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dove abi t ano le p arole ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI CULTURALI E NATURALI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA a cura di Alberto Calciolari e Isabella Fabbri

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abit ano le parole

ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI CULTURALI E NATURALI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA

a cura diAlberto Calciolari e Isabella Fabbri

Marino Moretti, volume postillato per l’edizione de I due fanciulli

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L’EMILIA-ROMAGNA DEGLI SCRITTORI

Da parecchi anni l’Istituto Beni Culturali dedica una particolare atten-zione al tema delle case e dei luoghi degli scrittori - poeti, romanzieri, saggisti, letterati - nati o vissuti sul territorio regionale. Un’attenzione affettuosa - l’aveva definita il prof. Ezio Raimondi - che muove da una doppia esigenza: dare valore alle testimonianze e ai materiali che di questi personaggi ancora permangono e complessivamente alla loro eredità intellettuale; rileggere autori noti o riscoprire autori meno no-ti, recuperando la dimensione del loro rapporto a volte straordinaria-mente intenso e fine con i luoghi di origine, di vita o di elezione. Rap-porto che spesso è reciproco perché autore e contesto si illuminano a vicenda e si caricano per noi di un senso più profondo e autentico. Si è composta così nel tempo una sorta di geografia letteraria fatta di case, luoghi, temi che si sovrappone con i suoi punti nevralgici, i per-corsi peculiari e gli intrecci possibili a mappe più consuete. Le case prima di tutto. Pensiamo in particolare alle numerose case mu-seo diffuse sul territorio che conservano e espongono al pubblico sup-pellettili, arredi, oggetti, libri del personaggio che le ha abitate. So-pravvissute a se stesse, le case museo degli scrittori mettono quotidia-namente in scena l’eco nostalgica di un’assenza, risarcita dal lavoro sa-piente di curatori e responsabili che si dedicano a mantenere viva una storia che si vuole continuare a raccontare. Pensiamo - per fare alcuni esempi - alle due case abitate da Ludovico Ariosto, quella delle vacanze giovanili nei pressi di Reggio Emilia, nella bella villa suburbana del Mauriziano, con annesso parco ancora oggi meta di passeggiate domenicali, e quella della maturità e del meritato riposo familiare a Ferrara, ristrutturata, diremmo oggi, su precise indi-cazioni del proprietario; alla casa di Carducci a Bologna, ricca di cimeli, libri, onorificenze, ma anche spazio domestico intensamente vissuto, con il suo decoro borghese e il cappello del proprietario appeso all’at-taccapanni; alla casa di Giovanni Pascoli a San Mauro, modesta, calda e protettiva, rifugio dalle cattiverie del mondo che premono alla porta.

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Ci sono poi altre case spesso private che recano vivida la memoria recente di un personaggio: è quanto avviene per la Casa dei Man-dorli di Tonino Guerra a Pennabilli, anche se la personalità prorom-pente e creativa dello scrittore romagnolo ha informato di sé tutto il paese, occupando muri, strade, orti e oratori. Per altre case anco-ra, il tempo ha sbiadito i segni della memoria e a volte non resta che un’iscrizione su una facciata.Ma una mappa letteraria che cerca di essere esauriente deve pren-dere in considerazione anche i luoghi. Luoghi fisici che spesso però diventano immediatamente anche luoghi letterari, in quan-to assunti all’interno di un’opera come ambientazione e contesto e quasi come personaggio: il mondo piccolo della Bassa padana tra Parma e Reggio di Giovannino Guareschi e dei suoi eroi; la Fer-rara onnipresente nei romanzi di Giorgio Bassani con le sue strade, case, scorci, personaggi tipici; la Luzzara di Cesare Zavattini, mera-vigliosamente immortalata negli scatti fotografici di Paul Strand e di Berengo Gardin; i borghi solitari e silenziosi dell’Appennino parmense e reggiano, illuminati dalle parole di Attilio Bertolucci, Silvio D’Arzo, Luigi Malerba, Raffaele Crovi; la pianura tra Ferrara e Reggio, che digrada verso il Po alternando fiumi, campi e conurba-zioni, e che è stata patria e teatro delle inquietudini di tante voci, come Tondelli, Cavicchioli, Delfini, Pederiali e che ora, anche grazie al recupero delle radici culturali, sta vivendo una difficile stagione di ricostruzione post-terremoto; la Bologna universitaria, notturna e goliardica di Dino Campana o quella diurna, giovanile ed entusia-sta di Pier Paolo Pasolini. Oppure luoghi per scrivere, estemporanee o durevoli “stanze tut-te per sé”, come il tempietto di Selvapiana per Francesco Petrarca, alle prese con i versi dell’Africa o lo studio nella torre del castello di Travo per Giana Anguissola, alle prese con le sue storie di ragazze sensibili e lontane dagli stereotipi.Senza dimenticare infine le biblioteche e gli archivi che di un au-tore conservano quella parte di eredità tangibile costituita da libri,

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carteggi, immagini, documenti e che, sulla base di questi materiali spesso frutto di donazioni, ma anche di acquisizioni consapevoli, si dedicano a un’attività costante di messa a punto, di divulgazione e di valorizzazione.Per promuovere questo patrimonio vario e diffuso, ma coerente e omogeneo nei suoi tratti distintivi, l’Istituto Beni Culturali, oltre a sostenere i progetti presentati da musei, biblioteche e archivi sulla base della legislazione di settore (L.R.18/2000), organizza annual-mente una rassegna, giunta ormai alla sua terza edizione. La for-mula è quella di un fine settimana dedicato agli scrittori emilia-no-romagnoli, con eventi che si svolgono nei luoghi deputati, con un programma che propone letture, visite guidate, passeggiate, conferenze, animazioni teatrali, concerti, laboratori: una sorta di festival letterario diffuso a cui collaborano amministrazioni locali, istituzioni culturali e associazioni di cittadini.In concomitanza con l’edizione 2017, IBC ha realizzato questa pub-blicazione in cui sono raccolte informazioni e immagini su tutti gli autori proposti nella rassegna. Le schede degli autori si susseguo-no secondo un criterio geografico, da ovest a est, e sono suddivise in due sezioni, rispettivamente dedicate alle case museo e ai luoghi (che comprendono anche le dimore private). In appendice sono presenti informazioni sugli enti che hanno par-tecipato alla rassegna, ma anche sulle istituzioni culturali che si oc-cupano di diffondere l’eredità intellettuale di un autore o che ne conservano fondi e materiali significativi.

Alberto CalciolariIsabella Fabbri

La casa sa ch’io sono uno scrittore,sa come scrivo, conosce il mio stile:

come lettrice è fin troppo gentilee, direi quasi, tenera di cuore.

Marino Moretti

Le case museo

DA REGGIO EMILIA A FERRARALUDOVICO ARIOSTOReggio Emilia 1474-Ferrara 1533

Arco del Mauriziano

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Ludovico Ariosto nacque a Reg-gio Emilia nel 1474. Al suo no-me è legato il complesso del Mauriziano che si incontra lun-go la via Emilia in località San Maurizio, poco lontano dalla città. Un arco trionfale cinque-centesco in cotto si apre su un viale alberato e introduce a un parco e alla villa, residenza esti-va dei Malaguzzi, famiglia di ori-gine della madre del poeta. Qui Ariosto soggiornò bambino e in vari momenti della sua vita, ser-bando sempre del Mauriziano un ricordo affettuoso.L’edificio, nonostante rifaci-menti posteriori, conserva strutture del XV secolo e tre ambienti o “camerini” con af-freschi cinquecenteschi raffigu ranti scene di caccia, paesag-gi e scene amorose in sintonia con il gusto dell’epoca. Dopo una lunga chiusura per restau-ri, il Mauriziano è oggi aperto.Da Reggio Emilia Ariosto si tra-sferì a Ferrara, stabilendosi con la famiglia d’origine nella gran-de casa in contrada Santa Ma-ria di Bocche, meglio nota come La villa del Mauriziano

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magna domus. Entrato al servi-zio del cardinale Ippolito, nel 1516 pubblicò la prima edizione dell’Orlando Furioso. Beneficiario già dal 1518 di un mensile di sette scudi assegna-togli dal Duca Alfonso, nel 1526, dopo gli anni trascorsi lontano da Ferrara come governatore della Garfagnana, acquistò da Bartolomeo Cavalieri la casa di Contrada del Mirasole, e poco più tardi, anche l’area cortiliva attigua alla proprietà. Su indicazione dello stesso Ario-sto, l’edificio subì le necessarie trasformazioni atte a configurar-lo come luogo del ritiro famiglia-re, appartato e discreto. Sulla facciata il poeta mantenne l’iscrizione preesistente: Parva, sed apta mihi, sed nulli obnoxia, sed non/sordida, parta meo, sed tamen aere domus (La casa è pic-cola ma adatta a me, pulita, non gravata da canoni e acquistata solo con il mio denaro). Con il figlio Virginio vi si trasferì nel 1529, mentre la moglie Ales-sandra Benucci rimase nella casa di Contrada del Vado per non perdere i diritti testamentari del pre-cedente marito. La terza e definitiva edizione del Furioso, ultimata in questi ambienti, uscì nel 1532. L’anno seguente Ariosto si spen-se all’età di 58 anni. L’edificio ospita oggi mostre ed eventi culturali, ma anche un picco-lo museo che conserva oggetti, busti e ritratti del poeta.

Casa Ariosto

Edizioni conservate nel museo

MODENALUDOVICO ANTONIO MURATORIVignola 1672-Modena 1750

Ludovico Antonio Muratori visse dal 1716 fino alla morte a Modena, in una casa accanto alla chiesa di Santa Ma-ria Pomposa di cui fu parroco e fauto-re della ricostruzione e all’interno del-la quale fu eretta nel 1931 la sua tom-ba monumentale, opera di Lodovico Pogliaghi. La Aedes Muratoriana, mo-numento nazionale dal 1925 che com-prende la chiesa e gli edifici annessi, è oggi la sede della Confraternita di San Sebastiano, della Deputazione di Sto-ria patria per le antiche Provincie mo-denesi e del Museo Muratoriano. La casa-museo, che comprende anche un giardino, si trova al primo piano e conserva arredi originari e oggetti che rimandano agli incarichi e agli studi di Muratori, la serie completa delle sue opere, suoi ritratti, medaglie coniate in suo onore, dipinti e incisioni riferiti ai luoghi muratoriani. Si tratta di un patri-monio che si è arricchito nel tempo gra-zie ad acquisizioni e donazioni.

Muratori studiò a Modena dai gesuiti, si laureò in utroque jure e nel 1695 divenne sacerdote. Per cinque anni fu dottore alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, frequentandone l’ambiente culturale, per poi tornare nella città emiliana con l’incarico di bibliotecario, ar-chivista e consultore in jure dei duchi d’Este. Studioso e scrittore infaticabile è autore degli Annali della storia d’Italia e curatore dei Rerum Italicarum Scriptores, la cui realizzazione gli valse l’appella-

Ludovico Antonio Muratori

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tivo di “padre della storiografia italiana”. Il suo metodo di lavoro basato sulle fonti documentarie fa di lui il fondatore della moder-na metodologia di ricerca stori-ca. Ma le sue qualità di studioso, scrittore e innovatore riguarda-no un orizzonte ben più vasto, al quale appartengono l’epigrafia, la religione, il diritto, la letteratu-ra, la poesia e la politica, che gli valse contatti e riconoscimenti in tutta Europa, testimoniati an-che dal suo ampio epistolario.  

Interni

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BOLOGNAGIOSUE CARDUCCIValdicastello di Pietrasanta 1835-Bologna 1907

A Bologna, la casa dove Carducci abitò dal 1890 rappresenta oggi uno dei punti più qualificanti del sistema museale cittadino. Ac-quistata dai proprietari Levi nel 1906 da Margherita di Savoia per garantire la conservazione del patrimonio librario e documentario

del poeta, la casa fu donata dalla stessa regina al Comune di Bo-logna poco dopo la morte di Carducci. Trasformato in museo nel 1921, l’edificio conserva l’impianto originario e, all’interno, l’atmo-sfera dell’epoca, con le stanze del poeta e della moglie Elvira, il sa-lottino, la sala da pranzo e lo studio, la ricca biblioteca e l’archivio. Vi si conservano gli arredi ottocenteschi, i ritratti del padrone di casa e di illustri personaggi come Francesco Crispi, Quintino Sella, Mura-tori, Leopardi, le foto di familiari e amici, medaglie e pergamene, at-testati, cimeli e altri oggetti. Il giardino è dominato dal suggestivo

Casa Carducci

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monumento di Leonardo Bistolfi terminato nel 1927. La casa mu-seo ospita inoltre la “Commissione per i Testi di Lingua”, della quale Carducci fu Presidente, e al pianterreno il Museo Civico del Risorgi-mento. A Bologna altri luoghi ricordano il poeta: l’Aula Carducciana in Palazzo Poggi dove insegnò, la Biblioteca dell’Archiginnasio e la saletta interna della Libreria Coop ex Zanichelli sotto il Pavaglione, dove trascorreva molte ore. Non mancano le memorie legate ai soggiorni romagnoli. A Villa Silvia a Lizzano presso Cesena, dove Carducci fu spesso ospite della famiglia Pasolini Zanelli, si conserva intatto l’arredo della camera da letto da lui occupata. Poeta, storico della letteratura, filologo, editore, critico militante, Giosue Carducci trascorse la giovinezza in Toscana dove si laureò in filosofia e filologia presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e dove pubblicò nel 1857 il primo libro di poesie, le Rime. Nel 1860 fu chiamato a ricoprire la cattedra di eloquenza presso l’Università di Bologna, dove insegnò per quarantaquattro anni. Nel 1890 di-venne senatore. La sua produzione poetica e letteraria gli valse nel 1906 il conferimento del Premio Nobel.

Interno

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ALFONSINE VINCENZO MONTIAlfonsine 1754-Milano 1828

La casa natale del poeta Vincenzo Monti è un edificio completa-mente ristrutturato nel rispetto delle caratteristiche architettoni-che settecentesche. In questa casa, sita nel podere dell’Ortazzo, il poeta nacque nel 1754. Il padre Fedele Monti, agrimensore dei marchesi Calcagnini, aveva personalmente costruito l’abitazione dove nacquero i suoi undici figli, tra cui appunto Vincenzo. Al pia-no superiore è ospitato il Museo Montiano, articolato in tre sale, dove sono esposte numerose prime edizioni, alcune delle quali di notevole rarità, alcuni autografi e altri oggetti e cimeli che aiutano a ricostruire la vita del poeta, principe del Neoclassicismo. Al piano terra, inoltre, la casa museo ospita il Centro di Educazione Ambien-tale e il Centro Visite della Riserva Naturale di Alfonsine. Il museo fa parte del Sistema Museale della Provincia di Ravenna ed è stato aperto al pubblico nel maggio del 1998 dopo un ultimo rigoroso restauro conservativo.

