da un convegno che, sotto l’etichetta “Antiqva Italia II”, si riallacciava a un precedente appuntamento organizzato nel 2010 in-tendendo passare in rassegna lo stato dell’arte in fatto di rievocazione dell’antichità in Italia. Uno stage pratico inserito nella realizzazione di un evento rievocativo ha completato il percorso.L’affinamento ulteriore del programma è stato affidato a un questionario motivazionale/informativo, approntato allo scopo di indirizzare i partecipanti sulle linee-guida progettate; grazie a questo supporto è stato possibile analizzare e corrispondere in modo più aderente alle motivazioni e aspettative dei partecipanti, definire con migliore precisione il percorso di apprendimento e “ta-gliarlo” sui bisogni formativi espressi. In Appendice 1 il report sui dati del questionario.La conduzione del corso si è avvalsa principalmente delle professionalità dagli ideatori e coordinatori del progetto: Corrado Re, impegnato nella divulgazione ar-cheologica e storica tramite attività di rievocazione sto-rica e storia vivente dal 2001, e Lara Comis, archeologa specializzata in Archeologia Sperimentale e divulga-zione attiva del patrimonio storico-archeologico, a loro volta supportati da specialisti di comprovata compe-tenza ed esperienza su aspetti specifici dei temi trattati: Dario Pedrazzini per le ricostruzioni di dialoghi in lingue antiche impiegati in recitazioni a tema, Ally McClelland, per la ricostruzione di cavalleria militare in spettacoli storici, Roberto Rocchi, per l’utilizzo di tecniche teatrali.La fase teorica del percorso formativo ha dovuto in primo luogo affrontare la definizione del campo d’appli-

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Oltre che dall’intenzione di stimolare l’interattività tra i corsisti, la scelta dei laboratori, dedicati rispettivamente alle lingue antiche e all’uso del linguaggio nella rappre-sentazione, per cura di Dario Pedrazzini, e alle tecniche teatrali, con il coordinamento di Roberto Rocchi della Scuola d’improvvisazione teatrale “Impropongo-Les Gramelot”, è stata guidata dall’obiettivo di focalizzare e sviluppare la comunicazione in favore del pubblico.Il project work offriva poi l’opportunità di lavorare a scelta su un evento esistente oppure su uno di nuova concezione, nell’ottica di applicare (virtualmente) gli strumenti acquisiti a un caso specifico. Una delle ela-borazioni proposte dai corsisti è particolarmente meri-tevole di menzione, in quanto esemplificativa dell’utilità del dialogo tra competenze diverse finalizzate a un pro-getto comunicativo basato sulla living history e per aver dato concretamente vita a un evento inedito. Nel corso dell’attività formativa si è infatti costituito un gruppo di lavoro fra operatori culturali, un regista e un rievocatore, che, unendo le loro abilità, conoscenze ed esperienze, hanno portato a compimento un’iniziativa divulgativa volta alla promozione di un parco archeologico – ove non si era mai dato vita a manifestazioni di questo tipo – con focus su uno scenario crono-culturale inusuale nel panorama rievocativo italiano: la preistoria. Questa esperienza viene descritta in altra parte del volume.Quanto agli stages, essi sono stati inseriti nell’ambito delle manifestazioni “Kainua - Gli Etruschi rivivono a Marzabotto” (Marzabotto, 25-26 giugno 2011) e “Le-giones in Agro Boiorum” (Castenaso, 17-18 Settembre 2011) e prevedevano la partecipazione all’evento nel ruolo di rievocatore, da concordare con le associazioni di rievocazione, oppure la partecipazione ad un pro-getto sperimentale sulle potenzialità comunicative della rievocazione (curato da Lara Comis), la condivisione

ologico e le discipline scientifiche afferenti, fra le quali un posto rilevante spetta senz’altro all’archeologia spe-rimentale. I nessi sono ovviamente a doppio senso: da un lato l’approccio alle fonti, dall’altro il contributo alla divulgazione e alla valorizzazione.L’ampio ventaglio di argomenti trattati – le caratteri-stiche progettuali e organizzative, il rapporto con altri campi d’azione (ad es. la promozione territoriale e turi-stica), i ruoli dei diversi interpreti e operatori coinvolti, il quadro normativo inerente la valutazione dei fattori di rischio e l’adozione delle regole di sicurezza – ha fornito ai partecipanti gli strumenti indispensabili per un ap-proccio organico e a largo raggio.Seppure in forma necessariamente sintetica, le unità didattiche hanno affrontato i principali aspetti operativi prerogativi delle parti coinvolte nella realizzazione di un evento di rievocazione storica: da un lato ruolo e com-petenze del “committente” (comune, Pro loco, museo ecc.), quali la promozione, la continuità e le prospettive a medio e lungo termine; dall’altro gli elementi propri di chi riveste il ruolo di “progettista” (ideatore, coordina-tore, regista): impostazione del concept e pianificazione dell’evento, verifiche in ordine alla fattibilità e alla logi-stica, gestione e coordinamento delle risorse umane, organizzazione e regia. Sottoposto a vaglio, natural-mente, anche ciò che rientra nella sfera d’azione degli interpreti (rievocatori, attori): comunicazione verbale /non verbale, comportamento, posture, abbigliamento e costume nell’antichità, attività didattiche, ecc.Pur essendo taluni temi più pertinenti ad un ruolo che ad un altro, si è voluto che la loro disanima riflettesse entrambi i punti di vista, dal momento che il reciproco riconoscimento delle competenze, delle funzioni e delle azioni esercitate è condizione primaria e imprescindibile affinché si crei comunicazione tra le parti.

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diverse figure ed enti coinvolti nelle attività, vengano ul-teriormente perseguite e incrementate anche attraverso una maggiore consapevolezza della convergenza di obiettivi e interessi.

Corrado Re

Analisi qualitativa dei risultati del questionario motivazionale (14 aprile 2011)

IntroduzioneIl presente report è stato redatto con la finalità di im-plementare in modo dinamico il corso di formazione tramite l’acquisizione di informazioni riguardo diversi aspetti della rievocazione storica e delle aspettative sul corso. Le informazioni raccolte sono state visualizzate graficamente tramite indagine orizzontale: di ogni area di scelta si sono osservate preferenze espresse con maggior frequenza. Dei risultati emersi, che a questo stadio di analisi non si collocano nell’indagine statistica quantitativa, ma in quella qualitativa, sono state analiz-zate le ricadute strategiche sul programma del corso di formazione. In dettaglio, si sono messe in evidenza in special modo le aree potenziali di implementazione e le sovrapposizioni positive con la struttura e i contenuti del corso.Una tale metodologia, utilizzata a livello sociologico, si pone come utile strumento per determinare un approc-cio dinamico nella prospettiva di fornire un servizio “ad hoc” per l’audience del corso, senza per questo modifi-care alcuna parte della struttura già progettata.

Modalità di redazione del questionarioIl questionario è stato ideato con la finalità di sotto-porre ai corsisti una serie di categorie e spunti di ri-flessione. Questi sono costituiti dal “core” del corso di

delle attività “dietro le quinte” in affiancamento all’orga-nizzazione/regia o, infine, l’analisi, “dal vivo” della mani-festazione, monitorata in base ai parametri individuati durante il corso.Quest’ultima azione, svolta in modo completamente autonomo anche se supportata dallo staff, consisteva nella predisposizione da parte dello stagista di una scheda di valutazione dell’evento, in cui descrivere i parametri presi in esame e la relativa metodologia va-lutativa, la sua implementazione nel corso dell’evento stesso, la successiva elaborazione dei dati per l’otte-nimento di una sintesi significativa circa le peculiarità, i punti di forza, le criticità, le potenzialità di sviluppo. Nelle Appendici 2 e 3 vengono illustrati il progetto di stage e il relativo report finale.A disposizione dei corsisti c’era inoltre una piattaforma di comunicazione comune, tramite un Forum sul sito www.antiqva-italia.eu, dedicata alla discussione sui temi inerenti alla rievocazione dell’evo antico, nonché alle attività del progetto e altro, in condivisione con gli aderenti al percorso “Antiqva Italia” svoltosi nei già citati convegni del 2010 e 2011 a San Lazzaro di Savena.In conclusione, riteniamo che per trasformare la rievo-cazione dell’evo antico in un effettivo strumento di co-municazione e divulgazione, un’attività culturale a pieno titolo e perfettamente formata, non negando né nulla togliendo agli aspetti di intrattenimento, ludici o sociali che le sono altrettanto propri, sia indispensabile un’ef-ficace professionalizzazione, nel senso di acquisizione di metodologie e standard “professionali”, non neces-sariamente “professionistici”, al di fuori quindi di ogni prevalenza del professionismo sul volontariato. Per gli stessi scopi e per far emergere le cospicue potenzialità della rievocazione, è altrettanto necessario che la co-municazione e la collaborazione interdisciplinare tra le

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eventi che ancora non la utilizzano. L’elemento si dimo-stra interessante per il fatto che il corso potrà di con-seguenza tentare di impostare un protocollo di buona pratica per il coinvolgimento della rievocazione in una pianificazione culturale di nuova ideazione. La stessa osservazione si può effettuare per il legame esistente tra rievocazione e attività didattiche di nuova ideazione. Ancora una volta sarà anche in questo caso oppor-tuno sviluppare una progettazione adeguata sul tema.

formazione. La possibilità di un confronto personale e diretto alle questioni trattate nel corso, ancor prima di affrontare gli argomenti sotto forma di lezione frontale e discussione libera, era essenziale per predisporre i corsisti sulle linee guida progettate e per consentire un libero apporto di informazioni. Per questo la strut-tura del questionario ha proposto una multiple choice non esclusiva e il formato anonimo (open-ended). Il questionario non è stato analizzato con finalità di stati-stica quantitativa, ma si è adeguato ai metodi di ricerca qualitativa in base a modelli utilizzati in ambiti sociali1. Tenendo presenti queste modalità di redazione, è stato elaborato un semplice grafico a istogrammi. Seguono i grafici elaborati e una breve nota di commento sui ri-sultati emersi suddivisi per aree orizzontali di indagine.

Le motivazioni (fig. 1)Le motivazioni selezionate si presentano piuttosto equilibrate. Una lieve preponderanza è stata tuttavia assegnata all’approfondimento delle tematiche e all’ac-quisizione di strumenti pratici. Questa prevalenza trova giustificazione nella rarità di iniziative istituzionali di for-mazione riguardo alla rievocazione come strumento di valorizzazione del patrimonio. Piuttosto significativa la presenza di interesse personale come motivo di fre-quenza.

Rapporti con rievocazione (fig. 2)Questa domanda intendeva chiarire i gradi di rapporto con la rievocazione. Le scelte dei corsisti dimostrano un notevole interesse per eventi culturali di nuova pro-gettazione ovvero sull’inserimento della rievocazione in

1 Si veda: E. De Poy, L. N. Gitlin, Introduction to research. Understanding and applying multiple strategies, Mosby, St. Louis 1998.

Fig. 1

Fig. 2

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nostro parere questa sovrapposizione sta ad indicare un’arma a doppio taglio: una straordinaria risorsa che tuttavia deve essere sviluppata in modo adeguato per non incontrare giudizi di negatività e la conseguente svalutazione della rievocazione come strumento di me-diazione culturale. Il discorso sul rapporto tra le fonti e la rievocazione viene inoltre esplicitato in un questiona-rio, oltre ad avere incontrato particolare rilevanza du-rante la discussione in sede di seminario. Si tratta di un

La percentuale più cospicua di scelte si è quindi po-sta sugli eventi culturali già avviati, di cui si avrà quindi cura di fornire strumenti di potenziamento. È piuttosto interessante che la percentuale espressa nel rapporto tra rievocazione e ricerca archeologica e storica sia maggiore rispetto al rapporto con attività didattiche già avviate: evidentemente questo aspetto è considerato importante. Infine, appare peculiare che una discreta porzione di scelte si sia indirizzata verso il ruolo stesso di rievocatore. In conclusione, l’audience incontra per-fettamente le finalità del corso e indica in modo piutto-sto chiaro le finalità che intuisce nella rievocazione.

