Rivista tecnico-scientifica on-line a diffusione mirata...

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A volte le cose cambiano... AFI DAY Puglia, un successo di molti... La Chirurgia del cavo popliteo oggi Chirurgia delle vene varicose: Stripping vs Metodo CHIVA, uno studio randomizzato controllato La schiuma sclerosante nel trattamento endoscopico delle emorroidi sintomatiche Studio clinico randomizzato di scleroterapia eco-guidata con schiuma vs intervento chirurgico per incompetenza della vena grande safena La Scleroterapia Termoassistita con Radiofrequenza Transdermica: esperienza preliminare L ’insegnamento della Flebologia nel percorso formativo del Medico Rivista tecnico-scientifica on-line a diffusione mirata • Organo ufficiale della AFI - Associazione Flebologica Italiana Numero CINQUE

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A volte le cose cambiano...

AFI DAY Puglia, un successo di molti...

La Chirurgia del cavo popliteo oggi

Chirurgia delle vene varicose: Stripping vs Metodo CHIVA, uno studio randomizzato controllato

La schiuma sclerosante nel trattamento endoscopico delle emorroidi sintomatiche

Studio clinico randomizzato di scleroterapia eco-guidata con schiuma vs intervento chirurgico per incompetenza della vena grande safena

La Scleroterapia Termoassistita con Radiofrequenza Transdermica: esperienza preliminare

L’insegnamento della Flebologia nel percorso formativo del Medico

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Numero CINQUE

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Organigramma AFI

PresidenteDr. Alessandro [email protected]

SegretarioDr.ssa Patrizia [email protected]

Membri eletti al Consiglio DirettivoDr. Maurizio [email protected]

Dr. Alessandro [email protected]

Dr.ssa Patrizia [email protected]

Responsabile VEINSDr. Maurizio [email protected]

SegreteriaElisa [email protected]

Rappresentanti regionaliDr. Amitrano Sergio - CampaniaDr. Angelino Gaetano - SiciliaDr. Casoni Paolo - Emilia-RomagnaDr. Cristiani Alfonso - PiemonteDr. Fonti Massimo – MarcheDr. Forfori Pietrino - LiguriaDr. Guarnaccia Demetrio - CampaniaDr. Loparco Oronzo Walter - AbruzzoDr. Moretti Cesare - SardegnaDr. Nero Gianfranco - LazioDr. Paradiso Sabino - PugliaDr.ssa Pavei Patrizia - VenetoDr. Pinzetta Claudio - Trentino Alto AdigeDr. Rendace Michele - CalabriaDr. Ronconi Maurizio - LombardiaDr. Rosi Gianluigi - Umbria

Coordinatore ricerca medicaDr. Alessandro [email protected]

Autorizzazione Tribunale di Bologna n. 7071 del 05/12/2000

Direttore responsabile de L’Ambulatorio MedicoMarco Montanari

RedazioneDr. Maurizio [email protected]. Mario Forzaninimario. [email protected]. Michele [email protected]

Segreteria di redazioneVALET S. r. l. Via dei Fornaciai 29/b - 40129 BolognaTel. 051 63.88.334 - Fax [email protected] - www.valet.it

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Diffusione nazionaleMedici specialisti in: anestesia e rianimazione, Angiologia e Flebologia, chirurgia generale, chirurgia plastica, dermatologia, dietologia, endocri-nologia, fisiatria, malattie reumatiche, medicina sportiva e patologia va-scolare, centri di medicina e Chirurgia Estetica, estetica medica, medici di base, studi privati di agopuntura e mesoterapia, infermieri professio-nali, ambulatori di chiroterapia, fisioterapia, fisiokinesiterapia e massaggi, poliambulatori, case di cura e cliniche private, direttori sanitari: A.S.L., ospedali, stabilimenti termali, associazioni e istituzioni sanitarie, isti-tuti scientifici e di ricerca, docenti e corsisti Divisione Didattica VALET: C.P. M.A. e C.E.D.A.

L’AMBULATORIOMEDICOÈ un supplemento de

A volte le cosecambiano...

Proprio così, a volte le cose possono cambiare. Mi riferisco al nostro Sistema Sanitario Nazionale,

fino a oggi così utile, universale, onnipresente e, se vogliamo, un po’ prepotente.La notizia è quella che gira da un po’: le varici dovreb-bero uscire dal SSN e i tagli imposti dalla situazione economica ridisegnano il rapporto tra SSN e strutture private convenzionate (con la perdita dell’accredita-mento delle cliniche con meno di 80 posti letto).Un amico mi assicura di aver letto la lista proposta per i nuovi LEA dove appunto sparisce il DRG 119.Ai flebologi italiani non sfuggiranno le tante implicazioni di tali provvedimenti, a tutti i livelli.Gli ospedali e le cliniche dovranno per forza cambiare i loro obiettivi, il trattamento dell’insufficienza venosa non sarà più remunerativo per loro. Anche da un pun-to più squisitamente medico ci sarà un ripensamento riguardo a certe tecniche di trattamento: chi potrà più permettersi di continuare a fare lo stripping o costose radiofrequenze?Consideriamo che fino a oggi nel nostro Paese la chi-rurgia è stato “il trattamento” più fornito agli utenti del

SSN in caso d’insufficienza venosa. Gli ospedali ma soprattutto i medici dovranno cambiare mentalità.In questa rivoluzione poi si inseriranno le compagnie assicurative. Ho il sospetto che presto si parlerà an-che di franchigie per i trattamenti più comuni, e quindi nascerà un’offerta di polizze per coprire questo gap assistenziale.Le conseguenze sembrano scontate. La flebologia sarà sempre di più qualcosa per i centri privati, cheavranno interesse a fornire servizi sempre più all’avan-guardia e a basso costo per rimanere sul mercato.Dall’altra parte si libereranno risorse all’interno dei no-stri ospedali per patologie più graviTutto questo non mi sembra per niente negativo e il mio augurio e che questo possa risultare in un migliore servizio ai pazienti, in fondo non è questo quello che conta?

Buon lavoro a tuttiDr Alessandro Frullini

Presidente AFI - Associazione Flebologica Italiana

EDITORIALE DIDr. Alessandro FrulliniPresidente AFI

PROSSIMI AFI DAYS

S A R D E G N ACagliari - 16 Marzo 2013

DAY

NAZ IONAL EPadova - 26 Gennaio 2013

DAY

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AFI DAY Puglia,un successo di molti...

È stato un evento molto apprezzato per i suoi alti contenuti professionali, rivolto agli specialisti e cul-

tori della materia.Hanno partecipato in massa senza esclusione alcuna tutti i massimi rappresentanti della Chirurgia Vascolare Universitaria ed Ospedaliera di Puglia, oltre ad impor-tanti esponenti della Chirurgia Vascolare di altre regioni e sinanche d’oltralpe.Se ne è dedotto che la flebologia effettuata oggigior-no, avendo fatto passi avanti da gigante sia nell’ambito diagnostico che terapeutico, ha attratto molto gli espo-nenti della chirurgia vascolare, consapevoli probabil-mente di averla ultimamente sottostimata, proprio per non perdere ulteriore terreno nelle moderne conoscen-ze in ambito flebologico.In realtà, la Flebologia ha assunto ormai un ruolo così importante nel moderno scenario medico-scientifico, tanto da poter essere considerata una disciplina a sè stante.In effetti, il FLEBOLOGO non è un chirurgo vascolare completo, non è un chirurgo generale completo e nè è un angiologo completo ma è una nuova figura profes-sionale che condensa in sè contemporaneamente un pò del chirurgo vascolare, un pò del chirurgo generale ed un pò dell’angiologo.Nell’evento scientifico in questione si è voluto parlare di tutti i trattamenti chirurgici e medici, mettendo a con-fronto le varie metodiche, per portare i presenti, coin-volgendoli, alla consapevolezza che i trattamenti in fle-bologia devono assolutamente essere mirati e selettivi

RESOCONTO DIDr. Sabino [email protected]

e con metodiche facilmente ripetibili, quale potrebbe essere il trattamento con schiuma sclerosante.Deve maturare questa consapevolezza e probabilmen-te se avessimo parlato solo di scleroterapia ci sarebbe potuto essere solo una sterile antitesi.Per esempio, i vari proff. presenti all’evento mi hanno detto di aver apprezzato molto la mia relazione sul trat-tamento combinato ed hanno anche capito che questa potrebbe essere solo una via di passaggio per arrivare magari in un prossimo futuro anche alla sola terapia sclerosante sia con liquidi che con schiuma.Ho volutamente inserito le relazioni del dott. Sergio Pe-

tronelli e del dott. Luigi Mariano, un pò per rendere più vivace ila discussione ma soprattutto perchè è bene che si sappiano che quelle metodiche terapeutiche esi-stono e possono rappresentare una seconda scelta nel caso di insuccesso ripetuto con la metodica classica.Dobbiamo saper che abbiamo anche un’arma in più nel nostro bagaglio terapeutico.Per esempio, se abbiamo trattato per due volte ripetu-tamente l’incontinenza di una vena perforante, con una metodica ritenuta la più opportuna, e siamo di fronte ad un ripetuto insuccesso, dobbiamo sapere che c’è anche la radiologia interventistica che ci potrebbe dare una mano.Insomma, è stato un evento che ha dato molti punti su cui riflettere ed approfondire in futuro.Grazie all’AFI (Associazione Flebologica Italiana) stia-mo portando le attualità flebologiche in tutta Italia, suscitando sempre più l’interesse da parte dei medici italiani, nell’interesse esclusivo della salute dei nostri pazienti e rendendo la flebologia moderna sempre più snella ed ambulatoriale, con una notevole riduzione delle giornate di malattia.