Casa Monti

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Interno

Un’edizione dell’Aristodemo

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CASOLA VALSENIOALFREDO ORIANIFaenza 1852-Casola Valsenio 1909

“Il Cardello” è il nome della dimora, nei pressi di Casola Valsenio, dove Alfredo Oriani, uno degli interpreti più originali e poliedrici della cultura italiana fra Otto e Novecento (romanziere, scrittore teatrale, saggista, giornalista), trascorse quasi intera la vita e scris-se tutte le sue opere. Si tratta di un edificio d’indubbio interesse, dichiarato monumento nazionale nel 1924, la cui austera sugge-stione è accentuata dalla stupenda cornice del parco circostante. Se l’esterno del “Cardello” ne rispecchia solo in piccola parte l’a-spetto originario, essendo stato sottoposto a un radicale rifaci-mento nel 1926, l’interno è un raro esempio di abitazione signo-rile romagnola di fine Ottocento, magnificamente preservato e caratterizzato da una notevole coerenza fra struttura architetto-nica e arredamento. Spicca, fra tutti gli ambienti, lo studiolo dove Oriani era solito rac-cogliersi per scrivere. Nell’ampio sottotetto è inoltre conservata la bicicletta con cui lo scrittore, considerato l’inventore del cicloturi-smo, compì nel 1897 il celebre viaggio solitario fra Romagna e To-scana che gli ispirò La bicicletta, forse il più bel libro mai dedicato

“Il Cardello”

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in Italia al ciclismo. Adiacente all’abitazione sorge il mausoleo, realizzato tra il 1923 e il 1924 dall’architetto Giulio Ulis-se Arata, che raccoglie le spoglie della famiglia Oriani.Il “Cardello”, di proprietà della Fondazione Casa di Oriani di Ravenna (nata nel 2003 quale evoluzione giuridica dell’omo-nimo Ente istituito con legge dello Stato nel 1927), è, oltre a istituzione museale, anche sede di molteplici attività culturali, fra cui il tradizionale “Incontro al Cardello” che si tiene ogni anno il terzo sabato di settembre.

Alfredo Oriani

La bicicletta di Oriani

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FORLÌ

AURELIO SAFFIForlì 1819-1890

Giorgina Craufurd Saffi

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L’edificio, originariamente con-vento dei Gesuiti, venne acqui-stato dal Conte Tommaso Saf-fi, nonno di Aurelio, e utilizzato dalla famiglia come residenza estiva. Aurelio Saffi vi si stabilì nel 1867 reduce dalle dimissio-ni dal Parlamento italiano, con la moglie Giorgina Craufurd (Firenze 1827-Forlì 1911). Gior-gina, discendente da una illu-stre famiglia scozzese di tradi-zioni liberali, aveva conosciuto Saffi negli anni dell’esilio a Lon-dra dopo la fine della Repub-blica Romana a cui Saffi aveva partecipato come ministro e triumviro. Amica di Mazzini e convinta mazziniana, Giorgi-na fu sempre accanto al mari-to come collaboratrice e pun-

to di riferimento per la famiglia. Dopo la morte di Aurelio, continuò a vivere a San Varano dedicandosi alla raccolta di tutti i suoi scritti. Il ricordo di entrambi e quello delle vicende storiche di cui furono protagonisti o partecipi sono presenti negli arredi, in particolare nello studio, nei materiali cartacei e decorativi ivi conservati, sen-za dimenticare che, ancor prima, la villa fu sede di riunioni carbo-nare e, in quanto tale, indicata in linguaggio cifrato come Vendita dell’Amaranto. All’interno della villa va ricordata la testimonianza lasciata dall’artista Amerigo Bartoli Natinguerra (Terni 1890-Roma 1971), che nel 1937 dipinse a trompe-l’oeil la cosiddetta stanza del

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ping-pong. Attigui all’abitazione padronale sono l’abitazione del custode, un’ampia casa colonica e una costruzione probabilmente utilizzata, in origine, come scuderia. Circonda la villa un suggestivo parco, dominato da un secolare cedro del Libano; nella parte retro-stante un boschetto di querce ombreggia una grotta che fungeva da neviera. Dal 1988 villa Saffi è di proprietà del Comune di Forlì.

Villa Saffi

Interno

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CESENARENATO SERRA Cesena 1884-Monte Podgora 1915

La casa natale di Renato Serra è museo e sede operativa della Fon-dazione dal 2008, quando il Comune di Cesena ha deciso di dedi-care un luogo della memoria al suo illustre cittadino. Cresciuto in Romagna, quando era ancora viva l’eco del Risorgi-mento e dell’Unità d’Italia, e laureatosi nella Bologna classicistica di Carducci, Serra decise di tornare nella città natale, dove si era alimentata la libertà del suo spirito, e fu nominato giovanissimo direttore della Biblioteca Malatestiana, dove oggi è custodito l’ar-chivio delle sue carte. Pur restando in provincia, Serra divenne ben presto uno degli intellettuali di punta dell’Italia di Croce e di Giolit-ti e una delle voci più limpide della critica letteraria del Novecen-to. Nell’aprile 1915 fu richiamato alle armi e partì per il fronte. Nel-lo stesso mese la rivista “La Voce” diretta da Giuseppe De Robertis

Casa Serra

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pubblicò la sua opera più im-portante, L’esame di coscienza di un letterato. Il suo stile e la sua capacità di analisi ne han-no fatto un modello assoluto di modernità. Pochi mesi dopo Serra morì combattendo sul fronte del Podgora presso Gorizia.Il percorso espositivo del museo si snoda attraver-so sette ambienti che cu-stodiscono cimeli, docu-menti, immagini e testimo-nianze di vita dello scritto-re, in un allestimento che ri-crea l’atmosfera domestica di una casa borghese di pro-vincia. Tra i cimeli e i ricordi si segnalano la divisa militare ricon-segnata alla madre dopo la morte dello scrittore, foto d’archivio, edizioni originali di libri, ma anche decori, mobilio e rifiniture ar-chitettoniche del periodo. Molte sono infine le opere d’arte che decorano le pareti, scelte a formare l’immagine ideale del mon-do di Serra e trasferite dai depositi della Pinacoteca comunale.

La divisa militare di Serra

Interno

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CESENATICO

MARINO MORETTICesenatico 1885-1979

Per volontà dello stesso Marino Moretti, scrittore tra i più rappresentativi del no-stro ‘900, la casa natale che si affaccia sul porto canale di Cesenatico è divenuta, dagli anni Ottanta, una casa museo, ove si conser-vano la biblioteca e l’archi-vio dello scrittore nel luogo originario, al fine di garan-tirne lo studio, la ricerca e quindi la valorizzazione.L’edificio è divenuto così sede di un importante cen-tro di studi sui temi della letteratura contempora-nea, non solo italiana. Fin dalla sua istituzione, Casa Moretti, ospitando i mate-riali originali dello scrittore, promuove infatti attività

culturali e di ricerca, oltre che di conservazione, tutela e valoriz-zazione del proprio patrimonio, con continue acquisizioni di do-cumenti morettiani o di interesse letterario affine, con l’organizza-zione di convegni, seminari d’aggiornamento, mostre e incontri per la migliore conoscenza della figura e dell’opera del padrone di casa, ma anche del contesto in cui egli visse e operò.Dal 1993 Casa Moretti ha istituito un Premio biennale riservato a opere di critica e filologia nell’ambito della letteratura italiana dell’Otto e Novecento. Nel 1997 si è avviata la pubblicazione della rivista semestrale “Archivi del Nuovo”.

Casa Moretti

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Interno

Tavolo da lavoro di Moretti

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SAN MAURO PASCOLI

GIOVANNI PASCOLISan Mauro Pascoli 1855-Bologna 1912

Il Museo Casa Pascoli, monu-mento nazionale dal 1924 e oggi gestito dal Comune di San Mauro Pascoli, rappresen-ta, insieme alla Torre, il centro della memoria pascoliana, luogo carico di suggestioni e di poesia. La poesia di Giovan-ni Pascoli nasce proprio qui, nel ricordo di un periodo fe-

lice, quello dell’infanzia e della giovinezza, che ritorna continua-mente nella sua opera.Il museo, nonostante i danni subiti durante la seconda guerra, con-serva intatte alcune strutture: la cucina, dal soffitto a travi in legno, con l’ampio focolare e l’antico acquaio in pietra, la camera dei geni-tori dove lo stesso Giovanni nacque il 31 dicembre 1855, con la culla

Casa Pascoli

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originale e il mobilio dello studio universitario di Bologna.All’interno del percorso museale, impreziosito da una ricca docu-mentazione fotografica, si possono ammirare alcuni oggetti ap-partenuti alla famiglia Pascoli, autografi originali come la prima ste-sura della celebre Romagna, oltre a rarissime prime edizioni delle opere pascoliane con dedica del poeta. Il Museo conserva inoltre due importanti carteggi acquisiti dal Comune di San Mauro Pascoli: la corrispondenza con il migliore amico sanmaurese, Pietro Guidi e quella con l’agente messinese Giuseppe Sala Contarini.La visita si conclude con il giardino che ospita un percorso botani-co-poetico in cui i versi pascoliani ricordano le piante presenti an-che all’epoca della fanciullezza del poeta. Per valorizzare la figura e l’opera di Giovanni Pascoli, il Museo pro-muove, oltre a visite guidate ai luoghi pascoliani, mostre documen-tarie, pubblicazioni, laboratori didattici, convegni e svolge attivi-tà di ricerca, recupero e conservazione del patrimonio pascoliano.

Giardino di Casa Pascoli

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BELLARIA

ALFREDO PANZINISenigallia 1863-Roma 1939

La costruzione della Casa Rossa, così chiamata per via dell’intona-co esterno, risale al 1906, quando Alfredo Panzini, incoraggiato dai proventi delle prime opere lette-rarie, decise di fabbricarsi un villi-no a Bellaria, dove da anni si reca-va in villeggiatura con la famiglia, ospite di contadini e pescatori.

In estate la Casa Rossa diventava l’epicentro della vita culturale del territorio, grazie alle visite di importanti letterati ed artisti e agli incontri organizzati dalla moglie Clelia Gabrielli, raffinata pit-trice, di cui si possono ancora ammirare nelle stanze della Casa alcuni dipinti. Fino all’autunno del 1938, l’anno che precedette

La Casa Rossa

Interno

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la sua morte, Panzini trascorse alla Casa Rossa i periodi più lieti, ispirati e significativi della sua vita di uomo e di scrittore. La casa diventa per Panzini un luogo di rifugio ma anche un osservatorio privilegiato. Da qui egli segue le trasformazioni del mondo, da qui osserva, irridendoli, i nuovi riti della borghesia. Qui vengono scrit-te molte delle opere importanti, qui lo vengono a trovare gli amici romagnoli, Marino Moretti, Antonio Baldini, Renato Serra, Alfre-do Oriani. E questa casa, dopo anni di abbandono, dopo il rischio della distruzione, è ritornata al pubblico con i suoi colori originari, con i muri e soffitti affrescati (significativo il motto “STRACCI” che si trova nelle quattro pareti del salone d’ingresso), con alcuni mo-bili semplici ma pieni di grazia. Quello che si ripropone al pubblico non è un monumento come gli altri, ma un luogo di meditazione, un luogo del pensiero e della scrittura, una casa che va visitata per capire chi era Alfredo Panzini, quali misteri si nascondono ancora dietro le lenti dei suoi occhiali e al suo volto rubicondo un po’ da curato di campagna, un po’ da fattore astuto.

Alfredo Panzini

Pennabilli Tonino Guerra

08/04/2017

Marradi Dino Campana 11/03/2017

A Casarola le morenon maturano mai,

tu ne cogli qualcunache il sole di settembre

ha scurito di più per ingannarti,la tieni in bocca senza masticarla.

Attilio Bertolucci

I luoghi

Giulio Cattivelli, secondo da sinistra, in un ritratto di classe, primi anni ‘60

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PIACENZAGIULIO CATTIVELLIPiacenza 1919-Parma 1997

Giulio Cattivelli nasce in via Ta-verna 23, nel cuore della vec-chia Piacenza, vicino all’ingres-so del teatro Verdi. Qui lavora la madre che accompagna al pia-no spettacoli di varietà. Il giova-ne Giulio cresce con la passione per la musica e il cinema, pas-sione che lo accompagnerà per tutta la vita. Dopo gli studi al Liceo classico, si laurea in Lettere all’Università statale di Milano e intraprende la carriera di docente e di presi-de in diverse scuole della città e della provincia. Nell’agosto del

1945 è tra coloro che contribuiscono alla rinascita del quotidiano “Libertà”, fondato nel 1883. Al giornale dei fratelli Prati collabora per cinquant’anni con rubri-che (tra cui il Quadernuccio di Cat e Al Cinema con Cat) e articoli, mol-ti dei quali in Terza Pagina, che spaziano dal teatro al cinema, dallo sport alle tradizioni popolari della città. Critico cinematografico di prim’ordine, collaboratore di riviste di settore e giurato delle più im-portanti rassegne nazionali, Cattivelli è anche autore di penetranti e gustosi articoli che riguardano Piacenza, alla quale rimarrà sem-pre profondamente legato. Anche dai libri da lui curati e firmati - da Piacenza una volta a Quan-do Piacenza portava pazienza - emerge un forte legame con una cit-tà che descrive con amore, vivacità e arguzia. L’itinerario urbano e sentimentale di Cattivelli si snoda attraverso molteplici “luoghi” che compongono una mappa inedita della cit-

Piacenza, vicolo San Matteo

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tà: i vecchi cinema del centro, palazzo Fogliani, in via San Giovan-ni, sede di molte associazioni, il Barino di Largo Battisti, base dello storico gruppo di amici, la sede del quotidiano “Libertà” in via Be-nedettine, ma anche le aule e i cortili delle scuole dove insegna ed è preside.

