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CEDEFOP Nr. 8/9 maggio – dicembre 1996/II/III ISSN 0378-5076 FORMAZIONEPROFESSIONALE R I V I S T A E U R O P E A Istruzione e formazione per tutto l’arco della vita: retrospettiva e prospettive

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CEDEFOP Nr. 8/9 maggio – dicembre 1996/II /III ISSN 0378-5076

FORMAZIONE PROFESSIONALER I V I S T A E U R O P E A

Istruzione e formazioneper tutto l’arco della vita:retrospettiva e prospettive

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FORMAZIONE PROFESSIONALE NO. 8/9 RIVISTA EUROPEA

CEDEFOP

Responsabile di redazione: Fernanda Oliveira Reis

Comitato di redazione:

Presidente:Jean François Germe Conservatoire National des Arts et Métiers

(CNAM), Francia

Matéo Alaluf Università libera di Bruxelles (ULB), BelgioTina Bertzeletou CEDEFOPKeith Drake Università di Manchester, Gran BretagnaJulio Sánchez Fierro Asociación de Mutuas de Trabajo, SpagnaGunnar Eliasson The Royal Institute of Technology (KTH), SveziaPaolo Garonna Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ItaliaEduardo Marçal Grilo Fundação Calouste Gulbenkian, PortogalloAlain d’Iribarne Laboratoire d’Economie et de Sociologie du

Travail (LEST-CNRS), FranciaBernd Möhlmann CEDEFOPFernanda Oliveira Reis CEDEFOPArndt Sorge Università Humboldt di Berlino, GermaniaEnrique Retuerto de la Torre CEDEFOPReinhard Zedler Institut der deutschen Wirtschaft Köln,

Germania

Rappresentante del Consiglio di amministrazione:Anne-Françoise Theunissen Confederazione dei Sindacati Cristiani del

Belgio (CSC), Belgio

I pareri espressi dagli autori non riflettono necessariamente la posizione del CEDEFOP. La Rivistaeuropea della formazione professionale dà la parola agli attori per presentare analisi e punti divista diversi - e talvolta contraddittori -, sperando così di contribuire al dibattito critico, essenzialeper il futuro della formazione professionale a livello europeo.

Invito a contribuireIl comitato di redazione incoraggia l’inviospontaneo di ar t icol i . Le proposteverranno esaminate dal comitato che siriserva il diritto di decidere in meritoall’eventuale pubblicazione e che infor-merà gli autori sulla decisione presa. Le

proposte (da cinque a dieci pagine, trentalinee per pagina, sessanta caratteri perr iga) devono essere trasmesse al laredazione della rivista. I manoscritti nonverranno restituiti agli autori.

CEDEFOPCentro europeoper lo sviluppo

della formazioneprofessionale

Marinou Antipa 12GR - 57001 Salonicco

Tel.: 30-31+490 111Fax: 30-31+490 102

Responsabili:Johan van Rens, DirettoreStavros Stavrou, Direttore aggiunto

Redazione tecnica, coordinamento:Bernd Möhlmann, Barbara de Souza

Responsabile della traduzione:Giancarlo Caronello

Layout: Zühlke Scholz & PartnerWerbeagentur GmbH, Berlino

Produzione tecnica DTP:Axel Hunstock, Berlino

I contributi sono pervenutientro il 1.7.1996

Riproduzione autorizzata, salvo a finicommerciali, con citazione della fonte.

N. di catalogo:HX-AA-96-002-IT-C

Printed inthe Federal Republic of Germany, 1998

La pubblicazione esce tre volte all’anno indanese, greco, tedesco, inglese, spagnolo,francese, italiano, olandese e portoghese

Il CEDEFOP è un organismo comu-nitario istituito con decisione delConsiglio dei Ministri dell’Unioneeuropea (Regolamento CEE n. 337/75 del Consiglio del 10 febbraio1975). É gestito da un Consigliod’Amministrazione quadripartito,nel quale sono rappresentati le as-sociazioni dei datori di lavoro, leorganizzazioni dei lavoratori, igoverni nazionali e la Commissio-ne europea.

In base all’art. 2 del suddetto re-golamento, il CEDEFOP “ha il com-pito di fornire il suo contributoalla Commissione per favorire, alivello comunitario, la promozio-ne e lo sviluppo della formazioneprofessionale e della formazionecontinua.”

Attraverso la sua attività scientifi-ca e tecnica, il CEDEFOP è chiama-to a produrre elementi di cono-scenza pertinenti, rigorosi finaliz-zati alla prospettiva comunitariaper trattare le tematiche previstedal programma di lavoro fissatodal Consiglio d’Amministrazione.

Il programma, approvato dal Con-siglio di Amministrazione d’accor-do con la Commissione, verte at-tualmente su due grandi assi:

❏ evoluzione delle qualifiche❏ evoluzione dei sistemi di for-mazione.

Allo scopo di realizzare tale pro-gramma, il CEDEFOP si avvale didiversi strumenti d’azione:

❏ studi ed analisi❏ diffusione d’informazioni (condiverse forme e mezzi)❏ creazione di opportunità discambi e trasferimenti.

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Imparare per tutto l’arco della vita: la for-mazione permanente è un’idea affascinan-te, come provano sia il contributo di EdithCresson su questo tema, sia il Libro bian-co che ha definito il 1996 “Anno europeodell’istruzione e della formazione per tuttol’arco della vita”. Ciò che conta, ovvia-mente, è la ricerca di una soluzione posi-tiva al problema della disoccupazione inEuropa e ad una situazione in cui l’ag-giornamento delle conoscenze professio-nali diviene un imperativo per tutta lapopolazione attiva e non solo per alcunidi noi. È possibile che questo approcciosia errato?

L’idea è comunque ben lungi dall’esserenuova; come prova l’articolo di DenisKallen e come documenta anche AlbertTuijnmann per quanto concerne la situa-zione della Svezia, le strategie di forma-zione permanente del dopoguerra furo-no ben lontane dal sortire un chiaro suc-cesso. Le pessimistiche conclusioni diKallen, basate su elementi accertati, sonoin aperto contrasto con il Libro bianco. Èpossibile che abbia ragione?

Sia chiaro: la nozione di formazione per-manente non è ben definita. L’esperienzasvedese rappresenta sempre più un esem-pio di formazione ricorrente, appuntoperché il termine formazione rinvia aqualcosa di ben più ristretto che ilreferente della nozione di apprendimento.Quest’esperienza è fallita - e questo falli-mento mette in evidenza l’ampio fossatoche separa l’idea dalla sua realizzazione.I responsabili delle attività di settore de-vono cominciare ad imparare come defi-nire i l proprio approccio prima diconcretizzare le proprie ambizioni. Nel-l ’esaminare i l L ibro bianco, Ala ind’Iribarne pone, come prova il suo arti-colo, degli interrogativi importanti sulcontenuto operativo delle affermazioni ivifatte, soprattutto per quanto concernel’armonizzazione delle realtà economichee delle strategie sociali.

Perchéla formazionepermanente?

Il 1996 è stato indicato come “Anno europeo dell’istruzione e della formazione pertutto l’arco della vita”. L’idea di creare le condizioni che consentono a tutti i citta-dini di accedere al sapere per tutto l’arco della vita s’iscrive in una concezionedemocratica delle nostre società. Nel momento in cui si afferma sempre più lasocietà dell’informazione ed in cui l’accelerazione del progresso scientifico e tec-nico rischia di dar luogo ad una crescente dicotomia tra “coloro che sanno” e“coloro che non sanno”, quest’idea trova tutta la sua attualità negli orientamentidel Libro bianco della Commissione su “Insegnare ed apprendere. Verso la societàcognitiva”. Nel frattempo però gli stessi principi su cui si basa quest’idea sono statioggetto di forti tensioni, soprattutto in ragione delle limitazioni di bilancio e con-giunturali che condizionano troppo unilateralmente l’istruzione e la formazio-ne professionale, comportandone una ristrutturazione.Con questo numero speciale, la rivista europea “Formazione professionale” havoluto rispondere all’invito della signora Cresson, lanciato a Venezia il 2 febbraio1996, ad aprire un ampio dibattito sul Libro bianco nell’ambito dell’anno europeo.La rivista ha voluto inoltre essere presente a quell’incontro politico nazionale chesono in Francia gli “Entretiens Condorcet”: in quell’occasione è stato ampiamentedibattuto il tema dell’istruzione e della formazione per tutto l’arco della vita.La decisione di associare la rivista a questi avvenimenti si è basata sull’opportunitàdi diffondere la conoscenza di argomenti e di elementi empirici tali da stimolaretali dibattiti. Nel dare la parola al politico, nel tracciare la storia di questa generosaidea e nel porre in relazione la costruzione dei principi e la realtà fattuale neidiversi paesi, la rivista spera di adempiere il proprio compito di apportare uncontributo ai dibattiti sulla formazione professionale in Europa partendo da analisie da informazioni rigorose ed articolate.

Johan van RensDirettore del CEDEFOP

Alcuni elementi economici fondamen-tali

Esaminiamo alcuni elementi economicifondamentali esposti negli articoli del pre-sente numero. Ci si può attendere unaeffettiva concretizzazione della retoricapolitica?

Ecco alcuni fatti: con l’avanzare degli anni

1. diminuisce la capacità individuale diapprendimento,

2. diminuiscono gli stimoli economici adapprendere

poiché il periodo di redditività degli in-vestimenti nella formazione è sempremeno lungo. José Morais e Regine

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Kolinsky pongono in evidenza nel loroarticolo la natura sequenziale dell’appren-dimento ed il fatto che determinate fa-coltà intellettuali devono essere sviluppatein uno stadio precoce. Se ciò è vero, al-lora l’interesse economico della formazio-ne permanente diminuisce con l’avanza-re degli anni e si dissolve in un momentospecifico della vita professionale (diver-so per il singolo individuo). Ciò concer-ne perlomeno una vasta categoria di in-dividui che non sono sufficientemente ingrado di apprendere: i dati forniti dall’ar-ticolo di Norman Davis vanno in questastessa direzione.

Affinché la formazione permanente pre-senti un interesse è necessario allora:

1. che venga radicalmente migliorata l’or-ganizzazione dell’apprendimento,

2. che l’apprendimento sia oggetto di unsostegno finanziario crescente in propor-zione diretta al passare degli anni.

Vi sono tuttavia altri elementi che depon-gono a favore della formazione perma-nente. Nel corso di questi ultimi anni nonha cessato di arrestarsi il ritmo di svaluta-zione delle competenze, rendendo sem-pre più importanti l’acquisizione e l’ag-giornamento delle competenze in funzio-ne della stabilità o della positiva ricercadel posto di lavoro. Questo problema pre-senta due aspetti:

❏ l’innovazione tecnologica fa incremen-tare ed evolvere rapidamente le conoscen-ze di cui deve disporre la manodopera;

❏ quest’ultima però è in grado di appren-dere a ritmi più accelerati (soprattuttoqualora provenga da paesi terzi). Si trattaquindi di avanzare per non arretrare.

Per evitare l’affermarsi di un numero sem-pre più ampio di forza-lavoro “funzional-mente analfabeta” - in grado di leggere,scrivere e comunicare anche in terminicomplessi, ma ad un livello inadeguatoper imporsi come salariato ragionevole -è necessario ricorrere alla formazionepermanente come ad uno strumento ef-fettivamente realizzabile. Quest’osserva-zione è dura, ma presenta un suo aspettopositivo. Quali sono i mezzi per arrivar-vi? Una nuova “tecnologia della forma-zione”, alcune sovvenzioni o determinatiinterventi di carattere legislativo?

Quale formazione a vantaggio di chi?

È opportuno formulare una prima osser-vazione: qualora predomini il raziona-lismo privato, coloro che ricevono unaformazione a spese del datore di lavoroo a proprie spese sono già avvantaggiatie ben formati. Per poter trarre profittodalla formazione e dall’istruzione conti-nua è necessario che chi ne fruisce abbiagià dato prova di un’efficace capacità diapprendimento (cioè di una competenzadi discente). Un criterio è pertanto costi-tuito da prove fornite preliminarmente allavalutazione della capacità d’apprendi-mento. In tal modo la manodopera di etàmedia, priva di qualifiche o con una ri-dotta esperienza di flessibilità professio-nale, rappresenta sovente un oggetto discarso investimento in termini di forma-zione. Quest’osservazione è confermatada una politica dell’occupazione - analiz-zata, ad esempio, negli articoli di Hillagee di Planas - che riflette un comportamen-to perfettamente razionale nell’ottica del-l’imprenditore, ma che comporta l’esclu-sione di una parte della manodopera dal-le vie di accesso alla formazione conti-nua.

La natura cumulativa dell’apprendi-mento

Generalmente il capitale umano valoriz-zabile è stato reperito sul posto di lavo-ro. È un dato che emerge da numerosistudi recenti; l’articolo di Jordi Planas lodocumenta ampiamente. La capacità diapprendimento sul posto di lavoro è al-lora determinante per le prospettive delmercato del lavoro; questa capacità è peròfortemente condizionata dalla preceden-te esperienza della scolarità. L’apprendi-mento è cumulativo; è pertanto semprepiù costoso per l’individuo e per la so-cietà il recupero di una negativa espe-rienza d’apprendimento fatta a scuola: unasituazione in cui lo strumento economicodella formazione permanente rende ancorpeggiore la situazione per coloro che “nonne hanno più bisogno”, come rileva l’ar-ticolo di Hillage. Non mi riferisco affattoalla nozioni di tipo teorico acquisite ascuola, quanto invece ad un’esperienzascolastica attiva più ampia che consentaall’individuo la possibilità di svilupparela propria capacità di iniziativa, di lavorodisciplinato ed organizzato nonché diapprendere in modo calibrato (si veda in

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proposito l’articolo di Laestadius sui la-voratori dotati di una elevata qualifica, macon una debole formazione di base, pub-blicato nel numero 6/1995 di questa stes-sa rivista), nonostante le conoscenze teo-riche siano sempre più necessarie perapprendere e per comunicare in modoefficace su un moderno posto di lavoro.Il fondamento principale dell’apprendi-mento continuo viene quindi posto inessere a partire dalla scuola: in tal sensola formazione permanente è una formad’apprendimento fortemente condiziona-ta dall’efficacia con cui è stata prelimi-narmente organizzata l’istruzione scola-stica. Nonostante il contesto familiare siaben più importante per le prestazioni sco-lastiche di quanto non si voglia credere,va tuttavia rilevata l’opportunità di comin-ciare dalla scuola primaria se si intendemigliorare la prassi formativa necessariaper garantire alla formazione permanen-te il successo auspicato dal Libro bianco.

Lo sforzo individuale è decisivo

Sul mercato del lavoro si pone con tuttaevidenza un doppio problema: qui coesi-stono giovani che devono seguire un op-portuno percorso formativo con esponentidi fasce d’età più avanzate che non han-no valorizzato le molteplici opportunitàdi apprendimento fornite generosamenteda quasi tutti i paesi industriali dotati diuna certa prosperità.

Per quanto concerne i giovani, si può af-fermare che in avvenire non avranno al-cuna scusa qualora manifestassero un anal-fabetismo funzionale. Il risultato individua-le dell’apprendimento è funzionale allosforzo individuale consentito. È possibileesigere dai giovani un tale senso di respon-sabilità ed un tale sforzo? O non può forsedarsi che l’organizzazione del sistema sco-lastico e della formazione professionale siacosì scadente da non poter consentire unrecupero di questo senso di responsabili-tà e di iniziativa individuale?

Per quanto concerne invece la popola-zione attiva appartenente a fasce di etàpiù avanzate, uno dei grandi imperativisociali è costituito - come affermano chia-ramente Edith Cresson ed il Libro bianco- dalla necessità di organizzare nuoveopportunità di apprendimento per colo-ro che, in un certo senso, hanno perso ilprimo treno. Ora, la formazione - un’in-

dustria enorme, consumatrice di risorse,protetta e sfruttata dalla pubblica ammi-nistrazione, con una lunga tradizione diapprendimento normativo - si vede con-frontata con l’immane compito di produrredegli individui capaci. La struttura di for-mazione permanente gestita dalla pubbli-ca amministrazione, nella sua forma clas-sica o ristrutturata, sarà in grado di forni-re i servizi richiesti? Si identificherebberoperò i desideri con la realtà qualora sidessero come risultato acquisito unperseguimento di conoscenze avulso dallamotivazione ed un intensificato sforzoindividuale. Non sembra siano tuttaviadestinate ad ottenere un ampio consensola richiesta di impegno a persone in diffi-coltà oppure quella fatta alle scuole pub-bliche ed ai centri di formazione profes-sionale di attivare un comportamentoinnnovativo. Si afferma infatti sempre piùla tendenza a spostare su terzi la propriaresponsabilità, attribuendo ad esempio aidatori di lavoro l’onere delle spese.

Far pagare le aziende

Far pagare le aziende è una rivendicazio-ne classica dei sindacati e dei governi inmomenti di particolari restrizioni di bilan-cio. Costringere le aziende a farsi caricodegli oneri derivanti dalle responsabilitàformative significherebbe aggravare ulte-riormente la situazione. Il rendimento con-nesso all’apprendimento è ben diversodalle risorse investite nella formazione.Determinanti sono sia l’iniziativa e lo sfor-zo delle persone in formazione, sia l’effi-cienza dell’organizzazione della formazio-ne. Sarebbe quindi privo di senso imporredelle responsabilità di questo tipo adun’istituzione la cui vocazione naturale nonè quella di risolvere i problemi delle per-sone in situazione di svantaggio. Le im-prese si preoccupano di promuovere laloro coesione interna ed un comportamen-to competente del proprio personale.Come af fermano François Germe eFrançois Pottier, sono gli individui a do-ver giudicare sull’opportunità di poter ot-tenere una determinata formazione inmodo utile (per l’impresa) e tale da potermotivare presso le aziende le risorse ri-chieste per il corrispettivo finanziamento.L’azienda si aspetta che i poteri pubblici siassumano l’onere delle persone in situa-zione di svantaggio e disoccupate. Far sìche la formazione continua sia garantitadall’iniziativa dei datori di lavoro significa

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inoltre correre il rischio di rafforzare l’at-teggiamento passivo della manodopera, ac-centuando di fatto una situazione didisuguaglianza e di ingiustizia.

La necessità della formazione perma-nente

Dove si pone allora il problema? I paesiindustriali ricchi possono forse continua-re come in passato a far si che gli indivi-dui in situazione di svantaggio si affidinoal sistema di sicurezza sociale soprattuttoqualora, col passare degli anni, diminui-scano la loro capacità e la loro motiva-zione ad apprendere?

La risposta è NO - e per tre ragioni.

In primo luogo, la tecnologia industrialeevolve ad un ritmo accelerato, portandoalla marginalizzazione od al fallimento leimprese che non stiano al passo.

In secondo luogo, la concorrenza delleregioni meno favorite del mondo si accen-tua, soprattutto per quanto concerne ilsegmento inferiore e meno qualificato dellaproduzione nelle economie dei paesi piùricchi. Tutti devono continuare a formarsiper perfezionare le proprie competenzeonde mantenere le posizioni acquisite.

Di conseguenza, la popolazione attivaoccupata non può più contare di conser-vare lo stesso posto di lavoro per tuttol’arco della vita. Essa è invece sempre piùcostretta a cercare sul mercato del lavoronuove forme di occupazione - che pre-suppongono particolari conoscenze -perlomeno una o due volta durante la pro-pria vita attiva ed entro scadenze tali danon consentire un riciclaggio professio-nale, né l’accesso ad un migliore impie-go prima del licenziamento. L’investimen-to efficace nelle competenze richieste dauna società avanzata è connesso soprat-tutto alla capacità del singolo di ricercarenuove possibilità di occupazione corri-spondenti alle proprie capacità. Per la ma-nodopera disoccupata è praticamenteimpossibile trovare un nuovo posto dilavoro con un salario pari al precedenteove manchi una formazione permanenteattivata a partire dal periodo di scolariz-zazione. Come prova l’articolo di IngridDrexel, vi sono buone ragioni per preoc-cuparsi del sistema classico di formazio-ne professionale e del modello tedesco

del mercato del lavoro, basato sui risulta-ti e sui metodi di intervento di una strut-tura industriale profondamente cambiata.Le stesse preoccupazioni toccano, per lestesse ragioni, la maggior parte dei paesieuropei.

In terzo luogo, i rimedi basati sulle for-mule della sicurezza sociale appartengo-no al passato. Le finanze pubbliche deipaesi dell’Europa occidentale non sonopiù in grado di finanziare i tradizionaliflussi di assistenza sociale, per ragioni cheesulano in gran parte dal presente conte-sto.

Gli articoli di questo numero specialesono piuttosto laconici sulle relazioni cri-tiche esistenti tra l’efficacia di una forma-zione utile ed il funzionamento del mer-cato del lavoro o del mercato delle com-petenze. Questi interrogativi sono statiperaltro costantemente trattati nel corsodei precedenti numeri della rivista (si ve-dano ad esempio i contributi del numero2 del 1994); ovvi limiti di spazio impedi-scono purtroppo di trattare adeguatamen-te l’insieme di tutta questa problematica.

Per concludere, possiamo affermare cheper evitare il protrarsi in Europa di unelevato tasso di disoccupazione e del di-vario sempre più ampio tra i redditi e lapresenza di un numero crescente di lavo-ratori funzionalmente analfabeti e nonoccupabili, è necessario ricorrere ad unsistema efficace di formazione permanen-te. Questo sistema potrà però funzionaresolo a condizione d’essere sostenuto daun efficace sistema scolastico di istruzio-ne primaria e secondaria (che dipendenella maggior parte dell’Europa dalla re-sponsabilità e dal monopolio pressochéesclusivo dello Stato), d’essere rafforzatoin forma significativa dalle iniziative edagli sforzi realizzati dai singoli in mate-ria di formazione, ed infine da unaristrutturazione del mercato del lavorovolta a motivare i singoli a dar prova dimobilità per migliorare le proprie prospet-tive e per apprendere per tutto l’arco dellavita. Si tratta di compiti che incombonoessenzialmente ai pubblici poteri e cheprovano quanto sia di primaria importan-za la soluzione del problema della for-mazione permanente.

Gunnar Eliasson

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Istruzione e formazioneper tutto l’arco della vita:retrospettiva e prospet-tive(numero doppio)

Il cammino di un’idea

Verso una politica dell’istruzione e della formazioneper tutto l’arco della vita ......................................................................................... 9Edith CressonGli orientamenti del Libro bianco e l’Anno europeo dell’istruzione e dellaformazione per tutto l’arco della vita.

Formazione iniziale e continua: contesto e prospettive in PortogalloIntervista al ministro dell’Istruzione Eduardo Marçal Grilo .......................... 13

Considerazioni sul concetto di educazione permanente ................................ 16Denis KallenIl concetto generale e globale dell’istruzione permanente cos¡ come era statodefinito all’inizio non collima con i principi di efficacia e di rigore delle attualieconomie di mercato.

Una lettura dei paradigmi del Libro bianco sull’istruzionee sulla formazione: elementi per un dibattito .................................................. 24Alain d’IribarneAffinché l’annunciato progetto di conciliare mediante una formazione per tuttol’arco della vita le prospettive economiche delle competitività, le prospettivepersonali dell’autoaffermazione e le prospettive collettive della coesione socialepossa avere delle prospettive di riuscita è necessario che gli attori che svolgonoun ruolo determinante nei fenomeni di “deconstruzione/ricostruzione”accettino di svolgere un ruolo di complementarità.

Le idee e i fatti

Chi partecipa all’istruzione e alla formazione?– sguardo panoramico a livello europeo ........................................................... 34Norman DavisAlcuni raffronti provano l’incidenza dell’istruzione e della formazione di basesulla probabilità di ricevere in seguito una formazione continua.

La formazione continua in azienda contribuisce all’attuazionedella formazione e dell’istruzione per tutto l’arco della vita? ....................... 41Uwe GrünewaldQuesto articolo intende valutare in che misura la nozione di istruzione e forma-zione per tutto l’arco della vita così come è stata elaborata dalla Commissionepossa costituire una base adeguata per definire la formazione continua aziendale.

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Iniziative imprenditoriali nel campo della formazione edell’aggiornamento in Gran Bretagna ................................................................ 48Jim HillageLa formazione è concentrata su una parte della manodopera, in particolare suigiovani, sulle persone occupate a tempo pieno, sugli specialisti di alto livello esui quadri. Nonostante lo sviluppo avvertito in questi ultimi anni nel RegnoUnito, ciò non tocca una grande fascia della popolazione attiva.

Le formazioni continue su iniziativa individuale in Francia:declino o rinnovamento? ......................................................................................56Jean-François Germe, François PottierLa gestione della formazione aziendale, finalizzata a soddisfare interessieconomici di breve termine, ha indotto ad escludere dal mondo aziendale ognitipo di formazione che rispondesse a progetti professionali di medio termine oche non si iscrivesse in quelli finalizzati ad obiettivi immediati.

Il modello tedesco della relazione tra formazione professionalecontinua e promozione: i suoi punti forti e i suoi rischi nellaprospettiva della formazione per tutto l’arco della vita ................................. 65Ingrid DrexelLa ristrutturazione economica e la riqualificazione della manodopera ciconfrontano oggi con una sfida gigantesca che traduce il concetto, seducente edal contempo inquietante, di istruzione e di formazione per tutto l’arco dellavita, senza sapere chiaramente come questa sfida possa essere risolta sul pianodella motivazione e del finanziamento.

L’istruzione e la formazione per tutto l’arco della vitacome temi del dialogo sociale e delle convenzioni di categoria .................... 75Winfried HeidemannSe è vero che l’istruzione e la formazione per tutto l’arco della vita noncostituiscono ancora espressamente l’oggetto di convenzioni tra le parti sociali,esse rappresentano tuttavia un elemento determinante nel contesto delle varieiniziative volte a migliorare, mediante gli accordi di categoria, la formazionecontinua nell’interesse delle aziende e della manodopera, a facilitarne l’accessoed a rendere possibile in tal modo l’istruzione e la formazione per tutto l’arcodella vita.

Le traiettorie dell’apprendimento

La formazione continua nei “giovani adulti”:seconda opportunità o complemento? ............................................................... 81Jordi PlanasÈ rilevabile l’esistenza di un processo di dualizzazione volto a polarizzare i percorsiformativi a partire dalla formazione iniziale ed a rafforzarsi nell’ambito dellaformazione continua, mentre d’altra parte è avvertibile una duplice dualizzazioneconvergente tra i percorsi di formazione e la dualizzazione del mercato del lavoro.

Le costrizioni cognitive dell’apprendimentodurante l’intero arco della vita ............................................................................89José Morais, Régine KolinskyL’apprendimento per tutto l’arco della vita è davvero un obiettivo coerente congli ideali umanistici. Questo obiettivo è però anche coerente con le nostreconoscenze del funzionamento cognitivo?

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Apprendere per tutto l’arco della vita?Riflessioni psicologiche e pedagogiche sulla “società cognitiva” ................. 97Klaus KünzelL’articolo intende sostenere, tra l’altro, che le iniziative prese sul piano delleidee - come appunto quelle espresse dal Libro bianco e dall’Anno europeodell’istruzione e della formazione per tutto l’arco della vita - ignorano undilemma fondamentale inerente a tutti i programmi sovranazionali. Questodilemma tocca non tanto l’aspetto intellettuale o politico della singolainiziativa, quanto invece l’infrastruttura psicologica e pedagogica degliargomenti usati.

Le opportunità di formazione: due studi di caso aziendali

Formazione di lavoratori non qualificati e semiqualificati qualemisura di accompagnamento professionale: l’“Offensiva ’95a favore della qualificazione” presso la Ford-Werke AG a Colonia ............. 103Erich Behrendt, Peter HakenbergLa qualifica concerne tutti i livelli dell’azienda. L’obbligo di qualificarsi inpermanenza non tocca semplicemente i quadri direttivi e la madopoeraspecializzata, ma si riferisce anche e soprattutto alla manodopera provvista diqualifiche inferiori che condiziona il successo delle misure di adattamentostrutturale in ragione della qualità della propria qualifica e del corrispettivoatteggiamento nei confronti dell’innovazione.

Il ‘Programma per le Pari Opportunità’ del Dipartimentoper la Fornitura dell’Energia (ESB) in Irlanda * .............................................. 110Winfried Heidemann, Freida MurrayL’esempio irlandese pone in evidenza i limiti dell’istruzione e della formazionecontinua in quanto misure isolate.

Letture

Scelta di letture .................................................................................................... 116

Pervenuti in redazione ....................................................................................... 131

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Edith CressonMembro della Commis-sione, responsabiledella ricerca, del-l’istruzione, della for-mazione e dei giovani.

Verso una politica del-l’istruzione e della for-mazione per tutto l’ar-co della vitaDa tempo è riconosciuto in Europa il ruolosvolto dall’istruzione nell’affermazione enella promozione sociale degli individui.I l progress ivo raf forzamento del lacorrelazione esistente tra l’istruzione, laformazione e l’occupazione lo conferma:nel 1994 la disoccupazione colpiva inEuropa l’11% della manodopera priva diformazione secondaria, l’8% di quellaprovvista di questo livello di formazionee solo il 5% delle persone provviste di undiploma di istruzione superiore.

L’istruzione e la formazione sono dei fat-tori di progresso sociale e di consolida-mento della democrazia. Svolgono unruolo centrale nella dinamica dellacompetitività e dello sviluppo. La nozio-ne di istruzione e di formazione protratteper tutto l’arco della vita rinvia necessa-riamente ad una costruzione individualea geometria variabile, basata su un insie-me di fattori di natura individuale e dicarattere economico.

La sfida posta alle politiche dell’istruzio-ne e della formazione è costituita dallanecessità di garantire a tutti gli individuiun accesso permanente alla formazione:la sfida si colloca in un contesto caratte-rizzato da una consistente disoccupazio-ne e da una profonda trasformazione del-l’ambiente economico e sociale, tale darendere part icolarmente complessal’attuazione di tali politiche.

L’Europa, un contesto intrasformazione

Sono in corso mutazioni profonde. Anzi-tutto, la globalizzazione dell’economia ela mondializzazione degli scambi induco-no l ’Europa a rafforzare la propriacompetitività, soprattutto a partire dal po-

1) Decisione del 23 ottobre 1995

2) Libro bianco: “Insegnare e appren-dere. Verso la società cognitiva”, Uf-ficio delle pubblicazioni ufficiali del-le Comunità Europee, Lussemburgo,1995.

tenziale di innovazione e di qualifica del-la manodopera. Il progressivo affermarsidella società dell’informazione trasformarapidamente il lavoro e gli stili di vita,rendendo necessario un adattamento ge-neralizzato a queste nuove tecnologie.L’accelerazione del progresso scientificoe tecnico solleva infine più che mai laquestione dell’accesso permanente all’in-formazione ed alla conoscenza.

In questo contesto è indispensabile checiascuno disponga della possibilità di ag-giornare ed ampliare le proprie conoscen-ze nell’arco di tutta la vita - sia nella scuolache nell’azienda, o di propria iniziativa.Ciò presuppone una maggiore flessibilitàdei sistemi, una diversificazione dei mez-zi di formazione, una creazione di siste-mi di convalida volti ad integrare le com-petenze acquisite sul posto di lavoro eduna ristrutturazione dei meccanismi difinanziamento.

L’attuazione volontarista e concertata dellapolitica di istruzione e di formazione du-rante l’intero arco della vita è indispensa-bile per garantire la generalizzazione del-l’accesso al sapere e per evitare che i fat-

Il 1996 è stato definito dal Consiglio dei ministri e dal Parlamento europeocome l’Anno europeo dell’istruzione della formazione per tutto l’arco dellavita1. Quest’iniziativa esprime chiaramente il consenso esistente tra iresponsabili comunitari del settore sulla necessità di intensificare e di ren-dere più permanente l’azione educativa. Destinati a promuovere un ampiodibattito a tutti i livelli sul tema dell’istruzione e della formazione per tut-to l’arco della vita, gli obiettivi dell’Anno si iscrivono nel quadro degli orien-tamenti definiti nel Libro bianco sulla politica della Commissione in mate-ria di istruzione e di formazione2. Queste due iniziative fanno seguito al-l’analisi condotta nel Libro bianco “Crescita, competitività ed occupazio-ne” adottato nel 1993 sul ruolo dell’istruzione e della formazione nello svi-luppo e nell’occupazione. Tali linee orientative mirano a “sensibilizzaregli europei agli choc fondamentali suscitati dalla società dell’informazio-ne, dalla mondializzazione, dal progresso della civiltà scientifica e tecnicae dalla risposta che l’istruzione e la formazione possono dare a tale sfida”.

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tori di progresso si trasformino a mediotermine in fattori di disuguaglianza ed infonti di nuove esclusioni.

Le evoluzioni dell’occupa-zione

La situazione dell’occupazione rimanepreoccupante nella maggioranza degliStati membri dell’Unione Europea, conl’incremento della disoccupazione di lun-ga durata e dei meccanismi di esclusioneche colpiscono soprattutto i giovani, ledonne e la manodopera priva di qualifi-ca. Oltre un quinto dei giovani europei èdisoccupato. Il tasso di disoccupazionegiovanile è il doppio di quello che colpi-sce le classi di età superiore ai 25 anni; lasua durata media tende a prolungarsi.L’occupazione e il reinserimento profes-s ionale di gruppi in s i tuazione diprecarietà - soprattutto dei giovani - rap-presenta quindi una priorità per le nostresocietà, soprattutto ove si tenga presenteche tra di loro molti hanno perduto l’abi-tudine e la motivazione all’apprendi-mento. Lo sviluppo di strategie pedago-giche di carattere innovativo, volte a pri-vilegiare la componente individuale equella ambientale, può svolgere un ruoloessenziale nel processo di motivazione.

Le evoluzioni del mercatodel lavoro

L’attuale funzionamento dei mercati dellavoro tende a rafforzare la selezioneoperata dalla formazione iniziale. L’incre-mento della scolarità obbligatoria e ladomanda dell’economia provocano unsensibile incremento della domanda so-ciale di una formazione iniziale di eleva-to livello. Questo fenomeno produce unincremento del livello di qualifica dellerisorse umane, positivo in quanto tale. Lapresenza sul mercato di livelli di qualifi-ca sempre più elevati rischia, da un lato,di ridurre le prospettive occupazionalidella manodopera meno qualificata o pri-va di qualifica e di indurre, d’altro lato,degli effetti di sostituzione per determi-nate categorie della manodopera, tradi-zionalmente beneficiarie della promozio-ne interna. Favorire l’accesso alla forma-zione continua della manodopera prov-vista di bassi livelli di qualifica, dei lavo-

ratori non motivati e, in particolare, diquelli anziani rappresenta oggi un com-pito essenziale delle nostre società non-ché un aspetto centrale delle politichedell’istruzione e della formazione protratteper tutto l’arco della vita.

Le evoluzioni dello statutodel lavoro

Sono constatabili oggi sia una flessibiliz-zazione crescente del mercato del lavoroche si traduce in una riduzione dell’occu-pazione stabile, sia un incremento quan-titativo del lavoro autonomo, dell’occu-pazione a tempo parziale e dei contrattia termine. Poiché le aziende costituisco-no la principale fonte di finanziamentodella formazione continua, è ovvio chequest’ultima sia finalizzata soprattutto allamanodopera provvista di una qualificaelevata e di un contratto di lavoro stabi-le. È pertanto necessario individuare levie e i mezzi di accesso alla formazioneda parte della manodopera esclusa daitradizionali circuiti di formazione conti-nua, incoraggiando soprattutto l’iniziati-va individuale. Quest’ultima può trovaredelle risposte adatte in termini di offertadi formazione e deve essere sostenuta daadeguate misure di finanziamento, in par-ticolare per quanto concerne i gruppi diutenti meno agevolati.

I problemi ora toccati - sia pure in termi-ni generali - forniscono un quadro del-l’importanza e delle sfide delle politichedell’istruzione e della formazione per tuttol’arco della vita. Si tratta di questioni cheforniscono peraltro un’idea dell’ampiez-za degli obiettivi da realizzare a livellonazionale e comunitario.

Alcune proposte-chiave delLibro bianco in materia diistruzione e di formazione

A livello europeo il Libro bianco “Inse-gnare e apprendere. Verso la societàcognitiva” formula diverse raccomanda-zioni e fa delle proposte in riferimento acinque obiettivi prioritari.

❏ Incoraggiare l’acquisizione di nuo-ve conoscenze. I singoli individui devo-no poter accedere a mezzi di apprendi-

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mento adattati ai loro bisogni. I metodied i mezzi si diversificano, i luoghi di for-mazione si moltiplicano e, in particolare,l’esperienza lavorativa può fornire dellepossibilità di apprendimento che vannovalorizzate. I sistemi di convalida devo-no tener conto di questa molteplicità diitinerari, di luoghi e di mezzi. Il Libro bian-co propone tra l’altro la realizzazione diun meccanismo europeo di accredito dellecompetenze tecniche e professionali chesi avvalga soprattutto della collaborazio-ne dei centri europei di ricerca e dei cen-tri di formazione professionale, delleaziende e degli organismi di categoria. Perfavorire la mobilità degli studenti la Com-missione intende generalizzare il ricono-scimento reciproco delle “unità di valo-re3” d’istruzione che preludono al perse-guimento di un diploma. Si stanno infinevalutando alcune proposte volte ad eli-minare gli ostacoli amministrativi e giuri-dici che possano frenare lo scambio distudenti, di persone in formazione, di in-segnanti e di ricercatori.

❏ Avvicinare la scuola all’azienda. Ilrafforzamento del sistema di raccordo trala scuola e l’impresa rimane un obiettivoprioritario per la maggior parte degli Sta-ti membri dell’Unione Europea, anche senella costruzione e nel funzionamento dideterminati sistemi - soprattutto per quan-to concerne le formazione iniziale - que-sto sistema di raccordi gode di un’affer-mata tradizione. Uno degli aspetti che ca-ratterizzano tale sistema di raccordo scuo-la-azienda è costituito dalle possibilità diaccedere a determinati corsi di studio inseguito ad una convalida delle qualificheottenute grazie all’esperienza professio-nale. Il Libro bianco propone inoltre dicreare dei collegamenti tra i centri di ap-prendistato attivi nei vari paesi europei edi favorire la mobilità degli apprendistinell’ambito di un programma analogo ad“Erasmo”. Si sta studiando l’elaborazionedi uno statuto europeo dell’apprendista.

❏ Lottare contro l’esclusione. Signifi-cativo è tuttora il numero dei giovani pri-vi di qualifica: questa realtà rappresentauna causa consistente della disoccupazio-ne e dell’esclusione sociale. Il Libro bian-co raccomanda che vengano promossimeccanismi di inserimento mediante laformazione, basati in particolare su mi-sure di discriminazione positiva e desti-nati soprattutto ai giovani che abitino in

quartieri particolarmente svantaggiati. Ver-ranno sostenuti progetti pilota di iniziati-ve locali volti a reinserire nel circuitoformativo giovani che abbiano lasciato lascuola senza avervi conseguito un diplo-ma o una qualifica.

L’avvio del Servizio Volontario Europeodovrà infine consentire ai giovani in dif-ficoltà di avere un’esperienza di lavoroin uno Stato membro diverso da quellod’origine: in tal modo essi potranno ar-ricchire le proprie conoscenze ed esserepiù facilmente inseriti nella professione enella società.

❏ Conoscenza di tre lingue comuni-tarie. La conoscenza delle lingue comu-nitarie rappresenta un fattore di comuni-cazione, di scambio e di mobilità in Eu-ropa. Il Libro bianco propone tra l’altrodi sostenere lo sviluppo di materiali e dimetodi di carattere innovativo volti a fa-cilitare la formazione linguistica a diversigruppi di età e a differenti livelli di istru-zione, ad agevolare l’apprendimento del-le lingue straniere sin dai primi anni del-l’istruzione dell’obbligo, a definire unmarchio di qualità “classe europea” cheverrà attribuito in base a determinati cri-teri alle scuole che abbiano meglio pro-mosso l’apprendimento delle lingue.

❏ Garantire la parità di trattamentotra l’investimento reale e l’investimen-to formativo. Il Libro bianco proponeche venga promossa un’at t iv i tà diconcertazione sul trattamento contabile efiscale delle spese connesse ad attivitàformative. Potranno essere prese alcuneparticolari disposizioni a favore delle im-prese che impegnino fondi di investimen-to in attività di formazione; al contempopotranno essere promosse formule di “pia-ni di risparmio in formazione” a benefi-cio di coloro che desiderino aggiornarele proprie conoscenze.

L’Anno europeo dell’istru-zione e della formazioneper tutto l’arco della vita

L’obiettivo perseguito con l’Anno euro-peo dell’istruzione e della formazione pertutto l’arco della vita è quello di aprireun ampio dibattito a livello europeo, na-zionale, regionale e locale sulle condizio-

3) ECTS - European Transfer CreditSystem (Sistema europeo di trasferi-mento crediti)

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ne di attuazione di una politica in mate-ria. Questo dibattito avrà luogo in occa-sione di oltre cinquecento manifestazio-ni, di cui è prevista l’organizzazione a tuttii livelli sotto forma di conferenze, semi-nari, concorso, attività di sviluppo multi-mediali, elaborazione e trasmissioni diprogrammi di formazione, diffusioni te-levisive, reclamizzazione di progetti par-ticolarmente riusciti. Le attività promossesi riferiscono a tutte le forme di appren-dimento, realizzate in termini formali edinformali.

Nel corso di tali dibattiti previsti durantel’Anno europeo verrà posto l’accento so-prattutto su determinati problemi chiaverelativi allo sviluppo dell’istruzione e dellaformazione per tutto l’arco della vita.

❏ Definire in termini diversi l’ap-prendistato, l’istruzione e la formazio-ne. L’immagine di un’istruzione e di unaformazione iniziali intese come strumentiin grado di garantire un’occupazione a vitaè ormai superata. L’istruzione permanen-te e la formazione continua sono ormaidivenute indispensabili per sostenere per-corsi professionali strutturati in modo benpiù complesso che in passato, con unosviluppo della mobilità e con notevolicambiamenti sul luogo di lavoro, dovutiall’innovazione tecnologica o alle trasfor-mazioni in atto nell’organizzazione dellavoro.

❏ Introdurre i principi di un appren-distato a vita sia nell’istruzione chenella formazione iniziale. Nell’ottica diuna istruzione e di una formazione pro-tratte per l’intero arco della vita essenzia-li sono le sfide poste dalla necessità distimolare la curiosità intellettuale deglistudenti, di maturare in loro il desideriodi apprendere e di insegnare loro ad im-parare ad apprendere: è con queste sfideche dovranno potersi confrontare gli in-segnanti ed i formatori. L’acquisizionedelle competenze-chiave, lo sviluppo del-le capacità di giudizio, di analisi, di deci-sione e di soluzione dei problemi oppuredi lavoro di gruppo rappresentano i prin-cipi di base della formazione permanen-te.

❏ Sviluppare forme di raccordo tral’istruzione, la formazione ed il lavo-ro. L’offerta di formazione deve potersi

adattare ai bisogni della domanda socialee di gruppi sempre più diversificati. Sonosempre più necessarie sia una flessibiliz-zazione dell’offerta che preveda dei rac-cordi tra i vari curricoli, livelli e metodidi apprendimento, sia la creazione di stru-menti di convalida volti a recepire questetraiettorie.

❏ Sostenere l’apprendistato delle or-ganizzazioni. Un apprendistato basatosugli individui non garantisce necessaria-mente l’apprendistato delle organizzazio-ni. Un approccio particolare delle orga-nizzazioni è indispensabile soprattuttoqualora si verifichino significativi cambia-menti di tipo strutturale. In queste occa-sioni le aziende desiderano realizzare “or-ganizzazioni d’apprendimento” che po-trebbero poi affermarsi come strumenti diqualifica non indifferenti.

L’Anno europeo è coordinato a livellocomunitario dalla Direzione Generale XXIIdella Commissione Europea, responsabi-le dell’istruzione, della formazione e deigiovani, nonché da diverse istanze inter-nazionali associate alle manifestazioni pre-viste. Le istanze nazionali di coordinamen-to (INC), designate dagli Stati membri,contribuiscono a sensibilizzare sui temidell’anno, canalizzano i progetti a livellonazionale, regionale e locale, attuano ladiffusione delle informazioni e contribui-scono a valutare e a sostenere l’attuazionedell’iniziativa a livello nazionale.

Conclusione

Nel corso degli ultimi quindici/vent’annile nostre economie si sono profondamen-te modernizzate. Hanno subito un incre-mento sia la produttività che la flessibili-tà dell’occupazione: il prezzo pagato è laprecarizzazione del lavoro, né sono di-minuiti i livelli di disoccupazione e diesclusione. È probabile che sia necessa-rio ricorrere ad ulteriori sforzi di adatta-mento; essi non verranno però accettatise non comporteranno delle contropartitereali in termini di occupazione, di ridu-zione dell’esclusione e di promozionesociale. La formazione può aprire delleprospettive importanti in questo settore.Ciò presuppone d’altronde la partecipa-zione di tutti i responsabili del settore, alivello sia nazionale che comunitario.

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Formazione inizialee continua:contesto e prospettivein Portogallo.Intervista al ministrodell’IstruzioneEduardo Marçal GriloLe condizioni dello sviluppo di una politica dell’istruzione e della formazio-ne lungo tutto l’arco della vita variano nei diversi paesi a seconda delle ca-ratteristiche e dei meccanismi strutturali dei contesti nazionali. La loro co-noscenza risulta essenziale per comprendere i problemi cui deve far fronteciascun paese.

EduardoMarçal GriloMinistro portoghesedell’Istruzione

CEDEFOP: In tutti i paesi dell’UE si assi-ste ad una duplice tendenza che consi-ste, da un lato, nell’innalzamento del li-vello di formazione iniziale e, dall’altro,nell’aumento delle formazioni “brevi” pro-mosse dalle imprese per rispondere alleproprie esigenze. Anche in Portogallo siosserva questa tendenza?

EMG: Sì, sono presenti, ma non è possi-bile generalizzare. Forse perché il tessu-to imprenditoriale portoghese è pocouniforme e tipi di organizzazione quasiarcaici coesistono con altri più avanzati.Nel primo caso, l’importanza della forma-zione è del tutto ignorata; nel secondo,alla formazione viene attribuito maggiorrilievo.

CEDEFOP: Esiste in Portogallo una tradi-zione importante nel campo della forma-zione continua di promozione sociale suiniziativa individuale?

EMG: In alcuni settori sì; tale tendenzasembra direttamente collegata alle oppor-tunità (promozioni o concorsi) offerte sulposto di lavoro. A volte, quando vi sonoopportunità o stimoli, le persone ripren-dono gli studi. Pare che la tendenza sia

che coloro che non hanno frequentatol’istruzione superiore cerchino di farlo inun secondo tempo.

Per quanto riguarda la suddetta tradizio-ne, se così la si può definire, essa è lega-ta alle capacità di promozione professio-nale più che a quelle di promozione so-ciale. Può sembrare un paradosso, per-ché la laurea ha un’enorme importanzasociale, ma non si nota che vi sia unarichiesta di corsi superiori solo per salirequesto gradino puramente sociale.

Occorre anche tener conto del fatto che,di norma, la formazione continua non èofferta dai datori di lavoro e che, senzauno stimolo concreto di carattere sociale,culturale o lavorativo, difficilmente i di-pendenti la richiederanno.

CEDEFOP: Per quanto concerne le azien-de, si può parlare di una tradizione diinvestimenti a favore della formazione? Daquando? In che forma?

EMG: Ritengo che non vi sia ancora l’abi-tudine d’investire nella formazione; forseciò è collegato alla mancanza di adegua-mento delle imprese alle odierne esigenze.

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Si rileva che molte aziende attribuisconoscarsa importanza al loro adeguamentoin termini tecnologici e informatici. Sen-za tale stimolo non vi è la preoccupazio-ne d’organizzare attività di formazionecontinua per i dipendenti.

CEDEFOP: In Portogallo esistono misurepubbliche a favore dell’integrazione pertutto l’arco della vita delle categoriesvantaggiate?

EMG: Non sistematiche. Attualmente, l’ap-poggio statale si fa sentire soprattutto alivello di sostegno ai disoccupati (con unsussidio regolare e alcune attività d’inter-mediazione sul mercato del lavoro permettere a contatto domanda e disoccupa-ti) e di sovvenzioni (ricorrendo ai fondicomunitari) per corsi di formazione, chepossono servire per riqualificare i lavora-tori.

CEDEFOP: A livello delle politiche d’istru-zione e di formazione, che tipo di media-zione viene attuato tra formazione inizia-le di tipo scolastico, dipendente dallo Sta-to, e formazione professionale gestitadalle parti sociali e realizzata sia in unaprospettiva d’integrazione sia, successiva-mente, lungo tutto l’arco della vita attiva?

EMG: E’ operante un gruppo di contattotra Ministero dell’Istruzione e Ministerodella Qualificazione e dell’Occupazione,che strutturerà e coordinerà le azioni dasviluppare in quest’area.

Ritengo che questo contatto che verrà in-staurato per la prima volta permetterà diseguire in maniera costante la politica diformazione a livello sia scolastico sia delmercato del lavoro e di crearsi un’imma-gine molto precisa delle esigenze reali.

CEDEFOP: L’offerta di qualifiche semprepiù elevate e la flessibilizzazione del mer-cato del lavoro rischiano di penalizzarele persone scarsamente qualificate e i la-voratori più anziani. Come deve interve-nire lo Stato per svolgere una funzioneregolamentatrice in relazione alle catego-rie pià svantaggiate?

EMG: Deve sostenere i singoli individuie le imprese. Per quanto concerne i pri-mi, il campo d’intervento - nel caso delMinistero dell’Istruzione - dev’essere quel-lo dell’istruzione base.

Migliore è la qualità della formazione con-seguita nell’istruzione base, più si è pre-parati per proseguire la vita scolastica. E’a questo livello che vogliamo (e dobbia-mo) intervenire: il sistema educativo puòfornire un’ottima preparazione base (an-che se non professionale o professio-nalizzante) per schiudere questo cammi-no, per porre i giovani in condizione difar fronte alle difficoltà del mondo dellavoro e per offrire loro orizzonti più ampiin cui trovi spazio la formazione conti-nua.

Vi è un’altra area d’intervento: quella del-l’istruzione superiore; riteniamo che gliistituti di questo grado (università e poli-tecnici) debbano svolgere un ruolo mol-to importante nell’offrire corsi e azioni diformazione, sempre nel presupposto chela formazione acquisita dev’essere “d’am-pio respiro”.

CEDEFOP: Osservando gli sviluppi in attosi ha l’impressione che è sempre più ri-chiesta la responsabilizzazione dei singoliindividui nella gestione del proprio per-corso, e ciò in un contesto di diffusa di-soccupazione e di importante cambiamen-to. Che significa questa evoluzione nellatradizione portoghese e, in particolare, perquanto riguarda il ruolo delle parti socia-li?

EMG: E’ un’evoluzione che consideromolto importante. Oggi non si può pen-sare - né nel mondo dell’istruzione né inquello del lavoro - che la formazione ter-mini a scuola o che essa divenga inutilenon appena la propria situazione profes-sionale si stabilizza.

Occorre rendersi conto che l’aggiorna-mento delle materie studiate a scuola deveaver luogo regolarmente in modo da ri-spondere alle trasformazioni sociali, eco-nomiche e culturali (che, a loro volta,hanno determinato enormi mutamentinelle aziende). A tale fine è necessarioche se ne rendano conto anche le impre-se e le parti sociali. Un ruolo molto im-portante spetta alle organizzazioni sinda-cali, il cui intervento è a volte troppo le-gato a concetti ormai superati, e che de-vono mostrare ai loro iscritti e alle perso-ne che rappresentano che il costante ag-giornamento delle conoscenze è un pre-supposto essenziale per migliorare le con-dizioni di lavoro e di vita.

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CEDEFOP: In considerazione della situa-zione portoghese e in una prospettiva disviluppo dell’istruzione e della formazio-ne lungo tutto l’arco della vita, quali sonole priorità previste dal Portogallo per ilsostegno da parte dell’UE?

EMG: Una priorità speciale: quella degliistituti professionali, che permettono d’in-tervenire a livello della scolarità nell’istru-zione secondaria.

Gli istituti professionali sono nati con l’ap-porto dei fondi comunitari e dipendonoda questi; ciò costituirà un problemaquando, nel 1999, terminerà il II Quadrocomunitario di sostegno. Fino ad alloracontinueremo ad appoggiarli, correggen-do alcune irregolarità scoperte, ma do-vremo trovare un’alternativa per il lorofinanziamento.

A livello di sostegni, dovremo analizzarele conseguenze della scadenza del II Qua-dro comunitario di sostegno, che natural-mente crea altre difficoltà sul piano delsupporto finanziario. Pensiamo che saràpossibile superarle nell’ambito dei collo-qui con l’UE. Quanto alle nostre priorità,come già detto esse sono l’istruzione basee, nell’ambito della preparazione alla vitaattiva, la conclusione dell’istruzione se-condaria.

CEDEFOP: Concretamente, qual è il pesorelativo, in queste priorità, della lotta al-

l’analfabetismo e delle formazioni nel-l’area delle tecnologie avanzate? Di for-mazioni tradizionali e nuove?

EMG: In un certo senso si equilibrano.L’analfabetismo costituisce ancora unapreoccupazione, ma si concentra a li-vello delle fasce più anziane della po-polazione che, nella maggior parte deicasi, sono già uscite dal mercato del la-voro. Ne teniamo conto e miriamo agarantire agli interessati la possibilità diacquisire una scolarizzazione attraver-so i meccanismi d’insegnamento di cuidisponiamo.

Quanto all’area delle tecnologie avanza-te, essa richiede mezzi, a livello di attrez-zature e di risorse umane adeguate. E’un’area a cui cerchiamo di rivolgere ladovuta attenzione.

CEDEFOP: Come si deve concretizzarel’appoggio dell’UE affinché l’istruzione ela formazione lungo tutto l’arco della vitasiano accessibili a tutti?

EMG: Penso che vi siano due livelli sucui intervenire: legislativo, attraverso l’ap-provazione di orientamenti comuni chetengono conto delle diverse situazioninazionali, e finanziario, attraverso lacanalizzazione di sostegni specifici perprogetti e politiche che corrispondano agliorientamenti stabiliti.

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Considerazioni sul con-cetto di educazione per-manenteTra i paradigmi educativi di cui è dissemi-nata la storia dell’educazione, quello di un’“educazione permanente”, ovvero diun’educazione che dura tutta la vita, de-tiene una posizione particolare. Nelle suemolte varianti esso è animato da una gran-de ricchezza e varietà di intenti e abbrac-cia un ampio raggio di motivazioni. Il suoprocesso di legittimazione va da semplicicorrezioni volte a migliorare la politicaeducativa e sociale, fino a comprendereaspirazioni innovative o addirittura rivo-luzionarie. Le sue finalità sociali vanno daun egualitarismo radicale fino ad un con-servatorismo intenzionato a confermarel’ordine esistente. Il suo obiettivo nei con-fronti dei gruppi sociali comprende gio-vani e anziani, lavoratori attivi e in pen-sione, e i suoi modelli strutturali vanno dauna rete di programmi didattici liberi, peradulti, a schemi educativi, basati sul lavo-ro o in rapporto con esso, indirizzati al-l’esercizio professionale (l’attuale settorechiamato della “formazione aziendale”), amodelli capaci di rivolgersi ad ogni tipodi educazione e di addestramento.

Ciò che spiega tale capacità e possibilitàdi rappresentare tante e tanto diverse, senon contraddittorie, legittimazioni, e divalere per uno spettro di interessi cosìampio, sta nella natura stessa delle varian-ti proprie del paradigma espresso dall’ag-gettivo “permanente”: esse accolgono unaserie di concetti nuovi e già esistenti e,divenute degli ibridi, possiedono una stra-ordinaria capacità di mobilitare gli interessipiù diversi e di adattarli a nuovi bisogni enuove tendenze. Ma, al tempo stesso, que-sta è la loro grande debolezza: esse, inquesto processo, corrono il rischio di per-dere la loro anima e di rendersi estranee aciò che le ha generate.

Questo, in breve, è quanto è accaduto aitre concetti fondamentali di formazionepermanente, ciò che sarà discusso nellepagine seguenti; e questo costituisce forseanche una delle principali ragioni che spie-

gano perchè nessuno di essi abbia avutoefficacia nelle decisioni politiche. Quel cheè peggio è che quegli elementi che hannoraggiunto una maturità politica e che sonostati di fatto utilizzati, sono, nel miglioredei casi, versioni molto ridotte dei concet-ti originari. Nessuna delle organizzazioniintergovernative che parteciparono allaloro nascita ha riservato una posizione dirilievo sostanziale, entro il proprio pro-gramma, al suo modello di educazionepermanente - fatto che non cessa, ognitanto, di ricevere amari commenti da par-te di coloro che ne furono i “padrifondatori”. In questo senso Paul Lengrand,uno dei personaggi chiave che concepiro-no il principio di un’educazione perma-nente nel quadro dell’Unesco, ebbe adosservare che: “da allora non è stato ope-rato alcun cambiamento significativo all’in-terno dei programmi dell’Unesco” e che,se cambiamenti hanno avuto luogo, essisono stati piuttosto di segno negativo(Lengrand, 1994, p.115).

Saranno in seguito brevemente delineatila storia e lo sviluppo del concetto di “for-mazione permanente” nelle sue moltepli-ci configurazioni e ne sarà succintamentecommentato il ruolo entro la contempora-nea politica educativa nazionale ed inter-nazionale. La breve presentazione di unaparte così complessa e diversificata dellastoria della pedagogia rischia fatalmentedi risultare incompleta e parziale. Il testoche segue metterà a fuoco le linee politi-che di tre organizzazioni intergovernative,tutte e tre operanti in Europa e attive nelcampo dell’educazione: la ‘Consiglio d’Eu-ropa’, l’ UNESCO e l’OCSE.

Breve escursione nella sto-ria di un’idea

La genesi del concetto di formazione per-manente rappresenta in se stesso un in-teressante esempio del simultaneo appa-

Denis Kallennel 1962 entra a far

parte dell’OCSE.Dopo esserne uscito

diviene professore diPedagogia all’Uni-

versità di Amsterdame all’Université de Paris VIIIVincennes-Saint Denis. At-

tualmente è coordinatore ge-nerale del progetto del Consi-glio d’Europa “Un’ Istruzione

Secondaria per l’Europa”.

“(...) i tre maggiori para-digmi dell’istruzione per-manente, ancora alla guidadi ogni concezione impor-tante in questo ambito, fu-rono sviluppati ad opera delConsiglio d’Europa, del-l’UNESCO e dell’OCSE. (…)L’aspetto notevole emerso aposteriori consiste nel fat-to che tutte e tre le organiz-zazioni elaborarono quasicontemporaneamente unconcetto di apprendimentopermanente orientato aduna medesima propostaglobale. (…) Il clima politi-co ed economico degli anni’90 è molto diverso da quel-lo che caratterizzava glianni ’60. Esso non è più fa-vorevole a quelle teorievenate di utopia e di ideali-smo che permeavano i pri-mi paradigmi dell’educazio-ne permanente. È favorevo-le a un lavoro e un impiegonaturalmente connessi aprogrammi di “formazionepermanente”, di tipo pre-feribilmente privato e conscarsa pretesa di finanzia-menti pubblici”.

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rire di idee nuove. Nei primi anni ’70 videla luce una varietà di concezioni di poli-tica educativa che condividevano il prin-cipio secondo il quale la formazione èun processo che dura l’intera vita e nonpuò restringersi al primo stadio dell’esi-stenza dell’essere umano. L’idea cometale, che cioè vita e formazione andasse-ro - o dovessero andare - di pari passo,non era nuova. Essa risale ai primi testiconosciuti, quelli che sono stati la guidadell’umanità. L’Antico Testamento, il Co-rano, il Talmud e molti altri libri sacrisono, a vari livelli, espliciti a propositodella necessità, per l’uomo, di impararedurante tutto l’arco della sua vita.

Il XIX secolo ha visto i primi movimentiorganizzati nell’intento di sostenere e pro-muovere la formazione per gli adulti, incontesti extra-scolastici. Gruntvig, il “pa-dre della scuola secondaria popolare”,gettò le fondamenta, in Danimarca, di unmodello progressista di emancipazionelargamente fondato sul volontarismo, de-stinato a diffondersi rapidamente in tuttala Scandinavia. Nelle nazioni maggiormen-te industrializzate d’Europa non fecero chesorgere movimenti in favore di program-mi educativi indirizzati alla nuova classelavoratrice dell’industria.

La principale ambizione di queste inizia-tive non fu quella di preparare gli adultia i loro compit i lavorat iv i . La lorolegittimazione era, prima di tutto, cultu-rale, sociale e, indirettamente, politica:dare ai nuovi lavoratori accesso alla cul-tura fornendo loro il bagaglio di cono-scenze necessarie per prendere nelle loromani il proprio destino, per poter affron-tare, su uno stesso piano, datori di lavo-ro, amministrazioni e burocrazie. “Eman-cipazione sociale e culturale”, “potere cul-turale”, “cultura democratica e popolare”,“un nuovo umanesimo” erano alcuni de-gli slogans propri dei movimenti di “edu-cazione popolare” e di “educazione deilavoratori”. Naturalmente questi erano perlo più situati, rispetto al quadro politico,a sinistra, e non di rado strettamente as-sociati alle organizzazioni sindacali e allenuove correnti di sinistra dei partiti poli-tici - quando addirittura l’iniziativa nonproveniva da queste stesse fonti.

Adattamento al lavoro e finalità ad essorelative rivestivano, nel migliore dei casi,un ruolo secondario e, più spesso di quan-

to si potesse immaginare, non rivestiva-no ruolo alcuno. L’unico legame con lavita lavorativa degli adulti riguardava lacapacità dei lavoratori di difendere i pro-pri interessi. L’ associazione, frequente,con il nascente movimento sindacale, siaccordava perfettamente a questo stato dicose. D’altro canto, i lavoratori, a queltempo, mostravano poca iniziativa o per-fino poco interesse nella possibilità di ri-cevere, da adulti, un’istruzione intesacome strumento per mantenere o miglio-rare la propria qualificazione professio-nale.

Il nesso con l’istruzione tradizionale rap-presenta un altro elemento destinato a nonoccupare, all’interno di queste prime con-cezioni, una posizione di rilievo. Certo,molte delle attività che furono organizzatenel quadro dell’istruzione popolare o peradulti potrebbero essere definiti “educati-vi”. Saltuariamente si tentava di migliorarela padronanza delle competenze di basedei partecipanti, come, in particolare, lalettura, la scrittura e il calcolo. Ma, nellamaggior parte dei casi, non vi era alcunaesplicita intenzione di completare l’istru-zione e la formazione iniziali, così comeera assente un concetto di istruzioneonnicomprensivo.

Lo sviluppo dell’educazione per gli adul-ti è stata fortemente determinata, nel cor-so della storia, da specifici fattori di tiposia sociale che economico, come l’indu-strializzazione e la creazione, nell’800, diimponenti complessi abitativi destinati ailavoratori dell’industria e ai minatori; lagrande crisi economica negli anni ’20 e’30 del ‘900 e, nei paesi anglosassoni, ilritorno di migliaia di giovani smobilitatidall’esercito come reduci di guerra. L’ul-timo caso è interessante da due punti divista. Da un lato, in quanto comportò ilriaffacciarsi, da parte di un grande nume-ro di persone giovani, al mondo dell’istru-zione tradizionale, dopo la sua interru-zione dovuta agli anni trascorsi al fronte.Per la prima volta le università si trovaro-no a dover gestire studenti la cui espe-rienza, famiglia ed età erano molto diver-se da quelle fino ad allora abituali ai loroiscritti. Dall’altro, coloro che ritornavanoagli studi dovevano familiarizzarsi contecniche e competenze nuove, dovute allostraordinario progresso tecnico raggiun-to durante il periodo bellico. Ora, per laprima volta si sperimentava il concetto di

“Il XIX secolo ha visto i pri-mi movimenti organizzatinell’intento di sostenere epromuovere la formazioneper gli adulti, in contestiextra-scolastici. Gruntvig,il “padre della scuola se-condaria popolare” (…). Laprincipale ambizione diqueste iniziative non fuquella di preparare gliadulti ai loro compiti lavo-rativi.”

“Il nesso con l’istruzionetradizionale rappresentaun altro elemento destina-to a non occupare, all’inter-no di queste prime conce-zioni, una posizione di ri-lievo.”

“(…) per la prima volta sisperimentava il concetto di“seconda opportunità” o diistruzione “periodica”, eper la prima volta fu rico-nosciuto il bisogno, per ilavoratori, di un aggiorna-mento regolamentato.”

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“seconda opportunità”o di istruzione “pe-riodica”, e per la prima volta fu ricono-sciuto il bisogno, per i lavoratori, di unaggiornamento regolamentato.

I decenni che seguirono la guerra hanno,d’altra parte, dato testimonianza della forteespansione e della istituzionalizzazionedegli sforzi dei progressisti, volti a pro-muovere un’educazione per gli adulti. Icircoli di studio dei paesi scandinavi e le“Volkshochschulen” [università popolari]in Germania acquisirono un’organizzazio-ne, un r iconoscimento, e pubbl ic ifinanziamenti furono in generale destina-ti alle iniziative che riguardavano l’istru-zione per adulti. In Inghilterra, l’istruzio-ne per adulti e l’istruzione supplementa-re registrarono una enorme espansione.Delle iniziative a carattere prevalentemen-te volontaristico, molte acquistarono oraun carattere parastatale e furono così ingrado di ricevere un sostegno pubblico.L’entrata del denaro pubblico comportòla presenza ancorchè minima di regole eregolamenti, così come l’esistenza di pro-grammi, procedimenti di ammissione epossibili accreditamenti. I compensi diinsegnanti e “animatori” dovevano rispet-tare i parametri del pubblico impiego. Sot-to ogni punto di vista, insomma, si verifi-cò un certo “avvicinamento” ai ranghi del-l’istruzione tradizionale, ciò che rese pos-sibile prevedere l’imporsi di un quadrodi politica comune, riguardante ogni ge-nere di istruzione, di base o per adulti,tradizionale e non tradizionale.

I nuovi paradigmi

Gli anni ’60 fecero sorgere un grande di-battito impegnato a riflettere sul futurodell’istruzione per gli adulti, sui meriti diquanto già esisteva e sul modo miglioreper soddisfare la rapida crescita dei biso-gni. Pianificazione e razionalizzazioneerano divenuti tratti tipici della scenapolitica decisionale e si erano create lecondizioni che consentivano di assegna-re all’istruzione per adulti un ruolo bendefinito all’interno della politica educa-tiva, culturale e socioeconomica globale.In sintonia con gli sforzi intrapresi a li-vello nazionale, le maggiori organizzazio-ni intergovernative dovevano affrontareuna sfida, che consisteva nel dare piùcoerenza ai propri programmi e, in parti-

colare, nel tracciare i contorni di un nuo-vo tipo di relazione tra istruzione e prati-ca da un lato, e la loro attività all’internodei contesti sociale, culturale ed econo-mico, dall’altro. I loro paesi membri siaspettavano di vederle emergere con ideee progetti nuovi, che avrebbero creato trai vari settori la necessaria coerenza.