P U G L I ATrani - 27 Ottobre 2012

DAY

Sede:Hotel San Paolo

al Convento

Continua la rubrica dedicata ai commenti dei nostri lettori inerenti a tutti gli aspetti che gravitano attorno alla nostra professione: dal rapporto medico-paziente al racconto di esperienze lavorative personali, dalle questioni medico-legali alle esigenze pratiche del fle-bologo ai nostri giorni. Ogni riflessione verrà valu-tata dal comitato redattore e, compatibilmente con gli spazi della rivista, pubblicata. Sono ben gradite anche le critiche costruttive e i suggerimenti per far crescere la nostra Associazione. I commenti andranno inviati al seguente indirizzo: [email protected]

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La Chirurgia del cavo popliteo oggiC onsiderata per lungo tempo un banco di prova im-

portante per il flebologo la chirurgia del cavo popli-teo ha dovuto cedere il passo alle nuove tecniche mi-ninvasive che hanno reso l’approccio chirurgico meno traumatico e quindi estremamente gradito al paziente. Tuttavia un’attenta conoscenza delle problematiche di questa chirurgia e dei punti di riferimento anatomici delle tecniche tradizionali restano un momento irrinunciabile nella formazione del flebologo, anche se in possesso di nuove tecniche di intervento. Nella Diapositiva 1 ho volu-to riassumere le problematiche di questa chirurgia, solo in apparenza semplice, ma che nasconde non poche insidie di carattere anatomico ed emodinamico.

La chirurgia della piccola safena, di gran lunga meno popo-lare rispetto a quella della grande safena, deve essere ap-procciata con cautela e precise conoscenze anatomiche a causa della notevole variabilità della sede della crosse; mai come in questo caso lo studio preoperatorio deve essere accurato in modo da localizzare con precisione lo sbocco popliteo del vaso ed eventuali variazioni di decorso [Diapo-sitiva 2].

Il problema della variabilità della sede della crosse safenica è noto da tempo; nelle diapositive sottostanti ho riporta-to un lavoro storico di Kosinsky e quindi uno più recente (1988) di Ouvry, che hanno cercato di sistematizzare l’a-natomia della crosse ad uso dei chirurghi [Diapositive 3-4].

LAVORO PERSONALE DIDr. Antonio Garavello - [email protected]

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Diapositiva 1

DIapositiva 2

Diapositiva 3

DIapositiva 4

Nella Diapositiva 5 ho riportato l’attuale classificazione della UIP, che ha il pregio della semplicità e si è avvantaggiata dei recenti studi della diagnostica per immagini.

Un discorso a parte merita la “vena di Giacomini” un importante ramo venoso che realizza una connessione tra la grande e la piccola safena [Diapositiva 6]. In realtà Giacomini descrisse le “estensioni craniali” della picco-la safena, tra cui l’anastomosi intersafenica che ha preso il suo nome e in cui le valvole sono orientate in modo da permettere un flusso centripeto [Diapositiva 7].

Oltre alla vena di Giacomini anche la “Vena della fossa Poplitea” (VFP) rappresenta un’entità spesso incontrata dal flebologo; si tratta di un tronco varicoso che decorre sulla faccia posteriore del ginocchio e della sura [Diapositiva 8].

Come vedete le interconnessioni della VFP nell’ambito della fossa poplitea sono estremamente varie e lo studio emodina-mico dovrà essere estremamente accurato al fine di evitare dis-sezioni e crossectomie inutili [Diapositiva 9].

Diapositiva 5

Diapositiva 7

Diapositiva 6

Diapositiva 8

Diapositiva 9

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Proprio a causa di un inadeguato studio preoperatorio la VFP è spesso coinvolta nella recidive della piccola safena; è stato inoltre rilevato come la presenza di una VFP insufficiente pos-sa essere considerato come un “marker” della severità della patologia varicosa [Diapositiva 10].

Questo preambolo anatomico-emodinamico ha avuto lo sco-po di precisare le indicazioni alla chirurgia della piccola safena; in particolare è importante sapere quando NON operare, evi-tando uno stripping inutile sulla base di precisi riscontri morfo-logici ed emodinamici [Diapositiva 11].

Riguardo alla tecnica chirurgica oramai da molti anni preferia-mo l’approccio in anestesia locale in regime di Day Hospital; la deambulazione immediata del paziente di per se costitui-sce un’efficace profilassi della trombosi venosa postoperatoria inoltre l’anestesia locale non abolisce del tutto la sensibilità dei tronchi nervosi adiacenti alla piccola safena, così che il pazien-te possa subito segnalare trazioni o stiramenti dei rami nervosi evitandone il danneggiamento iatrogeno [Diapositiva 12].

Il danno neurologico rimane il principale problema di questo tipo di chirurgia, costituendo la prima causa di contenzioso medico legale con i pazienti. Nella fotografia sottostante al

centro è evidenziato il nervo tibiale, che può essere danneg-giato in caso di crossectomie “alte” quando lo sbocco della piccola safena di trovi cranialmente al poplite; lo sciatico po-pliteo invece può abbracciare “a cravatta” la crosse” espo-nendosi così a lesioni accidentali, ma le lesioni più frequenti rimangono quelle a carico del nervo surale [Diapositiva 13].

Nella Diapositiva 14 potete osservare una dissezione anatomi-ca del nervo surale a contatto della piccola safena (a sinistra) e in sede sottocutanea (a destra); al centro potete osservare una immagine intraoperatoria in cui il nervo, a stretto contatto con la crosse safeno poplitea, viene dissecato con cautela (filo nero singolo) prima della crossectomia.

Le tecniche minivasive hanno guadagnato grande popolarità nel trattamento dell’insufficienza della piccola safena; da molti anni utilizziamo la tecnica scleromousse, che abbiamo rias-sunto nelle Diapositive 15 e 16.

La piccola safena viene incannulata a livello del malleolo ed il catetere spinto fino alla giunzione safeno poplitea; si procede quindi alla preparazione estemporanea della mousse median-te la tecnica del “tourbillon” secondo Tessari ed all’iniezione per via retrograda.

Diapositiva 11 Diapositiva 13

Diapositiva 10 Diapositiva 12 Nella chirurgia della piccola safena un argomento dibattuto ri-guarda l’incidenza delle recidive ; nella tabella seguente abbia-mo elencato le cause che vengono più frequentemente citate in Letteratura, ma che possono riassumersi nella maggior par-te dei casi in un errore tecnico o in uno studio preoperatorio insufficiente Diapositiva 17.

Un’analisi della Letteratura rivela che ancora oggi la chirurgia tradizionale della piccola safena ha molti sostenitori; da parte nostra crediamo che le tecniche mininvasive svolgano oggi un ruolo importante, con percentuali di successo estremamente significative.

La mousse sclerosante possiede tuttavia grandi vantaggi, so-prattutto per quanto riguarda la semplicità di esecuzione e i costi estremamente contenuti, senza la necessità di apparec-chiature sofisticate.

Riteniamo tuttavia che la chirurgia tradizionale possa ancora avere una sua validità nelle recidive quando, in mani esperte, una crossectomia può risolvere in una sola seduta il problema clinico ed emodinamico, in maniera ambulatoriale.

BIBLIOGRAFIA• Abela e coll. - Eur.J.Vasc.Endovasc.Surg. 2008 Oct.; 36(4) 485-90Reverse foam sclerotherapy of the great saphenous vein with saphe-no-femoral ligation compared to standard and invagination stripping; a prospective clinical series. • Bergan J., Pascarella L., Mekenas L. - Venous disorders: treatment with sclerosant foam. J. Cardiovasc.Surg. 2006 Feb; 47(1): 9-18. • Rasmussen LH, Bjoern L., Blemings A., Eklof B. - Randomized trial comparing endovenous laser ablation of the great saphenous vein with hig ligation and stripping in patients with varicose veins: short term results. J.Vasc.Surg. 2007 Aug; 46 (2): 308-15• Sadick NS, wasser S. - Combined endovascular laser plus ambu-latory phlebectomy for the treatment of superficial venous incompe-tence; a 4 year perspective. J.Cosmet.Laser Ther. 2007 Mar.; 9(1): 9-13.• Lurie F., e coll. - Prospective randomised study of endovenous ra-diofrequency obliteration (closure) versus ligation and vein stripping (EVOLVeS): two year follow-up. Eur.J.Vasc.Endovasc.Surg. 2005 Jan; 29(1): 67-73. • Perrin M. - Endovenous radiofrequency ablation of saphenous vein reflux; The VNUS Closure procedure with Closurefast. An updated review. Int.Angiol. 2010 Aug; 29(4): 303-7