Rievocazione: i PRO (fig. 3)In questa sezione e nella successiva si sono voluti indi-care in modo provocatorio alcuni elementi per una va-lutazione della rievocazione. Nella prima, sui “pro” della rievocazione, appare chiarissima ed equilibrata l’attribu-zione degli aspetti positivi della rievocazione nell’inte-razione attiva sia con il pubblico, sia con il patrimonio. Segue l’aspetto evocativo tramite le scelte sull’impatto visivo sul pubblico. Piuttosto contenute le scelte su pro-fessionalità e progettualità della rievocazione, che indi-cano chiaramente quali aspetti debbano essere poten-ziati in un rapporto proficuo con gli enti.

Rievocazione: i CONTRO (fig. 4)Se sovrapposto al precedente, il grafico mette in luce quale sia l’aspetto suscettibile a miglioramenti per la rievocazione: la scarsa professionalità. La scarsa qua-lità delle ricostruzioni viene poi indicata come aspetto negativo, identificando nella scelta successiva una connessione causale: segue infatti la scarsa aderenza al patrimonio, che tuttavia nella domanda precedente era stata identificata come risorsa della rievocazione. A

Fig. 3

Fig. 4

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Progetto di Stage (25-26 giugno 2011)

Introduzione Il presente progetto contiene la metodologia proposta durante la redazione di una proposta di studio per il Lejre research grant 2010 dal titolo: “What did the ro-mans cook for us? A double experiment”. Il documento è stato redatto applicando il metodo di indagine ad una conferenza-laboratorio tenuta dal gruppo di rievoca-zione AES CRANNA mantenendo il target di indagine. Segue la traduzione del documento, originariamente in inglese, con le modifiche effettuate per l’applicazione al caso specifico.

Contesto di applicazioneL’obiettivo principale è la comunicazione in archeologia e il genere di feedback che il pubblico riceve sotto due diverse condizioni di comunicazione. In Italia le istituzioni pubbliche che si occupano di tutela e fruizione del patrimonio tendono a considerare la rie-vocazione e la living history come uno strumento poco affidabile per coinvolgere il pubblico. In alcuni Musei

aspetto che richiede forse una trattazione più appro-fondita, nonostante alcune difficoltà di gestione delle problematiche che esulano dalle finalità del corso. Le difficoltà logistiche costituiscono la scelta successiva. È interessante infine che la frammentazione delle forme giuridiche delle associazioni di volontariato non sia stata riconosciuta come connotazione negativa della rievo-cazione. L’aspetto della professionalità, dunque, non viene ancora identificato con una struttura di interfaccia con gli enti. Rimane da indicare un’ultima osservazione compilata nel campo libero: la scarsità di disponibilità economiche.

Aspettative sul corso (fig. 5)Questa domanda ripercorre, in un processo logico che ha condotto i compilatori dalle motivazioni attraverso i rapporti con la rievocazione e i vari aspetti della stessa, i temi della prima domanda sotto forma di aspetti pro-positivi. Questo schema indica chiaramente che gli strumenti pratici di progettazione sono sentiti come ne-cessari nel bagaglio culturale che ci si aspetta a fine corso, e in linea gerarchica vedono in predominanza la piattaforma di comunicazione e la progettazione con-divisa, mentre l’approfondimento riscontra uno slitta-mento rispetto alle scelte iniziali. Le indicazioni paiono quindi illustrare un percorso che debba essere finaliz-zato, tramite l’approfondimento, alla fornitura di un set di strumenti pratici che si imposta su una comunica-zione e una progettazione condivisa. In conclusione, le risposte dell’audience hanno eviden-ziato che il processo di razionalizzazione verso le linee- guida del corso ha avuto successo. Alcune indicazioni sono state tenute presenti per l’implementazione di te-matiche ritenute importanti.

Lara Comis

Fig. 5

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blema, tenendo come assunto principale l’importanza del patrimonio culturale (storico o archeologico) all’in-terno della società contemporanea in termini di identità e autorappresentazione.

La domanda principaleLa domanda principale che guida questa ricerca è: “la rievocazione storica è uno strumento valido per trasfe-rire interesse nel patrimonio culturale?”. In termini così ampi, la domanda include un numero di elementi troppo elevato che complicano l’intera struttura del problema. Nonostante questo, per incominciare a pensare ad una possibile soluzione, sembra utile un esperimento sem-plice e accuratamente programmato per analizzare la reazione del pubblico in relazione ad un solo aspetto. La progettazione si focalizza sul coinvolgimento e il trasferimento di informazioni dall’operatore al visitatore attraverso comunicazione convenzionale e non-con-venzionale.

Progettazione della ricercaUna serie di attività legate alla cosmesi antica vengono presentate al pubblico. Queste attività sono state ideate e realizzate dal gruppo di rievocazione AES CRANNA, riferimento Marianna Comeri.Non si tratta di sperimentazioni in ambito archeologico, piuttosto di attività esperienziali mediate tramite metodo classico (Frontale) di divulgazione. Il protocollo nascosto al pubblico, tuttavia, sovrapposto all’attività, sarà la comunicazione con esso e la sua ri-sposta. Gli operatori dell’esperimento vestiranno, alter-nativamente, comuni abiti del XXI secolo e un possibile abito dell’età del Ferro. Le informazioni vengono comu-nicate in modo progettato. Informazioni verbali, visive e esperienza diretta saranno le tre modalità indagate:

Archeologici all’Aperto, per esempio, non viene prati-cata la rievocazione nella divulgazione del patrimonio. Da un lato questo è dovuto al fatto che la qualità della rievocazione non è sufficiente per gli scopi del Museo Archeologico all’Aperto, dall’altra le cause risiedono nella carenza di ricerca sui dati primari e soprattutto dalla scarsa informazione sull’archeologia sperimentale come strumento di ricerca e sulle importanti ricadute di essa per la ricostruzione di un “passato vivente”.La situazione in Italia è piuttosto complessa anche per-ché non esistono linee guida comuni tra i gruppi che praticano re-enactment o living history. L’interesse ac-cademico negli aspetti sociali della rievocazione è vir-tualmente assente, e questo determina un contesto instabile di applicazione. Alcuni tabù in questa prospet-tiva sono di certo causati dalla strumentalizzazione del contesto storico e archeologico durante il Regime nei primi decenni del XIX secolo, esperienza purtroppo non solo italiana. Pertanto la confusione risiede sia nella parte “alta” del problema, ovvero dal punto di vista ac-cademico ed istituzionale, sia nella parte “bassa”, ov-vero nelle persone praticamente coinvolte nelle attività.Comunque, il pubblico (il terzo polo del problema) ri-chiede fortemente un coinvolgimento più forte e più emotivo con il passato, senza porsi troppi problemi riguardo a quanto di esso sia certo o quanto sia ipo-tetico. Questo atteggiamento dei fruitori delle istituzioni che lavorano principalmente con l’educazione e la va-lorizzazione del patrimonio culturale le ha portate ad approcciare il problema non dal punto di vista accade-mico, ma da quello spettacolare, causando un grave ri-tardo nella ricerca e un peggioramento generale dell’of-ferta culturale.Questo progetto ha preso vita per cercare di tracciare una possibile soluzione tra i tre “poli” coinvolti nel pro-

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Report Stage “Kainua. Gli Etruschi rivivono a Marzabotto” (25 giugno 2011)

Introduzione e modifiche del progettoIl progetto originario di stage prevedeva una valutazione del feedback del pubblico tramite questionario chiuso al termine di una determinata attività didattica attiva re-alizzata dai rievocatori. La variabile da testare era stata individuata nella eventuale differenza in relazione all’ef-ficacia comunicativa tra un rievocatore “in abito storico” o un rievocatore “non in abito storico”.Non è stato possibile portare avanti l’evento progettato per lo stage a causa di due fattori: le attività di divul-gazione attiva a cura del gruppo di rievocazione non erano sufficientemente strutturate per estrapolare dal contenuto un questionario coerente per le finalità pro-poste dallo stage design; non risultava agile monitorare l’afflusso dei visitatori né tantomeno consentire una ri-petizione dell’evento (che in effetti non si è ripetuto). A causa di queste caratteristiche, si è ritenuto opportuno abbandonare il questionario chiuso come strumento di indagine e sostituirlo con l’intervista aperta. L’utilizzo dell’intervista aperta ha determinato delle so-stanziali modifiche delle informazioni su cui indagare a causa dell’interazione tra l’intervistato e l’intervistatore. Per questo, le domande da porre al pubblico presen-tano contemporaneamente i tre punti sottolineati nello stage design a diversi livelli di interazione, ed in par-ticolare: acquisizione di nozioni (nomi, date, luoghi); sensazioni: (olfatto, tatto, vista); ricordi e/o autorappre-sentazione (associazioni di pensiero e di ricordo: Cosa ti ha evocato?); gradimento e/o desiderio di ripetizione (anche tramite contrasto con epoca attuale).

• Informazioniverbali:una“storiaraccontata”chepo-trà vertere su fonti scritte e materiali e sulle attività che si svolgevano nel passato (ascolto).

• Informazionivisive:inassenzadellacomunicazioneverbale, le informazioni potranno essere poste al pubblico e verificate tramite l’osservazione (vedere qualcuno fare qualcosa).

• Esperienzadiretta: inassenzadi informazionever-bale, attività manipolative dirette possono comu-nicare informazioni relative ai reperti archeologici (cultura materiale) e su aspetti intangibili del passato (per esempio i sensi: fare qualcosa).

Ad ogni visitatore, alla fine dell’attività, viene richiesto di compilare un questionario progettato per verificare le tre modalità di comunicazione sopra elencate. Il questionario è il medesimo sia nel caso l’operatore sia vestito come oggi, sia nel caso l’operatore sia in veste antica, per cui la variabile sotto indagine che potrà re-stituire la comparazione dei dati è “Archeologia: vestita o no?”.

CronoprogrammaQuesto esperimento è stato effettuato durante l’atti-vità programmata dal gruppo AES CRANNA secondo i tempi e le ripetizioni da essi previste e durante due pomeriggi nell’ambito dell’evento “Kainua. Gli Etruschi rivivono a Marzabotto” (Marzabotto - BO, 25 e 26 giu-gno 2011).

Lara Comis

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rispetto al programma dovuto principalmente al caldo torrido. Il giorno successivo il responsabile dell’attività didattica ha deciso di non effettuare l’attività per lo stesso motivo, nonostante il programma ne prevedesse la ripetizione e fosse presente una stagista.

Modalità di svolgimentoLo stage si è svolto durante l’attività programmata dal gruppo AES CRANNA nell’ambito dell’evento “Kainua - Gli Etruschi rivivono a Marzabotto” (Marzabotto - BO, 25 giugno 2011). L’attività di divulgazione attiva si è te-nuta nel pomeriggio del 25 giugno con un lieve ritardo

Fig. 6“È di scena la Storia”: stage a Marzabotto con il gruppo AES CRANNA.

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zioni di tintura con pigmenti naturali della lana e tessi-tura al telaio verticale. I gruppi si dimostravano molto motivati a partecipare all’attività: alcuni dei componenti, in età scolare, avevano trattato dell’argomento durante l’anno scolastico e intendevano il laboratorio-confe-renza come completamento del programma.Nonostante quindi il campione di fruitori sia stato ef-fettivamente molto limitato e non consenta di effettuare osservazioni di carattere esemplificativo, sono emerse alcune tematiche piuttosto interessanti che verranno qui riassunte in base agli ambiti di indagine progettati, benché in realtà tutte le risposte si intercorrelassero in maniera organica.

Acquisizione di nozioni: nomi, date, luoghiI fruitori non hanno ricordato alcuna nozione acquisita durante il laboratorio-conferenza, ma hanno sottoline-ato come sorprendente il fatto che i Celti non fossero così primitivi come vengono configurati nell’immagina-rio collettivo. Il fatto che avessero “inventato” il sapone, che usassero profumi e cosmetici li connotava come denotati da un loro specifico “stile”.

Sensazioni: olfatto, tatto, vistaPreponderante l’importanza dell’interazione sensoriale nelle risposte alle domande: l’intensità dei profumi “si avvertiva a distanza”, la consistenza degli unguenti e i colori dei minerali utilizzati hanno colpito profonda-mente il pubblico.