E’ in questo contesto che i tre maggioriparadigmi di istruzione permanente, an-cora alla guida di ogni concezione im-portante in questo ambito, furono svilup-pati ad opera del Consiglio d’Europa,dell’UNESCO e dell’ OCSE. Ciascuna diqueste organizzazioni possiede, quanto adattività politica in questi settori, le sueproprie motivazioni, i suoi gruppi di so-stegno e i suoi obiettivi. L’aspetto note-vole emerso a posteriori consiste nel fat-to che tutte e tre elaborarono quasi con-temporaneamente un concetto di appren-dimento permanente orientato ad unamedesima proposta globale.

Il Consiglio d’Europa aveva introdotto,negli anni 60', nei suoi programmi il temadell’educazione permanente (“éducationpermanente”) e fu ben presto chiamato asvolgere un ruolo di maggiore responsa-bilità nelle attività politiche delle organiz-zazioni educative, culturali e politiche. Inuna delle sue pubblicazioni riguardantil’educazione permanente è scritto che“l’introduzione del tema generale di edu-cazione permanente nel corso del dibat-tito politico generale del CCC (Consiglioper la Cooperazione Culturale), svoltosinel 1966, segnò un punto di svolta nellastoria della politica educativa nel quadrodel Consigl io d’Europa (Council ofEurope, 1970, p.9). Il Consiglio aveva ten-tato, negli anni precedenti, e senza moltosuccesso, di accelerare il processo di in-tegrazione e adattamento dei sistemi edu-cativi tradizionali propri dei diversi paesimembri. L’educazione permanente eravista come un “concetto fondamentalmen-te nuovo e comprensivo....un modelloeducativo globale capace di andare incon-tro ai bisogni educativi in rapida crescitae sempre più diversificati di ogni indivi-duo, sia giovane o che anziano, apparte-nente alla nuova società europea” - unobiettivo che era dato per certo si trovas-se al di là della portata dei sistemi educa-tivi di base, allorchè essi avevano fallitonel proposito di andare effettivamente in-contro ai bisogni di una larga parte dei

L’entrata del denaro pubbli-co comportò la presenzaancorchè minima di regolee regolamenti, così comel’esistenza di programmi,procedimenti di ammissio-ne e possibili accreditamenti.

“Il Consiglio d’Europa ave-va introdotto, negli anni 60',nei suoi programmi il temadell’educazione permanen-te (“éducation permanen-te”) (…) Si prevedeva chel’educazione permanenteinaugurasse una strategiapiù efficace del sistemaeducativo corrente, al finedi promuovere l’eguaglian-za delle opportunitàeducative;”

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loro studenti, fallimento in parte dovutoad una insufficiente diversificazione dell’offerta presente nei loro programmi.

I tre principi o “fondamenti” propri dellapolitica del nuovo Consiglio d’Europaerano quelli di “parificazione” [equali-sation], “partecipazione” [participation] e“globalizzazione” [globalization]. Si pre-vedeva che l’educazione permanenteinaugurasse una strategia più efficace delsistema educativo corrente, al fine di pro-muovere l’eguaglianza delle opportunitàeducative; ciò si sarebbe organizzato conil pieno assenso e la partecipazione deimembri e avrebbe unito teoria e pratica,conoscenza e competenza, sapere e fare(si veda la pubblicazione del 1970 appe-na citata ed anche: Council of Europe,1977; e Council of Europe, 1978).

L’ UNESCO affrontò, a partire dai suoi socisparsi in tutto il mondo, una richiesta si-mile, volta ad elaborare un concetto dipolitica educativa caratterizzato da unamobilitazione globale. I suoi paesi mem-bri in via di sviluppo mostravano un cre-scente divario educativo tra una partesempre più istruita delle generazioni piùgiovani ed una popolazione adulta larga-mente analfabeta. Al fine di venire in aiutodelle democrazie e del loro sviluppo eco-nomico, dovevano essere escogitati modie mezzi per dotare almeno una buonaparte della popolazione adulta di un mi-nimo bagaglio di conoscenze e compe-tenze. D’altro canto, i programmi educa-tivi, scientifici, socio-politici e culturalidell’organizzazione avevano perseguitolinee di sviluppo separate e si sentiva ilbisogno di un quadro teorico-concettua-le comune.

L’impulso più forte dato alla politica e alleattività dell’organizzazione nell’ambitodell’educazione permanente arrivò dal“Learning to Be” [Imparare ad essere], larelazione della Commissione Internazio-nale per lo Sviluppo dell’Educazione re-datto sotto la presidenza di Edgar Faure(Faure, 1972). La formulazione dei capi-saldi teorici della relazione fu in largamisura opera del suo brillante presiden-te, portandone l’inequivocabile segno di-stintivo. Tuttavia essa si basa anche suun precedente lavoro dell’ UNESCO. Sultema dell’istruzione per gli adulti eranostati indetti alcuni dei principali conve-gni internazionali (tra gli altri: il primo,

nel 1949, ad Elseneur, e a Montreal nel1960). Essi hanno gettato i fondamenticoncettuali ed hanno preparato il terrenoper una concezione politica nuova ed al-largata, capace di ispirare e guidare tuttoil programma educativo dell’UNESCO nelsuo complesso, permettendo, al tempostesso, di creare un nesso organico conle sue attività scientifiche, culturali e so-cio-politiche.

“Learning to Be” [Imparare a Essere] erastata preceduta, nel 1970, dalla relazionedi Lengrand intitolata: “An Introductionto Lifelong Learning” [Una Introduzioneall’Educazione Permanente] (Lengrand,1970), un lavoro che aveva impostato iltono e disegnato i contorni essenziali diquanto Faure avrebbe poi elaborato a suavolta. Il quadro teorico di fondo su cui ècostruita “Imparare ad Essere” può esse-re definito come “nuovo umanesimo”, ra-dicato nel desiderio innato nell’uomo diimparare, ciò che rende possibile lavora-re in vista di una società nuova e piùumana, a fianco dei nobili ideali che han-no ispirato la creazione dell’organizzazio-ne. Tale concezione si accordava con lamissione generalmente politica e socio-culturale dell’UNESCO, e, in particolare,con il suo impegno per la comprensionetra i popoli e per la pace, per il progres-so culturale e scientifico a vantaggio del-l’umanità, e per l’internazionalismo qua-le mezzo per impedire al nazionalismo didivenire, ancora una volta, causa di con-flitti e di guerre. Esso riuniva i paesi mem-bri dell’UNESCO, sviluppati ed in via disviluppo, del Sud e del Nord, che rappre-sentavano un ampio spettro di regimipolitici, intorno ad una concezione mo-bilitata da alti ideali che tutti si impegna-vano a sottoscrivere. Le finalità erano in-fatti formulate in una forma dal caratteresufficientemente globale e flessibile, attaa renderla bene accetta a paesi che si tro-vavano a diversi stadi di sviluppo econo-mico e culturale e dotati di regimi politicidiversi.

La relazione dell’ OCSE intitolata “Recur-rent Education: a strategy for lifelonglearning” [ Istruzione ricorrente: strategiaper una educazione permanente] (Kallene Bengtsson, 1973) aveva, in accordo colsottotitolo, ambizioni più modeste: didefinire l’istruzione ricorrente (il terminefu usato dalla Commissione Svedese U’68e fatto internazionalmente conoscere da

“Il quadro teorico di fondosu cui è costruita “Impara-re ad Essere” può esseredefinito come “nuovoumanesimo”, radicato neldesiderio innato nell’uomodi imparare, ciò che rendepossibile lavorare in vistadi una società nuova e piùumana (…)”

“(…) di definire l’istruzio-ne ricorrente (…) come unastrategia la cui essenzaconsiste nel disseminare ilcorso della vita di ciascunindividuo di micro oppor-tunità educative, in modotale che esse, qualora ven-gano richieste, siano imme-diatamente disponibili(…)”

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Olof Palme, a quel tempo ministro del-l’Educazione in Svezia) come una strate-gia la cui essenza consiste nel dissemina-re il corso della vita di ciascun individuodi micro opportunità educative, in modotale che esse, qualora vengano richieste,siano immediatamente disponibili (si vedain proposito: G: Papadopoulos, 1994,p.113).

Il paradigma dell’istruzione ricorrente erainvocato come alternativa al periodo inprogressivo allungamento proprio del-l’istruzione primaria che teneva i giovania scuola separandoli dalla vita “reale” al-meno fino alla tarda adolescenza. La con-cezione dell’OCSE era fortemente ispira-ta dal desiderio di infrangere questo ci-clo di istruzione iniziale ininterrotta eanche dall’imporsi all’evidenza della suainefficacia e dei suoi costi crescenti, conun riscontro, purtroppo, di basso livello,che le relazioni dell’organizzazione ave-vano contribuito, in larga misura, a con-fermare.

Una posizione critica nei confronti delsistema educativo esistente svolse, di fat-to, un ruolo considerevole nelle linee te-oriche dell’OCSE. Gran parte dell’ineffi-cienza educativa era dovuta, così si riten-ne, alla natura “ricca di informazione mapovera di azione” propria della scuola(l’espressione era stata presa a prestitodalle pubblicazioni di Coleman). L’alter-nanza tra istruzione e lavoro o altre atti-vità era perciò un elemento essenzialedelle proposte contenute nella nuova stra-tegia.

In linea con la missione globale dell’OCSE, il concetto di istruzione ricorrenteaveva una connotazione fortemente eco-nomica. Ciò rendeva possibile riunirel’istruzione primaria tradizionale e peradulti e la pratica sul lavoro entro un sin-golo quadro politico, i cui scopi erano inrelazione ad un comune piano di obietti-vi educativi, economici e sociali. Un si-stema di relazioni più flessibile tra istru-zione e pratica da un lato, e lavoro dal-l’altro, è quel che avrebbe permesso al-l’istruzione e alla pratica di accordarsi aireali bisogni del mercato del lavoro e degliindividui, e questo era avvertito come unodei suoi risultati principali.

Una tale politica di istruzione ricorrenterichiederebbe un graduale, ma, sul lungo

termine, radicale mutamento della politi-ca educativa a favore di una organizza-zione dell’istruzione post obbligatoria attaa permettere un’alternanza tra istruzione/pratica e lavoro in vista di un effettivoritorno, se necessario, alla scuola, sia essadi tipo tradizionale o meno. La relazionemetteva tuttavia l’accento sul fatto che,accanto al lavoro, doveva essere riserva-to uno spazio anche al tempo libero e alperiodo di pensionamento, e che la for-mazione ricorrente serve anche a miglio-rare la loro qualità. L’istruzione ricorren-te avrebbe allora posto rimedio ad alcunidei maggiori difetti del sistema educativomentre, nello stesso tempo, “è in gradodi offrire una scala completa di alternati-ve educative capaci di rispondere ai bi-sogni della società futura” (cfr. p.7).

I primi anni ’70: bilanci eprogetti

La contemporaneità dei tre paradigmi dieducazione permanente cui prima si èaccennato ha, durante i primi anni ’70, ilsuo parallelo nell’uscita simultanea di unamolteplicità di pubblicazioni di caratteredecisamente critico nei confronti dell’edu-cazione tradizionale. Molti di essi ispira-rono ed influenzarono direttamente laformazione di nuovi concetti e politichedi educazione permanente.

Il basso livello di promozione della pari-tà delle opportunità educative era già statadimostrata, per quanto riguardava gli USA,da Coleman. Jencks più tardi portò proveconvincenti a proposito della scarsa im-portanza del ruolo della scuola, a con-fronto di quello svolto dalla condizionesocio-economica degli scolari e dalle at-titudini innate, sul livello occupazionalee sulla retribuzione. Le sue ricerche sonostate spesso usate come argomento daopporre all’aumento degli investimentinell’educazione e a costose riforme sco-lastiche (Jencks, 1972).

In Europa, la ricerca svolta da Husén erasostanzialmente giunta al medesimo risul-tato, ma era anche riuscita ad identificarele variabili specificamente scolastiche checondizionano e favoriscono il rendimen-to scolastico, consentendo, così, di offri-re una giustificazione a favore della rifor-ma della scuola (si veda Husén, 1974).

“La contemporaneità deitre paradigmi di educazio-ne permanente cui prima siè accennato ha, durante iprimi anni ’70, il suo paral-lelo nell’uscita simultaneadi una molteplicità di pub-blicazioni di carattere de-cisamente critico nei con-fronti dell’educazione tra-dizionale.”

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Nondimeno, quel che tutte le pubblica-zioni importanti erano fondamentalmenteconcordi nell’affermare consisteva nelfatto che l’educazione di base, ancorchèdotata di buoni fondamenti e di buonaorganizzazione, possedeva una scarsa at-titudine ad ottenere i risultati che si eraprefissata, fossero questi la parità delleopportunità, la capacità di insegnamen-to, la competenza o la qualificazioneadatte all’inserimento nel mercato dellavoro.

La scuola veniva però presa di mira da at-tacchi provenienti anche da altre parti. Ilcolpo più duro sferrato da queste criticheera diretto alla scuola come a quell’istitu-zione che pretendeva di avere il monopo-lio della trasmissione della conoscenza,monopolio che da molto tempo aveva inrealtà perduto. La scuola, si diceva anche,era uno strumento di indottrinamento e dioppressione della spontaneità, nelle manidi stati ossessionati dalla necessità di inse-gnare ai bambini il rispetto per le leggi,un comportamento disciplinato ed altrevirtù che il ‘buon’ cittadino dovrebbe pos-sedere. La scuola tentava di perpetuare legerarchie sociali esistenti e di formare quel-la forza lavoro docile richiesta dal capita-le. Questo uccideva l’iniziativa dei ragazzie la loro innata curiosità. Uno degli autoridi queste critiche, Paul Goodman, chiamòla sua prima analisi importante sull’argo-mento: “Diseducazione obbligatoria”(Goodman, 1962, ristampato nel 1972). Eglicita Einstein quando dice che: “è solo unmiracolo se i moderni metodi educativi nonhanno ancora completamente soffocato lasacra curiosità che anima la ricerca”.

Delle molte proposte di cambiamento ra-dicale, quella di Ivan Illich, intitolata “So-cietà descolar izzante” [DeschoolingSociety] (I.Illich, 1970) è probabilmentela più famosa. Il suo messaggio diradicalismo ha gettato un’ombra sulle sueproposte, alcune delle quali conservanola loro importanza, come quella di unarete di comunicazione educativa. Ma l’ot-timismo di Illich per quel che riguarda ildesiderio dell’uomo di imparare - un otti-mismo condiviso, a questo proposito, damolti autori di progetti radicali nel cam-po dell’educazione - e per quel che ri-guarda la sua capacità di incontrare lepersone giuste e di creare da sè le condi-zioni necessarie all’apprendimento, eralargamente destinato a sconfinare nel-

l’utopia - sebbene oggi, con la presenzadi Internet, alcuni dei pensieri di Illichpossano apparire meno irrealistici.

Pochi furono i critici della scuola che osa-rono spingersi altrettanto lontano diJencks, che conclude il suo studio intito-lato “Ineguaglianza” [Inequality] con l’af-fermazione memorabile (che gli è stataspesso rimproverata in un paese come gliUSA, dove la sua posizione passava peruna forma di cripto-comunismo): “Se vo-gliamo superare questa tradizione (vale adire fare assegnamento sulla scuola percontribuire all’eguaglianza economica)dovremo imporre un controllo politicoalle istituzioni economiche che formanoalla nostra società. Questo è ciò che altripaesi sono soliti chiamare socialismo...”(p.265).

Gli anni ’60 e i primi anni ’70 hanno dun-que dato prova di una riforma molto ra-dicale della scuola di base. Molti paesiapprovarono nuove legislazioni e furonoavanzate molte proposte di respiro glo-bale per una riforma: la “Rahmengesetz”[Legge Quadro] nella Repubblica Federa-le Tedesca, la “Loi d’Orientation” [Legged’Orientamento] in Francia, la “Contou-rennota” [Legge Quadro] in Olanda, il rap-porto delle “Ottosen Committee” in Nor-vegia, e il già ricordato rapporto conclu-sivo dell’ U’68 in Svezia. Ciascuno di taliprogrammi fece proprio il principio del-l’educazione permanente, che in GranBretagna figurava già nell’“Education Act”[Legge sull’Educazione] del 1944.

Cosa ne è stato dell’educa-zione permanente?

I nuovi teoremi furono, nel loro comples-so, ben accetti ai politici dei paesi piùsviluppati, che vi scorgevano un modoper arginare prolungamenti e costi cre-scenti dell’educazione di base, e, nelcontempo, uno strumento che avrebbeconsentito di meglio adattare la forma-zione alle esigenze del mercato del lavo-ro. I Paesi in via di sviluppo furono favo-revolmente colpiti dalla logica sottesa al“Learning to Be” [Imparare ad essere] cheveniva incontro al loro bisogno di conce-pire l’educazione in un modo completa-mente nuovo, nel quadro di uno svilup-po generale.

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Di fatto, però, non si fu molto tempestivinel trasferire questi principi alla politicaeducativa. Da parte dell’ OCSE si sa chela Conferenza dei Ministri Europei del-l’Istruzione, che ebbe luogo a Berna nel1973, approvò il principio dell’educazio-ne ricorrente, approvazione che fu con-fermata a Stoccolma nel 1975. Dopo diche, però, non vi fu un gran progresso equel che si era raggiunto “aveva ancoracarattere frammentario, distribuito neipaesi in maniera diseguale” (Papado-poulos, 1994, p.115).

Un simile sviluppo può essere osservatoall’interno dell’UNESCO. Una serie diConferenze Generali ha approvato il con-cetto di educazione permanente, ma essoè stato ridotto in breve tempo a dimen-sioni limitate e specifiche, come program-mi di alfabetizzazione nei paesi in via disviluppo, in particolare a sostegno del-l’educazione “tradizionale” per gli adulti(si veda Lengrand, op. cit., p.125).

Il Consiglio d’Europa è rimasto, nelle suelinee generali, per lo più fedele, in teo-ria, al principio dell’ “éducation perma-nente”, ma, nei suoi programmi, i settoripiù tradizionali ed istituzionali hanno pre-so, nel corso degli anni, il sopravventoed esso, nella sua forma originale, è statoin certo qual modo archiviato.

Nondimeno, al pari del mostro di LochNess, il principio dell’educazione perma-nente ed i suoi equivalenti fanno regolar-mente la loro apparizione nelle dichiara-zioni politiche internazionali, soprattuttoper conferire ai molti programmi “fram-mentari”, che sono stati di fatto approva-ti, una prospettiva più ampia ed uno sfon-do concettuale più articolato.

Compilare un elenco di questi parzialiadempimenti del concetto di educazionepermanente non rientra negli scopi diquesto articolo. Ciò che può aiutare èvedere in quali modi gli attuali program-mi indirizzati all’educazione per adulti, ditutti i generi, non corrispondano, nel lorocomplesso, alle concezioni originali:

❏ pochi progressi sono stati raggiunti conl’osmosi tra educazione e formazione pro-fessionale da un lato, e sviluppo cultura-le e sociale dall’altro. L’unico settore nelquale l’osmosi è stata da lungo temporaggiunta è quella tra programmi di for-

mazione di tipo tradizionale, indirizzatiad adulti, di orientamento “progressista”,in particolare quelli focalizzati sullo svi-luppo comunitario;

❏ gli intenti liberatori, emancipatori epoliticamente progressisti del concetto dieducazione permanente - che, da partedelle organizzazioni tradizionali e dallamaggior parte dei loro paesi membri, fu-rono ammessi e non esplicitamente fattipropri - hanno aperto la via a concezionipiù “realistiche” che servono a mantene-re e a migliorare i sistemi sociali esisten-ti, ma non sono atti ad introdurre alcuncambiamento radicale;

❏ l’idea di “ricorrenza” si è ridotta di pro-porzioni. Le università hanno perso l’op-portunità di riorganizzare il loro insegna-mento così come di rendere possibile unareale “ricorrenza” che avrebbe, in talmodo, permesso di aprire le loro porte anuovi iscritti (Kallen, 1980).

Ad una politica di educazione permanentemancano altri elementi essenziali. Soltantopochi paesi hanno varato una legislazio-ne sui congedi di formazione retribuiti,che sono stati ritenuti soggetti alle condi-zioni dell’esercizio professionale. Poco an-cora è stato fatto per quanto riguarda laconcordanza e la parificazione dei titolidi studio, e il diploma rilasciato dalla scuo-la tradizionale possiede ancora un certomonopolio in termini di possibilità di ac-cesso ad impieghi qualificati.

Il clima politico ed economico degli anni’90 è molto diverso da quello che caratte-rizzava gli anni ’60. Esso non è più favo-revole a quelle teorie venate di utopia edi idealismo che permeavano i primiparadigmi dell’educazione permanente. E’favorevole a un lavoro e a un impiegonaturalmente connessi a programmi di“formazione permanente”, di tipo preferi-bilmente privato e con scarsa pretesa difinanziamenti pubblici. La “formazioneaziendale” sta guadagnando progressiva-mente terreno. Fatta eccezione per le areecontrassegnate da seri problemi che mi-nacciano il clima sociale, come la disoc-cupazione giovanile: qui è la sfera pub-blica a dover intervenire organizzando efinanziando programmi che permettanoun “ritorno” alla formazione.

Ci vuole una buona dose di ottimismo edi tolleranza per sostenere il punto di vi-

“(…) vedere in quali modigli attuali programmi indi-rizzati all’educazione peradulti, di tutti i generi, noncorrispondano, nel lorocomplesso, alle concezionioriginali (…)”

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sta secondo cui il concetto di educazionepermanente sarebbe, nonostante tutto,sopravissuto. Certo, l’idea generale è di-ventata popolare nelle affermazioni dei po-litici ed anche in molti programmi educa-tivi. Ma, a mio avviso, il suo significato èmutato profondamente. In un certo senso,c’era da aspettarselo, soprattutto conside-rando il cambiamento del clima politico

degli scorsi decenni ed il passaggio, daparte delle economie dei paesi sviluppati,ad un modello liberistico: l’idea generosae comprensiva di un’educazione perma-nente, così come fu concepita nelle primefasi della sua elaborazione, non è più adat-ta ad economie di mercato orientate, comesono quelle odierne, sul principio efficien-tistico dell’ “evitare assurdità”.

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Una lettura deiparadigmi del Librobianco sull’istruzione esulla formazione*:elementi per un dibattito

Alaind’Iribarne

Direttore della ricercapresso il CNRS - Labo-ratorio di Economia e

di Sociologia del Lavo-ro (LEST).

Il Libro bianco “Insegnareed apprendere. Verso la so-cietà cognitiva” rappresen-ta un documento importan-te per le conseguenze cheimplica. Ponendo l’accentosulle relazioni dirette tra laformazione ed i bisogni del-le aziende, considera il di-ploma come un arcaismo,appunto perché fonte di ri-gidità. A partire da un’ana-lisi critica delle argomen-tazioni proposte, l’autoreesprime la propria riservasu un movimento che po-trebbe avere degli effettiperversi per la manodope-ra occupata, al di là dellebuone intenzioni concla-mate.

focalizzato di quello sulla crescita. Ed èda questa prospettiva che ci siamo pro-posti di fornirne una lettura. Ci siamopertanto interessati alle affermazioni dibase su cui il testo si fonda nello svilup-pare l’analisi e le proposte di intervento.Si tratta di quelle convinzioni e di queiparadigmi di riferimento che funzionanoin modo tale da porre tanti più dubbiquanto più siano impliciti nella matura-zione di una determinata linea di pensie-ro. Solo grazie a quest’approccio, in uncerto senso, epistemologico è possibile -a nostro avviso - affrontare adeguatamenteil dibattito aperto dal Libro bianco.

Un’analisi del Libro bianco condotta inquesti termini è appassionante perchéconsente di cogliere in modo più adegua-to l’universo intellettuale della Commis-sione e di meglio comprenderne le diffi-coltà - in particolare i limiti del quadro diriferimento categoriale entro cui essa de-finisce come prioritari alcuni problemi del-l’Unione Europea: evitare la disoccupa-zione, mantenere il modello sociale eu-ropeo di riferimento ed al contempo ga-rantire un’economia largamente aperta.Quest’analisi prova che vi sono delle con-traddizioni, irrisolvibili a nostro avviso,tra i fondamenti acquisiti come base del-le azioni proposte e gli obiettivi perse-guiti. Da questo punto di vista la redazio-ne del Libro bianco facilita ampiamenteil compito del lettore poiché enuncia chia-ramente che viene proposto a titolo diostacolo e di sfida, di obiettivo e di pro-posta d’azione.

Va anzitutto tenuto conto del ruolo cen-trale che il Libro bianco attribuisce alle

I “Libri bianchi” della Commissione Eu-ropea meritano una lettura tanto più at-tenta quanto più ibrido è il loro statuto.Presentati generalmente come una fontedi proposte, una base per lanciare delleidee che favoriscano il dibattito - “unampio dibattito con i principali interessa-ti”1.. - possono acquisire progressivamentela funzione di testi base di un pensiero,suscettibile a sua volta di trasformarsi pre-sto in una dottrina ufficiale in ragionedella qualità della propria origine e dellapropria stessa natura - essere cioé unariflessione finalizzata all’azione.

Sfuggono in tal modo alle intenzioni deiloro stessi autori? Non è importante. Daquesto punto di vista il Libro bianco “Cre-scita, competitività ed occupazione” pub-blicato nel 1993 con “l’ambizione di nu-trire la riflessione e di contribuire allapresa di decisioni”2 è piuttosto significa-tivo perché è noto il ruolo svolto da taledocumento nell’esprimere gli orientamentidella Commissione Europea. Il testo fun-ziona come un autentico corpo di dottri-na - come una vera Bibbia? - lasciandopoco spazio alla contraddizione e, beninteso, alla contestazione.

Il Libro bianco sull’istruzione e sulla for-mazione, pubblicato su iniziativa dellaDirezione Generale XXII (Istruzione, for-mazione e giovani) e della Direzione Ge-nerale V (Occupazione, relazioni indu-striali ed affari sociali) si colloca nellaprospettiva “dell’istruzione e della forma-zione per l’intero arco della vita”. È perquest’aspetto che ci interessa nel presen-te contesto. Il Libro bianco rappresenta,in un certo senso, il prolungamento

*) Libro bianco “Insegnare e appren-dere. Verso la società cognitiva”, Uf-ficio delle pubblicazioni ufficiali del-le Comunità Europee, Lussemburgo,1995.

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relazioni esistenti tra la competitività,l’occupazione, la coesione sociale e lequestioni attinenti la formazione e l’ istru-zione; per chiarire la nostra posizione inmateria si ricorda d’altra parte al lettorequanto è stato affermato nello studio danoi pubblicato nel 19893 per conto delCNRS e nei successivi documenti redattia partire da quella data. In questi scrittiè in effetti documentato lo sforzo di di-mostrare in che misura i problemi atti-nenti la competitività delle aziende e del-le singole nazioni comportino delle sfi-de sul piano formativo, rappresentandoanzi una grave questione sociale; vi vie-ne inoltre provato in che misura alcune“innovazioni sociali” divengano determi-nanti non appena acquistino una fun-zione di mediazione tra la competitivitàeconomica e la coesione sociale. Le no-stre argomentazioni si basano però suanalisi radicalmente diverse da quelle ac-quisite nel Libro bianco e si traduconoin opzioni a favore di politiche di ge-stione sia private che pubbliche forte-mente diverse dalle politiche attualmen-te in voga.

L’accento posto sull’influsso esercitatodalle scelte combinate “macro e micro”di gestione sui meccanismi che interessa-no il lavoro, l’occupazione e gli stili divita, consente di ricollocare le azioni diformazione e di istruzione inerenti alla“formazione per tutto l’arco della vita” nelquadro di paradigmi produttivi e delle co-struzioni di “rapporti salariali” di cui ènoto il carattere determinante in materia(ci si ricorderà in effetti che il “rapportosalariale” articola norme di produzione enorme di consumo). Ciò consente diricollocare le sfide dell’uso della forza-lavoro nella situazione congiunta di fat-tore di produzione e di base del benesse-re, nella duplice ed inscindibile prospet-tiva della produzione e della ripartizionedella ricchezza.

D’altra parte, come dimostrano ampia-mente gli articoli pubblicati sulla rivista“Formazione professionale”, se i para-digmi sono generali, le forme concrete chevi corrispondono in un determinato pae-se ad un determinato momento possonoampiamente differire in funzione dellecostituzioni “societarie” specifiche. Perquesta ragione dobbiamo precisare chela nostra lettura resterà, in un certo sen-so, fortemente francese...

Alcuni gravi interrogativisulla legittimità delle pre-messe

Il Libro bianco si apre su una sorta di pe-tizione di principio, cioé con l’affermazio-ne che in Europa si impongono tre inevi-tabili fattori di trasformazione - i tre “chocmotori” rappresentati dalla “società dell’in-formazione”, “la mondializzazione” e “laciviltà scientifica e tecnica”. È fuor di dub-bio l’importanza dei movimenti che carat-terizzano i settori correlati a tali trasfor-mazioni, cioé le innovazioni tecnologiche,gli scambi tra “nazioni” ed i saperi scienti-fici e tecnici. Gli interrogativi non si riferi-scono però a queste trasformazioni, quan-to invece al modo di definirne gli sviluppifuturi o le relazioni esistenti con altri set-tori in evoluzione delle nostre società.Queste correlazioni svolgono in effetti unruolo determinante nell’ampiezza e nellanatura dello choc di cui si parla.

La società dell’informazione

Nel citare la relazione “Bangemann” delmaggio 1994 il Libro bianco afferma: “nelmondo intero le tecnologie dell’informa-zione e delle comunicazioni generano unanuova rivoluzione industriale”. Poco ol-tre si legge: “è certo che le tecnologiedell’informazione hanno trasformato lanatura del lavoro e l’organizzazione dellaproduzione”; ed ancora: “le tecnologiedell’informazione operano un ravvicina-mento tra il modo di imparare e le moda-lità della produzione”.4

Le citazioni addotte rinviano ad una pro-spettiva ben nota: al determinismo tec-nologico o, detto in termini più elaborati,ad un determinismo dei rapporti di pro-duzione. In questa prospettiva di “onebest way” le tecnologie innovatrici si so-stituiscono a quelle precedenti in “com-binazioni ottimali di fattori” e si impon-gono pertanto grazie alla loro efficacitàsuperiore. Si ritrova qui un “economismo”di tipo classico che è stato peraltro scon-fitto da tutti i lavori empirici condotti du-rante questi ultimi vent’anni sia nell’ eco-nomia industriale che nella sociologia dellavoro. I lavori di storia delle tecnichedimostrano che, in una visione retrospet-tiva, l’approccio “sistemico” è l’unico apoter essere mantenuto. Esso obbliga ineffetti a privilegiare alcune interdipen-

“(…) se i paradigmi sonogenerali, le forme concreteche vi corrispondono in undeterminato paese ad undeterminato momento pos-sono ampiamente differirein funzione delle costituzio-ni “societarie” specifiche.(…) la nostra lettura reste-rà, in un certo senso, forte-mente francese (…)”

“I lavori di storia delle tec-niche dimostrano che, inuna visione retrospettiva,l’approccio “sistemico” èl’unico a poter essere man-tenuto. Esso obbliga in ef-fetti a privilegiare alcuneinterdipendenze tra l’insie-me delle componenti dellenostre società (aspetti tec-nologici, economici, socia-li, culturali o religiosi..)(…)”

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denze tra l’insieme delle componenti dellenostre società (aspetti tecnologici, econo-mici, sociali, culturali o religiosi..), comeprova chiaramente Bertrand Gilles inun’opera che resta tuttora in Francia5 unpunto di riferimento in materia.

Anche qualora si possa accettare facilmentel’ipotesi che le “nuove tecnologie dell’in-formazione e della comunicazione” (NTIC)si stanno affermando, si dovrà d’altrondeconsiderare questo aspetto come una com-ponente di un nuovo “sistema tecnico” cheverrà ad incastrarsi nel sistema attuale,seguendo una dinamica di “decostruzione-ricostruzione” la cui natura è tanto più dif-ficilmente prevedibile quanto più si trattadi “innovazioni determinanti”, cioé chestanno rimettendo in causa un ordine eco-nomico e sociale esistente. Sembra pertan-to essenziale tenere presente che questetecnologie non sono altro che strumenticaratterizzati - analogamente a tutte le al-tre innovazioni tecniche avvenute nel cor-so della storia - dalla capacità di rivelarele contraddizioni delle nostre società o, sesi preferisce, lo stato reale delle forze chevi operano al di là della retorica. Esse agi-scono in sinergia e valgono da rivelatori eda indicatori dei cambiamenti in atto.

Gli effetti economici e sociali delle NTICdipenderanno quindi direttamente dalleforme istituzionali e sociali che la singolaentità collettiva sarà capace di creare. Essidipendono anzitutto dalle opzioni politi-che, poiché la politica tende a costituirein effetti il livello superiore della regola-mentazione dei rapporti economici e so-ciali. Un’affermazione analoga vale per ilruolo svolto dall’economia e dal mercatonella regolamentazione dei rapporti di pro-duzione e degli scambi esistenti, sia pursu un altro versante, tra le altre dimensio-ni essenziali per l’umanità come appuntogli ambiti del simbolo, del poetico e dellospirituale. Si tratta di un punto di vista cheabbiamo tentato di difendere nel parlaredi una “società europea dell’informazio-ne”6. E si tratta peraltro di una prospettivaanaloga a quella adottata dal gruppo diesperti costituitosi sotto la presidenza delcommissario Flynn nella relazione inter-media del gennaio 1996.7

La mondializzazione

Nel trattare della mondializzazione il Li-bro bianco afferma: “la scelta dell’apertu-

ra che spinge a sviluppare la competitivitàgenerale delle nostre economie incremen-ta il benessere generale rendendo più ef-ficace l’investimento mondiale delle risor-se”8. Analogamente a quanto dovrebbeavvenire con le tecnologie - situarsi in unaposizione di ottimalità unica - così do-vrebbe verificarsi con la divisione inter-nazionale del lavoro: grazie al gioco del-la libera aggregazione dei fattori, tale di-visione garantirebbe una situazioneottimale di benessere collettivo favoren-do la valorizzazione più efficace delle ri-sorse a livello territoriale...

Il problema della mondializzazione degliscambi è duplice: rinvia da un lato ai rap-porti che possono esistere tra la territo-rializzazione delle persone e quella delleattività produttive e le rispettive condi-zioni di armonizzazione; rimanda, d’altrolato, alle relazioni che possono esisteretra un allargamento dei rapporti di con-correnza sul mercato dei prodotti e i li-velli di vita delle persone (misurati a lorovolta dai rapporti tra i costi dei beni e iservizi consumati e il reddito da attivitàlavorativa). Il postulato adottato è quelloche le forme di libera circolazione dellemerci e dei fattori di produzione compor-tino un abbassamento dei prezzi grazieal gioco combinato dell’efficacia produt-tiva e della concorrenza e che favorisca-no poi lo svilupparsi di un plusvalore taleda consentire una compensazione dei fat-tori pari o superiore a quella esistente.

Questo ragionamento può essere validonel lungo periodo - ad esempio, se riferi-to ad un secolo; collocato però nella pro-spettiva di una generazione, esso è com-pletamente contraddetto dai fatti, come èprovabile in base alla storia economica esociale. L’apertura dei mercati, abbinataai bisogni di investimenti, induce ad esem-pio verso la fine del diciottesimo secoload un incremento dei prezzi ben più ele-vato di quello dei salari e consente dimettere in circolazione i profitti e i capi-tali necessari alla costruzione delle po-tenze industriali europee. Questo fattoconsente a Earl Hamilton di scrivere: “Sa-crificando involontariamente il proprioreddito reale mediante la compressionedei salari rispetto ai prezzi, la classe ope-raia ha sopportato il peso del progressomateriale (...). Analogamente a quantoavvenne per altri gruppi sociali, le suc-cessive generazioni operaie ne hanno rac-

“Gli effetti economici e so-ciali delle NTIC dipenderan-no (…) direttamente dalleforme istituzionali e socia-li che la singola entità col-lettiva sarà capace di cre-are.”

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colto il profitto.”9 Un secondo esempio:tra il 1825 e il 1850 in Francia gli operaidel tessile sono pagati due volte di menoche nel 1800, mentre il salario dei mina-tori cala di metà tra il 1792 ed il 1850. “InInghilterra l’operaio tessile a domicilio,che guadagna trenta scellini per settima-na nel 1820, ne guadagna solo da sette anove vent’anni più tardi”.10

Questi meccanismi di rapida pauperizza-zione delle popolazioni più direttamentetoccate dalle aperture brutali dei mercatisono troppo note perché vi si insista. Sonod’altronde essenziali per far comprendereciò che avviene oggi e per proiettarlo nelfuturo: si tratta di meccanismi già in atto.Non è possibilie ignorarli anche se, unavolta acquisitone il significato, si abbianodelle reali difficoltà a coglierne l’attuazioneconcreta ed a definire di riflesso i punti diriferimento e le forme di azione.11

La civiltà scientifica e tecnica

Dopo aver constatato che “lo sviluppo del-le conoscenze scientifiche e la produzio-ne di oggetti tecnici hanno subito un in-cremento” e che “l’industria ricorre sem-pre di più alla scienza”, gli autori del Li-bro bianco deplorano il fatto che “invecedi celebrare il progresso come nel corsodell’ultimo secolo, l’opinione pubblica per-cepisce sovente la vicenda scientifica ed ilprogresso tecnico come una minaccia”. Essievocano “il divario tra progresso e coscien-za collettiva esistito già nella fase di tran-sizione dal medioevo al rinascimento”. Laconclusione trattane è la seguente: “Que-sto clima irrazionale scomparirà mediantela diffusione della conoscenza”.12

Analogamente a quanto precedentementerilevato, si può quindi affermare: ciò cheva posto in causa non è tanto la singolaconstatazione, quanto invece il giudizio divalore che essa presuppone - nellafattispecie, l’omologazione dell’innovazio-ne tecnologica al progresso tecnologico ol’acquisita equivalenza tra progresso scien-tifico, progresso tecnico od economico eprogresso sociale. La correlazione di unasituazione attuale con quella verificabilenella transizione dal medioevo al rinasci-mento è indicatrice di un’accettazione acri-tica d’una validità “naturale” della scienzae dei suoi sviluppi, nonché di conversodell’implicita accusa di “oscurantismo” aquanti la pensino diversamente.

Le rotture interne a tutte queste convin-zioni di base, affermatesi nei paesi indu-striali verso la fine degli anni sessanta inconcomitanza con l’affermarsi di movi-menti di consumatori e di movimenti eco-logici, non sono prive di una legittimitàdi fatto. Non è a caso che, in seguito al-l’affermarsi di questi movimenti, si sia im-posta la nozione di “rischio maggiore” perqualificare non solo le “catastrofi natura-li”, ma soprattutto le catastrofi dovute “allamano dell’uomo”, connesse cioé all’ap-plicazione dei progressi fatti dalla scien-za e dalla tecnica. I dibattiti in materianon si sono affermati solo a partire dalmondo “profano” e privo di conoscenzadel “fatto scientifico”, ma sono piuttostoemersi nell’ambito dello stesso mondodegli scienziati, indotti a porre in que-stione i propri orientamenti e i rispettivimeccanismi di controllo. Non è quindi acaso che si cominci a sviluppare oggi at-torno ed internamente alla scienza unduplice dibattito sui fondamenti epistemo-logici e cosmogonici delle nostre cono-scenze nonché sul “controllo democrati-co” del pilotaggio di questa scienza.

E non è nemmeno a caso che gli stessiscienziati - o perlomeno le persone conuna formazione scientifica - partecipinoin modo piuttosto privilegiato allo svilup-po delle sette e degli integralismi religio-si. In una prospettiva storica di lungo ter-mine, è pertanto esatto affermare che adessere poste in causa sono ora probabil-mente le nostre relazioni con l’orizzontecognitivo - peraltro poco noto in Europa- connesso alla fase di passaggio dalrinascimento al secolo dei lumi.13 È ovvioche i problemi attinenti al ruolo attribui-to alle conoscenze scientifiche e tecnichenella cultura nonché le questioni di “eti-ca delle scienze” sono essenziali, ma chetutto ciò va considerato da una prospetti-va diversa da quella proposta dal Librobianco.

Il passaggio da un paradig-ma della flessibilità e dellaadattabilità a quello dellafluidità e della liquidità

Queste analisi dei postulati generali diriferimento possono essere completatedall’analisi del paradigma produttivo cheè implicito alle proposte d’azione. Anche

“Questi meccanismi di rapi-da pauperizzazione dellepopolazioni più diretta-mente toccate dalle apertu-re brutali dei mercati (…).Sono (…) essenziali per farcomprendere ciò che avvie-ne oggi e per proiettarlo nelfuturo (…)”

“Non è (…) a caso che sicominci a sviluppare oggiattorno ed internamentealla scienza un duplice di-battito sui fondamenti epis-temologici e cosmogonicidelle nostre conoscenzenonché sul “controllo demo-cratico” del pilotaggio diquesta scienza.”

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in tal caso è illuminante un ulteriore rife-rimento al Libro bianco.

Un paradigma della flessibilità

Il Libro bianco afferma che “la produzio-ne di massa sta scomparendo per far luo-go ad una produzione più differenziata”,che “l’organizzazione dell’azienda si evol-ve sempre più verso la flessibilità e ladecentralizzazione”, con “una ricerca diflessibilità”, di “sviluppo della coopera-zione in rete” ed un “crescente ricorso alsubappalto”. Nell’ambito delle impresefunzionanti secondo questo modelloscompaiono “i lavori ripetitivi e meccani-ci che possono ora essere codificati e pro-grammati dalle macchine automatiche…”.Il risultato sarebbe allora quello di “unamaggiore autonomia individuale del la-voratore nell’organizzazione della propriaattività” e di un ravvicinamento tra i “modiapprendere” ed i “modi di produrre…”14.

Questi riferimenti ai punti base degli svi-luppi previsti per il futuro corrispondonoampiamente alle analisi che sono statepromosse nell’ambito di quella ricerca cheè stata definita “un nuovo modello pro-duttivo”. Si scopre che ad animare talericerca sono le strategie promosse soprat-tutto dalle aziende che cerchino di mi-gliorare, in ambito mondiale, il propriolivello di competitività rispetto alla con-correnza. Nel mobilizzare a tal fine le ri-sorse offerte oggi dalle NTIC le aziendetrasformano la propria organizzazione allaricerca di un miglioramento del livello diflessibilità ed adattabilità15 di cui dispon-gono. Si stanno pertanto affermando del-le “aziende rete” di cui non sono chiara-mente definiti i profili: la loro identità siagiuridica che organizzativa è fluida (ca-scate di ragioni sociali, grovigli finanzia-ri, società fantasma, ecc.). È vero che perpoter adeguatamente sopravvivere entrostrutture amministrative di questo tipo ènecessario disporre di patrimoni econo-mici, sociali e culturali elevati: questi pa-trimoni sono infatti necessari sia persituarsi nel “flusso allargato”, sia per ne-goziare la valorizzazione delle proprierisorse.

È esatto che la tendenza tecnico-econo-mica a privilegiare i tempi brevi (temporeale ed interazione) associati ad amplia-ti spazi di scambio comporta un’instabili-tà generica del sistema globale di produ-

zione, rafforzata a sua volta da un’insta-bilità dei tassi di parità delle monete edalle variazioni cicliche dei volumi e deiprezzi connesse alle strategia di concor-renza delle aziende. Questa instabilità do-minante dell’organizzazione produttiva sitraduce in una forte accentuazione dellecapacità di previsione e si trova confron-tata con una domanda sociale di stabilitàche comporta a sua volta una serie di ten-tativi di ancoramento identitario nellecomunità di prossimità e di territorio...L’Europa si ritrova a confrontarsi con pro-spettive contraddittorie nei cui confrontila politica deve operare una scelta.

Il lavoro come merce: la distruzionedella società salariale

La risposta viene data in qualche misuradal riassunto che precede il testo del Li-bro bianco. Vi si afferma infatti che “unmercato globale dell’occupazione è unaprospettiva più vicina di quanto in gene-re non si pensi” e che “il Libro biancoauspica un approccio maggiormente aper-to e flessibile” consistente nella “promo-zione della mobilità della manodopera”.Il Libro bianco trova “incredibile consta-tare oggi che le merci, i capitali ed i ser-vizi circolano in Europa più liberamenteche le persone e le conoscenze” e consi-dera inoltre come inevitabile un’inversio-ne “di tendenza nel lungo termine, carat-terizzata da uno sviluppo del lavoro sala-riato stabile, cioé a tempo pieno e di du-rata inderminata” ed al contempo da “unosviluppo del lavoro individuale indipen-dente”.16

Con il passaggio dalla gestione della pro-duzione e della sua organizzazione allagestione della “forza lavoro” ed al fun-zionamento del “mercato del lavoro” l’ana-lisi acquista una dimensione diversa etocca l’interfaccia definito dal converge-re di prospettive economiche e prospet-tive sociali. Si pone quindi la questionedi sapere come verrà organizzata la flessi-bilità del lavoro in Europa17. L’insistenzacon cui erano stati posti in evidenza gliaspetti giuridici acquista ora il suo pienosignificato nella connessione instauratacon lo statuto del lavoro. La logica dellaflessibilità e dell’adattabilità induce ad unaprima precarizzazione del rapporto sala-riale ed allo sviluppo di contratti a tempodeterminato, di contratti ad orario ridottoe ad una prospettiva pressoché globale

“Questa instabilità domi-nante dell’organizzazioneproduttiva si traduce inuna forte accentuazionedelle capacità di previsio-ne e si trova confrontatacon una domanda sociale distabilità”

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di flessibilizzazione dell’orario di lavoro.La pressione in atto per passare da unrapporto salariale verso un lavoro “indi-pendente”, quale prolungamento di unaridefinizione del rispettivo posto del mer-cato e dell’istituzione nella regolamenta-zione dell’organizzazione produttiva, si ri-flette nel problema del ritorno ad un la-voro amorfo, chiaramente avvertibile nellatipologia del “telelavoro”. In un certo sen-so si tratta di restituire a colui che mettea disposizione la propria forza lavoro laresponsabilità di gestirla, sia pure nelcontesto di incertezza precedentementedescritto.

Si tratta dunque di un radicale movimen-to regressivo rispetto a ciò che è stato ilgrande movimento storico dell’evoluzio-ne dei rapporti di lavoro in Europa e neigrandi paesi industriali nel periodo suc-cessivo alla due guerre mondiali. Questaregressione avviene ovviamente a dannodi coloro che offrono sul mercato la pro-pria forza lavoro. È comprensibile ora lapreoccupazione espressa dal Libro bian-co di vedere i cittadini europei dotati, acausa della formazione sinora ricevuta, diuna capacità di adattamento insufficienterispetto alle prospettive indicate. Si ponequindi la questione di sapere se la preoc-cupazione espressa dalla Commissione sul“mantenere il modello sociale europeo”sia credibile in questa prospettiva. Sem-bra quindi significativo che la risposta ge-neralmente espressa sia dai sindacalistiche dai ricercatori europei nel corso diun recente seminario organizzato dallaComunità Europea sia chiaramente nega-tiva.18

La messa in discussione del diplomainteso come base di “certificazione”

Il Libro bianco deplora infine la circostan-za che, nella prospettiva tradizionale, “l’in-dividuo sia alla ricerca del diploma” e che“esista un’immagine quasi assoluta deldiploma inteso come riferimento quasiassoluto della competenza”: ciò inducedegli “effetti perversi”, quali “una progres-siva rigidità del mercato del lavoro e diriflesso un grande disordine dovutoall’eliminazione di talenti che non corri-spondono ai profili standard”. Il Librobianco propone che vengano apportatedelle modifiche nei meccanismi di rico-noscimento dei “saperi” e delle “compe-tenze” sia all’interno dell’Unione Europea

che in riferimento alla “diverse materiein cui si articolano”. La certificazione “nonè necessariamente vincolata ad un diplo-ma”, ma si basa piuttosto sui “certificatipersonali di competenza”.19

Nel trattare del diploma il Libro biancoesprime delle critiche sulle rigidità socia-li che impedirebbero di far avanzare lasocietà europea verso l’ampio orizzontedella modernità. Gli estensori fanno ca-pire che il diploma è, in un certo senso,un arcaismo tale da limitare le opportu-nità di affermazione di quanti siano prividi valide condizioni di avvio e da impe-dire poi un recupero del terreno perdutoe gli handicap iniziali. Sussisterebbe inun certo senso una necessità “di abolire iprivilegi”: “nella maggior parte dei siste-mi europei i diplomi sono concepiti infunzione di filtro, volti a garantire la po-sizione dei gruppi posti in alto, cioé iquadri direttivi dell’amministrazione edelle aziende, i ricercatori ed i professo-ri. In alcuni paesi questi sono anzi deipunti riferimento quasi assoluti per certi-ficare la competenza”.20

Non è possibile trattare, nel presente con-testo, dei vizi e delle virtù dei diplomi odi riflettere in profondità sul significatodelle costruzioni sociali che si sono ag-gregate attorno ad essi nei diversi Statimembri dell’Unione Europea. Il tema vie-ne toccato in parte in altri articoli del pre-sente numero della rivista. Ci sembra peròopportuno insistere sulla questione dellecompetenze e dei diplomi. È vero che inFrancia il diploma costituisce un puntodi riferimento della “certificazione”: essoattesta in effetti che chi lo detiene ha ac-quisito la somma delle conoscenze cor-rispettive al corso seguito. Esso fornisceal suo titolare “una qualifica professiona-le” che è “attestata dal diploma”. Il diplo-ma è legittimato dal riconoscimento daparte dello Stato. Sempre in Francia, i di-plomi iniziali incidono in modo così de-terminante nei meccanismi di recuperosociale da strutturare ampiamente le viedi accesso alle diverse categorie profes-sionali e da condizionare sistematicamen-te le gerarchie sociali in funzione dellagerarchia dei saperi.

È ben fondato il dubbio che sia possibilerimettere in causa a breve termine que-sto tipo di costruzioni sociali; illusorio sa-rebbe d’altronde ritenere che sia possibi-

“La logica della flessibilitàe dell’adattabilità induce aduna prima precarizzazionedel rapporto salariale (…).La pressione in atto perpassare da un rapporto sa-lariale verso un lavoro “in-dipendente”, (…) si riflettenel problema del ritorno adun lavoro amorfo, (…) sitratta di restituire a coluiche mette a disposizione lapropria forza lavoro la re-sponsabilità di gestirla(…).

“Il diploma è legittimato dalriconoscimento da partedello Stato. Sempre in Fran-cia, i diplomi iniziali inci-dono in modo così determi-nante nei meccanismi direcupero sociale da strut-turare ampiamente le vie diaccesso alle diverse catego-rie professionali e da con-dizionare sistematicamentele gerarchie sociali in fun-zione della gerarchia deisaperi. È ben fondato ildubbio che sia possibile ri-mettere in causa a brevetermine questo tipo di co-struzioni sociali (…)”

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le ricorrere ad un “sistema di integrazio-ne” alternativo e privo di legittimazione.Alcune grandi aziende francesi l’hannocompreso. Mutuando in parte un obietti-vo perseguito anche dalla CommissioneEuropea, esse hanno cercato di far evol-vere i propri corsi di formazione conti-nua verso una duplice legittimazione:quella interna connessa alle “capacità difare” in una prospettiva di efficacia pro-duttiva e quella esterna in una prospetti-va di legittimazione sociale tuttora essen-ziale. Sono ricorse ad una “formazionecontinua sancita da diploma”, cioé ad unaformazione continua finanziata a loro spe-se, ma preludente ad un diploma ricono-sciuto dallo Stato.21

Il termine “competenza” si è affermato inFrancia all’inizio degli anni ottanta, in unmomento in cui i datori di lavoro hannocominciato a ritenere che gli investimentifatti nel “sapere” non avevano un ade-guato riscontro nell’ambito del “fare”.Questa rottura semantica si è verificataperaltro in un momento in cui la mano-dopera si è vista confrontata con la du-plice richiesta di un funzionamento piùcollettivo del lavoro e di una intensificataresponsabilizzazione. Le imprese sonopertanto costrette a porre un segno e pro-vare una certa disponibilità a riconsiderarele “esigenze richieste” ed a privilegiare“la capacità di fare”22 rispetto alle cono-scenze richieste.

Se si considerano ora nel loro insiemetutte le componenti dei movimenti osser-vati ci si potrà legittimamente chiederese i datori di lavoro, facendo leva sullapressione e sui modelli di finanziamento,non si siano impegnati in un nuovo orien-tamento caratterizzato dallo sforzo di su-perare il paradigma della “flessibilità” edella “adattabilità” per imporre alla ma-nodopera un paradigma della “fluidità” edella “liquidità”. In questa prospettiva èdel tutto corretto affermare che il fattorefrenante è il lavoro - o, più esattamente,che lo sono le costruzioni sociali su cuiesso si basa - e che può essere conside-rata come essenziale la necessità di “de-molire” rapidamente queste costruzionisociali. In base a quanto affermato si puòporre un grande punto di domanda sul-l’intero Libro bianco. Tenuto conto dellecondizioni strutturali precedentemente in-dicate, si tratta in effetti di sapere in chemodo le proposte di azione ivi formulate

possano realmente consentire il persegui-mento degli obiettivi indicati, soprattuttoper quanto concerne le ipoteche che pe-sano su quanti “offrano la propria forzalavoro”.

Per una competitivitàbasata sul paradigmadell’adattabilità e dellasolidarietà

Il maggiore interesse del Libro biancoconsiste quindi, a nostro avviso, non tan-to nelle risposte concrete che intede darealle questioni poste, bensì nel fatto checi obbiga ad aprire gli occhi su dei cam-biamenti che vanno affrontati e sui rap-porti di coerenza che vanno instauratitra tutti gli operatori investiti dal funzio-namento economico e sociale dell’Euro-pa - siano essi i responsabili delle deci-sioni politiche o i gestori dell’economiaprivata; determinante è per l’economiaprivata la necessità di conservare la pro-pria identità sociale pur restando un luo-go di produzione e di distribuzione“equa” della ricchezza per tutte le gene-razioni future.

In quest’ottica si impone a tutti i livelli lanecessità di costruire congiuntamente edin modo coerente una politica economi-ca, sociale e monetaria. Questa necessitàinveste in particolare le relazioni interna-zionali connesse alla costruzione europea.Si tratta di un lavoro spiccatamente poli-tico, nonostante le poste in gioco sianoeminentemente economiche e sociali,corrispondendo esse a condizioni di cre-azione e distribuzione della ricchezza. Aquesto livello sembra quindi inevitabileprocedere ad un processo di riflessione.Si tratta di affrontare un problema di fon-do delle scienze sociali: com’é possibile“armonizzare le forme dell’individualismomoderno preservando al contempo lacomplessità e l’autonomia dei fenomenicollettivi e sociali”.23

Costruire forme estese di reti sociali

È comprensibile l’interesse che possonosuscitare le proposte del Libro bianconella valorizzazione delle NTIC nell’am-bito della formazione e dell’istruzione, inparticolare per quanto concerne le loro

“(…) la necessità di costru-ire congiuntamente ed inmodo coerente una politicaeconomica, sociale e mone-taria. (…) com’é possibile“armonizzare le forme del-l’individualismo modernopreservando al contempo lacomplessità e l’autonomiadei fenomeni collettivi e so-ciali”.”

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modalità interattive. Le NTIC possonocostituire un mezzo di rinnovamento del-le pedagogie per i giovani e soprattuttoper gli adulti, sopratttutto qualora si basi-no su nuove risorse come i “campi elet-tronici” o su strutture nuove - perlomenoin Francia - come le “case del sapere”.Tutti potranno trovare in queste strutturedeterminati materiali e determinate “per-sone di riferimento alla fonte” utilizzabilinell’ambito delle reti di informazione edei rapporti sociali di scambio; ciò varràa concretizzare le idee di base della “pe-dagogia a distanza” e delle forme di“apprendimento cooperativo”.24

È infine chiaramente comprensibile lavolontà espressa dal Libro bianco di raf-forzare le relazioni tra la formazione ed iluoghi di attività della produzione e disviluppare l’apprendistato come mezzo diformazione in alternanza: ciò consentiràdi armonizzare le formazioni iniziali conil tipo di funzionamento dell’azienda “nel-la misura in cui determinate cose possa-no essere imparate a scuola solo grazieall’aiuto delle imprese, a prescindere dal-la qualità delle formazioni pratiche ivi tra-smesse, ed in cui vi siano di conversodelle cose che possano essere appresenell’azienda solo mediante l’aiuto dellascuola..”25. È certo che oggi sono nume-rosi i paesi in cui si opera questa “cernie-ra” tra la scuola e l’azienda nel tentativodi garantire con successo questa transi-zione tra due mondi dotati di regole tan-to diverse.26

È comprensibile infine il progetto di rin-novare le forme di finanziamento dellaformazione continua ricorrendo ad un tipodi “carte di credito individuali” che con-sentano di f inanziare con maggiorliberalità e flessibilità la formazione con-tinua in funzione di progetti specificamen-te personali. In questa stessa ottica van-no considerati gli accordi stipulati in pas-sato per utilizzare intelligentemente le ri-duzioni dei tempi di lavoro con o senzaprogrammazione ed il “tempo scelto” perarmonizzare nuove forme di flessibilità ele relative opportunità di promozionedelle competenze individuali e delle per-sonali opzioni cognitive.

Queste prospettive potrebbero pertantodelineare tipi di solidarietà destinati aconcretizzarsi in forma di prossimità (so-ciale o di territorio) e che, ancorate sulle

logiche di scambi che vadano oltre la sem-plice forma-merce, verrebbero a collocarsiaccanto ai dispositivi tradizionali del set-tore. Si apre qui uno spazio d’azione nelsettore associativo che, sostenuto dalfinanziamento pubblico, può preludere adun’ampia gamma di interventi definibilicome “economia di solidarietà”.

Superare il paradigma della flessibili-tà e dell’adattabilità mediante un para-digma dell’adattabilità e della solida-rietà

Si avverte con chiarezza tuttavia che que-ste azioni, per quanto possano essere utili,non sarebbero in grado di neutralizzaregli effetti devastanti delle trasformazionidi tipo economico ed organizzativo pre-sentate come inevitabili nell’ambito del-l’Unione Europea in virtù d’una specie dilegge naturale, quella del progresso. Siha talvolta l’impressione che gli stessiautori del Libro bianco avvertano conchiarezza le contraddizioni esistenti tra leforme microindustriali delle forme di ge-stione della produzione promosse dalleaziende e gli orientamenti macrosociali daloro proposti. È per questa ragione cheessi evocano la necessità di ridefinire, aquesto secondo livello, le pratiche conta-bili in vigore ed, in particolare, le condi-zioni di arbitrato tra gli investimenti incapitale materiale ed immateriale: si trat-ta cioé, come affermano elegantementegli economisti, di “reinternalizzare” i co-sti “esternalizzati”. Gli autori del Librobianco non fanno però riferimento allanecessità di introdurre delle modifichenon meno sostanziali nelle pratiche digestione delle risorse umane in corso diampio sviluppo - una prospettiva peral-tro non meno essenziale in rapporto agliobiettivi perseguiti.

Ove si tengano presenti le prassi in vi-gore nel mondo aziendale, non si puònon provare delle perplessità nel legge-re la sezione del Libro bianco dedicataalla cultura generale. Una volta a cono-scenza del fatto che le aziende intendo-no non retribuirla quando esiste, comesi può chieder loro di f inanziarnel’acquisizione? Sembra davvero dubbioche gli autori credano a questa prospet-tiva... Ove si prendano in effetti in con-siderazione gli sviluppi indicati in riferi-mento ai due tipi di risposta ai “tre chocpropulsori”, si constaterà che le analisi

“(…) queste azioni, perquanto possano essere uti-li, non sarebbero in gradodi neutralizzare gli effettidevastanti delle trasforma-zioni di tipo economico edorganizzativo presentatecome inevitabili nell’ambitodell’Unione Europea (…)”

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relative alla cultura generale sono netta-mente più deboli di quelle consacrateallo “sviluppo dell’attitudine all’occupa-zione ed all’attività”.27

Tenuto conto inoltre delle attuali condi-zioni di accesso all’apprendimento dellelingue straniere, com’é poi possibile pre-vedere la possibilità che tutti conoscanodue lingue diverse da quella materna,mentre la conoscenza adeguata di unasola lingua è ben lungi dall’essere garan-tita persino dagli attuali corsi di istruzio-ne superiore?

In termini più generali si può affermareche il progetto di armonizzare medianteuna “formazione per tutto l’arco della vita”determinate prospettive economiche dicompetitività con determinate prospetti-ve personali di autorealizzazione ed, in-fine, determinate prospettive collettive dicoesione sociale comporta per quantisvolgono un ruolo determinante nei fe-nomeni di “decostruzione e ricostruzio-ne” l’accettazione di una funzione dicomplementarietà. Tutto ciò è ben lungidall’essere acquisito; basti considerarel’esempio delle grandi aziende francesiche infrangono il tacito “patto sociale” chele vincola ai propri salariati: hanno scon-volto le condizioni di funzionamento delmercato francese del lavoro appunto per-ché hanno abbandonato le forme diinterazione pratica che hanno caratteriz-zato sinora i rapporti di contribuzione eretribuzione esistenti nell’arco di una vitaprofessionale a profitto di un’associazio-ne ben più stretta dei due termini di scam-

bio, secondo una logica di impronta ame-ricana.

Questi obiettivi non possono poi essereraggiunti ricorrendo a forme managerialidi “downsizing”, i cui danni vengono giàavvertiti dalle imprese stesse; ancora dadefinire resta, d’altronde, l’ampiezza deidanni macrosociali causati sul mercato dellavoro dalla consistente riduzione dei po-sti di lavoro indotta dall’applicazione diquesto tipo di management28. La moltipli-cazione dei contratti di lavoro di duratadeterminata, utilizzati sistematicamentecome forma di occupazione, finisce perrendere estramente fragili le condizionidi accumulo delle competenze necessa-rie alle stesse aziende. Ne consegue unaridotta “occupabilità” delle persone: i rit-mi di occupazione e rientro nel mercatodel lavoro sono rapidi e comportano deiconseguenti periodi di interruzione delrapporto lavorativo.

Si comprende allora come dei circa duemilioni e novecentomila disoccupati inFrancia nel marzo 1995 (i dati sono fornitidal BIT) il 45% era costituito da disoccu-pati di lunga durata, mentre nel 1994 era-no due milioni le persone che fruivano diun contratto di lavoro sovvenzionato.29 Èmisurabile infine l’ampiezza del camminostrutturale che, a nostro avviso, dovrebbeessere percorso ove si intenda davverorendere credibile la formazione per tuttol’arco della vita così come viene auspicataper la Francia - e per gli altri Stati membri- e come viene generosamente definitadalla Commissione Europea...

Note / riferimenti bibliografici

2) “Crescita, competitività e sviluppo. Le sfide e leprospettive per entrare nel XXI secolo”. Commissio-ne delle Comunità Europee. Bollettino delle Comuni-tà Europee. Supplemento 6/93. Ufficio delle pubbli-cazioni ufficiali delle Comunità Europee. Lussembur-go.

3) IRIBARNE, A. d’: “La competitivité. Défi social,enjeu éducatif” CNRS Éditions. Collection sociologie.2.a ediz. 1993.

4) Libro bianco, cit. pp. 22-23.

5) GILLES, Bertrand: Histoire des techniques.Gallimard. Coll. Encyclopedie de la Pléiade. Parigi,1978, 1649 pp.

1) Si veda la prefazione di Edith Cresson: “Verràpromosso un ampio dibattito con i principali inte-ressati: autorità nazionali competenti, insegnanti,imprese, parti sociali... Questa concertazione, chela Commissione auspica ricca e produttiva, verràseguita da proposte più dettagliate. Queste pro-poste avranno un solo obiettivo: preparare gli eu-ropei ad inserirsi senza ostacoli in una società fon-data sulla acquisizione di conoscenze e nella qua-le l’apprendimento e l’insegnamento vengano pro-mossi per tutto l’arco della vita - in altri termini,una società cognitiva”, in: Padraig Flynn (a curadi): “Insegnare e apprendere. Verso la societàcognitiva”. Libro bianco. Ufficio delle pubblica-zioni ufficiali delle Comunità Europee, Lussembur-go, 1995, p. 3.

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6) IRIBARNE, A. d’: “For a european informationsociety” negli atti del simposio internazionale or-ganizzato dalla Commissione Europea e dalla Com-missione episcopale della Comunità Europea(COMECE) il 13 ottobre 1995: “The ethical, culturaland democratic stakes of the information society”,Edizioni Direzione Generale XIII, Bruxelles, pp. 42-53.

7) “Costruire una società europea dell’informazio-ne per tutti”. Prime riflessioni del gruppo di espertid’alto livello, relazione intermedia, gennaio 1996.Edizioni della DG V della Commissione Europea,96 pp.

8) Libro bianco, cit. p.24

9) HAMILTON, Earl: “War and prices in Spain 1651- 1800”, Cambridge, Mass., 1947, p.225 citato daWEBER, Eugen: “Une histoire de l’Europe”. T.2: “Deslumières á nos jours”, Fayard, Parigi, 1987, p.18.

10) HAMILTON, E.: op. cit., p. 21

11) Sulle disuguaglianze di reddito in fase di rapi-da evoluzione, cfr. REICH, Robert: L’économie mon-diale”, Dunod, Parigi, 1993. Per utilizzare le analisistoriche di lunga durata volte a far comprendere larottura dei cicli di crescita economica avvenuta versola metà degli anni settanta, è interessante rileggerei saggi di ricostruzione di BOYER, Robert: “La criseactuelle: une mise en perspective historique”, in:“Critique de l’économie politique”, N.S. - n. 7/8,aprile-settembre 1979, pp. 5 - 113.

12) Libro bianco, cit. p. 25.

13) Abbiamo toccato più estesamente questi teminei seguenti lavori:- IRIBARNE, A. d’: “L’évolution téchnologiquefacteur de progrés?”. Communication aux journéesnationales de l’organisation hospitalière. Saint Malo,17-18 maggio 1995. Manoscritto poligrafato, Lest/CNRS, Aix en Provence, 9 pp.;- IRIBARNE, A. d’: “Communication of scientificknowledge and democracy”. Comunicazione allaQuinta Conferenza internazionale sul tema: “È ini-ziato il futuro della scienza. La comunicazione del-la scienza con il pubblico: scienza e media”, Mila-no 15-16 feb. 1996. Manoscritto poligrafato, Lest/CNRS, Aix en Provence, 19 pp.;- si veda inoltre la recente opera di LURCAT,Francois: “L’autorité de la science”, Cerf, Parigi,1995, 347 pp.

14) Libro bianco, cit., pp. 22-23.

15) IRIBARNE: “La competitivité…”, cit. pp. 81-171.

16) Libro bianco, cit. pp. 22-23.

17) Le forme di ammortizzamento della flessibilitànei vari paesi europei vengono attentamente ana-lizzate da BOYER, Robert (a cura di):“La flexibilitédu travail en Europe”. Ed. La Découverte, Parigi,1986, 330 pp.

18) “The avoidance of mobile-earning workers’exclusion. The guidance role in continuoustraining”. Universitat Autonoma de Barcelona. Isti-tuto delle scenze dell’educazione. Collecio Jornades51, 1996.

19) Libro bianco, cit., p. 7-9.

20) Libro bianco, cit., p. 33.

21) Si fa qui riferimento al notevole lavoro realiz-zato in Francia dal Ministero dell’Istruzione pubbli-ca e dalle aziende a partire dagli inizi degli annisettanta per sviluppare gli esami per “unitàcapitalizzabili” onde poter conciliare le esigenze deldiploma e le politiche della formazione continua.Cfr. DUBAR, Claude et ali i : “Innovations deformation et transformations de la socialisationprofessionelle par et dans l’entreprise”. LASTREE/CNRS Ed., Lille, 1989, 457 pp.

