3-Ami e le città segrete (italiano)

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Enrique Barrios

AMIE LE CITTÀ

SEGRETE

E D I Z I O N IfeOS ILPUNTOZ/JkVS D'INCONTRO

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Secondo le tradizioni spirituali, il pensiero sempli­ce ed innocente è più vicino alle verità superiori di un approccio intellettuale.

Secondo questo criterio, forse non dovremmo abbordare i grandi misteri della vita - Dio e gli extraterrestri compresi - in un modo troppo cere­brale e rigido.

Enrique Barrios nel suo bcst seller A m i ci ha condotti verso le stelle per una strada che passa

più per il cuore che per l’intelletto. 11 risultato è stato un eclatante: successo mondiale.

Qui l’autore usa il romanzo fra Pierre e Vinka, anime gemelle di mondi diversi, come allegro pre­testo, giocoso e divertente, anche se non privo di profondità, per insinuare sorprendenti risposte sulle Civiltà Intraterrene e, come sempre, per illumina­re le anime con la saggezza dell’Amore Universale.

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Enrique Barrios Ami e le città segrete Titolo originale: Civilizaàones internas Traduzione di Itala Bellinato Copyright © 1998 by Enrique BarriosPrima edizione originale pubblicata da Ediciones Silzù, Buenos Aires Prima edizione italiana pubblicata nel 2002 da Edizioni II Punto d’incontro, Via Zamenhof 441, 36100 Vicenza Tel. 0444 239189, Fax 0444 239266, www.edizionilpuntodincontro.it Finito di stampare nel febbraio 2002 presso la CTO, Via Corbetta 9, Vicenza Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di quest’opera può essere riprodotta in alcuna forma senza l’autorizzazione scritta dell’editore, ad eccezione di brevi citazioni destinate alle recensioni.

ISBN 88-8093-277-2

L’autore può essere contattato al seguente indirizzo di posta elettronica:paznow(g?terra.es

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Ringraziamenti 61 - Incontro e separazione 102-11 secreto di Krato 343 - Vita nuova 614 - Nonna cosmica 875 - Shaya-Salim 1116 - Romanzo primaverile 1387 - Nei sotterranei della PP 1588 - Hexis 1749 - Shamballa 19810- Un aiutino 217

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I^m g^aziam ervfi

‘Ami’, ‘Ami ritorna’ e ‘Ami e le città segrete’ fanno parte della stessa opera che qui si conclude, con quello che potrebbe essere un ‘Ami 3’, ma anche il lettore che non ha letto i due preceden­ti potrà comprendere esattamente il senso di tutta la storia.

La maggior parte degli autori formula i ringraziamenti al­l’inizio dell’opera: io lo faccio qui, alla fine di questa saga in tre tappe.

Naturalmente non posso testimoniare in queste pagine i miei ringraziamenti a tutti coloro che in un modo o nell’altro hanno alleviato, rallegrato e illuminato il mio cammino.

Sono stati tanti, in più di dodici anni, tanti abbracci pieni di Luce in qualche incontro pubblico, tante lettere che mi han­no sollevato l’anima e tanti aiuti trasformati in sforzi, sorti dalla sintonia dell’ideale comune: da un letto caldo a un piatto di cibo in un focolare amico durante un viaggio, fino ad un’ami­cizia più duratura.

Lascio allora il ringraziamento alla splendida amabilità e alle benedizioni personali nel calore del mio cuore.

Qui nominerò soltanto la catena di anime che hanno col­laborato per rendere possibile la diffusione di queste opere o che vi hanno contribuito in modo speciale, da Dio, i Maestri e i Motivatori che mi hanno illuminato, fino a coloro che hanno dato il loro aiuto sul piano concreto, sapendo che ho dimenticato molti, nomi e cognomi molto importanti, ma non i loro volti e i loro cuori. E non potrò neppure nomina­re tutte le persone che hanno diffuso con entusiasmo il mes­saggio, senza che io lo sapessi, e tutti quelli che lo faranno in futuro.

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Ringrazio dal profondo dell’anima:Il Dio Amore, che ringrazio sempre per ogni giorno dedica­

to a un servizio così importante per me.Inoltre devo ringraziare la vicinanza e l’affetto della mia

famiglia e nominerò solo la mia cara nonna, Berta Rave, per avermi trasmesso nell’infanzia uno spirito molto simile a quel­lo di Ami, incarnato poi dalla nonna di Pedrito.

Ai principali Maestri e Motivatori spirituali della mia vita, in ordine cronologico:

Gesù, Mosè, Herman Hesse, Lobsang Rampa, Powels e Ber- gier, Krishnamurti, Omar Pena, Lao Tse, Eric Von Daniken, Julio Vizcaya, Vivekananda, Helena P. Blavatsky, Gurdjieff, Buddha, Krishna, Conny Mendez, Paramahansa Yogananda, Guru Maharaji, Hermes e, soprattutto, ‘Ami’ e il suo cerchio di Luce, per la sua dedizione così personale.

Credo che senza uno qualunque di costoro, questi libri non sarebbero qui.

In una dimensione meno sottile e quindi più eroica, cercando anche qui un ordine più o meno cronologico:

In Cile: Hector Osorio Tapia, Liza e Rosa Baltra, Maria Carreno, Patricio Varela, Viola Van de Wyngard, Germàn Gòmez, Marco Antonio Reyes, Antonio Perez Marìnkovic, Raul Matas, Sylvia Rìos, Josè-Christian Pàez, Maria de la Luz Urquieta, Germàn Santos, Franco Mangini Costa, Helga Hardesscn e famiglia, Elba Pacheco, Jorge Jimenez, Samuel Fuentes e i suoi figli, Pedro Gonzalez e i suoi, Rene de Pax, Walter de Z., la Fiera Cilena del Libro, Luis Garcès e i collabo­ratori del Planetario Usach, Joakìn Bello, Sergio Pirincho Carcamo, Anna Djernaes, Daniel Pena Munoz e le tante ani­me sorelle nel campo dell’educazione, della comunicazione, nelle librerie e nei gruppi spirituali amici. Oltre a Santiago, specialmente a Concepcion, Valdivia e La Serena.

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In Vaticano: Papa Giovanni Paolo II, per la sua benedizione all’autore di Ami.

In Argentina: Fra coloro che se ne sono già andati: Silvia Satelier, Daniel y Paio. Fra quelli che ancora ci accompagnano, grazie a Dio: Angela Giorgi, Norma Diane, Dante Franch, Duo del Ser, Roberto Guardiano, Beatriz Babiloni, Alicia Stacco, Piero, Marilina Ross, Juan Vitali, Ricardo Parada, Tomas Bolanos, Victor Doyle, Francisco Cecci. Marisa di Giambattista e il Coro Ami, Silvia Aira, il suo elenco e il suo gatto ‘Binco’, Carlo Sofia, Oscar Escobedo, Perla Riachi, Norma de Vita, Nancy Scallia, Eduardo Marrazzi, Oscar Pometti, Carlos Osemany, Adalberto Escudero, Nazareth e Nohmar, Angelita Bianculli, Pedro Romaniuk, Juan Carlos Kreimer, Antonio Carrizo, Rolando Vera, Fernando Bravo, Rodolfo Motta, Daisy May Queen, Hilde Brostrom, Mona Knudsen, Horacio Rober­to, Cristina Rodriguez Ares, Carolina Peleriti, Josefina Anchorena, Juan Alberto Badìa e signora, Mata Ji (Indra Devi), Jorge Suarcz, Beba Scally, Zulma Faiad, Mario Kostzer, Ricardo Ayas, Moria Kazàn, Beatriz Citro, Fernando Sanchez, Raul Rodriguez, Jorge Mayorano, Argentina Albarracin, Evangelino Gomez, Rossana Salusso, Ana Maria Echevarrieta, Gaby Serra­no, Amàn, Alberto Spataro, Mireya Baglietto, Juan Josè Camero, Diego Torres, Alejandro Lerner e tanti altri amici.

In Brasile: Xuxa, Vicky Andreucci, Maria Sheila de Freitas Souza.

In Uruguay: Maria Elvira e Jorge Delgado, Sonia Brescia, le famiglie Antunez e Latorre, Angela Càceres, Mario Triunfo, Rosaria Fraga.

In Perù: Antòn Ponce de Leon, Sixto Paz e la sua bella gente di tanti paesi.

In Venezuela: Candy Lara e famiglia, Helena Szymczuk, Ma­ria Gomez, Armando Behrens, Gloria e Gerardo Baas, J. Alber­to Courtois, la famiglia Rodriguez Pinto, Maitè Pèrez, Alba

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Mora, Jasmin Perez, Sara de Morgenstern, Tania Buitrago, Myriam Sàez, il Sig. Alvitez e Sig.ra, Alberto Bianco.

In USA, tutti a Mi-Ami: Gloria Libertad, Ana Maria Quinones, Cristina Payne, Faith Powers, Manuel Figueroa, Josean e Glo­ria, Janice Jackson, Lida Lira ed anche Linda Jerome, di San Francisco.

In Spagna: Carlos Descalzo, Fernando Cerdàn, Chony Sanchez, Anna Oliva, Miguel Bianco, Francisco Padròn Hernandez, Sara Sabido Bell, Manuel Farinòs, Bernat Minana, Javier Bianco Perez e famiglia, Marisa Serrano, Esperanza Martin, Amici di Alfaomega, Maribel Esteban, Beatriz Colmenarejo, Shoji Ishihara, il Gruppo Aztlan, Pilar Alonso e famiglia.

In Canada: Mohamed Ben Amar, Gaston Larocque, Camila Reimers, Francois Doucet.

In Italia: Itala Bellinato, Renato Camerani, Maria Calvo, Gisella Modica.

In Israele: Noga Avgal

In Finlandia: Asta Santti.

Alla fine, nel luogo sacro, dopo Dio: A te, che non desideri apparire e che mi offri cinque assi - mi ami, mi accompagni, mi aiuti, mi sorvegli e mi rallegri.

Che il Dio Amore vi benedica tutti e vi ricompensi, facen­do crescere quello che attraverso il messaggio di quest’opera e/ o attraverso il suo autore avete fatto, fate e farete.

Enrique BarriosBuenos Aires, 6 Aprile 1998

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"1. C7kvcok\+̂ o e s e p a ra z io n e

Non riuscivo a crederci: finalmente la nave di Ami appariva sulla spiaggia rocciosa nella notte accesa di stelle. La mia ani­ma era di nuovo felice. L’attesa era stata molto lunga, ma ades­so tutto ritornava ad essere perfetto nell’Universo.

Il raggio di luce gialla si accese, io mi lasciai trasportare ed arrivai all’interno del veicolo cosmico, nella piccola sala d’in­gresso. Nella mia mente c’era solo Vinka, la mia sposa extrater­restre, la mia anima gemella. Ci saremmo incontrati nuova­mente dopo una triste separazione. Il mio cuore stava batten­do all’impazzata per la gioia.

“Benvenuto a bordo”, mi disse sorridendo un giovane sco­nosciuto, apparso davanti a me per ricevermi. Mi sembrò stra­no, perché speravo di vedere Ami o Vinka.

“Ami non ha potuto venire questa volta. Ma entra, Pierre, poi parleremo”.

Si trattava di un ragazzo agile e sottile, molto più alto di me, che, evidentemente, apparteneva alla razza di Vinka, agli swama. Come lei aveva i capelli rosati, gli occhi viola e gli orecchi appuntiti nella parte superiore.

“Vinka è a bordo?”, chiesi prima di entrare nella sala di comando.

“Sì, è qui. Entra e la vedrai”.Sospirai sollevato e felice, quindi entrai. Lì c’era quella ma­

gica visione, in fondo al recinto Vinka appariva splendida. Il mio cuore s’incendiò d’affetto e dal mio sorriso esplosero scin­tille di luce. Però... lei non mi guardò con simpatia, ma con freddezza. Non mostrò la minima intenzione di venire verso di me, né manifestò alcuna allegria per l’incontro, mi osserva-

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va seria da lontano. Non mi salutò neppure! Cominciai a sen­tire una specie d’angoscia. Il giovane andò verso di lei e Vinka gli donò un sorriso tutto miele... A lui sì e a me no! Poi lui si mise al suo fianco, si volse verso di me, prese la mia compagna eterna per la spalla e con uno sguardo crudele di trionfo disse:

“C’è stato un errore. Non esistono anime gemelle di mondi diversi. Noi veniamo dal pianeta Kìa, tu sei un terrestre, per­tanto lei non è la tua anima gemella, ma la mia”, e le diede un interminabile bacio sulla bocca... mentre Vinka gli accarezzava la nuca e gli graffiava le spalle con passione...

Mi sentii straziare dentro e volevo mettermi a piangere, ma non riuscivo a fare niente, ero paralizzato. Vinka mi aveva la­sciato per un altro ragazzo, uno grande, già uomo, di diciasset­te o diciotto anni, come piacciono a lei e non un nano di neanche dodici anni, come me.

In quel momento sentii dei colpi.“Pierre”.Con un acuto dolore nel cuore e nell’anima aprii gli occhi.

Ero nella mia stanza, nella casa sulla spiaggia.‘Ah... un’altra volta quell’incubo...’ dissi a me stesso, ringra­

ziando in cuor mio la nonna per avermi svegliato, e cominciai a sentirmi più sereno.

“È ora di alzarsi, devo andare alla mia lezione di Yoga e qualcuno deve restare sveglio, qui”.

“Si, adesso vengo, nonna”.“Poi devo andare da una cliente a mezzogiorno, così arrive­

rò un po’ tardi per fare il pranzo. Potresti accendere il forno alle dodici? C’è dentro il pasticcio di patate: mi occupo io del resto quando arrivo”.

“Sì nonna, non ci sono problemi”.“Allora arrivederci, Pierre, abbi cura di te”.

Sì, quello era lo stato della mia anima pessimista e impaziente durante quel periodo di attesa. A mano a mano che i giorni

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passavano senza notizie di Ami e di Vinka, sempre più spesso mi assaliva lo stesso spaventoso incubo. Ma era solo questo: un brutto sogno, per fortuna...

Mia nonna aveva avuto un ‘attacco di ringiovanimento’: faceva Yoga, prendeva vitamine, si vestiva in modo più giovani­le e aveva ripreso la sua vecchia attività, non so se parrucchiera, estetista o depilatrice o qualcosa del genere. Ora passava molto meno tempo in casa, inoltre approfittava per lavorare nella stazione balneare facendo visite a domicilio. Questo ci permet­teva di disporre di maggiori risorse e potevamo affittare la casa al mare per tutta l’estate.

Quando eravamo arrivati, io pensavo che Ami e la sua nave spaziale sarebbero tornati i primi giorni della stagione, ma tra­scorsi inutilmente quasi due mesi aspettando presso le rocce, dove ci eravamo incontrati nelle due occasioni precedenti. Le vacanze stavano già per finire, presto saremmo tornati in città e ancora niente... Questa triste attesa trasformò la mia villeg­giatura in qualcosa di deprimente, interminabile, eterno.

Tutti i giorni andavo alle rocce sulla spiaggia e restavo a guardare il cielo per ore, fino a tardi la sera, con il desiderio di vedere un oggetto volante. Ogni piccola luce che si muoveva lassù mi faceva sobbalzare il cuore di speranza, ma risultava sempre essere un deludente satellite, uno stupido meteorite o un miserabile aereo, non la nave di Ami, unico mezzo in grado di avvicinarmi a Vinka.

Vinka... come desideravo rivederla... Era penetrata così pro­fondamente in me, che mi sembrava di essere unito a lei dal­l’eternità, malgrado ci conoscessimo solo da pochi mesi e ci fossimo visti solo per poco meno di un giorno, ma era stato sufficiente.

Fra noi si era scatenata un’attrazione irresistibile e dopo poche ore eravamo arrivati a comprendere che le nostre anime sono due metà di uno stesso essere: siamo anime gemelle. Pro­prio per questo la separazione mi addolorò molto, e credo di sentire che per lei fu lo stesso e la ricordavo tutti i giorni, tutti.

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Dal momento in cui la vidi per la prima volta, pensai sempre a lei, con la sensazione della sua presenza dentro di me in ogni istante, fino a che mi resi conto che questo sarebbe continuato immutato per sempre, e mi piaceva, mi faceva sentire più vivo, più completo e più felice: benché lei non fosse al mio fianco, perché in qualche altro modo sì, lo era. Certo, perché ci univa l’amore e grazie ad Ami avevo compreso che questa è la forza più grande di tutto l’Universo. Così mi resi conto che l’amore non è soltanto un bel sentimento, no, è molto di più.

Dopo la visita di Ami, per me esiste un nuovo Dio. Credo che persino molti atei potrebbero essere d’accordo con la mia nuova visione dell’inventore del Cosmo, che è la stessa che han­no nei luoghi più evoluti dell’Universo da cui l’ho ricevuta.

Io so che Dio è sempre stato e sarà lo stesso, ma il nostro modo di vederlo va cambiando con il passare del tempo, con la nostra stessa evoluzione. All’inizio, la gente pensava che il Creatore fosse una pietra, il fulmine o il sole. Poi apprendem­mo che non era propriamente questo, e ogni volta che siamo riusciti a concepirlo in una forma più elevata, è come se si fosse trasformato per noi in un nuovo Dio e fu proprio questo che mi accadde.

Prima di Ami, nella mia immaginazione Dio era un signore vigile, vendicativo, rigido, severo, punitivo e iracondo: beh, questa è l’idea che alcune persone mi trasmisero per spaventar­mi e in alcune parti della Bibbia stessa lo dipingono più o meno così. Proprio per questo, da bambino ne avevo molta paura, ma poi scoprii che se non pensavo a Lui, non entravo in una spirale negativa e mi sembrò più conveniente dubitare del­la sua esistenza... Ora però per me è un radioso e pieno di bontà ‘Essere-Presenza-Intelligenza’ che dirige l’Universo. Di Lui mi occupai grazie all’amico che venne dalle stelle a visitar­mi con la sua nave: Ami, lui mi fece conoscere il Dio Amore.

Ora sì gli presto attenzione, perché ha smesso di essere un’idea immaginaria e si è trasformato in qualcosa che posso sentire,

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vivere, sperimentare. Certo, siccome l’Amore è Dio, ogni vol­ta che provo amore sto sperimentando Dio. Semplice.

Semplice per le anime semplici, voglio dire, perché se par­liamo dell’argomento con un vecchio nello spirito, viene fuori con complicazioni teologiche ed intellettuali che confondono tutto e alla fine ci allontanano da Dio. Quello che succede in questo pianeta è che siamo mediamente contorti dentro, per questo ci è così difficile comprendere le cose semplici. È la stessa cosa per quanto riguarda la gestione di questo mondo.

Io sono andato a Ofir, un mondo evoluto, e anche su altri. Così ho imparato che le civiltà avanzate dell’Universo condivi­dono tutto con affetto, come se si trattasse di una grande fami­glia planetaria. Semplice, e come risultato, era una festa perma­nente, perché tutta la gente era contenta. Mentre qui uno esce in strada e vede una faccia allegra e cento acide... E quasi tutti pensano che potrebbero risolvere i loro problemi col denaro: ma quanto più ricco è un luogo, tanto più acide e di pietra sono le facce...

È che il materiale è solamente ‘la parte esterna’, la felicità ha a che vedere con ‘la parte interna’ e questa a sua volta ha a che fare con l’Amore. Questo è proprio il Principio Guida dei mondi più evoluti del nostro, l’Amore: per questo là si guarda la vita dal ‘noi’, mentre qui importa solo 1’ ‘io’.

L’egoismo è la nostra condotta più naturale e da lì deriva il nostro stile di vita, spinto dal vecchio e crudele ‘motore’ di questa ‘civiltà’, la famosa ‘competitività’, che non è né più né meno che la preistorica ‘legge della foresta’, espressa con parole eleganti...

Ma i mondi evoluti non sono più nella preistoria: là non si compete, si condivide.

Per questa e per altre ragioni, le civiltà cosmiche pensano che la nostra umanità non sia ancora civilizzata ed evoluta. Per quella gente, noi siamo una specie piuttosto primitiva, anche se ci consideriamo ‘moderni’ (la gente del 1200 e di tutte le epoche si è sempre considerata tale...). Non riusciamo a com-

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prendere perché gli equipaggi di quelle silenziose navi che si vedono con sempre maggior frequenza, che possiedono una tecnologia che qui non ci si sogna nemmeno di raggiungere, non ci considerano degni del benché minimo contatto a livel­lo ufficiale.

Bene, nemmeno i professori delle nostre università vanno a stabilire contatti con i selvaggi delle foreste: perché mandargli insegnanti? Sicuramente finirebbero crivellati dalle frecce avve­lenate... Sarebbe meglio lasciar loro a portata di mano dei li- briccini illustrati, focili da comprendere, con l’ABC di quello che si desidera insegnare loro.

Un altro esempio: se andate a visitare un pericoloso malfat­tore, lui penserà che voi lo approvate... Ma se andate a dirgli che la sua condotta non è corretta... Sarebbe meglio che aveste un giubbotto antiproiettile... Inoltre sarebbe inutile, perché lui sa molto bene quello che fo. In questo caso sarebbe meglio che lasciaste i libriccini lì vicino (e non dimenticate di metterci dentro spari, pericoli, molte angosce, odio, tristezza, perché altrimenti si annoia e getta via il libro)...

Ma malgrado tutte le oscurità e le difficoltà di questo mondo incivile, che proprio perché vive nella preistoria non rispetta ancora, né intuisce che cos’è realmente l’Amore, Ami dice che devo vivere con allegria, con un atteggiamento positivo verso tutti, persino verso gli scienziati che si dedicano a trafficare con le loro conoscenze inventando nuove armi, o verso coloro che fanno affari distruggendo la natura (lui crede che sia tanto focile amare certi umanoidi). Secondo lui, questi ‘benefattori dell’uma- nità’ (io li metterei tutti in galera perché non facciano più dan­ni) non è che siano cattivi, sono solo ignoranti. Per questo, la soluzione non è né litigare, né combattere: il rimedio non consi­ste nel cancellare dalla carta geografica o mettere in galera qual­cuno (purtroppo), ma nell’insegnare, nell’aiutare a cambiare la mente e il cuore, almeno dei più giovani, perché ancora potrem­mo riuscire ad essere diversi (adesso che me ne accorgo, adult-o e adult-erare hanno la stessa radice...)

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tDico che potremmo riuscire ad essere diversi e condurre il t

mondo in modo più umano, un giorno, ma non è certo, per­ché nella scuola non ci insegnano ad essere persone migliori.La nostra educazione non è orientata verso ‘la parte interna’, ma all’esterno; per questo motivo, l’unica cosa che facciamo è memorizzare dati e non propriamente dati che ci portano ver­so la felicità o che ci fanno comprendere il senso superiore della vita. Accumulando dati sull’aspetto esteriore di ogni cosa, non cambia niente all’interno, non in senso profondo.

Invece di stimolarci ad essere solidali, ci spingono ad essere molto ‘competitivi’ e questo significa cercare di superare gli altri in tutto, ridurli in poltiglia, condurli al pascolo, calpe­starli. Questa è la nostra formazione filosofica, la nostra mora­le, la nostra etica attuale. Ci vestiamo meglio di prima, al­l’esterno e andiamo a spasso col cellulare. Ma dentro, dalle caverne ad oggi, non sono cambiate molto le cose...

Di fronte a questo panorama, mi sembra a volte che nean­che la mia generazione stia facendo qualcosa di diverso: lo farà un’altra?...

Io sono cambiato, ora mi interessa molto seriamente il desti­no di questa umanità, non grazie alla scuola, ma grazie ad Ami: quella è stata un’altra grande Luce per la mia anima e non mi è nemmeno arrivata per via terrestre, naturalmente. Ma ‘gli amici di lassù’ non possono andare a risvegliare tutti, uno ad uno, e siccome quaggiù non c’è troppo interesse per il miglioramento interiore della specie umana, non mi sembra focile un cambia­mento in questo mondo, a meno che non provochiamo un disa­stro così spaventoso che, se sopravviviamo, ci obblighi a cambia­re, a costruire un mondo diverso da quello attuale. Ma Ami dice che l’idea è quella di cambiare il mondo senza che ci sia una grande catastrofe e un po’ per collaborare a questo mi è stato dato il compito di scrivere questi libretti, che mostrano l’aspetto più elementare e basilare del modo di vivere dei mondi (e delle persone) più evoluti del nostro. Ho già detto che in quegli alti luoghi si lasciano guidare dal ‘Principio Fondamentale dell’Uni-

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verso’ o ‘Legge Fondamentale deH’Universo’ (altra grande Luce di origine non terrestre della mia vita), cioè l’Amore, qualcosa di molto semplice e chiaro, qualcosa che porta a cercare il maggior bene possibile per tutti. Però, malgrado questo possa sembrare ‘romanticheria’ o qualcosa di ‘spiritualoide’ in queste oscure la­titudini della comprensione, in quei mondi luminosi si lavora soprattutto in centri di ricerca ed università e in essi si realizza una grande attività volta allo sviluppo spirituale, perché là, spiri­tualità e scienza sono la stessa cosa e loro sanno che tutto dipen­de dall’Amore. Qui no, qui tutto dipende dalla ‘Borsa Valori’, dalle banche...

La cosa più logica sarebbe che qualcosa di così delicato e complesso come un mondo fosse governato da scienziati o saggi, ma in questo pianeta non siamo guidati dall’Amore e per questo non siamo logici. Un lettore molto intellettuale potrebbe dire che quello che ho appena sottolineato è incoe­rente, perché l’amore non ha niente a che vedere con la logica. Tuttavia, qui c’è un’altra Luce recata da Ami: TAmore è la suprema logica’, ma questo lo può comprendere solo la sag­gezza del cuore e siccome quelli che ci governano non lo com­prendono e ancor meno lo applicano, qui succede qualcosa che in verità è molto incoerente, questo sì è illogico: il destino dell’umanità, il nostro fu turo e quello di tutta la vita plane­taria sono sottomessi alle leggi del mercato...

E così noi stiamo scivolando in questa periferia galattica nella nostra bella e commerciale nave Terra, ciechi, spronati dalla crudele competitività alla prosecuzione di un unico obiettivo: DENARO, e non importa come lo si ottenga. Se l’affare è red­ditizio, non contano niente la vita, il benessere delle persone, la conservazione della natura e il futuro planetario.

Questo è il risultato della “filo$ofia” che governa il nostro pianeta: la maggior parte della gente non è felice, o non ha niente da mangiare, o non ha tempo per godere la vita; la corruzione si annida persino nei luoghi più sacri, la violenza e

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il crimine aumentano, le zanne e gli artigli si affilano contro il prossimo, facendo aumentare cancelli, chiavistelli, pistole e muri, allargando la distanza fra poveri e ricchi, mentre succu­lenti ‘commerci’ distruggono e contaminano il nostro focolare planetario. E i bisogni e i valori profondi dell’essere umano? Che cosa è accaduto all’amicizia sincera, alla tenerezza, alla bontà, all’affetto? Che futuro ci aspetta se continueremo così?

Pensare a questo non offre buone rendite, non è ‘vitale’, è un’altra cosa. Qui le persone sono ‘macchine produttive e con­sumatrici’ e basta. La natura è ‘merce’.

'Se mi fa i avere un profitto ti tratto bene e ti sorrido, altrimenti, sparisci dalla mia vista'... Se continueremo così ci annienteremo e lo sappiamo molto bene. Ma tutto continua cosi..

'Ascoltami Ami, sintonizzati con la mia mente, dovunque tu sia, voglio che tu venga, ho bisogno di vedere Vinka, vieni, per favore' dicevo mentalmente, seduto sugli scogli tutte le notti, sapendo che lui riusciva a sentire i miei pensieri, malgrado le distanze, ma niente. Rimanevo concentrato sui miei messaggi telepatici guardando il cielo fino a che non diventava troppo scuro, allo­ra mi sentivo un po’ triste, un po’ impaurito e tornavo a casa abbastanza deluso, pensando che forse non sarebbe venuto quell’estate, malgrado io avessi già terminato il mio secondo libro, ‘Ami ritorna’: quella era la condizione che mi aveva po­sto il bambino delle stelle per venire a trovarmi per la terza volta sulla Terra, portando con sé Vinka.

Beh, in realtà ‘Ami’ e ‘Ami ritorna’ li aveva scritti mio cugi­no Victor, in base ai miei racconti. Lui ha più di trent’anni e sa qualcosa di letteratura. Ma questo nuovo libro lo sto scrivendo io stesso, da solo, grazie a un meraviglioso ‘aiutino’ che ho ricevuto e di cui parlerò più avanti. (Pazienza, pa-zienza)...

Una di quelle sere, arrivato a casa, la nonna mi chiese:“Dove sei stato, figliolo?”.“Ai video giochi della piazza”, le risposi. Andavo sempre in

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sala giochi, dopo l’inutile attesa sugli scogli alla spiaggia.“Perché sprechi denaro laggiù, se puoi fare gli stessi giochi

in casa, col tuo computer?”.“Non è la stessa cosa, come non è lo stesso cenare da solo in

casa o in compagnia in un ristorante”. (Buono il paragone, vero? Mi è venuto per ispirazione)...

“Mmm... Ti vedo un po’ triste, come tutte le sere quando arrivi. Cosa ti succede, figliolo? Forse problemi con qualche fidanzatina?”.

Sì, si trattava proprio di questo, ma non potevo dirle che la mia fidanzatina... macché 'fidanzatina, la mia amata, l’amore di tutte le mie esistenze, la mia amata anima gemella è una ragazza extraterrestre che vive a milioni di chilometri e che il nostro incontro dipende da Ami, un altro extraterrestre e dalla sua nave spaziale: come potevo dirle questo? Tanto meno dal momento che mio cugino Victor mi teneva sotto la minaccia di un trattamento psichiatrico. Usciva fuori sempre con la stessa battuta:

“Hai molta immaginazione, Pierre e ti vengono in mente cose interessanti, per questo mi prendo la briga di aiutarti a metterle in modo da poter essere pubblicate, ma non prenderla troppo sul serio, ‘perché- una - cosa - sono - le - fantasie - e- un-altra- cosa - è- la - realtà’ ”, ripeteva mille volte quel sacco di piombo.

“No, nonna, per niente. È che non sono riuscito a superare un record in un gioco, non sono riuscito a mettere le mie iniziali al primo posto”, dovevo mentire per non confessare che la mia tristezza veniva realmente dalla mancanza della mia ‘fidanza- tina’... “Sono arrivato solo al secondo posto e ci sono rimasto male”.

Le mie iniziali non apparivano in nessuno schermo della sala di video giochi del paese. È vero che andavo quasi tutti i giorni al locale delle macchinette, ma non ero molto abile quel­l’estate per mancanza di pratica. La maggior parte del tempo lo passavo alla scogliera, nel caso che le navi...

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“Chissà come rideranno i proprietari del negozio di video di quelli che stanno al primo posto nelle loro macchinette...”.

“Perché, nonna?”.“Perché sono i più scemi...”.“Cosa?!... È tutto il contrario”, dissi, ma non mi ascoltava."Loro guardano lo schermo e dicono: ‘Queste sono le iniziali

dello scemo numero uno, queste dello scemo numero due’ e così via, Pierre”.

“Mi sembra che tu parli di cose che non conosci. Non hai idea di quanto devi essere abile per accumulare il punteggio che ti permette di mettere le tue iniziali al primo posto. È un motivo di orgoglio riuscirci”.

“È un motivo di orgoglio dimostrare di essere il più scemo e che si rida di te?...”.

“Mi sembra che...”.“Loro sanno che chi è arrivato a quel punto è stato abba­

stanza scemo da sperperare una bella somma di denaro e da passare stupidamente ore ed ore a fissare un triste schermo, invece di fare qualcosa di proficuo con quel tempo, come stu­diare un po’ di più, leggere un libro, pregare o anche conversa­re con gli amici, passeggiare, aiutare chi ha bisogno, uscire con qualcuno, come fanno quelli che sono meno scemi di quelli che hanno le loro iniziali al primo posto”, disse sorridendo e se ne andò a dormire.

Trovai che da un lato aveva ragione, ma dall’altro, studiare, leggere un libro, pregare... Che divertimento... Inoltre, lei non sapeva quanto fosse interessante il mondo delle sale di video giochi all’interno. Lì c’erano stelle ammirate, rispettate e invi­diate da tutti. Alla sala giochi in piazza c’era un ragazzo che aveva le sue iniziali al primo posto in tre giochi diversi!\\ famo­so EGY, queste erano le sue iniziali. Non conoscevo il suo nome perché non parlava con nessuno, se ne stava sempre serio da­vanti allo schermo, con vari ragazzi dietro che ammiravano la sua destrezza con leve e pulsanti.

Mia nonna non sapeva niente dei favolosi duelli che si svol-

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gevano di tanto in tanto in quei luoghi affascinanti, come accadde la sera seguente. Dopo la scogliera, deluso ancora una volta, pensando con maggior insistenza alla possibilità di non rivedere mai più né Vinka né Ami, dopo cena andai in piazza a fare un giro. Li seppi che alla sala giochi c’era una grande agitazione perché un ragazzo abbastanza bravo, BUR, stava per superare EGY alla macchina ‘Terrore nel Cosmo’, che era molto di moda quell’estate: si trattava di distruggere i pianeti dellTmpero Thor. Andammo tutti a guardare, persino lo stes­so EGY, che era presente. Sospese il suo gioco a un’altra mac­china, quella dei ‘Tirannosauri Karatechi’, nel quale c’era un campione che demoliva teste a pedate, e andò ad osservare l’intruso che minacciava di detronizzarlo dal primo posto, fino a che ci riuscì, con un punteggio impressionante. Distrusse niente meno che ottantadue mondi! Quando terminò il suo gioco, ci furono delle silenziose felicitazioni, anche un po’ di ammirazione e una punta d’invidia. Solo un ragazzo aprì la bocca e disse ‘bene’ (in quel luogo non si parlava molto, a causa del frastuono delle macchine) e quindi BUR si concesse un lusso che io non avevo mai conseguito: quando si aprì la meravigliosa finestra che consentiva di lasciar impresse le pro­prie iniziali, stampò le sue al primo posto della lista dei venti migliori punteggi di quella macchina. È come vincere una cop­pa, una medaglia o un trofeo. EGY non riuscì a sopportare l’offesa e si mise subito a cercare di superare queirirriverente. Rimase più di un’ora impegnato in quel tentativo, buttando denaro da far paura (qualcuno mi disse che la madre di EGY, che era separata, gli dava molto denaro perché la lasciasse di­vertirsi in pace e anche per questo molti ragazzi lo invidiava­no); ma all’inizio niente, poi gli arrivò una raffica di fortuna o di genio e si trasformò in un razzo, in un chiaroveggente del gioco, in una stella e riuscì a rimettere le cose nella solita situa- . zione: BUR era di nuovo al secondo posto ed EGY al primo, ben lontano. Certo, aveva avuto la fortuna di distruggere no­vanta pianeti! Per questo era famoso e invidiato.

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Cosa poteva capire la mia povera e vecchia nonna di queste cose cosi emozionanti...

Uscendo dal locale per andare a dormire, una gradevole coincidenza mi fece piacere: in uno degli ultimi posti della lista figurava un certo A.M.I. ‘Come si chiamerà realmentef”, mi chiesi incuriosito e mi misi ad immaginare nomi e cognomi con quelle iniziali, fino a che mi dimenticai della faccenda. Ma la sera seguente tornai ai video c mi accorsi di qualcosa d’incre­dibile, meraviglioso: in cima alla lista di TUTTE LE MAC­CHINE figuravano le iniziali AMI!... Erano dei punteggi favo­losi, irraggiungibili.

Qualcuno raccontò che quando EGY arrivò al locale e vide questo, diventò rosso di rabbia, non disse niente, se ne andò e non ritornò più da quelle parti. Doveva aver pensato che un osso troppo duro da rosicchiare era appena arrivato lì al mare, un professionista in tutti i giochi, un astro spettacolare. Ma anche il padrone delle macchine era seccato, perché la clientela ‘professionista’ stava sfumando disorientata. Quale essere umano avrebbe potuto superare quei punteggi siderali? Va bene cercare di farlo quando la differenza non è molta, ma questa volta i record furono superati, moltiplicati da sei a dieci volte...

Inoltre, per tutti la faccenda fu un mistero, perché nessuno vide quel tale AMI giocare. Le macchine apparvero semplice- mente così, quella mattina e nessuno seppe come... Ma per me non c’era alcun mistero: il malizioso Ami era tornato ed era finalmente da quelle parti, a combinarne una delle sue! Mi aveva lasciato un segno della sua presenza sugli schermi dei video giochi. Per lui è molto facile alterare la lista dei punteggi, persino coi controlli a distanza o da un altro pianeta, se ce n’è bisogno, con qualcuno dei suoi geniali apparecchi elettronici, costruiti da lui stesso.

Uscii correndo come una freccia verso la scogliera, non mi importava dell’oscurità. Arrivai ansante alla spiaggia, col cuore che saltava per l’allegria e la speranza. Salii sugli scogli guar­dando da tutti i lati, ma Ami e la sua nave non c’erano da

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alcuna parte. Ricordai che in una sua precedente venuta mi aveva ipnotizzato a distanza perché non vedessi il cuore alato inciso da lui stesso sulla roccia nel corso della sua prima visita. Lo cercai ed era lì: sopra c’era un sasso con un foglietto sotto.

‘Un messaggio di Arni!', pensai contento, ed effettivamente era così, con i suoi caratteristici errori di ortografia.

Pierre...ti aspeto domani nel bosco.

Ami.

Che gioia immensa provai nel leggerlo, il meraviglioso entrava nel quotidiano. Vinka... Ami...

Poco dopo, qualcosa di quel messaggio mi sorprese: nel bosco! Mi sembrò molto strano, perché non ero abituato a mettere in relazione le visite di Ami con un altro luogo, tranne la scogliera, ma poi trovai che era il posto perfetto, perché fra i luoghi circostanti, solo lì poteva far scendere di giorno la sua nave senza essere visto dalla gente.

Me ne andai a dormire felice. Ora sapevo che fra poche ore avrei potuto riabbracciare Vinka. Mmm... Mi misi a pensare a lei, ma feci molta fatica ad addormentarmi. Quasi tremavo per l’emozione, ricordando che l’incontro era molto vicino. Alla fine mi addormentai e non sognai l’orrore delle ultime notti, ma qualcosa di molto bello collegato a lei, ma questo è un affare personale...

Al risveglio volevo uscire di corsa verso il bosco, senza fare colazione, né passare per il bagno, ma ricordai che avevo un appuntamento con Ami e che lui poteva portarmi Vinka, per­ché la sua nave era in grado di ‘dislocarsi’ istantaneamente in qualsiasi luogo della galassia, così mi concessi una buona doc­cia e mi lavai i capelli: per la prima volta nella mia vita mi misi persino la colonia, me l’aveva lasciata Victor durante una visita che ci aveva fatto qualche settimana prima.

Scelsi i migliori abiti che trovai, poi uscii fuori correndo,

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ma mia nonna mi aspettava davanti alla tavola da pranzo con la colazione pronta.

“Come mai così pulito e così contento, Pierre?”.“Ecco... No, per niente. È una gran bella giornata...”.“È nuvoloso e fa un po’ freddo...”.“Ah”.Per evitare domande alle quali non potevo rispondere, presi il

caffè in un solo sorso e uscii sparato con un sandwich in mano.“Pierre e i suoi misteri”, riuscì a dire lei con un sorriso.

Il bosco di pini non era troppo vicino alla spiaggia. Corsi verso il paese, arrivai alla strada principale, l’attraversai, mi addentrai in una zona piena di arbusti e salii un erto pendio in direzione del bosco. Strada facendo mi chiesi se Vinka sareb­be venuta sulla nave, ma poi ricordai che Ami aveva detto nel suo viaggio precedente che prima sarebbe venuto a cercare me e poi saremmo andati sul suo pianeta, così mi stavo preparan­do mentalmente ad un nuovo viaggio interspaziale.

Le nubi cominciavano a dissolversi, il mare passava da un colore grigio a un delizioso azzurro.

Con grande gioia arrivai fino ai primi pini, pensando che fra pochi minuti sarei stato di nuovo con Ami e, soprattutto, con Vinka!

Mi addentrai nel fitto del bosco guardando da tutti i lati, immaginando che lui mi stesse osservando in uno degli scher­mi della sua nave, ma siccome non vidi, né sentii niente, decisi di sedermi ad aspettarlo in una radura, sapendo che conosceva meglio lui la mia ubicazione, che io la sua.

Seduto sull’erba e con il cuore impaziente, mi venne in mente che Ami sarebbe apparso dietro di me, avrebbe messo le sue mani sui miei occhi dicendo: ‘indovina chi sono’. Mi piacque quest’idea e per questo, quando alcuni minuti dopo sentii che qualcuno si avvicinava alle mie spalle, chiusi gli occhi e rimasi quieto, cercando di dominare la curiosità e l’emozione. In ef­fetti, calde ed affettuose mani mi coprirono gli occhi, ma Ami

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taceva. Allora avvertii un aroma e una vibrazione che non mi aspettavo, che mi fece balzare il cuore e ravvivò in me senti­menti bellissimi e profondi: il profumo di Vinka...

LEI ERA LI’!Senza ancora aprire gli occhi, accarezzai quelle amate mani

dalle dita lunghe e sottili, quei capelli soavi, quelle piccogli orecchi appuntiti. Mi misi in ginocchio, anche lei era così, mi volsi verso Vinka e allora incontrai l’allegro ed infinito affetto dei suoi occhi viola. Non pensai ad Ami, non pensai a niente, ebbi la sensazione di scomparire o di andare su altri piani, in altre dimensioni dell’esistenza, quelle in cui possiamo essere trasportati soltanto dall’amore più profondo e mi affidai uni­camente alla poderosa forza che ci univa, a quell’ebbrezza su­blime ed inspiegabile. Non riuscivamo a parlare, non ce n’era bisogno, noi non ci saremmo compresi, perché non avevo con me il traduttore radio e lei nemmeno: nessuno di noi parlava la lingua dell’altro.

Ci stendemmo di fianco sull’erba. Ogni volta che i nostri sguardi si incontravano, non potevamo fare a meno di sorride­re allegramente, con una gioia che nient’altro al mondo avreb­be potuto procurarci.

Un po’ più tardi, dopo una splendida festa di carezze, già più abituato alla felicità del ritrovarsi, tornai alla realtà e mi ricordai del nostro amico: avevo dimenticato che esisteva an­che lui.

“Dov’è Ami?”, le chiesi inutilmente, senza ricordarmi del problema del traduttore.

Lei mi guardò stupita e disse:“Sdgdlnjifhadr diu znfiughaer”, o qualcosa del genere, allo­

ra ricordai il piccolo aggeggio traduttore e lei pure, e ci met­temmo a ridere.

Per la prima volta mi resi conto che la sua voce era molto bella, arrivava nelle profondità del mio essere.

“Non capisco niente, Vinka, ma i suoni che emetti mi sem­brano stupendi... Parla, per favore”, le dissi.

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Credo che in qualche modo lei avesse compreso la mia idea, perché si mise a parlare mentre io l’ascoltavo affascinato, quasi preso da uno strano incantesimo. Avevo voglia di chiudere gli occhi e di ascoltare semplicemente, per sempre, quella specie di musicalità canora che sembrava venire dal suo cuore.

“Basta coi romanzi proibiti, coppia di peccatori”, scherzò Ami sorridendo allegramente. L’amata figura bianca stava venendo verso di noi. Parlò anche nella lingua di Vinka, dicendo più o meno le stesse cose. Il cuore mi balzò in petto nel vederlo avvicinarsi, allegro e luminoso come sempre. Mi alzai in piedi per salutarlo ed esprimergli il mio affetto, allora notai che era un po’ più basso di statura di prima, o che io ero cresciuto moltissimo, negli ultimi mesi. Dovetti abbassarmi un poco per abbracciarlo. Vinka rimase seduta sull’erba, molto felice: fu un caldo e gioioso incontro.

Ami ci mise gli auricolari traduttori mentre diceva:“Ti darà una gradevole sensazione sentirti molto più alto di

me, adesso, vero Pierre?”.“No, Ami... Beh, non mi dispiace, però... Tu non ti senti

male per questo?”.“Non tanto quanto dispiacerà a te vedere Vinka...”.Non compresi quello che voleva dire; guardai la mia bellis­

sima anima gemella e non trovai in lei niente che fosse fuori posto.

“Quando vedrò Vinka? Ma io l’ho già vista e non ha niente di strano...”.

“Mettiti in piedi, Vinka”, le chiese Ami.Quando lei si alzò, rimasi gelato. Dato che fino a quel mo­

mento non eravamo stati in piedi vicini, ma in ginocchio o stesi sull’erba, non mi ero accorto che anche lei era cresciuta, ma molto più di me, ora le arrivavo solo al naso... Mi sentii terribilmente male, non me lo aspettavo, mi sentii complessa­to, pensai che lei ne sarebbe rimasta colpita, delusa, che avreb­be smesso di amarmi e cose di questo tipo. Guardai a terra,

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mentre lei mi abbracciava teneramente e mi baciava sulla guan­cia, anche se aveva dovuto abbassarsi un poco, chiaramente...

“Questi non evoluti guardano solo Testerno, l’apparenza delle cose, soffrono di ‘razzismo ottico’ ”, diceva Ami con la sua risatina di bambino.

“Non preoccuparti, Pierre, io ti amo come prima. Tu sai che il nostro amore va ben al di là dell’apparenza”, cercava di con­solarmi Vinka.

“Mmmm... Si, lo so, ma... deve essere stata una sgradevole sorpresa per te...”.

“Non è stata una sorpresa”, intervenne Ami, “perché men­tre stavamo venendo qui, io l’avevo avvertita che tu non eri cresciuto quanto lei, e lei ha detto che non le importava niente, anche se avesse dovuto portarti in tasca... ha, ha, ha”.

“Ed è vero, Pierre, anche se tu avessi le dimensioni del mio dito pollice, io non potrei smettere di amarti con tutta l’ani­ma, e questo lo sai, ma la differenza di statura non è molta, quindi non crearti problemi. Inoltre, Ami dice che devi cresce­re ancora molto”.

“Può essere, in futuro, e sempre che a te non capiti di cresce­re ancora più di me... ma... e adesso? Ti sembra che non sia una grande differenza il fatto che io ti arrivi appena al naso?”.

“Esattamente all’attaccatura dei capelli sulla fronte”, disse Ami, “ma siccome ti sei fatto venire tanti complessi, ti sei in­curvato davanti a lei e ti è sembrato di essere più basso di come sei, ma se ti metti diritto al suo fianco, ti accorgerai che ho ragione”.

Compresi che era vero, io ero abbastanza curvo: mi raddriz­zai e vidi che la differenza non era molta. Lei mi abbracciò allegramente. Il suo sguardo caldo mi fece sentire che non c’era motivo d’inquietarsi. Recuperai fiducia in me stesso, presi Vinka per la vita e, con voce da amatore dei vecchi film le dissi:

“È vero, bimba, anche se sei un po’ più alta, io sono il tuo rude maschio e, attenta con me, baby/”.

Vinka ed io ridemmo e anche Ami, anche se dopo disse:

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“Attento a non prendere troppo sul serio questo maschili­smo preistorico”.

“Era solo uno scherzo, Ami”.“Lo so, ma non dimenticare che il maschilismo ha un senso

solo nei mondi in cui vivono in condizioni di cavernicoli, nei quali i muscoli e le dimensioni sono molto importanti per so­pravvivere. Lì forse è opportuno che l’uomo sia più forte e più alto della donna, per un senso di protezione: ma siccome nei vostri pianeti queste vecchie fasi si stanno già superando e...”.

Mi sembrò che Ami non conoscesse a fondo il mio pianeta e l’umanità che lo abitava, perché qui una buona statura e un buon equipaggiamento muscolare per un maschio erano quasi altrettanto importanti dell’intelligenza o del denaro, e le ragaz­ze in genere erano d’accordo...

Anche Vinka sembrava confusa e interruppe il nostro ami­chetto:

“A Kìa dominano i terri, Ami, ci sottomettono proprio perché sono più corpulenti di noi, gli swama e tu dici che i nostri mondi stanno superando questa fase... Non capisco”.

“Tu l’hai superata, no? A te non importa che Pierre sia più basso, vero?”.

“Beh, nel mio caso è così, ma la stragrande maggioranza...”.“Non lasciarti guidare da quello che tu credi sia il pensiero

della maggioranza, Vinka, ma da quello che ti dettano il tuo cuore e la tua intelligenza, perché molte volte la gente finge di pensare come gli altri per paura di essere diversa o perché non è riuscita a capire quello che realmente sente e nel profondo forse la pensa come te: le mancava soltanto di ascoltare la tud opinione per rafforzare la propria e quindi appoggiarti”.

Ritenni interessanti le sue parole. Lui continuò a spiegare alla mia compagna:

“E se hai una buona idea, necessaria a tutti, ma non hai il coraggio di esprimerla, allora quella buona idea non si diffon­derà mai, né si realizzerà e tutti perderanno, grazie ai tuoi ti­mori”, disse guardandoci con un sorriso, “inoltre, non ti ac-

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corgerai nemmeno che non eri l’unica a pensarla in maniera differente”.

“Credo che tu abbia ragione, Ami, ma solo in parte, perché da quando ti ho conosciuto e ho visitato il meraviglioso mon­do di Ofir e gli altri luoghi evoluti, mi sembra troppo assurdo e crudele che in questo pianeta ci sia tanta sofferenza, quando tutto potrebbe aggiustarsi facilmente con un po’ di buona vo­lontà; ma mi sono già accorto che questa semplice idea mi fa sembrare un pazzo, uno che delira. Per questo, ora non tocco più questo argomento con nessuno. La stessa cosa succede con tanti altri pensieri, così che, alla fine chiudo la bocca e cerco di agire e di pensare come tutti, anche se non è la verità, anche se mi fa male”.

“Ti capisco, Pierre. Siccome tutti agiscono come te, nasconden­do il loro vero sentire, credi di essere l’unico che la pensa in manie­ra diversa e temi che ridano di te o che si arrabbino con te”.

“È così, o che mi bastonino...”.Ami rise, poi continuò a spiegare:“Malgrado le apparenze, ti raccomando di sforzarti di esse­

re te stesso ogni volta che puoi, di cercare di esprimere (con serenità e rispetto, senza offendere, né aggredire) quello che realmente senti, soprattutto quando il tuo pensiero è illumina­to dalla saggezza dell’Amore e ti sorprenderà la quantità di persone che saranno d’accordo con te, proprio perché i vostri mondi stanno cambiando”.

L’argomento mi sembrava ancora più teorico che reale.“Se io dicessi tutto quello che penso... No, non mi piacereb­

be essere un martire, Ami, non mi piace soffrire”.“È che tu ignori che il cambiamento che comincia sta fa­

cendo sì che moltissime anime ora preferiscano vivere un po’ più in armonia con ciò che è vero e naturale”.

Vinka seguiva piena di dubbi.“Io non vedo che la gente sia TANTO diversa, Ami... Nel

mio pianeta, tutti si comportano più o meno allo stesso modo, giovani e vecchi. Ci sono alcune persone buone, ma in genera-

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le predominano la superficialità, l’egoismo e il materialismo... Non so se nella Terra è lo stesso, Pierre”.

“È lo stesso, Vinka”.Ami inspirò profondamente, sorrise e disse:‘‘Si comportano più o meno allo stesso modo perché devo­

no seguire la corrente imposta dai vecchi sistemi che guidano la vita nei vostri mondi, sistemi che non hanno gran conside­razione, né rispetto verso gli esseri umani e la vita in generale. Questi sistemi non si fondano sull’Amore, ma sul materiale: siccome tutto ciò che non si sostenta nell’Amore non può produrre felicità, la stragrande maggioranza non è contenta, ma crede che la cosa sia inevitabile e chiude la bocca. E così si adegua e continua e non cambia niente, o per meglio dire niente cambiava, perché la faccenda si sta capovolgendo. Mol­ta gente sta cominciando a cambiare e questo si fa sentire nel­l’ambiente: voi dovreste unirvi a questa corrente positiva per rafforzarla. Non dimenticate che proteggere il bene e la vita significa proteggere voi stessi”.

Non ricordo esattamente tutto quello che ci disse, ma fini per convincerci: da quel momento in avanti avremmo cercato di essere più sinceri e di non nascondere tanto i nostri sentimenti e i nostri pensieri, non solo nei libri che avremmo scritto.

“Però non vivete arrabbiati con il mondo, ragazzi”, disse sorridendo allegramente, “non guardate solo al lato oscuro, perché le ombre sono meno abbondanti della luce”.

Ci guardammo intorno e la bellezza di quella mattina d’estate nel bosco, ora completamente limpida e con un sole radioso, ci fece comprendere che era vero, che uno non deve prestare attenzione solamente al negativo, perché del resto ce n’è molto di più.

Una fresca brezza profumata di fiori, di pini e di eucalipti ci accarezzava il viso.

Ami decise di sedersi sull’erba a gambe incrociate e noi fa­cemmo lo stesso.

“Vi vedo molto contenti, ragazzi, sembrate felici di esservi

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ritrovati, vero?”, ci chiese con maliziosa allegria.“Felici”, dicemmo.“Allora vi sarete accorti che non dovevate fare tanti drammi

nella mia nave, nel viaggio precedente, quando avete dovuto lasciarvi, vero?”.

Ci guardammo con un po’ di vergogna: aveva ragione lui, non avremmo dovuto armare quella ribelle ‘sommossa’ per vedere se potevamo evitare la nostra separazione. Eravamo già di nuovo insieme ed ora il tempo passato sembrava solo un sogno fugace.

“È vero... siamo stati degli sciocchi”.“Bravo, mi fa piacere che lo riconosciate, così non farete nes­

suno scandalo oggi, quando dovrete separarvi nuovamente...”.“Cosa, separarci oggi stesso?!”, esclamammo molto alterati,

abbracciandoci mentre lui rideva di noi.“Di nuovo il rimbambimento inutile...”.Le sue parole mi fecero prendere coscienza che il nostro

non era un ‘inutile rimbambimento’, ma un grande amore e mi sembrò troppo crudele non poter stare insieme a lei più di poche ore all’anno. Stavo per dirglielo, ma Vinka stava già espri­mendo la stessa cosa.

“L’amore non è un rimbambimento, Ami, tanto meno quello delle anime gemelle, come il nostro, proprio per questo ci arre­ca dolore sapere che dovremo separarci nuovamente”.

“Vi comprendo, ragazzi, vi addolora la separazione perché non avete ancora imparato a godere degli incontri al di là del corpo fisico, che pena...”.

Le sue parole mi fecero ricordare che io sentivo continua- mente la presenza di Vinka dentro di me e che molte notti immaginavo di essere vicino a lei. Quegli incontri immaginari erano così intensi, che mi sembrava di essere veramente insie­me a lei. Lo raccontai ad Ami. Al sentirlo, Vinka disse che le accadeva la stessa cosa e che in quei momenti le sembrava che fossimo veramente uniti.