Ricordi e/o autorappresentazione: associazioni di pensiero e di ricordo: Cosa ti ha evocato?Alcune osservazioni riferite a questo aspetto meritano di essere riportate integralmente. Un fruitore ha ricor-dato come la propria nonna (due generazioni) utiliz-

Le modalità di svolgimento sono state particolarmente spontanee e disinvolte con la libera partecipazione non programmata di altri componenti del gruppo di rievo-cazione. L’argomento dell’attività didattica e le parti in cui si ar-ticolava l’intervento vertevano principalmente sulla co-smesi e sulla cura del corpo nell’età del Ferro in gene-rale, con particolare attenzione alle popolazioni celtiche. Alla fine della “conferenza”, è stato fornito un esempio pratico di trucco “all’antica” tramite le sostanze illustrate nella parte teorica. Tra le varie sostanze mostrate al pubblico vi erano anche degli unguenti o creme pro-fumate, oltre che a sapone naturale e altri ingredienti che venivano utilizzati, sulla base della documentazione archeologica, per la cura del corpo. Venivano inoltre ci-tate fonti archeologiche e storiche per la ricostruzione della cosmesi antica. Le stagiste (tre in tutto) hanno aiutato il responsabile dell’evento ad allestire il tavolo di dimostrazione, a passare di mano in mano i cosme-tici ai visitatori, a fornire un esempio di trucco ed infine una di esse ha assunto il ruolo di intervistatrice. A tutte le stagiste è stato fornito un abbigliamento consono a quello dei rievocatori del gruppo AES CRANNA, per renderle omogenee agli occhi dei visitatori. Al respon-sabile dell’attività didattica è stato chiesto di invitare il pubblico, una volta conclusa l’attività, a rispondere ad alcune domande. Questa è stata l’unica richiesta di mo-difica effettuata sull’attività didattica, considerato che lo stage non aveva assolutamente come scopo la valuta-zione del contenuto della divulgazione.

RisultatiHanno partecipato all’attività due gruppi rispettiva-mente di tre e due persone, tutte di sesso femminile che avevano precedentemente assistito alle dimostra-

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Figg. 7-10“È di scena la Storia” : stage a Marzabotto con il gruppo AES CRANNA.

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ConclusioneIl feedback ottenuto dai partecipanti allo stage e dal pubblico è stato integralmente positivo. Tuttavia, l’im-possibilità di portare a compimento il progetto iniziale ha ovviamente compromesso l’ottenimento dei dati ne-cessari per trasformare l’evento in un set di dati ana-lizzabili e condivisibili con la comunità scientifica per una valutazione più approfondita del ruolo della rievo-cazione storica nella trasmissione delle conoscenze e nel coinvolgimento del pubblico. Per questo ci si augura che l’esperienza di stage tenuto a Marzabotto si possa ripetere in condizioni più strutturate.

Lara Comis

zasse sostanze naturali per lavare i panni, un altro ha espresso un “richiamo” piuttosto intenso alla tessitura al telaio, non giustificato da ricordi specifici della propria esperienza, né tantomeno giustificato dal laboratorio sulla cosmesi.

Gradimento e/o desiderio di ripetizione (anche tramite contrasto con epoca attuale)Quasi ogni informazione in risposta alle domande dell’intervista aperta ha utilizzato il contrasto con l’e-poca attuale per interagire con le informazioni sul pas-sato. Questo aspetto non è nuovo: ogni conoscenza acquisita ex novo si riallaccia sempre a conoscenze già acquisite. Un fruitore ha sottolineato come sino agli anni ’70 le tecniche artigianali tramite sostanze naturali fossero in uso sia nella tintura dei tessuti sia nella tin-tura dei capelli, mentre a partire dagli anni ’80 con l’in-dustrializzazione e la chimica molte di queste tecniche siano scomparse. I soggetti più giovani hanno dimo-strato interesse nella ripetizione del trucco degli occhi “all’antica” comparandolo direttamente con i cosmetici odierni (pigmento in polvere - pigmento liquido). Il gradimento si è dimostrato molto alto ed ha riguar-dato non solo l’aspetto sensoriale del laboratorio-con-ferenza, ma anche l’aspetto di divulgazione “frontale” di cui si sono riconosciute ed apprezzate le valenze di-dattiche.

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Figg. 11-12“È di scena la Storia” : stage a Marzabotto con il gruppo AES CRANNA.

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Il mondo della Rievocazione è da diverso tempo entrato a pieno regime nel tessuto socio-culturale di buona parte degli eventi “storici” in tutto il territorio nazionale. Musei, Parchi, piccoli comuni e grandi centri urbani si avvalgono con diverse finalità, di questa particolare forma di “folklore” che dagli anni ‘70 in poi ha assunto un carattere proprio e sempre più contestualizzato. L’epoca dei Celti, quella Romana, il Medioevo, il Rina-scimento, le battaglie napoleoniche sono tra gli esempi che sempre più spesso è possibile incontrare quando si ha il desiderio di “fuggire indietro nel Tempo”. Fug-gire indietro sì, ma non così tanto indietro nell’Evo An-tico. Almeno fino al 2010, quando al Parco archeolo-gico di Travo è stata realizzata una prima Rievocazione pre-istorica. Un simpatico pomeriggio in cui i bambini hanno potuto incontare personaggi arrivati dall’Epoca neolitica e vivere con loro una piccola avventura. Una giornata organizzata con poco budget e tanta parteci-pazione di amici per realizzare l’evento.

Come nasce l’idea

Le cose cambiano nel corso del 2011, quando alla sede di Bologna dell’Istituto Beni Culturali si tiene una serie di incontri formativi di specializzazione e di aggiorna-mento, denominata “È di scena la Storia. Ricostru-zione storica dell’antichità, rievocazione e patrimonio culturale”1, rivolti a responsabili e operatori museali, operatori didattici ed educatori, operatori della comu-nicazione, funzionari di enti pubblici (settori Cultura, Turismo, Scuola), operatori per la valorizzazione del pa-trimonio, associazioni culturali e gruppi di Rievocazione storica, associazioni per la promozione territoriale e per il turismo culturale.Gli incontri sono organizzati nell’ambito del progetto strategico comunitario PArSJAd - Parco Archeologico dell’Alto Adriatico, dall’Istituto Beni Culturali, in collabo-razione con le associazioni La Parma, Archeostorica e De Bello Italico. Verso la fine del percorso è previsto un project work per applicare i concetti appresi che pre-vede l’ideazione e la progettazione teorica di un nuovo evento o l’implementazione di uno esistente.Stimolati dal project work e dagli argomenti emersi nel corso degli incontri abbiamo così creato un gruppo di lavoro con l’obiettivo di creare veramente un evento di

“Fuochi preistorici”, a Travo tornano gli antichi”Gian Battista Fiorani Rievocatore storico, Gruppo Toutai ArgantiaClaudia Minuta, Maria Maffi Museo e Parco Archeologico di Travo; EXARC memberAndrea Moretti Direttore artistico e fondatore di moroeventi.com

1 Sul sito I.B.C. è pubblicata una pagina di approfondimento su questa serie di incontri: http://ibc.regione.emilia-romagna.it/argomenti/archeologia/valorizzazione-dei-siti-e-dei-musei-archeologici-1/e-di-scena-la-storia.-incontri-formativi-su-ricostruzione-storica-dellantichita-e-patrimonio-culturale

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Toutai Argantia dalla provincia di Chieti e Teuta Nerto-bacos dalla provincia di Bologna, si tratta di noti gruppi operanti da tempo nell’età del Ferro, non esistono infatti in Italia gruppi che affrontino periodi preistorici.La novità di questo periodo storico rappresenta una grossa difficoltà che insieme ai tempi strettissimi e alla distanza che separa tutte le realtà coinvolte rende in-dispensabile mettere in atto espedienti organizzativi adatti.Applicando i concetti illustrati durante il corso presso l’IBC il primo passo fondamentale è quello di palesare e dichiarare gli obiettivi dei soggetti coinvolti, viene quindi schematizzato il gruppo di lavoro (fig. 1) e redatto un documento che sintetizza gli obiettivi di tutti.

Rievocazione storica in ambito praticamente inesplo-rato come quello della Preistoria.Così si è messa in moto la macchina, i motori sono stati Andrea Moretti di moroeventi.com, direttore artistico di alcuni dei maggiori eventi di Rievocazione storica dell’evo antico degli ultimi dieci anni, Gian Battista Fio-rani, operatore della Rievocazione storica, fondatore del gruppo Toutai Argantia, che è intervenuto nel caso illu-strato anche in aspetti legati all’organizzazione nonché alla raccolta e analisi dei dati, Claudia Minuta e Susanna Gasparini, operatrici di Archeotravo, cooperativa che si occupa di scavo, didattica ed organizzazione eventi all’interno del Parco Archeologico Neolitico di Travo.Rievocatori e Archeologi insieme in questa sfida per realizzare un evento ambientato nella Preistoria che prenderà il nome “Fuochi Preistorici, a Travo ritornano gli antichi” programmato per domenica 26 giugno 2011 cioè meno di due mesi2 dal momento in cui si è deciso di partire. Progettazione

Raccolgono questa sfida anche i gruppi di Rievocazione storica invitati da moroeventi.com, Teuta Lingones Tribù del Cinghiale Bianco dalla provincia di Ferrara,

2 La scelta della data è stata dettata da esigenze di calendario, poiché tutti i rievocatori erano coinvolti in importanti eventi di Rievocazione storica concentrati nel mesi estivi.

Fig.1 Schematizzazione del gruppo di lavoro di “Fuochi Preistorici”.

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con una giornata di incontro a pochi giorni dall’evento utilizzata anche per visionare dal vivo indumenti ed or-namenti, nonché il “physique du rôle” di alcuni rievoca-tori destinati ad interpretare ruoli di particolare rilievo. L’evento

Tra gli obiettivi ci siamo posti quello di coinvolgere, ap-passionare e, perché no, stupire il pubblico di qualsiasi età.Per ottenere questo risultato alla tradizionale visita gui-data all’area archeologica e al villaggio condotta dagli operatori del parco nella consueta modalità, la giornata prevedeva due distinti momenti: Il primo dedicato alla living history ed il secondo ad un vero e proprio spetta-colo teatrale all’aperto.Nella living history i rievocatori hanno popolato ed ani-mato, l’area del Parco in cui sono state ricostruite le capanne neolitiche e gli orti. Una trentina circa di rie-vocatori, ognuno con una precisa mansione presentata durante i briefing operativi della mattinata, occupava aree del parco e interpretava scene di vita quotidiana. I rievocatori interagivano tra di loro ma non con i visitatori che dopo la visita all’area archeologica erano diretta-mente guidati dagli archeologi nei vari punti del villaggio in cui erano approntati questi “quadri” di vita quotidiana.Tra le scene proposte vi erano: la concia delle pelli, la tessitura, la costruzione di monili e piccoli strumenti musicali, il lavoro nei campi, la lavorazione dell’argilla e dei cereali con macine a sella, la manutenzione di armi e attrezzi, ed anche la costruzione di una sezione di pa-rete della capanna con la tecnica dell’intreccio intona-cato con argilla cruda.La seconda parte dell’evento invece è stato puro spet-tacolo: al numeroso pubblico è stato offerto un rac-

Viene anche aperto uno spazio di confronto online sul social network Facebook3 accessibile solo ad utenti abilitati destinato alle comunicazioni interne del gruppo di lavoro.

Operatività

Il primo step è stato quello di raccogliere più dati scien-tifici possibili, indispensabile lavoro svolto dal personale del Parco Archeologico di Travo, che ha raccolto arti-coli, fotografie, disegni, tavole cronologiche, tutti docu-menti che sono stati condivisi nello spazio online, af-finché i rievocatori potessero documentarsi e realizzare indumenti ed ornamenti. Questi sono stati fotografati e a loro volta pubblicati online, per condividerne proble-matiche di sviluppo e per sottoporli alla supervisione delle archeologhe.Le problematiche sorte in merito alla resa filologica degli indumenti e di tutti gli ornamenti sono state non poche. La carenza di dati per quanto riguarda le co-munità del Neolitico recente emiliano, è stata sublimata dalla scelta consapevole di utilizzare dati provenienti da contesti associabili, tenendo ben presente l’inevitabile compromesso di un possibile divario cronologico e ge-ografico.Il secondo step ha interessato invece l’ambito emotivo: rendere spettacolare il dato scientifico per farlo arrivare al pubblico senza travisarlo o banalizzarlo, questo ha comportato un intenso lavoro di scambio e di media-zione che ha coinvolto archeologhe e regista, concluso

3 Si preferisce al controllo sulla piattaforma online il fatto che questo social network risulta in assoluto il più frequentato (praticamente da tutti i rievocatori), e ricco di funzione di scambio e di condivisione.