22) IRIBARNE A. d’: “Competences et diplomes ál’heure europeenne”. Manoscritto poligrafato Lest/CNRS, Aix en Provence, marzo 1996, 9 pp.

23) DUPUY, Jean-Pierre: “Introduction aux sciencessociales. Logique des phénomènes collectifs”, EllipseEd., Parigi, 1992, p. 7.

24) ARNAUD, Michel: “L’apprentissage cooperatifdans la maison du savoir”. Laric Futuroscope, ott.1995, ms. poligrafato, 10 pp.

25) LICHTENBERGER, Yves: “Alternance enformation et qualification professionnelle”, in:“Construire la formation professionnelle enalternance”. Ed. d’organisations, 1995, pp. 69-70.

26) OCSE: “La formazione in alternanza: che avve-nire?”, Parigi, 1994, 167 pp.

27) Il Libro bianco dedica meno di quattro paginee mezza alla cultura generale e dodici pagine emezza allo sviluppo delle attitudini all’occupazio-ne (pp. 31 - 43).

28) Cfr. l’intervista di KAUFMANN, Sylvie conROACH, Stephen: “L’obsession du degraissagemenace l’industrie des États-Unis”, in: Le Monde,29.5.1996.

29) CSERC: “Les inégalités d’emploi et des revenus,mise en perspective et nouveaux defis”. Ed. LaDécouverte, Parigi, 1996, 244 pp.

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Chi partecipa all’istru-zione e alla formazione?– sguardo panoramico a livelloeuropeoE’ ora comunemente accettato il fatto cheuna forza lavoro specializzata sarà essen-ziale per rispondere con successo alla sfi-da che l’Europa e i suoi Stati membri sitrovano di fronte: il cambiamento di ve-locità, tecnologico ed organizzativo,subìto dal posto di lavoro, la crescentecompetitività dei paesi industrializzati edemergenti e la necessità di una più fortecoesione all’interno della società. Questesfide richiedono che i lavoratori, di tutti ilivelli, ed in tutto il territorio europeo,abbiano sia le competenze necessarie chela possibilità di aggiornarle costantemen-te. Nonostante questa consapevolezza,tuttavia, l’informazione sull’addestramentoprofessionale, in particolare quella relati-va alla formazione permanente, resta unadelle meno sviluppate all’interno dei pa-rametri economici decisivi a livello comu-nitario. I dati esistenti a livello nazionaleriflettono necessariamente situazioni isti-tuzionali nazionali ed esigenze politicheper le quali i concetti, le definizioni e leclassificazioni usati sono di carattere na-zionale e non sono quindi suscettibili d’es-sere confrontati con quelli degli altri statimembri.

Questa lacuna informativa a livello diComunità divenne evidente nel program-ma Force che esigeva dati suscettibili d’es-sere paragonati tra loro per essere coor-dinati in vista della formazione attitudi-nale permanente. In particolare, in vistadi tale formazione permanente, che que-sta iniziativa contemplava, era necessariauna indagine di ampiezza europea checoinvolgesse l’Ufficio Statistico della Co-munità Europea (EUROSTAT). I risultatidi questa indagine, portata a termine nel1994, saranno resi noti nel corso di que-st’anno. Nel quadro del programmaLEONARDO, l’ EUROSTAT e il DG XXII,con il sostegno del CEDEFOP, hanno unambizioso programma quinquennale perlo sviluppo e la raccolta di statistiche ri-

guardanti la formazione - sia di base chepermanente.

Al tempo stesso, la principale fonte di daticonfrontabili sulla formazione, a livellocomunitario, è quella rappresentata dalla“EC Labour Force Survey (LFS) [Indaginesulla Forza Lavoro della Comunità Euro-pea], svolta annualmente in tutti gli Statimembri e basata su questionari, concettie definizioni impostati da EUROSTAT. LaLFS è un’indagine centrata sulla famiglia,che si svolge ogni primavera. L’indagineabbraccia un vasto raggio di dati sulle ca-ratteristiche personali dei membri adultidella famiglia, sul loro status per quantoriguarda la forza lavoro nella settimanadi riferimento, appena prima dell’iniziodell’indagine e, se inseriti nel mondo dellavoro, sulle caratteristiche del loro im-piego. Inoltre la LFS ha anche lo scopo diraccogliere dati su qualsiasi tipo di istru-zione o formazione ricevute nelle quat-tro settimane che precedono l’inizio del-l’indagine.

Questo articolo è largamente basato suirisultati della LFS. Il suo punto focale con-siste nelle variazioni nelle opportunità diformazione tra diversi gruppi all’internodella popolazione e della forza lavoro.

Valore e limiti della LFS

La LFS è una ricca fonte di dati che con-sente alle attività che partecipano allaformazione di essere analizzate sulla basedi un vasto raggio di caratteristiche per-sonali e lavorative. Essa, tuttavia, non puòche rappresentare una parte dell’immagi-ne generale. Le cose stanno in questomodo per due ragioni. Primo, trattandosidi un’indagine a sfondo familiare, essa ècentrata sulla percezione individuale del-le proprie attività e sulla capacità, di cia-

Norman DavisGià responsabile del-

l’ufficio statistico pres-so la “Manpower

Services Commission”[Commissione per la

forza lavoro], è attual-mente coordinatore, al “Centre

for Training Policy Studies”[Centro di Studi per la Politicadella Formazione Professiona-

le] all’Università di Sheffield, diuna ricerca concordata con la

Commissione Europea, all’in-terno del programma

LEONARDO, sull’analisi e ladiffusione dei dati provenientidalla EUROSTAT’s Continuing

Vocational Training Survey[Indagine sull FormazioneAttitudinale permanente].

Questo articolo usa i dati dellaLabour Force Survey [Indaginesulla Forza Lavoro] con l’inten-to di mostrare come la parte-cipazione all’istruzione ed allaformazione varii, all’internodell’Unione Europea, tra diffe-renti gruppi della popolazionee della forza lavoro. Esso sipropone di spiegare le ragionidi alcune delle differenze os-servate, mettendo anche in evi-denza la cautela che è necessa-rio usare nell’ interpretazionedei dati. I dati rivelano chiara-mente come le opportunità diformazione professionale de-crescano con l’aumentare del-l’età e siano inferiori per chi èin possesso di una scarsa com-petenza o ne è del tutto privo,e per i disoccupati, i quali, ri-spetto al mercato del lavoro,partono già da una posizionedi svantaggio. Una speciale at-tenzione è riservata alle mag-giori opportunità di formazio-ne elargite nei settori del ter-ziario rispetto a quelle offertedall’industria, e come questofatto influenzi le condizioni dilavoro delle donne e dei lavo-ratori part-time, il cui impiegoè concentrato nei settori delterziario.

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scun individuo, di descrivere se stesso neitermini richiesti dall’indagine. Questo èun punto di particolare importanza al finedi una ricerca sulla formazione, poichè èrisultato da altre indagini svolte a livellonazionale che i dati ottenuti dagli indivi-dui possono non concordare con i datiraccolti dai datori di lavoro. E le cose stan-no così perfino quando si tratta di racco-gliere dati confrontabili provenienti dalledue fonti. Individui e datori di lavoropossono avere idee diverse su ciò checonta veramente nella formazione profes-sionale.

Il secondo punto che invita alla cautelasta nel fatto che se la LFS raccoglie datisulla formazione ricevuta in un periododi riferimento di sole quattro settimane,essa non è in grado di fornire stime delnumero complessivo di coloro che rice-vono una formazione e seguono un tiro-cinio nel corso di un anno. Questo signi-ficherà che per un tirocinio continuato,tra gruppi di persone di età più avanzata,caratterizzato da corsi di durata più bre-ve, il numero di coloro che svolgono untirocinio per un periodo di quattro setti-mane farà calare considerevolmente ilnumero di coloro che lo svolgono soloper qualche tempo all’anno.

Per ragioni pratiche, ma anche partico-larmente rilevanti nel contesto di una for-mazione permanente concepita nel suosenso più ampio, in questo articolo par-tecipazione all’educazione e formazioneprofessionale sono state combinate insie-me. Questo perchè la distinzione tra edu-cazione e formazione professionale èspesso offuscata, in alcuni paesi, dalleistituzioni scolastiche, che mettono a di-sposizione ciò che potrebbe essere qua-lificato come formazione professionale.Molte università, per esempio, ora forni-scono programmi di tirocinio professio-nale continuato, messi a disposizione dalleindustrie, ad un livello avanzato per stu-denti già laureati. Non può essere accer-tato, però, che coloro che rispondono allaLFS da paesi diversi rispondano nello stes-so modo a domande in cui la distinzionetra istruzione e formazione professionaleè tracciata a partire dall’analisi degli esitiprodotti dalle stesse domande.

Dunque, per l’educazione allo stadio ini-ziale e la formazione professionale, leprassi nazionali variano in modo molto

elevato. Ad esempio, tra paesi come laFrancia, in cui il sistema educativo forni-sce una formazione professionale preco-ce, con la maggioranza dei giovani chefrequentano la scuola fino all’età di 18anni, e paesi come la Germania in cuiopera un sistema duale, in cui la forma-zione professionale è connessa al mondodel lavoro.

Nonostante questi limiti, tuttavia, il valo-re principale della LFS sta nel fatto cheessa rappresenta una fonte unica di datiatti a mostrare la situazione relativa, perquel che riguarda l’istruzione e la forma-zione professionale ricevute, propria digruppi differenti tra loro entro la popola-zione presa nella sua globalità ed all’in-terno della forza lavoro.

Partecipazione valutataper sesso ed età

La Tabella 1 offre un quadro riassuntivodelle quote di partecipazione, tratte dallaLFS, ad istruzione e formazione profes-sionale in un periodo di quattro settima-ne nella primavera del 1994 per una po-polazione di un’età compresa tra i 15 e i64 anni, negli allora dodici stati membridella Comunità Europea, popolazionepresa in esame per ambo i sessi e pervari gruppi di età.

------------Tableau 1: --------Anche tenuto conto di quanto sopra rile-vato a proposito dei limiti connessi ai datiin questione, questa tabella mostra chia-

gruppi di età totale maschi femmine

15-19 81,3 81,1 81,520-24 35,7 35,0 36,425-34 11,7 12,7 10,735-44 5,8 5,8 5,845-54 3,5 3,5 3,555-59 1,6 1,6 1,560-64 0,6 0,6 0,6totale 16,7 16,9 16,5

Tabella 1:

percentuale di popolazione di età compresa tra i 15e i 64 anni partecipante a periodi di istruzione eformazione professionale, UE, primavera 1994

“(…) il valore principaledella LFS sta nel fatto cheessa rappresenta una fon-te unica di dati atti a mo-strare la situazione relati-va, per quel che riguardal’istruzione e la formazio-ne professionale ricevute,propria di gruppi differen-ti tra loro entro la popola-zione presa nella suaglobalità ed all’interno del-la forza lavoro.”

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“(…) delle opportunità diformazione professionale adecrescere con l’aumentaredell’età. (…) la distribuzio-ne, nel suo complesso e perdifferenti gruppi di età, sianotevolmente simile sia perindividui di sesso maschileche di sesso femminile.”

Per quanto riguarda la po-polazione giovane, le quo-te variano da oltre il 90 %per Germania, Francia, ePaesi Bassi a meno del 70% nel Regno Unito. Le quotedegli altri paesi sono distri-buite tra queste percentua-li. Al contrario, per una po-polazione di età compresatra i 35 e i 44 anni, le quotedi istruzione e formazionesuperano più del doppio lamedia comunitaria euro-pea in tre paesi: la Dani-marca, i Paesi Bassi e ilRegno Unito (…)”

ramente la tendenza delle opportunità diformazione professionale a decrescerecon l’aumentare dell’età. Ciò che forsemaggiormente sorprende è come la di-stribuzione, nel suo complesso e per dif-ferenti gruppi di età, sia notevolmentesimile sia per individui di sesso maschileche di sesso femminile. L’ultimo dato èforse inaspettato, visto che, per i due sessi,la composizione del rispettivo mercato dellavoro e le caratteristiche di impiego sonomolto diverse, così come, all’interno delmercato del lavoro, variano in modo con-siderevole le opportunità tra i due grup-pi. Le donne, per esempio, rappresenta-no i due terzi della popolazione econo-micamente inattiva e 85% di tutti i lavora-tori part-time. Al contrario, i due terzi ditutti i lavoratori a tempo pieno e i trequarti dei lavoratori autonomi sono uo-mini. Le differenze nelle quote di parte-cipazione all’istruzione e alla formazioneprofessionale tra questi ed altri gruppiall’interno della popolazione verrannoesaminate in seguito. Questo getterà unospiraglio di luce sulle ragioni sottese allasomiglianza delle quote complessive dipartecipazione all’istruzione e alla forma-zione nei due sessi. Tuttavia, in tutti i paesidi cui sono presenti i dati, è stata regi-strata la tendenza a restringere il divario

esistente, tra uomini e donne, nelle quo-te di partecipazione alla formazione.

Ovunque, per quanto riguarda le fascegiovanili, i dati della Tabella 1 sono chia-ramente debitori al numero di giovani cheproseguono la loro formazione a tempopieno a scuola o all’università e a quelliche ricevono una formazione attitudinaleiniziale a lungo termine. Nei gruppi di etàsuperiore il periodo di formazione per-manente fornita sul lavoro diventa l’ele-mento determinante. Sebbene l’articolo siacentrato sul confronto tra diversi gruppiall’interno della Comunità Europea nel suocomplesso, bisogna osservare a questopunto che le quote di istruzione inizialee di formazione e le quote di formazionepermanente variano, tra gli Stati membri,da paese a paese. Questo fatto è illustra-to nella Tabella 2. A scopo illustrativo, lequote di partecipazione all’istruzione oalla formazione sono relative soltanto adue gruppi di età: tra i 15 e i 19 anni e i35 e 44 anni.

------------Tableau 2: ------Per quanto riguarda la popolazione gio-vane, le quote variano da oltre il 90 %per Germania, Francia, e Paesi Bassi ameno del 70 % nel Regno Unito. Le quo-te degli altri paesi sono distribuite traqueste percentuali. Al contrario, per unapopolazione di età compresa tra i 35 e i44 anni, le quote di istruzione e forma-zione superano più del doppio la mediacomunitaria europea in tre paesi: la Da-nimarca, i Paesi Bassi e il Regno Unito e,nel caso della Danimarca, con una per-centuale del 17 %, quasi di tre volte. Conl’eccezione della Germania, le quote, ne-gli altri paesi, sono significativamente in-feriori - e non di rado meno della metà -alla media della Comunità Europea. Comesempre, è necessaria una certa attenzio-ne nell’interpretare questi dati. Gli esitidelle proporzioni di coloro che parteci-pano a corsi di formazione non ci dicononulla sulla durata e sulla qualità di que-sta formazione. Per quanto riguarda i gio-vani è piuttosto ovvio che la maggior partedella loro formazione sia di lunga durata,dovendo condurre ad una qualificazionericonosciuta. Al contrario, la formazionericevuta dagli adulti sarà spesso di duratainferiore, anche solo di pochi giorni o dipoche settimane.

E’ vero che la LFS indaga sulla duratadel periodo di formazione ricevuta, ma

Tabella 2:

Percentuale di popolazione partecipante a periodidi istruzione o formazione, Comunità Europea, pri-mavera 1994

paese età 15-19 età 35-44

Belgio 84,2 2,5Danimarca 87,1 17,0Francia 92,5 2,6Germania 93,2 6,1Grecia 79,7 0,6Irlanda 82,7 3,8Italia 72,8 2,2Lussemburgo 80,3 2,7Paesi Bassi 91,5 14,0Portogallo 71,2 3,1Spagna 77,8 2,5Regno Unito 66,9 13,8

totale 81,3 5,8

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“Gli esiti delle proporzionidi coloro che partecipano acorsi di formazione non cidicono nulla sulla durata esulla qualità di questa for-mazione.”

“Tra gli economicamente at-tivi, i dati di tutte le catego-rie di giovani sono influen-zati dal modo in cui i mo-delli di formazione di basesono collegati all’attivitàeconomica.”

la qualità di questi dati dovrebbe esserecomunque valutata attentamente e venirutilizzata con ogni cautela. Tuttavia,un’indicazione che rivela l’importanza diquesto punto può emergere da unosguardo alle differenze che esistono trala Germania e il Regno Unito. I dati pro-venienti dalla LFS del 1992 indicano chein Germania quasi il 50 % degli apparte-nenti al gruppo d’età compreso tra i 35e i 44 anni, che dichiaravano di aver ri-cevuto una qualche istruzione o forma-zione, affermavano anche che la duratadel corso era di oltre un anno, e soltan-to per il 15 % era stata di una duratainferiore ad una settimana. La situazionenel Regno Unito, invece, è opposta. Men-tre, come mostra la tabella, un’alta per-centuale aveva dichiarato di aver rice-vuto una qualche formazione, il 50 %affermava che essa era durata meno diuna settimana e soltanto per il 22 % ladurata della frequenza ai corsi era statasuperiore ad un anno. Apparentemente,questo dato indurrebbe a ritenere che,mentre in Germania una minoranza diadulti riceve un corso di formazione al-l’anno, a paragone del Regno Unito l’in-tensità di questo addestramento è moltomaggiore. Un’altra possibilità è che, adispetto del tentativo di raccogliere datiche si possano confrontare tra loro, co-loro che in Germania abbiano rispostoai questionari hanno significativamentesottovalutato la loro partecipazione a cor-si brevi.

Partecipazione valutataper posizione all’internodel mercato del lavoro

Ritornando ora alle percentuali di parte-cipazione a corsi di istruzione e forma-zione per differenti gruppi di popolazio-ne, i dati riguardanti le fasce principaliappaiono alla Tabella 3. Emergono quialcuni campioni interessanti.

--------Tableau 3------Per quanto riguarda, in primo luogo, glieconomicamente inattivi, questo grupposi divide in due distinti sottogruppi: l’unocomposto da studenti a tempo pieno cheprocrastinano il loro ingresso nel mondodel lavoro e l’altro composto da donneeconomicamente inattive soprattutto perragioni domestiche o da persone di etàsuperiore già in pensione. Questo spiegaperchè la percentuale di partecipazionea corsi di istruzione e formazione che ca-ratterizza questo gruppo compreso tra i25 e i 34 anni di età, sia più alta dellamedia e le percentuali siano inferiori allamedia a partire da questo punto in poi.

Tra gli economicamente attivi, i dati ditutte le categorie di giovani sono influen-zati dal modo in cui i modelli di forma-zione di base sono collegati all’attivitàeconomica. Le connessioni, tuttavia, nonsono sempre le stesse. Per i lavoratori atempo pieno le percentuali più alte di par-tecipazione a corsi di istruzione e forma-

Tabella 3:

Percentuali di popolazione partecipante a corsi di istruzione o formazione profes-sionale raccolte per età e posizione nel mercato del lavoro, Comunità Europea,primavera 1994

Posizione nelmercato del lavoro totale 15-19 20-24 25-34 35-44 45-54 55-59 60-64

economicamente inattivi 32,0 93,5 72,1 21,7 4,1 1,3 0,4 0,3economicamente attivi 9,2 48,4 17,5 9,5 6,1 4,2 2,6 1,5

lavoro dipendente 10,3 57,8 19,1 10,2 6,8 4,7 3,1 2,0tempo pieno 9,4 52,2 16,3 9,7 6,7 4,7 3,1 1,9part-time 15,0 72,3 37,2 13,4 7,6 4,9 2,8 2,4

lavoro autonomo 3,4 35,7 9,7 4,7 3,3 2,5 1,3 1,0disoccupati 9,2 23,0 13,8 9,4 5,3 3,5 1,8 0,9

totale 16,7 81,3 35,7 11,7 5,8 3,5 1,6 0,6

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dizionali ed a settori dell’economia in cuiil passo del cambiamento tecnologico èpiù lento e perciò il bisogno di un ag-giornamento costante è anche moltomeno sentito. Può, però anche esseredovuto al fatto che, come categoria, essiavvertano una particolare difficoltà adecurtare l’orario di lavoro per dedicaretempo all’aggiornamento. Considerate ledifficoltà e gli alti costi che le piccoleaziende devono sostenere per fornire cor-si di aggiornamento ai loro addetti, sem-bra verosimile che sia l’ultimo dei motiviesaminati a rappresentare almeno un fat-tore di maggior peso rispetto agli altri.

Più sorpendenti sono le basse percentua-li di partecipazione a corsi di istruzione eformazione dei quasi 18 milioni di disoc-cupati dell’UE, dal momento che essi co-stituiscono una categoria in cui è partico-larmente sent i ta l ’es igenza di unaspecializzazione che li aiuti a concorrereper entrare nel mercato del lavoro. Que-ste basse percentuali possono, in parte,essere dovute al fatto che nella LFS, lepersone che sarebbero altrimenti disoc-cupate ma che seguono un corso di for-mazione all’interno di piani aziendali pre-visti dal governo sono classificate comeoccupate. Nondimeno, i dati parlano dasé e rafforzano lo svantaggio economicoe sociale dei disoccuppati all’interno del-la Comunità.

Partecipazione valutataper occupazione e settore

Prima si alludeva al fatto che alcune del-le ragioni della somiglianza tra le percen-tuali di partecipazione alla formazione peruomini e donne, e anche delle percen-tuali più alte tra i lavoratori part-time, pos-sono essere rinvenute entro un esame del-le percentuali di formazione tra lavorato-ri appartenenti a diversi settori dell’eco-nomia o attivi in diversi settori occupa-zionali.

La Tabella 4 mostra la percentuale deglioccupati di età compresa tra i 35 e i 44anni che, nella primavera del 1992, se-guivano corsi di formazione e aggiorna-mento, analizzati per settori categoriali aseconda del tipo di impiego: a tempo pie-no o part-time. Essa mostra che all’inter-no delle due categorie principali, l’indu-stria e il terziario, c’è una lieve differenza

zione per persone di età compresa tra i15 e i 19 anni sono indubbiamente dovu-te al numero di coloro che prendono parteal doppio sistema di apprendistato, in cuiil tirocinio formativo è legato all’impie-go. Al contrario, le alte percentuali dipartecipazione alla formazione tra giova-ni lavoratori part-time è dovuta al fattoche molti di essi spesso sono studenti chesvolgono un lavoro part-time per finan-ziarsi la scuola o il college, e non esiste,con molta probabilità, alcun legame tra illoro impiego e i loro studi.

Forse è più sorprendente il fatto che lapercentuale di lavoratori part-time parte-cipanti a corsi di istruzione e formazioneresta più alta di quella di lavoratori a tem-po pieno per la maggior parte dei gruppidi età più avanzata. In seguito ne verran-no prese in esame le ragioni, nel conte-sto delle percentuali di lavoratori parte-cipanti a corsi di formazione presenti neidifferenti settori, nei quali sono altresì dif-ferenti i parametri di lavoro a tempo pie-no e part-time.

Nella Unione Europea, nel 1994, quasi 20milioni di lavoratori furono classificaticome autonomi. La Tabella 3 mostra comein tutti i gruppi di età il loro grado diistruzione e il loro addestramento profes-sionale sia significativamente inferiore allamedia e perfino nei gruppi di età piùavanzata le percentuali sono inferiori aquelle di coloro che non sono attivi eco-nomicamente. Questi dati inducono a ri-tenere che i lavoratori autonomi si rivol-gano preferibilmente ad occupazioni tra-

Tabella 4:

Percentuale dei lavoratori attivi di età compresa tra i35 e 44 anni partecipanti a corsi di istruzione e for-mazione, esaminati per settore, Comunità Europea,primavera 1992

settore tempo pieno part-time

agricoltura 3,1 2,3industria 3,6 3,5terziario 6,7 6,6

maschi 6,4 9,6femmine 7,2 6,5

“(…) la percentuale di lavo-ratori part-time parteci-panti a corsi di istruzionee formazione resta più altadi quella di lavoratori atempo pieno per la maggiorparte dei gruppi di età piùavanzata.”

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“La posizione relativamen-te favorevole dei lavorato-ri part-time, consideraticomplessivamente, nella fa-scia di età (…) è perciò do-vuta alla loro concentrazio-ne in quei settori dell’econo-mia in cui sono messe a di-sposizione maggiori op-portunità di aggiornamen-to.”

nelle percentuali di partecipanti ai corsitra lavoratori a tempo pieno e lavoratoripart-time. Più significativo, tuttavia, è ildato secondo cui l’aggiornamento nel ter-ziario supera di quasi il doppio quello pre-sente nell’industria. Questo campioneconferma il risultato emerso dalle indagi-ni svolte a livello nazionale dai Paesimembri, le quali hanno mostrato che incerti settori industriali, come quello dellecostruzioni, è offerta una scarsa possibi-lità di aggiornamento, mentre una eleva-ta percentuale di corsi di aggiornamentoè propria, nel terziario, del settore finan-ziario. Questi due rami occupazionalipossono valere come esempio atto a rap-presentare le due estremità tipiche deilavoratori occupati. L’industria delle co-struzioni è caratterizzata dall’esistenza diun vasto numero di piccole imprese incui si usano le competenze tradizionaliacquisite nel corso dell’apprendistato eche sono relativamente poco toccate dal-la trasformazione tecnologica. Per questedue ragioni, quindi, si possono prevede-re basse percentuali di partecipazione acorsi di aggiornamento. Il settore dei ser-vizi finanziari, d’altro canto, è dominatoda imprese di dimensioni maggiori le qualisi sono recentemente assoggettate ad unrapido mutamento nell’assetto tecnologi-co ed organizzativo e che perciò richie-dono investimenti ad alto livello nell’ag-giornamento permanente del personale.Come è accaduto con altri confronti for-niti nel corso di questo articolo, ogni giu-dizio che riguardi le differenze nelle per-centuali di partecipazione all’aggiorna-mento deve, perciò, tenere conto dei dif-ferenti livelli di aggiornamento che si ren-dono via via necessari.

----------Tableau 4:----------La Tabella 4 va in qualche modo oltre,aiutando a render ragione della somiglian-za esistente nelle percentuali di aggior-namento riguardanti le donne nel lorocomplesso, per la fascia di età illustrataprecedentemente dalla Tabella 1, nono-stante che in questa fascia le donne eco-nomicamente inattive siano in numeromolto maggiore degli uomini. Nel 1992,l’80 % delle donne di età compresa tra i34 e i 44 anni lavorava nel settore deiservizi, a confronto di poco più della metàdegli uomini. Le percentuali di partecipa-zione all’aggiornamento proprie delledonne hanno quindi beneficiato della loroelevata concentrazione nel settore econo-mico che offre il più alto livello di forma-

zione permanente. Inoltre, più dell’80 %degli occupati part-time in questo grup-po di età erano donne, attive nel settoredel terziario, per le quali la percentualedi aggiornamento era simile a quella of-ferta dall’intero settore. La posizione re-lativamente favorevole dei lavoratori part-time, considerati complessivamente, nel-la fascia di età mostrata nella Tabella 3 èperciò dovuta alla loro concentrazione inquei settori dell’economia in cui sonomesse a disposizione maggiori opportu-nità di aggiornamento.

Per finire, toccando forse il punto piùimportante di questa rassegna delle per-centuali di attività impegnate nell’istruzio-ne e nell’aggiornamento, è necessariodare un breve sguardo alle differenze pre-senti all’interno delle categorie occupa-zionali. Il motivo per il quale questi con-fronti sono importanti sta nel fatto cheessi mostrano l’influenza dell’istruzione edella formazione iniziali sulla probabilitàdi ricevere una formazione permanentenel corso della vita.

-------Tableau 5------I dati che compaiono nella Tabella 5 pro-vengono dalla LFS del 1992. La tabellamostra ancora le percentuali di aggiorna-mento per gli occupati a tempo pienonella fascia di età che va dai 35 ai 44 anni.Essa dimostra molto chiaramente, comun-que, come l’aggiornamento permanentesia molto comune tra coloro che lavora-no in settori per i quali sono spesso ri-chieste competenze più avanzate, ottenutenormalmente nel corso di un’istruzionedi base e di un tirocinio. Sarebbe di fatto

Tabella 5

Percentuale degli occupati a tempo pieno, di età com-presa tra i 35 e i 44 anni, impegnati in corsi di istru-zione o aggiornamento, analizzati per settori occupa-zionali, Comunità Europea, primavera 1992

magistrati e alti funzionari 11,7professionisti 11,5tecnici e professioni collegate 7,0impiegati 4,6occupati nei servizi e nel commercio 3,7occupati nell’agricoltura e nella pesca 1,9artigiani e commercianti ad essi collegati 2,8addetti agli impianti industriali 1,9occupazioni non specializzate 2,0totale 5,5

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possibile anche mettere in evidenza comecoloro che sono in possesso di una pre-parazione scolastica di massimo livellosiano anche coloro che traggono il mag-gior beneficio da un aggiornamento per-manente lungo il corso della loro vita.

Il modello sopra esaminato è rafforzatoanche dal fatto reso evidente dalle indagi-ni in alcuni paesi, che mostra come glioccupati in categorie di lavoro più elevateprevedono di ricevere un continuo aggior-namento, mentre gli occupati in categorieinferiori, relativamente privi di competen-

ze particolari, non vedono l’aggiornamen-to come un fattore determinante della lorovita lavorativa. Una ragione possibile diquesto dato può essere quella secondo cuicoloro che sono in possesso di un’istru-zione e di una formazione professionalemigliori guardano al loro lavoro come aduna carriera, per la quale si prevedono, abuon diritto, progresso e avanzamento. Co-loro invece che considerano il lavoro comeuna occupazione qualsiasi, guardano al-l’aggiornamento solo come ad un fattorelegato alla possibilità di cambiare lavoro,quando ciò divenga necessario.

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Uwe GrünewaldDa 19 anni responsabiledi progetto nelle divisio-ni “ricerca strutturale” e“ricerca comparata in-ternazionale” dell’Istitu-to Federale della Forma-

zione Professionale (BIBB) diBerlino, ha lavorato su progettidi ricerca empirica nel contestonazionale e internazionale.

La formazione continuain azienda contribuisceall’attuazione della for-mazione e dell’istruzio-ne per tutto l’arco dellavita?Su meno di venti milioni di persone chehanno partecipato ad un’azione di forma-zione continua nel 1994 circa otto milio-ni l’hanno fatto nell’ambito di un’azionedi formazione professionale continua pro-mossa e finanziata dalle imprese.

Data l ’ importanza della formazioneaziendale, siamo stati indotti a porci laquestione di sapere se - ed in che misu-ra - queste misure possono contribuire alperseguimento dell’obiettivo di un’istru-zione e di una formazione estese a tuttol’arco della vita definito dalla Commissio-ne Europea. Il presente articolo perseguelo scopo di confrontare quest’obiettivocon la realtà della formazione continua,con le sue condizioni specifiche, con isuoi limiti e con le sue possibilità.

Ci proponiamo di valutare in che misurala nozione di formazione ed istruzione pertutto l’arco della vita acquisita dalla Com-missione possa essere utilizzata per defi-nire la formazione continua in azienda.

Importanza e condizioni-quadro del-la formazione continua in azienda in-tesa come elemento essenziale dellaformazione professionale continua

Nel 1994 sono state 19,9 milioni le perso-ne che hanno partecipato ad una azioneorganizzata nel quadro della formazionecontinua intesa come base dell’istruzionee della formazione per tutto l’arco dellavita. Le fonti disponibili indicano che que-sto gruppo presenta, in riferimento ai varisettori della formazione continua, la se-guente articolazione (cfr. Tabella 1).

Per quanto concerne il 1994 ed in riferi-mento alla definizione di formazione con-tinua in vigore, circa il 25/30% della po-polazione attiva ha partecipato ad un’azio-ne di formazione.

Data la consistenza del settore della for-mazione continua, le idee sviluppate nelpresente articolo si limitano a trattare diun settore specifico, quello della forma-zione continua in azienda.

Insieme della formazione continua:19,9 milioni.

Formazione professionale continua

della manodopera occupata: 9,7 milioni.

Formazione professionale continua:

11,2 milioni.

Formazione continua generale:

12,5 milioni.

Formazione professionale continua

della manodopera disoccupata: 1,5 milioni.

Formazione continua

in azienda:8 milioni.

Formazione professionale

continua individuale:1,9 milioni.

A B

C D

E F

Tabella 1: Numero dei partecipanti alla formazione conti-nua

Il presente articolo perse-gue l’obiettivo di identifica-re i rapporti e le relazioniesistenti tra la nozione diistruzione e formazione pertutto l’arco della vita - di cuila Commissione ha definitol’ambito nel Libro biancodel 1996 e a cui ha dedicatoun anno di sensibilizza-zione, mobilitazione ed or-ganizzazione - e un segmen-to specifico della qualificaprofessionale, cioé la for-mazione continua in azien-da.

Fonte: BMFG (Ministero Federale della Ricerca e della For-mazione): Berichtssystem Weiterbildung IV., Bonn, 1996. -U. Grünwald, D. Moraal: Betriebliche Weiterbildung inDeutschland. FORCE-CVTS-Erhebung in Deutschland, Ber-lino, 1996. - I dati sulla formazione professionale continuaindividuale si riferiscono alle valutazioni del BIBB (Istitu-to Federale per la Formazione Professionale); si veda inmerito R. Bardeleben e U. Beicht: Individuelle Kosten derbetrieblichen Weiterbildung, Berlino, 1996 (in corso di stam-pa).

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“Questi obiettivi vengonodefiniti soprattutto a brevetermine, mentre i bisogni diqualifica vengono avvertitiin genere in rapporto alletrasformazioni tecniche edorganizzative avvenute nel-l’ambito dell’azienda.”

1. Esaminiamo anzitutto il settore dellaqualifica professionale (A). Viene esclu-so il settore della formazione continua diindirizzo generale e sociale (B).

2. Le azioni di formazione continua cui siriferisce l’articolo toccano esclusivamen-te la manodopera occupata. Le azioni diformazione professionale continua desti-nate alle persone in cerca di un impiego(D) sono finanziate e prevalentementeattuate nel quadro dei più diversi percor-si formativi. La ripartizione dei parteci-panti nell’ambito dei diversi settori dellaformazione continua pone alcuni proble-mi poiché nel corso dello stesso anno ilsingolo addetto può aver partecipato adun’azione di formazione professionalecontinua sia a titolo di lavoratore occu-pato che in quanto persona alla ricercadi un posto di lavoro.

3. Il finanziamento e l’attuazione delleazioni di formazione professionale conti-nua (C) comportano talvolta l’interventoin sinergia di tre parti interessate: l’ad-detto che ne fruisce, le collettività pub-bliche (Stato, comunità locali, organismigestiti dalle parti sociali) e le imprese. Inquesto articolo viene prestata una parti-colare attenzione alle azioni di formazio-ne continua promosse ed in gran partefinanziate dalle aziende (E). Vi vengonopertanto escluse le azioni di formazioneprofessionale continua individuale (E).

La formazione continua in azienda detie-ne le seguenti caratteristiche:

❏ comporta un livello minimo di forma-zione generale. L’attuazione di program-mi di formazione generale rappresental’eccezione, mentre prevale la formazio-ne volta a trasmettere qualifiche extra-funzionali ed interdiscipinari;

❏ presuppone una formazione professio-nale iniziale (in Germania è necessarioaver concluso positivamente un appren-distato in alternanza per poter partecipa-re ad un’azione di formazione seconda-ria o di perfezionamento) - viene soventerichiesta un’esperienza professionalepluriennale;

❏ la riuscita partecipazione ad un’azio-ne di qualificazione viene valutata ingenere in funzione degli obiettivi concre-ti dell’azienda. Questi obiettivi vengono

definiti soprattutto a breve termine, men-tre i bisogni di qualifica vengono avverti-ti in genere in rapporto alle trasformazio-ni tecniche ed organizzative avvenutenell’ambito dell’azienda.

La formazione continua in azienda èselettiva

È un dato acquisito che da questo tipo diofferta di formazione vengono esclusi inmodo massiccio i disoccupati. Solo uncofinanziamento pubblico o l’interventodi organismi attivi nel reinserimento pro-fessionale consentono a questa categoriadella manodopera di partecipare alla for-mazione continua in azienda. A determi-nate condizioni la formazione aziendaledei nuovi addetti rappresenta l’alternati-va più economica ad un’azione di perfe-zionamento nell’ambito del sistema diformazione professionale pubblica oaziendale.

La formazione continua in azienda esclu-de poi altri gruppi di persone.

In termini complessivi, quest’esclusionenon è particolarmente dovuta al sesso -nonostante le consistenti diversità registra-te in determinati settori, soprattutto inquelli che occupano prevalentemente ma-nodopera femminile.

La discriminazione avviene soprattutto inragione dell’età. A partire dai 45 anni lapercentuale della manodopera che parte-cipa ad azioni di formazione continua calanettamente.

La selezione più marcata avviene in ra-gione della qualifica professionale di cuidispone l’interessato. Solo il 7% dei lavo-ratori privi di qualifica o degli operai spe-cializzati ha partecipato nel 19941 adun’azione di formazione continua inazienda, mentre la percentuale di parte-cipazione degli operai o degli impiegatispecializzati ha raggiunto il 26% e quelladei quadri il 42%.

La causa principale della selezione nel-l’ambito della formazione continua inazienda è dovuta soprattutto agli obietti-vi ed alle motivazioni specifiche che ca-ratterizzano la richiesta delle imprese,basata su considerazioni economiche piùche sociali.

1) Le statistiche relative alla forma-zione continua, rilevate nell’ambitodel programma europeo d’azioneFORCE, forniscono dati rappresenta-tivi sul profilo dei beneficiari delleazioni di formazione continua in basea sesso, età e status professionale. Cfr.in proposi to: Bundesinst i tut fürBerufsbildung, Statistisches Bundes-amt, Betriebliche Weiterbildung inDeutschland, Berlino, 1995 (disponi-bile gratuitamente in DE, EN e FRpresso il BIBB di Berlino).

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“Per le aziende la forma-zione continua rappresen-ta lo strumento privilegia-to per incrementare l’attivi-tà produttiva.”

“Diversamente dalla forma-zione professionale inizia-le, la formazione continuain azienda garantisce alleimprese che investono inquest’attività un’utilità im-mediata.”

Il ruolo degli obiettivi e delle motiva-zioni delle aziende nella definizionedella formazione continua

Per le aziende la formazione continuarappresenta lo strumento privilegiato perincrementare l’attività produttiva. Questaragione spiega perché è notevolmenteaumentata nel corso degli ultimi dieci annila percentuale delle azioni di formazioneconnesse alla realtà del lavoro.

L’incremento della concorrenza e l’accele-razione delle trasformazioni tecnologichee dell’organizzazione del lavoro induconole imprese ad eliminare più rapidamenteed in modo più concreto le difficoltà do-vute alla mancanza di qualifiche.

È questa la ragione per cui l’istruzione ela formazione per tutto l’arco della vita -perlomeno per quanto concerne gli ad-detti che occupano posti e funzioni chia-ve - rappresentano una conseguenza ine-vitabile di attrezzature e servizi moderni.Gli addetti che non siano disposti a per-fezionare costantemente le proprie quali-fiche professionali ed a fare uno sforzoper adeguarsi alle nuove modalità di or-ganizzazione del lavoro rischiano di per-dere il proprio posto di lavoro.

Determinate forme di lavoro e di apprendi-mento - come ad esempio il lavoro di grup-po - comportano un grado elevato di fles-sibilità e di capacità di assimilazione. Nonrappresenta più un’eccezione il fatto chel’esclusione tocchi anche la manodoperaappartenente ad una determinata fascia dietà (quella superiore ai 45 anni) o quantiritengano che la propria “anzianità” dialuogo ad un trattamento di favore (adesempio, in funzione di un’esperienza pro-fessionale di più decenni come capore-parto nel settore industriale).

Le particolari possibilità di apprendi-mento offerte dalla formazione conti-nua sul luogo di lavoro

Il ruolo essenziale della formazione con-tinua in azienda, l’attualità dei program-mi realizzati nonché il loro adattamentoalle nuove condizioni di lavoro sono glielementi che conferiscono alla formazio-ne continua in azienda una particolareimportanza come strumento di istruzionee di formazione per tutto l’arco della vita.

Lo specifico pericolo che incombe sullaformazione professionale continua èl’ampliamento del divario esistente tra lequalifiche ottenute sotto la guida diformatori troppo lontani dalla realtà eco-nomica e le conoscenze, le competenzee le capacità di adattamento di cui l’ad-detto è in grado di dar prova sul mondodel lavoro; questo divario rischia di subi-re un progressivo incremento.

Le aziende dispongono di numerose op-zioni nell’ambito della formazione profes-sionale continua: formazione sul luogo dilavoro o a distanza, formazione aziendaleo formazione perseguita nell’ambito diprogrammi esterni; gli enti che gestisco-no questa offerta sono diversificati: lescuole, gli istituti di perfezionamento ele università svolgono peraltro un ruoloridotto.

Competitività e vantaggio della forma-zione professionale continua in azien-da

Diversamente dalla formazione professio-nale iniziale, la formazione continua inazienda garantisce alle imprese che inve-stono in quest’attività un’utilità immedia-ta. Le loro azioni sono generalmente bre-vi e definite in una prospettiva di brevescadenza. Esse garantiscono l’utilizzo delpotenziale di qualifica della manodoperaoccupata nell’azienda o consentono di farfronte alle trasformazioni tecnologiche odorganizzative, oppure di utilizzare le mac-chine o le attrezzature di recente acqui-sto da parte dell’azienda.

In passato la formazione continua presen-tava soprattutto il vantaggio di garantirealla manodopera una maggiore sicurezzadel posto di lavoro nonché migliori pro-spettive di carriera nell’ambito della sin-gola azienda.

Dato poi che le azioni di formazione con-tinua erano finalizzate soprattutto a van-taggio del personale in organico piutto-sto che a quello ausiliare, la competitivitàdi questo secondo gruppo sul mercato dellavoro era piuttosto ridotta.

La strutturale trasformazione verificatasiin numerosi settori industriali e rafforza-ta dalla ristrutturazione dell’economianell’ex-Republica democratica tedesca ha

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2) Cfr. in proposito: U. Grünewald,D. Moraal, Kosten der betrieblichenWeiterbildung in Deutschland, Ergeb-nisse und kritische Anmerkungen,Berlino 1995, p. 21.

“Le azioni di formazionecontinua realizzate e finan-ziate su iniziativa delleaziende costituiscono unelemento centrale dell’offer-ta globale di qualificazionerivolta agli adulti.”

“Non è affatto necessarioanimare la manodopera apartecipare ad azioni diformazione continua inazienda.”

“Debole è la presenza degliistituti di istruzione secon-daria e superiore tra glienti erogatori di formazio-ne continua in azienda.”

colpito in modo irreversibile la sicurezzadel posto di lavoro anche per il persona-le iscritto in un organigramma permanen-te.

Nel caso di chiusura dell’azienda, anchela manodopera dotata di una lunga espe-rienza professionale completata da unasolida formazione continua ha incontratonotevoli difficoltà nel far valere il propriopotenziale di qualifica presso altre impre-se.

Prospettive e limiti dell’utilizzo dellaformazione continua aziendale nel-l’attuazione di un programma di istru-zione e formazione per tutto l’arcodella vita

Le idee precedentemente esposte hannovoluto illustrare l’importanza quantitativae le condizioni di base specifiche dellaformazione continua in azienda.

Le azioni di formazione continua realiz-zate e finanziate su iniziativa delle azien-de costituiscono un elemento centraledell’offerta globale di qualificazione rivol-ta agli adulti. Ciononostante, la loroattuazione avviene solo a determinatecondizioni.

Un confronto tra la realtà della formazio-ne continua in azienda ed i cinque obiet-tivi enunciati nel 1996 dalla Commissio-ne Europea nel Libro bianco sull’istruzio-ne e sulla formazione per l’intero arcodella vita consente di formulare le seguen-ti riflessioni.

Obiettivo 1: incoraggiare l’acquisizionedi nuove conoscenze.

Quest’obiettivo non riveste un’importan-za strategica per la formazione continuain azienda. L’esistenza di quest’ultimaderiva dalla necessità di adeguare il po-tenziale di qualifiche della manodoperaalle nuove esigenze professionali, ai nuoviprodotti ed ai nuovi processi di produ-zione. Le azioni di formazione continuasono essenzialmente orientate verso ladomanda e non verso l’offerta.

Non è affatto necessario animare la ma-nodopera a partecipare ad azioni di for-mazione continua in azienda. Il danno

proviene anzitutto dalla non partecipazio-ne degli addetti: essa dà luogo ad un in-debolimento della loro situazione profes-sionale e ad una riduzione del loro po-tenziale di valorizzazione in ambitoaziendale.

Il continuo sviluppo del potenziale diqualifica nonché la necessità di valoriz-zarla nel medio termine sono elementi cherientrano nell’ottica delle idee sostenutedalla Commissione; si tratta di fattori chesi riferiscono solo ad una parte delle mi-sure di formazione continua promossedalle aziende.

Va poi tenuta presente la circostanza chein Germania non esiste alcun dialogo trai datori di lavoro ed i lavoratori - operlomeno tra le rispettive organizzazio-ni - per quanto concerne la definizionedei programmi e delle trasformazioni che,nel lungo periodo, possano incidere sul-la formazione continua sia aziendale cheextra-aziendale (diverso è, ad esempio, ilcaso dei programmi gestiti dalle Cameredi commercio, dell’industria o dell’artigia-nato).

La Commissione ha individuato la via giu-sta - com’é avvenuto peraltro nel caso delprogramma d’azione FORCE realizzatonella prima metà degli anni novanta - nellanciare e nel sostenere progetti trans-nazionali volti a definire gli strumenti disviluppo personale e professionale inte-grato. Ciononostante, è opportuno tenerpresente che anche in Germania questotipo di intervento non dovrebbe prevale-re tra le azioni promosse in ambitoaziendale.

Obiettivo 2: ravvicinare la scuola al-l’azienda.

Debole è la presenza degli istituti di istru-zione secondaria e superiore tra gli entierogatori di formazione continua in azien-da. È questa la conclusione evincibile daidati raccolti in Germania nell’ambito diuno studio sulla formazione continua inEuropa condotto per il programma di azio-ne FORCE. La somma dei finanziamentidevoluti a questi enti rappresenta menodel 7% delle spese sostenute dalle azien-de per finanziare misure di formazionecontinua esterne e circa l’1% del loro bi-lancio totale.2

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“Le aziende sono disposte asostenere i costi della for-mazione continua dei pro-pri addetti solo a condizio-ne che ne possano perse-guire un immediato vantag-gio.”

Il debole utilizzo delle offerte di qualifi-ca erogate dagli istituti pubblici di istru-zione secondaria e superiore è dovutosoprattutto al fatto che questi istituti sonosempre più lontani dai problemi attinentile qualifiche richieste dalle aziende.

La tendenza della formazione continuaaziendale ad orientarsi sempre più versoforme di qualifica vicine alla realtà dellavoro riduce ancor più la possibilità diassociare questi istituti di istruzione se-condaria e superiore alle azioni di forma-zione continua promosse dalle imprese.Sino a quando gli istituti di istruzione tec-nica ed universitaria non manifesterannoun maggiore interesse per le questioniconnesse allo sviluppo ed alla trasmissio-ne delle qualifiche in ambito aziendalenon ci si potrà attendere che la situazio-ne migliori; un’eccezione è costituita inquest’ottica da determinati programmi dicooperazione promossi a livello naziona-le da alcune università ed a livello inter-nazionale dai programmi COMETT eFORCE realizzati dall’Unione Europea.

Sarebbe interessante in proposito esami-nare le esperienze fatte da alcune orga-nizzazioni pubbliche di formazione neiPaesi Bassi che - in seguito al cambia-mento di indirizzo delle politiche di set-tore deciso a livello governativo - sonostati costretti a finanziare una parte delleloro spese proponendo alle aziende un’of-ferta di formazione volta a stabilire a qualicondizioni ed entro quali limiti fosse pos-sibile incrementare il raccordo tra il siste-ma di formazione e l’economia privata.

Obiettivo 3: intervenire contro l’esclusio-ne.

L’obiettivo principale della formazionecontinua in azienda è quello di incremen-tare la produttività del lavoro svolto dallamanodopera. Le aziende sono disposte asostenere i costi della formazione conti-nua dei propri addetti solo a condizioneche ne possano perseguire un immediatovantaggio.

Una riduzione della selettività della for-mazione continua nell’azienda può esse-re presa in considerazione solo a condi-zione che la pubblica amministrazione siadisposta a cofinanziare determinate mi-sure di formazione oppure a condizione

che essa metta a disposizione sovvenzio-ni provenienti da altri fondi. Ove si tengapresente il dibattito in atto in Germaniasui livelli troppo elevati dei salari, è deltutto improbabile che i datori di lavorosiano disposti a muoversi nella direzioneproposta: la costituzione di un fondo ap-posito comporterebbe infatti un ulterioreonere finanziario per le aziende.

L’esclusione in massa dei disoccupati dal-l’ambito della formazione aziendale po-trebbe quindi essere superata solo me-diante il ricorso ad azioni combinate deltipo proposto dall’Istituto Federale delLavoro. Nonostante numerosi esperti ri-tengano che queste misure di formazioinepara-aziendali o “duali” costituiscano unostrumento ottimale per reintegrare piùfacilmente i disoccupati nel mercato dellavoro, la precaria situazione finanziariadell’Istituto federale non consente di pre-vedere lo sviluppo di nuovi strumenti diintervento volti ad estendere l’offerta dellaformazione continua aziendale sino a re-cepire la domanda di qualifica dei disoc-cupati.

Vengono infine evocati i progetti che, ispi-randosi al modello danese di estenderela formazione della manodopera occupa-ta anche ai disoccupati, rappresentano laprospettiva di sviluppo più promettente -nonostante i limiti da cui sono caratteriz-zati.

Nell’ambito dell’iniziativa ADAPT del Fon-do sociale europeo sono state sperimen-tate reti transnazionali di cooperazione.

Obiettivo 4: conoscere tre lingue comu-nitarie.

Si tratta di un obiettivo lodevole poichéconsente di sviluppare una base di co-municazione tale da garantire il successodel processo di integrazione europea;ciononostante, la definizione di que-st’obiettivo è ben lungi dal poter riflette-re la realtà delle aziende tedesche. No-nostante l’internazionalizzazione dell’eco-nomia, è tuttora limitata la percentualedella manodopera che utilizza nell’ambi-to del proprio lavoro quotidiano una lin-gua straniera. A questa conclusione per-vengono peraltro gli studi in materia pro-mossi nel quadro del programma FORCE.

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“L’apprendimento di tre lin-gue comunitarie come basedell’attività professionalenon avrà un significativosviluppo nel corso dei pros-simi dieci anni”

La soluzione adottata in genere dalle im-prese in caso di ampliamento delle rela-zioni commerciali o di spostamento deiluoghi di produzione consiste nell’impie-go di addetti bilingui. Gli Stati membrigeograficamente più piccoli, in particola-re quelli del BENELUX, occupano peral-tro una posizione relativamente più av-vantaggiata nel perseguire l’obiettivo fis-sato dalla Commissione.

L’apprendimento di tre lingue comunita-rie come base dell’attività professionalenon avrà un significativo sviluppo nelcorso dei prossimi dieci anni e potrà es-sere sostenuto solo in forma ridotta nelquadro della formazione continua inazienda.

Nel corso dei prossimi cinque/dieci annila popolazione attiva degli Stati membriin grado di utilizzare due lingue nell’am-biente di lavoro rappresenterà comunqueun’eccezione, limitata peraltro a determi-nati settori chiave dell’azienda - nonostan-te la crescente tendenza verso l’inter-nazionalizzazione e la globalizzazionedelle attività economiche.

Obiettivo 5: trattare su un piano di pa-rità l’investimento in capitali e l’investi-mento in formazione iniziale e continua.

Lo studio della formazione continua inazienda in termini di investimento rap-presenta un approccio interessante, cheesula però dai limiti del presente artico-lo. Ci limiteremo in proposito a due os-servazioni.

- Va rilevato anzitutto che non è ancoraconcluso il dibattito sull’effettiva presa acarico degli investimenti sostenuti nell’am-bito della formazione. È in continuo au-mento la percentuale delle azioni di for-mazione seguite dalla manodopera al difuori dell’orario di lavoro - a titolo sia diutenti che di formatori attivi in un secon-do impiego.

Le inchieste condotte attualmente sullaformazione continua provano che le spe-se relative al personale rappresentano lavoce di bilancio più importante nell’am-bito di un’azione di formazione continua;ciononostante, non viene sufficientementechiarita la diversità tra le spese sostenutedalle aziende per assumere il personale

ausiliario che sostituisca quello in forma-zione continua e le spese relative allacompensazione delle perdite di rendimen-to causata dai tempi di frequenza dellemisure formative (compensazione ottenu-ta grazie al prolungato impiego d’altriaddetti o mediante recupero con ore distraordinario).

- In secondo luogo, è necessario analiz-zare in che misura sia opportuno svilup-pare meccanismi di controllo volti ad in-formare con trasparenza le parti interes-sate sui risultati perseguiti mediante gliinvestimenti in formazione continua: ciòvale sia per le forme di intervento con-nesse alle esigenze dell’attività produtti-va - azioni che divengono sempre piùpreponderanti - sia per l’esperienza pro-fessionale che ne risulta come fattore in-dotto. Una certificazione di queste formedi apprendimento consentirebbe di defi-nire in termini di redditività e di capita-lizzazione i risultati perseguiti medianteinvestimenti in misure di azioni di forma-zione continua nell’azienda.

Nella Gran Bretagna è stato sviluppato, inparallelo ai programmi nazionali di quali-fica professionale (NVQ), uno “strumentodi accredito delle conoscenze acquisite”.Purtroppo non esiste attualmente alcunaverifica che consenta di stabilire in che mi-sura sia effettivamente possibile, perlo-meno per alcuni casi individuali, documen-tare e se necessario certificare il risultatodi percorsi informali di apprendimentononché di qualifica sul posto di lavoro intermini di produttività.

Conclusione

La nozione di istruzione e di formazioneper l’intero arco della vita, sviluppata nel1996 dalla Commissione Europea nell’ap-posito Libro bianco, deve essere apprez-zata sia per la validità degli obiettivi per-seguiti, sia per la fattibilità di una politicadi formazione professionale volta a rea-lizzare tali obiettivi ed a tener conto del-la reale capacità di apprendimento pro-fessionale degli adulti in determinati set-tori chiave della nostra società.

In termini quantitativi la formazione con-tinua in azienda costituisce, anche al difuori della Germania, uno dei più impor-tanti strumenti di intervento in materia.

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Un’analisi della fattibilità degli obiettiviperseguiti dalla Commissione per ristrut-turare e promuovere ulteriormente la for-mazione continua in azienda mostra chia-ramente che è difficile armonizzare la lo-gica inerente alla definizione delle azionidi formazione in azienda con gli obiettividella politica sociale.

Oltre agli obiettivi che ignorano la moti-vazione delle parti interessate e che nonrientrano quindi nella prospettiva d’ana-lisi del presente articolo (obiettivo 1),vanno registrati poi obiettivi piuttosto lon-tani dalla realtà delle aziende e che ver-ranno accettati solo nel lungo terminecome componenti delle relazioni di lavo-ro di cui si fa carico la “manodopera eu-ropea” (obiettivo 3).

Altri obiettivi rappresentano invece delleinteressanti prospettive di sviluppo deglistrumenti di intervento della politica del-l’istruzione poiché consentono un mag-giore adattamento alle condizioni di baseche caratterizzano oggi la “formazionecontinua in azienda”.

Con il presente articolo si è inteso, in pri-mo luogo, enucleare delle prospettive dianalisi e, in secondo luogo, fornire uncontributo al dibattito di cui sono ogget-to e sviluppare in tal modo a livellotransnazionale il dialogo sull’ulteriore svi-luppo della formazione continua in azien-da: questi due elementi rivestono in ef-fetti una notevole importanza nel garan-tire la competitività delle aziende euro-pee.

“Un’analisi della fattibilitàdegli obiettivi perseguitidalla Commissione per ri-strutturare e promuovereulteriormente la formazio-ne continua in azienda mo-stra chiaramente che è dif-ficile armonizzare la logi-ca inerente alla definizionedelle azioni di formazionein azienda con gli obiettividella politica sociale.”

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L’aggiornamento in GranBretagna

Secondo la UK Labour Force Survey [In-dagine sulla Forza Lavoro nel Regno Uni-to], quasi un quarto dei lavoratori del Re-gno Unito ha ricevuto, nel corso delle 13settimane decorse fino alla primavera del1995, un corso di formazione strettamenteconnesso al tipo di lavoro svolto. Di colo-ro che non hanno seguito alcun corso, perla maggior parte esso era stato offerto daldatore di lavoro, ma più di 13 settimaneprima dell’indagine. I restanti, tuttavia, chesi aggirano intorno ad un terzo di tutti glioccupati, dichiaravano di non aver mai ri-cevuto l’offerta, da parte dei loro datori dilavoro, di seguire un qualche corso di for-mazione o aggiornamento, interno odesterno al lavoro che fosse.

Per tutti gli ultimi dieci anni la propor-zione degli occupati che beneficiano dicorsi di aggiornamento è costantementeaumentata. La Figura 1 mostra i dati rela-tivi agli occupati che hanno ricevuto uncorso di aggiornamento nelle ultime quat-tro settimane. Essa mostra come quasi l’8 % seguisse un corso di aggiornamentonel 1984, a paragone dell’oltre 15 % nel1990. Da quel punto in poi il parametro,durante la recessione economica, non hasubito mutamenti. Nel 1995, il 13,1 % deglioccupati del Regno Unito riceveva uncorso di aggiornamento entro le prece-denti quattro settimane.1

------------Tableau 1: ----------------

Confronti internazionali

Fare confronti su scala internazionale èdifficile, data la differenza delle defini-

zioni e delle tecniche usate per misurarela partecipazione ai corsi di formazionepermanente e di aggiornamento legati allavoro e alla differenza dei vari sistemi diformazione e aggiornamento adottati.Tuttavia, i dati a disposizione inducono aritenere che gli occupati del Regno Unitoabbiano maggiori possibilità di parteciparead attività di apprendimento connesse altipo di lavoro svolto di quante non neabbiano gli occupati della maggior partedei paesi della UE, incluse Francia, Ger-mania e Italia. Soltanto la Danimarca e iPaesi Bassi mostrano percentuali di par-tecipazione più elevate (DfEE, 1993).

Confronti basati sui costi dei corsi sonoanch’essi irti di difficoltà. Lo studio piùimportante sul tema, condotto alla finedegli anni ’80 giunse alla conclusione chenel sistema economico considerato nelsuo complesso, la Gran Bretagna avevaspeso in corsi di formazione almeno il 3% del reddito nazionale (si veda Ryan,1991 e Training Agency, 1989). Mentrequesto può apparire come un indice buo-no, rispetto ai livelli dell’ 1 o del 2 % dipaesi come la Germania e il Giappone, cisi accorge poi che il confronto non èequo, visto che questi paesi si concentra-no maggiormente sull’istruzione scolasti-ca secondaria.

La prova decisiva sta nei risultati ottenutida istruzione e formazione, vale a direnelle competenze e specializzazioni ac-quisite dalla forza lavoro. Per quel cheriguarda questo aspetto, analisi dettaglia-te condotte su un confronto tra produtti-vità e competenze entro settori di produ-zione e di terziario sono giunte alla con-clusione che la Gran Bretagna mostra undeficit di competenza rispetto a paesi

Jim HillageSenior Research

Fellow pressol’“Institute for

Employment Studies”[Istituto per gli Studi

sull’Occupazione]dell’Università del Sussex,

dove coordina il lavoro del-l’Istituto per quanto riguardail campo della pubblica istru-

zione e delle politiche per losviluppo.

Iniziative imprendito-riali nel campo dellaformazione e dell’ag-giornamento in GranBretagna

1) Nell’estate del 1994, la forma delquestionario della Labour ForceSurvey [Indagine sulla Forza Lavoro]è cambiata. Questo può aver alteratole risposte relative alle quattro setti-mane ed inoltre può essersi verificatauna discontinuità nella serie dei dati(DfEE, 1996).

Questo articolo prende in esa-me il livello attuale della for-mazione professionale in GranBretagna. Esso mostra come,mentre la maggior parte dei di-pendenti del Regno Unito rice-ve una qualche forma di adde-stramento oppure altre oppor-tunità di istruzione dal propriodatore di lavoro, per molti diessi la formazione non costitu-isca un’attività in fase di cre-scita. I provvedimenti volti allaformazione sono convogliativerso settori imprenditoriali diterziario sempre più ampi everso impiegati ad alto livello.Un numero relativamente ri-stretto di occupati usa i corsidi aggiornamento in modo for-male o sistematico. Una delleconseguenze politiche di que-sto fatto è che molti occupati,trovandosi di fronte ad un fu-turo lavorativo più che mai in-certo, e si tratta di coloro chegodono del grado inferiore dispecializzazione, hanno mini-me possibilità di accesso a queicorsi di istruzione e aggiorna-mento che potrebbero inveceaiutarli a rispondere ai nuoviparametri di competenza ri-chiesti dal mercato.

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come la Germania (si veda, ad esempio,Steedman, 1989 e Prais, 1989). Altri datiinducono a ritenere che le carenze dicompetenza non siano diffuse uniforme-mente all’interno delle categorie lavorati-ve. Al massimo livello di competenza (ecioè al livello di primo grado) il RegnoUnito sostiene il confronto con la mag-gior parte dei suoi rivali (CERI, 1995). E’ai livelli intermedi e inferiori che la cadu-ta è più evidente. Inoltre, il problema sem-bra essersi reso meno acuto con l’ingres-so nel mondo del lavoro di nuove forze,che, caratterizzate da un alto tasso di fre-quenza all’istruzione a tempo pieno, tipi-ca degli anni più recenti, stanno portan-do ad una crescita del livello di profes-sionalità (DfEE, 1996). Il problema, infat-ti, diventa veramente serio soprattutto perla massa di forza lavoro già attiva nel mer-cato.

Forme di aggiornamento

I dati relativi alla Fig. 1 mostrano che lamaggior parte dei corsi si svolge fuoridell’orario di lavoro, sebbene essi abbia-no luogo prevalentemente nei locali dilavoro piuttosto che altrove, in edifici sco-lastici e professionali. Ci sono dati suffi-cienti (Industrial Society, 1995) a far rite-nere che l’uso di tecniche come la lezio-ne a distanza e la lezione interattiva sia-no in fase di crescita.

Chi fornisce l’aggiorna-mento?

Chi investe maggiormente in corsi di ag-giornamento connessi alle competenzelavorative sono gli imprenditori comedatori di lavoro. Per i due terzi dei di-pendenti che hanno ricevuto un corso diaggiornamento nella primavera del 1995esso è stato a carico del datore di lavoro.Meno di un quinto si è auto finanziato ecirca il 13 % ha beneficiato del contribu-to statale.

Tuttavia, i parametri di offerta di corsi diaggiornamento non sono equamente di-stribuiti all’interno della popolazione at-tiva. Più verosimile è che sia la grandemaggioranza degli imprenditori, anzichèla minoranza, a mettere a disposizione

corsi di aggiornamento e, in generale, asostenere i dipendenti che ad essi si sot-topongono tramite contributi e ferie pa-gate, libri e materiale didattico vario (siveda, ad esempio, Metcalf, 1994). Leaziende più piccole tendono a limitarsiad un aggiornamento informale, svoltodirettamente sul lavoro e a gravare, perquanto riguarda i costi, su contributi sta-tali. Esistono, comunque, dati sufficientia far ritenere che il livello e le caratteri-stiche dei corsi di aggiornamento messi adisposizione dalle piccole aziende varii aseconda del settore industriale cui appar-tengono e che il carattere informale cheli contraddistingue non significhi neces-sariamente che essi siano inferiori in ter-mini di riscontri di rendimento e di rispo-sta ai bisogni dei dipendenti (Abbot,1993).

Non è solo, comunque, un fatto di dimen-sioni, ma anche di proprietà, ciò che sem-bra importante per spiegare quando unimprenditore aggiorna o no la sua forzalavoro. Dench (1993) ha mostrato che perla maggioranza degli imprenditori che nonaggiornano la propria forza lavoro si trat-ta di piccole imprese, dotate di un’unicasede o parti di una piccola azienda. Làdove questo tipo di impresa decideva difornire un’opportunità di aggiornamento,era molto meno verosimile, rispetto adimprese appartenenti ad aziende più gran-di, che essa mostrasse di incrementarloin futuro.

------Tableau 2: -----I parametri di aggiornamento varianoquindi in maniera sensibile a seconda dei

“Chi investe maggiormentein corsi di aggiornamentoconnessi alle competenzelavorative sono gli impren-ditori come datori di lavo-ro.”

“Più verosimile è che sia lagrande maggioranza degliimprenditori, anzichè laminoranza, a mettere a di-sposizione corsi di aggior-namento (…)”

84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 950

2

4

6

8

10

12

14

16

%

entrambiinseriti nell’orario di lavoronon inseriti nell’orario di lavoro

Figura 1: Metodo di formazione per occupati in età lavo-rativa che hanno seguito un corso di aggiornamento,connesso al tipo di lavoro svolto, nelle ultime quattrosettimane

Fonte: Labour Force Survey, primavera di ogni anno considerato

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“Il livello relativamente bas-so di aggiornamento nelsettore industriale non èdovuto al fatto che non nesia avvertito il bisogno(…)”

“Merita così di essere con-siderato in tutta la sua evi-denza il fatto che, all’inter-no della forza lavoro, esi-ste una disattesa richiestadi formazione e aggiorna-mento.”

settori industriali. I dati della Fig. 2 mo-strano che circa il 20 % degli addetti allapubblica amministrazione, alla sanità e al-l’istruzione hanno ricevuto corsi di aggior-namento, a confronto del solo 10 % degliaddetti al settore manifatturiero o edili-zio. I settori del terziario attivi nella fi-nanza e nell’energia e il settore idrico rap-presentano altrettanti luoghi in cui colo-ro che beneficiano di corsi di aggiorna-mento sono in numero molto superiorealla media. Il livello relativamente bassodi aggiornamento nel settore industrialenon è dovuto al fatto che non ne sia av-vertito il bisogno dato che gli addetti aquesto tipo di industria mostrano un tas-so più elevato di deficit di competenzarispetto a quelli che lavorano nel settoredei servizi pubblici e privati.