“Eravate realmente uniti, non con i vostri corpi materiali,

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ma con le vostre anime”.“Certo”, dissi, “ma non è lo stesso...”.“Il vero amore è qualcosa che riguarda le anime, non i corpi.

Per questo gli affetti che dipendono dalla forma fisica sono tran­sitori: compaiono delle rughe, qualche chilo in più o in meno e già non c’è più affetto... Questo non è amore, questa è un’attra­zione magnetica passeggera, basata sull’esteriorità, senza nessu­na profondità, né forza. Per il vero amore non esistono statura, né età, né apparenza, è un contatto da anima ad anima, significa amare l’energia che emana dàll’altro, perché questa energia è il riassunto di tutto ciò che quella persona è internamente. Ffer questo tipo di sentimento non esistono le distanze, né il tempo: questo amore non si estingue nemmeno con la morte”.

Lei mi guardò con gli occhi umidi di commozione: entram­bi sapevamo che Ami stava parlando di un amore come quello che univa noi. Ci abbracciammo e ci accarezzammo di nuovo: questo ci fece rientrare in quella dimensione senza tempo che ci faceva dimenticare il resto dell’Universo.

Non so quanti minuti dopo, Ami parlò con una certa ironia:“Per essere sincero, è un po’ lungo questo capitolo di teleno­

vela...”.Quelle parole ci fecero tornare al presente con un po’ di

vergogna, ma osservando il mio caro amico notai che, malgra­do il suo sorriso, che cercava di apparire malizioso, non riusci­va a nascondere l’emozione del suo sguardo.

“Certo, Pierre”, disse intuendo i miei pensieri, “questo rim­bambimento inutile è contagioso, questo romanzo vi fa ema­nare ondate vibratorie che farebbero emozionare persino un guarisauro pietrificato. Ha, ha, ha!”.

Ad un tratto notai che c’erano molte farfalle multicolori che volavano lì intorno.

“E non hai notato che anche i passeri cantano più allegra­mente, Pierre?”.

Prestai attenzione e constatai che era vero, sembrava che tutto il bosco stesse cantando e danzando un concerto di colo-

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ri, uccelli, insetti e fiori, dedicato alla nostra felicità.“Provocato dalla vostra felicità”, specificò.“Che meraviglia!”, esclamammo osservando affascinati l’al­

legra confusione che ci circondava mentre stavamo seduti sul­l’erba.

“È l’elevata vibrazione che emanate voi: sapete già che l’Amo­re è l’energia più elevata dell’Universo, così che siete voi chegenerate la ‘musica’ che sta provocando questa luminosa ‘dan-_ > » z a ... .

Vinka arrivò ad una conclusione:“Allora l’amore attrae e produce allegria...”.“Naturalmente. Tutte le creature tendono alla loro Origine:

l’Amore Universale, che è perfetta gioia. Ed è per questo che il disamore allontana”.

Allora compresi che la gente sgradevole è così perché non irradia amore...

“Perché non può o non vuole aprire il suo cuore. Bene, andiamo alla nave”, disse, alzandosi in piedi, mentre azionava il controllo a distanza della nave, che portava alla cintola.

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2. - ü \ sek^e+o di K^a+oLa luce gialla avvolse tutti e tre. Guardai in alto: lì c’era il mae­stoso veicolo cosmico, ora visibile solo a noi. Splendido, magi­co, girava calmo e lento. Era un po’ inclinato, più alto delle fronde dei pini. Brillanti riflessi di sole scintillavano sulla fusoliera di metallo argenteo. Compresi che Ami questa volta era venuto su un’altra nave, perché questa aveva un cuore alato sotto.

“Questo ‘ufo’ non è lo stesso di prima”, dissi.“No, Pierre. All’interno assomiglia molto all’altro, ma ha più

risorse tecnologiche ed è di dimensioni maggiori, ora vedrai”.Con grande gioia mi lasciai issare, senza alcun timore, que­

sta volta. Mi stavo trasformando in un campione, in materia spaziale. Non è per vantarmi (ma per presunzione), i più famo­si astronauti, paragonati a me, non hanno visto niente, niente.

Il fatto di fluttuare nell’aria, senza avere nessuna sensazione di gravità nel corpo, mi provocò molta allegria. Diedi un’oc­chiata, mano a mano che salivo e vidi il mare azzurrissimo e splendente, i boschi laggiù, la spiaggia, la mia casetta. Stesi le braccia per sentirmi come un uccello che si librava. Era molto più divertente di qualunque gioco in un parco di divertimenti ed anche più sicuro. Quando arrivai all’interno della nave e si chiuse una piattaforma che scivolò sotto i miei piedi, andai recuperando lentamente il mio peso. Come prima, mi sentii emozionato nel calpestare il dolce e morbido tappeto della sala d’ingresso. Poi entrammo nella sala di comando. Osservai che questa era molto più grande di quella della nave preceden­te, inoltre il soffitto era più alto: lì un adulto stava perfetta­mente in piedi, nell’altra no. Guardai attraverso gli oblò e vidi la piazza, la sala coi video giochi, e allora ricordai il nome di

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A.M.I. sullo schermo delle macchine.“Che bello scherzo quello, Ami”, dissi, sapendo che ora lui

avrebbe dato un’occhiata alla mia mente. Vinka chiese di che si trattasse. Le spiegai tutta la faccenda e lei la trovò divertente.

“L’ho fatto per annunciarti il mio arrivo ed anche perché alcuni di quei poveri ragazzi, i più viziati, si scoraggino, pensi­no ad altre cose e possano impiegare meglio il loro tempo, almeno alcune ore, invece di sprecarlo dietro uno schermo deprimente”.

Pensai che stava diventando come mia nonna e lui, natural­mente, lo percepì; si mise a ridere e disse:

“Lei ha ragione: quelli che mettono le loro iniziali al primo posto, stampano li davanti a tutti che sono i più scemi della lista, non solo perché perdono più tempo e denaro degli altri, ma anche perché quei giochetti tendono a deformare la mente. Lì i ragazzi devono incessantemente ammazzare e distruggere e questo lascia delle impronte che deformano la loro visione del­la vita e si ripercuotono sulla loro condotta, a parte gli spaven­tosi e innaturali suoni che i loro timpani devono sopportare per ore, poveri ragazzi...”.

Io da buon esperto (fino a un certo punto) di video giochi, cercai di spiegare a lui e a Vinka le emozioni che si vivono lì.

“È tutta questione di mondi, di ambienti”, disse il piccolo extraterrestre, “nel mondo dei ladroni, il più ladro è considera­to il più intelligente, ma nel mio mondo è uno scemo, come quelli che mettono le loro iniziali in cima a quelle liste; quelle che si vivono lì non sono emozioni, Pierre, sono semplicemen­te attività dell’ego”.

Vinka si avvicinò a me e mi circondò con le sue braccia: allora sentii che Ami aveva ragione, che la faccenda dei video era una stupidaggine della quale non valeva nemmeno la pena di parlare, paragonata a quello che la vicinanza di Vinka stava producendo in me.

“Quelle sì che sono emozioni!”, sentenziò Ami.Io trovai che era nel giusto, sebbene sia molto più facile

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comprenderlo quando l’essere amato è presente, come Vinka in quel momento, ma quando si è soli e lontani dall’amore...”.

“L’amore è sempre vicino”, disse Ami, “anche se non abbia­mo nessuno al nostro fianco”.

Io pensai che questo sembrava molto bello e che in qualche modo doveva essere vero, ma gli dissi che per me era quasi impossibile essere felice lontano da Vinka e lei spiegò che le accadeva lo stesso.

“Succede che quando siete soli chiudete i vostri cuori alla magia della vita, alla meraviglia che ogni istante racchiude e perdete la gioia di godere dell’esistenza . È come se diceste: Non voglio essere felice fino a che lui o lei non sarà al mio fianco’... Non vi sembra sciocco scegliere la tristezza invece dell’allegria?”.

Vinka aveva un’altra visione della cosa:“Non è il fatto di scegliere la tristezza, essa arriva da sola

quando l’essere amato non c’è”.“Voi scegliete che la tristezza ‘arrivi da sola’ quando l’essere

amato non c’è...”, disse ridendo, “mentre altre persone scelgo­no di essere contente sempre, in due o da soli. Quelli sì che sono saggi, non dipendono da niente e da nessuno per essere felici, non hanno vincoli di nessun tipo”.

“Vincoli?”.“Certo, perché dipendere troppo dalla presenza di un altro

essere, sia che si tratti di anima gemella, mamma, figlio, zia, amico, gatto o bruco favorito può trasformarsi in un vincolo, e i vincoli schiavizzano, tolgono libertà all’anima e senza liber­tà nell’anima non ci può essere vera felicità”.

“L’amore è un vincolo?”, chiesi molto confuso.“No, ma dipendere da un’altra persona per essere felice sì,

lo è”.“Ma così è l ’amore, Ami”, disse Vinka. Il nostro amichetto

non era d’accordo:“Cosi è l ’attaccamento, il vincolo, la dipendenza. Il vero

amore è offrire, essere felice per la felicità dell’essere amato, senza obbligarlo a stare al nostro fianco per tutto il tempo,

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senza alcun senso di possesso. Ma voi siete ancora molto pic­coli per comprendere certe cose (e sospetto che anche mooolti lettori lo siano)...”.

Vinka era molto tenace e il suo affetto per me molto poten­te, cosi ignorò gli ammonimenti del piccolo essere vestito di bianco sull’attaccamento e disse:

“Ami, so che io e Pierre siamo sempre uniti, che possiamo stabilire un contatto da anima a anima, malgrado la tremenda distanza che ci separa, ma non è la stessa cosa quando siamo uniti fisicamente. Quando c’è un affetto grande come il no­stro, è necessario vedersi, accarezzarsi, parlare. Per questo ti faccio una domanda molto importante: esiste un modo per non separarci più?”.

Il mio cuore si accese di speranza per un secondo, ma Ami ci guardò con occhi quasi tristi e sospirò con rassegnazione.

“Non pensate a questo, ragazzi”.Entrambi abbassammo gli occhi scoraggiati.“Non vi ingannerò: è matematicamente impossibile che voi

possiate vivere insieme, completamente impossibile, per lo meno fino a che non sarete adulti”.

“Perché, Ami?”.“Perché voi siete ancora bambini, per questo dipendete da

persone più grandi. Per vivere uniti, uno di voi due dovrebbe abbandonare definitivamente il suo mondo per andare nel pia­neta dell’altro, no?”.

“Certo”.“E perché io possa effettuare questo trasferimento, le Auto­

rità Galattiche pretendono da me l’autorizzazione della perso­na o delle persone che sono responsabili del bambino che cam­bierà mondo”.

“Ehhh, le autorità di lassù sono uguali ai burocrati di quag­giù...”, protestai.

‘“Come sopra, così sotto’ dice un assioma, ed è vero, ma c’è qualche differenza. Nei vostri mondi contano solo i documen­ti, mentre ‘lassù’ conta di più l’amore. Le Autorità Galattiche

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considerano ‘responsabile’ di un bambino chi lo ama di più, indipendentemente da cognomi, sangue o scartoffie”.

“Ahhh... Questo è molto più giusto...”.“Nel tuo caso, Pierre, sarebbe la tua nonnina che dovrebbe

darti l’autorizzazione”.“E mio cugino Victor?”.“Lui no, perché non ha per te l’affetto necessario”.“Bella novità”, dissi, perché non ci digeriamo a vicenda.“E nel mio caso, Ami?”, chiese Vinka.“Sarebbe tua zia Clorka, ma siccome si è appena sposata

con Goro, e dato che anche lui è molto affezionato a te, risulta che anche il tuo nuovo zio dovrebbe dare la sua autorizzazio­ne. Pensate di poter ottenere questi permessi?”.

A queste parole, il morale mi finì sotto i piedi: dover con­vincere tutta questa folla... Ma poi ricordai che bastava che uno solo di noi ottenesse l’autorizzazione.

“Basta solo un permesso, Ami”, dissi, cercando di essere ottimista.

“Se Vinka non può ottenere il suo, potresti tu andare a vivere a Kìa?”.

Mi angosciai, perché compresi immediatamente che non avrei potuto lasciar sola la mia nonnina, anche se lei mi avesse dato l’autorizzazione: l’amavo molto e avrei sofferto. Ma Vinka era più entusiasta.

“lo credo che mia zia non avrebbe nessun problema a la­sciarmi partire, perché da quando si è sposata non si ricorda nemmeno che esisto e il mio nuovo zio, beh, è più difficile. Zio Goro è un uomo autoritario, di costumi rigidi e severi, molto attaccato al suo senso di responsabilità e se l’è presa con me, dice che vuole impartirmi un’educazione formale, morale e così via. Vigila sui miei studi e sui miei orari molto più di zia Clorka. Forse se noi gli spiegassimo tutta la verità...”.

“Dovrebbe sapere tu tta la verità, Vinka, si tratta di affetti, di amore. Cosa diciamo che sia l’Amore?...”.

“L’Amore è Dio!”, rispondemmo gioiosi, ricordando le sue

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lezioni precedenti.“Molto bene. Allora vi renderete conto che dove regna Dio

non può esserci disonestà, quindi questa autorizzazione deve essere ottenuta in maniera molto limpida. E dato che voi vi amate, vi dico che tanto meno ci possono essere scorrettezze in una coppia, perché non appena si commette un’azione indebi­ta, quest’amore smette di essere sacro. Quando l’amore è mac­chiato da falsità, inganni e tradimenti, Dio si ritira e smette di donare la magia, la grazia che porta la felicità”.

Ci guardò con uno sguardo complice.“Presumo che vi sarete già accorti che l’amore genera felici­

tà, no?”.Ci guardammo, sorridemmo e rispondemmo che quella era

una grande verità.“Ma bastano qualche bugia, qualche inganno o sotterfugio

e una relazione che era meravigliosa si trasforma in qualcosa di volgare, piena di attriti e d’insoddisfazione. Le riparazioni sono difficili e lasciano tracce. Questo è il risultato del combi­nare disonestà e amore, cioè ‘sporcare Dio’ ”.

“Però...”.“Purtroppo, non sempre gli umani ricordano che l’amore è

un dono divino, che è la magica presenza di Dio nelle loro vite e che devono portargli rispetto e attenzione”.

Non avevo visto le cose con tanta chiarezza fino a quel mo­mento (e nemmeno lo si insegna a scuola...) per questo ringra­ziai silenziosamente Dio per la sua presenza nelle nostre vite e decisi di non essere mai disonesto con Vinka, per non ‘sporcare Dio’ e per non perdere la felicità che il nostro affetto ci offriva.

“Credo di aver già intuito tutto questo, Ami. Ma tornando all’argomento dell’autorizzazione, non posso spiegare a mio zio che me ne vado in un altro mondo con un essere di un altro pianeta... Lui è fermamente convinto che solo a Kia ci sia vita intelligente”.

“‘Semi-intelligente’ piuttosto, come sulla Terra. Dove c’è vera intelligenza non c’è sofferenza”, disse Ami sorridendo.

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Io ero più interessato ai nostri problemi.“Dobbiamo cercare di convincere lo zio di Vinka, non c’è

altra via”, dissi con fermezza.“È inutile, Pierre. Prima di venire ho fatto su di lui uno

studio psicologico, con l’aiuto di un computer molto sofisti­cato, e il risultato conferma che è im-pos-si-bi-le che Goro conceda l’autorizzazione: si impunterà come un mulo”.

“Non m’importa se è un mulo, dobbiamo provare... o mo­rire”, disse Vinka, abbracciandomi in lacrime... che fecero af­fiorare le mie...

“O insieme o la morte!”, dissi con gran forza ed emozione.“Che telenovela!”, esclamò Ami ridendo. “Ma siete proprio

disposti a lottare in questo modo?”, chiese.“Fino in fondo!”, rispondemmo.“Bene, questo cambia un po’ le cose, perché quando due

persone che si amano decidono di lottare, si genera una forza molto potente... è la forza dell’Amore...”.

Cominciammo a intravedere una piccola luce nelle nostre anime.

“Gli studi scientifici affermano che è impossibile che Goro possa cedere, ma adesso so che siete decisi a dar battaglia, ‘fino alla morte’, come affermate cosi drammaticamente, ha, ha, ha, lotteremo fino in fondo. I dati scientifici possono meno di Colui che muove le galassie: quell’Essere è raggiunto dalla no­stra fede, e mi sembra che voi ne abbiate, perché l’amore è la più elevata forma di fede...”.

Sentire quelle parole ci risollevò, per la gioia e la speranza.“Certo che l’abbiamo!”.“Bene, magnifico, questo ci offre una piccola possibilità! Non

sarà facile, non illudetevi troppo pensando che sarà semplice o rapido, ma lotteremo”, disse mettendosi ai comandi e la nave cominciò a muoversi. Allora ci guardò entusiasta ed esclamò:

“Andiamo a convincere lo zio di Vinka, ragazzi!”.“Andiamo!”.Cominciammo a ridere, spinti dall’allegria e dall’illusione.

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Dietro i vetri apparve la nebbiolina bianca che indicava che stavamo uscendo dalla dimensione spazio-tempo alla quale sia­mo abituati: questo significava che andavamo verso luoghi molto lontani.

“Nave spaziale in rotta per Kta, non ci sono navi nemiche in vista” scherzò Ami, come se parlasse a un microfono, “anch’io ho visto quei film”, aggiunse.

“Andiamo a casa di Vinka, vero?”.“Lasceremo la parte più difficile per dopo. Prima andremo

a far visita a Krato e poi affronteremo quel brutto e spinoso problema”.

“Evviva!”, esclamai felice, perché il vecchio Krato era molto divertente e io ero arrivato a provare un grande affetto per lui.

Anche Vinka era contenta.“Che bello! Rivedere Krato e il suo bugo di nome Trask...”.Si riferiva a una specie di ‘cane’ molto grande che apparte­

neva al vecchio, e che somigliava di più a uno struzzo per il collo lungo e il muso sottile, ma con pelo invece di piume. Allora ricordai che Vinka, come quasi tutti a Kìa, mangiava la carne di certi simpatici animaletti acquatici, terrestri e volanti, chiamati garàboli, e le feci uno scherzo.

“Ma non fatemi mangiare carne di garàbolo come fanno altre... ALTRE!...”, dissi guardandola in modo accusatorio. Lei rise e poi mi guardò allo stesso modo mentre diceva:

“Altri che sono tanto sadici da mangiare... Come si chiama­no quei graziosi animaletti che tu mangi?”.

“Agnelli, ma non l’ho più fatto in tutto questo tempo”.“Non mangi più carne, Pierre? Favoloso!”, esclamò Ami.“Beh... non proprio non mangiare nessun...”.“Nessun pezzo di animale morto?”, chiese ridendo il bam­

bino delle stelle.Vinka cercò di difendersi.“Mia zia Clorka non sa cucinare vegetariano e ancor meno

adesso che ha sposato un terri che mangia solo carne e che...”.

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Io rimasi pietrificato al sentirlo.“COSA?!... TUO ZIO È UN... TERRI?....”.“Certo, Pierre”.“Questo vuol dire che cercheremo di convincere... UN TER-

RI?!”, esclamai, sorpreso e pieno di timore. Timore perché per me gli scimmioni terri erano più bestie che uomini. Come avremmo fatto a convincerlo? Ero sorpreso perché pensavo che le due specie umane di Kia, gli swama come Vinka e i gigante­schi e pelosi terri, fossero nemiche e incompatibili e ora mi si parlava di matrimoni fra loro... ed erano addirittura parenti di Vinka...

“A Kia ci sono molti matrimoni fra swama e terri”, mi spiegò Ami.

“Io pensavo che foste mortali nemici...”.“E lo siamo, ma a livello di specie umana”.Ami ci spiegò:“È come se fossero due paesi rivali: a volte l’amore può più

dei rancori e si formano coppie dei due paesi”.“Giusto, a livello personale a volte ci tolleriamo, arrivando

a far nascere amicizia, affetto e amore in qualche caso. Per questo ci sono parecchi matrimoni fra terri e swama”.

Compresi che era simile a quello che succedeva nel mio mondo, in certi paesi dove esistevano conflitti razziali, ma qui eravamo tutti della stessa specie, là no...

“E i figli come vengono fuori?... Se riescono ad avere figli, è chiaro...”.

“Sì, possono, a volte escono swama, a volte terri”.La mia sorpresa cresceva.“Allora ci sono donne terri che hanno figli swama?!...”.Vinka mi spiegava le strane cose del suo mondo come se

fossero del tutto normali.“Naturalmente, Pierre. Io stessa sono il prodotto di uno di

quei matrimoni, perché mia madre era swama, mentre mio padre era terri, ma morirono in una guerra quand’ero piccola e mi adottò mia zia Clorka, che è swama e si è appena sposata

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con un terri. È follemente innamorata e non si ricorda più di me e neppure mi...”.

La mia confusione aumentava. Ami aveva la faccia di uno che si divertiva un mondo alle mie spalle, ma rimaneva in disparte ad osservarci.

“Aspetta un attimo, Vinka”, la interruppi.“Che c’è, Pierre?”.“Ho capito male o hai detto che tuo padre era... TERRIÌ...".“Certo, l’ho detto”, rispose tranquillamente, guardandomi

con quei meravigliosi occhi viola pieni d’innocenza.“E LO RICONOSCI APERTAMENTE!... Questo significa

allora che tu sei mezza...terri...”.“No, sono figlia di padre terri, ma non sono terri: sono

swama, grazie a Dio”.“Ah, no. Non è possibile, nella Terra non si possono incro­

ciare i gorilla con gli esseri umani”.“Perché sono due specie differenti, Pierre”, spiegò Ami.“E gli swama e i terri, non sono due specie diverse?”.“No”, continuò, “a Kìa esiste una sola specie umana: quella

formata da swama e terri”.“Cosa?! Nel viaggio precedente non hai parlato di questo...”,

dissi confuso.“È vero, in quel momento io non potevo toccare questo

argomento perché non erano ancora cominciate le trasforma­zioni e con il ‘gran bene’ che si vogliono, la signorina swama qui presente mi avrebbe ammazzato, se avessi detto che swama e terri sono della stessa specie...”.

Vinka rise.“Credo che lo avrei fatto veramente...”.“Quali trasformazioni?”, chiesi.“Alcuni terri si stanno trasformando in swama”, disse Vinka.“Davvero?”.Ami digitò qualcosa su una tastiera e su uno schermo po­

temmo osservare la metamorfosi di un bruco in farfalla.“È qualcosa di simile a questo: ai terri che stanno per tra-

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sformarsi si ammorbidiscono un po’ le ossa e si riducono di dimensioni. Gli enormi denti cadono e ne nascono altri più piccoli molto rapidamente. Perdono i peli verdi del corpo e quelli del capo diventano rosati, gli orecchi diventano appun­titi e gli occhi viola e si producono in loro molti altri cambia­menti, esterni ed interni. È una straordinaria metamorfosi in soli due o tre giorni. Inoltre, smettono di essere terri nel pensa­re e nel sentire, che è la cosa più importante”.

“E si trasformano in swama, in esseri umani”, disse Vinka.“Lo stesso sta succedendo sulla Terra, ma là non lo si nota

molto dall’esterno...”, aggiunse Ami ridendo.Vinka continuò a spiegare:“In base a questo, i terri si sono ammorbiditi abbastanza in

questi ultimi tempi, a partire dal giorno in cui un terri molto importante e potente si è trasformato in swama. Proprio per questo e per le verifiche scientifiche, c’è stato un cambiamento nelle leggi e ora cominciano ad accettare alcuni swama in cari­che importanti. Nelle scuole e in altri luoghi non c’è più tanta divisione come prima. D’altra parte, è terminata anche l’eterna guerra fra terri wacos e terri zumbos: ora c’è più pace”.

Vinka intervenne:“Sì, però le cose sono peggiorate, perché ci siamo riempiti

di feroci terroristi di numerose bande che ammazzano e met­tono bombe da tutte le parti e siccome abbiamo un livello tecnologico superiore, le bombe sono sempre più mortali e più facili da costruire. Non so dove andremo a finire...”.

Io ero molto sorpreso da quello che sentivo.“Anche sulla Terra è finito un antagonismo molto lungo e

doloroso fra due potenze rivali, ma anche lì c’è molto terrori­smo: più pace da un lato, ma più violenza dall’altro... A cosa è dovuto tutto questo?”, chiesi.

“Vi ho già spiegato che la Terra e Kìa stanno attraversando processi evolutivi simili, si avvicinano a uno stato bioenergeti­co superiore e cominciano ad irradiare energie più sottili, che influiscono sulle specie che li abitano. Queste nuove energie

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accelerano l’evoluzione e credo di avervi detto che evoluzione significa... Ricordate cosa significa evoluzione?”.

“Evoluzione significa avvicinarsi all’amore!”, rispondemmo felici, ricordando le sue lezioni del primo incontro. Anche quel concetto illuminante fu una Luce per la mia comprensione della vita e neanche quello me l’avevano insegnato a scuola, chiaramente...

“Giusto. È così che queste nuove energie favoriscono la chia­rezza della coscienza e le espressioni umane più elevate, come la pace e l’unione”.

“Questo non si nota ancora molto...”, dissi, ricordando il terrorismo e altre cose.

“Si sta già notando, proprio perché i processi evolutivi sono accelerati. Prima la gente era più insensibile, ora è un po’ più sensitiva e più cosciente. Questo fa sì che tutto ciò che è diso­nesto, tutto ciò che va contro l’Amore si indebolisca, sia più mal visto, sempre meno tollerato, persino più punito, sia dalle leggi umane che universali. È tutta un’evoluzione, un aumen­to di coscienza, di chiarezza e di amore: è un cambiamento graduale, ma rapido e potente verso una forma superiore di civiltà”.

Le parole di Ami sembravano insinuare che non c’era più niente da fare, che si avvicinava Ofir, un Paradiso in Terra, che i nostri mondi erano salvi; ma lui percepì i miei pensieri.

“Non così rapido, giovanotto, perché così come la coscien­za e l’amore stanno aumentando, così come un nuovo mondo sta nascendo, soprattutto nei cuori e nelle menti, c’è anche un mondo che sta morendo, anche lui nelle menti e nei cuori, ma non vuole andarsene, sa di essere in pericolo di morte, ma ha ancora MOLTISSIMO POTERE...”.

Ci guardò in un modo che non presagiva niente di buono.“Volete conoscere il Tiranno del Mondo?”, aggiunse.“II tiranno di quale mondo?”.“Della Terra o di Kìa, in fondo è la stessa cosa. Le ‘civiltà’...

se si possono chiamare così... di entrambi i pianeti sono gover-

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nate da un essere che è uguale in entrambi i casi”.“Il Tiranno del Mondo!... Non sapevo che la Terra ne avesse

uno...”, dissi.“A Kìa non c’è un Tiranno del Mondo, ma un Presidente

per ogni paese...”.“Ti sbagli, Vinka, sì che c’è. Guardate su quello schermo”.Indicò una grande lamina di cristallo trasparente situata di

fianco, che io avevo preso per una semplice decorazione.“Ora vedrete una rappresentazione archetipica di un certo

essere”.“Rappresentazione cosa?”, chiese Vinka.“Archetipica. Non sai che cos’è un archetipo?”.“Un tipo che fa l’arciere?”, dissi e Ami rise.“Beh, non importa, comprenderete dopo. Ricordate solo

che il signore che vedrete non ha quell’aspetto, però la mag­gior parte della gente lo immagina e lo visualizza così, benché in realtà si tratti piuttosto di forze, di energie non molto eleva­te. Guardate”.

Cominciò ad apparire una figura umana molto sottile ed alta: portava un mantello rosso, lungo fino ai piedi. Era di spalle, non vedevo il suo viso. Sembrava allontanarsi, ma la ‘telecamera’, o qualunque cosa fosse, lo seguiva da vicino. Al­l’improvviso si voltò bruscamente verso di noi e ci guardò fisso, con una fàccia poco amichevole, come se ci avesse sorpre­si a spiarlo. Quasi svenni: era tutto vestito di nero, sotto il mantello rosso e... era orribile! Quello sguardo paurosamente penetrante sembrava racchiudere la malvagità e la crudeltà più perverse che si possano immaginare. Il bianco degli occhi in lui era rosso... e le sue mani avevano orribili artigli...

Vinka emise un piccolo grido e scappò atterrita verso il recinto posteriore.

“Spegnilo, Ami, quello è Dracula!”, quasi gridai.“No: è il Tiranno del Mondo”, rispose ridendo e spense

quello schermo infernale.“Pfui... meno male! Vieni Vinka, se n’è andato”.

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"... Sicuro?”.“Sicuro Vinka, inoltre, non avete nulla da temere. Quell’ar­

chetipo non era realmente qui: era semplicemente una proie­zione di una rappresentazione dell’inconscio collettivo”.

“Però mi ha guardato dritto negli occhi!”, dissi.“Stava guardando verso la ‘telecamera’ ”, spiegò ridendo.“Com’è quel Tiranno del Mondo? Non sapevo che esistes­

se”, disse Vinka, tornando alla sala di comando, “dove vive?”.“Esiste nel fondo della coscienza di tutte le persone”.Vinka si allarmò.“Quel mostro vive dentro di me?”.“Dentro la gente esiste di tutto, Vinka, di tutto! Dal Dio

Amore fino alla malvagità più perversa, ma è compito di ognu­no, a seconda del suo livello, esprimere nella sua vita il brutto o il bello che ha dentro di sé”.

Compresi che aveva ragione, perché anch’io a volte avrei voglia di cancellare dalla carta geografica qualcuno (già nomi­nato...). Ma solo voglia, mentre altri vanno e lo fanno. Questi sono meno vicini al Dio Amore e più vicini al Tiranno.

Vinka volle sapere cosa facesse quell’essere.“Questo personaggio cerca di dirigere, dall’ombra, dagli

angoli più oscuri della coscienza di chi lo serve, i poteri del vostro mondo. Lui utilizza le persone incoscienti a suo favore, mettendole in posti autorevoli, perché servano i suoi scopi”.

“Vuoi dire che tutti i governanti dei nostri mondi sono gestiti da lui?”.

“No, certo che no, Vinka. Molte persone sono motivate dal bene e si sentono responsabili degli altri, del loro mondo, del loro paese o città e cercano di raggiungere una posizione di potere per aiutare a migliorare le cose, per insegnare quello che è vero o anche per porre ostacoli alla disonestà e allora il Tiran­no si scaglia loro addosso per cercare di distruggerle...”.

“Che razza di angioletto, quella bestiaccia...”.“Per questo non è facile il lavoro della gente onesta. Inoltre,

quelli che si azzardano a fare qualcosa di buono, che in qual-

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che modo danneggia gli interessi del Tiranno e produce dei cambiamenti veri, sono una minoranza. Ma se non fosse per loro, la vita umana non esisterebbe più da molto tempo, per­ché non ci sarebbe nessuna barriera contro il male”.

“Immagino... E perché alcuni si lasciano dominare da lui?”.“Essi non sanno che i loro pensieri e le loro ambizioni sono

suggeriti da lui. È come se fossero ‘posseduti’ da lui che fomen­ta le guerre, i crimini politici, il terrorismo, il fanatismo, l’in­tolleranza, il delitto, la corruzione dei Governi, i pregiudizi e persino la manipolazione economica da parte di nazioni o di gruppi finanziari sul resto del mondo”.

“E perché fa questo, Ami?”.“L’obiettivo di quel personaggio è uno solo: impedire la

felicità nel mondo”.“Ah... per questo ci sono tanti disastri”, disse Vinka.Per me le cose non erano tanto chiare.“Non capisco, Ami. Perché vuole che non ci sia felicità?”.“Per lo stesso motivo per cui i microbi non vogliono che

arrivi il disinfettante”.“Non comprendo...”.“La felicità nasce dall’Amore e l’Amore è la Luce dei mondi”. “E?...”.“E così come ci sono microbi e animaletti che muoiono

con la luce, allo stesso modo quel signore può vivere soltanto in mezzo alle tenebre. Comprendi?”.

“Più o meno...”.“Si tratta di energie, ragazzi. Quando la gente è felice irradia

energie elevate, quando è infelice genera energie o vibrazioni basse. Le creature delle ombre non possono sopportare le vi­brazioni elevate, come un vampiro non sopporta la luce del sole. Il Tiranno non può permettere che il mondo si riempia di energie elevate, perché questo lo ammazzerebbe. Compren­dete, adesso?”.

“Sì. Allora il Tiranno può vivere solo quando c’è infelicità nel mondo, per questo si incarica di generare tendenze negati-

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ve nei suoi possedimenti”.“È così, Pierre, ma in realtà non sono suoi possedimenti. Il

Tiranno è un invasore, come i ratti in una casa, come un’infe­zione. Questo usurpatore starà al comando finché non arrive­rà il vero governatore, il Re del Mondo, e il Tiranno lo sa, per questo fa l’impossibile per evitare che arrivi e siccome ultima­mente c’è un forte aumento di Luce, c’è anche una forte rea­zione di auto protezione da parte delle tenebre. Per questo si stanno vivendo cose molto belle e terribili al tempo stesso. È una guerra nei piani sottili, nelle anime, comincia lì e poi si manifesta nel mondo. Comprendete?”.

“Sì, e chi sarebbe allora il Re del Mondo?”.“Il vero Re è lo stesso che governa l’Universo intero: l’Amo­

re, il Dio Amore”.“E perché, se l’Amore governa tutto l’Universo, permette

che nei nostri pianeti regni quella bestia?”.“Questo non è Dio che lo permette: siete voi a farlo”. “Noi?”.“Sì, vi ho già detto che Dio rispetta la libertà delle persone

e delle umanità di tutti i mondi. Il male regna nei pianeti e all’interno di molte persone, anche in voi stessi in molte occa­sioni, perché voi lo permettete”.

“Credo che tu abbia ragione...”.“È per questo che il Tiranno cerca di mettere le zampe nella

politica e nell’economia: spinge al delitto e a ogni tipo di fana­tismo, anche a quello religioso e sportivo. Quell’archetipo non è molto buono e voi non siete molto esigenti in fatto di qualità della vita, inoltre avete il ‘buon senso’ di non pensarci, di non intromettervi, di lasciare che altri facciano tutto, per questo i vostri mondi sono come sono...”.

“Hai ragione, Ami. Noi siamo indifferenti e amanti della comodità e con quel tipo a comandare senza ostacoli, allora addio speranze di un Ofir sulla Terra”.

“Ma ogni forza ha il suo opposto”, disse Ami con un sorri­so che stavolta faceva sperare qualcosa di buono. Manovrò di

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nuovo alla tastiera: ora sulla stessa lamina di cristallo apparve una figura bianca, un giovane dai capelli inanellati, un sorriso allegro e una scintillante spada d’oro fra le mani.

“Che bello!”, disse Vinka, affascinata.“Lì avete il rappresentante di Dio che vincerà l’invasore”,

disse Ami con entusiasmo.“Questo significa che quel giovane ucciderà ‘Dracula’?”.“Diciamo piuttosto che un’energia supererà l’altra, e ripeto

che questa è una cosa che accadrà in primo luogo dentro i cuori e poi si ripercuoterà nel mondo. Questo è già impresso nei registri senza tempo, non si può evitare. Il problema kquando, come e a che prezza

“Potresti spiegarti meglio, Ami?”.“Perché il processo evolutivo verso una civiltà più benevola

sia più soave, rapido e meno doloroso, voi lavorate alla missio­ne che avete, come tanti altri servitori. Ma per il momento non si sa come andrà a finire tutto questo, sebbene ci siano dei segni incoraggianti”.

“Quali?”.“L’ho già detto: ogni giorno ci sono più esseri, alcuni molto

importanti ed influenti che servono il bene, la Luce. Il Tiran­no perde terreno giorno dopo giorno e, naturalmente, resiste al cambiamento, cerca di prolungare il suo dominio, ma si rende conto che non può dominare un mondo di esseri co­scienti: per questo cerca di fomentare tutto ciò che può anneb­biare la chiarezza mentale”.

“È un animale!”, esclamò Vinka arrabbiata.“Non essere offensiva, controllati”, le disse Ami.“Scusami, è che mi fa rabbia...”.“Questo non ti dà il diritto di offendere gli animaletti che

non fanno nessun male paragonandoli a quel lazzarone... ha, ha, ha!”.

Ricordai che Ami una volta aveva detto che nessuno è total­mente malvagio e glielo dissi.

“Io ho parlato di esseri umani, Pierre, non di questo tipo di

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entità. A questo campione non interessa per niente il futuro dell’umanità, al contrario, vi ho già detto che il suo obiettivo è impedire l’arrivo della Luce, per questo cerca di diffondere con tutti i mezzi l’arma più mortale, distruttiva e degradante di tutte. Quest’arma genera le tenebre più fìtte sulle persone e sul mondo, le energie e le vibrazioni più basse”.

“Qual è quest’arma, Ami?”, chiesi spaventato.“La DROGA...”, rispose, guardandoci fìssi negli occhi.Ci sembrò terribile questa parola sulle labbra di Ami.“Con una gioventù dedita alla droga, il futuro potrebbe

essere dominato da esseri manipolati dal nemico dell’umanità, perché Quando una persona è drogata o ubriaca, la sua intelli­genza si annebbia e i suoi sentimenti restano bloccati, allora si colle­ga con le peggiori dimensioni di se stessa e li il Tiranno la può manovrare a suo piacimento. È per questo che le persone che sono in questo stato possono commettere azioni spaventose”.

Noi rabbrividimmo.“Le povere vittime di un vizio così potente si trasformano

in un poderoso fuoco che irradia energie negative, cioè pro­prio quello che conviene al Tiranno, perché quanta più oscuri­tà ci sarà nel mondo, più al sicuro starà lui al comando”.

“Certo...”.“Un altro modo di ‘drogare’ le persone è quello di farle

lottare con violenza e disonestà per ideali egoistici”.“Quali, per esempio?”.“C’è gente per la quale l’unica motivazione è se stessa, la

propria famiglia o i propri figli”.“E questo è male?”.“No, al contrario, i nostri esseri amati devono essere curati

e protetti, naturalmente”.“Ma allora, dove sta il male?”.“Nella parola ‘unica’, perché persino le belve difendono le

loro creature, questo si deve fare, volere o volare, non c’è un gran merito nel farlo, perché sarebbe abominevole non farlo, ma gli altri?...”.

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“Comprendo”.“È lo stesso per i piccoli o grandi gruppi: il Tiranno fa loro

credere che 1’ ‘unica’ cosa importante è difendere la propria ‘banda’, che si chiami gruppo razziale o etnico, nazionalità, religione, classe sociale, club sportivo, partito politico, gruppo ideologico o spirituale, impresa commerciale, mafia, paese, quartiere, via, angolo, ecc”.

“A me piace molto la mia squadra sportiva, Ami e sono molto contento quando vince, vorrei persino farmi socio e contribuire perché abbia più denaro e possa assumere giocato­ri migliori. Questo è male?”, chiesi.

“No, Pierre. È positivo desiderare il bene di ciò che sceglia­mo come nostro e lavorare per il suo miglioramento, è perfino necessario, perché le cose che amiamo sono una parte di noi stessi”.

“Ah, meno male...”.“Ma quando si pensa che quello sia 1’ ‘unico’ che conta,

allora non c’è rispetto, né amore per il resto, ma indifferenza o peggio, odio, violenza e disonestà: questo è il segnale che lì ci sono le zampe del Tiranno, che cerca la divisione, l’aggressio­ne, la mancanza di solidarietà e di affetto fra gli esseri umani”.

“Certo... allora sembra che il Tiranno sia anche in me, per­ché desidero che perda la squadra rivale...”.

Ami si mise a ridere.“È normale, fa parte del gioco. Ma sii sincero, Pierre, ti

piacerebbe che quella squadra sparisse per sempre?”.Immaginai il torneo senza la presenza del ‘nemico’ e provai

una specie di solitudine, perché ho molti amici fra quei tifosi. Di chi avrei riso quando ci saremmo trovati in cima alla classi­fica? Con chi mi sarei infuriato quando non avremmo vinto? Allora compresi che quella squadra era una grossa fonte di emozioni per me e che senza la sua presenza il torneo sarebbe stato molto noioso.

“Hai ragione, non mi piacerebbe che non ci fossero più... Ma che fossero più corretti e che non si pavoneggiassero trop-

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po delle loro vittorie!...”.Ami e Vinka risero di me.“Questo è il segnale che non sei sotto l’influenza del Tiranno”.“Quale, Ami?”.“Quando si desidera eliminare definitivamente il rivale, al­

lora si è sotto l’influsso dell’oscurità. La voglia di distruggere l’altro, con qualunque giustificazione, è il segno dell’influenza del Tiranno”.

“Ahhhh”.“Noi di lassù non usiamo la competizione, ma la collabora­

zione. Ma in questo tipo di mondo le rivalità, quando sono sane, sono uno stimolo accettabile, inoltre, canalizzano in modo meno dannoso delle guerre certe energie interne. Ma il Tiran­no cerca di intromettersi in questo terreno e fa credere ad alcu­ni che le loro preferenze sportive o di altro genere devono esse­re motivo di odio per il rivale e dipinge questi odi come ‘cause sante’, come ‘nobili ideali’ e a volte qualcuno arriva all’omici­dio... E ciò che serve all’umanità in questi momenti, al di so­pra di tutto il resto, è la sua pacificazione, la fraternità”.

“Hai ragione, Ami”.“Il Tiranno ha molte astuzie e ti ripeto che lavora prima di

tutto nelle menti e nei cuori: lì si occupa di confondere la gente”.“Allora dovremmo unirci contro i suoi seguaci e far loro

guerra e... Ah, no, ora ricordo che dobbiamo insegnare...”.Ami rise di nuovo.“È chiaro, perché un ‘lavoratore per la pace e l’amore’ pieno

di odio... sarebbe un’altra vittima del Tiranno... Si tratta prima di cambiare noi stessi, di essere migliori, più onesti, rispettosi, affettuosi e di proiettare poi questo cambiamento verso l’ester­no educando, diffondendo valori positivi, energie e conoscen­ze che aiutino il cambiamento di coscienza, perché ci siano sempre meno servitori dell’oscurità ed arrivi il giorno in cui il ‘lupo’ non abbia più nessuno da mordere, da manipolare e così si verifichi il cambiamento definitivo dell’umanità”.

“I lupi sono quegli animali della Terra simili ai chug di Kìa,

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ma con pelo invece di piume, vero Ami?”.“Hai ragione, Vinka”.“Allora non offendere i poveri lupi, Ami”.Ci guardò sorpreso, con gli occhi spalancati, come se dicesse

‘sono uno scemo’, perché anche lui aveva paragonato un anima­letto alle entità delle tenebre e noi ridemmo di cuore. Anche lui commetteva errori e questo ce lo faceva sentire più vicino.

Al di là dei vetri apparve enorme il pianeta della mia com­pagna: poco dopo ci immergemmo nell’enorme sfera azzurra, così simile alla Terra, chiamata Kìa...

Vinka cominciò a pensare ad alta voce.“Il mio mondo è molto bello, ma lo lascerei felice, il mio

amore per Pierre è molto più forte”.Le diedi un bacio sulla guancia.“La possibilità di lasciare il tuo pianeta e andare sulla Terra

dipende da Gora, tuo zio terri, che è molto meno gradevole di questo kiano che vediamo sullo schermo”.

In uno dei monitor apparve il vecchio Krato che passeggia­va sul suo terreno con la faccia un po’ triste. Mi rallegrai veden­dolo: vestiva la sua tunica o mantello grigio cenere, sembrava un personaggio biblico, benché non avesse niente di santo...

In pochi minuti arrivammo alla sua casa e ci fermammo in aria, nello stesso posto della visita precedente. La luce spenta sulla tastiera indicava che eravamo invisibili, ma gli animali del luogo, come l’altra volta, in qualche modo percepirono la no­stra presenza e si alterarono, cosa che indicò a Krato che il suo amico spaziale era di nuovo lì, in una invisibile nave. Il suo volto cambiò completamente: ora sembrava brillare ed era mol­to più colorito. Salutò allegramente nella nostra direzione con la mano. Conosceva già il luogo nel quale Ami era solito lasciare la nave sospesa nell’aria. Poco dopo eravamo al suo fianco, ad abbracciarci felici di ritrovarci. Trask dondolava felice il suo lun­go collo, mentre ci leccava mugolando emozionato, come i cani terrestri. Noi eravamo come lui, anche se meno espansivi...

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Ami mise un traduttore al vecchio, mentre lui diceva con entusiasmo:

“Ho sentito molto la vostra mancanza, ragazzi, così ho de­ciso che viveste con me in modo permanente: ho messo ad ognuno di voi un posto alla mia tavola e adesso chiacchieria­mo tutta la notte. Hi, hi, hi! Venite a vedere”, disse portandoci airinterno della sua casa. Io non capivo cosa volesse dire.

Ci mostrò la sua tavola: era rotonda, un’enorme disco ta­gliato rozzamente da un grande albero, anche se lucidata per l’uso, appoggiata su gambe di legno rustico. C’erano quattro sedie, quattro piatti, quattro bicchieri e quattro servizi di posa­te, tre di essi coperti di polvere.

“\fedete? Questo è il tuo posto, Ami, di fronte a me e i bambini ai lati. Questa rara bellezza chiamata Vinka alla mia destra e questo campione chiamato ‘Betro’ alla mia sinistra. Che belle chiacchierate ci siamo goduti qui, riscaldati da una bottiglia di succo fermentato. Hi, hi, hi! Ma siccome a Vinka dava fastidio il fumo della mia pipa, ho dovuto smettere di fumare, altrimenti mi cacciava dalla mia capanna. Hi, hi, hi!”.

La cosa mi commosse: compresi che Krato, per affetto nei nostri confronti e per mascherare la sua solitudine, immagina­va che vivessimo con lui e parlava da solo tutte le sere fantasti­cando che fossimo lì. Notai un’umida emozione negli occhi di Ami e di Vinka: io ero come loro. E pensare che tante volte mi ero chiesto se Krato si ricordasse di noi...

Quando Vinka riuscì a controllare i suoi sentimenti, gli disse:

“Non è uno scherzo il fumo del ‘pestozo’ (così si chiama a Kìa l’equivalente del tabacco), non lo sopporto! Ma come hai fatto a sapere?...”.

“Semplici poteri extrasensoriali, hi, hi, hi!”.Ami, con tono misterioso disse:“Forse è vero che ci siamo incontrati con lui...”.“Nello stesso modo in cui io e Pierre ci incontravamo di

notte?”.

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“Giusto! Qualcosa del genere, anche se ora non riusciamo a ricordarlo”.

Volevo rallegrare il vecchio e con molto entusiasmo gli dissi:“Sai, Krato? Sei diventato molto famoso nel mio mondo”.“Guak! Davvero?...”.“Sicuro!”.“E per quale delle mie imprese? Hi, hi, hi!”.“Per la tua pergamena, per la tua ricetta per ottenere l’amo­

re, ricordi? Molti giovani l’hanno riprodotta e l’hanno diffusa, affiggendola alle bacheche nelle loro scuole, inserendola nelle riviste o nei periodici privati e in molti altri luoghi”.

Lo vidi serio per la prima volta nella mia vita: mi guardò fisso, commosso.

“Davvero?... questo... snif...”.“Chiedilo ad Ami. L’ho messa in un libro che ho scritto

dopo averti conosciuto e che ha avuto molto successo in varie lingue”.

Krato guardò incredulo verso Ami.“È vero”, gli disse lui.“E sei diventato famoso anche qui, a Kìa, perché anch’io,

come Pierre, ho messo il tuo messaggio nel mio libro e ha anche avuto un grande successo. Nel terzo libro che scriverò dirò esattamente dove vivi, così riceverai molte visite”, disse Vinka molto contenta.

Un’ombra passò nello sguardo del vecchio.“Oh, no!”.“Cos’è che non ti piace?”, chiesi stupito.“Se volessi visite vivrei nella città...”.Ami lo guardò maliziosamente.“Da che cosa vuoi nasconderti, Krato?...”.Il vecchio tentò di protestare.“Nascondermi?... Io?... Ha, ha! Non mi nascondo da niente,

mi piace la solitudine...”, diventò molto nervoso.“Se ti piacesse la solitudine non fingeresti di averci in tua com­

pagnia, vecchio bugiardo”, gli disse Ami sorridendo, prendendolo

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per il braccio con affetto, “da che cosa ti vuoi nascondere?...”.“Io? Ti ho già detto da niente...”.“Non dimenticare che leggo il pensiero e che conosco bene

le tue storie, Krato...”.“Eh?... Ah! Oh!... Dimenticavo... Allora lo sai giàL.e non

mi disprezzi. Grazie Ami... Ma non dire niente ai bambini!”.Ami rideva a crepapelle, mentre noi eravamo molto incu­

riositi.“Non vuoi che loro lo sappiano?”.Krato diventava sempre più nervoso.“Meglio... meglio che parliamo d’altro. Come... com’è an­

dato il viaggio, ragazzi?...”.Disgraziatamente per Krato, Vinka non aveva la minima

intenzione di cambiare argomento.“Ah, no! Non mi lascerai morire di curiosità, Krato! Cosa

vuoi nascondere? Hai ammazzato qualcuno? Hai rapinato una banca? Sei evaso dal carcere?”.

“Cosa dici, piccolina... Non sono mai stato capace di fare qualcosa di illegale, ma queste non sono cose da bambini! Su, andate a giocare di là”, disse, cercando di assumere un tono autoritario che non convinceva nessuno, tanto meno Vinka, che aveva una curiosità in carne viva, come me.

“Che malvagità hai commesso? Andiamo, racconta, raccon­ta, dai...”.

Io?... nessuna... .“Racconta, caro amico, non ti priveranno del loro affetto

per qualcosa di cui non sei responsabile”.“P-però... non lo capiranno, nessuno comprenderebbe...”.“Sei un vecchio disinformato, non ti occupi mai delle noti­

zie”.“Le notizie? Behhh! No, grazie, non voglio amareggiarmi la

vita. Con la mia meravigliosa tenuta, con la mia cantina di succo fermentato di muflo e con questo paesaggio, mi basta e mi avanza”.

"Può essere, ma ignori quello che succede nel mondo”.

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“Puah! Conflitti, guerre, morti, scandali, corruzione, ma­lattie nuove. Le stesse cose di sempre...”.

“Sì, e anche processi biologici che sono in accelerazione, come quello che sta facendo sì che in questi giorni migliaia di terri si stiano trasformando in swama”, disse Ami con il can­dore di un bimbo innocente, ma Krato ebbe un sussulto im­pressionante, sentendo questa novità.

“Doppio guak!!!”.“Non sai niente dell’argomento più importante del momen­

to, Krato?”, chiese Vinka molto sorpresa, non riusciva quasi a crederci.

“Mi... mi state prendendo in giro?”.Ami si divertiva un mondo per la gustosa scena che si era

creata.“Non facciamo milioni di chilometri per venire a prenderti

in giro, ma per farti visita e già che ci siamo per raccontarti che la scienza ha appena scoperto che swama e terri appartengono alla stessa specie umana, che ogni terri deve trasformarsi in swama, prima o dopo, in un’incarnazione o nell’altra... com’è accaduto a te proprio in questa...”.

“Sei un terri trasformato!!!”, esclamò Vinka con gli occhi lucenti. “Che fortuna, ho sempre desiderato conoscerne uno di persona!”.

Krato sembrava essere in un altro mondo (beh, in effetti c’era: a Kìa...), ci guardava tutti senza sapere cosa dire, non si aspettava che il suo ‘terribile peccato’, la sua ‘grande vergogna’, il suo ‘spaventoso segreto’, venisse accettato così bene.

“Non solo, Vinka, hai anche il privilegio di conoscere il primo caso di trasformazione dei tempi attuali, il primo di quelli che sono vivi e scodinzolanti, colui che ha inaugurato questo processo nei tempi moderni: Krato”.

“Che meraviglia, non riesco a crederci!”, disse Vinka, men­tre toccava e accarezzava il montanaro di Kìa.

“C’erano stati altri casi prima, Ami?”, chiesi, ma Vinka si affrettò a rispondere.

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“Oh, sì, tre o quattro nella storia, ma io credevo che fossero fantasie, superstizioni popolari o qualcosa del genere. Ora tut­to il mondo sa che tutto questo era vero”.

“Come tante ‘fantasie’ che non vi azzardate ad accettare. Ma non sono tre o quattro, Vinka, ma tre o quattro MILA, solo che la maggior parte di essi hanno dovuto fare come que­sto eremita forzato, nascondersi e poi adottare una nuova iden­tità, perché i terri non dessero loro un sacco di botte come ‘traditori della specie’, ‘indemoniati’ o qualche altra tenerezza del genere. E così questa umanità non è stata mai informata, fino ad ora, che il fatto è perfettamente naturale”.

Krato ascoltava affascinato, con lo sguardo perso all’oriz­zonte, senza riuscire a parlare. Aveva bisogno di un po’ di tem­po per assimilare la sua nuova realtà: non era più la bestia più strana del suo mondo, ma un caso speciale, entro la norma. Era rinato, non doveva più nascondersi, era un prodigio trop­po grande per lui in così poco tempo.

Ami ed io ci unimmo a Vinka ed abbracciammo il buon Krato, confortandolo con parole d’incoraggiamento e d’affet­to fino a che cominciò a sorridere e a piagnucolare come un bimbo, contagiando tutti, compreso Ami, al quale due lacri- mucce scivolarono sulle guance ora più rosate, mentre, sorpre­so di se stesso, forse per la sua mancanza di controllo emozio­nale, non riusciva più a ridere, come tutti noi.

“Sembriamo vecchie piagnucolone!”, esclamò ridendo fra le lacrime.

“Dato che non sono più un campione degno del museo degli sbagli di natura, come pensavo, e che ora posso tornare alla civiltà a fronte alta, senza che mi fucilino, ci meritiamo un buon brindisi. Andiamo a prendere un bicchiere, amici. Voglio che assaporiate il gioiello della mia cantina: un Quarantadue Medaglie (io stesso le ho assegnate), Riserva Riservata, LTD (questo significa limitato, ragazzi) anno 39.880, annata molto buona per i vitigni di muflo delle Cantine San Krato. Hi, hi, hi! Mmm, una delizia! Andiamo, e qualsiasi rifiuto verrà con-

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siderato un’offesa, uno sgarbo”, disse, perfettamente ricompo­sto, togliendo un tappo di cartone o di cuoio da una bottiglia che conteneva un liquido rosato.

“Ricatto da ubriacone... Non ti sembra che i ragazzi meriti­no qualcosa di più leggero? Inoltre, non credi che ora che sono finite le tue pene non hai più bisogno del succo di muflo?”.

Il vecchio si fermò, ci osservò tutti, guardò la bottiglia che aveva in mano e improvvisamente scoppiò a ridere.