Diapositiva 15 Diapositiva 17

Diapositiva 14 Diapositiva 16

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Chirurgia delle vene varicose: Stripping vsMetodo CHIVA, uno studio randomizzato controllatoVaricose vein Surgery: Stripping vs the CHIVA Method: a randomized controlled trialJosep Oriol Pare´s, MD, Jordi Juan, MD, Rafael Tellez, MD, Antoni Mata, MD, Coloma Moreno, MD, Francesc Xavier Quer, MD, David Suarez, PhD, Isabel Codony, MD, and Josep Roca, MD - Annals of Surgery • Volume 251, Number 4, April 2010

RIASSUNTOL’obiettivo dello studio (randomizzato, aperto e control-lato) era quello di confrontare l’efficacia della cura CHI-VA nel trattamento delle vene varicose degli arti inferiori in rapporto ai trattamenti standard di stripping e di evi-denziare le differenze riguardo a complicanze e durata della convalescenza. Per oltre cent’anni lo stripping ha rappresentato il trattamento di riferimento per la sua semplicità, rapidità e sicurezza, peraltro non supporta-to, per lungo tempo, da valutazioni ecografiche emodi-namiche. Nel 1988 Franceschi descriveva la CHIVA, il cui obiettivo è quello di conservare il sistema safenico, mantenendo il drenaggio dei tessuti cutaneo e sotto-cutaneo, ma eliminare le varici riducendo la pressione idrostatica attraverso la deconnessione degli shunt ve-nosi. Il trial ha riguardato un gruppo sperimentale (cura CHIVA) e due gruppi controllo (stripping con mappatura clinica e ultrasonografica). L’efficacia è stata verifica-ta misurando le recidive cliniche a cinque anni. I 501 pazienti arruolati presentavano varici essenziali e sono stati randomizzati in tre gruppi. L’efficacia a cinque anni è stata valutata, da osservatori indipendenti, usando la classificazione di Hobbs (guarigione: assenza di varici; miglioramento: varici di calibro inferiore a 0,5 cm; falli-mento: varici di calibro superiore a 0,5 cm).I risultati sono stati: per la CHIVA, guarigione 44,3%, miglioramento 24,6%, fallimento 31,1%; stripping con mappatura clinica, guarigione 21%, miglioramen-to 26,3%, fallimento 52,7%; stripping con mappatu-ra ultrasonografica, guarigione 29,3%, miglioramento 22,8%, fallimento 47,9%.È stata anche eseguita una valutazione ecografica di recidiva: CHIVA 36,3%, stripping con mappatura cli-nica 64,4%, stripping con mappatura ultrasonografica 57,8%.In nessun gruppo si sono verificate complicanze mag-giori, ad esempio TVP, mentre fra le complicanze mi-nori la neuropatia del safeno è stata assente solo nella CHIVA. La convalescenza media nella CHIVA è stata di soli tre giorni. Tutti i dati sono risultati statisticamente significativi.

COMMENTOIn questo studio la CHIVA ha ottenuto, rispetto allo stripping, una netta diminuzione delle recidive, miglio-ramento dei risultati ecografici e, infine, riduzione del-le complicazioni e del tempo di convalescenza.I risultati nei due gruppi controllo sono pressoché sovrapponibili in tutte le variabili esaminate, eccetto la convalescenza, migliore nel gruppo stripping con mappatura ecografica (15 giorni), probabilmente per la minore aggressività della tecnica chirurgica. Questo dimostra come l’ultrasonografia non fornisca informa-zioni determinanti al chirurgo nella tecnica dello strip-ping, o che richieda capacità di mappatura ecografica da parte sua. La distanza dei risultati della CHIVA ri-spetto allo stripping con mappatura ultrasonografica, invece, dimostra che non è quest’ultima a fornire van-taggi specifici alla metodica emodinamica.Una possibile interpretazione dei risultati dello studio è che il mantenimento del sistema venoso superficiale e la riduzione della neoangiogenesi favoriscano una situazione emodinamicamente favorevole per la cute e il tessuto sottocutaneo. La minore aggressività della procedura riduce complicanze e convalescenza. Da ultimo, la conservazione del patrimonio venoso lo ren-de disponibile per eventuali futuri bypass arteriosi.Al-tro vantaggio della CHIVA è costituito dalla possibilità di eseguire un’anestesia locale, invece che spinale, come è avvenuto nello stripping.Il training chirurgico nella CHIVA, invece, è più com-plesso, in rapporto alla capacità di mappatura emo-dinamica, identificazione precisa degli shunt e scelta strategica, fattori che condizionano i risultati.Anche se il tasso di recidiva è inferiore nella CHIVA, appare comunque piuttosto alto. Questo potrebbe di-pendere dal fatto che la malattia varicosa è evolutiva e quindi tende a coinvolgere vasi dapprima apparen-temente “sani”. Le vene reticolari, solitamente coin-volte, il più delle volte, subiscono reflussi provenienti da perforanti poste al di sotto della deconnessione precedentemente eseguita. Queste ultime diventan-do insufficienti coinvolgono varici successive. Altri tipi

RIASSUNTO E COMMENTO DIDr. Colombano De Cesare - [email protected]

di varici persistono dopo l’intervento, probabilmente perché la riduzione di pressione legata alla deconnes-sione, non riesce a ottenere un recupero di vasi ec-cessivamente danneggiati.Da qui la considerazione che flebectomie comple-mentari sui segmenti più dilatati, o una scleroterapia postoperatoria abbiano un’utilità nel rendere più gra-devoli i risultati estetici della CHIVA, senza sacrificare eccessivamente l’emodinamica.Per quanto riguarda le recidive da evoluzione della malattia, poiché queste coinvolgono principalmente vene reticolari, occorre considerare che ulteriori de-connessioni e flebectomie o, alternativamente, scle-roterapia, possono essere un accettabile opzione terapeutica, in considerazione della loro modesta in-vasività ed impegno, tanto per il chirurgo, quanto per il paziente.

La schiuma sclerosante nel trattamento endoscopico delle emorroidi sintomaticheLa parola emorroide, che deriva dal greco “haima”,

cioè sangue, e “rheo” che significa scorrere , ci dice che già nell’antica grecia la patologia emorroidaria era ben conosciuta e con questa parola si evidenziava il sintomo più importante ed ecclatante:il sanguinamen-to. Notizie di questa patologia le ritroviamo nel codice di Hammurabi nel 2000 a. c. nella civiltà babilonese, ad indicare che all’epoca come adesso è una delle malat-tie più frequenti. In letteratura la sua incidenza varia dal 4.6% al 36%, con una prevalenza nel sesso maschile ed una mag-giore prevalenza a partire dalla quarta decade con un corteo sintomatologico non specifico, che ci deve por-tare sempre a fare diagnosi di certezza solo dopo aver escluso l’integrità del distretto retto-sigmoideo con un’indagine endoscopica. Oggi si ritiene che l’elemento patogenetico principale della patologia emorroidaria sia rappresentato dallo slittamento dei cuscinetti anali sot-tomucosi a seguito della degenerazione del ligamento sospensore di Parks associato ad una iperperfusione del suo plesso artero-venoso con conseguente prolas-so e sanguinamento, ma non esiste una correlazione anatomo-clinica in rapporto al grado della malattia in quanto possiamo avere emorroidi voluminose asinto-matiche e invece piccole emorroidi sintomatiche ed è per questo che la terapia si basa sulla sintomatologia

presente. Le terapie proposte negli anni in regime am-bulatoriali sono varie (Fig. 1) noi abbiamo preferito la tecnica sclerosante secondo “Ros-Col” di Rosi-Colucci (1) per i seguenti motivi: a) facile ripetibilità - b) fatti-

LAVORO PERSONALE DIDr. A. Palmeri, Dr. M. [email protected]

Fig 1

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bilità ambulatoriale - c)tassenza di dolore-d)assenza di complicanze e f)azione della schiuma di Polidocanolo che agisce sia in sede intravasale creando vasospasmo con maggior contatto del farmaco sull’endotelio e sia in sede extra-vasale creando nel tempo fibrosi (Fig. 2). Con questa tecnica come si vede (Fig. 3) la sclerosi av-viene dall’alto verso il basso eliminando le complicanze della tradizionale sclerosi quali ematuria, emospermia, disfunzione erettile etc ed in più con la retroversione abbiamo una visione magnificata dei peduncoli emor-roidari (Fig. 4) che ci permettono una sclerosi più mirata. Ultimamente abbiamo esteso questa tecnica anche alle emorroidi di III e IV grado ottenendo un miglioramento della sintomatologia.

STRUMENTI E TECNICAÈ necessario disporre di un endoscopio flessibile, un gastroscopio dedicato e/o un sigmoidoscopio, un ago 23 G e come soluzione sclerosante Polidocanolo al 1% e 3%. Durante l’endoscopia, con la manovra di retroversione si visualizza l’apice dei gozzi emorroidari e si inietta, tramite l’ago introdotto attraverso il canale operatorio dell’endoscopio, a livello della sottomucosa del peduncolo, dall’alto verso il basso, 2 cc di schiu-ma sclerosante per ogni gruppo emorroidario fino ad un massimo di 8 cc. La preparazione della schiuma è quella classica (Tessari (2), frullini-cavezzi (3) della flebo-logia con un’ iniezione lenta senza opporre resistenza altrimenti si corre il rischio di creare dolore trovandosi in una zona non distensibile, al contrario un’iniezione troppo superficiale crea un grosso ponfo, sempre evi-denziabile endoscopicamente, con dolore e tenesmo. Monitoriamo sempre il pz con un pulsiossimetro.

