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Bimestrale di divulgazione giuridica ed economica. I° numero 28 Febbraio 2017 Rivista delle Imprese e dei Mercati Internazionali Numero redatto con la collaborazione di: Lenzi Paolo Broker di Assicurazioni Srl Via Riva Reno 29/c – 40122 Bologna mail: [email protected] www.lenzibroker.it Numero I/2017

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Bimestrale di divulgazione giuridica ed economica. I° numero

28 Febbraio 2017

Rivista delle Imprese e dei Mercati Internazionali

Numero redatto con la collaborazione di:

Lenzi Paolo Broker di Assicurazioni Srl Via Riva Reno 29/c – 40122 Bologna mail: [email protected] www.lenzibroker.it

Numero I/2017

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2 Rivista delle Imprese e dei Mercati Internazionali – feb. 2017

Rivista delle Imprese e dei Mercati Internazionali

Bimestrale di Divulgazione giuridica ed economica Autori Vari – AA.VV.

Proprietario e Direttore: Avv. Francesco De Sanzuane Sede redazionale: Via Borghi Mamo 1 – 40137 - Bologna Contatti e Info: http://www.rivistadelleimprese.it [email protected] [email protected]

Numero I/2017

Riv. Depositata presso il Trib. di Bologna in data 08/04/2015. Autorizzazione n. 8380

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SOMMARIO

Rivista delle Imprese e dei Mercati Internazionali

ISSN 2421-2830

Direttore responsabile Francesco De Sanzuane

Autori

Stefania Calvello, Francesco De Sanzuane, Angelo Fiori, IUSGATE,

Antonio Zama.

Segreteria di Redazione Via Borghi Mamo 1

40137 – Bologna

©Copyright 2016 - Rivista delle imprese e dei mercati internazionali®™

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[email protected]

Sito web http://www.rivistadelleimprese.it

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4 Se Atene piange, Sparta non ride per niente. Ma sembra non esserne poi così preoccupata.

Francesco De Sanzuane

Editoriale

Segreto industriale: l’importanza delle misure di protezione a cura di

Diritto della proprietà intellettuale

IUSGATE, Stefania Calvello

Feliziani

8 Fusione e scissione di società: aspetti normativi e problemi di valutazione a cura di

Diritto delle Società

Angelo Fiori

20 L’arte delle trattative nella negoziazione con partner Cinesi e Giapponesi (IIa parte) a cura di

A

Diritto Internazionale e dell’Unione Europea

Francesco De Sanzuane

29 TRASPORTI: Trib. di Bologna: quando la spedizione diventa trasporto cura di

Rubrica. Il diritto in pillole.

Antonio Zama

Bimestrale di divulgazione

giuridica ed economica. I° numero

28 Febbraio 2017

Rivista delle Imprese e dei Mercati Internazionali

Numero redatto con la collaborazione di:

Lenzi Paolo Broker di Assicurazioni Srl Via Riva Reno 29/c – 40122 Bologna mail: [email protected] www.lenzibroker.it

Numero I/2017

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Editoriale

Pare che il mondo occidentale, ed in particolare quello Europeo, sia entrato in fibrillazione per il mancato rispetto della Cina delle previsioni di crescita che un anno fa, senza dubbio con eccesso di zelo tipicamente cinese, volevano una crescita, nel 2017, di quasi il 9% su base annua. Le stime sono state riviste tuttavia. Solo il 6,5% di crescita e dichiarazioni di voler puntare su innovazione tecnologico e liberalizzazione che provano che anche i conduttori dello stato del Dragone si sono arresi ad una nuova prospettiva. Nel 2017 sono previsti solo 11 milioni di posti di lavoro in più e le previsione dedicate all’inflazione dicono il 3%. Questi dati, per i quali qualsiasi Paese industrializzato farebbe carte false, non sono sufficienti per *Li Keqiang* ed il Congresso Nazionale che, con una presa di posizione “realista”, prende atto che il trend a doppia cifra è ormai un evento non più perseguibile e apre, addirittura, a nuove politiche ambientali e dedicate alle riduzione dei consumi di energia. Decisioni, invero, che reputo positive e segno di una progressiva e tutto sommato rapida presa di coscienza dell’enclave Cinese, ma tuttavia che potrebbero avere effetti devastanti per le altre economie mondiali. Un rallentamento dell’economia cinese è stato da più parti predicato come evento ineluttabile e inevitabile, ma forse non tutti si sono davvero premurati e preparati ad un tale evento. Tralasciando le riflessioni di natura macro-economica, è tuttavia molto interessante valutare come nei fatti le imprese Italiane, ma non solo in verità, non paiono aver effettivamente valutato, neanche per approssimazione, cosa potrebbe significare per loro un rallentamento della prima economia mondiale che, a onor del vero, preoccupa già da tempo gli Stati Uniti. E certamente la difficoltà più grande che si incontra è far comprendere che per reggere l’urto di questa globalizzazione e doppio binario non basterà più, purtroppo, essere in grado di realizzare un prodotto di qualità, magari innovativo e tecnologico, ma sarà sempre più necessario comprendere le dinamiche, politiche giuridiche e finanziarie, che sempre più dettano le regole del gioco. Siamo in grado, ad esempio, di localizzare con consapevolezza quali mercati sono i più adatti per i nostri prodotti? E quali, invece, saranno la patria dei nostri nuovi competitor? E, ancora, ci poniamo nelle condizioni di andare a sfruttare le opportunità di crescita che, in effetti, ci sono? Magari accedendo a finanziamenti privati e pubblici, sfruttano le normative che, in campo economico, ci sono e sono, almeno quelle, di buona fattura o, ancora, puntando su un modello organizzativo aziendale che superi il limite della familiarità e opti per quello della professionalità?

Se Atene piange, Sparta non ride per niente. Ma sembra non esserne poi così preoccupata.

Francesco De Sanzuane

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Bimestrale di divulgazione giuridica ed economica. I° numero

Febbraio 2017

Il segreto industriale Una relativamente recente sentenza del Tribunale di Bologna offre l’occasione di soffermarsi sul valore del segreto e delle relative misure di protezione. Con sentenza pubblicata il 27 luglio 2015 (Banca dati Giurisprudenza delle Imprese), il Tribunale di Bologna non ha riconosciuto la tutela c.d. “reale”, prevista dal Codice della Proprietà Industriale, a causa della mancanza dell’adozione di idonee misure di segretazione (individuate, quale terzo requisito, per la tutela delle informazioni segrete, ai sensi dell’articolo 98 del Codice della Proprietà Industriale). Nel caso oggetto della controversia - che aveva riguardato un caso di sottrazione di disegni tecnici per la realizzazione di attacchi da scialpinismo da parte di un ex socio-amministratore e progettista a favore di un concorrente - il Tribunale ha ritenuto insufficiente la misura adottata dalla società attrice, consistente nella conservazione dei disegni tecnici contestati in un computer privato, ad uso esclusivo dell’ex socio-amministratore e progettista,

“Segreto Industriale: l’importanza delle misure di protezione”. A cura di

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IUSGATE, Stefania Calvello Su gentile concessione di Filodiritto.it

Diritto della proprietà intellettuale

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“i giudici bolognesi, ai fini di un giudizio positivo in merito

all’adeguatezza delle misure adottate, rileva non solo l’adozione

di dispositivi volti ad impedire l’accesso alle informazioni riservate,

ma anche l’esistenza di specifiche direttive aziendali finalizzate a

disciplinare l’utilizzo delle stesse e da cui possa desumersi che i

dipendenti e collaboratori attraverso tali direttive siano stati resi edotti della natura delle informazioni e della necessità di mantenere il

segreto”

dotato di password. Al riguardo, i giudici bolognesi hanno ritenuto la misura adottata “non adeguatamente protettiva”, essendosi la società avvalsa di uno strumento privato, in dotazione esclusiva del soggetto che aveva partecipato alla realizzazione dei disegni, e non, invece, di un strumento informatico aziendale, che, in quanto tale, avrebbe potuto essere “direttamente gestibile e controllabile dalla società”. L’insufficienza della misura adottata è stata, inoltre, riscontrata dal Tribunale anche per il fatto che la società nel caso in questione non aveva “esercitato alcun controllo, dato direttive specifiche o posto limiti atti a prevenire un uso abusivo”. In sostanza, per i giudici bolognesi, ai fini di un giudizio positivo in merito all’adeguatezza delle misure adottate, rileva non solo l’adozione di dispositivi volti ad impedire l’accesso alle informazioni riservate, ma anche l’esistenza di specifiche direttive aziendali finalizzate a disciplinare l’utilizzo delle stesse e da cui possa desumersi che i dipendenti e collaboratori attraverso tali direttive siano stati resi edotti della natura delle informazioni e della necessità di mantenere il segreto “sia come condizione contrattuale, sia come informazione comunque diretta a collaboratori e dipendenti”. Con la decisione in esame, ancora una volta, viene messa in luce l’importanza per le imprese di dotarsi di idonee misure di protezione delle informazioni segrete, comprendenti, sia misure di protezione fisica e no, sia appositi regolamenti o disciplinari interni, con i quali (i) vengano classificate le informazioni (ii) vengano resi edotti i dipendenti e collaboratori della natura riservata di talune informazioni e della necessità di mantenerne il segreto e (iii) vengano disciplinate le modalità di accesso ed utilizzo e le relative procedure di controllo. In sintesi, l’adozione di idonee misure di segretazione risulta fondamentale, ai fini della individuazione e delimitazione delle informazioni che si intendono tutelare come segrete e conseguentemente come non appropriabili da parte dei terzi. Diversamente, qualora le informazioni non siano qualificabili come veri e propri segreti d’impresa, il relativo utilizzo, in particolare da parte dell’ex-dipendente, dovrà essere valutato alla luce dei limiti posti dal parametro della correttezza professionale e a tale riguardo rileverà il riscontro (o meno) di condotte parassitarie, che consentano al concorrente di raggiungere vantaggi che certamente non avrebbe ottenuto, senza l’indebito ed abusivo utilizzo delle informazioni altrui.

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Da questo punto di vista, il Tribunale di Bologna, nel caso sottoposto al suo esame, ha riconosciuto la configurabilità della concorrenza sleale, in quanto le informazioni oggetto di rivelazione al concorrente avevano comunque natura riservata, quanto alla relativa non facile accessibilità, ed il loro utilizzo aveva attribuito al concorrente un indebito vantaggio, consentendogli di “risparmiare quei tempi e quei costi di una autonoma ricostruzione delle informazioni industrialmente utili”.

Significativi, al riguardo, gli elementi riscontrati dal Tribunale, quali l’individuazione nella stessa persona del progettista del soggetto che ha elaborato entrambi i modelli di attacco da scialpinismo oggetto della controversia, l’inesistenza di una soluzione di continuità tra l’uscita del progettista dalla precedente società, l’ingresso nella società concorrente e la presentazione del nuovo modello, la mancanza di un’esperienza specifica e diretta nel settore da parte della società concorrente, che aveva esteso la propria attività alla produzione di attacchi a seguito dell’ingresso dell’ex-socio amministratore e progettista della società attrice e la conseguente mancanza di una struttura che consentisse alla società concorrente di elaborare il progetto per la realizzazione del modello di attacco in tempi così rapidi (nello specifico, il Tribunale ha quantificato in circa tre-quattro mesi il tempo di realizzazione del modello da parte del concorrente, contro i due-tre anni di realizzazione da parte della società attrice).

Per completezza, va infine rilevato il sostanziale mancato accoglimento della domanda risarcitoria formulata da parte della società attrice, a causa della mancanza di sufficienti allegazioni e prove atte a dimostrare i danni sofferti.

Nello specifico, il Tribunale ha ritenuto non dimostrato che “il mancato raggiungimento dei livelli di fatturato attesi dall’attrice fosse dipeso dalla produzione e commercializzazione degli attacchi da parte del concorrente” né che gli utili realizzati dal concorrente sarebbero stati effettivamente conseguiti dalla società attrice in assenza della condotta anticoncorrenziale della convenuta. Unico danno riconosciuto dal Tribunale è stato il c.d. danno emergente, costituito dai costi sostenuti dalla società attrice per l’acquisto del modello di attacco da scialpinismo contestato, per il conseguimento della prova dell’illecito accertato.