“Hi, hi, hi! Hai ragione, brinderemo col succo non fermen­tato, dolce e sano come questa meravigliosa piccola”.

Andò verso la cucina e tornò con un vassoio contenente quattro bicchieri di succo di frutta.

“Molto bene, Krato! Sono contento che tu non beva più”, disse Ami entusiasta.

“Non so di cosa tu stia parlando, bambino spaziale... Smet­tere di assaporare il nettare squisito?... Non rallegrare più il mio cuore? Paralizzare la produzione delle Cantine San Kra­to?... Non sognarlo nemmeno! Brinderemo con succo non fer­mentato solo perché qui ci sono dei bambini, solo per questo. Salute! Hi, hi, hi!”.

“Bene”, disse Ami rassegnato, “brinderemo e poi noi ce ne andremo: non voglio che vi si attacchino le cattive abitudini di questo vecchio sgorbio della natura. Per questo vi ho detto che è lo swama meno spirituale che io conosca, è ancora più terri che swama, per molti aspetti...”.

Vinka volle difenderlo:“Ma si sta superando a poco a poco, ha già smesso col

tabacco...”.“Inoltre, sono il primo caso di trasformazione da terri in

swama dei tempi attuali, un grande onore... per voi fortunati. Hi, hi, hi!”.

E così, fra allegre battute, brindammo alla nuova vita di Krato.

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3 - V ita Kxuova

' Ora che tutto è cambiato per te, cosa farai? Tornerai in cit­tà?”, chiese Vinka.

Il vecchio ci pensò, immaginò varie possibilità e poi disse:“Mmm, la città... il primo terri trasformato dei tempi mo­

derni... mmm... il fatto che detesto la notorietà... invece qui vivo tranquillo, passo mesi senza vedere nessuno, mi vedete: sono molto felice”.

Sapevamo che in realtà si annoiava e si deprimeva, ma non dicemmo niente.

“E non hai visto passare nemmeno una pattuglia di terri?”.“No, da quando è finita la guerra fra zumbos e wacos, di

qui non passa più nessuno”.“E non ti annoi, Krato?”.“Beh... confesso che a volte mi sento un po’ solo... Ehi,

Ami, non mi daresti un passaggio per il pianeta di ‘Betro’? Da quelle parti ci devono essere delle graziose vecchiette...”.

“Ma se non ti piace la notorietà”, rise, “non sarà facile... Un extraterrestre sulla Terra...”.

“E perché dovrebbero sapere che sono di un altro pianeta? Non dico niente, così il problema è risolto”.

“Con quegli orecchi, quegli occhi così viola e quei capelli mezzo rosati?... Penserebbero che potresti essere qualunque cosa, fuorché terrestre: la gente scapperebbe impaurita al vederti...”, dissi ridendo.

“A meno che non ti si cambi l’aspetto fisico...”, disse Ami lasciandoci molto incuriositi. Sei occhi fissavano penetranti il bambino vestito di bianco.

“Ehi, non guardatemi così... non ho ammazzato nessuno!...

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Intendo dire che la nostra tecnologia permette di effettuare certi cambiamenti nell’aspetto esteriore di qualsiasi organismo vivente, ma questo non significa che veramente possiamo...”.

“Ingrossami le gambe! (Vinka)”.“Aumenta la mia statura! (Io)”.“Cancellami le rughe! (Krato)”.Ognuno di noi espresse con forza la sua richiesta, compren­

dendo le meravigliose possibilità che erano alla portata di Ami che, come al solito, stava morendo dal ridere.

“Smettetela con le stupidaggini! Questo è un argomento molto delicato e non è al servizio della lusinga delle vanità”.

“Ma al servizio di cosa?”, chiesi.“Hum... Non devo aver nominato questo argomento... Bene,

a volte è necessario che qualcuno, nato in un mondo evoluto, presti servizio su un pianeta non evoluto”.

Vinka trasse conclusioni immediate.“Allora, sebbene io non sia nata in un mondo evoluto, tu

potresti cambiare il mio aspetto perché io possa vivere sulla Terra: potresti arrotondare i miei orecchi e...”.

“Nemmeno per sogno, mi piacciono come sono”, dissi al­larmato.

“E potresti cancellare le mie rughe, farmi la pelle come quel­la di ‘Betro’... Fantastico! Andiamo immediatamente sul tuo trabiccolo volante ad effettuare un intervento di chirurgia este­tica... Ma... non fa male?...”.

“Vi ho già detto che questa tecnologia non serve ad alimen­tare la vanità, ma per compiti di reale importanza”.

“E non ti sembra importante che uno sembri più giovane, Ami?”.

“No, Krato. Quello che mi sembra importante è che ognu­no esprima all’esterno ciò che realmente c’è al suo interno: quello che è autentico è sempre bello, persino le rughe”.

Krato colse l’occasione per uscirsene con un altro dei suoi scherzi:

“Lo so già, giovane meraviglia, e le mie mi fanno sembrare

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troppo macho, le mie ammiratrici non mi lasciano vivere in pace... Proprio per questo non vorrei essere così attraente ed avere una brutta faccia tutta liiiiscia... Hi, hi, hi!”.

“Vi ripeto che la nostra scienza non è al servizio delle vanità”.“Voi dite che la mia pergamena ha aiutato molta gente...

Questo non mi fa meritare un quattrocento annetti di meno?”, chiese l’eremita e questo mi fece ricordare che a Kìa gli anni sono venti volte più corti che sulla Terra, così calcolai che doveva avere circa millequattrocento anni kiani, ossia settanta anni terrestri, ma più tardi seppi che era più giovane.

Ami non si mosse, rimase serio a guardare dall’altra parte, le braccia incrociate.

“Trecento?... Ho smesso col tabacco... Inoltre, non ho detto parolacce in questo periodo, non ho detto neppure ‘guakaka’... OH, SCUSA!... Beh... facciamo duecentocinquanta?...”.

“Quello che nasce dall’amore non è oggetto di transazio­ni”, disse Ami, sempre senza guardarci.

“Duecento? La pergamena è la pergamena...”, insisteva scioc­camente Krato, facendomi provare vergogna per lui.

“Per un’anima grande, la ricompensa per un grande servizio consiste semplicemente nell’aver avuto la fortuna di realizzarlo. Il servizio non è un favore che fai, ma un privilegio che hai”.

“Due giorni? Oggi mi sono lavato gli orecchi e ho prega­to...”, disse Krato con una voce molto comica: capimmo allora che aveva scherzato e scoppiammo a ridere.

Poi Vinka insistette:“Sul serio, Ami, potresti modificare un po’ il mio aspetto

per consentirmi di andare a vivere sulla Terra?”.“Va bene, va bene. Sì, posso, ma non farti troppe illusioni,

ricordati di tuo zio Goro...”.“Potreste raccontarmi questa storia?”, disse Krato e Vinka

gli espose i nostri problemi. Il vecchio si animò, quando co­nobbe tutta la faccenda.

“Andrò io a parlare con tuo zio e lo convincerò, e se non accetta si incontrerà con questi pugni duri...”, si colpì il palmo

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di una mano, ma non faceva paura a nessuno.“Mio zio è un terri piuttosto grande e grosso...”.“Tuo zio è un terri?... Hum... Ah... Lo convinceremo con le

buone. Bisogna sempre cercare la via della pace e della com­prensione, ragazzi. Hi, hi, hi!”.

A quel punto mi venne un’idea incoraggiante:“Ami, è possibile che Goro si trasformi in swama?”.“Sarebbe molto bello, ma secondo gli studi che ho fatto su

di lui, è molto lontano dal livello evolutivo necessario per co­minciare a trasformarsi, dimenticate quindi questa allettante eventualità”.

Ascoltandolo, Krato finse di pavoneggiarsi:“Non è facile per un terri qualsiasi arrivare a queste squisite

vette spirituali... Hi, hi, hi!”.“Hai qualche piano per convincerlo, Ami? Non potresti

ipnotizzarlo?”, chiese Vinka.“Non sognarlo nemmeno: è un grave errore al cospetto del­

le Autorità Galattiche usare l’ipnosi per manipolare una perso­na. Non si deve violare la libertà di scelta di qualcuno, per nessun motivo”.

“Però tu hai ipnotizzato dei poliziotti, durante il nostro primo viaggio...”.

Si mise a ridere della mia confusione.“Quello era un gioco, Pierre, non c’era nessun pericolo per

loro e non si tratta neppure di ‘estremismo mentale’, non biso­gna prendere tutto così drammaticamente”.

“Poi hai ipnotizzato me perché non vedessi il cuore alato sulla roccia...”.

“Per farti una gradita sorpresa subito dopo...”, disse sorri­dendo allegro.

“È vero, ma più tardi ipnotizzasti un terri perché non ci vedesse...”.

“Per proteggere voi, non c’era alcun male in questo. Si fa un danno quando si ipnotizza o si suggestiona qualcuno perché faccia o desideri qualcosa che non vuole fare o di cui non ha

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bisogno, come nel caso della pubblicità, con la quale manipo­lano le menti delle moltitudini perché comincino a desiderare quello che vogliono vendere... Non immaginano in che situa­zione spaventosa si stanno mettendo di fronte alle leggi univer­sali coloro che pianificano certe strategie pubblicitarie... Poi, come sempre: ‘Perché Dio mi castiga cosimi? Ioooo, che non ho fatto nieeente di male'...”.

“Cosa vuoi dire, bambino delle saette?”.“Che la Legge Fondamentale dell’Universo è l’Amore. Quan­

do la si viola, ahi, se si feriscono molte persone, ahi, ahi, ahi... Perché tutto quello che si fa ritorna a noi: se questi pubblicitari usano le loro conoscenze e capacità per il miglioramento del­l’umanità, per aiutare l’evoluzione delle coscienze, riceveranno meraviglie in cambio, per la stessa ‘legge del boomerang’

“Legge del boomerang?”, chiedemmo noi tre.“Causa ed effetto, azione e reazione, è più o meno la stessa

cosa. Se fai un gran bene, ti ritornerà un gran bene, se fai un grande danno, puoi aspettarti un danno dello stesso ‘colore’ di quello che tu hai fatto. Questa legge funziona in tutti i livelli dell’esistenza”.

Krato si entusiasmò.“Cioè che non era uno scherzo quello della mia pergamena:

questo significa che ora posso aspettarmi qualcosa di gradevo­le in cambio...”.

“Sì, puoi, la legge si compie matematicamente, ma non pren­derlo con vanità”.

“Però non mi è accaduto niente di buono, ultimamente”.“Che ingrato, dire questo proprio quando ha appena posto

termine alle sue pene...”, disse Ami guardandolo con un certo rimprovero.

“Gualcì Questo sì, è vero...”.“Avresti potuto passare il resto della tua vita ignorando che

non c’era più motivo di nasconderti, ma ‘qualcosa’ ha fatto sì che io venissi a trovarti...”.

“Credo che tu abbia ragione, bambino protonico, ma...”.

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“Ma che”.“Beh, sai già che mi sento solo...”.“Ora puoi ritornare in città, Krato”.“Un vecchio come me? Non saprei cosa fare, come sopravvi­

vere. Inoltre, non conosco nessuno là, non so niente del mon­do moderno, sarei un intralcio. D’altro canto, e questo è il motivo principale, le uniche persone che amo siete tu e questi due ragazzi. Mi sono affezionato troppo, per questo mi inven­tavo che viveste con me. Credo che non potrei più sopportare una separazione”.

Vinka ed io abbracciammo commossi il caro vecchio.“Ancora un altro melodrammone...”, disse Ami sorridendo.“Non potremmo vivere tutti e tre insieme, una buona vol­

ta?”, chiesi.Contrariamente a quello che pensavo, Ami non si mise a

ridere, mi guardò serio e chiese:“È veramente questo il tuo desiderio, Pierre?”.“Tu sai che è così, mi si spezzerebbe il cuore se dovessi la­

sciare Vinka di nuovo e ricordare Krato che parla da solo in questo abbandono... No, non lo sopporterei: sì, questo è il mio desiderio, Ami”.

“Allora chiedilo, o meglio, decidi che questo diventerà real­tà e poi abbi fede nel fatto che si realizzerà, Pierre. Se veramen­te pensi che sia possibile e che ti verrà concesso, allora ti sarà concesso, ma se permetti che il dubbio si impadronisca di te... Ti dirò di più: i desideri buoni e belli provengono dalla parte più elevata del tuo interno, dalla parte del Dio che abita in te e se Lui suscita un desiderio in te, è perché hai la capacità di realizzarlo. Ma per ottenerlo hai bisogno della tua fede, della tua certezza e sicurezza”.

“Allora sono sicuro che andremo tutti e tre sulla Terra e vivremo vicini per sempre”, dissi con grande entusiasmo, que­sta volta.

“Anch’io!”, dissero felici Vinka e Krato.“Bene ragazzi, così si parla. Ora andiamo a convincere Goro”,

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disse Ami allegramente.“Posso accompagnarvi?”, chiese Krato.“Sì Ami, che venga con noi!”, esclamammo io e Vinka.“Non c’è alcun problema, puoi venire, Krato”.“Evviva! Hi, hi, hi”.“Hai qualche piano, Ami?”.“Nessuno, ma il nostro desiderio si realizzerà, vero?”.“Vero!”, dicemmo in coro noi tre.Ami disse che avremmo fatto un breve viaggio verso la città

di Vinka: questo significava andare in realtà in un altro conti­nente, ma tenendo conto della velocità di quel veicolo spaziale, si trattava di un viaggio ‘breve’.

Krato era felice della sua prima traversata in ‘ufo’: non vole­va perdersi nessun dettaglio del volo, col naso attaccato al ve­tro della finestra.

"Hi, hi, hi! È spettacolare!... Ma... Non c’è pericolo? Io peso abbastanza e questo apparecchio è un guscio di ‘topa’...”.

Compresi che quella parola significava noce.“Hai ragione, Krato, questa nave è leggerissima, perché uti­

lizziamo materiali ultraleggeri, ma non c’è problema, questo veicolo può sollevare qualunque peso, perché qui dentro si annulla la gravità esterna e se rimaniamo attaccati al pavimen­to in questo momento è perché qui dentro utilizziamo una gravità artificiale, che può essere modificata, guardate”, disse azionando dei comandi.

Immediatamente ci trovammo tutti a fluttuare nell’aria, avevamo perduto il nostro peso, ma Ami continuava a stare al suo posto, aggrappato al suo sedile.

“È come nuotare nell’aria! Hi, hi, hi!”.Krato puntava i piedi contro una parete, si dava una spinta

e attraversava tutta la stanza fluttuando nell’aria. Vinka ed io cominciammo ad imitarlo: lei molto presto si mise a fare delle piroette come quelle che avevo visto nelle danze subacquee in televisione. Era affascinata ed inventava movimenti artistici nell’aria.

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Ami premette ridendo un pulsante e tutti e tre ricademmo dolcemente sul pavimento.

“Ehi, credo che mi sia partito il collo! Dovrai pagarmi dan­ni, lesioni e ospedale: il boomerang ti punirà. Hi, hi, hi!”.

“Non sono così distratto da rimettere tutta in una volta la gravità che avevo tolto. A proposito, sapevate che la disatten­zione è una forma di malvagità?”.

Questo non mi sembrò molto evidente.“Se il pilota di un aereo carico di passeggeri si distraesse... o

il meccanico...”, disse.Compresi immediatamente.“La distrazione può causare tanti danni, quanto la malva­

gità intenzionale, quindi, cercate di avere sempre tutte le vo­stre cose in ordine, non siate distratti. Se avete una cattiva memoria, annotate tutto, fatevi una lista per assicurarvi che tutto sia sotto controllo. State attenti ad attraversare la stra­da: insomma, non trascurate niente perché l’Universo non può aiutare i disattenti”.

“Perché questo, Ami?”.“Se ti dimentichi di chiudere a chiave e vivi in un quartiere

pieno di ladri...”.“Certo...”.“La distrazione può far perdere grandi imprese, ragazzi”.“Allora non distrarti con quei comandi, bambino astrale”.“Non preoccuparti, Krato, questo si può manovrare da solo,

col computer, è programmato per non cadere e non sbattere”.“Ma vale sempre la pena di darci un’occhiata, no? Non si

deve essere distratti, perché è peccato. Hi, hi, hi!”.

Un paio di minuti dopo eravamo invisibili sopra la città di Vinka, precisamente sopra la sua casa e guardavamo all’inter­no attraverso lo schermo di un monitor. Un terri abbastanza brutto, come tutti del resto, stava seduto comodamente su una poltrona e leggeva una rivista. Però questo anim... questo si­gnore vestiva molto elegante, impeccabile: solo sul capo e sulle

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mani si vedeva il lungo pelame verde, molto ben pettinato e lucido, curato come gli artigli delle sue mani. Una signora swama tesseva di fronte a lui.

“I miei zii! Ehi, zii, sono qui!...”.“Non possono sentirti, Vinka, per fortuna. Se sapessero che

sei a bordo di una nave spaziale...”.“Dovranno pur saperlo, non c’è alternativa”, dissi scorag­

giato. Ami era d’accordo.“Andiamo a pianificare qualcosa per convincere Goro, cosa

che può prendere alcuni giorni... settimane forse”.“Così tanto!”.“Anche di più, mesi... anni nel peggiore dei casi”.Le nostre bocche spalancate spaventarono Ami.“Ma non fate queste facce inorridite... Scusatemi, avevamo

deciso che dovevamo essere ottimisti nel pensiero e proprio io me lo sono dimenticato. Ma non dobbiamo neanche distac­carci dalla realtà, siamo di fronte a una persona dalla mente rigida come la pietra e mettiamoci un po’ nei suoi panni: non è facile lasciar partire verso un altro mondo una ragazza che è sotto la sua responsabilità... in compagnia di esseri spaziali... Vi rendete conto?”.

Sì, ci pensammo un poco e ce ne rendemmo conto: il corag­gio ci cadde sul pavimento.

“Ma nemmeno dobbiamo perdere la fede. Insomma, stasera ognuno di voi dormirà a casa sua, domani passerò di nuovo a prendervi. Faremo la stessa cosa per tutto il tempo che sarà necessario e adesso tu cercherai di parlare da sola con tua zia. Vedi di prepararla un po’ alla volta, non pretendere di avanzare molto in un giorno solo. Noi ti guarderemo attraverso il moni­tor per avere dati sulla sua reazione”.

“Che focile... saranno affascinati quando sapranno che vo­glio andarmene in un altro mondo su una nave spaziale... In manicomio, mi manderanno!”.

“Però se tua zia vedesse un ‘ufo’... disse Ami con un sorriso incoraggiante.

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“Permetterai che veda questa nave, Ami?”.“Se è necessario e se le Autorità lo permetteranno, sì. Non

oggi stesso, naturalmente...”.Vinka era dominata dall’impazienza.“Non oggi stesso? Perché aspettare oltre?”.“Procederemo poco a poco, Vinka, non possiamo precipita­

re niente”.“Credo che non ci sarebbero problemi, Ami, non pre-occu-

parti tu, adesso. Ha, ha, ha! Mia zia Clorka è arrivata a credere un po’ per volta a quello che le ho detto, perché è lei che scrive i miei libri. All’inizio si chiudeva, ma ora è più disposta a credere”.

“A credere che tutto quello che hai scritto è vero, Vinka?”, chiesi.

“No, tanto così no, ma accetta che ci possa essere vita intel­ligente fuori di questo mondo. Con lei sarà più facile, ma con mio zio...”.

“Forse avremo fortuna e tutto si risolverà proprio adesso, forse stanotte stessa la valigia di Vinka sarà a casa mia e noi in una stanza...”, dissi pieno di speranza.

“Va bene essere ottimisti, Pierre, ma non va bene essere illu­si”, disse Ami guardandomi con simpatia.

“E qual è la differenza, dov’è il limite, Ami?”, volli sapere.“Beh, in realtà tutto è possibile...”.“Tutto, tutto, tutto?”, chiese incredula Vinka.“Tranne le assurdità e le aberrazioni, certo, come se uno

volesse essere un oratore famoso e non avesse la lingua... o pretendesse di salire su una nave come questa con il cuore pie­no di odio, invidie e gelosie... ma nella norma, tutto quello che si desidera veramente può diventare realtà, sempre che si segua il procedimento adeguato”.

“Spiegati meglio, bambino stratosferico”.“Così come un seme d’albero ha bisogno di un certo pro­

cesso, che ha a che vedere col tempo, di nutrimento e di attenzioni per trasformarsi in albero, allo stesso modo si deve

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tener conto del procedimento di cui ha bisogno ogni proget­to, sogno o desiderio. Tutto è possibile, ma tutto richiede tempo e sforzo”.

“Come la fermentazione del succo di muflo: non è cosa che si fa da un giorno all’altro”, sostenne Krato.

Io ero più interessato alla possibilità che la sera stessa Vinka venisse a vivere al mio fianco. Ami captò quello che pensavo e riprese l’argomento.

“Il pessimista si sbaglia, perché tutto è possibile: ma anche l’illuso si sbaglia, perché non sa distinguere fra assurdità e pos­sibilità reale, o perché non tiene conto del processo o del tem­po necessario per realizzare od ottenere qualcosa. Ti ho già detto che ho studiato a fondo la mente di Goro e il risultato è stato preciso: IMPOSSIBILE, quindi ci siamo messi in un pro­getto che va contro quello che afferma la logica. Non sarà una cosa di poche ore, Pierre, ma nemmeno pensiamo negativa- mente, dobbiamo avere fede, perché tutto riesca bene e tu devi stare attento alla tua mancanza di pazienza. Sia come sia, que­sta sera andrai tu solo a casa tua, la tua nonnina ti aspetta”.

“Hai una nonna, ‘Betro’?”, chiese il vecchio molto interes­sato.

“Sì”.“Mmmm... separata... vedova?”.“Ah, no! La mia nonnina è una santa, Krato, e mio nonno

ha molti brutti difetti”, mentii, perché lei è vedova.“Cerca di non mentire, Pierre”, mi accusò Ami.“Ahhh, non hai nessun nonno... Puoi chiamarmi ‘nonno’

allora, ‘Betro’ ”.Si misero a ridere, ma a me la cosa non fece piacere.Ami pose la nave in fondo al cortile della casa di Vinka,

pieno di alti cespugli, sarebbe scesa lì. Le disse che il giorno seguente ci aspettasse di buon’ora nello stesso luogo.

Ci separammo un po’ sconsolati, come se lei andasse alla guerra; questo, come sempre, fece ridere Ami, tuttavia, questa volta il bambino vestito di bianco si sbagliava e noi avevamo

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ragione: Vinka aveva una brutta ‘guerra’ nel suo immediato futuro. Il nostro incontro non sarebbe stato così facile...

Scese dalla nave e s’incamminò verso l’interno della casa, men­tre noi la seguivamo attentamente attraverso un monitor.

“Ciao, zii”, disse entrando, salutandoli con un bacio sulla guancia..

“Come può baciare quel mostro!”, esclamai.“Silenzio, ascoltiamo”, ordinò Ami.“Zia Clorka... credi agli extrakiani?”.Ami si irritò.“Non fa nessun preambolo!... Che ragazza impulsiva! Inol­

tre, le avevo detto di parlare da sola con lei... Che sbadata!”.“No, non ci credo”, rispose un po’ allarmata la zia, facendo­

le cenni perché tacesse, indicando Goro, sepolto dietro la rivi­sta. Ma lui aveva sentito e disse:

“E dàgli con questa ossessione... Hum... questa ragazzina non sarà una persona normale, da grande. Magari mi farà ver­gognare...”.

“Se io sono così matta, zio, ti importerebbe molto se me ne andassi a vivere lontano da qui?”.

Il terri sembrò spiccare un salto, lanciò lontano il giornale, la guardò fìsso e minacciosamente disse:

“COSA... STAI... CERCANDO... DI DIRMI?!”.Quella poverina di Vinka impallidì, ma trovò un sistema

per alleggerire la situazione e volgerla a suo favore.“Che dal momento che in questa casa mi considerate una

pazza... che sono una vergogna... è meglio che me ne vada per sempre”, disse, come se stesse per piangere. Questo commosse Goro, che si alzò in piedi, si avvicinò e cominciò ad accarez­zarle la testa.

“Scusami, Vinkita, hai ragione, sono stato un po’ duro con te... Starò più attento, perché non ti venga mai più l’idea di abbandonare questa casa...”.

“Maledizione, è ancora peggio!”, esclamai irritato.

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"Non sarà facile, per niente fàcile”, commentò Krato acca­rezzandosi la barba.

“Animo, ragazzi, animo”, ci incoraggiava Ami.Vinka guardò verso l’alto, sapendo che noi la stavamo guar­

dando, e fece una faccia come se chiedesse: e adesso, cosa faccio? Cosa che ci fece ridere, malgrado il nostro nervosismo. Poi le venne in mente una nuova strategia e disse:

“Anche se credo nella vita extrakiana?...”.‘Bene, Vinka’, pensai.Goro cercò di farla ragionare con le buone maniere.“Figliola... andiamo... questa tua ossessione per quell’argo­

mento...”.Lei si alzò in piedi e lo affrontò sfidandolo, mentre diceva: “IO HO VISTO DELLE NAVI!”."È un’allucinazione, un sogno, sono fenomeni meteorolo­

gici, figliola”.“AH, Sì? ANDIAMO A VEDERE SE LA NAVE CHE AP­

PARIRÀ ADESSO È UN’ALLUCINAZIONE, ANDIAMO, ANDIAMO IN CORTILE E GUARDA TU STESSO SE QUE­STA È UN’ALLUCINAZIONE!”, esclamò uscendo.

Ami si strappava i capelli, alterato.“Lo sta facendo male, lo sta facendo male, non così!... La

colpa è mia. \fodete? Non sono stato sufficientemente attento nel darle istruzioni. Che disastro...”.

“È perfetto, Ami, ora rendiamo la nave visibile e basta”, dissi.“Che cosa?! Se lo facciamo, Goro muore o diventa matto ed

io non posso permetterlo. Inoltre, non posso nemmeno rende­re visibile la nave a mio capriccio: per questo bisogna chiedere l’autorizzazione e se le cose vanno male, non me la danno. Vinka avrebbe dovuto procedere poco a poco, segretamente, glielo avevo detto...”.

Siccome conosco la mia anima gemella, gli spiegai:“Lo ha fatto di proposito, Ami, è stata la sua impazienza”.“Certo! Che sciocco sono stato e che ribelle è Vinka... Ma la

colpa è mia, faccio fatica a ricordare che mi trovo davanti a

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esseri di pochissimo autocontrollo... Sentiamo”.Goro guardò Clorica molto preoccupato e le disse:“Nostra nipote sta molto male, bisogna portarla dallo psi­

chiatra, questo è un attacco di pazzia...”.“VENITE, VENITE IN CORTILE A VEDERE VOI STES­

SI! IO SONO IN CONTATTO CON ESSERI DELLO SPA­ZIO E SE VOGLIO, APPARE UNA NAVE. VENITE A VEDE-

• RE COSI’ MI DITE SE SONO PAZZA O NO, VENITE!”.“Poveretta... snif”, disse Clorka ascoltandola e si asciugò

con un fazzoletto gli occhi e il naso.Era vero che la mia povera amata sembrava una pazza, mi

fece pena vederla così e mi sentii anche un po’ in colpa, ricor­dando che faceva questo in nome del nostro affetto. Gli zii erano così sicuri della pazzia di Vinka, che non si sognarono nemmeno di uscire in cortile a dare un’occhiata.

“VIENI, AMI, APPARI UNA VOLTA PER TUTTE, M a STRA LA TUA NAVE SPAZIALE A QUESTI INCREDULI!”, diceva fuori di sé, guardando il cielo senza riuscire a vederci.

Ami prese un microfono, che io già conoscevo, che era in grado di indirizzare la voce solo verso un punto determinato.

“ Vinka:!”, disse. La sua voce risuonò all’orecchio della mia compagna.

“COSA?! AMI È INVISIBILE E STA PARLANDO AL MIO ORECCHIO... VENITE...”.

“Poverina... snif...”.“Che vergogna, che umiliazione. L’hai educata male, Clorka,

è una svitata”, diceva il terri."Io non ne ho colpa, Goro, mia sorella è morta improvvisa­

mente in un bombardamento quando ero quasi una bambina e sono rimasta con la creatura a carico, in piena guerra e nessu­no mi ha insegnato ad allevare bambini...”.

“Calmati, Vinka, calmati”, le raccomandava Ami."DOVE SEI, AMI?”.“Parla più piano, Vinka. Puoi calmarti? Ti sto parlando dalla

nave con un microfono direzionale. Goro non deve ancora vedere la

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nave".“Oh certo, solo mia zia... ZIA CLORKA, VIENI IMME­

DIATAMENTE!”.“Oh, no!”, esclamò Ami, “l’ho pregata di parlare prima con

lei, di prepararla. Non posso creare un avvistamento così im­mediato per lei”.

“Vado a vedere cosa succede... Povera piccola... Quei libri!...”, disse Clorka.

“Sì, quei libri... Riportala dentro, mentre chiamo uno psi­chiatra amico mio. Cerca di farla stare zitta, perché i vicini non se ne accorgano”.

Clorka uscì in cortile ed abbracciò Vinka, che guardava fis­so verso l’alto.

“Andiamo, Ami, rendi la nave visibile, approfitta”, gli chiesi.Lui prese i comandi e disse:“Prima devo consultarmi, bisogna calcolare se Clorka riesce

a sopportarne la vista o no, aspettate”.In un altro schermo apparve molto ingrandita la testa della

zia, poi il suo interno. Si vedevano molte scintille, come di energia di vari colori, ma Ami non guardava quello schermo, ma un altro, nel quale stavano apparendo degli strani segni. Si sentì un bip.

“Magnifico: è al limite, ma lo sopporterà senza subire dan­ni, abbiamo l’autorizzazione. Bene, ora andiamo a far speri­mentare un ‘contatto ravvicinato’ alla povera zia Clorka”.

La nave divenne visibile, eravamo molto bassi e cominciam­mo a fere dei cerchi intorno a quelle due.

“GUARDA, ZIA, LÀ!”.Vinka era felice. La zia non le dava retta, ma improvvisa­

mente una luce abbagliante illuminò il cortile e lei non ebbe altra scelta che quella di guardare in alto e di rimanere con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata...

“Sufficiente”, disse Ami e ridiventammo invisibili: avevamo concesso a Clorka un avvistamento di una quindicina di secondi.

“Non conviene attirare l’attenzione più del dovuto”, spie-

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8 Ò «“Hai visto, zia? Quella era la nave del mio amico”.Goro aveva notato il grande bagliore luminoso proveniente

dall’esterno quando stava per fare la telefonata e usci nel corti­le. Incontrò sua moglie con la bocca aperta e gli occhi spalan­cati che guardava ancora verso l’alto: lui fece altrettanto, ma ormai non poteva vedere nient’altro che il cielo.

Io ero felice, benché la zia Clorica stesse per svenire. Goro se ne accorse e portò in casa tutte e due, sembrava molto preoccu­pato.

“Cosa ti succede, Clorka, cos’hai visto?”, le chiedeva mentre l’aiutava a sedersi in poltrona.

“Ha visto la nave del mio amico, naturalmente”.“È... è... vero... c’era una... nave spaziale... È vero, Vinka non

è pazza, io l’ho vista, l’ho vista, Goro! L’HO VISTA!...”.“Allu... allucinazioni, Clor... Ma anch’io ho visto una gran­

de luce qui fuori... Cos’era?... Però non ho visto niente nel cielo...”.

“No, zio, tu non puoi vedere perché non sei preparato, per questo il mio amico l’ha resa invisibile quando sei arrivato tu, è stato per proteggerti, perché tu non diventi matto o non muoia per l’impressione”.

Goro dovette sedersi anche lui, chiuse gli occhi, si mise le mani sulle tempie e cominciò a pensare.

“Navi spaziali... invisibili... sembra una presa in giro... deve avere una spiegazione logica... Sei sicura di aver visto qualcosa, Clorka?”.

“Sì, Goro e non è stata un’allucinazione”.“Forse era una meteorite, una stella cadente...”.“Di metallo argentato?...”, disse Clorka.“Allora poteva essere un aereo...”.“Rotondo?...”.“Un pianeta, allora, una stella...”.“Che faceva cerchi sopra la casa, con luci colorate e un

simbolo sotto?...”.

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“Un simbolo? Com’era questo simbolo?”.“Come quello che compare nei miei libri, zio Goro, il cuore

alato. È tutto vero, io sono veramente stata in altri mondi con la nave di Ami”.

Krato, Ami ed io eravamo felici nell’ascoltare quella conver­sazione.

“E inoltre, zio Goro, loro ci stanno guardando su uno scher­mo, in questo momento stanno ascoltando la nostra conversa­zione”.

“Loro? Hai parlato di uno solo, del famoso Ami, quello dei tuoi libri”.

“Sì, ma c’è anche Krato, che è il primo terri trasformato in swama dei tempi moderni, anche se questo non si è saputo per­ché lui è andato a nascondersi sulle montagne di Utna. Lui è di là. E c’è anche Pierre nella nave, lui viene da un pianeta molto simile a questo ed è la mia anima gemella... Entrambi siamo missionari nei nostri mondi, siamo servitori del Dio Amore...”.

Il terri si tirava i peli verdi ai lati della faccia, ascoltando discorsi così irrazionali: navi spaziali, esseri di altri mondi, anime gemelle, missionari, Dio Amore...

“Per favore, Vinkita, dimmi che tutto questo è fantasia, non può essere altro che questo, la realtà non è stravagante come una fiaba infantile. Dimmelo, per favore, se non me lo dici, credo che mi scoppierà la testa... Questo Universo non è come tu lo dipingi nei tuoi libri: la fantasia sì, la realtà no e io non posso essermi sbagliato per tanti anni, io e gli scienziati, la gente seria e razionale... tutti sbagliati?”.

“Si, Goro, tutti sbagliati per millenni”, disse Ami attraverso il microfono, facendo sobbalzare il terri.

“CHI HA PARLATO?”.“Ami, zio Goro. Lui ha un microfono nella sua nave, col

quale può fare ascoltare la sua voce ovunque”.'Per non dire che può parlare in qualsiasi lingua’, pensai.“Ho paura... possono essere spiriti... esseri malefici...”, dice­

va Clorka con voce tremante.

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“Non devi temere, zia, Ami è buono ed è di carne ed ossa: è veramente come si dice nei libri”.

Goro sembrò essere arrivato ad una conclusione.“Chissà... Beh, è evidente allora che qui c’è una tecnologia

sconosciuta, ma non di un altro mondo, certo, è ridicolo... o forse sì... anche se è una follia pensarlo... non so.. Quello che non si capisce è se hanno buone intenzioni... forse ti stanno usando... Credo che andrò a chiamare la PP. Questo potrebbe costituire una minaccia per Kìa”.

“Cos’è la PP, Ami?”, chiesi, ma mi rispose Krato.“Brrr... la Polizia Politica”.“Hai ragione: brrr”, dissi.“C’è qualcuno che si sceglie proprio delle cose carine come

lavoro...”, commentò Krato.“Il lavoro permanente di ogni persona è come una fotogra­

fia che rivela la qualità della sua anima”, spiegò Ami, “ma non discriminate”, aggiunse, “vedrete ora che persino nella PP c’è gente buona.

“L’amore... una minaccia per Kìa?”, chiese Vinka a suo zio con una certa ironia.

“Ci sono chugs travestiti da tukos...”, disse Goro sfiduciato.“Ritengo che questo voglia dire qualcosa come ‘lupi trave­

stiti da agnelli’ ”, dissi.Ami si mise a ridere.“È così, Pierre, perché tu ti renda conto che la sfiducia è

universale e che sempre ricorrono le stesse immagini. Vedete com’è la mentalità terri? Quando alla fine riesce ad accettare una realtà superiore, deve necessariamente riabbassarla al pro­prio livello: l’accetta, sì, ma sempre che sia terribile come il suo panorama mentale. Goro ha mezzo accettato alla fine che c’è vita in altri mondi, però certamente deve trattarsi di esseri perversi... Se sapesse di certe splendide dimensioni dell’esisten­za e di certe meravigliose anime del Cosmo...”.

“E ci sono anche tukos non travestiti, zio, ci sono anche quelli”.

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“Come sarebbe bello... ma no... non può essere. NON PUÒ ESSERE!”.

“No, è chiaro”, disse Ami al microfono, “tutto nell’Universo deve essere uguale a quanto di spaventoso c’è a Kìa... NON POSSO­NO esistere realtà né esseri superiori, NATURALMENTE. Kìa è il massimo di tutto ciò che esiste in milioni e milioni di stelle e di galassie. Kìa è il punto PIU ALTO dell’evoluzione della vita univer­sale, vero Goto?...”.

Vinka, Krato ed io ridemmo e Goro vacillò un po’ per la presa in giro dei suoi pensieri fatta da Ami.

“Non so, non parlo con chi non ha il coraggio di mostrare la fàccia, se ha una faccia... per quel che ne so io. Devo pensar­ci, mi fa male la testa. Andiamo a letto”.

“Ma se non è ancora tramontato il sole, zio”.“Va bene, voi restate qui, io me ne vado a letto a leggere i

tuoi libri per informarmi meglio”.“Non li hai ancora letti, zio?”.“Io leggo co seterie, non cose da bambini... Bene, a domani,

e dì ai tuoi 'amici' che smettano di spiare con quella telecamera nascosta, che rispettino la vita privata”.

Vinka si mise a ridere, guardò verso l’alto e disse:“Sentito, ragazzi?”.Ami riprese il microfono.“A domani, e cerca di accettare un po’ che non tutto è e^sì orribile

come pensi tu, amico Goro e non parlare assolutamente di questo con nessuno, perché tutto potrebbe complicarsi, d’accordo?”.

“Va bene”, disse Goro di malavoglia e si chiuse nella sua stanza sbattendo la porta.

Ami spense lo schermo.“Tutto è riuscito meglio del previsto, siamo avanzati molto

in una volta sola, ma non rallegratevi troppo, per il momento. La mente terri subisce l’influenza del Tiranno del Mondo e...”.

“Cosa vuol dire, bambino galattico?”.Ami gli spiegò l’argomento del Tiranno e glielo mostrò sul­

lo schermo, mentre io guardavo da un’altra parte.

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“Brrr, grazie, mi basta così. Vediamo piuttosto l’altro”.Apprezzò il giovane con la spada d’oro, ma ora lui aveva i

capelli rosati, gli occhi viola e gli orecchi da swama...“QUESTO sì che è un campione! Distruggilo a colpi di

spada! Ha, ha, ha!”.“Gli archetipi cambiano a seconda del mondo nel quale li

si immagina”, spiegò Ami.Io chiesi se anche la mente terri riceveva l’influenza di quel

giovane.“A mano a mano che si accetta questa influenza si smette di

essere terri, poco a poco. Però, prima o dopo tutti i terri smet­teranno di esserlo: vince sempre l’Amore e sapete perché?”.

“No”.“Perché l’Arìiore è Dio”.Krato si fece serio e disse:“Hai ragione, Ami. Io lo so, l’ho vissuto, è stato allora che

ho scritto là pergamena ed ho smesso di essere un terri”.“Hai avuto quell’esperienza illuminante mentre eri ancora

ferri?”, chiese Ami.“Ero terri come Goro”."Vedete? Dio non disprezza le sue pecorelle smarrite”, disse

Ami.“Le sue che?”, chiese il montanaro.“I suòi tukos smarriti”.“Ah, nemmeno io, Ami”.“Non dispreizi hessuno, Krato?”."Nessun tuko che si sia perduto sulle mie montagne, così

quando ne prendo uno, mmmm, una delizia, impanato in sal­sa piccante. Ha, ha, ha! A proposito, ho fame, torniamo a casa”.

Ami riprese i comandi, mentre ridevamo.“Io pensavo di portarti a conoscere la Terra, Krato, perché

tu vedessi se ti interessa veramente vivere lì”.“Fantastico! Allora infila questo apparecchio diretto verso

la Terra, bambino elettronico. Ma... dovrebbe essere veloce... A meno che tu non abbia qui dentro un... Non so se Voi usate

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queste cose...”."Che cosa, Krato?”, chiesi.“Un bagno”, disse Ami ridendo, perché aveva captato quel­

lo che il vecchio pensava.Questo stimolò la mia curiosità.“Sul serio, non ho mai saputo se... Usi il bagno, Ami?”.“Non penserai che io vada a farla vicino a un albero”, rispo­

se ridendo, i“Questo significa che anche tu...”.“E cosa vorresti? Ancora non so nutrirmi solo dell’energia

dell’Amore, del sole e dell’ossigeno, come fanno in altri livelli di esistenza. Là dietro c’è un bagno, Krato, seconda porta a sinistra”.

"Vaaado”, disse lo swama mentre correva verso il bagno. Dopo pochi istanti tornò dicendo:

“Ehi, quello non è un bagno: non c’è niente lì, è una stanza vuota...”.

“Oh, hai ragione. Ho dimenticato di spiegarti, devi solo entrarci e chiudere la porta”.

“Sarò un montanaro, ma non sono sporco, non ti lascerò quel posto ammollato... Non c’è neanche un miserabile scarico li!...”.

Ami rideva a più non posso.‘‘No Krato, no. Devi entrare e non fare niente...”.“Ma se quello che voglio è fare... perché ci entro, allora? Per

non fare niente?”.Ami dovette sforzarsi per smettere di ridere e riuscire a spie­

gargli.‘Tu entra in quella stanza, chiudi la porta e non fare niente.

Poi torna qui, allora vedrai che non ne hai più voglia”.“Ah, è un posto perché ti passi la voglia... Ma una volta o

l’altra si dovrà pur ‘fare’... Non capisco niente e non ce la faccio più. Vado”.

Subito sentimmo la sua voce provenire da quella stanza.“Ahhh, che sollievo! Ehi, è favoloso, ragazzi!”.

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“Com’è la faccenda, Ami?”.“Niente, entri li dentro e si attivano dei raggi che smateria­

lizzano le sostanze indesiderabili dalla tua pelle e dall’interno del tuo corpo. Questo modello di ‘bagno’ è più avanzato di quello della mia nave precedente: quei raggi sono in grado di riconoscere che tipo di germi è nocivo o estraneo a un organi­smo e a un determinato ecosistema. Li elimina o li disattiva, a seconda dei casi, così funziona anche come camera di disinfe­zione e si usa prima che qualcuno scenda in un luogo nel quale i suoi germi potrebbero essere dannosi per il complesso ecologico”.

Ricordai che nei miei viaggi precedenti non avevo potuto scendere nei mondi evoluti, ma solo guardarli attraverso le fi­nestre o i monitor, perché i miei germi avrebbero potuto creare problemi.

“Questo significa che con questa nave io potrei scendere in un mondo evoluto?”.

“Proprio grazie a questa camera di disinfezione, che serve anche come ‘bagno’ e questo è il suo uso più frequente”.

“È incredibile! Cioè voi non usate rotoli di...”.“Puah!... Niente: quella è preistoria per noi, per fortuna...”.“E per lavarti?...”.“Sempre lì: si smaterializza ciò che è indesiderabile dal cor­

po, dai capelli e dai vestiti”.“Vi lavate vestiti!”.“Certo”.“Cioè voi non vi spogliate mai...”.Ami rideva.“Ancora l’estremismo mentale, di nuovo... Ci si deve cam­

biare d’abito, di tanto in tanto, anche se è pulito ed è bello anche prendere il sole sulla pelle, camminare scalzi sull’erba, spogliarsi per nuotare nell’acqua...”.

“E vi togliete gli abiti per...?”.“Anche”, rispose, percependo che volevo sapere se facevano

l’amore.

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“Furbacchione!”, dissi maliziosamente, pizzicandogli dol­cemente la guancia.

Lui mi spiegò ridendo:“Questo è un argomento che ci insegnano a conoscere fin

da molto piccoli e lo apprendiamo con molto rispetto e senza malizia, Pierre. Per noi la sessualità è una forza sacra, una forza che non solo genera la vita, ma consente una forma superiore di comunicazione, di gioia, di crescita interiore e creatività fra due persone che si amano e proprio per questo rispettiamo molto questa forza. La consideriamo il più elevato dono d’amore che possiamo offrire all’essere amato ed è anche per questo che non lo macchiamo o degradiamo”.

“Mi sento come nuovo! Sono entrato lì e mi è passato tutto... I miei abiti sono profumati e appena lavati, i miei capelli non sono arruffati... È stregoneria, Ami!”.

“È tecnologia, Krato! Nient’altro che questo”.Volli andare a provare quell’invenzione. Era come diceva il

vecchio: prodigioso.“Con un affare così in casa, io mi laverei più spesso. Non

perdi tempo, non ti geli, né ti bruci, non ti entrano shampoo o sapone negli occhi, non scivoli, non lasci il bagno allagato, non sporchi asciugamani... Io voglio che la Terra sia come Ofir!”, esclamai fra il serio e il faceto.

“Questo bisogna guadagnarselo, Pierre, collaborare perché regni l’Amore, dentro e fuori di te, perché si dissolvano le ombre del dolore e della menzogna, in modo che il Tiranno si indebo­lisca e non sappia dove trovare servitori. Allora arriveremo noi, perché solo allora avrete meritato il nostro aiuto totale, aperto e globale... Siamo arrivati sulla Terra, amici”.

“Questo tuo mondo è molto bello, ‘Betro’ ”."Ma noi lo stiamo distruggendo, Krato”.“Come loro con Kìa”, disse l’ex terri.“‘Loro’?”, disse Ami.“Loro, i terri. Io no, non faccio niente di male sulle mie

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montagne”.“Però non fai neanche niente di buono, non ti occupi di

niente, come se il problema non fosse tuo. Se nessuno facesse niente di buono, il regno del disamore si protrarrebbe per mil­lenni e millenni...”.

“Io non posso fare niente, Ami: non vado fuori ad ammaz­zare i terri. E se non si tratta di ammazzare, ma di insegnare, l’ho già fatto, ho scritto la pergamena e adesso ho il diritto di vivere in pace. Ha, ha, ha!... Non hai qualcosa di commestibile? Mi sento come se avessi le budella vuote”.

“Sei un vecchio astuto, ti piace cambiare argomento quan­do non ti conviene: questa è una trappola, Krato”.

“Cosa? È vero che ho le budella vuote, bambino siderale”, continuava a fingere.

“Ed è anche vero che non si deve mai smettere di lavorare, di servire. Non basta fare qualcosa di buono una volta e addio, ‘vivere di rendita’... Chi è in reale sintonia con Dio non può smettere mai di lavorare, di servire”.

“Perché, Ami?”.“Perché non può smettere di amare... È per questo che nei

mondi superiori nessuno ‘va in pensione’, non esistono gli ‘scioperi’, nessuno si sottrae all’impegno del suo lavoro, del suo servizio alla comunità”.

“Davvero?!”.“Certo! Però è anche vero che le nostre autorità si occupano

del fatto che tutti lavoriamo a quello per cui abbiamo più inclinazione, e questo è proprio quello che più ci piace fare”.

“Ah... È così. Qui sulla Terra non c’è tanta considerazione, che ognuno si regoli come può...”.

"E così perdono il lavoro di tanti e tanti talenti... Ci sono molte cose da migliorare qui... Per me, non c’è miglior vacanza che lavorare, questo è il mio premio, quello che faccio adesso. So che per il ‘boomerang’ o legge di causa ed effetto, sto gua­dagnando qualcosa di buono, a parte la soddisfazione che mi offre fare quello che faccio: però non penso mai a quello, ma a

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questo. Questo è il mio Paradiso, il mio Cielo: servire”.Le parole di Ami mi lasciarono un po’ abbattuto: era vero

che avevo scritto due libri, però d’altra parte avevo sprecato ore ed ore nei video giochi, nella mia città e al mare ed anche nei giochetti del mio computer, o infilato in Internet a curiosare, o non facendo niente di utile, guardando troppa tv, per esempio.

Ami cominciò a ridere dei miei pensieri e questo mi sollevò.“Non si tratta nemmeno di questo! Non autopunirti: il de­

siderio di servire è qualcosa che va crescendo poco a poco. Io ero come te e tu sarai come me. Tutto deve andare maturando armoniosamente. Se però non nasce ancora in te il desiderio, il DESIDERIO di servire in modo più costante, non lo fare, perché non si tratta di servire per obbligo altrui o autoimpo­sto. Nelle cose dell’Amore niente può essere obbligatorio, ma dev’essere libero e se non è libero non appartiene all’Amore”.

“E neanche quando la pancia è vuota, c’è amore... ha, ha, ha!”.

Il vecchio aveva fame di verità.“Porta a Krato delle ‘noci’, Pierre”.Ami si riferiva ad un alimento al sapore di noce, ma dolce,

che mi aveva fatto assaggiare durante il nostro primo viaggio e che mi aveva incantato.

“Questo si mangia?”.“Certo, provane una”.“Vediamo, mmm... puah! È uno schifo, sembrano ‘topas’

dolci, non sono piccanti... Portiamo questo ragazzino a casa sua, forse sua nonna avrà pietà del mio stomaco vuoto...”.

“Andiamo, però non puoi scendere. Non sarebbe bello se da queste parti vedessero un essere dello spazio come te, Krato”.

“Esseri dello spazio sarete voi, non io... Guak! Qui si che lo sono... Allora molliamo rapidamente il ragazzo e torniamo a Kia, bambino satellitare. A casa ho un garabolo in salsa pic­cante, lo sento piangere, sta gemendo: ‘Vieni, Krato, vieni a mangiarmi subito, per favore' . Ha, ha, ha!”.

Arrivammo alla spiaggia, la notte era piena di stelle.

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“Se vuoi ti accompagno, così mi presenti la tua nonnina, ‘Betro’ ”, scherzò il vecchio.

“Non sognarlo neppure, potrebbe finire anche lei nella tua pentola in salsa piccante...”.

“Perché? Ha la carne tenerina? Ha, ha, ha!”.“Aspettami nel bosco domattina presto, Pierre”, mi disse

Ami quando fui sul punto di lasciare la nave.Quella era la prima volta che scendevo di lì senza pena nel

cuore, questa volta non ci sarebbe stata una lunga separazione, né da Vinka, né da Ami, né da Krato: sarebbe stata solo una notte. Certo che il compito non sarebbe stato tanto facile, ma in quel momento io, per fortuna, non lo sapevo.

Ami mi fece scendere sulla scogliera. Quando arrivai vicino al cuore impresso sulla roccia della spiaggia guardai verso l’al­to, ma non si vedeva niente, tranne le stelle.

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4- - /\)oKma co sm ica

La nonna mi aspettava facendo yoga in sala.“Adesso non sei triste, Pierre! Hai una faccia diversa, come quando sei uscito stamattina! Ti sei incontrato con Ami e Vinka?”, mi chiese...

Io rimasi male, mi sentii malato, pazzo... Mi aveva preso trop­po di sorpresa c non riuscii a risponderle niente, solo a guar­darla con due occhi grandi come uova fritte...

“Sai? Credo che tutto quello che dici nei tuoi libri sia vero, figliolo. Stamattina, mentre stendevo la biancheria in cortile, ho visto passare nel cielo un veicolo rotondo e argentato. Si è allon­tanato verso le colline finché l’ho perso di vista: aveva sotto un cuore con le ali... Mi ha fatto pensare, cosi sono andata a leggere i tuoi libri. Stavo tirando le somme... Inoltre, dato che mi curo di più e prendo vitamine, sono riuscita a ricordare quelle noci extraterrestri cosi speciali che mi hai portato un giorno e adesso ti vedo per la prima volta contento. Prima arrivavi a casa triste perché Ami ancora non tornava, vero?... Sì credo che veramente tu sia stato con lui e con la signorina Vinka”.

Quelle parole mi lasciarono stupefatto. Da un lato mi spa­ventai, ma dall’altro il mio cuore si aprì alla grande speranza di poter alla fine condividere i miei segreti con qualcuno del mio mondo, e se era la mia nonna, la persona più amata di questo pianeta, meglio.

“Davvero, nonna?”.“Sì, figliolo”, rispose con molta sincerità nello sguardo.“E non lo racconterai a nessuno?”.“Come ti viene in mente... Certo che no. La gente non crede

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a quelle meravigliose realtà e pensa che uno deliri se tocca questo argomento...”.

“E mi crederesti se ti dicessi che io ero a bordo di quella nave che hai visto passare?”.

“Si, Pierre, mi è persino venuto in mente, quando l’ho vista: eri partito così contento...”.

“E non ti fanno paura gli extraterrestri?”, mi entusiasmavo sempre di più.

“No, perché la forza più grande dell’Universo è l’Amore; per questo penso che quegli esseri, che costituiscono l’equipag­gio di navi così fantastiche ed avanzate come quella che ho visto, devono essere molto più evoluti di noi anche nel loro cammino verso l’Amore e per questo devono essere più amoro­si, più amabili, pacifici e buoni”.

L’abbracciai e mi misi a piangere sulla sua spalla come uno sciocco. Sentii che nuove possibilità di gioia si aprivano per me.

“Ti chiedo solo una cosa, Pierre, un solo grande favore”.“Quello che vuoi nonna, se posso, quello che vuoi”.“Fammi conoscere Ami, quando torna...”.L’abbracciai di nuovo, ridendo felice.“Domani stesso lo conoscerai!”.“Domani stesso? Non se ri’è andato per un anno intero,

questa volta?”, chiese un po’ confusa.

Mi sembrava meraviglioso poter parlare apertamente con lei di quelle cose: voleva sapere sempre di più. Diventava sempre più contenta, mano a mano che le raccontavo gli ultimi avveni­menti e un po’ inquieta per la possibilità che Goro non conce­desse il suo permesso a Vinka, tuttavia mi disse di aver fede, che tutto si sarebbe risolto.

Mai nella mia vita dormii felice come quella notte, primo, perché ora avevo una nonnina tutta nuova, secondo, perché ero vicino alla realizzazione del mio più grande sogno: non separarmi mai più da Vinka.

Il giorno dopo la nonna era entusiasta come me, tanto che

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volle accompagnarmi nel bosco per conoscere Ami. Le dissi che prima avrei dovuto chiedergli se era possibile e lei fu d’accordo.

Arrivai al bosco e questa volta non fu necessario aspettare molto: sopra la mia testa vidi subito la luce gialla, mi lasciai sollevare ed arrivai all’interno della nave. Lì c’erano Ami e Kra- to sorridenti.

“E Vinka?”, chiesi.“Nel suo continente è più presto che in quello di Krato, per

questo sono passato a prendere lui per primo, ma deve essersi già alzata. Ora torneremo a Kìa a vedere che novità ci sono da quelle parti”.

“Milioni di chilometri come se niente fosse, come andare fino all’angolo e tornare... Che meraviglia, Ami”.

“Mi-liardi di chilometri, Pierre, ma si sorprenderebbe anche Colombo nel tuo mondo attuale vedendo che il suo famoso viaggio oggi si può fare in poche ore di volo, con quei lenti trabiccoli che usate voi, che sprecano combustibili non rinno­vabili e fanno un rumore spaventoso. Bene, andiamo ragazzi”.