CONTROINDICAZIONILa tecnica non si effettua in soggetti affetti da trombo-si emorroidarie, ragadi, ascessi, fistole, Crohn e Colite Ulcerosa.

CASISTICADal marzo 2010 al maggio 2012 (Fig. 5) abbiamo trat-tato 111 pz con emorroidi di I-IV grado sec. la tecnica “RosCol” con 40 donne e 71 uomini, età media 50, 7 (range 25-76) eseguendo a tutti una retto-coloncopia e una copertura antibiotica nelle 12 ore precedenti e per altre 24 ore e due clisteri di pulizia due ore prima del trattamento per ridurre la batteriemia e l’eventuale rischio di setticemia. A tutti è stato chiesto di compila-re un questionario a cui veniva spiegata la metodica e data una scala analogica del dolore, del disagio e del sanguinamento secondo un protocollo elaborato dal nostro gruppo di studio di Assisi nel 2012. Come endo-scopio flessibile è stato usato un gastroscopio e/o un colonscopio a secondo del fastidio che poteva procu-rare lo strumento. Il liquido sclerosante usato è stato il polidocanolo al 1% inizialmente e successivamente al 3%in schiuma. Le sedute sono state 365 in media 3.2 a pz. ad una distanza di 3 settimane; al I stadio abbiamo 12 pz. (10.9%) al II 74 pz (66.8%) al III 22 pz (20.2%) e al IV 2 pz (2.1%) con i seguenti sintomi: sanguinamento 36%, sanguinamento + fastidio-dolore 35%, fastidio-dolore 24% e prolasso 6%. Il miglioramento globale del

Fig. 2

Fig 3

quadro sintomatologico è stato, già del 70% dopo il primo trattamento salendo all’87% al secondo per atte-starsi al 92% alla fine delle sedute. Nel follow up che va da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 24 mesi solo l’11% hanno necessitato di ulteriori trattamenti di 1, 2 o 3 sedute sempre con il Polidocanolo al 3% riscontran-do le recidive maggiori quando abbiamo usato l’1%. In tre casi (3.3%) siamo ricorsi all’intervento chirurgico sec. M. M. Come complicanza abbiamo avuto solo un dolore con sindrome vago-vagale da attribuirsi ad una iniezione troppo profonda. CONCLUSIONII vantaggi della schiuma rispetto alla forma liquida si sono ormai consolidati da anni in campo flebologico e grazie ai lavori di Rosi-Colucci , di Ronconi (4) e di

Benin (5) possiamo trasferire questa esperienza anche in campo proctologico per il trattamento delle emor-roidi sintomatiche in quanto si è visto che la reazione fibrotica indotta dal farmaco comporta una diminuzione fino all’arresto del sanguinamento e alla risalita verso l’alto almeno parziale del prolasso, pur non essendo in questo caso l’indicazione principale per il suo uso. L’iniezione dall’alto verso il basso, possibile solo con la manovra di retroversione, riduce notevolmente le com-plicanze di questa metodica e l’uso del polidocanolo elimina tutti gli effetti collaterali legati al farmaco che in passato si sono avuti e anche attualmente con il nuo-vo sclerosante ALTA(aluminum potassium sulfate tannic acid) usato in Giappone (6).

BIBLIOGRAFIA1)Rosi G, Colucci R: Risultati a 5 anni del nuovo approccio “Ro-sCol” alla patologia emorroidaria con endosclerosi del plesso con uso di schiuma sclerosante con polidocanolo. Abstracts da Scle-rotherapy 2012, Marzo 23. 24-Firenze2)Tessari L: Nouvelle tecnique d’obtention de la sclèro-mousse. Phlèbologie 2000;53, 1:1293)Frullini A, Cavezzi A:Sclerosing foam in the treatment of vari-cose veins and telangectasias:history and analysis of safety and complications:Dermatol Surg. 2002 Jan;28(1):11-154)Ronconi M, Cervi e: la scleromousse nella cura delle emorroidi sintomatiche:esperienza personale. Veins 2010:4-105)Benin P, D’Amico C: Foam sclerotherapy with fibrovein(STD)for the treatment oh Hemorroids, using a flexible endoscope:Minerva Chirurgica 2007 Agosto;62(4):235-406)Miyamoto H, Asanoma M, Miyamoto H, Shimada M:ALTA injec-tion sclerosing therapy: non-excisional treatment of internal hemorrhoids:Hepatogastroenterology-2012 Jan-Feb;59(113):77-80.

Fig. 4

Fig. 5

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Studio clinico randomizzato di scleroterapia eco-guidatacon schiuma vs intervento chirurgico per incompetenza della vena grande safenaRandomized clinical trial of ultrasound-guided foam sclerotherapy versus surgery for the incompetent great saphenous veinShadid N, Ceulen R, Nelemans P, Dirksen C, Veraart J, Schurink GW, van Neer P, vd Kley J, de Haan E, Sommer A.Br J Surg. 2012 Aug;99(8):1062-70. doi: 10.1002/bjs.8781. Epub 2012 May 25.

L’interesse per la patologia varicose è sempre mag-giore, sia per l’impatto che la stessa ha sulla qualità

di vita dei pazienti, sia per l’impegno economico richie-sto ai sistemi sanitari, considerando che secondo studi epidemiologici un quarto della popolazione è affetto da varici.Questo studio clinico randomizzatoeseguito in Olanda confronta il trattamento sclerosante ecoguidato con schiuma (UFGS) con la chirurgia, nella cura dell’incom-petenza della vena grande safena. Gli autori hanno scelto come outcome primario la pro-babilità di recidiva a 2 anni dal trattamento e come out-come secondari la presenza di reflusso, la riduzione dei sintomi, la qualità di vita, la comparsa di eventi avversi ed i costi dei 2 trattamenti. La scleroterapia ecoguida-ta è stata effettuata con Polidocanolo al 3%; la schiu-ma prodotta con il metodo Tessari con un rapporto liquido-aria di 1:4. L’intervento di safenectomia è stato eseguito in regime di Day surgery in anestesia generale o spinale.Lo studio ha valutato un gruppo di 460 pazienti: 233 trattati con UFGS e 227 con chirurgia. A 2 anni la probabilità di recidiva era simile nei 2 gruppi: 11.3% per l’UFGS e 9% per la chirurgia. Considerando la sola presenza di reflusso rilevata all’ecocolordoppler a 2 anni dal trattamento questo era rilevabile nel 35% dei pazienti trattati con UFGS e nel 21% dei pazienti sottoposti a chirurgia, con una differenza statistica-mente significativa a favore di quest’ultimi. Tuttavia se il parametro considerato era invece il reflusso associato a varici non vi erano differenze statisticamente signi-ficative tra i 2 gruppi. Inoltre a 2 anni non si sono os-servate differenze significative nel miglioramento della qualità di vita. Per quanto riguarda i costi gli autori han-no stabilito un costo complessivo per paziente (inclusi i vari accessi ambulatoriali ed il trattamento di eventuali complicanze) di 774 euro per UFGS contro i 1824 per la chirurgia.Gli autori concludono quindi che a 2 anni il trattamento sclerosante con schiuma dell’insufficienza della vena grande safena ottiene risultati sovrapponibili alla chi-rurgia se si considera come outcome la presenza di reflusso e di sintomi venosi, con un costo decisamente

inferiore. Si potrebbe obiettare che il trattamento chi-rurgico è stato eseguito in anestesia generale o spi-nale, quando può essere condotto anche in anestesia locale tumescente o altra anestesie più adatte ad un setting ambulatoriale, ma in ogni caso lo studio appa-re ben condotto ed equilibrato e mette a fuoco alcuni problemi aperti:1. come definire la recidiva? Come la sola presenza di reflusso all’ecodoppler o l’associazione di reflusso e di sintomi venosi-varici?2. vista la sempre maggiore difficoltà dei sistemi sanita-ri il problema del costo è sempre più pressante.Per quanto riguarda il primo punto ritengo che una pa-tologia non possa essere definita da un solo dato stru-mentale, come il reflusso all’ecodoppler, ma debba es-sere un insieme di segni e sintomi. È chiaro comunque che, per chi segue la patologia varicosa, il rilevare un reflusso con esame strumentale è un segno di allarme che spinge ad un monitoraggio più stretto del paziente, ma non è di per sé un indicazione al trattamento. Sa-rebbe interessante indagare con studi a medio-lungo termine il destino di questi pazienti.Il problema del costo è un problema attuale in un pe-riodo di ristrettezze economiche ed ha sicuramente il suo peso. È ovvio che esso deve andare di pari passo all’adegua-tezza del trattamento e delle indicazioni al trattamento nell’interesse del paziente e non del guadagno che se ne può ricavare.Tenendo conto di tutte queste considerazioni la UFGS si pone sempre più come una valido e riconosciuta al-ternativa nella cura dell’insufficienza della vena grande safena.