Anche questa parte della decisione merita considerazione ed induce ad una attenta valutazione in merito agli elementi probatori in possesso del soggetto a cui le informazioni sono state sottratte, ai fini del riconoscimento dei danni.

Avvocato, Stefania Calvello ha collaborato con studi legali con clientela internazionale, occupandosi prevalentemente di diritto commerciale e industriale e ha svolto attività professionale anche nell’ambito di varie imprese sia nazionali che multinazionali. www.iusgate.com

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“Il contratto di affidamento fiduciario è, infatti,

innanzitutto in grado di raggiungere gli stessi effetti

essenziali del trust … ma con il fondamentale vantaggio di operare nell’ambito del

nostro diritto, senza bisogno dell’applicazione di alcuna

legge straniera”

Premessa. La crisi profonda che caratterizza l’odierno contesto giuridico-

economico e sociale ha determinato l’esigenza impellente di La fusione è l’operazione con la quale due o più società si concentrano in una sola. La disciplina della fusione è contenuta negli articoli da 2501 a 2504 quinquies del codice civile. Una regolamentazione aggiuntiva specifica è prevista per la fusione di imprese bancarie (artt. 31, 36 e 57 del TUBC – Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) e per le imprese assicuratrice (artt. 88 ss testo unico assicurazioni private): In questo articolo non mi occuperò tuttavia delle norme aggiuntive dettate per i settori bancario e assicurativo.

La fusione può avvenire con due modalità: (a) fusione per

unione, ovvero costituzione di una nuova società (cd newco); (b) fusione per incorporazione, cioè assorbimento in una società di una o più altre. La fusione può avvenire fra società dello stesso tipo (fusione omogenea), ovvero fra società di tipo diverso (fusione eterogenea).

La scissione viene prevista dall’articolo 2506 del codice civile,

articolo che ne prevede gli effetti; esso recita: “con la scissione una società assegna l’intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio, in tal caso anche ad una sola società, e le relative azioni o quote ai suoi soci”. La scissione può quindi essere definita come il frazionamento di una società in più parti, destinate ad essere inglobate in una o più altre società.

Quadro Normativo. La fusione. Con la fusione, sia per unione che per incorporazione di fatto

avviene la estinzione delle società fuse o incorporate, la successione dell’incorporante nei beni, nei diritti e negli obblighi già in capo all’incorporata e il loro passaggio ad un altro soggetto: l’incorporante ovvero un nuovo soggetto, cui vengono a far capo tutte le situazioni giuridiche delle società partecipanti alla fusione. Recita infatti l’articolo 2504 bis. “La società che risulta dalla fusione, o quella incorporante, assumono i diritti e gli obblighi delle società estinte”. Ai soci delle società che si fondono vengono assegnate azioni, o quote, dell’incorporante, ovvero della nuova società.

La fusione può essere effettuata anche in società che abbiano in corso procedure concorsuali. La fusione può essere effettuata anche fra società in liquidazione, purché non abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo, ciò ad evidente salvaguardia del

Fusione e scissione di società: aspetti normativi e problemi di valutazione, a cura di

Angelo Fiori Su gentile concessione di Filodiritto.it

Diritto delle Società

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patrimonio da assegnare ai soci. Se la fusione è eterogenea, cioè fra società di

differente natura giuridica (ad esempio fra una società di persone e una società di capitali) si applicano anche le norme relative alla trasformazione societaria eterogenea (art. 2500 septies e segg. cod. civile). La fusione (o scissione) tra soggetti diversi è ammessa nella misura in cui è ammessa la relativa trasformazione (Massime collegio notarile di Milano). La fusione per incorporazione può essere diretta quando la partecipante incorpora la partecipata, inversa quando la partecipata incorpora la partecipante

La fusione comporta sempre, in modo più o meno accentuato, crescita dimensionale dei soggetti coinvolti, modifiche di natura organizzativa, patrimoniale / finanziaria e cambiamenti nelle caratteristiche e modalità di svolgimento della gestione, influenzando piani e programmi aziendali sia a breve che a medio –lungo termine.

Le motivazioni alla fusione sono molteplice e possono ascriversi alle seguenti categorie:

• Motivi produttivi – Migliore utilizzo e sfruttamento degli impianti e delle attrezzature, incremento ed integrazione delle capacità produttive dei diversi impianti, integrazione di fasi produttive consecutive

• Motivi tecnologici – Acquisizione di brevetti, licenze, segreti di fabbricazione e know how.

• Motivi logistici – Ottimizzazione del processo distributivo (trasporto, magazzinaggio, ecc.)

• Motivi commerciali – Riduzione della concorrenza, ampliamento delle quote di mercato

• Ampliamento ed integrazione della gamma di prodotti – Miglioramento della posizione contrattuale sia sul fronte degli acquisti che delle vendite (conseguimento di economie di scala)

• Motivi amministrativi – Riduzione dei costi amministrativi – Possibilità di compensare gli eventuali squilibri esistenti nelle strutture delle imprese che procedono alla fusione

• Operazioni straordinarie (ad esempio operazioni di leveraged buy out)

• Strategie di uscita da situazioni di crisi • Motivazioni di carattere fiscale Il processo di fusione può essere articolato in

una fase preparatoria in cui vengono predisposti tutta una serie di documenti, avendo presente l’art 2502 cod. civile che recita: “la fusione è decisa da ciascuna delle società che vi partecipano mediante l’approvazione del relativo progetto”; i documenti da predisporre riguardano: (a) Il progetto di fusione (art. 2501 ter cod. civile); (b) la situazione patrimoniale delle società partecipanti alla fusione (art. 2501 quater cod. civile); (c) la relazione dell’organo amministrativo (art. 2501 quinquies cod. civile); (d) la relazione degli esperti (art. 2501 sexies cod. civile). Il progetto di fusione è

unico per tutte le società partecipanti alla fusione, deve essere depositato e iscritto al registro delle imprese almeno 30 gg. prima delle assemblee straordinarie. Il deposito riguarda anche la relazione dell’organo amministrativo, la relazione degli esperti, la situazione patrimoniale redatta dall’organo amministrativo, gli ultimi 3 bilanci approvati completi della relativa informativa accompagnatoria. In alternativa al deposito è ammessa la pubblicazione sul sito internet della società, con modalità atte a garantire la sicurezza del sito, l’autenticità dei documenti, la certezza della data di pubblicazione.

Il progetto di fusione, di cui all’articolo 2501 ter cod. civile, deve contenere: (a) il tipo, la denominazione, la sede della società partecipanti alla fusione; (b) l’atto costitutivo della società risultante dalla fusione o di quella incorporante; (c) il rapporto di (con)cambio delle azioni o quote delle società partecipanti alla fusione, nonché l’eventuale conguaglio in denaro; (d) le modalità di assegnazione delle azioni o quote della società risultante dalla fusione; (e) la data dalla quale tali azioni o quote parteciperanno agli utili, (f) la data a partire dalla quale le transazioni delle società partecipanti alla fusione sono imputate a bilancio della società risultante dalla fusione; (g) il trattamento eventualmente riservato a particolari categorie di soci o possessori di titoli diversi dalle azioni (esempio warrant); (h) i vantaggi eventualmente proposti a favore degli amministratori delle società partecipanti alla fusione.

La situazione patrimoniale redatta dagli

amministratori deve essere riferita ad una data non anteriore a 120 gg. rispetto alla data in cui il progetto di fusione è depositato; il bilancio di esercizio può andare bene se non è oltre 6 mesi.

Circa l’eventuale opposizione dei creditori, l’articolo 2503 assegna loro 60 gg. di tempo (salvo alcune eccezioni), dall’iscrizione nel registro delle imprese.

Uno o più esperti (nominati dal presidente del Tribunale se Spa o Sapa, scelti fra le società di revisione se società quotata), per ciascuna delle società partecipanti alla fusione, devono redigere una relazione sulla congruità del rapporto di cambio. La relazione deve indicare: (a) il metodo o i metodi seguiti per la determinazione del rapporto di cambio, la loro importanza relativa ed i valori risultanti, (b) eventuali difficoltà di valutazione, (c) un parere sull’adeguatezza del o dei metodi seguiti per la determinazione del rapporto di cambio e sull’importanza relativa attribuita a ciascuno di essi nella determinazione del valore adottato.

È inoltre obbligo in caso di trasferimento d’azienda, quindi anche di fusione che comporta il trasferimento, di informare le rappresentanze sindacali.

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“Inoltre la relazione dell’organo amministrativo deve indicare

le ragioni che giustificano l’operazione e deve contenere un piano economico

finanziario con indicazione della fonte delle risorse finanziarie e la descrizione degli

obiettivi che si vogliono raggiungere”

La fase preparatoria include infine le delibere di fusione assunte dalle assemblee straordinarie di ciascuna delle società partecipanti alla fusione; la delibera di fusione può apportare solo modifiche che non comportino modifiche dei diritti dei soci o dei terzi

L’atto di fusione deve essere stipulato per atto pubblico (art. 2504 cod. civile) dai rappresentanti legali delle società partecipanti alla fusione: L’atto va depositato presso l’ufficio del registro delle imprese entro 30 gg. dalla stipulazione; la fusione ha effetto decorsi 60 gg. dall’iscrizione nel registro delle imprese, a tutela dei creditori sociali. La società che risulta dalla fusione, o quella incorporante, assumono i diritti e gli obblighi delle società estinte

È possibile la postdatazione degli effetti solo per la fusione per incorporazione; è possibile la retrodatazione, ma solo con riferimento ai seguenti effetti della fusione: (a) per determinare la data dalla quale le azioni o quote della società incorporata partecipano agli utili; (b) la data a decorrere dalla quale le operazioni delle società partecipanti alla fusione sono imputate al bilancio dell’incorporante o della società risultante dalla fusione. Non è possibile comunque retrodatare oltre il limite della chiusura dell’esercizio più recente e dell’esercizio precedente

Esistono procedure semplificate previste per incorporazione di società interamente possedute (art. 2505 cod. civile) e possedute al 90% (art. 2505 bis cod. civile), salvo il caso di fusione in caso di indebitamento (cd leveraged buy out) in cui non sono applicabili le procedure semplificate

Al contrario è prevista una procedura più complessa nei casi di fusione fra società, in cui una delle quali abbia contratto debiti (caso di indebitamento) per acquisire il controllo dell’altra, quando per effetto della fusione, il patrimonio di quest’ultima viene a costituire garanzia o fonte di rimborso di detti debiti (leveraged buy out). Il tal caso il progetto di fusione deve indicare le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione. Inoltre la

relazione dell’organo amministrativo deve indicare le ragioni che giustificano l’operazione e deve contenere un piano economico finanziario con indicazione della fonte delle risorse finanziarie e la descrizione degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Infine la relazione degli esperti attesta la ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione e infine al progetto di fusione va allegata la relazione del soggetto incaricato della revisione legale della società obiettivo o della società acquirente.

Sul piano fiscale l’operazione di fusione appare neutra per quanto concerne le imposte dirette (art. 172 TUIR); infatti le stesse non costituiscono né realizzo, né distribuzione delle plusvalenze emerse dai beni delle società fuse o incorporate, comprese quelle relative al magazzino e all’avviamento; non è quindi fiscalmente rilevante l’eventuale ammortamento dell’avviamento stesso. Si rammenta tuttavia che le operazioni di fusione sono comprese fra le operazioni potenzialmente elusive d’imposta; esse potrebbero infatti essere utilizzate in sostituzione di altre operazioni fiscalmente rilevanti (esempio conferimenti o cessioni). Il comma 5 dell’articolo 172 tratta infine delle riserve considerate in sospensione d’imposta. Il comma 7 dell’articolo 172 consente il riporto delle perdite in capo a tutte le società partecipanti alla fusione (inclusa l’incorporante) purché le stesse siano “operative”. Il comma 8 infine precisa che il reddito conseguito tra l’inizio del periodo d’imposta e la data in cui ha effetto la fusione costituisce reddito tassabile soggetto ad una specifica dichiarazione dei redditi.