“Prima però devo chiederti qualcosa, Ami”.“Ah, ho appena ricevuto il tuo pensiero: la tua nonnina sa

già tutto e ora vuole conoscermi. Mi fa molto piacere, tutto diventa più facile così e naturalmente anch’io voglio conoscer­la”.

questo mi fece saltare di gioia.“Andiamo a piedi, ti accompagno, Pierre”.“Sì, andiamo”, disse Krato invitandosi da solo..“Non pensarci nemmeno, se ti vedono con quegli orecchi e

quell’aspetto ti mettono in galer? e ti analizzano fino alla radi­ce di quei capelli mezzo rosati”, lo avvertì Ami.

“Bene, che si delizino ad ammirare la mia bellezza. Ha, ha, ha!”.

“E ti esamineranno anche all’intemo, a colpi di bisturi...”.“... Stavo pensando che mi fanno male i piedi, io vi aspetto

qui. Ha, ha, ha! Porta i miei saluti a tua nonna, ‘Bedrito’ ”.“Bene, ti lasciamo. Tutti i comandi sono disattivati perché

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tu non commetta qualche sciocchezza e vada a finire su An­dromeda”, rideva il bambino delle stelle.

“Potresti lasciarmi un televisore acceso? Mi piacerebbe vede­re qualche sport di questo mondo”.

“Che tipo di sport ti piacerebbe, Krato?”.“Qualcosa di simile al roko-toko”.“Questo è come una pallacanestro più vile, Pierre, perché il

roko è un animaletto di Kìa simile all’armadillo, ma molto più veloce e toko è una rete”, mi spiegò Ami.

“E in cosa consiste questo sport, Krato?”, chiesi.“Ogni giocatore ha un palo con una rete in punta. Si libera

il roko e bisogna catturarlo con la rete, ma non puoi fare più di tre passi con l’animale, così devi tirarlo in aria a qualche compagno, stando attento che non lo prenda l’avversario, fino a che si arriva alla porta nella quale devi metterlo e GOL! È favoloso!”.

“Se il tuo compagno non riesce a prenderlo e l’animaletto cade a terra?”.

“Allora scappa correndo all’impazzata e il punto è per l’av­versario, perché catturarlo non è per niente facile”.

“Però il poveretto si farà male, cadendo...”.“Oh, no, perché i roko si chiudono in una dura palla coraz­

zata quando volano nell’aria e quando cadono, ma dopo, ‘ac­chiappami se ci riesci’ ha, ha, ha! Io ero la stella dei ‘Selvaggi deH’Utna’ ... Mi chiamavano ‘Roko Rosso’ ”.

“Perché?”.“Beh, perché molto spesso ‘mi sbagliavo’ nel lanciare il roko

e quella dura corazza con le zampe di solito andava a sbattere contro la testa del più pericoloso degli avversari... mettendolo fuori combattimento. Ha, ha, ha!”.

“Allora facevi un gioco molto sporco!”.“Non era colpa mia se qualche morbida testa si intromette­

va sulla traiettoria del mio roko. Ha, ha, ha!”.“Ti ho detto che questo è lo swama meno spirituale di Kìa”,

disse Ami accendendo un monitor, “ma non credere molto alle

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sue fantasie... Eccolo qua, quello che stai vedendo si chiama football ed è lo sport più popolare di questo pianeta. Si gioca solo con i piedi e con la testa”.

“Ehi... come prendono a pedate quel povero roko dipinto...”.“Quello non è un roko, ma una palla morbida. Prenderla

con le mani è proibito; gli azzurri devono metterla nella porta di qua, i bianchi nell’altra...”.

Krato non ebbe bisogno di ulteriori spiegazioni, apparente­mente in una sola occhiata aveva capito com’era la faccenda, inoltre, aveva già scelto la squadra...

“DAGLI! Andiamo bianchi! Sembrate la mia squadra di roko- toko, ‘I Selvaggi delI’Utna’. Cancelliamoli dalla carta geografi­ca!... Che squadra è quella, Ami, i bianchi?”.

“È il ‘Rapid’ di Bucarest, Romania. Stanno giocando per...”.“Sei solo davanti alla porta... calcia forte, adesso... COSI’!...

AH! Non vale! Era dentro, ma un tipo che non è azzurro ha afferrato la palla con le mani...”.

“È il portiere degli azzurri, Krato, solo lui può prenderla con le mani. Poi capirai, poco a poco. Premendo questo tasto potrai vedere altri canali. A presto”.

“A prest... Che bella randellata! Com’è volato l’azzurro! Ha, ha, ha!... Cosa succede? Chi è quel tipo in nero che viene avanti con un cartellino rosso in mano e guarda così arrabbiato il bianco della randellata?”.

“Quello è l’arbitro, una specie di poliziotto del gioco e il cartellino rosso significa che quel giocatore è espulso dalla partita, perché qui le pedate non valgono”.

“AhhhL. Se non lo ha neanche toccato... L’azzurro sta fa­cendo teatro Ami, lamentandosi come una gazza sull’erba per impressionare l’arbitro... QUANTO TI HANNO PAGATO, ARBITRO VENDUTO! NON CONOSCE IL REGOLAMEN­TO QUEL TIPO, AMI? TI SEI VINTO LA TESSERA DI AR­BITRO A UNA LOTTERIA?...”.

“Credo che se Krato dovesse venire sulla Terra si adatterebbe

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molto rapidamente a certe abitudini del mio mondo”, com­mentai ridendo mentre scendevamo verso il bosco.

“E con il suo passato di terri, non saranno propriamente le migliori abitudini...”.

Come la volta precedente, due anni fa, la gente guardava Ami con molto affetto, credendo che si trattasse di un grazioso bambino diretto ad una festa in maschera, forse; gli accarezza­vano persino la testa, di tanto in tanto. Lui sembrava molto felice della situazione ed io pure, mi sentivo molto meno pre­occupato della volta precedente, perché adesso sapevo molto di più di Ami e delle sue capacità.

Entrammo in casa e la nonna venne verso di noi sorridendo. \fedendo Ami, si avvicinò per abbracciarlo* emozionalissima.

“Quanta bontà e luce in questo sguardo!... Sì, questo bam­bino non è di qui... Che Dio ti benedica, che ti protegga sem­pre, bambino buono!”.

Lui si mise a ridere.“Mi protegge sempre, nonna, ma non sono tanto bambi­

no... né tanto buono, ha, ha”.“Che gioia poter abbracciare un essere così evoluto, un abi­

tante di un altro mondo! Grazie per questa meravigliosa op­portunità, Dio mio grazie, Ami, grazie per essere il Maestro di mio nipote”.

Questo mi fece ridere, mia nonna credeva che Ami fosse il mio ‘Maestro’... un bambino... Mi misi a ridere. Lei non capiva niente...

“Ami non è il mio Maestro, nonna, è il mio amico”.Lui la guardò in modo speciale, lei sembrò aver compreso

qualcosa e disse:“Oh, sì, hai ragione figliolo. Allora grazie per essere TAN­

TO ‘amico’ di mio nipote, Ami”.“Per me è un piacere, il mio dovere mi piace molto, lo fac­

cio con tutto il mio affetto. Bene, noi andiamo. Mi perdona se non la invito a venire con noi, nonna?”.

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“Non c’è problema, anche se mi invitassi, io non verrei, Ami”.“Perché, le fa paura?".“Non è paura, Ami, è che non voglio conoscere troppe me­

raviglie, perché poi questo mondo mi potrebbe sembrare molto triste, com’è accaduto a Pierre, che a volte si arrabbiacon tutti perché trova che la gente qui è un po’ ‘imbrogliona’»

Mi sentii male.“Queste sono cose private, nonna... È che non posso fare a

meno di paragonarla alla gente di Ofir...”, mi giustificai.“E non paragoni te stesso alla gente di là, Pierre?”, mi chiese

lui.“Ecco...”.“Per questo io non verrei, preferisco ignorare molte cose

buone e anche molte cose cattive...”.“Ha ragione, nonna. Noi sappiamo che questi viaggi rac­

chiudono dei pericoli psicologici. Non è facile conoscere un meraviglioso mondo evoluto e poi dover ritornare a vivere in un altro nel quale non regna l’Amore. Questo è un altro moti­vo per cui questi contatti sono piuttosto sporadici”.

“Prendete questi dolcetti che ho preparato stamattina. Lascia­te qualcosa per la signorina Vinka e un po’ per il signor Krato”.

“Il ‘signor’ Krato? Ha, ha, ha! Cosa dici, nonna, quello è un vecchio montanaro...”.

“Il signor Krato, Pierre. Se lui ha scritto quella pergamena, merita tutto il mio rispetto e la mia ammirazione”.

“Cosa?! Non dirglielo se un giorno lo conoscerai, gli si gon­fierebbe l’ego... Però è molto buono e molto divertente, questo si. Bene, a presto, nonna”.

“Non ti stai dimenticando di dire qualcosa alla tua nonni­na, Pierre?”.

“No... A proposito di cosa?”.“A proposito di Krato”.“No, niente... Tranne che è un vecchio piuttosto brutto ha,

ha, ha. Bene, arrivederci, nonna”.

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“Dimentichi di darle i suoi saluti, Pierre”.“Ah, ecco... Sì, ti manda i suoi saluti. Bene, a presto”.“Davvero?... Oh, che emozione... Un’anima così bella... e di

un altro mondo... Di-ditegli che lo ringrazio molto e che ri­cambio... e... e che quando potrà, venga a prendere una tazza di tè da queste parti, così parleremo del suo pianeta e del mio...”.

Mia nonna era troppo commossa per quella sciocchezza.“Tè? Se una volta o l’altra dovesse venire, non sarebbe pro­

prio per prendere del tè...”, dissi.“Cosa prenderebbe allora, Pierre?”.“Vino... che ne so, ma il tè sono sicuro di no”.“Oh, allora vado a comprare del vino, perché se arriva...

State attenti, guida con prudenza, Ami, rispetta i segnali, i semafori... o quello che c’è”.

“Non si preoccupi, nonna”, rispose ridendo il piccolo esse­re vestito di bianco e ci accomiatammo.

“Cercate di tornare con Vinka”, disse da lontano.Quando arrivammo alla nave, la partita di football era fini­

ta e Krato stava guardando altri programmi. Vedendoci appari­re, venne verso di noi molto eccitato.

“ABBIAMO VINTO!!! Ha, ha, ha! Gli abbiamo deviato un rigore! Certo che è stata una sfacciataggine dell’arbitro, perché il calcio in faccia l’azzurro lo aveva preso fuori dall’area. Gli basta­va assegnare un tiro libero, ma siccome ce l’aveva con noi, ha dato un rigore e per di più ha espulso il bianco. Ma lo abbiamo parato, ha, ha, ha! Abbiamo dovuto giocare con due uomini in meno... Quell’arbitro avrebbe dovuto essere vestito di azzurro. Che venduto! Inoltre ci ha annullato un magnifico gol alla ‘cile­na’! Il bianco era perfettamente in regola perché aveva superato due difensori dopo che la palla era uscita verso di lui! Ma l’arbi­tro e i guardalinee hanno fatto i tonti e hanno detto che l’attac­cante del Rapid era in posizione proibita e lo hanno annullato... abbiamo vinto lo stesso per tre a due. Come mai? Abbiamo un goleador africano che è una stella. Ha segnato due dei tre gol che abbiamo fatto. Fra parentesi: quel giovanotto si è fatto prendere

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la mano dalla voglia di abbronzarsi, si è fatto tutto il corpo nero, vanitoso il ragazzo, no?... L’allenatore avversario è un idio­ta, quando hanno pareggiato ha fatto uscire due attaccanti, ha messo due nuovi difensori e si sono rinchiusi come signorine paurose, a perdere tempo, perché il pareggio gli conveniva. Ma quando l’africano ha tirato la cannonata da tre quarti di campo e ha fatto un gol in pieno al portiere che era troppo avanzato, mancavano solo quattro minuti alla fine. A quel punto l’allena­tore avrebbe voluto morire. Ha, ha, ha! Adesso piangeva per avere in campo di nuovo i due attaccanti che aveva mandato in panchina. Tutti gli allenatori hanno la testa piena di guakaka... Ha, ha, ha! OH, SCUSATE!...”.

Io avevo la bocca spalancata: Krato aveva imparato tutto il rego­lamento del football! Perfino il complicato regolamento della ‘posizione fuori gioco’, che io avevo fatto tanta fatica a capire, lui lo aveva compreso semplicemente guardando una partita...

“Quando qualcosa ci piace veramente, il cervello lavora meglio perché ci mettiamo tutta la nostra attenzione e l’at­tenzione è qualcosa di molto potente, Pierre. Inoltre questo vecchio non è per niente scemo... peccato che non metta la sua attenzione in cose più importanti...”.

“Il football è molto bello, Ami! A Kia ci sono sport simili, ma niente del genere”.

“Anche a me piace molto”, dissi, “ma quando c’è gioco sporco, mi viene voglia di andare da un’altra parte. Non mi piace la brutalità”.

“Questo sport mi sembra virile, forte, ma non brutale, ‘Be- tro’, paragonato ad altri sport che ho visto su questo schermo, come quello in cui uno affronta una bestia enorme, con due corna paurose... L’attira con un panno rosso c la bestia lo segue. Ha, ha, ha! Quelle corna passano a pochi centimetri dal tipo... Deve avere coraggio... Però al povero animale gli fanno di tutto! E poi lo uccidono a sangue freddo... questo sì che è brutale”.

“Hai ragione, Krato”, disse Ami, “conficcano sull’animale

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banderillas, piccoli coltelli che lo vanno dissanguando a poco a poco, perché si indebolisca . Con le oscillazioni le ferite si aprono sempre di più, producendo un dolore terribile che lo fa infuriare. Immagini cosa vuol dire correre con lunghe lame che dondolano conficcate sulla tua schiena?”.

Perfino il montanaro sembrava impressionato.“Hai ragione, Ami. Ho potuto vedere anche un altro sport

di questo mondo che mi è sembrato molto selvaggio”.“A cosa ti riferisci?”.“Due tipi si prendevano a pugni fino a che uno cadeva a

terra mezzo morto...”.“Ah, quello è la boxe. Molti sono morti veramente... Altri

restano male con la testa...”, dissi.“Questi sport danno un cattivo esempio e inoltre generano

vibrazioni molto basse”, intervenne Ami, “gli accesi e violenti sentimenti degli spettatori si trasformano in vibrazioni menta­li che arrivano a tutta la città: anche gli altri possono percepir­le, anche se inconsciamente e siccome quelle vibrazioni sono ‘magnetiche’, provocano o inducono negli altri le stesse vibra­zioni, cioè pensieri e sentimenti dello stesso tipo. Così si va impantanando vibratoriamente il mondo... ed è proprio quel­lo che fa comodo al Tiranno...”.

Krato intervenne:“Per questo mi è piaciuto il football, quello sì che è uno

sport!”.Io ricordai i calci che avevo potuto vedere e dissi:“Ma a volte diventa anche quello piuttosto sporco...”.“Sporchi sono stati gli azzurri!”, protestò Krato, incolpan­

do solo la squadra avversa a quella che godeva le sue simpatie.“Potreste parlare di qualcosa di più utile?”, chiese Ami, ora

un po’ seccato.“Cos’è quel pacchetto che hai lì, ‘Betro’?”.“Ah, è un dolce”.“Fammi provare un pezzetto. Mmm..., chomp... puah! È

dolce! Tutto quello che mangiate voi deve essere dolce?”.

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“Non tutto, solo le cose più prelibate...”, dissi per stuzzicarlo.“Quel dolce lo ha preparato per noi la nonna di Pierre...

Krato...”.“Ah... ma è delizioso... Chomp, chomp... Le hai dato i miei

saluti?”.“Eh? Ah, sì”.“E cosa ha detto?”.“Ecco... che ringrazia... Magari Goro si sarà più ammorbi­

dito, Ami”.“Non sei sincero fino in fondo, Pierre. Anche chi nasconde

la verità mente”.“No Ami, desidero veramente che Goro sia più morbido...”.“Sei bravo a cambiare argomento, come qualcuno che co­

nosci bene...”.“E va bene... mia nonna ha detto che ti ringrazia molto”.“Questo lo hai già detto... Nient’altro, ‘Betro’?”.“Ah sì, ti manda anche i suoi saluti... Ho tanta voglia di

vedere Vinka...”.“E niente altro, ‘Betro’?”.“Nient’altro... Fa un po’ caldo, qui...”.“Pieeerr”, disse Ami con tono di rimprovero.“Ah sì, ha detto ad Ami di rispettare i semafori... ha, ha, ha!

ORA POSSO PARLARE DI VINKA?...”.Ami si mise a ridere.“Questi non evoluti... È così terribilmente difficile cercare

di fargli dire tutta la verità...”.“L’HO GIÀ DETTA, AMI, L'HO GIÀ DETTA”.Mi stavo alterando.“Più o meno: cioè, più meno che più”.“GLI HO DETTO TUTTO QUELLO CHE LEI MI AVE­

VA DETTO, AMI, BASTA ADESSO, PER FAVORE...”.“Ti sei solo dimenticato di dire che ha espresso grande ri­

spetto e ammirazione per l’autore della pergamena. Hai anche taciuto la sua emozione quando ha saputo che Krato le inviava i suoi saluti e non hai neppure accennato che lo ha invitato a

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casa sua e che ha detto che andava a comprare il tipo di bibita che piace a Krato per offrirgliela quando le farà visita”.

“Tutte queste cose?... Che deliziosa vecchietta... Perché lo nascondevi, ‘Betro’?”.

“NON NASCONDEVO NIENTE, NON HO MICA UNA MEMORIA DA ELEFANTE, BASTA ADESSO CON LE PER­SECUZIONI!”.

Krato era confuso.“Cosa succede a questo bambino, Ami?”.“È geloso, Krato, è un po’ possessivo ed egoista in campo

sentimentale...”.“Ahhhhh...”.“COSA?!... GELOSO IO, GELOSO IO... DI MIA NON­

NA? HA, HA, HA, HA! A ME INTERESSA VINKA...”.“Sì, Vinka come compagna e la tua nonnina come nonna”,

disse Ami."VA BENE, VA BENE, NON VEDO DOVE CI SIA QUE­

STO TERRIBILE PECCATO”.“Come nonna... ma solo per te... Non la vuoi condividere

con nessun altro: sei disposto a sottrarle ogni possibilità per lei stessa, allo scopo di tenerla unicamente per te. Quasi non ti importa la sua felicità, ma solo la tua, Pierre”.

Come nel viaggio precedente, quando mi segnalò alcuni difetti che io non mi ero visto, stramazzai sul mio sedile, ma ora fu diverso. Questa volta compresi chiaramente che Ami aveva ragione e non nascosi la verità a me stesso, come prima. Ora Ami non era per me ingiusto o canaglia o calunniatore, ma un amico in grado di conoscermi meglio di me stesso, mi indicava che ero un egoista a volere mia nonna solo per me, senza preoccuparmi veramente per lei, per la sua vita persona­le. Chiusi gli occhi, penso di aver avuto le guance rosse per la vergogna. Decisi di non dire niente per qualche minuto, fino a ristabilirmi.

“Oh, siamo arrivati a Kìa, bambino dei razzi”.“Sì, ma c’è qualcosa di strano, Krato”.

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“Cosa succede?”.“Vinka non è nel cortile... Mi suona male”.Feci un balzo.“Andiamo a guardare dentro casa sua, Ami!”, esclamai.“Sì, ecco l’abitazione, sullo schermo... mmmm... non c’è

nessuno in casa!”.“Cosa facciamo, Ami, dove possiamo andare a cercarla?”,

chiesi con il cuore angosciato.“Facile: inserisco il suo codice nel computer ed è fatto. Ec­

cola”.Apparve Vinka. Era stesa su un lettino con gli occhi chiusi.

Un terri vestito di bianco le stava parlando, seduto vicino a lei:“Tutto quello che hai scritto è fantasia”.“Tutto quello che ho scritto è fantasia ”, ripeteva lei come un

automa.“La stanno ipnotizzando... LA STANNO IPNOTIZZAN­

DO!”, esclamò Ami piuttosto alterato.“Oh no, L’hanno portata alla PP!”, disse Krato.Sentii che il mondo mi crollava addosso.“No, non è la PP, è un consultorio psichiatrico: vogliono

che dimentichi tutto!”.“Portala via di lì, allora!”. Ero disperato, vedendo quello

che stava accadendo alla mia amata."Lancia un razzo mortale a quel terri rognoso”, disse Krato

molto arrabbiato.“Aspettate, aspettate, calma. Mi collegherò mentalmente con

lei, ma ad un livello più elevato”.“Bene, fallo una volta per tutte”, dissi molto inquieto.Ami si alzò, andò verso il recinto posteriore della nave e

disse:“Questo devo farlo nella sala di meditazione mi basteranno

solo pochi minuti. Mantenete la calma e non smettete di guar­dare quello schermo, perché poi mi racconterete”.

“Ci sono apparecchiature elettroniche, lì?”, mi chiese Krato quando rimanemmo soli.

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"No, va a concentrarsi mentalmente, qualcosa del genere. Ascoltiamo”.

“Tutto quello che hai scritto è fantasia”.“ Tutto quello che ho scritto è fantasia".“Chi è Pierre, Vinlca?”.“Pierre è la mia anima gemella... ".“Così Vinka, molto bene!”, dissi.“No, no, lui non esiste nella realtà, quel personaggio è l’ani­

ma gemella della protagonista, di Lona, ma tu sei Vinka, non sei Lona”.

“Io sono Vinka, non sono Lona".“Molto bene, chi è Pierre, Vinka?”.“È l'anima gemella di Lona"."Perfetto. Ora capisci che Ami è un personaggio fittizio”."Fittizio tuo zio!”, esclamò arrabbiato Krato.“Comprendo che A m i è un personaggio fittizio"."Brava. Chi è Ami, Vinka?”.“A m i è un personaggio fittizio".“Magnifico. Ora comprendi che tutto quello che hai scritto

è fantasia”.“Comprendo che tutto quello che ho scritto è fantasia".“Ora dimenticherai tutto quello che hai immaginato di aver

vissuto fuori di Kìa. Comprendi?”."Comprendo“Si dimenticherà di me, Krato, mi cancellerà dalla sua memo­

ria!”, dissi disperato.“No, non si dimenticherà, Pierre”, disse Ami arrivando,

“sono riuscito a stabilire una comunicazione con la sua mente e a bloccare le suggestioni dello psichiatra. Ora lei sta al gioco perché lui si convinca che sta obbedendo, ma non dimentiche­rà niente, perché adesso è cosciente, anche se finge di essere ipnotizzata”.

“Sicuro che funzionerà?”, chiesi."Assolutamente, Pierre. Vinka mi ha appena comunicato

telepaticamente che Goro ha ordinato tutto questo per cercare

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di allontanarci dalla sua vita. Ha detto al medico ferri, che è amico di famiglia e conosce i libri di Vinka, che lei sta vivendo uno stato confusionale nel quale crede di aver veramente vissu­to le sue storie e gli ha chiesto di ipnotizzarla per farla ‘rientra­re nella realtà’. Ma andiamo a fare una sorpresa al medico”.

Prese i comandi, digitò qualcosa sulla tastiera e disse:“Magnifico, abbiamo l’autorizzazione a renderci visibili”.Immediatamente fummo trasportati automaticamente ed

apparimmo di fronte alla finestra di un edificio, al decimo piano. Dietro i vetri si riuscivano a vedere le figure del dottore e di Vinka.

“Non esistono le navi extrakiane”, stava dicendo il terri."Non esistono le navi extrakiane”, ripeteva Vinka. Ami rese

visibile la nave, lanciò una forte luce verso la finestra, cosa che fece girare il medico e, seguendo le istruzioni del nostro amico, cominciammo tutti e tre a salutarlo sorridenti da pochi metri di distanza...

“No... esistono... gli... sì esistono... esistono... esistono”, mor­morava fuori di sé lo psichiatra guardandoci fisso. Davanti ai suoi occhi c’era una nave spaziale, un allegro swama e due soggetti stranissimi per lui: Ami ed io...

I passanti trasecolati cominciavano ad affollarsi sulla via e guardavano verso l’alto. Quindi la nave si rese invisibile, poi visibile e di nuovo invisibile. Il terri non volle sapere altro, svegliò Vinka e le chiese:

“Chi è Ami?”.II bambino dello spazio prese il microfono e con un tono di

voce tale da arrivare molto flebile all’orecchio di Vinka disse:“Digli che A m i è quel bambino vestito di bianco che ha appena

visto dalla finestra“Ami è quel bambino vestito di bianco che ha appena visto

dalla finestra...”.“Allora è tutto vero!”.“Sì dottore, e l’ipnosi non ha nessun potere contro la verità”.Ami parlò di nuovo al microfono e disse a Vinka di spiegar­

li?!

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gli tutto ciò che stava accadendo, sinceramente. Lei impiegò molto tempo a raccontare la storia al medico, che ascoltava con sempre maggiore interesse. Quando il racconto arrivò alla fine, il professionista prese una decisione:

“Allora Goro mi ha mentito... Ti aiuterò, Vinka. Lo farò per­ché in quella nave c’è la ragione del tuo affetto e la scienza sa già di cosa abbiamo bisogno per la nostra salute: dell’affetto”.

“Dell’Amore”, precisò Vinka, “perché l’Amore è Dio”.“Hum... Parlare di amore... parlare di dio„”, pronunciò quelle

parole quasi con ribrezzo.“Sono sinonimi, dottore. Amore e Dio sono la stessa cosa

ed è per questo che ciò di cui abbiamo bisogno è l’Amore, cioè Dio”.

“In campo scientifico queste parole non si usano, Vinka, non sono ben viste. Uno può perdere tutto il suo prestigio parlando di... questo... Dire affetto è meglio che usare quel termine così... sentimentale”.

“Amore un termine sentimentale?! Si tratta di Dio!...”.“E dagli con questa cosa! Ti farò una domanda, Vinka: la

fame è Dio?”.“No, certo che no. Perché?...”.“Perché la fame e l’amore sono semplicemente necessità bio­

logiche. Sentiamo fame per non morire di denutrizione e pro­viamo amore per proteggere le nostre creature, per salvaguarda­re la specie, nient’altro. Ne abbiamo bisogno perché genera in noi un senso di protezione, di sicurezza, di stima e perché dobbiamo riprodurci, ma questo è tutto. Proviamo anche odio e aggressività, anche questi per la salvaguardia della specie, così, tanto per fare un paragone ridicolo, dire che l’amore è Dio è assurdo come dire che la fame è Dio o che lo sono l’aggressivi­tà o l’odio. Non possiamo affermare delle cose senza fonda­menti comprovabili”.

Ami sembrò diventare triste.“Quando un’anima non è mai stata illuminata dall’Amore,

questo non va al di là di un concetto astratto per lei, o è qual-

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cosa paragonabile ad un volgare sentimento istintivo, come l’attaccamento ed è per questo che per quel dottore sono ugua­li la fame, l’aggressività, l’odio e l’Amore”.

Vinka comprese che il terri aveva delle coordinate mentali molto diverse dalle sue.

“E per riferirvi a Dio, che termine usate voi?”.“Ah no, di questo non si parla perché non ha rigore scien­

tifico. Questo, secondo il mio criterio, è per la gente supersti­ziosa ed ignorante...”.

Vinka ed io rimanemmo molto sorpresi sentendo quelle parole del terri.

“È brutto per gli scienziati parlare di Dio?!”.“Certo, è qualcosa che non è comprovato”.“Per me è perfettamente provato che Dio esiste”, disse Vinka.“Il dottore sorrise divertito”.“Ah, sì? Che prove esistono, secondo te?”.“Io”, rispose lei.“Come? Non ti capisco”.“Dio esiste, io ne sono la prova...”.La faccia dello psichiatra aveva un’espressione confusa.“Vede quel quadro alla parete, dottore?”, indicò un dipinto

che rappresentava della frutta.“Sì... e...?”.“Quel quadro è la prova che esiste un pittore che lo ha

realizzato, vero?”.“Può essere... e...?”.“Io non ho inventato questa mano, né queste unghie, né

questa voce, per questo io sono la prova che esiste un’intelli­genza creatrice superiore. Questo non basta agli scienziati come prova? Non bastano le stelle e le galassie, il colore dei mari e il profumo dei fiori? Non basta la loro stessa intelligenza per dedurre che un’intelligenza maggiore ha messo questa capacità nelle loro testoline?”.

Mi sembrava che gli stesse dando una lezione magistrale e ne fui molto orgoglioso. Però, malgrado questo, il dottore di

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Kìa aveva un sorriso beffardo e cinico che lo faceva sembrare più brutto del solito.

Ami ci spiegò:"Lei sta usando la mente analogica, mentre il terri utilizza

solo la sua mente logica”.“Mente che?”.“Dimenticatelo, non abbiamo tempo per le spiegazioni”.Vinka continuava a parlare.“Non serve l’Amore agli scienziati come prova dell’esisten­

za di Dio?”.Il terri continuava con il suo sorriso sarcastico e la sua fec­

cia da cattivo, come chi sente parlare un idiota. Poi sembrò spazientirsi un po’ e disse:

“La verità è che è molto bello ‘filosofare’ e parlare di ‘aggiu­stare il mondo’. Proprio una ‘poetessa’ questa ragazzina! Ha, ha, ha! Anch’io scrivo poesie nelle mie ore libere, ha, ha... Ma i tuoi zii stanno aspettando là fuori e i tuoi amici pure. Vedia­mo, questo caso è terribilmente irregolare, come tante cose che stanno succedendo ultimamente, ma dobbiamo accettarlo, per questo ti aiuterò, anche se mi sembra una vera pazzia, una vera pazzia”, disse ridendo di nuovo.

Vinka e tutti noi eravamo pieni di speranza.“Allora convincerà zio Goro che mi lasci andare sulla Terra,

vero? .“Non ho detto questo, Vinka. Ho detto che ti avrei aiutato,

ma sono un medico e questo significa che il mio lavoro è pro­teggere la vita dei miei pazienti; inoltre, sono un cittadino ri­spettoso delle leggi e per prima cosa devo verificare che la tua partenza per un altro mondo sarà vantaggiosa per te. Devo studiare il caso eoa attenzione, consultare un esperto di pro­blemi infantili, redigere un verbale per presentarlo alla Com­missione Nazionale dell’Infenzia, sollecitare l’autorizzazione dei tribunali competenti...”.

Le nostre fecce si stavano rabbuiando a mano a mano che lui parlava.

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“Dovremmo vedere se l’ambiente sociale e biologico della Terra è favorevole, per questo dovremmo stabilire relazioni uf­ficiali a livello di autorità, perché permettano ai nostri esperti di studiare le condizioni ambientali, sempre che gli addetti ritengano che stabilire un contatto con la civiltà terrestre non costituisca una minaccia per la nostra e non sappiamo nem­meno se il tuo amichetto vorrà collaborare a questo possibile avvicinamento... Non sarà focile, soprattutto perché l’argomento VEP, vita extraplanetaria, è sorvegliato dalle autorità del no­stro paese, una commissione della PP tratta l’argomento e ha il dovere di informare il servizio segreto del paese più potente di Kìa. Sappiamo già che gli agenti della PP non sono molto amichevoli, né comunicativi e che hanno dei sistemi ‘speciali’ per mettere a tacere quello che non vogliono si conosca in questo campo... Sarà alquanto... avranno le loro buone ragio­ni... È per questo che coloro che cercano di affrontare questo argomento si trovano dei grossi ostacoli per lo sviluppo del loro lavoro. No, non sarà facile, ma questa è l’unica via giusta: la via legale”.

Con queste parole quel bellissimo futuro mi stava crollan­do addosso.

“Quello psichiatra è pazzo, Ami, è un burocrate, sta pen­sando di complicare tutto”, disse Krato molto preoccupato. Il bambino vestito di bianco era d’accordo.

“Hai ragione, se arriva a comunicare la faccenda alle autori­tà di Kìa, povera Vinka...”.

“E povero Pierre”, dissi io, con l’anima appesa ad un filo.“Vuole aiutarmi o farmi colare a picco?”, chiese Vinka visi­

bilmente angosciata.“Aiutarti, naturalmente, sono un medico”.“Allora parli con zio Goro e basta. Perché complicare tut­

to?”.“No, Vinka, io non parlo più con Goro, perché mi ha men­

tito: io non posso parlare con un bugiardo. Sono un uomo amante della correttezza, non posso andare contro i miei prin-

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dpi. Mi ha ingannato dicendomi che era tutta una tua fanta­sia, quando sapeva molto bene che non era così. Non può più essere mio amico e d’altro canto devo comunicare alle autorità questo caso, è mio dovere di cittadino rispettoso delle leggi e preoccupato della sicurezza della sua patria, della sua razza e della sua civiltà”.

“Questo ha la testa più dura dello stesso Goro!”, esclamò Ami visibilmente irritato, “non riesce ad accorgersi che è di fronte a realtà superiori e, come avviene di solito nella menta­lità terri, invece di agire con umiltà e cercare di imparare qual­cosa, cerca di abbassare il superiore al suo livello e di imporre le sue regole. Quel tipo manderebbe in carcere un angelo, se ne incontrasse uno senza passaporto... In realtà non gli interessa altra protezione di quella dei suoi stessi schemi mentali, del suo ego, ma niente in lui passa attraverso il suo cuore o la sua sensibilità, perché non ce l’ha”.

“Passeranno eoni di tempo prima che si trasformi in swa- ma”, disse Krato.

“Può essere, ma sapere questo non ci aiuta per niente... Guardate, va a chiamare al telefono...”.

“Chi, la Centrale della Polizia Politica?”.Sentendo questo, Vinka molto angosciata mise il dito sul

gancio dell’apparecchio, interrompendo la comunicazione. Il terri la guardò incredulo, terribilmente offeso.

“Cosa stai facendo, swama insolente, priva di rispetto!?”.“E che cosa farà lei, mi denuncerà, mi consegnerà alla PP?”.“Naturalmente, è quello che deve fare un uomo rispettoso

delle leggi e preoccupato della sicurezza della sua patria, della sua razza e della sua civiltà”.

“Sembra un disco rotto, quel tipo!”, esclamò Krato molto arrabbiato.

“È questo il suo modo di avvicinarmi all’amore di cui ho bisogno per la mia salute mentale e per la mia felicità?”.

“Naturalmente, le autorità, gli esperti sapranno quello che è più giusto per te e adesso lasciami chiamare la PP, swama mor-

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ta di fame”.Ami era quasi alterato.“Sarà molto preparato scientificamente, avrà acquisito mol­

te conoscenze, però non smette di essere ancora un mezzo animale...”.

“Devi fare qualcosa, Ami!”, esclamammo io e Krato.“AIUTAMI, AMI, ZIO GORO, AIUTO!”, stava gridando

Vinka. Goro sentì e cercò di entrare nell’ambulatorio, ma era chiuso col catenaccio, allora si mise a picchiare la porta furio­samente.

Io stavo passando i momenti più spaventosi della mia vita guardando impotente la sofferenza e il pericolo nel quale Vinka si trovava. Krato aveva voglia di uccidere lo psichiatra. Non pos­so riferire quello che gridava contro lo schermo del monitor.

“Calma amici, calma”, diceva Ami, mentre manovrava ve­locemente certi comandi e premeva dei pulsanti sulla tastiera. Le sue mani si muovevano ad una velocità incredibile, come una pellicola a velocità accelerata. Si sentiva un sibilo, dalle sue mani usciva persino un po’ di fumo! Ma in quel momento mi sembrò normale, data la gravità della situazione. Solo molto tempo dopo ricordai quel dettaglio che metteva in evidenza un’altra delle meravigliose capacità di Ami: poteva effettuare movimenti fisici ad altissima velocità.

Lo psichiatra cercò nuovamente di telefonare, ma Vinka si attaccò al suo braccio e gli diede un forte e prolungato morso su un dito, cosa che fece gridare per il dolore il corpulento terri, ma poi si liberò di lei lanciandola infuriato contro la porta: il colpo le fece perdere conoscenza. Gli zii di Vinka sentirono quel colpo e si disperarono ancora di più, volevano buttare giù la porta.

“Per fortuna non è stato un grave colpo”, disse Ami tran­quillizzandoci un poco.

Io, tutto preso dal mio dolore interiore speravo che questo avrebbe fatto calmare il terri, ma no: mostrava i grossi denti come un gorilla accecato dalla fùria e andò verso il corpo della

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mia amata con i pugni chiusi e tutti i muscoli tesi, come un mastodonte disposto ad ammazzarla di botte.

"I terri sono molto bloccati nei sentimenti, per questo han­no pochissimo controllo sui loro istinti animali”, disse Ami mentre operava alla tastiera, “se non lo fermo, l’ammazzerà”.

In quel momento notai con un meraviglioso sollievo che il terri era rimasto come paralizzato o congelato.

"Che bello, Ami! Cosa hai fatto, lo hai ipnotizzato a di­stanza?”.

“No, il caso era così urgente che non sarei riuscito a concen­trarmi nella maniera giusta, cosi non ho avuto altra scelta che quella di usare un raggio paralizzante”.

“Spettacolare, bambino ipergalattico! Quanto gli durerà l’ef- fetto?”.

“Questo raggio rimarrà attivato fino a che non lo interrom­però. Il problema è che l’avvistamento che abbiamo prodotto ha attirato la PP. Vanno sempre nei luoghi in cui si verificano que­sti eventi e stanno già venendo, attratti anche da Goro che sta disperatamente cercando di abbattere la porta dell’ambulatorio. Non abbiamo il tempo per fare niente altro che liberare Vinka”.

Si alzò e si diresse verso la porta della nave che si stava aprendo, lasciando vedere un tunnel di luce verde che attraver­sava la dura parete dell’edificio e comunicava direttamente con l’interno dell’ambulatorio. Attraverso quel fàscio di luce scese Ami, come se si trattasse di qualcosa di solido, fino ad entrare nello studio dello psichiatra paralizzato, ma con un aspetto impressionante, spaventoso: sembrava veramente una bestia pronta ad uccidere.

La PP era arrivata e gli uomini cercavano di sfondare la porta. Nel frattempo Ami si mise di fronte al gigantesco terri, cercò di avvicinarsi al suo viso, ma la differenza di statura era abissale. Allora, semplicemente si alzò in aria fino ad arrivare alla stessa altezza.

“Guak! Quel bambino è capace di volare, ‘Betro’!...”.“Fra le altre cose, Krato...”.

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Ami guardò intensamente il terri, mentre gli appoggiava un piccolo apparecchio sulla nuca e mormorava qualcosa al suo orecchio. Compresi che, come nel caso dei due poliziotti nella sua prima visita, lo stava ipnotizzando, forse perché non ricor­dasse niente, ma non sapevo a cosa servisse quell’apparecchio, perché prima non aveva usato altro che la sua forza mentale.

La porta stava cedendo sotto i forti colpi. Ami scese dolce­mente, prese Vinka fra le braccia e la sollevò facilmente, mal­grado la differenza di statura, evidenziando una grande forza fisica (questa fu un’altra cosa che mi sorprese solo molto più tardi) e si incamminò con lei verso il tunnel di luce verde. Una volta sulla nave la depose delicatamente sul tappeto, mentre io correvo ad assisterla. Ami riprese i comandi, il raggio sparì e la porta della nave si richiuse: simultaneamente quella dell’ambu­latorio veniva abbattuta mentre vari terri vestiti di nero entra­vano. Sempre nello stesso istante lo psichiatra recuperava il movimento e si scagliava sul primo arrivato, cioè contro gli uomini della PP, molto più corpulenti di lui...

“È ancora sotto la spinta della furia omicida e adesso riceve­rà il ‘boomerang’, il poveretto”, spiegò Ami con una certa pena.

Il terri cadde a terra sotto una pioggia di colpi precisi e ben assestati... Pochi istanti dopo veniva condotto sfinito verso l’usci­ta, mentre borbottava in cerca di spiegazioni. Goro e Clorka vennero portati fuori e anch’essi si sgolavano, pretendendo di recuperare Vinka. Frattanto, altri uomini erano rimasti ad esa­minare minuziosamente l’ambulatorio, prendendo campioni di tutto ciò che vedevano, guardando di tanto in tanto verso la finestra, il luogo preciso dell’avvistamento, ma non potevano vederci, perché il nostro veicolo spaziale era invisibile.

“Tutto si è complicato, Ami, per colpa di quell’idiota dello psichiatra”, si lamentava Krato.

“E di Goro, prima di tutto”, precisò Ami, “ma nessuno dei due poteva fare qualcosa di diverso da quello che ha fatto, perché i terri sono così, per questo il computer aveva detto im- pos-si-bi-le. Non sarà facile”.

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Io cercavo di consolare Vinka che, con mia grande gioia, cominciava a riprendere conoscenza.

“Ora tutto dipenderà dalle dichiarazioni di Goro e di Clorka alla PP”, disse Ami prendendo i comandi, quindi la nave partì a gran velocità.

“Ed anche dalle dichiarazioni dello psichiatra terri”, disse Krato.

“No, lui non conta più niente, perché ha dimenticato per sempre l’esistenza del suo ex amico Goro e di tutto ciò che ha a che vedere con lui, Vinka e noi compresi, grazie al piccolo trattamento al quale l’ho sottoposto: amnesia parziale definiti­va, a questo serviva quel piccolo apparecchio che gli ho messo sul collo”.

“Guak! Ha, ha, ha!”.Vinka si era ripresa, confortata dal mio affetto, aveva un

piccolo bernoccolo sulla nuca, ma niente di più. Le spiegai tutto ciò che era accaduto.

“Devi proteggere i miei zii, Ami!”.“Faremo tutto quello che potremo, Vinka e proprio per

questo stiamo andando a chiedere aiuto”.“Dove, Ami?”.“In un luogo molto speciale”.

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5 - S kaya - Salim

La nostra nave si dirigeva verso una zona montuosa del piane­ta Kìa, mentre Ami parlava con qualcuno attraverso un micro­fono. Quindi fece rotta verso una grande montagna: la nostra velocità era terribile, la mole di pietra ci stava venendo addos­so... ma Ami non faceva niente per frenare!...

“Andiamo a sbattere!”, gridò Vinka molto allarmata. Krato era come lei.

“Ferma questo ordigno infernale... non voglio morire cosi giovane... Ha, ha, ha!”.

“Non abbiate paura, non vi accadrà niente: entreremo nella montagna”.

Il disastro era ora inevitabile, in pochi secondi ci saremmo schiantati sul fianco roccioso. Noi tre chiudemmo gli occhi e ci proteggemmo inutilmente col braccio la faccia... Ma non accadde nulla: quello che vidi attraverso le finestre mi fece ammutolire per la sorpresa.

“Siamo arrivati alla città di Shaya- Salim”, stava dicendo Ami entusiasta.

Il nostro veicolo ora era fermo, posato placidamente su una grande pista sulla quale c’era una grande varietà di navi spaziali. In fondo, da lontano, si vedevano grandi costruzioni di stile futurista, simili a quelle che avevo visto nei mondi evoluti du­rante i miei viaggi precedenti. Miriadi di piccole navi trasparenti solcavano lentamente i cieli della città in tutte le direzioni.

Non riuscivo a comprendere cosa stesse accadendo: quella era una città appartenente ad una civiltà avanzata, ma era a Kìa, in un mondo non evoluto...

“Questa non è Kìa!”, esclamò Vinka sorpresa.

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“Certo che no”, intervenne Krato, “sembra che con l’urto contro la montagna siamo disincarnati e siamo finiti in un altro mondo, nell’al di là... Ha, ha, ha!”.

Il vecchio non perdeva il suo humour neanche di fronte alla possibilità di essere morto...

“Non abbiamo urtato contro niente, Krato. Siamo passati attraverso quelle rocce e poi siamo entrati in questa base, nasco­sta sotto la montagna, molto sotto. Questa è una base intraterrc- na, o meglio ‘intrakiana’. Siamo entrati attraverso uno dei punti autorizzati, ma elevando la frequenza vibratoria di questa nave, naturalmente, per passare attraverso la materia solida”.

Io guardai in alto molto sorpreso, pensando che, dato che stavamo sotto una montagna, sopra ci sarebbero state nere roc­ce al posto del cielo, ma invece no: fuori si vedeva un meravi­glioso cielo azzurro, come se fossimo all’aria aperta e uno splen­dido sole...

“Non è il cielo, Pierre, è una cupola artificiale nella quale si proietta l’immagine del cielo di lassù. Se fuori è nuvoloso, qui si vedono quelle nubi, se è sereno, lo è anche qui e di notte è esattamente la stessa cosa, ma qui dentro non siamo esposti come là fuori, bensì protetti da una spessa copertura di roccia...”.

Mi sembrò allarmante pensare che quel ‘cielo’ di pesante roccia potesse caderci sopra...

“Protetti?...”, disse Vinka piuttosto inquieta. Neanche Kra­to sembrava molto tranquillo, guardava verso l’alto con un certo timore. Ami, invece, si divertiva alle nostre spalle.

“Siete di nuovo spaventati: state pensando che la montagna potrebbe seppellirci, è chiaro. Però dovete sapere che il materiale che viene usato per la cupola, per contenere un possibile crollo e proteggere l’immagine del cielo esterno, ha vari chilometri di superficie e un metro di spessore. Ora siete più tranquilli?”.

“Un metro! Potrebbe rompersi!”, dicemmo tutti tre morti di paura, mentre Ami rideva di noi.

“Ma non pre-occupatevi tanto: nemmeno una delle vostre primitive, grossolane e pericolose bombe atomiche potrebbe

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penetrare neanche di un millimetro in quel materiale. Del re­sto, una cupola ovoidale è una delle strutture più resistenti della natura: avete mai cercato di rompere un uovo schiaccian­dolo sulle punte?”.

“Io si, ma non ci sono riuscito”, dissi.“Qui siamo molto più sicuri che là fuori”.“Perché?”.“Perché non ci possono far danno né i temporali, né la

grandine, né la temperatura, che qui si regola automaticamen­te. Qui non arriva la parte nociva dei raggi solari, né altre radiazioni moleste: non arrivano nemmeno le pericolose mete­oriti, né i tornado, né gli uragani, inoltre i terri non sospetta­no neanche che questa base esista...”.

Vinka, ora più tranquilla, chiese qualcosa che incuriosiva tutti e tre:

“Che luogo è qpesto? Com’è possibile che esista una città piena di navi spaziali di altri mondi nel mio stesso pianeta?”.

“Basi o piccole città come questa esistono in tutti i mondi nei quali c’è vita umana, che siano esseri evoluti o no...”.

“Anche sulla Terra c’è una città come questa?”, chiesi con una curiosità insopprimibile.

“Non una, ma tante...”.Prima che Ami potesse spiegare oltre, qualcosa di spavento­

so apparve attraverso i vetri: pronti sulla pista, davanti alla nostra nave, due giganteschi terri ci osservavano... Vedendoli, Vinka non riuscì ad evitare di gridare:

“Terri, Ami, terri!”.Nel frattempo Krato si grattava la testa senza capirci niente.Ami continuava ad essere sereno e molto di buon umore.“Sì Vinka, sono terri, ma terri amici. Ho chiesto il loro

aiuto per il problema che abbiamo e sono venuti ad aiutarci, venite, usciamo a salutarli”.

“Io vi aspetto qui...”, dissi, non avevo nessuna voglia di avvicinarmi a quei mostri... anche se sembravano amabili e sorridenti. D’altro canto, non mi quadrava il fatto che fossero

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dei terri primitivi in una città di extraterrestri altamente evolu­ti, nascosta nel territorio di Kìa.

Mentre si alzava dal suo sedile, Ami spiegò:“Questi non sono veri terri, ma esseri appartenenti ad una

civiltà superiore. Questi amici sono stati sottoposti a trasfor­mazioni fisiche per apparire terri e poter lavorare nell’incivile Kìa, ma non sono veramente terri”.

Questo ci tranquillizzò definitivamente; quindi Ami ci fece entrare tutti e tre nel ‘bagno’ ed anche lui lo fece.

“Qui si eliminano i germi che abbiamo sulla pelle, sugli abiti ed anche dentro il nostro corpo, dato che potrebbero causare problemi e malattie in questa base. Questa è un’altra ragione per cui vale la pena di vivere all’interno invece che all’esterno: gli ecosistemi rimangono più protetti e sono più controllabili. Se voi poteste vedere l’enorme varietà di animaletti microscopici che vi circondano da tutte le parti, là fuori...”.

Quando fummo pronti uscimmo ad incontrare i nostri pelosi amici. Era uno spettacolo vedere il piccolo Ami salutare allegramente quei giganti che sembravano molto contenti per l’incontro: i terri dimostravano un affetto molto speciale per il nostro piccolo amico. Lui ci presentò, spiegando loro chi era­vamo e cosa facevamo lì, ma non ci strinsero la mano: stesero la destra all’altezza della spalla, con il palmo verso di noi e poi la portarono al cuore.

Erano molto strani, soprattutto per lo sguardo ed il sorriso che irradiavano bontà, saggezza ed allegria, ma al tempo stes­so, con quel pelo e quei grossi denti sembravano piuttosto pericolosi, quasi animaleschi. Mi sembrò che qualcosa stonas­se e che i veri terri avrebbero potuto scoprirli.

“Tu puoi accorgertene, Pierre, ma i terri non hanno la tua sensibilità, essi non vedono né saggezza, né bontà dietro uno sguardo, vedono semplicemente occhi, quindi i nostri amici non corrono pericoli”.

“Non è facile come credi tu”, spiegò sorridente uno di essi ad Ami, “non è troppo facile restare qui; sai già che i terri

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soffrono di improvvisi e incontrollabili attacchi d’ira e sicco­me sono un po’ paranoici, molto spesso qualche alto funzio­nario si sente perseguitato e manda a liquidare qualche ‘sospet­to’ di rango inferiore... Non è facile questo servizio, tanto meno quando si lavora nella PP, ed ancor meno nell’area VEP, che investiga sulla vita extraplanetaria. Quello è un covo di vipe­re... Ma per noi questo lavoro è una bella e stimolante sfida”.

“I nostri amici sono assessori del Governo nell’indagine extraplanetaria”, spiegò Ami ridendo, “appartengono alla ter­ribile PP, anche se stanno dalla nostra parte”.

“La verità è che siamo infiltrati, siamo spie”, spiegò l’altro con lo stesso buon umore.

Provai un grandissimo rispetto e una profonda ammirazione per loro: mi sembrò di capire che il mio servizio e quello di Vinka, scrivere libri, era un facile e comodo gioco da bambini, paragonato a quello che loro facevano. Avevano deciso di servire nel centro stesso della violenza e del pericolo, nella Polizia Poli­tica, accettando il rischio di un lavoro infestato da trappole.

“E circondati dalle vibrazioni mentali ed affettive più basse e dense”, spiegò Ami, captando i miei pensieri, “ma non sottova­lutate il vostro servizio, ragazzi: nemmeno voi vivete in mezzo agli angeli e ai santi. I vostri libri collaborano alla creazione di un mondo luminoso e fraterno, con una focalizzazione spiri­tuale e non materiale, un mondo senza divisioni di nessun gene­re e questo è il contrario di quello che il Tiranno vorrebbe. Non va bene per lui che queste idee si diffondano troppo...”.

Questo riempì di timore Vinka e me.“Allora vuoi dire che siamo nella lista nera di ‘Dracula’?”,

chiesi spaventato. Ami e i terri risero e il bambino vestito di bianco spiegò:

“Chiunque voglia fare qualcosa di veramente buono per l’umanità, qualcosa che tenda ad elevare il livello di felicità nel mondo, è nella ‘lista nera’ del Tiranno, naturalmente. Se il servizio non avesse i suoi rischi, abbonderebbero i ‘servitori’, ma non è così, purtroppo”.

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Convenni che Ami aveva ragione: non è molta la gente di­sposta ad andare contro corrente, anche se questa corrente por­ta al precipizio...

“Ma non temete: il Tiranno è una forza negativa nei piani sottili, è vero, ma lì non c’è solamente oscurità, ragazzi, lì ci sono anche le forze della Luce, dell’Amore e voi sapete già qual è la maggior forza dell’Universo, vero?”.

“Ah, certo, meno male...”.“È per questo che voi siete molto protetti in ogni momento.

D’altra parte, per il Tiranno voi siete semplicemente dei ‘mosce­rini fastidiosi’ e lui è troppo occupato in faccende di grandi capitali, di grosse partite di droga, a fomentare guerre e rivalità, a cercare di corrompere autorità, in truffe massicce a grossi con­tingenti umani, ecc. Invece questi due amici sono in mezzo al pericolo e non hanno nessun timore perché sanno molto me­glio di voi su che tipo di protezione possono contare”.

“Voi siete dei campioni, ragazzi”, disse loro Krato entusia­sta, “inoltre siamo colleghi, perché io sono stato una spia del­l’esercito malumbo, in mezzo ai rosta, durante la guerra di Mudania. Andiamo a celebrare questo incontro con un buon bicchiere, ragazzi, andiamo a scambiarci aneddoti di guerra”.

“Uno swama alla guerra?”, disse incredulo uno dei giganti.“Ora sono swama, ma prima ero terri: ero più alto e robu­

sto di voi, mi chiamavano ‘il Terrore di Mudania’. Ha, ha, ha! Inoltre, è un grande onore per voi, sono il primo terri trasfor­mato vivente di questo mondo. Andiamo a festeggiare”.

“Sei stato alla guerra di Mudania, Krato?”, chiese Vinka.“Certo, principessa, ero conosciuto come il ‘Centauro del

Deserto’. Chi mi incontrava aveva il buon senso di scostarsi rispettosamente, ma alcuni imprudenti non lo hanno fatto... l’inferno ne è pieno. Ha, ha, ha!”.

“Allora sei terribilmente vecchio. La guerra di Mudania ci fu quasi nella preistoria... Non sapevo che ci fosse qualcuno vivo da quella guerra”.

“Ma io ero appena un ragazzo, mi chiamavano il ‘Bambino

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Pericolo’. Ha, ha, ha!”.Ami sembrò spazientirsi.“Smetti di raccontare bugie, Krato, il tuo bisnonno era trop­

po giovane quando ci fu quella guerra. Ricorda che non abbia­mo tempo da perdere, gli zii di Vinka sono prigionieri della PP e dobbiamo aiutarli, se non agiamo in fretta le cose potrebbero complicarsi molto”.

Improvvisamente un veicolo trasparente arrivò in volo e venne a posarsi davanti a noi. Nessuno lo manovrava, ma com­presi che lì c’erano un alto grado di tecnologia e di automatiz­zazione. Una delle porte si aprì da sola sollevandosi, quasi invitandoci a entrare; Krato andò a curiosare, a cercare l’invisi­bile conducente di quel veicolo.

“Non nasconderti, so che sei lì...”.“Smettila con le sciocchezze ed entra una buona volta. An­

diamo, Vinka, Pierre, dentro. Andremo a parlare con i nostri amabili amici in un luogo adatto”.