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PIACENZAGRAZIA CHERCHIPiacenza 1937-Milano 1995

Il tavolo di una cucina, in un appartamento della centralissima via Poggiali a Piacenza: è il marzo 1962 e, nel corso di un pranzo tra Piergiorgio Bellocchio e Grazia Cherchi, nasce l’idea dei “Quaderni piacentini”, rivista di dibattito culturale e politico, destinata a diven-tare, negli anni Sessanta e Settanta, un importante punto di riferi-mento per la cultura italiana. Grazia ha venticinque anni e studia Filosofia all’Università di Milano. L’impresa, nata con il proposito di “muovere un po’ l’aria e la politica”, la impegnerà per oltre venti an-ni, dal 1962 al 1984. Dietro ci sono la passione per gli studi e la lette-ratura e un’esperienza di condivisione di idee e progetti all’interno di un circolo di amici e giovani intellettuali di diversa estrazione. Da un ciclostile in 250 copie si arriva a 14mila copie negli anni Settanta, grazie anche all’impegno di una estesa rete di redattori e collabora-tori, tra cui Franco Fortini, Goffredo Fofi, Giovanni Giudici, Alfonso Berardinelli, Mario Isnenghi e Alberto Asor Rosa. Nei primi anni Ot-tanta Cherchi diventa collaboratrice di importanti testate (“L’Uni-tà”, “Il Manifesto”, “Linus”, “Panorama”) e inizia un’intensa attività di editor per diverse case editrici, tra cui Rizzoli, Mondadori, Feltrinelli, edizioni e/o. Una fervida passione e un grande rigore intellettuale contraddistinguono il suo lavoro editoriale, fatto di letture e rilettu-re, discussioni e confronti. Noti giornalisti e scrittori, come Stefano Benni, Alessandro Baricco, Maurizio Maggiani, Massimo Carlotto, Dario Voltolini, Gianni Riotta, Gad Lerner ed Enrico Deaglio, trova-no nella colta editor piacentina una preziosa collaboratrice e spes-so un’amica. Cherchi dà anche alle stampe due libri, Basta poco per sentirsi soli (edizioni e/o 1991) e Fatiche d’amor perdute, pubblica-to con Longanesi nel 1993, due anni prima della morte, avvenuta a Milano nel 1995. Gran parte della sua attività si svolge a Milano, ma forti rimangono sempre i legami, professionali e d’amicizia, con Piacenza. Il liceo classico “Melchiorre Gioia”, presso il quale aveva compiuto gli studi superiori, le ha intitolato la Biblioteca d’Istituto.

Grazia Cherchi

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Giana Anguissola

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TRAVOGIANA ANGUISSOLAPiacenza 1906-Milano 1966

Giana Anguissola esordisce giovanissima collaborando con “La Domenica del Corrie-re”, “La Lettura”, il “Corriere Lom-bardo” e il “Corriere dei piccoli” dove pubblicherà per molti an-ni romanzi e racconti a puntate, spesso accompagnati da viva-ci illustrazioni di sua mano (era stata allieva del pittore piacen-tino Francesco Ghittoni). Trasferitasi a Milano, giornali-sta affermata, è scrittrice per adulti (il suo libro di maggior successo è Il romanzo di molta gente edito da Mondadori nel 1930) e per ragazzi. In questa veste in particolare crea una galleria memorabile di personaggi femminili: Pri-

scilla, Giulietta, Violetta la timida sono adolescenti intraprenden-ti e spiritose, che riflettono la sensibilità e l’attenzione dell’autrice nei confronti dei diritti delle donne in un contesto sociale - quel-lo italiano del dopoguerra - poco incline a confrontarsi con i temi dell’emancipazione e della libertà femminile. Forse per questo, i suoi libri, nonostante l’ambientazione anni ‘50, non hanno perso in freschezza e attualità.I legami della scrittrice con Travo risalgono al 1948: qui Giana e il marito Rinaldo Kufferle, poeta e traduttore di origine russa, affitta-no una casa di vacanze per poi trasferirsi nella torre del Castello che ristrutturano in accordo con i proprietari. Appartenuto alla famiglia

Castello Anguissola

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Malaspina e successivamente agli Anguissola (ma non ci sono le-gami di parentela con la scrittrice), il Castello, affacciato sulle acque limpide del Trebbia, diventa per Giana il posto ideale in cui scrivere. Oggi l’edificio ospita il Museo Civico Archeologico con una esposi-zione di materiali che spaziano dal Paleolitico al periodo Altome-dievale, ma una targa ricorda la scrittrice. A Giana Anguissola è inol-tre intitolato il concorso letterario nazionale di letteratura per ra-gazzi che il Comune di Travo indice ogni anno.

La casa natale

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BERCETOLUIGI MALERBAPagazzano 1927-Roma 2008

Luigi Malerba (pseudonimo di Luigi Bonardi) è stato scrittore, gior-nalista e sceneggiatore per il cinema. Laureato in legge, si è però dedicato ben presto alla letteratura. Ha esordito nel 1963 con La scoperta dell’alfabeto, raccolta di rac-conti brevi ambientati nelle sue terre di origine: l’alto Appennino parmense e in particolare Berceto e il territorio circostante che si affaccia sul corso del Taro. Malerba registra e descrive la fine del mondo contadino, tra ab-bandono delle terre, discesa alle città, disagio degli anziani, con un registro che non è però mai patetico, ma spesso surreale e comico. L’attenzione al mondo contadino è alla base anche di un altro libro dello scrittore, Le parole abbandonate, pubblicato nel 1977: un re-

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pertorio del dialetto emiliano raccolto nella media valle del Taro. Le diverse voci che lo compongono costituiscono spesso veri e pro-pri micro racconti che restituiscono con vivacità usi e modalità di una vita quotidiana ormai scomparsa. Malerba non è stato solo un attento osservatore delle tradizioni e dei dialetti della sua terra: la sua produzione letteraria è molto vasta e spazia da romanzi sperimentali - aveva aderito al Gruppo ’63 - in cui gioca con il linguaggio e con le strutture dei generi letterari - ad esempio il giallo - divertendosi a confondere e turbare le aspettati-ve del lettore, ai libri per i ragazzi, alcuni dei quali scritti in collabo-razione con Tonino Guerra, ai cosiddetti “libri anfibi”, testi di afori-smi, fantasie e paradossi da leggersi in comune tra genitori e figli. Importante è stata anche la sua attività di sceneggiatore per registi come Alberto Lattuada e Mario Monicelli.

Targa sulla casa

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CASAROLAATTILIO BERTOLUCCISan Prospero Parmense 1911-Roma 2000

“Lasciate che m’incammini per la strada in salita/e al primo bat-ticuore mi volga/già da stanchezza e gioia esaltato ed oppresso /a guardare le valli azzurre per la lontananza/azzurre le valli e gli anni/che spazio e tempo distanziano.”

Inizia così la poesia Verso Casarola in cui Bertolucci rievoca un suo soggiorno nella casa di famiglia, nel piccolo borgo dell’alto Ap-pennino parmense. Era il 1943 e Bertolucci si rifugiò a Casarola “ricca d’asini di castagni e di sassi” per sfuggire alla guerra con la moglie e i due figli Bernardo e Giuseppe. Dopo il trasferimento a Roma nel 1951, la casa, ristrutturata e ampliata, diventa la sua casa delle vacanze. Oggi è aperta ai visitatori e dal 2011 è il punto di partenza di un itinerario che attraversa il paese, scandito dai versi del poeta incisi

La casa di Bertolucci

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su targhe sui muri delle case, come avviene a Cerreto Alpi con Silvio D’Arzo. Allievo di Roberto Longhi, Bertolucci è stato giornalista, documen-tarista, organizzatore culturale, consulente editoriale e soprattutto poeta tra i più significativi del nostro Novecento. Della produzione poetica di Bertolucci che copre tutto l’arco della sua vita ricordiamo la raccolta d’esordio Sirio (1929), Capanna In-diana (1951), Viaggio d’inverno (1971) e il romanzo in versi La ca-mera da letto (1984-1988) che ripercorre la storia della famiglia del poeta e delle sue origini appenninico-padane a confronto con le vicende della grande storia. Temi dominanti della poesia di Bertolucci che ha una forte vocazio-ne narrativa sono i legami affettivi con i famigliari e gli amici, i luo-ghi di vita, da Parma alla montagna, la natura.

Targa con citazione

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DA FONTANELLE A BRESCELLOGIOVANNINO GUARESCHIFontanelle di Roccabianca 1908-Cervia 1968

Sono numerosi i luoghi che ricordano Giovannino Guareschi: la ca-sa natale, edificio ora privato; il museo “Il Mondo Piccolo” a Fonta-nelle, istituito dal Comune di Roccabianca nella scuola dove inse-gnava la madre e che lui stesso frequentò, luogo che rievoca le figu-re dello scrittore e di Giovanni Faraboli, fondatore del movimento cooperativo riformista, nonché le vicende storiche e sociali della pianura parmense da fine Ottocento a metà Novecento; la Casa Ar-chivio a lui intitolata a Roncole Verdi, sede della mostra antologica allestita dai figli e del Centro Studi, a poche centinaia di metri dalla cosiddetta “Incompiuta”, casa che lo scrittore aveva arredato anche con mobili di propria invenzione; il Centro del Boscaccio – Museo Giovannino Guareschi a Diolo di Soragna, piccolissima sede situata in un vecchio campanile vicino al podere dei nonni di Guareschi e gestito da Cesare Bertozzi, amico dello scrittore; i musei di Brescello che, individuato come set ideale per i film di Don Camillo e Peppo-ne, si è pienamente identificato con le vicende dei due protagoni-

La casa natale

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sti. Guareschi ebbe nella sua formazione alcune figure di riferimen-to: tra queste, l’amico Cesare Zavattini, che ne riconosceva le “irre-frenabili doti umoristiche”, e il parroco Lamberto Torricelli, modello per don Camillo. Trasferitosi a Milano nel 1936, divenne redattore capo del “Bertoldo” e collaboratore della “Stampa” e del “Corriere della Sera”. Nel 1940 sposò Ennia Pallini, dalla quale ebbe i figli Al-berto e Carlotta. Ai due anni successivi risalgono i primi romanzi. Tra il 1943 e il 1945 fu internato in lager in Germania e Polonia. Tornato a Milano, vi fondò con Giovanni Mosca il “Candido”, che ospitò nel 1948 la sua campagna contro il Fronte popolare cui se-guirono critiche alla nuova classe dirigente e al costume politico e sociale che scontò con condanne e un anno di reclusione. Tra il 1948 e il 1966 si situano i romanzi dedicati a don Camillo e Peppone, protagonisti del “mondo piccolo” della bassa padana e delle trasposizioni cinematografiche interpretate da Gino Cervi e Fernandel. Nel 1952 Guareschi si trasferì a Roncole Verdi dove, di-staccandosi progressivamente dagli altri impegni, gestì un’azien-da agricola e quindi un caffè e un ristorante. Nel luglio 1968 morì a Cervia per infarto.

Edizioni di libri esposte nella Casa Archivio

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SISSA TRECASALIGIUSEPPE TONNAGramignazzo di Sissa 1920-Brescia 1979

Giuseppe Tonna nacque da una famiglia contadina; studiò a Par-ma nel collegio dei Salesiani e poi nelle università di Pisa e di Bolo-gna, dove si laureò in lettere clas-siche e, per tutta la vita, insegnò greco e latino nelle scuole. La sua opera testimonia la pas-sione per le materie umanistiche e per la filologia, ma anche l’inti-mo legame con il mondo conta-dino della sua infanzia; due mon-di apparentemente distanti, ma ben armonizzati nella produzio-ne letteraria di Tonna. Alla vita dei campi e del Po sono ispirati i suoi libri di racconti: Le bestie parlano

fu pubblicato da Guanda nel 1951, cui seguirono, tra gli altri, Al di là della siepe, Uomini bestie prodigi con disegni di Luciano Cottini, Favole padane, I giorni della caccia, L’ultimo paese. Con i suoi racconti Giuseppe Tonna leva un canto alla sua terra pa-dana e alla gente che la abita. Racconta la fine del mondo conta-dino rievocando, attraverso la cifra dello stupore infantile, i valori della cultura nella quale era cresciuto. Importante è anche l’attivi-tà di traduttore di autori dell’antichità: restano fondamentali, tra le altre, le versioni dell’Odissea e dell’Iliade, ma anche le traduzioni di opere postclassiche, come il Baldus di Folengo e la Cronaca di Sa-limbene de Adam. Collaboratore di riviste culturali quali “Aurea Parma”, “Palatina”, “Caf-fè”, Tonna entrò nel circuito letterario di Parma e frequentò Attilio Bertolucci, Mario Colombi Guidotti, Giancarlo Artoni e Giorgio Cu-

Copertinadella raccolta Uomini bestie prodigi

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satelli. A Brescia, dove insegnò al liceo “Arnaldo da Brescia” dal 1959 alla morte, strinse amicizia con l’editore Roberto Montagnoli e con il pittore Luciano Cottini. Attualmente sono dedicate a Tonna la bi-blioteca comunale di Sissa e la biblioteca del Liceo di Brescia.

Lungo il Po

Biblioteca“Giuseppe Tonna”

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CERRETO ALPISILVIO D’ARZO Reggio Emilia 1920-1952

Ezio Comparoni (questo è il vero nome di Silvio D’Arzo) nasce e muore giovanissimo a Reggio Emilia, ma il suo nome è associato anche a Cerreto Alpi, piccolo borgo dell’alto Appennino reggia-no, paese d’origine della ma-dre. A Cerreto è ambientato il racconto più noto di D’Ar-zo, Casa d’altri che Eugenio Montale definì “un raccon-to perfetto”. Storia bizzarra e “da poco”, come scrive il suo autore, del rapporto misterioso che si instaura tra un prete di montagna e una vecchia che vive con una capra “senza età e senza nome”. Dal 2012 le austere case in pietra del borgo re-cano pannelli con brevi cita-

zioni tratte dal racconto. I muri si sono così trasformati in “pagine di pietra” – è questo il nome del progetto - e l’intero paese ha ora il fascino dei luoghi in cui si incontrano e si riflettono realtà e let-teratura. La fama di D’Arzo, nonostante la sua vita breve, è legata a una produzione letteraria e saggistica cospicua e significativa. Al suo attivo tre romanzi tra cui quello d’esordio, All’insegna del Buon Corsiero, pubblicato da Vallecchi nel 1942 e ambientato in un pa-esaggio settecentesco reggiano-parmense, alcuni testi per ragaz-

“Pagine di pietra”

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zi tra cui Penny Wirton e sua madre, raffinati saggi critici su autori inglesi e americani, in particolare Conrad e Stevenson, racconti brevi e poesie. Alla scrittura D’Arzo affiancò, prima e dopo la guer-ra, l’attività di insegnante. La Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia è impegnata dagli anni Ottanta in un’opera di valorizzazione del-lo scrittore reggiano che ha riguardato la pubblicazione di testi inediti e carteggi, l’organizzazione di convegni, l’acquisizione di fondi e materiali documentali.