La scissione. L’operazione di scissione è stato introdotto nella

legislazione italiana, attraverso gli articoli 2506 e seguenti del codice civile, con il recepimento della VI direttiva comunitaria. La scissione parziale si distingue dalla cessione d’azienda, in quanto i soci della società scissa ricevono azioni, invece di denaro.

La scissione si distingue dal conferimento in quanto le azioni o quote vengono assegnate ai soci e non alla società

I soggetti che intervengono nella scissione sono: (a) la società scissa, che trasferisce tutto o in parte il proprio patrimonio; (b) le società beneficiarie del trasferimento di patrimonio; (c) i soci della società scissa destinatari delle nuove azioni o quote emesse dalla società beneficiaria

La società scissa può, a seguito della scissione, attuare il proprio scioglimento senza liquidazione, ovvero continuare la propria attività.

Le motivazioni che possono spingere ad una scissione si possono così indicare:

• motivazioni di carattere organizzativo, quali decentramento delle responsabilità e delle decisioni, in alcuni casi può risolvere dissidi insanabili all’interno del gruppo proprietario

• carattere propriamente aziendale, ad esempio operare con dimensioni produttive più ridotte e quindi

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“La situazione patrimoniale in oggetto va compilata

con l’osservanza delle norme sul bilancio di esercizio (cod. civile art. 2423 e segg.). La sua

funzione è quella di informare creditori e terzi sull’aggiornamento dei saldi di

bilancio.”

più specialistiche, ovvero condurre separatamente determinate linee di prodotti /servizi

• operazioni di risanamento delle imprese in crisi, mediante separazione fra le attività in perdita da dismettere e attività redditizie,

• ristrutturazioni finanziarie con conseguente migliore accesso al credito ovvero migliore equilibrio fra impieghi e fonti dei finanziamenti

• facilitare operazioni di vendita di determinati rami aziendali e/o di business

• motivazioni fiscali, ad esempio per consentire rivalutazioni dei cespiti consentite dalla legge.

La scissione si svolge con procedure legali simili a quelle previste per la fusione, in particolare si applicano: (a) Articolo 2501 ter comma 1 – Contenuto del progetto di fusione; (b) Articolo 2501 quater – Situazione patrimoniale; (c) Articolo 2501 sexies – Relazione degli esperti, salvo il caso in cui la scissione avviene con la costituzione di una o più nuove società e sia previsto un criterio proporzionale di attribuzione delle quote o azioni ; (d) Articolo 2501 quinques – Relazione dell’organo amministrativo, salvo il caso in cui la scissione avviene con la costituzione di una o più nuove società e sia previsto un criterio di attribuzione proporzionale delle quote o azioni; (e) Articolo 2501 septies – Deposito di atti; (f) Art 2502 – Decisione in ordine alla fusione; (g) Articolo 2502 bis – Deposito e iscrizione della decisione di fusione; (h) Articolo 2503 – Opposizione dei creditori; (i) Articolo 2503 bis – Obbligazioni; (l) Articolo 2504 – Atto di fusione; (m) Articolo 2504 ter – Divieto di assegnazione di azioni o quote; (n) Articolo 2504 quater – Invalidità della fusione; (o) Articolo 2505 – Incorporazione di società interamente possedute, limitatamente al comma 1 e 2; (p) Articolo 2505 bis – Incorporazione di società possedute al 90%; (q) Articolo 2505 ter – Effetti della pubblicazione degli atti del procedimento di fusione nel registro delle imprese. Infine qualora la scissione avvenga mediante aumento di capitale con conferimento di beni in natura o di crediti, bisogna effettuare la relazione giurata di un esperto designato dal tribunale, prevista dall’articolo 2343 del codice civile.

Alcuni aspetti procedurali La situazione patrimoniale infrannuale. Come anticipato in un precedente paragrafo, gli

amministratori delle società interessate alla fusione devono presentare una situazione patrimoniale, la quale deve essere riferita ad una data non anteriore a 120 gg. rispetto alla data in cui il progetto di fusione è depositato; il bilancio di esercizio può sostituirla se non è oltre 6 mesi.

Per la definizione della situazione patrimoniale dobbiamo fare riferimento all’OIC 4 Fusione e scissione e OIC 30 I bilanci intermedi.

La situazione patrimoniale in oggetto va compilata con l’osservanza delle norme sul bilancio di esercizio (cod. civile art. 2423 e segg.). La sua funzione è quella di informare creditori e terzi sull’aggiornamento dei saldi di bilancio; essa non viene utilizzata per determinare il rapporto di cambio.

Secondo la prevalente dottrina esso si compone

di stato patrimoniale e conto economico, in quanto consente di comprendere le variazioni patrimoniali seguenti all’ultimo bilancio approvato; nel silenzio del legislatore si ritiene che debba essere compilata anche la nota integrativa, pur se con un contenuto più snello rispetto a quelle compilate per il bilancio di esercizio. Il contenuto minimo della nota integrativa è contenuta nel paragrafo 3.5 dell’OIC 30:

• descrizione dei principi e criteri di valutazione, eventualmente tramite rinvio al precedente bilancio di esercizio, menzionando, ove nel caso, che non si è proceduto a calcolare il carico fiscale limitandosi ad esporre il saldo di conto economico al lordo delle imposte;

• nel caso di cambiamento di principi contabili, descrizione del nuovo principio e dell’effetto del cambiamento;

• descrizione di effetti significativi sull’utile (lordo o netto imposte) dovuti a stagionalità o a fatti rilevanti di natura non ricorrente;

• eventuali voci di bilancio stimate, per le quali è possibile che la stima di fine anno possa divergere da quella effettuata nel bilancio intermedio nei casi in cui le informazioni si renderanno disponibili solo a fine anno (esempio premi clienti o fornitori maturabili a fine anno);

• eventi successivi alla data di stesura, di rilievo;

• principali impegni e passività potenziali ed evoluzione delle stesse rispetto ai precedenti periodi;

• effetti di operazioni straordinarie, quali fusioni, scissioni o scorpori;

• variazioni nelle componenti del patrimonio netto;

• il criterio di calcolo delle imposte anticipate relative a perdite fiscali pregresse non riconosciute in precedenza:

• nel caso di bilanci consolidati: o composizione dell’area di consolidamento,

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12 Rivista delle Imprese e dei Mercati Internazionali – feb. 2017

“si deve sempre effettuare una valutazione assoluta, separata delle due entità partecipanti alla fusione”

eventualmente tramite rinvio a quanto indicato sul precedente bilancio consolidato approvato

o effetti delle eventuali variazioni significative nell’area di consolidamento

• ogni altra informazione ritenute rilevante e/o richiesta dalle autorità competenti.

La relazione dell’organo

amministrativo La relazione dell’organo

amministrativo, comune per incorporante e incorporata, ha lo scopo di indicare e spiegare tutti gli aspetti tecnico-giuridici dell’operazione di fusione e la consistenza effettiva delle società partecipanti alla fusione e conseguentemente il rapporto di concambio.

Essa ha una funzione di tipo

informativo e si presenta come un atto documentale a disposizione dei soci e dei terzi interessati alla fusione. La fusione si presenta infatti come un’operazione non esente da rischi, pertanto il progetto di fusione e la situazione patrimoniale predisposti possono non essere sufficienti; da qui la funzione della relazione dell’organo amministrativo, che può pertanto integrare il quadro informativo con dati e spiegazioni supplementari

In particolare la relazione deve

contenere informazioni: ü di tipo giuridico e procedurale:

riguardanti gli aspetti operativi, la tempistica, etc; inoltre dovranno essere spiegate le implicazioni della fusione rispetto ai diritti dei soci; eventuali conseguenze se attraverso la fusione venga a modificarsi la tipologia societaria (fusione eterogenea)

ü di carattere economico: connesse a considerazioni sull’opportunità ed i vantaggi economici e gestionali connessi

all’operazione, nonché gli eventuali svantaggi; in particolare l’organo amministrativo deve dimostrare che l’operazione di fusione risponde all’interesse dell’azienda e creare vantaggi:

ü sul piano produttivo e organizzativo, può essere infatti uno strumento di riorganizzazione della struttura produttiva e/o di massimizzazione della logistica

ü sul piano commerciale, come strumento per posizionare meglio l’impresa sul mercato, agendo su clientela, prezzi, tipologia di prodotti

ü sul piano finanziario, con possibilità di aumentare la capacità di autofinanziamento, ovvero con un più agevole accesso al credito

ü relative al rapporto di cambio: considerazioni in merito ai criteri di valutazione utilizzati per individuare i capitali economici delle società partecipanti alla fusione e la loro influenza sul rapporto di (con)cambio; il rapporto di cambio in se non è infatti solamente un’espressione numerica, occorre pertanto descrivere gli aspetti più sostanziali e tecnici nel rapporto medesimo, considerando che la scelta dei criteri di valutazione dei capitali economici si presta ad una certa dose di discrezionalità.

La valutazione delle società partecipanti alla fusione I PIV (par IV.4) distinguono le fusioni fra: (a) operazioni fra

soggetti indipendenti, in questo caso si tratta di uno scambio negoziato, (b) operazioni fra soggetti non indipendenti con scambio non negoziato.

Nelle operazioni fra soggetti indipendenti (scambio

negoziato) le fusioni vengono assimilate, sul piano logico valutativo, alle acquisizioni e cessioni d’azienda (Par IV.1). In tutti questi casi l’esperto deve valutare il valore dell’asset acquisito o fuso attraverso la valutazione del bene generato o modificato a seguito dell’acquisizione-fusione. in altri termini la valutazione deve contenere le sinergie e i vantaggi conseguiti dai soggetti partecipanti alla cessione-fusione

Il valore di vendita-fusione è composto pertanto dai seguenti

aspetti; i diversi aspetti possono richiedere differenti approcci valutativi e quindi differenti criteri di valutazione:

Il valore “stand alone” dell’azienda” Il valore delle efficienze conseguibili dall’operazione Il valore di sinergie attese a seguito dell’operazione, che

possono essere divisibili ovvero indivisibili Tipicamente le operazioni di acquisizione-fusione sono

motivate dalle aspettative di ottenere migliori risultati al conseguimento dell’operazione stessa, aspettative causate da: (a) raggiungimento di maggiori dimensioni e potere di mercato, (b) espansione internazionale dell’attività, (c) sfruttamento di specifici asset e competenze acquisiti con l’operazione; (d) diversificazione nella gamma dei prodotti/servizi offerti alla clientela, (e) miglioramento dello standing creditizio e della capacità d’indebitamento, (f) modificazione dei profili di rischio aziendale, attraverso integrazioni verticali o orizzontali. Considerando il loro carattere potenziale, la valorizzazione delle sinergie dovrebbe basarsi su fattori analiticamente determinabili e controllabili. Ciò al fine di evitare il rischio di una sopravvalutazione.

Nelle operazioni fra soggetti non indipendenti (scambio non

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negoziato), è normale utilizzare un’ipotesi semplificatrice, che consente di valutare le due entità “stand alone”, senza considerare le sinergie che scaturiranno dalla fusione, nel presupposto che alle sinergie parteciperanno i soci delle due entità sulla base del valore cui rinunciano.

Sia nel caso di scambi negoziati che non negoziati, la

determinazione del concambio non può fondarsi su criteri meramente comparativi, ma si deve sempre effettuare una valutazione assoluta, separata delle due entità partecipanti alla fusione.

È inoltre importante che le stime ai fini della determinazione del

rapporto di (con)cambio siano effettuate con criteri omogenei. Omogeneità non significa applicazione degli stessi criteri di valutazione (ad esempio quando le due società appartengono a settori diversi), ma omogeneo apprezzamento delle fonti di reddito e di rischio.

È possibile utilizzare più di un criterio di valutazione, purché i valori

risultanti non siano troppo dispersi fra di loro; utilizzare una semplice media aritmetica di valori molto dispersi non è una pratica consigliabile. Nella stima dei valori assoluti delle due entità bisogna considerare valori in atto e non valori potenziali.