“Accanto a un buon bicchiere, naturalmente”, disse speran­zoso Krato.

“Non c’è alcol a Shaya- Salim”, disse sorridendo uno dei falsi terri mentre entrava nel veicolo.

“Non c’è alcool, qui?... Allora questo è il luogo più noioso di tutta Kìa... E come fate a rallegrare il cuore?”.

“Noi siamo sempre contenti, ma a volte l’Intimo ci pone delle prove perché perfezioniamo le nostre anime, allora usia­mo altri metodi per rafforzare lo spirito: esercizi respiratori, meditazione e contatto con Lui che dimora all’interno di ogni essere”, spiegò mentre il veicolo si metteva in moto e si levava dolcemente in volo.

Krato si impressionò:“Sì, si vede che, malgrado il suo pelo, questo amico non è

un terri”.

Il veicolo trasparente si diresse volando a bassa quota e a velocità ridotta verso il centro di quella piccola città sotterranea chiamata

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Shaya-Salim, enclave di civiltà evolute all’interno del pianeta Kia.Dall’alto il luogo sembrava tranquillo, assomigliava molto a

Ofìr, ma in uno spazio ridotto. Come in tutti i luoghi evoluti, la maggior parte dei veicoli che si spostavano lo facevano in aria.

Lì predominava una specie umana dagli orecchi come quel­li degli swama, ma non avevano la pelle rosata, bensì di un colore olivastro. I loro capelli e gli occhi erano più scuri ed erano alti di statura come i terri, ma non avevano peli sul corpo.

“Noi originariamente apparteniamo alla razza che predo­mina qui”, spiegarono le spie amiche.

C’erano anche delle persone di altre specie e tutti si trattava­no cordialmente. Questo mi fece pensare che una delle caratte­ristiche di un maggior livello evolutivo consiste nella diminu­zione delle divisioni, separazioni, pregiudizi, frontiere, sfidu­cia, timori ed aggressioni. Ami stava attento:

“È così, Pierre. Mano a mano che cresce la nostra coscienza e comprendiamo meglio la vita, smettono di essere tanto im­portanti le differenze esteriori fra gli uni e gli altri, diventiamo sempre più capaci di vedere l’interno, quello che ci unisce e così impariamo poco a poco la meravigliosa arte di aprire i nostri cuori”.

Guardai il gigantesco terri che era seduto accanto a me e che aveva un odore un po’ strano, simile a quello di un orso in un giardino zoologico che visitai una volta, ma cercai di vedere al di là di quella mole di muscoli, denti e pelo che mi causava un istintivo timore. Feci un piccolo sforzo per vederlo sotto un’al­tra luce, come se fosse un mio buon amico e ci riuscii per alcuni secondi: allora sentii che il suo odore non era sgradevole e mi ricordò quello di un caro cagnolino che avevo molto tempo fa. Lui captò qualcosa, perché si volse verso di me offrendomi tutto il suo affetto in uno sguardo luminoso e in un sorriso dolcissi­mo, dandomi un delicato ed affettuoso buffetto sul ginocchio. Allora compresi una volta di più che l’amore supera tutte le barriere esterne ed illusorie che dividono gli esseri.

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“Perché ogni essere è creazione e manifestazione del Dio Amo­re, Pierre. Tutti abbiamo la stessa origine e lo stesso destino”.

“Compresi i terri”, disse ridendo un terri.Krato approfittò delPoccasione per uscire con un’altra delle

sue pagliacciate:“Si, ma i terri li ha latti Dio un giorno in cui aveva bevuto più

del dovuto: quando gli è passata ha creato gli swama. Ha, ha, ha!”.“Già”, disse Ami, evidenziando che quello scherzo non era

stato di suo gusto.Vinka volle cambiare argomento:“Non si vede troppa attività in questa città...”.Il terri che era vicino a me spiegò:“La maggior parte delle installazioni di questo luogo è sot­

to terra, ma in realtà questa non è esattamente una città, ma piuttosto una stazione di lavoro, una base. Tutti quelli che vivono qui sono professionisti in qualche campo specifico”.

“E qual è lo scopo di questa base?”, chiesi mentre scendeva­mo su un edificio che aveva un grande parcheggio per astrona­vi nella parte superiore.

“Qui la Fratellanza dei Mondi Evoluti realizza compiti de­stinati alla supervisione dello sviluppo sociale di questo piane­ta, e questo è sotto la responsabilità della civiltà alla quale ap­partengono i nostri amici qui presenti e che può contare sulla collaborazione di specialisti provenienti da altre civiltà, da luo­ghi molto diversi e distanti, ma da pianeti con caratteristiche simili a questo, cioè, con una forza di gravità simile, un’atmo­sfera costituita da ossigeno e una o più specie umane con strut­ture organiche basate sul carbonio e sull’acqua”.

“Non tutte le civiltà spaziali sono così, Ami?”.“Certo che no, Pierre, ci sono specie intelligenti che vivono

come i pesci di questo mondo, nell’acqua”.“E hanno corpi come i nostri?”.“No, i nostri corpi sono fatti per abitare fuori dall’acqua,

sulla terra, per questo abbiamo gambe e non pinne o branchie. Inoltre, la nostra forma fisica non è adeguata per andare sott’ac-

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qua, perché oppone molta resistenza, quella dei pesci no”.“Allora ci sono esseri intelligenti con corpi strani!...”.“Beh, loro direbbero che sei tu ad avere un corpo molto

strano... Ha, ha, ha!”.“Però una volta tu hai detto che il modello umano è univer­

sale: testa, tronco ed estremità...”.Ami si mise a ridere ricordando:“Quello era il nostro primo incontro e tu eri pieno di paura

perché pensavi a ‘mostri invasori’, ricordi? Così non ho voluto spaventarti troppo, tenendo conto del tuo ‘razzismo ottico’... e ti ho parlato solo del modello umano dei mondi come il tuo, quello di Vinka e Krato, il mio, Ofìr e i mondi delle persone che vedi da queste parti. Ma a parte questo c’è mooolto di più nell’Universo: la vita emerge persino nelle condizioni apparen­temente più sfavorevoli e le forme fisiche corrispondono a quelle che sono più adatte alla vita in un determinato ambiente. In- somma, nell’Universo c’è di tutto, ma a noi deve bastare per ora conoscere quello che è più vicino a noi”.

Scendemmo dal veicolo ed entrammo in un ascensore vici­no. Uno dei terri diede ordini verbali e la porta si chiuse, poi ci mettemmo in movimento, quindi si riaprì in un corridoio, uscim­mo ed entrammo in un piccolo salone che aveva una lunga tavola ovale e una decina di sedie intorno.. La superficie era come di marmo rosato ed aveva varie lamine rettangolari di fronte ad ogni posto: supposi che fossero monitor di qualche computer. In fondo c’era una grande finestra che dava su un bellissimo paesaggio marino, le onde si frangevano sulle rocce, mentre più lontano si distinguevano dei pescherecci e più in là un paesino costiero. Quello avrebbe potuto essere benissimo un paesaggio del mio mondo, ma non eravamo là, inoltre ci trova­vamo sotto una montagna e il mare era molto lontano...

Nel mio viaggio precedente avevo visto un finestrone simile nella nave del Comandante che dirige tutto il ‘piano di aiuto’ per il mio pianeta e proiettava immagini del suo mondo d’ori­gine. Era un sistema simile a quello del televisore a colori, ma

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cosi reale che mi era impossibile distinguerlo da una comune finestra. Qui potei vedere che un’imbarcazione si avvicinava a noi, cioè verso il luogo dal quale si stava filmando e quando la goletta fu più vicina, notai che i suoi occupanti erano swama pescatori.

“Com’è possibile che possiamo vedere il mare da una fine­stra che sta dentro una montagna?”, chiese Krato incuriosito. Vinka gli spiegò il sistema, lui ne rimase impressionato e disse solo ‘guak’.

“Bene, sediamoci”, disse uno dei terri; lo facemmo e l’altro prese la parola:

“Gli zii di questa bambina sono prigionieri, perché si sta investigando sulla loro relazione con l’avvistamento di una nave che l’ha rapita. Sarà interrogato anche il dottore amico di famiglia, anche se non ricorderà niente, non ha mai conosciu­to un uomo chiamato Goro, sposato con una swama e zio di una bambina della stessa razza. Vediamo come vanno le cose”.

Con un dito peloso toccò la lamina-monitor del televisore che aveva di fronte e si accesero tutti gli altri. Apparvero dei segni che non erano più tanto strani per me, riuscii a riconoscere la scrittu­ra della lingua della Confraternita. Supposi che quello fosse un menù con molte opzioni, ma il gigante, invece di premere botto­ni, dava semplicemente istruzioni verbali al monitor.

Sullo schermo apparve un grande edificio circondato da giardini e da un alto e spesso muro con posti di guardia e sentinelle armate.

“Questa è la centrale della PP”, spiegò il terri. Poi l’immagi­ne mostrò una discesa in picchiata e ci addentrammo nell’edi­ficio. Come in alcuni videogiochi l’immagine avanzava, girava a destra o a sinistra, secondo i movimenti che faceva il finto terri ponendo un dito sopra delle frecce e altri comandi che c’erano sullo stesso schermo. Così percorremmo tutta la PP, osservando sfacciatamente quello che accadeva all’interno del­l’organismo ‘più segreto’ del paese di Vinka... Alla fine sullo schermo apparve un terri che sembrava molto più grasso e

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orripilante degli altri: il suo pelame era di un verde sporco molto scuro, né pettinato, né lucido, un po’ untuoso e appic­cicoso... Pensai che doveva puzzare terribilmente...

“Sei molto intuitivo”, disse Ami ridendo allegramente.“Quello è Tonk, il nostro direttore. Andiamo a vedere le

registrazioni di quello che hanno fatto e detto in quest’ultima ora, per aggiornarci”.

Così compresi che la Fratellanza può spiare molta gente...Mentre il terri avanzava e retrocedeva con le immagini, at­

tento a quello che il Direttore della PP aveva sentito e detto negli ultimi minuti, Ami ci spiegò:

“Non possiamo trascurare le decisioni che i terri prendono in zone importanti per l’evoluzione di Kìa”.

Mi sembrò che, malgrado tutto, questo tipo di spionaggio violasse l’indipendenza e la libertà di quel mondo. Ami si ac­corse di quello che stavo pensando e decise di spiegarci un argomento complesso:

“Non dimenticare che abbiamo basi piene di gente in que­sti mondi e potrebbero essere contaminate o distrutte se ci distraessimo, così dobbiamo vigilare. Ti ho anche detto in pre­cedenza che non possiamo permettere che una civiltà violenta si impadronisca di conoscenze che consentirebbero di provo­care una catastrofe cosmica, ricordi?”.

“Sì, comprendo Ami, ma... è legale che voi abbiate basi se­grete in territori altrui? I terri sorrisero per la mia domanda e Ami disse:

“Se queste basi non esistessero, non ci sarebbero nemmeno le vostre civiltà...”.

Pensai che volesse dire che senza la loro supervisione, noi avremmo già distrutto i nostri mondi, ma Ami, attento ai miei pensieri, disse:

“Anche questo, ma la nostra presenza nei mondi non evo­luti ha un’importanza così trascendentale, che tu non riuscire­sti nemmeno ad immaginare...”.

Questo stimolò la mia curiosità, volevo saperne di più.

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“Ma ora non abbiamo tempo per questo genere di spiega­zioni, più avanti saprete tutto, pazienza”.

Il terri che operava ai monitor spiegò:“Tonk non ha deciso niente, per quanto riguarda i prigio­

nieri. Ha chiesto consiglio all’esercito e alla Presidenza: ora sta aspettando ordini superiori”.

Le immagini stavano percorrendo tutto l’edificio della PP: arrivati a una porta sorvegliata da due guardie armate, il terri disse:

“Qui ci sono le sale per i prigionieri, ora andiamo a cercare i nostri amici”.

Attraversammo delle grosse sbarre d’acciaio e passammo sotto il naso delle guardie che non potevano vederci. Continuammo ad avanzare ed arrivammo ad un corridoio che aveva varie porte su ambo i lati: entrammo all’interno di ognuna. Erano per la maggior parte vuote, ma in altre c’erano detenuti. In una di esse si trovava solo e molto scosso lo psichiatra, pieno di lividi. Uscimmo di nuovo in corridoio, entrammo in una stanza attigua c lì c’erano gli zii di Vinka. Lei sospirò sollevata al vederli: apparentemente, stavano bene, erano seduti in poltro­na, i loro visi denotavano una grande inquietudine e non c’era nessun altro lì.

Uno dei terri stava spiegando:“Sicuramente le autorità superiori decideranno molto pre­

sto di dare a questo caso la categoria ‘Priorità 1’, così verranno a prenderli per portarli ai padiglioni blindati. Da lì non si esce tanto facilmente... Non senza dover andare lì personalmente ed affrontare un insieme di terri armati fino ai denti... Questo è un buon momento per trasferirli qui”.

“Trasferirli fin qui! Come?!”, esclamai meravigliato.“Il teletrasporto non è difficile, ragazzo”, disse uno dei terri

senza prestarmi molta attenzione.“Fantastico!”, disse Vinka felice.Ami intervenne:“Facciamolo, allora, ma prima dovremmo avvertirli attraver-

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so un microfono direzionale di quello che sta per accadere loro”.“Non possiamo, ricorda che ci sono telecamere in tutte le

celle”.“Ah sì, non possiamo spiegare loro niente, perché qualun­

que cosa verrebbe registrata”.Il terri ci spiegò altre cose:“Gli zii di questa bambina non devono vederci quando sa­

ranno qui, per questo ci nasconderemo subito. È una misura di sicurezza inviolabile per coloro che non appartengono ai lavori evolutivi”.

Krato era scherzoso, ma non scemo, così arrivò immediata­mente a una conclusione:

“Allora anch’io appartengo a questi lavori. Ha, ha, ha!”.“Certo, Krato, altrimenti non avrei potuto portarti qui. Per

ora non sai niente del tuo futuro lavoro al servizio dell’Amore, ma arriverà il momento”.

Lui ci guardò con una feccia divertita, sollevando rapidamen­te in su e in giù le ciglia, come per dire ‘più rispetto, ragazzi’...

Io pensai che ci doveva essere un errore: Krato, un vecchio contadino, bevitore e ghiottone, carnivoro, piuttosto bugiardo e scherzoso, al servizio dell’Amore?... Già!

Ami percepì quello che pensavo e disse semplicemente:“Chi può sapere che cosa c’è veramente nel più profondo

dell’altro?... Chi conosce qui i tempi evolutivi di ognuno?”.10 arrossii e non dissi niente.11 terri continuò:“Le persone estranee al piano Cosmico non devono nemme­

no sapere che esistono queste basi sotterranee, non per ora, sic­ché voi non dovrete dire niente di Shaya-Salim a quella coppia, né a nessun altro senza la nostra autorizzazione, promesso?”.

Si rivolgeva a Vinka, Krato e a me.“Per la mia discrezione durante la guerra mi chiamavano

‘La Tomba’. Ha, ha, ha! Promesso, non preoccupatevi”.“Promesso”, dicemmo anche Vinka ed io.“Bene, prima di tutto li addormenteremo e poi li trasferire-

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mo. Andiamo nella sala del teletrasporto”.Uscimmo, percorremmo il corridoio ed entrammo in un’al­

tra stanza piena di apparecchiature scientifiche. I due uomini azionarono i comandi e si scambiarono termini tecnici: su uno schermo apparvero gli zii di Vinka.

“Pronti per la fase di addormentamento”.Caddero immediatamente in un sonno profondo.“Pronti per la fase di teletrasporto”.La coppia si materializzò istantaneamente di fronte a noi,

con poltrona e tutto, dormivano come angioletti. Vinka vole­va andare ad abbracciarli, ma Ami la fermò:

“Devi aspettare che i nostri amici finiscano il loro lavoro”.Gli uomini pelosi presero delicatamente i due e li deposero

su delle lettighe con le ruote, quindi procedettero al teletra­sporto delle poltrone al loro posto, proprio un attimo prima che la porta di quella stanza della PP si aprisse e lasciasse entra­re vari terri, che non nascosero il loro furore al trovare la stan­za vuota.

“Questa poltrona è ancora tiepida... quei maledetti extrakia- ni li hanno appena teletrasportati! Quei miserabili sono trop­po astuti...”.

La cosa mi sembrò molto strana.“Ami, quei terri sanno perfettamente che voi potete teletra-

sportare le persone...”.“È così, Pierre, non è la prima volta che dobbiamo ricorrere

a questi metodi”.Anche Vinka era confusa.“Allora le nostre autorità non ignorano che voi esistete...”.“Certo che no, Vinka. Sai già che sono venuti immediata­

mente ad indagare quando c’è stato l’avvistamento davanti alla finestra dello psichiatra”.

“Io pensavo che indagassero solamente, ma che non avesse­ro nessuna prova... Perché allora nelle dichiarazioni ufficiali si comportano come se non sapessero niente, ridono addirittura di quelli che ci credono?...”.

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“Perché nascondono quello che sanno di noi e lo fanno molto bene. Per questo ostacolano le ricerche private e propa­gano notizie false sull’argomento allo scopo di intimorire e confondere”.

“Davvero, Ami?!”.“Purtroppo è cosi”.“Io non sospettavo nemmeno che le nostre autorità sapesse­

ro tanto di voi...”.“Però avresti potuto dedurlo, perché tutte le persone media­

mente informate sanno che le autorità si occupano gelosamen­te dell’argomento e che appena compare qualcosa di interes­sante vanno fino in capo al mondo, se è necessario. Poi, con la collaborazione dell’esercito e della polizia locale cercano il luogo e tirano fuori le loro apparecchiature per prelevare campioni che rimangono sempre coperti dal segreto. Questo si sa, come si sa del loro rifiuto a rivelare informazioni. Se queste autorità non avessero ottime conoscenze sull’argomento, non si pren­derebbero tanti fastidi. Se veramente pensassero che la faccen­da è solo una fantasia, non investirebbero tanto denaro per verificare più di quello che sanno, né nel cercare di nascondere quello che già sanno. Questo potrebbe dedurlo chiunque ab­bia voglia di informarsi e di pensare un po’ ”.

“E perché nascondono quello che sanno?”.“Ottima domanda, ma ti risponderò dopo. Ora concentria­

moci sul problema che abbiamo sotto il naso: Clorka e Goro”.Uno dei terri amici disse:“Riassumiamo: lo psichiatra amico di Goro non ricorda

niente di questa storia. Per lui, tutto si riduce al momento in cui sono entrati dei gorilla nel suo ambulatorio e lo hanno coperto di botte. Presto gli agenti della PP gli faranno un sacco di domande su una nave spaziale che è apparsa davanti alla sua finestra, ma il poveretto non ricorderà nulla. Gli chiederanno anche dei suoi rapporti con Goro e Clorka e lui dirà che non sa di chi stiano parlando. Infine, dopo averlo spremuto a fon­do, capiranno che non sa niente altro e, se rimane in buone

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condizioni, lo lasceranno in pace, anche se sospetteranno che noi abbiamo cancellato dalla sua memoria certi ricordi, come abbiamo fatto molte volte...”.

Ami spiegò questo punto:“Loro sanno che se vogliamo possiamo effettuare una ri­

mozione definitiva di certe parti della memoria, in modo tale che nemmeno il miglior ipnoterapeuta potrebbe riattivarle e questo è quello che ho fatto con il dottore. Per quanto riguarda i tuoi zii, Vinka, quando si sveglieranno sapremo quanto sono riusciti a dichiarare davanti alla PP e poi vedremo cosa fare”.

Uno dei due pelosi amici ricominciò a spiegare:“Ripeto: loro non debbono sapere dove si trovano. Nessuno

che non partecipi al Piano deve sapere per il momento che queste basi segrete esistono veramente”.

“Allora non potremo scriverlo nei nostri libri?”, chiesi.“Questo è diverso, Pierre, perché si suppone che lì tutto sia

fantasia. Ad ogni modo, alla fine di questa storia vi dirò cosa potete o non potete dire nei vostri libri”.

Il terri continuò:“Il concetto è che nessuno deve sospettare che noi due ap­

parteniamo alla Fratellanza, perché potrebbero sospettare che ci sono anche altri falsi terri in altre zone governative, come è in realtà e questo sarebbe un disastro”.

L’altro prese la parola.“Ora andremo tutti nella sala qui a fianco e li sveglieremo”.Uscimmo e i terri spingevano le lettighe. Entrammo in una

piccola e confortevole sala: lì c’erano riviste, rotocalchi e da una parte una specie di cucinino nel quale c’erano succhi, frut­ta e biscotti, cosa che entusiasmò Krato:

“Sei sicuro che non ci sia qualche bottiglia interessante da queste parti?”.

“Sì, ce ne sono e contengono succhi di frutta, infusi di erbe sane e acqua pura, Krato. Puoi prendere quello che vuoi...”.

“Puah!.”.I terri amici sistemarono la coppia su due poltrone e poi

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uno di loro ci disse:“Questi due non devono vedere subito Ami e Pierre, perché

potrebbero spaventarsi. Non hanno mai visto esseri di altri mondi e per questo dovete uscire insieme a noi da questa stan­za e anche Krato. Solo Vinka sarà con loro quando si sveglie­ranno, noi seguiremo dai monitor”.

L’altro intervenne:“Devono credere che si trovano in un luogo qualsiasi, nella

campagna vera e propria. Per questo metteremo delle immagi­ni adeguate su quello schermo, che ora avrà l’aspetto di una finestra. Guardate...”.

L’uomo si riferiva a un rettangolo nero sulla parete, che si illuminò immediatamente quando il terri azionò un comando a distanza che aveva in mano e apparve un delizioso paesaggio campestre, con uccelli che volavano, farfalle e insetti. Mi sem­brava quasi di sentire il profumo della natura, ma pensai che fosse solo la mia immaginazione, perché sapevo già che era una semplice proiezione.

“Sono profumi reali, Pierre. Le nostre telecamere registrano le immagini e, se lo vogliamo, anche i profumi, poi si può riprodurre tutto”.

“Fantastico!”. ,Uno degli uomini cominciò a dare istruzioni alla mia ani­

ma gemella:“Quando si sveglieranno, dopo averli calmati un po’, do­

vrai consegnare loro questi microfoni traduttori e aiutarli a metterseli. Poi spiegherai loro che le risposte alle loro domande verranno date dai tuoi amici da una stanza vicina: quindi tut­to sarà nelle nostre mani, capito?”.

“Sì”.“Poi, quando saranno pronti, entreranno in questa stanza

Ami, Pierre e Krato e toccherà ad Ami condurre la conversazio­ne, voi seguite le sue istruzioni e non improvvisate niente, non possiamo commettere errori. Non ci devono essere disattenzioni che possano complicare ancora di più la situazione, capito?”.

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Dicemmo di sì.“Andiamo, seguiteci”.Ci ritirammo lasciando lì la mia compagna con la porta

chiusa dall’esterno. Noi andammo nella stanza delle apparec­chiature scientifiche e su uno schermo potemmo vedere Vinka e i suoi zii addormentati. I terri cominciarono a lavorare.

“Ora li sveglieremo, preparati Vinka”.Lei sentiva la voce da invisibili microfoni.“Sono pronta”, noi ascoltavamo la sua voce dai microfoni

del monitor.In quel momento gli zii di Vinka aprirono gli occhi. Mani­

festarono grande sorpresa accorgendosi del subitaneo cambia­mento dello scenario, ma quando videro Vinka, l’affetto fu più forte della curiosità e si strinsero tutti e tre in un prolunga­to abbraccio, cosa che mi infastidì un poco, perché se l’affetto fosse stato minore, Vinka non avrebbe avuto tanti problemi a venire sulla Terra-

Lei mise i microfoni agli orecchi degli zii.“Questi servono a comprendere altre lingue”.“Dove siamo? Com’è che improvvisamente è cambiato tut­

to e sei apparsa tu?”.“Siamo in campagna, Goro!”, esclamò Clorka, guardando

felice fuori dalla finestra.“Io non posso rispondere alle vostre domande, ma i miei

amici sì. Loro sono nella stanza qui a fianco, ci guardano da uno schermo e possiamo sentire la loro voce”.

“Giusto. Buonasera Goro e Clorka” disse un terri al microfono.“Ah, di nuovo l’interferenza...”, disse Goro con una faccia e

un tono ostile.“È necessario che voi conosciate Ami, lui appartiene a un altro

mondo, pertanto il suo aspetto è a voi sconosciuto. Entrerà in questa sala con Pierre, anche lui dì un mondo diverso e con Krato, uno swama amico della vostra figliola. Non avrete paura?3.

“Oh, sì!”, esclamò Clorka aggrappandosi a Goro."Bah!”, disse lui, come se non gliene importasse niente.

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“Allora vengono lì”.“Che paura!”.“Non temere zia, i miei amici sono molto buoni”.Un terri ci disse che ora potevamo andare e l’altro ci accom­

pagnò. Aprì la porta e per primo entrò Ami.“Bene, permettete che mi presenti: io sono il famoso Ami”,

disse con un allegro sorriso.Goro gli diede un’occhiata poco amichevole e diffidente.

Clorka dimostrò stupore e un po’ di paura. Il terri amico mi toccò una spalla e compresi che era il mio turno.

“Il mio nome è Pierre e vengo dal pianeta Terra”, dissi en­trando, quindi venne Krato.

“Io mi chiamo Krato, ora sono swama, ma prima ero terri: sono il primo trasformato vivente di questo mondo”.

Goro lo guardò con aggressività.“Il primo traditore della nostra specie, certo, per questo

collabori con i nemici di Kìa...”.Krato divenne rosso per l’ira e strinse i pugni guardando

fisso il terri. Ami intervenne subito:“Calma, calma. Pochi minuti fa voi eravate prigionieri nella

centrale della PP, stavate per essere interrogati a fondo dagli agenti, ma noi, con la nostra tecnologia avanzata vi abbiamo tirati fuori di lì, vi abbiamo rapiti. Ora siete in salvo in un luogo sicuro”.

Goro sembrava non capire la faccenda.“Io non avevo niente da nascondere, non vedo perché non

ci avete lasciati dove eravamo. Ci avrebbero interrogato e via, a casa. Ora sicuramente siamo nella condizione di profughi del­la giustizia... questa faccenda mi piace sempre meno”.

“Vogliamo solo sapere cosa siete arrivati a dire agli agenti della PP”, disse Ami.

“Niente, ci hanno tenuti imbavagliati, ci hanno caricati su un veicolo e ci hanno incappucciati. Quando siamo riusciti a vedere, ci trovavamo su un divano in una stanza chiusa: erava­mo lì e improvvisamente siamo comparsi qui. Questo è tutto”.

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Ami si entusiasmò visibilmente.“Allora non hanno chiesto i vostri nomi, non vi hanno

fotografati o preso le impronte digitali?”.“No”.“Magnifico, sembra che ancora non sappiano chi siete...”.“Però il mio amico psichiatra avrà loro raccontato...”.“Non si preoccupi di questo, il dottore è stato sottoposto

a un trattamento di amnesia parziale definitiva: ora non ri­corda di avervi mai conosciuti, ha dimenticato per sempre che gli aveva chiesto aiuto perché Vinka mettesse da parte le sue ‘fantasie’...”.

Il terri istintivamente si senti aggredito, ma il trasparente e sereno sguardo di Ami gli trasmise pace e questo gli consenti di vedere le cose con maggior calma e chiarezza, forse proprio per questo si senti spinto a dare una spiegazione:

“Beh... ho fatto quello che pensavo fosse meglio per lei... Come posso permettere che una bambina cosi piccola, che sta sotto la mia responsabilità, sia invischiata con entità di altri mondi?... Come faccio a sapere quali sono le vostre vere inten­zioni?”, disse guardandoci con sospetto.

“Non ha letto i libri di Vinka? Lì ci sono le nostre vere intenzioni”.

“Sì, l’ho fatto stanotte, ma non sono un ingenuo bimbetto. Voi potreste usare mia nipote per diffondere informazioni fal­se, attraverso quei libri...”.

“Perché l’umanità di Kìa pensi che siamo buoni ed inoffensi­vi, mentre in realtà apparteniamo ad una civiltà perversa, vero?”.

“Beh... qualcosa del genere...”.Malgrado tutto comprendevo Goro: anch’io avevo lo stesso

sospetto quando conobbi Ami.“Questa è paranoia pura: se esistesse una civiltà di questo

tipo, non avrebbe bisogno di prendersi tante seccature.;. Se è per dare briglia sciolta ai deliri di persecuzione e alla diffiden­za... non ha pensato che anche sua moglie potrebbe fingere, aspettando una sua distrazione per ucciderla? E che i suoi ge­

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nitori fingevano di essere buoni e inoffensivi, mentre in realtà erano malvagi? E non ha pensato lo stesso dei suoi amici, di tutta la gente che conosce?”.

“No, certo: io conosco la mia famiglia e i miei amici, ma voi, chi vi conosce?...”.

“Io li conosco”, mi affrettai a dire innocentemente, “e sono buoni”.

Il terri mi guardò diffidente e disse:“Tu sei uno di loro, è chiaro, sei un agente molto importan­

te in questa cospirazione contro il nostro mondo... Siete riusci­ti a sedurre Vinka... Vai a sapere che tipo di mostro si nasconde dietro quello strano aspetto di bambino indifeso...”.

Mi sentii abbattuto dallo spaventoso sospetto di Goro, le mie guance si fecero rosse, non sapevo cosa dire. Credo di aver avuto voglia di piangere, ma mi trattenni. Vinka esclamò:

“Zio Goro!... Per favore!...”, e venne al mio fianco per cerca­re di consolarmi, anche Ami lo fece.

“Sì Pierre, non è facile essere missionari fra gente non evolu­ta, davanti a dei cuori così chiusi, non è facile sopportare il sospetto, la diffidenza, la paura. Ma ti confiderò un piccolo segreto perché tu possa sopportare meglio queste situazioni”. S’avvicinò al mio orecchio e mi disse a bassa voce: ‘Devi vederli come se fossero bambini, perché in qualche modo lo sono. Non odiarli: tu sei stato come loro e adesso sei più avanzato, ma non devono sospettare che li consideri così, perché si infurierebbero’...

Sentii che Ami aveva ragione, cercai di guardare Goro in quest’altro modo e vedendo i suoi occhi che sembravano spriz­zare fuoco, compresi che dietro quello sguardo c’era unica­mente, semplicemente timore, la paura infondata gli faceva vedere tutto nero, lo rendeva aggressivo e gli faceva perdere il meglio della vita. Il mio risentimento si trasformò in compas­sione, pena, comprensione.

Goro si alzò in piedi, spingendo sua moglie a fare altrettan­to. Prese Clorka per la spalla e Vinka per la mano e disse:

“Bene, voglio tornare a casa”, e si diresse verso la porta,

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cercando di aprirla. Quando comprese che era impossibile, cominciò a colpirla mentre gridava:

‘VOGLIO TORNARE A CASAAAA!”.Io pensai che quel gorilla ci avrebbe presto ammazzati tutti.

Cercai un luogo dove nascondermi, ma non ce n’era nessuno... In quel momento si sentì una voce potente e autoritaria che proveniva dall’altoparlante:

“SI CALMI, SIGNOR GORO, NESSUNO FARÀ DEL MALE NÈ A LEI, NÈ ALLA SUA FAMIGLIA. SE TENTERÀ QUALSIASI TIPO DI AZIONE VIOLENTA, DOVREMO USARE IMMEDIATAMENTE LA NOSTRA TECNOLOGIA PER FERMARLA E QUESTO NON SARÀ PIACEVOLE... QUINDI RITORNI VELOCEMENTE ALLA SUA POLTRO­NA, SI SIEDA E SI RILASSI, PERCHÉ DOBBIAMO PARLA­RE CON LEI ANCORA DI UN PAIO DI ARGOMENTI”.

Sentendo questo, Goro comprese che non si trovava sempli­cemente davanti a dei bambini, una donna e un vecchio, si calmò e tornò rassegnato alla sua poltrona.

“Bene, sono qui”.Allora Ami, con un atteggiamento che mi sembrò temera­

rio, con un sorriso innocente andò a sedersi vicino a Goro. Questi, sorpreso, in atteggiamento di difesa si scostò un poco. Il bambino vestito di bianco gli disse:

“Mi sembra che lei ignori i sistemi investigativi e gli inter­rogatori della PP”.

“Non sono così sciocco, tutti sanno che con i sovversivi, i delinquenti e i sospetti sono molto aggressivi, ma io non ho niente da nascondere, sono un cittadino rispettabile, gestisco una farmacia da molti anni. La mia vita è trasparente, quindi con me non avrebbero usato il metodo duro”.

Ami guardò verso il soffitto:“Ehi ragazzi, possiamo vedere le immagini dell’interrogato­

rio dello psichiatra amico di Goro?”."SÌ, ASPETTATE UN MOMENTO”, rispose uno dei terri

travestiti dall’altoparlante.

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Pochi secondi dopo si accese un rettangolo su una parete nella quale prima non c’era niente. Li cominciammo a presen­ziare all’interrogatorio al quale era sottoposto lo psichiatra, che ora si trovava legato su un tavolo metallico, bagnato e completamente nudo. La scena era così violenta e crudele, che Vinka e Clorka dovettero guardare da un’altra parte. Goro, con gli occhi spalancati impallidì e chiese di spegnere quello schermo. Così fu fatto.

“Anche il suo amico è una persona rispettabile, inoltre ha un titolo universitario, ma per la PP, niente di tutto questo conta, specialmente quando si tratta di seguire le tracce di ci­viltà più avanzate dell’Universo”.

“Beh... è dura... ma è per proteggerci”, disse Goro.Ami si volse verso di me:“Volevi sapere perché le autorità nascondono quello che san­

no: la mia risposta a Goro te lo spiegherà”, quindi si diresse verso lo zio di Vinka, “si sbaglia, Goro. Loro sono stati avver­titi delle nostre vere intenzioni, che sono semplicemente edu­cative, formative, ma sono diffidenti e paranoici e non riesco­no a credere che qualcosa di così pulito possa essere realtà. Per loro, niente nell’Universo potrebbe essere migliore di loro stes­si, quindi come lei pensano che tutto potrebbe essere un no­stro inganno. D’altro canto, siccome hanno alcune prove della nostra tecnologia, non vogliono che altri paesi abbiano questa informazione e si acceleri il loro cammino verso le risorse scien­tifiche che possediamo. Per questo non condividono con nes­suno quello che sanno e dicono che non esiste niente di tutto questo, anche se seguono segretamente, come indemoniati, persino la minima traccia”.

Noi cominciavamo a comprendere meglio la realtà.“Il suo amico se la passerà mooolto male per un lungo peri­

odo, Goro, e non si sa se ritornerà a casa sua una volta o l’altra, né si sa in quali condizioni... Perché questo argomento è di pri­maria importanza per le autorità del paese più potente di Kìa e la PP di questo paese collabora strettamente con esse. I servizi

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segreti di quell’importante paese hanno molte più informazioni della PP. Ehi ragazzi, proiettate le immagini del sotterraneo del- l’hangar che sta sotto il deserto che voi sapete...”.

All’improvviso riapparve il rettangolo luminoso sulla pare­te. Avanzammo attraverso corridoi pieni di guardie armate, passammo attraverso una grossa porta, poi un’altra, un’altra ancora e alla fine ci trovammo in una grande sala che sembra­va un museo degli orrori. Lì, dentro delle vetrine piene di liqui­do, vedemmo i cadaveri di vari tipi di umanoidi, alcuni erano congelati. Vedemmo resti di navi spaziali, libri o manuali con scritture diverse, vestiti, completi all’apparenza spaziali e una enorme quantità di resti di meccanismi avariati e strani appa­recchi. Quindi lo schermo fu spento.

Goro crollò, ora non c’era alcun dubbio in lui sulla verità. Ami continuò:

“Noi non siamo perfetti, a volte le nostre navi si rompono, a volte abbiamo incidenti mortali, a volte hanno catturato vivi degli esseri dei nostri mondi che sono sopravvissuti a qualche incidente e li hanno interrogati a fondo. Così si sono informa­ti tempo fa qui a Kìa sulle nostre intenzioni civilizzatrici, ma non possono credere a tanta meraviglia, chiaramente”.

Adesso lo zio di Vinka sembrava molto confuso.“Analizziamo la sua situazione, Goro: se la PP viene a sape­

re la vostra identità, non sarà fàcile che possiate tornare a con­durre una vita normale. Si rende conto di questo?”.

“Ma io non ho fatto niente...”.“Può essere, ma loro non lo sanno, sanno soltanto che voi

potreste essere una pista capace di portarli a sapere di più su di noi, così se vi prendono vi spremeranno senza scrupoli fino all’ultima goccia, lei, sua moglie e la sua nipotina... e potrebbe­ro fare del male a loro perché lei dica quello che sa, o del male a lei perché loro forniscano informazioni...”.

Goro abbassò la testa, tergiversò un istante e poi protestò: "LA MIA VITA È FINITA... E TUTTO PER COLPA VO­

STRA!”.

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“Si sbaglia, la colpa è stata sua. Io l’avevo avvertita di man­tenere un rigoroso silenzio su questa faccenda, ma lei non mi ha dato retta e ha messo il suo amico psichiatra in questo imbroglio e non con la verità, ma con le menzogne. Gli ha fatto credere che erano solo fantasie di Vinka, mentre già sape­va la verità. Inoltre, ha cercato di violare l’integrità emozionale e psicologica di sua nipote attraverso il lavaggio del cervello che il suo amico le stava facendo. Lei ci ha obbligato ad inter­venire per proteggerla e così le cose si sono complicate, è com­parsa la PP e adesso siamo qui”.

“Il boomerang è il boomerang...”, disse Krato.Malgrado le parole di Ami, Goro non si sentiva per niente

colpevole.‘VOI NON DOVEVATE INTROMETTERVI NELLA VITA

DI MIA NIPOTE!”.“Si calmi, Goro, è il contrario. Se ha letto bene i libri di

Vinka, allora sa che lei è nata in questo mondo con lo scopo di realizzare il lavoro letterario che sta facendo. È lei che non doveva mettere ostacoli al suo lavoro e ai suoi sentimenti”.

Vinka venne verso di me e ci abbracciammo teneramente, dimentichi di tutto il resto: ogni volta che ci abbracciavamo così, dimenticavamo il resto del mondo.

Contemplando la scena, Clorka tirò fuori il fazzoletto, l’emo­zione le aveva inumidito gli occhi.

“È piccolino... ma sembra un buon ragazzo...”, disse ponen­do il dito sulla mia ‘piaga’...

Goro abbassò nuovamente il capo e cominciò a singhiozza­re dicendo:

“Io volevo solo proteggerla!... Avreste dovuto prepararmi a poco a poco ad accettare tante verità nuove, comprendetemi”.

Questo fece emozionare anche me, Vinka corse verso suo zio e cominciò ad accarezzargli il capo. Ami gli spiegava:

“Questo era quello che io cercavo di far accadere, che lei comprendesse un po’ alla volta la verità, ma Vinka è molto impulsiva e ha fatto una gaffe. Tutto è stato molto complicato

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in questa storia, ma non si scoraggi, Coro, i nostri agenti amici stanno verificando quanto sanno di voi alla PP, con un po’ di fortuna non sapranno niente e poi a casa, al suo lavoro, a una vita normale”.

Goro sembrò rianimarsi un poco, una piccola luce brillò nel suo sguardo.

“È... è possibile? Come facciamo a saperlo?”.“Ehi, ragazzi, com e va la faccenda?”.“STANNO CERCANDO IMPRONTE DIGITALI NEL­

L’AMBULATORIO, NELL’AUTOMOBILE CHE LI HA POR­TATI ALLA CENTRALE DELLA PP E NELLA STANZA DOVE SONO STATI RINCHIUSI”.

“E com e la legge di questo paese riguardo alle impronte? Le prendono solo ai-delinquenti, come nei paesi più evoluti e rispettosi dei cittadini?

“NO, QUI LE PRENDONO A TUTTI QUANDO M a STRANO I DOCUMENTI E SICCOME MOSTRARE I DOCUMENTI È OBBLIGATORIO, QUI TUTTI I CITTA­DINI SONO SCHEDATI...”.

“Fulmini!”.“Gualcì”.“Diavolo!”.“Cielo!”.“PERÒ I NOSTRI AGENTI HANNO GIÀ CANCELLA­

TO TUTTE LE IMPRONTE”.“Evviva!”, esclamammo tutti felicissimi, tranne Goro, chia­

ramente...“IN CONCLUSIONE, LA PP NON HA MODO DI SA­

PERE DI CHI SI TRATTAVA”.Noi esplodemmo di gioia e ci'abbracciammo euforici, ma

Goro non si mostrò allegro, benché fosse più sereno, adesso. Abbracciò Clorica e Vinka, sorrise persino per una frazione di secondo e poi riprese la sua faccia acida di sempre...

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ó. Romanzo primaverile

I nostri amici terri dissero che ora il pericolo maggiore per gli zii di Vinka era costituito dal fatto che erano una coppia terri- swama, questo era un precedente molto importante per gli in­vestigatori, perché restringeva molto la ricerca. La prima cosa che la PP avrebbe fatto sarebbe stata quella di cercare negli archivi del Registro Civile tutti i matrimoni di quel tipo, per poi indagare a fondo e se fossero arrivati a mettere in relazione la bambina che scrive i libri sulle navi spaziali con quel matrimonio...ahi! Però gii uomini infiltrati comunicarono che avevano appena fatto cancellare provvisoriamente dai compu­ter del Registro Civile i dati degli zii di Vinka, fino a che le indagini fossero finite. Questo lo avevano fatto con l’aiuto di altri agenti che lavoravano in quel settore.

Quindi l’incubo finì e tutti furono felicissimi. Ma improv­visamente Goro e Clorka si addormentarono dì nuovo. Risen­timmo la voce dei nostri amici dall’altoparlante:

11Quando saranno fuori da questa base li sveglieremo”.Poi si aprì una porta ed apparvero i terri, caricarono la

coppia sulle lettighe e ci aiutarono a portarli sulla nave. Quan­do li ebbero sistemati su delle poltrone nella sala di comando, ci accomiatammo, ringraziandoli per il loro valido aiuto. Essi scesero e partimmo verso la casa di Vinka, attraversando di nuovo la montagna di roccia come se fosse stata fumo.

Appena usciti da Shaya-Salim, gli zii si svegliarono. Ami non diede ulteriori spiegazioni, né essi le chiesero: la novità di trovarsi improvvisamente su una nave spaziale fu più forte.

Clorka si emozionò per il suo primo viaggio in ‘ufo’ e non si staccò dalla finestra, ma Goro disse che era come andare in

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aereo e non si preoccupò di guardare fuori... Che uomo senza garbo, il suo bambino interiore era completamente morto, si perse gli allegri e divertenti voli radenti che Ami fece fra le montagne e le valli e le vedute sotto il mare, nei quale ci erava­mo tuffati.

“Se smetteste di perdere tempo arriveremmo più velocemente a casa”, fu il suo unico commento alia vista di un gruppo di simpatici delfini che giocavano allegramente davanti alle no­stre finestre...

Poco tempo dopo noi sei, Ami, Vinka, Clorka, Goro, Krato ed io1 stavamo comodamente seduti a chiacchierare nel salotto degli zii della mia anima gemella, mentre la nave aspettava invisibile e solitaria sopra la casa.

Goro e Clorka si informarono sulle storie che Vinka ed io avevamo vissuto con Ami, arrivando fino all’ultima avventura in cerca del permesso perché potessimo andare a vivere sulla Terra. Ma una testa dura è una testa dura, malgrado tutto...

“Va bene, va bene; accetto alcune cose che mi avete mostra­to: la vita spaziale più avanzata tecnologicamente, la diffiden­za delle nostre autorità e Tinteresse per quella tecnologia, per evitare che altri paesi se ne impossessino. L’altro, il famoso amore e tutto il resto, è discutibile... Ma va bene, farò in modo di ingoiare questa pillola, perché persino Clorka sembra essere contro di me... Quello che non capisco è perché questi bambi­ni non possono aspettare qualche anno, finché saranno adulti, anche se sono ‘anime gemelle’ ”, usò un tono sarcastico, “se questa ridicolaggine fosse realtà”.

“Ti piacerebbe vedere zia Clorka solo un giorno all’anno?”, chiese Vinka.

“Beh... no, certo... Ma questo è diverso, noi siamo adulti... Beh, allora il massimo che posso riuscire a tollerare, forzando molto i miei principi, è che questo piccolo e fragile bambino (e dagli a riaprire la ferita) venga a vivere da noi durante le vacanze, sempre che gli si fàccia un trattamento perché sembri

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terri o swama, con questa strana tecnologia che voi dite di possedere, perché con quei ridicoli orecchi arrotondati e quegli occhi e quei capelli scuri... Io gli metterei un letto nella stanza in fondo al cortile che uso come officina, perché dorma lì in quei giorni e stando attenti che non restino mai soli: io sono un uomo rispettoso della morale e dei buoni costumi”.

Non mi piacque tanta diffidenza.“Purtroppo”, intervenne Ami, “il nostro tempo e la nostra

tecnologia non sono al servizio del turismo o del romanzo interspaziale. Ogni volta che le Autorità Galattiche mi hanno permesso di contattarli è stato per motivi pedagogici, tutto contemplato in un Piano elaborato a livelli molto al di sopra di me e che ha a che vedere con necessità evolutive planetarie, non con particolari di tipo sentimentale. Anche se volessi, non mi sarebbe permesso di fare il mezzano scarrozzando innamo­rati per le stelle...”.

Sapere tutto ciò mi fece comprendere meglio che il futuro della mia relazione sentimentale con Vinka poteva contare su ben poca protezione da ‘lassù’, dove importava solo la vita planetaria, almeno cosi pensai.

“Ho pochissimo tempo per mostrarvi alcune altre cose che voi e i lettori dovete conoscere, di quella strada vedremo come risolvere i vostri penosi problemi di separazione, ma quest’ulti­mo argomento non appartiene al Piano, è qualcosa di privato”.

“Alle Autorità che hanno inventato quel Piano non impor­ta la nostra sofferenza?”, chiese Vinka con atteggiamento di inciedulità, sorpresa e scherzo. “Ci fanno conoscere, innamo­rare, scrivere libri e poi ci mettono da parte, indifferenti di fronte ai nostri cuori infranti?”.

Ami era molto più sereno.“È che le Autorità sanno che inevitabilmente voi due siete

destinati ad incontrarvi, in questa vita o in un’altra. Per loro, che vivono in piani molto vicini all’eternità, una vita equivale a quello che per noi sarebbe una settimana”.

“Però dovrebbero mettersi al nostro livello e considerare la

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nostra visione del tempo, se sono tanto ‘elevati’... chiaramen­te”, dissi con ironia.

“Loro sanno anche che l’attaccamento e l’impazienza sono cose contrarie alla saggezza, e anche la mancanza di rispetto", aggiunse guardandomi direttamente con molta serietà, facen­domi sentir male.

“Va bene, chiedo scusa”.Lui continuò:“I servitori come voi si suppone che abbiano una maggior

coscienza dei piani eterni, un maggior distacco e una maggiore pazienza. Il problema è che voi siete ancora bambini, per que­sto non avete raggiunto un migliore contatto con il vostro essere interno, ma ora lo farete e allora vedrete che l’essere in­terno è paziente, saggio, comprensivo e sensibile. Quella stessa sensibilità superiore gli permette di entrare in contatto con la sua anima gemella, malgrado il tempo e la distanza... Ma a voi questo non basta...”.

“Certo che no, perché io sono molto lontano dal mio esse­re interno, Ami”, dissi un po’ irritato, “e per questo ho biso­gno di avere Vinka VICINA”.

“E anch’io Pierre!”, mi assecondò lei.“Proprio per questo stiamo cercando di ammorbidire il cuore

di tuo zio”, disse Ami.Tutti guardammo Goro per farlo sentire in colpa, ma lui si

mise sulla difensiva.“Toglietevi una volta per tutte l’idea che io autorizzi Vinka

ad andarsene di qua e di là, in un altro mondo senza la mia vigilanza. Finché non sarà maggiorenne, scordatevelo, e non c’è altro da dire. Ho già fatto anche troppo, offrendo a quel bambino di venire qui per le vacanze. Se questo non si può fare, non è affar mio, ho fatto quello che ho potuto e mi lavo le mani come Talikis. Adesso vorrei riposare, questi due giorni sono stati i peggiori della mia vita ed è già tardi. Vìi a coricarti nella tua stanza, Vinka: finisce qui questa storia di matti. Voi, sparite definitivamente dalla mia vita, mi avete già creato abba-

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stanza problemi e pericoli con le autorità per continuare a rischiare la mia pelle con la visita di entità spaziali nella mia casa. Buona notte, signori, è stato un piacere. A mai più!”.

Mi alterai a quelle dure parole, in realtà mi disperai. Anche Ami era contrariato, benché cercasse di apparire amabile.

“Aspetti, Goro, a parte il problema sentimentale, io ho an­cora bisogno di portare Vinka e Pierre a conoscere certi luoghi, manca ancora la principale informazione che devono mettere nel loro libro. Posso passare a prenderla domattina presto? La riporto verso sera...”.

“Ho detto che questa storia finisce qui E QUI FINISCE! ADDIO! A dormire, Vinka”.

Lei mi lanciò uno sguardo straziato mentre veniva condot­ta a forza da suo zio nella sua stanza. Io sentii che la mia anima si spaccava in due. Ami mi pregò di calmarmi, disse che nella nave avremmo cercato qualche soluzione e ci spinse dol­cemente ad entrare nel raggio di luce gialla che si era appena acceso in mezzo alla sala. Attraverso quel raggio eravamo arri­vati dalla nave in quella sala e di lì tornammo, attraversando il tetto, sulla nave invisibile sopra la casa.

“Che tipo scortese, non ci ha nemmeno offerto un bicchie­re di qualcosa, né un miserabile biscottino”, si lamentò Krato, “Mmm... dov’è rimasto il dolce della tua nonnina, ‘Betro’? Eccolo qui... Chomp... chomp... non è tanto male, dopo tutto. Crunch, crunch... Glop... però è già finito... Che fame...”.

“E adesso?”, chiesi ad Ami in tono quasi accusatorio. Lui non sembrava più tanto ottimista.

“Andiamo nella mia capanna e con il calore di un buon stufato e di un buon bicchiere ci rallegreremo il cuore”, tornò a dire Krato leccandosi i baffi.

“Cosa facciamo ora, Ami?”, insistetti.Non avevo mai visto prima un Ami così poco allegro, così

scoraggiato, così umano. Mi pentii quasi di fargli pressione, ma il mio affetto per Vinka e il mio timore di perderla per sempre in questa vita fu superiore alla mia considerazione ver-

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so il povero bambino spaziale.“COSA FACCIAMO, AMI?”.“CHE NE SO!”, esclamò palesemente seccato, seduto sul

suo sedile a guardare il pavimento.Mi venne un brivido freddo alla schiena. Compresi che Ami

non era Dio. Ricordai che aveva detto che a volte hanno inci­denti e che occasionalmente muoiono in quegli incidenti, che talvolta le cose vanno male e questa sembrava essere una di quelle volte... Che soluzione poteva esserci? Nessuna, Goro era testardo, inflessibile e rigido, Ami era già avvertito, il suo com­puter lo aveva detto.

Krato intervenne con una delle sue trovate:“E se uccidessimo Goro!? Hai certamente un raggio mortale

da queste parti... lo polverizziamo e tutti felici e contenti...”.Ami gli lanciò uno sguardo demolitore e non disse niente,

non ce n’era bisogno: Krato sembrò essersi ridotto alle dimen­sioni di una formica. Ma poco dopo Ami sembrò aver avuto una buona idea, il suo volto si illuminò e ci disse:

“Con tutto questo trambusto mi stavo dimenticando quel­lo che dobbiamo fare in questo momento perché le cose si risolvano o migliorino... Sì, sono ottuso... La mia evoluzione non è molta...”.

Lo trapassammo con le nostre facce piene di curiosità e di speranza.

“E cosa dobbiamo fare, Ami?”.“Chiedere a Dio di aiutarci, è chiaro”, disse, tremendamen­

te entusiasta, ma Krato ed io non credevamo che quella fosse veramente la soluzione e non ci spostammo di un pelo. Lui comprese che la nostra fede non era all’altezza della sua.

“Vi dirò qualcosa, ragazzi”.“Sì?”, chiedemmo senza troppo entusiasmo.“DIO ESISTE!”, disse ad alta voce, con grande sicurezza ed

allegria.“E?”.“Andiamo a chiedergli di aiutarci, è chiaro”.

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“Boh...”, dicemmo quasi rassegnati davanti a un panorama cosi poco divertente.

Ci guardò come se non ci comprendesse.“Voglio dire che Dio è un essere... REALE...”.“AK\“Che è qui, QUI, al corrente di ciò che sta succedendo...”. “Ah”.“Che può influire su tutto l’Universo... e che attraverso la

nostra fede può aiutarci...”. /

“Hum”, disse Ami un po’ deluso per la nostra mancanza di entusiasmo, “per forza nei vostri mondi vi affidate a Dio attra­verso il terrore...”.

“Cosa dici?”.In quel momenti) la nave cominciò a scuotersi.“I meccanismi si sono rotti! STIAMO PER CADERE!”,

gridò Ami.Questo ci riempì di paura.“COSA. POSSIAMO FARE, AMI?!”, gridai, sostenendomi

per non andare a sbattere sugli strumenti di bordo.“NIENTE.!. NON C’È PIÙ NIENTE DA FARE!”, disse con

una faccia terrorizzata.Capii che èra arrivata la fine, perché eravamo a un centina-

iò di metri di altezza e attraverso le finestre si vedevano passare nubi a grande velocità verso l’alto, indicando che stavamo ca­dendo... Un altro incidente mortale di una nave extraterrestre... Allora chiusi gli occhi e mi misi a chiedere a Dio che la mia fine non fosse dolorosa, che si prendesse cura di Vinka e di mia nonna e che ci facesse nascere più vicini nella prossima vita.

Anche Krato pregava, ma ad alta voce:“Ti prego di badare a Trask e che qualcuno si prenda a cuore

il mio terreno e...”.In quel momento sentii delle risate, la nave aveva smesso di

muoversi. Aprii gli occhi e vidi Ami che ci guardava e moriva dal ridere.

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“È terribile! Solo davanti al pericolo di morte si ricordano di Dio...”.

Allora capimmo che non c’era mai stato nessun pericolo, che Ami aveva provocato tutto ciò per farci ricordare il Creatore.

“Avete una connessione terrore-Dio molto chiara, ma quan­do tutto va bene non vi ricordate di Lui e nemmeno quando avete problemi un po’ più piccoli della morte...”.

Comprendemmo chiaramente che aveva ragione.“Bene, anche se non siete in pericolo di morte, avvicinatevi

a Lui qualche istante e chiedeteGli di aiutarci. Vi ripeto: DIO ESISTE”.