Cerreto Alpi

Il paese

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COLA DI VETTORAFFAELE CROVI Paderno Dugnano 1934-Milano 2007

Cola è un piccolo borgo nel medio Appennino reggiano, vicinissi-mo a Castelnovo ne’ Monti e alla Pietra di Bismantova citata da Dan-te nel IV canto del Purgatorio, ma anche a Vetto, il comune di valle lungo il letto del torrente Enza. Questi sono i luoghi di Raffaele Crovi, i luoghi della vita e i luoghi dei libri: a Cola, nella parte alta del paese, c’è la casa dove ha abitato fino alla maturità e dove ritornava da Milano a riposare e a scrive-re; nella stalla-fienile che era stato dei suoi nonni c’è la sua biblio-teca “privata” dove i libri profumano ancora di fieno; nel piccolo ci-mitero esposto al sole e che guarda le montagne dell’Appennino

Veduta da Cola di Vetto

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c’è la sua tomba nella cap-pella di famiglia. A Castel-novo ne’ Monti, il centro culturale dell’Appennino, la biblioteca, a cui la mo-glie Luisa ha donato 5000 volumi, porta il suo nome.Raffaele Crovi è conside-rato fra i grandi protago-nisti della cultura italiana del secondo dopoguer-ra: intellettuale lungimi-rante e generoso, autore “progettuale e sperimen-tale”, come scrive Alberto Bertoni, saggista, poeta, (Pianeta terra 1999), nar-ratore, autore di romanzi e racconti molti dei qua-li ambientati nell’Appenni-no reggiano: Le parole del pa-dre (1981), La valle dei cavalie-ri (1993 Supercampiello), Ap-pennino (2003); una “teologia appenninica della terra”, co-me l’ha definita Ezio Raimon-di, che consente di leggere gli ultimi cento anni della storia d’Italia.

Copertine di Appennino e Storie dell’Appennino

La casa di Crovi

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CORREGGIOVERONICA GAMBARAPralboino 1485-Correggio 1550

Veronica Gambara nacque nel bresciano, da un’antica famiglia di feudatari. Fin da giovane fu educata alle lettere: la sua famiglia vantava infatti un’importante tradizione e annoverava diversi umanisti. La giovane Veronica praticò la letteratura anche dopo il matrimonio con il conte Giberto VII da Correggio, cimentandosi nella composizione di rime di ispirazione petrarchesca. Dal 1518, dopo la morte del marito, si occupò degli affari dello stato di Correggio che resse con notevole abilità e determinazione fino alla morte, guadagnando l’apprezzamento dei sudditi con cui instaurò un buon rapporto sin dall’inizio, in una terra che loderà anche in poesia. Importanti restano le sue frequentazioni e i contatti, anche epistolari, con insigni letterati dell’epoca, come Pietro Bembo e Ariosto. Fortemente legato a Veronica e ai

Palazzo deiPrincipi

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cerimoniali dell’ospitalità della corte, Palazzo dei Principi fu la prestigiosa sede di rappresentanza dove la nobildonna riceveva i letterati e i potenti del tempo che si recavano a Correggio per renderle visita. Fatto costruire sul finire del XV secolo, nonostante restauri e rimaneggiamenti nel corso dei secoli, mantiene inalterato un suggestivo impianto rinascimentale. Attualmente ospita gli istituti culturali del comune: la biblioteca “Einaudi”, il museo “Il Correggio”, l’archivio storico comunale e il Centro di Documentazione “Pier Vittorio Tondelli”.

Incisione da Rime e lettere, Brescia, 1759

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CORREGGIOPIER VITTORIO TONDELLICorreggio 1955-Reggio Emilia 1991

“Il paese è un piccolo bor-go della bassa padana, con i portici, l’acciottolato sul cor-so principale, la basilica dedi-cata al patrono, il palazzo ri-nascimentale, le torri, i cam-panili, la rocca, le vecchie ca-se ottocentesche del centro, alcuni palazzi del Settecen-to, la struttura urbana rima-sta intatta e raccolta attorno al circolo delle vecchie scom-parse mura. Lui è nato qui in una vecchia e grande casa che ancora si affaccia sulla piazza principale”. (Camere separa-te, 1989). L’Emilia e Correg-gio sono assoluti protagonisti dell’opera letteraria e giorna-listica di Pier Vittorio Tondel-li, e ne sono testimonianza le pagine di Camere separa-te o quelle di Racconto sul vi-no in cui il legame con la ter-ra, con le sue tradizioni, i suoi riti, a volte i suoi tic è fondan-te. A Correggio lo scrittore vi-ve le tappe fondamentali della sua vita; pur tra i tanti viaggi e le continue frequentazioni degli ambienti culturali italiani ed euro-pei, Tondelli subirà sempre il fascino del borgo natale, ambivalen-te sorgente di una forte volontà di fuga, ma anche immancabil-

Pier Vittorio Tondelli

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mente di ritorno. Così i portici, le piazze, le osterie di Correggio sono come luoghi di un vero e proprio spazio interiore, che, trasfigurati dalla letteratura, si fanno portavoce delle sue istanze esistenziali. A Palazzo dei Principi, sede della Biblioteca comunale “G. Einaudi”, è stato inaugurato nel 1997 il Centro di Documentazione dedicato a Tondelli, con l’obiettivo di organizzare e mettere a disposizione degli studiosi e del pubblico materiali di ricerca e di promuovere iniziative di studio, come le “Giornate tondelliane”, appuntamento annuale dedicato allo scrittore correggese.

Al bar

Personaggio di spicco della cultura italiana del Novecento Cesare Zavattini, dopo un veloce apprendistato come giornalista, critico e recensore, esordì come scrittore nel ‘31 col volume Parliamo tanto di me, primo di una lunga serie di opere letterarie. Nel dopoguerra, collaborando come soggettista e sceneggiatore con vari registi e soprattutto con Vittorio De Sica, partecipò alla realizzazione di al-cuni dei capolavori del Neorealismo. Genio versatile, si occupò an-che di teatro, poesia, radio, televisione e, con successo, di pittura. Zavattini era nato in una casa (ora demolita) in via Enzo Dalai. L’a-more per la sua terra traspare nei volumi fotografici che realizzò su Luzzara: Un paese (1955), con Paul Strand, e Un paese vent’anni dopo (1976), con Gianni Berengo Gardin. Nel 1967 inaugurò, sem-pre a Luzzara, il “Premio Naif” e nel ’68 il Museo Nazionale delle Arti

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LUZZARACESARE ZAVATTINILuzzara 1902-Roma 1989

Cesare Zavattini a Luzzara, 1973

Naïves ospitato nell’ex Convento degli Agostiniani. Zavattini ripo-sa nel cimitero di Luzzara. Un lascito culturale di grande importan-za è il suo immenso archivio composto da alcune centinaia di mi-gliaia di carte, donato dagli eredi alla Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia. Collegata idealmente all’archivio, ma depositata presso la Galleria Parmeggiani di Reggio Emilia, è la sua Collezione dei dipin-ti (1938-1988). Dal 2002 a Luzzara è attiva la “Fondazione Un Paese” che ha sede nel rinnovato Centro Culturale Zavattini, con l’obiettivo di promuo-vere la conoscenza, lo studio e la diffusione dell’opera di Zavattini.

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L’ultima volta di Cesare Zavattini a Luzzara, 8 ottobre 1988

Matteo Maria Boiardo, una delle principali personalità del rinasci-mento letterario italiano, nacque nel castello del nonno paterno, feudatario degli Estensi. Visse la propria esistenza principalmente tra la corte degli Este a Ferrara e la rocca della propria casata, dedi-candosi sia alla cura degli interessi letterari, sia all’arte del governo. L’Orlando innamorato, il capolavoro del Boiardo, è il frutto della sua vasta cultura umanistica acquisita nel corso di un lungo apprendi-stato, maturato sia presso la casa paterna, sia durante le sue assidue frequentazioni delle corti padane.  Attualmente, la Rocca dei Boiardo appare come un vasto e articola-to edificio, dotato di una raffinata e possente torre angolare a pic-co sul fossato perimetrale. Si estende in tutta la sua magnificenza su una superficie di 500 mq, dominando il centro storico del paese. Il primo nucleo della costruzione risale al 1315 e rivela finalità so-

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SCANDIANOMATTEO MARIA BOIARDOScandiano 1441-Reggio Emilia 1494

Rocca deiBoiardo

prattutto difensive. In seguito fu adattato a residenza signorile dai Boiardo e ancora dai Tiene, dai Bentivoglio e dagli Estensi, che vi impressero i segni del lusso. All’interno si trovano ancora nella sa-la del paradiso pitture murali di Nicolò dell’Abate, insigne pittore di scuola bolognese, mentre altre dello stesso autore, tra cui scene dall’Eneide dipinte attorno al 1540, furono strappate e ora sono alla Galleria Estense di Modena. Il castello mostra evidenti i segni della sua storia. Al Medioevo sono da ascrivere la torre posterla e alcu-ne membrature pensili esterne, al Rinascimento l’elegante portico del cortile, allo stile barocco lo scalone scenografico, le bifore archi-travate sul cortile, gli stucchi dell’appartamento estense. Grazie a recenti scavi nell’area esterna, sono state acquisite nuove informa-zioni sulla storia del manufatto e l’area cortiliva è stata risistemata e restituita alla fruizione pubblica. 

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Targa all’ingresso della Rocca

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SELVAPIANAFRANCESCO PETRARCAArezzo 1304-Arquà Petrarca 1374

Nel cuore delle Terre Matildiche, tra i castelli di Canossa e Rosse-na e la Torre di Rossenella, si tro-va il borgo di Selvapiana. Appar-tato e quasi nascosto tra la sel-va che riveste le morbide colli-ne che scendono verso il fiume Enza, si trova il Tempietto del Petrarca che ricorda il soggior-no del grande poeta in questa valle.Francesco Petrarca venne a Sel-vapiana una prima volta nel 1341, l’anno in cui aveva ricevu-to la corona poetica a Roma. Il Petrarca, amante “dei silenzi dei boschi” e “nato alla solitudine ed alla tranquillità” (epistola del-le Familiari), cede alle preghiere dei Correggio, signori di Parma,

e ottiene di dimorare nei castelli di Rossena e del Guardasone, i due manieri matildico-canossiani.Probabilmente Petrarca si trovava al Guardasone, quando passeg-giando da solo lungo il fiume Enza, scoprì Selvapiana. Il poeta, dun-que, “colpito dalla bellezza” di Selvapiana, riprende l’Africa, il suo poema latino che narra della II Guerra Punica tra Romani e Cartagi-nesi e delle gesta di Scipione l’Africano. Tra il 1343 e il 1345 Petrar-ca è di nuovo a Parma: a Selvapiana, il suo “Elicona italiano”, ritorna per ritrovare l’antica ispirazione e completare finalmente la tanto amata Africa.A questa stagione parmense-reggiana si devono far risalire anche i

Statua di Petrarca di Tommaso Bandini

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Rerum memorandarum libri, raccolta (incompiuta) in quattro libri di aneddoti storici illustranti le varie virtù, e alcuni componimenti del Canzoniere. Il Tempietto del Petrarca è stato costruito nella prima metà del XIX secolo, per volontà di alcuni gentiluomini parmensi e con il contributo della duchessa Maria Luigia. Il progetto di Niccolò Bettoli e Paolo Toschi fu abbellito da una statua del Petrarca in mar-mo bianco di Carrara, opera di Tommaso Bandini e dagli affreschi del pittore Francesco Scaramuzza.

Tempietto del Petrarca

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CAVEZZOANTONIO DELFINIModena 1907-1963

“La terra è grassa, la parlata larga. Tutta la pianura d’estate, un ma-re giallo-verde con isole di grandi fattorie occhieggianti di rosso, ondeggia attraverso il filtro del calore che batte; d’inverno è una distesa bianca punteggiata di casolari nerastri e fumanti. […] An-tonio Delfini viene da questa terra” (Giuseppe Marchetti). È in que-sto territorio, la Bassa modenese, che troviamo la villa cavezzese della famiglia Delfini, elegante esempio di villa padronale padana. Costruita nel 1777, fu modificata con l'aggiunta di locali di servi-zio e attualmente è oggetto di restauro a seguito dei danni pro-vocati dal sisma del 2012. Alla casa, al suo giardino curatissimo, al grande parco, era profondamente legato Antonio Delfini, nato da

Villa Delfini prima del 2012

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proprietari terrieri ed esuli carbonari. La villa rappresenta lo spazio dove si definiscono e consolidano alcuni degli aspetti destinati ad influenzare profondamente la crescita dell’uomo e dello scrittore: la prematura morte del padre, le condizioni famigliari benestanti ma anche l’attaccamento alla terra e allo scenario della provincia e di Modena. L’elemento autobiografico, tipico delle “storie” delfiniane (e che è riscontrabile in opere come Il fanalino della Battimonda, Il ricordo della Basca), vede nei riferimenti al paesaggio un elemento sicu-ramente positivo e quasi rassicurante; quel paesaggio che Delfi-ni amava perché “pieno di riecheggiamento di echi famigliari che ogni strada e ogni piazza" che aveva attraversato, gli "rimandava-no, avvolgendosi in un mantello morbido e sottile, combinato di un tessuto fatto di aria, di luce e profumato delle vaghezze autunnali, dei prati, e dell’uva matura…”.

Il parco della villa

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FINALE EMILIAGIUSEPPE PEDERIALIFinale Emilia 1937-Milano 2013

Giuseppe Pederiali amava descrivere se stesso come un uomo che aveva fatto molti mestieri prima di approdare definitivamente alla scrittura, anche il programmatore di computer e il marinaio. Di fatto il legame profondo di Pederiali con la propria terra di origi-ne, quella parte di pianura padana, bagnata dalla nebbia e da fiu-mi come il Panaro, che digrada lentamente verso la foce del Po, la-scerà un’impronta indelebile nella sua poetica. Impronta ben per-cepibile nella trilogia di romanzi fantastici editi tra il 1978 e il 1982, che ne sancì il successo come scrittore: Le città del diluvio, Il tesoro del Bigatto (con un milione di copie vendute) e La Compagnia del-la Selva Bella.