COMMENTO DIDr.ssa Patrizia Pavei - [email protected]

La ScleroterapiaTermoassistita con Radiofrequenza Transdermica: esperienza preliminare

ABSTRACTLe proprietà della radiofrequenza su tessuti biologici, e in particolare sul collagene, sono ampiamente dimostrati. Il meccanismo di azione risiede principalmente nella produ-zione e veicolazione del calore per via transdermica ai tes-suti. Tra le modalità applicative quella “bipolare” veicola il calore a pochi mm. di profondità; la modalità “monopola-re”, con moderni dispositivi, può surriscaldare i tessuti fino oltre i 15 mm. Forti fluenze di energia hanno effetti denatu-rativi sul collagene (“shrinkage”), tuttavia, fluenze più mo-deste sembrano possedere proprietà inducenti la fibroge-nesi. Tali proprietà sono ampiamente sfruttate in medicina estetica per il rassodamento dei tessuti ed il lifting non ablativo. Il nostro studio sembra comprovare tale azione fibrogenetica in campo flebologico. Ventisei pazienti, affet-te da teleangectasie e ectasie reticolari degli arti inferiori, furono sottoposte ad un trattamento scleroterapico di 5 sedute bisettimanali, usando una debole concentrazione di POL; in uno dei due lati di ogni singola paziente fu som-ministrato in aggiunta un trattamento di radiofrequenza. I risultati, valutati a due settimane e a sei mesi post tratta-mento mostrano una miglior risposta (92% verso 77%) e una minor incidenza degli effetti collaterali locali (assenza completa effetti collaterali a sei mesi 88% verso 58%) nei lati trattati con radiofrequenza aggiuntiva rispetto ai lati trattati con sola scleroterapia.

PREMESSALa scleroterapia, quale trattamento della patologia veno-sa, è in uso dai primi anni del ‘900. Tuttavia, è dal 1924 (Bazelis/Sicard) che il trattamento viene codificato e intro-dotto su larga scala. Seguiranno nuovi pionieri quali Lin-ser, Filderman, Delater, Gaugier e, molto più tardi, Laubry, Bassi, Olivier, Fegan, per citarne solo alcuni, sino agli anni ’60/’70 con, Sigg, Tournay, Wallois. Il principio terapeutico risiede nella capacità lesiva sull’endotelio venoso di alcune sostanze chimiche iniettate endovena con evocazione di successiva reazione fibrotica, obliterativa del lume. Fu presto evidente che l’efficacia obliterativa di tale me-todica era limitata alle vene di piccolo calibro. Ciò per i seguenti principali motivi: 1) impossibilità di ottenere una concentrazione adegua-ta del farmaco nel lume venoso, per l’effetto diluente del sangue nelle vene di in certo calibro. 2) Impossibilità di un contatto sufficientemente omogeneo

dello sclerosante con l’endotelio causa il fattore flusso ematico nelle vene più grandi. 3) Possibile inattivazione dello sclerosante da parte delle proteine plasmatiche e attivazione del processo fibrinoli-tico da parte dello sclerosante ad una certa concentra-zione (1). Nel 1944 Orbach evidenziò che unendo aria al liquido sclerosante si otteneva una sclerosi più efficace, ma fu solo nel 1992 che le esperienze di Juan Cabrera (2) dimostrarono come con una schiuma sclerosante ot-tenuta sfruttando le proprietà tensioattive di alcuni scle-rosanti detergenti (Polidocanolo-Tetradecilsolfato di sodio) si potevano trattare anche vene di grande calibro. Dopo alcuni anni Lorenzo Tessari individuò un sistema facilmen-te ripetibile (due siringhe connesse con un rubinetto a tre vie) per ottenere una schiuma sclerosante di ottima qualità e stabilità. Le successive esperienze di Frullini e Cavez-zi dimostrarono definitivamente l’efficacia della schiuma sclerosante. Dal punto di vista fisico la schiuma è una dispersione di un gas (aria, CO2) in un liquido tensioatti-vo (sclerosanti di tipo detergente): le microbolle di cui è composta tendono nell’arco di alcuni minuti, a coalescere in bolle più grandi sino a dissolversi; le due parti, liquida e gassosa, (“fasi”) di cui è composta la schiuma tendono pertanto gradualmente a separarsi (degradazione). La schiuma sclerosante pertanto, prima della sua degra-dazione, ha i seguenti vantaggi rispetto al liquido sclero-sante: 1) spiazza completamente il sangue nel progredire nel lume vasale. 2) Espandendosi riempie completamente il lume vasale con contatto omogeneo e uniforme. 3) data la sua lenta progressione (modificabile anche con manovre compressive) rende più duraturo il contatto dello sclerosante con l’endotelio. 4) ha proprietà iperecogene; la procedura è pertanto effet-tuabile sotto ausilio ecografico. 5) data la proprietà di spiazzamento del sangue, non subi-sce diluizione: è pertanto possibile l’uso di quantità e con-centrazioni di sclerosante minori rispetto alla scleroterapia liquida. Allo stato attuale è riconosciuta l’efficacia della scleroterapia ecoguidata con schiuma per il medio perio-do (3, 4, 5), tuttavia è da rimarcare una eterogeinità ecces-siva nei risultati, causata anche dalla mancanza di proto-colli attuativi condivisi che codifichino sia la prassi esecutiva della metodica, sia, possibilmente, i migliori rap-

LAVORO PERSONALE DIDr. Giorgio Falaschi - [email protected]

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porti tra volumi, concentrazioni e tempi di contatto, rispet-to alle varie classi di calibro/lunghezza delle vene da trat-tare. L’evento che si verifica immediatamente dopo l’iniezione sclerosante è l’attivazione del processo di coa-gulazione endovasale (attivazione estrinseca della coagu-lazione per lesione endoteliale). L’alterazione irreversibile della membrana fosfolipidica induce la necrosi della cellula endoteliale con attivazione della “fase di contatto” del pro-cesso coagulativo che comprende: adesione delle piastri-ne alla parete lesa e la loro attivazione per contatto con il fattore tissutale. Ciò comporta la biodisponibilità del Fatto-re V, coenzima attivante il fattore X ematico: sulla superfi-cie biocatalitica piastrinica si forma un complesso multi-molecolare costituito da Fattore Xa (enzima), Fattore V (coenzima), Protrombina ematica (zimogeno) che attiva la trombinogenesi e la conseguente trasformazione di fibri-nogeno in reticolo di fibrina. Inoltre l’attivazione di contatto delle piastrine provoca, tramite liberazione di trombossa-no, una potente azione di aggregazione piastrinica. Altri importanti fattori regolano l’entità e l’evoluzione del pro-cesso trombotico. Il primo è determinato dalla Antitrombi-na III (glicoproteina circolante) ad azione antitrombinica e attiva se adesa all’endotelio integro; il secondo è il com-plesso proteina C/proteina S, anch’esso ad azione anti-trombinica, che viene attivato sull’endotelio dalla trombina stessa. Tali sistemi di controllo anticoagulativo nel vaso integro, vengono regolarmente soverchiati dai meccani-smi coagulativi in caso di lesione endoteliale (6). Il trombo conseguente all’intrappolamento dei globuli rossi e globu-li bianchi nel reticolo di fibrina è caratteristicamente sin dall’inizio molle e ben adeso alla parete venosa (“trombo infiammatorio”). La stasi venosa a monte e a valle del seg-mento venoso interessato dal trombo infiammatorio de-termina invece un processo coagulativo prodromo di una trombosi non infiammatoria (“trombo da stasi”): trombo scarsamente adeso, con sottile reticolo fibrinico e suscet-tibile di rapida lisi ; ciò rende conto della precoce ricanaliz-zazione di segmenti venosi più distanti al punto di iniezio-ne quando il volume dello sclerosante non sia stata sufficiente. L’evoluzione del trombo è un processo com-plesso ed ancora non del tutto chiarito, il cui esito deter-mina la riuscita della terapia sclerosante. Infatti due mec-canismi ad azione opposta si innescano contemporaneamente con prevalenza finale dell’uno o dell’altro. Il primo meccanismo, ad origine sia parietale, sia ematica, porta alla lisi progressiva del trombo ed alla rica-nalizzazione. L’altro, ad origine prevalentemente parietale, conduce alla organizzazione del trombo tramite colonizza-zione da parte di fibroblasti e sostituzione finale del trom-bo con tessuto cicatriziale. Artefice principale della lisi è la fibrinolisina (plasmina) derivante dal plasminogeno (glico-proteina prodotta dal fegato e presente nel plasma) dopo la sua attivazione da parte di due tipi di proteasi: l’una è il tPA (attivatore tissutale del plasminogeno), liberato dall’en-dotelio leso; l’altra, di minore importanza, è l’urokinasi pla-smatica, derivata dalla pro urokinasi plasmatica sotto l’a-zione della callicreina prodotta dalle piastrine nella fase di contatto e adesione. Questa attività fibrinolitica è partico-larmente attiva nei primi giorni della trombosi; essa viene progressivamente sostituita dalla trombolisi da parte dei polimorfonucleati attratti per diapedesi da stimoli chemio-tattici nella sede del trombo. Essi esplicano la loro azione