Ora comprendemmo meglio quello che voleva dirci.Ci condusse nella saletta di meditazione situata nel recinto

posteriore: 11 c’era solo una piccola luce.Krato ed io ci inginocchiammo mentre Ami rimase in pie­

di assorto.Io stavo chiedendo aiuto e aH’improwiso sentii nel petto

qualcosa di molto doloroso: il pianto di Vinka... dentro il mio petto! Mi arrivò un’immagine fugace: potevo vederla piangere a dirotto nel suo letto, con Goro e Clorka al suo fianco che cercavano di consolarla. Mi alzai immediatamente.

“Ami, Vinka sta piangendo a dirotto! L’ho vista, L’HO VI­STA!”.

“Allora lo sta facendo veramente, andiamo a guardare sul monitor”.

Uscimmo dalla saletta di meditazione e andammo di corsa al quadro di comando. Ami accese uno schermo: effettivamen­te, sembrava che stesse per venirle un attacco. Anche Clorka piangeva, non sapeva cosa fare e G oto aveva una faccia comple­tamente sconvolta, terrorizzata. Mi sembrò di poter leggere i suoi pensieri, era combattuto fra il süo senso di giustizia e il timore che la bambina morisse o rimanesse pazza per sempre.

“Questa è una buona cosa”, disse Ami con una luce di spe­ranza negli occhi, “potrebbe arrivare a rompere lo spesso, duro guscio del cuore di Goro...”.

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“Ma lei può anche arrivare a morire!”, dissi io disperato.“No, Pierre, non morirà, anche se in questo momento pre­

ferirebbe morire che perderti, ma va molto bene che Gora sia sottoposto alle pressioni che la durezza del suo cuore gli stan­no procurando”.

“VA BENE! BASTA, VINKA!”, gridò Goro. Lei rimase im­mobile, come tutti noi, poi si volse verso di lui con uno sguar­do che gli penetrò fino alla radice di ogni capello e di ogni dente.

Un grande segno interrogativo, di speranzosa interrogazio­ne sembrò disegnarsi neH’aria davanti a Goro, un grande... e?...

“Va bene, Vinkita”.“Va bene... cosa? Posso andare ... sulla Terra?”.“SEI MATTA!?”.“UAHHHH!!!”.“TACI, VINKA, TACI! Non ti dò il permesso di andartene

per sempre, ma perché tu vada con Ami affinché vi mostri quello che deve mostrarvi, questo sì”.

Tutti noi restammo in silenzio, perché fummo colti di sor­presa: non c’erano da fare salti di gioia, ma qualcosa è qualcosa.

“Avete visto? Dio ci ha aiutati: funziona sempre”.“Questo ci dà tempo”, esclamò Krato contento.“Certo!”, dissi.

" “Tempo per cosa?”, chiese lo stesso Krato, quasi non sapesse quello che aveva detto prima.

“Beh... per stare con lei... per... per vedere se le cose migliora­no, che ne so?”, risposi.

“Per andare dove dobbiamo andare e perché, con un po’ di fortuna, si intenerisca ancora il cuore di Goro”, disse Ami, visibilmente entusiasta.

Clorka sorrideva felice, non perché quella fosse una solu­zione, ma perché almeno la bambina era uscita dall’attacco e per adesso non sarebbe morta.

Un sorriso cominciava a delinearsi sulle labbra della mia amata.

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“Promesso, zio?”,“Promesso, ma a una condizione”.“Quale?”.“Beh... e... niente cose peccaminose con quel bambino

della Terra...”.Vinka si mise a ridere ed io pure. Non avevamo mai sfiorato

l’argomento, ma io pensavo di fare bene le cose, al momento giusto, sposarci e così via. Io sentivo che anche per lei era una cosa molto importante e degna di rispetto. Poi verificai che era effettivamente così, che la pensava come me: beh, non per niente siamo anime gemelle...

“Promesso”, disse avvicinandosi per dargli un bacio sul viso.Tutti sospirammo di sollievo e di gioia e poi ridemmo per

sciogliere la tensione, sulla nave e in casa di Vinka.“ ‘Grazie Goto. Domani ti aspetto al solito posto, Vinka. Buona

notte3 ”, disse Ami parlando al microfono direzionale.Io rimasi a pensare se sarebbe stata possibile una relazione

intima fra un terrestre e una kiana. Forse, loro avevano un altro tipo di organi, o situati in altri posti... che ne sapevo? Qualche informazione sul tema l’avevo acquisita negli ultimi tempi e non solo a scuola, perché alcuni miei amici sono soliti venire con delle riviste... e altri raccontano barzellette e storiel­le legate all’argomento. No, non ero più tanto innocente come prima, ma ripeto che mi interessava fare le cose per bene, al momento giusto, e in un rapporto d’amore.

Decisi di chiederlo ad Ami all’orecchio, perché Krato non lo sapesse e non uscisse con una delle sue pagliacciate, ma non ce ne fu bisogno.

“Sì, si può”, rispose ai miei pensieri, “ma non potreste ri­produrvi, non senza un riadeguamento genetico”.

“Chi, Ami?”, chiese Krato, senza sapere di cosa parlava il nostro amico.

Non gli facemmo caso e chiesi mentalmente: 'E tu cifaresti questo adeguamento?3”.

“Vuoi avere figli?”.

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“Io? Ha, ha, ha! Per questo, prima ho bisogno di una mo­glie. Ha, ha, ha!”.

‘Credo di sì... come tutti!’“Prima vediamo cosa decide Goro”.Krato non capiva niente e continuava a credere che Ami

parlasse con lui...“Ehi... e perché si impiccia quel Goro delle mie faccende

private?”.‘E se conude il suo permesso, ci faresti quella facunda genetica?’...“Essere un missionario è un lavoro che di solito esige così

tanto, che non sempre si può badare bene ai figli...”.“Missionario io?.,. Ah, certo, bambino parabolico...”.‘Comprendo Ami... Ma sarebbe bello avere un bambino con gli

orecchiati appuntiti’...“Sarebbe più bello se nessun bambino morisse con il ventre

vuoto e per questo c’è bisogno di più Amore nel mondo, per questo c’è bisogno di più lavoro da parte dei missionari...”.

“Hai ragione, Ami”, disse Krato, “quando scoprirò che ful­mini ci faccio io, messo in tutto questo, lo forò. A proposito di ventre vuoto, potremmo andare alla mia capanna? Ho una fame...”.

“È meglio che andiamo sulla Terra, mi sono appena infor­mato sulla nonna di Pierre che, piena di speranza e di ottimi­smo ha preparato la cena per cinque”.

“Ha, ha, ha! Allora ci sarà anche qualcosa per rallegrare il cuore... e una bella vecchietta... Andiamo immediatamente, bambino interplanetario. Ha, ha, ha!”, Krato si fregava conten­to le mani. Io quasi provai gelosia un’altra volta, ma fu una cosa automatica, arrivata alla mia mente per abitudine. Ren­dendomi conto di questo ricordai che non era corretto che io ponessi ostacoli nella sua vita privata e rimasi tranquillo, senza sentire nessun malessere.

“Molto bene, Pierre, molto bene!”, disse Ami felice.“Grazie Ami, spero solo che non finisca bollita in salsa pic­

cante...”.

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Poco dopo ricordai che quando eravamo nella saletta di meditazione avevo visto Vinka che piangeva e chiesi ad Ami perché ero riuscito a vederla nel mio interno.

“Perché voi siete uniti dall’Amore e davanti a un vincolo cosi potente, nei momenti di emergenza si attivano quei sensi dei quali parlavamo prima. Guardate, siamo arrivati”.

La nave era invisibile sopra la nostra casa vicino al mare. Il sole era tramontato da poco, era presto.

Scendemmo tutti nell’oscurità del giardino e bussammo alla porta. Quando mia nonna aprì, si trovò dapprima sola con me. Senza dirle niente, le misi un microfono traduttore nel­l’orecchio, perché potesse capire Krato: con Ami non era ne­cessario, perché lui sapeva parlare la nostra lingua, anche se con un accento un po’ strano. Poi feci dei segnali a loro due, che erano nascosti e lei sentì un triplice ‘SORPRESA!!!’ e vide tre allegri sorrisi da un orecchio all’altro.

Però Krato non aveva nessun tipo di buona educazione, era un bruto. Avanzò con una rosa rossa in mano (sembrava averla colta in giardino senza che lo vedessimo) la avvicinò a mia nonna e all’orecchio, ma ad alta voce, fece una battuta pesante:

“HO ATTRAVERSATO L’UNIVERSO PER INCONTRARE L’AMORE DELLA MIA VITA!”, e le offrì la rosa, con un sorri­so pieno di denti e le labbra rosse e umide. Pensai che la mia povera nonna gli avesse risvegliato appetiti non proprio gastro­nomici... Ma lei non sembrò irritata, anzi, guardò il vecchio con grande intensità e gioia, accettò il fiore emozionata e disse:

“Grazie mille, molto gentile... entrate, entrate... ora ho laprova che Dio è il Dio dei terrestri ed anche degli extraterre-. • » stri... .

“Certo, nonna”, disse Ami, “c’è un solo Dio, creatore di tutto l’Universo e di tutte le creature che lo abitano”.

“Per questo ha potuto concedermi questo desiderio...”.“Quale desiderio, nonna?”, chiesi mentre entravamo in sala.“Che voi arrivaste per cenare con me stasera. Se Lui fosse il

Dio solo di questo mondo, solo Pierre sarebbe apparso, perché

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non avrebbe avuto autorità su Ami e sul signor Krato... Ma Vinka non è venuta... Non le hanno dato il permesso? Certo, lei è appena una bambina...”.

Poi guardò verso l’alto e continuò:“Mi devi ancora una parte del desiderio e me la devi conce­

dere, San Cirillo. Non mi avevi mai tradito... non so cosa ti capiti adesso...”.

“Non era con Dio la cosa, nonna?”.“Sì, ma San Cirillo è come un telefono che uso per parlare

con Dio: è molto miracoloso...”.“Perché non ti metti in contatto direttamente con Dio,

nonna?”.“Nooo... Lui è troppo occupato per disturbarlo facendogli

rispondere al telefono per i piccoli, egoistici desideri di una vecchia. Siccome San Cirillo vive vicino a Lui, sa quando può avvicinarsi senza disturbare e allora gli racconta quello che desidero...”.

“Boh...”, disse Ami, “in definitiva ognuno si pone i limiti che ritiene più convenienti... Ma la informo, cara signora, che Dio ha una centrale telefonica che può rispondere direttamen­te e simultaneamente a tante chiamate quante sono le anime che esistono nell’Universo”.

“Lo so già, Ami, ma bisogna dare lavoro anche agli angeli e ai santi, no? I poverini potrebbero arrivare a pensare che non servono a niente, se non diamo loro nessun lavoretto...”.

Ami rise a crepapelle al sentirla, ma Krato era d’accordo.“Ha pienamente ragione, cara... Qual è il suo nome, bella

dama?”.“Lila, ma gli amici mi chiamano Lily”.“LilyL. Che bel nome! Non avrebbe da queste parti qualco­

sa per sollevare lo spirito, adorabile Lily?”.“Oh, sì. Le piacerebbe la Bibbia?”.“Solo un bicchierino, tanto per assaggiare...”.Ami ed io stavamo morendo dal ridere, poi spiegammo alla

nonna che Krato parlava di qualcosa da bere.

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“Oh, si, ci mancherebbe altro! Vino per il signor Krato e...”.“Semplicemente Krato, Lily, se non la disturba...”.“Oh, molte grazie, Krato... e succo di mela per voi, ora

vengo”.Ritornò con un vassoio che conteneva due bicchieri comu­

ni con il succo e una coppa molto raffinata con del vino rosso.“Spero che questa marca sia di suo gradimento, Krato...”.“Oh, sì. Se l’ha scelta lei, è certamente di mio gradimento...

Che meraviglioso colore! Vediamo che genere di bibite hanno inventato in questo pianeta...”.

Annusò, assaporò, fece una faccia felice e disse:“Mmm... Questo SÌ che è buono! E molto raffinato... Ideale

per accompagnare carne al sugo. Questo è tratto da un frutto, vero?”.

“È così, Krato e per ora è finito il turismo alcolico interpla­netario”.

Ma la nonna lo assecondava nelle sue cattive abitudini:“E un bicchierino di vino di xeres come aperitivo...”."No, nonna, l’aperitivo lo sta prendendo adesso”.“Bene... allora un bicchierino di liquore alla menta alla fine,

è molto digestivo...”.Krato sembrava felice, come chi ha trovato un tesoro.“Una sposa come lei farebbe felice persino un povero terri

senza denti... Si risposerebbe, splendida dama?”.“Se si presentasse l’uomo giusto...”, rispose lei, sbattendo le

palpebre con civetteria.Mi sembrò un po’ ridicolo quel romanzo geriátrico..."Alla tua età... nonna...”.Ami intervenne:"A te sembrano MOLTO VECCHI, perché sei un bambino,

ma lei è ancora abbastanza giovane, Pierre”.“‘Giovane’!...”.“Quanti anni ha, nonna?”."Ecco... Sono appena passata ad avere un cinque davanti...”.“E questa la chiami ‘giovane’! Ha, ha, ha!”, risi di gusto.

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“Appena cinquantanni!”, esclamò Krato molto sorpreso.Ami dovette spiegare ad entrambi la corrispondenza di tem­

po fra la Terra e Kìa. Alla fine risultò che Krato stava per com­piere sessanta anni terrestri e mia nonna ne aveva cinquanta.

“Io ti avrei dato una settantina d’anni, Krato!”, gli dissi sorpreso.

“Molto carino... E tu, quanti anni hai.’Betro’?”.“Dodici”!“Così tanti! Io te ne davo otto...”.Mi ribollì il sangue.“Non litigate”, intervenne la nonna, “passiamo alla sala da

pranzo”.Quando entrammo pensai di aver sbagliato casa: quella sem­

brava una tavola da banchetti... Tovaglia bianca con pizzo, bic­chieri raffinati, tovaglioli di tela con bordatura, candele accese, fiori e una grande varietà di piattini colorati e deliziosi. Non potei fare a meno di ammirare la tremenda fede di mia nonna: aveva preparato tutto senza nessuna sicurezza che qualcuno oltre a me sarebbe arrivato quella sera... e aveva indovinato.

“Che tavola elegante, cara Lily!”.“Grazie mille, Krato, voi non meritate niente di meno. Non

capita a chiunque di ricevere la visita di esseri spaziali per cena­li pollo sta uscendo dal forno.

“POLLO! Non mi dica che dovrò sopportare un atto di cannibalismo a questa tavola, nonna”.

“Per te ho preparato delle insalate, Ami”.“La ringrazio... ma dovrei ugualmente assistere ad uno spet­

tacolo non molto bello... Le piacerebbe vedere qualcuno che si mangia un suo simile trasformato in bocconi di arrosto, a punta di forchetta e coltello?”.

“Per noi un pollo non è un simile, Ami”.“Ma per me sì, Lily e questo è un cadavere, voi siete necrofa­

gi . Boh... non devo nemmeno fare il guastafeste, però non vi offendete se non ho appetito”.

“Non ti preoccupare, come dici tu, bambino astronomico.

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Questi animaletti sono molto buoni, molto servizievoli, sono felici quando hanno la fortuna di nutrirci, perché per loro siamo dèi. Ha, ha, ha!”.

L’uscita di Krato non fece piacere ad Ami.“E tu saresti felice se dovessi nutrire con la tua pelle qualche

dio?”.“Ma naturalmente! Perché non dovrebbe essere meglio nu­

trire un dio piuttosto che i vermi... Sarebbe una gioia, un ono­re!”, mentì Krato e poi si fece una risata.

Quando ci sedemmo e il vecchio si apprestava a piantare i denti su una coscia dorata, Ami disse:

“Se vogliamo che non ci manchi mai il cibo, ringraziamo Dio”.

“Signorelddioseiungeniograziemilleperquestacenetta”, disse frettolosamente Krato, poi diede un tremendo morso al pezzo di pollo. A quel punto si senti un ‘crac’ e poi un ‘ahiii’.

“Questo ha una pietra dentro! Credo mi sia partito un den-nte... .“Questo ti è capitato perché non hai ringraziato come si

deve”, disse Ami con aria maliziosa.“Quello è l’osso, Krato: deve mangiare solo la carne che ci

sta intorno”.“Puah!”, disse Ami spostando lo sguardo da un’altra parte,

“non entrate in dettagli tecnici...”.

Sentii che quella era una specie di cena sacra, perché era la prima volta per molte cose: per esempio che Ami cenava a casa mia, che un altro extraterrestre, benché non evoluto, cenava da noi, che la mia nonnina entrava in pieno nel ‘circuito interplanetario’ e con un romanzo in vista, pure. Era come una celebrazione, tuttavia Vinka non era lì... Per questo, in fondo ero un po’ triste. Quella era una festa, ma lei non c’era e non soltanto, anche il nostro futuro era in pericolo grazie a queirinsensibile di Goro, un terri, in fin dei conti...

Ami si informò dei miei pensieri e raccontò tutta la storia a

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mia nonna.“Dovete avere fede, tutto si sistemerà, domani stesso prepa­

ro il lettino alla bambina nella stanza di sopra”.Ascoltandola, quasi mi riempii di dolci illusioni, immagi­

nando che la mia adorata vivesse a casa mia, ma siccome le delusioni fanno male, preferii mantenere i piedi sulla dura e reale terra.

“Non sognare tanto, nonna, non conosci Goro.”.“Non lo conosco, ma Dio si e so che Lui mette tutti questi

ostacoli per verificare la fede, ma è un esercizio per rafforzarvi. Io so che tutto si sistemerà, Lui non è così cattivo, non vi avrebbe uniti per poi impedire che restaste insieme. Quando dà la sete, mette l’acqua lì vicino...”.

Dei ‘hip’ suonarono in uno degli apparecchi che Ami por­tava alla cintura, interrompendo mia nonna.

“Emergenza!”, disse allarmato e rispose: "Pronto. COSA!?... QUANDO?! Andiamo immediatamente là!”.

“COSA SUCCEDE?!”, chiedemmo, morti di paura.“Problemi. Andiamo alla nave”.“COSA È SUCCESSO?!”."La PP è arrivata a casa di Vinka e li ha portati tutti e tre al

padiglione blindato...”.“Guak!”“Santo cielo!”.Credo che se fossi stato più vecchio mi sarebbe venuto un

infarto.“MA COME... SE NESSUNO SAPEVA NIENTE!...”.“Una deplorevole coincidenza”, spiegava Ami davanti alla

porta aperta, azionando il suo comando a distanza finché appar­ve il raggio di luce gialla. “Fra le guardie che hanno portato in prigione ieri gli zii di Vinka dall’ambulatorio dello psichiatra c’era uno che vive vicino alla farmacia dove lavora Goro. Si è ricordato dove lo aveva visto, hanno verificato in farmacia e quindi li hanno sorpresi nel sonno. Ma non disperate, abbia­mo dei sistemi per liberarli”.

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“Si-sicuro?”.“Sicurissimo, non preoccupatevi. Tranquilli, abbiate fidu­

cia in me. Andiamo, entrate nel raggio di luce”.“E io, Ami? \forrei essere d’aiuto...”, disse la nonna.“Non è necessario, resti qui tranquilla”.Krato era in agguato:“Io resto qui a ferie compagnia...”.Ami ci pensò su qualche minuto c poi disse:“Va bene, ma non so quanto tempo impiegheremo...”.Ora io ero al corrente che Ami non era perfetto e che non

era impossibile che non tornassimo mai più..."... e non voglio che venga gente da queste parti, ti vedano

quegli orecchi e chiamino la PP locale. Vi immaginate? Scap­pare di là e qui... no grazie, vieni un momento sulla nave, cambierò un poco il tuo aspetto”.

“BENISSIMO!”, Krato era felice, ma io avevo un nodo allo stomaco per la sorte di Vinka, anche se avevo molta fiducia in Ami: questo mi impedì di disperarmi. Ero anche molto curio­so di vedere come sarebbe stato trasformato il vecchio di Kia.

Ami disse alla nonna che saremmo tornati in dieci minuti e salimmo sulla nave. Una volta lì, si mise ad operare al computer: apparve la figura di Krato in uno schermo tridimensionale.

“Ehi... quel tipo assomiglia a me!... anche se è molto più vecchio”.

“Quello sei proprio tu, Krato e sembri proprio così vec­chio”, gli dissi.

“Oh... Allora cambiami immediatamente questa vecchia pelle, bambino nucleare”.

Ami cominciò a dare ordini verbali al computer.“Applicare modello umano di razza bianca”, disse e l’im­

magine sullo schermo acquistò tratti perfettamente normali per una persona bianca di questo pianeta: era lo stesso volto di Krato, ma ‘terrificato’...

“Ti piace questa faccia, Krato?”.“Mmmm... un po’ più giovane... si può?...”.

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“Hum... non debbo farlo. Lasciami chiedere qualcosa a li­vello di Autorità...”.

Digitò alcuni tasti, aspettò un poco e quindi apparvero dei segni sullo schermo.

“Sì, sei autorizzato”.“BENISSIMO!”.“Credo che abbiano avuto compassione...”.“Di me?”.-.“No, della nonna di Pierre, che non merita un vecchio così

brutto... ha, ha, ha!”.“Molto carino... andiamo, stirami questa bella faccia, bam­

bino molecolare”.“Sfumare i lineamenti”, ordinò Ami e la pelle apparve mol­

to più tirata.“Così, così, un altro po’ adesso...”.“Basta così, Krato”.“Che egoista... e adesso fai in modo che questi capelli diven­

tino molto rosati”.“Neri, vorrai dire...”.“Sì, certo, da queste parti i capelli sono di altri colori”.“Scurire i capelli di due gradi”. I capelli si scurirono un

poco: Krato non era soddisfatto.“Non puoi scurirli di cinquecento gradi?”.“Così va bene e adesso i tuoi occhi saranno azzurri e non

viola. Ora avvicinati, magnifico, è pronto”.Immediatamente fu trasformato nell’essere dello schermo:

sembrava un signore di una cinquantina d’anni, ma molto ben conservato.

“Non mi farà male, Ami?”.“Sei già trasformato, Krato, guardati allo specchio”.“Guak! Ha, ha, ha!... Ma non sembro ridicolo?”.“No Krato, stai molto bene”, lo consolai.“E più avanti ti procurerò abiti di questo mondo”, gli disse

Ami mentre tornavamo a casa.A mia nonna piacque molto il cambiamento.

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“Che bell’uomo... giovane... Krato...”.“Ha, ha, ha! Si fa quello che si può, cara Lily...”.“Ora io e Pierre ce ne andiamo”.“Ehi, Ami, quando passi per Kìa dai un’occhiata a Trask,

non ha mangiato in tutto il giorno”.“Bene, però non aspettateci tanto presto...”.“Io so che tornerete con Vinkita, e stanotte stessa. San Ciril­

lo non mi ha mai tradito, quindi andate con fiducia, ragazzi. Vi aspetterò fino a tardi con la cena pronta per Vinka”.

Ami ebbe compassione e non volle deluderla.“Ha ragione, nonna, ma se tardiamo un po’ di più... un

paio di giorni... o più... non si preoccupi, Dio ci guida e ci protegge, quindi, anche se tardiamo, saremo comunque di ri­torno e con Vinka sana e salva”.

“Non ho il minimo dubbio, figliolo, ma... arriverete stanot­te stessa!”.

“Sicuro, nonna!”, esclamammo tutti, fingendo sicurezza ed ottimismo, perché sapevamo che la realtà sarebbe stata ben diversa: andavamo verso il pericolo e nessuno voleva amareg­giare la partenza.

Ci caddero delle lacrimucce, quando ci abbracciammo.

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7 - A)ei soHe.rrar\e.'\ delia PrPDurante il viaggio di ritorno a Kìa, dopo aver comunicato a lungo con i nostri amici infiltrati nella Polizia Politica, Ami disse che non c’era personale in grado di aiutarci adesso, per­ché, proprio per questo evento, si erano attivate le misure di sicurezza più estreme. Tutti gli agenti erano molto occupati e limitati nei loro movimenti.

“Dovremo arrangiarci da soli, Pierre”.“Caspita... un paio di bambinetti contro uno degli organi­

smi più sinistri di Kìa...”.“Però ci riusciremo!... Vero Pierre?”.“Sicu...ro... E che piano hai?”.“Scenderò all’interno dei sotterranei del quartiere generale

per cercare di rapire Vinka e i suoi zii, mentre tu rimarrai al comando della nave”.

Mi sembrava che stesse delirando.“Scusa Ami, ma sei matto da legare. Non puoi uscire vivo di

là e meno ancora tenendo per mano Vinka, Goro e Clorka...”.Lui non disse niente e si mise d’impegno ad insegnarmi

alcune cose sensazionali, come per esempio rendere la nave visibile o invisibile, avanzare e retrocedere, salire o scendere, lanciare il raggio giallo, operare al monitor per avere sempre Ami su uno schermo, usare il microfono direzionale e tante altre cose. Per questo dico che gli astronauti della NASA, para­gonati a me... sono dei lattanti...

Ami si entusiasmò nel vedere come apprendevo rapidamen­te quello che mi insegnava.

“È tutto pronto perché tu rimanga al comando di questa nave durante la mia assenza, Pierre, ma confido che non do-

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vrai fere niente, semplicemente aspettare ed attivare il raggio giallo in caso di necessità. Non dovrai rimanere solo per più di un’ora, se tutto va come è stato programmato”.

Allora un’ombra orribile mi passò per la mente:“E se non ritorni più, Ami?... Come farò a ritornare nel mio

mondo?...”.“Non pre-occuparti, ha, ha. Questo non succederà”, disse

cercando di mostrare un’assoluta sicurezza, ma non mi con­vinceva. Io sapevo che questa terribile opportunità esisteva, benché ricordassi che è meglio mantenere alto lo spirito, essere più ottimisti, e non volli insistere su neri panorami.

Arrivammo al quartier generale della PP, restammo invisibi­li sopra l’edificio nel quale si trovavano Vinka e i suoi zii, anche se a vari piani di profondità e protetti da pareti blindate.

“Blindate col piombo, Pierre e le nostre sonde vibratorie non riescono a penetrare quel metallo denso: per questo non potremo nemmeno vedere i nostri amici nei monitor e tanto meno teletrasportarli”.

“Quindi io non potrò vedere quello che tu fai là sotto”.“Giusto, ma sarò protetto da questo”, disse sollevando una

tastiera del quadro di comando. Sotto apparve un cassetto che conteneva solo un oggetto: un sottile cilindro o un bastoncino metallico che sembrava un portapenne. Lo estrasse dallo scom­partimento, lo pose sul palmo della mano e toccò un punto con il pollice: allora il bastoncino sembrò accendersi di una luce dorata, trasformandosi in un oggetto luminoso, acceso come un piccolo sole splendente.

“Che cosa bellissima, Ami! Cos’è?”.“Questa è un’arma, Pierre”.“Un’arma?!... Voi usate armi!”.Cominciò a ridere maliziosamente.“Certo, a volte dobbiamo difenderci. Non sempre abbiamo

il tempo necessario per usare i nostri poteri ipnotici, soprattut­to quando ti capita addosso una torma di incivili spiritati”.

“Che è proprio quello che ti potrebbe accadere là sotto con

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i terri della PP...”.Non disse niente, tese l’oggetto verso di me: dalla sua estre­

mità uscì una vampata dorata che toccò il mio petto. Sentii una dolce corrente in tutto il corpo e divenni felice, serena­mente felice, trovavo che la vita era molto bella, senza timori o aggressività di nessun tipo. Guardai Ami e mi sembrò l’essere più meraviglioso del mondo: compresi da un livello più alto della mia mente quotidiana che mi trovavo davanti ad un’ani­ma di grande elevazione interiore ed apprezzai questo, emozio­nandomi per la fortuna che avevo.

Ma Ami stava ridendo di me, il suo sorriso e la sua allegria mi sembrarono gradevoli e contagiosi e anch’io sorrisi, felice come lui, senza chiedermi niente di niente.

Poco dopo mi puntò di nuovo contro quell’oggetto: venne fuori una vampata, ora non dorata, ma verde chiarissimo, a quel punto tornai alla mia realtà abituale, alla mia mente quo­tidiana e allora mi sembrò che quell’artificio rendesse idioti.

“È il contrario, Pierre, ti collega con le tue parti interiori più elevate, bloccando le tue aree psicologiche più primitive e terrene. Però chiaramente scollega così tanto dalla realtà dei mondi non evoluti, che rende incapaci di condurre una vita normale in essi. L’effetto dura una decina di ore terrestri, a meno che non lo si disattivi, per questo si deve puntare nuova­mente verso chi ha ricevuto la scarica luminosa, ma nella sua versione verde”.

“Mi sembra fantastico, Ami, soprattutto quando i nemici sono molti, ma se ti attaccano in massa non avrai il tempo di toccarli tutti, uno per uno...”.

“Se mi attacca una moltitudine di terri faccio così:”.Puntò verso una parete della nave: dall’oggetto uscì questa

volta una luce azzurro intenso, simile alla fiamma di un accen­dino a gas. Quando toccò la parete si sentì uno schiocco deli­cato ed uscirono mille piccole stelle dorate che si diressero a gran velocità verso tutti i punti della nave. Alcune mi toccaro­no e sentii di nuovo che la vita è una cosa meravigliosa...

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“Ha, ha, ha! Vedi? Questo è una ‘scarica a grappolo’, però questo grappolo di luce non solo non danneggia chi lo riceve, ma lo lascia ‘illuminato’: Nirvana senza sforzo... E non colpi­sce chi ha questo oggetto in mano”.

Mi sparò una ‘pallottola’ verde e tornai alla normalità.“Questo sì che è forte, Ami!”.“È meno preistorico degli orrendi ordigni distruttori che

inventano i ‘geni’ del tuo pianeta e non ti fa guadagnare niente di spaventoso in cambio, come quelli, secondo la legge di cau­sa ed effetto. Bene, ora devo prepararmi a sostituire il signor Tonk in persona, il direttore generale della PP”.

“Quel mostro puzzolente? Ma tu sei un bambino e lui è un grasso gigante!”.

“Dimentichi qualcosa, Pierre: noi possiamo modificare il nostro aspetto”.

“Certo, come con Krato, ma non fino al punto di cambiare statura! O sì?...”.

“Certo che sì”."Con la chirurgia e le protesi?”.Si mise nuovamente a ridere.“No, Pierre, semplicemente con cambiamenti vibratori ri­

strutturanti”.“Ah, certo... che stupido sono... E come fai per avere più

peso, più chili?”.“Più massa corporea? Non è necessario, basta che mi veda

più grande, questo è molto facile per i nostri strumenti che in meno di un secondo possono far sì che una persona sia come si desidera. Hai visto quello che è successo a Krato e il ritorno allo stato normale è ugualmente facile. In questo computer ho il bioprofilo energetico del signor Tonk e questo basta”.

Ami azionò dei comandi ed apparve l’immagine tridimen­sionale del sudicio terri.

“Quando tu premerai questo tasto, plop, io mi trasformerò in una copia carbone del capo della PP, anche se peserò come in questo momento, ma non puzzerò come lui. Ha, ha, ha!”.

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“Fantastico!”.“Esattamente entro due minuti Tonk avrà una riunione di­

rettiva che durerà mezz’ora. Conto su questo tempo per sosti­tuirlo, cercare di arrivare ai nostri amici e tornare con loro fino al raggio trasportatore di questa nave, che tu attiverai e noi quattro appariremo qui”.

“Già!... che facile...”.“Tutto andrà meravigliosamente bene, Pierre, vedrai. Ora

premi il tasto e non spaventarti quando vedrai il mio nuovo aspetto, sarò sempre io, anche se avrò perfino un’altra voce. Andiamo”.

Quando lo feci, Ami si trasformò davanti ai miei occhi nello spaventoso terri e mi guardò: il suo sguardo non sembrava asso­lutamente quello di Ami. Con voce forte e cavernosa disse:

“HAI PAURA, PIERRE?”.“Uh! Ecco... Se- sei t-tu, Ami?...”.“CERTO, NON TEMERE. ADESSO VADO VERSO LA

LUCE GIALLA CHE TU ACCENDERAI SUBITO”.Così feci, secondo le sue istruzioni precedenti. Ami-terri si

diresse verso la luce dicendo:"SCENDERÒ DA QUESTA NAVE ATTRAVERSO IL RAG­

GIO FINO AD APPARIRE NEL LIVELLO PIÙ PROFONDO AL QUALE SI PUÒ ACCEDERE, UN PAIO DI PIANI SO­PRA VINKA. POI VEDRÒ COME REGOLARMI”.

Rabbrividii all’inevitabile avvicinarsi del pericolo più spa­ventoso per lui e per me...

“Come sai che non apparirai proprio di fronte a un terri che ti vedrà sorgere dal nulla?”.

“HO PRESO QUALCHE PRECAUZIONE. APPARIRÒ IN UNA SALA CHE IN QUESTO MOMENTO È VUOTA. AU­GURAMI BUONA FORTUNA E SPEGNI IL RAGGIO QUANDO SARÒ GIÙ. A PRESTO”.

Guardai sul monitor per vedere se era arrivato: era lì, in una piccola infermeria. Non c’era nessun altro in quel luogo. Spensi il raggio e sentii la voce cavernosa in un altoparlante del monitor:

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“Quando passerà ai livelli inferiori non riuscirai a vedermi, quin­di dovrai avere pazienza, e fede... ”.

Quelli erano i momenti di maggior pericolo della mia vita. Qualunque errore di Ami, un imprevisto qualsiasi e addio, alla deriva per sempre in un mondo inospitale, in una nave che non avrei saputo riportare nel mio mondo. Nel migliore dei casi sarei finito vicino a Trask nella solitaria capanna di Krato, nel caso fossi stato capace di arrivare fin là senza avere nessun riferimento. Ma senza Vinka al mio fianco, sapendo che le era accaduto il peggio...

7Vo, in questo caso preferisco morire una volta per tutte\ pensai.Sentii la risata di Ami-terri che, malgrado la distanza e 1’

aspetto, non perdeva il buon umore e la capacità di leggere i miei pensieri:

“Sempre così ottimista, Pierre...Il bambino vestito di bianco, ora trasformato nel falso capo

della PP, uscì dall’infermeria nel preciso istante in cui due terri passavano di lì, sorpresi per l’inattesa presenza del loro capo supremo in quei sotterranei. Primo imprevisto a sfavore...

Mi venne un nodo allo stomaco, le cose cominciavano ad andar male fin dall’inizio dell’impresa...

Ami prevenne le loro domande:“Ehi, voi due, dove andate?”.“AL SETTORE BLU, CAPO”.“Lo farete dopo, ho bisogno di avervi con me perché mi

aiutiate. Venite, per favore”.Gli uomini si apprestavano a farlo, ma qualcosa sembrò

loro strana. Si guardarono un secondo e uno dei due disse: “BANDIERE DI GUERRA!”.“Perché volete bandiere di guerra?”, chiese innocentemente

Ami.Inorridito vidi gli uomini estrarre le armi e puntarle sul

mio caro amico. Compresi immediatamente che ‘bandiere di guerra’ era una chiave di sicurezza e Ami non conosceva la risposta, la parola d’ordine. Secondo imprevisto a sfavore...

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“MANI IN ALTO, UN SOLO MOVIMENTO E SARAI CRIVELLATO!”.

Ami non ebbe il tempo di estrarre dalla tasca la sua ‘arma’ che sparava raggi di felicità. Un terri lo tratteneva da dietro con un braccio intorno al collo e un’arma puntata alla tempia, mentre l’altro gli metteva da dietro un paio di manette ai pol­si. Io ero atterrito, mòrto di paura.

“Non guardarlo negli occhi, questo idiota è uno di loro: sono capaci di ipnotizzare con la vista”.

“Mantieni lo sguardo alla parete, verme! Se ti volti sei morto e tu vai nell’infermeria a cercare del nastro adesivo per tappargli gli occhi e la bocca. Poi faremo suonare l’allarme, il pulsante è alla fine del corridoio. La cosa più importante è che questo inva­sore extrakiano non possa guardarci, né dire niente.

Ma il nastro adesivo non poteva tappare la poderosa mente di Ami... Quando l’uomo si allontanò, riuscii a vedere che il mio amico si concentrava intensamente con gli occhi chiusi. Allora quello che lo teneva sotto tiro abbassò le braccia, ripose la sua arma con movimenti da automa, mise la mano nella tasca di Ami, prese la pistola a raggi e la puntò verso la porta semiaperta dell’infermeria. Si vide una vampata azzurra e un meraviglioso grappolo di veloci punti dorati si sparse nel cor­ridoio e all’interno deH’infermeria: di lì usci l’altro terri osten­tando un pacifico sorriso e uno sguardo pieno di amore...

“Oh... oh... Liberiamo le mani di questo meraviglioso esse­re...”, disse e liberò il mio amico.

L’altro era pietrificato, la sua mente dipendeva dalla volon­tà di Ami, ma i raggi non lo avevano colpito perché aveva l’oggetto in mano. Ami gli apri delicatamente le dita, prese il cilindro e gli indirizzò un raggio: il volto del terri si illuminò.

“Oh... Che essere di altissima evoluzione...”, disse estasiato mentre si beava a contemplare Ami. L’altro lo idolatrava con un sorriso che mi sembrò idiota.

“È un santo... è un angelo...Che fortuna poter contemplare uno di loro così da vicino...”.

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Allora ricordai che nel mio mondo molti pensano che le cose spirituali inducono debolezza, per questo se ne tengono lontani e scelgono la forza bruta, il potere materiale come risorsa di protezione o predominio. Però lì c’erano due degli uomini più feroci di Kìa che, malgrado avessero innumerevoli addestramen­ti nelle arti marziali e nell’uso delle armi, si trovavano compieta- mente alla mercé di Ami, che non aveva scelto la via della forza bruta nella sua vita, ma quella dello sviluppo interiore...

“Ditemi cos’è successo con la parola d’ordine”, ordinò loro.“Oh... sì. È stata cambiata pochi minuti fa: a ‘bandiere di

guerra’ si deve rispondere ‘fiammeggianti orgogliose’ ”, rispose l’uomo della PP, felice di poter essere d’aiuto.

“Cos’è che vi ha fatto dubitare di me e decidere di chieder­mi la parola d’ordine?”.

“Oh... la sua voce dolce e i suoi modi così amabili... Qui nessuno dice ‘per favore’, purtroppo...”.

“Ah, certo, faccio fatica ad essere così bestia...”.“Inoltre, Tonk ha un odore terribile...”.“Capisco. Bene, ora aiutatemi a liberare i miei amici del

caso ‘Banco’ ”.“No, no, il caso non è più ‘Banco’, ma ‘Emblemi’, è stata

cambiata anche questa chiave”.“Ah, grazie. Andiamo, portatemi da loro e cercate di com­

portarvi in modo marziale”.“Oh, sì e che Dio ci aiuti in una così nobile causa... Poter

aiutare un essere di così elevata evoluzione... Cosa sto dicen­do?... Io ero completamente ateo...”.

“Bando alle riflessioni, contemplazioni ed elogi, teneteli per un momento di minor rischio di questo”.

“Oh... sì...”.“No, niente ‘oh... sì’. Dite SÌ, CAPO!”.“Sì, CAPO!”.“E toglietevi quel sorriso dalla faccia, ricordate che qui non

si sorride”.

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“SI DICE Sì, CAPO!”.“Sì, CAPO!”.Cominciarono tutti e tre a percorrere il corridoio e io guar­

davo più nervoso di uno scarafaggio in un pollaio...“PIÙ VELOCI, CAMMINATE COME SE FOSTE FURIO­

SI, PERCHÉ QUI CI SONO TELECAMERE E I SORVE­GLIANTI CI GUARDANO NEI LORO SCHERMI”.

“Oh... sì... Voglio dire... SÌ, CAPO!”.Quando oltrepassarono la porta, un paio di guardie chiese­

ro la parola d’ordine:“BANDIERE DI GUERRA!”.“FIAMMEGGIANTI ORGOGLIOSE!”, rispose Ami con

una voce ora più aggressiva di quella dello stesso Tonk: aveva imparato la lezione.

“DOVE ANDATE?”.“DAI PRIGIONIERI DEL CASO ‘EMBLEMI’!”.“AVANTI!”.Sospirai sollevato, Ami era riuscito a volgere a suo favore le

circostanze avverse, ma... per quanto tempo?“Sembra che ‘paparino’ si sia lavato per la prima volta in

vita sua”, commentò maliziosamente una delle guardie che cu­stodivano l’entrata dalla quale Ami e i suoi aiutanti erano ap­pena passati. L’altro rispose:

“Così pare, non ha lasciato la sua scia profumata...”, e si misero a ridere di nascosto. Io mi rallegrai che avessero preso la faccenda con tanta leggerezza...

Più avanti apparve un ascensore, entrarono, la porta si chiu­se, ma io potevo vederli.

“BANDIERE DI GUERRA!”, disse una voce da un altopar­lante.

“FIAMMEGGIANTI ORGOGLIOSE!”, tuonò Ami-terri.“AUTORIZZATO!”.In qualche modo seppi che se la parola d’ordine non fosse

stata corretta, quell’ascensore li avrebbe portati direttamente da feroci investigatori armati...

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Ami guardò i terri che lo adoravano con gli occhi, cercando di dissimulare la loro elevata emozione spirituale e indicò il pannello dei pulsanti per chiedere quale premere. Uno di essi lo fece e il veicolo si mise in marcia verso i sotterranei più reconditi e blindati del quartier generale della Polizia Politica e allora smisi di vederli.

Mentre guardavo lo schermo, pregavo che tutto andasse bene, ma il tempo passava, passava e niente. Di tanto in tanto vedevo entrare o uscire dall’ascensore qualche terri, ma niente altro, fino a che improvvisamente accadde il peggio: l’allarme suonò stridente per tutto il quartiere...

Immediatamente, un’intera pattuglia di uomini armati ar­rivò alla porta dell’ascensore, compreso il vero Tonk, che grida­va indignato mentre aspettava l’apertura delle porte, cosa che non succedeva mai.

“QUESTI FIGLI DI CAGNA HANNO BLOCCATO L’ASCENSORE!... CHE UN PLOTONE PASSI PER LE SCA­LE!”.

In quel momento tornò uno di loro:“IL NEMICO HA BLOCCATO ANCHE LE PORTE DEL­

LE SCALE!”.“SFONDATELE, ALLORA!”.“Sì, CAPO!”.Ero disperato, specialmente quando cominciai a sentire le

esplosioni, ma dopo pochi istanti accadde qualcosa di meravi­glioso: le porte dell’ascensore si aprirono e ne usci una vampa­ta azzurra, quindi una nube di puntini dorati si sparse nel corridoio, lasciando illuminati dall’amore una cinquantina di terri armati che si trovavano lì, compreso lo stesso Tonk, che volle baciare la mano del suo sosia quando apparve seguito da Goro, Clorka e... VINKA! (che sorrideva felice). Anch’essi era­no sotto l’effetto dei raggi spirituali. Allora attivai la luce gial­la perché i mici amici entrassero in essa, cosa che fecero imme­diatamente, mentre cinquanta pelosi terri, mansueti come agnel­lini, li salutavano con benedizioni e gli occhi brillanti di emo-

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zione...“Premi di nuovo il pulsante della trasformazione, Pierre”,

disse Ami-terri dalla sala d’ingresso. Erano arrivati sani e salvi. Premetti il pulsante e lui riprese il suo aspetto normale. Andai ad abbracciare Vinka, che mi guardava come se stesse vedendo una specie di dio, mentre Gora e Clorka idolatravano Ami con i volti affascinati. Io ringraziai perché tutto era andato bene.

Ami inviò loro tre vampate verdi ed essi recuperarono la loro consueta mentalità.

Io e Vinka ci abbracciammo forte c lei si mise a singhiozza­re per l’emozione. Ma Goro passò dal misticismo più dolce alla rabbia più intensa:

“QUEGLI SBIRRI, CANAGLIE, ANIMALI, MALNATI, BESTIE!...”.

Capii che lo avevano trattato molto male.“Dimenticali”, consigliò Ami prendendolo per un braccio;

“ora sei in salvo”.“Mi hanno messo la corrente nel... nel... Oh, COME VOR­

REI AMMAZZZZARLI!”.“Ti sei salvato in tempo, perché cominciano sempre con i

metodi ‘dolci’, poi applicano i sistemi ‘duri’...”.“Per fortuna non sono arrivati a torturare Vinka e Clorka...

No, io non sapevo che razza di bestie fossero...”.Clorka stava piangendo.“Nemmeno io e adesso, Goro, cosa facciamo? Non possia­

mo più tornare a casa...”.Ami parlò loro chiaramente:“Dimenticatevelo, dovete lasciare da parte per sempre il

passato, la vostra casa, i vostri oggetti, tutto: immaginate che sia passato un uragano che ha raso al suolo la vostra casa, però siete sani e salvi”.

“Sì, però non abbiamo più niente”.“Non dire questo, Goro, voi avete qualcosa che vale moltis­

simo: l’amore e questa è la cosa più preziosa dell’Universo”.Goro meditò un poco e poi abbracciò Clorka e Vinka.

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“Hai ragione, piccolo, vale molto, ma d’altra parte non ab­biamo nemmeno il diritto di andare liberamente per la strada. Forse dovremo chiedere asilo politico in un altro paese...”.

“Non pensarlo nemmeno, Goro. Se tu fossi un comune perseguitato politico, allora sì, ma sei collegato all’affare VEP, vita extraplanetaria e sai già che c’è molta paranoia e molta ambizione riguardo questo argomento: non saresti al sicuro in nessun luogo”.

“E ALLORA, COSA POSSIAMO FARE?”, gridò Clorica disperata.

“Non preoccupatevi, vi porterò alla capanna di Krato, sulle montagne di Utna. Lì sarete in salvo e potrete riposare fino a che si deciderà cosa fare”.

Ami prese il controllo della nave e istantaneamente ci ‘di­slocammo’ a Utna. Lì stava albeggiando. Scendemmo nella te­nuta di Krato e Trask fu affettuoso con noi, anche se non troppo con Goro...

“Che splendida campagna!”, disse emozionata Clorka, con­templando le sfumature del cielo all’orizzonte che andavano dal viola al rosso aranciato, a mano a mano che il sole comin­ciava a spuntare fra le colline.

Goro cominciò a mostrare molto interesse per il luogo, re­spirava l’aria di montagna guardando da tutte le parti, prestan­do attenzione al meraviglioso concerto che producevano i can­ti di un’enorme varietà di uccelli in quell’ora mattutina. Per loro era come essere passati in pochi minuti dall’ inferno della tortura e della cella della PP, al paradiso.

“Che bella fattoria! Guarda quei muffi, Goro, quelle ambro- kas, le frindas e le melenias, quelle burisas, quegli alberi di topa, di buro-buro, di jojo...”. (*)

“Ci sono anche kiki, guajos e zubaias, Clorka: io fi avevo visti solo al supermercato”. (*)

“E anch’io, questa è la prima volta che vengo in una tenuta di campagna. Oh, qui ci sono erbe aromatiche, longuchas, tenkas e zumberras! Ci sono anche dei fiori, Goro! Guarda

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quelle pepiyas, e quelle lurindas così grandi e colorate...”. (*)Gli occhi uscivano dalle orbite ad entrambi a mano a mano

che ci avvicinavamo alla capanna.“Qui c’è liquore di muflo!”, esclamò Goro vedendo la can­

tina dell’eremita, “ho bisogno di un sorso e di un letto”.“Anch’io”, disse Clorka sfinita.“Allora entrate, entrate nella capanna”.Entrammo e Vinka aprì le finestre.“Che luogo folcloristico, Goro! È come nella serie televisiva

‘La Casetta di Montagna!’...”.“Devo riconoscere che è molto bello, Clorka, ma dopo aver

dormito daremo un’occhiata, ora sono morto di sonno”.“C’è un pagliericcio sul pavimento, lì potrete dormire tran­

quilli”.“Che cosa pittoresca! Ma... non ci sono serpenti da queste

parti?”, chiese Clorka con un certo timore.“No, Clorka, in montagna a questa altezza non arrivano i

serpenti e tanto meno velenosi”, la tranquillizzò Ami.E ragni?... .

"Nemmeno, Clorka”.“Ma nell’angolo vicino al tetto vedo una tela di ragno...”.“Ah, sì. Ma questi ragni non pungono la gente, sono lì per

mangiarsi le zanzare e gli insetti che potrebbero arrivare da fuori: qui non c’è niente che vi possa fare del male”.

Goro si stese sul pagliericcio, che non era molto comodo per lui, non essendo fatto per un gigantesco terri. Ami andò verso di lui:

“Ho bisogno di Vinka nella mia nave, stamattina. È invitata a cena a casa della nonna di Pierre: la cena sarà già terminata, ma in pochi minuti saremo lì e potremo riattivare la festa, che ora sarà completata dalla presenza di Vinka. Poi devo mostrar­le alcune cose importanti, le dai il permesso, Goro? Avevi detto

(*) Erbe e frutta del pianeta Kia, ovviamente intraducibili.

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che lo avresti fatto...”.Il terri aveva già gli occhi chiusi.“Eh?... Ah, sì, però che si comporti... zzzzzzzzz...”.“Domani saremo di ritorno e se avete fame, di là in cucina

deve esserci una pentola con un ripugnante stufato di garabolo in salsa piccante che Krato...”.

Sentendolo, Goro si svegliò e si alzò molto interessato.“Garabolo in salsa piccante?... Dove?...”.Vinka indicò a Clorka dove si trovava la cucina e lei si mise a

riscaldare la pentola, felice di trovarsi in un luogo così rustico”.“Che meraviglia!... Una cucina a legna!...”.Goro adesso pensava solo allo stufato.“Garàbolo! Mmmm... delizioso, il mio piatto preferito! Sono

molto rari perché non si possono allevare in cattività, dove trova i garaboli, Krato?”.

“Proprio da queste parti, zio, qui è pieno di garaboli silve­stri. Non li hai visti perché di solito si alzano quando il sole è un po’ più alto: Krato ha le trappole per catturarli”.

“Allora questo è un paradiso! Rimanete a cena con noi, approfittate”.

Goro si stava entusiasmando e cercò persino di essere ama­bile, cosa che mi sorprese molto”.

“No grazie, Goro, prima ho dovuto assistere a un sinistro baccanale con un animaletto della terra squartato: ora è un guazzabuglio di mutilazioni di garabolo quello che mi aspetta se rimango qui. Grazie, ma devo dire di no. Perché non potete mangiare della sana e fresca frutta o verdura?”.

Goro non si sentì sminuito dai commenti di Ami.“Dovresti provare com’è sostanzioso uno stufato di garabo­

lo, invece di criticare”.“Preferisco non contaminare il mio organismo con sostan­

ze di bassissima qualità vibratoria. Molte grazie per l’amabile e generoso invito, ma passo”.

Mentre il pranzo si scaldava sul focolare, noi partimmo. Goro era così entusiasta del luogo campestre e della prospetti­

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va di un garabolo in salsa piccante, che passò la mano con il succo di muflo e sembrò aver dimenticato le sue preoccupazio­ni per Vinka e la PP. Ora era in un altro mondo, un mondo più benevolo, con paesaggi splendidi, una terra fertile, grassi garaboli a portata di mano e molto succo fermentato...

Presto fummo di nuovo in rotta per la Terra.“È già molto tardi là”, dissi, “la nonna e Krato devono

essere già andati a dormire”.“Ti sbagli, Pierre, ho appena dato un’occhiata e sono anco­

ra immersi nella chiacchierata dopo pranzo, hanno molto da dirsi...”.

“Allora possiamo ancora arrivare in tempo!”.“Certo! Aveva ragione tua nonna, non ti farebbe male ascol­

tare i suoi consigli, di tanto in tanto”.Vinka volle sapere della faccenda e le spiegammo che aveva

indovinato, pensando che saremmo arrivati quella notte stessa”.“È molto intuitiva...”.“No, non è questo, è che ha una fede potente”, le spiegò

Ami.“Sento che mi piacerà la tua nonnina, Pierre”.“Certo Vinka, anche tu a lei”.Poi chiesi:“Ami, cos’hai fatto quando sei uscito dall’ascensore nel set­

tore blindato?”.“Niente, ho lanciato ‘grappoli’ in quei corridoi e gli affasci­

nati terri si facevano in quattro per aiutarmi. Mi hanno con­dotto fino ai nostri amici e mi hanno aiutato a liberarli, perfi­no gli stessi torturatori di Goro sono diventati affettuosi e dolci con me. Ma le guardie che vigilavano dai monitor hanno fatto suonare l’allarme quando hanno visto che Tonk era sullo schermo e davanti a loro contemporaneamente... Allora ho detto ai miei numerosi aiutanti di bloccare le porte e di tenere fermo l’ascensore. Lo hanno fatto, così siamo arrivati alla por­tata del raggio che tu hai acceso e che ci ha portato su questa nave. Semplice”.

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Sì, semplice, ma per lui...Poi, Vinka riprese l’argomento centrale dei nostri affanni:“Magari zio Gora mi autorizzasse a vivere sulla Terra... Cre­

do che tutto quello che ha dovuto passare in questi giorni potrebbe intenerire il suo cuore”.

“Non per essere guastafeste, Vinka, ma non entusiasmatevi troppo: ho pensato lo stesso dapprincipio, ma ora sospetto che Goro sia programmato per impedire sempre la gioia degli altri. Lui sì che è un guastafeste per vocazione”.

“È che ha avuto un’educazione troppo rigida e severa, il poverino”, spiegò Vinka, “la gioia è qualcosa di proibito per lui”.

“Ma tutte le sofferenze che ha passato ultimamente potreb­bero farlo cambiare...”, dissi.

“La sofferenza è una maestra...”, disse il bambino delle stel­le, “ma i suoi insegnamenti sono molto cari, lasciano brutte ferite nell’anima e c’è qualcos’altro: a volte la gente si abitua così tanto a soffrire, che non può più scegliere un altro tipo di vita. Se manca la sofferenza, è come se mancasse l’aria... Esisto­no anche delle persone che pensano che a Dio piaccia veder soffrire un suo figlio e si procurano vite spaventose... Per que­sto, il miglior Maestro che esista si chiama Amore e il vero Amore è il risultato di un buon equilibrio fra bontà e intelli­genza. Purtroppo Goro, per adesso, non è all’altezza”.

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“Stiamo già arrivando a casa tua, Pierre, daremo un’occhiata attraverso il monitor”.

Sullo schermo apparvero Krato e la nonna, ridevano di gusto, ancora seduti a tavola.

“Allora afferrai un terri per il collo con questo braccio, l’altro con l’altro braccio e gli sbattei i capoccioni: scoppiaro­no come zucche, ma dentro non c’era niente, perché in una testa terri non c’è niente. Ha, ha, ha!”.