Biblioteca “Giuseppe Pederiali”

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 Pederiali approdò anche ad altri generi, come il romanzo storico (I ragazzi di Villa Emma, Emiliana, Donna di spade) o i romanzi thriller polizieschi del ciclo di Camilla, alias l’ispettrice Cagliostri (Camilla nella nebbia, Camilla e i vizi apparenti, Camilla e il Grande Fratello, Camilla e il Rubacuori). Nella sua lunga carriera lavorò anche con la televisione; resterà, tra l’altro, famosa la serie televisiva Il sogno del maratoneta, tratta dall’omonimo romanzo dedicato alla vicenda di Dorando Pietri. Fu anche giornalista e una raccolta di saggi e articoli fu edita con il titolo Padania felix; tra questi, le Fiabe padane, racconti ispirati a fat-ti di cronaca e a tradizioni, che pubblicava su “Il Giorno”. Morì tragicamente nel 2013, un anno dopo che il terremoto aveva sconvolto la sua terra. Nel 2014 la nuova biblioteca comunale di Fi-nale Emilia, costruita a seguito del sisma, fu a lui dedicata e lì è con-servato un fondo con suoi materiali, donati dalla famiglia.

Il fiume Panaro presso Finale Emilia

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MEDOLLAADA MARIA PELLACANIMedolla 1902-Roma 2004

Ada Maria nacque a Medolla da una famiglia di modesti agricoltori e visse l’infanzia e la prima giovinezza nel paese natale, che poi la-sciò giovanissima per recarsi a Roma dove entrò nella compagnia teatrale di Virginia Reiter. Nella capitale conobbe Girolamo Castello, che divenne suo marito e che la introdusse al giornalismo. Apprez-zata per il suo carattere battagliero e per il suo stile rapido, incisivo, di cristallina limpidezza linguistica, nel corso degli anni si cimentò nella prosa e nella poesia, con suggestive opere dedicate al miste-ro dell’universo (come il poema Urania) ma anche con testi di criti-ca dantesca e con due romanzi (L’epopea dei vinti e ...E la vita conti-nua...) legati alla storia del Novecento e, più precisamente, al fasci-smo e alla seconda guerra mondiale.  La scrittrice restò sempre legata al suo paese natale, dove veniva a trascorrere le sue estati tra il verde dei campi e le antiche ville rurali; al Comune di Medolla destinò in dono nel 1972 un’area verde e di-

Villa Raisi

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spose la costituzione, dopo la propria morte, di una fondazione per il sostegno di iniziative culturali e per l’attivazione di borse di stu-dio. Tra le emergenze della Medolla amata da Ada Maria, non lonta-no da dove fino agli anni Cinquanta del Novecento sorgeva il bosco della Saliceta, vi è la Villa Abboretti, ora Raisi. La villa costituisce un importante esempio di casa signorile di impianto rinascimentale, rimaneggiato nelle attuali forme nel corso dell’Ottocento. Pesante-mente danneggiata dal terremoto del 2012, è stata recentemente restaurata e ha riacquistato il suo antico splendore. A testimonian-za della determinazione di rinascita della comunità.

Due ritratti di Ada Maria Pellacani

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MIRANDOLAGIOVANNI CAVICCHIOLIMirandola 1894-1964

Giovanni Cavicchioli, autodidat-ta per formazione, ebbe impor-tanti frequentazioni nel mondo culturale della sua epoca; co-nobbe tra gli altri Orio Vergani, Massimo Bontempelli, Giusep-pe Prezzolini e Luigi Pirandello, o ancora Filippo De Pisis e il filoso-fo e pedagogista Rudolf Steiner. Dopo un avvio lirico con la rac-colta di versi Palazzi incantati (1913), Cavicchioli si misurò in prove di scrittura teatrale con due tragedie di ambientazione storica di epoca romana, Romo-lo e Lucrezia, e approdò alla sua prima esperienza in prosa nel 1926, con la raccolta di novelle La morte nel pollaio. Nel 1932 pubblicò un altro libro di racconti, le Nozze di Figaro, in

cui spicca l’attenzione verso l’autobiografismo, il ricordo del passa-to e la memoria personale. Questi aspetti prevalgono poi nel romanzo Bambino senza madre (1943), dove traspare anche il segnale di un intimo e partecipe rap-porto con Mirandola, la città natale alla quale restò sempre forte-mente legato. Qui la narrazione richiama precisi scorci del paesaggio monumen-tale urbano come la chiesa di San Francesco che immersa nella lu-ce del tramonto “prendeva un colore da castello delle fiabe”, e che oggi si mostra invece drammaticamente lacerata dai terribili effetti dell’evento sismico del 2012.

Copertina della raccoltaParole fuggitive

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Nello scritto La città della Fenice, Cavicchioli assegna a Mirandola, unitamente al suo figlio più illustre Giovanni Pico, un ruolo di asso-luta protagonista. In queste pagine la città è richiamata nelle sue fattezze coeve al tempo di Cavicchioli, in confronto a quelle splen-dide dell’epoca passata quando era una piccola capitale. Vi s’incontrano il Castello, il Collegio dei Gesuiti, il viale dei platani nella circonvallazione al posto delle mura, ma tutto questo ha per-so il prestigio dei secoli trascorsi.

Giovanni Cavicchioli

Guido Cavani, scrittore e poeta, è vissuto a Modena, ma è sempre stato legato all’Appennino mode-nese, da cui proveniva la famiglia, originaria di Pazzano di Serramaz-zoni. Di questo legame rendono te-stimonianza sia molte poesie com-poste e pubblicate in diverse rac-colte, sia soprattutto il romanzo Ze-bio Còtal: edito a Modena in pro-prio nel 1958, fu scoperto da Gior-gio Bassani che ne promosse una riedizione presso Feltrinelli (1961) con prefazione di Pier Paolo Paso-lini. Il romanzo, ambientato a Paz-zano e ispirato ai luoghi e ad alcuni

personaggi realmente vissuti, narra

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PAZZANOGUIDO CAVANIModena 1897-1967

Veduta di Pazzano

Copertina di Zebio Còtal

le drammatiche vicende di una famiglia contadina, e la disincanta-ta parola dell’autore conduce attraverso l’esasperazione e la tensio-ne drammatica della narrazione, senza che la pietà ceda mai al sen-timentalismo. Scriveva Pasolini: “Sono pronto a scommettere che figure come quella di Zebio, della vecchia moglie, della figlia, del bambino che muore e certe primavere, certe nevicate dell’Appen-nino, sono tra le cose più solide e durature della narrativa contem-poranea”. La composizione di versi, ispirati a un più disteso lirismo, accompagnò Cavani per tutto l’arco della sua vita (la prima raccol-ta, Liriche campagnole, è del 1923; l’ultima, Approdare in calma, fu edita postuma nel 1976); sospesi tra introspezione autobiografica e suggestioni della natura e dei paesaggi di montagna, i compo-nimenti ci restituiscono l’immagine di quello che probabilmente fu uno dei più delicati cantori dell’Appennino nel ‘900. Per onora-re la memoria dello scrittore, dal 2014 si tiene annualmente il pre-mio letterario nazionale per racconti inediti “Terra di Guido Cavani”. 

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Guido Cavani con il padre e un gruppo di ragazzi

Armando Bozzoli in uno schizzo di Renato Guttuso, 1958

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SAN FELICE SUL PANAROARMANDO BOZZOLISan Felice sul Panaro 1924-1987

“Il contadino della Bassa ha sempre un occhio rivolto a terra e l'al-tro rivolto al cielo: con quello a terra spia il germogliare del grano, la sua crescita e la sua maturazione; con quello al cielo, osserva al-be e tramonti, fiuta il vento e ne trae previsione di buona o cattiva stagione [...]. L'esperienza contadina non ha confini.” Queste parole sono esemplari di Armando Bozzoli: attento lettore della civiltà agricola, ma anche dei suoi conflitti e dei mutamenti della società emiliana nel Novecento, fu un autentico uomo della bassa. Mezzadro dapprima e poi operaio delle Ferrovie, fu scrittore autodidatta e venne scoperto da Luciano Bianciardi che fece pub-blicare presso l’editore Feltrinelli (1956) il suo primo romanzo, Nella vita di tutti, una lettura della vita contadina sullo sfondo delle cam-pagne della Bassa modenese. Anche l’ultimo lavoro di Bozzoli, il romanzo I cameranti di Pavigna-ne (1984), si dispiega sullo stesso sfondo (Pavignane è una locali-

Copertina del romanzo I cameranti di Pavignane

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tà presso San Felice sul Panaro) e descrive la dignitosa epopea dei braccianti agricoli e delle leghe contadine di fronte alla drammati-ca ascesa del fascismo nel primo dopoguerra. Bozzoli fu un instancabile animatore della vita culturale locale e fu sempre legato ai suoi luoghi; compose anche versi, prediligendo il dialetto locale. Non abbandonò mai il suo lavoro, nonostante  i suc-cessi editoriali e le frequentazioni: la biografia dello scrittore san-feliciano fu infatti segnata dai legami di amicizia con importanti rappresentanti della cultura italiana, tra cui Italo Calvino, e proprio a questo sodalizio tra Bozzoli e l’autore delle Fiabe italiane l’Ammi-nistrazione comunale di San Felice nel 2016 ha dedicato il Giardi-no Letterario di Villa Modena, spazio aperto dedicato alle letture e all’animazione culturale.

Riccardo Bacchelli e le sorelle Morandi, 1966

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BOLOGNARICCARDO BACCHELLIBologna 1891-Monza 1985

I legami che uniscono Riccardo Bacchelli, tra i protagonisti della letteratura italiana del Novecento, a Bologna riguardano sia le sue vicende biografiche sia l’ambientazione del suo romanzo più famoso dopo Il Mulino del Po: Il Diavolo al Pontelungo. A Bologna Bacchelli nacque e trascorse l’infanzia, frequentò il liceo e si iscrisse alla Facoltà di Lettere. Poeta, giornalista, saggista, autore teatrale e romanziere prolifico, Bacchelli visse anche a Firenze, Roma e Milano. Collaboratore de “La Voce” di Prezzolini, nel 1919 fu tra i fondatori e animatori della “Ronda” insieme a Vincenzo Cardarelli. Il Diavolo al Pontelungo (1927) è il suo primo

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romanzo. Racconta gli ultimi anni di vita del rivoluzionario russo Michail Bakunin e il tentativo insurrezionale da lui organizzato a Bologna nell’agosto 1874. Il Pontelungo è un ponte sul fiume Reno alla periferia della città, luogo di ritrovo degli anarchici. Le vicende narrate coinvolgono anche altri personaggi storici tra cui un giovane Andrea Costa. Il romanzo più conosciuto di Bacchelli rimane Il Mulino del Po (1957). Grande affresco storico e sociale dell’Italia tra Ottocento e Novecento, racconta le vicende di una famiglia, gli Scacerni, proprietari di un mulino natante ormeggiato sul Po. Il successo del libro è legato anche allo sceneggiato televisivo realizzato nel 1963 e diretto da Sandro Bolchi, alla cui sceneggiatura collaborò lo stesso scrittore. Le carte e la biblioteca di Bacchelli sono state acquistate dal Comune di Bologna nel 1984 e sono oggi conservate presso la Biblioteca dell’Archiginnasio. Il fondo Bacchelli, catalogato e disponibile al pubblico, comprende tra l’altro numerose prime edizioni con dediche autografe, preziosi inediti, manoscritti e un ricco carteggio con personalità della cultura italiana.

Copertine dell’edizione originale de Il diavolo al Pontelungo

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BOLOGNA, MARRADI

DINO CAMPANAMarradi 1885-Scandicci 1932

“In quest’ambiente romantico e tumultuoso, scapigliato e bef-fardo, capitò un giorno un indi-viduo strano, accigliato, male in arnese. Al primo apparire al bar Nazionale non ispirò gran sim-patia: ma era con Olindo Fabbri, uno dei nostri, e questo bastò per introdurlo gaiamente, per farlo conoscere a tutti. Aveva nome Campana, era studente di chimica, poeta e giramondo. Di-mostrava alcuni anni più di noi”. Così l’amico Federico Ravagli racconta l’arrivo di Dino Cam-pana a Bologna nel 1912. Anzi il ritorno, perché la prima iscrizio-ne alla facoltà di chimica risaliva

al 1903. Il soggiorno bolognese di Campana si consuma nel giro di un anno, ma la città, soprattutto quella notturna e trasgressiva animata dai giovani goliardi, conquista un suo spazio nell’universo poetico campaniano e si trasforma, come ha scritto Marco Anto-nio Bazzocchi, in “uno straordinario luogo poetico”, esplicitamente citata in due prose dei Canti Orfici: La giornata di un nevrastenico e Scirocco. Altro luogo campaniano è Marradi sull’Appennino tosco-roma-gnolo, in provincia di Firenze, dove il poeta nacque nel 1885. Qui l’Amministrazione comunale, in accordo con il Centro studi cam-paniani, ha predisposto un percorso dedicato al poeta, con leggii che riportano notizie, immagini e citazioni tratte dai suoi testi. Il percorso si snoda all’interno del paese e raggiunge la frazione di

Dino Campana

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Campigno a 7 km, località molto cara a Campana che la ricorda nel suo diario di viaggio a la Verna. A Marradi esiste ancora la casa dove Campana visse con la famiglia e l’edificio dove aveva sede la tipo-grafia Ravagli in cui campeggia una targa in ricordo della stampa dei Canti Orfici. Anche i sentieri, i boschi e le montagne che circon-dano Marradi rientrano a pieno titolo nell’universo di questo poeta errante e visionario, “uno dei pochi davvero grandi del nostro No-vecento” come lo ha definito il critico Edoardo Sanguineti. Campana morì nel 1932 nel manicomio di Castelpulci presso Firen-ze, dove era ricoverato dal 1918.