in modi diversi: digestione della fibrina tramite proteasi (elastasi, catepsina G), lisi piastrinica, fagocitosi diretta della fibrina. In condizioni normali, l’esaltata attività fibrino-litica è modulata da una attività antifibrinolitica ed anti pia-strinica espressa dall’endotelio vitale tramite la trombo-modulina (attività sia anticoagulante, sia antifibrinolitica) e la ciclossigenasi endoteliale (CLOX2) che, catalizzando la sintesi di prostaciclina, inibisce l’aggregazione piastrinica (7). Il secondo processo che si instaura contestualmente è l’organizzazione del trombo. Secondo gli studi più recenti esso inizia con la migrazione nel trombo (attrazione che-miotattica) di leucociti che in parte esercitano azione ma-crofagica sul trombo, in parte(monociti), tramite produzio-ne di chemochina-interleuchina-8 (IL-8) promuovono una azione pro fibroblastica. I fibroblasti che invadono il trom-bo sono di provenienza intimale e sottointimale: La forma-zione di proto collagene amorfo sembra catalizzata dai fattori di crescita derivanti dalla lisi piastrinica (Pdgf, Tgf-B, Fgfb) (8)). La maturazione in collagene da tipo I a tipo III

Prima del trattamento

Due settimane post trattamento con Scleroterapia e RF

avviene assai lentamente e talora in modo incompleto. In questa importante fase l’impalcatura fibrinica viene pro-gressivamente sostituita da una impalcatura di collagene con interposta sostanza fondamentale. Questa viene in-vasa da cellule neoangiogenetiche di origine iuxta intimale (cellule “paraendoteliali”?, cellule staminali?) che determi-nano una progressiva neo micro vascolarizzazione del vecchio trombo. Non è al momento chiaro perché a que-sto stadio il processo di fibrosi si stabilizzi, ovvero avvenga una progressiva ricanalizzazione (più o meno lenta), trami-te il sopravvento litico dei macrofagi e monociti (produzio-ne di ialuronidasi, collagenasi) e il progressivo sviluppo e confluenza dei neo vasi sino a determinare un neo lume, una neo avventizia ed infine un neo endotelio per coloniz-zazione dai segmenti venosi adiacenti ed integri. L’oblite-razione fibrotica duratura del lume venoso avviene solo se il processo fibrogenetico ha il sopravvento sul processo collagenolitico e se il processo fibrinolitico avviene gra-dualmente evitando una ricanalizzazione precoce. Pre-supposti essenziali sembrano essere da un lato una com-pleta e uniforme necrosi endoteliale, dall’altro uno stimolo infiammatorio degli strati sottoendoteliali sufficientemente energico ad una valida induzione fibrogenetica. Appare pertanto essenziale un opportuno dosaggio della sostan-za sclerosante in termini di concentrazione/volume rispet-to al calibro e lunghezza della vena da trattare, nell’ambito di un rigoroso protocollo esecutivo che preveda un appro-priato bendaggio compressivo. Le onde elettromagneti-che della Radiofrequenza sono prodotte da un opportuno generatore di microonde (“cannone elettronico”) basato sul principio della modulazione di un intenso fascio di elet-troni. Le onde di Radiofrequenza sono in uso in medicina, con diverse metodiche, intensità e lunghezze di onda, da oltre 80 anni. Vengono usate in elettrochirurgia per elettro-bisturi di precisione; per provocare una necrosi di tessuto neoplastico; per il trattamento ablativo di aritmie cardia-che; per la riduzione di tessuti ostruenti; per ablazione de-licata di tendini e ligamenti; per decomprimere dischi inter-vertebrali; per il trattamento del dolore neuro muscolare. Agli inizi degli anni 2000 la Radiofrequenza è stata appro-vata dalla FDA per l’ablazione termica endoluminale della vena safena interna (metodo VNUS) e, più recentemente, per terapie di medicina estetica quali, ringiovanimento cu-taneo, rilassamenti cutanei e lifting non chirurgico del volto (metodica Thermage e successive evoluzioni) per la dimo-strata capacità di ricompattamento del tessuto connettivo (9). Le onde elettromagnetiche (frequenze usate in Medici-na Estetica: 1MHz-10MHz) vengono somministrate per via transcutanea tramite apposito manipolo autorefrige-rante, per evitare ustioni cutanee, con opportuna energia (10-50 J); la capacità di penetrazione nei tessuti è deter-minata sia dalla frequenza prescelta (maggiore la frequen-za, minore la penetrazione), sia dalle modalità di sommini-strazione (monopolare, bipolare, tripolare), sia dalle caratteristiche fisiche dei tessuti (coefficiente di penetra-zione). Nella erogazione monopolare le onde elettroma-gnetiche emesse dal manipolo attraversano tutti i tessuti sino alla placca neutra posizionata sul corpo in una sede distante: in questo caso la penetrazione è profonda e l’a-zione energetica utile può estendersi ad oltre 15 mm dalla cute. Nella erogazione bipolare, anodo emittente e catodo sono situati entrambi nella sonda del manipolo a breve

distanza: la penetrazione nel tessuto è eguale alla metà della distanza tra anodo e catodo: efficacia a pochi mm. dalla cute. Nella erogazione tripolare, il manipolo è forma-to di tre elettrodi: l’emissione (anodo) oscilla continuamen-te dall’uno all’altro elettrodo, mentre gli altri due fungono vicendevolmente da catodo; in questo modo la diffusione delle onde è assai omogenea nell’area di applicazione, ed assai superficiale: tale dispositivo è utile per il lifting non ablativo del volto. In ogni caso le onde elettromagnetiche inducono uno spiazzamento elettronico transitorio delle molecole dell’acqua presente nei tessuti con polarizzazio-ne e successivo rilassamento delle stesse: l’energia termi-ca prodotta dalla reazione viene trasmessa ai tessuti cir-costanti in rapporto alla loro conduttività termica (9). Le azioni del calore sul collagene sono state in parte già do-cumentate, in parte oggetto di studi in corso. Allo stato attuale (10, 11, 15, 16, 17): A) A temperature tra 55° C e 65° C. si ottiene una retrazio-ne progressiva delle fibre collagene (shrinkage) dovuto ad

Prima del trattamento

Due settimane post trattamento con Scleroterapia e RF

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una contrazione e riassestamento dei legami molecolari prolina-idrossiprolina nella struttura elicoidale, che viene tuttavia mantenuta (alfa tripla elica).B) A temperature superiori a 65C si realizza una progres-siva alterazione della struttura a tripla elica con aumento del diametro delle fibre sino a denaturazione completa e perdita della struttura fibrillare. Nessun ulteriore cambia-mento avviene oltre gli 85C. C) Collagene alterato (rottura dei ponti idrogeno o pre-trattato con salicilato) ha una temperatura di “shrinkage” molto più bassa di 65 C. D) Temperature tra 45C e 55C non producono “shrinka-ge”, ma hanno un potente stimolo fibrogenetico per at-tivazione leucocitaria di HSP 47 (heat stress protein 47). E) La vasodilatazione conseguente al calore favorisce iperplasia e ipertrofia dei fibroblasti con intensità maggiore nei tessuti danneggiati.

MATERIALI E METODIPer valutare l’eventuale efficacia della radiofrequenza quale adiuvante alla scleroterapia, nel periodo Gennaio 2011/Dicembre 2011 sono state selezionate a caso 26 pazienti di sesso femminile che presentavano dilatazioni reticolari sub dermiche e teleangectasie di tipo primitivo (non significativa patologia dell’asse safenico all’esame Ecocolordoppler) nella regione antero laterale di coscia di circa simile entità in entrambi i lati. Range età 28-54 anni ; età media 36 anni; tutte erano di razza mediterranea e l’anamnesi era negativa per patologie di rilievo; nessuna assumeva farmaci, in particolare farmaci ormonali. In tut-te le pazienti l’indicazione terapeutica era di tipo estetico. Allo scopo di rendere più omogeneo possibile il risultato dell’indagine, fù stabilito il seguente protocollo terapeutico: • Farmaco: POL (Atossisclerol/Lauromacrogol 400) alla

concentrazione di 0,25%• Ago 30G, 12 mm (Meso relle), siringa insulina 1 ml (Pen-

ta Ferte)• Numero iniezioni: 4-5 per lato (contemporaneamente

nella stessa seduta), con uso di lente di ingrandimen-to (3 diottrie) e apparecchiatura a transilluminazione ove necessario.