Il valore in atto non è una configurazione di valore, ma un attributo

di valore che tiene conto dei benefici economici dell’azienda da valutare che già si stanno manifestando, o che potranno manifestarsi per effetto di azioni già intraprese e che si fonda su una base ragionevolmente obiettiva di riscontri ed ipotesi. Ugualmente il valore potenziale non è una configurazione di valore, ma un attributo di valore che consente di estrinsecare i benefici futuri considerati; il valore potenziale considera ipotesi speciali e condizioni ipotetiche.

Nel caso di valutazione di azioni con categorie diverse, la

valutazione del rapporto di concambio deve fondarsi sulla valutazione assoluta di ciascuna azione. Il par III.8 dei PIV esamina tutta la problematica della valutazione delle diverse categorie di azioni e di diritti azionari. Il par III.8 dei PIV sviluppa inoltre le argomentazioni della valutazione del titolo azionario che risultano pertanto applicabili alle valutazioni effettuate per il calcolo del (con)cambio.

Le configurazioni di valore, indicate dai PIV in tale caso sono: • valore intrinseco o fondamentale; esso esprime

l’apprezzamento che qualsiasi soggetto, operante sul mercato senza vincoli e in condizioni di trasparenza informativa, dovrebbe formulare alla data di riferimento, in funzione dei benefici economici offerti dall’attività medesima e dei rispettivi rischi; sotto questa configurazione di valore possiamo indicare molti metodi di valutazione: metodo patrimoniale semplice e complesso, metodo reddituale, metodi misti patrimoniale - reddituale, metodo DCF (vedi successivo paragrafo)

• valore di mercato, questo è il prezzo più probabile al quale l’azione potrebbe essere negoziata alla data di riferimento, in un mercato ordinato e trasparente fra soggetti che operano in modo razionale, senza essere sottoposti a particolari pressioni; sotto questa configurazione possiamo comprendere i metodi basati sui multipli (vedi successivo paragrafo) e i metodi che si richiamano alle quotazioni di borsa

• valore convenzionale (tipicamente valori ai fini del bilancio); un valore convenzionale discende dall’applicazione di speciali criteri che sono fissati per la sua determinazione, la correttezza di tale valore discende unicamente dalla puntuale applicazione dei criteri medesimi; sebbene indicata dai PIV, ritengo questa fattispecie raramente

“Il valore in atto non è una configurazione di valore, ma

un attributo di valore che tiene conto dei benefici

economici dell’azienda da valutare che già si stanno

manifestando, o che potranno manifestarsi per

effetto di azioni già intraprese e che si fonda su una base

ragionevolmente obiettiva di riscontri ed ipotesi”

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applicabile al caso di fusioni o cessioni • valore di smobilizzo; lo smobilizzo è l’operazione attraverso la quale i valori

mobiliari vengono trasformati in valori liquidi in un tempo più breve del normale, detto valore è quindi influenzato dalla necessità di trasformare il bene in liquidità in tempi brevi; sebbene indicata dai PIV ritengo questa fattispecie raramente applicabile al caso di fusioni, salvo il caso di fusioni per aziende soggette a procedure concorsuali.

Una rassegna dei metodi di valutazione disponibili Di seguito viene effettuata una sintetica carrellata dei principali metodi di valutazione,

indicati dalla tecnica e di comune utilizzo. Metodo patrimoniale semplice. Esso consiste nella valutazione dei singoli componenti

dell’attivo e del passivo desumibili dal bilancio di esercizio, rettificato in aumento o diminuzione in funzione di eventuali differenze riscontrabili fra valori iscritti a bilancio e eventuali diversi valori applicabili per il fine della valutazione della società, che possono originare plus ovvero minusvalenze. Il valore risultante è denominato patrimonio netto rettificato.

Metodo patrimoniale complesso. Esso prevede che al patrimonio netto rettificato,

ottenuto con il metodo patrimoniale semplice, venga aggiunto il valore dei beni immateriali non contabilizzati a bilancio, quali: marchi, brevetti, costi di ricerca e sviluppo, avviamento, concessioni o licenze.

Le valutazioni di tipo patrimoniale sono indicate e sviluppate nei PIV al Par. III.1.28 e seguenti.

Metodo reddituale. Il modello reddituale si basa su una previsione dei flussi reddituali

attesi attualizzata ad un tasso coerente con i flussi prescelti, eventualmente con un determinato fattore di crescita stimato. Per effettuare il relativo conteggio occorre normalizzare i redditi passati, depurandoli da elementi anomali o straordinari e effettuare stime sui possibili redditi futuri. L’orizzonte temporale di sviluppo dei redditi può essere all’infinito, ovvero per un determinato arco di anni.

Le valutazioni reddituali sono indicate e sviluppate nei PIV al Par. III.1.31 e seguenti. Metodi complessi o misti reddituali - patrimoniali. Trattasi del metodo UEC complesso,

che unisce le caratteristiche del metodo patrimoniale e del metodo reddituale, bilanciando così l’aspetto patrimoniale con quello reddituale dell’azienda da valutare. La parte reddituale è basata sull’attualizzazione di sovra redditi rispetto a paralleli investimenti effettuati in assenza di rischio.

Il metodo misto patrimoniale- reddituale viene indicato dai PIV al Par. III.1.33, assieme agli altri metodi (EVA e Residual income method) che esplicitano la creazione di valore. Metodi finanziari basati sui flussi di cassa (cd metodi DCF discounted cash flow). Tali metodi si basano sulla previsione dei flussi di cassa originati dalla gestione aziendale opportunamente attualizzati. In questo caso bisogna pertanto disporre non solo di previsioni sui redditi futuri conseguibili, ma anche sui futuri andamenti patrimoniali e finanziari e conseguentemente sui relativi flussi di cassa aziendali. I flussi di cassa futuri vengono normalmente attualizzati in due tranches: la prima lungo un arco temporale che può variare da 3 a 5 anni, una seconda parte (il cd terminal value) su un arco temporale molto più lungo, ovvero all’infinito.

Il metodo DCF viene indicato dai PIV, assieme al metodo DDM (Dividend Discount Model), al Par.III.1.35 e seguenti.

Per un approfondimento sul metodo DCF vedasi il mio articolo http://www.angelofiori.it/la-valutazione-con-il-metodo-dcf-schema-di-riferimento/

I metodi basati sui multipli forniscono valutazioni di tipo relativo, nel senso che hanno

l’obiettivo di determinare il valore di un’azienda tramite l’utilizzo di prezzi, che comunque fanno riferimento al mercato, di aziende simili. Essi si basano sulla applicazione di indici, detti multipli, provenienti da operazioni e situazioni di aziende comparabili. Lo scopo è

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quello di sviluppare rapporti che legano il prezzo di mercato delle aziende ai multipli o indici individuati. Possono essere utilizzati: (a) multipli di società comparabili (market o trading multiples); (b) multipli di transazioni comparabili (deal o acquisition multiples). Gli indici o multipli più comunemente usati sono EV/Ebit, EV/Ebitda, EV/Sales, Price/Book value, Price/Earning.

I metodi che si richiamano ai multipli, vengo chiamate dai PIV “valutazioni

comparative di mercato” e sono sviluppate al Par. III.1.38 e seguenti. Per un approfondimento relativamente ai metodi basati sui multipli, vedasi il

mio articolo http://www.angelofiori.it/valutazioni-dazienda-con-metodi-dei-multipli/

Occorre infine precisare che le valutazioni effettuate con il metodo DCF e con

i metodi basati sui multipli è possibile operare in un’ottica “asset side” ovvero “equity side”. Con la prospettiva asset side si stima il valore dell’azienda (Equity) in modo indiretto, valutando prima il capitale operativo dell’azienda e detraendo da esso la posizione finanziaria netta, cioè la cd leva finanziaria utilizzata per svolgere l’attività aziendale. Con la prospettiva Equity side invece si stima il valore dell’azienda (Equity) in modo diretto. Per un approfondimento vedasi l’articolo http://www.angelofiori.it/la-prospettiva-di-valutazione-dazienda-approccio-asset-side-o-equity-side/.

Spesso vengono utilizzati più metodi di valutazione, procedendo poi ad una

sintesi ragionata dei risultati raggiunti. I PIV al Par. III.1.42 precisano; che la sintesi deve essere razionale; pertanto vanno evitati ad esempio l’applicazione di medie a valori molto dispersi fra di loro, ovvero la presentazione di intervalli di valore troppo grandi, tali da lasciare ampi margini di discrezionalità.

Spesso vengono sviluppate analisi di sensitività, al fine di comprendere come si muovono i risultati della valutazione, al modificarsi delle diverse variabili utilizzate. Per un approfondimento vedasi l’articolo: http://www.angelofiori.it/analisi-sensitivita-per-le-valutazioni-dazienda/

Il rapporto di (con)cambio. Nelle procedure di fusione, la determinazione del rapporto di (con)cambio

rappresenta il momento centrale dell’intera operazione. Il rapporto di (con)cambio mira in sostanza a determinare la quantità di azioni dell’incorporante, o della società risultante dalla fusione, che deve essere riconosciuto all’incorporata, o alle società partecipanti alla fusione, in cambio delle vecchie azioni possedute. Nella determinazione del rapporto di cambio è necessario che:

il calcolo analitico sia sempre dimostrabile, obiettivo e affidabile; i criteri adottati nella stima del valore delle società coinvolte siano omogenei dal punto di vista delle “assumptions” di base adottate; le “assumptions” alla base delle stime siano sempre affidabili e credibili, considerando che la non affidabilità dei dati di input comporta inaffidabilità dei dati di output, indipendentemente dalla bontà del modello di valutazione adottato; i modelli di stima utilizzati siano affidabili; si consideri che i metodi patrimoniali e reddituali risultano in linea di max applicabili nelle circostanze, da soli o in abbinata fra loro, di contro i metodi finanziari (ad esempio il metodo DCF) vanno esaminati con maggiore senso critico in quanto costruiti più su valori prospettici che su valori storici e richiedono un non facile confronto delle relative assumptions; i metodi basati sui multipli

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risultano poco efficienti in quanto risentono delle difficoltà di reperire entità comparabile della scarsa efficienza del mercato; è possibile l’applicazione di più metodi di valutazione, nell’ambito di un processo valutativo che deve risultare obiettivo dimostrabile e affidabile; l’applicazione di più metodi comporta quindi l’adozione di metodologie di accorpamento dei valori attraverso l’utilizzo di medie, medie che hanno tanto più significato quando i valori risultanti dalle diverse valutazioni non siano significativamente fra loro dissimili; in presenza di differenti categorie di azioni, siano calcolati tanti concambi quante sono le categorie presenti, basta considerare la possibile esistenza di obbligazioni convertibili, azioni con diverse diritti a favore degli azionisti, warrant, etc; se il numero delle azioni possedute dai soci delle società partecipanti alla fusione non risultano multipli del denominatore del rapporto di cambio definito, allora il numero teorico delle azioni spettanti ai soci non risulta un numero intero e sono possibili conguagli in denaro. La figura dell’esperto e la sua funzione.

L’articolo 2501 sexies del codice civile recita che uno o più esperti, per ciascuna delle società partecipanti alla fusione, redigono una relazione sulla congruità del rapporto di cambio delle azioni o quote, che indichi: (a) il metodo o i metodi per la determinazione del rapporto di cambio proposto e i valori risultanti dall’applicazione di ciascuno di essi, (b) le eventuali difficoltà di valutazione, (c) un parere sull’adeguatezza del o dei metodi seguiti per la determinazione del rapporto di cambio e sull’importanza relativa attribuita a ciascuno di essi nella determinazione del valore adottato.