Veduta di Marradi

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BOLOGNAPIER PAOLO PASOLINI Bologna 1922-Ostia 1975

La Bologna di Pasolini costitui-sce un percorso con molte tap-pe significative e il punto di par-tenza non può che essere via Bor-gonuovo 4 dove lo scrittore nac-que nel 1922. Dopo un’infanzia errabonda per i continui sposta-menti del padre ufficiale di fante-ria, Pasolini è di nuovo a Bologna nel 1937 e vi resterà per circa 5 an-ni, interrotti dai soggiorni estivi a Casarsa in Friuli, paese di origine della madre e più tardi dalle vicis-situdini della guerra. Studente al Liceo Galvani in via Castiglione, si iscrive poi alla Facoltà di Lettere.

In via Zamboni assiste alle lezioni di Roberto Longhi e Carlo Calca-terra e stringe amicizia con Francesco Arcangeli. Frequenta l’ormai scomparsa libreria Cappelli in piazza Galvani e la libreria Nanni che lo attira con le sue bancarelle di libri usati: “a quindici anni ho co-minciato a comprare lì i miei primi libri, ed è stato bellissimo, perché non si legge mai più, in tutta la vita, con la gioia con cui si leggeva al-lora”. Lo scrittore Luciano Serra, amico di Pasolini dai tempi del liceo, ricorda le discussioni con Roberto Roversi e Francesco Leonetti ai giardini Margherita e sotto la statua di Garibaldi “con castagnaccio e vino sardo” per progettare una nuova rivista. Poco importa che la rivista non vedesse mai la luce. Bologna è per Pasolini il luogo degli studi, del manifestarsi delle passioni per il teatro, il cinema e il calcio, delle prime esperienze letterarie: la collaborazione con la rivista “Setaccio” negli anni 1942-1943 e la pubblicazione nel 1942 della raccolta Poesie a Casarsa. Di

Targa sulla casa natale

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questi anni Pasolini, ormai trasferito a Roma, scriverà: “Più passa il tempo, più si deposita nel fondo torbido, chiara e felice, la vita bo-lognese, e ho forti nostalgie”. Tra il 1955 e il 1959 con gli amici “bo-lognesi” Roversi, Leonetti, Scalia progetta e pubblica la rivista “Of-ficina”, nata in via Castiglione all’ombra della libreria Palmaverde di Roversi. Ma ormai la sua vita è altrove. Pasolini tornerà a Bologna negli anni Sessanta e Settanta per le riprese di alcune sequenze dei suoi film e per partecipare a conferenze e a convegni. La Cineteca di Bologna ospita il Centro Studi-Archivio Pier Paolo Pasolini istituito da Laura Betti e da lei donato al Comune nel 2003. L’archivio comprende la più ricca biblioteca di volumi sull’opera dello scrittore, oltre a migliaia di audiovisivi, fotografie e documen-ti sulla sua attività cinematografica.

Insegna della libreria Cappelli

Libreria A. Nanni

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BOLOGNAROBERTO ROVERSIBologna 1923-2012

Roberto Roversi nasce a Bologna, figlio di un medico radiologo, nel 1923, primo di quattro figli. Studia al liceo classico Galvani, do-ve conosce Pier Paolo Pasolini e Francesco Leonetti – due amici coi quali anni dopo condividerà la direzione della rivista “Officina”. Pri-ma in Germania con la divisione Monterosa, poi coi partigiani nel cuneese, l’esperienza della guerra segna per lui, poco più che ven-tenne, uno spartiacque decisivo: abbandona i toni lirici delle pri-me composizioni poetiche, stampate nel 1942-1943, per diventa-re, negli anni, uno dei più grandi poeti civili dell’Italia del secondo Novecento.Libraio antiquario dalla fine degli anni Quaranta, entra immedia-tamente in contatto con i maggiori intellettuali e letterati italiani del dopoguerra tra cui Italo Calvino, Elio Vittorini, Vittorio Sereni, Leonardo Sciascia. Pubblica libri di poesia e romanzi coi principali editori italiani (tra questi Feltrinelli, Einaudi, Rizzoli), ma dalla metà degli anni Sessanta sceglie di autoprodurre i suoi lavori e distribu-irli a chi ne facesse richiesta, in aperto antagonismo con la neonata “industria culturale” italiana.Questa ritrosia all’apparire, alla spettacolarizzazione dell’attività culturale è stata il tratto che più di ogni altro ha contraddistinto il suo lavoro; soprattutto perché mai, da allora, Roversi ha derogato a questa sua posizione. Non esistono quindi suoi filmati, non è mai apparso in televisione, non ha mai presentato libri o partecipato a dibattiti pubblici. Tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta, ha scritto testi teatrali, rappresentati al Piccolo di Milano; canzoni per Lucio Dalla, gli Stadio e altri artisti; romanzi e raccolte poetiche affidate solo a piccoli editori; ha collaborato alla nascita di cooperative cul-turali e ha accolto, tra i muri della sua libreria “Palmaverde”, miglia-ia di giovani poeti che desideravano scambiare pareri con lui. Ha anche firmato centinaia di articoli su quotidiani e riviste. Tutti i suoi testi sono ora disponibili sul sito www.robertoroversi.it.

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Roberto Roversi nella libreria “Palmaverde”

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BOLOGNAPATRIZIA VICINELLIBologna 1943-1991

Patrizia Vicinelli è nata a Bologna nel 1943. Negli anni Sessanta ha collaborato con Aldo Braibanti ed Emilio Villa ed è entrata giovanis-sima a far parte del Gruppo ‘63. Ha collaborato a riviste come «Ex», «Malebolge» «Quindici», «Marcatré», «Alfabeta». Fin dalle prime prove la sua poesia si definisce come intreccio di pa-rola, gesto e suono e la sua opera si identifica con la esperienza di vita. La sua produzione poetica visiva è stata esposta in numerose gallerie, da Milano a New Work, da Tokyo a Venezia e San Francisco; le sperimentazioni fonetiche e sonore si possono ascoltare in varie registrazioni. Come attrice ha partecipato anche a diversi film d’a-vanguardia di artisti e registi come Alberto Grifi e Gianni Castagno-li. Tra i suoi libri ricordiamo Apotheosys of schizoid woman (Tàu/ma 1979) e il poemetto Non sempre ricordano (Ælia Læia 1986). Di questa poetessa temeraria e fragile, tanto combattiva quanto

La casa in via Castiglione

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autodistruttiva, Niva Lorenzini ha scritto: “la poesia di Patrizia Vici-nelli è segnata da attriti, percorsa da interferenze che coinvolgono la realtà in frantumi e la voce che la registra, rivelandola. La logica della sistematizzazione è perciò quanto di più lontano si possa im-maginare da un’esperienza verbale che pulsa e esplode nella sua gestualità e oralità, totalmente esposta a un ritmo versale e vitale di morte e rinascita, nella trasformazione incessante.”Lei stessa ha scritto di sé: “Votata alla catastrofe, certo, ma sempre a fronte alta, in modo ‘heroico’: Stretta saldamente / l’impugnatura alla mano./Non avanzeranno più di un solo passo” e ancora : “Non c’è stendardo che possa/realmente fermarmi, né chiusura di spa-zio,/né circolo di tempo: la mia vita e la mia/morte sono la stessa avventura.” Patrizia Vicinelli è morta a Bologna nel 1991.

Copertina di à, a. A,

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CASTEL DI CASIOGABRIELE CREMONINIBologna 1947-2015

Gabriele Cremonini, giornalista e scrittore, ha lavorato per il tea-tro, la televisione, la pubblicità e ha firmato articoli per quotidiani e periodici. Ha pubblicato numerosi libri, molti dei quali dedicati all’Appennino e a Bologna, alla sua gastronomia (Maiali si nasce, salami si diventa, insieme con Giovanni Tamburini) e ai suoi luoghi più caratteristici. Ha esordito con il romanzo Sputasangue (2007) segnalato da Roberto Roversi, storia di tesori e miserie tra i monti dell’Appennino. Tra le altre pubblicazioni ricordiamo Bologna tra le

Gabriele Cremonini

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nuvole, storia del fumetto sotto le due Torri; Il signore degli schioppi sulla dinastia armaiola degli Acquafresca; O Capitano, Mio Capita-no! sulle vicende dei capitanati di Castel di Casio. La montagna to-sco-emiliana è anche lo sfondo su cui si muove la protagonista di Dinda, il suo ultimo romanzo, storia di una donna che vestì panni da uomo per farsi brigante. Sempre a Bologna è dedicato l’ultimo libro, scritto poco prima di morire, raccolta di immagini e narrazio-ni dedicate alla porzione più nota del centro storico cittadino, il co-siddetto Quadrilatero, dal titolo Il cuore quadrato di Bologna. Tutti i suoi lavori sono stati concepiti e scritti nella casa di Piamaggiolino nei pressi di Castel di Casio, sull’Appennino bolognese.

La casa di Piamaggiolino

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GALLIERA

GIOVANNA ZANGRANDIGalliera 1910-Borca di Cadore 1988

Nata nella pianura bolognese, Giovanna Zangrandi (ma il suo vero nome era Alma Bevilacqua) ha vissuto gran parte della sua vita sul-le montagne del Cadore. Di solida famiglia borghese, studentessa al Liceo Galvani di Bologna che le ha recentemente intitolato la sua Aula Magna, laureata in chimica, Alma decide di trasferirsi in Cado-re alla morte della madre nel 1937. Farà l’insegnante di scienze e sarà maestra di sci, guida e alpinista. Il mondo della montagna che sceglie con una decisione radicale di vita rappresenta per lei “una conquista, un’adesione del cuore, una riscoperta di affinità segre-te, di una patria e infine del dono della scrittura” (Antonia Arslan). Dopo l’8 settembre 1943 si unisce alle formazioni partigiane che operano nella sua zona, impegnandosi come staffetta con il nome di battaglia di Anna. Nell’immediato dopoguerra costruisce e gestisce personalmente un rifugio nella sella di Pradonego, sotto la cima del monte Ante-lao. Lo cederà al CAI nel 1961. Le sue prime prove come scrittrice risalgono agli inizi degli anni Cinquanta. Collabora con giornali e riviste, scrive romanzi e raccon-ti ispirati alla sua vita e al Cadore che spesso ruotano intorno a figu-re di donne forti, custodi della tradizione e dei valori umani fonda-mentali. Nel 1963 pubblica per Mondadori I giorni veri dedicato alla sua esperienza partigiana, considerato fin dal suo apparire uno dei capolavori della letteratura resistenziale al femminile. La scrittrice è sepolta, per sua espressa volontà, nel cimitero di San Vincenzo di Galliera insieme ai genitori. Quasi dimenticata come scrittrice, è stata riscoperta in anni recenti per merito di studio-se che si occupano di scrittura femminile come Antonia Arslan e Myriam Trevisan che ha inventariato il suo archivio privato conser-vato a Borca di Cadore.

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Giovanna Zangrandi

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PIANACCIO DI LIZZANO IN BELVEDERE

ENZO BIAGIPianaccio 1920-Milano 2007

“Avrei fatto il giornalista anche gratis: meno male che i miei edi-tori non se ne sono mai accorti”. Così scriveva nel 2007 Enzo Biagi, uno dei maestri del giornalismo italiano, famoso per le sue inchie-ste e per le interviste televisive. La sua vocazione è precoce: a 17 anni scrive il primo articolo e inizia a Bologna una collaborazione con “L’Avvenire d’Italia”, occu-pandosi di cronaca e di costume. È l’esordio di una carriera lunghissima che lo porta a collaborare con le maggiori testate giornalistiche italiane: “Il Resto del Carlino” che dirige dal 1970 al 1971, “La Stampa”, “Il Corriere della Sera”, “Repubblica” tra i quotidiani; “Epoca” che dirige dal 1953 al 1960, “Europeo”, “Panorama”, “L’Espresso” tra i settimanali. Per molti anni è inviato speciale e segue i grandi eventi della sua epoca da au-tentico testimone del suo tempo. Non è un giornalista per tutte

Centro documentale “Enzo Biagi”

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le stagioni e spesso è costretto ad andarsene per pressioni politi-che. Come ha scritto nel primo editoriale da direttore per “Il Resto del Carlino” nel 1971: “Considero il giornale un servizio pubblico come i trasporti pubblici e l’acquedotto. Non manderò nelle vo-stre case acqua inquinata”. Quarantennale è anche il suo rapporto con la Rai. Dirige il Tele-giornale negli anni 1960-1962, e si dimette accusato dall’allora ministro Gonella di “non essere allineato all’ufficialità”. Per la Rai firma e conduce trasmissioni innovative e molto popolari: tra que-ste Proibito, Spot, Il fatto. Diventa un maestro nelle interviste - da Gheddafi a Gorbacev - che conduce con uno stile inconfondibi-le, fatto di garbata fermezza. Scrive anche molti libri di successo. Pianaccio lo ricorda con una esposizione permanente nel Centro di Documentazione a lui intitolato, di fronte alla sua casa natale. Sulla facciata del Centro campeggia il suo profilo e una citazione: “Ho girato il mondo da cronista, ma in fondo non sono mai anda-to via da Pianaccio”.

Copertina del romanzo Disonora il padre

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FERRARAGIORGIO BASSANIBologna 1916-Roma 2000

Ferrara ha un ruolo centrale nell’opera let-teraria di Giorgio Bas-sani. Qui lo scrittore ha vissuto l’infanzia e la giovinezza nella casa di via Cisterna del Follo 1, con la grande magno-lia nel giardino interno. Memorabili le riprese di Vittorio De Sica duran-te la lavorazione, nel 1970, del film Il giardino dei Finzi Contini, con il protagonista che rien-tra a casa e introduce la bicicletta nel porto-

ne, abbandonando la strada deserta e assolata. La lapide posta dal Comune nel 2009 è essenziale: “In questa casa/tanto amata/Giorgio Bassani/1916-2000/si aprì alla poesia/e all’alto impegno civile”. Luogo della memoria è anche l’adiacente circolo del tennis “Marfisa d’Este”, frequentato dal giovane Bassani fino a quando non fu espulso in ottemperanza al Regio Decreto Legge 1779 del 15 novembre 1938 sulla difesa della razza. È la ragione per cui l’e-sordio letterario con Una città di pianura del 1940 avvenne sotto lo pseudonimo di Giacomo Marchi. La nascita a Bologna non gli impedì di eleggere Ferrara come cornice entro la quale ambienta-re i suoi capolavori. In più occasioni ammise di aver sempre man-tenuto con la città un legame ombelicale, che lo obbligava a ritor-nare non solo con la fantasia, ma anche fisicamente. L’intero ciclo

La casa di via Cisterna del Follo

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del Romanzo di Ferrara è costruito su spazi urbani che assumono funzione simbolica, restituendo al lettore percorsi verosimili ed emozionali. A riprova di tanta efficacia narrativa restano le belle pagine delle Storie ferraresi, dove sono messe a nudo le vette e gli abissi della vita di provincia. A Ferrara è stato aperto un Centro studi bassaniani all’interno di Casa Minerbi. La Fondazione Giorgio Bassani ha attualmente due sedi, una a Ferrara nella Casa di Ludovico Ariosto, l’altra a Codi-goro presso il Palazzo del Vescovo dove è collocata la Biblioteca comunale intitolata allo scrittore. Giorgio Bassani è sepolto nel cimitero ebraico di Ferrara.