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Inoltre è stata utilizzata la musica come colonna sonora, che ha contribuito ad aumentare il pathos narrativo di una storia creata appositamente per appassionare e coinvolgere il pubblico di qualsiasi età.La sceneggiatura racconta la storia del momento in cui un popolo perde il capo villaggio e ne deve scegliere uno nuovo; la scelta del nuovo capo si svolge fra ceri-monie e prove di forza fra i candidati e si è conclusa con un rituale propiziatorio officiato dallo sciamano.L’offerta votiva consisteva nel gettare una manciata di semi e granaglie nel fuoco e vedeva coinvolti dapprima tutti i rievocatori e subito dopo anche il pubblico.Questa è stata una scelta mirata a coinvolgere ancor di più il pubblico presente con un espediente utilizzato alla luce dell’esperienza del Trigallia Celtic Festival di Ar-genta (FE), evento curato da moroeventi.com, nel quale fu proposto per la prima volta un rito di offerta votiva in occasione del solstizio d’estate e al quale partecipa-rono attivamente oltre 800 persone.In seguito tale proposta è stata impiegata con successo in altre occasioni e in altri periodi storici ed ha sempre ottenuto un grande successo di partecipazione grazie all’esperienza coinvolgente adatta ad un pubblico più che eterogeneo.Infine è interessante rilevare come alla fine della rappre-sentazione e dopo gli appassionati applausi, il pubblico si è spontaneamente e quasi istintivamente riversato nel parco con l’intento di proseguire l’esperienza appena vissuta.Inizialmente tale comportamento, non previsto, ha stu-pito gli organizzatori ed i rievocatori i quali si sono im-mediatamente prodigati per assecondare questo pa-lese desiderio del pubblico ripopolando prontamente il villaggio e “inventando” in maniera estemporanea il face painting per i più piccoli, altra attività mutuata dall’e-

conto narrato, recitato ed interpretato dai rievocatori che in quel momento si sono trasformati in attori.Per ottenere questo nelle settimane precedenti è stata creata una vera e propria sceneggiatura, curata da An-drea Moretti di moroeventi.com, con la supervisione delle archeologhe, per creare una storia da raccontare che fosse godibile per il pubblico ma allo stesso tempo verosimile.Nelle prove della mattinata oltre alla sceneggiatura, i rievocatori hanno studiato la caratterizzazione dei personaggi, la postura, le movenze, la gestualità e l’e-spressione tramite un lavoro specifico sulla teatralità del gesto, l’efficacia comunicativa e l’accuratezza storico/scientifica di ciò che si apprestavano a riproporre.Questo tipo di lavoro è partito da zero in quanto i rie-vocatori, essendo specializzati e preparati su altri pe-riodi storici, non avevano basi sufficienti a rappresen-tare correttamente il periodo in questione, ma grazie alla loro professionalità sono riusciti a mettere a frutto in breve tempo le informazioni necessarie a ricreare uno spaccato di vita vissuta credibile.Ormai da alcuni anni in Italia diversi gruppi di rievoca-zione storica hanno raggiunto livelli di preparazione ed affidabilità molto alti e questa evoluzione ha trasformato molti rievocatori storici da semplici figuranti a veri e pro-pri professionisti.Solo grazie a questa qualità è possibile mettere in piedi in poco meno di due mesi un evento come i Fuochi Preistorici di Travo.Tornando all’evento, in seguito a questo lavoro di pre-parazione è stato confezionato uno spettacolo di oltre trenta minuti che ha visto coinvolti tutti i rievocatori ed è stato rappresentato sfruttando la “scenografia naturale” costituita dagli spazi del Parco archeologico e dalle ca-panne ricostruite.

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4 Anche al fine di ottenere risposte coerenti, durante la giornata e soprattutto durante le visite guidate, sono stati ben argomentati i diversi momenti dell’evento, soprattutto per distinguere nell’impiego dei rievocatori tra la parte di living history e quella di spettacolo puro, utilizzando termini precedentemente concordati che poi i visitatori hanno trovato nel questionario.

l’apprezzamento delle varie componenti4 dell’evento: visite guidate, living history, spettacolo, fino al prezzo del biglietto e al soddisfacimento delle aspettative dei visitatori.

sperienza di altri eventi di rievocazione storica unita allo spettacolo e che gode sempre di grande successo.L’evento si è quindi protratto oltre i tempi inizialmente previsti con reciproca soddisfazione degli organizzatori, dei rievocatori e del pubblico. Feed-back

Fin dalla fase di progettazione abbiamo cercato di porre in atto azioni e comportamenti che ci permettessero di capire come questo nuovo modo di operare venisse percepito dai visitatori.All’osservazione diretta dei comportamenti è stato af-fiancato un questionario, somministrato ai visitatori al termine della giornata, per profilarli, rilevare la loro per-cezione dell’esperienza, raccogliere commenti, critiche e suggerimenti (figg. 2a-2b).Oltre alle località di provenienza e le fasce d’età, ab-biamo rilevato come sono venuti a conoscenza dell’i-niziativa, per valutare quali canali e quali media sono risultati più efficaci nella diffusione della comunicazione, il loro livello di conoscenza e frequentazione del Parco Archeologico, in che modalità si sono recati in visita (in gruppo, in coppia, single, ecc.) e se fossero presenti bambini. Una parte molto importante del questionario ci ha aiu-tato a capire come le azioni svolte nel corso dell’evento sono state percepite (fig. 3), indagando aspetti come l’organizzazione, la location, le informazioni ricevute,

Fig.2a-bFronte e retro del questionario.

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Ricadute

Affrontare la sfida di questo nuovo periodo storico per alcuni rievocatori è stato così coinvolgente ed entusia-smante che alcuni di loro hanno deciso di continuare ad approfondire questo percorso, ed oggi assistiamo al nascere di gruppi che si propongono come rievocatori del Neolitico.Nel mese di Gennaio del 2011 grazie alla rete di co-noscenze di moroeventi.com il fotografo professionista Camillo Balossini5 realizza un set fotografico con i rievo-

Molti interessanti spunti di riflessione sono arrivati an-che nella sezione libera del questionario riservata ai commenti, alle critiche e ai suggerimenti, mettendo in evidenza spirito critico, la disponibiltà e l’intenzione di dare un contributo costruttivo anche sotto forma di cri-tiche pungenti, ma sopprattutto che i questionari erano compilati con attenzione senza sottovalutare l’impor-tanza dello strumento.Effettuato l’inserimento dei dati, nei giorni che hanno seguito l’evento è stato prodotto un report con grafici e commenti condiviso anche nel gruppo di lavoro on-line e che ora è a disposizione del Parco Archeologico. Anche dalle riflessioni che sono scaturite dall’interpre-tazione di questi dati sarà valutato quali nuove azioni intraprendere negli eventi futuri.

Fig. 3Il grafico riporta come i visitatori hanno espresso il loro gradimento sui punti indagati nel questionario dove la valutazione massima esprimibile era 6.

5 Camillo Balossini ha un’esperienza pluriennale nell’ambito della fotografia degli eventi di living history e rievocazione storica, collabora con le principali testate di settore ed importanti editori nazionali. Per informazioni sulla sua attività si rimanda al sito internet http://www.milloreenact.com

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8 Gabriele Minuta di BlackCircle Studio.9 Si è pensato di garantire comunque la presenza delle archeologhe,

dislocate in postazioni fisse o in movimento, in funzione degli spostamenti del pubblico, sempre ben riconoscibili, a cui poter fare ricorso per richieste di informazioni o approfondimenti che esulassero dalle competenze acquisite dai rievocatori.

deciso di allestire un’area con spazi dedicati ad archeo-logi sperimentatori ed artigiani, nonché una zona orga-nizzata appositamente per i bambini e ragazzi dedicata a laboratori didattici e manuali.Per il confort dei visitatori si è optato per la predisposi-zione di zone d’ombra, di posti a sedere in prossimità di alcuni punti di particolare interesse, ed anche di un punto di ristoro con in vendita bevande e prodotti ali-mentari biologici.Altre importanti novità sono costituite da una più ampia gamma di ricostruzioni di scene di vita quotidiana pro-poste sia con la living history che con l’archeologia rico-struttiva ed un nuovo spettacolo, basato su una nuova storia7, con la partecipazione di un maggior numero di rievocatori e con il ricorso ad una colonna sonora inte-grata da brani composti8 per l’occasione.Per offrire delle ricostruzioni di scene di vita quotidiana più realistiche e consentire ai rievocatori di interfacciarsi direttamente con il pubblico senza l’intermediazione dell’archeologo9, abbiamo organizzato due giornate di formazione destinate principalmente ai rievocatori coin-volti nel gruppo di lavoro, ma che abbiamo aperto an-che a soggetti esterni interessati a questi temi.

catori neolitici al Parco Archeologico di Travo ambien-tato nelle capanne e nella golena del fiume Trebbia, re-alizzando centinaia di fotografie di qualità professionale che ora sono a disposizione del parco e dei rievocatori per la promozione delle loro attività.Parte di queste fotografie sono state scelte da “Civiltà”, periodico a tiratura nazionale che esce ogni mese in edicola con oltre 6.000 di copie6, che in aprile del 2012 pubblica uno speciale sulla vita nel Neolitico di ben 12 pagine con richiamo sulla copertina. Affiancano queste bellissime foto i testi scritti in stretta collaborazione con lo staff di Archeotravo, che danno ampia visibilità al Parco Archeologico di Travo. Sviluppi

Sulle ali dell’entusiasmo e convinti dal successo della prima edizione si è deciso di replicare l’esperienza della rievocazione storica neolitica anche nel 2012, appor-tando modifiche scaturite dall’osservazione diretta e dall’analisi dei dati ottenuti con il questionario.Si è deciso di eliminare la figura dell’archeologo-guida durante la fase di living history in modo da consentire al pubblico di avere libero accesso alle varie scene di vita quotidiana e di interfacciarsi direttamente con i rievoca-tori, muovendosi autonomamente nel parco.Per aumentare l’offerta di contenuti e consentire un al-lungamento della permanenza all’interno del parco si è

6 La fonte di questa informazione sulla tiratura è dell’ufficio pubblicità della rivista “Civiltà”.

7 Storia ispirata ai riti legati al mondo agricolo della Polinesia tratti dal libro “Noi, Tikopia” di Raymond Firth grande antropologo del’900 che ha condotto numerose ricerche sul campo nelle isole della Nuova Guinea.

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11 La tessitura con il telaio verticale, la lavorazione dell’argilla con la tecnica del colombino, l’accensione del fuoco con la selce ed il fungo, la scheggiatura della selce.

12 Articolo apparso a pagina 18 nella cronaca piacentina del quotidiano “Libertà” del 27/06/2011.

10 I materiali informativi relativi al seminario sono scaricabili ai seguenti indirizzi: http://www.moroeventi.com/download/fuochipreistorici/attestato2011.zip http://www.moroeventi.com/download/fuochipreistorici/presentazione2011.zip http://www.moroeventi.com/download/fuochipreistorici/questionario2011.zip

Condividiamo volentieri l’esperienza maturata, fondata sulle solide basi del dato archeologico, completata con il contributo dell’interpretazione, organizzata e struttu-rata in un modello che applica metodologie derivate dai diversi ambiti professionali dei soggetti coinvolti, l’archeologia, lo spettacolo, il marketing, la finanza e il web, convinti che con gli opportuni adattamenti questo modello possa essere replicato con soddisfazione da chi voglia cimentarsi in nuove sfide.