Chi partecipa ai corsi diformazione

All’interno del contesto lavorativo, l’ac-cesso alle opportunità di formazione va-ria a seconda del tipo di occupazione. E’di gran lunga più verosimile che siano gliaddetti dei settori professionali, tecnici emanageriali ad aver ricevuto un corso diformazione nelle quattro settimane pre-cedenti, piuttosto che gli addetti ad oc-cupazioni manuali (cfr. Fig. 3). Non soloil numero di opportunità di formazionediminuisce in ragione della posizione oc-cupazionale, ma varia anche il tipo diopportunità di formazione messa a dispo-

sizione, focalizzata su tempi brevi e inrelazione alla specificità del lavoro.Metcalf (1994) rileva che persone ad unalto livello occupazionale hanno maggioreaccesso ad opportunità di formazione,anche non specificamente legate al lavo-ro, di quante non ne abbiano persone adun livello occupazionale inferiore. Men-tre questo era in parte dovuto ad obietti-ve necessità di aggiornamento legate alprogredire delle competenze necessarieal lavoro, l’offerta di formazione era an-che influenzata da considerazioni sogget-tive convenzionali, legate a fattori diautorappresentazione. Ciò induce a rite-nere che possa essere errato mettere aconfronto il punto di vista di un impren-ditore con quello di un dipendente a pro-posito dell’adeguatezza o meno, in ter-mini qualitativi, di un periodo di forma-zione. Gallie e White (1993) hanno scor-to l’esistenza di un “divario di formazio-ne” in modo particolare tra le fasce di la-voratori meno specializzate, con una pro-porzione più elevata di esigenza di for-mazione rispetto alla opportunità di rice-verla. Una recente indagine condotta dalla“Manufacturing, Science and FinanceUnion”[Confederazione di Industria, Tec-nica e Finanza] (MSF, 1995) ha rivelatoche il 91 % dei loro membri erano inte-ressati a sottoporsi a corsi ulteriori di for-mazione. Merita così di essere considera-to in tutta la sua evidenza il fatto che,all’interno della forza lavoro, esiste unadisattesa richiesta di formazione e aggior-namento.

------------Tableau 3: ----------

Figura 2: Occupati che ricevono una formazione connessa al lavoro svolto nelsettore industriale

7,2

10,3

10,7

10,8

11,1

12,3

16,3

16,9

20,7

14,3

%

0 5 10 15 20 25

Tutti i settori

Amm. pubblica, istruzione, sanità

Finanza

Energia e acqua

Altri servizi

Distribuzione, ind. alberghiera, ristorazione

Trasporti e comunicazioni

Edilizia/lavori pubblici

Produzione

Agricoltura

Fonte: Labour Force Survey, primavera 1995

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“In generale, uomini e don-ne hanno pari accesso allaformazione, anche se gliuomini tendono ad ottener-ne in maggior quantità(…)”

“E’ molto più verosimile chesiano gli occupati più gio-vani, piuttosto dei loro col-leghi maggiori d’età, a rice-vere corsi di formazione.”

“E’ altresì molto verosimileche sia il personale impie-gato a part-time, piuttostoche quello a tempo pieno,ad avere il minor numero dicorsi di formazione.”

In generale, uomini e donne hanno pariaccesso alla formazione, anche se gli uo-mini tendono ad ottenerne in maggiorquantità (in termini di durata media). C’èuna certa differenza a seconda del setto-re e del tipo di occupazione. E’ più facileche siano gli uomini ad aver ricevuto unaformazione nei settori industriali, che sonoquelli che ne forniscono la maggior par-te, e che siano le donne, piuttosto che gliuomini, ad essere state formate in vistadi occupazioni in cui è dominante la com-petenza legata all’esperienza di lavoro.

E’ molto più verosimile che siano gli oc-cupati più giovani, piuttosto dei loro col-leghi maggiori d’età, a ricevere corsi diformazione. La Fig. 4 mostra come il 20 %degli occupati di età inferiore ai vent’anniha beneficiato di corsi di formazione. E’invece più facile che occupati di età supe-riore ai quarantanni ricevano corsi di for-mazione in numero inferiore alla media.

E’ altresì molto verosimile che sia il per-sonale impiegato a part-time, piuttosto chequello a tempo pieno, ad avere il minornumero di corsi di formazione. Per esem-pio, secondo la “Labour Force Survey”(estate 1995) solo l’8 % del personale part-time ha preso parte, nelle quattro setti-mane precedenti, a corsi di formazionecorrelati al lavoro, contro il 14 % del per-sonale a tempo pieno.

La formazione è perciò concentrata su unaproporzione di forza lavoro così distri-

buita: personale più giovane, personaleimpiegato a tempo pieno in occupazionidi tipo professionale e manageriale. No-nostante la crescita dei corsi di formazio-ne registrata in anni recenti nel Regno Uni-to, è una larga fascia di popolazione quel-la che ne resta tagliata fuori. Tra il 30 e il40 % della popolazione attiva non ritienele sia riservata alcuna opportunità di cre-scita formativa e professionale, e soltan-to il 7 % di coloro che hanno superato lasoglia dei venticinque anni perseguonouna qualificazione.

Perchè gli imprenditoriforniscono la formazione?

Entità, ragioni settoriali ed occupazionaliriescono a spiegare solo in parte i diversimodelli di offerta formativa presente nelRegno Unito. Di importanza maggiore èl’influenza esercitata dal cambiamentodelle condizioni in cui operano gli addet-ti, e il riscontro di cui essi danno provain termini di novità di prodotti e di servi-zi, di pratiche lavorative e capacità diapplicazione di nuove tecnologie.

Un esempio a proposito del primo puntoè rappresentato da salute e sicurezza. Iltipo più comune di formazione al di fuo-ri del lavoro è quella riguardante la salu-te e la sicurezza (PAS, 1995). I dati indu-cono a ritenere che la portata di corsi diformazione in salute e sicurezza sia au-

Figura 3: Occupati che ricevono corsi di formazione in relazione al lavoro svolto, pertipo di lavoro

Fonte: Labour Force Survey, primavera 1995

5,7

5,7

9,5

12,5

13,5

14,6

15,7

24,1

26,2

14,3

%

0 5 10 15 20 25 30

industrie nel loro complesso

professionisti

tecnici

manager

personale di sicurezza

clero

commercio

artigianato

occupazioni generiche

altri

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mentata in anni recenti sulla scia dei re-golamenti emanati dall’UE per tutelarsi darischi diffusi, come quello dell’uso delVDU (Visual Display Unit) e del loro trat-tamento manuale. Per andare incontro allerichieste dei nuovi regolamenti, gli im-prenditori hanno provvisto i manager pre-posti a queste apparecchiature e tutti gliaddetti di una preparazione generale ri-guardante la salute e la sicurezza sulluogo di lavoro (Industrial Society, 1995).

Come esempio dell’ultimo punto, puòvalere il fatto che Williams, in una recen-te indagine (1996) condotta nel settoredei trasporti del Regno Unito, ha rilevatoche un personale in grado di aggiornarsicon nuovi prodotti e nuovi servizi e disapere come usarli era considerato l’uni-ca ragione decisiva per mettere a dispo-sizione corsi di formazione.

Dench (1993) rilevò l’esistenza di un for-te legame tra cambiamento del posto dilavoro e opportunità di formazione. Nelsuo studio, molti degli imprenditori chemettevano a disposizione corsi di forma-zione, o li incrementavano, avevano in-trodotto cambiamenti nei processi lavo-rativi, nelle strutture organizzative, nelletecnologie e nelle apparecchiature impie-gate o nei prodotti e nei servizi forniti.Un aspetto comune e ricorrente nelle lorodichiarazioni a proposito di questi cam-biamenti stava nell’ esigenza, da essi av-

vertita, di migliorare gli standard di qua-lità.

Non è, tuttavia, soltanto la presenza diuna spinta al cambimento che sembra ri-vestire un’importanza in questo senso, maanche il modo in cui gli imprenditori rea-giscono al cambiamento. Dipende, in par-ticolare, dal fatto che adottino o meno,rispetto alla formazione da fornire,un’impostazione di tipo dinamico o stra-tegico oppure assumano un atteggiamentopiù pragmatico e mirato. Un buon nume-ro di studi in proposito (Felstead e Green,1993, Metcalf, 1994, Dench, 1993) trac-ciano una distinzione tra i due tipi diimpostazione come fattore decisivo del-l’offerta di formazione.

A Metcalf le aziende maggiormente strate-giche (vale a dire quelle che si sforzano ditenere sotto controllo il settore economi-co in cui operano e di anticiparne i cam-biamenti) parvero essere quelle che met-tevano a disposizione un maggior numerodi opportunità intrinsecamente formativee, in particolare, un maggior numero de-stinato a persone a un livello di occupa-zione inferiore. Mentre questo era in partedovuto al fatto che tali imprese vanno disolito incontro a maggiori cambiamenti nelmomento in cui riescono a rispondere almercato in modo dinamico, ciò rappresen-tava un riflesso della loro ferma convin-zione della necessità di un personale alta-mente specializzato e aggiornato, e dei be-nefici arrecati da tale aggiornamento.

Le strategie seguite dagliimprenditori nella forma-zione

Sulla base di una analisi condotta consul-tando gli studi apparsi sul tema e attra-verso i riscontri del nostro lavoro in que-sto campo, possiamo trarre alcune con-clusioni a proposito dell’atteggiamento difondo assunto nei confronti della forma-zione e dello sviluppo delle competenzedella forza lavoro da parte degli impren-ditori del Regno Unito. Si danno, grossomodo, quattro tipi diversi di imprendito-ri, che possono venire descritti come se-gue:

Imprenditori che non forniscono oppor-tunità di formazione - che, all’occorren-

Figura 4: Occupati che ricevono corsi di formazione col-legati al lavoro, in relazione all’età

Fonte: Labour Force Survey, 1993

Tutte le età 16-19 20-24 25-29 30-39 40-49 50-59 60-64*0

5

10

15

20

25

14,3

20,1

18,5

17,2

14,9

13,4

8,7

4,5

* Solo uomini

%

“Imprenditori che non for-niscono opportunità di for-mazione - che, all’occorren-za, forniscono ai loro ad-detti, se lo forniscono, unaddestramento limitato.”

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“Imprenditori che fornisco-no opportunità di forma-zione mirate o informali -che provvedono ad un ad-destramento di tipo conven-zionale per venire incontroad esigenze specifiche(…)”

“Imprenditori impegnati re-golarmente e sistematica-mente nella formazione -che, nei confronti della for-mazione, adottano un atteg-giamento più regolare, edanche più strategico (…)”

“Organismi di apprendi-mento - (…) organismi chemettono a disposizione deiloro addetti una serie dicorsi regolari di formazio-ne e di opportunità (sia at-titudinali che non).”

za, forniscono ai loro addetti, se lo forni-scono, un addestramento limitato. Essifanno assegnamento in modo massicciosull’esperienza già in possesso dei loroaddetti, i quali l’hanno acquisita nel cor-so degli anni, riuscendo a soddisfare gliobiettivi loro richiesti; e reclutando nuo-vi addetti già in possesso dei livelli dispecializzazioni necessari.

Imprenditori che forniscono opportunitàdi formazione mirate o informali - cheprovvedono ad un addestramento di tipoconvenzionale per venire incontro ad esi-genze specifiche, come l’introduzione diun nuovo procedimento o di una nuovatecnologia, o per venire incontro alle esi-genze di un nuovo assunto, oppure comeapprendistato sotto la guida degli addettipiù esperti. Mentre alcuni corsi di forma-zione possono condurre ad una qualifi-cazione, in questo contesto non è certola regola. Il resto di formazione che essimettono a disposizione è privo di pro-gramma e di convenzioni, contando suinterventi mirati condotti dagli addetti piùesperti. Questo gruppo è caratterizzato dacarenza di criteri convenzionali (ad esem-pio progetti formativi, sistemi di valuta-zione, ecc..) Alcuni corsi di formazioneche esso intraprende può, però, non es-sere esplicitamente connesso alle esigen-ze del mercato o del personale.

Imprenditori impegnati regolarmente e si-stematicamente nella formazione - che,nei confronti della formazione, adottanoun atteggiamento più regolare, ed anchepiù strategico, ed è più facile che dispon-gano di piani di formazione, di sistemiper identificarne la necessità e valutare iltipo di addestramento che essi dovrannomettere a disposizione. Si tratta appuntodi un misto tra formazione fuori del lavo-ro e sul lavoro, atta a venire incontro alleesigenze identificate. Manager del ramocosì come manager specializzati nella for-mazione vengono spesso coinvolti, insie-me agli addetti, per identificare i punti incui la formazione si rende necessaria eper meglio rispondere a questa necessi-tà.

Organismi di apprendimento - questo ter-mine è stato variamente usato per descri-vere una serie di criteri organizzativi (siveda Guest, 1995). Nel suo significato piùambizioso esso è connesso ad organismiin costante trasformazione ed evoluzio-

ne, dato che i loro addetti, in un lavorocontinuativo, imparano insieme ad adat-tarsi a nuove situazioni. Qui noi lo usia-mo in un significato più modesto, perdefinire organismi che mettono a dispo-sizione dei loro addetti una serie di corsiregolari di formazione e di opportunità(sia attitudinali che non). Essi contempla-no anche la possibilità che le competen-ze si acquisiscano anche tramite mezzimeno formali, come progetti, viaggi, con-sigli, così come con tecniche di appren-dimento a distanza. Essi tuttavia si distin-guono non soltanto nel quadro delle op-portunità di apprendimento che mettonoa disposizione, ma anche per la qualitàdelle loro proposte. Gli addetti imparanosia ad andare incontro al futuro che a ri-solvere le necessità del momento, sia aprovvedere al loro proprio miglioramen-to che alle richieste avanzate dal merca-to.

E’ ovvio che nessun imprenditore si rico-noscerà in modo perfetto in una dellequattro tipologie. Di fatto alcuni adotta-no differenti strategie a seconda dei di-versi gruppi di addetti, trattando, ad esem-pio, in modo diverso dagli altri addettiquelli che fanno parte del gruppo diri-genziale o del nucleo professionale. Tut-tavia, è facile che la maggioranza degliimprenditori britannici si riconosca in unodei due primi tipi. Una minoranza adottal’atteggiamento rappresentato dal terzotipo, come coloro che hanno adottato ilmodello “Investire sulle persone” (si vedasotto). Meno del 5% degli addetti lavorain organismi che hanno ottenuto lo statusdi ‘investitori’. Una minoranza è ancorain fase di messa a punto di un modelloorganizzativo di apprendimento, sebbe-ne siano molte le aziende, di tutte le di-mensioni, che pretendono di aspirarvi.

Implicazioni politiche

Abbiamo visto come, in Gran Bretagna,la formazione che ha come base il lavo-ro, sia prevalentemente diretta ad occu-pati a tempo pieno, giovani, e attivi insettori professionali e manageriali. Larghefasce di forza lavoro, in particolare quel-le composte da coloro che sono in pos-sesso di una specializzazione incompletao ne sono del tutto privi, godono di op-portunità di formazione professionale e

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di aggiornamento molto limitate. Questisettori occupazionali, comunque, appaio-no destinati ad una fase di declino. Inol-tre, una percentuale significativa dei set-tori lavorativi che rimangono è facile cheacquisisca un maggiore livello di compe-tenza. Circa la metà della manodopera,specializzata e non, avverte una doman-da crescente di specializzazione (PSI,1993). C’è, in particolare, una crescitadella “multi competenza”, con addetti con-siderati capaci di occuparsi sia di compitidi maggiore che di minor livello e di es-sere più sicuri di sè.

La risposta politica alla distribuzione de-gli attuali livelli di competenza tra la po-polazione adulta è concentrata su tre pia-ni.

Primo, il governo ha riformato il sistemadelle qualificazioni attitudinali e sta in-t roducendo le Nat ional Vocat ionalQualifications (NVQs) [Qualificazioni Pro-fessionali Nazionali]. Il nuovo sistema èvolto all’incremento della ripresa dellaformazione focalizzata sulla qualificazio-ne rendendo tale formazione più accessi-bile mediante l’aumento della trasferibilitàe dell’avanzamento tra le aree di compe-tenza e all’interno di esse. Tuttavia, la ri-presa della formazione per un individuocon un’istruzione tradizionale e sul luo-go di lavoro ha avuto, finora, un lentosviluppo.

D’altro canto, gli addetti alla formazionee le istituzioni scolastiche di istruzionesecondaria e superiore sono stati invitati,da imprenditori e persone singole, a ren-dersi più sensibili alle esigenze del mer-cato del lavoro e a rendere i loro corsipiù accessibili.

Secondo, il governo ha perseguito unapolitica di esortazione e semplificazioneusando strumenti come:

❏ National Targets for Education andTraining [Obiettivi Nazionali per l’Educa-zione e la Formazione] ivi compresiLifetime Targets [Obiettivi Permanenti] checoprano i livelli di competenze della for-za lavoro fino al 2000.

❏ Investors in People [Investire nellepersone] - un modello nazionale indiriz-zato alla formazione degli imprenditori eallo sviluppo di attività.

❏ National Training Awards [Premio Na-zionale di Formazione] - per conferire ri-conoscimento al carattere di eccellenzaed innovazione dimostrato dall’eserciziodella formazione lavorativa.

Per finire, vi sono molti interventi a ca-rattere limitato condotti dallo Stato percorreggere specifiche imperfezioni - cheriguardano sia gli imprenditori, per lo piùpiccole aziende, sia persone singole, chemettono a diposizione dispositivi di so-stegno come il Career Development Loans[Prestiti per lo Sviluppo della Carriera].

Lo Stato può avere un qualche motivo diconforto nel miglioramento, che si è re-gistrato in Gran Bretagna, degli indici diformazione nel corso degli ultimi diecianni, con una maggiore presenza di corsidi formazione e il raggiungimento di li-velli più elevati di specializzazione. Nonè tuttavia chiaro se tale progresso basti arenderne significativo l’impatto sullacompetitività complessiva del paese, sevada, per esempio, incontro ai NationalTargets [Obiettivi Nazionali] fissati per lafine millennio e, in particolare, si rivolgaalla polarizzazione esistente tra le oppor-tunità di apprendimento, la cui entità èseria e forse in aumento, e alle sue con-seguenze.

Incoraggiare ulteriori opportunità educa-tive e di addestramento focalizzate sullavoro è destinato ad apparire come unfattore decisivo nel quadro di ogni politi-ca futura. Questo significa incoraggiareun maggior numero di imprenditori adadottare un tipo di formazione a caratte-re più regolare e sistematico, o addirittu-ra una “impresa dell’apprendimento”. Datiche emergono dalle stime condotte sulsistema ‘Investire sulle Persone’ induco-no a ritenere che un atteggiamento simi-le avrebbe un effetto positivo sulla for-mazione delle categorie meno specializ-zate di lavoratori (Spilsbury, 1995).

Molte idee sono state discusse in propo-sito (ad esempio da Layard, 1994, daSenker, 1994). Esse sfociano in tre grandiaree:

❏ primo, un ritorno ad una qualche for-ma di imposizione, per mezzo della qua-le agli imprenditori sia richiesto di con-tribuire ad un fondo centrale destinato allaformazione, magari distinto per settori;

“Incoraggiare ulteriori op-portunità educative e di ad-destramento focalizzate sullavoro è destinato ad appa-rire come un fattore decisi-vo nel quadro di ogni poli-tica futura.”

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❏ secondo, un incoraggiamento a che gliimprenditori sviluppino il criterio ‘Inve-stire sulle persone’, per esempio median-te una sospensione delle tasse o una esen-zione dei prelievi ecc..

❏ terzo, e più recente, l’interesse politi-co è focalizzato sullo sviluppo del ‘torna-conto dell’apprendimento individuale’, alquale contribuiscono le persone singole,gli imprenditori e lo stato, e sul quale le

persone singole possono tendere ad in-vestire (per raggiungere, ad esempio, unaqualificazione professionale).

In mancanza di ulteriori miglioramentidelle condizioni e dei risultati della for-mazione nel Regno Unito, è verosimileche il prossimo governo, non importa diquale orientamento esso sarà, si trovi adesaminare almeno alcune di queste pro-poste.

“(…) e più recente, l’interes-se politico è focalizzato sul-lo sviluppo del ‘tornacontodell’apprendimento indivi-duale’, al quale contribui-scono le persone singole, gliimprenditori e lo stato, esul quale le persone singo-le possono tendere ad inve-stire (…).

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Le formazioni continuesu iniziativa individualein Francia: declino orinnovamento?La visione dell’evoluzione delle societàeuropee presentata nel Libro bianco del-l’Unione Europea “Apprendere ed inse-gnare: verso la società cognitiva” dàun’ampia priorità alle forme di appren-dimento, all’accesso alla competenza edalla conoscenza trattandole come questio-ni chiave di un adattamento di insiemedell’Europa alla globalizzazione dell’eco-nomia, ai cambiamenti tecnologici e so-ciali. Tale visione d’insieme comporta unorientamento politico: la formazione pertutto l’arco della vita. Questa formazionenon significa solo quell’insieme di formed’apprendimento, necessario per tutta ladurata della vita, costituito dalla forma-zione, dall’istruzione e dalle altre attivitàsociali ed economiche: essa assume anzidei connotati particolari.

In primo luogo il libro pone l’accento sullaresponsabilità, sulla motivazione e sull’ini-ziativa di tutti gli individui nella acquisi-zione di saperi e di competenze. L’indivi-duo deve divenire attore della propriaformazione, essere cioé capace di pren-dere delle iniziative e di fare le scelte cheritiene necessarie.

In secondo luogo la formazione per tuttol’arco della vita viene presentata dal Li-bro bianco come risposta o contropartitaalle trasformazioni in atto sul mercato dellavoro. Una maggiore flessibilità di talemercato e dell’occupazione in generecomporterebbe nell’ambito aziendale for-me di mobilità più frequenti ed un adat-tamento costante dell’individuo in termi-ni di competenze e saperi acquisiti.

Infine una moltiplicazione delle forme diacquisizione dei saperi è dovuto all’incre-mento quantitativo dell’informazione edelle relative tecnologie nell’ambito siadella società che della formazione (stru-menti multimediali di formazione). La for-

mazione per tutto l’arco della vita rap-presenterebbe quindi in un certo sensoun ideale, oggi sempre più facilmenteperseguibile grazie alle modalità di tra-sformazione delle vie di accesso all’infor-mazione ed alle conoscenze.

Intesa in questo senso, la formazione pertutto l’arco della vita è davvero una real-tà verso cui ci muoviamo? Le trasforma-zioni passate e presenti del mercato dellavoro e dei sistemi di formazione raffor-zano il ruolo dell’iniziativa individuale nel-l’accesso alla formazione professionalecontinua? Le evoluzioni in atto sul mer-cato del lavoro e l’incremento della fles-sibilità e della precarietà si abbinano dav-vero ad uno sviluppo delle formazioniprofessionali continue? In altri termini, laformazione per tutto l’arco della vita vie-ne promossa o invece frenata dal movi-mento reale dei sistemi di formazione edi occupazione? E se sì, in che cosa con-sistono questi ostacoli?

Il presente articolo tenta di rispondere aquesti interrogativi, limitandosi a prenderein considerazione il caso della Francia edosservando soprattutto l’evoluzione delruolo svolto dall’iniziativa individualenella formazione nonché il nesso inter-corrente tra il mercato del lavoro e la for-mazione professionale.

Il peso delle attività diformazione su iniziativaindividuale

Nel corso degli ultimi trent’anni la forma-zione professionale, iniziale o continua,ha conosciuto un notevole sviluppo inFrancia.

Jean-François GermeProfessore universitario al

Conservatorio nazionale dellearti e dei mestieri, Parigi.

François PottierResponsabile dell’osservatoriodegli studi e delle carriere delConservatorio nazionale del-

le arti e dei mestieri.

In Francia la formazioneprofessionale continua hasubito un notevole svilupponel corso degli ultimivent’anni. Questo sviluppoè stato promosso essenzial-mente grazie all’iniziativadello Stato nell’ambito del-la politica di inserimentoprofessionale. Il ruolo del-l’iniziativa individuale nel-l’accesso alla formazioneresta tuttora minoritario. Èparadossale constatare chela popolazione più mobile epiù integrata nel mercatodel lavoro ha un accessoalla formazione professio-nale più difficile della popo-lazione stabilmente inseri-ta in ambito aziendale. Ènecessario promuovere lecondizioni di occupazione el’offerta di formazione af-finché la formazione pertutto l’arco della vita sia ingrado di accompagnare oggii percorsi professionali cosìdiversificati della popola-zione attiva.

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Questo sviluppo della formazione profes-sionale continua si è iscritto nell’ambitodi un accordo stipulato fra le parti socialinel 1970 e recepito in una legge del 1971.Nel l ’ in tenzione del suo pr incipaleispiratore, Jaques Delors, la politica diformazione permanente che tale leggecerca di lanciare persegue soprattuttol’obiettivo di permettere “ad ogni uomoe a ogni donna di far fronte ai cambia-menti in atto ed a quelli più o menoprevedibili che si producono nella vitaprofessionale e di contribuire alla lottacontro la disparità di opportunità.”1

L’obiettivo dell’adattamento al cambia-mento passa attraverso l’obbligo di par-tecipazione delle aziende al finanziamentodella formazione professionale continua(legge del 1971): quest’obbligo tocca siale spese salariali che quelle pedagogichedurante i periodi di formazione (esse co-prono attualmente l’1,5% della massa sa-lariale lorda). Le aziende possono ottem-perare a quest’obbligo sia organizzandola formazione dei propri dipendenti nel-l’ambito del piano di formazione concor-dato con i rappresentanti del personaledell’azienda, sia versando ad un appositoorganismo la somma corrispettiva allapercentuale della massa salariale affinchévenga impiegato in misure di formazionea favore delle piccole e medie imprese.

Il secondo obiettivo perseguito, la paritàdi opportunità, viene raggiunto mediantela definizione del diritto individuale, dicui gode il singolo salariato, a seguire supropria iniziativa e durante l’orario di la-voro un corso di formazione. Questa mi-sura viene definita congedo individualedi formazione (CIF - legge del 1971): que-sto diritto offre ai salariati la possibilitàdi accedere a misure di formazione ester-ne all’azienda, senza peraltro interrompe-re il rapporto di lavoro e percependo siail proprio salario che un indennizzoforfettario delle spese di formazione. Al-tre misure sono state prese per favorirequest’obiettivo. Si tratta soprattutto del-l’offerta di formazione cosiddetta “di pro-mozione sociale” che, finanziata dallo Sta-to, propone corsi di formazione, soventesanciti da diploma, a cui i singoli posso-no liberamente partecipare anche duran-te l’orario di lavoro e per propria iniziati-va. I corsi di formazione superiore offertidal Conservatorio delle arti e dei mestieriin tutta la Francia costituiscono un esem-

pio di questo tipo. Le iniziative volte afavorire l’obiettivo della parità di oppor-tunità vengono proposte alle persone chenon hanno voluto o potuto seguire corsidi formazione iniziale e che pertanto sononella necessità di recuperare una forma-zione approfondita, professionale o ge-nerale. Questo tipo di formazione è ge-neralmente sancito da un diploma identi-co a quello relativo alla formazione ini-ziale e che dovrebbe in linea di massimagarantire all’interessato un significativoavanzamento professionale e sociale. Lapromozione sociale testimonia quanto siasempre più importante il ruolo svolto dalriconoscimento della formazione inizialenelle forme di accesso alle gerarchie del-le diverse categorie socioprofessionali.

Lo sviluppo della formazione profes-sionale continua

La legge del 1971 sulla formazione profes-sionale continua ha dinamizzato la forma-zione dei salariati per rispondere ai biso-gni di formazione delle aziende. Il nume-ro degli apprendisti finanziati dalle azien-de è raddoppiato in quindici anni: è pas-sato da due milioni nel 1980 a quattro mi-lioni di persone nel 1994. I flussi difinanziamento relativi sono molto impor-tanti: quarantasette milioni di franchi nel1994 (spese di funzionamento della for-mazione e remunerazione degli apprendi-sti). Queste spese rappresentano il 3,3%della massa salariale delle aziende checontano oltre dieci addetti: è una percen-tuale doppia rispetto a quella dell’obbligolegale. Ciononostante, si tratta soprattuttodi formazioni brevi o molto brevi (la du-rata media degli stages che rientrano neipiani di formazione delle aziende è di 42ore): esse si riferiscono soprattutto all’adat-tamento dei salariati ai posti di lavoro.

Parallelamente a questo sviluppo delleiniziative di formazione promosse dalleaziende è però registrabile un incremen-to del tasso di disoccupazione a partiredalla fine degli anni settanta: le crescentidifficoltà di inserimento professionale deigiovani hanno comportato uno sviluppodei programmi di formazione rivolti aigiovani ed agli adulti in situazione diprecarietà sul mercato del lavoro, su ini-ziativa dello Stato o delle regioni, cuipartecipano nel frattempo circa due mi-lioni di persone (un milione in più rispettoal numero dei partecipanti di quindici anni

“Questo sviluppo della for-mazione professionale con-tinua si è iscritto nell’ambi-to di un accordo stipulatofra le parti sociali nel 1970e recepito in una legge del1971.”

“La legge del 1971 sulla for-mazione professionale con-tinua ha dinamizzato laformazione dei salariatiper rispondere ai bisognidi formazione delle azien-de. (…) si tratta soprattut-to di formazioni brevi omolto brevi (…): (…) si ri-feriscono soprattutto al-l’adattamento dei salariatiai posti di lavoro.”

“Parallelamente (…) è (…)registrabile un incrementodel tasso di disoccupazio-ne a partire dalla fine de-gli anni settanta: le crescen-ti difficoltà di inserimentoprofessionale dei giovanihanno comportato uno svi-luppo dei programmi diformazione rivolti ai giova-ni ed agli adulti in situazio-ne di precarietà sul merca-to del lavoro, su iniziativadello Stato o delle regioni(…)”

1) “Genèse d’une loi et stratégie duchangement” (Genesi di una legge estrategia del cambiamento), JacquesDelors. Formazione-Lavoro N. 34.aprile-giugno 1991. CEREQ. Docu-mentation Française. p. 31.

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fa). I flussi finanziari in gioco sono im-portanti: 33,3 miliardi di franchi nel 1994.La durata media dei corsi di formazioneè più lunga che nei corsi di formazioneprecedenti: copre circa 280 ore.

Per quanto concerne la sola formazioneprofessionale continua, sono circa seimilioni (su una popolazione attiva di di-ciotto milioni) le persone che seguonoogni anni uno stage di formazione finan-ziato dallo Stato o dalle aziende.

Le formazioni su iniziativa individuale

Che ne è delle misure di formazione se-guite dagli adulti per propria iniziativa,al di fuori dell’orario di lavoro e median-te un congedo individuale di formazione?

I congedi individuali di formazione (CIF)interessavano nel 1994 38.200 persone. Ladurata media del congedo era di 1.075ore, mentre il costo medio era di 114.000franchi2. La popolazione adulta iscritta aduna misura di formazione su propria ini-ziativa è ben più numerosa di coloro chefruiscono di un congedo individuale diformazione. Può essere considerata pariad almeno mezzo milione di persone. Lavalutazione numerica è difficile e presup-pone un esame dei gruppi di riferimentodelle diverse istituzioni che operano at-tualmente nell’ambito della formazione.

Oltre 160.000 persone iscritte all’universi-tà (circa il 12% degli effettivi) sono adultiche seguono i corsi tradizionali dell’uni-versità o che sono iscritti a titolo persona-le ad uno stage di formazione continua.Al Conservatorio nazionale delle arti e deimestieri (CNAM) - che rappresenta il piùvecchio organismo di formazione superioredegli adulti (corsi serali) - sono iscritte ol-tre 90.000 persone a Parigi e nelle cinquan-ta sedi associate attive in provincia; nelcomputo sono compresi anche coloro chefrequentano gli istituti professionali spe-cial izzat i del Conservatorio stesso(PIEUCHOT 1996). I licei professionali delMinistero dell’Istruzione pubblica, collegatiin reti locali (le cosiddette GRETA), gesti-scono una parte importante della forma-zione degli adulti, operai o impiegati, pro-mossa su domanda delle aziende. Nel 1993hanno tuttavia registrato un’iscrizione dioltre 35.000 adulti su propria iniziativa.Anche diversi comuni organizzano corsidi formazione professionale. La città di

Parigi, ad esempio, organizza da decennicorsi serali nell’ambito di un’offerta diffe-renziata di attività professionali, culturalie artistiche. Questi corsi vengono frequen-tati negli ultimi anni da oltre 25.000 per-sone (NICOLAS e TREMBLAY, 1966). Nu-merose e diverse sono, infine, le organiz-zazioni culturali, professionali, sindacali opolitiche che gestiscono un numero con-sistente di ore di formazione per un pub-blico piuttosto diversificato. Le sole asso-ciazioni filotecniche di Parigi e degli im-mediati dintorni gestiscono la formazionedi oltre diecimila persone all’anno. Oltreduecentomila persone sono iscritte, perpropria iniziativa, a corsi per corrispon-denza organizzati dal Centro nazionale diistruzione a distanza (CNED). Si tratta ingenere di giovani che, avendo lasciatoanzitempo il sistema dell’istruzione dell’ob-bligo, desiderano recuperare onde perse-guire un diploma di istruzione superioreo partecipare ad un concorso tenuto dallapubblica amministrazione.

Sei milioni di persone da un lato e mezzomilione dall’altro: il peso relativo dellaformazione continua su iniziativa indivi-duale nell’insieme delle misure di forma-zione continua è debole ed in diminuzio-ne. Mentre nel 1980 questo secondo grup-po corrispondeva al 25% di coloro chefrequentavano uno stage, oggi esso cor-risponde solo all’8% (BERTON, 1996).

Questo mezzo milione di persone si di-stingue sovente in modo chiaro tra colo-ro che sono iscritti a misure di formazio-ne aziendale o che seguono programmivolti a superare la disoccupazione. Si trattadi un gruppo di persone particolarmentemobile sul mercato del lavoro. L’accessoa questo tipo di formazione avviene esclu-sivamente in base ad un’iniziativa perso-nale; i motivi di iscrizione ai corsi di for-mazione non possono essere compresiche in riferimento al progetto professio-nale del singolo, basato sull’utilizzo dellaformazione come risorsa di affermazioneprofessionale. È ovvio che l’iniziativa in-dividuale può svolgere talvolta un ruolonell’ambito delle misure di formazionefinanziate dalle aziende e nel quadro deicorsi di formazione previsti dai program-mi di lotta contro la disoccupazione. Que-sto ruolo rimane tuttavia marginale. So-prattutto per quanto concerne le forma-zioni relative alla gestione delle risorseumane nelle aziende, l’obiettivo prioritario

2) Il CIF ha riguardato 21.000 personel1986, 25.600 nel 1990 e 30.000 nel1992.

“(…) il peso relativo dellaformazione continua su ini-ziativa individuale nell’in-sieme delle misure di for-mazione continua è deboleed in diminuzione.(…) L’ac-cesso a questo tipo di for-mazione avviene esclusiva-mente in base ad un’inizia-tiva personale; i motivi diiscrizione ai corsi di for-mazione non possono esse-re compresi che in riferi-mento al progetto profes-sionale (…)”

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perseguito è l’adattamento più ampiopossibile ai bisogni dell’azienda ed alposto di lavoro occupato dall’iscritto allamisura formativa. Questi corsi vengonotenuti solo di rado in funzione dei biso-gni emergenti dai percorsi professionaliindividuali. Il ruolo dell’iniziativa indivi-duale è più importante soprattutto perquanto concerne le misure formative pro-mosse nell’ambito delle politiche connes-se all’occupazione. Quest’ultime però pre-vedono una condizione di partecipazio-ne: la disoccupazione. Possono quindiaccompagnare la vita professionale soloin modo puntuale ed in una situazione diemergenza.

Se è vero quindi che i mezzi investiti nellaformazione continua non sono comples-sivamente aumentati in percentuale con-siderevole nel corso degli ultimi vent’an-ni, è anche vero che essi hanno registratoun leggero incremento nell’ambito dellemisure di formazione attivate su iniziativaindividuale, divenute però secondarie nel-l’ambito complessivo della formazione pro-fessionale continua. Quest’ultima si è svi-luppata soprattutto secondo due modali-tà: la prima è quella di una formazionepromossa dalle aziende, l’altra è inerentealle politiche di sostegno pubblico delleattività di inserimento professionale o dilotta contro la disoccupazione.

L’interfaccia tra formazio-ne, mercato del lavoro edoccupazione

Lo sviluppo della formazione continua inFrancia, a cui s’é fatto cenno, è collateralead analoghi processi di trasformazione delruolo che la formazione ha svolto rispet-to al mercato del lavoro ed all’occupa-zione.

Azienda e formazione continua

La legge del 1971 attribuisce un ruoloimportante all’azienda. Nel corso deglianni ottanta si è assistito all’attuazione diprogrammi di formazione che sono statigestiti in modo piuttosto rigoroso da par-te delle aziende. Queste ultime cercanodi incrementare progressivamente l’effi-cacia di queste misure, come dimostra iltermine “formazione-investimento”. Losforzo delle aziende si è rivolto soprat-

tutto alla definizione di obiettivi precisidi formazione: questa definizione vieneelaborata in base ad un’analisi dei postidi lavoro, delle competenze richieste edelle competenze di cui invece dispon-gono gli addetti. L’affermarsi della con-correnza ed i limiti posti dalla compe-titività delle aziende hanno provocato nonsolo un incremento della spesa, ma han-no anche rafforzato il ruolo economicodella formazione, percepita sempre piùcome fattore di efficacia industriale, ingrado quindi di favorire un adattamentodella manodopera alle evoluzioni dellequalifiche indotte dalle trasformazioni tec-nologiche, dalla modifica dell’organizza-zione della produzione e dall’imperativodella qualità. Questa finalizzazione eco-nomica della formazione, piuttosto diffu-sa nei paesi industrializzati, s’é appoggiatasoprattutto sull’azione delle aziende, atti-ve grazie anche agli obblighi loro impo-sti dalla legge del 1971 in materia di for-mazione professionale. Ne è risultato unosviluppo dei corsi di formazione profes-sionale continua volti soprattutto a forni-re alla manodopera corsi di aggiornamen-to nel breve termine e a far fronte allaristrutturazione occupazionale dell’azien-da: si tratta sostanzialente di corsi di per-fezionamento delle competenze e di qua-lifiche specifiche. I corsi di formazionepromossi su iniziativa aziendale sono di-venuti più brevi: sono stati organizzati inmodo tale da scartare o marginalizzaresempre più l’iniziativa individuale dei sa-lariati onde garantire un raccordo parti-colarmente intenso tra formazione edoccupazione nell’ottica della produzionee sotto il controllo dell’azienda. Gli orga-nismi professionali di categoria hannocontribuito poi ad organizzare un’offertadi formazione capace di rispondere aqueste esigenze nel breve termine. Perquanto concerne poi i bisogni nel medioperiodo, questi organismi hanno insistitosoprattutto sull’offerta di formazione pro-fessionale iniziale. La gestione della for-mazione da parte delle aziende, maggior-mente finalizzata e connessa agli interes-si economici del breve termine, ha indot-to ad escludere dall’impresa ogni tipo diformazione rispondente a progetti profes-sionali del medio periodo o che non silasciassero iscrivere in obiettivi di imme-diata scadenza. Questa situazìone creauna rottura rispetto al passato. Venticin-que anni or sono, quando venne varatala legge del 1971, vi era ancora un margi-

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ne di negoziato sufficiente tra le aspetta-tive del salariato e quelle del datore dilavoro su tutto quanto toccasse i tempi disviluppo del rapporto contrattuale: suquesta base era possibile negoziare circala disponibilità delle risorse finanziarieche l’azienda doveva erogare per legge.Quest’orizzonte comune non esiste più,sicché le risorse finanziarie sono ora ge-stite soprattutto dal datore di lavoro.

In definitiva, per esprimerci in termini unpo’ caricaturistici, si può affermare che l’or-ganizzazione attuale della formazione con-tinua da parte delle aziende facilita la for-mazione per la manodopera fornita di unrapporto contrattuale più stabile, quellamaggiormente qualificata delle imprese piùgrandi e quella in grado di adattare quali-fiche più specifiche che trasversali evalorizzabili sul mercato del lavoro.

Il luogo di formazione - promozione -mobilità

Il fatto più rilevante nel lungo periodo ècostituito dal progressivo rallentarsi delraccordo sinora esistente tra la formazio-ne e le prospettive di mobilità professio-nale ascendente. Agli inizi degli anni set-tanta il 55% dei salariati che avevano otte-nuto una formazione di tipo aziendalegodevano di una prospettiva di mobilitàprofessionale ascendente (cambiamento dicategoria professionale, assunzione di re-sponsabilità gerarchica) derivata appuntodalla formazione perseguita. Nel 1993 que-sta percentuale tocca solo il 9% (PODEVIN,1995). Questo scadimento del raccordo èrilevabile anche per quanto concerne lamanodopera che abbia seguito corsi diformazione su propria iniziativa. Verso lafine degli anni sessanta il 35% dei salariatiche avessero seguito questo tipo di for-mazione hanno avuto una possibilità diavanzare nella carriera: oggi sono solol’11%. Sempre più numerosi sono invece igiovani salariati che utilizzano questo tipodi formazione per trovare o ritrovare un’oc-cupazione: mentre 25 anni or sono eranoil 3%, sono ora il 17%.

Il rapido incremento del numero dei rap-porti di lavoro precario (contratti a dura-ta determinata, interim) e la trasformazio-ne della struttura dei posti di lavoro (for-te diminuzione dell’occupazione indu-striale, aumento dei posti di lavoro nelterziario) hanno comportato una forte cre-

scita delle forme di mobilità professiona-le indotta. Tra il 1980 ed il 1985 quattromilioni e mezzo di salariati hanno cam-biato di impresa, mentre tra il 1980 ed il1985 essi erano solo tre milioni e mezzo.Queste forme di mobilità indotta colpi-scono soprattutto la manodopera giova-nile e la manodopera occupata preceden-temente in settori che siano stati oggettodi pesanti ristrutturazioni. Tra il 1988 edil 1993 hanno subito questa forma dimobilità il 19% della manodopera d’etàinferiore ai 45 anni ed il 38% degli addet-ti in aziende private (Fonte: Inchiesta sullaformazione e sulla qualifica professiona-le promossa dall’INSEE, 1993).

Paradossalmente questi gruppi maggior-mente esposti alla mobilità sono quelli chehanno reali difficoltà di accesso alla for-mazione continua. Tra il 1988 ed il 1993a beneficiare di una formazione di tipoaziendale sono stati il 42% dei salariatidipendenti da un’impresa del settore pub-blico, il 29% di quelli rimasti in un’azien-da privata e solo il 21% di quelli che han-no cambiato di azienda.

Queste modifiche del rapporto tra mobili-tà, formazione e promozione sono ampia-mente spiegabili grazie alle trasformazio-ni subite dal mercato del lavoro. I segmentidei mercati interni del lavoro connessi alleaziende che operavano questo tipo di pro-mozione basata sulla formazione perdonosempre più di importanza rispetto agliomologhi segmenti dei mercati esterni. Perpoter accedere ad un posto di lavoro ènecessario far fronte sempre più alla con-correnza tra i salariati della singola azien-da e la manodopera in cerca di occupa-zione. Le vie di accesso diretto ai diversilivelli della gerarchia nell’ambito aziendalesono divenuti sempre più numerosi quan-to più abbondante e crescente è il nume-ro dei diplomati che possono oggi acce-dere, grazie ad una formazione inizialeesterna all’azienda, a tutti i livelli direttivi.I percorsi tradizionali di mobilità in ambi-to aziendale tendono ad inaridirsi a van-taggio dei reclutamenti diretti sul mercatodel lavoro. Ne risulta un indebolimento delraccordo esistente tra la formazione pro-fessionale continua e la promozione.

Formazione e disoccupazione

La situazione economica ed il controllodella formazione professionale continua

“(…) l’organizzazione at-tuale della formazione con-tinua da parte delle azien-de facilita la formazioneper la manodopera fornitadi un rapporto contrattua-le più stabile, quella mag-giormente qualificata delleimprese più grandi e quel-la in grado di adattare qua-lifiche più specifiche chetrasversali e valorizzabilisul mercato del lavoro.”

“Il rapido incremento delnumero dei rapporti di la-voro precario (…) e la tra-sformazione della struttu-ra dei posti di lavoro (…)hanno comportato una for-te crescita delle forme dimobilità professionale in-dotta.”

“Paradossalmente questigruppi maggiormente espo-sti alla mobilità sono quelliche hanno reali difficoltà diaccesso alla formazionecontinua.”

“I percorsi tradizionali dimobilità in ambito azien-dale tendono ad inaridirsia vantaggio dei reclutamen-ti diretti sul mercato del la-voro. Ne risulta un indebo-limento del raccordo esi-stente tra la formazioneprofessionale continua e lapromozione.”

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da parte delle aziende contribuiscono amarginalizzare l’iniziativa individuale dellamanodopera e le cosiddette formazionidi promozione sociale; ciononostante, loStato non ha compensato questo proces-so evolutivo a causa delle restrizioni im-poste dalla disoccupazione e dalla diffi-coltà di inserimento professionale dei gio-vani. Ciò ha comportato un significativosviluppo delle misure di formazione pro-fessionale continua sostenute dallo Stato,ma finalizzate a rispondere a situazionidi urgenza e a relativizzare le misure ac-cessibili su iniziativa individuale. Le re-strizioni di bilancio a cui lo Stato deve farfronte hanno fatto sì che vengano a man-care in tutto od in parte forme di soste-gno della formazione attivata su iniziati-va individuale.

Formazione ed iniziativaindividuale

La formazione professionale continua hasubito, in termini globali, un notevoleincremento a partire dall’inizio degli annisettanta; tale sviluppo si è tuttavia abbi-nato ad una profonda trasformazione.Questo movimento di insieme non provadunque un orientamento della formazio-ne continua del tipo previsto comeprioritario in ambito europeo. Sembra chele persone che hanno seguito una forma-zione per propria iniziativa siano menonumerose che in passato. I dispositivi cre-ati su iniziative delle pubbliche ammini-strazioni o delle parti sociali sono stagnan-ti o regrediscono, le iniziative delle partisociali non comportano che dei risultatiridotti. La formazione per tutto l’arco dellavita sembra pertanto basarsi su un dupli-ce paradosso: da un lato, la stabilità delposto di lavoro favorisce la formazione ela mobilità, mentre d’altro lato la forma-zione professionale continua rappresen-ta sempre meno un mezzo di affermazio-ne nella vita professionale. Di fatto ci siallontanerà dalla prospettiva di una for-mazione per tutto l’arco della vita quantopiù ci si avvicinerà ad essa.

Sono fatti ampiamente provati. Una do-manda di formazione da parte dei singoliindividui nel corso della loro vita attivaesiste e continuerà ad esistere: ciono-nostante, ha cambiato di natura perché èstata abbinata a diversi percorsi profes-sionali.

Percorsi professionali e formazione

Diverse sono le ragioni per cui gli indivi-dui seguono una formazione utilizzandoil proprio tempo individuale e le propriepersonali risorse finanziarie. Lo prova lostudio dei gruppi di persone iscritte a corsidi formazione per propria iniziativa nelleistituzioni precedentemente citate (COR-REIA, 1996, FOND-HARMAT, 1996).

Negli anni sessanta e settanta i singoliindividui si sono dovuti confrontare conla necessità di seguire un corso di forma-zione durante la propria vita attiva perpoter perseguire una significativa promo-zione professionale. Ottenere un diplo-ma del livello più elevato possibile costi-tuiva in questi anni l’obiettivo principalepoiché si riteneva che il diploma consen-tisse l’accesso ad una categoria profes-sionale superiore. L’archetipo era costi-tuito dalla promozione del tecnico ad in-gegnere mediante il diploma di ingegne-re ottenuto con un corso di formazionecontinua. Questi percorsi formativi fina-lizzati alla promozione sociale o profes-sionale così come venivano intesi nel cor-so degli anni sessanta e settanta sono di-venuti minoritari (TERROT 1983, THILLIER1977), mentre erano ancora dominantivent’anni or sono. Essi corrispondono ineffetti al modello industriale di quelventennio. I modi di gestione della ma-nodopera, basati su una notevole stabili-tà dell’occupazione, erano allora favore-voli alla mobilità promozionale internaalla grandi aziende o a quella esterna deimercati del lavoro e delle professioni. Ladurata della formazione - che poteva pro-trarsi per anni, dato l’abbinamento di for-mazione e attività lavorativa - non rap-presentava un ostacolo per nessuno, dateappunto questa stabilità del rapporto la-vorativo e le elevate prospettive di pro-mozione professionale indotta da unaadeguata formazione.

Questo modello ha dato luogo ad unmercato del lavoro più flessibile e carat-terizzato dalla presenza prevalente dellepiccole imprese o dalla preponderanza diun terziario in forte crescita: si afferma diriflesso una gamma di nuovi percorsi pro-fessionali e di nuove forme di utilizzodella formazione.

Per alcuni salariati l’orizzonte della car-riera professionale si è notevolmente ri-

“La situazione economicaed il controllo della forma-zione professionale conti-nua da parte delle aziendecontribuiscono a margina-lizzare l’iniziativa indivi-duale della manodopera ele cosiddette formazioni dipromozione sociale; cio-nonostante, lo Stato non hacompensato questo proces-so evolutivo a causa dellerestrizioni imposte dalladisoccupazione e dalladifficoltà di inserimentoprofessionale dei giovani.”

“Di fatto ci si allontaneràdalla prospettiva di unaformazione per tutto l’arcodella vita quanto più ci siavvicinerà ad essa.”

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stretto poiché il singolo può programma-re sempre meno la propria carriera ed ilproprio percorso professionale nel lungoperiodo. Sempre più numerosi sono per-tanto gli individui che si danno degliobiettivi di breve scadenza. La formazio-ne continua da loro seguita si aggregaattorno a questi obiettivi. Una volta che liabbiano raggiunti, se ne danno degli altri- il che li induce a frequentare un diversotipo di formazione: quello ritenuto comeil più valido ai fini dell’affermazione pro-fessionale.

Per altre persone, sovente i giovani sala-riati, il flusso dei contenuti di attività pro-fessionale inerente alla rapida trasforma-zione dei posti di lavoro comporta, comeconseguenza, una successione di espe-rienze professionali deludenti. La forma-zione diviene allora un tentativo di ricer-ca ed un espediente per ottenere l’attivi-tà professionale più interessante.

L’innalzamento costante, particolarmenterapido a partire dall’inizio degli anni no-vanta, del livello della formazione inizia-le dei giovani che lasciano il sistema diformazione ha contribuito a far vacillarele condizioni di accesso alle diverse cate-gorie sociali. Molti giovani adulti ne han-no dedotto che si stia affermando sem-pre più uno scadimento del rapporto traformazione seguita e posto di lavoro oc-cupato. Seguire una formazione significaallora ricorrere ad un mezzo per opporsia questo relativo scadimento, di cui sisentono vittime.

Per alcuni salariati, infine, il fatto di se-guire una formazione non è finalizzatoad un utilizzo immediato. Queste perso-ne formano un gruppo animato da moti-vazione eterogenee. Alcuni avvertono cheil loro posto di lavoro è minacciato, altridesiderano perseguire una migliore posi-zione nel loro ambito professionale. Pertutti però la formazione rappresenta unostrumento di accumulo di conoscenze cheessi intendono trasformare in comptenzeprofessionali nella circostanza richiesta.

Iniziativa individuale e nuovo merca-to del lavoro

Questo tipo di ricorso ai percorsi forma-tivi e di utilizzo della formazione non ènuovo; nuova è invece l’accresciuta im-portanza che essi detengono in questi

ultimi dieci anni. Le traiettorie relativa-mente rettilinee di promozione sociale eprofessionale di lunga durata vengonoora sostituite da traiettorie diverse e talida comportare percorsi formativi mag-giormente articolati in termini di durata,di organizzazione e di contenuto. Tra lamanodopera provvista di contratti di la-voro maggiormente garantiti ed i gruppiin situazione di precarietà occupaziona-le, ma che possono fruire di finanzia-menti pubblici da parte dello Stato e delleRegioni, si é progressivamente articola-to uno spazio molto importante: que-st’ambito è abitato da una popolazioneattiva, particolarmente mobile sul mer-cato del lavoro ma che trova particolaridifficoltà di accesso alla formazione pro-fessionale continua. Questo gruppo dipersone diviene sempre più l’utente pri-vilegiato delle misure formative seguitesu iniziativa individuale e precedente-mente descritte; la popolazione attivamaggiormente stabile in termini occupa-zionali è invece sempre più estranea atali iniziative.

L’osservazione delle traiettorie professio-nali e dei percorsi formativi seguiti dallepersone che si perfezionano per autono-ma iniziativa prova una ristrutturazionedelle motivazioni attinenti l’utilizzo dellaformazione. L’atteggiamento dei gruppiche seguono questi corsi di formazioneriflette le trasformazioni in atto sul mer-cato del lavoro ed i nuovi ruoli che vipossa svolgere la formazione nel consen-tire ai singoli la realizzazione dei rispetti-vi progetti professionali. Le diverse for-me di utilizzo della formazione da partedei singoli segnala quindi l’esistenza dibisogni di formazione che non derivanoné dalle esigenze immediate delle azien-de, né da quelle dei gruppi maggiormen-te esposti ad una situazione di precarietàoccupazionale e che non possono quindiessere soddisfatti né dalle misure forma-tive promosse dalle aziende, né da quel-le attivate nell’ambito dei programmi dilotta contro la disoccupazione. Questibisogni derivano dalle trasformazioni delmercato del lavoro e dall’evoluzione del-l’incidenza della formazione sulla mobi-lità professionale. Per i singoli non si trattasolo di ottenere una promozione profes-sionale nell’ambito della singola aziendaed in riferimento ad un rapporto di lavo-ro stabile, quanto invece di attivare la ri-cerca di un posto di lavoro migliore o

“L’osservazione delle traiet-torie professionali e deipercorsi formativi seguitidalle persone che si perfe-zionano per autonoma ini-ziativa prova una ristrut-turazione delle motivazioniattinenti l’utilizzo della for-mazione.”

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maggiormente consono alle proprie aspi-razioni in termini di salario, di condizio-ni di lavoro, di interesse personale, ecc.Si tratta inoltre di gestire la propria mobi-lità e la propria evoluzione professiona-le, di valutare i rischi e le opportunità delmercato del lavoro, di utilizzare le risor-se disponibili: il tempo, il danaro, l’offer-ta di misure formative accessibili nonchéle eventuali fonti di finanziamento pub-blico.

Gli ostacoli allo sviluppodella formazione per tuttol’arco della vita

La popolazione che è maggiormente in-tegrata nei processi evolutivi del mercatodel lavoro e quella caratterizzata da mag-giori forme di mobilità professionale re-gistrano una maggiore presenza sul mer-cato stesso, ma provano difficoltà sem-pre più consistenti nell’accedere alle mi-sure di formazione - difficoltà dovute so-prattutto ad una ristrutturazione orga-nizzativa di quest’ultime. Tale dinamica èdovuta probabilmente alle difficoltàfrapposte all’iniziativa autonoma di acces-so alla formazione. Si tratta di ostacoli ditre tipi: le condizioni di occupazione, l’of-ferta di formazione e il rapporto intercor-rente tra la formazione e l’occupazione.

Le condizioni dell’occupazione si sonoevolute nel corso degli ultimi quindicianni in modo tale da rendere sempre piùdifficile l’autonoma partecipazione delsingolo alle misure formative. Ciò è do-vuto a più ragioni. Le difficoltà connesseal lavoro sono cresciute notevolmente,come provano le diverse inchieste dispo-nibili. Sono diminuite le forme di orarioflessibile concesse agli addetti delle azien-de per permettere loro la partecipazionea misure di formazione. Il duplice sforzorichiesto dalla partecipazione ad una mi-sura formativa e dall’orario di lavoro rap-presenta oggi un ulteriore ostacolo, no-nostante i tempi di lavoro siano diminui-ti. La possibilità che vi sia una ripresa dellaformazione promossa su iniziativa indivi-duale è condizionata dall’emergere dinuove forme di compromesso tra l’inizia-tiva individuale e l’iniziativa aziendalevolta ad abbinare l’attività formativa aquella lavorativa.

L’offerta di formazione continua esisten-te è sovente poco adatta a favorire misu-re di formazione finalizzate a percorsiprofessionali diversificati. La polarizza-zione dell’offerta tra un insieme di for-mazioni diplomanti di lunga durata ed unaserie di formazioni di breve durata, laspecificità dei curricoli proposti ai singo-li individui animati da bisogni divergenti,il mancato riconoscimento dell’esperien-za professionale acquisita ed altri fattorimostrano quanto siano reali le carenzedell’offerta. Ciononostante, vi sono misu-re che vengono tuttora promosse, sia purelentamente: lo sviluppo di percorsi for-mativi modulari, l’attuazione di percorsipersonalizzati, lo sviluppo delle proceduredi convalida di curricoli accademici o pro-fessionali, l’organizzazione della forma-zione al di fuori o nell’ambito dell’orariodi lavoro, lo svi luppo di forme difinanziamento dell’orientamento profes-sionale. Tutto ciò scuote in effetti un’or-ganizzazione della formazione continuain Francia che aveva tuttavia avuto fun-zione di modello rispetto alla formazioneiniziale.

Si può temere che un altro ostacolo, benpiù difficile da superare, si frapponga allosviluppo della formazione nell’arco dellavita professionale: il raccordo esistente trala formazione e l’occupazione. Un primoaspetto di questo raccordo è dovuto alruolo preponderante attribuito al diplo-ma ed alla formazione iniziale nelle rap-presentazioni sociali e nella prassi diassunzione delle aziende, soprattutto perquanto concerne le prospettive di affer-mazione professionale dei singoli. Il di-ploma di formazione iniziale svolge unruolo di filtro essenziale in ogni forma diaccesso ad una categoria sociale e ad unacategoria professionale. La formazionecontinua ed i suoi diplomi vengono inte-si unicamente come “vie di soccorso”,come “una possibilità di recupero” di cuistanno però scadendo sia il ruolo che ilvalore sul mercato del lavoro. L’investi-mento ritenuto maggiormente efficace èsoprattutto quello realizzato nella forma-zione iniziale.

Un altro aspetto del raccordo esistente trala formazione e l’occupazione consistenelle relazioni tra un livello di formazio-ne ed un livello di occupazione, tra l’usodella formazione continua e le prospetti-ve di promozione, tra il livello di forma-

“Le condizioni dell’occupa-zione si sono evolute nelcorso degli ultimi quindicianni in modo tale da rende-re sempre più difficile l’au-tonoma partecipazione delsingolo alle misure for-mative.”

“(…) nelle relazioni tra unlivello di formazione ed unlivello di occupazione, tral’uso della formazione con-tinua e le prospettive dipromozione, tra il livello diformazione ed il minore ri-schio di disoccuppazione.(…) tendono a divenire con-fuse. (…) Non si può esclu-dere per i prossimi anniuna crisi di fiducia nel-l’utilità e nell’interesse del-la formazione, a prescinde-re dalle sue forme.”

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lità e nell’interesse della formazione, aprescindere dalle sue forme.

Gli ostacoli che si frappongono ad unaformazione destinata a durare per l’inte-ro arco della vita sono dunque partico-larmente importanti. Sono probabilmen-te divenuti più consistenti nel corso degliultimi decenni. Particolarmente difficilesarà quindi il compito di operare un’in-versione di rotta e di riequilibrare il siste-ma francese per restituire un ruolo piùsignificativo all’iniziativa individuale inmateria di formazione.

zione ed il minore rischio di disoccu-ppazione. Tutte queste relazioni tendonoa divenire confuse. Le possibilità di avan-zamento di carriera in un’azienda sonoridotte; ciononostante, la formazione èsovente percepita come forma di difesadalla disoccupazione. Sta aumentando loscarto esistente tra ciò che un salariatopuò aspettarsi da un corso di formazionein termini di carriera ed i bisogni espressidal datore di lavoro per adattare lo stru-mento della produzione o l’organizzazio-ne del lavoro. Non si può escludere per iprossimi anni una crisi di fiducia nell’uti-

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Il modello tedescodella relazione traformazione professio-nale continua epromozione:i suoi punti forti e i suoirischi nella prospettiva dellaformazione per tutto l’arcodella vita

La formazione lungo tuttol’arco della vita e le espe-rienze fatte nei primi de-cenni del secondo dopo-guerra - l’obiettivo delpresente contributo

A partire dal 1945 la promozione profes-sionale e sociale ha rappresentato il gran-de fattore propulsore che ha attivato trale generazioni del secondo dopoguerrauna straordinaria attività di formazionecontinua, senza la quale sarebbe statoimpossibile sostenere la ricostruzione ela modernizzazione delle economie e del-le società europee. La ristrutturazionedell’economia e la necessità di riquali-ficare la manodopera ci confrontano oggicon una sfida gigantesca com’é appuntoquella costituita dalla formazione lungotut to l ’arco del la v i ta ; abbiamo alcontempo la chiara consapevolezza dinon poter oggi disporre né della moti-vazione, né delle risorse finanziarie ne-cessarie per realizzarla. In questa situa-zione sembra opportuno chiedersi comesi sia sviluppata in passato la relazionetra formazione e promozione e quali si-ano le conseguenze da trarre in riferi-mento agli attuali bisogni di riqualifica-zione.

Il presente articolo1 si propone di esami-nare questi problemi analizzando soprat-tutto la realtà della Repubblica Federaledi Germania. L’attenzione viene portata so-prattutto sul rapporto tra formazione e pro-mozione della manodopera occupata: larelazione riveste oggi un ruolo prioritarioove si tenga conto della necessità di sod-disfare i bisogni di riqualificazione di que-sto tipo di manodopera.

Il processo di mobilizzazione di attivitàdi formazione nella prospettiva della pro-mozione, espresso dall’idea di migliora-mento delle condizioni di affermazioneprofessionale di gruppi sinora posti in si-tuazione di svantaggio (si tenga presentelo slogan di una generalizzata parità diopportunità) è comune, a quanto pare, atutti i paesi europei - in particolare peròalla Francia ed alla Germania. La stessaosservazione vale per quanto concernel’obiettivo politico di un sostegno istitu-zionale e finanziario dei dispositivi chedovrebbero consentire su vasta scala unapromozione basata sulla formazione; que-st’obiettivo può essere sintetizzato nellaformula “sviluppo delle classi medie sa-lariate”. Ciononostante, le forme concre-te di regolamentazione e di gestione diquesti processi di mobilità hanno presen-tato aspetti completamente diversi. Si puòanzi parlare di diversi modelli nazionali

Ingrid DrexelStudi di sociologia,economia politica epsicologia sociale aMonaco. A partiredal 1973 lavori diricerca presso l’ISF di

Monaco sulle questioni empi-riche e teoriche attinenti laformazione professionale e lequalifiche, in particolare sul-le relazioni esistenti tra i si-stemi di istruzione e quelli dioccupazione di diversi Paesi.

A partire dal 1945 la promo-zione professionale è statail grande motore di un con-sistente sviluppo della for-mazione continua, senzacui la ricostruzione e lamodernizzazione delle eco-nomie europee sarebbe sta-ta impossibile. Ci vediamoconfrontati oggi con unasfida di notevoli dimensio-ni, costituita dalla riqualifi-cazione della manodopera:l’espressione “formazionelungo tutto l’arco della vita”è indice di tale situazionepiù sotto forma di sloganche di programma. In rife-rimento a questo contestogenerale il presente artico-lo analizza, in base all’esem-pio della Germania, la rela-zione tra formazione conti-nua e promozione e tenta ditrarne qualche conclusionein riferimento alla situazio-ne attuale. A quanto pare, ènecessario sviluppare unnuovo contesto tra questidue elementi integrando,nel quadro di strutturemeno gerarchizzate all’in-terno delle aziende, i duefattori che possano svilup-pare in modo determinan-te una strategia della pro-mozione: il miglioramentoe la trasformazione dellasituazione professionalenonché alcuni schemi di“carriera in diagonale” chepossano utilizzare nuovipercorsi formativi.

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di sviluppo delle relazioni esistenti tra laformazione e la promozione, date le di-versità che li hanno distinti sempre piùgli uni dagli altri nel corso dei primi qua-rant’anni del secondo dopoguerra. Nelcorso dei dieci anni seguenti le differen-ze si sono tuttavia stemperate, soprattut-to per quanto concerne il modello tede-sco tradizionale, sottoposto a progressi-va erosione a partire dalla seconda metàdegli anni ottanta.

Il presente articolo descrive anzitutto glielementi che caratterizzano principalmen-te la relazione tra formazione e promo-zione, i diversi rischi che la investono at-tualmente e che la potrebbero porre inquestione in un prossimo futuro. Vi ven-gono infine svolte delle riflessioni sullariorganizzazione e la rivitalizzazione diquesta relazione nella prospettiva di unaformazione lungo tutto l’arco della vita.

Destinato soprattutto ad un pubblico dilettori non tedeschi, il presente articolopuò unicamente abbozzare un quadropiuttosto schematico. Per ragioni di chia-rezza e di spazio si concentra sul settorepiù importante per la nostra questione:le qualifiche di cui abbisognano soprat-tutto i gruppi degli operai specializzati,dei tecnici, dei quadri e degli ingegneri.I dati statistici disponibili per la Repub-blica Federale di Germania e relativi alpassato più o meno lontano non sonodifferenziati; i nuovi dati provengono in-vece da fonti diverse, i cui limiti non pos-sono essere discussi: il presente articolosi limita pertanto a delineare le grandilinee evolutive del rapporto tra una for-mazione professionale continua2, ambi-ziosa e di lunga durata, e la promozioneprofessionale intergenerazionale, basan-dosi su alcuni elementi qualitativi chepossono essere sostenuti solo in modoparziale da indicatori quantitativi.

La relazione tra la forma-zione continua e la pro-mozione intergenerazio-nale nella RepubblicaFederale di Germania -quadro generale

Il “modello tedesco” è caratterizzato dalfatto che la promozione intergenera-

zionale basata sulla formazione continuaè essenzialmente una promozione di ope-rai e di impiegati specializzati nell’ambi-to del sistema duale. È una situazionecomprensibile ove si tengano presenti lestrutture centrali del sistema di forma-zione tedesco: da un lato, esiste un si-stema piuttosto strutturato di formazio-ne professionale iniziale di alto livelloper operai ed impiegati (settore tecnicoe commerciale), ma non esistono inve-ce, contrariamente ad altri paesi, corsidi formazione iniziale intermedi collo-cati tra questo livello ed il livello terzia-rio (università ed istituti di istruzione su-periore) che consentano un “accesso tra-sversale” alle posizioni intermedie. D’al-tro lato, una serie di corsi di formazionecontinua fortemente istituzionalizzati emirati favorisce i processi di mobilitàdegli operai o degli impiegati verso i li-velli di tecnico o di quadro. Infine, peraccedere all’istruzione superiore è neces-sario tuttora disporre del diploma dimaturità (o di un diploma equivalente) -ciò non è generalmente necessario nelcaso dei tecnici e dei quadri.

Date queste caratteristiche istituzionalidel sistema tedesco di formazione, la pro-mozione intergenerazionale si basa sul-la formazione del sistema duale e si rife-risce quasi esclusivamente agli operai edagli impiegati specializzati. In altri Paesi(particolarmente in Francia) numerosisono i tecnici che divengono ingegneri -una situazione piuttosto rara in Germa-nia - non solo in ragione dei blocchi isti-tuzionali derivanti dall’obbligo di posse-dere un diploma di maturità, ma ancheperché questo tipo di promozione nonavrebbe alcun senso sul piano sociale: idiplomati del sistema duale titolari di undiploma di maturità che desiderano af-fermarsi sul piano sociale non affronta-no comunque un itinerario che passi at-traverso la formazione professionale, maaccedono direttamente all’università.

Nell’ambito del modello di mobilità ver-ticale che muove dal livello dell’operaioo dell’impiegato specializzato vanno di-stinti due grandi tipi di itinerari di pro-mozione:

❏ la promozione che conduce gli ope-rai e gli impiegati qualificati (e in deter-minati casi anche gli operai non qualifi-cati) verso posizioni intermedie, in par-

“Date queste caratteristi-che istituzionali del siste-ma tedesco di formazione,la promozione intergene-razionale si basa sulla for-mazione del sistema dualee si riferisce quasi esclusi-vamente agli operai ed agliimpiegati specializzati.”