L’esperto o gli esperti sono scelti fra i soggetti di cui al 1° comma

dell’articolo 2409 bis del codice civile (revisore legale o società di revisione iscritti nell’apposito registro gestito dal MEF), se la società risultante dalla fusione è una Spa o una Sapa, sono designati dal Tribunale del luogo in cui ha sede la società. Se la società è quotata in mercati regolamentati, l’esperto è scelto tra le società di revisione sottoposte a vigilanza della CONSOB. In ogni caso, le società partecipanti alla fusione possono congiuntamente richiedere al tribunale la nomina di uno o più esperti comuni. Ciascun esperto ha diritto di ottenere dalle società partecipanti alla fusione tutte le informazioni e i documenti utili e di procedere ad ogni necessaria verifica. L’esperto risponde dei danni causati alle società partecipanti alla fusione, ai loro soci ed ai terzi. Si applicano le disposizioni dell’articolo 64 del codice di procedura civile. L’articolo 64, che riguarda il consulente tecnico d’ufficio, evidenzia che: (a) si applicano le disposizioni del Codice penale relative ai periti, articolo 314 (peculato), 366 (rifiuto di uffici legalmente dovuti) e 373 (falsa perizia) del cod. penale, (b) il consulente tecnico che incorre in colpa grave è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda fino a 10.329 Euro; (c) si applica l’articolo 35 del codice penale (sospensione dell’esercizio professionale); (d) in ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni. Agli esperti e anche affidata, in ipotesi di fusione di società di persone con società di capitali, la relazione di stima del patrimonio della società di persone a norma dell’articolo 2343 (conferimento di beni in natura)

La relazione dell’esperto non è richiesta se vi rinunciano all’unanimità i

soci e i possessori di altri strumenti finanziari che attribuiscono il diritto di voto a ciascuna delle società partecipanti alla fusione.

Sul piano tecnico-deontologico bisogna precisare che l’esperto nominato da Tribunale (Spa), ovvero dalle parti (srl), deve essere consapevole

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delle cognizioni tecniche richieste per un’attività di alta specializzazione quali è quella relativa alle valutazioni d’azienda. Le competenze necessarie si estendono infatti in numerose aree, quali: (a) le analisi strategiche di settore e d’azienda, le analisi di bilancio, (b) le previsioni economiche e finanziarie, (c) le competenze nei mercati di borsa e finanziari, (d) gli aspetti tecnico-metodologici dei procedimenti di valutazione, (e) le caratteristiche delle operazioni aziendali per le quali le stime sono necessariamente richieste.

Va da sé, inoltre, che il perito valutatore sia legato al segreto professionale sui dati e informazioni di cui viene a conoscenza. La redazione dell’esperto. La relazione dell’esperto deve contenere quantomeno gli aspetti di seguito indicati. Motivo e oggetto dell’incarico:

ü generalità, con i relativi titoli professionali, del perito valutatore, ü estremi della la nomina del Tribunale, ü riferimenti di legge nel cui contesto viene effettuata la valutazione, ü estremi sintetici dell’operazioni di fusione sottostante.

Finalità del lavoro svolto:

ü obiettivi del lavoro svolto di cui la relazione rappresenta la sintesi, ü destinatari della relazione, ü limiti della relazione nell’ambito dei dettami di legge: ü congruità del o dei metodi seguiti dall’organo amministrativo per la determinazione del

rapporto di concambio, ü parere sull’adeguatezza e sulla relativa importanza del o dei metodi seguiti per il rapporto

di concambio, ü eventuali difficoltà di valutazione, ü ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione in merito al piano

economico-finanziario, se trattasi di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento (levereged buy-out), ai sensi art. 2501 bis del cod. civile. Documentazione prodotta e utilizzata:

ü progetto di fusione e relazioni degli organi amministrativi della società; ü bilanci e/o situazioni patrimoniali infrannuali (con tutta la relativa informativa di legge),

eventuali bilanci consolidati, se applicabile; ü verbali del CdA; ü relazioni di stima di eventuali consulenti che hanno assistito gli amministratori nelle

valutazioni effettuate; ü eventuali perizie di valutazioni immobiliari: per un approfondimento si rinvia all’articolo

http://www.angelofiori.it/le-valutazioni-immobiliari-una-panoramica-per-dottori-commercialisti/;

ü statuti sociali pre e post fusione; ü verbali assemblee straordinarie; ü piani economico finanziari a supporto delle valutazioni effettuate dalla società; ü eventuali contratti di finanziamento nel caso di operazioni leveraged buy-out; ü relazione delle società di revisione in caso di leveraged buy-out; ü eventuale corrispondenza, se sensibile nel contesto; ü indicazione delle responsabilità dell’esperto nell’esame della documentazione sopra

indicata. Le società oggetto dell’operazione di fusione:

ü riferimenti delle società partecipanti alla fusione; ü assemblee straordinarie relative alla fusione.

Ragioni e finalità dell’operazioni di fusione: Indicazione delle ragioni e finalità dell’operazione di fusione, riprese da quando indicato dagli organi amministrativi partecipanti alla fusione nella relazione accompagnatoria alla fusione (art. 2501 quinques cod. civile). Il piano economico finanziario (leveraged buy out): Indicazione e commento del piano economico finanziario, al fine di attestare la ragionevolezza delle fonti delle risorse finanziarie disponibili. Per questo aspetto si rinvia all’articolo http://www.angelofiori.it/esame-e-analisi-critica-di-un-business-plan/

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Metodi di valutazione utilizzati dagli organi amministrativi per la determinazione del rapporto di concambio:

ü indicazione dettagliata dei metodi di valutazione utilizzati dagli organi amministrativi delle società partecipanti alla fusione;

ü risultati delle valutazioni effettuate; ü eventuali difficoltà riscontrate dagli organi amministrativi nella valutazione; ü il rapporto di concambio.

Il lavoro svolto dall’esperto:

ü indicazione analitica del lavoro svolto; ü limitazioni nel lavoro svolto; ü conclusioni raggiunte; ü richiamo al materiale esaminato, contatti e incontri avuti con i responsabili delle società e

con eventuali consulenti (legali, advisor periti valutativi, revisori legali). Commenti sull’adeguatezza dei metodi utilizzati e sulla validità delle stime prodotte:

ü richiamo alle finalità dell’incarico, ü risultati dell’esame critico effettuato sui processi di stima utilizzati dagli organi

amministrativi delle società; ü indicazione dei passaggi più problematici delle valutazioni effettuate dagli organi

amministrativi delle società; ü indicazione di eventuali analisi di sensitività con riferimento alla scelta dei parametri

valutativi. Analisi della sostenibilità finanziaria del piano:

ü nel solo caso di leveraged buy out; ü indicazione dell’analisi critica effettuata; ü considerazioni e risultati raggiunti dall’esperto.

Difficoltà incontrate dall’esperto nell’espletamento dell’incarico:

ü indisponibilità di parte della documentazione necessaria; ü difficoltà tecnico procedurali nello sviluppo dei metodi valutativi; ü difficoltà connesse alla aleatorietà di alcune stime; ü difficoltà connesse all’utilizzo di alcuni parametri nel calcolo.

Considerazioni conclusive:

ü sintesi del lavoro svolto; ü espressione di un parere professionale ai sensi articolo 2501 sexies del codice civile; ü espressione di un parere professionale ai sensi articolo 2501 bis del codice civile (caso di

leveraged buy-out).

Dottore commercialista e revisore legale dei conti, iscritto presso l’Albo di Milano dal 1974, perito accreditato presso il Tribunale di Milano, Angelo Fiori ha lavorato come consulente, e successivamente come socio amministratore, in società di consulenza di grandi dimensioni nazionali (Praxi) e internazionali (Price Waterhouse, oggi PWC). Da oltre 10 anni opera come libero professionista indipendente, svolgendo incarichi e consulenze sia con clientela locale che internazionale. www.angelofiori.it

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L’arte della negoziazione nelle trattative con partner cinesi e giapponesi (IIa Parte)

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Giappone. Non v’è dubbio che gli elementi di caratterizzazione della cultura giapponese siano così tanti e tali da renderne difficile l’individuazione per mezzo di semplici elencazioni. Alcuni di questi sono riconducibili ai principi che abbiamo avuto modo di studiare nella parte dedicata alla conduzione delle trattative con partner cinesi. Ma l’elenco rimane comunque nutrito. Ciò nonostante, è possibile far riferimento a dei metà principi che svolgono un ruolo di importanza imprescindibile nello svolgimento della normale vita in Giappone di tutti i giorni, così come, ovviamente, nello svolgimento delle trattative commerciali. Non v’è dubbio che gli elementi di caratterizzazione della cultura giapponese siano così tanti e tali da renderne difficile l’individuazione per mezzo di semplici elencazioni. Alcuni di questi sono riconducibili ai principi che abbiamo avuto modo di studiare nella parte dedicata alla conduzione delle trattative con partner cinesi. Ma l’elenco rimane comunque nutrito. Ciò nonostante, è possibile far riferimenti a dei meta-principi che svolgono un ruolo di importanza imprescindibile nello svolgimento della normale vita in Giappone di tutti i giorni, così come, ovviamente, nello svolgimento delle trattative commerciali Le differenze culturali e comportamentali tra Occidentali e Giapponesi

Occidentali Giapponesi Natura Controllo sulla natura Armonia con la natura

Tempo Concezione del presente e orientamento per una collaborazione a breve termine

Concezione del passato e orientamento per un collaborazione a lungo termine

Azione Raggiungere il successo Far parte di una organizzazione

Comunicazione Basso profilo Alto profilo Spazio Privato Pubblico Potere Egualitario Gerarchico Individualismo Alto individualismo Basso individualismo

Competitività Competizione Cooperazione Struttura Struttura semplice Struttura complessa Etichetta Informale Formale

I Principi filosofici __________ � – Wa Armonia Il più significativo principio filosofico tutt’ora vivo ed efficace nella società Giappone è il concetto di

Francesco De Sanzuane

Diritto Internazionale

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armonia. Esso si riverbera non solo nei rapporti prettamente sociale, ma anche in quelli di affari. Anzi, è forse possibile affermare che, considerata l’importanza che il lavoro assume nel sentire di tutti i giorni, sia un elemento irrinunciabile proprio in questo settore. In termini commerciali, infatti, esso riflette il rifiuto di tenere qualsiasi comportamento che sconfini nella auto-celebrazione e nell’individualismo e la preservazione delle buone relazioni a dispetto delle differenze di opinioni. Tale principio agisce, in particolar misura, sul comportamento che gli operatori giapponesi tengono durante le trattative e sulle risposte che essi danno, che proprio per questo non saranno mai espresse direttamente con termini negativi assoluti, ma piuttosto con termini indiretti e allusivi. È necessario considerare che in Giappone, il modo o le attenzioni con le quali una persona è trattata dipendono dal gruppo, o dalla categoria nella quale la stessa è collocata. Le relazioni personali sono parte essenziale della società e prevalgono sugli impegni e persino sugli affari. Tuttavia, o forse proprio per questo, nessun comportamento che possa in qualche modo comportare un attrito personale o il nocumento di un interesse diffuso sarà mai posto per garantire un vantaggio di natura individuale. In considerazione del fatto che le relazioni personali assumono un posto prevalente, per mantenerle i Giapponesi saranno propensi ad aiutare prima le persone che con le quali sono in contatto e che sentono vicine, senza domandarsi troppo cosa la regola richiede in quella circostanza. Ciò vale anche e soprattutto negli affari. Prima, tuttavia, di affrontare con maggiore precisione questo aspetto, v’è un altro particolare che deve essere sottolineato e che attiene ai rapporti personali. La società Giapponese è fortemente improntata sulla negazione di qualsiasi espressione di emotività in pubblico, sul diniego di mostrare i propri sentimenti; nella concezione paternalistica della cultura, e sul rispetto degli anziani; tali principi pongono in secondo piano la parità con le donne, che raramente assumono ruoli strategici negli organigrammi delle aziende anche se, seppur faticosamente e lentamente, la tendenza sta mutando in alcuni settori dove le qualità femminili sono maggiormente apprezzate, quali ad esempio il campo della moda o delle arti. A questo proposito si rende necessaria una precisazione. Il maschilismo che comunque caratterizza la struttura sociale giapponese raramente intacca i rapporti con imprenditrici straniere, che vengono rispettate e tenute in grande considerazione. Anzi, il più delle volte abbiamo potuto riscontrare che, in taluni casi, imprenditrici straniere sono state stimate, in parità di circostanze, ben più dei loro colleghi imprenditori. __________ & – Kao Il viso/la faccia (nel senso dell’onore) Questo principio testimonia l'importanza dell'onore personale e forma la base della reputazione di un individuo, sulla quale poggia il suo stato sociale. Preservare il proprio onore è un percorso che esige il massimo sforzo, evitando i contrasti, l'espressione di critiche dirette nei confronti di un proprio pari, allo scopo di per consolidare del proprio rango. In questo senso, ogni parola proferita deve essere libera da qualsiasi fraintendimento o sotterfugio e deve essere seguita da sforzi concreti che testimonino la volontà della persona di mantenere la parola data. __________ ��$� – Omoiyari Il rispetto Tale principio fa riferimento all’empatia nei confronti delle necessità della controparte ed al senso di lealtà che deve caratterizzare sempre i rapporti interpersonali. Letteralmente, il termine significa “immedesimarsi nei sentimenti altrui”, per cui la costruzione di una forte relazione commerciale sarà possibile solo sulla base della fiducia e della reciproca comprensione delle opposte esigenze. Non dobbiamo mai dimenticare che la società giapponese è radicalmente fondata sul senso dell’onore, presente in tutti gli aspetti della vita sociale, e mancare sotto tale punto di vista è certamente un comportamento imperdonabile. È dunque necessario compiere uno sforzo, nel corso della trattativa e di fronte ad ogni eventuale domanda, per comprendere le ragioni alla base delle richieste del nostro partner che, come noi, è impegnato nel raggiungere i propri scopi. __________ �� – Amae Benevolenza; dipendenza dagli altri