Nel Maggio 2012 si è quindi proceduto nell’organizzare il seminario formativo “il Gesto Giusto” ospitato nella sede del Museo Archeologico di Bondeno grazie alla cortesia del direttore, il Dott. Daniele Biancardi e del suo staff10.Durante le due giornate i temi affrontati11 sono stati trat-tati prima per via teorica, con il supporto di dispense e di presentazioni power point, poi con una sessione pratica, in cui i rievocatori guidati da archeologi spe-rimentatori hanno preso contatto con nozioni di base sulle tecniche preistoriche, infine una parte dedicata all’interpretazione del gesto, ha portato i rievocatori ad applicare i concetti appresi in funzione delle esigenze di una efficace comunicazione con il pubblico. Ad ogni partecipante è stato rilasciato un attestato (fig. 4). Considerazioni

Per concludere citiamo il titolo di un articolo comparso sulla stampa quotidiana locale12 “L’archeologia diventa spettacolo” in questo pezzo il giornalista, pur non trala-sciando qualche imprecisione, ha colto perfettamente lo spirito dell’iniziativa documentando questo “cambio di marcia”.Desideriamo ringraziare l’IBC che, organizzando que-sto ciclo di incontri, ha creato i presupposti affinché il mondo della Rievocazione e dell’Archeologia si potes-sero incontrare, e che ci ha invitati a presentare la no-stra case history.

Fig. 4Fac-simile dell’attestato.

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Per innovare senza improvvisare è necessario pianifi-care, sperimentare nuovi linguaggi, progettualizzare l’osservazione di quanto si compie, individuare eccel-lenze su cui puntare o criticità da correggere, e mettere nuovamente tutto alla prova “del fare”, innescando così un circolo virtuoso che porti ad innovare per crescere (fig. 5).

Gian Battista Fiorani, Claudia Minuta, Andrea Moretti

Il Parco Archeologico di Travo

Inaugurato nel 2006 il Parco Archeologico “Villaggio Neolitico di Travo” in provincia di Piacenza è ormai una consolidata realtà museale sia in campo scientifico che didattico-divulgativo, che si inserisce a pieno titolo nella rete europea dei musei all’aperto. Il progetto di realizza-zione del parco è nato una trentina d’anni fa al momento della scoperta di quello che si sarebbe rivelato uno dei villaggi neolitici più importanti nel panorama archeolo-

gico dell’Italia settentrionale: il villaggio di S. Andrea. Le indagini, iniziate negli anni ‘80 e ancora in corso ad opera della Soprintendenza Archeologica e dell’Univer-sità di Lione, hanno riportato alla luce una serie di strut-ture che attestano l’esistenza di un vero e proprio villag-gio di agricoltori esteso per almeno un ettaro, unico per conservazione, complessità strutturale ed estensione che risale agli ultimi secoli del V millennio BC. L’area è stata acquistata dal Ministero per i Beni e le Attività Cul-turali ed è aperta al pubblico grazie all’impegno della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Ro-magna, della Regione Emilia-Romagna, del Comune di Travo, della Fondazione di Piacenza e Vigevano e della Cooperativa Sociale Archeotravo. Le strutture abitative musealizzate all’aperto sono costituite da 2 capanne a pianta rettangolare di dimensioni piuttosto estese (15x7 metri) conservate solo al livello delle fondazioni, un muro in pietre e alcuni forni in ciottoli arroventati per la cottura dei cibi. Per mantenere a vista queste strutture sono state realizzate coperture in legno che ripropon-gono i volumi originali delle antiche abitazioni neolitiche.

Fig. 5Il modello operativo.

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È al momento il primo esempio in Europa di conserva-zione a vista di strutture così antiche, una grande sfida anche per le problematiche di restauro connesse. Per aumentare la visibilità e fruibilità del sito archeologico vi sono state affiancate le ricostruzioni di tre delle grandi case ritrovate a S. Andrea. I dati emersi dallo scavo per-mettono di ipotizzare che le case avessero un tetto a doppio spiovente, pareti in legni intrecciati e intonacate con un impasto di argilla cruda e paglia. L’allestimento interno alla casa di spazi domestici, con materiali in le-gno, pelle, pietra e argilla consente di immedesimarsi maggiormente nella vita neolitica. Sono ben delimitati gli spazi adibiti alle attività produttive come la filatura e tes-situra del lino e della canapa, la macinatura dei cereali come farro, frumento e l’orzo e la preparazione ad uso culinario di alcuni legumi di cui si conosce l’utilizzo nel sito grazie alle analisi carpologiche e polliniche. I conte-nitori di ceramica per cibi e bevande esposti all’interno delle capanne sono anch’essi il frutto di una ricerca ef-fettuata a partire dai ritrovamenti archeologici: ricerca sugli impasti, sulle argille e sulle modalità di cottura dei vasi in forni a fossa. Le fogge realizzate a colombino quindi senza l’utilizzo del tornio ripropongono le tipolo-gie più diffuse nell’abitato di Travo e caratteristiche della tradizione francese “chasseana”: scodelle, orci, tazze e olle decorate con prese forate probabilmente utili per appendere i vasi all’interno della casa. Il progetto di rea-lizzazione del parco si inserisce in uno più ampio legato alla valorizzazione del patrimonio archeologico della Valle del Trebbia, particolarmente ricca di rinvenimenti

che permettono di ricostruire la storia della zona a par-tire dal Paleolitico.I materiali rinvenuti da ricognizioni di superficie e scavi archeologici trovano spazio nelle sale del Museo Civico ospitato all’interno del Castello Anguissola nella piazza principale del Paese. Parco e Museo nel 2010 hanno ottenuto il riconoscimento di “Museo di Qualità”13 dalla Regione Emilia-Romagna. Il Parco inoltre è socio di EXARC14, organizzazione europea che riunisce Parchi Archeologici e Musei all’aperto con l’obiettivo di svilup-pare una sempre maggiore qualità della ricerca scienti-fica e della divulgazione. Il dibattito in Europa ed in Italia sulla valenza dei Parchi Archeologici, sulle possibilità di gestione e fruizione delle strutture, è in effetti molto intenso. Dibattito di importanza imprescindibile per ga-rantire che queste strutture non appiattiscano la loro offerta, ma che continuino a fare ricerca e a rinnovarsi, elementi questi indispensabili per garantire qualità e per non rischiare di trasformarsi in “parchi di divertimento a tema”. Portare i visitatori a conoscere ed interpretare i resti del passato attraverso la ricostruzione di antiche abitazioni, strutture e oggetti, immedesimarsi nella sto-ria passata, comprendere le problematiche, le scelte insediative, culturali ed economiche di popoli antichi, le loro tecnologie ed in realtà molto altro ancora: questa è la finalità che si propongo gli archaeological open air museum, tra cui si inserisce anche quello di Travo. Il progetto di gestione del Museo e del Parco sono infatti incentrati su un’ampia proposta didattica per le scuole e per il pubblico curato e promosso dalla Cooperativa

13 Informazioni sul processo di riconoscimento sono pubblicate sul sito dell’Istituto Beni Culturali dell’Emilia-Romagna: http://ibc.regione.emilia-romagna.it/servizi-online/musei/musei-di-qualita

14 Per visitare il sito EXARC clicca su http://exarc.net/

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di freccia, come si foggiano i vasi in ceramica di impa-sto senza l’uso del tornio e come si cuociono in forni a catasta, come si producono i tessuti su un telaio ver-ticale con ordito teso da pesi, come si fa funzionare un focolare a ciottoli arroventati e come poteva avve-nire la cottura degli alimenti etc. Il Villaggio di Travo ha accolto fino in fondo la sfida e la proposta che viene dall’esperienza dei parchi archeologici europei, legata alle modalità divulgative del “partecipare direttamente” a momenti di vita del passato attraverso il ricorso alla living history, come modalità estremamente efficace per comprendere la vita degli antichi. Il parco di Travo in-fatti è stato il primo e per ora unico parco in Italia ad aver realizzato una rievocazione ambientata in epoca preistorica. La peculiarità di Travo è stata di aver per la prima volta portato in scena la giornata tipo di una co-munità neolitica di 6000 anni fa unendo ricerca archeo-logica, indispensabile per ricreare costumi, scenografie e azioni, e spettacolo.

Maria Maffi

Approfondimenti

- Archeotravo: www.archeotravo.it - moroeventi.com: www.moroeventi.com - Teuta Lingones - Tribù del Cinghiale Bianco: www.lingones.com - Toutai Argantia: www.argantia.it - Teuta Nertobacos: www.teuta-nertobacos.org- Camillo Balossini Fotografo: www.milloreenact.com - Museo Archeologico di Stellata: www.comune.bondeno.fe.it/museo-archeologico- Blackcirclestudio: soundcloud.com/blackcirclestudio

Archeotravo e finalizzato a comunicare e promuovere a più livelli la conoscenza archeologica legata al sito. Una delle peculiarità del Parco come di tutti gli archaeologi-cal open air museum è quella di affiancare la sperimen-tazione archeologica alla didattica, cercando in questo modo di tradurre contenuti ad alto valore scientifico per un pubblico adulto di non specialisti e per i bambini. Il percorso di visita al Parco è corredato da pannelli di-dattici che spiegano al visitatore la storia del sito, il suo inquadramento storico e culturale, la storia della valle Trebbia e propongono alcuni approfondimenti tematici. Il settore dedicato alle attività didattiche e divulgative ospita uno “scavo simulato”, nel quale si cimentano i bambini per capire come lavora l’archeologo per indi-viduare e interpretare i resti di un villaggio preistorico. Periodicamente vengono inoltre organizzate giornate a tema in cui archeologi ricreano alcune delle attività documentate dagli scavi: come si scheggia la selce e quali materiali si usavano per realizzare coltelli e punte

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Fig. 7Un momento durante le prove.

Fig. 6Il pubblico si avvicina al fuoco per l’offerta durante il momento del rituale finale.

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Fig. 8Un momento durante le prove.

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Figg. 9-10Alcuni momenti durante la living history.

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La Fondazione Aquileia è un sog-getto giuridico nato nel 2008 per valorizzare lo straordinario patri-monio archeologico di Aquileia, fondata nel lontano 181 a.C., una delle più grandi città dell’Impero romano, fra i più importanti an-tichi porti dell’Adriatico, punto di partenza delle principali strade commerciali, culturali e militari, sede nominale di un episcopato e di un patriarcato, inserita nel 1998 dall’UNESCO tra i Patrimoni Mon-diali dell’Umanità. Alla Fonda-zione partecipano il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, la Regione Friuli Vene-zia Giulia, il Comune di Aquileia, la Provincia di Udine e dal 2009 l’Arcidiocesi di Gorizia.La costituzione dell’ente nel 2008 è stata preceduta da un accordo tra Stato e Regione Friuli Venezia Giulia che ha delineato la Fondazione come strumento per predi-sporre piani strategici, favorire lo sviluppo del turismo culturale, cofinanziare interventi, gestire indirettamente l’attività di valorizzazione, realizzare interventi di ricerca, conservazione e restauro dei beni concessi in uso. Il patrimonio risulta composto dai diritti d’uso sulle aree

archeologiche e sugli immobili di proprietà del Ministero, nonché dagli apporti in denaro dei soci fondatori.La Fondazione Aquileia si è de-dicata, fin dalla sua costituzione, all’attività di manutenzione, con-servazione, restauro dei beni concessi in uso e ha realizzato interventi di ricerca, scavo e va-lorizzazione.Nel 2010 si è aperta la seconda linea di attività che prevede una serie d’iniziative culturali e didat-tiche finalizzate alla promozione e allo sviluppo del turismo culturale del sito archeologico di Aquileia. Si tratta di attività multidisciplinari, completamente gratuite, rivolte ad adulti e bambini che coinvol-

gono il territorio, valorizzano luoghi finora inaccessibili e sensibilizzano cittadini e visitatori sul valore del sito. Il programma si articola in quattro proposte. Va sotto il titolo di “Aquileia si scopre” una serie di passeggiate con l’archeologo alla scoperta dei cantieri di scavo per conoscere in diretta dagli addetti ai lavori i metodi di ricerca e analisi e i segreti ancora custoditi nella terra. “Aquileia Film Festival”, giunta alla sua quarta edizione,

La Fondazione Aquileia per la diffusione della conoscenzaGianluca Baronchelli Fondazione Aquileia - Ufficio Stampa