“Nell’ambito del modello dimobilità verticale che muo-ve dal livello dell’operaio odell’impiegato specializza-to vanno distinti due gran-di tipi di itinerari di pro-mozione:– la promozione che con-duce gli operai e gli impie-gati qualificati (e in deter-minati casi anche gli operainon qualificati) verso posi-zioni intermedie, in parti-colare quella di tecnico e diquadro intermedio(…);– (…) la promozione checonduce le stesse categoriedi manodopera verso le po-sizioni più elevate (“univer-sitari”).”

1) Si tratta dell’adattamento di undocumento preparato dall’autrice perun simposio organizzato dalla DFP,dal CEREQ e dal CNAM sul tema: “Dal-la promozione sociale alla formazio-ne per tutto l’arco della vita?” tenutoa Parigi il 25 marzo 1996.

2) Per quanto concerne l’insieme deipercorsi di formazione continua siveda l’articolo di U. Grünewald.

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ticolare quella di tecnico e di quadrointermedio, ma anche verso numeroseposizioni poco delimitate come quelladell’impiegato tecnico in un ufficio tec-nico (ad esempio, preparazione del la-voro);

❏ e la promozione che conduce le stes-se categorie di manodopera verso le po-sizioni più elevate (“universitari”).

Queste due forme di promozione si ba-sano sulla formazione continua e rappre-sentano la via classica di promozionedegli impiegati e degli operai qualificatio la cosiddetta “seconda via” di qualifi-ca: nella sezione seguente ne verrannodescritte la struttura e l’evoluzione du-rante i decenni del secondo dopoguer-ra.

La promozione degli ope-rai e degli impiegati versoposizioni intermedie

(1) La mobilità verticale degli operai edegli impiegati verso le posizioni di qua-dro medio e di tecnico presuppone ov-viamente una nomina da parte del-l’azienda; questa nomina interviene ge-neralmente in seguito ad una seria for-mazione continua, conclusa da un esa-me ufficiale che consente di ottenere ilcertificato riconosciuto di tecnico o dicaporeparto. Queste azioni di perfezio-namento sono costruite in modo analo-go, nonostante differiscano per statutogiuridico: per ottenere il diploma dicaporeparto nell’industria è necessario ingenere aver concluso una formazione nelcorrispettivo settore all’interno del siste-ma duale (es. metallo, legno), disporredi una esperienza professionale di treanni e aver seguito il corso di perfezio-namento per caporeparto (un anno atempo pieno o tre anni ad orario ridot-to); le persone che non hanno seguitoun corso di formazione nel sistema dualeo che hanno seguito un corso di forma-zione in un settore diverso devono di-sporre di un’esperienza professionale dialmeno sette anni nel settore professio-nale cui si riferisce il diploma di qualifi-ca ed aver seguito il corso di perfezio-namento professionale. Per ottenere ildiploma di tecnico riconosciuto dallo

Stato è necessario soddisfare le stessecondizioni; in questo caso la durata delperiodo d’esperienza professionale puòessere più breve, mentre quello di for-mazione è più lungo.

(2) Una caratteristica della situazione te-desca, interessante nella prospettiva dellaformazione lungo tutto l’arco della vitae della crescente domanda di partecipa-zione della manodopera ai tempi ed aicosti della formazione continua, è costi-tuita dalla circostanza che nelle azionidi perfezionamento è in genere la ma-nodopera a prendere l’iniziativa ed agarantire in ampia misura - se non inte-gralmente - il necessario investimento ditempo e danaro. La manodopera segueil corso di perfezionamento addiritturaall’insaputa dell’azienda, anche se soven-te è quest’ultima ad incoraggiare l’inizia-tiva promettendo un posto di caporepartoo di tecnico a quanti dispongano di undiploma corrispettivo. Ciò che è più im-portante è la forma indiretta con cui leaziende incoraggiano questi tipi di per-fezionamento.

In linea di massima la manodopera so-stiene essa stessa i costi (piuttosto ele-vati) dei corsi di perfezionamento. Pervari anni si è data la possibilità di rim-borso di tali spese mediante ricorso afondi in parte pubblici gestiti dagli ufficidel lavoro competenti: la condizione po-sta era l’utilità del programma a fini oc-cupazionali. Nel corso degli anni le con-dizioni di questo finanziamento supple-mentare si sono trasformate in con-comitanza le diverse politiche di setto-re, la congiuntura o l’apertura dei fondia disoccupati desiderosi di riqualificarsi,ecc. Nel corso degli anni settanta ed al-l’inizio degli anni ottanta questo finan-ziamento supplementare è stato piutto-sto consistente; si è poi progressivamenteridotto sino a scomparire del tutto. Que-ste formazioni continue sono soventesostenute sul piano finanziario dalleaziende, secondo una tradizione volta adaccordare delle gratifiche alla manodo-pera che intenda seguire misure diriqualificazione. L’investimento più im-portante in questi casi era infatti ga-rantito dalla manodopera stessa, che videdicava il proprio tempo libero (la seraed il sabato) o addirittura l’intero perio-do di formazione chiedendo un conge-do di formazione non remunerato.3

“(…) nelle azioni di perfe-zionamento è in genere lamanodopera a prenderel’iniziativa ed a garantirein ampia misura - se non in-tegralmente - il necessarioinvestimento di tempo e da-naro.”

3) In quest’ultimo caso la perdita disalario è parzialmente compensata nelcorso degli anni di prosperità econo-mica da un sussidio dell’Ufficio fede-rale dell’occupazione.

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L’aumento del numero degli iscritti a que-sti corsi di formazione continua (a tem-po pieno o ad orario ridotto) è piuttostointeressante: aumentava nella misura incui si dessero nuove possibilità di pro-mozione professionale (in funzione quin-di dei periodi di crescita economica), maanche in ragione d’altri fattori, che ver-ranno descritti oltre, ed all’incrementodel finanziamento pubblico. Ciono-nostante, nel corso degli anni ottanta enovanta - contrariamente a quanto sisarebbe potuto ritenere - il numero de-gli iscritti ai corsi di perfezionamento nonè diminuito in ragione della minore con-sistenza delle sovvenzioni pubbliche; alcontrario: per limitarci all’esempio deldiploma di tecnico, si constata che ilnumero dei diplomati passa da una me-dia annua di circa 6200 nel 1980 a circa16000 nel 1993 (BMBF, 1995, p. 313),documentando quindi un incrementostraordinario, qualora si tenga conto dellasituazione finanziaria.

(3) Non disponiamo di statistiche signi-ficative relative al numero dei lavoratoriche abbiano ottenuto una promozioneprofessionale grazie alla loro autonomainiziativa di iscriversi ad un corso di for-mazione, né di statistiche concernenti ilcorrispettivo tasso di riuscita4. I dati si-gnificativi disponibili si riferiscono uni-camente al 1992 e sono stati ottenuti gra-zie ad un’inchiesta realizzata tra 30000persone dal BIBB e dallo IAB: quest’in-chiesta fornisce per la prima volta delleinformazioni precise sui percorsi forma-tivi delle persone che hanno seguito icorsi di perfezionamento per tecnico esui diplomi conseguiti da capireparto omaestro-artigiano. Ci baseremo quindi ingran parte su questi studi di caso inazienda - nonostante essi siano datati odin corso5 - per fornire una valutazionedei tassi di riuscita di queste azioni diperfezionamento; nonostante i rischi digeneralizzazione, i dati emergenti dall’in-chiesta BIBB-IAB rappresentano un bi-lancio intermedio relativo alla situazio-ne dei primi anni novanta.

Le nostre inchieste nelle aziende hannoprovato che la promozione professiona-le degli operai ha rappresentato per unlungo periodo un fenomeno importantee stabile nelle imprese industriali grandie medie, perlomeno sino agli anni ot-tanta. La partecipazione del tecnico ad

un’azione di perfezionamento nel corsodegli anni sessanta e settanta e, sempredi meno, nel corso degli anni ottanta èstata “ricompensata”, nella maggioranzadei casi, da un posto di tecnico o di im-piegato - posti vicini sovente alla posi-zione in carriera dell’ingegnere - oppuremediante altre promozioni professionalipreludenti alla posizione di quadro, tal-volta anzi con posti superiori in carrieraa quello dell’ingegnere. Nel corso deglianni ottanta in numerose imprese è di-minuita per gran parte della manodope-ra fornita di un diploma di tecnico lapossibilità di ottenere una promozione:i tecnici sono stati sovente sostituiti dagiovani ingegneri provenienti dagli isti-tuti superiori di perfezionamento tecni-co, mentre il numero dei titolari dei cer-tificati di tecnici continuava ad aumen-tare. Il tasso di riuscita della formazionecontinua per capireparto o maestri-arti-giani è stato apparentemente più eleva-to negli anni settanta, in seguito alla cre-azione di un’apposita normativa da par-te della pubblica amministrazione; nelcorso degli anni novanta si constata tut-tavia un netto deterioramento delle pro-spettive di promozione dei titolari deldiploma di maestro-artigiano6 - una con-seguenza dell’incremento del loro nume-ro e di un progressivo processo di sop-pressione dei livelli gerarchici. Da uncerto periodo in poi alcuni titolari di talediploma sono stati sostituiti dagli inge-gneri che escono dagli istituti superioridi perfezionamento; si tratta però di si-tuazioni di carattere sperimentale.

Nonostante il deterioramento della situa-zione verificatosi a partire dall’inizio de-gli anni ottanta, nel 1992 il tasso di riu-scita della manodopera titolare di un di-ploma di tecnico o di maestro-artigianoera (ancora) relativamente soddisfacen-te: secondo l’inchiesta del BIBB e delloIAB7 il 24% dei titolari di un diploma ditecnico occupava un posto di tecnico odequivalente, il 45% un posto di quadrosuperiore o direttivo, mentre solo il 17%continuava ad occupare posti di sempli-ce operaio specializzato o di impiegatoqualificato. La situazione si presentavain termini ancora migliori per quantoconcerne i titolari di un brevetto di ma-estro-artigiano: tra quelli attivi nel setto-re industriale il 40% occupava un postoequivalente alla qualifica, il 16% un po-sto di impiegato specializzato, il 26% un

4) I dati del microrilevamento nonsono sufficientemente differenziati:comprendono in una stessa categoriala formazione duale e la formazionenella scuola tecnica; ciò mascheraappunto la differenza che ci interes-sa nel presente contesto. La posizio-ne occupata nell’azienda viene d’al-tronde definita in maniera tropposemplicistica poiché comprende “glioperai specializzati del livello supe-riore, gli ingegneri, i giudici, i pro-fessori, i responsabili dei servizi ed iquadri direttivi” (Althoff, 1996, p. 29).

5) Si tratta di uno studio condottodall’autrice alla fine degli anni ottan-ta ed agli inizi degli anni novanta(Drexel, 1993 a, b) e di due studi at-tualmente in corso.

6) In un’inchiesta telefonica (non rap-presentativa) condotta nel 1995 pres-so cento imprese industriali di picco-la e media dimensione abbiamo con-statato che ottantacinque imprese di-spongono di un eccedente talvoltaconsiderevole di diplomati: gli studidi caso hanno provato l’esistenza disettori nei quali il 50-100% degli ope-rai specializzati sono titolari di undiploma di qualifica.

7) Questi dati verranno prossimamen-te pubblicati nel rapporto sulla for-mazione professionale del MinisteroFederale della Scienza e della Tecno-logia per l’anno 1996; sono stati gen-tilmente trasmessi all’autrice dal BIBBprima ancora d’esser resi pubblici.

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posto di quadro superiore o direttivo;solo il 17% continuava ad occupare unposto di operaio (specializzato). Nel 1992oltre l’80% di quanti avevano partecipa-to ad un’azione di formazione continuaper tecnico o maestro-artigiano avevaavuto la possibilità di occupare un po-sto equivalente alla qualifica.

Riassumendo, si può affermare che nelcorso degli anni sessanta, settanta ed ot-tanta il rapporto tra la formazione conti-nua regolamentata e la promozione so-ciale presenta l’aspetto di un cerchio incui si saldano reciprocamente le attivitàdi formazione continua della mano-dopera e le politiche del personale delleaziende: le imprese ricompensano le at-tività di formazione continua degli ad-detti offrendo loro importanti prospetti-ve di promozione professionale e siespongono talvolta sino a porre la for-mazione continua come condizione nel-l’avanzamento di carriera. Per quantoconcerne poi la manodopera, essa pren-de poi autonomamente l’iniziativa di se-guire un corso di formazione continua,senza un compenso finanziario direttoper il tempo investito nella frequenza delcorso - anzi sostenendo in parte o total-mente l’onere dei costi, qualora non sidia altra fonte di finanziamento. Si puòdunque parlare di una formazione con-tinua “in anticipo”, di cui la manodope-ra sostiene gli oneri, facendo anzi pro-prio un certo rischio.

(4) Questo cerchio positivo presupponeperaltro determinate condizioni, come ri-sulta chiaramente da uno studio compa-rato sulla situazione franco-tedesca(Drexel, 1993, a e b): le formazioni con-tinue in questione non venivano realiz-zate in condizioni di concorrenza con laformazione iniziale di livello intermediodestinata ai giovani, com’era invece so-vente il caso in Francia; al contrario, ibisogni più sostenuti di qualifica nelleaziende sono stati soddisfatti dai nume-rosi miglioramenti apportati contempo-raneamente ai percorsi formativi acces-sibili nell’ambito della formazione inizia-le e di quella continua. Il livello dei cor-si di formazione tenuti nel sistema dualeè notevolmente aumentato ed ha potutoavvalersi di una miglior base di qualificadato soprattutto il più elevato livello discolarità di cui disponevano i giovani(scuola secondaria, maturità). Per quan-

to riguarda poi i corsi di formazione con-tinua per il diploma di tecnico o mae-stro-artigiano, si è verificato un miglio-ramento dovuto al prolungamento delladurata dei corsi, all’incremento dellaqualità, all’armonizzazione delle condi-zioni di accesso, ecc.; in particolare,queste forme di perfezionamento sonostate oggetto di una regolamentazionegiuridica, sì da consentire un riconosci-mento dei diplomi corrispettivi sul mer-cato del lavoro. La mancanza di concor-renza da parte della formazione inizialedi livello intermedio e il generale miglio-ramento del livello scolastico, di cui han-no profittato contemporaneamente ope-rai ed impiegati specializzati, hanno con-tribuito a rafforzare sia l’interesse delleaziende, sia quello della manodoperaverso misure di formazione continua ri-conosciute da apposito diploma. Perquanto concerne lo Stato, si è registratoun maggiore impegno - sia pur con unacerta discontinuità - nel finanziamentodelle misure di formazione destinate allapromozione professionale e nell’attua-zione di regolamentazioni volte a favo-rire il riconoscimento dei titoli.

A questa configurazione istituzionale delsistema di formazione, delle struttureaziendali e del mercato del lavoro corri-spondeva un approccio seguito da ungran numero di responsabili della politi-ca del personale nelle aziende: tradizio-nalmente le imprese preferivano degli ad-detti “venuti dalla base”, che avessero ac-quisito una lunga esperienza pratica, ri-spetto ai “teorici” provenienti dall’uni-versità. Quest’approccio è una conse-guenza delle esperienze positive fattecon i diplomati del sistema duale (ivicompresi i maestri-artigiani ed i tecnici),ma anche delle esperienze problematichefatte con i diplomati dell’università: è unapproccio comprensibile se si tiene pre-sente che, negli ultimi decenni, gran par-te dei responsabili dell’azienda avevaconseguito la propria formazione nel-l’ambito del sistema duale. Quest’aspet-to li accomuna a gran parte degli espo-nenti sindacali che esercitano un’influen-za più o meno forte sulla politica delpersonale.

Questi fattori sociali hanno contribuitoa canalizzare verso le misure di forma-zione continua basata sul sistema dualegran parte delle speranze di promozio-

“Riassumendo, si può af-fermare che nel corso deglianni sessanta, settanta edottanta il rapporto tra laformazione continua rego-lamentata e la promozionesociale presenta l’aspettodi un cerchio in cui si sal-dano reciprocamente le at-tività di formazione conti-nua della manodopera e lepolitiche del personale del-le aziende (…)”

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ne delle fasce inferiori della popolazio-ne attiva in un periodo di crescita eco-nomica e di grandi riforme del sistemadi formazione: la promozione intra-generazionale ha svolto per un lungo pe-riodo un ruolo predominante rispetto allapromozione intergenerazionale, ha poicoesistito con quest’ultima mobilitandoattività di formazione continua di ecce-zionale entità ed ampiamente autogestite.

Questa situazione di interdipendenza èstata rimessa oggi in causa per le ragioniche esporremo più oltre, dopo aver bre-vemente presentato il secondo tipo direlazione tra la formazione professiona-le e la promozione.

La promozione di recupe-ro mediante il “secondoitinerario di formazione”

Nell’ambito del sistema duale esiste un’al-ternativa al tipo di itinerari di perfezio-namento sinora descritti ed alle correlateaspettative di promozione: numerosesono le vie di accesso secondario all’uni-versità ed agli istituti superiori di perfe-zionamento tecnico, soprattutto per ilsettore tecnico (formazione degli inge-gneri) che maggiormente interessa nelpresente contesto. La forma classica diquesto itinerario formativo e professio-nale era costituita, per l’operaio specia-lizzato, dall’accesso diretto (senza diplo-ma di maturità) ad una scuola di inge-gneria o ad una scuola tecnica superio-re. A partire dal 1969 questi istituti diingegneria sono stati rivalutati nell’am-bito del sistema di istruzione e sono sta-ti trasformati in istituti superiori di per-fezionamento professionale, accessibilisolo con il diploma di maturità. Questarivalorizzazione degli istituti di ingegne-ria è stata fortemente criticata dalle im-prese che hanno reagito assumendo deitecnici e facendoli accedere a nuovi per-corsi formativi di tipo “pratico”: va ri-cordata come esempio la “Berufsaka-demie” del Baden-Würtenberg8. Con-testualmente a queste evoluzioni ed al-l’ampio dibattito sul miglioramento del-le parità di opportunità dei figli d’ope-rai, sono stati individuati o realizzati di-versi percorsi formativi aperti ai giovani

operai ed impiegati specializzati deside-rosi di proseguire gli studi9. Queste va-rianti di promozione intergenerazionale,particolarmente utilizzate nel corso de-gli anni settanta ed ottanta, comportava-no però l’abbandono del posto di lavoroper poter recuperare il diploma di matu-rità. La conseguenza fu che numerosigiovani operai, dopo aver seguito uncorso di formazione di punta ed averavuto una prima esperienza professionalein grandi e rinomate aziende, lasciavanoin massa il posto di lavoro per “seguireil proprio cammino”.

Questa dinamica era caratterizzata dalconvergere di diversi fattori.

Per alcuni operai ed impiegati specializ-zati dotati di una formazione più elevata(esempio tipico: l’elettricista ed il dise-gnatore tecnico che avessero seguito lascuola superiore), particolarmente moti-vati ed incoraggiati grazie agli stimoli re-cepiti nel sistema duale, la realtà del-l’azienda era spesso deludente (chocdella pratica) e preferivano non esporsidopo l’esperienza positiva della forma-zione. E tanto meno lo desideravano,quanto più chiaramente avessero com-preso che per affermarsi nella gerarchiaaziendale (salario elevato e posto di la-voro interessante) era necessario averfatto studi superiori. L’accesso a questistudi era peraltro divenuto molto più fa-cile per questi giovani: sia perché il sod-disfacente livello di preparazione preli-minare consentiva di abbreviare i tempidi preparazione alla maturità, sia perchépotevano fruire di un sistema generaledi borse di studio e soprattutto di unmercato del lavoro capace di riassorbirli;lasciare il posto di lavoro per proseguiregli studi comportava quindi un ridottomargine di rischio. Per quanto concernepoi le aziende, esse accettavano il fattoche i loro migliori giovani operai ed im-piegati specializzati si impegnassero inquesto itinerario formativo, soprattuttoperché erano sicure che gli ex-addetti -fedeli in genere all’azienda in cui aveva-no fatto la prima esperienza di lavoro -sarebbero rientrati con il diploma di in-gegnere, cioé con le qualifiche tipichedel personale formato mediante l’itine-rario formativo di recupero.

Questo “itinerario formativo di recupero”ha perduto di attrattività a partire dal

“(…) la promozione intra-generazionale ha svolto perun lungo periodo un ruolopredominante rispetto allapromozione intergenera-zionale, ha poi coesistitocon quest’ultima mobilitan-do attività di formazionecontinua di eccezionale en-tità ed ampiamente auto-gestite.”

8) La “Berufsakademie” (accademiaprofessionale) organizza in coopera-zione con le aziende corsi di forma-zione per ingegnere di tre mesi, svol-ti in alternanza nell’accademia e nel-l’azienda (Drexel, 1993a; Zabeck,Zimmermann, 1995).

9) L’ultimo passo in questa direzioneè stato fatto con l’apertura degli isti-tuti superiori di formazione ai diplo-mati ed ai tecnici: la decisione è statapresa dalla maggioranza dei Ländernel corso di questi ultimi anni.

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momento in cui sono state introdotte del-le restrizioni nel sistema di borse di stu-dio e, soprattutto, da quando il mercatodel lavoro ha subito un degrado. Al con-tempo esso è stato affiancato da un “iti-nerario di recupero” di natura fittizia: unnumero crescente di studenti con il di-ploma di maturità si impegna in una for-mazione nel sistema duale prima di ac-cedere all’università. Quest’evoluzione ri-flette a sua volta diversi fattori: l’incre-mento del numero degli iscritti ai licei,un più severo numero chiuso da partedelle università e l’accresciuto interessedei titolari di un diploma di maturità aperseguire una duplice qualifica (inazienda ed all’università) per migliorarele proprie possibilità di affermazione sulmercato del lavoro. Nel 1993 il 30% deitedeschi neoiscritti ad un corso di istru-zione universitaria aveva precedentemen-te seguito un corso di formazione nel si-stema duale. Questa percentuale com-prende sia coloro che hanno seguito l’iti-nerario di recupero inteso nel senso tra-dizionale del termine, sia coloro chehanno conseguito un diploma per la viadi recupero “fittizia”: il 17% dei neoiscrittiprovenivano da quest’ultima (il 14% deineoiscritti all’università propriamentedetta, il 24% agli istituti superiori di per-fezionamento professionale). Ciò signi-fica che il 13% dei nuovi iscritti del 1993(5% alle università, 33% agli istituti su-periori di perfezionamento professiona-le) provenivano dal tradizionale “itine-rario di recupero”. Piuttosto elevata è lapercentuale dei nuovi iscritti ad ingegne-ria che abbiano preliminarmente segui-to un corso di formazione professiona-le; nel 1993 tra gli studenti maschi - checostituiscono la maggioranza dei neo-iscritti di questo tipo - il 74% si è iscrittoagli istituti superiori di perfezionamentoprofessionale (una percentuale che ten-de ad aumentare a partire dal 1988) ed il17% si è iscritto all’università (registran-do anche in tal caso un incremento): l’au-mento percentuale complessivo per il1993 è quindi stato del 56% (BMBF 1994/95, pp. 173, 176, 180).

Riassumendo, si può constatare che nel-la Repubblica Federale di Germania laripresa di una formazione di alto livello,orientata verso la promozione professio-nale si afferma soprattutto nella fase suc-cessiva all’ingresso nella vita attiva edavviene su iniziativa autonoma della

manodopera, a proprie spese e a pro-prio rischio; questa ripresa svolge unruolo importante, soprattutto per quan-to concerne gli studenti di ingegneria.Nonostante il forte degrado dell’ambienteeconomico, questa ripresa non ha persodi importanza. Si può anzi parlare di unatendenza positiva volta ad armonizzaree a rafforzare reciprocamente gli interessie le attitudini delle imprese e della ma-nodopera. Come per la formazione con-tinua di tecnico e di maestro-artigiano,questa dinamica comporta possibilità disviluppo tali da rischiare un’autorelativiz-zazione di questo modello classico delrapporto esistente tra promozione pro-fessionale e formazione continua.

Verso un’erosione dellarelazione classica esisten-te tra la promozione pro-fessionale e la formazionecontinua

La situazione tedesca è caratterizzata dadue cerchi paralleli basati sullo stesso in-sieme di interessi e di regole sociali, nel-l’ambito dei quali si rafforzano recipro-camente la formazione iniziale qualifi-cata, l’impegno in danaro e tempo inve-stito dalla manodopera nella formazionecontinua e nella mobilità verticale: ciòinduce ad un vasto movimento continuodi formazione “d’anticipo”, cioé a pro-cessi essenziali per l’attuazione di unarealistica strategia di formazione lungotutto l’arco della vita. Ciononostante, èavvertibile attualmente una progressivaerosione di questi cerchi - fenomeno cheva ora analizzato per valutare il futurodi questo modello.

La stretta relazione esistente tra forma-zione continua di alto livello su iniziati-va della manodopera è rimessa in que-stione da fattori indotti, in ultima anali-si, dal fatto che gli itinerari di promozio-ne professionale non hanno mai costitui-to la sola possibilità di accesso ai postipiù elevati e che la via diretta rappre-sentata da una scolarità più elevata edagli studi universitari ha costantementepresentato maggiori vantaggi: il reddito(calcolato sull’arco di tutta la vita) deititolari di diplomi universitari è più ele-

“Questo “itinerario for-mativo di recupero” ha per-duto di attrattività a parti-re dal momento in cui sonostate introdotte delle restri-zioni nel sistema di borse distudio e, soprattutto, daquando il mercato del lavo-ro ha subito un degrado. Alcontempo esso è stato af-fiancato da un “itinerariodi recupero” di natura fit-tizia: un numero crescentedi studenti con il diploma dimaturità si impegna in unaformazione nel sistemaduale prima di accedereall’università.”

“La situazione tedesca è ca-ratterizzata da due cerchiparalleli basati sullo stessoinsieme di interessi e di re-gole sociali, nell’ambito deiquali si rafforzano recipro-camente la formazione ini-ziale qualificata, l’impegnoin danaro e tempo investi-to dalla manodopera nellaformazione continua e nel-la mobilità verticale: ciò in-duce ad un vasto movimen-to continuo di formazione“d’anticipo”, cioé a proces-si essenziali per l’attua-zione di una realistica stra-tegia di formazione lungotutto l’arco della vita.”

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vato (Tessaring, 1993) - più interessantisono d’altronde sia i compiti svolti che iposti di lavoro occupati. Questa situa-zione condiziona le decisioni individua-li ed induce ad un costante incrementodel numero dei giovani che frequentanoil liceo per iscriversi poi all’università -con la prospettiva di inserirsi tosto o tar-di nel sistema duale; essa influisce altre-sì sulle decisioni degli operai e degli im-piegati specializzati che, dopo alcunianni di esperienza professionale delu-dente, fanno il gran passo che li portaverso l’università o l’istituto superiore diperfezionamento professionale.

Queste opzioni della (futura) manodo-pera sono state rafforzate negli ultimianni dai cambiamenti intervenuti nellapolitica del personale adottata dalle im-prese. Le aziende contribuiscono con unapolitica di sostituzione all’erosione delmodello classico che aveva permessoloro di disporre gratuitamente di un li-vello elevato di qualifiche. Esse hannoanzitutto sostituito i tecnici con gli inge-gneri provenienti dagli istituti superioridi perfezionamento professionale ed han-no di riflesso creato un’eccedenza di tec-nici tra i propri addetti: ciò ha indottogli operai qualificati desiderosi d’avan-zamento in carriera a seguire dei corsidi perfezionamento, come dimostra ilrapido incremento (3:1) dei diplomicorrispettivi. Quest’evoluzione ha sorti-to l’effetto di riprodurre una situazioneanaloga a quella dei tecnici. Nel corsodegli ultimi cinque/dieci anni si sonoaccumulate nelle imprese delle ecceden-ze talvolta notevoli di operai specializ-zati titolari di un diploma di perfeziona-mento, ma privi di una prospettiva d’oc-cupazione. È evidente che queste politi-che di sostituzione sono favorite dall’of-ferta crescente di giovani ingegneri ed,in particolare, di ingegneri che abbianoseguito una formazione “pratica” nell’am-bito del cosiddetto “itinerario di recu-pero” nel sistema duale (inteso nel sen-so classico o fittizio del termine).

I due cerchi che in passato coesistevanoseparatamente interagiscono ora sempredi più. Tutto induce a ritenere che si stiaattuando un cerchio negativo di recipro-ca destabilizzazione a svantaggio sia diuna formazione continua intesa come viad’obbligo per occupare la posizione diquadro intermedio, sia degli studi di in-

gegneria. Siamo ben lungi da una solu-zione definitiva; la dissoluzione completadel modello classico non è che uno de-gli scenari possibili. Ciononostante, gran-de è la probabilità che questo modellosi destabilizzi.

La società tedesca rischia di veder dis-solvere quelle forme di interazione tragli interessi aziendali e quelli della ma-nodopera che avevano permesso sinoradi mantenere questo vasto movimento diformazione “anticipatoria” e preludentespesso ad una promozione professiona-le. In questa nuova situazione le impre-se dovrebbero soddisfare i propri biso-gni di qualifica - sinora ampiamente co-perti grazie a potenziali di qualifica giàesistenti - ricorrendo ad azioni mirate diformazione continua.

Scenari dell’avvenire:carriere in diagonalenella prospettiva dellaformazione per tuttol’arco della vita

(1) La situazione descritta potrebbe con-durre la società tedesca verso una situa-zione che - a quanto pare - esiste già inaltri paesi; la Germania non disporrebbeperò in tal caso delle istanze istituziona-li capaci di risolvere i problemi emersi,contrariamente ai paesi che nel passatohanno creato questa situazione in un mo-mento economico più favorevole, in cuifosse, ad esempio, possibile emanare unalegislazione sulla formazione professio-nale e costituire fondi di finanziamentodella formazione continua. Tale evolu-zione dei fatti sarebbe quindi tanto piùproblematica quanto più pesanti fosserole conseguenze indotte da restrizioni dibilancio e da radicali ristrutturazioni d’in-teri settori dell’economia, delle aziende,dei compiti e del contenuto del lavoro.Ciò rifletterebbe peraltro l’affermarsi diun’epoca in cui gran parte della popola-zione attiva è tenuta a far fronte a sfidestraordinarie, provocate dalla necessitàdi far ricorso alla formazione per tuttol’arco della vita.

Le sfide della ristrutturazione non pos-sono essere soddisfatte né mediante il

“In questa nuova situazio-ne le imprese dovrebberosoddisfare i propri bisognidi qualifica - sinora ampia-mente coperti grazie a po-tenziali di qualifica già esi-stenti - ricorrendo ad azio-ni mirate di formazionecontinua.”

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nuovo con diversi percorsi formativi nellatraiettoria professionale.

In termini concreti ciò significa che si staaffermando la necessità di “carriere in dia-gonale” (Drexel, 1993 a, 1994) onde so-stituire i percorsi di promozione verticaliclassici nell’ambito di strutture meno ge-rarchiche; per generalizzare gli aspettipositivi del cambiamento, si tratta di mi-gliorare la situazione del posto di lavoro.Quest’idea non è né astratta, né utopicacome sembrerebbe “prima facie”. A quan-to pare, le carriere in diagonale stannogià affermandosi: si pensi, ad esempio,alla manodopera che passa dalla fabbrica-zione alla manutenzione o dalla manu-tenzione alla distribuzione e che frequentagià ora corsi di formazione continua talida consentire un avanzamento in terminidi carriera e di salario. Questi percorsi indiagonale potrebbero svolgersi non solonell’ambito di un’azienda, ma anche traaziende diverse (ad esempio, imprese diproduzione e subappalto). Sino ad oggiqueste traiettorie in diagonale si impone-vano per caso o grazie alla politica delpersonale di una singola azienda: eranoquindi limitate ad una parte della popo-lazione attiva. Si dovrebbero elaborarenuovi modelli di carriera di questo tipo:dovrebbero essere negoziati e sperimen-tati su vasta scala nel quadro di un’ade-guata armonizzazione di flessibilità edaffidabilità. Sarebbe necessario sviluppa-re in parallelo dei percorsi di formazionecontinua volti a convalidare questo sche-ma di mobilità diagonale mediante il ri-conoscimento di apposite qualifiche: sitratterebbe cioé di promuovere la poli-valenza della manodopera in funzione diun nuovo posto di lavoro e di un ricono-scimento dell’esperienza professionaleacquisita in caso di disoccupazione o dicambiamento di azienda.

Vi sono ragioni valide per ritenere chela nozione di formazione per tutto l’arcodella vita produrrà i propri effetti positi-vi solo a condizione che venga rivitaliz-zata in modo radicale e generale la rela-zione tra la formazione continua ed ilmiglioramento e la trasformazione delposto di lavoro. Come ha scritto infatti J.Delors, “la formazione degli adulti puòessere solo negoziata ed essere tale dabasarsi sugli obiettivi, sui bisogni e suipunti forti dei partecipanti” (Delors, 1991,p. 31).

ricorso ad esortazioni, né facendo riferi-mento ai vincoli indotti dal mercato dellavoro - adottando cioé prospettive disoluzione inadeguate. Per risolvere ilproblema della ristrutturazione e dellariqualificazione è indispensabile svilup-pare un nuovo modello di convergenzatra gli interessi delle parti interessate chesia in grado di avviare - analogamente aquanto avvenuto nel secondo dopoguer-ra - processi di formazione indispensa-bili, istituzionalizzati ed informali e direnderli permanenti; la logica strutturaledi tale modello potrebbe essere comunea tutti i paesi europei. Dovrebbe inoltreessere recepita in quest’ottica la neces-sità di fare spazio alla diversità dei con-tenuti concreti che caratterizzano i sin-goli sistemi di istruzione e di occupazio-ne nonché le componenti evolutive delmercato del lavoro e delle relazioni in-dustriali.

Ove si tenga presente il processo di pro-gressiva soppressione delle strutture ge-rarchiche in azienda, è ovvio che questomodello non potrà riprodurre le tradi-zionali relazioni esistenti tra formazionecontinua e promozione. Ciononostante,si potranno valorizzare le esperienze ac-cumulate grazie ai modelli di ieri per in-dividuare indicatori di sviluppo. È im-portante cogliere indicazioni valide perla formazione continua, per la convalidadi certificati riconosciuti sul mercato dellavoro e per la valorizzazione di espe-rienze formative effettuate al di fuori del-l’impresa d’appartenenza.

(2) Per costituire un modello capace diaffermarsi in avvenire e di promuoverela formazione per l’intero arco della vitaè necessario guardare con occhi nuoviai fattori che mobilizzano la manodope-ra oggi nella prospettiva di una promo-zione: quest’ultima rappresenta comun-que un miglioramento della situazionedella manodopera occupata consenten-do un salario più elevato, dei contenutidi lavoro più ricchi, delle migliori con-dizioni di lavoro ed una migliore posi-zione sul mercato del lavoro; la promo-zione rappresenta anche un cambiamen-to di questa situazione nella traiettoriaprofessionale. Questi due aspetti dellapromozione possono e devono trovarenuovi contenuti nell’ambito di strutturedivenute meno gerarchiche. E devono epossono essere combinate in un modo

“Per risolvere il problemadella ristrutturazione e del-la riqualificazione è indi-spensabile sviluppare unnuovo modello di conver-genza tra gli interessi delleparti interessate che sia ingrado di avviare (…) pro-cessi di formazione indi-spensabili, isitituzionaliz-zati ed informali e di ren-derli permanenti (…)”

“(…) si sta affermando lanecessità di “carriere indiagonale” (…) onde sosti-tuire i percorsi di promo-zione verticali classici nel-l’ambito di strutture menogerarchiche; per generaliz-zare gli aspetti positivi delcambiamento, si tratta dimigliorare la situazione delposto di lavoro.”

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Zabeck, J.; Zimmermann M. (Hrsg.): Anspruchund Wirklichkeit der Berufsakademie Baden-Württemberg, Weinheim 1995.

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WinfriedHeidemannÈ responsabile delsettore “Qualificazio-ni” nella Fondazione“Hans Böckler”, isti-tuto di consultazione

e di ricerca della Federazio-ne tedesca dei sindacati(DGB). Ha assunto il coordi-namento di vari progetti diFORCE e partecipa al gruppodi esperti del dialogo socialeeuropeo sulla formazioneprofessionale.

L’istruzione e la forma-zione per tutto l’arcodella vita come temi deldialogo sociale e degliaccordi di categoria

ha elaborato alcune iniziative-tipo di for-mazione continua nell’ambito del dialo-go sociale, sia sulle esperienze che l’au-tore ha fatto nell’ambito del sistema disostegno del dialogo sociale sulla forma-zione continua in Europa.

Tendenze delle relazioniindustriali e della forma-zione continua

Per garantire una facile comprensione deitemi trattati, è necessario riassumere an-zitutto in forma breve alcune tendenzedelle relazioni industriali e della forma-zione continua in Europa.

❏ La modernizzazione dell’economia èdivenuta in tutti i paesi dell’Europa untema del dialogo sociale o dei negoziatitra le parti sociali, mentre in quest’ambi-to la formazione professionale ed in par-ticolare la formazione continua sono di-venute un tema centrale.

❏ La diffusione dei processi sociali dideregolamentazione ha comportato unariduzione dei margini di manovra del ne-goziato ed, in particolare, una sua pro-gressiva collocazione nel mondo dell’im-presa, piuttosto che in quello delle poli-tiche di lungo termine, che pur costitui-scono le sole condizioni di base per ga-rantire un negoziato effettivo.

❏ Nel dialogo le parti sociali esprimonoi r ispet t iv i desider i e le r ispet t iverivendicazioni in materia di formazione

L’istruzione e la formazione per tutto l’ar-co della vita non costituiscono ancoraespressamente oggetto di convenzioni trale parti sociali; ciononostante esse rap-presentano un punto di riferimento co-stante nelle trattative volte a migliorare,soprattutto mediante convenzioni di ca-tegoria, la formazione continua per leimprese ed i lavoratori facilitandone l’ac-cesso e rendendo possibili in tal modol’istruzione e la formazione per tutto l’ar-co della vita. I contratti di categoria sonoconvenzioni concluse tra le parti socialiall’interno dei rispettivi ambiti istituzio-nali nazionali (in contrapposizione ai con-tratti individuali conclusi tra il datore dilavoro ed il singolo addetto). Nel presen-te contesto verranno presentati alcuniesempi ed esperimenti caratteristici, pro-mossi dalle parti sociali: realizzate me-diante accordi, attività comuni o regola-mentazioni pubbliche, queste iniziativesvolgono un ruolo determinante nell’or-ganizzazione della formazione continua;tutti questi tentativi costituiscono gli ele-menti di un “modello sistematico” di for-mazione continua. Essi si riferiscono aidiversi livelli politici del dialogo sociale:impresa - settore (economico o profes-sionale) - sistema (nazionale) di forma-zione continua. Il “dialogo sociale” defi-nisce - nella sua accezione europea - gliincontri ed i negoziati tra le parti sociali:il loro contenuto e la loro forma, la loroportata ed il loro carattere normativo va-riano in funzione dei quadri istituzionalinazionali. Il presente articolo è basato siasulle conclusioni di un progetto sostenu-to dall’Unione Europea nell’ambito delprogramma LEONARDO DA VINCI, che

L’istruzione e la formazioneper tutto l’arco della vita ab-bisognano di condizioni edi meccanismi strutturalispecifici che possono esse-re identificati nel sistemaeducativo, nell’organizza-zione delle imprese e neimetodi della formazioneprofessionale. Gli accordi dicategoria possono contribu-ire ad un miglioramentodella formazione continua edelle sue vie di accesso, fa-cilitando in tal modo l’istru-zione e la formazione pertutto l’arco della vita. Nelpromuovere accordi di que-sto tipo, iniziative congiun-te o regolamentazioni inmateria, le parti sociali svol-gono un ruolo determinan-te nell’organizzazione dellaformazione continua; tuttiquesti sforzi costituisconogli elementi di un “modellosistematico” della formazio-ne continua e contribuisco-no a ravvicinare i diversi li-velli politici del dialogo so-ciale: impresa - settore - si-stema (nazionale) di forma-zione continua.

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“L’istruzione e la formazio-ne per tutto l’arco della vitanon costituiscono ancoraespressamente oggetto diconvenzioni tra le parti so-ciali; ciononostante esserappresentano un punto diriferimento costante nelletrattative”

“(…) accordi tra parti so-ciali (…) non si riferisconounicamente alla manodope-ra dotata di un contratto dilavoro “regolare”, ma sem-pre più anche a quella do-tata di contratti “atipici”(…)”

continua rivolgendosi al mondo politico,che le dovrebbe poi adottare sotto formadi soluzioni globali e generalizzabili.

Nell’ ambito della formazione professio-nale possono essere individuate le se-guenti tendenze:

❏ la formazione professionale inizialeviene sostenuta in termini pressochéesclusivi e nella maggior parte dei paesidalle autorità pubbliche; è tuttavia regi-strabile una cresente corresponsabilizza-zione delle parti sociali che intendono inta l modo promuovere un migl ioreadeguamento della formazione alle esi-genze dell’economia ed una effettiva in-tegrazione della manodopera giovanilenella vita attiva.

❏ L’importanza crescente della formazio-ne professionale continua si situa nel con-testo della modernizzazione economica edel miglioramento della competitività del-le imprese e dell’economia.

❏ In questo contesto un nuovo tipo diformazione continua si afferma nell’am-bito dell’impresa: fortemente concentra-to sui processi e sui problemi del lavoro,integrato nello sviluppo dell’organizzazio-ne dell’impresa, generalmente non forma-le e di breve durata, ma ciononostantecontinuo, questo nuovo tipo di formazio-ne va oltre le definizioni convenzionalidella formazione professionale e soventenon viene nemmeno considerato daglioperatori di settore come una “formazio-ne continua”.

❏ Tutti gli Stati membri dell’Unione Eu-ropea conoscono la prassi degli accorditra parti sociali in materia di formazioneprofessionale: più o meno formali, raffor-zati da accordi bilaterali di diverso pesonormativo, stipulati a livelli diversi, essinon si riferiscono unicamente alla mano-dopera dotata di un contratto di lavoro“regolare”, ma sempre più anche a quelladotata di contratti “atipici” (lavoro a tem-po parziale, lavoro di gruppo, ecc.).

❏ I negoziati e le convenzioni sulla for-mazione continua sono sovente tripartiti,poiché comprendono i governi nazionalio regionali in quanto terzo partner dellatrattativa: si integrano pertanto nelle di-verse politiche dell’economia e dell’oc-cupazione.

❏ Oltre all’importanza crescente acquisi-ta in riferimento alla formazione profes-sionale, correlata sempre più agli obietti-vi aziendali di modernizzazione econo-mica, la componente imprenditoriale de-tiene un ruolo essenziale nelle conven-zioni. Si tratta di una cultura o tradizionedel negoziato che non è presente in tuttii paesi: le migliori condizioni si danno, aquanto pare, nei paesi caratterizzati daun quadro formale di rappresentazionedegli interessi della manodopera, cioédalla presenza nella singola azienda diuna rappresentanza del personale. In ge-nere però si può affermare che il numerodelle convenzioni e delle attività congiun-te promosse dalle parti sociali è crescen-te.

A livello europeo il quadro del dialogosociale esiste e viene garantito dall’arti-colo 118 B dell’Atto Unico Europeo del1986. La prassi dei pareri comuni espres-si dalle associazioni centrali delle parti so-ciali, organizzate a livello europeo edintraprofessionale, ha dato luogo ad unacrescente comprensione reciproca.Ciononostante, questa politica ha compor-tato sinora un numero ridotto di attivitàdavvero comuni (anche in termini di con-venzioni esplicitamente previste dal cita-to articolo 118 B). Si sono avuti di recen-te i primi progetti comuni nel quadro delprogramma LEONARDO DA VINCI: ciòtende a dimostrare l’importanza dei pro-grammi di sostegno dell’Unione, anche aifini dello sviluppo delle relazioni tra leparti sociali. Ciononostante, il livellosettoriale europeo sembra essere deter-minante per la realizzazione di attivitàcomuni nella formazione professionale.Rari sono gli esempi disponibili: il dialo-go settoriale nell’industria chimica, alcu-ne convenzioni nel settore ferroviario,progetti comuni nell’ambito del commer-cio in dettaglio.

L’istruzione e la formazio-ne per tutto l’arco dellavita - comportamenti indi-viduali e condizioni strut-turali

L’istruzione e la formazione per tutto l’ar-co della vita comportano sia dei com-portamenti specifici da parte degli indi-

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“La Francia fornisce unesempio calssico del conge-do di formazione profes-sionale gestito dalle partisociali e garantito per leg-ge.”

“In Danimarca esistonoanaloghe possibilità di con-gedo di formazione regola-te da accordi di categoriae dalle rispettive disposi-zioni di legge (…)”

“Gli esempi di regolamen-tazioni settoriali delfinanziamento o dell’utiliz-zo dei fondi disponibilisono rilevabili soprattuttonei paesi francofoni o me-diterranei. Le normative inmateria di “conto di forma-zione” (…) sono state si-nora definite nel Land del-l’Alta Austria: si tratta diuno strumento che consen-te di rimborsare le spese in-dividuali di formazionecontinua.”

vidui, sia delle condizioni e dei mecca-nismi specifici. I comportamenti specifi-camente individuali possono essere de-finiti nei seguenti termini: curiosità, co-raggio, fiducia e competenza. Le condi-zioni ed i meccanismi strutturali posso-no essere identificati e preparati ai se-guenti livelli:

❏ nel sistema dell’istruzione generale edella formazione professionale,

❏ nell’organizzazione dell’azienda,

❏ nei mezzi e nei metodi (pedagogici)della formazione professionale.

È noto che non esiste una sola via regia:è necessario disporre di un insieme distrumenti per garantire le condizioni pro-pizie all’istruzione ed alla formazionelungo tutto l’arco della vita. Questi stru-menti non costituiscono però che unasemplice offerta: essa dev’essere poi va-lutata dal singolo individuo. Alcuni esem-pi di convenzioni e di iniziative congiun-te delle parti sociali esistono non soloper i tre livelli individuati, ma anche perquanto concerne il sistema di formazio-ne professionale e l’organizzzazioneaziendale.

Iniziative a livello del si-stema di formazione pro-fessionale

Nell’ambito del sistema di formazioneprofessionale esistono già in più paesidiverse forme di congedo di formazioneprofessionale. Questo congedo è soven-te creato o realizzato grazie a conven-zioni tra la parti sociali e costituisceun’offerta che risponde ai bisogni indi-viduali, senza essere strettamente con-nessa ai bisogni specifici dell’azienda. LaFrancia fornisce un esempio classico delcongedo di formazione professionalegestito dalle parti sociali e garantito perlegge. Si dà qui un approccio individua-le di partecipazione ad un programmadi qualificazione, la cui durata media nel1993 era di 950 ore; il finanziamento delcongedo deve essere approvato dagliorganismi di finanziamento sostenutidalle parti sociali in funzione delle ri-

spettive priorità e delle risorse disponi-bili. Attualmente il congedo di formazio-ne svolge un ruolo eccezionalmente li-mitato rispetto alle altre offerte di for-mazione aziendale: lo 0,2% della mano-dopera che vi ha diritto opta per questapossibilità, mentre il 20% preferisce laformazione continua nell’ambito dell’of-ferta di formazione aziendale. Nel corsodegli ultimi anni si è tentato di finalizza-re il congedo di formazione professio-nale individuale ai bisogni dell’azienda.Nel 1994 il “capitale tempo di formazio-ne” è stato definito nell’ambito di un’ap-posita convenzione e recepito in un te-sto di legge. In conformità con questaconvenzione ed a condizioni specificheil congedo individuale di formazione pro-fessionale può essere preso nell’ambitodi un progetto di formazione dell’azien-da, nella misura in cui gli interessi del-l’azienda coincidano però con quelli delsingolo individuo. In Danimarca esisto-no analoghe possibilità di congedo di for-mazione regolate da accordi di categoriae dalle rispettive disposizioni di legge:nell’ambito del modello di rotazione diposti di lavoro definito dalle parti socia-li e recepito nel frattempo dalla norma-tiva in materia, la concessione alla ma-nodopera del congedo di formazione (odi altre forme di messa in disponibilità,quali ad esempio il congedo parentale)è connessa all’obbligo di sostituire colo-ro che ne beneficiano con altrettanti di-soccupati.

Le condizioni di finanziamento della for-mazione continua giocano un ruolo im-portante nella realizzazione dell’istruzio-ne e della formazione per tutto l’arco dellavita o dell’intera attività professionale. Inuna serie di paesi il finanziamento dellaformazione continua delle persone atti-ve, dei gruppi a rischio sul mercato dellavoro o della formazione continua indi-viduale liberamente scelta e la relativaripartizione degli oneri fanno oggetto diapposite convenzioni a livello settorialeod aziendale. Gli esempi di regolamen-tazioni settoriali del finanziamento o del-l ’utilizzo dei fondi disponibili sonorilevabili soprattutto nei paesi francofonio mediterranei. Le normative in materiadi “conto di formazione” in vigore dal1994 - ma realizzate su iniziativa delleparti sociali - sono state sinora definitenel Land dell’Alta Austria: si tratta di unostrumento che consente di rimborsare le

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“Il nuovo sistema delle“qualifiche basate sullacompetenza” realizzato inFinlandia consente di rico-noscere le qualifiche acqui-site nella vita professiona-le (…)

“In Spagna una convenzio-ne tripartita ed un accordobilaterale conclusi nel 1992hanno posto le basi di un si-stema di formazione conti-nua fondato sulla concerta-zione sociale (…)”

“A livello dell’azienda i bi-sogni di formazione conti-nua corrispondenti ai pro-cessi di lavoro sono di im-portanza crescente. Nelcontesto dello sviluppo del-l’organizzazione dell’azien-da, si constata un incremen-to della formazione,soprattuto informale.”

spese individuali di formazione continua.Il riconoscimento delle qualifiche puòinoltre motivare la partecipazione allaformazione. In questo caso le iniziativedelle parti sociali per promuovere nuoveforme di certificazione e convalida siorientano a privilegiare soprattutto le qua-lifiche acquisite al di fuori dell’ambitoformale dei corsi di formazione e dei si-stemi tradizionali di formazione profes-sionale. Il nuovo sistema delle “qualifi-che basate sulla competenza” realizzatoin Finlandia consente di riconoscere lequalifiche acquisite nella vita professio-nale, ma - diversamente dal sistema delleNVQ britannico - le integra nel sistema diformazione professionale. Le parti socialipartecipano attivamente all’attuazione diquesto nuovo sistema.

Nei vari paesi è osservabile la costitu-zione di un sistema globale di formazio-ne continua, promosso dalle parti socia-li. In Francia ciò è frutto di un’evoluzio-ne storica: la conclusione di accordi trale parti sociali sotto l’arbitrato dello Sta-to e la loro successiva recezione in ap-posite forme legislative del diritto dellavoro hanno consentito di creare un si-stema di formazione continua (esternoall’impresa) che comprende la regola-mentazione dei congedi individuali diformazione nonché delle relative formedi organizzazione e di finanziamento; laformazione continua aziendale non è tut-tavia integrata in questo sistema. In Spa-gna una convenzione tripartita ed un ac-cordo bilaterale conclusi nel 1992 han-no posto le basi di un sistema di forma-zione continua fondato sulla concerta-zione sociale e sulla responsabilità delleparti sociali nella sua attuazione a livel-lo settoriale ed aziendale. Il finanzia-mento della formazione continua azien-dale mediante un fondo apposito, ali-mentato dai contributi della manodope-ra e degli imprenditori, è possibile a con-dizione che vi vengano realizzati pianicomuni di formazione a livello aziendaleo pluriaziendale. La convenzione nazio-nale prevede l’attuazione di questi pro-grammi limitatamente alla fase aziendale.Questo sistema globale può indubbia-mente creare le condizioni quadro ne-cessarie ad attuare un’istruzione ed unaformazione (professionale) per tutto l’ar-co della vita, ma la sua realizzazione deveavvenire effettivamente a livello azien-dale.

Azioni a livello dell’azienda

A livello dell’azienda i bisogni di forma-zione continua corrispondenti ai proces-si di lavoro sono di importanza crescen-te. Nel contesto dello sviluppo dell’orga-nizzazione dell’azienda, si constata un in-cremento della formazione, soprattuto in-formale. Fattori portanti di quest’evolu-zione sono non solo l’introduzione dinuove tecnologie, ma soprattutto le nuo-ve forme di organizzazione dell’aziendae del lavoro e lo sviluppo di nuovi stru-menti di competitività come la qualità deiprodotti e dei servizi. Oltre ai programmidi formazione continua volti a favorirel’adattamento ai cambiamenti tecnologicied oltre ai programmi classici di promo-zione professionale si sta assistendo al-l’affermazione di un nuovo tipo di for-mazione professionale continua: è adat-tato ai bisogni inerenti alle strategie dellesingole aziende ed è sovente vincolatoallo sviluppo di un nuovo modelloorganizzativo dell’azienda. Lo sviluppoorganizzativo dell’impresa significa peròl’affermazione di metodologie del cam-biamento dell’organizzazione del lavoro,delle forme di cooperazione e soprattut-to di corresponsabilizzazione degli addettidell’impresa onde garantire un costanteadattamento ai nuovi bisogni della pro-duzione.

Queste strategie aziendali si rivolgonosempre più all’insieme del personale e de-finiscono un continuo processo di svilup-po dell’organizzazione, sostenuto dallaformazione continua. Ciononostante, il ca-rattere della formazione continua azien-dale è in corso di trasformazione: essaviene programmata ed organizzata in ter-mini sempre più finalizzati alle esigenzedel luogo di lavoro - ciò sembra costitui-re una base adeguata per garantire unvalido apprendimento sul luogo di lavo-ro. In questo contesto si pone in nuovitermini l’accesso alla formazione continua.Le parità di accesso alla formazione con-tinua hanno subito in effetti un notevolemiglioramento per i gruppi di lavoratoriche in precedenza non vi partecipavanodel tutto od in parte; il tasso di partecipa-zione alla formazione continua in azien-da diviene in parte una componente difatto obbligatoria dell’attività professiona-le. I partecipanti avvertono sovente que-sta situazione come un nuovo ambiente

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“Per incrementare le possi-bilità di accesso alla forma-zione continua è (…) im-portante esaminare se e inche modo le aziende affian-chino la formazione di basedestinata a tutto il persona-le con misure di formazio-ne continua finalizzate allapromozione ed alla mobili-tà. Si tratta di un problemacruciale nel garantire imeccanismi aziendali diistruzione e di formazioneper tutto l’arco della vita.”

aziendale, in cui il lavoro e la formazionecontinua sono strettamente connessi edin cui sono contemporaneamente aumen-tate le possibilità di partecipazione allosviluppo dell’azienda stessa.

Significa forse che l’istruzione e la forma-zione per tutto l’arco della vita - o piùprecisamente l’istruzione e la formazioneper tutto l’arco della vita professionale -sono garantite oggi per tutta la manodo-pera? Va rilevato in merito che questenuove forme di “formazione continua dibase” e la promozione professionale co-stituiscono ancora degli amnbiti separati.Non si è ancora evidentemente superatala selettività dell’accesso alla formazionecontinua. La tendenza verso l’amplia-mento dell’offerta di formazione continuadi base a tutto il personale rappresentatuttavia, in linea di massima, una condi-zione valida: essa garantisce una strettaassociazione alle attività volte a favorirela promozione professionale o altre for-me di mobilità della manodopera. Le con-dizioni sono migliorate grazie al fatto chele attitudini e la disponibilità all’appren-dimento possono essere ora fondate suconcetti nuovi e più precisi. Viene per-tanto incrementato il potenziale della for-mazione continua finalizzata alla mobili-tà. Sempre più numerose sono le aziendeche optano a favore d’una intensificatapartecipazione alle misure di formazionecontinua finalizzate alla promozione edalla mobilità professionale: ne approfitta-no soprattutto i gruppi di addetti sinoraprivi di tale opportunità. Per incrementa-re le possibilità di accesso alla formazio-ne continua è quindi importante esami-nare se e in che modo le aziende affian-chino la formazione di base destinata atutto il personale con misure di forma-zione continua finalizzate alla promozio-ne ed alla mobilità. Si tratta di un proble-ma cruciale nel garantire i meccanismiaziendali di istruzione e di formazione pertutto l’arco della vita.

La programmazione della formazione inazienda potrebbe pertanto essere utiliz-zata come strumento di attuazione dimeccanismi di istruzione e di formazio-ne per tutto l’arco della vita e valorizza-ta come raccordo tra i nuovi tipi di for-mazione finalizzata all’organizzazioneaziendale e le forme tradizionali di for-mazione continua, connesse piuttostoallo sviluppo individuale ed alla promo-

zione personale. La programmazionedella formazione continua in azienda èpurtroppo trattata non di rado ed in tuttii paesi come una questione formale: iquadri, i comitati d’azienda o i rappre-sentanti sindacali non utilizzano in ef-fetti i processi di programmazione comepotenziale innovativo valorizzabile perattuare strutture di istruzione e di for-mazione per tutto l’arco della vita. Lepossibilità di individuare nuove formeorganizzative si danno soprattutto neipaesi che dispongono di una “cultura”della trattativa aziendale o della parteci-pazione della rappresentanza della ma-nodopera. In Germania, ad esempio, gliaccordi tra il comitato di azienda ed ildatore di lavoro svolgono un ruolo im-portante nella regolamentazione dellaformazione professionale in azienda. Èsoprattutto il “nuovo tipo di formazionecontinua” precedentemente citato - inparticolare per quanto concerne il mi-glioramento dell’organizzazione del la-voro, della garanzia dei prodotti e deiservizi e del livello di cultura aziendale- a cos t i tu i re l ’ogget to d i accord ibilaterali.

Contributo dei metodi del-la formazione professiona-le allo sviluppo dell’istru-zione e della formazioneper tutto l’arco della vita

I metodi della formazione professionalepossono, infine, contribuire a motivarepersone con una scarsa abitudine allostudio a partecipare a misure di forma-zione professionale. I metodi tradizionalidell’insegnamento “ex cathedra” sono di-venuti obsoleti. Le forme flessibili del-l’istruzione e della formazione che com-portino una partecipazione attiva degliallievi possono incrementare il livello dimotivazione. Nei centri di formazione enelle singole aziende si registrano giàdegli sviluppi positivi, sostenuti dalleparti sociali che talvolta sono direttamen-te coinvolte. Il programma FORCE del-l’Unione Europea ha sostenuto progettidi sviluppo transnazionali. Importantisono inoltre le attività promosse nell’am-bito del sistema di formazione profes-sionale continua a favore delle personeprive di un’esperienza di studio. Si ri-

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cordi, a titolo di esempio, che i sindaca-ti organizzano nei vari paesi seminarivolti ad orientare i propri iscritti sullepossibilità di accesso ai cicli formali diformazione.

Possibilità d’applicazionegeneralizzata delle con-venzioni di categoria

Gli accordi tra le parti sociali sulla forma-zione continua rappresentano gli elementidi un “modello sistematico” riferentesi atutti i livelli di sviluppo dell’istruzione edella formazione per tutto l’arco della vita.Le convenzioni in quanto tali non posso-no tuttavia costituire delle offerte e dellestrutture di istruzione e di formazione per

“È necessario valutare intermini realistici le oppor-tunità di regolamentazioneconsentite dal dialogo so-ciale e dagli accordi di ca-tegoria.”

tutto l’arco della vita. Ciononostante, essesono indispensabili. Vanno in effetti uti-lizzate dalle persone interessate ad unamisura di formazione continua - soprat-tutto da coloro che non abbiano accessoad attività promosse dalle parti sociali. Ènecessario valutare in termini realistici leopportunità di regolamentazione consen-tite dal dialogo sociale e dagli accordi dicategoria. È constatabile in effetti che innumerosi paesi europei gli accordi di ca-tegoria rappresentano sovente la fase pre-liminare di omologhe normative, la cuiapplicazione dipende essenzialmente dal-le parti sociali; d’altronde, gli accordi dicategoria sono applicabili, perlomenonella fase iniziale, ad un ambito ristrettoe sono davvero efficaci solo qualora ven-gano recepiti nell’ambito di appositenormative e politiche di settore.

1) Winfried Heidemann (éd.), Berufliche Weiterbil-dung in Europa - Materialien zum Sozialen Dialog,Berlin 1996. (Disponibile anche in inglese, francese,spagnolo e italiano)

2) Kompendium I des Unterstützungssystems für denEuropäischen Sozialdialog zur Berufsbildung,Bruxelles, ottobre 1994.

3) Kompendium II des Unterstützungssystems fürden Europäischen Sozialdialog zur Berufsbildung,Bruxelles, maggio 1996

4) Winfried Heidemann / Wilfried Kruse / AngelaPaul-Kohlhoff / Christine Zeuner, Sozialer Dialogund Weiterbildung in Europa - Neue Herausforde-rungen für die Gewerkschaften, Berlino 1994(Disponibile anche in inglese e francesee).

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Jordi PlanasDocente presso l’Uni-versità autonoma diBarcellona, respon-sabile del GRET(Gruppo di ricercasull’istruzione e sul

lavoro) dell’Istituto di Scien-ze dell’Educazione (ICE) delpredetto ateneo.

La formazione continuanei “giovani adulti”:seconda opportunitào complemento?

I percorsi formatividei giovani

Partendo dai dati disponibili (Tabelle 1-4), sei sono i fenomeni più significatividella relazione tra componenti formativee costruzione dei percorsi formativi com-plessi dei giovani.

Scomparsa dei limiti tra formazioneiniziale e continua

A priori, nella transizione dalla scuola allavita attiva, si tende ad applicare una se-quenza formativa che, a grandi linee, puòcosì essere riassunta: il giovane terminala formazione scolastica integrandola avolte con una specializzazione; successi-vamente, cerca di inserirsi nel mondo dellavoro e, a seconda delle esigenze delposto di lavoro (riqualificazione o pro-mozione) o del mercato esterno (cambia-mento d’impiego), accede alla formazio-ne continua.

Questo modello predeterminato, ampia-mente accettato, non è corretto (cfr. Ta-bella 2 e 4) per vari motivi. Primo, per-ché gli elementi dei percorsi formativi deigiovani sono più numerosi e, secondo,perché non seguono una sequenzaprefissata.

Di conseguenza, i limiti tra formazioneiniziale e continua (ossia attraverso corsibrevi o esperienza di lavoro) sono sem-pre meno marcati. La formazione dei gio-vani si presenta in gran parte come uncontinuum in cui formazione scolastica,corsi brevi e lavoro si articolano senzasequenze predefinite. Pertanto i giovaniutilizzano sempre più le politiche di “for-mazione continua”. Questo fenomeno,evidente nei dati ottenuti nella nostra in-

dagine, è confermato da altre fonti perquanto riguarda la Spagna e altri paesieuropei (Auer, 1992).

Durante la formazione scolastica, unaparte dei giovani segue praticheformative simili alla formazione con-tinua, che saranno fondamentali peril loro futuro

In Spagna, negli ultimi anni, si è registra-to un notevole incremento dei cicli di stu-dio “non scolastici”, ovvero strutturati aldi fuori del sistema educativo, che costi-tuiscono una parte importante dei curricoliformativi dei giovani, il cui “consumo”inizia parallelamente all’istruzione prima-ria, anche se in maniera disomogenea aseconda della classe sociale, ed aumentanelle tappe successive. Negli attuali per-corsi, questo tipo di formazione, deno-minato genericamente “corsi brevi”, si stadiffondendo sia in termini di consumo

Negli ultimi anni, i mutamenti nei sistemi produttivi (rapidità del cambia-mento tecnologico, innovazione nei processi e nei prodotti, aumento dellamobilità professionale, nuovi tipi di organizzazione del lavoro, ecc.) han-no fatto dell’istruzione e formazione un processo che si dipana lungo tut-to l’arco della vita. Tali mutamenti incidono sui percorsi formativi dei gio-vani.L’aumento e la diversificazione delle offerte formative disponibili nella no-stra società condizionano oggettivamente e soggettivamente le opportuni-tà e le aspettative di formazione dell’intera popolazione, in particolaredei giovani. L’innalzamento dei livelli di formazione iniziale dei giovaniincide a sua volta sulla domanda di qualifiche.Ciò che si definisce “formazione lungo tutto l’arco della vita” è penetrato,modificandoli, nei percorsi formativi dei giovani. Nell’osservare come gliindividui si aggiornano, si riqualificano e si specializzano, spesso ci tro-viamo dinanzi a modalità di formazione già presenti nella formazione ini-ziale.L’articolo descrive, partendo da un’inchiesta di tipo longitudinale condot-ta su giovani dell’Area Metropolitana di Barcellona (AMB)1, come la for-mazione iniziale di carattere scolastico si articola con la formazione con-tinua nei percorsi formativi di “giovani adulti” (fino ai 31 anni d’età).

1) L’inchiesta, condotta dal “Grup deRecerca sobre Educaciò i Treball” del-l’ICE dell’Università autonoma diBarcellona diretto dall’autore del con-tributo, mirava ad analizzare i percorsidi formazione e d’inserimento profes-sionale e sociale dei “giovani adulti”stabilendo relazioni tra gli itinerari diformazione formale ed informale e traquesti e i percorsi d’inserimento pro-fessionale e sociale (in particolarefamiliare). L’indagine, di caratterelongitudinale retrospettivo, è stataeffettuata nel 1991 su 650 “giovaniadulti” (fino a 31 anni d’età) dell’AMBmediante interviste a domicilio.

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Concetti utilizzati

❏ Componenti formative: i vari elementi di formazione scolastica oextrascolastica, di carattere formale o informale, che intervengono nella co-struzione dei percorsi formativi dei giovani, suddivisi in quattro tipi:

❏ Formazione scolastica: comprende sia i cicli ultimati sia quelli non ultimati.

❏ Formazione continua: vengono prese in considerazione sia le modalità for-mali (corsi) sia quelle informali (esperienza acquisita sul lavoro ed esperienzedi vita).

❏ Corsi brevi: corsi al margine del sistema scolastico, di minor durata dei cicliscolastici, però con l’esplicito intento di formare ed organizzati formalmente;di norma sono rivolti a gruppi specifici.

❏ Lavoro: esperienza acquisita mediante l’esercizio di un’attività remunerata svoltadurante gli studi o successivamente.

❏ Esperienze di vita significative: alcuni studi evidenziano che nei percorsiformativi di una parte qualitativamente importante dei giovani compaiono espe-rienze che, anche se difficilmente classificabili, sono fondamentali per spiega-re le loro capacità professionali, come l’esercizio di responsabilità associative,ecc.

❏ Percorsi formativi complessi: l’articolazione dei “componenti formativi” nellacostruzione di percorsi formativi dei singoli individui.

“In Spagna, negli ultimianni, si è registrato un no-tevole incremento dei ciclidi studio “non scolastici”,ovvero strutturati al di fuo-ri del sistema educativo(...)”

“(...) invece che compensa-re le disparità nell’istruzio-ne scolastica, l’uso di altrisistemi formativi accrescele differenze.”

quali, paradossalmente, sono rivolte ai gio-vani con basso livello di formazione o condifficoltà occupazionali.

La combinazione tra le varie compo-nenti non segue una sequenza tempo-rale prefissata, in quanto esse in granparte coesistono durante la formazio-ne iniziale

Le Tabelle 2 e 4 evidenziano che né i corsibrevi né l’esperienza professionale inizia-no dopo la formazione scolastica, perchéci troviamo dinanzi ad un continuum diformazioni che si combinano nel tempo.Logicamente, i corsi brevi e l’esperienzalavorativa tendono ad aumentare il loropeso con l’età degli utenti, anche se a tuttele età permane un certo grado d’inter-sezione tra formazione scolastica da unlato e corsi brevi o esperienza professio-nale dall’altro.