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In termini pratici, i giapponesi non si sentono a proprio agio con persone che esibiscono pubblicamente le loro qualità o la loro posizione sociale, comportamenti che negano il concetto filosofico per il quale tutti dipendono dagli altri per le proprie necessità, amae (��) appunto. Per questo, essi sono soliti provare un sentimento di completa fiducia ed affidamento (Shinyo - �) non solo nei confronti delle altre persone che non approfittano di situazioni vantaggiose a loro discapito, ma anche nei rapporti di affari, durante i quali hanno la tendenza a dimostrare indulgenza e comprensione nei confronti della controparte. Si tenga conto che la conclusione di un buon affare, e dunque la stipula di un accordo commerciale, non è il risultato del talento di un singolo, bensì la somma degli sforzi di un gruppo di persone, che agiscono nell’interesse comune e nel rispetto delle gerarchie costituite, che sono poste per rendere il lavoro del gruppo più armonico ed efficace. L’impostazione individualista, tipicamente occidentale, è vista come un mero esercizio di superbia, senza alcun pregio __________ �� – Uramu Ostilità Nel caso in cui gli sforzi compiuti nell'essere indulgenti e comprensivi siano ignorati, o peggio non considerati, i giapponesi tendono a chiudersi in sè stessi e cominciano a serbare rancore nei confronti dell’altra persona. A questo punto emerge un tipo di ostilità chiamata proprio uramu, che si esprime nel risentimento contro la persona o il sistema che ha rifiutato i loro sforzi e, naturalmente, impedirà qualsiasi sviluppo di una trattativa commerciale. Come sopra sottolineato, è molto facile che l’uomo d’affari protervo e autoreferenziale esca sconfitto dalla trattativa, ancor prima di accorgersene. __________ #� – Enryo Diffidenza Diretta conseguenza del principio di cui sopra, sia detto che nelle situazioni in cui un giapponese non si senta a proprio agio con qualcuno, nel caso in cui egli non sia in grado di dimostrare la propria benevolenza, il proprio “amae”, essi trasformano il proprio atteggiamento nella diffidenza, o nella ritrosia (enryo). Un tale comportamento è strettamente legato al desiderio di non rischiare di essere coinvolti in situazioni che non gradiscono o di assumere impegni non desiderati o, ancora, di trovarsi in circostanze che possano ledere l'armonia dei rapporti interpersonali. È preferibile mantenere la propria reputazione limpida che concludere un affare, i cui benefici non potrebbero certo superare, nel tempo, la perdita di onorabilità e rispettabilità. __________ ��� – Giseisha La sindrome della vittima Deve essere sempre tenuto presente che i giapponesi tendono ad essere particolarmente suscettibili all’offesa. Ciò conferisce loro la tendenza a sentirsi vittima di ingiustizie ogni qual volta qualcuno o qualcosa interferisce con i propri scopi o i propri progetti. Tale sentimento è ancora più forte quando il comportamento che essi ritengono ingiusto proviene da un soggetto nel quale essi avevano fatto affidamento o dal quale si attendono stima e collaborazione: il partner d’affari. __________ ��� � – Chokkan to Ronri Intuizione contro logica In breve, tale espressione fa riferimento al fatto che la logica non è un dato assoluto, ma al contrario ciclico o elastico. In termini generali, naturalmente, può dirsi che i giapponesi tendano ad essere più intuitivi che legati alla logica stretta. Ciò spiega in parte anche la particolare tendenza a discutere i punti della trattativa che, al momento, sembrano più importanti di altri, senza seguire un ordine predefinito. Tale comportamento è in parte riferibile al principio di interpretazione “olistica” di un rapporto commerciale, già affrontato nel primo capitolo del presente approfondimento, e che poggia la propria ragione anche su un altro tipo di ragionamento: quanto è oggi valido per entrambi, in futuro potrebbe non esserlo più. Pertanto, posso desiderare di rivedere un aspetto dell’accordo che ieri mi appariva non condurre alcun problema, e mi attendo che la controparte comprenda questa necessità, in quanto potrebbe essere anche sua nell’immediato futuro.

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“In termini generali, naturalmente, può dirsi che i giapponesi tendano ad essere più intuitivi che

legati alla logica stretta. Ciò spiega in parte anche la particolare tendenza a discutere i punti della

trattativa che, al momento, sembrano più importanti di altri, senza seguire un ordine

predefinito”

__________ ������– Koto to Shidai ni wa La verità circostanziale La verità non assume mai caratteri assoluti, ma è di solito espressa con maggiore indulgenza e in termini più umani, come qualcosa che è relativo e dipende dalle circostanze e dal contesto (d’altro canto, non si può dimenticare che nella cultura Giapponese le cose dette o fatte devono essere sempre interpretate tenendo in considerazione la situazione particolare in cui si collocano). Siccome le circostanze e i doveri cambiano di tempo in tempo, tale elasticità colpisce anche il concetto di verità. Conseguenza ulteriore è che gli individui sono generalmente limitati nelle cose che possono dire, in quanto non sono quasi mai nelle condizioni di agire o prendere decisioni in maniera indipendente. Ciò li pone spesso nella condizione di non essere in grado di esprimere in maniera completa il proprio pensiero su determinati argomenti. Un giudizio definitivo su qualsiasi aspetto, infatti, non potrebbe esser altro che smentito perché nessuna verità è assoluta. __________ ��/�%– Tatemae/Honna La posizione pubblica/le reali intenzioni I due termini sono spesso utilizzati in coppia e giocano un ruolo significativo in tutti gli aspetti della vita in Giappone. Tatemae ( � � ) assume un significato simile a “facciata”, ed esprime generalmente qualsiasi atteggiamento con il quale si intende celare le proprie intenzioni reali ovvero si ritiene di dover mantenere un comportamento neutrale e formale, per difendere le apparenze ed evitare coinvolgimenti personali. Honne (�% ), al contrario, significa letteralmente “voce onesta” e fa riferimento alle ragioni che muovono l’individuo.

In qualsiasi contesto, sociale, politico o d’affari, questi principi contrastanti sono utilizzati per celare le verità che potrebbero essere sconvenienti o imbarazzanti. Ad esempio, per proteggere la propria dignità, piuttosto che affermare un fatto che potrebbe essere fonte di tensioni, i giapponesi preferiscono semplicemente omettere di farvi riferimento ovvero, quando “costretti” a parlarne, farlo succintamente e con massimo riguardo, per evitare imbarazzo o inquietudini. Dunque, nel sentire sociale del popolo giapponese, la franchezza, intesa nel presente contesto al pari di “schiettezza”, non è il valore più importante ed è comunque subordinato al tatto ed alla conservazione dei buoni rapporti interpersonali. La negoziazione Sebbene alcuni aspetti della cultura Giapponese possono essere ricondotti alla tradizione cinese per la naturale colleganza esistente costituita dalla religione Buddista, vi sono diversità notevoli che distinguono le abitudini dei due popoli, che derivano non solo dalla differente evoluzione storica dei due paesi, ma anche dal comportamento che essi hanno tenuto nei secoli recenti. Si può dire, a questo riguardo, che i ruoli dei due paesi si sono invertiti e che il Giappone si sia liberato ben presto dall’isolamento in cui si era rifugiato mentre le vicende politiche della Cina, che hanno caratterizzato il secolo scorso, hanno fatto sì che le frontiere si stiano effettivamente aprendo agli stranieri solo in questi ultimi anni. Un esempio di tale diversità è dato dall’abbandono del vecchio concetto di "pazienza" o "temperanza", ancora operante in Cina, che caratterizza il mercato Giappone, dovuto alla sempre maggiore immedesimazione degli operatori commerciali Giapponesi nel modello internazionale, e più precisamente in quello statunitense, che non concepisce tempi eccessivamente lunghi e per il quale le decisioni devono essere prese rapidamente e con efficienza. A questo proposito, tuttavia, è necessario compiere una precisazione. Aver adottato, da parte del popolo Giapponese, alcuni canoni di comportamento tipicamente occidentali – consideriamo ad esempio che il comportamento consumistico tipico di un consumatore nipponico ha superato di gran lunga le abitudini occidentali, quanto meno sotto l’aspetto della frenesia con il quale viene estrinsecato – non toglie il fatto che nei rapporti di affari più complessi e prestigiosi, e dunque senz’altro quando a parteciparvi vi sono soggetti stranieri, i principi ai quali stiamo dedicando attenzione rimangano irrinunciabili, di importanza fondamentale. Dal punto di vista pratico, possiamo annotare alcuni

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esempi di corretto comportamento da tenere in queste situazioni. Quando si è in procinto di avviare una negoziazione e si desidera ottenere un appuntamento, è sempre buona norma presentarsi o telefonare direttamente (contatto diretto). È questo un aspetto di fondamentale importanza in quanto, ad esempio, è fatto notorio che cercare di costruire una futura collaborazione con una semplice lettera di presentazione, in Giappone, sarà considerato quale dimostrazione di scarso interesse e impegno. Anche la struttura gerarchica che caratterizza le società giapponesi si riflette nel processo di negoziazione. Le società giapponesi sono solite iniziare le trattative con i propri "membri" che rivestono ruoli esecutivi, per poi continuare la discussione presentandosi in persona dei dirigenti della società. Ma in ogni caso, le decisioni saranno prese, almeno in apparenza, collettivamente. Per ciò che concerne gli aspetti più pratici, è bene analizzare le fasi principali di un processo di negoziazione con soggetti giapponesi, considerandone i suoi aspetti generali:

1) incontro non impegnativo o ufficioso; 2) scambio di informazioni; 3) negoziazione; e 4) concessioni ed accordo finale.