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una kermesse estiva di tre giornate realizzata per per-mettere ai visitatori di rivivere lo spirito delle origini della città: un viaggio nel tempo alla scoperta della storia, della tradizione e della leggenda dell’Aquileia antica.Immersi nel centro storico e nelle aree archeologiche ci si può imbattere nella quotidianità di un legionario romano o in quella di un guerriero celta, nei saperi e nei sapori dell’antico mercato, nel giubilo dell’arena gla-diatoria, fino a giungere alla piacevole distrazione delle danze e dei suoni che celebrano riti e libagioni. L’area

è invece una rassegna internazionale di cinematogra-fia archeologica, nella quale si presentano docu-film di produzione internazionale e conversazioni con noti per-sonaggi del mondo della cultura.“Aquileia Lab”, invece, offre ai bambini dai 4 ai 10 anni laboratori ludico-didattici sul mondo degli antichi ro-mani per far loro rivisitare la quotidianità del passato attraverso giochi, ricette, laboratori di pittura e mosaico. Infine, “Tempora in Aquileia”, grande rievocazione sto-rica interamente dedicata alla fondazione di Aquileia, è

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grande spettacolo: s’inizia dall’allestimento degli ac-campamenti storici e dalla cerimonia d’apertura ani-mata dall’accessione di un falò, feste, balli e canti, per poi proseguire con ludi gladiatori, riti propiziatori, ban-chetti romani allietati da danzatrici, scontri e battaglie, e il rito del “Sulcus Primigenius” in cui si definisce il peri-metro della futura città.

verde accanto al Foro ospita l’accampamento romano, l’arena gladiatoria e il campo di battaglia, mentre nell’a-rea del fondo ‘Cal’ viene insediato il villaggio celta, ove il pubblico ha l’opportunità di apprendere usi, costumi e abitudini dei guerrieri Galli.600 reenactors dall’Italia e dall’estero rievocano aspetti e momenti del mondo celta e romano, dando vita a un

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Istituita nel 2007 per volontà dell’Amministrazione co-munale di Oderzo con il sostegno e patrocinio della Regione del Veneto, della Provincia di Treviso, di Fon-dazione Cassamarca Onlus, di Fondazione Oderzo Cultura Onlus, oltre che di un nutrito gruppo di pre-stigiosi partner privati, la manifestazione “Opitergivm Rievo cazione storica”, che si tiene ogni anno nella prima settimana di giugno, costituisce una concreta oc-casione di promozione turistica della città attraverso la valorizzazione degli aspetti storico-archeologici del suo patrimonio culturale oltre che del suo passato glorioso.Il Comune di Oderzo, infatti, deve alla propria millenaria storia di centro urbano la fortuna di rappresentare un ricchissimo serbatoio di testimonianze archeologiche di epoca romana, in parte visibili nel centro cittadino, in altra parte confluite nella collezione permanente ospi-tata presso il Museo Civico Archeologico “Eno Bellis”. Oderzo ha così il privilegio, e la responsabilità, di garan-tire la valorizzazione e la promozione di un capitale cul-turale che – per pregio e interesse scientifico – non ha nulla da invidiare anche alle più importanti città d’arte del Veneto.Dal punto di vista storico, Oderzo si alleò pacificamente a Roma sviluppandosi fino a diventare, nel 49 a.C., mu-nicipium con circa 50.000 abitanti e raggiungendo il suo massimo splendore tra il I e II sec. d.C. Alla nascita del municipium è strettamente legata la mitica figura di

Caio Voltejo Capitone, centurione romano nato ad Opi-tergium e deceduto al largo della costa dalmata proprio nel 49 a.C. durante la guerra civile tra Giulio Cesare e Pompeo, combattendo per le truppe fedeli al primo. Accerchiato dai Pompeiani, al comando di mille Opiter-gini, non cedette al nemico che prometteva la salvezza della vita in cambio della resa e, emulato poi dai suoi uomini, si procurò la morte piuttosto che cedere le armi. L’episodio di eroismo venne ricompensato da Cesare aumentando di trecento centurie il territorio di Opiter-gium, elevando gli abitanti allo status di cittadini romani ed esonerandoli dal servizio militare per vent’anni.“Opitergium Rievocazione storica” rappresenta, oltre che una straordinaria occasione di promozione in chiave turistica della città, anche una opportunità di ap-profondimento scientifico per studiosi e studenti. Grazie infatti, in questo senso, al fondamentale apporto di Fondazione Oderzo Cultura Onlus, che in Oderzo gesti-sce le principali strutture museali del polo culturale opi-tergino, ogni edizione propone la fruizione di specifici laboratori didattici e di conferenze tenute da archeologi professionisti e docenti universitari. Oltre al coinvolgimento di Fondazione Oderzo Cultura Onlus l’iniziativa viene realizzata annualmente con la piena collaborazione dei principali attori della vita cultu-rale, economica e sociale del territorio:– Istituti scolastici, coinvolti nella realizzazione dei la-

“Opitergivm Rievocazione storica” Oderzo rievoca le proprie radiciAngelica Giabardo Comune di Oderzo - Servizio Sociale Scuola Tempo libero

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Conferenze archeologiche

Il piano nobile di Palazzo Foscolo, edificio tardo cinque-centesco affacciato sulla principale via Garibaldi, ospita di norma, nell’arco dell’intensa settimana rievocativa, gli incontri di approfondimento scientifico con archeologi e studiosi che, in modo divulgativo, affrontano di volta in volta specifici aspetti della vita nel II sec. d.C. (ali-mentazione, moneta, giochi, abbigliamento, ecc.), con particolare riguardo alla storia di Opitergium.

“Theatrvm”

Punto di forza della manifestazione, che ne caratterizza anche lo spessore culturale, il “Theatrum” propone le serate dedicate alle rappresentazioni del teatro con la messa in scena di opere dei più famosi autori classici: da Plauto, con Aulularia, a Sofocle con Antigone ed Edipo Re; da Aristofane, con Lisistrata, a Plauto con Casina.Perfettamente ambientate e rappresentate, grazie al lavoro di riduzione delle compagnie teatrali coinvolte, le serate teatrali sono state inserite nel circuito teatrale realizzato della Provincia di Treviso con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (“RetEventi” sezione “Marcastorica”).

“Ivdicivm”

Con il “Theatrum”, le serate dedicate alla rappresen-tazione del “Iudicium” costituiscono una ulteriore de-clinazione dell’approfondimento della letteratura clas-sica attraverso un approccio divulgativo, ma al tempo stesso fedele alle fonti: grazie a un notevole lavoro di rielaborazione, fino ad oggi affidato alla compagnia “La

boratori didattici, delle visite guidate alle aree arche-ologiche della città e nella progettazione degli eventi della sezione “Theatrvm”, a completamento e sup-porto delle rappresentazioni realizzate dalla Com-pagnia teatrale (composta da attori professionisti) di caratura nazionale;

– Associazioni culturali e ricreative del territorio, coin-volte nel coordinamento dei figuranti, nel supporto operativo generale della manifestazione e, in par-ticolare, nella gestione dei punti di ristoro, con cibi e bevande a tema, dislocati in città (“Cavpona” e “Thermopolivm”)

– Associazioni di categoria, esercenti e negozianti, coinvolti nell’allestimento scenografico della manife-stazione attraverso l’allestimento a tema dei propri locali e vetrine attraverso il percorso della “Ambvlatio ad Opitergii tabernas spectandas”;

– Cittadini, coinvolti in qualità di figuranti nelle parate storiche che generalmente aprono e chiudono la settimana rievocativa e, in veste di comparse, nelle serate dedicate alle rappresentazioni teatrali classi-che, a supporto degli attori professionisti cui è affi-data la realizzazione del “Theatrum”;

– Aziende e Imprenditori del territorio, coinvolti in qua-lità di partner, sostenitori e patrocinatori della mani-festazione.

Diverse le sezioni della manifestazione che, articolata nell’arco di una settimana, hanno alternato – nel sus-seguirsi delle edizioni – momenti di approfondimento scientifico ad allestimenti d’epoca in senso stretto, con momenti destinati al più ampio target di pubblico.

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“Castra”

Un accampamento di legionari, con armamenti e attrez-zature, sapientemente ricostruito in uno spazio aperto al centro di Oderzo e visitabile in ogni momento della giornata, anche da parte delle scolaresche. Qui, un nu-trito gruppo di figuranti (circa 80 persone) ripercorrono la vita quotidiana e le gesta degli antichi guerrieri ro-mani, i loro combattimenti contro le popolazioni barba-riche (vi è pure un accampamento di Celti), simulando assalti e operazioni belliche oltre che scene di vita mili-tare (saluto all’aquila, rito mitrahico, rito commemorativo di un ufficiale caduto in battaglia, ecc.).

“Convivivm”

Attentamente ambientato grazie alla installazione di scenografie originali create a partire da dipinti, affre-schi e mosaici d’epoca, il momento conviviale propone al pubblico (solo su prenotazione) le cene a tema con menù basati sulla riedizione delle famose ricette del cuoco Apicius, personaggio storico cui è attribuita la compilazione del De re coquinaria e generalmente associato al nome dell’imperatore Traiano, riviste con una particolare attenzione alla coerenza storica e geo-grafica delle materie prime utilizzate nella preparazione delle pietanze.

“Macellvm”

Collocato nella scenografica Piazza Grande, sotto la suggestiva sagoma del “Torresin”, si apre il mercato d’epoca con la presenza di decine di espositori che, in costume antico, offrono tipici prodotti artigianali del II

Bottega del Pane” di Roma, sono proposti al pubblico, nella caratteristica Piazza del Foro Romano, originali frammenti di famose orazioni quali “Pro Caelio” e “De Catilinae coniuratione”.

Rappresentazione di miti classici

Con la collaborazione delle rinomate scuole di danza di Oderzo, danzatori, danzatrici e comparse propongono la rivisitazione degli antichi miti e rituali (dal rito delle ve-stali ai riti dionisiaci; da “Amore e Psiche” alla “Morte di Didone”) su scenografie accuratamente ricostruite da artigiani specializzati in allestimenti artistici.

Riproposizione del canto monodico cristiano

Nato nei primissimi secoli dopo la venuta di Cristo (come testimoniato da Origene e Tertulliano), il canto monodico cristiano – comunemente noto come “Canto gregoriano” – viene riproposto all’interno del Duomo di Oderzo dalla Schola Gregoriana “Aurea Luce”, forma-zione composta da oltre 20 voci maschili e femminili.Le forme più arcaiche dell’antico canto ufficiale della Chiesa, che trae origine dalla cantillazione ebraica, ri-salgono proprio al periodo storico tra II e III sec. d.C. e costituiscono una rilettura, melodica ma assolutamente fedele, dei testi del Vecchio e Nuovo Testamento in fun-zione evocativa e contemplativa.L’iniziativa testimonia l’avvento e la diffusione del Cristia-nesimo in Opitergium fin dalle origini, molto probabil-mente portato dalle testimonianze di legionari opitergini tornati dalla Palestina e che avevano assistito ai fatti narrati poi dai Vangeli.

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Parata storica

Apre e chiude la settimana di eventi rievocativi la sfilata dei figuranti e delle comparse lungo le vie cittadine con il coinvolgimento di tutta la Cittadinanza.Centinaia di Opitergini in costume d’epoca affiancano il Sindaco della Città di Oderzo, gli Amministratori e gli organizzatori in una parata storica che rappresenta, at-traverso le tipologie più o meno elaborate di indumenti, copricapi e ornamenti, le diverse classi e i differenti ruoli nella società del II sec. d.C.: dai senatori ai cava-lieri; dalle nobildonne patrizie alle vestali; dai legionari ai gladiatori; dai plebei agli schiavi. La realizzazione della parata viene preparata con largo anticipo (attraverso pubblici avvisi alla cittadinanza) poiché tutti i costumi sono disegnati e confezionati su misura per ogni sin-golo partecipante. Stante la complessità della macchina organizzativa, dal 2011 la manifestazione ha acquisito cadenza biennale, alternando alla versione integrale una forma ridotta della settimana rievocativa che focalizza, di volta in volta, uno dei molteplici aspetti affrontati: “Theatrum”, “Iudicium”, “Macellum”, ecc.