La Tabella 3 indica che 2/3 dei corsi bre-vi sono di perfezionamento o di altaspecializzazione. Questo dato, assieme aquelli precedenti, evidenzia la difficoltàdi stabilire limiti chiari tra formazione ini-ziale e continua dei giovani. Infatti unaparte di loro ha già assunto atteggiamentipropri della “formazione lungo tutto l’ar-co della vita”, mentre altri, soprattuttoquelli che non possiedono una sufficien-te formazione scolastica, rimangono al difuori di questa dinamica.

Polarizzazione dei percorsi formativi

Le componenti non scolastiche non sipresentano come alternativa o recuperodi una formazione iniziale insufficiente.Invece (Tabella 1, corsi suddivisi per li-vello di studi) i percorsi formativi sipolarizzano a partire dalla pregressa for-mazione scolastica; coloro che dispongo-no della migliore formazione sono quelliche acquisiscono una maggiore formazio-ne attraverso le altre componenti. Unminimo di formazione scolastica, equiva-lente all’istruzione obbligatoria, rappre-senta la premessa sine qua non per ulte-riori formazioni.

Alternanza “spontanea” tra studio elavoro

Nel percorso d’inserimento e di consoli-damento professionale, buona parte deigiovani spagnoli abbina formazione sco-

privato (complemento alla formazionescolastica pagato dalla famiglia o dal-l’azienda) sia come parte delle politichepubbliche di inserimento professionaledei giovani. Tali politiche hanno registra-to un notevole sviluppo in Spagna dopol’adesione alla CE, in considerazione del-la possibilità di accesso ai fondi struttu-rali e in particolare al Fondo Sociale Eu-ropeo (la cui funzione principale è quel-la di favorire la formazione iniziale deigiovani e di ridurne le difficoltà d’inseri-mento professionale).

La realtà attuale è che circa la metà deigiovani spagnoli ha seguito studi di que-sto tipo (Navarro e Mateo, 1993); questamodalità di formazione non si distribuisceomogeneamente tra i giovani dato che,come evidenzia la Tabella 1, i giovani chehanno frequentato più corsi brevi sonoquelli con il livello di studi più elevato;pertanto, invece che compensare le dispa-rità nell’istruzione scolastica, l’uso di altrisistemi formativi accresce le differenze. Ciòvale sia per i corsi che costituiscono partedel consumo privato dei giovani sia per icorsi legati alle politiche pubbliche, le

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Tabella 1: Numero di corsi brevi seguiti fino ai 31 annid’età a seconda del livello di studio (Percentuali)

0 1 2 o 3 4 o più totale

Scuola primaria 72,6 12,4 9,5 5,5 100Formaz. profess. 53,8 9,9 19,1 17,3 100Sc. sup. e COU 38,7 19,3 24,2 17,8 100St. superiori 26,3 6,0 27,1 40,6 100

“In un sistema di formazio-ne, come quello spagnolo,che fino a poco tempo faera soprattutto di tipo sco-lastico sussistono parados-salmente elementi di “for-mazione in alternanza” de-rivati dalla pratica lavora-tiva dei giovani (...)” duran-te gli studi.

“(...) i percorsi formatividei giovani sono compostialmeno da tre elementi: stu-di scolastici, corsi brevi edesperienze di lavoro (...)”

lastica e lavoro. In un sistema di forma-zione, come quello spagnolo, che fino apoco tempo fa era soprattutto di tipo sco-lastico sussistono paradossalmente ele-menti di “formazione in alternanza” deri-vati dalla pratica lavorativa dei giovani.

La Tabella 4, in cui sono contemplati glistudenti che lavorano (studio e lavoro) ei lavoratori che studiano (lavoro e stu-dio), conferma i dati raccolti dall’AMB(Area Metropolitana di Barcellona) e cipermette di formulare l’ipotesi che unterzo - la metà dei giovani spagnoli abbiaabbinato per almeno un anno lo studio allavoro. Ciò indica due cose: primo, cheper buona parte di loro la transizione dallascuola al lavoro è passata per un periododi scuola e lavoro; secondo, che l’espe-rienza professionale è un elemento pre-sente nella formazione iniziale di più dimetà dei giovani spagnoli. Ciò implica una“dualizzazione” più o meno marcata deiprocessi formativi che colloca l’esperien-za professionale all’interno della forma-zione scolastica e non solo al suo termi-ne.

La formazione scolastica perde impor-tanza quantitativa nei percorsi formati-vi più variati con la crescita degli spaziformativi non scolastici, mentre guada-gna importanza qualitativa in quantoconsente l’accesso e regola gli itinerari for-mativi, sia durante sia dopo la formazio-ne scolastica. Ciò aumenta il carattereselettivo, anche rispetto alle possibilità di“formazione lungo tutto l’arco della vita”offerte ai giovani dalla formazione scola-stica.

Percorsi formativicomplessi e loro modelli

Dai paragrafi precedenti emerge che ipercorsi formativi dei giovani, almeno diquelli dell’AMB, non seguono modellipredefiniti dalle logiche scolastiche. Larealtà è più complessa ed è condizionatadai cambiamenti nei contenuti delle qua-lifiche e dall’allargamento degli scenariformativi che la società offre ai giovaniper ottenerle.

Alla domanda: “Come è che i giovani han-no imparato a fare ciò che sanno fare?”occorre rispondere in termini globali e di

analisi di percorsi formativi evitando rigi-dità istituzionali predeterminate.

Per esaminare i percorsi bisogna consi-derare gli elementi formativi e studiarnel’articolazione nella costruzione di itine-rari complessi.

Dai dati fin qui citati emerge che i per-corsi formativi dei giovani sono compo-sti almeno da tre elementi: studi scolasti-ci, corsi brevi ed esperienze di lavoro.

Analisi più particolareggiate (Planas, 1991e 1993) evidenziano che a tali componen-ti, facilmente individuabili e quantificabili,ne andrebbero aggiunte altre, comel’esperienza di vita e il consumo cultura-le. Poiché però partiamo dall’inchiestacondotta sui giovani dell’AMB, ci limite-remo alle componenti sopra menzionate(integrando alcuni elementi delle espe-rienze di vita, come l’associazionismo).

La Tabella 5 illustra i 13 modelli di per-corsi costruiti sulla base delle predettevariabili2. Seguendo le tendenze indivi-duate attraverso i dati precedenti, questimodelli mostrano una polarizzazione dei“percorsi formativi complessi”: da un lato,i percorsi A e B, che definiscono unapovertà formativa (sempre relativa) odestrutturazione; dall’altro, i percorsi C eD caratterizzati dall’abbondanza dellevarie componenti formative e dal succes-so.

L’immagine di questa polarizzazione siconsolida se consideriamo la relazione trapercorsi formativi e risultati ottenuti a li-vello d’inserimento.

Percorsi formativi e professionali:doppia dualizzazione concordante

La Tabella 6 riassume la relazione tra “per-corsi formativi complessi” e risultati

2) Questi percorsi sono stati costruitimediante le tecnica di Classificazio-ne automatica per corrispondenzemultiple (Lebart et al., 1981), per clas-si d’età d’inserimento professionale etenendo conto del loro peso relativonel campione. Il percorso A corrispon-de a situazioni lavorative stabili (buo-ne o cattive) iniziate attorno ai 16 annid’età; il percorso B a quelle iniziatetra i 16 e 18 anni; il percorso C a quel-le iniziate tra i 19 e i 22 anni; il per-corso D a quelle iniziate a partire dai27 anni.

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Tabella 2: Percentuale di abbinamento studi scolastici-corsi brevi, per età, rispetto all’intera popolazione

Età solo scolastico + solo corsiscolastico corsi brevi brevi totale

14 85,9 4,6 0,4 90,915 62,7 6,0 2,3 71,016 54,6 7,5 4,7 66,817 44,1 9,2 4,3 57,618 33,3 9,1 7,2 49,619 28,7 8,3 6,6 43,620 23,4 7,1 5,0 35,521 20,0 7,0 6,5 33,522 16,3 5,3 10,2 31,823 13,3 5,3 10,4 29,024 11,7 3,5 11,8 27,025 8,1 3,2 14,4 25,726 6,5 3,3 12,2 22,027 7,2 3,0 14,1 24,328 7,7 1,6 16,4 25,729 5,4 1,9 19,3 26,630 5,2 1,0 18,3 24,531 4,4 1,2 16,5 22,1

confronti della formazione, del lavoro edelle prospettive professionali. D.1 in-vece è un percorso formativo prolunga-to e ricco in tutte le sue componenti, checorrisponde ad una traiettoria professio-nale ascendente con un impiego stabile,un elevato grado di soddisfazione rispet-to alla formazione ricevuta e grande chia-rezza per quanto riguarda gli obiettivipersonali, il cui raggiungimento si tra-duce in soddisfazione sul lavoro, sia peril suo contenuto sia per la sua retribu-zione.

Dinanzi a questa tendenza generale dipolarizzazione degli itinerari formativi edei loro risultati a livello d’inserimento visono eccezioni minoritarie rappresentatedai percorsi A.1 (2,5% del campione) eD.3 (6,5% del campione). Il percorso A.1corrisponde ai giovani che, malgrado uninserimento professionale precoce, sen-za formazione e precario sotto il profilooccupazionale, superano i loro deficit sulpiano della formazione iniziale mediantecorsi e reiscrizioni a istituti scolastici ot-tenendo un diploma scolastico; in ter-mini di risultati, questo percorso si tradu-ce in un aumento delle probabilità di con-seguire un impiego qualificato e di esse-re soddisfatti per quanto riguarda gliobiettivi raggiunti in relazione alla quali-tà e alla stabilità del lavoro.

Il percorso D.3 rappresenta il fenomenoinverso; in esso confluiscono i giovani conun elevato livello di formazione scolasti-ca, ma con un itinerario formativo e pro-fessionale destrutturato. Questo percorsocorrisponde a un insuccesso in terminid’inserimento, vissuto come tale dal sog-getto.

Va rilevato che i giovani con maggioriprobabilità di diventare imprenditori sonoquelli che hanno seguito percorsi carat-terizzati da successo negli studi scolasticie da considerevoli atouts formativi.

La principale conseguenza desumibile daidati riportati è l’esistenza di un processodi dualizzazione che tende a polariz-zare i percorsi partendo dalla forma-zione iniziale e che si consolida attra-verso la formazione continua. Il rap-porto tra questa “dualizzazione formativa”e i risultati dell’inserimento emerge dallaTabella 6, che evidenzia una “doppiadualizzazione concordante” tra itinerari

dell’inserimento professionale mediantegli indicatori utilizzati nella ricerca cheevidenziano maggiore capacità esplicati-va: la situazione professionale a 31 annid’età, la traiettoria professionale e la per-cezione soggettiva del risultato.

I dati disponibili mostrano, da un lato,una forte polarizzazione formativa neipercorsi prevalenti dei gruppi estremi;dall’altro, evidenziano le sfumature intro-dotte dalle componenti formative abbinateai diplomi accademici, permettendoun’analisi più qualitativa dei processi for-mativi dei giovani e dei loro risultati alivello d’inserimento.

La Tabella 6 illustra che vi è una separa-z ione net ta nei r isul ta t i sul pianodell’inserimento ottenuti, in termini siasoggettivi che oggettivi, con percorsi A eB e con percorsi C e D.

La massima polarizzazione, a livello siaformativo che di risultati, si ha tra i per-corsi A.2 (17,4% del campione) e D.1(14,9% del campione). A.2 è un itinera-rio formativo minimo che corrisponde adun elevato rischio di disoccupazione ed’instabilità in posti di lavoro non quali-ficati con un senso di insoddisfazione nei

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Tabella 3: Distribuzione percentuale del livello dei corsibrevi

Livello uomini donneiniziale 33,7 34,1perfezionamento e alta specializzazione 66,3 65,9

100 100(736) (911)

formativi e dualizzazione del mercato dellavoro (Recio, 1991) attraverso i corrispon-denti risultati dell’inserimento. Dettadualizzazione tenderà ragionevolmente arafforzarsi nella misura in cui: a) le poli-tiche formative aziendali si orientanoprioritariamente ai lavoratori più formati;b) l’evoluzione degli utenti delle politi-che pubbliche di formazione professio-nale si sposta verso livelli di diplomi se-condari e superiori; c) l’accesso agli im-pieghi di maggiore qualità ai fini dellaformazione si restringe ai giovani conpercorsi di formazione iniziale più lun-ghi.

In un contesto di mobilità professionale,di “formazione lungo tutto l’arco dellavita” e di abbondanza di diplomi scola-stici, la carriera professionale dipendedalla capacità di accedere alla formazio-ne continua (formale o informale), la qua-le (come mostrano le Tabelle 5 e 6) di-pende in gran parte dalla formazione sco-lastica pregressa. In tal senso, tendono ascomparire i percorsi di successo ai finidella costruzione della carriera professio-nale basati (esclusivamente) sull’esperien-za di lavoro fondata su un inserimentoprofessionale precoce.

I dati indicano che la formazione conti-nua tende ad essere più presente nel qua-dro dei processi di “formazione lungo tut-to l’arco della vita” e a concentrarsi suigiovani che dispongono di una formazio-ne scolastica iniziale di livello seconda-rio-superiore o superiore, il che aumentadurante l’arco della vita le differenzeformative tra questi giovani e quelli chenon possiedono un grado sufficiente diformazione iniziale. Se la formazione con-tinua non consente di colmare i deficit diformazione iniziale e di accedere ai di-plomi corrispondenti, difficilmente potràoffrire una “seconda opportunità” fungen-do “spontaneamente” da integrazione diuna valida formazione iniziale.

La nuova “centralità” dellaformazione scolastica

Alle constatazioni di tipo statistico vannoaggiunte altre considerazioni.

La progressiva complessità dei processiformativi richiede da parte dei giovani una

Tabella 4: Percentuale3 di giovani che abbinano scuolae lavoro

Età studenti lavoratori totaleche lavorano che studiano lav./stud.4

16 7,8 14,4 22,217 9,7 14,5 21,018 8,3 12,7 21,019 9,0 11,0 20,020 6,7 8,1 14,721 5,6 10,5 16,122 4,7 8,4 13,123 4,1 7,5 11,624 3,0 7,7 10,725 2,0 7,0 9,026 1,4 6,8 8,227 1,7 7,0 8,728 1,2 7,5 8,729 1,0 5,2 6,230 0,8 5,1 5,931 0,4 4,6 5,0

3) Tutte le percentuali sono calcolatesul totale della popolazione di riferi-mento.

4) Percentuale globale dei giovani chestudiano e lavorano contemporanea-mente, a prescindere dalla quota distudio e lavoro. Si può parlare di gio-vani con statuto misto di studente elavoratore.

nuova capacità di gestire e creare i pro-pri processi formativi in una logica similea quella della costruzione delle identitàsociali e professionali (Dubar, 1991). Talecapacità deriva da tre fattori non stretta-mente scolastici; è evidente il rapportoesistente tra capacità, accesso alla forma-zione, famiglia e contesto in cui è cre-sciuto l’alunno (Carnoy, Castells, 1995 ePlanas, Garcia, Zaldivar, 1995). Da ciò sidesume che la scuola acquisisce un nuo-vo ruolo fondamentale ai fini dellaregolamentazione dei processi formativipiù ampi, in quanto offre ai giovani, inmaniera più democratica rispetto alle fa-miglie, la “capacità di gestire percorsi for-mativi complessi”. G. Franchi (1984, 1992)def inisce questo fenomeno “nuovacentralità della scuola” come struttura diregolamentazione del sistema di sistemiin cui si strutturano le nuove offerteformative.

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Codice Descrizione

A.1 Abbandono scolastico precoce, reinserimento scolastico da adulto con conseguimento del diploma, lavo-ro durante la frequenza scolastica e a corsi brevi

A.2 Percorso di povertà formativa in tutte le sue componenti

A.3 Abbandono scolastico precoce, reinserimento scolastico senza conseguimento del diploma e abbondanzadi corsi brevi

B.1 Completamento della scuola dell’obbligo, senza alcuna formazione successiva

B.2 Completamento della scuola dell’obbligo con fallimento degli studi secondari e con corsi brevi

B.3 Completamento della scuola dell’obbligo o recupero mediante formazione professionale di 1° livello, conesperienza di lavoro durante gli studi e i corsi brevi

C.1 Maturità con breve percorso universitario senza conseguimento di un diploma, abbondanza di corsi brevie breve esperienza associativa

C.2 Diploma di formazione professionale di 2° livello, corsi brevi e lunga esperienza associativa

C.3 Diploma universitario (ciclo breve) con abbondante esperienza di lavoro durante gli studi e abbondanticorsi brevi

C.4 Diploma della scuola dell’obbligo con corsi brevi e ritardo nello stabilizzare la situazione lavorativa

D.1 Abbondanza formativa in tutte le sue componenti: diploma superiore, lunga esperienza di lavoro eassociazionismo, con molti corsi brevi

D.2 Diploma di formazione professionale di 2° livello con inserimento lavorativo ritardato

D.3 Maturità con ritardo nella stabilizzazione dell’inserimento, con fallimenti nei reinserimenti scolastici (uni-versità) e scarsi atout formativi

Tabella 5: Percorsi formativi complessi

La formazione dei menoformati

In Spagna, come in altri paesi, le difficol-tà d’inserimento professionale colpisco-no in maniera generalizzata tutti i giova-ni. Come già detto, interessano maggior-mente quelli che non possiedono unaformazione iniziale minima e sui quali siconcentra il maggior rischio di instabilitàlavorativa e di bassa qualità del lavoro,caratteristiche del mercato del lavoro se-condario.

Anche se questi giovani sono più forma-ti dei loro genitori, le trasformazioni in

atto sul mercato del lavoro in Spagnadovute al mutamento tecnologico, allamondia l i zzaz ione de l l ’economia eall’innalzamento del livello di studio deiloro coetanei, li colloca in una situazio-ne peggiore, vale a dire che l’evoluzio-ne del mercato del lavoro tende ad esclu-dere i giovani meno formati (spesso spin-gendoli nel mercato del lavoro seconda-rio). Sia per il loro deficit di qualifichesia per le differenze di livello rispetto ailoro coetanei, i giovani con un più bas-so livello di studio e di formazione sonoquelli che, in linea di massima, sono amaggior rischio di esclusione (Planas,Garcia, Zaldivar, 1995) dal lavoro e dal-la formazione continua.

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La formazione continuatende “(...) a concentrarsisui giovani che dispongonodi una formazione scolasti-ca iniziale di livello secon-dario-superiore o superio-re, il che aumenta durantel’arco della vita le differen-ze formative tra questi gio-vani e quelli che non possie-dono un grado sufficientedi formazione iniziale.”

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“La progressiva complessi-tà dei processi formativi ri-chiede da parte dei giova-ni una nuova capacità digestire e creare i propriprocessi formativi in unalogica simile a quella dellacostruzione delle identitàsociali e professionali (...)”

“La ‘nuova centralità dellascuola’ come struttura diregolamentazione del siste-ma di sistemi in cui si strut-turano le nuove offerteformative.”

Che cosa si può fare affinché i giova-ni meno formati accedano alla forma-zione continua?

La risposta è semplice: costruire forma-zioni continue in grado di soddisfare lenecessità dei giovani e creare necessitànei giovani che hanno bisogno di forma-zione continua. Il fatto che la risposta siabanale non significa che sia facile tradur-la in azioni concrete.

La costruzione di percorsi complessi sisitua tra desideri (aspettative) e opportu-nità. Quando tale rapporto si sviluppanell’ambito della crescita delle offerteformative e d’incertezza nei confronti delfuturo professionale, la “capacità di co-struire efficacemente percorsi formativi”diventa un requisito perché essi risultinocomprensibili e coerenti per “l’altro”.

In relazione alla formazione continua,sviluppare questa capacità implica alme-no quattro cose:a) disporre di un minimo di formazionebase per accedere alle offerte di forma-zione continua;b) capacità di utilizzare, mediante l’acces-so alle informazioni e alla comprensionedei significati e dei contenuti delle for-mazioni continue disponibili, un’offertache si presenta dispersa;c) un contesto di lavoro che esalti la for-mazione;d) interesse personale per la formazione.

Dall’analisi emerge che le azioni per pro-muovere l’accesso alla formazione conti-nua dei giovani non formati sono azioni“controcorrente” che, per essere efficaci,necessitano di decisi interventi politici neiquattro campi sopra citati.

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Le costrizioni cognitivedell’apprendimento du-rante l’intero arco dellavitaL’apprendimento durante l’intero arcodella vita è certamente un obiettivo coe-rente con gli ideali umanisti. Quest’obiet-tivo è però anche coerente con le nostreconoscenze del funzionamento cognitivo?In termini più concreti, possiamo chie-derci: quali sono le forme di apprendi-mento che possono essere adottate du-rante l’intero arco della vita e, se deter-minate forme di apprendimento possonoaver luogo solo durante l’infanzia, in chemodo queste ultime si caratterizzano ri-spetto a quelle di cui possono disporregli adulti? Esamineremo in particolare sequest’ultime forme d’apprendimento sia-no colpite o no dall’invecchiamentocognit ivo normale e se la mancatascolarizzazione e la carenza di un’adegua-ta istruzione condannino definitivamenteo no lo sviluppo delle capacità cognitivedell’individuo adulto. L’esame di questiproblemi ci consentirà di tenere presentecome la nostra conoscenza dei fattoricognitivi in questione possa ispirare pro-grammi di apprendimento previsti per l’in-tero arco della vita ed alle condizioni sem-pre più esigenti della società cognitiva chestiamo costruendo.

L’approccio behavioristico, particolarmen-te influente nel corso degli anni 1920-1960, ha tentato di porre in evidenza al-cune leggi generali dell’apprendimento,valide per i diversi tipi di comportamen-to, per i diversi tipi di specie animali eper i diversi periodi della vita. Oggi que-st’approccio è caduto in discredito. Leleggi generali ricercate si giustifichereb-bero grazie alla sensibilità degli organi-smi alle regolarità statistiche esistenti trauno stimolo condizionato ed uno stimoloincondizionato. È stato tuttavia constata-to nell ’ambito della stessa correntebehavioristica che gli animali hanno del-le predispozioni per determinate associa-zioni di stimoli. I ratti, ad esempio, ap-

L’approccio cognitivo distin-gue tra l’acquisizione delle ca-pacità linguistiche e percettivedi base, che si realizza moltopresto nella vita dell’individuo(cioé nel corso dei periodi co-siddetti sensibili), le forme diapprendimento che si riferi-scono alle conoscenze ed allestrategie di trattamento dell’in-formazione e quelle forme diapprendimento che possonoverificarsi durante tutto l’arcodella vita. La mancata scolariz-zazione e l’assenza di un’ade-guata istruzione comprometto-no fortemente lo sviluppo diquest’ultimo tipo di competen-ze, non però in maniera defi-nitiva. L’invecchiamento toccain maniera preponderante laconservazione di questo tipo dicompetenze piuttosto che le al-tre. Ciononostante, l’eserciziocostante dell’attività cognitivapermette di mantenere un ele-vato livello di prestazione erende possibili nuove forme diapprendimento.

RégineKolinskyDottoressa in scienzepsicologiche. Ricer-catrice qualificatapresso il Fondo na-zionale per la ricer-

ca scientifica, incaricata distudi presso il Laboratorio dipsicologia sperimentale del-l’Università Libera di Bruxel-les.

José MoraisProfessore, decanodella Facoltà discienze della psicolo-gia e dell’educazionedell’Università Liberadi Bruxelles. Membrodel comitato nazio-

nale di psicologia dell’Acca-demia Reale del Belgio e delcomitato scientifico dell’Os-servatorio nazionale dellalettura (Francia).

prendono molto rapidamente ad associa-re delle sensazioni di nausea in rispostaal fatto d’aver bevuto dell’acqua che pre-senti un gusto particolare e ad associarela sensazione di uno choc elettrico allavisione d’una luce, ma provano notevolidifficoltà ad associare nausea e luce ochoc ed acqua (Garcia e Koelling, 1966).Gli organismi sono dunque predisposti adapprendere determinate associazioni in-vece di altre. Questo meccanismo d’asso-ciazione dipende dalla specie. La sensa-zione d’avvelenamento, ad esempio, è piùfacilmente associata al colore dell’acquapresso le specie diurne, mentre il suo sa-pore viene maggiormente associato pres-so quelle notturne (Wilcoxon, Dragoin eKral, 1971).

I periodi sensibili

L’essere umano è dotato di linguaggio; lesue disposizioni linguistiche sono iscrittein un patrimonio genetico. I dati scienti-fici mettono in evidenza una sensibilitàmolto affinata per il linguaggio parlato sindai primi giorni della vita ed addiritturaprima della nascita. Il comportamento disuzione dei momenti di nutrizione in ri-sposta a sillabe presentate all’orecchiodestro o sinistro indica l’esistenza già atre o quattro giorni di vi ta di unalateralizzazione cerebrale nell’emisferosinistro del trattamento della parola(Bertoncini , Morais , Bi jel iac-Babic,McAdams, Peretz e Mehler, 1989). Il com-portamento di suzione dei momenti dinutrizione vera e propria mostra inveceche questi atti sono già familiarizzati conil linguaggio materno (Mehler, Jusczyk,Lambertz, Halsted, Bertoncini e Amiel-Tyson, 1988) e che a quattro mesi e mez-zo il bambino riconosce il proprio nome(Mandel, Juszyk e Pisoni, 1995). Tra i sei

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“La non scolarizzazione ela mancata istruzione dibase toccano invece in ma-niera drammatica i proces-si cognitivi di più elevatolivello.”

ed i dieci mesi la percezione dei bambiniè già influenzata dal repertorio vocalicoe consonantico della lingua materna (DeBoysson-Bardies, 1996). Una volta trascor-sa quest’età - e di sicuro dopo i due anni- il bambino proverà delle consistenti dif-ficoltà a distinguere suoni che corrispon-dano a fenomeni diversi in lingue diver-se dalla propria (questo caso si verifica,ad esempio, per i bambini giapponesi chesi vedono confrontati con la nostra distin-zione tra la lettera “r” e la “l”). Se il bam-bino è rimasto privo dell’esperienza pre-coce di una lingua, sarà in grado di svi-luppare una capacità di comunicazionelinguistica estremamente modesta, comedimostra il caso dei cosiddetti bambiniselvaggi ed, in particolare, quello del ge-nio che, vissuto in isolamento sino all’etàdi dodici anni, è stato in seguito oggettodi consistenti tentativi di rieducazione(Curtiss, 1977). In altri termini, il periodosensibile di acquisizione del linguaggioparlato è anche un periodo critico.

Le brevi osservazioni fatte, riprese daun’ampia letteratura di settore, sono suf-ficienti a mostrare chiaramente chel’apprendimento delle competenze di basedel linguaggio non può avvenire durantel’intero arco della vita. L’apprendimentodei procedimenti fondamentali utilizzatiper gli altri sistemi percettivi (visuale, ecc.)è limitato ad un periodo sensibile che nonva oltre ai primi anni (in taluni casi, anzi,ai primi mesi) di vita (si veda una pre-sentazione dettagliata ed accessibile delproblema in: Mehler e Dupoux, 1990, ePinker, 1994).

Questa constatazione induce tuttavia a for-mulare una previsione pessimistica uni-camente per gli individui che hanno su-bito nella loro infanzia privazioni otraumatismi linguistici o percettivi del tuttodrammatici. La mancata scolarizzazione el’assenza di un’adeguata istruzione di basecomportano in quanto tali degli effettiriduttivi sullo sviluppo delle capacitàcognitive, ma non nuociono affatto allacostituzione delle strutture linguistiche epercettive di base. Per quanto concernepoi la percezione delle scene e degli og-getti visivi, l’analisi iniziale degli oggetticolti nelle loro dimensioni elementari (for-ma, colore, orientamento, ecc.) viene ef-fettuata in modo automatico ed inconscio,cioé in una fase precedente al riconosci-mento consapevole della realtà percepi-

ta: in tal senso essa sembra essere pre-sente sia nell’adulto non scolarizzato chenello studente universitario (Kolinsky,Morais e Verhaeghe, 1994). Per quantoconcerne poi la percezione delle paroleparlate, i dati relativi all’analisi inizialedelle unità acustico-fonetiche, la cui iden-tità dipende dal linguaggio, non indicanoalcuna differenza tra bambini in fase diprescolarità, adulti privi di una istruzionedi base ed adulti con una istruzione dibase (Morais e Kolinsky, 1994).

Le conseguenze cognitivedella non scolarizzazionee della mancata istruzionedi base

La non scolarizzazione e la mancata istru-zione di base toccano invece in manieradrammatica i processi cognitivi di più ele-vato livello. Le strategie di riconoscimen-to, di memorizzazione e di recupero del-l’informazione mediante l’uso della me-moria, nonché le strategie di soluzionedei problemi, di analisi e d’integrazioneintenzionale delle conoscenze sono mol-to più sviluppate ed efficaci nelle perso-ne scolarizzate e dotate di un’istruzionedi base. È ovvio poi che le persone do-tate di un’istruzione di base dispongonodi una enorme superiorità per quantoconcerne la ricchezza e la complessitàdelle conoscenze, in particolare di quel-le che comportino dei concetti astratti.Per esemplificare le diversità delle capa-cità cognotive ci limitiano a far presenteche l’input della memoria verbale a bre-ve termine tocca presso gli adulti nonscolarizzati solo la metà di quello di cuidispongono gli universitari (rispettiva-mente quattro e otto item). I risultati per-seguiti dagli adulti non scolarizzati aiclassici test d’intelligenza, come ad esem-pio il WAIS, sono piuttosto deboli: il 69%viene collocato nella categoria dei defi-cienti mentali o al limite della deficien-za mentale. È chiaro che questi test - no-nostante le opinioni ampiamente affer-mate tra gli operatori di settore - nonsono indipendenti dalla cultura. Gli adultinon scolarizzati che hanno appreso aleggere ed a scr ivere nei cors i d ialfabetizazione, ma che restano essen-zialmente ai margini della cultura scrittapoiché non dispongono della stessa espe-

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“Le difficoltà delle personenon scolarizzate provanol’importanza delle forme diapprendimento scolare nel-lo sviluppo di una capaci-tà di analisi intenzionale(…)”

rienza di trattamento dell’informazionedelle persone che abbiano goduto di unascolarizzazione normale, non perseguo-no ai test del WAIS risultati sostanzial-mente migliori di quelli delle personeprive di un’istruzione di base. Solo il 12%tra di loro sarebbe in grado di collocarsiad un livello medio di intelligenza, men-tre il 44% si collocherebbe al limite del-la deficienza od addirittura della deficien-za mentale. D’altronde non abbiamo avu-to modo di rilevare alcuna differenza direndimento tra le persone prive discolarizzazione e le persone con tardascolarizzazione (entrambe le categoriesono chiaramente al di sotto dei livellinormali) nell’applicare un altro test diintelligenza generale, le matrici di Raven,considerato invece particolarmente ido-neo a valutare persone di un modestolivello culturale (si veda anche Cary,1988). Non intendiamo fare alcun pro-cesso a questo tipo di test, il cui utilizzoha talvolta indotto ad abusi culminantisoprattutto nella legge di restrizione delleimmigrazioni negli USA del 1924 (cfr. adesempio Gould, 1983). Per quanto con-cerne le persone non scolarizzate da noianalizzate, basti constatare che il loro li-vello di adattamento nelle diverse situa-zioni della vita, anche professionali, è ingenere positivo, oppure che alcuni diloro sono riusciti ad imparare a leggeree a scr ivere in a lcune c i rcostanzesocioeconomiche sfavorevoli: questi fat-ti provano la possibilità di una diversatendenza nell’analisi diagnostica di que-sto “livello di intelligenza”. Un’analisidettagliata delle loro risposte prova ineffetti, soprattutto tra le persone privedi scolarizzazione, una mancanza difamiliarità con la situazione di test (adesempio con i limiti di tempo imposti perla realizzazione delle prove) ed una man-canza di flessibilità nel ricorrere a nuo-ve soluzioni in caso di insuccesso; perentrambe le categorie quest’approccioprova poi alcune difficoltà d’analisi vi-suale intenzionale e di ragionamento ana-logico (Kolinsky, in corso di pubblica-zione).

Le difficoltà delle persone non scolarizzateprovano l’importanza delle forme diapprendimento scolare nello sviluppo diuna capacità di analisi intenzionale, cheva peraltro distinta da quelle capacità dianalisi percettiva automatica ed inconsciaa cui si è già fatto riferimento. Si ricordi,

a titolo di esempio, che gli adulti nonscolarizzati hanno grandi difficoltà a per-cepire la parte nascosta di una figura,anche se dispongono di tempo illimitato(Kolinsky, Morais, Content e Cary, 1987)e provano forti difficoltà a prestar atten-zione in modo selettivo alle componentidegli stimoli mediante una selezione del-l’informazione non pertinente, come av-viene ad esempio qualora debbano distin-guerle in funzione del loro colore colvariare ortogonale della forma (Kolinsky,1988).

L’apprendimento in età adulta del codicescritto, data l’insufficiente esperienza chelo condiziona, non consente nella mag-gior parte dei casi di sviluppare, solo gra-zie a questo strumento, delle consistentistrategie di trattamento dell’informazione.Quest’apprendimento comporta tuttaviarisultati non indifferenti che vanno benoltre alla capacità di lettura e scrittura.Gli scolarizzati in età adulta mostrano unacapacità superiore a quella delle personeprive di un’istruzione di base nel distin-guere le immagini sullo specchio (Kolins-ky, 1988). È probabile che l’orientamen-to degli oggetti acquisti un valore signifi-cativo ai fini della capacità di distingueresolo a partire dal momento in cui l’indi-viduo comincia a prestarvi attenzione gra-zie all’apprendimento della lettura e del-la scrittura. La conoscenza dell’alfabetoesige infatti che si presti attenzione allesottili differenze esistenti tra le lettere (adesempio la distinzione tra la b e la d),mentre queste differenze non presentanoalcuna utilità nella vita quotidiana al difuori delle attività connesse alla scolariz-zazione.

Un’altra importante differenza esistente trale capacità degli individui scolarizzati edi quelli non scolarizzati o, più esattamen-te, di quelli alfabetizzati e quelli nonalfabetizzati (nei sistemi di scrittura nonalfabetica vi sono anche degli scolarizzatinon alfabetizzati) è costituita dal fatto chesolo gli alfabetizzati sono capaci di de-scrivere esplicitamente la parola come unasequenza di quelle unità elementari astrat-te che noi definiamo fonemi. Abbiamopotuto dimostrare infatti che alcuni adul-ti portoghesi non alfabetizzati sono inca-paci di realizzare intenzionalmente delleoperazioni semplici di addizione o sop-pressione di un fonema nell’ambito dibrevi espressioni verbali, mentre i loro

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“Contrariamente all ’ap-prendimento del linguaggioparlato, l’apprendimentodel linguaggio scritto - opiù precisamente delle abi-lità di lettura e di scrittura- è possibile a tutte le età.”

compatrioti alfabetizzati in età adulta nonprovano le loro gravi difficoltà in questotipo di compiti (Morais, Cary, Alegria eBertelson, 1979; Morais, Bertelson, Carye Alegria, 1986). L’interesse di questa “co-scienza fonemica” e della relativa abilitàdi analisi non è puramente accademico.L’apprendimento della lettura nel sistemaalfabetico dipende in effetti sostanzial-mente dall’acquisizione di una procedu-ra di decodificazione fonologica fondatasulla conoscenza esplicita delle corrispon-denze esistenti tra i grafemi ed i fonemi.La perfetta conoscenza di queste corri-spondenze comporta d’altronde l’affer-marsi della coscienza fonemica. Numero-si esperimenti hanno provato che sussi-ste un effetto altamente positivo sull’abilitàdi riconoscimento delle parole scritte esulla capacità di coordinamento della co-noscenza delle corrispondenze con leoperazioni intenzionali sui fonemi (si vedain proposito la rassegna bibliografica for-nita in Morais, 1994).

Le relazioni tra l’apprendi-mento linguistico parlatoe l’apprendimento lingui-stico scritto

Contrariamente all’apprendimento del lin-guaggio parlato, l’apprendimento del lin-guaggio scritto - o più precisamente del-le abilità di lettura e di scrittura - è possi-bile a tutte le età. Per comprendere que-sta differenza è necessario tener presentela circostanza che il linguaggio parlato faparte della nostra condizione biologica dibase e che invece il linguaggio scrittocostituisce un prodotto culturale anche semette a profitto le capacità del linguag-gio parlato. Ricordiamo che il linguaggioparlato, sotto forme molto vicine al no-stro linguaggio proposizionale, esiste al-meno da trentamila anni, mentre è vero-simile che il linguaggio scritto si sia af-fermato solo da tre o quattromila anni.Eccetto in casi di determinate patologie,di cui l’autismo è la forma più acuta, ibambini che crescono in un ambientecaratterizzato dall’uso della parola - ivicompresa la maggior parte dei deficientimentali - imparano il linguaggio parlato.In contrasto con questa forza irresistibiledel linguaggio parlato, quanti bambinivivaci ed intelligenti provano notevolidifficoltà nell’apprendimento della lettu-

ra e della scrittura, nonostante gli sforzifatti dai genitori, dagli insegnanti e dairieducatori!

Le difficoltà di apprendimento del lin-guaggio scritto devono essere poste inrelazione con le caratteristiche del siste-ma di scrittura. Il nostro sistema di scrit-tura, fondato sull’alfabeto, rappresenta lastruttura del linguaggio parlato a livellodei fonemi. Ora, i fonemi sono gli ele-menti astratti di cui si compone la catenadel linguaggio parlato. Nel pronunciare,ad esempio, non il nome ma il suono dellalettera “b”, noi non ne pronunciamo ilfonema /b/ ma una sillaba (bd) come in“bedeau” (= scaccino) che comprende, intermini di descrizione fonologica, nonsolo questo fonema, ma anche un suonovocalico; in altri termini, nel pronunciarequesta lettera integriamo in maniera au-tomatica ed inconscia i gesti articolatorinecessari per produrre la consonante /b/e la vocale /bd/. Per parlare e compren-dere la parola non abbiamo bisogno diriferirci in modo cosciente ai fonemi. D’al-tra parte, per imparare a leggere ed a scri-vere nel sistema alfabetico dobbiamoprendere coscienza, come abbiamo pre-cedentemente affermato, del fatto che lelettere corrispondono agli elementi astrattidella catena parlata e che questa presa dicoscienza può essere disturbata in ragio-ne della coarticolazione dei fonemi.

La qualità delle rappresentazioni fono-logiche sviluppate e strutturate nell’am-bito dell’apprendimento della parola co-stituisce quindi una condizione essenzia-le dell’apprendimento delle rappresenta-zioni alfabetiche. Per questa ragione isordi congeniti, non avendo potuto svi-luppare e strutturare le rappresentazionifonologiche come gli udenti, provanomaggiori difficoltà nell’apprendimentodella lingua allitterata: la maggior partedei sordi non apprende il linguaggioallitterato - pochi sono quelli che raggiun-gono un livello elevato di lettura e scrit-tura. I ciechi congeniti, invece, possonobeneficiare dell’esperienza della parola,sviluppando e strutturando pertanto del-le rappresentazioni fonologiche; posso-no quindi apprendere a leggere e a scri-vere mediante un sistema tattile che rap-presenta le lettere dell’alfabeto (il siste-ma “Braille”) ed acquisire un livello diabilità che è inferiore a quello dei veden-ti solo per quanto conerne la rapidità:

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“È necessario riconoscereche l’alfabetizzazione nel-l’età adulta, così come vie-ne generalmente realizzata,ha una portata limitata.”

“L’alfabetizzato tardivomedio o tipico non può es-sere paragonato - a livellocognitivo e linguistico - conl’individuo che ha potutobeneficiare di una scolariz-zazione normale.”

“L’apprendimento per tuttol’arco della vita è un obiet-tivo che può essere perse-guito solo ove si tenga con-to dei limti posti dall’invec-chiamento delle capacitàcognitive. È quindi essen-ziale conoscere le modalitàdi “invecchiamento” di que-ste capacità.”

l’assimilazione dell’informazione è piùlenta nel sistema tattile che in quello visi-vo (per un esame comparato del ricono-scimento delle parole nelle diverse mo-dalità sensoriali si veda: Kolinsky, Moraise Segui, 1995).

L’apprendimento dellinguaggio scritto nell’etàadulta

Come abbiamo precedentemente riferito,non esiste un periodo critico per l’appren-dimento del codice scritto. Ci si può chie-dere tuttavia se l’infanzia non costituiscacomunque un periodo più sensibile perl’apprendimento della lettura e della scrit-tura, attività più difficili da apprendere inetà adulta. Mancano i dati in materia; dif-ficile è pertanto operare una verificaempirica del problema, tanto più che ibambini in età prescolare vivono oggi inun ambiente caratterizzato dall’espressio-ne scritta ed acculturata, diverso quindida quello degli adulti non alfabetizzati odalfabetizzati in età adulta, da noi osserva-ti.

Abbiamo comunque constatato che gliadulti non alfabetizzati non sono dotatidi capacità inferiori a quelle dei bambininon scolarizzati nel reagire positivamen-te ad un avvio all’analisi fonemica inten-zionale (Content, Kolinsky, Morais eBertelson, 1986; Morais, Content, Bertel-son, Cary e Kolinsky, 1988). Vi sono poidelle persone che, pur avendo imparatoa leggere ed a scrivere in età adulta, sonoin grado di sviluppare questa capacità inmodo non indifferente nell’ambito diun’attività cognitiva esigente, per cui èdifficile distinguerli dagli individui cheabbiano avuto un’istruzione superiore eduna normale scolarizazione durante l’in-fanzia. A mo’ di aneddoto, possiamo se-gnalare che il primo autore del presentearticolo ha conosciuto un portoghese,militante politico durante la dittatura diSalazar, che, dopo aver imparato a legge-re ed a scrivere in prigione, è divenuto inseguito redattore di un giornale e, nelsenso ampio del termine, un uomo colto.

Questi casi sono relativamente rari ove sitenga presente l’intero gruppo dei lettoritardivi; poco numerosi sono infatti colo-ro che possono inserirsi in un ambiente

stimolante sul piano cognitivo ed esserefortemente motivati. È necessario ricono-scere che l’alfabetizzazione nell’età adul-ta, così come viene generalmente realiz-zata, ha una portata limitata. Come ab-biamo visto nel paragrafo precedente, glialfabetizzati in età adulta si differenzianorispetto ai non alfabetizzati per quantoconcerne la coscienza fonemica, cioé unacompetenza s t ret tamente connessaall’apprendimento della lettura (si puòdire che essa ne sia una componente). Inmedia essi somigliano ai non alfabetizzatie sono molto diversi dagli alfabetizzatiscolarizzati per quanto concerne un in-sieme di diverse competenze connessealla comunicazione parlata: strategie di ri-conoscimento delle parole, conoscenzesintattiche, memoria verbale, ecc. In altritermini, le procedure di apprendimentoacquisite durante il periodo di alfa-betizzazione non influiscono automatica-mente sulle altre funzioni linguistiche.L’alfabetizzato tardivo medio o tipico nonpuò essere paragonato - a livello cognitivoe linguistico - con l’individuo che ha po-tuto beneficiare di una scolarizzazionenormale.

I limiti posti all’apprendi-mento dall’invecchiamen-to cognitivo normale

L’apprendimento per tutto l’arco della vitaè un obiettivo che può essere perseguitosolo ove si tenga conto dei limti posti dal-l’invecchiamento delle capacità cognitive.È quindi essenziale conoscere le modalitàdi “invecchiamento” di queste capacità.

Nel corso degli ultimi vent’anni la psico-logia cognitiva ha fatto dei progressispettacolari nella conoscenza dell’invec-chiamento cognitivo normale (cfr. Birrene Schaie, 1990; Craik e Salthouse, 1992;Van der Linden e Hupert, 1994). In termi-ni generali si può affermare che la visio-ne emergente da questi lavori è relativa-mente ottimista. Qualora si tratti di per-sone la cui professione comporta un’atti-vità quotidiana di trattamento significati-vo dell’informazione, il funzionamentocognitivo può restare efficace sino adun’età fortemente avanzata. Uno studiodi Shimamura, Berry, Mangels, Rusting eJurica (1995) sulle diverse abilità cogni-tive, in particolare sulla memoria, di pro-

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“Il riconoscimento dellagrande variabilità esisten-te tra i lavoratori anzianied il fatto che molti indivi-dui sulla sessantina sonocapaci di rendimenti analo-ghi a quelli degli adulti piùgiovani (…) ha contribuitoa far sì che negli USA a par-tire dal 1994 sia stata eli-minata l’età di 65 anni comedata di pensionamento.”

“(…) il livello di scolaritàcontribuisce in modo deter-minante a marcare le diffe-renze cognitive osservate infunzione dell’età (…).”

fessori dell’Università di Berkeley divisiin tre gruppi compresi tra i 30 / 44 anni(gruppo più giovane) e i 60 / 71 anni(gruppo più anziano), ha provato che, seil tempo di reazione aumenta e se la me-moria immediata o di associazione uno auno tra item diminuisce con l’avanzaredell’età, altri rendimenti mnemonici piùvicini al funzionamento cognitivo realerestano stabili: è questo il caso, ad esem-pio, della capacità di evitare l’interferen-za proattiva (provocata cioé dagli itemprecedenti) e della capacità di ricordaretesti narrativi o scientifici.

Questi risultati chiariscono una nozioneprovata da numerosi altri studi (in parti-colare da quelli che esaminano il com-portamento di giocatori di bridge o discacchi e delle dattilografe: cfr. rispetti-vamente Charness, 1981, e Salthouse,1984): l’invecchiamento cognitivo normalenon è un processo omogeneo tale da toc-care nello stesso modo le diverse capaci-tà. Sembra, per esempio, che le personeanziane possano accumulare abbastanzafacilmente delle conoscenze (tra l’altroquelle del lessico mentale), mentrel’apprendimento di sequenze di operazio-ni complesse - necessarie, ad esempio,per realizzare giochi video-interattivi - siapiù difficile: a partire dai trent’anni si os-serva uno scadimento del livello di ren-dimento (Rabbitt, Banerij e Szemanski,1989).

Lo studio dei rendimenti cognitivi nellediverse fasce di età non può limitarsi alraffronto delle singole medie di gruppo.La variabilità interna dei gruppi aumentainfatti con l’avanzare dell’età, per cui ingenere un certo gruppo di individui an-ziani è dotato di una capacità di rendi-mento analoga a quella di individui gio-vani (cfr. ad esempio Wilson e Milan,1995, che hanno studiato l’abilità a for-mare classi di equivalenza a partire darelazioni di transitività e di simmetria).Nell’opinione corrente ed anche in quel-la scientifica tradizionale l’invecchiamen-to cognitivo normale è sovente concepi-to come un processo di continuo decli-no, analogo all’invecchiamento fisico.Ciononostante, sembra oggi più appro-priato ricorrere, nel caso del funzionamen-to cognitivo, alla nozione di un lungoaltopiano seguito da una caduta finalevicina alla morte. Alcune “traiettorie ret-tangolari” di questo tipo sono ottenute

negli studi individuali longitudinali. Poi-ché la maggior parte di questi studi riferi-sce circa le medie su campioni di sogget-ti e poiché il momendo della caduta va-ria a seconda del singolo soggetto, la cur-va ottenuta in funzione dell’età rimandaad un continuo declino. Se invece la pre-stazione potesse essere valutata non inriferimento all’età cronologica a partiredalla nascita, ma all’età a partire dallamorte, si verrebbe ad avere una curvaturadel movimento evolutivo di tipo rettan-golare (Rabbitt, 1994).

Il riconoscimento della grande variabilitàesistente tra i lavoratori anziani ed il fattoche molti individui sulla sessantina sonocapaci di rendimenti analoghi a quellidegli adulti più giovani hanno indotto adoperare una distinzione tra l’età crono-logica e l’età funzionale; ciò ha contribu-ito a far sì che negli USA a partire dal1994 sia stata eliminata l’età di 65 annicome data di pensionamento. Nella cam-pionatura dei soggetti osservati negli stu-di citati si nota poi che il livello di scolaritàcontribuisce in modo determinante a mar-care le differenze cognitive osservate infunzione dell’età (Powell, 1994). L’osser-vazione di una diminuzione di rendimentocognitivo può essere quindi interpretatacome connessa all’età solo qualora que-sta variabile non venga confusa con il li-vello di scolarità.

Il fatto che l’invecchiamento cronologicosia associato a cambiamenti degenerativiirreversibili nel sistema nervoso centralenon deve indurre al pessimismo, soprat-tutto per quanto concerne le possibilitàdi un invecchiamento riuscito, cioé privodi un declino di prestazione. Il più im-portante periodo di perdita neurale nellavita di un individuo corrisponde al perio-do di apprendimento più veloce, cioé nelcorso dei primi tre anni di vita. Laconnettività tra i neuroni, più che il loronumero, è critica per quanto concerne ilfunzionamento cognitivo, mentre la pos-sibilità che i neuroni hanno di formaretra di loro nuove connessioni si mantieneper tutto l’arco della vita. Un arricchimen-to delle basi di dati ed un miglioramentodegli algoritmi sono dunque sempre pos-sibili. Non si tratta evidentemente di ne-gare la realtà dell’invecchiamento cogni-tivo anche nelle persone che mantengo-no un’attività intellettuale intensa. Mapoiché l’esperienza è positivamente

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“(…) l’alfabetizzazione do-vrebbe essere abbinata adun apprendimento di stra-tegie d’attenzione, di orga-nizzazione e di recuperodell’informazione a livellodi memoria, ragionamentoe programmazione.”

“Le forme di apprendimen-to più tardo, che possonoprotrarsi per tutto l’arcodella vita, dovrebbero rife-rirsi essenzialmente all’ap-prendimento di conoscenzedi alto livello; i programmidovrebbero includere unasensibilizzazione - cioé unasistematica introduzione -delle persone anziane allestrategie di recupero e diorganizzazione dell’infor-mazione.”

correlata all’età, in diversi settori del fun-zionamento cognitivo il rallentamento deltrattamento dell’informazione e la ridu-zione della memoria lavorativa possonoessere compensati da una maggiore effi-cacia delle strategie di organizzazione edi recupero dell’informazione nonché dal-l’approfondimento delle conoscenze chepermettono di evitare il deterioramentodelle prestazioni sino ad un’età relativa-mente avanzata.

È opportuno tuttavia operare una distin-zione tra due tipi di connettività: quellache dipende da predisposizioni biologi-che e che consente di attuare, in un peri-odo limitato di tempo detto sensibile, imeccanismi della percezione e del lin-guaggio parlato - e quella che corrispon-de all’acquisizione di conoscenze attra-verso un apprendimento deliberato. Èinteressante constatare che le competen-ze del primo tipo non sono colpite dal-l’invecchiamento, oppure lo sono solo inmodo ridotto. Molte delle competenze delsecondo tipo invece ne sono colpite. Inaltri termini, sembra che i “sistemimodulari” - cioé quelli che comportanol’intervento di trattamenti specifici, obbli-gatori, automatici, rapidi, non influenza-bili dalle conoscenze generali, dalle stra-tegie e dalla coscienza - siano meno toc-cati dall’invecchiamento di quanto inve-ce lo siano i sistemi che possiamo defini-re “centrali” e che generano l’attività men-tale cosciente, controllata ed intenziona-le. Il prezzo da pagare per la fissità deisistemi modulari è l’impossibilità dirigenerarli in maniera soddisfacente incaso di lesione cerebrale. La compensa-zione alla mancanza di fissità dei sistemicentrali è costituita dalla possibilità diconservarli nell’esercizio del funziona-mento cognitivo e di nuove forme diapprendimento. In età adulta non si ap-prenderà a parlare una nuova lingua cosìcome si è appresa la lingua materna; èperò possibile in età adulta fare un di-scorso più articolato e più persuasivo.

Principi di una politicadell’apprendimento pertutto l’arco della vita

Ritorniamo alla situazione delle personeprive di un’istruzione di base. L’alfabetiz-zazione di queste persone costituisce in-

dubbiamente un obiettivo sociale impor-tante. Ciononostante, la sola alfabetiz-zazione è un elemento più che insuffi-ciente qualora manchi una scolarizzazionenormale. L’apprendimento del codicescritto ha in quanto tale un effettoirrilevante sulle altre competenze lingui-stiche e cognitive: ciò induce a ritenereche l’alfabetizzazione dovrebbe essereabbinata ad un apprendimento di strate-gie d’attenzione, di organizzazione e direcupero dell’informazione a livello dimemoria, ragionamento e programmazio-ne. È dunque necessario utilizzare la no-z ione di scolar izzazione tardiva esupplet iva piut tosto che quel la dialfabetizazione tardiva, facendo peraltroattenzione a definire alcuni programmi diistruzione che tengano conto delle capa-cità cognitive e dell’esperienza dell’adul-to non scolarizzato.

In termini più generali, la distinzione trale condizioni di apprendimento dei siste-mi modulari e dei sistemi centrali può con-tribuire a fondare una politica degliapprendimenti che sia il più efficace pos-sibile.

Ci sembra chiaro che determinate formedi apprendimento - come, ad esempio,quella di una seconda lingua - dovrebbe-ro avvenire ben presto, sin dalla scuolamaterna per essere poi intensificate nellascuola primaria. I metodi di insegnamen-to delle lingue straniere dovrebbero te-ner conto della maggiore capacità d’ap-prendere per esposizione di cui disponeil bambino rispetto all’adolescente o al-l’adulto; essi dovrebbero altresì tener con-to delle somiglianze e delle differenze trale proprietà fonologiche della lingua ma-terna e quelle della lingua da apprende-re, valorizzando soprattutto la sensibiliz-zazione alle proprietà fonologiche dellaseconda.

Le forme di apprendimento più tardo, chepossono protrarsi per tutto l’arco dellavita, dovrebbero riferirsi essenzialmenteall’apprendimento di conoscenze di altolivello; i programmi dovrebbero include-re una sensibilizzazione - cioé una siste-matica introduzione - delle persone an-ziane alle strategie di recupero e di orga-nizzazione dell’informazione. I lavori re-alizzati nell’ambito della psicologia e dellapsicolinguistica cognitiva sul sentimentodella conoscenza, sulla presa di coscien-

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za delle procedure di trattamento dell’in-formazione, sugli effetti dei promemoriaesterni, sui diversi tipi di proceduremnemotecniche e l’utilizzo di strategie dianalisi di testi fondate su principi astrattiin rapporto all’esperienza dei temi e del-le situazioni hanno apportato alcune in-dicazioni interessanti e dovrebbero ser-vire da punto di riferimento nell’elabora-zione di questi programmi d’apprendi-mento. Nell’ambito dello sviluppo dei si-

stemi centrali di conoscenze e di tratta-mento dell’informazione (ad esempio, in-dividuare delle idee ricorrenti in un in-sieme di testi, decodificare e recuperarele informazioni più utili per raggiungereun determinato scopo) si può sperare diottenere dei risultati positivi mediante unamigliore valorizzazione delle capacitàmetacognitive, cioé di autoriflessione, de-gli individui. Queste capacità sembranopoter persistere per tutto l’arco della vita.

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Klaus KünzelTitolare dal 1991 dellacattedra di Scienzedell’educazione e dellaformazione continuaall’Università di Colo-nia.

Apprendere per tuttol’arco della vita?Riflessioni psicologiche epedagogiche sulla “societàcognitiva”Talvolta i concetti vengono coniati primad’essere compresi, così come i progettiprogrammatici vengono posti sul merca-to prima d’essere richiesti. I tentativi diintrodurre nello spazio europeo della for-mazione “monete” categoriali di questotipo si devono sovente confrontare congli stretti limiti entro cui i rispettivi refe-renti sono traducibili sul piano semantico.Una regolamentazione linguistica adotta-ta per garantire la generalizzazione di talicategorie può soddisfare le esigenze del-le convenzioni diplomatiche tra Stati, macomporta delle conseguenze piuttostonegative qualora si tratti di dare alle sin-gole idee un contentuo ed una sostanza.Più inquietante mi pare ancora il fatto chequesti messaggi astratti non rappresenta-no delle sfide personali, sì da provocarerapidamente uno scadimento di interessenei loro confronti.

Nel caso dell’espressione “istruzione eformazione per tutto l’arco della vita” sitratta forse di una “moneta” pedagogicadel tipo di quelle ora descritte? Si è tenta-ti di rispondere in senso negativo all’in-terrogativo, soprattutto a partire dallapubblicazione della Rapporto FAURE “Im-parare ad essere” (1972) e dagli sforziincontestabilmente meritori promossi perdare alla “formazione ed istruzione pertutto l’arco della vita”, definito in conte-sti diversi e secondo modelli d’organiz-zazione alternativi, un carattere concretoed una realtà latente (omologando adesempio l’espressione francese “éducationpermanente” a quella inglese “recurrenteducation”). Tale ipotesi viene sostanziatadal lungo periodo di incubazione di cui,a quanto pare, abbisognano per divenirerealtà le visioni di politica formativa enun-ciate dall’UNESCO, dal CONSIGLIO D’EU-ROPA e dall’OCSE. Il Libro bianco dellaCommissione Europea “Insegnare ed ap-

prendere. Verso una società cognitiva”(1996) arriverà a colmare le lacune stra-tegiche connesse all’attuazione delle ri-forme lanciate nel corso degli anni set-tanta?

Il problema fondamentaledei programmi sovra-nazionali di formazione

La prima tesi del presente articolo consi-ste nell’affermazione che gli sforzi con-dotti sul piano delle idee del tipo indica-to dal Libro bianco o dall’Anno europeodella formazione e dell’istruzione per tuttol’arco della vita omettono di trattare undilemma fondamentale inerente a tutti iprogrammi sovranazionali. Questo dilem-ma non concerne tanto il contesto intel-lettuale e politico, quanto invece l’infra-struttura psicologica e pedagogica degliargomenti utilizzati. Le campagne volte afar assimilare alla coscienza civile dell’Eu-ropa l’immagine di una “learning society”o di una “società cognitiva” sono, per laloro origine e per la loro natura, dei“plaidoyers” delle élites amministrative,dettati dal diritto di iniziativa conferito agiusto titolo all’esecutivo dell’Unione Eu-ropea e confermato dal t rat tato diMaastricht. In ragione della questionepiuttosto sensibile della sussidiarietà nel-l’ambito dell’Unione, progetti di questotipo possono unicamente limitarsi a deli-neare a grandi tratti la futura azione co-munitaria e i problemi ritenuti comeprioritari. Ciononostante, il destinatario e,in ultima istanza, il responsabile dell’attua-zione di questi cataloghi del futuro non èl’uomo politico esperto di questioni atti-nenti la formazione, ma lo stesso cittadi-no europeo. In effetti il discorso dellasocietà cognitiva - che tocca in modo così

I programmi sovranazionalidi formazione si scontranosovente con un dilemma:non sono destinati perso-nalmente al singolo indivi-duo in quanto soggetto toc-cato dalle prospettive cheintendono aprire per il fu-turo. L’idea di “formazioneper tutto l’arco della vita”presuppone però che si di-ano determinate condizionie possibilità per essere ac-cettata dal singolo indivi-duo. L’articolo intende de-scrivere le implicazioni e leconseguenze che comportain termini pedagogici e dauna prospettiva microanali-tica l’orientamento verso la“società cognitiva”. In que-st’ambito svolge un ruolocentrale lo sviluppo del-l’attitudine all’“apprendi-mento espansivo” (Holz-kamp). Secondo questa con-cezione offensiva dell’istru-zione e della formazione, lagestione del sapere e l’in-certezza corrispondente oc-cupano un posto centralenella vita dell’essere uma-no. Nello sviluppare un pro-gramma di istruzione e diformazione per tutto l’arcodella vita è necessario ab-bordare, mediante strategiemirate, il problema del-l’esclusione di un numerocrescente di uomini e didonne. Questo compito del-l’umanizzazione spetta atutte le istanze della forma-zione e tocca tutti i contestidell’apprendimento.

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“Le campagne volte a farassimilare alla coscienzacivile dell’Europa l’immagi-ne di una ‘learning society’o di una ‘società cognitiva’sono, per la loro origine eper la loro natura, dei ‘plai-doyers’ delle élites ammini-strative, dettati dal dirittodi iniziativa conferito agiusto titolo all’esecutivodell’Unione Europea e con-fermato dal trattato diMaastricht.”

“Apprendere allo scopo diformarsi per l’intero arcodella vita rappresenta unatto di creazione soggetti-va del mondo che non puòessere né ordinato, né dele-gato ai richiedenti ed agliutilizzatori sociali di una‘formazione qualificante’.”

ampio sia le forme di accesso al sapereche le modalità della sua valorizzazionea fini personali (Libro bianco, 1996, pp. 5segg.) - viene a scalzare l’obiettivo dellacomunicazione che è quello di interessa-re l’essere umano alla formazione ed al-l’istruzione presentate come una formad’esistenza gratificante. In quanto mem-bro astratto d’una società cognitiva, il sog-getto di apprendimento diviene interes-sante soprattutto ove sia il referente d’unachiara analisi sociologica. Come prova lanozione piuttosto artificiale ed alquantosuperata di “organizzazione dell’apprendi-mento”, la tendenza ad identificare que-sti soggetti sociali come soggetti diapprendimento può sedurre sul pianopubblicitario e rivendicare, perlomenoprovvisoriamente, una certa modernità. Intermini di contenuto questa nozione sirivela però vuota poiché non recepiscela correlata categoria d’un apprendimentoche regoli l’azione nel suo fondamentobiografico. Apprendere allo scopo di for-marsi per l’intero arco della vita rappre-senta un atto di creazione soggettiva delmondo che non può essere né ordinato,né delegato a i r ichiedent i ed agl iutilizzatori sociali di una “formazionequalificante”. Questo punto è particolar-mente importante perché si tratta di pre-sentare la formazione e l’istruzione comeun elemento normale della traiettoria vi-tale e di definire la disponibilità alla for-mazione come un’abitudine ed unapossibiulità positiva di affermazione bio-grafica, non quindi come un’idea passeg-gera o come un irraggiungibile obiettivo(MEIER e RABE-KLEBERG, 1993).

Certo, il Libro bianco non intende affattodescrivere dettagliatamente od in termininormativi il cammino che debba percor-rere la “società cognitiva”. Le raccoman-dazioni ivi formulate intendono piuttostosuscitare un ampio dibattito per gli annifuturi (Libro bianco, 1996, p. 81). Tenen-do presente questo contesto sarebbe per-tanto privo di senso criticare gli autori perambizioni concettuali che di fatto nonhanno. Dal momento però che il Librobianco riflette una tradizione oggi benassodata - l’incoraggiamento all’essereumano a consacrare la propria vita adapprendere - sembra saggio ricostruire dauna prospettiva di microanalisi il conte-sto in cui si collochino le nozioni dellasocietà cognitiva, dell’istruzione e dellaformazione per tutto l’arco della vita

(CROPLEY, 1986). È necessario chiedersicome l’imperativo astratto dell’apprendi-mento inerente ad uno spazio economi-co e sociale europeo costretto a svilup-pare le proprie risorse umane possa es-sere percepito soggettivamente e conce-pito come un obiettivo di vita dotato disenso. Su questo piano svilupperemo unaprospettiva d’analisi di tipo soggettivista,recependo la posizione teoretica definitain merito da HOLZKAMP (1995).

Apprendere sul pianodella microprospettiva

Questa posizione è caratterizzata dal ri-fiuto di intendere l’apprendimento comeuna reazione organizzata alle attese di unambiente generatore di problemi da ri-solvere (HOLZKAMP, 1995, pp. 12 segg.).Contro un modello d’apprendimento chetrova la propria espressione tipica nel-l’istruzione istituzionale, la posizionesoggettivistica propone la nozione attivadi apprendimento “espansivo” per acce-dere al mondo. Ciò significa che l’essereumano è concepito come un “centro diintenzionalità” che si occupa di ampliareautonomamente il campo delle propriepossibilità, di gestire la propria vita e dimigliorarne la qualità. L’apprendimento è,di conseguenza, un’azione offensiva vol-ta a cambiare il proprio ambiente e lecondizioni di vita. La psicologia dellemotivazioni muove dall’ipotesi che unapproccio offensivo dell’apprendimentoapre una prospettiva volta a rendere di-rettamente esperibile od anticipabile “ilnesso intrinseco esistente tra l’aperturadiscente sul mondo, l’ampliamento deicampi delle possibilità ed il miglioramentodella qualità di vita” (ibid., p. 190).

La concezione espansiva dell’apprendi-mento intende ricollocare nell’ambito delsoggetto la competenza che gli consentadi determinare le esigenze dell’appren-dimento stesso. Ciò prova l’importanza ca-pitale della capacità di sperimentare ilvissuto per riconoscere un problema intermini di apprendimento. Contrariamentea quanto avviene per gli atti di apprendi-mento difensivo - il cui oggetto è quellodi evitare gli inconvenienti - per gli attidell’apprendimento espansivo l’insuffi-cienza delle condizioni necessarie all’azio-ne (sapere, attitudini, saper fare) acqui-

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“Una lettura o un’interpre-tazione individuale di ciòche significhi “istruzione eformazione per tutto l’arcodella vita” “ha senso unica-mente qualora si riconoscauno stretto nesso biografi-co tra un vissuto che evol-ve e le possibili tecnichedella sua elaborazione”(…).”

sta i l significato di una inadeguatavalorizzazione delle capacità e delle pos-sibilità personali. È facile riconoscerecome in questo contesto “non è necessa-rio prendere in considerazione ogni sti-molo all’apprendimento proveniente dauna situazione esterna (..) come un pro-blema attinente l’apprendimento stesso”(ibid. p. 212). È ovvio d’altronde cheun’attitudine a considerare l’apprendi-mento come ancorato sul soggetto, sul-l’attività personale e sull’auto-organizza-zione comporti una disposizione di tipocognitivo ed emozionale tale da doveressere “appresa”, cioé costruita o recupe-rata, come avviene in una situazione diprolungata disoccupazione: ciò è dovutosoprattutto alle numerose limitazioniaffermantisi di continuo sul piano dellosviluppo individuale e sociale.

La dimensione soggettivadell’istruzione e la forma-zione per tutto l’arco dellavita

Una lettura o un’interpretazione individua-le di ciò che significhi “istruzione e for-mazione per tutto l’arco della vita” “hasenso unicamente qualora si riconoscauno stretto nesso biografico tra un vissu-to che evolve e le possibili tecniche dellasua elaborazione” (OERTER, 1989). Nellosviluppare le proprie strategie in materiae nell’applicarle ai diversi aspetti dellavita, l’apprendimento diviene “un’attivitàcaratteristica, personale, unica ed auto-gestita” (WEDEMEYER, 1989, p. 183). Inquest’ottica l’apprendimento attinge lapropria originaria energia dai progetti edalle esperienze biografiche, dai compitie dalle crisi dell’esistenza umana. Coltain questa prospettiva la nozione diapprendimento per tutto l’arco della vitaconsente di definire il significato diapprendimento dotato di senso in termi-ni più adeguati di quanto non lo consen-ta il modello concettuale che si orientaesclusivamente sulle sequenze temporalidella vita (LENGRAND, 1986).