Giorgio Bassani

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CANNUZZO DI CERVIA

TOLMINO BALDASSARICervia 1927-Cannuzzo di Cervia 2010

Nelle note biografiche del poeta Tolmino Baldassari si insiste sull’appartenenza del suo dialetto al luogo natale, Castiglione di Cervia, quasi a rimarcare una diversità e un’identità nella comples-sa geografia del vernacolare romagnolo. Ma certo è stato fonte ine-sauribile d’ispirazione il luogo scelto da Baldassari per vivere dal 1951 in avanti, a Cannuzzo, non molto distante dal castiglionese, ma più verso la campagna cesenate, là dove il fiume Savio s’incurva in una delle sue anse più estese.La casa per scrivere di Tolmino Baldassari la si può vedere dal ciglio della strada provinciale, oltre la siepe, con la sua struttura da tipico villino del dopoguerra, funzionale soprattutto al vivere in ambien-te agreste. Dopo la scomparsa del poeta, la casa è diventata un tra-dizionale punto d’incontro per vecchi e nuovi amici.

Tolmino Baldassari

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Su iniziativa della Biblioteca comunale di Cervia, alla quale lo scrit-tore ha destinato la propria raccolta di libri, nella corte esterna si tengono letture poetiche, in un contatto diretto con la natura, fon-te costante d’ispirazione per il poeta. Innumerevoli sono le sue li-riche che rimandano allo spazio del suo vivere, fin dal titolo, come nel caso della celebre Canutir, 2006.Durante gli incontri a Casa Baldassari viene aperto anche il salot-to-studio, fasciato dalla libreria con edizioni d’arte e di letteratura, con il suo tavolino da lavoro, la macchina da scrivere con i suoi in-delebili segni di bianchetto.Tolmino Baldassari è stato bracciante, meccanico, consigliere co-munale e sindacalista. Autodidatta, ha maturato col tempo una va-sta cultura letteraria, coltivando anche l’interesse per le arti visive e la musica e la passione per il ciclismo. Ha esordito come poeta in dialetto romagnolo nel 1975 con la raccolta Al progni sérbi. Nume-rose sono le edizioni di sue liriche (tra le altre, La campâna, 1979; La néva, 1982 e 2016; Ombra d’luna, 1993; I vìdar ,1995; L’éva, 2002) e le collaborazioni con riviste letterarie. Da qualche tempo, l’opera poetica di Baldassari è oggetto di rin-novata attenzione da parte di qualificati studiosi: tra questi, Gian-franco Lauretano ha curato l’auto-antologia del poeta L’ombra dei discorsi: antologia1975-2000, uscita postuma nel 2010.

Tavolo da lavoro di Baldassari

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SANT’ALBERTO

OLINDO GUERRINI Forlì 1845-Bologna 1916

L’attuale sede della Biblioteca comunale di Sant’Alberto è stata la casa in cui trascorse l’infanzia il poeta Olindo Guerrini. Ricordato soprattutto come maestro di verismo con i versi pubblicati sotto lo pseudonimo di Lorenzo Stecchetti, Guerrini fu anche un arguto critico letterario e un erudito bibliotecario, per molti anni direttore della Biblioteca Universitaria di Bologna. Ma i suoi interessi intellettuali e le sue passioni non si fermano qui: impegnato politicamente come consigliere comunale a Ravenna e a Bologna, era amante della fotografia e della bicicletta e, negli ultimi anni della sua vita, anche della cucina. Amico di Artusi, prima di morire lavorò a una raccolta di ricette sulla cucina povera che uscì postuma nel 1918 con il titolo L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa. Nel 1920 uscirono invece i Sonetti romagnoli scritti in dialetto nell’arco di molti anni. Il ricordo di Guerrini a Sant’Alberto è ancora vivissimo, così come è amata la casa che il figlio Guido ha voluto donare al Comune di Ravenna. Disposta su due piani, con dieci stanze di cui tre adibite a biblioteca, una a sala riunioni e le rimanenti destinate a

Olindo Guerrini

Casa Guerrini

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iniziative e attività varie, Casa Guerrini è oggi un centro culturale molto attivo che ospita conferenze, mostre, corsi e laboratori.Al piano terra è collocata la Biblioteca comunale, con un fondo aperto al prestito, prevalentemente di letteratura, e una piccola emeroteca. La casa ospita anche la Sala di lettura della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Sant’Alberto, nella quale si trova il Fondo Guerrini, una raccolta di oltre duemila volumi datati ai se-coli XVIII-XX. Il Fondo, istituito nel 1872 come Biblioteca popolare circolante dallo stesso Guerrini, è concesso in uso alla Biblioteca. Si deve alla Società Operaia l’arredo di alcuni spazi della casa con pannelli illustrativi del fondo librario e dei personaggi che han-no contribuito ad animare la vita culturale di Sant’Alberto. Casa Guerrini è anche sede di incontro per bambini e ragazzi con una sala lettura e un laboratorio.

Olindo Guerrini

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La casa natale di Pellegrino Artusi è stata demolita nel 1961 e la si può vedere solo in riproduzioni fotografiche. Ma quella che oggi si chiama Casa Artusi, ed è situata nell’antica struttura conventuale che comprende la chiesa dei Servi, onora e conserva degnamente la memoria dell’illustre personaggio. Di Casa Artusi fanno parte spazi e strutture come la Biblioteca Ci-vica a lui intitolata - che ospita anche la Collezione Artusiana, con l’archivio e la libreria dello scrittore, e la Raccolta di gastronomia ita-liana - il ristorante, la scuola di cucina, lo spazio eventi. Dopo gli studi a Bertinoro e Bologna dove si appassionò ai classi-ci, Artusi tornò a Forlimpopoli e seguì le attività commerciali della drogheria paterna fino all’età di trent’anni. Trasferitosi con la famiglia a Firenze a seguito delle violenze subi-

FORLIMPOPOLI

PELLEGRINO ARTUSIForlimpopoli 1820-Firenze 1911

La casa di Artusi, terza da sinistra, prima del 1961

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Pellegrino Artusi

te dalla banda del Passatore, lavorò a Livorno prima di fondare un Banco di sconto nel capoluogo toscano, ritirandosi dall’attività nel 1870. Si rivolse quindi alla scrittura, occupandosi di Ugo Foscolo e Giuseppe Giusti, e si dedicò con particolare interesse alle ricette cu-linarie che riunì nel famosissimo La scienza in cucina e l’arte di man-giar bene che, edito nel 1891, dopo le iniziali difficoltà di pubblica-zione, diventò il bestseller della gastronomia italiana e fu tradotto in moltissime lingue. Costruito con la “partecipazione” di interlocutori e corrispondenti, sulla base delle tradizioni culinarie locali e con oltre 700 ricette, il libro trasmette, in un linguaggio colto ma al tempo stesso di sem-plice comprensione e di divertente lettura, la ricchezza di idee e di prodotti della nostra cucina e rappresenta di fatto la prima opera di cultura gastronomica nazionale.

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PENNABILLI

TONINO GUERRASantarcangelo di Romagna 1920-2012

A Pennabilli Tonino Guerra si è trasferito nel 1985, an-dando ad abitare in quel-la che battezzò la “Casa dei mandorli” con il suo giardi-no a terrazze pieno di pian-te, fiori, formelle e scultu-re. Nel punto più alto, nella parete rocciosa, c’è il luogo che egli ha scelto come se-poltura: da lì può continua-re a guardare il suo panora-ma preferito, la valle verso la foce del Marecchia.La casa racconta la vita e gli incontri dello scrittore, co-

me quello con la moglie moscovita Lora, che tuttora vi abita e che conobbe in Russia, paese al quale era legatissimo e dal quale con-tinuano a giungere numerosi visitatori. Oggetti, opere, scritti, fotografie parlano di quei soggiorni, della guerra e della prigionia, delle persone che Guerra ha conosciuto e con le quali ha lavorato nella sua lunga vita di poeta, narratore, sceneggiatore e artista: le gabbie e i cavallini acquistati nei merca-ti, i doni ricevuti, come quelli del regista Parazdanov, l’acquerello di Antonioni, le immagini con Fellini, i ricordi di Rosi, Anghelopou-los, Tarkovsky e di altri registi con i quali ha realizzato alcuni tra i più bei film della storia del cinema; e ancora, le “lanterne di Tolstoj” sculture in ferro, e i cosiddetti “mobilacci”, mobili non utili, che ama-va disegnare e far realizzare, così come faceva per la ceramica e le tele stampate, con l’intento di conferire una nuova vitalità all’arti-gianato artistico.

Veduta della Val Marecchia

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Della sua poetica visione del mondo Tonino Guerra ha permeato tutta Pennabilli, creando all’aperto percorsi e allestimenti che in-vitano a riflettere o creano momenti gioiosi, come “Il Santuario dei pensieri” o “L’angelo coi baffi”, e dove ha fondato con le istituzioni locali l’Associazione culturale che conserva e promuove il suo patri-monio artistico nella suggestiva sede espositiva “Il Mondo di Toni-no Guerra”, situata nei sotterranei dell’Oratorio della Misericordia.

Interno della Casa dei Mandorli

Interno della Casa dei Mandorli

Cesenatico Marino Moretti

26/04/2017

Cerreto Alpi Silvio D’Arzo14/03/2017

Cerreto Alpi Silvio D’Arzo14/03/2017

40 - Giana AnguissolaComune di Travopiazza Trento, 21-29020 Travo (Pc)tel. 0523 950121 www.comune.travo.pc.it

8 - Ludovico AriostoBiblioteca comunale Ariostea via delle Scienze,17-44121 Ferraratel. 0532 418200 www.archibiblio.comune.fe.it

Casa di Ludovico Ariostovia Ariosto, 67-44100 Ferrara tel. 0532 244949 www.artecultura.fe.it

Maurizianovia Pasteur, 11-42122 Reggio Emiliatel. 0522 456477 (Musei Civici di Reggio Emilia) www.musei.re.it

98 - Pellegrino ArtusiCasa Artusivia A. Costa, 27-47034 Forlimpopoli (Fc)tel. 0543 743138 www.casartusi.it

76 - Riccardo BacchelliBiblioteca Borgo Panigalevia Legnano, 2-40132 Bolognatel. 051 404930 www.bibliotechebologna.it

Biblioteca dell’Archiginnasiopiazza Galvani, 1-40124 Bolognatel. 051 276811 www.archiginnasio.it

94 - Tolmino BaldassariBiblioteca comunale “Maria Goia”

INDICE DEGLI SCRITTORI/ISTITUZIONI DI RIFERIMENTO

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Circon.zione Sacchetti, 111-48015 Cervia (Ra)tel. 0544 979384 www.biblioteca.comunecervia.it

Casa Tolmino Baldassarivia Salara Provinciale, 151-48015 Cannuzzo di Cervia (Ra)www.tolminobaldassari.it

92 - Giorgio BassaniFondazione Giorgio Bassani c/o IUSS-Ferrara 1391-Unife via Scienze 41b-44121 Ferrara www.fondazionebassani.it

44 - Attilio BertolucciAssociazione Scrittori Reggiani, Felina (Re)tel. 338 5286090

Comune di Monchio delle Corti piazza Caduti di tutte le guerre, 1-43010 Monchio delle Corti (Pr)Tel. 0521 896714 www.comune.monchio-delle-corti.pr.it

Comune di Palanzanopiazza Cardinal Ferrari, 1-43025 Palanzano (Pr) tel. 0521.891321 www.comune.palanzano.pr.it

Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emilianovia Comunale, 23-54010 Sassalbo di Fivizzano (Ms) tel. 0585 947200 www.parcoappennino.it

90 - Enzo BiagiCentro documentale “Enzo Biagi” via Roma, 1-40042 Pianaccio (Bo)tel. 0534 51761

Comune di Lizzano in Belvedere piazza Marconi, 6-40042 Lizzano in Belvedere (Bo)tel. 0534 51024 www.comune.lizzano.bo.it

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60 - Matteo Maria BoiardoCentro Studi “Matteo Maria Boiardo”piazza della libertà 6-42019 Scandiano (Re)tel. 0522 764257 www.letteratura.it/boiardo

Comune di Scandiano-Servizio CulturaP.zza Libertà, 6-42019 Scandiano (Re) tel. 0522 764257 www.comune.scandiano.re.it

74 - Armando BozzoliBiblioteca comunale “Campi -Costa Giani” via Campi, 41/b-41038 San Felice sul Panaro (Mo)tel. 0535 86311 biblioteca.comunesanfelice.net

78 - Dino Campana Biblioteca dell’Archiginnasio piazza Galvani, 1-40124 Bolognatel. 051 276811 www.archiginnasio.it

Centro studi campaniani “Enrico Consolini”via Castelnaudary, 5-50034 Marradi (Fi)tel. 055 8045943 www.dinocampana.it

Comune di Marradi piazza Scalelle, 1-50034 Marradi (Fi)tel. 055 8045005 www.comune.marradi.fi.it

12 - Giosue CarducciCasa Carducci piazza G. Carducci, 5-40125 Bolognatel. 051 4295161 www.casacarducci.it

Villa Silvia-Carducci via Lizzano, 1241-47522 Cesena tel. 0547 323425 www.casemuseoromagna.it

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36 - Giulio CattivelliBiblioteca Passerini-Landi via G. Carducci, 5-29121 Piacenzatel. 0523 492410 www.passerinilandi.piacenza.it

72 - Guido CavaniAssociazione di Promozione Sociale GSCR di Pazzanovia Corniola, 76-41028 Pazzano di Serramazzoni (Mo)tel. 347 2117695 www.circolodipazzano.it