• Numero totale sedute: 5 a cadenza bisettimanale. • Controllo a due settimane e a sei mesi dopo l’ultima

seduta. • I n ogni paziente fu scelto a caso un lato dei due su cui dopo ogni singola seduta scleroterapica veniva applicato un trattamento addizionale di radiofrequenza transder-mica della durata di 15 minuti. Il trattamento a radiofre-quenza fu attuato con macchinario M10e della Honkon Med e manipolo a frequenza bipolare (Frequenza 2,64 Mz, potenza usata 10-18 Joules; durata impulsi 20 sec), elettrodo di contatto mantenuto senza raffreddamento; la somministrazione della radiofrequenza veniva eseguita mantenendo il manipolo a contatto con la cute su cui era stata eseguita la scleroterapia e imprimendo a questo mo-vimenti circolari. Al termine, sull’area veniva posta borsa di ghiaccio per alcuni minuti e veniva applicata crema lenitiva all’ossido di zinco. • Entrambi i lati trattati vennero quindi mantenuti compressi

con fascia coesiva Cofix 10 cm, per i due giorni consecutivi. • Ad ogni seduta veniva esaminato lo stato della cute e

l’evoluzione della sclerosi: ove necessario veniva ripetu-to il trattamento dell’area; viceversa si procedeva al trat-tamento di aree contigue, sempre trattando le “feeding vein” (transilluminazione) e i rami più grandi per primi.

RISULTATII controlli furono effettuati a due settimane e a sei mesi dopo la quinta seduta. Onde procedere ad una valuta-zione sufficientemente obiettiva, i due lati di ogni singolo paziente (definendo lato A quello sottoposto a sola scle-roterapia e lato B quello sottoposto a trattamento con radiofrequenza addizionale) furono confrontati e valutati secondo i seguenti parametri:A) Ectasie Residue o Recidive nell’area trattata. B) Presenza di effetti collaterali (pigmentazioni, coaguli, matting, irritazioni cutanee). C) Aspetto globale dell’area trattata, (valutata solo a 6 mesi), con paziente eretto, luce diretta 100W, a 1 metro di distanza. La valutazione di ogni parametro fu data, per ogni lato, con i seguenti criteri valutativi: Par. A): assenti-scarse-significativePar. B): assenti- scarsi- significativiPar. C): miglioramento assente – scarso –significativoNei lati trattati con sola scleroterapia si osservò, a due settimane dal termine delle sedute, una ottima risposta (pressochè assenti residui) delle ectasie in 10 pazienti (39%), una buona risposta (scarsi residui) in 12 pazienti (46%), una scarsa risposta in 4 pazienti (15%). A sei mesi di distanza, causa ricanalizzazioni, i risultati tesero a peg-giorare come segue: ottima risposta in 8 pazienti (31%), buona risposta in 12 pazienti (46%), scarsa risposta in 6

Tav 1, 2 e 3

pazienti (23%). Ciò era in parte atteso data la scelta per il presente studio di una concentrazione di sclerosante (POL 0,25%) molto bassa. Nei lati trattati con aggiunta di Radiofrequenza, i risultati immediati furono: ottima rispo-sta in 14 pazienti (54%); una buona risposta in 10 pazienti (38%); una scarsa risposta in 2 pazienti (8%). In questi lati trattati aggiuntivamente si osservò tuttavia un ulteriore miglioramento al controllo dei sei mesi: ottima risposta in 19 pazienti (73%); buona risposta in 5 pazienti (19%); i casi invece che avevano avuto una scarsa risposta im-mediata rimasero tali anche al controllo dei sei mesi: 2 pazienti (8%). [Tav 1]. Ciò significa che nei lati B (all’oppo-sto dei lati A) si verifica, con il passare del tempo, non solo un mantenimento, ma anche un continuo miglioramento della risposta alla scleroterapia. Sommando le percentuali di risposta ottima e risposta buona, a sei mesi, si ottiene per il lato A una risposta globale del 77%, per il lato B del 92%. Tali dati coincidono altresì con le valutazioni dell’a-spetto estetico globale a sei mesi dal trattamento [Tav. 3]: significativo miglioramento in 16 pazienti (62%) per i lati A e in 23 pazienti (88%) per i lati B. Merita l’osservazione che la maggior parte delle reticolari più grandi (2-3 mm) risultarono, al termine dei sei mesi, scomparse nei lati B; queste tendevano invece a residuare o a recidivare in par-te dei lati A. Gli effetti collaterali (pigmentazioni e trombi intravascolari) [Tav. 2] mostrarono col tempo un marcato miglioramento e frequentemente una scomparsa totale in entrambi i lati. Nei lati trattati con sola scleroterapia (lati A) si assistette ad una maggior frequenza di piccole pigmentazioni; nei lati con radiofrequenza addizionale (lati B) furono più fre-quenti esili coaguli intravascolari e arrossamenti cutanei (ustioni di 1° grado), nel tempo risolti. In solo caso (lato B) comparve un modesto matting (post infiammatorio) anco-ra presente all’osservazione dei sei mesi. Nel complesso sia le pigmentazioni, sia i coaguli intravascolari, tesero a risolversi più radicalmente nei lati B. Nel dettaglio, gli effetti

collaterali locali immediati furono: lato A = assenti in 18 pazienti (70%); scarsi in 4 pazienti (15%), significativi in 4 pazienti (15%); a sei mesi, rispettivamente: assenti in 15 pazienti (58%), scarsi in 8 pazienti (31%), significativi in 3 pazienti (11%). Lato B, nell’immediato: assenti in 17 pazienti (65%); scarsi in 7 pazienti (27%), significativi in 2 pazienti (8%); a sei mesi, rispettivamente: assenti in 23 pazienti (88%), scarsi in 2 pazienti (8%), significativi in 1 paziente (4%). Anche questo parametro mostrò, nei mesi successivi, un lieve peggioramento dei resultati (pigmen-tazione tardiva) nei lati A, viceversa un progressivo miglio-ramento nei lati B.

DISCUSSIONEIl trattamento scleroterapico delle teleangectasie e vene reticolari è stato intenzionalmente effettuato con una bas-sissima concentrazione del polidocanolo (0,25%), onde poter meglio osservare l’eventuale efficacia additiva del calore. Il calore esercita importanti effetti sui tessuti bio-logici (10, 11). La Radiofrequenza è una ottima modalità di trasmettere opportunamente il calore. Il tipo di tessuto, l’entità del riscaldamento e il tempo di trattamento sono i tre principali fattori che influenzano i risultati del tratta-mento (9)). Inoltre, dagli studi di Edelstein e coll. sono di-mostrate implicazioni terapeutiche significativamente di-verse per la radiofrequenza a seconda che si persegua una azione termo ablativa tissutale intensa (es metastasi neoplastiche) ovvero una azione mirata più blanda. Una denaturazione microscopica del collagene, costituente la maggior parte dei tessuti, costituisce un approccio tera-peutico non chirurgico al trattamento di diversi disordini, in specie endoluminali (es. incontinenza urinaria da stress). Il collagene è la proteina più abbondante nei tessuti; le sue catene polipeptidiche sono stabilizzate nella conformazio-ne tripla elica da ponti a idrogeno. Quando è riscaldato a temperature prossime ai 60° C, le fibre vanno incontro ad una transizione di fase: da struttura cristallina a gel amorfo: ciò si materializza in una contrazione del collagene (shrin-kage) (11). Riscaldando i tessuti a temperature inferiori a 60° C e per tempi di alcuni minuti, si sono osservate altresì modificazioni più lente: in effetti il riscaldamento provoca effetti di rassodamento (“thightening”), di rimodellamen-to, di riduzione della compliance e di incremento della velocità di guarigione di ferite sperimentalmente indotte (10, 11). Studi recenti hanno evidenziato che il collagene danneggiato da agenti chimici che causino alterazione dei ponti idrogeno (in questi esperimenti fu testato anche il salicilato), presenta un considerevole abbassamento del punto termico di “shrinkage” (10). La neocollagenogenesi è un altro aspetto estremamente importante. Studi recenti (12, 13, 14, 15, 16) hanno evidenziato la produzione e libe-razione dalle cellule sottoposte al calore delle Heat Shock Proteins: una elevazione della temperatura locale di 5° C. determina un significativo aumento della sintesi di tali pro-teine (variabile da tessuto a tessuto); con il crescere della temperatura esse possono aumentare sino a costituire il 20% delle proteine endocellulari (12, 13). La funzione delle HSP è quella di preservare o degradare le proteine dena-turate da stimoli di stress quali il calore. La HPS 47 in par-ticolare, è legata alle alterazioni termiche del collagene. Le molecole del Collagene I sono correttamente assemblate tridimensionalmente solo in presenza di HSP 47. Uno sti-

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molo termico sufficiente, sembra liberare il TGF Beta 1 (tansforming growt factor beta 1) che induce sintesi di sostanza fondamentale, la quale stimola la formazione di HSP 47 che induce la replicazione fibroblastica. (14, 15). È inoltre confermata l’azione del calore quale stimolo in-fiammatorio con promozione della espressione del CTGF (connective tissue growth factor) (16, 17) quale stimolante fibrogenetico. La metodologia a radiofrequenza Thermage fu la prima ad essere introdotta per scopi estetici (ringiovanimento non ablativo). La metodica, con successivi miglioramenti, è di-venuta assai nota ed ha ricevuto l’approvazione FDA. In campo flebologico la radiofrequenza è in uso sin dagli inizi di questo secolo: la metodica VNUS ottiene lo shrin-kage della vena grande safena tramite apposito catetere, la cui estremità viene scaldata a temperature di 85° C e oltre. Recentemente (Frullini) è stata proposta la tecnica LAFOS che tramite catetere laser ad Olmio, per via en-dovenosa, determina un surriscaldamento della tunica media a 60° C: ciò causa un restringimento parziale del lume, fattore facilitante la successiva scleroterapia ecogui-data. Tali metodiche, pur scarsamente invasive, sono es-senzialmente di tipo endoluminale. L’applicazione esterna, per via transdermica, quale coadiuvante la scleroterapia, appare promettente, qualora i risultati preliminari venis-sero confermati ed implementati, non solo per la facilità esecutiva, ma anche per lo scarso costo della procedura.