Sottolineare la dimensione soggettiva del-l’istruzione e della formazione per tuttol’arco della vita non significa affatto attri-buire un carattere assoluto alla relazioneinteriore che l’uomo instaura con il mon-

do. Se questa fosse in effetti la prospetti-va acquisita, allora l’utilità della forma-zione e dell’istruzione si esaurirebbe nel-lo sviluppo d’esperienze di carattere pri-vato, prive di un nesso sociale, contrap-poste diametralmente alla stessa idea diun apprendimento offensivo volto adinteragire col mondo. Per quanto concer-ne quest’azione sul mondo, si può affer-mare che uno dei postulati centrali di unateoria offensiva dell’apprendimento è ilseguente: la realtà del nostro vissuto nonè un semplice risultato del caso. Al con-trario, questa realtà è costruita con l’aiu-to di schemi cognitivi nel quadro di pro-cessi di confronto attivi - ed è assimilatamediante le esperienze che noi facciamo.Sul piano della prassi ciò corrisponde al-l’azione esercitata dall’apprendimento nelconsentire non solo la comprensione, masoprattutto la trasformazione del mondo.È grazie a questo potenziale di trasfor-mazione che il soggetto dell’apprendi-mento sviluppa la propria fiducia nellacapacità di migliorare il proprio destino,di scoprire dei nessi e di sviluppare nuo-vi interessi e nuove forme di saper fare.

Nell’ottica tradizionale l’incontro tra ilmondo e l’individuo si verifica mediante ilsapere. Non a caso il Libro bianco insistecosì di frequente sulla necessità di defini-re il livello di prestazione e di convivenzadi una determinata società in funzionedell’attitudine ad aprirsi ad un nuovo sa-pere e di renderlo accessibile a tutti. Nelconsiderare attentamente il termine “socie-tà cognitiva” si avvertirà che esso rappre-senta la vittoria del sapere di tipo scienti-fico e tecnico; le possibilità di affermazio-ne accessibili alla biografia del singolosono allora una funzione della sua “aper-tura” operativa e tematica ai materiali del-la comprensione del mondo e della prati-ca attuazione di quest’apertura.

Le implicazioni peda-gogiche di una “societàcognitiva”

Sul piano pedagogico una società chedecreta il sapere come sua caratteristicacentrale pone tuttavia diversi problemi.

❏ La moltiplicazione delle conoscenzederivanti dalla ricerca e dalla comunica-

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“La moltiplicazione delleconoscenze derivanti dallaricerca e dalla comunica-zione comporta problemisempre più gravi nella scel-ta, nella classificazione se-condo un ordine di priori-tà e nell’organizzazione intermini didattici dei saperirilevanti per la vita.”

“Per ampliare la competen-za od acquistare nuovi spa-zi di sviluppo è necessariovalorizzare elementi che siiscrivono nella traiettoriavitale e che sono soventedifficili da recuperare al-trimenti.”

zione comporta problemi sempre più gra-vi nella scelta, nella classificazione secon-do un ordine di priorità e nell’organizza-zione in termini didattici dei saperi rile-vanti per la vita.

❏ Il dissolvimento d’una nozione dimodernità ispirata ancora alla tradizioneilluministica (UHLE, 1993) pone progres-sivamente in crisi la convinzione che ilsapere costituisca il supporto quasi natu-rale della scoperta e della formazione.

❏ Nell’ambito di una “società cognitiva”metodologie diverse e diverse manifesta-zioni del sapere chiedono un pari rico-noscimento. La pluralità, la diversità del-le prospettive, le opinioni contrarie ed ivalori opposti rappresentano, in riferimen-to ad un’accezione moderna dell’istruzio-ne, un test molto più difficile da superareche non, ad esempio, il trattamento diaspetti puramenti quantitativi dell’infor-matizzazione.

❏ Se è vero, come afferma MITSCHER-LICH (1963, p. 31), che una “definizionedinamica” dell’istruzione consente di co-gliere quest’ultima come “un movimentodi ricerca coordinata” ed incapace diconcretizzarsi in una certezza dogmatica,la responsabilità pedagogica comporta lanecessità di introdurre una certa “dose diincertezza” - con tutte le sue particolari-tà, ma anche con le opportunità a cui apre,soprattutto durante la fase dell’istruzionescolastica.

❏ Nel parlare della “società cognitiva” sicorre il rischio di non cogliere la totalitàdelle situazioni e delle forme espressivedella vita umana e la disposizione globa-le dell’uomo ad agire e ad apprendere:una disposizione che viene in tal modoridotta ad un ideale di competenza e diformazione “cerebrale”.

❏ Il ricorso al sapere e la sua valorizza-zione nell’organizzazione della vita nonrappresentano un elemento arbitrariamen-te disponibile, identico in tutti gli ambientisociali. Per ampliare la competenza od ac-quistare nuovi spazi di sviluppo è neces-sario valorizzare elementi che si iscrivo-no nella traiettoria vitale e che sono so-vente difficili da recuperare altrimenti. Intal senso la società cognitiva presenta deitratti di tipo corporativo. Il Libro biancoparla di una divisione della società tra

“coloro che sanno e coloro che non san-no” (Libro bianco, 1996, p. 10).

Quali sono le conseguenze che si posso-no trarre da queste implicazioni sociali epedagogiche della “società cognitiva” ai finidell’elaborazione soggettiva di un program-ma di istruzione e di formazione per tuttol’arco della vita? Nel presente contestopossono venir delineati solo alcuni aspettidel problema; per una più ampia discus-sione si rimanda a quanto affermato in al-tra sede (KÜNZEL e BÖSE, 1995).

Conseguenze per un pro-gramma di istruzione e diformazione per tutto l’ar-co della vita

1. Le seguenze temporali. L’idea di istru-zione e di formazione per tutto l’arco dellavita comprende l’insieme dello sviluppodell’essere umano e può essere caratte-rizzata sul piano soggettivo da una paritàtra le esperienze di apprendimento sco-lastico ed extra-scolastico. L’importanzadei contesti di apprendimento è determi-nata dalla loro capacità di favorire l’ap-prendimento espansivo in vista di un ac-crescimento delle possibilità di azionepersonale (HOLZKAMP, 1995, p. 492).

2. L’integrazione spaziale. L’istruzione ela formazione per tutto l’arco della vitaattraversano tutti i settori, tutti i ruoli ed iluoghi in cui l’individuo può trattare edorganizzare la realtà della propria azione.Il mantenimento dell’unità e dell’identitàpersonale rende caduca la separazione tralavoro e piacere, tra vita pubblica e vitaprivata intese come spazi distinti di ap-prendimento. L’essere umano integra glielementi del suo vissuto in funzione deipropri interessi e progetti di vita; operareuna distinzione tra l’istruzione professio-nale e quella generale significherebbe per-tanto porsi in contraddizione con la stessaidea di un apprendimento espansivo cheinglobi l’insieme degli aspetti della vita -esattamente come sarebbe privo di sensoseparare alcuni spazi della formazione inriferimento al resto del vissuto.

3. La scuola in quanto luogo di vita.Sin dal 1915 John DEWEY ha descritto ilruolo della scuola ricorrendo ad una for-mula divenuta classica: obiettivo della

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“(…) obiettivo della scuolanon è quello di porsi comeun’appendice dell’industriae del commercio, ma di uti-lizzare i fattori dell’indu-stria per rendere la vitascolastica più attiva, piùricca di senso immediato eper avvicinarla all’esisten-za realizzata anche neglispazi extra-scolastici.”

“L’idea di una umanizza-zione della nostra vita gra-zie alla possibilità di ricor-so ad una vasta gamma ditipi di apprendimento è ra-dicalmente contraddittoriase queste possibilità diven-gono sempre più inaccessi-bili ad un numero crescen-te di uomini e di donne inragione di generalizzatimeccanismi di distribuzio-ne sociale.”

scuola non è quello di porsi come un’ap-pendice dell’industria e del commercio,ma di utilizzare i fattori dell’industria perrendere la vita scolastica più attiva, piùricca di senso immediato e per avvicinar-la all’esistenza realizzata anche negli spa-zi extra-scolastici.

4. Il sapere come risorsa. Mediantel’apprendimento espansivo l’essere uma-no conquista il “suo” mondo grazie allavalorizzazione di forme di sapere diverseper origine, natura e portata. Per appren-dere “per tutto l’arco della vita” è necessa-rio gestire abilmente le risorse cognitiveche divengono sempre più tangibili quan-to più si perfezionano le reti informatiche.Quest’abilità non deve tuttavia essere li-mitata alle dimensioni operative poichéessa tocca in definitiva la competenza ge-nerale richiesta per garantirsi il sapere, maanche le diverse espressioni del non-sa-pere. L’accesso illimitato all’informazionenon rappresenta ancora, in quanto tale, unsistema di risorse che favorirebbe grazieal proprio potenziale tecnico l’istruzionee la formazione per tutto l’arco della vita.La via d’accesso ad una gamma di possibi-lità d’apprendimento e di prospettive in-dividuali dev’essere integrata o sostenutamediante la capacità selettiva e di control-lo del singolo.

5. L’accredito del sapere personale. Unaccesso offensivo, ma soggettivamentecontrollato, alle opportunità d’apprendi-mento e di sapere nella nostra societàscientifica multiculturale aumenta in modoconsistente la diversità dei nostri rappor-ti personali col mondo e delle nostre “tec-niche d’esistenza”. Contemporaneamen-te si sviluppa lo stock delle esperienze edegli strumenti d’acculturazione che de-vono essere accreditati. L’istruzione e laformazione per tutto l’arco della vita sti-molano la nostra immaginazione e ci in-citano sia a considerare alcune formepersonali di sapere come testimonianzadi una vita riuscita, sia a porle allo stessopiano dei risultati perseguiti in un corsodi apprendimento formale, nell’ambito diuna generosa regolamentazione in mate-ria di equivalenza.

6. L’esclusione come fallimento del-l’umanizzazione. L’idea di una umaniz-zazione della nostra vita grazie alla possi-bilità di ricorso ad una vasta gamma ditipi di apprendimento è radicalmente con-

traddittoria se queste possibilità divengo-no sempre più inaccessibili ad un nume-ro crescente di uomini e di donne in ra-gione di generalizzati meccanismi di di-stribuzione sociale. Né contribuiranno adeliminare queste difficoltà i messaggi ot-timisti connessi all’espressione “societàcognitiva”. La mobilizzazione generaliz-zata a favore dell’istruzione e della for-mazione per tutto l’arco della vita e losviluppo di una rete sempre più densa diformazione continua vengono ineludibil-mente considerati con invidia, se non conaperto atteggiamento di rifiuto, da partedi coloro che sono esclusi da azioni diformazione “valorizzanti” a causa delladisoccupazione di lungo periodo o d’al-tre forme di marginalizzazione. Per que-sti potenziali beneficiari dell’istruzione edella formazione per tutto l’arco della vita,collocati attualmente al di fuori d’ognipossibilità di occupazione, la nozione di“barriera educativa” rappresenta un iro-nico eufemismo. Essa cela infatti i pro-cessi di disillusione individuale, di allon-tanamento e di resistenza nei confrontidell’istruzione (AXMACHER, 1990) a cuisi abbina sovente l’accettazione, sul pia-no sociale e politico, della disparità diopportunità in quest’ambito.

In uno studio recentemente concluso(KÜNZEL e BÖSE, 1995), l’autore del pre-sente articolo propone delle “strategie dimotivazione all’istruzione ed alla forma-zione per tutto l’arco della vita”. La pub-blicità a favore della formazione continuarappresenta una di queste strategie. Par-lare di formazione continua nel campopubblicitario significa prendere atto del-l’intensità e della drammaticità delle atte-se sociali in materia di partecipazione al-l’offerta informatica ed al contempo de-stare l’interesse verso i meccanismi socialiche impediscono o scoraggiano determi-nati gruppi a fruire di questa partecipa-zione appunto perché esclusi o margi-nalizzati dal mercato della formazionecontinua con la tacita complicità dell’opi-nione pubblica. La pubblicità per la for-mazione continua deve occuparsi di ren-dere comprensibil i questi fattori dimarginalizzazione e di esclusione nonchéle opportunità che tuttavia persistono ditrovare le vie di accesso ad un apprendi-mento che non sembra interessare né igruppi di pressione sociale, né i promo-tori di obiettivi di promozione culturale.Questa strategia può avere un senso solo

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Riferimenti bibliografici

a condizione di incoraggiare la ricerca edi progetti di vita che i singoli perseguonoconfidando nelle possibilità di formazio-ne, nonostante la difficoltà ad accedervie nonostante i limiti di un futuro utilizzodi questa formazione (KÜNZEL e BÖSE,1995, pp. 6 segg.).

Nel correlare le strategie di motivazioneagli adulti o alla formazione continua si

limita la portata delle nozione di istruzio-ne e di formazione per tutto l’arco dellavita: è un approccio chiaramente rifiutatodal presente articolo. Permettere l’appren-dimento espansivo per tutto l’arco dellavita significa individuare un compito cheinteressa tutte le istanze dell’istruzione edella formazione e tutti i contesti diapprendimento desiderosi di umanizzarela vita - non solamente in Europa.

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Erich BehrendtDirettore dell’Institutfür Medien undKommunikationdi Bochum

Formazione di lavorato-ri non qualificati esemiqualificati qualemisura di accompagna-mento professionale:l’“Offensiva ’95 a favore dellaqualificazione” presso la Ford-Werke AG a Colonia

Mutamento industriale esituazione di partenzapresso lo stabilimentoFord di Colonia

Presso la Ford-Werke AG e i suoi fornitoriè in atto un processo che, all’insegna delmotto “sito Germania, Lean Production,etc.”, intende ottimizzare i processi pro-duttivi e adattare le strutture organizzative.La tendenza alla recessione economicache predomina in Germania aumenta ilfabbisogno di adeguamento cui devonofar fronte sia la Ford sia i suoi fornitori.

Con la progettazione di nuovi prodotti,con sistemi di produzione modificati e conprocessi di fabbricazione sempre più com-plessi la Ford ha mosso i primi passi perportare a buon f ine i l processo diadeguamento. Quale passo successivo eraindispensabile coinvolgere attivamentenel processo di mutamento anche i di-pendenti occupati nei reparti produttivi.E’ pertanto emersa la necessità di elabo-rare un vasto programma di formazionecontinua rivolto ai propri dipendenti e aquelli dei fornitori interessati, allo scopodi assicurare una qualificazione dei lavo-ratori orientata verso le future esigenze.

Il fabbisogno di qualificazione riguardatutti i livelli aziendali. Non sono soltanto

PeterHakenbergCoordinatore dellaFormazione profes-sionale della Ford diColonia

i quadri dirigenziali e i lavoratori specia-lizzati ad aver bisogno di una qualifica-zione continua, bensì proprio i livelli piùbassi dell’azienda, la cui qualità e dispo-nibilità all’innovazione risultano decisiveai fini della riuscita delle misure diadeguamento. Particolare importanza ri-veste la categoria dei lavoratori non qua-lificati e semiqualificati che offre un po-tenziale - finora trascurato - di qualifica-zione. Detta qualificazione non va soltantoa beneficio dell’azienda, ma tutela i di-pendenti da un’eventuale perdita del po-sto di lavoro, migliorando le loro oppor-tunità sul mercato del lavoro.

Tale risultato può però essere conseguitosolo se viene offerta una solida formazio-ne, che va al di là della trasmissione diconoscenze utili per l’adeguamento (adesempio, in merito a nuovi sistemi tecni-ci). Direzione aziendale, Consiglio di fab-brica e Land Renania Settentrionale-Westfalia hanno convenuto di garantirealle categorie dei lavoratori non qualifi-cati e semiqualificati una formazione diaccompagnamento professionale. Sullascorta dei sondaggi condotti negli stabili-menti e del la loro valutazione delfabbisogno, a Colonia è stato sviluppatoun modello innovativo di qualificazionediretto a operai specializzati (durata: 1anno) e preparatori di pezzi (durata: 2anni).

Con il lancio dell’“Offensiva1995 per la qualificazione”,la Ford ha aperto una stra-da nuova che consente aglioperai non e semi-qualifi-cati di acquisire a posterio-ri una qualifica professiona-le. La combinazione di cor-si, sedute di apprendistatosul posto di lavoro e fasi diauto-apprendimento portaad una nuova offerta di qua-lificazione che può servireda modello per altre azien-de. In particolare, l’uso diprogrammi di insegnamen-to interattivi permette didefinire una nuova forma diapprendimento flessibile eefficace, organizzata nel-l’ambito di centri di auto-formazione accessibili an-che agli altri lavoratori.L’impostazione generale delprogramma, che è oggettodi un’analisi scientifica, èmessa a disposizione anchedelle PMI.

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“La peculiarità del modellodi qualificazione consistenel fatto che la Ford-WerkeAG non mira a una soluzio-ne isolata riservata al pro-prio personale, bensì aun’offensiva più ampia ri-volta anche ai fornitori.”

“L’“Offensiva ’95 a favoredella qualificazione” sicontraddistingue perché,accanto alla competenzatecnica del singolo dipen-dente, nelle singole misuredi formazione continua tie-ne conto di aspetti legatialle competenze sociali eoperative (...).”

Per realizzare una misura formativa diaccompagnamento professionale, nel qua-dro dell’ “Offensiva ’95 a favore della qua-lificazione” sono stati ricercati nuovi mo-delli contenutistici e organizzativi checonsentono una formazione continua ab-binata all ’uso di metodi didatt ici ed’apprendimento innovativi. In tale con-cetto della formazione continua collega-ta al posto di lavoro assumono un ruolocentrale i risultati raccolti a livello di teo-ria e pratica in merito all’utilizzo e allaconfigurazione di sistemi multimedialid’apprendimento e d’informazione, non-ché a forme di autoapprendimento, diformazione comportamentale e di comu-nicazione volte a migliorare le competen-ze sociali. Una stretta cooperazione conesperti di formazione continua anche aldi fuori del personale aziendale deve ga-rantire l’applicazione finalizzata delle ul-time scoperte teoriche e pratiche. Inoltrele esperienze acquisite presso la Fordsono trasferibili ad altre imprese e settorie possono contribuire a creare posti dilavoro sicuri e competitivi.

La peculiarità del modello di qualifica-zione consiste nel fatto che la Ford-WerkeAG non mira a una soluzione isolata ri-servata al proprio personale, bensì aun’offensiva più ampia rivolta anche aifornitori. Infatti la regolamentazione uni-laterale di costi e prezzi da parte deifornitori appare carente. Una rispostaorientata verso il futuro può essere ga-rantita soltanto tramite un rafforzamen-to dell’industria fornitrice mediante untempestivo adeguamento ai mutamentistrutturali nella produzione industriale.Poiché molte aziende fornitrici non sonoin grado di permettersi i processi diadeguamento e la necessaria qualifica-zione dei loro dipendenti, il superamentocomune della crisi strutturale diviene fon-damentale. La Ford ha riconosciuto cheun’alleanza con i fornitori significa assi-curare a lungo termine la sopravvivenzadel sito industriale Renania Settentriona-le-Westfalia e, di conseguenza, del sitoautomobilistico per la Ford-Werke AG.Invece di varare decisioni a breve termi-ne e della semplice rinuncia a posti dilavoro nell’industria fornitrice, si mira adunire strettamente le potenzialità. Una si-mile forma di cooperazione potrebbefungere sia da segnale per altri settorisia da modello al di là dei confini regio-nali.

Importanza dello sviluppodi dipendenti qualificatiper il posto di lavoro delfuturo

Sulla base delle crescenti esigenze a livel-lo di produzione, a operai e impiegati ven-gono richieste nuove competenze e cono-scenze. Accanto alla riforma della forma-zione professionale iniziale (dapprima nelsettore metallurgico ed elettronico, poianche in quello del lavoro d’ufficio), an-che la formazione continua aziendale ri-copre sempre maggiore rilievo. Fino aglianni ’70 essa rivestiva scarso valore all’in-terno dell’azienda; l’aumento della suaimportanza è legato a due fattori.

❏ Le innovazioni tecniche vengono con-siderate come la molla principale di uncrescente fabbisogno di formazione con-tinua aziendale, dove quest’ultima vieneintesa come adeguamento qualificatorealle esigenze derivanti da mutamenti tec-nici. In tal modo essa contribuirà ad assi-curare la redditività e la competitivitàaziendale.

❏ L’introduzione di nuove tecnologiecomporta importanti cambiamenti sul pia-no dell’organizzazione e dei contenuti dellavoro, che sfociano in mutamenti nelleesigenze e nei livelli di qualificazione. Daun lato assumono un ruolo di primo pia-no qualifiche chiave/trasversali/extrapro-fessionali, dall’altro si prevede una cre-scente sostituzione dei processi che im-plicano una netta ripartizione del lavorocon mansioni di tipo globale.

Queste concezioni sicuramente molto glo-bali sono poi state rimpiazzate da valuta-zioni più differenziate che tengono con-to di processi di dequalificazione eriqualificazione e lasciano intravedereanche una polarizzazione della qualifica-zione a seconda del modello e del setto-re lavorativo. Inoltre si è avuto un appro-fondito dibattito in merito all’avvio dellemisure di formazione continua nell’inte-resse dei lavoratori, che prevede un piùforte senso di autorealizzazione e unamaggiore codeterminazione e cogestionedelle condizioni di lavoro.

La predetta “Offensiva ’95" si contrad-distingue perché, accanto alla competen-

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“La qualificazione non vie-ne più portata avanti se-guendo lo slogan “forma-zione continua solo perpersonale qualificato”, masi concentra sulla qualifica-zione, all’interno di un si-stema permeabile versol’alto, di persone svantag-giate sotto il profilo forma-tivo.”

“Una struttura modulareconsente di coinvolgere ipiù svariati gruppi bersa-glio e di differenziare i par-tecipanti in base al loro li-vello di qualificazione.”

za tecnica del singolo dipendente, nellesingole misure di formazione continua tie-ne conto di aspetti legati alle competen-ze sociali e operative, che acquisisconocrescente importanza. Oltre a saper ri-spondere alle esigenze tecniche, in futu-ro i dipendenti dovranno essere in gradodi:

❏ riconoscere nessi complessi e pensarein funzione dei sistemi;❏ estrapolare i dati essenziali da tutta laserie di informazioni offerte;❏ rappresentare in maniera semplificatae comprensibile situazioni complesse;❏ lavorare in gruppo; applicare con suc-cesso le proprie conoscenze e capacità anuovi problemi;❏ agire in maniera autonoma, invece diessere spronati ad agire.

Applicazione di nuovi ap-procci nel quadro del-l’“Offensiva ’95 a favoredella qualificazione”

La progressiva qualificazione a operaiospecializzato e a preparatore di pezzi co-stituisce parte di una serie di misure, notesotto la denominazione di “Offensiva ’95a favore della qualificazione”, con cui s’in-troduce un modello innovativo di forma-zione continua collegata al posto di lavo-ro. La qualificazione non viene più por-tata avanti seguendo lo slogan “formazio-ne continua solo per personale qualifica-to”, ma si concentra sulla qualificazione,all’interno di un sistema permeabile ver-so l’alto, di persone svantaggiate sotto ilprofilo formativo.

Nel sistema educativo esistente, al grup-po bersaglio degli operai non qualificati/non specializzati viene rivolta scarsa at-tenzione quale “riserva di formazione”.Nelle offerte di formazione transaziendalisono pressoché inesistenti i corsi di qua-lificazione professionale per manodope-ra non qualificata o sottoqualificata voltia garantire un posto di lavoro a lungotermine. Alla carenza e inadeguatezzadell’offerta si contrappone il fatto che leattività industriali risentono del mutamen-to tecnologico. Processi produttivi in ra-pida trasformazione e nuove tecnologie

incidono in larga misura sulle esigenzeposte alla manodopera. Proprio il grup-po bersaglio dei lavoratori non qualifica-ti/non specializzati dev’essere preparato,attraverso la formazione continua, a farfronte a tale cambiamento.

Oltre all’importanza della formazione con-tinua del personale non qualificato osemiqualificato, è soprattutto il ricorso anuovi modelli di formazione collegata alposto di lavoro a determinare il successodelle strategie di qualificazione. Pertantola configurazione del modello di qualifi-cazione tiene in massima considerazionecentri d’autoapprendimento, sistemid’apprendimento e d’informazione multi-mediali, formazione comportamentale ealla comunicazione per aumentare le com-petenze sociali.

Una struttura modulare consente di coin-volgere i più svariati gruppi bersaglio edi differenziare i partecipanti in base alloro livello di qualificazione; essa tieneconto sia delle più diverse qualifiche for-mali sia delle esperienze di studio degliadulti e permette di acquisire diplomiqualificati parallelamente all’esercizio diun’attività lavorativa. Il modello rappre-senta per gli adulti quali principale grup-po bersaglio una valida alternativa alleforme di qualificazione convenzionali efunge da collante nel settore formativoproprio per la categoria dei lavoratorisvantaggiati sotto il profilo formativo.Grazie a questo modello, i dipendenti chenon hanno ottenuto risultati positivi nelsistema formativo convenzionale, che nonpossiedono sufficiente formazione e chetemono di accettare le offerte di forma-zione transaziendale hanno l’opportunitàdi trasferire nella pratica la formazioneper tutto l’arco della vita, di mantenere illoro posto di lavoro e di rispondere allecrescenti esigenze delle tecnologie mo-derne - allo scopo di garantirsi un’occu-pazione permanente.

Gruppi bersaglio delle mi-sure di formazione conti-nua: operai specializzati epreparatori di pezzi

Attualmente negli stabilimenti della Ford-Werke AG in Renania Settentrionale-

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“I centri d’autoapprendi-mento aumentano la dispo-nibilità formativa riducen-do i fattori inibitori (...), fa-voriscono l’autogestionedella velocità d’apprendi-mento e promuovono l’ade-sione grazie alla continuadisponibilità temporale.”

“L’integrazione d’immaginee suono nei sistemi multi-mediali potenzia sia laricettività delle conoscenzeche l’attenzione e offre pro-prio alle persone che nonsono abituate alla forma-zione uno strumento noto achiunque nella società del-la comunicazione e dell’in-formazione: lo schermo.”

Westfalia sono occupati circa 23.000 di-pendenti, di cui 7.500 non possiedonoalcuna formazione specifica nel settoremetallurgico o elettronico.

Un programma di qualificazione di que-sta entità ha successo soltanto in presen-za di una chiara definizione dei contenu-ti della formazione per i singoli gruppibersaglio. In questo caso vengono consi-derati gruppi bersaglio i lavoratori in pos-sesso di un analogo livello di qualifica-zione. Il presente programma distinguecomplessivamente sei gruppi bersaglio:

“lavoratori non qualificati”❏ operatori non qualificati/operai addetti

alla produzione❏ operatori qualificati

“lavoratori qualificati”❏ preparatori di pezzi/operai qualificati❏ operai specializzati (metallurgici/

elettrotecnici)❏ conduttori di colonna/conduttori di li-

nea

“livello dirigenziale inferiore”❏ caporeparto/supervisore.

Si prevede di applicare il programma diqualificazione all’interno di una strutturamodulare graduale che, a seconda dellamisura di qualificazione, sfoci nel conse-guimento di un attestato rilasciato dallaFord o in un diploma di lavoratore quali-ficato rilasciato dalla Camera per l’Indu-stria e il Commercio. L’attività di qualifi-cazione viene concordata con la Cameraper l’Industria e il Commercio di Colonia.Questa procedura strutturata consente, daun lato, di meglio armonizzare le singoleunità formative in funzione delle esigen-ze del gruppo bersaglio e, dall’altro, per-mette ai partecipanti di lavorare in ma-niera graduale alla propria capacità diformazione.

Le misure di qualificazione sono conce-pite in modo da costruire sull’esperienzadei singoli gruppi bersaglio e da non li-mitarsi a coinvolgere la situazione di la-voro, bensì di farne l’oggetto dell’appren-dimento. Ciò pone notevoli esigenze al-l’attività di consulenza a favore dei parte-cipanti, in cui si deve illustrare al dipen-dente come può strutturarsi un percorsoformativo ad hoc e quali prospettive pro-fessionali gli si aprono, nonché lo si deve

stimolare ad affrontare temi e contenuti alui sconosciuti. Timori e problemi con-cernenti la formazione e la situazioneformativa sorti dalla biografia personalepossono essere superati grazie all’aiutodi un consulente competente che cono-sce approfonditamente le strutture dellavoro.

Con questo modello di qualificazione nons’intende promuovere competenze isola-te, bensì una competenza personale diampio respiro. Questa competenza glo-bale riunisce competenze parziali di tiposociale e funzionale. La trasmissione diqualifiche chiave, di formazione genera-le e specialistica, nonché la garanzia deltransfer mediante il legame con il postodi lavoro, legate a misure di formazionespecifiche per il settore e trasversali, in-tegrate dal sostegno di consulenti d’orien-tamento/coordinatori di centri d’auto-apprendimento, aprono un’ampia gammadi possibilità per la “riattivazione” di di-pendenti di nazionalità tedesca e stranie-ra.

La strategia di qualificazione messa a pun-to dalla Ford-Werke AG reagisce in talmodo al problema chiave della politicadella formazione relativo alla qualificazio-ne di dipendenti svantaggiati che sonogravemente minacciati dalla disoccupazio-ne o che, in caso di licenziamento, nontrovano un nuovo posto di lavoro.

Organizzazione del-l’apprendimento e usodi sistemi interattivi

Il modello di formazione parallela al po-sto di lavoro pone notevoli sfide a parte-cipanti, direzione aziendale e responsa-bili del progetto. Un ruolo importante èsvolto dalla qualificazione in centrid’autoapprendimento basata sull’uso disistemi informatici e didattici multimediali.Tali centri aumentano la disponibilitàformativa riducendo i fattori inibitori(quanto non compreso può venir ripetu-to), favoriscono l’autogestione della ve-locità d’apprendimento e promuovonol’adesione grazie alla continua disponibi-lità temporale. E’ così possibile adeguarei tempi di formazione in funzione dellacapacità di assorbimento individuale del-l’utente. L’integrazione d’immagine e suo-

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no nei sistemi multimediali potenzia siala ricettività delle conoscenze che l’atten-zione e offre proprio alle persone che nonsono abituate alla formazione uno stru-mento noto a chiunque nella società del-la comunicazione e dell’informazione: loschermo.

E’ indubbio che le tecniche alla base deimoderni metodi d’apprendimento e la lorointegrazione in nuovi sistemi didatticisvolgono un ruolo decisivo per lo svilup-po di nuove tecnologie d’apprendimento.Esse garantiscono i requisiti necessari perraggiungere l’interattività che distingue lanuova generazione di mass-media.

Si prevede che nei prossimi anni il prin-cipale campo d’applicazione dei sistemimultimediali sarà quello della formazio-ne (nel 1996 in Europa il 23% del merca-to globale di 3,06 miliardi di dollari). Lenuove opportunità d’integrazione di di-versi media in un sistema finale contri-buiranno a sfruttare meglio le possibilitàinnovative offerte dai sistemi d’appren-dimento interattivi:

❏ presentazione di contenuti dell’appren-dimento❏ organizzazione dell’interazione trautente e programma d’apprendimento❏ motivazione del discente❏ configurazione del processo d’appren-dimento❏ aggiornamento dei contenuti del-l’apprendimento.

Con l’ausilio di piattaforme grafiche rivolteall’utente e ampliamenti di sistemi opera-tivi (Apple-Macintosh, Microsoft-Win-dows, ecc.) si offre ai responsabili dellosviluppo dei sistemi e agli utilizzatori unaserie di opportunità tecniche (menù, fi-nestre, funzione zoom, multitasking, ecc.)per trasmettere in maniera più efficace icontenut i del l ’apprendimento. Conl’ausilio di vecchi e nuovi strumenti di pro-grammazione (linguaggi, ecc.) è pertantopossibile costruire “mondi didatt icimultimediali”. Le informazioni non ven-gono più gestite in maniera rigidamentelineare ma in modo associativo, analoga-mente al modello di elaborazione uma-no. Con questo modello di ipertesto el’utilizzo di ambienti multimediali si rag-giunge il livello più avanzato dei program-mi d’apprendimento, ovvero i program-mi ipermediali.

In linea di massima si distinguono i se-guenti tipi di programmi:

1. Practice & DrillLe conoscenze esistenti vanno utilizzatee consolidate, per lo più seguendo loschema: proporre un compito, richiedereuna risposta, dare una controrisposta,proporre un compito, ecc.

2. Programmi tutorialiL’obiettivo è quello di trasmettere nuoveconoscenze. Struttura per lo più lineare epercorso d’apprendimento secondo loschema: presentazione dei nuovi conte-nuti (esempi, spiegazioni, dimostrazioni,ecc.), domande finalizzate, registrazionedelle risposte, analisi, controrisposte, pre-sentazione di nuovi contenuti, ecc.

3. Programmi tutoriali intelligentiEssi mirano ad imitare le principali carat-teristiche del comportamento di un do-cente, adattandosi al comportamento delsingolo utente, presentando la materiaoggetto dell’apprendimento in manieradiversificata e a vari livelli di difficoltà.

4. Programmi di simulazioneIn essi vengono simulati processi com-plessi e il discente può intervenire sullevariabili.

5. MicromondiQuesto sistema offre soltanto possibilitàoperative che sfociano in una costruzio-ne attiva delle conoscenze.

6. Banche dati ipermedialiCon sussidi per la navigazione possonoessere richiamate informazioni attingen-dole a un’offerta multimediale.

Nell’ambito dell’“Offensiva ’95 a favoredella qualificazione”, presso gli stabilimentiFord sono stati creati 7 centri d’auto-apprendimento. In tal modo ogni dipen-dente può raggiungere in meno di 10 mi-nuti il proprio posto d’apprendimento,dove, oltre che di una vasta biblioteca,dispone di un consulente che lo aiuta asuperare eventuali difficoltà. I consulentid’orientamento erogano anche in primapersona corsi di formazione e consiglianoi responsabili aziendali in materia di qua-lificazione. Poiché di norma i consulentisono capireparto provenienti da diversisettori dei vari stabilimenti, conosconoperfettamente la situazione locale.

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“Un vantaggio da non sot-tovalutare consiste nel fat-to che, grazie ai sussidiinterattivi, i dipendenti pos-sono apprendere nei centrio nei posti di autoappren-dimento senza essere os-servati; l’anonimato offreloro una certa tutela perchéeventuali carenze conosci-tive non vengono eviden-ziate ad altri.”

“Un particolare problema èrappresentato dall’assi-stenza ai partecipanti. Nel-la maggioranza dei casi leultime esperienze di studio,spesso negative, risalgonoa molti anni addietro.”

Nei centri vengono utilizzati i programmid’apprendimento più diffusi sul mercato,di cui viene verificata la correttezza tec-nica e l’impostazione pedagogica. In que-sto modo nei centri viene raggiunta unaparte degli obiettivi prefissati nel quadrodella formazione di operai qualificati opreparatori di pezzi. Un’altra parte vieneconseguita grazie alle possibilità di eser-citarsi e di recuperare in singole materie.

Poiché per molte tematiche non sono di-sponibili programmi appositi, esse ven-gono affrontate in altri due centri d’ap-prendimento: in officina o sul posto dilavoro, nel cui caso il tempo dedicatoall’apprendimento viene remunerato.

L’“Offensiva ’95 a favoredella qualificazione” comeprogetto innovativo: pri-me esperienze

La predetta “Offensiva ’95" della Ford-Werke AG comporta sia per l’impresa siaper la formazione continua aziendale unanotevole innovazione, caratterizzata daquanto segue:

❏ la qualificazione avviene in centrid’autoapprendimento❏ gruppo bersaglio: lavoratori non qua-lificati e semiqualificati❏ formazione professionale iniziale diadulti in diversi posti d’apprendimento.

Soprattutto la creazione e la dotazionetecnica dei centri di autoformazione ri-chiedono un notevole impegno persona-le. Le sovvenzioni pubbliche erogate dalLand Renania Settentrionale-Westfalia perl’istituzione di centri o di posti d’auto-apprendimento vanno particolarmenteincontro alle PMI.

Un vantaggio da non sottovalutare consi-ste nel fat to che, grazie ai sussidiinterattivi, i dipendenti possono appren-dere nei centri o nei posti di autoappren-dimento senza essere osservati; l’anoni-mato offre loro una certa tutela perchéeventuali carenze conoscitive non vengo-no evidenziate ad altri.

L’obiettivo dei predetti centri è di offrireai dipendenti la possibilità di:

❏ acquisire nuove conoscenze adeguatealle loro esigenze;❏ aggiornarsi con flessibilità di tempo,spazio e contenuti;❏ determinare autonomamente (senzadocenti e senza partecipazione fissa a se-minari) obiettivi, ritmo e durata dell’ap-prendimento;❏ abbreviare o allungare con ripetizionialcune fasi del processo di apprendi-mento;❏ lavorare con diversi sussidi (manuali,videocassette, audiocassette, PC);❏ acquisire, divertendosi, nuove cono-scenze.

Le prime esperienze hanno evidenziato chel’introduzione di un nuovo modello diqualificazione è collegata ad un notevolesforzo amministrativo: non solo si devonostimolare e informare i partecipanti, ma sidevono anche coinvolgere i dirigentiaziendali. Le varie misure sono state intro-dotte dopo numerosi colloqui e con unconsiderevole impegno propagandistico. Ilcalo degli addetti alla produzione, asso-ciato alle importanti oscillazioni della do-manda, rende difficile per le direzioniaziendali designare dipendenti da destinarealle misure di formazione continua.

Un particolare problema è rappresentatodall’assistenza ai partecipanti. Nella mag-gioranza dei casi le ultime esperienze distudio, spesso negative, risalgono a moltianni addietro. Tra le iniziative di accom-pagnamento del progetto si sono rivelatimolto utili per uniformare i gruppi siaseminari organizzati durante il week-endsia colloqui.

Inoltre gli operatori e i formatori sono alleprese con un gruppo bersaglio che, daun lato, deve familiarizzarsi con i conte-nuti della formazione tradizionale e, dal-l’altro, è già occupato da molti anni nel-l’azienda. Dopo i primi mesi è pertantoemersa la necessità di assicurare la for-mazione continua anche ai formatori.

Sintesi e prospettive

Con questa iniziativa la Ford-Werke AGha imboccato nuove vie nell’affrontare ilproblema del mutamento strutturale nel-la produttività industriale e della tuteladel sito economico Renania Settentriona-le-Westfalia. Invece di trasferire in modo

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“(. . .) dal punto di vistaaziendale l’autoapprendi-mento con sistemi inter-attivi è un successo solo seil discente è in grado di uti-lizzarli in modo autonomoe competente.”

unilaterale e spesso pericoloso la pres-sione dei costi sui fornitori dell’industriaautomobilistica, si sviluppa congiunta-mente un modello che tiene conto deicambiamenti sui mercati - orientamentoverso il servizio, flessibilità, innovazionee diversa consapevolezza della qualità edei costi. Moderne tecnologie e metodo-logie produttive richiedono nuove formedi organizzazione aziendale e del lavoro.

In considerazione dei diversi scenari, chevanno dalla previsione della costituzionedi un’élite, alla formazione generaleottimale, alla qualificazione differenziatao alla rivalutazione universale del lavoro,le aziende hanno bisogno di competenzemolto ampie per poter soddisfare le cre-scenti esigenze di qualificazione nellaformazione continua prossima al posto dilavoro che si spingono al di là degli ap-procci dei circoli di qualità, del lavoro digruppo e della gestione cooperativa.

In tali condizioni-quadro vi sono ottimepossibilità di inglobare anche sussidiinterattivi che, come emerso da ricercheempiriche, offrono, rispetto ad altremetodologie, una serie di vantaggi chetrovano una realizzazione pratica. Il lorouso è legato ad una dimensione profon-damente umana: dal punto di vistaaziendale l’autoapprendimento con siste-mi interattivi è un successo solo se ildiscente è in grado di utilizzarli in modoautonomo e competente.

Nel caso dell’impiego di sistemi interattivie multimediali non si può parlare di un

determinismo tecnico. Tali sistemi rappre-sentano strumenti e moduli d’appren-dimento che possono venir inglobati nelprocesso di lavoro in maniera estrema-mente diversa. Ciò comporta che essipossiedano un notevole potenziale rispet-to alle concezioni del lavoro tradizionalidi tipo tayloristico. Pertanto è possibileche vengano utilizzati con grande effica-cia in processi di lavoro che distinguonotra programmazione ed esecuzione, non-ché tra attività quantitative e qualitative.

Le prime esperienze hanno dimostrato chenon tutti i potenziali partecipanti posso-no essere formati con misure di accom-pagnamento del lavoro; perciò, a integra-zione del modello attuale, si prevede dioffrire corsi a tempo pieno per prepara-tori di pezzi in cooperazione con unerogatore di formazione esterno.

E’ inoltre previsto di estendere tali misu-re al di là del sito Colonia (Wülfrath,Düren, Saarlouis). Per coloro che hannofrequentato i corsi di operaio qualificatosaranno proposti corsi abbreviati per pre-paratori di pezzi al fine di consentire adipendenti particolarmente idonei di ot-tenere la qualifica di operaio specializza-to. In col legamento con i cors i dispecializzazione esistenti (tecnico, capo-reparto, ecc.) e i nuovi progetti (corsi percapireparto a Colonia), l’offensiva a fa-vore della qualificazione lanciata dallaFord mira a divenire un percorso forma-tivo globale per offrire un adeguato qua-dro aziendale all’idea dell’apprendimentolungo tutto l’arco della vita.

Bibliografia

Behrendt, E. (1993): Multimediales Lernen - Qua-lifizieren mit multimedialen Lern- und Informati-onssystemen. Ein Stufencurriculum zur Weiterbil-dung des betrieblichen Bildungspersonals. In:Schenkel, P. et al.: Didaktisches Design für diemultimediale, arbeitsorientierte Berufsbildung,Berlino/Bonn

Behrendt, E. (1995c): Dialog von Mensch zuMaschine. In: management & seminar H. 11, pp.40-43

Behrendt, E., Geist, G. Gruppenarbeit in der In-dustrie, Hogrefe Verlag, Gottinga 1996

Schneider, U. Neue Bildungswege für die Mitar-beiter, in: ARBEITGEBER, 3/47, 1995, p. 101

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Il ‘Programma per lePari Opportunità’ delDipartimento per laFornitura dell’Energia(ESB) in Irlanda *

WinfriedHeidemann

Capo dell’Unità diqualificazione profes-

sionale presso la Hans-Boeckler-Stiftung diDüsseldorf, l’istituto

tedesco per la ricerca e la con-sulenza sindacale. Ha condot-to numerosi progetti FORCE edè membro del gruppo di espertidell’ European Social Dialogue

[Dialogo Sociale Europeo].

Freida MurrayManager per le Pari

Opportunità presso l’‘Electricity Supply

Board’ [Dipartimentoper la Fornitura del-

l’Energia] (ESB),a Dublino.

L’ ESB e il suo retroterra

L’ESB è un’azienda di proprietà statale chegenera e fornisce elettricità in Irlanda.Impiega 9322 addetti regolari e 537 tem-poranei. Il 17 % del personale è costitui-to da donne e l’ 1 % è assunto in areeoccupazionali non tradizionali come le ca-tegorie ingegneristiche, tecnologiche edella manutenzione.

l’Ingegneria] e negli Information Techno-logy Services [Servizi di Informazione Tec-nologica]. Ne è stato applicato il funzio-namento in 55 paesi.

Quali sono i principali fat-tori di questa impostazione?

La ESB sta mettendo a punto un program-ma strutturato, volto alla creazione dellepari opportunità destinate alle donne, sulposto di lavoro, e all’interno delle gerar-chie lavorative (Positive Action Pro-gramme) [Programma di Azione Positiva].Gli obiettivi da raggiungere sono di largorespiro e vanno al di là dell’istituzione dicorsi ulteriori di istruzione e formazionedi tipo tradizionale, includendo anche:

❏ cambiamento, nei confronti del perso-nale femminile, delle competenze tradi-zionali;❏ miglioramento della qualificazione delpersonale femminile al fine di promuover-ne la carriera all’interno dell’azienda tra-mite una politica di sostegno a conseguireun grado di istruzione più articolato;❏ incremento delle quote per quanto ri-guarda il personale femminile attivo ai varilivelli della gerarchia lavorativa fissandodegli obiettivi;❏ lotta contro le molestie sessuali me-diante la formazione e la nomina di con-sulenti di fiducia con il compito di consi-gliare e sostenere chi ne è stata vittima;❏ adattamento delle condizioni di lavo-ro (rendendole più flessibili) al fine diprovvedere alle specifiche esigenze delledonne (come la maternità, l’ “interruzio-ne” di carriera, la ripartizione del lavo-ro), sottolineando i vantaggi economicilegati alle pari opportunità per le donne;

Nel 1994 si è registrato un fatturato an-nuale, per il petrolio, di 976 milioni disterline.

Essa è anche dotata di oltre un centinaiodi punti di vendita sparsi su tutta la su-perficie del paese. E’ la associata ESBInternational a fornire un servizio di con-sulenza nell’ Engineering Utility Consul-tancy [Consulenza Pubblica Aziendale per

*) La descrizione che segue risale alproget to FORCE, “Cont inuousVocational Training in Europe -Documentat ion on the Socia lDialogue” [Formazione permanenteattitudinale in Europa - Documenta-zione sul confronto sociale] Nr.: 94-23-POL-0014-00), condotto dalla Fon-dazione Hans Boeckler. Gli autori ri-volgono un ringraziamento a EckehartEhrenberg che ne ha preparato ladocumentazione.

Molte persone - ivi inclusi molti appartenenti al sindacato - hanno spessol’impressione che incrementare l’istruzione e la formazione sia un toccasanain grado di assicurare la modernizzazione delle aziende e contemporanea-mente l’espansione di libertà e di opzioni degli addetti. Il rischio rappresen-tato da questo atteggiamento è che le difficoltà incontrate nel processo dimodernizzazione vengono attribuite all’inadeguatezza individuale degli ad-detti. Dal punto di vista del sindacato è quindi importante mettere a puntouna concezione più ampia ed esaustiva di modernizzazione, nella quale ad-destramento ulteriore e formazione siano collegati ad altri elementi. L’esem-pio irlandese illustra l’uso di questo tipo di strategia nel tentativo di pro-muovere pari apportunità per le donne sul luogo di lavoro. Nel quadro ditale strategia, istruzione e formazione costituiscono soltanto uno degli ele-menti all’interno di un processo di cambiamento più ampio delle struttureintra-aziendali in direzione del raggiungimento delle pari opportunità.L’esempio mostra chiaramente che non si possono ottenere cambiamenti dellaposizione occupazionale delle singole persone limitandosi a concentrare glisforzi nel campo della formazione. Il modello irlandese crea una combina-zione tra misure educativo-formative e perfezionamento della legislazionenazionale sulla parità nel lavoro. L’esempio mostra altresì come sia neces-sario creare nuove strutture organizzative al fine di perfezionare la strate-gia per la parità e controllarne gli effetti.

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“La ESB sta mettendo a pun-to un programma struttu-rato, volto alla creazionedelle pari opportunità de-stinate alle donne, sul postodi lavoro, e all’interno del-le gerarchie lavorative (Po-sitive Action Programme)[Programma di Azione Po-sitiva].”

❏ pari addestramento nell’ambito dell’as-sunzione e della selezione;❏ programma che privilegia le Pari Op-portunità e la formazione sulla parità, perun collegamento delle persone che inten-dono promuovere il programma a livellolocale.

Le misure di istruzione e formazione pre-se a livello organizzativo per raggiungerequesti obiettivi sono di vario tipo.

E’ stato redatto e distribuito a tutto il per-sonale uno specifico Codice di Proceduracontro le molestie sessuali. Sono stati istru-iti, da parte di un esperto del ‘Dublin RapeCrisis Centre’ [Centro di Emergenza con-tro la Violenza Sessuale di Dublino] deiConfidential Counsellors [consulenti di fi-ducia], ed il loro ruolo e la loro accessibi-lità è stata resa nota a tutto il personale.Un opuscolo e una guida per il comporta-mento da assumere in questi casi sono statimessi a disposizione di tutti i manager e idirigenti. Sul tema delle “molestie sessua-li” si tiene un seminario per gruppi di unmassimo di 25 membri del personale, disesso maschile e femminile. Oltre a detta-gliate informazioni sul cambiamento av-venuto all’interno della politica aziendalee accanto ad una definizione e spiegazio-ne del termine “molestia sessuale”, il cor-so istruisce anche il personale su comecomportarsi in caso di molestia sessuale.

Un corso intitolato “men and womenworking together” [uomini e donne lavo-rano insieme], con oltre 14 partecipanti,della durata di due giorni, è centrato sul-la politica aziendale della ESB per quan-to riguarda il tema della parità, i proble-mi connessi al fatto che uomini e donnelavorano insieme e i diversi criteri appli-cati, sul posto di lavoro, nei confronti diuomini e donne.Si tratta di un tentavivocompiuto nell’intento di indirizzare gli at-teggiamenti tradizionali verso posizioni dimaggiore parità a vantaggio delle donne.Questa strategia è promossa mediantel’adozione di pratiche interpersonali comeil lavoro di squadra, l’autocoscienza,l’esercizio e la discussione.

Il programma di formazione “Sviluppodella carriera per le donne” è compostodi un programma iniziale di due giorni edi un terzo giorno di corso tre mesi dopo,destinato a 16 partecipanti di sesso femmi-nile. Gli obiettivi di apprendimento sono:

❏ individuazione e sviluppo delle abilitàproprie delle partecipanti e dei loro inte-ressi di carriera, al fine di consentire unaaccessibilità ottimale ai potenziali di car-riera all’interno della ESB;❏ determinazione delle misure di forma-zione richieste per raggiungere gli obiet-tivi di carriera prefissati;❏ sviluppo di progetti di intervento per-sonale;❏ uso di efficaci tecniche personali.

Il pacchetto di due giorni di corso, ini-zialmente volto all’identificazione di atti-tudini, motivazioni e caratteristiche per-sonali, si estende alla pratica di un’azio-ne che ha la sua origine in una meta benprecisa: identificazione degli obiettivi,analisi delle opportunità e degli ostacoli,compilazione di un piano di azione, in-sieme con l’uso di tecniche comunicativeper ottenere gli scopi stabiliti.

Il programma di formazione “Personaleffectiveness for women” [Efficienza per-sonale a vantaggio delle donne] è dellastessa durata e composizione. Gli obietti-vi di apprendimento consistono nel met-tere a disposizione delle singole personeun sostegno che consenta loro di fissare ipropri obiettivi, di acquisire tecniche dicomunicazione interpersonale e di iden-tificare, sviluppare ed utilizzare tecnichedi lavoro efficaci. Il primo giorno di cor-so è centrato sull’esercizio dell’autostimae sull’efficacia delle tecniche comunicati-ve, mentre il secondo giorno intende por-re l’accento sul ruolo del controllo e del-la fiducia nel rapporto con gli altri.

Quali problemi comportaquesta impostazione?

Tale impostazione rappresenta una rea-zione ai limiti propri delle tecniche con-venzionali di formazione ed istruzione ul-teriori ed è volta al miglioramento delleaspettative di carriera del personale fem-minile, così come alla piena utilizzazionedi esso all’interno dell’azienda. Ciò cheappare evidente è che spesso per le don-ne è più difficile avere accesso ai corsi diistruzione e formazione tecnica e che qua-lificazioni di livello più elevato sono, nondi rado, di scarsa rilevanza per quantoriguarda l’avanzamento professionale del-le donne attive nell’azienda.

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“Le mansioni più comuni al-l ’interno della ESB sonomansioni tecniche specia-lizzate. (…) la maggiorparte di queste mansioni(in particolare le mansionidegli operai elettricisti edegli ingegneri) siano ri-servate agli uomini.”

“E’ interessante notare cheil sindacato considera ilsettore privato più avanza-to del settore pubblico perquanto riguarda gli sforzimostrati nell’opporsi alladiscriminazione.”

D’altro canto, questo tipo di impostazionedelinea altresì il profilo delle alternativeche sorgono allorchè l’istruzione e la for-mazione dispensate dall’azienda si esten-dono fino a comprendere contenuti chevanno al di là degli elementi tecnici tra-dizionali, ed è integrata in un program-ma di azione volto alla promozione degliinteressi delle donne. L’ultimo aspetto co-stituisce uno degli obiettivi centrali delsindacato. Esso esige anche la creazionedi nuove strutture organizzative che neaccompagnino il perfezionamento e chevalgano come funzione di controllo perla sua realizzazione. Per estendere la li-bertà di scelta di istruzione e formazionenon è sufficiente ottenere un miglioramen-to della posizione occupazionale delledonne. L’esempio irlandese, perciò, de-scrive anche i limiti di istruzione e for-mazione elargite dalle aziende concepitecome misure isolate.

Le mansioni più comuni all’interno dellaESB sono mansioni tecniche specializza-te. Criteri strutturali e pregiudizi socialivogliono che la maggior parte di questemansioni (in particolare le mansioni de-gli operai elettricisti e degli ingegneri)siano riservate agli uomini. L’ ESB ha unapresenza maschile dominante in questicampi. In Irlanda - così come in altri pa-esi - questi lavori sono tradizionalmenteconsiderati “non femminili”. Non ci si puòdunque sorprendere nel venire a cono-scenza del fatto che di tutto il personaleattivo nella ESB soltanto il 17 % sonodonne.

Giudizi di valore, socialmente determinati,e procedure di selezione che privilegia-no il personale maschile stanno a signifi-care che, con l’eccezione del settoreimpiegatizio, le donne sono state seria-mente “sottorappresentate”, in modo par-ticolare ai livelli più alti della gerarchiaoccupazionale.

Come si è articolata questaimpostazione?

Il punto di partenza delle attività a favoredelle “pari opportunità” della ESB non funè un’iniziativa del sindacato nè rispec-chiò un orientamento del gruppo dirigen-te, ma fu rappresentato dal varo di dueleggi, risalenti agli anni ’70, con cui ilgoverno intendeva correggere dieci anni

di funzionamento inadeguato nel settorestatale e parastatale. Queste leggi sono:

❏ la Anti Discrimination Pay Act [Leggecontro la Discriminazione Salariale] del1974 e❏ la Employment Equality Act [Legge perla Parità Lavorativa] del 1977.

Queste leggi, dirette esclusivamente alledonne, hanno per lo più un carattere pro-tettivo; esse, in altri termini, non esigo-no, da parte delle aziende, speciali ini-ziative, ma si limitano ad indicare la dire-zione nella quale le iniziative dovrebbe-ro essere orientate. (Le due leggi sonostate recentemente rivedute con l’intentodi includervi altre fasce di lavoratorisvantaggiati). E’ interessante notare cheil sindacato considera il settore privato piùavanzato del settore pubblico per quantoriguarda gli sforzi mostrati nell’opporsialla discriminazione.

Nel 1988 la ESB redasse un documentointitolato Equality policy and a practicalequality guideline [Politica per la parità eguida pratica alla parità] nella quale è sta-bilito quanto segue:

“La ESB si impegna ad osservare il princi-pio delle pari opportunità nella politicache riguarda il personale. L’azienda assi-cura che nessun aspirante all’assunzioneavrà a subire un trattamento di sfavoredovuto a motivi di sesso o stato civile. Lepersone saranno selezionate, promosse etrattate a seconda delle loro capacità edei loro meriti ed in ragione dell’adegua-tezza alle esigenze connesse alla loromansione. A tutti sarà offerta l’opportunitàdi dare prova delle proprie competenzee di progredire all’interno dell’azienda.”

Al fine di promuovere una messa a puntodi questo orientamento di fondo, è statoistituito, quasi due anni dopo, uno spe-ciale Equality Review Group [Gruppo diControllo sulla Parità] col compito di stu-diare “la realtà delle pari opportunità perle donne all’interno della ESB e di stilareuna relazione corredata da proposte”. Le25 proposte provenienti da questo grup-po di ricerca portarono alla creazione, nel1991, dell’Equality Council [Consiglio sullaParità] presieduto da specialisti esterni.Questo nucleo centrale aprì la via, dopoil biennio successivo, al Joint EqualityCouncil [Consiglio Congiunto per la Pari-

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tà] (JEC) (composto da dirigenti e sinda-cato). Nel corso del processo di decentra-lizzazione dell’organizzazione aziendale(la divisione della ESB in cinque unitàaziendali decentralizzate e una unità cen-trale) il Joint Equality Council sarà rive-duto e vi saranno apportate modifiche perrenderlo adeguato alla nuova strutturaaziendale.

Molta importanza è attribuita alla garan-zia che la politica per la parità sia intesaseriamente da parte di tutti coloro che visono coinvolti, compresi (in particolare)gli esponenti del gruppo dirigente. Perquesto motivo l’Equality Council - il Con-siglio per la Parità- organizzò, nel 1992,uno speciale seminario sul tema dellaparità destinato al gruppo dirigente, aper-to dal ministro del dicastero interessato.Inoltre, esperti esterni sono impegnati astilare documenti informativi sulla parità,in distribuzione ai 450 dirigenti della ESB.

Chi riguarda?

Tra la forza lavoro attiva presso la ESB èrappresentato un totale di otto unioni sin-dacali, che formano la “ESB Group ofUnions” [Gruppo dei sindacati della ESB].Quattro di questi sindacati sono sindacatidi categoria per addetti specializzati. Ilgruppo dei Sindacati nomina rappresen-tanti al Consiglio Congiunto per la Parità.

Quattro sindacati, compresa la ServicesIndustrial Professional Technical Union[Sindacato Tecnico Professionale dell’In-dustria dei Servizi] (SIPTU) hanno ora lamaggioranza sui nove membri del JEC,compreso il presidente, che è indipenden-te e nominato su mutuo accordo di en-trambi, gruppo dirigenziale e sindacale.Al momento questa persona è funziona-rio per l’educazione e la parità pressol’ICTU (Irish Congress of Trade Unions[Congresso dei Sindacati d’Irlanda]).

Il JEC si riunisce una volta al mese e ilsuo lavoro è considerato efficace (sia dadirigenti che da dipendenti). Esso operain maniera consultiva, sia con il gruppodirigenziale che con il gruppo sindacale.I suoi principali compiti sono:

❏ osservare l’evolversi delle misure vol-te a promuovere la parità all’interno del-l’azienda. Questa “funzione d’osservazio-

ne” si riferisce fondamentalmente alla re-lazione sulla parità del 1990 e alle sue 25proposte, nonchè al rapporto, recente-mente presentato all’azienda, sulle “rela-zioni sociali”;❏ esaminare i problemi connessi alla pa-rità facendo riferimento alla possibilità diun suo proprio intervento;❏ favorire il cambiamento delle compe-tenze all’interno dell’impiego e una nuovacultura aziendale che promuova la pari-tà.

Il Gruppo Sindacale della ESB ha un uffi-cio presso la ESB e ciò permette che even-tuali motivi di protesta che riguardino laparità vengano introdotti nella discussio-ne dei regolari negoziati tra il gruppo di-rigente e il sindacato dell’azienda. Anchei quattro sindacati non rappresentati nelJEC si valgono delle agevolazioni messea disposizione da questo ufficio.

Quali sono le risorse e glistrumenti disponibili?

Contemporaneamente ai programmi diformazione delineati sopra, è stato istituitoun vasto raggio di strumenti supplemen-tari per perfezionare il programma di pa-rità in tutti i suoi aspetti; tali strumentisono:

❏ un manager addetto alle Pari Oppor-tunità posto al massimo livello dirigen-ziale;❏ uno speciale Ufficio per le Pari Op-portunità in stretto e diretto contatto conil direttore del personale;❏ un sistema computerizzato di informa-zione per i problemi connessi alla parità(Personal Management InformationSystem, PMIS);❏ un gruppo di sostegno e di consulen-za contro le molestie sessuali;❏ un legame tra persone attive sul pro-blema della parità a livello locale;❏ un Joint Equality Council [ConsiglioCongiunto sulla Parità] composto di rap-presentanti del gruppo dirigente e dei sin-dacati;❏ un simbolo graf ico speciale checontraddistingua il programma con un’im-magine che identifichi la ESB con lo sfor-zo di conseguire la parità;❏ una Settimana Interaziendale per la Pa-rità con un vasto raggio di attività ed

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“(…) la maggior parte del-le donne attive nella ESB hapreso parte al programma,ivi comprese quelle dipen-denti che svolgono solomansioni elementari (…).”

“(…) un chiaro incrementodel numero delle donne at-tive in tutte le categorie, conla sola eccezione delle im-piegate negli uffici, una fa-scia in cui la presenza fem-minile è tradizionalmentedominante.”

esempi tratti da tutto il programma nelsuo complesso.

L’Ufficio per le Pari Opportunità rispon-de direttamente al capo del personale edè composto di tre addetti a tempo pieno:il manager per le Pari Opportunità e dueimpiegati amministrativi. Con l’intento diprivilegiare la parità, ora il numero è didue addetti, compreso il manager.

In passato, del bilancio complessivo del-l’Equal Opportunities Department [Dipar-timento per le Pari Opportunità], circa il48 % era destinato a misure di investi-mento nella formazione. Tutti i corsi e iseminari venivano finanziati dall’Ufficioper le Pari Opportunità; alcuni di questicorsi hanno occasionalmente luogo fuoridell’orario di lavoro. Vi sono inclusi an-che programmi relativamente costosi,come “Uomini e donne lavorano insieme”che è tenuto durante i fine settimana inun hotel, per creare un’atmosfera più pro-pizia.

I corsi intitolati “Sviluppo della carrieraper le donne” ed “Efficienza personale perle donne” sono tenuti anch’essi presso ilcentro di formazione aziendale di Dubli-no. La ESB ha ingaggiato consulenti ester-ni ed esperti nella formazione per teneree svolgere questi due corsi, così come ilseminario “Uomini e donne lavorano in-sieme”. Il seminario sulle molestie sessualiè invece tenuto dal personale dell’Ufficioper le Pari Opportunità.

Come risultato della divisione pianificatain seno alla ESB in diverse unità aziendali,il punto focale dell’Ufficio per la Pari Op-portunità sarà individuato nella politica enella strategia, mentre il lavoro operativosarà decentral izzato verso le unitàaziendali.

Contemporaneamente alle speciali misu-re di parità finanziate dalla ESB, anche il

sindacato organizza, su tutto il territorionazionale, e attingendo dai suoi fondi,programmi indipendenti indirizzati aimembri di sesso femminile.

Quali sono le stime attualidi tale impostazione?

A partire dal 1991 hanno preso parte alprogramma di Sviluppo della Carriera 932donne, mentre 800 donne hanno frequen-tato i corsi sulla Efficienza Personale. Que-sto significa che la maggior parte delledonne attive nella ESB ha preso parte alprogramma, ivi comprese quelle dipen-denti che svolgono solo mansioni elemen-tari (ad esempio il personale addetto allamensa).

Indagini hanno mostrato che la percen-tuale di partecipazione ai corsi è moltoelevata. Le risposte ai questionari dimo-strano che il personale femminile apprez-za in modo particolare gli sforzi volti apromuoverne autostima e determinazio-ne. Esistono competenze che non sonolegate ad alcuna specifica esigenza lavo-rativa o aziendale, ma che sono spendibiliin un senso più ampio.

Le stime compiute sui risultati del semi-nario “Uomini e donne lavorano insieme”non sono state altrettanto positive. Nelcorso di un seminario di questo tipo fini-rono per venire alla luce tutti i vecchipregiudizi, le rivalità ed altre tensioni econflitti accumulati sul posto di lavoro:una selezione corretta dei partecipanti, siauomini che donne, si rivelerà dunquedecisiva per la riuscita del seminario.

In considerazione del successo ovunqueottenuto del programma sulle pari oppor-tunità, è interessante osservare come lapercentuale delle donne attive nelle va-rie categorie impiegatizie della ESB siamutata a partire dal 1991 (cfr. tabella):

La figura mostra un chiaro incremento delnumero delle donne attive in tutte le ca-tegorie, con la sola eccezione delle im-piegate negli uffici, una fascia in cui lapresenza femminile è tradizionalmentedominante. I cambiamenti sono senza al-cun dubbio dovuti ai programmi di for-mazione e al mutato atteggiamento daparte del direttivo del personale. Nondi-

aprile marzo diffe-1991 1996 renza

personale dirigente di massimo livello 2 11 450 %personale dirigente di livello medio 27 59 119 %personale dirigente di livello inferiore 154 232 51 %impiegate negli uffici 1087 795 -27 %altro personale femminile 337 654 94 %

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meno, si sono levate proteste per il fattoche è estremamente difficile integrare igradi più bassi e quelli medi del gruppodirigente in attività orientate in modoparitario.

Nel corso di questo periodo non si sonoavuti cambiamenti formali nella politicaper lo sviluppo della carriera o attività diassunzione. Il livello di assunzione, co-munque, era al minimo e la situazionecomplessiva del personale ha avuto unadiminuzione del 9 %. Il rapporto donne-uomini è rimasto invece costante (17 %).

L’intento di questi programmi di forma-zione è stato innanzitutto indicato nellapossibilità di istituire un rapporto di fi-ducia tra le donne e l’azienda e, inoltre,di individuare attitudini. In questa fasel’impatto sull’incremento di mansioni tec-niche è difficile da misurare.

Qual’è la posizione di que-sta impostazione nel conte-sto della politica di istruzio-ne e formazione ulterioripromossa dal sindacato?

Il programma della ESB rappresenta unesempio isolato all’interno di una (perquanto grande) singola azienda. I sinda-cati sostengono il programma della ESBe sono coinvolti nel suo perfezionamen-to. Nondimeno, esistono ancora molte ca-renze di comunicazione. Un esempio inquesto senso è costituito dal fatto che igruppi dirigenti e/o l’EOD (Equal Oppor-tunity Department [Dipartimento per lePari Opportunità]) nell’azienda non sonopienamente informati sull’attività sindaca-le svolta nel campo della parità.

Vi sono, inoltre, ancora molti punti di con-flitto nel campo della parità. Questo valein particolare per il problema della paritàdi salario: di fatto, procedimenti legalicontro la ESB sono attualmente in corsoa proposito di uno o due casi del genere.

Come è stato detto sopra, anche i sinda-cati organizzano programmi di formazio-ne indirizzati agli aderenti in vista dellacreazione di pari opportunità - un risul-tato che essi fortemente perseguono. Tut-tavia, l’interesse dei rispettivi sindacati

sulla questione della parità nell’ambitodelle loro attività dipende in larga misuradall’impegno profuso dalla parte femmi-nile dei loro iscritti. La propensione apromuovere la parità è particolarmenteridotta presso i settori tecnici e di catego-ria, e qui c’è molto bisogno di sviluppo.Non mancano anche conflitti di interessiquando una organizzazione tenta di otte-nere maggiori vantaggi a favore delle di-pendenti donne nel contesto dei parame-tri dell’aumento salariale attuale, in quantoun tale aumento avverrebbe a spese deidipendenti uomini.

Quali incentivi di trasferi-mento in altri paesi offrequesta impostazione?

Spesso, per fornire incentivi ad iniziativeda trapiantare in altri paesi, si fornisconoesempi di “prassi positiva”. Ma resta il pro-blema del trasferimento di esperienze daun paese verso altri paesi: le situazionisono radicate in un contesto fatto di va-rianti istituzionali, legali, politiche e cul-turali. Sebbene le attività orientate alla pa-rità organizzate dalla Irish ElectricitySupply Board abbiano le loro radici nellacorrispondente legislazione irlandese,esse non sono legate, in ultima analisi,ad alcuna particolare premessa legislati-va. Ci sono leggi simili in altri Stati mem-bri dell’UE. Infine, ultimo aspetto ma nonmeno importante, la normativa europeache si chiama: “Direttive riguardanti le pariopportunità per uomini e donne, in vistadell’accesso al lavoro, alla formazione at-titudinale, alla promozione e alle condi-zioni di lavoro” (No. 76/207 del 9/2/1976)esiste dal 1976.