Presenze e promozione

Sin dal suo esordio “Opitergium Rievocazione storica” ha riscosso un notevole successo di pubblico con un numero di presenze stimate, nell’arco dell’intera setti-mana, in circa 10.000 persone. Particolare attenzione è sempre stata riservata all’a-spetto promozionale e pubblicitario della manifesta-zione per la quale è stata pianificata una campagna di comunicazione articolata nelle tre Province di Treviso, Pordenone e Venezia oltre che, attraverso i canali in-

sec. d.C.: dai gioielli alle armi, dal vasellame al miele, dai tessuti alle spezie.Particolarmente affascinante, nell’occasione, il “servo-rum mercatus” proposto dagli attori della locale com-pagnia teatrale.

“Cavpona e Thermopolivm”

Con l’apporto delle Associazioni culturali e ricreative del territorio, due punti-ristoro per il pubblico (rispetti-vamente, Caupona e Thermopolium) funzionano tutte le sere della settimana con la somministrazione di cibi e bevande ispirati alla cucina popolare e alle osterie del II sec. d.C.Dal personale di servizio (rigorosamente vestito e ac-conciato con abiti in tema con il periodo storico), all’am-bientazione scenografica (tavoli, insegne, luci, arredi), al menù, tutto riporta l’avventore all’atmosfera dell’antica Opitergium.

Spettacoli gladiatorii

Accanto alle gesta dei soldati professionisti (legionari), sono proposti al pubblico i duelli tra gladiatori con l’esi-bizione delle diverse armi utilizzate e delle fondamentali tecniche di allenamento e combattimento dei protago-nisti degli antichi “giochi”.In occasione degli spettacolari combattimenti, ospitati in Piazza Grande, sono illustrate al pubblico – sempre numeroso – le principali tipologie di gladiatori (retiarii, mirmilloni, rudiarii, ecc.).

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La redazione del programma degli eventi e la program-mazione delle attività operative di “Opitergium Rievo-cazione storica” sono di anno in anno seguite da un Comitato organizzatore composto da amministratori comunali, studiosi del periodo storico e professionisti del settore.Lo sforzo dell’Amministrazione comunale è notevole, stante la complessità della manifestazione e l’ampio ventaglio di iniziative proposte: proprio per questo si rende indispensabile l’apporto dei partner pubblici e privati, il cui sostegno permette di offrire al pubblico un programma, nutrito e di altissima qualità, ad ingresso completamente gratuito (circostanza, quest’ultima, non usuale nelle manifestazioni culturali del medesimo li-vello).

formativi di RetEventi e Marcastorica, negli uffici IAT del territorio provinciale e, tramite questi, anche all’estero.Grande attenzione è stata riservata alla settimana rie-vocativa anche da parte della stampa e della televisione nazionale, tanto che ogni anno Oderzo ha ospitato una troupe di una rete a diffusione nazionale: RAI 2, sia nel 2007 che nel 2008, ha dedicato ad Oderzo e alla ma-nifestazione due importanti appuntamenti televisivi in altrettanti programmi di vasta notorietà (“Sì viaggiare” e “Eat Parade”) mentre Canale 5, nel 2009, ha riservato all’iniziativa uno spazio informativo all’interno del TG5 delle venti.

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Nella baia di San Simone a Isola (Slovenia), oggi ben nota come zona balneare, ci sono i resti di una villa ma-rittima romana associata a un grande porto. La mag-gioranza dei visitatori di questa spiaggia non è nem-meno a conoscenza del fatto che sta nuotando intorno ad uno scalo antico. Subito fuori dall’area balneare c’è un bellissimo prato verde, protetto da una recinzione. Lì sono stati messi in luce i resti della parte abitativa della villa, con numerosi mosaici. Nel Cinquecento i resti della villa furono menzionati per la prima volta da Pietro Coppo, tuttavia i primi scavi ar-cheologici sono stati effettuati nel 1922. Gli scavi sono proseguiti a più riprese durante tutto il Novecento. Me-todi di indagine non distruttivi (misurazioni geoelettri-che) sono stati impiegati nel sito già nell’anno 1970 e sono anch’esse state reiterate in più occasioni. Nume-rose sono anche state le ricerche subacquee eseguite nel porto romano. Più recenti indagini sono state effet-tuate nel 2008-2011. In base al materiale rinvenuto negli scavi, il primo impianto della villa è datato attorno al 25 - 10 a.C. e alcune parti dell’area residenziale sembrano essere state abbandonate già nel 50 - 70 d.C. Il sito è stato riconosciuto nell’anno 1999 come mo-numento di interesse nazionale. Tuttavia, nonostante l’importanza dei resti, l’area non era accessibile ai vi-sitatori, anche se la posizione del sito direttamente sul lungomare, nel cuore del complesso turistico di Isola,

offre evidentemente un potenziale notevole per la crea-zione di un moderno parco archeologico. L’Istituto per il Patrimonio del Mediterraneo del Centro di Ricerche Scientifiche dell’Università del Litorale si è dunque im-pegnato già da alcuni anni per la progressiva istituzione del parco, al fine di presentare finalmente la villa al pub-blico. Con il primo progetto Interreg Slovenia-Croazia che coinvolgeva il sito, HEART of Istria: Heritage and art. Development of cross-border tourist itineraries in urban and rural areas (2005-2007), è stata eliminata la vegetazione ed è dunque stato riscoperto il sito. Nell’ambito di questo progetto è stata realizzata anche la copia di un mosaico e sono stati predisposti pannelli informativi (fig. 1).Nella fase seguente l’Università del Litorale ha preso in gestione il parco e il sito archeologico ha accolto i primi visitatori nell’estate del 2009. Nel 2010 è stato firmato un accordo tripartito preparatorio per la costituzione del parco archeologico di San Simone tra il Comune di Isola, l’Istituto per la Protezione dei Beni Culturali e il Centro di Ricerche Scientifiche dell’Università del Lito-rale. Il parco archeologico presenterebbe, sulla base di questo accordo, un bene di notevole interesse pubblico per il comune e i suoi abitanti, arricchendone l’impor-tanza economica e culturale e soprattutto turistico-culturale. I firmatari dell’accordo si sono impegnati ad adempiere a diversi obblighi. Il comune, che è il pro-

La villa marittima di San Simone/Simonov zaliv (Slovenia)Ivana Pintarič, Tina Kompare Univerza na Primorskem, Znanstveno-raziskovalno središče Università del Litorale - Centro di ricerche scientifiche

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gramma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, che ha permesso lo sviluppo di una serie di attività svolte nell’ambito della gestione del parco archeologico.Le attività didattiche del parco hanno infatti preso av-vio nel 2010. I primi laboratori erano dedicati ai bam-bini. L’interesse era molto intenso e a volte i genitori che portavano i bambini volevano partecipare ai laboratori. Così è nata l’idea di proporre i laboratori didattici anche agli adulti. Nell’ambito del parco archeologico di San Simone ven-gono organizzate le seguenti attività: eventi, laboratori archeologici didattici per bambini, laboratori didattici per adulti, campi formativi per alunni delle scuole me-

die superiori, collabo-razioni con gli studenti dell’Università del Li-torale, mostre, guide per gruppi organizzati, partecipazioni a eventi, lezioni e relazioni.

pretario dell’area, si è impegnato a sostenere il costo della regolare manutenzione delle aree verdi, la manu-tenzione di edifici e recinzioni, nonché la raccolta dei ri-fiuti. L’Istituto per la Protezione dei Beni Culturali - Unità territoriale di Pirano fornisce nel corso ordinario del pro-prio servizio, supervisione professionale delle attività di ricerca, valorizzazione e gestione del monumento, e supporto per l’ottenimento di fondi eccezionali. Il Centro di Ricerche Scientifiche conduce invece secondo le ri-sorse a disposizione attività di ricerca, conservazione e gestione, in collaborazione con il Comune di Isola. Dal 2010 il sito fa anche parte delle aree bersaglio del progetto strategico “PArSJAd - Parco Archeolo-gico dell’Alto Adriatico”, finanziato nell’ambito del pro-

Fig. 1I pannelli informativi nel parco.

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Eventi

Nel parco si svolgono tre eventi tradizionali. Il primo viene organizzato nell’ambito della giornata interna-zionale dei musei ovvero ogni 18 maggio. Il nome di quest’evento “Porta aperta” è simbolico e introduce l’a-pertura ufficiale della stagione. Segue la “Notte estiva dei musei” che si svolge in tutta la Slovenia il terzo sa-bato del mese di giugno. In occasione della giornata internazionale del turismo, il 27 settembre, viene orga-nizzato l’ultimo evento “Porta patens”, che ha anche la funzione di chiudere la stagione (figg. 2-3).

Fig. 2La scena dell’evento.

Fig. 3Presentazione del cibo romano.

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media e durano da una a quattro ore. La realizzazione è possibile nell’ambito del parco o alla scuola interessata. In collaborazione con gli insegnanti si fa un piano di la-voro che corrisponde al curriculum scolastico dell’anno. I laboratori per singoli bambini, che vengono realizzati nel parco archeologico, sono rivolti a bambini di un’età compresa tra i sei e quattordici anni e durano 45 mi-nuti. Si svolgono nei fine settimana e durante le vacanze estive. Le date degli appuntamenti vengono pubblicate da manifesti e vari media. La prenotazione non è ne-cessaria (fig. 5).

Laboratori didattici per bambini

Nel parco si svolgono diversi laboratori per bambini: “Facciamo un mosaico” (con DAS o pietra), “Facciamo la collana”, “Anfora”, “Facciamo un medaglione”, “Mo-dello di villa/acquedotto”, “Corona d’alloro”, “Giochiamo come i Romani”. I conduttori dei laboratori portano abiti romani. I bambini possono anche indossare una tunica e corona d’alloro per la foto ricordo. Il bambino può te-nere l’opera d’arte che ha creato (fig. 4).I laboratori sono divisi in due gruppi: per i gruppi organiz-zati scolastici e per bambini singolarmente. I gruppi sco-lastici sono di solito formati da 20 a 32 alunni. I laboratori sono adeguati per tutte le classi della scuola primaria e

Fig. 4I piccoli “Romani”.

Fig. 5Laboratorio del mosaico per gli alunni della scuola media.

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sviluppato vari laboratori con diversi livelli di difficoltà. Gli adulti possono scegliere tra i seguenti laboratori: “Mosaico” (3 livelli), “Lavorazione della pietra” (2 livelli), “Gioielli antichi” (3 livelli), “Affresco antico”, “Creazione d’abiti romani” (fig. 6).

Laboratori didattici per adulti

I laboratori didattici per adulti si svolgono nel parco ar-cheologico o, nella bassa stagione, nella biblioteca ci-vica di Isola. Il numero dei partecipanti è limitato a 10-15 persone e la prenotazione è obbligatoria. Abbiamo

Fig. 6Laboratorio didattico per adulti sul mosaico.

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Mostre

Alla fine dell’anno si organizza una mostra, che presenta il lavoro svolto nei laboratori. La mostra è a disposizione per la popolazione locale e i turisti per due settimane. Presenta un’occasione d’incontro per tutti i partecipanti e i conduttori dei laboratori e la comunità locale (fig. 7).

Campi formativi per alunni delle scuole medie superiori

Per gli alunni delle scuole medie superiori si prepara un programma di un paio di giorni. Tramite varie lezioni e lavoro pratico si presenta la professione dell’archeo-logo, operatore nel turismo culturale e nel campo del patrimonio culturale in generale. I campi formativi ven-gono eseguiti nel parco.

Collaborazioni con gli studenti dell’Università del Litorale

Durante lo studio gli stu-denti hanno la possibilità di confrontarsi con il sito di San Simone, la storia delle ricerche e scavi archeo-logici, la presentazione dei resti e la questione legislativa della tutela del sito. Preparano seminari su vari argomenti e ven-gono coinvolti nei lavori eseguiti nel parco (attività di documentazione, guide nel parco, assistenza nell’ambito dei laboratori ed eventi).

Fig. 7L’apertura della mostra.

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Guide per gruppi organizzati

I gruppi organizzati possono prenotare la visita con la guida in lingua slovena, italiana, inglese o tedesca. La visita di circa un’ora è realizzata da personale qualifi-cato. Abbiamo già accolto numerosi gruppi di profili di-versi (fig. 8).

Fig. 8Visita dei bambini nel parco.