La neo fibrogenesi si attua lentamente (alcuni mesi) e ciò renderebbe conto del miglioramento progressivo dei vasi trattati e, in aggiunta, del miglioramento trofico della cute e del derma. L’uso della radiofrequenza monopolare permette inoltre il surriscaldamento a profondità più elevate (15-20 mm) e le nuove tecnologie già permettono di convogliare selet-tivamente il calore in profondità, selezionando accurata-mente appropriate lunghezze di onda, potenze, lunghez-za dell’impulso ed utilizzando il sistema di raffreddamento cutaneo, onde preservare l’epidermide da ustioni (18). Ciò aprirebbe la strada all’utilizzo della radiofrequenza per vene di calibro maggiore. comprese le vene safene e per-mettendo consequentemente l’utilizzo di minori quantità e concentrazioni dello sclerosante, con riduzione degli effetti collaterali. Sulla scorta delle osservazioni preliminari, ulte-riori studi saranno necessari per meglio definire i parametri applicativi con particolare riguardo al numero di sedute necessarie.

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Apparecchiatura a Radiofrequenza con manipolo bipolare

L’insegnamento della Flebologia nel percorso formativo del MedicoLa Formazione del medico dovrebbe tener conto delle patologie che hanno il maggior impatto sulla vita e sulla salute dei cittadini.I dati sulle principali cause di morbilità e di morte nel no-stro paese dovrebbero guidare i processi formativi del medico, nel preLaurea come nel post Laurea .Analizzato il Grafico 1 e, nello specifico i dati attinenti la Flebologia, si riscontrano palesi incongruenze col princi-pio sopra enunciato.Nel nostro paese, circa 19.000.000 di individui soffrono di IVC e questo ne fa la 3ª patologia più diffusa (dopo allergie ed ipertensione). solo 1 paziente su 3 sa di essere malato e viene curato. Le vene varicose rappresentano una condizione patolo-gica molto comune, che arriva a colpire fino ad una per-sona su due oltre i cinquant’anni di età e, più in genera-

le, circa il 15% degli uomini ed il 25% delle donne. Ogni anno il tromboembolismo venoso colpisce e uccide un numero più che doppio di persone di quante ne uccida-no AIDS, carcinoma mammario, tumore della prostata e incidenti stradali messi assieme in Europa. Si tratta della terza malattia cardiovascolare più diffusa al mondo (dopo la malattia coronarica e l’ictus) e comprende la trombosi venosa profonda (TVP) e la sua complicanza acuta dal potenziale esito fatale, l’embolia polmonare (EP).

LA PATOLOGIA è SOTTOVALUTATA E NON SE NE PERCEPISCONO LA PERICOLOSITà E LE CONSEGUENzEDei pazienti che afferiscono all’ambulatorio del medico di famiglia in una normale giornata lavorativa, circa il 40% è risultato affetto da IVC, indipendentemente dal motivo

LAVORO PERSONALE DIDr. Pietrino Forfori - [email protected]

Grafico 1

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per cui i pazienti si erano recati dal medico. In particolare il 44,7% presentava teleangectasie e il 49% varici, ossia stadi già avanzati di patologia, tanto che 1 paziente su 5 (20%)di quelli che erano andati dal medico per motivi diversi dall’IVC è stato inviato allo specialista.

4 PAzIENTI SU 5 (80%) NON VIENE INVIATO AD APPROFONDIMENTO DIAGNOSTICO TERAPEUTICOPerché avviene tutto questo? La maggior parte dei medici di famiglia in attività, ha rice-vuto, riguardo la Flebologia, una formazione deficitaria.Come ovviare ?Prevedendo una formazione flebologica per il medico di famiglia.

Per la FLEBOLOGIA Solo 1 CFU. Come ADE ATTIVITÀ DIDATTICA ELETTIVA.(Facoltativa per studenti) in genere all’interno dell’inse-gnamento della Chirurgia Vascolare, con un orientamento quasi esclusivamente chirurgico.

TRIENNIO FORMAZIONE SPECIFICA MG (PRE RIFORMA) Nel programma ministeriale non è previsto l’insegnamen-to della Flebologia, è facoltà del Collegio Didattico e dei Coordinatori delle Attività Teoriche prevedere Seminari

sull’argomento. Di fatto dipende molto dalla disponibilità, della preparazione e sensibilità presenti nel corpo docen-te nei vari centri Formativi regionali.

PERCORSO FORMATIVO DEL MEDICO DI FAMIGLIA CORSO TRIENNALE DI FORMAZIONE SPECIFICA IN MG. RIFORMA OSSERVATORIO NAZIONALE FORMA-ZIONE MEDICINA GENERALE Su proposta del sottoscritto, accolta unanimemente, nel core curriculum del medico in formazione specifica in medicina generale, viene inserito :Insufficienza Venosa e Rischio TEV.La Flebologia viene inserita ufficialmente in un percorso formativo del Medico di Medicina Generale.

CHI DEVE INSEGNARE LA FLEBOLOGIA? CREARE LA FIGURA DEL DOCENTE IN FLEBOLOGIA per il CORSO TRIENNALE DI FORMAZIONE SPECIFICA IN MG REGIONALE Affinché non accada che, nonostan-te nel nostro paese, circa 19.000.000 di individui soffrano di IVC e questo ne faccia la 3° patologia più diffusa (dopo allergie ed ipertensione).

Solo 1 paziente su 3 sa di essere malato e viene curato. la patologia è sottovalutata e non se ne percepiscono la pericolosità e le conseguenze.

ATTUALE PERCORSO FORMATIVO DEL MEDICO DI FAMIGLIA

Laurea in Medicina e Chirurgia - 6 anni x 60 CF

per un tot di 360 CF

Corso triennale di formazione specifica MG - 3 anni x 64 CF per un tot. di 192 CF

60 CF 64 CF60 CF 64 CF60 CF 64 CF60 CF60 CF60 CF

OBIETTIVO DEL CORSO

Con questo corso è possibile conseguire un significativo bagaglio di nozioni teoriche e pratiche sulla terapia con schiuma sclerosante delle emorroidi.Accanto a una base sulla fisiopatologia delle emorroidi e il loro studio morfologico mediante strumenti dedicati, si forniscono le conoscenze fondamentali sui materiali più idonei e le tecniche classiche e più innovative di trattamento delle emorroidi. La parte principale del corso è dedicata all’utilizzo della schiuma sclerosante, vera e propria rivoluzione nella terapia delle emorroidi, utilizzabile attraverso due approcci distinti: un approccio cosiddetto “esterno” ed un approccio inve-ce “interno”, con l’ausilio di materiale endoscopico. In entrambe i casi la metodica è eseguibile ambulatorialmente e senza necessità di alcuna anestesia.

Il corso è strutturato in due sessioni separate al fine di poter fornire, con il primo livello, indicazioni basilari per poter mettere in pratica la tecnica mentre, con il secondo livello, poter affinare la metodologia di lavoro e confrontarsi con i docenti durante le sessioni pratiche in diretta.

CORSO BASE (I livello)La prima sessione più generale è dedicata allo studio dell’anatomia e della fisiopatologia delle emorroidi, alla storia della nascita e dello sviluppo della schiuma sclerosante. Verrà dettagliatamente spiegata la tecnica di iniezione delle emorroidi con approccio dall’esterno. Nel corso di questa sessione verranno inoltre affrontate le tematiche medico-legali riguardanti gli aspetti organizzativi per la strutturazione di un ambulatorio medico idoneo all’esecuzione della metodica e alla normativa vigente riguardo all’utilizzo di farmaci “off label”.

Durata del corso: 1 stage di 8 ore Docenti: Equipe didattica coordinata dal Dr. M. RonconiData del corso: 22 marzo 2013

CORSO AVANZATO (II livello) La seconda sessione prevede più specificatamente l’insegnamento della tecnica di iniezioni delle emorroidi per via endoscopica, con sessioni live con la sala operatoria della Scuola e possibilità di interazione diretta con gli operatori durante l’esecuzione della metodica. Verranno inoltre fornite le nozioni endoscopiche di base per rendere la tecnica eseguibile in qualsiasi ambulatorio attrezzato.

Durata del corso: 1 stage di 8 oreDocenti: Equipe didattica coordinata dal Dr. M. RonconiData del corso: settembre 2013

Richiedi i programmi dettagliatiSegreteria e sede del corso: CPMA – VALET – Divisione DidatticaVia dei fornaciai 29/b – 40129 Bologna Tel: 051 63.88.334www.valet.it - [email protected]

Corso teorico-pratico

Sclerosi delle emorroidi

con schiuma

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