L’intero processo di consultazione, come abbiamo visto, è orientato verso la decisione di gruppo, nell’ambito del quale ciascun membro preferirà evitare qualsiasi tipo di espressione diretta del proprio parere, comportamento che avrà come conseguenza naturale un allungamento dei tempi, anche se non drastico come può accadere con soggetti cinesi. È importante considerare che i negoziatori giapponesi dedicano molto tempo alle prime due fasi della trattativa, sentendo il duplice bisogno di assumere più informazioni possibili sull’operatore occidentale e di fornire altresì tutte le informazioni necessarie alla controparte. Solo quando le due fasi di "approccio" saranno completate, essi si sentiranno pronti per affrontare la trattativa vera e propria. Non sempre, tuttavia, per i nostri interlocutori Giapponesi, è necessario raggiungere un accordo definitivo in seguito ad una discussione; se essi ritengono di non essere in grado di raggiungere un accordo soddisfacente al termine di un incontro, verosimilmente cambieranno l’oggetto del confronto o ignoreranno il problema, rimandandone la soluzione, se possibile, ad un successivo incontro. Il motivo sta nel fatto che essi non arriveranno mai a mettere in pericolo o ad interrompere rapporti personali per un disaccordo di natura commerciale. Tuttavia, dove si riscontrano le più grandi differenze, è nell’approccio alla negoziazione e nel suo svolgimento. Abbiamo già affrontato questo aspetto. Solitamente, gli operatori occidentali sono soliti negoziare passo dopo passo i punti del contratto, allo scopo di arrivare gradualmente al raggiungimento di un accordo generale; come contraltare, i giapponesi tendono invece a raggiungere un accordo globale complessivo, che verte sull’effettiva possibilità di concludere l’affare e sulla dimostrazione di interesse per una collaborazione proficua, posponendo ad un secondo momento lo studio dei dettagli. Quando, durante una trattativa, intervengono momenti di crisi o complicazioni, le reazioni delle due parti si manifestano in modi completamente differenti:

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A fronte di ciò, risulta di grande importanza essere in grado di individuare nel minor tempo possibile chi sia la persona con maggiore autorità tra coloro che compongono il gruppo dei nostri interlocutori. A questo proposito, esiste una regola molto importante, afferente alle posizioni che i singoli individui occupano al tavolo di negoziazione. Solitamente, colui che riveste una posizione di maggior importanza prenderà il posto centrale, mentre alla persona meno importante spetterà il posto più esterno, e dunque lontano, rispetto a chi ha maggior potere, ovvero più vicino alla porta. Ricordare questo piccolo particolare ci permetterà di inquadrare immediatamente il nostro "vero" interlocutore, la persona che in altre parole può prendere le decisioni definitive o che ha il potere di influenzare la decisione di gruppo, così come ci permetterà anche di individuare la scala gerarchica del gruppo, comprendendo meglio di quali opinioni sarà importante tener conto. In conseguenza dell’influenza del Confucianesimo, inoltre, è estremamente importante dimostrare grande rispetto nei confronti dei membri più anziani: età e rango, di solito, sono fortemente connessi e conseguenti tra loro. Il membro più anziano del gruppo è probabilmente colui al quale spetta l'ultima parola. Deve anche essere ricordato che, sebbene il valore che è riconosciuto al contratto dal punto di vista legale è simile a quanto normalmente considerato in occidente, la firma dello stesso non rappresenta mai il termine o la fine dell'affare. Al contrario, la continua interrelazione con la controparte giapponese, anche se non necessaria materialmente ai fini della collaborazione, deve essere incoraggiata. L'attenzione per la controparte e la volontà di instaurare una collaborazione di lunga durata sono punti fermi nel modo di agire degli operatori giapponesi, che pretenderanno lo stesso dai nuovi partner d’affari. A questo scopo, siamo soliti consigliare maggior aperture possibili quando si è chiamati a delineare le procedure di richiesta e di conferma di un ordine, perché questo aspetto risulta essere uno dei più problematici da superare quando, per necessità di una delle parti, sono avanzate richieste di derogare a criteri già decisi e, magari, oggetto di lunghe trattative. Elenchiamo ora alcuni aspetti più attinenti all’etichetta da rispettare, la cui conoscenza può agevolare i rapporti di cordialità ed ingenerare reciproca fiducia tra le parti: o Lo scambio dei biglietti da visita (Meishi - �) è fondamentale. Essi devono essere presentanti tenendoli con entrambe le mani (è meglio se sono scritti in entrambe le lingue) e il nome deve essere rivolto verso chi riceve il biglietto. Sempre con due mani è necessario prendere il biglietto da visita che ci è offerto, leggerlo con cura (per quanto possibile, ma solitamente i nostri partner li preparano anche in lingua inglese) o comunque esaminandolo e ponendolo sul tavolo (anche per ricordarsi chi ce lo ha dato ed il suo nome); se siamo in piedi, non riporre mai il biglietto da visita nella tasca posteriore dei pantaloni o nella borsa, ma riporlo con attenzione nel portafoglio o in un apposito raccoglitore; o Parte significativa del protocollo è costituita dallo scambio di doni, che sono accettati con

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gratitudine. In ogni caso, non si deve esagerare presentando oggetti troppo costosi, in quanto potrebbero essere interpretati alla stregua di una mancanza di rispetto o addirittura di una “bustarella”. Generalmente, i regali ricevuti non devono essere aperti subito, sempre che non si riceva dalla controparte un invito a farlo: i Giapponesi tendono e mettere da parte i doni e ad aprirli in un secondo momento (ciò per non essere costretti ad affermare che un determinato oggetto è bello o incontra il nostro gusto anche se ciò non corrisponde al vero); Evitare in qualsiasi occasione il confronto diretto con il proprio interlocutore su argomenti di contrasto ed evitare qualsiasi emozioni negativa durante la negoziazione. Le proprie opinioni possono essere espresse apertamente, ma senza utilizzare espressioni troppo dirette o rifiuti aggressivi; Prestare attenzione al momento iniziale della presentazione, cercando di rispondere con misura all’inchino della controparte, inchinandoci a nostra volta; o Non rivolgere eccessivi complimenti ad uno dei componenti del gruppo della controparte di fronte agli altri membri; il gruppo è più importante degli individui; o Evitare di gesticolare o di accompagnare con il movimento delle mani le proprie affermazioni. I Giapponesi non parlano con le proprie mani. Passando al momento vero e proprio della negoziazione, in ragione della concorrenza altissima che caratterizza il mercato, è necessario prepararsi al meglio per ottenere il miglior contratto possibile, il che significa sostanzialmente assicurarsi una duratura collaborazione nel tempo. Per poter aspirare ad un simile obiettivo, il primo passo è conoscere, con un buon grado di certezza, il valore che il nostro prodotto o servizio può avere in Giappone. Solo in questo modo avremo a nostra disposizione la pietra angolare sulla quale costruire la successiva negoziazione e grazie alla quale potremo valutare con maggior successo le controproposte della controparte. Classico esempio è la negoziazione che ha per oggetto la vendita di prodotti: dobbiamo considerare che lo scopo di qualsiasi distributore è quello di rivendere il prodotto ad un prezzo superiore di quello d’acquisto. I distributori migliori pretendono di avere i migliori prodotti: l’obiettivo primario è dunque quello di convincere il distributore che noi conosciamo il mercato di riferimento e che il prodotto che proponiamo è un’importante opportunità, che darà grandi vantaggi al nostro futuro partner. La capacità di dimostrare la potenzialità del prodotto

utilizzando per riferimento il mercato locale e la capacità di assicurare una costante assistenza al distributore ci permetterà di concludere un accordo di distribuzione proficuo e di entrare nel mercato direttamente, sfruttando la rete commerciale del nostro partner che ci stupirà per l’impegno e la dedizione che profonderà nel promuovere il nostro prodotto. Le fasi della trattativa Proviamo ora ad immedesimarci nel nostro interlocutore Giapponese, tenendo conto di quanto sin qui descritto. La fase della presentazione è di grande importanza. In questa sede non è importante cosa viene detto, bensì il modo con cui le cose vengono espresse. Gli uomini d'affari giapponesi utilizzano questo primo incontro per formare la propria opinione sull'integrità, sull'affidabilità e sull’umiltà della controparte. Solitamente, quando ritengono che non sia ancora il momento per passare alla negoziazione vera e propria, essi sono soliti suggerire incontri informali, ad esempio un pranzo o una cena, allo scopo di creare quell’armonia e quello spirito di cooperazione che, come detto in precedenza, si traducono nel principio wa – (�). Per raggiungere un tale scopo, teniamo presente che solitamente i primi colloqui hanno per oggetto argomenti quali famiglia, hobby, i comuni interessi, in poche parole tutti quegli argomenti che sono utili per le parti per creare quel clima di amicizia che si rende necessario per proseguire poi la trattativa. D’altro canto, lo scopo di questi incontri preliminari non è quello di discutere sulla possibile collaborazione, ma di comprendere la controparte, la sua storia ed i suoi interessi, al fine di costruire quella fiducia reciproca che sarà fondamentale nelle fasi successive della negoziazione. Una volta che il rapporto di fiducia è stato consolidato, si passerà alla negoziazione vera e propria. In Giappone per prima cose vengono lunghe descrizioni e relazioni e solo esaurita questa fase si potrà avanzare a quella dello scambio delle proposte. Talvolta è possibile cercare di anticipare e sveltire questa prima fase, proponendo un testo contrattuale già pronto. Ciò a patto che sia molto dettagliato e ben strutturato e coscienti che potrebbe essere del tutto rivisitato nel corso di numerose sedute ed incontri. I giapponesi sono soliti fare molte domande senza tuttavia esprimere alcun giudizio sulle risposte ricevute, per conservare l’armonia venutasi a creare

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tra le parti. A questo proposito, essi saranno soliti assumere atteggiamenti di basso profilo, per cui le loro richieste sulla riduzione del prezzo di vendita, o di nuovi prodotti saranno presentate senza formalità, per non perdere la fiducia del proprio interlocutore. Generalmente, i punti fermi dai quali possiamo partire per cercare di interpretare come la nostra controparte giungerà ad una decisione sono fondamentalmente tre: - La necessità di una doppia conferma delle decisioni prese: la persona che prende la prima decisione non è quasi mai colui che ha il potere di esprimere il giudizio definitivo, ma per così dire "il suo braccio destro". Per questo, la decisione dovrà trovare la confermata, o il rifiuto, del soggetto più autorevole, successivamente ad una ulteriore consultazione con il proprio gruppo o con specialisti del settore. Solo quando il consenso sarà raggiunto la decisione finale sarà confermata. Ciò significa che "il braccio destro" tenderà ad assumere il maggior numero di informazioni possibili, per evitare di prendere una decisione senza punti di riferimento solidi e quindi per non correre il rischio di presentare al proprio capo una proposta non soddisfacente. A questo scopo, fornire il più possibile informazioni dettagliate sugli argomenti oggetto di trattativa risulterà più proficuo che cercare di mantenere a tutti i costi il massimo riserbo su tutti quei dati che si ritengono non strettamente necessari al raggiungimento dell'affare, ma che potrebbero essere determinanti per il nostro interlocutore per formare un giudizio completo sulla situazione. Ciò detto, accade raramente che il primo parere, per intenderci quello espresso dal “braccio destro”, se positivo, sia poi passibile di disapprovazione da parte della persona più autorevole, per ragioni piuttosto evidenti: nessuno esprimerebbe un parere sapendo, o avendo la percezione, che la soluzione finale potrebbe essere differente. Ma è comunque una eventualità da tenere in considerazione. - Necessità di verifica: la verifica dei prodotti o dei servizi o dei beni altrimenti considerati è elemento necessario perché la controparte giapponese possa ritenersi soddisfatta, in ragione degli altissimi standard di qualità pretesi dal mercato nipponico. - Utilizzare un linguaggio semplice, anche

su aspetti tecnici, permetterà al nostro interlocutore di comprendere più velocemente gli aspetti del futuro rapporto, abbreviando il processo decisionale basato, come abbiamo visto, sulla minuziosa raccolta di informazioni. D’altro canto, esiste la corretta tendenza a confidare che i tecnici abbiano già avuto modo di esprimere il loro parere e che, ove questo fosse stato positivo, non vi sia necessità di ulteriormente approfondire aspetti che non attendono al compito di coloro che, invece, devono assumere le decisioni definitive di natura economica. La lentezza che tale sistema comporta, in ogni caso, non deve essere interpretata alla stregua dell'avversione ad assumersi dei rischi, ma trova la sua ragione nella concreta necessità che la decisione definitiva abbia raccolto il consenso di tutte le persone impegnate nel processo decisionale. Nella lingua giapponese tale principio prende il nome di ringi (�!), per il quale tutti i membri sono coinvolti ed orientati al raggiungimento dell’obiettivo e nel quale, molto spesso, il gruppo dirigente delega la propria autorità ai propri subordinati in relazione alla valutazione preliminare della negoziazione. Non deve poi essere sottovalutato che i giapponesi sono soliti fare molte domande, o ripetere le domande già fatte, in quanto, come appena precisato, considerato che il processo decisionale prevede il coinvolgimento di tutto il gruppo e, quindi, si rende necessario raggiungere la certezza che tutti i suoi membri devono essere consapevoli e convinti. Ma non solo. Spesso fare molte domande è semplicemente un mezzo per mantenere il controllo della situazione, o per prendere tempo o, ancora, più semplicemente per celare la mancanza di conoscenze su un determinato argomento. La fase decisionale Non esiste una netta separazione tra le fasi di avvicinamento e quella decisionale vera e propria. Naturalmente, il passare da una all’altra fase non significa poter abbandonare le cautele usate e, di conseguenza, diventare aggressivi o presentare improvvisamente richieste dirette al momento sbagliato; un tale atteggiamento sarà sempre considerato non cortese ed avrà, come probabile conseguenza, la chiusura del nostro interlocutore. Si tenga presente che le tecniche di negoziazione utilizzate ancora oggi negli incontri di affari sono basate sui principi del libro di Miyamoto Musashi “Il libro dei cinque anelli” ("�, Go Rin No Sho) molto vicini a quelli espressi da Sun Tzu nel suo “L'arte della Guerra”1. Lo scopo è quello di ottenere il controllo della controparte senza arrivare ad uno scontro diretto, ma usando la psicologia.