“Ha, ha, ha!”, lo assecondava molto allegramente mia nonna.

Krato stava raccontandole le sue bugie, anzi, le sue barzellette, perché sapeva molto bene che nessuno avrebbe creduto alle sue esagerazioni.

Vinka era perplessa:“Ma... Cosa succede?... Quel signore sembra Krato, ma non

è lui...”.Le spiegammo il cambiamento al quale era stato sottopo­

sto. Immediatamente chiese ad Ami di ingrossarle le gambe, ma lui disse che per il momento doveva restare com’era.

“Vale a dire che questa è una bellissima ragazza”, dissi per farle un complimento. Lei si guardò le gambe e non fu d’accor­do.

Mia nonna spingeva Krato a continuare con le sue fantasti­cherie.

“E con il terzo terri, cos’ha fatto, Krato?”.“Ah quello... sì... adesso lo ricordo. Era grande e grosso come

un toro di quelli che ho visto ieri alla televisione”.“UhhL.”.

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“Lo spaventoso terri sbuffava, gli uscivano schiuma dalla bocca e scintille dagli occhi: era pronto ad attaccarmi, trasuda­va odio. Tirò un po’ di terra indietro con la zampa, prese slan­cio e mi venne addosso, pronto a tirarmi nel precipizio, io ero proprio sul bordo e potevo contare solo su questi pugni per difendermi”.

“E cosa ha fatto, allora?”.“Niente, quando è stato a un dito di distanza, mi sono fatto

da parte velocemente...”.“E?...”.“Ho detto ‘Olè’ e il terri è caduto nel precipizio. Ha, ha, ha!”.“Ha, ha, ha!”.“Da quello che vedo, questa coppietta è altamente compati­

bile”, disse Ami con un sorriso complice.Vinka era entusiasta.“È una signora molto allegra e simpatica, ci troveremo molto

bene”.“Certamente, Vinka”.Ami fermò la nave sopra la mia casa sulla spiaggia.“Siamo arrivati, andiamo giù a unirci a questa festa”.Scendemmo attraverso il raggio di luce gialla e ci presen­

tammo davanti a loro.Non riuscivano a credere che tutto si fosse risolto cosi rapi­

damente e che Vinka fosse lì in persona. La festa ricominciava e ora c’eravamo tutti, non mancava nessuno. Mia nonna guar­dava, ammirava e accarezzava la mia fidanzata.

“Vinka è una creatura meravigliosa, Pierre! Un po’ diversa esteriormente da quelle che si trovano normalmente da queste parti, ma si vede che dentro è una ragazza buonissima. Io sape­vo che San Cirillo non mi avrebbe tradito, avete visto?”.

“Sei proprio un campione, bambino zodiacale. Come hai fatto a liberare Vinka e i suoi zii dal settore blindato della PP?”.

Ami raccontò la storia e facemmo un allegro applauso gene­rale al bambino delle stelle. Poi lui disse che io lo avevo aiutato e che anch’io meritavo un applauso e me lo fecero.

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La nonna era felice.“Ora, anche se è tardi, la festa continua in questa casa, inol­

tre siamo in vacanza e nessuno lavorerà domani. Ti servirò la cena, Vinka, ora vengo. Accomodatevi qui. Che gioia, mio Dio!”.

“Io voglio un altro piatto”, dissi, perché prima ho dovuto mangiare a metà”.

Poco dopo arrivò la cena.“Che buon profumo! Mmmm”, disse Vinka, “però non so

se mi piacerà questo cibo... anche se ha un odore meraviglio­so...”.

“Ti piacerà, Vinka, pensa che sia garabolo”.“Vediamo... fammi assaggiare questa carne che sembra così

tenera... Mmmmm... sì, mi piace molto”.“Puah! Io torno dopo, vado sulla mia nave a mangiare i

miei SANI alimenti, perché non ho mangiato quasi niente in tutto il giorno. Poi vengo”.

“Portali qui e mangiamo tutti assieme”, disse mia nonna.“Temo che questo non sia possibile, Lily, perché a vedere e

annusare quello che mangiate voi mi passa l’appetito. Ma ri­torno dopo”.

Il colore del vino richiamò l’attenzione di Vinka.“Questa bibita ha un bellissimo colore”.“Il ‘vina’ è una delizia, Vinka”.“Vuoi provarlo?”, le chiese mia nonna.“Sì Lily, per favore”.“Ecco, solo un bicchierino per i bambini. Ancora vino,

Krato?”.“Adesso no, grazie mille, Lily”.Io pensavo che Krato fosse mezzo ubriaco, per questo mi

sorprese vederlo rifiutare la bevanda.“Non dirmi che non bevi più vino, Krato...”.“Non so di cosa tu stia parlando, bambino terrestre, è che

non bevo veloce perché mi piace molto bere”.“Non ti capisco, Krato”.“Quando bevo lo faccio lentamente, ‘Betro’, assaporando

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ogni sorso, perché se bevo veloce mi viene sonno e mi metto a russare e questa festa è meravigliosa, non me la voglio perdere e non voglio nemmeno privarmi della capacità di godere dello squisito sapore di questa deliziosa scoperta terrestre chiamata ‘vina’. Devo riconoscere che il succo di muflo, vicino al ‘vina’, resta al livello di un grossolano beveraggio rustico. Come si chiama il frutto dal quale proviene questo succo degli dei?”.

Andai nel frigorifero e presi un grappolo d’uva.“È questo, si chiama uva”.“Che bel grappolo, bambino extrakiano”.“È meraviglioso! Fammene provare un po’!”, esclamò Vinka.“Certo”.“Squisita!”.“Penso che le Cantine San Krato apriranno una succursale

in questo mondo. Ha, ha, ha! Adesso che mi ricordo... avete dato da mangiare a Trask?”.

“Sì Krato, nella tua capanna sono rimasti i miei zii che si incaricheranno di Trask. Il tuo bugo ha simpatizzato subito con loro e...”.

“Che diavolo ci fa quel terri nella mia capanna?!”.Ami era di ritorno.“Era il posto migliore che avevamo a disposizione per na­

sconderli, Krato, Spero che non ti arrabbi...”.“Hum... ecco...”.Guardò mia nonna, che gli sorrideva con affetto.“No, certo che non mi arrabbio. E così Trask sarà in compa­

gnia, per quanto tempo resteranno lì, Ami?”.Krato non sembrava molto contento, malgrado i suoi ten­

tativi di nasconderlo.“Se vuoi torniamo adesso, ti lascio là, porto gli zii di Vinka

da un’altra parte e arrivederci. Andiamo, Krato?”.“Nooo, lo chiedevo solo per curiosità, inoltre...”.“Inoltre cosa, Krato?”.“Beh... avevamo parlato della possibilità di restarmene qui...”.“Che rimanga sulla Terra, Ami! È già trasformato in un

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terrestre”.“E dove vivrebbe?”, ci chiese il bambino vestito di bianco.“Qui con noi, chiaramente, vero nonna?”.“Io ne sarei felice... Vinka dormirebbe nella mia stanza e

Krato in quella libera”.Ami sembrava d’accordo con questa sistemazione.“Bene, per me non ci sono problemi. Sei disposto a non

tornare più alla tua capanna, Krato?”.Il vecchio si commosse.“Ecco... La verità è che non mi aspettavo una cosa così im­

provvisa, ho trascorso molti anni in quello splendido luogo... snif... ma già una volta ho dovuto lasciare tutto il passato alle spalle, quando mi trasformai in swama. Non ho potuto portar­mi dietro nemmeno lo spazzolino da denti e vi dirò che ero molto, ma molto importante, ricco e... No, questo non ha più importanza: il passato deve sempre restare alle spalle, vero Ami?”.

“Vero, Krato: proprio a questo scopo esiste la morte”.“Come sarebbe, bambino cosmonauta?”.“Voi siete molto attaccati a tutto, ai vostri luoghi, ai vostri

cari, ai vostri averi, ai conti, alle idee, all’aspetto, ai ricordi, alle abitudini, a tutto. L’Universo ha bisogno che le sue creature evolvano, si perfezionino attraverso altre esperienze, altre si­tuazioni, altri luoghi, altre persone, altre idee. Ma a causa del vostro attaccamento, l’unica strada che vi permette di poter passare ad altre situazioni di apprendimento ed anche di felici­tà, è mediante la decadenza e la distruzione di questo ‘abito’, di questo corpo. E allora, addio agli attaccamenti, verso un’al­tra storia, si volta pagina alla fine e che non rimanga nemme­no il ricordo, tranne che molto, molto in fondo all’anima”.

“E allora noi moriamo?”, chiese Vinka.“Voi non lasciate altra strada che quella di essere distaccati

con la forza, ma se foste meno attaccati, come succede alle anime di maggiore evoluzione, non avreste bisogno di quel duro procedimento chiamato morte. Lascereste da parte facil­mente i vostri attaccamenti e passereste volontariamente alle

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nuove situazioni che l’Universo ha in serbo per voi, inoltre, non perdereste il ricordo della situazione precedente: nella mia memoria ci sono tutte le mie vite precedenti, da quando ero mezzo gorilla ad oggi”.

Rimanemmo tutti molto pensierosi di fronte alla semplice spiegazione di Ami. Molte volte io avevo dubitato della bontà di Dio, pensando che Lui avesse inventato qualcosa di così doloroso come la morte, ma ora, grazie a quella spiegazione, la morte acquistava per me un senso che non era in contraddizio­ne con l’idea del Dio Amore, perché è naturale che l’Amore cerchi la nostra evoluzione, il nostro perfezionamento e se noi non siamo capaci di superare volontariamente i nostri attacca­menti, non lasciamo altra strada che quella di essere strappati a forza da una situazione per passare ad una nuova.

“Hai ragione, bambino neutronico. Una volta o l’altra io avrei dovuto abbandonare quel luogo, la separazione era inevi­tabile e se è così, che sia proprio adesso. Ora rimarrò qui per sempre... vicino a questa incantevole dama, chiaramente”, dis­se prendendo la nonna per le spalle. Lei avvicinò la testa al petto del montanaro, sorridendo compiaciuta. Era evidente che il romanzo era già in armi, ma ora non mi dava fastidio, anzi, mi piacque l’idea di avere Krato sempre a portata di mano.

Improvvisamente lui ricordò qualcosa.“Però Trask...”, e i suoi occhi si inumidirono.Ami si mise a ridere.“Trask starà bene, io me ne farò carico, Krato. Abbi fiducia

in me, puoi farlo?”.“Ecco... snif... credo di sì. Ho fiducia in te e ti ringrazio,

Ami”.“Di niente, Krato. Più tardi mi occuperò del tuo inserimen­

to in questo mondo, vedremo poi. Bene, è ora di porre fine a questa gradevole riunione, è tardi e domani devo portarvi a conoscere altre cose, ragazzi”.

“Il lettino di Vinka è pronto nella mia stanza, vicino al mio”.

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“Però non entusiasmatevi troppo, sapete già com’è Goro. Bene, io devo andare da quelle parti e domani sarò di ritorno”.

Ci lasciammo e io andai a dormire senza quasi riuscire a credere a quello che stava succedendo: Vinka avrebbe dormito a casa mia! La mia felicità non aveva limiti, tranne per quello che poteva passare per la mente di Goro... ma era stata una giornata molto dura ed era molto tardi, appena posai la testa sul cuscino mi addormentai profondamente.

Il giorno seguente mi svegliarono dei delicati colpetti alla porta. Io, ancora mezzo addormentato, non ricordavo quello che era accaduto il giorno prima, non ricordavo niente e per questo dissi:

“Avanti, nonna”.Ma invece della nonna apparve la splendida Vinka con un

vassoio in mano.Mi sembrò di sognare il sogno più bello del mondo, ma

non era un sogno, la mia anima gemella mi portava la colazio­ne su quel vassoio, la colazione e tutto il suo affetto.

“Oh... Vinka!... Non dovevi disturbarti... Grazie mille”.“Non è un disturbo, Pierre, è un vero piacere. Hai dormito

bene?”.Si sedette al mio fianco, guardandomi con affetto.“Oh sì, molto bene... grazie a te... e tu, hai dormito bene?”.“È stata una delle notti più belle della mia vita... sapendo

che sarei stata così vicina a te...”.Apparve anche mia nonna.“Buon giorno, figliolo. Devi sbrigarti perché Ami e Krato

sono già pronti e ti aspettano”.“Cosa? È già arrivato Ami?”.“Sì, fai presto”.“Perché non mi avete svegliato prima?”.“Vinka voleva che riposassi un po’ di più... ha molta cura di

te”, disse con una certa complicità.“Andiamo a vedere cosa sta facendo quel pigrone di ‘Betro’,

Ami”, stava dicendo Krato mentre entrava col bambino delle

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stelle nella mia stanza.Per me, che non ho fratelli e che sono abituato a una certa

solitudine in casa, quella era una situazione molto curiosa. Normalmente, nessuno entra nella mia stanza quando sono a letto e adesso c’erano lì Vinka, la nonna, Krato e Ami... Allora mi accorsi che Krato indossava una tee shirt, calzoni corti, scarpette e calzini bianchi, orologio sportivo, con cinturino di plastica rosso e un berretto con la visiera: adesso sì che sembra­va proprio un comune terrestre!

“Dove hai preso quella roba, Krato? Ha, ha, ha!”.Ami si affrettò a rispondere:“L’ho portata io. Ti piace, Krato?”.“No... cioè, sì. Ma quel ragazzo sta ridendo di me... Sembro

un uccellaccio?”.“Certo”, disse Vinka ridendo. Anche per lei quei vestiti era­

no strani.Ma mia nonna lo consolò:“Nooo Krato, sta molto bene vestito così, molto sportivo e

giovanile”.“Stai molto bene, Krato”, dissi, “ridevo per la sorpresa: da

‘profeta’ a ‘playboy da spiaggia’... Ma non è una presa in giro”.“Pronto per andare a fare un giro fra le stelle, Pierre?”, mi

chiese Ami sorridendo allegramente.“Devo ancora lavarmi e...”.“No, non serve, basta che entri nella stanza di pulizia della

mia nave, la conosci già”.“Oh sì, me ne ero dimenticato”.Consumai rapidamente la colazione e poco dopo salutava­

mo la nonna.“Vuoi passare a prendere qualcosa alla tua capanna, Krato,

o vuoi che te la porti io?”.“No, bambino dinamite. Io sono morto per Kìa e i morti

non si portano niente all’altro mondo: nemmeno io mi porto niente a questo mondo... snif. Non dimenticarti di badare al povero Trask... snif... e di portare un paio di garaboli grassot­

t i

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telli e sugosi. Ha, ha, ha!”.

Stavamo di nuovo scivolando sulla nave attraverso un altro spazio-tempo Ami, Vinka ed io.

“Dove andiamo, Ami?”.“Voglio mostrarvi qualcosa di interessante in uno dei mi­

gliaia di mondi evoluti di questa galassia: non ci porterà via molto tempò. Poi andremo a vedere cosa succede a Clorka e Goro”.

Apparve un pianeta completamente arido, dietro i vetri: assomigliava molto alla nostra luna, ma aveva dei toni più rossicci, cioè era simile a Marte. La nostra nave si dirigeva ver­so la sua superficie a una velocità pazzesca.

“Eccovi qua: questo è il mondo di Hexis, qui c’è una civiltà molto più avanzata di tutte quelle che avete potuto vedere finora”.

Quando Ami cominciò a percorrere quella sfera in tutte le sue parti a una velocità impressionante, facendo un giro com­pleto in meno di un minuto, ben presto capii che lì non c’era nessun mare.

“Questo sembra un pianeta morto e arido...”.Ami era molto contento.“Ah, sì. Nella sua superficie non ci sono altro che pietre, ma

al suo interno...”.“Non dirmi che tutta la civiltà di questo mondo si trova

dentro...”.“È così, Pierre. Tutte le umanità che hanno un livello evolu­

tivo come quella che abita questo pianeta hanno trasferito la loro civiltà all’interno”.

Vinka era molto interessata."Vuoi dire che i mondi più avanzati non vivono più in

superficie?”.“Certamente, all’interno è molto più sicuro”.“Perché?...”.“Per lo stesso motivo che vi ho spiegato a proposito delle

basi sotterranee. Là dentro non arriva la parte indesiderabile

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dei raggi del sole, né altre radiazioni dannose, non arrivano le meteoriti, né i temporali, né la grandine, né i tornado, niente; si può regolare il clima a piacere, in spazi ristretti, si possono costruire ecosistemi meravigliosi, molto luminosi e pieni di acqua e di ossigeno, anche se fuori non c’è atmosfera, né una goccia d’acqua. Si possono evitare gli insetti molesti e qualun­que altra specie dannosa per quegli ecosistemi, e non si richia­ma l’attenzione dei vicini poco evoluti... Si può vivere a fianco di un mondo come il vostro senza che vi accorgiate che una grande civiltà esiste all’interno di quel pianeta vicino, apparen­te morto e arido... Infine, sappiatelo una volta per tutte: vivere all’interno dei mondi è una tappa evolutiva molto avanzata nella vita cosmica...”.

“Caspita! Questa sì che è una novità, non lo avrei mai im­maginato e adesso che ci penso, questo potrebbe spiegare come tutti i pianeti del nostro sistema solare appaiano privi di vita...”.

“E altrettanto nel nostro sistema solare”, disse Vinka.Ami si rallegrò.“Esatto, ragazzi. Nell’Universo c’è mooolta più vita di quel­

la che voi pensate, ma siccome le vostre civiltà sono così ‘spiri­tuali’... è meglio che per il momento non sappiano quello che esiste in un gradino più alto”.

“Me ne rendo conto...”.“D’altro canto, vivere all’interno di un mondo è il riflesso

di una attitudine dell’anima”.“Cosa significa?”.“Le umanità dei vostri mondi vivono nella parte esteriore, no?”.“Certo”.“Nella parte esteriore DI TUTTO... Voglio dire che voi non

prestate attenzione aH’interno, siete superficiali e per questo vivete sulla superficie dei vostri mondi. Questo è il riflesso di un’attitudine delle vostre anime”.

“Avresti la cortesia di spiegarlo meglio?”.“A voi interessa conoscere tutto ciò che sta al di fuori, mol­

to lontano, per questo fate grandi sforzi per andare molto al di

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fuori, per arrivare ad altri sistemi solari, se fosse possibile, a milioni di chilometri: ma di quello che esiste a poca distanza, all’interno dei vostri pianeti, non ne sapete niente, né vi interes­sa molto”.

“Certo!... Esiste una NASA che va verso l’esterno, ma non esiste una NASA che ricerchi verso l’interno... e questo è molto più vicino...”.

“Perché guardate solo l’esterno, l’apparenza di tutto, degli altri e di voi stessi, senza prestare troppa attenzione all’interno”.

“Che argomento curioso, ma credo di cominciare a capire...”.“Proprio per questa attitudine superficiale delle vostre ani­

me, voi non conoscete realmente voi stessi, non date mai un’oc­chiata verso l’interno dei vostri cuori: vi interessa solamente l’esterno, quello che è visibile agli occhi, il materiale, il denso, e per questo vivete in mondi che sono il riflesso delle vostre anime, nei quali il materiale predomina pesantemente sullo spirituale o interiore, o sottile. Sempre per questo, avete la ten­denza ad incolpare gli altri dei vostri drammi, senza vedere che tutto ha la sua origine all’interno di ognuno”.

Vinka trasse le sue conclusioni:“Allora Ofir non è un mondo tanto avanzato, dopotutto e

il tuo mondo nemmeno”.“Certo, le nostre sono civiltà esterne per il momento, ma

sia su Ofir, sia su Bambola Galattica, il mio pianeta, da tempo si stanno preparando ecosistemi all’interno. Per questo, quan­do vi ho portati nel mio mondo e ce ne stavamo andando vi ho detto che avevamo visitato solo l’esterno, ricordate?”.

“Ah sì, ricordo”.“Anch’io. A proposito, come sta tua madre, Ami?”, chiesi.“Perfettamente bene, si sta preparando ad andare a Kyria a

raggiungere mio padre”.“Che bello! Ricordo sempre il suo consiglio: ‘I piedi sulla

terra, lo sguardo al cielo e il cuore nell’Amore’. Mandale i no­stri saluti, Ami”.

“Lo farò. Bene, vi piacerebbe vivere all’interno di un mondo?”.

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Vinka aveva dei dubbi.“Malgrado sembri così carino... non so, mi dà una sensazio­

ne quasi di claustrofobia... non poter mai guardare le stelle...”.“Anche qui si può proiettare l’immagine del cielo esterno

sulle cupole, Vinka”.“Certo... Beh, dev’essere una questione di abitudine...”.“Molti miglioramenti provocano un rifiuto, all’inizio, ma

poi la gente non vuole più perderli. Per esempio la scrittura: era molto più romantico scrivere con l’inchiostro e una piuma d’oca, ma ora si scrive con la tastiera del computer e quasi nessuno vorrebbe tornare alla piuma, nemmeno ai carretti o ai segnali di fumo*.

Ami diresse la nave in picchiata verso l’arida superficie di Hexis.

“Passeremo da una delle entrate autorizzate, come abbiamo fatto a Shaya-Salim, così non vi spaventerete quando avrete la sensazione di andare a schiantarvi sul terreno”.

E così fu, ci ‘smaterializzammo’ per entrare attraverso le rocce scure che bloccavano l’entrata, mentre Vinka si copriva la feccia inorridita, chiaramente... Subito dopo sbucammo in un impressionante e inatteso mondo di luci e colori che sem­brava non avere limiti.

Non riuscivamo a credere a quello che stavamo vedendo. “UAAAUUUH!”.Laghi, prati verdi e di una tonalità aranciata, edifici che

sembravano fetti di cristallo multicolore e con un’architettura futurista che non avevo visto nemmeno su Ofir. Enormi edifi­ci-sfera e di altre forme che fluttuavano nell’aria! Grandi ter­razze pavimentate o con tappeti erbosi di vari colori, sulle qua­li molta gente praticava degli sport; bellissimi stadi, migliaia di veicoli spaziali, giardini naturali pieni di alberi, arbusti e fiori piantati in modo da formare splendidi disegni che si apprezza­vano meglio dall’alto.

“Questo è quanto di più bello io abbia visto in vita mia!”, disse Vinka piena di gioia.

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Come nella base di Kìa, il ‘cielo* sembrava un cielo vero, solo che qui tendeva più verso il rosa chiaro, che verso il celeste e la cosa più impressionante era che non riuscivo a vedere i confini di quella caverna fuori dal comune.

“In questi mondi, le popolazioni abitano in spazi vuoti che a volte hanno decine di chilometri di diametro”, spiegava Ami, “lì sono costruiti i loro insediamenti, che non arrivano mai ad essere così pieni di gente come le vostre città. Vi ho già detto che le grandi città non fanno bene né alle persone, né al piane­ta. In questi grandi spazi tutto è fatto in armonia con l’Univer­so. Ci sono molti di questi insediamenti in questo mondo, grandi e piccoli e tutti sono in comunicazione fra loro”.

“Questa è una super- civiltà, Ami!...”.“Sicuro, ora andiamo a vedere un concorso di bellezza in­

terplanetario”, disse ridendo, “ci sono molti visitatori prove­nienti da una grande varietà di mondi, oggi in questo luogo”.

Questo mi sembrò strano, perché i concorsi di bellezza mi hanno sempre dato l’idea di essere qualcosa di banale, ma mi stavo già abituando al fatto che Ami ci facesse delle sorprese ina­spettate, che alla fine, non erano quello che avremmo pensato.

Fermò la nave in un ‘parcheggio’ situato in una terrazza sopra un grande edificio circolare. Vicino alla nostra nave vidi un’immensa varietà di veicoli spaziali di diverse dimensioni, ma piuttosto piccoli, in genere. Alcune persone si muovevano da quelle parti, andando e venendo dai loro veicoli.

Richiamarono prepotentemente la mia attenzione degli enor­mi esseri con delle grandi teste rosse ed abiti multicolori: i loro volti non erano neanche remotamente umani e c’erano molti altri tipi di umanoidi. Sembrava quasi una festa in maschera, ma tutti erano contenti. In molti casi non sapevo se avevano capelli colorati pettinati in modo stravagante o se si trattava di ornamenti o di cappelli. La stessa cosa succedeva per certi det­tagli dei loro volti e dei loro corpi.

“Guarda quei tipi, Vinka”, dissi vedendo degli esseri che avevano la coda...

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Ami rideva.“Quella specie viveva sugli alberi, in passato, ma è bene che

voi non critichiate niente: dovete avere la mente estremamente aperta, perché qui vedrete delle cose che vi sembreranno molto curiose o perfino ridicole, ma per queste persone sono perfet­tamente normali. Ora andiamo nella stanza di pulizia a disin­fettarci per scendere”.

Dopo averlo fatto, scendemmo con Ami, andammo verso un ascensore vicino e la sua porta si aprì: ne uscì una coppia di... beh, avrei detto pappagalli piumati giganti, ma Ami dice che bisogna avere rispetto, così dirò che uscì una coppia di esseri piuttosto alti e coloriti dall’ascensore... Ci salutarono con grande amabilità nella lingua dei mondi evoluti e conti­nuarono la loro strada. Vinka ed io ci innervosimmo un poco perché non sapevamo cosa fare. Una volta nell’ascensore, Ami si divertì a guardare le nostre facce.

“Qui nessuno vi farà del male, bambini”.La struttura di quel veicolo, rotonda e trasparente, era gran­

dissima e il soffitto era molto alto. Compresi che a volte lo occupavano esseri altissimi.

Scendemmo verso l’interno dell’edificio e dall’alto potei vedere un ambiente pieno di... gente... La varietà più incredibi­le di ‘modelli’ umanoidi girava da quelle parti, indossando i vestiti più strani che si potessero concepire. Alcuni mi incute­vano un grande timore, per i loro volti e i corpi stranissimi, ma tutti sembravano molto entusiasti ed allegri.

Quando le porte dell’ascensore si aprirono ed uscimmo, sentii un gradevole profumo.

“Il luogo è profumato perché gli odori naturali di qualche specie non disturbino altre... Andiamo, entriamo in sala, è già cominciata la presentazione”.

Entrammo attraverso grandi porte e vidi un palco illumina­to nel punto centrale di quel salone, circondato da sedili pieni di... persone. Non tutte le poltrone erano uguali: le più piccole, occupate da esseri di dimensioni minori erano davanti, più vici­

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no al palcoscenico, le altre più grandi, dietro. Noi ci dirigemmo verso il settore dei piccoli, trovammo una fila con poca gente. Ami chiese permesso mentre avanzavamo fra le gambe degli amabili... fratellini dell’Universo... ma nessuno ci prestava parti­colare attenzione. Quando ci accomodammo, mi misi a guarda­re quello che succedeva. Un animatore piuttosto grasso e corpu­lento, con la faccia grigia e la bocca molto grande (mi ricordava un ippopotamo, ma lo dico con il massimo rispetto...) molto allegramente esponeva i meriti della candidata o del candidato che si presentava. Attraverso il microfono traduttore, riuscivo a capire quasi tutto: dico ‘quasi’, perché molte delle cose che dice­va non avevano senso per me. Per esempio:

“Chi si presenta adesso ha l’onore di appartenere al ‘corpo degli amsa bianchi’ del suo pianeta, situato nel settore ‘Maj-ok 2’. Non è ancora entrato nell’ ‘elemento intraluminico’, ma i suoi ‘urewas’ stanno per classificarlo: eccolo qui”.

Apparve qualcosa di simile a una lattuga ambulante. Si pre­sentò, salutò amabilmente, si concentrò e poi se ne andò. Poi ne venne un altro, che fece più o meno lo stesso e cioè niente. Cosi si avvicendarono gli esseri più strani e in certi casi pauro­si, della galassia: camminavano, si trascinavano o dondolavano e persino volavano, a volte. Sorridevano (quelli che avevano una bocca come la nostra), i loro strani abiti scintillavano, si concentravano, facevano dei movimenti davanti al pubblico e poi si ritiravano.

Io non capivo niente, ma il pubblico sì e a volte emetteva­no qualcosa di simile a un ‘ohhh’ quando gli esseri del palco- scenico si concentravano. Io avevo delle sensazioni molto buo­ne a volte, ma in definitiva, Vinka ed io ci guardavamo senza comprendere.

“Di che si tratta, Ami?”.“È qualcosa come un concorso di bellezza, ma con due grandi

differenze: in primo luogo, qui non si compete, nessuno vince o perde, ognuno mostra il suo e cerca di piacere al pubblico, e questo è il suo unico premio. In secondo luogo, non è la loro

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bellezza esterna che esibiscono”.“No?”.“Certo che no. Siccome la varietà di forme esteriori è gran­

de, per noi non ha molto senso dire ‘questa persona è più bella o più brutta di quest’altra’. In realtà, noi non prestiamo molta attenzione all’aspetto esteriore delle persone. Quello che da una parte è ‘bello’, da un’altra è ‘brutto’, questo è molto tran­sitorio e molto relativo, per questo noi andiamo direttamente all’interiore: la vera bellezza è qualcosa di interno ed è proprio quello che mostrano i partecipanti, la loro bellezza interiore”.

“Ah... ora capisco meglio. Ma come può il pubblico vedere la bellezza interiore dei partecipanti?”.

“No, non si può ‘vedere’: la bellezza interiore non è percepi­bile dagli occhi”.

“E allora, come la captano?”.“Con i sensi superiori dell’anima, Pierre”.“Ah... certo, questa gente è MOLTO evoluta. Io no, io posso

solo farmi guidare dai miei occhi, non ho quei sensi superiori dell’anima...”.

“Nemmeno io...”, disse Vinka un po’ triste.“Non è proprio cosi, bambini. La verità è che voi avete quei

sensi, ma di solito non prestate loro attenzione, perché sono qualcosa di molto sottile e voi siete abituati ad osservare solo ciò che stride... Ma provate a sentire quello che queste amabili perso­ne stanno cercando di inviarvi sottilmente. Fate attenzione”.

Apparve un essere molto sottile, con la pelle nerissima e i capelli lisci che mandavano riflessi azzurri, tanto erano neri. Quel campione sembrava uno di quei bastoni con il ciuffo per pulire i pavimenti, ma sistemato al rovescio... Non sapevo se era uomo o donna.

“Non è né uomo, né donna”, disse Ami, lasciandoci stupe­fatti, ma lui rideva di nuovo, “non crediate che tutta la vita intelligente dell’Universo funzioni sulla base dei due sessi, come voi e me...”.

“Nooo?”.

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“Assolutamente. Questa è solo una delle forme, ma ce ne sono molte altre, come accade per altre specie animali e vegeta­li dei vostri stessi mondi. In definitiva, quell’anima sorella che vedete procrea da sola e si riproduce... No... ci sono talmente tante varietà che non vale la pena di spiegarvi uno fra i molti possibili metodi di riproduzione che esistono neH’Universo”.

Ma Vinka ed io eravamo troppo curiosi e volevamo sapere almeno come si riproduceva quell’essere in particolare.

<cVa bene, quell’essere si riproduce mediante... uova”.“Cosa?! Ah, no! Ha, ha, ha! QUEL TIPO DEPONE LE

UOVA, VINKA!...”.“Shhht... Vedete? Vi scandalizzate di tutto. Sappiate che

quell’essere sarebbe SPAVENTATO se vedesse in che modo san­guinoso e doloroso nascono i bambini nei vostri mondi...”.

Ci pensai un po’ su e considerai che Ami aveva ragione.“È tutto relativo, ragazzi. Andiamo, prestate attenzione a

quello che quell’anima sorella sta cercando di inviarvi”.Il magrolino... o magrolina... quel sottile essere era concen­

trato in mezzo al palcoscenico. Chiusi gli occhi e cercai di sentire... ma non sentii niente. Credo che fosse dovuto al fatto che la mia mente era ancora molto impressionata da quello che avevo sentito prima e Vinka stava come me, ma il pubblico sembrava affascinato. Ami comprese quello che ci accadeva.

“Non avrei dovuto nominare l’argomento: è risaputo che nei mondi come i vostri la sessualità è considerata come un tema ‘altamente terrificante’... ma dissimulate lo spavento con scherzi di cattivo gusto. Bene, dobbiamo ritornare a Kia, an­diamo ragazzi, non abbiamo molto tempo”.

Una volta sulla nave, in rotta per Kia, Ami disse:“Vi sarete resi conto che lo scopo di questo viaggio era quel­

lo di mostrarvi una civiltà all’interno di un pianeta, perché verifichiate direttamente che a maggiore evoluzione corrispon­de una minore importanza dell’esteriorità”.

“Ah... sì? Certo, Ami, naturalmente...”.“Per vedere se diminuisce un po’ questo ‘razzismo ottico’ del

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quale soffrite. Ha, ha, ha! E perché cominciate a prestare atten­zione a quello che le persone irradiano, invece di fissarvi solo su quello che sembrano o che dicono e anche perché vi rivolgiate un po’ di più al vostro interno. Il vero, l’importante degli esseri è aH’interno, per questo le persone evolute guardano più all’in­terno e meno all’esterno. Quando l’evoluzione è minore si guar­da più al di fuori, al transitorio, a ogni genere di aspetto...”.

“Certo, ma a noi manca mooolta evoluzione...”, disse Vinka.Ami stava ridendo.“Vi manca attenzione, solo questo e un po’ di pratica”.

Kìa era già davanti a noi, occupando tutto lo spazio dietro i vetri.

“Ecco i tuoi zii che si godono gli ultimi raggi del sole sulle montagne”.

In un monitor apparvero Clorka e Goro che camminavano abbracciati sul bordo di un lago, contemplando affascinati il paesaggio, seguiti da vicino da Trask che dondolava felice il suo lungo collo, mentre vari garaboli svolazzavano lì intorno. Presto arrivammo da loro e Vinka corse ad abbracciarli.

“Come avete dormito, zii?”.“Molto bene, molto bene. Con la bellezza di questo posto

quasi ci stiamo dimenticando che abbiamo la PP sulle nostre tracce, che abbiamo perso tutto e che non sappiamo dove an­dare...”.

Ami, con un tono fra l’ottimista e il misterioso chiese loro:“Non vi piacerebbe restarvene qui?...”.La coppia di Kìa ebbe un sussulto e stava divorando Ami

con lo sguardo.“Cosa... cosa vuoi dire?... sarebbe possibile?...”.“Certo, questa capanna è rimasta definitivamente disabitata

perché il suo abitante, Krato, ha deciso di rimanere a vivere per sempre sul pianeta di questo ragazzo e non tornerà mai più

•Mqui .“Si è fidanzato con mia nonna, ha, ha, ha!”, mi sembrava

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ancora un tantino ridicolo quel romanzo così ‘primaverile’...Gli zii di Vinka cominciarono ad animarsi visibilmente.“La verità è che stanotte e tutta la mattina abbiamo pensato

a questo, al vivere qui c cose del genere. A tutti e due piace molto la solitudine, per questo non abbiamo amicizie. Stava­mo considerando l’idea di dedicarci all’agricoltura, fare un orto come quello che ha qui Krato, costruirci una capanna e...”.

“Siete un po’ grandi per dover cominciare tutto dal princi­pio: qui avete una capanna pronta per essere abitata e decorata da Clorka e questa tenuta non appartiene più a Krato. Inoltre, vi resterebbe tutto l’equipaggiamento per la lavorazione del succo di muflo fermentato, potreste venderlo, come i prodotti dell’orto, nel paese più vicino che è a quattro ore di cammino. Da quelle parti c’è un carretto e Trask è molto forte: anche lui, d’ora in avanti, vi appartiene, “spiegava Ami. Loro lo guarda­vano sempre più entusiasti, specialmente Clorka.

“Io ho sognato tutta la vita di vivere in campagna, lontano dal rumore della città e anche Goro: ora diventa realtà questo nostro desiderio segreto... Sembra un sogno!”.

“Anch’io fin da bambino sognavo di vivere nella natura, volevo persino studiare agronomia per andare a vivere in qual­che bosco, ma mio padre, che era molto autoritario, volle che io lavorassi subito nella stessa farmacia alla quale aveva dedica­to tutta la sua vita e non mi finanziò gli studi. Ma la verità è che ho sempre odiato quella farmacia e quella città... Sì, se fosse possibile io rimarrei qui, incantato fra queste splendide montagne verdi e in questi paesaggi meravigliosi”.

“Allora è fatta, ci siete. Queste sono la vostra terra e la vo­stra casa”, disse Ami molto contento.

Sentendolo, Goro cominciò a sorridere per la prima volta nella sua vita, gli occhi gli brillavano, guardava da tutte le parti quasi senza riuscire a credere che tutta quella bellezza che lo circondava sarebbe stata il suo panorama quotidiano. Guardò verso una splendida valle là in basso, con un’infinità di sfuma­ture di verde, sorrise nuovamente, gli caddero delle lacrime di

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felice emozione e... fu in quel momento che si sentì male, di­venne pallido e dovemmo aiutarlo ad arrivare all’interno della capanna e a stendersi sul pagliericcio.

“Non so cosa mi succeda... Mi sono emozionato molto, ho avuto un capogiro e...”.

“Certo!”, scherzò Ami. “Siccome non sei abituato alle emo­zioni positive, ti sei sentito male. Ha, ha, ha!”.

In quel momento avvenne qualcosa che mi sembrò spavento­so: il pelo della faccia e della testa di Gora cominciò a cadere...

“Ti stai trasformando in swama, zio Goro, ti stai trasfor­mando!”, gridava Vinka, con una felicità immensa.

Anche Ami e Clorka erano molto felici, ma io non sapevo che disastro sarebbe potuto capitare a quel punto... se ne dove­va succedere uno.

“Nessun disastro, Pierre, anzi, questa è una cosa meraviglio­sa. In due o tre giorni al massimo il nostro amico Goro si sarà trasformato in un gradevole e inoffensivo swama. È evoluto velocemente grazie a tutti i colpi emozionali che ha subito in questo breve tempo, si è anche disilluso su alcune falsità nelle quali credeva e così in lui si è fatto spazio a valori più veri. Ma l’ultimo colpo è stato positivo, quello che ha ricevuto nel sape­re che ha questi bei luoghi e una nuova vita a disposizione: questo prova che l’amore e la felicità possono far evolvere mol­to più rapidamente della sofferenza...”.

“Ora diventerai finalmente un essere umano, zio”, disse ri­dendo Vinka. Ma il terri era ancora terri e voleva difendere la sua razza dalle offese di Vinka. Stava per dire qualcosa, ma non riuscì perché alcuni enormi denti staccati ballavano nella sua bocca... alla fine si mise a ridere anche lui contemplando i suoi denti sul palmo della mano.

Ami era molto entusiasta.“La PP cerca una coppia terri-swama, quindi non c’è più pe­

ricolo per loro, nessuno sospetterà di una coppia di swama. Non vi sembra favoloso? Persino le impronte digitali cambiano con la trasformazione e cambierò anche le tue, Clorka, quindi i nostri

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amici del Registro Civile di questo paese daranno una nuova identità ad entrambi. Mi occuperò io di questo”.

“Però noi parliamo molto male il kairoso, la lingua di qui...”.“Bene, allora vi procurerò documenti da stranieri residenti

legalmente. Non preoccupatevi di niente, me ne incarico io e vi porterò anche dei libri perché impariate il kairoso”.

Goro era più rincuorato, ora sorrideva soddisfatto. Poco a poco si stava trasformando in uno swama bonaccione e lascia­va fare senza opporre resistenze di alcun tipo.

“Per adesso dovrai solo riposare, Goro, sai già che queste trasformazioni sono inoffensive ed indolori, ma sarai debole per un paio di giorni e per questo dovrai stare a letto”.

Il futuro ex terri cercò di dire qualcosa, ma Paria nuotava dentro una bocca con sempre meno denti e non riuscì a farlo, quindi si mise di nuovo a ridere.

“Non preoccuparti, Goro, stasera o domani avrai denti nuovi, ma più piccoli, chiaramente...”.

“Denti umani”, insistette Vinka per punzecchiare nuova­mente suo zio, ma ora Goro sbottò in una sdentata risata alla quale tutti noi facemmo coro.

“Saremo molto felici qui”, disse Clorka, piena di nuove emozioni.

La mia anima gemella approfittò dell’occasione per tornare al tema centrale delle nostre preoccupazioni:

“Sì zii, voi sarete molto felici qui, ma comprenderete che questo non è un luogo adeguato per una giovinetta che deve terminare gli studi, no?...”.

Vinka aveva appena finito di mettere le carte in tavola. La par­tita più importante di tutta la mia vita si sarebbe giocata lì: la possibilità che Goro autorizzasse Vinka a venire sul mio piane­ta. Mi preparai a lunghi e tesi tira e molla, ma Goro era molto di buon umore adesso e disse qualcosa che nemmeno nel più ottimistico dei miei sogni avrei potuto immaginare:

“Hai ragione, Vinka, il tuo futuro e la tua felicità non sono

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a Kia. Sono stato una testa dura a metterti tanti ostacoli e a non avere fiducia né in Ami, né in questo bravo ragazzo che è la tua anima gemella”.

Non riuscivo a credere a quello che sentivo.“Allora, zio?”, disse Vinka con l’anima appesa a un filo.“Allora sei autorizzata ad andare a vivere sulla Terra”.“EVVIVA!!!”, esclamammo tutti, compresa Clorka.Vinka venne verso di me, euforica per la gioia, con le lacri­

me agli occhi. Ci abbracciammo a lungo, ora niente si sarebbe anteposto al nostro amore, la felicità ci aspettava in un radioso futuro pieno di luce.

Farfalle, garaboli ed altri animaletti cominciarono a volteg­giare allegramente sopra la capanna.

Ami si congratulava con lo zio di Vinka:“Molto bene, Goro, molto bene, e non perderai la tua cara

nipotina, perché ogni volta che mi sarà possibile te la porterò perché stiate insieme un paio di giorni”.

"Grazie Ami, grazie mille... snif...”.Ricordai che aveva detto che non gli era concesso di fare il

mezzano scarrozzando innamorati per il Cosmo, ma solamen­te prestare aiuto per cose che hanno a che vedere con il Piano e lui captò i miei pensieri.

“Questa bambina deve scrivere un nuovo libro raccontando le sue ultime avventure e deve essere pubblicato qui a Kìa, cor­retto da Clorka. Vinka lo scriverà sulla Terra, ma quando sarà finito, si renderà necessario che qualcuno porti il testo a Kìa. Le autorità dell’Universo non impediranno che sia io a fare il trasporto, perché questo è un lavoro planetario, non particola­re, vero?”.

“Certo, Ami”.“Ma Vinka e Pierre potranno approfittare del viaggio, anda­

ta e ritorno”.“EVVIVA!!!”, gridammo felicissimi.Poi Clorka chiese come avrebbe fatto pervenire il mano­

scritto alla casa editrice.

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“Me ne occupo io, Clorica”, disse Ami.“Ma la PP...”.“Niente, per loro si tratta di intrappolare voi, i libri sono un

affare a parte. Io manderò il testo per Intertoko insieme a...”.“Intertoko?”, chiesi.“L’equivalente di Internet in questo mondo... insieme a un

tuo messaggio che autorizza l’edizione. Lì, Clorka, spiegherai che ti trovi lontana per il momento e quando la PP vedrà che è comparso un nuovo libro, andrà alla casa editrice a verifica- re, lì diranno che hanno ricevuto il manoscritto per Intertoko e non ne sanno niente e chiusa la faccenda. Così Vinka potrà portare a termine la missione che l’ha portata ad incarnarsi in questo mondo”.

• • •

Tutto il resto accadde molto rapidamente: Ami cambiò le im­pronte digitali a Clorka, portandola qualche minuto sulla nave, lei gli chiese anche di arricciarle un po’ i capelli... ma lui si mise a ridere. Poi chiese agli zii di Vinka di preparargli una lista di cose che potevano servire per la nuova sistemazione. Spiegò che le avrebbe portate dopo essere passato a lasciare noi sulla Terra. Loro dissero che non sarebbero state molte, perché avevano intenzione di condurre una vita molto semplice e Ami si complimentò per questo. Quindi cominciammo ad aiutarli a sistemare l’abitazione, cosa che facemmo con affetto ed alle­gria. Pulimmo, eliminammo i chumi-chumi, degli insetti simi­li alle tarme e tirammo fuori una grande quantità di oggetti vecchi. Fra questi, Clorka trovò la famosa pergamena di Krato: Vinka voleva portarsela via per ricordo, ma Goro ascoltava da lontano e si oppose:

“No, no. Quella pergamena è meravigliosa, lasciatela qui, dove è stata scritta. Io le farò una cornice e la metterò al posto d’onore in questa casa”.

Fummo tutti d’accordo.

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Clorka voleva bruciare i rifiuti, ma Ami disse che non era necessario mandare fumo neiratmosfera. Andò sulla nave e da lì lanciò un raggio che smaterializzò la montagna di vecchiume: non rimase niente, nemmeno una traccia. Allora compresi che, anche se Ami diceva che non avevano armi, invece le tenevano...

“Ma noi non le puntiamo verso le persone”, spiegò, infor­mato dei miei pensieri.

Più tardi, Ami disse che era il momento di partire, perché il giorno seguente avrebbe dovuto andare molto lontano a com­piere un’altra missione.

Vinka e i suoi zii ebbero un commiato molto emozionante, ma non triste. La verità era che i miei nuovi zii erano troppo felici per il loro cambiamento di vita e questo tolse drammati­cità al distacco. Ma io ero commosso, perché Goro non era più quello di prima, ma era un bonario e pacifico progetto di swa- ma che mi sorrideva e mi accarezzava perfino la testa, di tanto in tanto e non riuscii ad evitare di cominciare a sentire affetto per lui.

“E se questa bambina non si distrae e finisce rapidamente il suo libro, saremo molto presto di ritorno da queste parti”.

“Domani stesso comincerò!”, esclamò lei.

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9 - Skam balla

Una volta sistemati sulla nave, Ami ci disse che aveva qualcos’altro da mostrarci prima di lasciarci definitivamente nella nostra casa sulla spiaggia e che questa sarebbe stata la più importante di tutte quelle che ci aveva fatto conoscere finora in tutti i viaggi.

Io pensai che saremmo andati in un mondo diverso e per questo, quando apparve il mio pianeta azzurro, immenso die­tro le finestre, dissi:

“Ma questa è la Terra, Ami...”.“Certo, quello che voglio mostrarvi è là”.“Hum... sicuramente non sarà niente di nuovissimo... Avevi

detto che ci avresti mostrato una civiltà dentro nel mare... È questa?”.

“No, ma quando andremo a Kia a portare il manoscritto di Vinka potremo visitarne una e non proprio sulla Terra, potre­mo anche andare a vedere un pianeta artificiale e se lo...”.

“Perché si costruiscono pianeti artificiali?”, lo interruppe Vinka.

“Perché per ogni sole arriva il momento di ‘morire’, allora esplode e incenerisce tutti i suoi pianeti. Ma prima che questo succeda, gli abitanti di quel sistema solare devono essere evacuati in massa. Per questo si costruiscono quei pianeti artificiali, che possono essere diretti come se fossero delle comuni navi e porta­ti ad orbitare intorno a qualche altro sole. Ma questo lo vedremo dopo e se volete potremo dare un’occhiata al passato, però quel­lo che vedrete adesso è ancora più importante per voi”.

Fece scendere la nave e cominciammo aa avanzare sopra i monti dell’Himalaya, per poi lanciarci in picchiata direttamente

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verso una di quelle montagne a una velocità impressionante. Io compresi che, come nel caso di Shaya-Salim e di Hexis, avrem­mo attraversato la materia solida per arrivare airinterno, quindi non ebbi paura, ma Vinka sì e come sempre chiuse gli occhi quando le sembrò che l’urto fosse inevitabile. Io non lo feci, perché sapevo che non sarebbe successo niente e soprattutto perché volevo sapere cosa sarebbe apparso dietro i vetri quando saremmo penetrati nella roccia: niente, qualcosa di nero che durò una frazione di secondo e poi un grande chiarore.

“Siamo di nuovo in territorio evoluto, ragazzi”, disse Ami molto contento.

Io mi aspettavo di vedere qualcosa di simile a Shaya-Salim o a Hexis, ma no, questa era completamente diversa. Quei luo­ghi precedenti mi avevano dato l’impressione di città moder­ne, mentre qui mi sembrò di essere arrivato in un territorio di cerimonie o qualcosa del genere, perché dietro i cristalli delle finestre apparve una città bianca, con piccoli edifici, per la maggior parte fatti a semicerchio, tranne una grande costru­zione a forma di sfera, anche quella di colore bianco, che si stagliava splendida ed imponente al centro della città. Non c’erano altre costruzioni più grandi. Quella sfera brillante era sostenuta da quattro ‘braccia’ o supporti leggermente curvi che la sostenevano all’altezza dell’equatore e poggiava a terra nella sua parte inferiore. Quell’edificio era il più importante della base sotterranea: quattro grandi viali disseminati di albe­ri, prati e fiori convergevano lì, terminando di fronte ad ognu­no dei supporti.

Notai molti parcheggi di navi e molta gente là sotto, ma malgrado questo, si sentivano molta armonia e molta pace.

“Shamballa! Io ho già sentito questo nome, Ami... credo in una canzone”.

“Può essere, Pierre, perché Shamballa è presente in molte antiche tradizioni, come Agadir o Agarta, Eldorado, Shangri- La e altre nostre basi che ancora non sono molto conosciute”.

“Se sono basi segrete, com’è che le tradizioni sono al cor-

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rente della loro esistenza?”.“Molte tradizioni racchiudono verità capaci di illuminare

gli uomini nel loro cammino verso la Conoscenza, Pierre. A volte noi stessi abbiamo lasciato tracce intenzionalmente, ma un po’ come se fosse una favola, un po’ come se fosse realtà: qualcosa come i libri che scrivete voi...”.

Non avrebbe potuto spiegarlo meglio.“Andiamo ad atterrare vicino a quel laboratorio a forma di

sfera”.“Laboratorio? Io pensavo che fosse uno stadio...”.“No, Pierre. Piuttosto si potrebbe dire che è un tempio, per­

ché i lavori che si realizzano lì hanno a che vedere con quello che accade generalmente all’interno dei templi e cioè la crea­zione di livelli più elevati di energia spirituale”.

Non mi sembrava che fosse proprio quella la finalità dei templi.

“Però è quella la loro finalità superiore, da un punto di vista non tanto terreno, senza considerare il loro sistema religioso in particolare. È qualcosa di simile all’elettricità: sia che pro­venga da centrali termiche, nucleari, eoliche, solari o di sbarra­mento, se hai bisogno di accendere la luce, poco ti importa la sua origine”.

“Certo”."Bene, voglio che conosciate un amico: preparatevi a scen­

dere”.Percepii chiaramente che quella città aveva un’atmosfera

mistica.“Esatto, Pierre. Hai notato che l’energia qui è diversa, più

elevata, più sottile: questo è dovuto al fatto che siamo in un importante centro spirituale del pianeta Terra e perché stai pre­stando più attenzione ai tuoi sensi interiori”.

“Cosa vuol dire? Questa città non è come Shaya-Salim?”.“No Vinka. Nei mondi non evoluti o ‘incivili’ ci sono basi

dedicate a dei lavori e altre dedicate ad altre cose. A Shaya- Salim si effettua la supervisione dell’evoluzione sociale e poli­

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tica di Kìa, in altre basi si segue l’evoluzione biologica, in altre si aiuta l’evoluzione culturale, scientifica e tecnologica, mentre Shamballa è uno dei centri dedicati alla supervisione dell’evo­luzione spirituale dell’umanità del pianeta Terra”.

Il tempio era posato sul centro di un’enorme lastra o terraz­za di un materiale simile al diamante o al cristallo e la nostra nave si fermò sopra queirimmenso gioiello, in un luogo desti­nato alla sosta di veicoli aerei.

“Questa è la più grande piattaforma di cristallo di quarzo di questo pianeta, ragazzi: si tratta di un quarzo finissimo. Questo cristallo ha il potere di concentrare ed amplificare le vibrazioni mentali e siccome qui si realizzano molti lavori de­stinati a generare elevate vibrazioni mentali e spirituali, quelle energie vengono proiettate da qui verso tutto il pianeta”.

Passammo per il ‘bagno’, scendemmo a terra e ci dirigem­mo verso il tempio. I quattro bracci che lo sostenevano aveva­no di lato due sottili gradini che erano scale automatiche, di salita per il lato destro e di discesa per quello sinistro, attraver­so di esse si arrivava alle entrate, situate in alto, nella parte equatoriale della sfera. Salimmo su una di esse e cominciam­mo ad elevarci, ma lì non c’erano ringhiere e le dimensioni degli scalini non saranno state più di un metro. Siccome l’al­tezza diventava sempre più impressionante, dovetti fare uno sforzo perché non mi venisse un attacco di vertigini, inoltre mi attaccai il più possibile al lato del muro. Vinka era davanti a me, mi guardò spaventata, aveva voglia di mettersi in ginoc­chio e io la abbracciai da dietro.

“Non guardare giù, Vinka, e non ti accadrà niente. Piutto­sto pensa a mantenere il tuo equilibrio interiore, stai serena”, le disse Ami. Lei fece così e si sentì meglio.

Mi sembrò che quel luogo fosse molto pericoloso: se ti prende una vertigine... addio. Pensai che fosse idiota, o sadico non mettere lì delle ringhiere.

“Qui dentro si realizzano lavori di elevazione dell’energia spirituale, ragazzi e la qualità di questo tipo di energia dipende

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dalla buona condizione del nostro corpo e della nostra mente. Chi non ha i nervi o il corpo sufficientemente a posto per salire qui, non merita di entrare in questo luogo, perché non potrà irradiare un’energia spirituale elevata”.

Compresi, ma pensai a mia nonna, che nemmeno morta sarebbe salita lì, malgrado fosse una persona molto buona e molto spirituale e la faccenda mi sembrò un po’ discriminato­ria. Naturalmente, Ami mi ‘sentì’.

“Lei è molto buona e molto spirituale, Pierre, ma quelli che lavorano qui hanno una grande responsabilità sulla gente di questo mondo, loro devono trovarsi in immigliorabili condi­zioni animiche e fisiche per realizzare bene il loro lavoro, e questa scala permette loro di ‘misurare’ se stessi prima di en­trare in quel luogo. Se durante il tragitto si sentono male, arri­vati in alto ritornano indietro e aspettano un altro giorno, finché si sentono al cento per cento.Una buona condizione fisica e mentale garantisce una buona condizione spirituale, perché il nostro corpo è un’immagine tridimensionale dello stato della nostra anima”.

Questa volta compresi, non era discriminazione, ma livello di ‘professionalità spirituale’...