70 - Giovanni CavicchioliBiblioteca comunale “E.Garin” di Mirandola via 29 Maggio-41037 Mirandola (Mo)tel. 0535 29786 www.comune.mirandola.mo.it

38 - Grazia CherchiBiblioteca Passerini-Landi via G. Carducci, 5-29121 Piacenzatel. 0523 492410 www.passerinilandi.piacenza.it

86 - Gabriele CremoniniComune di Castel di Casio via Marconi, 9-40030 Castel di Casio (Bo)tel. 0534 44133

Unione dei Comuni dell’Appennino bolognese piazza della Pace, 4-40038 Vergato (Bo)Tel. 051 911056 www.unioneappennino.bo.it

52 - Raffaele CroviAssociazione Scrittori Reggiani, Felina (Re)tel. 338 5286090

Biblioteca comunale “R. Crovi” via Roma, 4-Castelnovo ne’ Monti (Re)Tel. 0522 610204 biblioteche.provincia.re.it/castelnovomonti

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Comune di Vettopiazza Caduti di Legoreccio, 1-42020 Vetto (Re)tel. 0522 815221 www.comune.vetto.re.it

Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emilianovia Comunale, 23-54010 Sassalbo di Fivizzano (Ms) tel. 0585 947200 www.parcoappennino.it

50 - Silvio D’ArzoAssociazione Scrittori Reggiani, Felina (Re)tel. 338 5286090

Biblioteca Panizzivia Farini, 3 -42121 Reggio Emiliatel. 0522 456084 www.panizzi.comune.re.it

Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emilianovia Comunale, 23-54010 Sassalbo di Fivizzano (Ms) tel. 0585 947200 www.parcoappennino.it

64 - Antonio DelfiniBiblioteca comunale di Cavezzo via Rosati, 46-41032 Cavezzo (Mo) tel. 0535 49830 www.comune.cavezzo.mo.it

54 - Veronica GambaraBiblioteca comunale “G. Einaudi” piazza Cavour,7-42015 Correggio (RE)tel. 0522 693296 biblioteche.provincia.re.it/correggio

Museo civico Il Correggio-Palazzo dei Principi piazza Cavour, 7-42015 Correggio (RE)tel. 0522 691806 www.museoilcorreggio.org

46 - Giovannino GuareschiCasa Archivio Giovannino Guareschi via della Processione, 160-43010 Roncole Verdi (Pr)tel. 0524 92495 www.giovanninoguareschi.com

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Centro del Boscaccio-Museo Giovannino GuareschiDiolo, 43019 Soragna (Pr)www.turismo.parma.it

Museo Il Mondo Piccolo Fontanelle-43010 Roccabianca (Pr)tel. 0521 876165 www.mondopiccolo.it

100 - Tonino GuerraAssociazione culturale Tonino Guerra via dei Pensieri Sospesi, 4-47864 Pennabilli (Rn)tel. 0541 928846 http://www.toninoguerra.org/

96 - Olindo GuerriniBiblioteca “O. Guerrini” via Guerrini, 60-48020 S. Alberto (Ra)tel. 0544 529805 www.classense.ra.it

42 - Luigi MalerbaComune di Bercetovia Marconi, 18-43042 Berceto (Pr)tel. 0525 60293 www.comune.berceto.pr.it

14 - Vincenzo MontiCasa Museo Vincenzo Monti via Passetto, 3-48011 Alfonsine (Ra)tel. 0544 869808 www.casemuseoromagna.it

22 - Marino MorettiCasa Moretti via M. Moretti, 1-47042 Cesenatico (Fc)tel. 0547 79279 www.casamoretti.it

10 - Ludovico Antonio MuratoriAedes Muratorianavia Pomposa, 1-41121 Modenatel. 059 241104 aedesmuratoriana.altervista.org

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Archivio di Stato di Modenacorso Cavour 21-41121 Modenatel. 059 230549 www.asmo.beniculturali.it/

Gallerie Estensi-Biblioteca Estense-Universitarialargo Porta San’Agostino, 337-41121 Modena tel. 059 4395711 www.gallerie-estensi.beniculturali.it

Biblioteca storica diocesana “Ferrini e Muratori” corso Canalchiaro 149-41121 Modenatel.: 059 211733 www.istferrini.it

16 - Alfredo OrianiFondazione Casa di Orianivia Ricci, 26-48121 Ravennatel. 0544 30386 www.fondazionecasadioriani.it

Museo Casa Oriani “Il Cardello” via Il Cardello, 9-48032 Casola Valsenio (Ra)tel. 0543 73135 www.ilcardello.it

26 - Alfredo PanziniMuseo La Casa Rossa di Alfredo Panzini via Pisino, 1-47814 Bellaria-Igea Marina (Rn)tel. 0541 343746 www.casapanzini.it

24 - Giovanni PascoliCasa Pascoli via G. Pascoli, 46-47030 San Mauro Pascoli (Fc)tel. 0541 810100 www.casapascoli.it

80 - Pier Paolo PasoliniBiblioteca Salaborsa piazza del Nettuno, 3-40124 Bolognatel. 051 2194400 www.bibliotecasalaborsa.it

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Centro studi-Archivio Pier Paolo Pasolini di Bolognavia Riva di Reno, 72-40122 Bolognatel. 051 2194820 www.cinetecadibologna.it

66 - Giuseppe PederialiBiblioteca comunale “G. Pederiali” via della Rinascita, 1-41034 Finale Emilia (Mo)tel. 0535 788331 http://biblioteca.comunefinale.net/

68 - Ada Maria PellacaniBiblioteca comunale di Medolla via Genova, 10/A-41036 Medolla (Mo)tel. 0535 53850 www.comune.medolla.mo.it

62 - Francesco PetrarcaAssociazione Scrittori Reggiani, Felina (Re)tel. 338 5286090

Biblioteca comunale di Canossa piazza Matilde di Canossa, 2-42026 Ciano d’Enza (RE)tel. 0522 248423 www.biblioteche.provincia.re.it/Canossa

82 - Roberto Roversiwww.robertoroversi.it

18 - Aurelio SaffiVilla Saffivia Firenze, 164-47121 Forlìtel. 0543 712627 www.cultura.comune.forli.fc.it

20 - Renato SerraCasa Museo Renato Serra viale Carducci, 29-47023 Cesenatel. 0547 29557 www.casemuseoromagna.it

56 - Pier Vittorio TondelliBiblioteca comunale “G. Einaudi”

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piazza Cavour,7-42015 Correggio (RE)tel. 0522 693296 biblioteche.provincia.re.it/correggio

Centro di Documentazione Pier Vittorio Tondelli Palazzo dei Principi, corso Cavour, 7-42015 Correggio (Re)tel. 0522 693296 www.tondelli.comune.correggio.re.it

48 - Giuseppe TonnaBiblioteca comunale “G. Tonna” via Costituzione, 37-43018 Sissa Trecasali (Pr)tel. 0521 379050 www.comune.sissatrecasali.pr.it

84 - Patrizia VicinelliBiblioteca Italiana delle Donne via del Piombo, 5-40125 Bolognatel. 051 4299411 www.bibliotecadelledonne.it

88 - Giovanna ZangrandiComune di Galliera piazza Eroi della Libertà, 1-40015 San Venanzio di Galliera (Bo)tel. 051.6672911 www.comune.galliera.bo.it

58 - Cesare ZavattiniBiblioteca Panizzi, Archivio Cesare Zavattinivia Farini, 3-42121 Reggio Emiliatel. 0522 456063 www.cesarezavattini.it

Fondazione Un Paese-Centro Culturale Zavattini viale Filippini, 35-42045 Luzzara (Re) tel. 0522 977612 www.fondazioneunpaese.org

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CREDITI

Questa pubblicazione riprende i contenuti del fascicolo “Dove i libri nascono. Per una geografia della scrittura in Emilia e Romagna” a cura di Micaela Gua-rino e Orlando Piraccini, realizzato da IBC nel 2012. I testi delle schede relative a Ludovico Ariosto, Pellegrino Artusi, Giorgio Bas-sani, Tolmino Baldassari, Giosue Carducci, Giovannino Guareschi, Tonino Guerra, Olindo Guerrini, Vincenzo Monti, Marino Moretti, Ludovico Antonio Muratori, Alfredo Panzini, Giovanni Pascoli, Aurelio Saffi, Renato Serra, Ce-sare Zavattini sono tratti, con alcuni aggiornamenti e integrazioni, dalla pub-blicazione citata. I testi delle nuove schede sono stati redatti dai curatori, a eccezione delle se-guenti schede: Matteo Maria Boiardo (Lisa Ferrari), Armando Bozzoli (Cristina Picchietti), Giulio Cattivelli e Grazia Cherchi (Daniela Morsia),Giovanni Cavic-chioli (Giampaolo Ziroldi), Gabriele Cremonini (Marco Tamarri), Raffele Crovi e Francesco Petrarca (Clementina Santi), Antonio Delfini (Caterina Dellacasa), Alfredo Oriani ( Alessandro Luparini), Ada Maria Pellacani (Gloria Ganzerli), Roberto Roversi (Antonio Bagnoli), Pier Vittorio Tondelli (Erica Zarotti), Giu-seppe Tonna (Paola Fontana).

Hanno collaborato: Maurizio Amato, Associazione GSCR, Pazzano; Cristina Arbizzani, Biblioteca comunale, Mirandola; Tiberio Artioli, Unione Reno Gal-liera; Nicoletta Bacco, Istituzione Biblioteca Classense, Ravenna; Egidio Ban-dini, Club dei Ventitré, Roncole Verdi; Mirna Bonazza, Biblioteca Ariostea, Fer-rara; Rosita Boschetti, Casa Pascoli, San Mauro Pascoli; Ines Briganti, Villa Sil-via-Carducci, Cesena; Andrea Casoli, Associazione Scrittori Reggiani; Andrea Chiesi, Centro Studi-Archivio Pier Paolo Pasolini, Bologna; Deanna Conficco-ni, Comune di Forlì; Caterina Dellacasa, Biblioteca comunale, Cavezzo; Lisa Ferrari, Comune di Scandiano;Paola Fontana, Biblioteca comunale, Sissa Tre-casali; Antonietta Furini, Biblioteca comunale, Finale Emilia; Gloria Ganzerli, Biblioteca comunale, Medolla; Gualtiero Gori, Comune di Bellaria-Igea Ma-rina; Linda Gualdi, Comune di Reggio Emilia; Lora Guerra, Casa Tonino Guer-ra, Pennabilli; Alessandro Luparini, Fondazione Casa Oriani, Ravenna; Anna Manfron, Biblioteca dell’Archiginnasio, Bologna; Silvia Masi, Biblioteca Sala-borsa, Bologna; Giorgio Montecchi, Deputazione di Storia Patria per le Anti-che Provincie Modenesi; Daniela Morsia, Biblioteca Passerini Landi, Piacenza; Teresa Munaro, Biblioteca delle Donne, Bologna; Silvana Onofri, Fondazione

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Giorgio Bassani, Ferrara; Cristina Picchietti, Biblioteca comunale, San Felice sul Panaro; Roberto Ravaioli, Biblioteca Salaborsa, Bologna; Manuela Ricci, Casa Moretti, Cesenatico; Alessandro Riccioni, Comune di Lizzano; Clementi-na Santi, Associazione Scrittori Reggiani; Simonetta Santucci, Casa Carducci, Bologna; Marco Tamarri, Unione Appennino Bolognese; Simone Terzi, Fon-dazione Un Paese, Luzzara; Antonio Tolo, Casa Artusi, Forlimpopoli; Roberta Valla, Comune di Travo; Bianca Verri, Biblioteca comunale, Cervia; Erica Zarot-ti, Biblioteca comunale, Correggio; Giampaolo Ziroldi, Comune di Mirandola. FotografieMolte immagini utilizzate sono tratte dalle campagne fotografiche dell’IBC sulle case e sui luoghi degli scrittori in Emilia-Romagna: Costantino Ferlauto: pp. 9; 14-17 n.2; 20-21; 24-26; 46; 92; 94-95; 100-101; Andrea Scardova: pp. 10-13; 42-45; 47; 50-53; 60-61; 66-67; Riccardo Vlahov: p.2.Altre referenze fotograficheArchivio Famiglia Bevilacqua: p. 89; Archivio Famiglia Bozzoli (San Felice s.P.): p.74; Archivio Famiglia Cattivelli: p.36; Archivio Famiglia Cavicchioli (Miran-dola): p. 71; Archivio Famiglia Cremonini: pp.86-87; Archivio Famiglia Fre-gni-Pellacani (Medolla): p.69; Archivio Famiglia Kufferle: p.40; Archivio Fa-miglia Roversi: p. 83; ©Archivio Gianni Berengo Gardin, fotografia di Gianni Berengo Gardin: p. 58; Associazione di promozione sociale G.S.C.R. di Pazza-no: p 73; Biblioteca comunale dell’Archiginnasio (Bo): p. 77, Fondo speciale “Riccardo Bacchelli”: p. 76, Fondo campaniano “Federico Ravagli”: p.78; Bi-blioteca comunale, Canossa: pp. 62-63; Biblioteca Guerrini, Sant’Alberto: pp. 96-97; Biblioteca comunale, Sissa Trecasali: pp. 48-49; Biblioteca Panizzi (Re), Archivio “Cesare Zavattini”: p. 59; Elena Borelli: pp. 64-65; Alberto Calciolari: pp.68; 70; 75; Marco Cavazza: pp. 22-23; 29-33; 50-51; 79; 103-108; Comu-ne di Correggio: pp.54-55; Comune di Forlì, Archivio Musei Civici: p. 18; Co-mune di Reggio Emilia: p.8; Comune di Travo: p. 41; Fondazione Casa Oriani: p.17 n.1; Fondazione Giorgio Bassani: p.93; Fototeca Casa Artusi: pp. 98-99; Lorenzo Lelli: p. 95; Paolo Maini: pp.90-91; Luca Massari: p.19; Stefano Mor-belli: p.37; Museo La Casa Rossa di Alfredo Panzini: p. 27; Celestino Pantale-oni: pp.56-57; Elisa Paolucci Giannettoni: p. 94; photo©vincenzocottinelli: p. 39; Roberto Ravaioli: pp. 80-81; 84; Cinzia Valentini: p.72.

Grazie a tutti! Un ringraziamento particolare al fotografo Marco Cavazza per la generosa disponibilità.

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Maggio 2017