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Avvocato, docente e seminarista, esperto in Diritto internazionale e dei Contratti, Francesco De Sanzuane è Direttore responsabile di “Rivista delle Imprese e dei Mercati Internazionali” ed autore di numerosi articoli, approfondimenti e pubblicazioni.

“Per sconfiggere il nemico la psicologia à la strategia più alta. Per distruggere il nemico l’attacco (militare) è la strategia peggiore”. Per gli uomini d’affari Giapponesi questa lezione continua ad essere più che valida e, di conseguenza, pazienza, perseveranza e l'intelligente raccolta di informazioni, senza concedere troppo all’avversario, formano un’insieme dal quale i giapponesi non si discosteranno mai. È questo il motivo per cui i giapponesi si presentano sempre al tavolo di negoziazione ben preparati e sono ansiosi di assimilare tutte le informazioni ricevute. Questo atteggiamento li rendo anche più pronti dei loro corrispettivi occidentali nell’imparare dal confronto e nel far tesoro di quanto appreso dall’esperienza diretta avuta. Similmente a quanto detto in relazione alle trattative con soggetti cinesi, anche i giapponesi non sono soliti negoziare un contratto punto per punto. Essi sono abituati a ricercare preliminarmente una ampia intesa tra le parti e si può dire che il primo accordo è raggiunto quando il rapporto è consolidato. Anche in questo caso la concezione olistica influenza il processo di avvicinamento alla decisione finale, per cui le questioni saranno discusse e considerate simultaneamente. Per ciò che concerne la forma dell’accordo, si tenga presente che in Giappone gli accordi orali sono ancora largamente utilizzati, in quanto gli uomini d’affari giapponesi continuano a valutare la propria reputazione pubblica basandosi sul senso dell’onore. Non è insolito che transazioni di altissimo valore siano concluse sulla base di accordi orali. L’attitudine a sottoscrivere contratti scritti, infatti, si deve più alla volontà di rendere tangibile l’esistenza della collaborazione commerciale che esiste tra le parti più che per motivi di tutela giuridica, in quanto il contratto non è visto, come in occidente, alla stregua di uno strumento inteso alla precisa regolarizzazione e definizione delle questioni attinenti alla collaborazione.

In termini pratici, ciò altro non significa se non che i giapponesi ritengono che tutte le clausole del contratto, e quindi i termini della collaborazione, sono sempre rinegoziabili, in quanto le circostanze, sulla base delle quali la decisione è stata presa, sono mutevoli e possono sempre cambiare.

Conclusioni Volendo tracciare un quadro conclusivo sull'argomento, può dirsi che le tecniche di negoziazione più efficaci, sono proprie quelle preferite dai nostri interlocutori asiatici. Lo stretto legame che unisce il comune pensiero sociale e la tradizione, dalle quali tali tecniche discendono e con le quali si immedesimano, le rendono, al contempo, imprescindibili ma anche vantaggiose, per quanto riusciremo a volgerne le caratteristiche a nostro favore.

Prepararsi con lungo anticipo, investire tempo per studiare il mercato di riferimento, organizzare una trattativa di lunga durata in visione di un altrettanto lunga collaborazione futura sono i punti chiave per ottenere i risultati che ci si propone. Non deve essere dimenticato, tuttavia, che qualsiasi negoziato ha una storia a sé e, come abbiamo accennato all'inizio della trattazione, alcuni comportamenti sono stati considerati accettando stereotipi che non costituiscono modelli consolidati e assoluti. La progressiva internazionalizzazione del mercato globale, infatti, ha comportato l’avvicinamento dei sistemi economici e, in un certo modo, uniformato alcuni dei comportamenti che attengono alle fasi meno tecniche della negoziazione. La fase preliminare, quella della reciproca conoscenza, potrebbe dunque essere più breve di quanto previsto, e le richieste di “mettere per iscritto” quanto stabilito potrebbero provenire con insistenza dalla nostra controparte asiatica prima ancora del necessario o di quanto siamo solito fare in occidente. Come si può notare, in ogni caso, l’eventuale scostamento dai modelli comportamentali qui descritti si traduce nell'accettazione di un sistema di negoziazione prettamente occidentale, senza dunque comportare problemi o eccessivi imbarazzi per il proseguo della trattativa, ma al contrario agevolando il ruolo del negoziatore occidentale. NOTE 1 Miyamoto Musashi “Il libro dei cinque anelli", Astrolabio Ubaldini, 2004. Ecco alcuni estratti dal libro di Sun Tsu, “L’arte della guerra”, Mondadori editore; 2003: Il più grande condottiero è colui che vince senza combattere; Chi è prudente ed aspetta con pazienza chi non lo è, sarà vittorioso; Conosci il nemico, conosci te stesso, mai sarà in dubbio il risultato di 100 battaglie; Un risultato superiore consiste nel conquistare intero e intatto il paese nemico. Distruggerlo costituisce un risultato inferiore.

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Rubrica: il professionista risponde. “TRASPORTI: Trib. di Bologna: quando la spedizione diventa trasporto

a cura di Antonio Zama

Con una recente pronuncia, il Tribunale di Bologna ha affrontato il tema delle diverse responsabilità attribuibili al semplice spedizioniere o al vettore, in un caso interessante di utilizzo fraudolento di identità di un vettore reale da parte di uno abusivo, stabilendo che: lo spedizioniere che affida l’incarico ad un vettore abusivo non è responsabile se ha compiuto i controlli ordinari sui documenti abilitativi e assicurativi. Il Caso Nel caso di specie, la società attrice conferiva al convenuto (spedizioniere) l’incarico di concludere un contratto di trasporto per la consegna di merce, del valore di 40.496,08 euro, in favore di un destinatario in Francia. Lo spedizioniere incaricava un vettore il quale si appropriava indebitamente della merce; emergeva solo in seguito che il vettore – rimasto ignoto – esercitava abusivamente l’attività, essendosi sostituito a vettore regolare che esercitava in passato l’attività di autotrasportatore e che risultava ancora iscritto all’albo. La società attrice, pertanto, citava in giudizio lo spedizioniere per ottenere il risarcimento dei danni subiti. A sua volta il convenuto estendeva il giudizio al vettore regolare, la cui identità era stata fraudolentemente utilizzata, chiedendo di essere da questi manlevato. Obbligazioni del vettore e dello spedizioniere Le argomentazioni di parte attrice a sostegno della propria domanda di risarcimento si fondano sull’assunto che il contratto stipulato con lo spedizioniere configurava non un mero contratto di spedizione, bensì un contratto di spedizione-trasporto, con la conseguente estensione di diritti e obblighi del vettore anche allo spedizioniere (articolo 1741 del Codice Civile). In forza di tale qualificazione giuridica, parte attrice invocava la responsabilità dello spedizioniere-vettore per perdita o avaria delle cose consegnate per il trasporto, ai sensi dell’articolo 1693 del Codice Civile. Le norme civilistiche sulla spedizione (articoli 1737 e seguenti del Codice Civile) tengono ben distinta la natura di tale contratto rispetto a quello di trasporto, per il quale è prevista un’obbligazione di risultato; la nozione di spedizione, infatti, ne riconduce la natura a quella di un mandato senza rappresentanza finalizzato alla conclusione di un contratto di trasporto. Pertanto, la responsabilità dello spedizioniere è ben diversa e limitata rispetto a quella del vettore che esegue il trasporto, salva l’applicazione dell’articolo 1741 del Codice Civile che prevede la suddetta estensione della disciplina della responsabilità del vettore allo spedizioniere, qualora quest’ultimo assuma l’esecuzione del trasporto con mezzi propri o altrui. Nel caso di specie, il Tribunale ha rilevato che le condotte dello spedizioniere non concretavano, neppure implicitamente, la manifestazione di volontà di assumere in proprio la veste di vettore. A tal fine, secondo il Giudice: “non appare dirimente che nel documento di trasporto la convenuta sia indicata come “vettore” trattandosi di documento formato dalla stessa parte di attrice, insuscettibile quindi di dimostrare l’effettiva volontà negoziale della controparte. Per contro nella lettera di vettura internazionale compare il nome del vettore”. La decisione Nel caso di specie il Tribunale di Bologna ha rigettato la domanda risarcitoria della società attrice, seguendo un iter logico-giuridico che, partendo dalla mancanza di un accordo scritto tra le parti, non ha rilevato alcuna espressa assunzione di responsabilità per il trasporto da parte dello spedizioniere.

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Avvocato, titolare dello Studio “http://www.iusgate.it/”, civilista e studioso di diritto delle Nuove Tecnologie, Antonio Zama è autore di numerose pubblicazioni e relatore in convegni e workshop. Fondatore della rivista di diffusione giuridica “http://www.filodiritto.it/”.

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Il giudice di merito ha sostenuto, infatti, che: “in carenza di prova di una diversa volontà negoziale delle parti, il contratto de quo deve essere qualificato, dunque, quale contratto tipico di spedizione ex art. 1737 c.c., con conseguente assunzione da parte dello spedizioniere convenuto delle (sole) obbligazioni di cui all’art.1739 c.c. ed esclusione di ogni riferibilità al medesimo della responsabilità del vettore ex art. 1693 c.c.”. Pertanto, non sussistendo i presupposti per la citata estensione di responsabilità al convenuto (mero spedizioniere) questi non è stato ritenuto responsabile della perdita della merce consegnata. Ad ulteriore fondamento della propria decisione, il giudice felsineo ha posto il fatto che lo spedizioniere, nel scegliere il vettore, aveva effettuato le verifiche necessarie e reperito la documentazione idonea a garantirne l’affidabilità (visura camerale, certificato di iscrizione all’Albo degli Autotrasportatori, “rapporto Lince” e certificato di copertura assicurativa), non potendo prevedere in alcun modo il furto di identità da parte di un soggetto terzo. Secondo il Tribunale, inoltre non “appare esigibile un controllo diretto, presso la sede del vettore, correttamente effettuato dallo spedizioniere dopo il verificarsi dell’evento delittuoso, ma non certo esigibile ex ante per ogni contratto di trasporto”. Per quanto riguarda la chiamata in causa del vettore da parte del convenuto, il Giudice di merito ha ritenuto infondata la richiesta di garanzia “apparendo del tutto inconsistente che il terzo – chiamato in giudizio –debba rispondere dei danni dell’attività illecita per il solo fatto che persona rimasta ignota abbia utilizzato fraudolentemente la sua identità”. http://www.filodiritto.com/news/2017/trasporti-tribunale-di-bologna-quando-la-spedizione-diventa-trasporto.html La sentenza è integralmente consultabile sul sito Giuraemilia. (Tribunale Ordinario di Bologna - Seconda Sezione Civile, Sentenza 22 dicembre 2016, n. 3145).

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