Partecipazioni a eventi

Le nostre attività non sono concentrate solo nel parco archeologico di San Simone, ma si cerca anche di pro-muovere il sito al di fuori. Ogni anno ci ospita il Museo d’Umago in occasione del loro evento “Sepomaia Viva”, dove realizziamo alcuni laboratori didattici per bambini. A volte siamo presenti anche in occasione di eventi or-ganizzati a livello locale dal comune di Capodistria e Isola (fig. 9).

Lezioni e relazioni

La popolazione locale mostra un grande interesse per il passato dei suoi luoghi. Per questo organizziamo an-che numerose lezioni. Le presentazioni si tengono nella biblioteca civica d’Isola o nel Museo Regionale di Ca-podistria. Nel 2011 è stato anche girato un cortometraggio che tramite la presentazione del sito parla della storia e della cultura romana. La regia del film era a cura di un note-vole regista sloveno, Jadran Sterle. Il film è stato realiz-zato in sloveno e in italiano (fig. 10).

Nel futuro…

I piani futuri per le attività del Parco archeologico di San Simone sono molti, ampliando la scelta dei laboratori e stabilendo nuove collaborazioni. Con il nostro pro-gramma cerchiamo di attirare l’interesse di un ampio pubblico e di promuovere così il sito a livello nazionale.

Le autrici desiderano ringraziare la collega Dr.ssa Ka-tharina Zanier per la revisione del testo in lingua italiana.

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Fig. 9Il nostro stand a “Sepomaia Viva”.

Fig. 10Sul set del film.

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Il Gruppo Archeologico “M. S. Othone” di Brescello, si è costituito per volontà di alcuni appassionati di storia locale nell’aprile del 1987 come libera associazione aperta all’adesione di tutti i cittadini, con la finalità di tutelare e salvaguardare il patrimonio archeologico nel territorio comunale, sviluppare e diffondere la cultura storico-archeologica attraverso dibattiti, conferenze, convegni, mostre, pubblicazioni e iniziative similari, svolgere attività di divulgazione della conoscenza ine-rente la storia, le tradizioni e l’archeologia del Brescel-lese, anche in collaborazione con le scuole di ogni or-dine e grado, contribuire sia sul piano culturale che su quello operativo alla gestione del Museo Archeologico, organizzare eventi di rievocazione storica e di archeo-logia sperimentale legati alla fedele ricostruzione di stili di vita e di costume locale, promuovere conferenze a tema storico/archeologico e visite al museo. Sin dalla sua fondazione l’associazione, che oggi conta una settantina di iscritti, ha perseguito come scopo principale la realizzazione di un museo archeologico che potesse accogliere i numerosi reperti scoperti nel sottosuolo brescellese. Con la guida dell’archeologo Ivan Chiesi e il supporto dei volontari del gruppo, a par-tire dal 1990 sono stati infatti effettuati alcuni interes-santi scavi stratigrafici in diverse zone della città come il cortile del convento S. Benedetto, l’area privata situata in via Ottone, il cortile delle scuole comunali.

Per incentivare la conoscenza del patrimonio del rin-novato museo, che aveva da poco aperto i battenti, e canalizzare l’interesse della popolazione verso la storia del proprio paese, nel 2006 il gruppo ha impostato e proposto un’iniziativa di rievocazione storica ambientata in epoca imperiale, corredata da un convivio archeo-gastronomico basato su una accurata rivisitazione di ricette di Apicio su rielaborazione della studiosa Salza Prina Ricotti. L’epoca prescelta per l’evento rievocativo offriva ai cit-tadini l’opportunità di rivivere la diretta partecipazione di Brescello nel conflitto, ricordato da Tacito, scoppiato nel 69 d.C. tra Vitellio e Ottone e conclusosi con la bat-taglia di Bedriacum e il successivo suicidio di Ottone nel castrum brescellese.Durante i tre giorni della rievocazione, divenuta nel frattempo un appuntamento biennale a causa della complessità dell’iniziativa, viene sviluppato un per-corso didattico che coinvolge sia la cittadinanza che le scuole primarie e secondarie. Nei laboratori proposti si alternano dimostrazioni pratiche a brevi introduzioni teoriche sui vari tipi di pani, sementi e macinatura, con-ferenze sul campo con il gruppo Fisici Polesani per l’utilizzo della groma, mostre sull’abbigliamento ma-schile  e femminile in auge nel I secolo, innalzamento di un accampamento militare con visite guidate desti-nate a scolaresche e appassionati. Sinora sono state

“Brixellum Romanorum”. Attività del Gruppo Archeologico Brescellese “Marco Salvio Othone”Marino Agosti, Laura Zilocchi Gruppo Archeologico Brescellese “M. S. Otone”

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Annualmente il gruppo partecipa inoltre ad altre rievo-cazioni, in particolare a quella che si tiene in occasione del “Natale di Roma”.

realizzate quattro edizioni della manifestazione, che ha come tema d’elezione il periodo romano/celta e prende il nome di “Brixellum Romanorum”. L’iniziativa si avvale del supporto del Centro Anziani Auser (felicissimi di collaborare!), Pro Loco, Anspi, Avis,  Protezione Civile, Croce Azzurra ed è sponsorizzata in massima parte dalla Fondazione “Pae se di Don Camillo”, il cui compito è occuparsi di turismo e cultura.

Fig. 1

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Fig. 2

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L’Associazione ha come obiettivo la ricostruzione pre-cisa e fedele della vita quotidiana di una legione romana del primo secolo dopo Cristo, identificandosi con la tre-dicesima legione “Gemina”, costituita da Giulio Cesare. Ciò che il gruppo storico propone sono eventi cultu-rali, rievocazioni storiche, uso dell’equipaggiamento del legionario, studio della disciplina formativa romana classica, tecniche e movimenti di schiera, uso del latino classico, attività inerenti la vita quotidiana dell’accam-pamento, cucina del periodo. Oltre a partecipare a manifestazioni del periodo ro-mano, l’associazione, basandosi sulle fonti documentali e iconografiche, nonché sui reperti archeologici, tiene corsi serali di addestramento sulle tecniche di combat-timento dell’esercito romano, con lo scopo di ricreare fedelmente, anche con l’uso del latino negli ordini di truppa, le eccellenze operative e tattiche dell’epoca. Gli oggetti, le armi, il vestiario e tutto quello che com-pone l’equipaggiamento sono il più possibile fedeli all’o-riginale, e il lavoro di ricerca e miglioramento è continuo.

I soci si occupano di archeologia ricostruttiva, ovvero di vivere ai giorni nostri la quotidianità romana, utilizzando soltanto gli strumenti e gli oggetti di quel periodo, rico-struiti nella maniera più fedele. La “Storia Viva” si dimostra così un’occasione con-creta per testimoniare e affrontare in prima persona gli aspetti e le problematiche apparentemente più semplici e banali, come accendere un fuoco, allacciarsi un abito o indossare un’armatura, oppure cucinare un pasto su un fuoco da campo. L’obiettivo è l’esplorazione e la riscoperta del passato attraverso la sperimentazione personale ed è aperta a tutti coloro che sono interessati e appassionati al pe-riodo romano classico e che desiderano capire e ap-profondire la vita dei nostri antenati. La finalità primaria dell’attività associativa è quella di-dattica: non solo per soddisfare l’interesse e la curiosità di chi già coltiva la passione per la storia romana, ma per offrire l’opportunità a chiunque di conoscerla attra-verso la visione diretta e di viverla in prima persona.

L’associazione culturale “Legio XIII Gemina”Denis Pasini, Marco Baiocchi Gruppo di rievocazione storica e archeologia sperimentale “Legio XIII Gemina”

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Fig. 1Effettuazione del “murum”, classica formazione di difesa dell'esercito romano.

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Figg. 2-3Sogliano sul Rubicone: inquadramento per una marcia di addestramento con equipaggiamenti. Verifica delle difficoltà e delle problematiche collegate al trasporto di materiali pesanti (viveri, acqua, tende) e all’impiego di animali (muli).

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Fig. 4Rimini, iniziative serali estive di rievocazione: la riscoperta e la rivalutazione dell’anfiteatro romano attraverso addestramenti e approfondimenti sull’esercito romano e altri aspetti della vita civile e religiosa.

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L’Associazione “Terra Taurina”, e il gruppo di rievoca-zione storica “Touta Taurini” vantano una presenza nel panorama storico rievocativo, ultra decennale. Agli inizi, come per tutti, non è stato facile: la confusione era molta, mitigata dall’entusiasmo, la conoscenza dei con-testi storici e dei relativi equipaggiamenti incompleta, per cui venne presa la decisione di partire subito col piede giusto ricercando la collaborazione con le istitu-zioni preposte e in particolare con la locale Soprinten-denza Archeologica. La scelta si è dimostrata oppor-tuna poiché ha consentito di sviluppare un serio lavoro di approfondimento sul contesto storico, una scelta mi-rata del periodo da rievocare e molta attività sul campo, finalizzata alla ricostruzione di attrezzature, armamenti, utensili, vestiario.Massima attenzione è stata dedicata alla divulgazione, con oltre cinquanta conferenze tematiche, sviluppate e coordinate dal Filippo M. Gambari, durante il suo ser-vizio presso la Soprintendenza Archeologica del Pie-monte. L’attività didattica si è orientata verso la realiz-zazione in favore delle istituzioni scolastiche (elementari e medie), di sessioni di living history in aula, a cura di archeologi militanti nell’Associazione.

Nel 2008 infine, grazie a un buon lavoro di équipe, su-pervisionato sempre da F. M. Gambari, è stato pub-blicato il volume “Taurini sul confine”, un saggio che analizza le affinità fra le popolazioni dei Taurisci e dei Taurini, fornendo un preciso riscontro storico e arche-ologico e suggerendo idee e spunti per ulteriori ricer-che future. La pubblicazione ha ospitato i contributi di studiosi di fama europea quali M. Szabó dall’Ungheria, M. Guštin dalla Slovenia, Daniele Vitali dell’Università di Ravenna e Bologna, lo stesso F. M. Gambari e Stefania Padovan collaboratrice della Soprintendenza del Pie-monte, stimata archeologa in Terra Taurina e profonda conoscitrice del sito protostorico dei Taurini del Bric S. Vito, sulla collina torinese. Il testo è stato adottato dal corso di preistoria dalla Facoltà di Lettere dell’Università di Torino.L’Associazione nutre il massimo interesse verso con-fronto schietto con altre realtà associative, nella logica di fornire un utile contributo alla causa della rievoca-zione storica italica dell’Evo antico. I tempi sono ormai maturi, gli addetti/appassionati assommano a diverse migliaia, ma è ancora da ricercare una visione comune di intenti che permetta a tutti, di divenire una voce at-tendibile, ancorché autorevole, nel contesto nazionale ed europeo.In quest’ultimo, in particolar modo, negli ultimi cin-quant’anni anni, sono stati fatti enormi progressi nel

L’Associazione Culturale “Terra Taurina” e il gruppo di rievocazione storica “Touta Taurini”*Riccardo Graziano Associazione Culturale Terra Taurina

* Questo testo rispecchia l’intervento presentato in occasione del primo incontro di “Antiqva Italia” (S. Lazzaro di Savena, 2010).

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La creazione di un soggetto univoco, idoneo a dialo-gare con le Istituzioni, di competenza rigorosa e pre-parazione ineccepibile, potrebbe consentire a tutti di mettersi al passo con le altre nazioni europee.Molte sono nel Paese le eccellenze da spendere e gli assi da giocare. Se organizzato, il panorama italiano può fornire chances ineguagliabili ed inesauribili: l’au-spicio è che la mole di lavoro sin qui sviluppata da tutti, non vada perduta o sprecata e che si possa giungere alla piena condivisione di esperienze, energie e poten-zialità.

campo della divulgazione e della rievocazione storica: paesi come Francia, Germania, Austria vantano una legislazione che avvalora e tutela la rievocazione, per-mette aiuti economici e agevolazioni alle Associazioni Culturali Storiche, senza inoltre dimenticare del feno-meno degli Archeopark (praticamente sconosciuto in Italia), realtà che rappresentano un validissimo stru-mento di divulgazione, didattica, promozione del terri-torio e, perché no, occasione di lavoro per giovani e non.

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ISBN 9788897281207