Arrivammo in alto, alle porte del laboratorio-tempio.“Mantenete il silenzio e un atteggiamento di rispetto, ra­

gazzi”.Così facemmo.Dall’entrata verso l’interno si estendevano corridoi circola­

ri, terrazze con piante, fiori e piccoli arbusti e soprattutto, luoghi con sedili, destinati forse a contemplare quello che ac­cadeva sotto, nella parte inferiore e centrale, dove si vedeva nuda la lastra di cristallo di quarzo. Sopra di essa c’era un bellissimo altare, splendidamente illuminato. La cosa più no­tevole erano sette pietre preziose scintillanti di un paio di me­tri di altezza, a forma di obelisco e di diversi colori. Un grup­po di incappucciati vestiti di bianco formava un cerchio intor­no ad una delle pietre, quella di colore viola. Le enormi pietre

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erano sistemate su basi triangolari di un cristallo cosi scintil­lante che mi sembrò diamante.

“È diamante puro, Pierre, perché trasmetta meglio le vibra­zioni spirituali di quelle persone incappucciate, dalle gemme alla grande base di cristallo di quarzo e da lì partono verso le anime di questo mondo”.

C’era molta gente, la maggior parte apparteneva ad una razza ramata, erano di dimensioni molto, molto più grandi delle nostre, ma non come la gente di Ofir, che misurava tre metri di statura. Questi esseri erano intorno ai due metri, ave­vano il cranio più grande del nostro e corpi snelli e atletici. Indossavano abiti comodi e senza collo, gli uomini erano im­berbi e le donne non erano curvilinee come certe terrestri, le loro figure erano molto sottili e stilizzate. I loro volti sembra­vano tirati all’indietro, come se si fossero fatti un intervento di chirurgia estetica, nessuna ruga. Avevano occhi molto grandi e sereni, degli stessi colori che si possono trovare nella gente della Terra, cioè neri, marrone, grigi, verdi e azzurri, con tutta la gamma intermedia. Avevano la pelle come quelle persone che si sono abbronzate molto e i capelli fra il castano e il dorato, un po’ arricciati, uomini e donne li portavano molto corti. Non notai nessun terrestre.

Ami sorrise e mi disse sottovoce:“Ci sono molti terrestri, qui...”.Io non ne vedevo nessuno, a meno che non ce ne fosse

qualcuno là sotto, fra gli incappucciati, che tenevano le brac­cia in alto e cantavano, pregavano, o che so io, ma emettevano note prolungate con la voce. L’ambiente e il suono erano mol­to armoniosi, tanto che Vinka cominciò ad emozionarsi. Mi guardava con gli occhi brillanti e umidi e a me veniva la pelle d’oca per le strane vibrazioni di quel luogo.

“Non emozionatevi troppo, ragazzi, dobbiamo arrivare là sotto”.

Continuammo a scendere fino a che fummo coi piedi so­pra la lastra di quarzo, molto vicino al cerchio di persone

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intorno alla pietra viola. Ami ci condusse verso una porta late­rale, entrammo e vedemmo una scala che portava ancora più sotto, in un sotterraneo. Scendemmo ed arrivammo ad un cor­ridoio illuminato, lo attraversammo e poi entrammo in un salone sulla sinistra. Lì c’era un uomo molto alto che ci aspet­tava in piedi vicino ad un tavolo da conferenze. Non era terre­stre, ma apparteneva alla razza che predominava in quel luogo. Ci guardò amabilmente, anzi, con affetto e ci salutò tendendo il palmo destro verso di noi e portandolo poi al cuore, come avevano fatto i falsi terri a Shaya-Salim.

“Benvenuti a Shamballa, ragazzi. Il mio nome è Shiruk e sono il coordinatore delle attività che si realizzano in questo laboratorio. Sedetevi, prego”.

Così facemmo e lui pure. Mi fece ricordare un po’ il Co­mandante che avevamo conosciuto nell’incontro precedente, cioè l’essere che dirige tutto il ‘piano d’aiuto’ al mio pianeta: ma no, questo era molto meno impressionante, sembrava più umano, più vicino a noi.

“Però appartiene alla stessa razza planetaria del Comandan­te”, mi spiegò Ami.

“È vero, per questo me lo ricordava tanto”.Shiruk parlò con emozione e rispetto del Comandante:“Lui, che sia benedetto, è una delle anime più piene di Luce

della mia razza. Bene, volete chiedere qualcosa, ragazzi?”, ci disse sorridendo amabilmente, con un tono che invitava a parlare.

Non mi venne in mente nessuna domanda, ma a Vinka sì.“Da che pianeta viene lei?”.Ami e Shiruk risero. Io chiesi perché lo facessero.“Perché a Vinka è venuta in mente una domanda perfetta,

ha evitato a Shiruk molti giri: diretta al sodo.La risposta vi sorprenderà...”.

Vinka non ci credette:“Non pensate di stupirci molto, perché siamo già abituati a

conoscere extraterrestri nati in molti luoghi lontani”.“Io non sono extraterrestre, ma terrestre”, disse Shiruk, molto

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serio.“Cosaaa?!”.Il bambino vestito di bianco rise di noi e disse:“Il primo viaggio è stato il vostro primo ‘grado’, la ‘A’, in

tema di ‘vita universale’ ed anche per i vostri lettori. Il secondo viaggio è stato il ‘B’ e questo è il ‘C’. Ogni volta avete appro­fondito di più questa materia, ora preparatevi, perché quello che viene adesso è ‘pura dinamite’...”.

“Questo è il mio mondo”, continuò a spiegare l’uomo di Shamballa, “qui sono nato, qui sono nati i miei antenati, io e tutti quei fratelli simili a me che avete potuto vedere, siamo terrestri...”.

Quegli esseri così avanzati... terrestri! Avevano vissuto nel nostro mondo per generazioni!... Ami aveva ragione: questo ci aveva colto di sorpresa.

“Però anche qui ci sono alcuni nostri fratelli che sono di passaggio e che provengono dal lontano mondo che abbiamo lasciato tanti millenni fa”.

Shiruk continuò a parlare senza interruzione, ma io farò un riassunto di quello che disse. Posso garantire che, se sapere che lui era terrestre ci sorprese, questo non era niente paragonato alla sorpresa infinita che generarono in noi le cose che disse poi. Cominciò facendo un esempio:

“In mondi come i vostri, bambini, ci sono uomini che van­no in luoghi deserti o inospitali e solitari e si insediano lì con le loro famiglie. Creano sistemi d’irrigazione, seminano, alle­vano animali, hanno altri figli e, col lavoro e il tempo riescono a fondare un luogo nel quale si può vivere. In seguito arrivano altri ad insediarsi da quelle parti con le loro famiglie, il luogo cresce, cresce e alla fine sorge un villaggio, un paese, una città e dove prima non c’era niente essi hanno creato un luogo pieno di vita: questi sono i pionieri o colonizzatori.

“Quando le nazioni sono in formazione e hanno grandi territori disabitati, i Governi di solito favoriscono e promuo­vono la colonizzazione, finanziando ed appoggiando a volte i

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pionieri, perché a mano a mano che un paese cresce, diventa sempre più forte.

“Questa è una tendenza inerente alla vita: diffondersi, in­grandirsi, comprendere di più, perfezionarsi via via per soprav­vivere in sempre migliori condizioni, per poi dare la possibili­tà ad altri, ai discendenti e oltre, di vivere sempre meglio.

“La Fratellanza dei Mondi Evoluti, d’accordo con la volon­tà dei livelli gerarchici più alti, e tutto questo aH’interno di un Piano Divino, è andata seminando vita fra le stelle da milioni di anni”.

Io pensai che Ami non ci aveva mai detto prima che la Fratel­lanza si incaricava di generare la vita nella galassia, io credevo che si producesse da sola... Ma lui captò i miei pensieri e disse:

“Avete dimenticato Calibur?...”.Era vero! Nel nostro viaggio precedente ci aveva portati a

Calibur, un pianeta di Sirio e ci aveva detto che quella era una stazione di creazione di specie vegetali, abitata solamente da ingegneri genetici, ma io lo avevo dimenticato. Era stato pro­prio lì che Vinka ed io avevamo compreso di essere anime gemelle e per questo i miei ricordi di Calibur erano associati solamente al nostro amore.

Shiruk continuò:“La Fratellanza è composta da civiltà di molte specie di

esseri intelligenti, alcune sono con noi da un tempo molto antico, altre si sono integrate più di recente, quando sono evo­lute fino ad arrivare ad adempiere ai requisiti richiesti a tutte le civiltà per essere considerate evolute e quindi poter essere ac­cettate come membri”.

Quei requisiti me li aveva già nominati Ami nel suo primo viaggio. Aveva detto che per meritare di integrarsi alla Fratel­lanza i mondi devono aver smesso di essere divisi da paesi e frontiere e devono aver raggiunto la fase in cui tutte le nazioni e i gruppi etnici riescono a costituire un’unità, cioè trasformar­si in un solo popolo, diretto da un Governo Mondiale. Ma siccome anche una dittatura planetaria potrebbe essere consi-

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derata un Governo Mondiale e siccome questo non è quello che desidera la Fratellanza, Ami spiegò che questo mondo deve essere tenuto insieme dalla Legge Fondamentale dell’Universo, cioè dall’Amore, l’Amore Universale e se questo si adempie, allora non ci sono più ingiustizie e sofferenze e solo allora quella civiltà è accettata come membro della Fratellanza.

‘Ogni civiltà accettata, dopo un tempo di evoluzione e progresso, assistita dalla Fratellanza, raggiunge la fase in cui ha il dovere di cominciare a lavorare al perfezionamento della vita in un mondo sprovvisto di vita intelligente. ’

L’argomento si stava facendo sempre più interessante.“Le Autorità Galattiche assegnano un pianeta giovane ai

nuovi seminatori, un mondo di dimensioni e gravità adeguate alla loro specie, perché lì devono costruire basi di lavoro ed abitare in esse per millenni e millenni.

“Per voi il tempo ha una durata differente dalla nostra.“Milioni di anni fa la mia razza arrivò in questo mondo.

Prima ci insediammo in basi orbitanti e costruimmo città sot­terranee, poi ci trasferimmo in esse e di lì procedemmo a lavo­rare al perfezionamento degli ecosistemi con un obiettivo molto preciso. Per questo modificammo alcune specie già esistenti e ne creammo altre nei nostri laboratori genetici, oppure ne por­tammo alcune da altri mondi, adattandole poi alle condizioni terrestri. Lavorammo anche sui climi e le proprietà dei mari.

“La nostra razza proviene dal Cosmo, ma io e la maggior parte di quelli che sono qui apparteniamo ad una stirpe che da molte genera­zioni abita la Terra, pianeta che amiamo, come un contadino ama la fattoria che ha creato e nella quale abita. Inoltre, questo bel mondo è il focolare dei nostri antenati e dei loro discendenti, cioè noi ed è per questo che ci consideriamo terrestri e lo siamo di cuore. Noi siamo qui da molto prima di voi”.

Allora compresi che per questo si sentivano autorizzati a spiar­ci: a quanto sembrava, gli ‘invasori’ eravamo noi e non loro...

Aprirò una parentesi per riferire qualcosa che accadde mol­to tempo dopo, nella mia casa vicino al mare.

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Quando più tardi Ami mi diede 1’ ‘aiutino’ che ho nominato e che spiegherò subito, potei informarmi sulla Teoria di Darwin, quella dell’evoluzione della specie. Allora ricordai le parole di Shiruk e volli che il mio amico mi chiarisse meglio le cose.

“Ami, quando eravamo a Shamballa, Shiruk disse che loro erano intervenuti nell’evoluzione della vita in questo pianeta, ma... e la teoria di Darwin?”, gli chiesi poco prima della sua partenza.

“L’evoluzione naturale è reale”, rispose, “ma può funziona­re solo guidata da un proposito definito perché produca i risul­tati sperati. Qualcosa del genere si sta facendo attualmente nei vostri centri di sperimentazione genetica: se vuoi produrre una mela o un coniglio con certe caratteristiche, non puoi sperare che la natura e l’evoluzione da sole li producano, perché può essere che non lo facciano mai...”.

Shiruk proseguì:“Così aiutammo l’evoluzione delle scimmie, perché sareb­

bero state i predecessori del motivo di tutta questa creazione: l’essere umano.

L’uomo attuale è il risultato dell’incrocio - nei nostri labora­tori - di geni di un primate terrestre e di geni nostri, geni pro­venienti dalle stelle”.

Mi vennero i brividi quando lo sentii: loro ci avevano crea­ti!... E con geni dei loro!...

"E per facilitare e assicurare la sopravvivenza dell’uomo aiutam­mo la comparsa o il perfezionamento di animali che gli sarebbero stati tanto utili più tardi, come il cavallo, il cammello, l’elefante, la gallina e il cane; per lui abbiamo creato alimenti come il grano, il mais, vari tipi di frutta, la patata e il riso”.

Vinka ed io eravamo assorti ad ascoltare le spiegazioni di Shiruk.

Ami ci disse che a Kìa era successo più o meno lo stesso, ma a partire da un’altra specie stellare, quella che predominava a Shaya-Salim, alla quale appartenevano i nostri amici travestiti da terri.

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L’uomo di Shamballa continuò:“È per questo che l’uomo di oggi è figlio del cielo e della terra, per

questo a volte è subumano e a volte sovrumano: ha una natura animale e una stellare

Questo mi chiariva molti dubbi...Poi Shiruk volle fare un riassunto:“La finalità della creazione dell’essere umano terrestre fu

quella di aiutare l’apparizione di una nuova specie che, dopo essere evoluta fino ad arrivare al livello che le permetta di inte­grarsi alla Fratellanza, sia capace di cooperare con essa. Non si tratta di collaborare nelle ‘guerre galattiche’, come potreste pensare voi, ma nei suoi innumerevoli lavori di civilizzazione e di perfezionamento della vita galattica.

“Una volta che sia integrata, potrà ricevere da parte della Fratel­lanza l’aiuto scientifico, tecnologico e spirituale che le permetterà di lasciarsi alle spalle per sempre il dolore, l ’ingiustizia, l’insicurezza e la morte”.

A quel punto fu come se mi fosse caduta una benda dagli occhi: compresi tutto, il senso delle visite di Ami, quello dei miei libri, del ‘piano d’aiuto’, il senso superiore delle religioni.

Dopo la partenza di Ami e grazie a un suo ‘aiutino’, riuscii anche ad informarmi sugli antichi Incas. Allora mi sembrò che tutto quello che aveva detto l’uomo di Shamballa fosse perfettamente rapportabile con quello che faceva quel popolo. Essi avevano una civiltà molto più avanzata di quella degli altri indigeni che abitavano l’America del Sud, ma avevano anche un altro modo di vedere la vita, da una prospettiva più elevata, saggia e profonda, più integrata alla natura e alle leggi universali. Per questo non agirono come gli altri conquistatori: invece di annientare, dominare con la forza e schiavizzare i popoli meno evoluti che incontravano sulla loro strada, gli Incas offrivano loro protezione ed insegnamenti di civiltà. In cambio chiedevano la loro integrazione pacifica e volontaria all’Impero, per poi collaborare con lui. Così quel popolo potè crescere fino ad abbracciare gran parte dell’America del Sud e

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non c’erano ingiustizie, non era una dittatura, né una tiran­nia. Ogni cittadino era protetto dall’Impero in modo così ampio, che molti storici pensano che la sicurezza sociale d’Eu­ropa nella stessa epoca era in fasce, rapportata al sistema impe­rante fra gli Incas. Essi non riuscirono ad integrare altri popo­li, come quelli che abitavano le foreste amazzoniche, perché questi si trovavano ancora ad un livello troppo primitivo.

Noi attualmente siamo come quegli indigeni amazzonici, siamo troppo egoisti per integrarci ad un sistema così elevato, nel quale tutto si condivide fraternamente, ma se non ci di­struggeremo prima, inevitabilmente arriveremo a far parte del­la Fratellanza dei Mondi evoluti- con questa fin a lità siamo sta ti creati.

Shiruk disse anche che ognuno di noi ha la sua parte di responsabilità nell’evoluzione della nostra specie, per questo è indispensabile che ognuno si sforzi di superare la sua parte inferiore. Sottolineò che questo è un lavoro individuale, per­ché solo partendo dagli sforzi di crescita interiore degli indivi­dui, l’intera specie umana cresce nell’evoluzione.

Disse anche che noi ci troviamo in un punto molto speciale del nostro sviluppo, un punto nel quale, se continua il predo­minio della nostra natura animale sulla nostra natura stellare, come è accaduto dagli albori umani fino al momento attuale, è inevitabile ed imminente il collasso della nostra civiltà, per­ché solo ora tutti i popoli sono interdipendenti e perché solo ora si può contare su un livello tecnologico capace di produrre grandi catastrofi nella vita planetaria. Disse che se applicassi­mo la tecnologia che abbiamo già alla protezione e al perfezio­namento della nostra vita planetaria e della nostra civiltà, come dovrebbe fare una specie che si considera intelligente, allora in pochissimo tempo potremmo costruire un mondo nuovo e felice per tutti.

Poi aggiunse più o meno le stesse cose che aveva detto Ami nel suo primo viaggio, cioè che nel caso si fosse arrivati a una catastrofe nella quale avrebbero perso la vita milioni di perso-

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ne, loro si sarebbero incaricati di salvare e preservare gli indivi­dui che avessero un livello evolutivo adeguato per trasformarsi negli iniziatori di una nuova umanità.

Disse che sarebbe auspicabile che non si producessero quei cataclismi e per questo è necessario che tutti quelli che sono già coscienti di queste cose lavorino intensamente alla diffu­sione della Luce, tanto in se stessi quanto intorno a sé.

Mise un’enfasi speciale nel fatto che non dobbiamo trasfor­marci in ‘profeti deH’Apocalisse’ o ‘messaggeri della morte’, come fanno molti di quelli che credono di essere al servizio dell’evolu­zione umana, quando in realtà quello che fanno è seminare pa­ura, terrore e disperazione diffondendo ‘messaggi’ che riempio­no i cuori d’angoscia, che contribuiscono solo ad abbassare an­cora di più la qualità dell’atmosfera mentale dell’umanità e così le speranze di una salvezza globale diminuiscono.

A un certo punto Shiruk disse: “non c’è più tempo”. Io ebbi paura, allora pensai che fosse caduto in contraddizione, perché con quelle parole egli stesso sembrava un ‘messaggero di morte’. Ma mi spiegò che voleva dire che non c’è più tempo da perdere, che fino ad ora ci era stato permesso di continuare senza fare sforzi seri per cambiare internamente ed esterior­mente e che da ora in avanti ognuno deve trasformarsi in un messaggero dell’Amore e questo deve riflettersi necessariamen­te nella sua stessa vita.

A quel punto mi sentii male, perché, malgrado abbia cono­sciuto molte cose elevate e benché non sia una canaglia, non mi sono nemmeno comportato come si suppone debba fare un messaggero dell’Amore. Non ho potuto farlo per tre ragio­ni: primo, perché non ne ho la capacità, le mie ‘misure’ non arrivano... Secondo, anche se arrivassero, non avrei potuto agi­re in modo molto diverso dagli altri bambini della mia scuola e del mio quartiere, in caso contrario mi avrebbero preso come oggetto dei loro scherzi, trappole e battute pesanti... No, gra­zie. Per questo ho agito più o meno come tutti e questo è abbastanza lontano dal comportamento di un messaggero del-

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l’Amore... Terzo, lo ha detto anche mia nonna, il fatto di aver conosciuto esseri così elevati, da un lato mi ha condizionato, perché da quel momento in poi sono stato in grado di rilevare immediatamente certi difetti dei miei simili, meglio di loro stessi, perché non potevo fare a meno di paragonarli ad Ami e alla gente di Ofir: questo mi stringeva il cuore, a volte. Così, invece di trasformarmi in un essere più amoroso, accadde il contrario. Ami mi fece vedere che non avevo acquisito la stessa capacità per accorgermi dei miei stessi difetti... peggio ancora...

Le parole che Shiruk disse dopo mi consolarono:“I vostri errori del passato e attuali devono essere superati a

poco a poco, giorno per giorno e questo si può ottenere solo cominciando dal principio, ciòkdejinendo chiaramente l ’obiet­tivo principale della vostra vita, che deve essere quello di ser­vire la crescita dell’Amore, prima dentro di voi e poi adeguan­do il vostro comportamento e le vostre azioni a quel proposito principale, senza dimenticarlo mai, come se fosse un’idea fìssa nella mente e una sensazione viva nel cuore, fino a che vi tra­sformiate in esseri migliori, più responsabili e coscienti, più amorosi e benevoli a tempo pieno. Però ripeto, questo è un lavoro graduale, poco a poco, cominciando da un difetto e continuando con un altro”.

Poi ci disse che esiste ancora la possibilità di un cambiamen­to planetario globale, senza terribili morie, né sofferenze, ma sempre che si comprenda chiaramente che ‘non c’è più tempo’, cioè che da ora in poi non possiamo perdere il nostro tempo.

Poi disse che si rendono sempre più indispensabile la gioia, il sano buonumore, l’ottimismo, la speranza, il coraggio, l’in­nocenza dell’anima, la fede, il perdono, la responsabilità, l’aiu­to al prossimo e l’amore vero, perché queste sono le energie di cui ha bisogno l’umanità e ognuno di noi per passare ad un altro livello di esistenza. Aggiunse che è necessario che ci allon­taniamo da tutto ciò che semina timore, disperazione e degra­do, che sia dentro o fuori di noi. Disse che dobbiamo essere un po’ più severi con le nostre tendenze inferiori e più esigenti nel

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momento di scegliere le nostre amicizie e i nostri conduttori.Per finire, ci nominò i difetti che dobbiamo evitare ad ogni

costo in noi stessi, perché se sono molto grandi, ci impediran­no di far parte del nuovo mondo. Essi sono:

Invidia - Egoismo - Violenza - Materialismo - Desiderare il male del prossimo - Irresponsabilità intellettuale, emozionale, materiale e sessuale - Ingratitudine - Malumore - e tutti i Co- mandamenti indicati dalle nostre religioni.

Richiamò la mia attenzione il fatto che l’invidia e l’egoi­smo fossero al primo posto, perché per noi sono sentimenti con i quali conviviamo quotidianamente.

“Ma ora si tratta di gettare le basi di un mondo nuovo e queste cattive sementi non vi avranno posto, perché tendono a creare divisione nella famiglia umana e quello che si cerca è tutto il contrario”, mi spiegò Ami.

Shiruk riuscì a spalancare in noi molte finestre della compren­sione, più tardi riuscimmo a parlare con lui in modo più rilas­sato, così potei crivellarlo a ‘colpi di domande’:

“Allora voi siete i nostri creatori...”.“È così, ma vi vediamo piuttosto come nostri figli”.“Anche se abbiamo solo la metà dei vostri geni?”.“Ogni figlio ha solo la metà dei geni di suo padre o di sua

madre, per questo vi consideriamo a pieno diritto nostri figli”.“Ah, è vero, certo... E tutte le razze di questo mondo discen­

dono da voi?”.“Certo”.“E perché ci sono tante differenze?”.“Si tratta di differenze superficiali, ragazzi, il colore della

pelle e cose del genere. Queste si sono prodotte perché all’ini­zio i gruppi umani vivevano molto separati fra di loro e senza contatti con gli altri: il passare del tempo, le condizioni am­bientali e le leggi della genetica hanno conferito ad ogni popo­lo i caratteri esterni e psicologici dominanti, ma in fondo tutti i popoli della Terra hanno la stessa origine e costituiscono la

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stessa famiglia umana”.“Perché voi siete più alti di noi e più bassi della gente di

Ofìr, che discende anch’essa da voi?”.“Anche queste differenze sono irrilevanti: non c’è alcuna

relazione fra dimensioni e livello evolutivo, in caso contrario, i dinosauri avrebbero dovuto essere molto intelligenti, ma non era cosi. Anche quelle differenze di statura hanno a che vedere con le condizioni ambientali. L’energia di Ofir favorisce la cre­scita della specie umana più di quella di questo giovane piane­ta e le condizioni nelle quali vivete voi favoriscono meno delle nostre la crescita, dato che queste basi costituiscono ecosistemi differenti dai vostri. Inoltre, qui dentro nessuno compete con nessuno”, disse sorridendo, “piuttosto, qui si tratta di collabo­rare, non di competere e questo fa si che la nostra vita sia più sopportabile della vostra. Qui nessuno muore d’infarto cardia­co, nessuno è sottoposto a terribili pressioni per sopravvivere”.

“C’è un’altra cosa che non comprendo”, disse Vinka.“Avanti”.“Perché, invece di creare una specie umana nuova, non vi

siete limitati semplicemente a riprodurvi fra voi nella Terra e in Kìa? Non era più facile?”

Shiruk sorrise e disse:“Un giardino sarebbe molto monotono se ci fossero soltan­

to fiori e piante di una sola specie...”.“Ah... sì... certo”.“L’Amore è creatore, è fecondo, genera, perfeziona, abbelli­

sce e si condivide con quanti più è possibile”.“Inoltre, è bello avere figli... no?”, Aggiunse Ami.“Ah... certo”.“Noi siamo molto orgogliosi dei nostri figli”, disse Shiruk,

sorridendo con affetto.“Cosa, orgogliosi di noi?!... Ma se siamo dei selvaggi!...”.“Non per molto, ragazzi. Non dimenticate quanto avete pro­

gredito da quando abitavate nelle caverne, ricordate l’arte, le co­noscenze scientifiche e tecnologiche. È vero che ancora non pre-

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State grande attenzione all’interiore, allo spirituale, ma l’altro aspetto è rilevante: avete già navi che esplorano il sistema solare, già vi addentrate nell’ingegneria genetica, ricorda quanta gente spirituale ha prodotto questa razza, tanti scienziati pieni di ab­negazione, quanta bellezza hanno creato tanti artisti, tanti com­battenti per il bene, la libertà, la pace... Non dimenticate tutto quello che ha migliorato la vostra vita. Non è ancora una cosa perfetta, mancano dettagli e alcuni molto importanti, ma voi siete già pronti per entrare nella Fratellanza...”.

“Noi?!...”.“Potenzialmente, intendo dire, anche se ancora non potete

farlo perché non guardate i valori che vi permetterebbero di organizzarvi come dovreste, semplicemente per questo. Quello che vi manca lo potete imparare e mettere in pratica molto rapi­damente. La vostra razza è capace di grandi realizzazioni collet­tive verso il benessere generale, c’è molta buona volontà in po­tenza, non applicata. C’è molto eroismo anonimo in tante per­sone, tanti lavori disinteressati, tanto aiuto al prossimo e ce ne sono tanti che vorrebbero aiutare, ma non sanno come fare”.

“Cosa ci manca, allora?”.“L’unica cosa che sta ostacolando il vostro passaggio globa­

le a un livello superiore di esistenza è che ancora non si produ­ce un cambiamento di punto di vista a livello generale. La focalizzazione materialista o esteriore che guida la vostra civil­tà deve essere sostituita da una prospettiva che punti più verso il perfezionamento interiore umano”.

In quel momento mi sembrò molto evidente.“Ha ragione, signor Shiruk... e perché questo non avviene

ancora?”.“Perché il timone del mondo lo tengono piccoli gruppi che

non guardano al benessere collettivo, ma al proprio e siccome hanno molto potere, trascinano tutta l’umanità verso le situa­zioni che loro ‘credono’ convenienti per loro”.

“Poi li colpirà il boomerang!”, disse Vinka molto arrabbiata.“Però le necessità planetarie e l’aumento generale di coscien-

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za molto presto faranno cambiare questa circostanza ed è li che c’è bisogno del vostro aiuto, perché il passaggio da una situazione all’altra si realizzi il più armoniosamente possibile, senza grandi catastrofi provocate dalla resistenza al cambia­mento. Questo può ottenerlo solo un elevamento ancora mag­giore del livello di coscienza generale, che a sua volta è prodot­to dall’Amore, dall’intelligenza guidata dall’Amore. È per que­sto che niente è più importante dell’aiutare la crescita dell’Amore sulla Terra”.

Ci separammo da Shiruk con molta commozione, affetto e gratitudine e approfitto per mandargli un riconoscente saluto a Shamballa.

Poi ritornammo alla nave e partimmo in direzione della mia casa sulla spiaggia.

Vinka ed io eravamo molto impressionati e commossi per quello che avevamo imparato e soprattutto, perché ora sapeva­mo che i nostri mondi non sono tanto cattivi, dopo tutto e anche perché il cambiamento non è troppo lontano.

“Ma se volete che sia qualcosa di bello e non di terribile, perfezionatevi e lavorate”.

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"IO - LArv a i u t i l o

Quando arrivammo a casa, Krato stava ricevendo lezioni di Yoga.“Non so come uscirò da questo nodo, Lily. Sicuramente mi

partirà la schie... Ehi, sono arrivati! Ha, ha, ha!”.“Basta guardare i loro visini per sapere che hanno avuto

l’autorizzazione, vero ragazzi?”, disse la nonna.“Certo, Vinka resterà qui per sempre!”.“Grazie Signore, grazie San Cirillo, grazie Ami!”.“Non ditemi che quell’animale di Goro vi ha dato il per­

messo!”, ci disse il ringiovanito Krato.“È così, inoltre è stato molto contento...”.“Non può essere... quel terri ha idee fisse... cosa hai fatto

Ami, lo hai ipnotizzato?”.“Sei malato nella testa? Questo non si fa”.“Ah... allora deve essersi trasformato in swama... sì, ecco

cos’è successo, vero?”.Rimanemmo attoniti: aveva centrato in pieno...Ami lo guardò molto sorpreso.“Sì Krato, è proprio quello che è accaduto... come hai fatto

a saperlo?”.Allora si diede importanza:“Ahhhh, non solo questo bambino parapsicologico ha dei

poteri...”.“Davvero, Krato, come hai fatto a saperlo?”, chiese Vinka

con gli occhi sgranati per la sorpresa.“Beh, perché sono stato terri, per questo so che un terri non

cambia mai idea... a meno che non si trasformi in swama... Ha, ha, ha!”.

Ami rimase pensieroso.

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“Sapete ragazzi? Mi sembra che Krato abbia ragione: non so se Goro avrebbe dato il permesso se non avesse cominciato a trasformarsi in swama...”.

“Si è trasformato perché io ho chiesto a Dio, attraverso San Cirillo, che tutto si risolvesse e Dio mi ha ascoltato, vedete? Dio esiste, ragazzi, esiste veramente”.

“È proprio quello che dicevo a Krato e a Pierre”.“E hai ragione, ma questo bisogna festeggiarlo con una

buona coppa di ‘vina’ ”.“Non sognartelo nemmeno, montanaro etilico...”.“Assaggiatore piuttosto, assaggiatore. Sono un sommelier,

un intenditore... E cosa hanno detto Goro e Clorica del mio paradiso? Sicuramente hanno deciso di restare lì per sempre, vero ragazzi?”.

Io rimasi di nuovo gelato.Ami si mise a ridere e disse semplicemente:“Hai di nuovo ragione, Krato: sono felici”.Vinka era sempre più perplessa.“Sto pensando che tu abbia veramente dei poteri, Krato...”.“E hai dei dubbi, forse?... Ha, ha, ha! Nooo, bella bambina.

Perché ti devo ingannare? Era semplicemente logico: non sape­vano dove andare e lì c’era una capanna con una tenuta gratui­ta, pronta per essere abitata, piena di succo di muflo e di gara- boli, per di più... un’occasione! Ha, ha, ha! E come sta quel povero... snif... Trask?”.

“Anche lui è felice, Krato, più felice adesso che ha un ‘papà’ e una ‘mamma’ ”.

“Ah... Bugo traditore! Vedete? I bughi sono come le donne: infedeli! Ha, ha, ha!... La verità è che sono molto contento, ragazzi, questo risolleva il mio vecchio cuore... Ah no, era così prima: adesso sono ringiovanito, grazie al bambino dei piane­ti. Mi avete portato qualche garabolino?...”.

“No Krato, preferisco vedere un garabolo volteggiare felice nel cielo, piuttosto che fatto a pezzi nella tua pentola...”.

“Ecco... Credo che tu abbia ragione, bambino bionico, pro­

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metto di non fare più niente di cosi malefico...”.“Non mangerai più carne, Krato?”.“Prometto di non mangiare più garabolo... ha, ha, ha!”.Certo, dato che non avrebbe più potuto trovarne uno da

nessuna parte...“Che carino...”, disse Ami senza ridere.Poco dopo il bambino vestito di bianco prese una decisione:“Cominciamo a preparare alcuni dettagli relativi alla vostra

nuova vita in questo mondo. Prima risolveremo il problema dell’aspetto di questa bambina, cosa che vedremo immediata­mente. Andiamo sulla nave, Vinka”.

“EWI\A!!!”, esclamò lei felice.‘Vengo anch’io perché voglio assicurarmi che sia...”.“No, tu rimani qui, Pierre. Non voglio avere un ‘consigliere’

sempre insoddisfatto mentre faccio il mio lavoro. Andiamo. Ho bisogno anche di te sulla nave, Krato”.

“Ma io sono già bello, bambino degli universi...”.“Devo farti un altro piccolo adattamento a questo mondo.

Ho poco tempo, quindi sbrigatevi”.Se ne andarono ed io rimasi con mia nonna.“Non so come spiegheremo a Victor, quando verrà da que­

ste parti, di Krato e di Vinka, nonna...”.“Non potremo dirgli la verità... e a me non piace mentire,

Pierre...”.“Inoltre, non parlano spagnolo. Lui chiederà di che paese

sono, loro gli diranno che sono di un paese ‘ics’ e se per caso capita che lui conosca qualche parola di quella lingua...”.

“È vero e davanti a lui non potremo chiamarli con i loro nomi, perché sono gli stessi che figurano nei libri...”.

“Hai ragione, nonna...”.“Non hanno nemmeno documenti... Come potrà studiare

Vinka? Come faremo a sposarci io e Krato?...”.“VUOI SPOSARTI CON QUEL VECCHIO MONTANA­

RO?!...”.Lei mi diede un’occhiata molto severa!

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“Ah... È vero, certo, tu sei molto religiosa... L’altro proble­ma è cosa farà Krato, che lavoro farà...”.

“Bene, Dio ci aiuterà, attraverso Ami e San Cirillo...”.In quel momento si sentì all’ingresso del giardino la poten­

te voce di un uomo che veniva verso casa:“C i qualcuno, qui?”.La voce parlava spagnolo, quindi si trattava di un estraneo,

che non era solo, perché si sentì anche una voce di donna:“Non ci crederete quando ci vedrete... ”.“Chi sono, nonna?”.“Non so... non riconosco queste voci... Speriamo che ad

Ami non venga in mente di apparire proprio adesso, perché...”.“Ciao nonna, siamo di ritorno”.Ami era appena entrato. Mi angustiai pensando che avesse

incontrato quella coppia di estranei, ma in quell’istante appar­ve anche Krato...

“È molto divertente parlare spagnolo ha, ha, ha!”.Devo essere diventato verde per la sorpresa, perché Krato

stava parlando uno spagnolo perfetto...“Ciao, carissimo Pierre”, disse un’incantevole ragazza dai

capelli scurissimi, un po’ ondulati, con grandi e bellissimi oc­chi scuri. Indossava un abito da spiaggia, aderente al suo bel corpo e anche lei parlava la mia lingua. Un attimo dopo capii che era Vinka! Il suo aspetto la faceva sembrare molto diversa, anche se molto bella... Mmm... però il suo viso era lo stesso e per di più adesso aveva una statura come la mia...

Ami ci spiegò la situazione prima che ci venisse un infarto:“Gli occhi viola e i capelli rosa avrebbero potuto insospetti­

re Victor, così adesso è una bambina terrestre perfettamente normale, le ho anche abbassato un po’ la statura. In quanto alla sua nuova capacità di parlare spagnolo, nella nave ho un apparecchio attraverso il quale si può imparare qualsiasi lingua in pochi secondi...”.

“Ha, ha, ha! È splendido, adesso nella mia testa ho tutta la grammatica spagnola, tutto il vocabolario, diciottomila poemi,

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cinquecentocinquanta novelle, un riassunto della storia terre­stre, una sintesi di tutte le conoscenze di questa umanità e i più importanti principi e segreti universali, è fantastico! Ha, ha, ha!”.

La pronuncia di Krato era quasi perfetta."Anch’io so le stesse cose!”, esclamò felice Vinka.Quando mi riebbi dalla sorpresa e capii la situazione, volli

guardarle immediatamente gli orecchi e lei si sollevò i capelli.“Mmm... orecchi normali, bellini, ma normali. Insomma...

sei molto bella, Vinka.. Ora sei un po’ diversa esternamente, ma dentro ti sento quella di prima e ora non devo più guardar­ti dal basso...”.

Ci togliemmo i microfoni traduttori, non ce n’era più biso­gno.

“Ami mi ha anche ingrossato le gambe!”.“Sì, perché erano più magre di quelle che si vedono normal­

mente sulla Terra, non l’ho fatto per lusingare la sua vanità”.“ ‘Vanità, vanità: tutto è vanità’ ”, disse Vinka.“Cosa dici, Vinka?”.“Niente, cito la Bibbia, una parte dell’Ecclesiaste”.“Cos’è questo Ecclesiaste?”, chiesi.“Un libro della Bibbia”, rispose lei, ridendo della mia igno­

ranza.Qualcosa cominciava a non piacermi...Krato era affascinato e si mise a recitare un poema, gestico­

lando con le braccia e imitando un attore inglese, ma enfatiz­zando in modo comico:

“ ‘C’è un momento nella crescita interiore di ogni essere in cui comprende che l ’invidia è ignoranza che l’imitazione è suicidio che deve accettare se stesso nel bene e nel maleper ciò che gli corrisponde’ - ha, ha, ha! Ralph Waldo Emer­

son, poeta nordamericano nato a Boston, Massachusetts, nel 1803. Ha, ha, ha!”.

Vinka aggiunse felice:

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“Che, benché il saggio Universo sia pieno di bene,nessun raccolto potrà arrivarglise non dal suo lavoro, realizzato nel pezzo di terrache gli i stato dato da coltivare".Recitò la continuazione dello stesso poema, dimostrando

che anche lei sapeva adesso le stesse cose di Krato. Allora capii con angoscia che da ora in poi ci sarebbe stata un’enorme spaccatura culturale fra lei e me e protestai: “Ah, no! Adesso lei si è trasformata in una sapientona... Io sarò un ignorante vici­no a lei... È troppo ingiusto, Ami!”.

Nessuno mi badò.“Ti piacciono le mie nuove gambette, Pierre?”, mi chiese

civettuola, sollevando un po’ la corta gonna da spiaggia che indossava.

“HUM!”, dissi irritato e me ne andai in giardino.In realtà, non mi irritava il cambiamento del suo aspetto,

anzi, ma il fatto che lei sapesse tante cose e io no. Ami mi seguì.“Hai ragione ad essere arrabbiato, Pierre...”.“Allora grazie tante per il ‘favore’...”.Lui si mise a ridere e continuò:“Non è conveniente che le coppie abbiano livelli culturali e

spirituali troppo diversi, perché questo pregiudica molto la comunicazione e il senso stesso del formare una coppia: cop­pia vuol dire ‘coppia’ e non ‘scoppia’. Ha, ha. Per questo, an­che tu verrai con me sulla nave adesso e anche tua nonna. Vi darò le stesse conoscenze che hanno Krato e Vinka”.

Mi sembrò di vedere la vita di nuovo luminosa.“Da... davvero?”.“Certamente. Andiamo, venga un momento per favore,

Lily!”.Lei venne e Ami le spiegò la situazione, la faccenda non le

interessava molto, ma ci accompagnò.Una volta sulla nave, Ami tirò fuori da uno scomparto una

specie di casco, lo adattò alla forma della mia testa e me lo mise, poi digitò delle cose su una tastiera. Io cominciai a sentire una

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grande attività nel cervello e sensazioni piuttosto gradevoli. Qualche secondo dopo, Ami disse che il procedimento era ter­minato e mi tolse il casco. Poi fece altrettanto con mia nonna.

Siccome io non mi sentivo diverso, dissi:“Non mi è successo niente, Ami, ora so le stesse cose di

sempre...”.“Ah, si? Dimmi il numero telefonico di Robert Johnson,

della città di Washington”.“Beh, ci sono molti Robert Johnson, dovresti darmi anche

l’indirizzo... Cosa?! Come posso saperlo?... Ma lo so!... Cono­sco a memoria tutte le guide telefoniche del mondo!”.

“E il sito di tutte le pagine di Internet”, aggiunse felice mia nonna...

“Davvero, nonna?... Certo!”.Ami le chiese:“Mi dica il sito della pagina web dello Zoo Elettronico”.“Certo, http://netvet.wustl.edu/e-zoo.htm”, disse, senza

nemmeno doverci pensare e io sapevo che era il sito giusto.Poi Ami ci chiese una serie di date di battaglie, scoperte,

nascita di personaggi illustri, le componenti dell’atomo, il con­tenuto di novelle famose, la densità del nostro pianeta e il suo peso, i fondamenti della vita universale, certi segreti molto uti­li... eccetera. Io e mia nonna sapevamo tutto, tutto! Mi sentii immensamente felice, soprattutto quando scoprii che da ora in poi non avrei più avuto bisogno dell’aiuto di mio cugino Victor per scrivere i miei libri, perché adesso mi ero trasforma­to in un asso della grammatica... beh, forse non ero un asso, ma una K o una Qi sì... Ma niente di meno!

Krato era pieno di entusiasmo, inserito in Internet nel mio computer, Vinka era andata a conoscere il centro del paese. Il montanaro disse che la mia anima gemella era andata a guar­dare qualcosa del mio mondo con il suo nuovo aspetto e con la sua padronanza dello spagnolo.

“Come sei riuscito ad inserirti in Internet, Krato? Io non ti

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ho dato la mia password...”.“Quale, ‘AmoVinka’? Già, che originale... Mi è venuto in

mente un ingegnoso trucco che mi permette di conoscere la chiave d’accesso di qualsiasi sistema computerizzato, Pierre”. Questa volta pronunciò il mio nome correttamente.

Arrossii un po’, non so se di rabbia o di vergogna per la sua intromissione nelle mie cose, ma quando vidi che stava sfo­gliando pagine web della borsa di New York, la curiosità fu più forte e gli chiesi:

“Cosa stai facendo, inserito nella borsa di New York, Krato?”.“Sto comprando caffè colombiano, perché adesso è a buon

mercato, ma la prossima settimana piogge torrenziali faranno strage nelle piantagioni della Colombia e allora il prezzo salirà alle stelle. Ha, ha, ha!”.

Ero di nuovo perplesso.“E come sai che ci saranno grandi piogge in Colombia?”.“Grazie alle mie vaste conoscenze di meteorologia. Ha, ha, ha!”.Ci pensai su e in qualche modo compresi che quello che

diceva Krato era vero, che c’erano le condizioni per forti tem­porali in Colombia entro una settimana. Capii chiaramente anche che, grazie all’enorme quantità di dati su questo mondo che Ami ci aveva fornito, i nostri cervelli potevano dedurre perfettamente le condizioni climatiche di un futuro non mol­to lontano.

“E le zone più colpite saranno proprio quelle in cui ci sono piantagioni di caffè”, disse la nonna. Anche lei era la corrente di quelle conoscenze superiori.

“Credo che abbiamo risolto definitivamente i nostri proble­mi economici, nonna... Ma tu non hai documenti, non hai un nome legale in questo mondo, Krato. Non hai nemmeno dena­ro... Come puoi operare in borsa?”.

“Non ho niente di tutto questo, ma tu sì, sto operando con i tuoi fondi e il tuo nome. Ora sono responsabile delle tue cose perché tu sei minorenne, come Gora era responsabile di Vinka, vero Ami?”.

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“Hai ragione, Krato, dal punto di vista delle Autorità Galat­tiche, hai ragione”.

“Ma io non ho denaro, non ho fondi...”.“Sì che ne hai, conto numero 432837-1 della Banca Naziona­

le. Non lo sapevi?”.“No, per niente... Credo che tu sia in errore, Krato”.“Ti sbagli, Pierre, grazie al ‘mio sistema’ sono riuscito ad en­

trare al servizio delle imposte di questo paese. Lì mi sono fissato sulla lista dei conti bancari, ho cercato il tuo cognome ed eri lì. Così mi sono informato sui dati del tuo conto. Poi sono entrato nella tua banca con Internet, sai già come, e in questo momento sto facendo un trasferimento di fondi a New York”.

Mia nonna intervenne:“Krato dice la verità, Pierre. Victor ti ha aperto un conto nel

quale deposita il dieci per cento di quello che guadagna con i tuoi libri... Beh, secondo conti che conosce solo lui...”.

“Ma io non ne sapevo niente...”.“Chiaro, non te lo abbiamo detto perché non ti lasciassi

entusiasmare dal denaro e diventassi imprudente, vista la tua mania per i video giochi... Ma ora devi avere da parte abbastan­za, circa...”.

“Denaro sufficiente per comprare una casa e un’auto, nien­te di lussuoso, chiaramente”, disse Krato, “ma quel denaro sarà investito in caffè e la prossima settimana varrà il doppio. Ha, ha, ha!”.

Ami non sembrò molto contento.“Questo vuol dire speculare, Krato. Il denaro di Pierre è

pulito, è venuto in cambio di un beneficio offerto a molte persone, ma quello che proviene dalla speculazione non è de­naro ben guadagnato, non ha prodotto niente, non ha genera­to niente: è un furto alla collettività, e conosci già la legge di causa ed effetto, la legge del boomerang...”.

“Ma questo è perfettamente legale, bambino degli asteroidi...”.“Legale di fronte alle leggi terrene, secondo sistemi di inter­

scambio di risorse che non sono giusti, non di fronte all’Uni­

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verso, tanto meno con la ‘trappola’ costituita dal sapere molto più degli altri... quindi è meglio che annulli questa operazione, Krato”.

“HumL. Il piccolo guastafeste siderale è arrivato proprio prima che facessi clic con il mouse su ‘invio’ ... Va bene, va bene. Allora metto il cursore su ‘annulla’ e cancello l’operazio­n e .‘Clic’ ”.

Vinka stava arrivando.“È meraviglioso, mi sento come se fossi un’altra persona”,

disse e venne ad abbracciarmi. Rientrammo in quella dimen­sione senza tempo fino a che...

“Ehm...”.“Oh, scusate”.“Perché li interrompi, Ami? Sembrano cosi felici...”.“Mi rimane poco tempo, nonna”.Non riuscivo a comprendere come Krato fosse riuscito a fare

tante cose cosi rapidamente, in meno di un’ora e glielo chiesi.“Che ne so... Conosco tutto, i numeri telefonici, i sistemi

con i quali si organizzano le cose in questo mondo: sono un campione in informatica, non devo chiedere niente a nessuno e se ho bisogno di sapere qualcosa, so perfettamente dove otte­nere l’informazione. Semplice. Credo che mi piacerà molto vivere in questo mondo... Il commercio è ‘peccato’, Ami?”.

“Dipende dal genere di commercio. Se lo fai con qualsiasi cosa che possa arrecare danno alla gente sì, è una violazione alla Legge dell’Amore; ma se porti cose buone in un luogo nel quale prima non c’erano, se lì c’è gente che ha bisogno di quelle cose e non speculi sul prezzo, allora fai bene e questo non arreca alcun male, secondo il boomerang”.

“Arreca cose buone, Ami?”.“Sì, il guadagno che si ottiene, ma questo è tutto”.“Magnifico allora, perché mi sono informato che a Borde­

aux stanno offrendo una partita di ‘vina’... di VINO di ottima qualità, secondo la classificazione internazionale, a prezzo d’oc­casione e ho già saputo che un importatore dell’Australia è

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interessato ad un vino di quelle caratteristiche. La vendita non è succosa come quella del caffè, ma posso incrementare il no­stro capitale di un sette e mezzo per cento in una sola opera­zione. Ha, ha, ha! Andiamo a divertirci e a guadagnare molto denaro, ragazzi, me ne occupo io”.

“Lo farà bene”, disse Ami sorridendo, “e molto presto ricor­derà che è nato per qualcosa di più del ‘guadagno’, allora voi quattro potrete fare cose più utili per l’evoluzione di questo mondo, grazie all’enorme bagaglio di conoscenze che possede­te ora”.

Approfittai per dimostrare a tutti che adesso anch’io cono­scevo il poema di Emerson e recitai il seguito:

"Il potere che risiede in ogni essere è nuovo nella natura e nessuno tranne lui sa cosa può fare ma non lo saprà finché non avrà cominciato

Mia nonna era molto contenta.“Allora manca solo che Vinka e Krato abbiano una nuova

identità”.“Appena me ne andrò prenderò contatto con gente della

Fratellanza che lavora al Registro Civile di questo paese, forni­rò loro le vostre impronte digitali e le vostre foto, così entro pochi giorni vi arriveranno per posta i documenti. Come vole­te chiamarvi da ora in poi?”.

“James Bond!”, disse Krato entusiasta.“Non essere ridicolo, cerca qualcosa che possa sembrare

dell’Europa Orientale, perché avete un leggero accento che potrebbe sembrare originario di quelle regioni”.

Krato cercò qualcosa nel portentoso archivio della sua me­moria, la trovò e disse:

“Allora mi chiamerò Petre Popcscu, provengo dalla Romania, da Bucarest e sono tifoso del Rapid di BucarestL.Ha, ha, ha!”.

Tutti ridemmo e Ami convenne che Krato aveva scelto un buon nome.

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“Cerca allora di imparare un po’ di più il rumeno, per i diffidenti...”.

“Io mi chiamerò Nadia Popescu e sono la figlia di Petre Popescu. Ti sembra buono, Ami?”.

“Perfetto, Nadia!”.“Però i miei amici mi chiamano Nady...”, disse con civette­

ria e noi ci mettemmo a ridere.Tutto era risolto, ma all’improvviso mia nonna si ricordò

della scuola...“Ami, a scuola questi ragazzi si annoieranno da morire,

perché sanno già tutto quello che si insegna li... e un milione di cose in più...”.

“È vero! I professori mi sembreranno molto ignoranti...”.Ami fu d’accordo:“Sì, sarebbe una sciocchezza mandarli a scuola, dal momento

che non sono bambini come gli altri, ma possono dare esami privatamente, cosi avranno molto tempo per scrivere i loro libri e fare altre cose importanti per l’evoluzione di questo mondo”.

“EVVIVA!!”.(Non è da tutti liberarsi della scuola così facilmente e tanto

meno senza drammi, senza che sia una disgrazia, un’irrespon­sabilità, oziosità o sfrontatezza... Beh, non è da tutti nemmeno viaggiare per altri mondi, né trovare l’anima gemella, né avere la fortuna di poter contare su un Ami-co come il mio...)

Arrivò la notte ed anche il momento di dirsi addio.A tutti noi si inumidirono gli occhi di fronte alla prospetti­

va di veder partire Ami.“Non... non puoi... snif... restare con noi... Ami?”, gli chiesi

molto triste. Lui ci guardò con grande affetto, si avvicinò, ci abbracciò e disse:

“Questa pellaccia si allontanerà per un periodo, ma se guar­date dentro di voi vedrete che sono lì... ci sono sempre”.

Siccome noi continuavamo a guardarlo angustiati, lui escla­mò:

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“Su con la vita! In meno di un anno tornerò a prendere quel­lo che hai scritto, Vinka e vi porterò a fare un giro per Kìa”.

Questo ci consolò.Poco dopo vedemmo la nave che si allontanava, si allonta­

nava non verso l’alto, ma verso l’orizzonte, trasformandosi in un punto di luce sempre più piccolo.

La commozione ci fece venire un nodo in gola, anche se d’altra parte eravamo molto contenti, perché per noi quattro cominciava una vita piena di promesse di felicità.

Il cielo notturno, disseminato di stelle, era perfettamente sereno. Allora si vide una linea di luce rosa che si alzava dal­l’orizzonte verso l’alto e da lì si formò un grappolo di cuorici- ni colorati, come fuochi d’artificio, che andarono sfumando lentamente.

Prima di ridiventare malinconici, Krato esclamò:“GUAK!”.“Cosa succede?”.“ORA SO PERCHÉ SONO NATO! Ora so cosa devo fare,

o meglio, quello che dobbiamo fare!”.‘Petre Popescu’ era euforico: noi lo perforammo con lo sguar­

do.“Andiamo a preparare un progetto per aiutare a gettare le

basi per la futura coesistenza pacifica planetaria, secondo le leggi universali. Quando sarà pronto lo presenteremo alle Na­zioni Unite”. Poi si mise a ridere e aggiunse: “E riguarderanno come se fossimo pazzi furiosi. Ha, ha, ha! Ma combatteremo, vero?”.

“Vero!”, esclamammo in coro molto convinti. Allora mia nonna disse:

“Poi prepareremo un altro progetto per aiutare a prestare più attenzione all’interiorità, alla crescita interna delle persone e pertanto, dell’umanità”.

Ridemmo tutti, sapendo che in questo mondo quelle cose sono viste come folli deliri, ma sapevamo anche che stavamo toccando il tasto delle principali necessità di questo mondo.

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“Più avanti ne presenteremo un altro per agevolare un futu­ro incontro fra civiltà spaziali”, disse Vinka entusiasta e tutti ridemmo di nuovo, immaginando le fecce dei funzionari delle Nazioni Unite al sentir parlare di questo progetto...

“E per finire uno non tanto ‘delirante’ ”, dissi, “si tratta di un piano per incentivare l’agricoltura in tante zone non occu­pate del mondo, cosi avranno termine definitivamente la feme e la denutrizione. Dato che qui non c’è sovrappopolazione, siamo cinque o seimila miliardi, se le terre che non si coltivano venissero lavorate con le attuali tecnologie, potremmo conte­nere OTTANTA MILIARDI di persone felici e grassottelle...”.

“È vero!”, esclamarono i tre trovando i dati nella loro me­moria.

“‘Molto bene, ragazzi: piedi per terra...’ ”, sentimmo chiara­mente la voce del bambino delle stelle vicino a noi. Usava per l’ultima volta il suo microfono direzionale.

Poiché ora tutti e quattro sapevamo le stesse cose, fra conoscenze terrene e universali, considerammo che avevamo davanti uno splendido compito e ce ne andammo a lavorare pieni di entusiasmo e di gioia.

FINE

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Prendendo spunto dalla vicenda di Pier­re e Vinca, anime gemelle provenienti da mondi diversi, il racconto descrive come Ami, il giovane extra-terrestre protago­nista di un famoso best seller tradotto in Quindici lingue, interviene per aiutare i due ragazzi a realizzare il loro sogno. Grazie all'inestimabile esperienza ac­quisita durante il suo soggiorno in Ar­gentina a Capilla del Monte (secondo molti sede esterna di Erks, mitica città in- traterrena), Enrioue Barrios, autore di "Ami, un amico dalle stelle" e "Ami ritor­na", rivela molti dettagli del nuovo polo di interesse riguardante la vita nello spa­zio e offre una fonte di saggezza ristora­trice che aiuta a orientarsi nella vita e a promuovere la pace e l’unità della fami­glia umana che abita il nostro pianeta.

ISBN 8 8 -8 0 9 3 -2 7 7 -2

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