Il programma per le pari opportunità dellaESB, organizzato e messo a punto in col-laborazione con i sindacati e che puòvantare un sicuro successo, rappresentaperciò un’iniziativa la cui esperienza ap-pare, per molti aspetti, suscettibile d’es-ser trasferita in altri paesi. Ma, dato che iltrasferimento di un’esperienza è un pro-cesso sociale, quel che necessita è la co-municazione tra coloro che l’esperienzal’hanno vissuta (i “trasmittenti”) e coloro(i “riceventi”) che siano interessati ad ap-plicarne, entro i propri ambiti di lavoro,alcuni aspetti centrali.

“(…) si sono levate prote-ste per il fatto che è estre-mamente difficile integrarei gradi più bassi e quellimedi del gruppo dirigentein attività orientate inmodo paritario.”

“In questa fase l’impattosull’incremento di mansio-ni tecniche è difficile damisurare.”

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La presente sezione è statapreparata da

MartinaNì Cheallaigh,bibliotecaria pr esso i lCEDEFOP, con l’ausilio deimembri della rete di docu-mentazione del CEDEFOP(per i nominativi, v. pag.132).

La sezione “Letture scelte” pre-senta le più importanti recen-ti pubblicazioni sugli sviluppinella formazione e nelle qua-lifiche a livello internaziona-le ed europeo. Pur privilegian-do le opere comparative, pas-sa in rassegna anche studinazionali condotti quale par-te di programmi internaziona-li ed europei, analisi dell’im-patto dell’azione comunitariasugli Stati membri e studi na-zionali visti da una prospetti-va esterna. La sezione “Statimembri” elenca una selezionedi importanti pubblicazioninazionali.

Scel

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Letture

Europa - Internazionale

Informazioni, studi ericerche comparate

Continuum entre l’enseignementobligatoire, la formation initiale etcontinue, l’éducation des adultes enFranceLietard, B.; Perker, H.Centro europeo per lo sviluppo della for-mazione professionale (CEDEFOP)Salonicco, CEDEFOP, 1995, 29 pagg.(CEDEFOP Panorama, n° 58)FRCEDEFOP, P.O. Box 27 (Finikas),GR-55102 Salonicco

Nel 1994 il CEDEFOP ha commissionatodelle indagini su 12 paesi dello Spazioeconomico europeo, contenenti le descri-zioni delle misure volte a migliorare lacoesione tra scuola dell’obbligo, forma-zione iniziale e continua e degli adulti. Ilpresente rapporto illustra i risultati dellostudio effettuato in Francia e s’incentrasulle iniziative politiche e istituzionali ingrado di garantire una continuità, lo svi-luppo di un sistema di riconoscimentodella formazione pregressa e di nuovimodelli di formazione e l’applicazione diuna politica aziendale.

Teachers and trainers in vocationaltraining, volume 2: Italy, Ireland andPortugalAmbrosio, T.; Byrne, N.M.T.; Oliveira, T.;et al.Centro europeo per lo sviluppo della for-mazione professionale (CEDEFOP)Lussemburgo, Ufficio per le pubblicazio-ni ufficiali delle Comunità Europee, 1995,139 pagg.ISBN 92-827-5642-4EN

La collana mira a descrivere e, ove possi-bile, a comparare l’attuale situazione del-lo sviluppo professionale (formazioneiniziale e continua) dei formatori e do-centi operanti nel campo della formazio-ne iniziale. L’opera riveste interesse per iformatori e docenti professionali, in quan-to le informazioni fornite sono tese a pro-

muovere la loro mobilità all’internodell’UE e dei singoli paesi. Le istituzionie gli enti di formazione saranno facilitatinell’individuare potenziali partner per iprogetti di ricerca e sviluppo. I responsa-bili politici di questo settore troverannouna presentazione sistematica di notiziesugli operatori coinvolti nella formazio-ne iniziale in altri paesi. Le informazionisono inserite nel contesto del sistema diformazione di ciascun paese, dei suoi di-versi comparti e indirizzi.

Assessing and Certifying OccupationalSkills and Competences in VocationalEducation and TrainingOrganizzazione per la cooperazione e losviluppo economico in Europa (OCSE)Parigi, OCSE, 1996, 220 pagg.ISBN 92-64-14690-3EN, FR

In considerazione del numero sempre piùelevato di iscritti alla formazione profes-sionale e tecnica, dei crescenti costi e dellatendenza al decentramento, i temi dellavalutazione e della certificazione dellecompetenze assumono sempre maggioreimportanza. Gli approcci adottati dovran-no tener conto del cambiamento a livellodi competenze richieste, delle diverseaspettative dei giovani e della diffusionedella formazione degli adulti. A prescin-dere se ottenute a scuola o sul lavoro, lecompetenze e le qualifiche devono esse-re chiare e utilizzabili sui mercati nazio-nali e internazionali del lavoro.

Fernsehen - ein Schlüssel zu euro-päischer Berufsbildung/Television - akey to European vocational educationand Training/Télévision - une clé pourla formation professionnelle euro-péenneMinistero federale dell’Istruzione, delleScienze, della Ricerca e della Tecnologia(BMB+F) della RFGBonn, BMB+F, 1995, 82 pagg.disponibile soltanto in DEBundesministerium für Bildung undWissenschaft, Heinemannstrasse 2,D-53175 Bonn

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In concomitanza con l’assegnazione delPRIX CEDEFOP 1994, il Ministero federa-le dell’Istruzione, delle Scienze, della Ri-cerca e della Tecnologia della Repubbli-ca Federale ha organizzato un convegnosull’uso della televisione nell’istruzione eformazione. Ecco alcuni temi discussi:cooperazione a livello concettuale e diprogrammazione tra enti televisivi; tele-visione come strumento per creare traspa-renza nella formazione; cooperazione traautorità preposte alla formazione e al la-voro e enti televisivi per promuovere leinformazioni e la mobilità sul lavoro.

The European dimension in voca-tional training: experiences and tasksof vocational training policy in themember states of the European UnionBundesinstitut für Berufsbildung (BIBB)Bielefeld, Bertelsmann Verlag, 1995, 224pagg.ISBN 3-7639-0690-8 (en)DE, EN

L’opera comprende gli atti di un conve-gno svoltosi ad Hannover il 27-28 settem-bre 1994, durante la Presidenza tedescadell’UE, che abbracciava tre campi d’in-dagine: forma e contenuto dei progetti dicooperazione transnazionale relativi allaformazione iniziale e continua; risultatiottenuti con i progetti pilota transnazionalinel settore della cooperazione europea nelcomparto educativo e iniziative per rifor-me nazionali per introdurre approcciinnovatori e una dimensione europeanella formazione professionale; ruolo pre-sente e futuro dei datori di lavoro nellaformazione iniziale e continua. Sono sta-te illustrate molte relazioni su studi di casoe tratte conclusioni sui compiti della po-litica dell’istruzione e formazione negliStati membri.

Skill needs analysis - the way forward,Reports from the 1995 Cumberlandlodge conferenceCommissione Europea - DG XXIIBruxelles, DG XXII, 1996, 61 pagg.ENCommissione Europea, DG XXII,200 rue de la Loi,B-1049 Bruxelles

Dal 1990 Cumberland Lodge è stata sededi discussioni a livello europeo sui temi

legati alle competenze. Nel corso dellaconferenza del 1995 sono stati presentatistudi su costi e benefici, tra cui uno basa-to su un campione di studi di caso diaziende e un esempio innovatore diquantificazione dei costi e benefici diun’azione di formazione in e per un’im-presa. Sono state esaminate metodologiefondate su alcune norme base per deter-minare l’analisi delle carenze di compe-tenze e di idee sul modo in cui misurareil fabbisogno di competenze. Sono inol-tre stati discussi alcuni esempi di reti escambi transnazionali.

Technology policy and regional de-mand for skills, synthesis report (Aus-tria, Greece, Ireland, Italy)Blumberger, W.; Nemeth, D.; Papatheo-dossiou, Th.Institute of Technological Education (ITE)Atene, 1995, 112 pagg.ISBN 960-7097-41-6EN

Il rapporto, realizzato ad integrazionedello studio “Impatto delle tecnologiedell’informazione sul futuro dell’occupa-zione nella Comunità Europea” condottonel 1991 dalla Commissione Europea,s’incentra sull’esigenza di sviluppare lerisorse umane a livello regionale. Il pro-getto esamina le persone che hanno fruitodi un’istruzione secondaria e di una for-mazione professionale in quattro paesi(Austria, Grecia, Irlanda e Italia) e analiz-za in particolare le PMI in considerazio-ne della loro importanza e della difficilesituazione in cui versano a livello dimodernizzazione e di competitività.

La formation dans les pays de l’UnioneuropéenneCentre INFFOParigi, Centre INFFO, 1996, 64 pagg.FRCentre INFFO, tour EuropeF-92049 Paris la Défense cedex

L’opera, destinata ad un pubblico france-se, presenta una serie di brevi sintesi sul-la formazione iniziale e continua negliStati membri dell’UE, Francia esclusa. Leinformazioni sono integrate da un elencodi indirizzi utili e da indicazioni biblio-grafiche.

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Théories et pratiques de l’orientationen Europe, quelques aperçusGuichard, J.; Hayrynen, Y.P.; Kidd, J.; etal.Institut National d’Etude du Travail etd’Orientation (INETOP)in: L’orientation scolaire et profession-nelle, n° 24, 1995, Parigi, pagg. 3-67ISSN 0249-6739FR

Nel luglio 1993, in occasione del 3° Con-vegno europeo di psicologia tenuto aTampere in Finlandia, è stato organizzatoun incontro sulle teorie e le prassi del-l’orientamento in Europa. In questo nu-mero speciale sono raccolti i contributidi tale incontro. Ecco i temi trattati: ilconcetto di sé: un bene personale, unanorma o un’entità legittima? L’orientamen-to professionale è una scienza applicata?Ruolo della teoria nella consultazione re-lativa all’orientamento professionale inGran Bretagna. Cambiamenti nell’espres-sione dei progetti e dei sogni futuri: raf-fronto tra due gruppi in Finlandia nel 1977e 1989. Quali quadri concettuali perl’orientamento alle soglie del XXI secolo?

Le politiche dell’Unione Europea perlo sviluppo delle risorse umanePitoni, I.in: Osservatorio Isfol, 3-4, 1995, Roma,pagg. 97-104ISSN 0391-3775ITIstituto per lo sviluppo della formazioneprofessionale dei lavoratori, Via G.B.Morgagni 33,I-00161 Roma

Rapida panoramica della recente evolu-zione delle politiche dell’UE a sostegnodell’innovazione dei sistemi educativi eformativi negli Stati membri. Dopo averricordato gli articoli del Trattato diMaastricht dedicati all’istruzione e allepolitiche della formazione, l’autore illu-stra i nuovi strumenti operativi che tra-ducono le politiche di sviluppo delle ri-sorse umane nei programmi e nelle azio-ni. Nel contesto italiano, viene sottoline-ata l’esigenza d’avviare un processo de-cisionale teso a favorire lo sviluppo delcapitale non materiale rappresentato daisingoli individui e dalla loro integrazionesociale in maniera coerente e secondo legrandi linee delle politiche comunitarie.

Who’s who in European education: adirectory of organisations active inthe area of the European dimensionin schools and collegesAlkmaar, Europees Platform voor hetNederlands Onderwijs, 1995, 128 pagg.ISBN 90-74220-06-1EN

Elenco di indirizzi di enti operanti nelcampo dello sviluppo della dimensioneeuropea nell’istruzione.

Ausbildungsziel: Berufliche Mobilität.Binationale Ausbildungsprojekte desInstituts der deutschen WirtschaftKölnLenske, W.Colonia, Deutscher Instituts Verlag, 1995,67 pagg.(Beiträge zur Gesellschafts- und Bildungs-politik, n° 205)ISBN 3-602-24956-5DE

Dal 1988 l’Institut der deutschen Wirt-schaft di Colonia conduce progett ibinazionali di formazione per giovani stra-nieri residenti in Germania. Il primo pro-gramma di formazione era destinato a gio-vani greci; ad esso hanno fatto seguitoquelli rivolti a spagnoli (1991), italiani eturchi (1993) e infine portoghesi (1994).L’opera illustra le basi e gli obiettivi, non-ché la concezione e l’attuazione di talimisure sulla scorta del progetto indiriz-zato ai giovani greci. Il contributo è inte-grato da rapporti di esperienze di tutti iprogetti di formazione professionalebinazionali, tenuti in dieci diverse locali-tà della RFG con la partecipazione di unaserie di enti, organizzazioni e persone siain Germania sia nei paesi interessati.

Tandem training - the Volkswagen-Skoda approach to know-how transferGutmann, B.in: Journal of European Industr ia lTraining, Vol. 19 (4), 1995, Bradford, pagg.21-24ISSN 0309-0590EN

L’articolo illustra il transfer dell’esperien-za tedesca e del know-how occidentalenell’industria automobilistica ceca dopoil varo, nel 1991, della joint-venture tra

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Skoda e Volkswagen e analizza il ruolodel manager che funge da “istruttore” delresponsabile locale, precisando che gliaccordi di gestione in tandem vigono dinorma per circa 3 anni. Il contributo esa-mina l’importanza del trasferimento dellecompetenze pratiche e delle conoscenzeattraverso équipes miste e individua mol-ti degli errori comuni nel lavoro in tandemche, oltre ai problemi linguistici, compren-dono anche un’inadeguata preparazionepersonale, professionale e interculturale,conflittualità dei ruoli e l’esperto “Onni-sciente”. L’articolo presenta un modelloin otto fasi per raggiungere l’integrazio-ne e, in questo caso, un processo diapprendimento comune.

New ventures in entrepreneurship inan Eastern European context: a train-ing and development plan for manag-ers in state owned firmsNelson, E.G.; Taylor, J.in : Journal of European Industr ia lTraining, 19(9), 1995, Bradford, pagg. 12-22ISSN 0309-0590EN

L’articolo esamina il progetto di “know-how” teso a trasferire le conoscenze rac-colte dall’Occidente in occasione del pas-saggio di attività da grandi imprese stata-li ad aziende privatizzate di minori dimen-sioni. Il contributo descrive i programmidi formazione organizzati per i dirigentirumeni per aiutarli ad individuare le atti-vità suscettibili di trasferimento e per for-marli nelle competenze richieste per cre-are e gestire le imprese.

Questions de formation, Eurodelphi95, L’éducation des adultes en Europe:visées et stratégiesLeirman, W.; Feinstein, O.Université Catholique de Louvain (UCL)Facul té ouverte pour enseignants ,éducateurs et formateurs d’adultes (FOPA)Katholieke Universiteit Leuven (KUL)Louvain-La-Neuve, UCL-FOPA, 1995, Vol.VI (11/12), 296 pagg.EN, FRFOPA - UCL, place Cardinal Mercier, 10,B-1348 Louvain-La-Neuve

Questo rapporto presenta i risultati dellaricerca EURODELPHI, un progetto inter-

nazionale consacrato agli obiettivi e allestrategie in materia di formazione conti-nua e degli adulti in Europa. La ricercainternazionale e interuniversitaria rappre-senta una tappa importante nella forma-zione degli adulti in Europa. Essa s’inse-risce nella prospettiva di due grandi even-ti: l’Anno europeo della formazione degliadulti e dell’apprendimento permanente(1995-96) e la Conferenza mondiale sullaformazione permanente indetta dall’UNE-SCO (1997). Il rapporto comprende: unadescrizione del progetto, la sua pianifica-zione e organizzazione, una panoramicadei risultati ottenuti, una sintesi e una ri-flessione sulle eventuali implicazioni.

Manpower problems in the nursing,midwifery profession in the EC,Country reports - volume 1 & 2, Com-parative reportVersieck, K.; Bouten, R.; Pacolet, J.Hoger Instituut voor de Arbeid (HIVA) -Katholieke Universiteit Leuven (KUL)Hospital Committee of the EuropeanCommunity; Commissione Europea et al.,Lovanio, HIVA, 1995, pagg. var.ISBN 90-5550-080-1EN

Gli autori del rapporto cercano d’indivi-duare le cause e i rimedi possibili perquanto riguarda la carenza di personaleinfermieristico e di ostetriche nei varimercati del lavoro nell’UE. Il documentosi articola in quattro parti: 1) rapportinazionali - vol. 1 (in EN), 2) rapporti na-zionali - vol. 2 (in EN), 3) rapporti nazio-nali comparati (in EN), 4) sintesi e con-clusioni per la politica da seguire (in NL).

Beschäftigungspolitik in kleinen,offenen Volkswirtschaften der EUMarterbauer, M.in: WIFO-Monatsberichte, n° 1, 1996,Vienna, pagg. 61-68ISSN 0029-9898DE

Le modeste prospettive congiunturali nonlasciano prevedere entro breve tempo uncalo della disoccupazione in Europa. Ciòcomporta una sfida per la politica econo-mica a livello europeo, ma anche le pic-cole economie nazionali dispongono dimargini di manovra: la Danimarca ha in-trodotto alcune riforme nella politica del

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mercato del lavoro, tra cui un modelloper l’aspettativa; i Paesi Bassi incoraggia-no il lavoro part-time; la Svezia investeingenti risorse a favore di una politicaattiva per il mercato del lavoro.

Internationales Jahrbuch der Erwach-senenbildungKnoll, J.H.Colonia, Weimar, Vienna, Böhlau Verlag,23. edizione, 1995, 316 pagg.ISSN 0071-9818DE, EN

Il 23° annuario internazionale sulla for-mazione degli adulti raccoglie, come inumeri precedenti, diversi contributi sutemi inerenti all’apprendimento perma-nente, dove, secondo gli editori, il con-cetto di formazione degli adulti abbrac-cia sia il gruppo bersaglio sia l’ampiezzadella materia. Gli 11 articoli s’incentranosul seguente argomento: architettura eformazione degli adulti, discusse sullabase di esempi tratti da Germania, Dani-marca, Stati Uniti, Canada e Israele. Aspettirelativi alla formazione degli adulti ven-gono affrontati nel capitolo “varie” in seiarticoli: ai contributi sul cinema comuna-le, sulla Hochschule für Gestaltung di Ulme sulla vita ebraica a Berlino fanno riscon-tro tre studi su problemi della formazio-ne professionale continua, aspetti inter-nazionali della formazione degli adulti ei l rapporto sul convegno ISREA diBreslavia (Polonia). Della realtà della for-mazione continua si occupano i contri-buti “Profili di paesi”, che esaminano lasituazione in Irlanda del Nord, Svezia,Lettonia e Malta. Il volume è integratodalla copia della “Dichiarazione diSchwerin dell’Associazione delle univer-sità tedesche” sul ruolo futuro della for-mazione continua e da numerose recen-sioni.

La integraciòn de los jòvenes en elmercado de trabajoUnion des confédérations de l’Industrieet des Employeurs d’Europe (UNICE)Bruxelles, UNICE, 1996, 152 pagg.DE, EN, ES, FRUNICE, Rue Joseph II 40, BTE 4,B-1040 Bruxelles

Il documento riassume i risultati di un’in-dagine realizzata nei 15 Stati membri

dell’UE tesa a raccogliere esempi d’ini-ziative di imprese e associazioni dei datoridi lavoro che contribuiscono all’inseri-mento professionale di giovani. Lo stu-dio s’incentra su: 1) la situazione occu-pazionale giovanile, comparando l’evolu-zione della disoccupazione giovanile ne-gli ultimi anni con quella della popola-zione attiva; 2) i sistemi di formazione ed’inserimento professionale, sottolinean-do l’importanza della qualità della forma-zione iniziale e la necessità di una quali-ficazione permanente che promuoval’adattamento alle esigenze del merca-to del lavoro; 3) esempi di esperienze dialunni in aziende e organizzazioni pro-fessionali attraverso la partecipazione aoperazioni nazional i , i l contr ibutoqualitativo all’efficienza dei sistemi d’in-segnamento o d’iniziative particolari ade-guate ad una professione, ad un’aziendao a problemi locali; 4) suggerimenti dellefederazioni nazionali in merito sia al ruo-lo delle parti sociali nella formazione enell’inserimento professionali sia a misu-re economiche e legislative che promuo-vano l’occupazione e l’inserimento; 5) laposizione dell’UNICE (Unione Europeadelle confederazioni dell’industria e deidatori di lavoro) sui seguenti documenti:“Libro bianco sulla crescita, la compe-titività e l’occupazione” (3.8.94), “Libroverde sulla politica sociale europea”(30.3.94) e “Libro bianco sulla politicasociale europea” (3.11.94).

De positie van de leraar en zijnopleiding in de Europese lidstatenStevens, V.; Van Heule, K.

Progetto di cooperazione della Facoltà diSociologia della Open Universiteit con:Università di Gand, Università Cattolicadi Lovanio, Università di Amsterdam eDipartimento dell’Istruzione della Comu-nità fiammingaLovanio, Apeldoorn: Garant, 1995, 71pagg.ISBN 90-5350-354-3NL

In questa raccolta la posizione dei docentinell’UE viene esaminata da due punti divista. Innanzitutto viene fornito un qua-dro delle considerazioni sociali a tale ri-guardo; successivamente vengono illustra-te le conseguenze di queste tendenze sullaformazione dei docenti negli Stati mem-

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bri. Secondo i ricercatori, al momento at-tuale gli insegnanti occupano una posi-zione piuttosto bassa nella scala econo-mica e sociale, nonché sul piano dellepossibilità decisionali nella politica a li-vello macro e medio. Da ultimo vengonopresentati i sistemi di formazione dei do-centi nei vari paesi e vengono evidenziatele condizioni d’accesso e il luogo o l’entein cui tale formazione viene erogata.

De arbeidsmarktperspectieven vantechnische opleidingenGroot, W.; Mekkelholt, E.L’Aia, OSA, 1995, 145 pagg.(Stichting Organisatie voor StrategischArbeidsmarktonderzoek [OSA])NLOSA, Van Stolkweg 14,NL-2585 JR L’Aia

Nella ricerca oggetto del rapporto si cer-ca di comprendere il motivo della sceltaa favore di una formazione tecnica o nontecnica. L’indagine si articola in due par-ti: un raffronto del rendimento economi-co-finanziario delle formazioni tecnichenei Paesi Bassi rispetto alla Germania, allaGran Bretagna e agli Stati Uniti; le ragio-ni addotte dai giovani per la scelta da lorocompiuta.

Productivity, education and training.An international perspectivePrais, S.J.National Institute of Economic and SocialResearch (NIESR)Cambridge, Cambridge University Press,1995, 138 pagg.(National Institute of Economic and SocialResearch Occasional Paper XLVIII)ISBN 0-5215-5667-8EN

Il rapporto esamina i mutamenti nellapolitica in materia d’istruzione e forma-zione, comparando l’evoluzione in GranBretagna con quella in altri paesi. La pri-ma parte presenta il quadro della ricercae il raffronto delle qualifiche professio-nali e degli accordi relativi alla formazio-ne in Gran Bretagna, Francia, Germania,Paesi Bassi e Giappone. La seconda par-

te analizza il legame tra produttività, for-mazione e ruolo dell’istruzione, mentrel’ultima parte illustra le soluzioni prati-che adottate nel contesto britannico.

• L’Europe et la lutte contre l’exclu-sion (I). Emergence de nouvelles for-mes d’insertionPalicot, M.-C.; Thibout, L.Parigi: Racine éditions, La Documentationfrançaise, 1995, 156 pagg.ISBN 2-84108-007-2FR

• L’Europe et le lutte contre l’exclu-sion (II). L’implication du premierréseau public français de formationcontinueThibout, L.Parigi: Racine éditions, La Documentationfrançaise, 1995, 160 pagg.ISBN 2-84108-009-9FR

Il primo volume pone l’accento, partendoda esperienze concrete, su alcune prati-che transnazionali che possono essere svi-luppate per far fronte a utenti in difficoltà.Una quindicina di progetti è raggruppatain tre categorie: azioni per garantire mi-gliori possibilità occupazionali; creazionidi attività o di imprese che s’inserisconoin logiche di sviluppo incentrate sull’atti-vità economica; interventi di sviluppo ba-sati su un territorio e che tengono contoin maniera globale delle questioni socio-economiche. In tale ambito sono affronta-ti diversi problemi: quali sono le specifici-tà degli approcci d’inserimento attraversol’economia? Quali sono gli effetti del “mo-tore europeo” nel sostegno agli strumenticome i laboratori-scuole, la creazione diattività, le reti di risparmio solidale? La retefrancese di formazione continua, svilup-pata oltre 20 anni fa dal Ministero dell’Istru-zione, ha realizzato 15 progetti in collabo-razione con partner di altri Stati membrinell’ambito dell’iniziativa comunitariaHORIZON. Il secondo volume illustra ladiversità di questi interventi presso cate-gorie con gravi problemi d’inserimentosociale e professionale, presenta le prassisviluppate e traccia una diagnosi delle pri-me esperienze.

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Unione Europea: politiche,programmi, attori

Libro verde sull’innovazioneCommissione Europeain: Bollettino dell’Unione Europea, sup-plemento 5/95, Lussemburgo, 102 pagg.ISBN 92-827-6086-3DA, DE, EN, ES, FR, FI, GR, IT, NL, PT,SV

L’innovazione in Europa è oltremodo di-versificata e trae origine nelle regioni enei settori industriali. Stati, regioni, indu-strie e aziende cercano proprie soluzio-ni: bisogna adottare un approccio piùcoerente. Il Libro verde mira a stimolareun ampio dibattito su questo tema tra ivari attori in enti pubblici e privati nelleregioni e negli Stati membri. Tra i 13 campid’attività va annoverata la formazione ini-ziale e continua. Si propone di elaborareun modello europeo di riconoscimentodelle competenze tecniche e professionali,di creare corsi alternativi d’istruzione su-periore tesi a promuovere l’innovazionee di sviluppare un osservatorio europeodelle pratiche innovatrici nella formazio-ne professionale.Nota: documento redatto sulla base diCOM(95) 685 def.

Politiche della gioventù nell’UnioneEuropea: strutture e formazioneCommissione EuropeaLussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità Europee, 1995,137 pagg.(Studi, n° 7)ISBN 92-827-01158DA, DE, EN, ES, FR, IT, NL, PT

Il rapporto sulle politiche della gioventùattuate nell’UE offre una panoramica delcammino percorso e ricorda l’importanzache la Commissione attribuisce allo svi-luppo di tali politiche. Oggi più che mai,occorre considerare i giovani come unacategoria sociale a pieno titolo, che abbi-sogna di una politica specifica che assi-curi globalmente una funzione educativain materia di cittadinanza. Questo primodocumento di riferimento in materia sirivela particolarmente utile. Infatti, purconfermando la diversità delle struttureesistenti negli Stati membri, diversità chediventa sempre più accentuata quanto più

ci si avvicina al livello regionale e locale,il documento sottolinea anche i punti diconvergenza e indica le condizioni pro-pizie allo sviluppo di una cooperazionesul piano europeo.

Educational software and multimedia:intermediate reportCommiss ione Europea, Task ForceSoftware educativo e multimedialeBruxelles, Commissione Europea, 1996, 30pagg.EN, FRCommissione Europea, Task ForceSoftware educativo e multimedia,rue de la Loi 200, B-1049 Bruxelles

La Task Force è stata istituita nel marzo1995 per presentare un’indagine sulla si-tuazione dei sussidi educativi multimedialie per proporre alla Commissione Euro-pea un progetto di un programma d’azio-ne. Il documento (del 21.1.96), basato suinterviste e colloqui con utenti e produt-tori, illustra i risultati provvisori. Le con-clusioni finali sono previste per il primotrimestre del 1996. Il rapporto provviso-rio offre un’analisi della situazione deisussidi educativi multimediali nei varicontesti in cui sono utilizzati: a casa, ascuola, all’università e sul lavoro e illu-stra il programma d’azione teso a stimo-larne la diffusione in Europa. Accessibilesul World Wide Web, assieme ad altre re-centi informazioni sulla Task Force, sulseguente sito: http://www.echo.lu.

Insegnare e apprendere: verso la so-cietà conoscitiva, Libro bianco suIstruzione e FormazioneCommissione Europea - DG XXIILussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità Europee, 1995, 63pagg.Doc. COM(95) 590 def.ISBN 92-77-97160-6 (en)ISSN 0254-1475 (en)DA, DE, EN, ES, FI, FR, GR, IT, NL, PT,SV

La prima parte esamina tre fattori respon-sabili di mutamenti sociali: l’impatto dellasocietà dell’informazione, dell’internazio-nalizzazione e della conoscenza scientifi-ca e tecnica. Per far fronte a queste sfide,si propone di ampliare la base conoscitivadella nostra società e di sviluppare le pos-

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sibilità occupazionali e la capacità di inte-grazione nella vita sociale. La secondaparte s’incentra sulle principali linee d’azio-ne 1996 per costruire una società del-l’apprendimento, che mirano a migliorareil modo d’acquisizione, valutazione ecertificazione delle competenze, median-te l’estensione del sistema europeo di tra-sferimento dei crediti alla formazione pro-fessionale, mediante il più stretto collega-mento tra mondo della scuola e dell’eco-nomia, in particolare attraverso il coinvol-gimento dell’industria nei sistemi europeidi apprendistato/tirocinio, mediante la lottaall’emarginazione sociale attraverso istitu-ti per la seconda opportunità e servizi eu-ropei di volontariato, mediante la cono-scenza di tre lingue europee e medianteinvestimenti a favore del capitale umanoe della formazione.

Osservatorio europeo delle PMI, Com-menti della Commissione alla terzarelazione annuale (1995)Commissione delle Comunità EuropeeLussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità Europee, 1995, 55pagg.Doc. COM(95) 526 def.ISBN 92-77-954094 (it)ISSN 0254-1475 (en)DA, DE, EN, ES, FI, FR, GR, IT, NL, PT,SV

Il documento contiene molte analisi rela-tive alle future attività della Commissionein questo campo e valuta la posizione del-le PMI al momento del completamento delMercato Unico, che comporterà numerosicambiamenti a livello amministrativo e tec-nologico. Il rapporto conferma che, mal-grado alcuni problemi legati alle dimen-sioni e alle tendenze macroeconomichesfavorevoli, le PMI devono essere consi-derate una delle principali fonti di poten-ziale crescita occupazionale degli anni ’90.La comunicazione comprende anche unasintesi del terzo rapporto annuale.

Development of vocational trainingsystemsCommissione Europea - DG XXIILussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità Europee, 1995, 29pagg.ISBN 92-827-4931-2EN

Nel quadro del programma EUROTECNET,la Commissione Europea ha cercato d’in-dividuare le innovazioni e le politiche inmateria di formazione professionale chevengono messe a punto per far fronte allasfida lanciata dal mutamento socio-econo-mico e dalla ristrutturazione industriale,chiedendo ad ogni paese di segnalare untema di particolare importanza del siste-ma di formazione professionale che do-vrebbe essere oggetto di un’analisi e undibattito a livello europeo e nazionale. Nel‘92-’93 è stata lanciata una serie di confe-renze su questi temi che ha permesso distabilire collegamenti tra aspetti analoghidei sistemi di formazione. Il documentofornisce una sintesi dei risultati.

Human resource development andtraining strategies: the experience andresults of the EUROTECNET pro-gramme; four priority fields of focusCommissione Europea - DG XXIILussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità Europee, 1995, 62pagg.ISBN 92-827-4851-0EN

Nelle ultime fasi, il programma EURO-TECNET si è occupato della formazionecontinua, concentrandosi su quattro set-tori prioritari di attività innovatrice i cuirisultati sono qui riportati. Tali settori era-no: analisi del fabbisogno di formazioneinnovativa con una particolare attenzio-ne sulle competenze base; trasferimentodi metodologie innovative per la progetta-zione e la gestione della formazione nelquadro dello sviluppo delle risorse uma-ne; erogatori della formazione come cen-tri di servizi innovativi per aziende emetodologie e approcci pedagogici inno-vativi.

Measures for unemployed youngpeople in the European UnionAsmussen, J.; Molli, I.; Puxi, M.Parlamento europeoLussemburgo, Parlamento europeo, 1995,52 pagg.(Serie Affari Sociali, n° E-3a)ENParlamento europeo, DG Ricerca, Divisio-ne Affari Sociali, Occupazione, Ambien-te, Salute Pubblica e Protezione del Con-sumatore, L-2929 Lussemburgo

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Questo documento di lavoro riassume ilrapporto finale sulle misure occupazio-nali e formative destinate ai giovani di-soccupati negli Stati membri dell’UE com-missionato dalla Direzione Generale Ri-cerca all’ISG Sozialforschung und Gesell-schaftspolitik GmbH di Colonia (rappor-to disponibile in tedesco); contiene unabreve descrizione dei risultati e tabellesinottiche sui seguenti aspetti negli Statimembri: l’importanza relativa della disoc-cupazione giovanile; sistemi di formazio-ne professionale; politiche passive e atti-ve a favore del mercato del lavoro; pro-grammi comunitari presenti e passati perla formazione e l’integrazione professio-nale dei giovani.

EUROTECNET compendium of innova-tionCommissione Europea - DG XXIILussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità Europee, 1995,443 pagg.ISBN 92-827-4899-5EN

Il programma EUROTECNET è stato isti-tuito per promuovere l’innovazione nelcampo della formazione iniziale e conti-nua al fine di tener conto degli attuali edei futuri mutamenti tecnologici e del loroimpatto sull’occupazione, sul lavoro esulle necessarie qualifiche e competen-ze. La rete di progetti era la base del pro-gramma. I progetti potevano essere inno-vativi per la loro specifica natura, lametodologia applicata e il prodotto svi-luppato. Il documento offre una descri-zione delle principali caratteristiche, de-gli obiettivi, delle motivazioni, dell’im-patto, degli aspetti innovativi e del modoin cui i risultati possono essere trasferitie utilizzati in altri contesti.

Key/Core/Competencies: synthesis ofrelated work undertaken within theEUROTECNET Programme (1990-1994)Commissione Europea - DG XXIILussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità Europee, 1995, 89pagg.ISBN 92-827-4074-9 (en)EN, FR

Il documento cerca di riunire in forma sin-tetica i principali risultati ottenuti dal pro-

gramma EUROTECNET. Vengono indivi-duati quattro tipi di competenze base: tec-niche, metodologiche, sociali e comporta-mentali, interdipendenti tra loro. I primitre capitoli illustrano il contesto in cui èstato sviluppato il concetto di competen-ze chiave/base, in che modo esse possa-no essere descritte e attuate, e le implica-zioni a livello di formazione dovute almutamento tecnologico e alle nuove for-me di organizzazione del lavoro. Succes-sivamente viene presentata parte del lavo-ro pratico e dei progetti avviati da EURO-TECNET sulle competenze chiave/base evengono esaminati gli approcci in atto indiversi paesi europei. Da ultimo vengonotracciati i futuri sviluppi e formulate alcu-ne raccomandazioni per il passaggio alprogramma LEONARDO DA VINCI.

Tempus - Scheme for cooperation andmobility in higher education betweenCentral/Eastern Europe and the Euro-pean Community. VADEMECUM Aca-demic year 1996/97Commissione Europea - DG XXIIBruxelles, DG XXII, 1995, pagg. var.DE, EN, FRFondazione europea per la formazioneVilla Gualino, Viale Settimio Severo 65,I-10133 Torino

Il vademecum Tempus [Trans-EuropeanMobility Scheme for University Studies] èdestinato a coloro che intendono richie-dere sostegno per attività che iniziano apartire dal 31 gennaio 1996 e contieneinformazioni dettagliate su candidati, at-tività e costi per le tre filiere del program-ma: progetti europei congiunti; sussidi dimobilità per operatori e studenti; supportofinanziario per attività complementariquali indagini, studi, scambi. I formulariper le richieste sono allegati. Il vade-mecum viene aggiornato annualmente.

La formation professionnelle conti-nue en Europe: materiaux pour ledialogue socialHeidemann, W.Hans Böckler StiftungBerlino, Edition Sigma, 1996, 226 pagg.ISBN 3-89404-412-8DE, EN, FR

Nell’ambito del programma FORCE, laFondazione Hans Böckler ha studiato e

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descritto il dialogo sociale sulla forma-zione continua. Il presente rapporto illu-stra i risultati del dialogo sociale e gliaccordi collettivi in materia di formazio-ne continua. I destinatari sono in primoluogo gli esperti sindacali a livello euro-peo, nazionale e settoriale, responsabilidella formazione continua e dei relativinegoziati. Il rapporto contiene: una sin-tesi degli studi globali sulla formazionecontinua realizzati nel quadro del pro-gramma FORCE, esempi d’azioni nellarealtà del dialogo sociale nei diversi pae-si; un dossier sulla situazione della for-mazione continua e del dialogo socialenei 12 primi Stati membri; informazionibase sulla formazione continua e sul dia-logo sociale nei tre nuovi Stati membri;un glossario di termini chiave.

The automobile service and occupa-tion in EuropeRainer, F.; Spoettl, G.Brema, Donat Verlag, 1996, 87 pagg.ISBN 3-931 737-00-4 (de)DE, EN, FR

Nel 1994 il Convegno europeo sull’auto-mobile è stato organizzato dal Ministerolussemburghese dell’Istruzione e Forma-zione e dalla Camera dei Mestieri all’in-terno del programma comunitario FORCE.Il rapporto è diviso in quattro parti cheriflettono i principali temi dibattuti: qua-lifiche per un servizio di qualità e con-correnza; autoveicoli ad alta tecnologia eoperai qualificati; formatori nel settore deiservizi di manutenzione e riparazione;formazione continua: contribuisce al la-voro di qualità e alla competitività?

Formations européennes, multimédiaMinistero francese della CulturaParigi, Ministero della Cultura e dellaFrancofonia, 1995FRMinistère de la culture et de la francopho-nie, 101, rue de Valois,F-75042 Parigi cedex 01

Elenco realizzato nell’ambito del program-ma europeo MEDIA sulla base di un’in-chiesta; illustra le formazioni multimedialinei paesi dell’Unione Europea, in Norve-gia e in Ungheria.

The quest for quality: towards jointEuropean quality normsBartholomeus, Y.; Brongers, E.;Kristensen, S.Leeuwarden, LDC, 1995, 128 pagg.ISBN 90-73-754-66-6EN

L’opera raccoglie gli atti di un convegnodi esperti sul tema della qualità e del so-stegno agli allievi in Europa. La pubbli-cazione è stata realizzata nell’ambito delprogramma PETRA della CommissioneEuropea.

Les programmes de l’Union Euro-péenne: formation-emploiParigi, Association nationale pour laFormation Professionnelle des Adultes(AFPA), 1995, 233 pagg.(Les Cahiers du Praticien, n° 12)ISBN 2-907213-63-6ISSN 1264-2770FR

L’opera rappresenta un guida per tutti iprogrammi comunitari in materia di for-mazione e occupazione. Dopo un’intro-duzione ai vari tipi di programmi propo-sti, essi vengono descritti a gruppi neiseguenti capitoli: obiettivi del Fondo strut-turale, iniziative comunitarie e progettipilota nell’ambito del Fondo Strutturale,programmi d’azione intercomunitaria, pro-grammi di cooperazione o co-sviluppocon paesi non aderenti all’UE. Per ciascunprogramma vengono illustrati gli obietti-vi, la gestione e l’eleggibilità, nonché ven-gono forniti gli indirizzi utili in Francia epresso la Commissione Europea di Bru-xelles.

La valeur ajoutée des partenariatstransnationaux dans EUROFORM,prémière analyse transnationaleCoordinatori nazionali e strutture di so-stegno EUROFORMParigi, Racine, 9502, 114 pagg.FRRacine, 18 rue Friant, F-75015 Parigi

Il documento concerne la prima fase diun lavoro realizzato dalle strutture nazio-nali di sostegno all’iniziativa comunitariaEUROFORM, teso a stimare la dimensionetransnazionale dei progetti e a creare a talefine un approccio comune a tutti i paesi, e

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offre la sintesi della valutazione congiuntadi dodici progetti e proposte per la secon-da tappa. In allegato sono presentati i pro-getti transnazionali oggetto della valuta-zione, la griglia d’analisi utilizzata, non-ché un nuovo questionario arricchito conl’esperienza di valutazione.

Learning through experience. A re-port on the transnational visits ofpartecipants on the extra mural di-ploma in adult vocational guidance,theory and practiceTraining and Employment Authority (FAS)Dublino, FAS, 1995, 63 pagg.ENFAS-Training and Employment Authority,27-33 Upper Baggot Street, IRL-Dublin 4

Il rapporto illustra un tipo innovativo diformazione nell’ambito del programmaHORIZON, mirato a sviluppare le compe-tenze a livello di orientamento professio-nale degli operatori che si occupano deidisoccupati di lunga durata. Il programmaè stato realizzato dal Centre for Adult andCommunity Education del MaynoothCollege, in cooperazione con il FAS. I par-tecipanti appartenevano al personale delFAS, ad aziende partner e a gruppi di co-munità. I principali elementi del program-ma consistevano in: 1) programma di for-mazione per operatori d’orientamento; 2)

visite di scambio a partner nei Paesi Bassi,Germania, Italia e Danimarca; 3) seminarisu importanti temi collegati agli indicatoridell’orientamento.

Le lingue moderne nella formazioneprofessionale. Ricerca Isfol per il pia-no nazionale per le lingue straniereGilli, D. (a cura di); Acconcia, A.; Colella,M.R.Istituto per lo sviluppo della formazioneprofessionale dei lavoratori (ISFOL)Milano, Angeli 1995, 143 pagg.; bibl.(Isfol strumenti e ricerche, 59)ITFranco Angeli,Viale Monza 106,I-20127 Milano

L’Isfol ha realizzato questo studio comebase di conoscenza preliminare nell’am-bito di un progetto per l’attuazione delpiano nazionale per le lingue straniereproposto dalle Agenzie nazionali per ilprogramma LINGUA. In particolare, l’ana-lisi concerne l’insegnamento delle linguestraniere a livello dei sistemi di formazio-ne professionale, aziendale e privata,nonché dei corsi d’italiano per stranieri.Sono stati intervistati i rappresentanti ditutte le componenti interessate. Inoltre èstato specificato il fabbisogno linguisticoprevisto nel mondo del lavoro e della for-mazione.

Stati membri

DK Evaluering af voksen-uddannelsespuljen, erfa-

ringer og perspektiverAarkrog, V.; Ramsoee, A.; Storgaard, A.et al.Copenaghen, Arbejdsmarkedsstyrelsen(AMS), Undervisningsministeriet, 1995, 48pagg.ISBN 87-7703-129-6DAAMS, Blegdamsvej 56,DK-2100 Copenhagen OE

Nel 1993 sono stati investiti 200 milionidi corone danesi (circa 27,4 milioni diECU) a favore della formazione degli adul-ti allo scopo di creare corsi che integras-sero discipline professionali e generali; i

corsi erano rivolti a coloro che dispone-vano di una formazione ridotta e doveva-no superare le barriere transistituzionali,stimolando la cooperazione transset-toriale. Il rapporto di valutazione presen-ta i risultati e l’esperienza raccolti in 123corsi, ponendo particolare enfasi sulleprospettive pedagogiche.

10-punkts plan om tilbagevendendeuddannelseUndervisningsministeriet. Erhvervsskole-afdelingenCopenaghen, Undervisningsministeriets-forlag, 1995, 24 pagg.ISBN 87-603-0661-0DA

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Apprendimento lungo tutto l’arco della vitae coesione tra vita attiva e formazione con-tinua rappresentano un’area prioritaria inDanimarca. In questa pubblicazione, ilMinistero dell’Istruzione lancia un pianoin 10 punti per lo sviluppo della forma-zione degli adulti in Danimarca. Nei pros-simi anni, oltre 1000 enti che offrono taletipo di formazione saranno coinvoltinell’attuazione del piano d’azione.

Weiterbildungsqualität. Kon-zepte, Instrumente, Kriterien

Von Bardoleben, R.; Gnahs, D.; Krekel,F.M. et al.Bundesinstitut für Berufsbildung (BIBB)Bielefeld, Bertelsmann Verlag, 1995, 288pagg.(Berichte zur beruflichen Bildung, n° 188)ISBN 3-7639-0692-4DE

Nella misura in cui sempre più personevengono messe a confronto con l’esigen-za di formazione permanente, acquisisceancora maggiore importanza il tema dellaqualità dell’offerta di formazione continua,che sembra divenire uno degli “hot topics”(Wolfgang Siebert 1995) della formazionecontinua degli anni ’90. Il problema dellaqualità si è evidenziato inizialmente nelcampo della formazione professionale con-tinua, perché questo settore presenta par-ticolari caratteristiche legate alle sue di-mensioni, alla sua diversità e alla pluralitàdell’offerta. A ciò si aggiunge il crescenteimporto finanziario, attualmente superio-re a 80 miliardi di DM (circa 40 miliardi diECU) all’anno, erogato a favore della for-mazione professionale continua e che per-tanto pone la questione della qualità an-che sotto l’aspetto finanziario. La presenteraccolta intende contribuire a migliorarele conoscenze sui problemi pratici e teori-ci della qualità della formazione profes-sionale continua, fornendo nel contempoai potenziali interessati e alle aziende stru-menti adeguati per la valutazione quali-tativa dell’offerta.

Werbung für Weiterbildung. Motiva-tionsstrategien für lebenslanges Ler-nenKünzel, K.; Böse. G.Neuwied, Kriftel, Berlin, LuchterhandVerlag, 1995, 324 pagg.(Grundlagen der Weiterbildung)

ISBN 3-472-01675-2DE

La pubblicazione affronta un problemafinora poco trattato nella letteratura scien-tifica tedesca. La propaganda a favoredella formazione professionale quale ar-gomento dell’azione pedagogica ha rap-presentato il tema di un seminario sullamotivazione e la partecipazione alla for-mazione continua, i cui risultati sono quiriportati. Emerge che la disponibilità adapprendere lungo tutto l’arco della vitadev’essere stimolata e promossa e pertan-to sono necessarie forme apposite di pro-paganda, delle quali occorre valutare l’ef-ficacia. Il rapporto, corredato da nume-rose tabelle e illustrazioni, cerca di stabi-lire un collegamento tra conoscenze pe-dagogiche e scientifiche. Particolare en-fasi viene posta sui seguenti gruppi ber-saglio: anziani, disoccupati e casalinghe.

European management education inthe Federal Republic of GermanyGehmlich, V.in: Journal of European Business Educa-tion, 5(1), 1995, Chalfont St. Giles, pagg.22-31ISSN 0968-0543EN

L’articolo esamina la struttura della for-mazione alla gestione in Germania, com-presa la formazione di tipo universitarioe quella aziendale.

Formation,passeport á renouveler

AA.VV.Projet n° 244, inverno 1995-1996, Parigi,96 pagg.ISSN 0033-0884FR

Si parla volentieri della formazione comedi passaporto per il lavoro. Ma a che con-dizioni essa può rappresentare un fattoredi promozione umana, economica e so-ciale? Questa è la domanda su cui verte ildossier. Esaminando i grandi sistemi diformazione - scolastica, professionale,continua - il rapporto mette in luce alcu-ne carenze: ad esempio, il sistema rima-ne attaccato ad alcune illusioni - in parti-colare al sogno di un perfetto abbina-mento tra formazioni proposte e posti di

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lavoro disponibili. Il dossier sottolineaalcuni motivi validi per offrire alla nostrasocietà di rinnovare il suo passaporto diformazione.

La formation professionnelle desjeunes, le principe d’alternanceGreffe, X.; Cresson, E.Parigi, Economica, 1995, 240 pagg.ISBN 2-7178-2790-0FR

Formare i giovani costituisce un obietti-vo fondamentale delle società e dellepolitiche pubbliche che esse adottano.Affinché tale formazione divenga effetti-vamente un motore di sviluppo econo-mico e d’integrazione sociale, deve coin-volgere due partner: scuola e azienda. Leimplicazioni di questo principio d’alter-nanza sono numerose: pedagogiche, ter-ritoriali, sociali, finanziarie, ecc. In quat-tro capitoli si parla di: alternanza comemotore della competenza; cantieri delleformazioni professionali in alternanza;realizzazione delle formazioni; alternan-za, un “must” per la Francia.

Older workersin Ireland

O’Donoghue, D.Dublino, 1996, 98 pagg.ENPlanning and Research, FAS-Trainingand Employment Authority,27-33 Upper Baggot Street,IRL-Dublin 4

L’opera esamina la politica nazionale einternazionale e il materiale di ricercarelativo ai lavoratori anziani; analizza ilmutamento del contesto mercato del la-voro/occupazione cui devono far fronte ilavoratori anziani e affronta temi legatialla prassi della formazione connessi allanatura della formazione erogata/disponi-bile per i lavoratori anziani - in un ambi-to organizzativo. Lo studio tratta gli ap-procci pedagogici e di apprendimento piùidonei ai lavoratori anziani a livello diformazione individuale. L’autore conclu-de che i lavoratori anziani sono svantag-giati e discriminati in termini di accessoalle opportunità d’istruzione formale e diformazione offerte dallo Stato e dalleaziende. L’opera contiene alcune racco-mandazioni per assicurare la condizione

occupazionale e migliorare la formazio-ne dei lavoratori anziani da parte delloStato, delle parti sociali e delle aziende.

Handboek buitenlandsestages MDGO-vz

Centrum Innovatie BeroepsonderwijsBedrijfsleven (CIBB)Den Bosch, CIBB, 1995, p.s.DE, EN, NLCIBB, Pettelaarpark 1, Postbus 1585,NL-5200 BP ‘s Hertogenbosch

Questo repertorio per la formazione prati-ca all’estero, messo a punto da docenti ecoordinatori di stages di dieci formazionidel settore sanitario e dei servizi, intendeconsentire agli istituti scolastici di organiz-zare, accompagnare e valutare un tiroci-nio qualificato per i propri allievi.

Changing pathways and participationin vocational and technical educationand training in the Netherlandsde Bruijn, E.Amsterdam, SCO-Kohnstamm Institute forEducational Research, 1995, 162 pagg.ISBN 90-6813-443-4EN

La ricerca, commissionata dal Ministeroolandese per l’Istruzione, la Cultura e leScienze e dall’OCSE, esamina gli sviluppiregistrati nei Paesi Bassi nel periodo 1975-1992 nel campo dell’istruzione tecnica eprofessionale. Il lavoro verte sulla parte-cipazione ed il curricolum scolastico de-gli allievi dell’istruzione professionale me-dia e del sistema d’apprendistato. In sin-tesi viene analizzato il percorso prelimi-nare (istruzione professionale inferiore)e quello successivo (istruzione professio-nale superiore).

Die Bedeutung der Sozialpart-nerschaft in der Berufsbil-

dungspolitik: Fallbeispiel ÖsterreichKulturKontakt-BMUKAInstitute for Comparative EducationResearchVienna, Institute for Comparative Educa-tion Research, 1996, 32 pagg.DE/EN (versione bilingue)Institute for Comparative EducationResearch,Porzellangasse 2/2/41, A-1090 Vienna

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FORMAZIONE PROFESSIONALE NO. 8/9 RIVISTA EUROPEA

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Questi studi sono stati condotti per il con-vegno internazionale “Politica educativae partenariato sociale: l’esempio della for-mazione professionale”, tenuto a Viennail 29-31 gennaio 1996, i cui atti sono inpreparazione. Lo scopo era quello di pre-sentare la funzione dei partner socio-economici nelle varie aree normative e aivari livelli della formazione, come previ-sto dalle disposizioni di legge. Particola-re attenzione viene rivolta alla formazio-ne iniziale e continua (e soprattutto al-l’apprendistato in Austria). Inoltre vieneillustrato il ruolo delle parti socioecono-miche nel sistema d’istruzione professio-nale e tecnica, in particolare nel settorepost-secondario. Un analogo rapporto sioccupa dell’Ungheria.

Erwachsenenbildung/Weiterbildungin Österreich - ein ÜberblickKailer, N.Vienna, Industriellenvereinigung, 1995, 23pagg.DEIndustriellenvereinigung, Abt. Bildungs-und Gesellschaftspolitik,Schwarzenbergplatz 4, A-1030 Vienna

Questo studio, commissionato dall’Asso-ciazione austriaca degli industriali, mira,sulla base delle statistiche, dei lavori diricerca, dei manuali e degli articoli dispo-nibili, a fornire una panoramica sinteticadelle informazioni su partecipanti, costi,contenuti e competenze nei principalicampi della formazione degli adulti inAustria, promuovendo, attraverso l’espo-sizione dei dati, a volte scarni e a voltepersino contraddittori, la raccolta di in-formazioni più dettagliate.

Lernen für’s Leben - lebenslangesLernenBundesministerium für wirtschaftlicheAngelegenheitenVienna, Bundesministerium für wirtschaft-liche Angelegenheiten, 1996, 60 pagg.DE, ENBundesministerium für wirtschaftlicheAngelegenheiten, Dr. W. Lentsch,Stubenring 1, A-1011 Vienna

Questo opuscolo presenta in forma sin-tetica la formazione continua in Austria eoffre una panoramica degli erogatori, del-l’offerta, dei partecipanti e delle possibi-

lità di finanziamento della formazionecontinua in Austria e nel raffronto euro-peo. Lo scopo consiste nel fornire infor-mazioni e spunti per l’apprendimento lun-go tutto l’arco della vita.

O desenvolvimentodo ensino superior em

Portugal, situaçao e problemas deacessoCruz, M.; Cruzeiro, M.Ministero dell’Istruzione, Sezione Pro-grammazione e Gestione Finanziaria(DEPGEF)Lisbona, DEPGEF 1995, 246 pagg.ISBN 972-614-281-4PT

Il documento analizza le informazioni re-lative all’evoluzione del sistema di acces-so all’istruzione superiore, esaminando inparticolare la domanda e l’offerta, le con-dizioni di accesso, la caratterizzazione delleopzioni proposte da questo grado d’istru-zione e la caratterizzazione socioculturale,socioeconomica e sociopolitica degli allie-vi. A tal fine, il progetto presentato preve-deva l’utilizzo di un sondaggio condottopresso un campione di 3000 studenti de-gli istituti superiori. Se, con i dati statistici,si cercava di ottenere un’approssimazionealla morfologia e all’evoluzione dell’istru-zione superiore, con la realizzazione del-l’inchiesta si è tentato principalmente diprocedere ad una caratterizzazione dellapopolazione degli istituti d’istruzione su-periore in Portogallo.

KvalificeradYrkesutbildning m.m.

Ministero dell’Istruzione e delle Scienze,Stoccolma, Fritzes, 1996, 29 pagg.(Legge governativa 1995/96: 145)SVMinistero dell’Istruzione e delle Scienze,Drottninggatan 16, S-10333 Stoccolma

La legge governativa 1995/96:145 preve-de per l’autunno 1996 il lancio di un nuo-vo sistema d’istruzione e formazione pro-fessionale a livello post-secondario. Ilnuovo sistema, che sfocerà nel consegui-mento di una qualifica, intende contribui-re a soddisfare l’esigenza di manodoperaqualificata per la moderna produzione dibeni e servizi. Informatica, produzione amaggiore intensità cognitiva e organizza-

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zione del lavoro flessibile rendono neces-sarie maggiori competenze, e l’istruzionee la formazione secondaria superiore sidimostravano carenti nel fornirle. Un’istru-zione e una formazione professionalequalificata dovrebbero abbinare approfon-dite competenze teoriche, approccio pra-tico e, ad integrazione, un posto di lavo-ro. Pertanto dovrebbero assumere la for-ma di apprendimento in un ambiente la-vorativo per circa un terzo del periodo diformazione. Questa formazione è rivoltaa giovani che hanno terminato l’istruzio-ne secondaria superiore e a quelli, giàinseriti nel mondo del lavoro, che devo-no aggiornare le loro competenze.

En strategi för kunskapslyft ochlivslångt lärandeMinistero dell’Istruzione e delle ScienzeCommissione per la promozione dell’istru-zione e della formazione degli adultiStoccolma, Ministero dell’Istruzione e del-le Scienze, 1996, 113 pagg.(Statens offentliga utredningar 1996:27)ISBN 91-38-20188-7SV

La commissione parlamentare che tratta iltema della promozione dell’istruzione eformazione degli adulti ritiene che debbaessere rivolta maggiore attenzione ai se-guenti punti: a) formulazione di nuoviobiettivi, più vasti di quelli precedenti, in

merito all’istruzione degli adulti; b)ampliamento dei diritti dei cittadini all’istru-zione degli adulti; c) consolidamento del-le infrastrutture necessarie per l’istruzionedegli adulti. Il comitato punta ad una stra-tegia globale per la formazione continua el’apprendimento lungo tutto l’arco dellavita. In Svezia, tale strategia deve mirare asviluppare una società ad alta intensità dicompetenze in cui tutti hanno la possibili-tà di partecipare allo sviluppo della cono-scenza; essa si basa su tre punti: istruzio-ne dei giovani; aumento delle competen-ze nella popolazione adulta; apprendi-mento lungo tutto l’arco della vita.

Lifetime learning:a consultation document

Department for Education and Employ-mentSheffield, Department for Education andEmployment, 1995, 61 pagg.ENDepartment for Education and Employ-ment,Room N907, Moorfoot,Sheffield, S14PQ

Il documento illustra come il governo, idatori di lavoro, gli erogatori di forma-zione e i singoli individui rispondano nelRegno Unito alla sfida dell’apprendimentolungo tutto l’arco della vita e propone unaserie di temi per la consultazione.

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Continuing Professional Education ofHighly Qualified PersonnelOrganizzazione per la cooperazione e losviluppo economico (OCSE)Parigi, OCSE, 1995, 102 pagg.ISBN 92-64-14477-3EN, FR

Evaluating and Reforming EducationSystemsOrganizzazione per la cooperazione e losviluppo economico (OCSE)Parigi, OCSE, 1996, 86 pagg.ISBN 92-64-14479-9EN, FR

Untersuchung. Zusammenarbeit imBereich der allgemeinen und berufli-chen Bildung zwischen der Europäi-schen Union und den Staaten Mittel-und Osteuropas und den Neuen Unab-hängigen Staaten der ehemaligen So-wjetunion. Teil 1: Zusammenarbeit

mit der Europäischen Union. Teil 2:Bilaterale ZusammenarbeitCommissione Europea - DG XXIILussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità Europee, 1995,140 pagg.ISBN 92-826-9380-5DE, EN, FR

Berufsbildungsbericht 1995Bundesministerium für wirtschaftlicheAngelegenheiten (BMWA)Vienna, BMWA, 1995, 98 pagg.BMWA, Stubenring 1, A-1011 Vienna

The European Dimension of Educa-tion/Die europäische Dimension desBildungswesensGerman Inst i tute for Internat ionalEducation Research (GIIER)Francoforte sul Meno, GIIER, pubblicazio-ne prevista maggio 1996Dr. Heinz Bartel, GIIER, Schloßstraße 55,D-60486 Francoforte sul Meno

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Membri della rete documentaria del CEDEFOP

BFOREM (Office communautaire et régio-nal de la formation professionnelle etde l’emploi)CIDOC (Centre intercommunautaire dedocumentation pour la formation pro-fessionnelle)Mr. Jean-Pierre GrandjeanBd. de l’Empereur 11B-1000 BRUXELLESTel. 322+506 04 62/60Fax. 322+506 04 28

VDAB (Vlaamse Dienst voorArbeitdsbemiddeling enBeroepsopleiding)ICODOC (Intercommunautairdocumentatie-centrum voorberoepsleiding)Mr. Frederic GeersMr. Philip de SmetKeizerlaan 11B-1000 BRUSSELTel. : 322+506 04 58/63Fax : 322+506 04 28

DKDEL (The National Institute forEducational Training of VocationalTeachers - DanmarksErhvervspædagogiske Læreruddannelse)Mr. Søren NielsenMs. Merete HeinsRigensgade 13DK-1316 KOBENHAVN KTel. 4533+14 41 14 ext. 317/301Fax. 4533+14 42 14

DBIBB (Bundesinstitut für Berufsbildung)Mr. Bernd ChristopherReferat K4Fehrbelliner Platz 3D-10702 BERLINTel. 4930+8643-2230 (B. Christopher)Fax. 4930+8643-2607

GROEEK (Organization for Vocational Edu-cation and Training)M. Epameinondas MariasMs. Alexandra Sideri1, Ilioupoleos Street17236 YmittosGR-ATHENSTel. 301+92 50 593Fax. 301+92 54 484

EINEM (Instituto Nacional de Empleo)Ministerio de Trabajo y Seguridad SocialMr. Isaías Largo MarquèsMs. Maria Luz de las CuevasCondesa de Venadito, 9E-28027 MADRIDTel. 341+585 95 82/585 95 80Fax. 341+377 58 81/377 58 87

FINOPH (Opetushallitus/Utbildnings-styrelsen/National Board of Education)Mr. Matti Kyrö ; Ms. Leena Walls ;Ms. Arja MannilaP.O.Box 380FIN-00531 HELSINKITel. 3580+77 47 72 43 (L. Walls)Fax. 3580+77 47 78 69

FCentre INFFO (Centre pour le dévelop-pement de l’information sur la forma-tion permanente)Mr. Patrick KesselMs. Christine MerlliéMs. Danielle JoulieuTour Europe Cedex 07F-92049 PARIS la DéfenseTel. 331+41 25 22 22Fax. 331+477 374 20

IRLFAS - The Training and EmploymentAuthorityMr. Roger FoxMs. Margaret CareyP.O. Box 45627-33, Upper Baggot StreetIRL-DUBLIN 4Tel. 3531+668 57 77Fax. 3531+668 26 91

IISFOL (Istituto per lo sviluppo dellaformazione professionale dei lavoratori)Mr. Alfredo TamborliniMr. Colombo ContiVia Morgagni 33I-00161 ROMATel. 396+44 59 01Fax. 396+44 25 16 09

LChambre des métiersdu G.-D. de LuxembourgMr. Ted Mathgen2, Circuit de la Foire internationaleB.P. 1604 (Kirchberg)L-1016 LUXEMBOURGTel. 352+42 67 671Fax. 352+42 67 87

NLCIBB (Centrum InnovatieBeroepsonderwijs Bedrijfsleven)Ms. Gerry SpronkMs. Ingrid de JongePettelaarpark 1Postbus 1585NL-5200 BP’s-HERTOGENBOSCHTel. 3173+680 08 00Fax. 3173+612 34 25

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AInstitut für Bildungsforschung derWirtschaft (ibw)Ms. Monika Elsikc/o abf-AustriaRainergasse 38A-1050 WIENTel. : 431+545 16 71-26Fax : 431+545 16 71-22

PSICT (Servicio de Informação Cientificae Tecnica)Mr. Isaías Largo MarquèsMs. Fatima HoraPraça de Londres, 2-1° AndarP.1091 LISBOA CodexTel. 3511+849 66 28Fax. 3511+80 61 71

SThe Swedish EU Programme Office forEducation, Training and CompetenceDevelopment (SEP)Mr. Jonas ErkmanBox 7785S-10396 STOCKHOLMTel. : 468+453 72 17Fax : 468+453 72 01

UKIPD (Institute of Personnel andDevelopment)Mr. Doug GummeryMs. Barbara SalmonIPD House35 Camp RoadUK-LONDON SW19 4UXTel. 44181+971 90 00 (D. Gummery)Fax. 44181+263 33 33

Organizzazioni associate

ICEResearch Liaison OfficeDr. ÁrnasonUniversity of IcelandTechnology CourtDunhaga 5Iceland - 107 REYKJAVIKTel. : 354+5254900Fax : 354+5254905

NNCU Leonardo NorgeMr. Halfdan FarstadP.O. Box 2608 St. HanshaugenN-0131 OSLOTel. : 4722+865000Fax. 4722+201802

EUCommission européenneDirection générale XXII/B/3(Education, Formation et Jeunesse)Mr. Charters d’AzevedoB7, 04/67Rue de la Loi, 200B-1049 BRUXELLESTel. : 322+238 30 11Fax : 322+295 57 23

BEURYDICE (The Education Informationnetwork in the EC, Le réseau d’informa-tion sur l’éducation dans le CE)Ms. Luce Pepin15, rue d’ArlonB-1050 BRUXELLESTel. : 322+238 30 11Fax : 322+230 65 62

CHILO (International Labour Office)BIT (Bureau International du Travail)Ms. Jalesh Berset4, route des MorillonsCH-1211 GENEVE 22Tel. : 4122+799 69 55Fax : 4122+799 76 50

UKDepartment of Education andEmploymentMs. Julia ReidMoorfootUK-SHEFFIELD S1 4PQTel. : 44114+275 32 75Fax : 44114+59 35 64

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Il modello tedesco della relazione tra formazioneprofessionale continua e promozione

Ingrid Drexel

L’istruzione e la formazione per tutto l’arco dellavita come temi del dialogo sociale e delle conven-zioni di categoria Winfried Heidemann

Le traiettorie dell’apprendimento

La formazione continua nei “giovani adulti”:seconda opportunità o complemento? J. Planas

Le costrizioni cognitive dell’apprendimentodurante l’intero arco della vita

J. Morais, R. Kolinsky

Apprendere per tutto l’arco della vita?Riflessioni psicologiche e pedagogiche sulla“società cognitiva” Klaus Künzel

Le opportunità di formazione: due studi dicaso aziendali

Formazione di lavoratori non qualificati esemiqualificati quale misura di accompagnamentoprofessionale: l’“Offensiva ’95 a favore dellaqualificazione” presso la Ford-Werke AG a Colonia

Erich Behrendt, Peter Hakenberg

Il ‘Programma per le Pari Opportunità’ delDipartimento per la Fornitura dell’Energia (ESB)in Irlanda * W. Heidemann, F. MurrayC

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a Il cammino di un’idea

Verso una politica dell’istruzione e della forma-zione per tutto l’arco della vita Edith Cresson

Formazione iniziale e continua: contesto e pro-spettive in Portogallo. Intervista al ministrodell’Istruzione Eduardo Marçal Grilo

Considerazioni sul concetto di educazione perma-nente Denis Kallen

Una lettura dei paradigmi del Libro bianco sul-l’istruzione e sulla formazione: elementi per undibattito Alain d’Iribarne

Le idee e i fatti

Chi partecipa all’istruzione e alla formazione?– sguardo panoramico a livello europeo

Norman Davis

La formazione continua in azienda contribuisceall’attuazione della formazione e dell’istruzioneper tutto l’arco della vita? Uwe Grünewald

Iniziative imprenditoriali nel campo della forma-zione e dell’aggiornamento in Gran Bretagna

Jim Hillage

Le formazioni continue su iniziativa individualein Francia: declino o rinnovamento?

Jean-François Germe, François Pottier

Pensare ed agire al di sopradelle frontiere: leggere intermini europei.A partire dal 1994 la rivista »Formazione Professionale«viene pubblicata 3 volte all’anno in 9 lingue (DA, DE, EN, ES, FR, GR, IT, NL, PT).Un abbonamento annuale comprende tutti i numeri della rivista »FormazioneProfessionale« apparsi nel singolo anno (da gennaio a dicembre);

L’abbonamento si intende automaticamente rinnovato di un anno qualora nonvenga annullato entro il 30 novembre.

La rivista »Formazione Professionale« viene distribuita dall’Ufficio dellePubblicazioni Ufficiali della UE, Lussemburgo. La fattura viene inviata dall’Ufficionazionale di distribuzione delle pubblicazioni UE.

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